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Rivista "Agricoltura" Regione Piemonte - n. 99 dicembre 2020

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➠APPROFONDIMENTO

DISTRETTI: COME, DOVE, QUANDO

> Giovanni Peira,

Dipartimento di

Management - Sezione di Scienze

Merceologiche, Università degli

Studi di Torino

Le prime esperienze di

costituzione di distretti

agroalimentari in

Piemonte datano 1999 e 2003.

Cosa è cambiato in questi

anni in termini di contesto e

prospettive?

L’idea di distretto nacque nel

dopoguerra e si è consolidata

negli anni settanta ed ottanta in

ambito industriale. Agli inizi del

XXI secolo, si volle mutuare quel

modello di governance in ambito

rurale ed agroalimentare.

Lo strumento era innovativo perché

aveva una visione sistemica

del territorio, ma non erano maturi

i tempi. Oggi il cibo ha assunto

una rilevanza determinante per i

nostri territori e pertanto, questo

strumento potrà favorire il link tra

le filiere agroalimentari e gli altri

stakeholder del territorio. Le Politiche

del cibo contenute nei Contratti

di distretto dovranno necessariamente

tenere conto delle

nuove sfide del settore agroalimentare

come la digitalizzazione,

ma soprattutto la sostenibilità alla

luce di Agenda 2030 e del Green

Deal Europeo che diverrà il principale

driver di crescita del comparto

per i prossimi anni.

Quanti sono in Italia i distretti

agroalimentari e rurali e

quali sono le esperienze più

significative?

Attualmente sul sito del MIPAAF

sono registrati 20 Distretti del

Cibo, di cui 11 rappresentano

territori estesi (ad esempio “Distretto

rurale della Toscana del

Sud” e “Distretto delle filiere e

dei territori di Sicilia in rete”), 6

riferiti a produzioni agroalimentari

(ad esempio “Distretto latte

lombardo DLL” e “Distretto del

cibo dei salumi DOP piacentini”),

2 distretti bio (“Distretto del cibo

sikana bio” e “Distretto del cibo

bio slow pane e olio”) ed il “Distretto

produttivo florovivaistico

pugliese”.

In passato, la Regione Piemonte

aveva riconosciuto il Distretto

floricolo del lago Maggiore, il Distretto

agroalimentare di qualità

del settore orticolo e il Distretto

del riso del Piemonte.

Come si può quantificare il

ritorno economico generato

dalla costituzione dei distretti,

sia sul territorio che sulle

aziende che vi operano?

I Distretti del cibo potranno

rappresentare un volano dell’Economia

del Gusto se si saprà

costruire un dialogo tra settori

economici del territorio. Se ad

oggi non vi sono ancora dei distretti

piemontesi registrati, nei

fatti ne esistono già, come ad

esempio quelli dei nostri prestigiosi

vini, formaggi e cioccolato.

Un interessante focus economico

sull’impatto economico dei

distretti è pubblicato dagli economisti

di Intesa San Paolo nel

report “Monitor dei distretti agroalimentari”.

Complessivamente

i distretti agroalimentari italiani

nel food & wine hanno generato

esportazioni per un valore pari a

1,7 miliardi di euro. A livello piemontese,

il distretto “Barolo,

Barbera e Barbaresco” nel primo

trimestre del 2020 ha esportato

per 400 milioni di euro.

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