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SUONO n° 549

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SUONI DA<br />

UN’ALTRA<br />

DIMENSIONE<br />

GIRADISCHI DÖHMANN HELIX ONE MK2<br />

DIFFUSORI DUTCH & DUTCH 8C<br />

VINILE<br />

FONORIVELATORE HANA-SL<br />

GIRADISCHI DUAL CS 800<br />

00008<br />

9 771721 576006<br />

Suono Stereo Hi-Fi<br />

la più autorevole rivista audio<br />

Poste Italiane Spa sped. abb. post.<br />

D.L. 353/2003<br />

(conv. in L. 27/02/2004 n. 46)<br />

Art. 1, Comma 1, Roma,<br />

aut. N. 140 del 2007 • mensile<br />

<strong>549</strong><br />

anno XLVIX<br />

dicembre 2020<br />

€ 7,00<br />

PS Audio Stellar Strata Rockna Audio Wavelight Dac<br />

L’INTEGRATO MODERNO BUONE COSE DALLA<br />

ROMANIA<br />

Francesco Bellucci<br />

UNA SCOPERTA DA<br />

ASCOLTARE SOLO ON LINE


N. XXX<br />

Editoriale<br />

di Paolo Corciulo<br />

Domani sarà<br />

un giorno migliore<br />

Più di altre persone l’appassionato della riproduzione sonora vive il<br />

perenne conflitto tra ciò che gli dice la testa e quel che suggerisce il<br />

cuore. La testa si affida alla razionalità e alle regole (esse stesse non<br />

sempre certe ma pur sempre un riferimento rispetto alle quali orientarsi),<br />

il cuore le sfugge nella sua meravigliosa anarchia dei sentimenti:<br />

perché lui/lei, e cosa in lui/lei ci hanno attirato e non di un altro?<br />

L’assoluta finzione dell’alta fedeltà ne è l’esaltazione fin dal suo<br />

compito programmatico, semplicemente impossibile: riproporre la<br />

realtà quando la realtà, in molti casi, è solo una visione di quel che<br />

accade, dunque nemmeno un’interpretazione univoca: pensate alla<br />

maggior parte delle registrazioni, quelle in<br />

studio che sono il risultato delle intenzioni<br />

di alcune persone che operano con canoni<br />

propri, le uniche a poter dire se quanto poi<br />

sarà riprodotto è o meno fedele ai loro intenti!<br />

Mi ha sempre appassionato questa mission<br />

impossible dove come base di partenza vengono<br />

proposti canoni e modelli di riferimento<br />

spesso irrazionali: sappiamo, ad esempio,<br />

che esiste una soglia oltre la quale ogni sforzo è solo in minima parte<br />

commisurato a un coerente aumento di qualità di quel che otterremo,<br />

eppure il mistero che si nasconde oltre quella soglia è il valore in più<br />

che ci spinge a perseguirla… Perdutamente innamorati del nostro<br />

personale modello di perfezione, lo inseguiamo considerandolo l’unico,<br />

scontrandoci al contempo con la sua natura caleidoscopica ma<br />

pretendendo comunque che risulti omnicomprensivo. Neanche un<br />

novello Ethan Hunt, magari più in forma del sottoscritto, potrebbe<br />

Vivi come se dovessi morire<br />

domani. Impara come se dovessi<br />

vivere per sempre.<br />

Mahatma Gandhi<br />

assolvere questa missione, con tanto di ipotetiche spericolate evoluzioni!<br />

Eppure i due oggetti più belli e costosi tra quelli che appaiono<br />

in questo numero e in copertina, offrono proprio quel mistero sonoro<br />

all’ascoltatore (e le stesse pene), quella marcia in più che giustifica<br />

quell’impossibile ricerca dell’assoluto. Tutti elementi fortemente<br />

rappresentativi del fascino, della “malattia” che ci attanaglia; difficili<br />

da spiegare ai non addetti della materia anche perché spesso mettono<br />

essi stessi in crisi i modelli preordinati della nostra passione, quelle<br />

sintesi che semplificando il concetto, l’idea, sono facili da trasmettere<br />

agli altri. Meritano quelle stesse domande (ma ne varrà la pena?) e generano<br />

la stessa emozione, lo stesso amore per<br />

la musica che chi non ha conosciuto ignora,<br />

che chi l’ha incontrato non può dimenticare<br />

e che ci fa sentire degli eletti.<br />

In questi giorni di dolori e privazioni tali suggestioni<br />

oniriche sono una panacea, il loro<br />

indurci alla dimensione intima e domestica<br />

dell’ascolto musicale di qualità non solo una<br />

cura per i vincoli di mobilità che ci sono imposti<br />

ma una propria indicazione di come perseguire una dimensione<br />

del sublime, valida sempre e che non dovremmo scordare. In questi<br />

giorni di dolori e privazioni potremmo anche prendere coscienza<br />

(visto che se per molti di noi passeranno, per altri sono la quotidianità)<br />

che la possibilità di portare le emozioni a chi non può andare<br />

dove le emozioni nascono è un atto culturale di grande valore di cui<br />

dovremmo essere fieri. Anche per questo è un vero piacere condividere<br />

queste esperienze con voi...<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 3


Sommario<br />

N. <strong>549</strong><br />

DICEMBRE 2020<br />

EDITORIALE di Paolo Corciulo<br />

Più di altre persone l’appassionato della riproduzione<br />

sonora vive il perenne conflitto tra ciò che gli dice la<br />

testa e quel che suggerisce il cuore.<br />

ANTENNA Prodotti, News, Storie<br />

Scouting tra le proposte del mercato: in un mare di<br />

offerta occorre orientarsi con una bussola!<br />

3<br />

6<br />

SELECTOR TUTTO IL MEGLIO IN ARRIVO SUL MERCATO<br />

INSIDE DENTRO LA MUSICA<br />

IN PROVA<br />

DIFFUSORI<br />

Dutch & Dutch 8C<br />

a cura della redazione<br />

34<br />

LA VERSIONE DEL SIGNOR “G”<br />

Dossier alta fedeltà 2020<br />

di Libero Abbaci<br />

L’omaggio alla memoria di Giorgio Gaber<br />

non è casuale: per parecchi versi Gaber<br />

è stato profeta e anticipatore dei tempi<br />

che descrivono sia lo stato di alienazione<br />

mentale in cui, oramai intrappolato nella<br />

sua “solitudine di gruppo”, versa il signor “G”,<br />

che il vertiginoso parossismo schizoide<br />

in cui è precipitato il mondo in questi<br />

20<br />

ultimi anni.<br />

ALTA FEDELTÀ 2020<br />

SUL CAMPO<br />

CAVI<br />

Cavi Cableless Aida<br />

di Nicola Candelli<br />

40<br />

DOMANI SARÀ UN <strong>SUONO</strong> MIGLIORE<br />

Dossier alta fedeltà 2020<br />

di Paolo Corciulo<br />

La lettera di un affezionato lettore (conseguenza di<br />

una reiterata discussione sui forum) fa da stimolo<br />

alla riflessione sul ruolo delle riviste e, più in<br />

generale, di chi si occupa di informazione. E questo<br />

dossier, dopo la figura del consumatore, affronta un<br />

altro elemento strutturale della filiera Hi-Fi.<br />

24<br />

ALTA FEDELTÀ 2020<br />

SUL CAMPO<br />

COMPLEMENTO<br />

Omicron Tesla<br />

di Nicola Candelli<br />

42<br />

INTERVISTA A MARIA LAURA BACCARINI<br />

La felicità non è mai permanente<br />

di Vittorio Pio<br />

Basta ammirare una foto di Maria Laura Baccarini<br />

per intuirla luminosa e coinvolgente. Una donna<br />

audace e dal futuro sempre aperto, che pare<br />

non essere particolarmente afflitta da quella<br />

scocciatura dei tormenti interiori, così diffusa fra<br />

le signore che amano complicarsi le cose.<br />

30


92CUT ‘N’ MIX CONCERTI | CINEMA | LIBRI | SOCIETÀ | ARTE<br />

O mangi<br />

la solita...<br />

46<br />

a<br />

IN PROVA<br />

GIRADISCHI<br />

Dual CS 800<br />

cura della redazione<br />

44IN PROVA<br />

FONORILEVATORE<br />

Hana HANA-SL<br />

a cura della redazione<br />

50<br />

SUL CAMPO<br />

GIRADISCHI<br />

Döhmann Audio Helix One Mk2<br />

di Paolo Corciulo<br />

PROVA<br />

CONVERTITORE<br />

54IN<br />

Rockna Audio Wavelight Dac<br />

a cura della redazione<br />

...o salti<br />

nella<br />

“finestra”<br />

58<br />

SUL CAMPO<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

PS Audio Stellar Strata<br />

di Nicola Candelli<br />

CAMPO<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

62SUL<br />

Tektron Ultimate TKKT150PSES<br />

di Nicola Candelli<br />

40€*<br />

70<br />

AMATO MIO LP<br />

di Carlo D’Ottavi e Vittorio Pio<br />

CAMPO<br />

DIFFUSORI<br />

66SUL<br />

Monitor Audio<br />

Bronze 500 6G<br />

di Nicola Candelli<br />

www.suono.it:<br />

informazione nonomologata in rete<br />

*<strong>SUONO</strong> Digital Edition<br />

sfogliabile + pdf<br />

74<br />

LE RECENSIONI<br />

Classica - Rock - Jazz<br />

A.A.V.V.


ANTENNA<br />

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ANTEPRIMA<br />

Maxima Amator:<br />

un patrimonio<br />

nello spirito<br />

Il termine<br />

“Amator”<br />

è parte<br />

integrante della<br />

tradizione<br />

Sonus faber.<br />

Viene introdotto<br />

nella seconda<br />

metà degli<br />

anni ’80 con gli<br />

Electa Amator,<br />

il diffusore che<br />

per primo fa conoscere<br />

in maniera<br />

ampia le<br />

idee, l’arte e le<br />

realizzazioni<br />

di Franco<br />

Serblin,<br />

seguito<br />

nel 1992 dai Minima Amator, sintesi tra<br />

il modello appena citato e i famosissimi<br />

Minima, il diffusore forse più amato dal<br />

suo creatore. Entrambi ne sintetizzano<br />

la filosofia: 2 vie con enfasi nel suono a<br />

quella gamma media che Serblin considerava<br />

l’elemento fondamentale della<br />

riproduzione sonora, caratterizzati da<br />

una grande opera di ebanisteria e da un<br />

woofer a stento contenuto nelle dimensioni<br />

del mobile, tanto da costringere ora a<br />

Diffusori Sonus Faber Maxima Amator<br />

Prezzo: € 15.000,00<br />

Dimensioni: 30 x 112 x 35 cm (lxaxp)<br />

Peso: 38 Kg<br />

Distributore: MPI Electronic SRL<br />

Via De Amicis, 10/12 - 20010 Cornaredo (MI)<br />

Tel.02.936.11.01 - Fax 02.93.56.23.36<br />

www.mpielectronic.com<br />

Tipo: da pavimento Caricamento: bass reflex<br />

N. vie: 2 Potenza (W): 25-125 Impedenza<br />

(Ohm): 4 Frequenze di crossover<br />

(Hz): 2100 Risp. in freq (Hz): 35 - 35.000<br />

Sensibilità (dB): 88 Altoparlanti: tw da<br />

28 mm con cupola in seta, wf da 18 cm con<br />

cono in fibra naturale<br />

6 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


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OLTRE CHE IN<br />

PRIMA FILA<br />

ANCHE MOLTO<br />

COMODO?<br />

quello che è diventato un classico di<br />

Sonus faber, lo sbalzo del mobile e<br />

il taglio della flangia del tweeter per<br />

contenere il tutto. Soluzioni che vengono<br />

riproposte nei nuovi Maxima<br />

Amator, diffusore ancora a due vie<br />

(soluzione prediletta da Serblin) ma<br />

da pavimento, tipologia mai praticata<br />

dal fondatore dell’azienda. Per<br />

questa ragione, formalmente i nuovi<br />

Maxima non dovrebbero far parte<br />

della collezione Heritage inaugurata<br />

nel 2018 con gli Electa Amator III e<br />

arricchita l’anno seguente con i Minima<br />

Amator (II). Al tempo stesso,<br />

proprio per questo e per il fatto che<br />

il recupero del design di un tempo<br />

mostra la forza e l’impatto iconico di quelle linee, anche se riproposte<br />

su una new entry, il termine Heritage non è fuori luogo! Inevitabilmente<br />

i Maxima Amator sono realizzati completamente in Italia e<br />

caratterizzati da un mobile in legno di noce massello dello spessore<br />

di 2,5 cm dove, per superare i limiti strutturali del legno massello, è<br />

stata prestata particolare attenzione alla progettazione del cabinet,<br />

con una suddivisione in tre volumi separati per tweeter, woofer e<br />

crossover alloggiato in un volume dedicato e “a vista”, grazie a una<br />

piacevole “finestra” posta nella parte posteriore del mobile.<br />

Gli altoparlanti sono gli stessi degli Electa Amator III: il tweeter<br />

è un Damped Apex DomeTM da 28 mm, con motore magnetico<br />

in Neodimio e camera di decompressione posteriore a labirinto<br />

acustico realizzata in abete massello. Il mid-woofer è da 180 mm<br />

con membrana in polpa di cellulosa e fibre naturali e cestello in<br />

alluminio pressofuso originale Sonus faber. Completamente ad hoc<br />

il filtro crossover (IFF -“Interactive Fusion Filtering”) che si affida a<br />

una rivisitazione della Paracross Topology TM sviluppata dalla casa,<br />

con l’utilizzo di uno slope progressivo nel filtraggio degli altoparlanti.<br />

Segni particolari? Bellissimi...<br />

Paolo Corciulo<br />

Puoi ricevere il singolo numero di <strong>SUONO</strong> direttamente<br />

a casa tua senza costi di spedizione<br />

e con la possibilità di consultarne la versione on<br />

line prima* ancora che la rivista sia in edicola!<br />

*Nel caso di pagamento con carta di credito o paypall<br />

Consulta l’area “La Rivista” sul sito www.suono.it oppure<br />

digita sul browser questo indirizzo<br />

https://www.suono.it/La-rivista/Archivio<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 7


ANTENNA<br />

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Non per tutti ma per qualcuno in più?<br />

Iprimi vagiti lo scorso marzo, con il<br />

nuovo giradischi (il secondo dell’intera<br />

vita del marchio americano) N°5105<br />

(e si: Mark Levinson non si smentisce mai e<br />

continua ad affidarsi a criptiche definizioni<br />

per i suoi prodotti). Ora la nuova Serie<br />

5000 si completa, o almeno così si suppone,<br />

con un lettore CD-SACD, un pre e un finale<br />

che, se le indicazioni valide per il giradischi<br />

(sostanzialmente una ricaduta tecnologica<br />

dai modelli maggiori e prezzi scalati di conseguenza),<br />

dovrebbe portare lo storico marchio<br />

dell’high end tra le mani di un pubblico più<br />

ambio, condizione “benedetta” dalla proprietà<br />

(la casa americana parte del gruppo<br />

Lettore digitale Mark Levinson N.5101<br />

Dimensioni: 68,60 x 27,90 x 61 cm (lxaxp)<br />

Peso: 16,20 Kg<br />

Tipo: da tavolo Formati compatibili: CD,<br />

SACD stereo Convertitore audio D/A: ESS<br />

PRO Sabre 32-bit THD (%): 106 Uscite audio analogiche: Stereo,<br />

Bilanciata Ingressi digitali: Coassiale,<br />

Ottico, USB HiRes, Ethernet, WiFi Uscite<br />

digitali: Ottica, Coassiale Note: La sezione<br />

streamer supporta FLAC, WAV, AIFF, OGG<br />

fino a 24/192kHz; DSD128/DSD 2X; AAC<br />

24/96kHz; MP3 u WMA up to 192/48.<br />

Preamplificatore Mark Levinson N.5206<br />

Dimensioni: 43,8 x 12,6 x 45,7 cm (lxaxp)<br />

Peso: 15,4 Kg<br />

Tecnologia: a stato solido Ingressi: analogici<br />

/2XLR, 2RCA, 1 MM/MC), digitali (AES<br />

XLR, USB 2.0, 2 ottici, 2 coassiali) Uscite:<br />

XLR e RCA Risp. in freq. (Hz): 20 -<br />

20.000 +-0,03dB THD (%):


Harman, a sua volta acquisito da Samsung)<br />

che ha dimostrato di non voler demordere<br />

dal segmento di mercato di qualità ma certo<br />

non rinuncia alla sua vocazione consumer...<br />

Scelta strategica particolare per il lettore<br />

(N°5101) che non solo mantiene in considerazione<br />

il formato SACD (che in America<br />

ha ancora un qualche seguito) ma si “apre”<br />

alle nuove forme di consumo della musica,<br />

ospitando a bordo un DAC con ingressi per<br />

apparecchi esterni e uno streamer, dotato<br />

di collegamento ethernet e Wi-Fi. Tre in<br />

uno, dunque, in parte in sovrapposizione<br />

(supponendo che qualcuno ci tenga e possa<br />

acquistare non uno ma l’intera serie di apparecchi)<br />

con il pre N°5206, che ospita sua<br />

volta un DAC a bordo, forse più votato alle<br />

istanze consumer (prevede l’opzione Bluetooth<br />

Aptx HD) ma che comunque adotta<br />

soluzioni scalate dalla Serie 500: si tratta di<br />

un Classe A direct-coupled, dual-monaural<br />

che adotta un unico stadio di guadagno<br />

accoppiato a una rete di resistenze a controllo<br />

digitale per la regolazione del volume<br />

mentre ognuno degli ingressi linea ha i suoi<br />

singoli relè di commutazione del segnale. In<br />

particolare dalla serie 500 sono mutuate l’uscita<br />

cuffie, che impiega uno stadio di uscita<br />

con controllo della capacità di corrente e della<br />

potenza, e lo stadio fono, con topologia di<br />

guadagno ibrida, accoppiando componenti<br />

discreti dello stadio Pure Phono della serie<br />

500 con circuiti pre a basso rumore, mentre<br />

l’equalizzatore ibrido attivo/passivo RIAA<br />

utilizza resistenze di precisione e condensatori<br />

in polipropilene; le impostazioni di<br />

carico capacitivo e resistivo sono facilmente<br />

accessibili dal pannello posteriore. Qualità<br />

da trasferire ai muscoli del N°5302, un finale<br />

classe AB completamente a discreti, doppio<br />

monoaurale dove lo stadio di guadagno in<br />

tensione impiega una topologia direttamente<br />

discendente dal N°534. L’apparecchio utilizza<br />

quattro condensatori da 10.000 microfarad<br />

per canale, situati direttamente sulla scheda<br />

del circuito dello stadio di uscita, e la potenza<br />

certo non manca!<br />

Disponibilità degli apparecchi nel nostro<br />

Paese a partire da metà gennaio. Prezzi ancora<br />

da definire ma, speriamo, calmierati...<br />

Agostino Bistarelli<br />

Distributore: Adeo Group - www.adeogroup.it<br />

9


ANTENNA<br />

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IO SONO “ER PIÙ”!<br />

Forse non è il più costoso integrato in commercio ma<br />

difficilmente se ne trovano di più potenti! Così il capofila<br />

degli integrati McIntosh, basato su una circuitazione<br />

ibrida con pre a valvole e finale a stato solido (dotato<br />

dei celeberrimi autotrasformatori della casa), qualche<br />

numero per proclamarsi “il top” lo ha di sicuro. L’apparecchio<br />

dispone a bordo della scheda D/A modulare (per<br />

eventuali upgrade, frequentissimi nel dominio digitale),<br />

e offre 10 ingressi analogici e/o digitali, ingressi e uscite<br />

bilanciati e non, con queste ultime nella versione a livello<br />

fisso e variabile per eventuali realizzazioni di sistemi<br />

biamp monstre o per l’utilizzo in applicazioni multi-room.<br />

Il collegamento HDMI ARC, infine, può far bella anche la TV!<br />

Il Tremila<br />

Amplificatore integrato McIntosh MA12000<br />

Prezzo: € 23.000,00<br />

Dimensioni: 44,50 x 24 x 55,90 cm (lxaxp)<br />

Peso: 48,90 Kg<br />

Distributore: MPI Electronic - www.mpielectronic.com<br />

Tipo: stereo Tecnologia: ibrido Potenza: 2 x 350 W<br />

su 8 Ohm in classe AB Accessori e funzionalità aggiuntive:<br />

Telecomando, Ingresso cuffia, Controlli di<br />

tono Risp. in freq. (Hz): 20 - 20.000 +0/&#8209; 0.5<br />

dB THD (%): 0.005 S/N (dB): 114 Phono: MM ( mV/ KOhm)<br />

MC ( mV/ Ohm) Ingressi analogici: 2 RCA 6 XLR Ingressi<br />

digitali: Ottico / RCA / USB HiRes Uscite analogiche: 2<br />

RCA 1 XLR Note: stadio pre 4x12AX7A, stadio finale<br />

con Autoformers. MC/MM con impostazioni di carico<br />

individuali regolabili. Modulo estraibile e aggiornabile<br />

DA2 certificato Roon tested, DSD nativo fino DSD512),<br />

DXD a 384 khz, PCM 32/384. HDMI ARC.<br />

Un amore<br />

di stand<br />

Design modulare, progettato con la stessa meccanica di precisione<br />

in alluminio di alta qualità per cui si è fatto conoscere il<br />

marchio, il nuovo mobiletto per elettroniche Qutest di Chord, il<br />

DAC Qutest DAC, lo stadio fono Huei MM/MC e gli altri prodotti<br />

di prossima uscita. Il System Stand Qutest è completamente<br />

modulare: i livelli sono disponibili singolarmente e possono<br />

essere impilati man mano che si aggiungono i dispositivi.<br />

La base di ogni livello è dotata di quattro piedini in gomma<br />

(uno per ogni angolo) e la superficie superiore di ogni livello<br />

presenta quattro incavi sferici per ospitare i livelli aggiuntivi.<br />

Il Tremila<br />

Supporto Chord Electronics System Stand Qutest<br />

Prezzo: € 280,00<br />

Distributore: GTO - www.gto.it<br />

Tipo: supporto modulare per elettroniche Qutest Note: Disponibile<br />

nella finitura Jett Black.<br />

10 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


ANTENNA<br />

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Multiamplificazione: do you know?<br />

Non sarà una conseguenza delle sirene che SUO-<br />

NO lancia in merito ma la dinamica azienda<br />

italiana M2Tech ha deciso di introdurre sul<br />

mercato un prodotto che favorisce l’applicazione<br />

di una multiamplificazione attiva (qualcuno potrebbe<br />

definirla “l’unica multiamplificazione”).<br />

Si tratta del Mitchell, un crossover elettronico a<br />

3 vie stereo o 6 vie mono che opera nel dominio<br />

analogico; ogni via può essere configurata indipendentemente<br />

per essere passa basso, passa<br />

alto o passa banda. Un modulo all-pass in ogni<br />

filtro consente un accurato allineamento di fase<br />

alla frequenza di crossover. Sono disponibili<br />

filtri notch per l’attenuazione delle risonanze<br />

dei driver. La corrispondenza dei livelli è facilmente<br />

ottenibile tramite un controllo di livello<br />

indipendente per ogni via, dotata di un modulo<br />

filtro. I moduli di filtro possono essere collegati<br />

in cascata per aumentare la complessità del<br />

filtro sacrificando il numero di vie disponibili.<br />

La configurazione avviene tramite PC grazie a<br />

una connessione USB. Il PC vede il Mitchell<br />

come un dispositivo seriale (UART); per inviare<br />

comandi di configurazione viene usato un<br />

linguaggio di programmazione sviluppato da<br />

M2Tech e la configurazione viene memorizzata<br />

in una memoria non volatile e applicata<br />

ad ogni accensione. Non è necessario, quindi,<br />

mantenere l’apparecchio sempre connesso al<br />

PC. Disponibile anche una app gratuita per<br />

Windows che consente di scegliere la giusta<br />

configurazione del filtro per ogni modulo e<br />

inviare informazioni sulla frequenza e sullo<br />

smorzamento. Inoltre, l’app aiuta l’utente a<br />

progettare automaticamente i filtri secondo<br />

modelli standard: Butterworth, Chebishev,<br />

Bessel.<br />

Paolo Corciulo<br />

Complemento M2Tech Mitchell<br />

Prezzo: € 4.999,00<br />

Dimensioni: cm (lxaxp)<br />

Distributore: Hi-Fi United<br />

Via Manfredi, 98 - 29122 Piacenza (PC)<br />

Tel. 0523716178 - Fax 0523716076<br />

www.hifiunited.it<br />

Tipo: crossover analogico a 3 vie THD<br />

(%): 0,012 S/N (dB): 100 Note: ogni via<br />

può essere configurata indipendentemente<br />

ed è dotata di un modulo filtro. I moduli di<br />

filtro possono essere collegati in cascata per<br />

aumentare la complessità del filtro.<br />

ERRATA CORRIGE<br />

Nel test del Weiss DAC 502 pubblicato su <strong>SUONO</strong> 547 (ottobre) è stato erroneamente pubblicato il<br />

costo di listino senza IVA. Il corretto prezzo al pubblico è infatti di 10.560,00 euro. Ci scusiamo con i<br />

lettori e con l’importatore dell’inconveniente.<br />

12 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


ANTENNA<br />

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Waversa<br />

l’autarchica<br />

Waversa è un costruttore coreano ma prima di storcere la bocca a causa<br />

del tipico approccio audiofilo, vi consigliamo di visitarne il sito e/o<br />

continuare a leggere!<br />

Fondata nel 2012, si tratta di una azienda di progettazione di sistemi e<br />

semiconduttori fabless condotta da Collin Shin, CEO e capo progettista<br />

che ha alle spalle un’esperienza trentennale nello sviluppo di chip a<br />

basso rumore e a basso jitter, specifici per applicazioni di precisione sia<br />

mediche che militari. Le soluzioni proprietarie di Waversa, scrupolosamente<br />

elencate nell’accurato sito aziendale, testimoniano una “sostanza”<br />

(almeno sulla carta) dell’azienda, che nel 2019 è diventata Roon Partner<br />

offrendo un catalogo di ben 13 prodotti compatibili dove la codifica e la<br />

conversione D/A avviene via FPGA, una soluzione condivisa con altri<br />

produttori di DAC di fascia alta (Chord, DCS e MSB...) anche se nei sistemi<br />

digitali WaversaSystems il segnale viene processato nell’hardware<br />

e non via software, soluzione che secondo l’azienda consente di trattare<br />

i segnali simultaneamente in un percorso semplice e ottimizzato, con<br />

conseguente minor numero di errori, mentre il timing del segnale audio è<br />

gestito in modo più accurato... Altri sistemi di elaborazione proprietaria e<br />

molte altre soluzioni originali e brevettate vengono utilizzate nei prodotti<br />

Waversa, con particolare riferimento al dominio digitale, come la scelta<br />

di non utilizzare il FIR interno dei chip di conversione (in genere ESS<br />

Sabre) ma di svilupparli con una logica proprietaria. Quantomeno un<br />

buon inizio, sempre sulla carta, confortato da una gamma di prodotti<br />

sorprendente e votata alla modernità, anche nell’aspetto.<br />

Uno per tutti il recente WSlim Lite, un amplificatore integrato con hub<br />

digitale e streaming (compatibile UPnP/DLNA e Roon) a bordo, che<br />

nelle dimensioni di un computer portatile (ma il case in alluminio è<br />

ricavato dal pieno) si affida per l’amplificazione alla Classe D (con ben<br />

otto amplificatori per canale) con 80 watt per canale elaborati da un DSP<br />

dotato di un algoritmo per simulare le sonorità valvolari. I collegamenti:<br />

ethernet, USB (con soluzioni proprietarie), coassiale e ottica, oltre al<br />

Wi-Fi e a un tuner FM. Il tutto comandabile da una app via web davvero<br />

completa. Costo? Poco più dell’equivalente di 1.500 euro di casa nostra.<br />

Si può volere di più?<br />

Il Tremila<br />

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The definition of performance.<br />

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ricerca costante della qualità che caratterizza i<br />

prodotti in cui crediamo.<br />

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14 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


ANTENNA<br />

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WHERE’S THE PARTY?<br />

Quasi tutti sono portatili, qualcuno è anche bello, pochi (ma non è escluso) suonano anche bene...<br />

Tutti hanno una particolarità: non serve una cuffia per poter godere della musica che emettono.<br />

Si tratta di una nuova generazione di apparecchi, quelli che con dimensioni ben più contenute<br />

hanno sostituito i giganteschi “portatili alla giamaicana” di un dì con l’evoluzione tecnologica<br />

che li ha portati nel nuovo millennio dalla cassetta Stereo 4 alla musica<br />

liquida. Da affiancare all’impianto stereo, propedeutici per introdurre le<br />

nuove generazioni alla musica e, per questo, ideale regalo di un Natale da<br />

rendere meno triste in tempi di pandemia. Eccone alcuni, i più stimolanti…<br />

La forma iconica è quello che caratterizza in genere i prodotti B&O e non è<br />

B&O Beolit 20<br />

da meno la serie Beolit, progettata in collaborazione con Cecilie Manz nel<br />

2012, che ora con il Beolit 20 si avvale di spigoli arrotondati e una superficie superiore pensata per accogliere dispositivi<br />

per la ricarica, visto che l’apparecchio è in grado di una autonomia tale da poter funzionare da dongle per altri<br />

dispositivi. Nonostante le dimensioni contenute che permettono di trasportarlo facilmente, Beolit 20 offre un suono<br />

che è il frutto di soluzioni tecnologiche notevoli: il woofer wideband long-stroke da 5,5” combinato con tre full range<br />

da 1,5” e due radiatori passivi dei bassi da 4” offrono una risposta estesa anche agli estremi bassi, combinata con il<br />

suono omnidirezionale True360. È inoltre possibile accoppiare due Beolit 20 in stereo o l’apparecchio con i precedenti<br />

Beolit 17. Disponibile nei colori Grey Mist e Black Anthracite e impreziosito da un cinturino in pelle conciata al vegetale<br />

viene offerto a 500 €.<br />

Più caciarone (1.000 watt complessivi) e con un afflato di ottimismo per<br />

la vita sociale che verrà, Partybox di JBL si può collegare wireless per lo<br />

streaming dallo smartphone ma anche programmare in anticipo con la<br />

JBL Partybox propria playlist preferita caricata su un dispositivo USB. Il DJ launchpad<br />

consente di suonare la batteria, il pianoforte e anche di creare dei loop in<br />

pochi secondi; se si collega il microfono o la chitarra, diventa un Karaoke.<br />

Alla categoria degli smart speaker appartiene invece l’Harman Citation 200, dagli impegnativi<br />

natali soprattutto se si è avvezzi alle cose Hi-Fi (a partire dal 1939 la Serie Citation della Harman<br />

ha caratterizzato le prime forme di Hi-Fi stereo). Parzialmente impermeabile (splashproof) per un<br />

uso all’interno e all’esterno delle abitazioni, l’apparecchio<br />

è compatibile Wi-Fi, Bluetooth, AirPlay, dispone di<br />

Chromecast a bordo e supporta i formati WAV (LPCM) e<br />

Harman Kardon Citation 200<br />

FLAC, con la possibilità di connettersi a tutti i principali servizi di streaming. Le batterie Lithium-ion<br />

Polymer garantiscono una autonomia di otto ore e l’apparecchio è disponibile a 349 euro.<br />

Ancora di diversa natura i Klipsch The Fives, inscrivibili nella nuova dimensione dei diffusori<br />

amplificati tutto in uno; grazie all’HDMI-ARC, al preamplificatore phono integrato, alla tecnologia<br />

wireless Bluetooth e agli ingressi digitali ottici, analogici RCA e USB, sono collegabili praticamente<br />

a tutto (giradischi, televisore, computer o smartphone). Utilizzano altoparlanti mutuati dalle serie<br />

maggiori della casa (tweeter con cupola in titanio da 2,5 cm Tractrix, woofer a lunga escursione con<br />

cono in fibra composita da 11,5 cm) e una costruzione di pregio: l’impiallacciatura è in vero legno<br />

e interruttori e manopole ricordano esperienze tattili di pregio. 899 euro e l’impianto è già fatto!<br />

Klipsch The Fives Agostino Bistarelli<br />

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16 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


ANTENNA<br />

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L’anello<br />

mancante<br />

Nella gamma Vela di Elac, di forma trapezoidale con top leggermente<br />

inclinato, introdotta agli inizi del 2018, era presente un evidente buco<br />

tra la più grande delle torri (FS 409) e l’entry level da pavimento (FS<br />

407), mentre la linea era completata da un solo diffusore da stand<br />

(BS 403). Un altro piccolo indizio era costituito dal fatto che da oltre<br />

20 anni ogni gamma comprende un modello il cui nome termina<br />

con un “8”, ognuno caratterizzato da una configurazione con due<br />

woofer da 180 mm.<br />

L’elemento di mezzo mancante ora è una realtà: si tratta, ovviamente,<br />

dei Vela FS (sigla che sta per floor standing) 408 e porta a ben tre<br />

le torri della linea (c’è da attendersi dunque un secondo bookshelf?<br />

Probabile...). Si tratta di un 2 vie e 1/2 che utilizza il classico tweeter<br />

Jet 5 e inevitabilmente 2 woofer da 18 cm realizzati in AS-XR (Aluminum<br />

Sandwich Membrane with Extended frequency Range) dove uno<br />

strato di alluminio sagomato a forma di cristallo viene unito al cono<br />

di carta con uno speciale processo di incollaggio; obiettivo: ottenere<br />

la costruzione a sandwich desiderata e una maggiore rigidità del cono<br />

diminuendo le risonanze e minimizzando la colorazione, migliorando<br />

al contempo la gestione della potenza e la dinamica.<br />

Agostino Bistarelli<br />

Diffusori Elac Vela FS 408<br />

Prezzo: € 5.180,00<br />

Dimensioni: 27,6 x 130,7 x 33,2 cm (lxaxp)<br />

Peso: 32,1 Kg<br />

Distributore: LP Audio - www.lpaudio.it<br />

Tipo: da pavimento Caricamento: bass reflex N. vie: 2 e 1/2 Potenza<br />

(W): 40 - 400 Impedenza (Ohm): 4 Frequenze di crossover<br />

(Hz): 450/2550 Risp. in freq (Hz): 28 - 50000 Sensibilità<br />

(dB): 88,5 Altoparlanti: tw Jet 52 x wf con cono da 18 cm AS XR<br />

18 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


INSIDE<br />

di Libero Abbaci<br />

foto by Esther Driehaus on Unsplash<br />

La versione del signor “G”<br />

L’omaggio alla memoria di Giorgio Gaber non è casuale: per parecchi versi Gaber è stato profeta e anticipatore<br />

dei tempi che descrivono sia lo stato di alienazione mentale in cui, oramai intrappolato nella sua “solitudine<br />

di gruppo”, versa il signor “G”, che il vertiginoso parossismo schizoide in cui è precipitato il mondo in<br />

questi ultimi anni. E in effetti, più che rutilante il nostro specifico “secondo mondo reale” assume spesso<br />

atteggiamenti parossistici se la nostra analisi ha permesso di individuare finora ben diciassette diverse<br />

dinamiche commerciali con cui si confronta il potenziale acquirente di un prodotto Hi-Fi.<br />

Si dice “omen nomen” (che tradotto dal latino significa “il<br />

destino dell’uomo è nel suo nome”: un appassionato di<br />

alta fedeltà non dovrebbe essere visto dal mercato come<br />

un “consumatore” di beni, perché un apparecchio Hi-Fi (specie di<br />

gran valore) non è un bene di consumo ma deve essere considerato<br />

un bene durevole. Forse è proprio questo il grande equivoco,<br />

che induce forzature nel ragionamento sul profitto a “due cifre”<br />

che si pongono i grandi produttori - finanzieri. Infatti, l’equivoco<br />

20 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


DOSSIER ALTA FEDELTÀ<br />

porta spesso il “consumatore”, nella scelta di acquisto del nuovo<br />

bene, a porsi un’unica domanda e una automatica risposta: “quale<br />

modello di quale brand mi conviene acquistare, perché casomai<br />

non mi piacesse più, io possa rivenderlo subito dopo l’acquisto al<br />

prezzo più alto possibile senza perderci troppo?”.<br />

Tanto vale proporre al cliente un leasing di noleggio a breve o<br />

a medio termine delle apparecchiature audio, formula attualmente<br />

usata in modalità “spot” nel mercato dell’auto, anch’esso<br />

soggiacente nello stesso identico piano prospettico del sognobisogno.<br />

Non sarebbe un’idea malvagia per risollevare le sorti<br />

anche nell’italico mercato audio: sicuramente la scelta ricadrebbe<br />

sul grande brand, individuando un modello facilmente piazzabile<br />

sul mercato dell’usato (tipo Mercedes o Audi), e non sull’effettivo<br />

gradimento frutto di una “scelta autonoma e indipendente” di un<br />

brand e modello specifico, scaturita cioè da un processo interiore<br />

di sublimazione del proprio vissuto e innescato dal proprio gusto,<br />

cultura, passione e consapevolezza dovuta a una esperienza d’uso.<br />

Ma questo comporta comunque per l’inconsapevole “consumatore<br />

di apparecchi” un conto alto da pagare che non considera<br />

mai prima: il costo in €/ore di ascolto dell’apparecchio, prima<br />

di accorgersi che l’oggetto non fa proprio al caso suo. Econometricamente<br />

parlando, prima accade, più il “consumatore” ci<br />

perde. In realtà, il cliente dovrebbe essere consapevole del fatto<br />

che il proprio prodotto si deprezza moltissimo in breve tempo sul<br />

mercato dell’usato, specie se si parla di diffusori, anche di grandi<br />

marche. Se riesce a spuntare un residuo 45-50% sul mercato<br />

dell’usato del valore a listino iniziale tramite negoziante a duetre<br />

anni dall’acquisto, si deve già ritenere fortunato! Inoltre, per<br />

minimizzare l’impegno di spesa (alias perdita economica secca)<br />

dovrà, suo malgrado, rivolgersi al punto vendita originario che<br />

gli proporrà in prima istanza un nuovissimo prodotto “più performante”<br />

(ergo più costoso) dello stesso brand. Il vincolo commerciale<br />

con il negoziante diventa quasi vincolo di parentela stretta;<br />

come si dice: “nella buona e nella cattiva sorte... finché morte<br />

non vi separi”. Questo comportamento, definito dagli esperti di<br />

marketing “acquisto compulsivo” e poco ragionato, evidenzia una<br />

sempre più grande diffusa sensazione (consapevole o meno, poco<br />

importa) di inadeguatezza e insoddisfazione reiterata dell’acquirente,<br />

collocandolo là dove vuole il mercato.<br />

Tanti (ahinoi), danno la colpa dei loro incauti acquisti alle riviste<br />

di settore. Pare, cioè, che l’acquirente abbia acquistato il prodotto<br />

più con gli occhi che non con le proprie orecchie. Ora, però, non<br />

compra più niente, né apparecchi, né tantomeno riviste... Scontento,<br />

contrariato e deluso su tutta la linea, a malapena ascolta il<br />

radiogiornale con la radiolina a batterie, magari con l’auricolare<br />

del nonno Luigi, per non disturbare la moglie, seccata per “l’ultimo<br />

colpo di testa” fatto in tema audio. Sempre che non si sia<br />

già adirato per le altre cose della vita che (pur sforzandosi) lui<br />

non riesce proprio a comprendere. Da “appassionato audiofilo<br />

consumatore di musica” oggi, troppo frequentemente e in mancanza<br />

di una specifica cultura, si è passati tristemente alla figura<br />

di “appassionato audiofilo consumatore di apparecchi”. Cambia<br />

il mercato, cambiano i (bi)sogni.<br />

Frequentando da qualche anno le manifestazioni di settore anche<br />

ALTA FEDELTÀ 2020<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 21


INSIDE<br />

“dall’altra parte della barricata”, essendo seduto per intere ore<br />

nella mia “saletta”, posso osservare dal mio punto di vista privilegiato<br />

il vagare di persone quantomeno disorientate (in qualche<br />

caso limite anche tristemente frustrate e/o alienate dalla propria<br />

mutata condizione socio-economica), sempre meno consapevoli<br />

di quel che cercano/vogliono veramente. I loro commenti sui forum<br />

specialistici al seguito di queste manifestazioni negli ultimi<br />

tempi si stanno sempre più affievolendo. I nickname, ahimè, da<br />

anni sono sempre gli stessi. Anche il tono generale delle discussioni<br />

sui forum è passato dalla tracotanza e dalla supponenza<br />

all’indifferenza della rassegnazione e all’ovvietà. Facile e frequente<br />

quindi per “l’audiofilo consumatore di apparecchi” confondersi<br />

e farsi confondere, disperdendo il proprio poco tempo<br />

rimasto disponibile, le proprie passioni e risorse economiche<br />

in un progressivo ma inesorabile disinteresse per questa bellissima<br />

e a volte costosa passione. Oggi si preferisce impiegare<br />

il proprio tempo libero e le proprie risorse economiche in altre<br />

attività più coinvolgenti; una tecnologica mountain-bike, la cucina,<br />

costosissimi felini (recentemente ho udito la frase “lo sai<br />

che ho comprato un gatto da 1.000 euro?”, che mi ha fatto accapponare<br />

un po’ la pelle), un acquario da tenere in soggiorno al<br />

posto delle nuove casse stereo... Documentare e riprendere con<br />

il proprio smartphone il comportamento di un pesce pagliaccio<br />

che si nasconde simpaticamente nella finta gorgona, in fondo,<br />

può essere visto come una nuova ed entusiasmante user experience<br />

da raccontare e condividere con gli amici. Collezionare<br />

hobby è ormai una frequente consuetudine.<br />

Tanti clienti, conoscendo le nuove dinamiche di vendita, attendono<br />

pazientemente, e un po’ ingenuamente, che esca di produzione<br />

il proprio modello dei desideri uscito l’anno passato, per poi<br />

acquistarlo nel punto vendita al prezzo che loro ritengono “giusto”;<br />

addirittura, tali pratiche vengono coadiuvate nella scelta dei<br />

prodotti dai media e dalle riviste specializzate che, percependo<br />

tali assurde dinamiche, consigliano loro stesse l’acquisto di un<br />

apparecchio (in specie nel settore audio-video, ma anche in quello<br />

audio...) uscito sul mercato l’anno precedente e messo già fuori<br />

produzione, acquistandolo però, ove si trovi ancora, con il 40%<br />

di sconto... fino al 70%, se proprio il prodotto rimane invenduto<br />

molto a lungo. Ad ogni modo, i costi di produzione calcolati dal<br />

costruttore tengono già conto di questo pay-down, da applicare<br />

al prodotto messo in conto vendita dal distributore stesso nel<br />

punto vendita. Della serie: se il cliente compra il prodotto appena<br />

uscito bene, altrimenti, se è al corrente delle nuove (...) dinamiche<br />

commerciali, per lui ci sarà sempre l’apparecchio ex-demo con<br />

buona pace per tutti. Cosa c’è di meglio di un cliente soddisfatto<br />

con la pratica del “campa cavallo che l’erba cresce”?<br />

La domanda che ci si deve porre allora dovrebbe essere: qual è il<br />

valore vero che occorre riconoscere al prodotto per assegnargli il<br />

giusto prezzo? A nessun operatore commerciale è dato saperlo,<br />

può essere solamente stimato. Lo sanno solo il costruttore e i<br />

finanziatori che determinano il suo rating. Giustamente. Anche<br />

perché il vero valore del marchio è sempre legato al suo EBIT-<br />

DA (o più correttamente al suo MOL), ergo, al margine operativo<br />

sui dividendi attesi dagli azionisti. Da questo fattore si genera il<br />

fatidico e sempre più critico “posizionamento del brand” atteso<br />

dal mercato. Tantomeno i costi operativi devono interessare al<br />

cliente che, giustamente, non è tenuto a sapere il valore delle<br />

materie prime, il valore di trasformazione, quello di distribuzione<br />

e di assistenza postvendita, e infine il valore di promozione del<br />

prodotto; al cliente non deve quindi interessare ciò che avviene<br />

nella gestione operativa dell’azienda che commercializza il prodotto<br />

che desidera possedere. Che desidera possedere nei suoi<br />

sogni, ma non desidera ancora acquistare; quella rappresenta la<br />

fase successiva del processo di vendita... (4 - continua...)<br />

22 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


INSIDE<br />

di Paolo Corciulo<br />

Domani sarà<br />

un <strong>SUONO</strong> migliore<br />

La lettera di un affezionato lettore (conseguenza di una reiterata discussione sui forum) fa da stimolo alla<br />

riflessione sul ruolo delle riviste e, più in generale, di chi si occupa di informazione. E questo dossier, dopo<br />

la figura del consumatore, affronta un altro elemento strutturale della filiera Hi-Fi.<br />

Invertendo l’abituale ordine di narrazione, ma la lettera del<br />

lettore Iaccarino si presta a questo strappo, la risposta, anzi,<br />

le risposte, molte delle quali implicite, anticipano le domande<br />

che poi alla fine si riducono in sintesi a una sola: quale<br />

deve essere il ruolo di un organo di informazione? La mia risposta<br />

è netta e riassunta nella definizione anglosassone di “watch<br />

dog”, il cane da guardia della verità, o nel decalogo stilato dalla<br />

associazione professionale a cui un giornalista professionista è<br />

obbligato ad attenersi. Molto più complessa è invece la risposta<br />

alla domanda che ne sussegue (se, e in che misura, quegli organi<br />

di informazione lo svolgano, quel ruolo), a partire dal fatto che la<br />

“verità” presenta molteplici facce o, per i più scettici, non esista<br />

davvero nella sua forma univoca. Proprio alcuni recenti drammatici<br />

avvenimenti si prestano a sostenere questa tesi e al contempo<br />

il ruolo che una buona informazione ha o potrebbe avere…<br />

Tutta la conoscenza scientifica è incerta;<br />

gli scienziati sono abituati a convivere<br />

con il dubbio e l’incertezza.<br />

Richard Feynman<br />

CARO DIRETTORE TI SCRIVO<br />

Recentemente, su una piazza virtuale molto popolare fra gli audiofili<br />

nostrani, sono intervenuto in una discussione sul valore, o<br />

meglio, l’utilità delle riviste specializzate in audio.<br />

Per parte mia, come forse ricorderà, ho sempre manifestato il mio<br />

gradimento per le riviste, che continuo a seguire. Mi perdoni la<br />

pigrizia, e mi consenta di riportare qui il mio intervento.<br />

Ancora le riviste: visto che insistete, ripeto la mia...<br />

Per me – ripeto: per me – le riviste italiane sono molto apprezzabili, soprattutto<br />

se confrontate con quelle mainstream estere che, per me (ripeto:<br />

per me), sono “Stereophile” e “HiFi News”, non per nulla ora confluite in<br />

un unico gruppo editoriale.<br />

I gusti sono personali, ci mancherebbe: io compro <strong>SUONO</strong> e AR e non<br />

gradisco affatto gli homines novi bassanelliani e dellasaliani (quindi<br />

neppure compro Audiogallery); ma capisco che, invece, altri possano<br />

cercare proprio quel tipo di articoli e, magari, non comprano <strong>SUONO</strong><br />

perché detestano i discorsi “sistemici” di Corciulo e compagnia che io, invece,<br />

apprezzo soprattutto perché propone una visione diversa dal solito.<br />

24 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


DOSSIER ALTA FEDELTÀ 2020 - GLI ORGANI DI INFORMAZIONE<br />

Le elezioni americane da poco concluse hanno dimostrato che<br />

persino da una apparentemente banale operazione matematica<br />

(il conteggio di voti a favore dell’uno o dell’altro candidato) può<br />

scaturire una querelle infinita condita di incommensurabili fake<br />

news, pur essendoci chi ha il coraggio di sfidare il potere (comunque<br />

la pensiate, contestare l’uomo più potente del mondo<br />

ne richiede!).<br />

L’illusione che almeno in ambito scientifico esita una verità univoca<br />

si sono sgretolate nel caso della recente e tragica pandemia<br />

dove non solo c’è chi la nega ma tra chi cerca di arginarla non esiste<br />

un punto di vista univoco, come dimostrano querelle persino<br />

di poco conto come quella sulla lattoferrina. Ci sono, insomma,<br />

poche cose certe come il fatto che un pesce fuor d’acqua subirà la<br />

stessa sorte di un umano sott’acqua, se la condizione si protrae...!<br />

Per il resto, parafrasando una famosa pubblicità, non basta una<br />

carta di credito visto che accanto a ogni evento, ogni evidenza<br />

Impara da ieri, vivi oggi, spera per domani;<br />

la cosa più importante è non smettere mai<br />

di porti domande.<br />

Albert Einstein<br />

scientifica, ogni verità, esiste una interpretazione condizionata<br />

dalle opinioni personali quando non da considerazioni politiche<br />

o di interesse che ne scaturiscono.<br />

Senza scomodare Feynman (ma citandolo, sì: è stato ispiratore<br />

del nostro lavoro dal momento in cui insieme allo staff di SUO-<br />

NO abbiamo cominciato una lenta ma progressiva evoluzione<br />

del nostro modo di comunicare), penso che uno degli argomenti<br />

forti delle diatribe tra appassionati quando parlano di mezzi di<br />

comunicazione (misure si, misure no, ma quante misure?) vada<br />

esaminato da un punto di vista più vasto di quello puramente<br />

deterministico: le rilevazioni (sia di origine tecnica che scientifica)<br />

se non sono interpretate scadono in un noioso nozionismo<br />

o subdolamente servono, nel loro non far capire, alla causa del<br />

“non capisco un c***o quindi è importante.” Nel migliore dei<br />

casi (“mi sfizia leggerli, perché così capisco - mi illudo di capire<br />

- come funziona”, parole di Iaccarino) sono utili ad alimentare<br />

un’illusione: che senso c’è nel fare miriadi di misure e grafici se<br />

poi non portano a una valutazione? E se posso arrivare a una<br />

valutazione plausibile, vicina alla realtà e il più possibile trasparente<br />

e frutto di onestà intellettuale, che diavolo me ne frega di<br />

un grafico in più o in meno? Attenti poi nell’applicare in modo<br />

pedissequo la formula “molti grafici = molta tecnica”; se, per<br />

esempio, pubblicassimo i vari dati rilevati ognuno con un suo<br />

grafico, il reparto misure pubblicato si moltiplicherebbe. Saremmo<br />

per questo più tecnici… ?<br />

Naturalmente dico questo con il massimo rispetto per il lavoro di<br />

analisi e controllo che alcune riviste (inclusa <strong>SUONO</strong>) svolgono<br />

e che rappresenta la base, l’inizio di quel percorso che per indizi<br />

progressivi porta a elaborare una tesi e un giudizio, opera in cui<br />

ritengo <strong>SUONO</strong> inferiore a… nessuno! E se poi, a fronte di pur<br />

tanti grafici, mi venisse imposto di soprassedere nel commentare<br />

In particolare, però, credo che un riscontro meno soggettivo possa<br />

essere fatto sotto il profilo tecnico. Ritengo che la sezione tecnica di<br />

AR, a partire da Nuti, Giussani e Lucchesi, fino ad approdare a Montanucci<br />

e Matarazzo, abbia dato ampia prova di essere di un livello<br />

notevolmente superiore alla concorrenza. Sia per quanto attiene alle<br />

misure pubblicate, a mio avviso più approfondite del tradizionale<br />

set di JA che, piaccia o no, è il riferimento globale; sia proprio per la<br />

abilità di misuratori, anche capaci di capire cosa si sta investigando e<br />

perché si sta facendo in quel modo. Non dimentichiamoci che si sono<br />

sostanzialmente inventati certe misure che, non a caso, fanno solo<br />

loro o, almeno, io non ho visto pubblicate altrove (se non dopo, come<br />

il grafico di JA sulla risposta dei lettori digitali, che mi pare uguale al<br />

più anziano grafico dei residui in banda soppressa di AR…). Insomma,<br />

mi “sfizia” leggerli, perché così capisco (mi illudo di capire) “come<br />

funziona”.<br />

Si tratta, secondo me, di un vero e proprio patrimonio di conoscenze<br />

che, dovesse chiudere la rivista, andrebbe irrecuperabilmente perso;<br />

peraltro, lasciando l’editoria specializzata in mano, sostanzialmente,<br />

a un “pensiero unico” tecnico, visto che Paul Miller è ora il padrone<br />

del vapore (JA è sull’orlo del retirement totale, e non pare vedersi un<br />

sostituto all’orizzonte), quantunque la sua capacità tecnica non credo<br />

sia discutibile e i suoi report su HFN abbiano il dono – innato, per<br />

l’anglosassone – della sintesi e dell’efficacia comunicativa.<br />

E poi, mi “sfizia” anche vedere le “reazioni al mondo che cambia”: Corciulo<br />

ci sta provando con la filosofia olistica, con la maggiore evidenza<br />

degli articoli artistici, ecc.; AR è rimasta fedele a sé stessa, decidendo<br />

semplicemente di fare meglio ciò che sapeva già fare bene. SP, invece,<br />

ha – ancora una volta – mostrato l’approccio pratico anglosassone<br />

e si è confrontata col problema principale, quello dell’anagrafica dei<br />

suoi lettori e, forte dei (ben altri) mezzi sui quali può contare, ha assunto<br />

dapprima “ggiovani”, per poi mollarli una volta saggiatane la<br />

risposta non soddisfacente (fa eccezione Fremer con Malachi Lui, la<br />

cui insopportabile arroganza riesco a tollerare solo pensando che il<br />

piccolo sta lì apposta) e puntando a diversificare gli stili dei redattori,<br />

incrementando gli “umanisti” (Herb Reichert e il povero Art Dudley),<br />

così che ora non c’è più vergogna a scrivere bene dei ladder dac o dei<br />

SET, con dignità di articolo e misure, senza più essere costretti a “relegarli”<br />

alle “columns”, magari di Sam Tellig (confesso: lo rimpiango…)<br />

E l’accessibilità web praticamente totale dei contenuti di SP non mi<br />

ha convinto a non rinnovare l’abbonamento, peraltro praticamente<br />

regalato (ripeto: i loro mezzi sono ben altri rispetto ai nostri…). E poi,<br />

la piacevolezza della rivista di carta è spesso incomparabile: io riesco<br />

a leggere comodamente online solo ben seduto a una scrivania ma<br />

se sto, per dire, sdraiato al fresco, devo avere la rivista cartacea tra<br />

le mani.<br />

Per contro, mi pare che chi continui a rimproverare il susseguirsi mensile<br />

di prodotti migliori della vita, di pavimenti affollati di mascelle cascate,<br />

ecc., forse da un po’, effettivamente, non legge più le riviste: non<br />

ci sono più le iperboli di un tempo, non c’è più il “migliore che abbia mai<br />

sentito”, è tutto molto relativizzato. Né credo sia un problema l’assenza<br />

di recensioni negative. Gli italiani, ovviamente, si comportano come in<br />

OGNI altro settore della comunicazione odierna nel nostro Paese: MAI<br />

una presa di posizione negativa diretta, preferiamo “segnalare criti-<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 25<br />

ALTA FEDELTÀ 2020


INSIDE<br />

Non puoi solo chiedere ai clienti che cosa<br />

vogliono e poi provare a darglielo. Per quando<br />

l’avrai costruito, vorranno qualcosa di nuovo.<br />

Steve Jobs<br />

le prestazioni di un tweeter imbarazzante (completamente ignorato<br />

nel testo), sarei più autorevole? O, ancora, se a fronte di una<br />

risposta in frequenza imbarazzante, decidessi (o mi chiedessero)<br />

di commentare con, cito a memoria, un “ma tanto lo sappiamo<br />

che poi in ambiente le cose cambiano”, sarei più onesto? Tutte<br />

cose accadute, ma non a <strong>SUONO</strong>, tutte cose con cui <strong>SUONO</strong> e gli<br />

altri mezzi di informazione si confrontano di giorno in giorno...<br />

Recentissimo un caso studio da questo punto di vista particolarmente<br />

esplicativo di come i semplici dati, se non interpretati<br />

(quello che chiamiamo il nostro processo olistico di analisi),<br />

servono a ben poco: proprio grazie a questa pratica nello scorso<br />

numero di <strong>SUONO</strong> (548 – novembre) ci siamo accorti di un<br />

errore in fase di produzione degli Elac Debut Reference F5. Lo<br />

stesso Andrew Jones, a parziale spiegazione dell’incidente di<br />

percorso descritto nell’articolo, afferma che “la risposta sull’asse<br />

e persino l’impedenza rimangono entrambi entro la tolleranza<br />

di produzione” e quindi il difetto non sarebbe rilevabile grazie<br />

alle sole evidenze “scientifiche”!<br />

Nel caso delle riviste di settore (ma anche dell’informazione<br />

finanziaria), a una condizione “endemica” di incertezza (o di<br />

complessità da interpretare) si aggiunge un ulteriore elemento: il<br />

campo di azione, l’universo di cui si parla, coincide quasi perfettamente<br />

per quel che riguarda gli attori che lo animano con l’universo<br />

dei potenziali sponsor che contribuiscono economicamente<br />

al bilancio di una qualsiasi impresa editoriale. In questo modo,<br />

si delinea una figura che è al tempo stesso l’oggetto del nostro<br />

esame critico ma anche il cliente di un servizio (la pubblicità) per<br />

il quale sborsa un certa quantità di denaro. Il cliente ha sempre<br />

ragione, come recita una ben nota massima? Per quanto mi riguarda,<br />

spiego chiaramente a persone e società che decidono di<br />

percorrere un tratto della loro vita commerciale in compagnia di<br />

<strong>SUONO</strong>, che i due ruoli (cliente e attore della scena, e in quanto<br />

tale soggetto alle nostre critiche) sono disgiunti, pur comprendendo<br />

che al di là della difficoltà di vestire i panni ora di questo<br />

ora di quello, esista anche un legittimo desiderio di investire<br />

le proprie risorse in modo proficuo: AM Audio, Audiogamma,<br />

Audio Natali, Audio Point... (avevo cominciato dalla A, poi mi<br />

sono annoiato, la lista!) come altri, con <strong>SUONO</strong> hanno ritenuto<br />

di no, anche se il sospetto che in alcuni casi l’insoddisfazione sia<br />

legata all’accondiscendenza (o meno) dei contenuti redazionali<br />

(che sono ben altra cosa dagli spazi pubblicitari oggetto della<br />

contrattazione finanziaria) è ben alta!<br />

Che i giornali (i siti, i blog…) abbiano bisogno di sostegno finanziario<br />

è cosa abbastanza evidente, meno lo è che il fatto che<br />

la fonte più evidente, chi acquista un giornale, non è sufficiente<br />

al suo sostentamento ma è coadiuvata dagli introiti della pubcità”<br />

o “individuare condizionalità”, con assurdi e orribili neologismi<br />

figli del peggiore aziendalismo. Ma, tanto, abbiamo il decodificatore<br />

acceso per tutto, quindi anche per le recensioni negative “vestite” da<br />

mancati entusiasmi (ammetto che, col politically correct, le recensioni<br />

perdano di brio…). SP, invece, pubblica tutto, quindi, se – in una prova<br />

completa, non in una column – un prodotto funziona male, lo dice e<br />

permette al produttore di mandare un altro esemplare se pensa che<br />

l’apparecchio non abbia funzionato a dovere; e riporta la prova anche<br />

del secondo esemplare. Ma sono certo che anche loro NON pubblicano<br />

recensioni di apparecchi che il recensore non è riuscito a trovare il<br />

modo di farsi piacere. E io condivido: credo che non servirebbero a<br />

nessuno. Soprattutto perché io non vedo le riviste come una serie di<br />

“consigli per gli acquisti” ma, davvero, solo come raccolta di opinioni<br />

di “esperti”, di gente che mi parla degli apparecchi e – ora – di quel che<br />

pensa anche di ciò che ci gira intorno, un po’ come quando si va in<br />

visita a casa dell’amico che ha lo “stereo” migliore e, magari, ha appena<br />

preso in prova un nuovo “pezzo”. Il tutto, naturalmente, facendo salva<br />

la buona fede del redattore: se scrivono balle, non c’è difesa che tenga<br />

(ma, com’è stato notato, falsificare anche le misure è un lavoraccio non<br />

da poco, specialmente se, poi, anche qualcun altro pubblica misure di<br />

quell’apparecchio, come, per esempio Audiosciencereview).<br />

Quindi, secondo me, la domanda non è se ha ancora senso comprarle,<br />

le riviste, ma se, prima di tutto, ha ancora senso leggerle: io dico di sì,<br />

perché mi danno qualcosa alla quale non posso accedere da solo, e<br />

tantomeno a mezzo di chiacchierate virtuali o reali con altri malat…<br />

ehm, appassionati. Quindi, visto che le riviste mi danno qualcosa, trovo<br />

giusto che io contraccambi: a <strong>SUONO</strong>, AR e SP do i miei soldi; a Lucio<br />

do il mio contributo personale nei limiti delle mie scarse possibilità.<br />

Chi ci rimette, semmai, sono i produttori, perché così mi tengo lontano<br />

dagli (oramai impossibili) acquisti e mi concentro solo sul voyeurismo,<br />

ma non è una novità che l’audiofilia, in fondo, sia una perversione!<br />

Mi sono poi ricordato di avere già fatto in quel forum un intervento<br />

simile e me lo sono andato a cercare. Per la Sua gioia, glielo trascrivo<br />

qui di seguito. No, scherzo, mi limito a un paio di estratti che penso<br />

bene integrino quanto ho scritto prima.<br />

Ho sempre pensato che il compito di una (nostra) rivista fosse quello<br />

di fornire un’informazione diversa da quella che noi lettori fossimo in<br />

grado di procurarci autonomamente. Con l’avvento di Internet, secondo<br />

me, questa informazione autarchica è diventata molto ampia.<br />

(…)<br />

Definita l’impostazione “filosofica”, ecco il risvolto pratico, cioè la “merce”<br />

la cui fornitura potrebbe giustificare la presenza di una rivista che<br />

di seguito provo a esemplificare:<br />

a) innanzitutto la capacità di fare una corretta analisi tecnica e di<br />

proporla in termini divulgativi. Sotto questo profilo, mi pare di potere<br />

dire con cognizione di causa che le riviste italiane non sono seconde a<br />

nessuno; di più, che, spesso, sono molto meglio di quelle estere, almeno<br />

quelle mainstream a me note. (…)<br />

b) la possibilità di accedere a un “setup” di ascolto improponibile per<br />

il singolo appassionato. (…)<br />

c) la possibilità di avere una pubblicazione che non contenga solo<br />

26 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


INSIDE<br />

blicità; meno evidente ancora è quale sia o dovrebbe essere il<br />

bilanciamento tra i due. A <strong>SUONO</strong> ho lavorato affinché la voce<br />

“ricavi dalle vendite” fosse sempre maggiore del 50% in modo<br />

che risulti palese chi è l’azionista di riferimento del giornale. Ciò<br />

non di meno mantenere questo equilibrio, che è l’indicatore della<br />

nostra capacità di resistere alle tentazioni, è una impresa ardua,<br />

soprattutto in un Paese come il nostro, desueto a formule come<br />

quella della rivista in abbonamento, soluzione che ci consentirebbe<br />

ben altri equilibri finanziari! Si aggiunga che stiamo assistendo<br />

a un evidente depauperamento delle risorse a disposizione delle<br />

riviste/giornali, associato a un progressivo sfilacciamento della<br />

filiera distributiva legata ancora a ottiche e strategie di oltre 20<br />

anni fa; basti pensare che un giornale maturo come <strong>SUONO</strong> (così<br />

come i suoi concorrenti) vende una copia delle quattro stampate<br />

mentre le altre tre finiscono in carta straccia, con un evidente<br />

depauperamento di risorse! In altri paesi, gli USA ad esempio, le<br />

riviste vengono distribuite solo in abbonamento (una copia stampata<br />

– una copia venduta) mentre in Italia l’abbonamento postale<br />

per anni ha funzionato male e ora che funziona abbastanza bene<br />

(noi abbiamo una percentuale minima se non inesistente di riviste<br />

che non arrivano al destinatario) il potenziale fruitore ha<br />

sviluppato un giustificato pessimismo in merito. Tutti elementi<br />

ben noti, quelli citati, a cui se ne aggiungono altri che, almeno a<br />

mio modo di pensare, sono meno palesi e dei quali “la comunità”<br />

mi sembra poco consapevole:<br />

1) Una crisi del modello comunicativo, sia da parte delle riviste di<br />

settore ma più in generale della comunicazione ufficiale, soprattutto<br />

quando in relazione a quella domanda di alternativa che si<br />

va diffondendo in generale nella società (mica solo da noi!) e che<br />

fa sì che si sia disposti a prendere sul serio il primo influencer che<br />

passa a prescindere dalle sue competenze, pendendo dalle sue<br />

Lei è il Presidente,<br />

non lo zio pazzo che retwitta tutto!<br />

Savannah Guthrie<br />

labbra fideisticamente come un tempo accadeva per le riviste e<br />

con esito, sospetto, simile tra uno, tre, giorni, anni. È un tema su<br />

cui a <strong>SUONO</strong> lavoriamo da anni anche se, mi spiace riconoscerlo,<br />

con risultati buoni ma la cui evidenza è modesta, almeno nella<br />

percezione del lettore…<br />

Con “La terra è piatta” (gennaio 2008, scaricabile gratuitamente<br />

sul nostro sito) e, ancora prima, con “Che cosa è l’alta fedeltà e<br />

ci interessa davvero? (2006), ad esempio, in tempi non sospetti<br />

affrontavamo temi e aspetti sociali poi esplosi nell’agone Hi-Fi<br />

e oltre. Ovviamente individuare un problema non significa risolverlo<br />

e risolverlo non significa che il mondo ne prenda atto! Una<br />

riflessione sulle riviste e sull’informazione, anello strategico nella<br />

filiera composta da costruttori e distributori di un bene, finestre<br />

sul mercato (negozi) e consumatori è comunque auspicabile, e in<br />

fondo è anche quello che l’attento lettore Iaccarino propone, forse<br />

sottovalutando la tendenza individualistica del parterre italiano<br />

recensioni ma anche divulgazione semplice (ma non semplicistica):<br />

tutti, credo, ci ricordiamo del “corso” del Bart Nazionale, o dei tutorial<br />

di AR sulle interazioni deboli o sull’audio digitale; o dei primi articoli<br />

analitici di Sandro Ruggeri sui chip di conversione (mi ricordo di<br />

quando spiegava quanto ritenesse inutile la corsa ai millanta bit di<br />

conversione) o del “progetto activers” di Montanucci; e winbass, wincross,<br />

AFW, il deep stereo; ma anche la vecchia idea moroniana della<br />

“scuola d’ascolto”, oggi mi pare ripresa da Corciulo con l’impiantone<br />

Audiogamma al Parco della Musica capitolino, etc.;<br />

d) infine, la sensibilità musicale dei soggetti chiamati a rendere conto<br />

del comportamento degli apparecchi in prova<br />

(…)<br />

Ammetto che sia un’impostazione personale, ma a me non frega nulla<br />

di sapere “come suona” secondo un altro: se lo voglio sapere, stacco<br />

il mio ingombrante posteriore dalla sedia e vado a fare quello che<br />

qualcuno ha graziosamente definito il “giro delle sette chiese” (che poi,<br />

se va di lusso, si riducono a due-tre), che mi pare un sforzo davvero<br />

minimo, nonché dovuto, viste le incommensurabilmente esagerate<br />

cifre in gioco per l’acquisto di questi giocattoli per adulti. Quello che,<br />

piuttosto, mi preme di sapere è se vi è innovazione o originalità progettuale<br />

oppure se si tratta di una banale traduzione commerciale dei<br />

circuiti applicativi sviluppati dai produttori del chip (o del transistor),<br />

così come mi importa sapere se l’implementazione dell’idea progettuale<br />

è corretta o presenta aspetti criticabili; così come mi importa<br />

sapere se vi sono particolari realizzativi meritori oppure se si tratta<br />

di una costruzione dozzinale, etc.. Per altro verso, se non mi importa<br />

di sapere se al recensore x il tal diffusore non è piaciuto, mi importa<br />

sapere se ha reiteratamente rilevato uno sbilanciamento tonale in una<br />

qualche regione dello spettro e, magari, se vi sono delle misure che,<br />

in un certo qual modo tendono non a confermare ma a dare un’idea<br />

della rilevanza fisica del fenomeno percepito. Per altro verso, ancora,<br />

mi importa sapere se il recensore ha ben convissuto con l’apparecchio,<br />

se l’ha provato nelle varie configurazioni, se l’ha trovato user-friendly<br />

o meno, etc: ciò mi pare rilevante con tutte le nuove apparecchiature<br />

dove l’informatica è parte integrante e – almeno dovrebbe essere –<br />

integrata.<br />

(…)<br />

Il problema che vedo porsi all’orizzonte è, come qualcuno qui ha scritto,<br />

il ricambio, non tanto del “pubblico”, quanto proprio dei giornalisti e, di<br />

conseguenza, dello stile della comunicazione, ad oggi sostanzialmente<br />

ingessata nella reiterazione degli schemi con cui noi siamo “cresciuti”<br />

(il periodo ‘70-’80).<br />

(…)<br />

Arrivato sin qui, si chiederà: “ma allora, perché mi scrive”? Perché<br />

il mio intervento vecchio è vecchio: era il 2011, è passato quasi un<br />

decennio e nulla è cambiato!<br />

Ancora oggi il “pubblico”, quello per il quale voi, in fin dei conti,<br />

esistete, lamenta una disconnessione. Fondamentalmente per i<br />

prezzi astronomici (insomma, che comunque non consentono un<br />

sereno approccio all’acquisto, come invece accadeva quando avevamo<br />

anche soldi più pesanti in tasca) e il totale silenzio sulle nuove<br />

abbordabili possibilità di sentire bene. Ma anche sull’assenza di<br />

28 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


DOSSIER ALTA FEDELTÀ 2020 - GLI ORGANI DI INFORMAZIONE<br />

dove, non a caso, esiste uno dei movimenti dei consumatori più<br />

debole al mondo (chiedere agli USA per referenze)!<br />

2) L’evoluzione del consumatore / lettore nel tempo, complice<br />

anche una mancanza di ricambio che dovrebbe affliggere in primo<br />

luogo il mercato prima ancora che l’informazione (anche se così<br />

non è): il grado di competenza ha portato da un lato a un utente/<br />

lettore molto esperto, che per essere soddisfatto richiederebbe<br />

una rivista ancor più verticale di quelle già molto verticali ed<br />

elitarie che facciamo, allontanando ulteriormente il neofita che<br />

non trova, nelle riviste e nel mercato, un percorso di crescita<br />

percorribile. Al tempo stesso il lettore/consumatore esperto…<br />

crede di esserlo e in molti casi non lo è (gli organi di informazione<br />

possono assumersene la colpa o meno, ma così è), vittima dei<br />

Alla fine la storia darà ragione a qualcuno<br />

e poi non dormirà per il rimorso.<br />

Altan<br />

suoi stessi desideri: rassicurazioni tout court su ciò che gli piace,<br />

belle favolette per addormentarsi felice, consolidare in certezze<br />

un arido (e, aggiungo io, vuoto) tecnicismo per fronteggiare le<br />

incertezze del mondo. Si aggiunga un ben evidente fenomeno<br />

di analfabetismo di ritorno (colpisce il 35% dei cittadini tra i<br />

25 e i 65 anni, quindi perché non gli audiofili?) e la frittata è<br />

fatta! Che cosa vuole, allora, questo protagonista e anello finale<br />

della filiera? Onestamente io non lo so (continuo a interrogarmi<br />

per capirlo) ma sospetto che nella maggior parte dei casi non<br />

lo sappia nemmeno lui, vittima di quel meccanismo “vittima &<br />

carnefice” che attanaglia il mercato della riproduzione sonora di<br />

qualità e che è oggetto del Dossier Alta fedeltà 2020: in tal senso<br />

leggete attentamente il testo di Libero Abbaci, che nelle pagine<br />

precedenti tratteggia proprio le dinamiche che si sviluppano<br />

a livello del consumatore finale, dopo averlo fatto per l’intero<br />

mercato dell’Hi-Fi. E, sempre in questo senso, una autocritica<br />

(o almeno una analisi approfondita dei propri veri bisogni), il<br />

consumatore potrebbe anche farsela!<br />

Allora e infine: le riviste stanno perdendo la loro battaglia? Non<br />

sono preoccupato tanto sul nostro compito perché la sete di informazione<br />

c’è e ci sarà sempre e gli attuali momenti drammatici<br />

lo sottolineano in maniera marcata. La forma in cui soddisfare<br />

questa sete è ancora tutta da discutere o in evoluzione ma qualcuno<br />

di noi capirà come fare al meglio. Semmai sono preoccupato<br />

perché quella sete può e deve essere placata con una informazione<br />

competente e la sua permanenza mi sembra un certezza meno<br />

granitica della precedente, anche in ragione dei tanti rumori di<br />

fondo! Credo però che la linea di discrimine possa essere tratteggiata<br />

dalla supposta o praticata “onestà intellettuale”, un’onda<br />

lunga e permanente, soprattutto nei giornali di carta dove ogni<br />

parola rimane a permanente memento, cosa di cui a <strong>SUONO</strong><br />

siamo consapevoli e che anche per questo rappresenta una delle<br />

poche garanzie per il lettore...<br />

recensioni negative e sulla obiezione/petizione di principio che sta<br />

sul fondo di tutto: siete facilmente influenzabili da agenti esterni;<br />

e non si tratta di un “peccato” personale quanto dell’inclinazione<br />

naturale del sistema, peraltro anche comprensibile, visto che le<br />

risorse per farlo funzionare certo non derivano dal Raspberry, o da<br />

Plex, o altro affare/software che non ha bisogno di una “filiera” per<br />

arrivare a noi (e del quale si cominciano a trovare informazioni sul<br />

web anche più curate del passaparola sui forum, come John Darko<br />

e Hans Beekhuyzen). Però, neppure noi possiamo continuare ad<br />

alimentare – nel vero senso della parola – la tradizionale serie di<br />

figure che fino ad oggi ha governato questo settore: semplicemente<br />

non ne abbiamo (più?) la capacità economica. Certo, ci deve essere<br />

qualcosa che mi sfugge perché, poi, mica mi spiego la inimmaginabile<br />

(sovr)abbondanza di prodotti che riempiono (riempivano…<br />

speriamo riprendano a farlo presto) le sale della mostra di Monaco<br />

(o di Varsavia, o il RMAF, etc…), con prezzi spesso da oligarchi russi:<br />

sul punto non mi aiuta l’ottimo articolo di Abbaci sul numero<br />

546, che mi pare focalizzato più al mercato interno che a quel che<br />

accade “fuori casello”.<br />

In ogni caso, ora, io mi chiedo: è mai possibile che continua a fare<br />

capolino questo argomento?<br />

Dietro tutti i protestatori “ad oltranza” ci DEVE essere qualcosa di<br />

reale, ci DEVE essere quello “scollamento” lamentato: non possono<br />

essere tutti dei repressi complottisti visionari.<br />

Certo, comprare una rivista è un atto, oramai, da supporter, da fan:<br />

nemmeno la musica si compra più, al limite si noleggia.<br />

Lei che dice? Siamo noi ad essere incontentabili oppure il modello<br />

di comunicazione si è oramai rotto e una “rivista” come la conosciamo<br />

noi non ha più legittimazione e va ripensata? Io non vorrei che<br />

questo “ripensamento” portasse, però, alla chiusura del laboratorio<br />

di AR: per me sarebbe una grossa perdita non rimediabile per il<br />

settore. Così come non vorrei che questo “ripensamento” mi privasse<br />

delle Vostre prove collettive. E non so se sono due cose che<br />

si possono traghettare nel mondo virtuale dell’online senza costi,<br />

senza spazi, senza problemi gestionali.<br />

Inizialmente pensavo di inviare questa mia anche a Neri, perché,<br />

in fondo, per questo discorso, state dalla stessa “parte”; però poi<br />

ho soprasseduto, per due motivi. In primo luogo, AR sta “aprendo”<br />

alle nuove fruizioni a basso costo di cui parlavo prima e sta corroborando<br />

la parte divulgativa, quindi, in un certo senso, un po’ sta<br />

“rimediando”; in secondo luogo, forse a torto, credo di avere più<br />

“confidenza” con Lei, in fondo già “vaccinato” contro i miei sproloqui.<br />

Certo, potrebbe uscire anche una cosetta interessante se si riuscisse<br />

a organizzare sul rapporto riviste/lettori una video conferenza<br />

(come tutti i convegni che si fanno ora), magari coinvolgendo, che<br />

so, Jim Austin o JA, Darko, Lavorgna… Insomma, altri protagonisti<br />

di un’informazione mainstream. Mi ricordo che, imperante il TAV,<br />

non si riuscì a riunire ad attorno al tavolo gli “stati generali” nostrani,<br />

figuriamoci quelli esteri; magari, ora, con la fame di “contatti” post-<br />

Covid… Avrà notato anche lei che, ormai, molta comunicazione<br />

ufficiale si sta svolgendo con questo format…<br />

Carlo Iaccarino<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 29


INSIDE<br />

di Vittorio Pio<br />

La felicità<br />

non è mai<br />

permanente<br />

Basta ammirare una foto di Maria Laura Baccarini per intuirla luminosa e coinvolgente. Una donna audace<br />

e dal futuro sempre aperto, che pare non essere particolarmente afflitta da quella scocciatura dei tormenti<br />

interiori, così diffusa fra le signore che amano complicarsi le cose.<br />

Inneggia alla vita, Maria Laura, da brava artista poliedrica quale<br />

è, passata dalla ginnastica artistica (chi la ricorda nel suo debutto<br />

televisivo con Giancarlo Magalli e la regia di Gianni Boncompagni<br />

nel 1986?), ai palchi più prestigiosi d’Europa per declinare tutto il suo<br />

finissimo talento, condiviso fra danza, recitazione e canto. Da Parigi,<br />

che per lei è ormai casa, ci racconta questo momento in cui pare che tiri<br />

aria (e di conseguenza vita) nuova. Attualmente la Baccarini è in scena<br />

con “Atalanta”, nient’altro che la mitologia greca raccontata da Gianni<br />

Rodari, l’indimenticabile scrittore e favolista cui tante infanzie serene<br />

sono riconoscenti.<br />

Come è trascorso per lei questo tempo? Ha più pianificato<br />

o “panificato”? Non so se lo sa, ma durante il lockdown la<br />

maggior parte degli italiani ha fatto fuori tutte le scorte di<br />

lievito possibili...<br />

Pianificare non è una mia prerogativa caratteriale, temo però che<br />

mai come in questo momento si sia risvegliata in noi la coscienza<br />

della fragilità della vita. Pianificare è un palliativo, ci illude di<br />

poter avere una sorta di “controllo” sulla nostra esistenza… per la<br />

“panificazione” anche io ho fatto la mia parte. Mi sono divertita<br />

in esperimenti di ogni tipo, e soprattutto facevo una scommessa<br />

quotidiana: andare a fare la spesa soltanto quando ogni cosa fosse<br />

finita nella dispensa. Mi sono così liberata dalla sindrome del “frigo<br />

pieno” e ho inventato ricette improbabili utilizzando ogni volta<br />

tutto quello che avevo.<br />

Qual è stata la prima cosa che ha fatto quando le è stato<br />

permesso di uscire?<br />

Ho camminato attraversando tutta la città a piedi. Parigi, un po’ come<br />

Roma, ti sorprende sempre. Ormai sono sedici anni che vivo qui.<br />

A proposito di questa sua permanenza nella Ville<br />

Lumière, presumo che lei sia orgogliosamente italiana<br />

anche nel sentirsi a casa a Parigi: c’è qualcosa che le due<br />

nazioni dovrebbero prendere in prestito l’una dall’altra<br />

per migliorare vicendevolmente? Andando ancora più<br />

indietro, il suo trasferimento in Francia che sulla carta<br />

sembrava un azzardo, si è rivelato poi una intuizione<br />

30 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


INTERVISTA MARIA LAURA BACCARINI<br />

vincente. All’epoca si era trasferita più per curiosità,<br />

casualità, necessità o altro ancora?<br />

Sono italiana… a partire dal modo di comunicare sentimenti ed emozioni.<br />

Non ho perso la mia identità, piuttosto mi sono abituata a un’attenzione<br />

educata e profonda che i francesi hanno per lo spazio altrui. Se<br />

l’italiano prendesse in prestito il senso della “collettività” del francese,<br />

guadagneremmo tutti quello che definirei la consapevolezza del potere<br />

di un popolo. In Francia il “furbo” non è un “eroe”… e questo mi piace<br />

molto. Al francese, invece, farebbe bene prendere in prestito la spontaneità<br />

dell’italiano, la capacità di vivere l’istinto, l’intuito, il coraggio<br />

di esprimere i sentimenti forti. Per educazione tante di queste qualità<br />

a volte rimangono bloccate nei francesi, represse o persino censurate<br />

dall’intelletto. Quello che mi ha attirato della Francia è l’importanza che<br />

viene data alla cultura per cui, visto che sono un’esploratrice, e che mi<br />

lancio da sola delle sfide, ho pensato che la possibilità di entrare in un<br />

Paese così complesso ed esigente mi abbia stimolata a cercare un nuovo<br />

linguaggio. Ho imparato davvero molte cose in questi anni.<br />

Ritorniamo al lato artistico, la sua curiosità è onnivora:<br />

le piace il rock, ha realizzato un concept sulla naturalezza<br />

delle cose ma ha anche dedicato un progetto al compositore<br />

americano Cole Porter oltre a un tributo molto ispirato al<br />

binomio Giorgio Gaber - Sandro Luporini. In che modo trae<br />

ispirazione dalle sue scelte o, meglio, cosa la ispira a farlo?<br />

C’è qualcosa che lega questi grandi personaggi che ha scelto<br />

come tappe ufficiali della sua estetica?<br />

Il rock è una passione giovanile: amo Joni Mitchell e Bruce Springsteen<br />

ma anche quelle cose più levigate e intriganti offerte da Bjork e David Sylvian.<br />

Ci sarebbe poi tutto un capitolo dedicato al jazz, da Ella Fitzgerald a<br />

Pat Metheny, e poi ancora e ancora. Questi che ha citato sono tre progetti<br />

discografici molto diversi fra loro, nati da incontri molto importanti per<br />

me, che hanno segnato altrettante tappe decisive per la mia crescita.<br />

Approfondiamone i tratti…<br />

All Around è una suite in nove movimenti composta da Régis Huby e<br />

scritta da Yann Apperry. Un’ode alla Natura, poetica e potente. Furrow è<br />

invece un omaggio moderno all’autore e compositore americano Cole<br />

Porter, che giocava con ironia e tormento con il linguaggio e i sentimenti.<br />

Poi è arrivato il progetto che ha segnato il mio cambiamento più radicale,<br />

ovvero Gaber, io e le cose. Rappresenta la conquista della mia “legittimità<br />

adulta” affrontando testi meravigliosi e intensi del duo Gaber-Luporini.<br />

Questo progetto mi ha fatto crescere prima di tutto come persona, perché<br />

il patrimonio che ci hanno lasciato questi due intellettuali, approfondendo<br />

ogni nostra fragilità, analizzando in modo spietato e onesto tutti<br />

i meccanismi tortuosi dell’umano, è qualcosa di prezioso e unico. Ed io<br />

mi sono servita delle loro parole viaggiando e portandoli con me in Italia,<br />

in Francia come anche in Nord Europa.<br />

Un palco, un teatro, uno spettacolo eseguito dal vivo,<br />

rappresentano per lei ancora dei sinonimi di felicità? In<br />

altre parole, quanto è decisivo e importante il contatto con<br />

il pubblico?<br />

La felicità non è permanente quanto, piuttosto, un picco che si raggiunge.<br />

Per questo è così intenso. Cantare, per me, è uno stato di grazia che mi<br />

aiuta a capire cosa sia vivere il momento presente con pienezza totale.<br />

Anche per chi assiste a uno spettacolo dal vivo si produce la stessa magia…<br />

un momento presente dove passato e futuro si dissolvono. Niente<br />

potrà mai sostituire questo piccolo miracolo di umanità.<br />

Cantare di sentimenti e costume, per ritornare a Porter e<br />

Gaber, sembra ancora straordinariamente attuale in quelle<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 31


INSIDE<br />

parole scolpite nell’aria...<br />

Quando un autore parla dell’essere umano, quando ne fa un’analisi<br />

profonda, in qualsiasi epoca abbia vissuto, il suo lavoro ha una valenza<br />

universale.<br />

Cosa ricorda degli esordi in TV e cosa le ha lasciato la diretta<br />

dal piccolo (allora) schermo?<br />

In televisione ci sono capitata per caso: ero giovanissima, reduce da<br />

una carriera sportiva di ginnasta, non sapevo ancora dove andare. Una<br />

popolarità così immediata può anche rappresentare un pericolo se non<br />

si è sufficientemente preparati, anzi, occorre essere molto solidi per<br />

affrontare una vera carriera nel mondo della televisione. Diciamo che<br />

è stata la giusta esperienza per capire che non era la mia strada. Però<br />

tutte le esperienze insegnano qualcosa. Prima o poi ti rendi conto che<br />

qualcosa che hai imparato, anche nel contesto più distante da te oggi,<br />

un giorno, in un momento preciso, ti torna utile.<br />

Nella sua famiglia l’hanno sempre incoraggiata: ma quali<br />

erano le sue prime aspirazioni?<br />

È vero, la mia famiglia mi ha sostenuto: mia nonna era un’attrice di<br />

teatro, mio padre direttore di doppiaggio e doppiatore, mia madre da<br />

giovane è stata attrice anche lei, mio zio attore… persino la nonna, che<br />

non ho mai conosciuto, era cantante lirica. Insomma, a casa mia fare<br />

l’attore era considerato un mestiere: non ho dovuto convincere nessuno<br />

che non si trattasse solo di una passione scapestrata.<br />

La sua è stata una carriera comunque molto significativa:<br />

se la volessimo condensare, quale ritiene siano state le<br />

soddisfazioni più grandi?<br />

Ho fatto un bel cammino, tanti incontri, alcuni hanno profondamente<br />

cambiato la mia vita e mi hanno arricchita, altri sono una costante che<br />

mi sostiene e con la quale mi confronto nella creazione di cose nuove.<br />

Restano nel mio cuore tutti i teatri meravigliosi che sono stati la mia<br />

“casa” per tanti anni. Aver recitato in lingue straniere in giro per l’Europa.<br />

E poi c’è la musica che mi riempie la vita da sempre e che mi apporta linfa<br />

vitale… sono soddisfatta di tutto quello che ho fatto. Non ho rimpianti<br />

né rimorsi. Questo mi permette di guardare avanti con gioia e curiosità<br />

per tutto quello che non ho ancora fatto.<br />

Qual è il suo desiderio più grande adesso, sia dal punto di vista<br />

professionale che personale?<br />

Riuscire a dare lunga vita ai bei progetti su cui sto lavorando con amore.<br />

Un duo con un contrabbassista torinese, Federico Marchesano, che è<br />

stato un bellissimo nuovo incontro di questi ultimi due anni. Poi c’è anche<br />

una dimensione in solitaria che mi sta prendendo molto: ho scoperto<br />

una bellissima possibilità creativa grazie a una loop-station sulla quale<br />

sovrappongo strati su strati della mia voce. Compongo musica vocale,<br />

mi accompagno con essa, canto e recito seduta con un microfono e un<br />

leggio, e il pubblico viene con me in un viaggio sensoriale, dove tutto ciò<br />

che non si vede sul palcoscenico si materializza grazie all’evocazione dei<br />

suoni e delle parole che stimolano l’immaginazione. Con questa formula<br />

ho già raccontato la vicenda di Ilaria Alpi, grazie a un bellissimo testo di<br />

Massini tradotto in francese, “African Requiem”, e adesso anche il mito<br />

di “Atalanta”, sul meraviglioso testo di Gianni Rodari.<br />

Cos’altro potrebbe appassionarla oggi?<br />

Gioisco di un toccante percorso parallelo, che alla mia età comincia a<br />

essere una cosa buona e giusta, ovvero la trasmissione ai più giovani<br />

dell’esperienza maturata. Una dimensione che mi appassiona moltissimo.<br />

Più che insegnare, in questo caso sono una “dinamizzatrice” di<br />

creatività. Faccio degli ateliers dal titolo “La voix intime” con un complice<br />

meraviglioso che si chiama Emiliano Begni, e insieme a lui accompagno<br />

i miei allievi alla scoperta della propria voce, nel senso più profondo del<br />

termine. Il nostro cammino consiste nella ricerca di cosa si vuole dire, e<br />

di arricchire il proprio strumento vocale per essere liberi di esprimere il<br />

proprio senso delle cose. Tanti incontri e le più gratificanti collaborazioni<br />

spesso nascono proprio da questi ateliers... sono felice di veder crescere<br />

il talento di chi partecipa con le sue meravigliose creazioni originali. Ho<br />

altri bei progetti in lavorazione, ogni tanto cerco di riposarmi ma poi<br />

rientro con piacevolezza nel turbine rappresentato dal mio mestiere,<br />

che rappresenta anche la mia grande, eterna storia d’amore. E come si<br />

fa a prendere una pausa dall’amore?<br />

32 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


SELECTOR TUTTO IL MEGLIO IN ARRIVO SUL MERCATO<br />

a cura della redazione<br />

DIFFUSORI<br />

Dutch&Dutch 8C<br />

Quando si parla di sistemi<br />

DSP, room correction,<br />

etc., si parte in genere dal<br />

“come” funzionano, con<br />

dotte disquisizioni in merito;<br />

proviamo invece a<br />

partire dal “se” funzionano”,<br />

visto che nel caso della<br />

maggioranza il responso è<br />

negativo, salvo lodevoli eccezioni<br />

come nel caso del<br />

Weiss DA 501 provato su<br />

<strong>SUONO</strong> 547.t<br />

Una ragione buona c’è,<br />

perché nel caso del<br />

Dutch & Dutch 8C il<br />

sistema di correzione ambientale<br />

funziona eccome! A funzionare,<br />

però, non è solo il DSP ma<br />

un atteggiamento progettuale a<br />

tutto tondo che coinvolge anche<br />

le peculiarità elettroacustiche del<br />

sistema amplificazione - diffusori<br />

dove, troppo spesso, i progettisti<br />

considerano gli aspetti elettronici<br />

e quelli elettromeccanici come<br />

“indipendenti” fra loro. Passi per i<br />

diffusori passivi e gli amplificatori<br />

di potenza, ma se si progetta un<br />

diffusore amplificato, sarebbe necessario<br />

che i due mondi conoscano<br />

un po’ di più l’uno dell’altro!<br />

Partiamo allora da quel “se”: i<br />

Dutch&Dutch 8C hanno messo<br />

per la prima volta in crisi le nostre<br />

pur salde certezze, basate<br />

su un sistema di riferimento che<br />

pur facendo capo a un diffusore<br />

un po’ attempato, raramente per<br />

non dire mai si è dimostrato carente<br />

in un confronto con eventuali<br />

concorrenti. Invece arrivano<br />

i Dutch & Dutch 8C e, parola del<br />

direttore, “non ne faresti più a<br />

meno”. Non è solo una questione<br />

di valore assoluto, è qualcosa di<br />

più, è una modello di rappresentazione<br />

sonora differente, che per<br />

la prima volta vince il confronto<br />

con l’eccellenza canonica rappresentata<br />

dai nostri Triangle.<br />

Ecco, ora è proprio il caso di un<br />

rewind e, allora, ricominciamo<br />

da capo...<br />

Nel 2014 un gruppo di cinque<br />

neo-laureandi (un industrial<br />

design, un esperto di audio<br />

professionale, uno di software,<br />

uno - Martijn Mensink - con una<br />

piccola azienda di diffusori e un<br />

semplice appassionato di Hi-Fi)<br />

danno vita alla Dutch&Dutch:<br />

tra loro non esiste né un Mr.<br />

Dutch né tantomeno due che siano<br />

parenti ma semplicemente<br />

sono tutti olandesi, intendono<br />

produrre in Olanda e “pensavano<br />

che il nome fosse accattivante”!<br />

Cominciano ma non<br />

partono: la Dutch&Dutch non<br />

produrrà né venderà niente,<br />

almeno fino al 2017! “Avevamo<br />

messo insieme un po’ di idee e<br />

qualche soldo che investimmo<br />

in una società che avrebbe dovuto<br />

acquistare le attrezzature<br />

per realizzare i primi prodotti<br />

Prezzo: € 11.950,00<br />

Dimensioni: 27 x 48,5 x 38 cm (lxaxp)<br />

Peso: 26 Kg<br />

Distributore: Te.De.S.<br />

www.tedes.it<br />

DIFFUSORI DUTCH&DUTCH 8C<br />

Tipo: da supporto N. vie: 3 Potenza (W): 1000 Frequenze di<br />

crossover (Hz): 100 - 1250 Risp. in freq (Hz): 30 - 20.000 +/- 1<br />

DB Altoparlanti: Tw da 1’’ a cupola morbida in aluminio / magnesio,<br />

Mid da 8 con cono in alluminio, 2 Wf da 8’’ con cono in<br />

alluminio Rifinitura: Natural wood-Black/White e Black-Black<br />

Note: diffusori attivi in legno massello e future funzionalità di<br />

rete. Versione professionale in MDF euro 9.950.<br />

34 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


TEST<br />

al banco di misura<br />

La risposta in frequenza risulta estremamente<br />

lineare, rilevata in asse e<br />

soprattutto fuori dall’asse, sia sul<br />

piano verticale che su quello orizzontale.<br />

La frequenza di incrocio, fissata<br />

poco sopra i 1200 Hz, e il tipo di profilo<br />

di raccordo utilizzato sul tweeter,<br />

consentono un eccellente controllo<br />

della direttività e soprattutto della<br />

dispersione. Altro fattore molto<br />

importante è la tenuta in potenza<br />

del tweeter, in particolar modo alle<br />

frequenza molto basse di incrocio: il<br />

profilo incrementa il livello di emissione<br />

e, grazie all’azione congiunta<br />

del crossover elettronico e del DSP di<br />

equalizzazione, si possono ottenere<br />

elevate pressioni e una linearità con<br />

molta meno potenza applicata. Anche<br />

il tipo di carico offerto dai due<br />

woofer e dal midwoofer risulta una<br />

condizione ideale che mette l’amplificazione<br />

nelle migliori condizioni di<br />

funzionamento e di trasferimento di<br />

energia all’altoparlante.<br />

per noi”, racconta Martijn Mensink,<br />

uno dei cinque, “Dopo un<br />

paio di settimane non abbiamo<br />

sentito nulla e, per farla breve,<br />

loro sono andati in bancarotta e<br />

abbiamo perso tutti i nostri soldi!”.<br />

Poi finalmente gli Olandesi<br />

& Olandesi danno vita a qualcosa,<br />

il modello 8C, l’unico tutt’ora<br />

in catalogo, se pur declinato in<br />

due versioni, una per il mercato<br />

consumer e una per quello professionale,<br />

che differiscono per il<br />

materiale utilizzato nel cabinet,<br />

massello nel primo caso, MDF nel<br />

secondo. Anche qui la sigla, per<br />

quanto criptica, ha una sua ragione:<br />

8 sta per i tre altoparlanti<br />

da 8” utilizzati nel diffusore (due<br />

subwoofer e un midrange, tutti<br />

con coni in alluminio), e C per lo<br />

schema di irradiazione cardioide<br />

del midrange, una soluzione<br />

adottata da Martijn Mensink fin<br />

dai primi progetti, quando era<br />

poco più che sedicenne: “Quello<br />

è stato l’unico diffusore che abbia<br />

mai finito: l’ho impiallacciato<br />

(era bellissimo!) e l’ho venduto<br />

dopo circa tre mesi. Non ne ho<br />

mai più finito un altro...”.<br />

Martijn e compagni, però, vanno<br />

ben oltre, anzi: sono tra i pochi<br />

e forse gli unici che hanno ottenuto<br />

eccellenti risultati “tutti<br />

in una volta” nei vari ambiti in<br />

cui sono coinvolti gli 8C. Un sistema<br />

attivo deve essere dotato<br />

anche di un sistema di gestione<br />

appetibile ed efficace per l’ottimizzazione<br />

del prodotto, almeno<br />

nelle funzioni base, ancor prima<br />

di coinvolgere l’equalizzazione<br />

ambientale di tipo avanzato.<br />

Scelgono di usare una web app<br />

installata direttamente su ogni<br />

diffusore (raggiungibile perciò da<br />

I connettori sono tutti del tipo<br />

professionale XLR, anche quello di<br />

rete utilizza l’RJ-45 all’interno di uno<br />

slot XLR. L’8C accetta connessioni di<br />

tipo analogico bilanciato e dallo stesso<br />

connettore digitale AES tramite il pulsante<br />

di selezione sequenziale o tramite app.<br />

È disponibile una uscita pass through<br />

digitale per collegare in cascata due<br />

diffusori, settandoli ciascuno per il canale<br />

di competenza (left e right).<br />

qualsiasi dispositivo posto nella<br />

rete domestica tramite un comune<br />

browser) ed è la scelta più efficiente,<br />

immediata e aggiornabile<br />

nell’estetica e nelle funzionalità.<br />

Tanti costruttori impiegano molte<br />

risorse per creare app che puntano<br />

sull’aspetto estetico dedicate<br />

però sia all’universo iOS che Android,<br />

ma allo stesso tempo non<br />

per un computer, costringendo di<br />

fatto l’utente a usare per forza il<br />

dispositivo personale installando<br />

o aggiornando l’app di gestione.<br />

Altri hanno investito tantissimo<br />

nella realizzazione di un proprio<br />

sistema di equalizzazione<br />

ambientale, a volte farraginoso,<br />

a volte poco chiaro nelle modalità<br />

ma comunque proprietario e<br />

complesso da gestire. D&D, invece,<br />

ha optato per una soluzione<br />

decisamente anticonvenzionale,<br />

collaborando con uno dei sistemi<br />

open source di analisi per l’acustica<br />

ambientale, REW (Room<br />

Eq. Wizard), in cui è stato scritto<br />

un modulo di comunicazione ad<br />

hoc per snellire i procedimenti di<br />

analisi e ottimizzazione del diffusore<br />

in ambiente. Il sistema è<br />

ancora in sviluppo ma già i primi<br />

approcci lasciano presagire grandi<br />

risultati partendo da obiettivi<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 35


SELECTOR<br />

Il mobile è realizzato con pannelli in multistrato<br />

(struttura interna e i rinforzi) e con pannelli in<br />

massello ad alto spessore per le pareti laterali<br />

a vista. Il pannello anteriore è frutto di una<br />

pressofusione che adotta una forma di<br />

raccordo molto dolce fra le membrane<br />

degli altoparlanti e il resto della struttura;<br />

nonostante le varie nervature di rinforzo<br />

è stato ulteriormente smorzato con un<br />

materiale elastico adesivo. Il profilo curvo<br />

di raccordo del tweeter ha anche la funzione<br />

di intervenire sulla direttività di emissione<br />

della gamma alta e su un incremento di<br />

livello di emissione. L’elettronica trova<br />

posto sul fondo che è isolato dal vano di<br />

carico; all’interno si trovano due volumi<br />

distinti, uno pneumatico per i due woofer<br />

e uno semiaperto per il midwoofer.<br />

Il tweeter è un SEAS 27TBFC serie Prestige da 6<br />

Ohm con la membrana da 27 mm in alluminio<br />

e magnesio, ferrofluido, caratterizzato da una<br />

ampia estensione in frequenza che consente<br />

incroci molto bassi con il midrange e una<br />

elevata tenuta in potenza sia elettrica che<br />

meccanica.<br />

Il midwoofer è un SEAS L22RNX della serie<br />

Prestige con la membrana da 20 cm di diametro<br />

in alluminio, la sospensione in gomma e il cestello<br />

in pressofusione con un disegno aerodinamico e<br />

l’equipaggio mobile a vista. La bobina mobile è del<br />

tipo a lunga escursione con una X-Max di 39 mm.<br />

minimi che vanno ben oltre ogni<br />

più entusiastica aspettativa. Non<br />

si tratta certo di una new entry<br />

nell’ambito della Room Correction:<br />

sono tantissimi i produttori<br />

sia del settore professionale che<br />

di quello consumer, orientato<br />

però all’home teather, che offrono<br />

soluzioni apparentemente<br />

funzionali ma assolutamente<br />

poco godibili dal punto di vista<br />

dell’ascolto.<br />

Con i C8 il salto di qualità è epocale:<br />

sembra che il sistema nel<br />

suo insieme lavori perfettamente<br />

all’unisono in tutte le sue componenti,<br />

con un risultato impressionante<br />

già dalle prime regolazioni:<br />

il primo settaggio di equalizzazione<br />

di cui sono dotati gli 8C è<br />

quello relativo alla collocazione<br />

del prodotto in funzione della parete<br />

di fondo e di quelle laterali.<br />

Non si tratta di un tilt di livello<br />

della gamma bassa ma di uno<br />

studio condotto sul tipo di interazione<br />

fra l’emissione del fronte<br />

posteriore del sistema e di quello<br />

36 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


I due woofer, realizzati dalla Wavecor, sono<br />

stati progettati espressamente per l’impiego<br />

in volumi pneumatici molto piccoli anche in<br />

merito alla escursione massima possibile,<br />

che si attesta in un range di +/- 11,5 mm.<br />

Il cestello è in alluminio pressofuso e il<br />

gruppo magnetico in ferrite con doppio<br />

elemento. Le espansioni polari sono<br />

forgiate e la membrana è in alluminio,<br />

dotata di ampio para-polvere,<br />

anch’esso in alluminio fissato al cono.<br />

Sulla scheda principale sono installati gli ingressi,<br />

l’alimentazione e il collegamento di rete. All’interno del<br />

PCB principale, su cui è installato anche il SBC (Single Board Computer)<br />

BeagleBoard, sono implementate le sezioni di gestione e di elaborazione<br />

del segnale sia per il DSP di equalizzazione che di controllo, che fa capo al<br />

computer che gestisce anche tutte le funzioni di comunicazione<br />

di rete, compreso il web server. Gli ingressi sono disponibili sia<br />

per segnali analogici che digitali che usano lo stesso connettore,<br />

in quanto il percorso del segnale viene commutato all’interno<br />

del circuiti tramite deviatori a stato solido.<br />

Il modulo di potenza è<br />

realizzato dalla danese<br />

Pascal Audio. Consta di un<br />

gruppo stereo dotato di<br />

alimentazione a bordo a cui<br />

si possono collegare altre unità<br />

esterne di potenza: un S-PRO2 e un<br />

S-A1 per 3x500 W di potenza.<br />

anteriore progettato proprio per<br />

sfruttare la parete di fondo e ridurre<br />

l’influenza di quelle laterali:<br />

si tratta in tal senso di uno<br />

dei primi approcci che abbiamo<br />

incontrato. Al primo settaggio<br />

seguono successivamente quelli<br />

più complessi sui quali però la<br />

valutazione dei risultati necessita<br />

di approfondimenti molto<br />

più strutturati in quanto, da una<br />

semplice ottimizzazione in ambiente,<br />

l’operazione si trasforma<br />

in un percorso più soggettivo e<br />

personale.<br />

Il riscontro sonoro è incredibile<br />

fin dalle prime battute: la descrizione<br />

del campo sonoro riprodotto<br />

ha ben pochi aggettivi da<br />

spendere in quanto si tratta di<br />

un risultato che va a pescare in<br />

tutti gli aspetti piacevoli del suono<br />

riprodotto, riproposti senza<br />

dover ricorrere alla metafora<br />

del compromesso: dinamica e<br />

articolazione ma con dolcezza;<br />

estensione, soprattutto in gamma<br />

bassa, impressionante, senza<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 37


SELECTOR<br />

21:06 B •<br />

O A lanspeaker.eom/#i/fiIte ® •<br />

QUANDO IL DSP FUNZIONA<br />

Il DSP a bordo degli 8C, oltre a occuparsi delle<br />

frequenze di crossover degli altoparlanti e delle<br />

curve di equalizzazione in funzione delle soluzioni<br />

tecniche adottate nel carico, offre anche<br />

la possibilità di una sorta di regolazione dei toni<br />

e, soprattutto, dell’ottimizzazione della risposta<br />

in bassa frequenza in funzione della distanza di<br />

posizionamento dalle pareti. Il sistema si basa<br />

su una serie di parametri di equalizzazione e di<br />

emissione semplicemente inserendo nella app di<br />

gestione la distanza dalla parete di fondo e da<br />

quella laterale. È presente anche il settaggio “in<br />

campo libero” in cui si esprime il livello massimo<br />

di emissione in bassa frequenza. Effettuati i settaggi<br />

iniziali, il sistema consente la regolazione<br />

manuale di molti filtri di equalizzazione, indipendenti<br />

per frequenza, livello e fattore di merito.<br />

Il sistema, tuttavia, consente l’interfacciamento<br />

con il programma di ottimizzazione dell’acustica<br />

ambientale open source REW (Room Eq. Wizard)<br />

grazie allo sviluppo di una API ad hoc, implementata<br />

al momento in una versione beta del<br />

programma. Il sistema consente di individuare<br />

i due diffusori nella rete in cui sono inseriti, di<br />

inviare ai diffusori i segnali tramite la rete per la<br />

misura delle caratteristiche ambientali e della<br />

risposta nel punto di ascolto e di inviare i parametri<br />

di correzione direttamente ai due diffusori. Il<br />

processo di ottimizzazione riceve indubbiamente<br />

una accelerazione assoluta anche in funzione<br />

del rilevamento strumentale, che aiuta sensibilmente<br />

a comprendere i punti critici della stanza.<br />

Il processo di equalizzazione, però, deve essere<br />

effettuato “cum grano salis”, senza cedere alle<br />

lusinghe di un sistema automatico e apparentemente<br />

molto particolareggiato: i risultati più<br />

evidenti si ottengono a partire dalla correzione<br />

dei primi moti nodali della stanza a bassa frequenza,<br />

tralasciando la risonanza via via più in<br />

alto. L’esperienza consiglia di effettuare prove<br />

di ascolto comparative di un “prima e un dopo”.<br />

Il settore, in ampia espansione, potrà suggerire<br />

i metodi più efficaci ma già con questa modalità<br />

si ottengono rapidamente settaggi molto convincenti,<br />

perfettamente adattati al diffusore in<br />

oggetto e all’ambiente in cui è inserito.<br />

8C-2148<br />

Parametric EQ<br />

REW_filter-1 (30.5 Hz) ><br />

REW_filter-2 (60.6 Hz) ><br />

REW_filter-3 (261 Hz) ><br />

REW_filter-4 (off) ><br />

REW_filter-5 (off) ><br />

REW_filter-6 (off) ><br />

REW_filter-7 (off) ><br />

21:06 B •<br />

REW_filter-8 (off) ><br />

O A lanspeaker.eom/#i/fiIte ® •<br />

8C-2149<br />

Parametric EQ<br />

REW_filter-1 (30.3 Hz) ><br />

REW_filter-2 (90.6 Hz) ><br />

REW_filter-3 (234 Hz) ><br />

REW_filter-4 (off) ><br />

REW_filter-5 (off) ><br />

REW_filter-6 (off) ><br />

REW_filter-7 (off) ><br />

REW_filter-8 (off) ><br />

crisi ambientali; ricostruzione<br />

scenica quasi olografica pur con<br />

un posizionamento a ridosso<br />

della parete di fondo! La coperta<br />

tanto corta si è allungata? Si, e di<br />

tanto, così tanto che l’ascolto non<br />

ha dato spazio alla considerazione<br />

di “difetti” nella riproduzione,<br />

ma anzi a considerazioni sul tipo<br />

di equalizzazione o sulle scelte<br />

di ottimizzazione. Una specie di<br />

cambio di paradigma sul concetto<br />

profondo di campo sonoro riprodotto<br />

e soprattutto su quanto un<br />

approccio “olistico” come quello<br />

di D&D possa dar tanto a un settore<br />

che con gli 8C non è arrivato<br />

al suo limite ma pone le basi per<br />

un nuovo slancio nel futuro.<br />

Il tutto a dei costi ancora accettabili<br />

in assoluto, imbattibili nei<br />

confronti della concorrenza nel<br />

segmento di competenza e anche<br />

ampiamente oltre...<br />

38 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


TEST DUTCH&DUTCH C8<br />

UNA SOLUZIONE AD HOC<br />

Gli 8C si collocano all’interno di<br />

quella piccola cerchia di prodotti<br />

pensati in modo che ogni singolo<br />

elemento interagisca con gli altri<br />

in modo diretto e molto efficace.<br />

Se questa affermazione si potrebbe<br />

considerare una banalità, nella<br />

realtà è veramente raro incontrare<br />

sistemi complessi che utilizzino soluzioni<br />

ad hoc pensate proprio per<br />

completarsi vicendevolmente. Anzi,<br />

molto spesso in un diffusore attivo le<br />

condizioni di carico degli altoparlanti<br />

vengono sottovalutate proprio in<br />

considerazione del fatto che si pensa<br />

di poter correggere “tutto” con il<br />

DSP. Invece, quello è il momento più<br />

importante per scegliere le soluzioni<br />

più idonee, proprio per il<br />

fatto che alcune cose si possono<br />

correggere veramente in modo<br />

semplice con ampli e DSP ma altre<br />

devono essere realizzate con<br />

maggiore attenzione per ottenere<br />

il massimo. Quindi, alcune soluzioni<br />

implicite all’altoparlante impiegato<br />

(ad esempio, il tipo di carico acustico<br />

adoperato nel tweeter che ha una<br />

frequenza di risonanza molto bassa<br />

e smorzata grazie a una camera di<br />

decompressione posteriore) consentono<br />

un eccellente interfacciamento<br />

con l’ampli e, se abbinate<br />

alla modellazione della risposta in<br />

frequenza, diventano un’opportunità<br />

unica. Il lavoro fatto sul tweeter,<br />

però, non ha eguali se rapportato a<br />

quello sviluppato sul midwoofer in<br />

quanto completamente sviluppato<br />

in casa. Si tratta di un tipo di carico<br />

completamente smorzato che evita<br />

il più possibile che l’emissione<br />

posteriore della membrana<br />

si rifletta su di<br />

essa. Forse è anche un fatto culturale<br />

(chissà perché certe soluzioni, si<br />

pensi ai Variovent di Dynaudio, sono<br />

sempre state pensate in Danimarca!)<br />

ma è indubbio che un sistema di<br />

massimo smorzamento dell’altoparlante<br />

si sposi magnificamente con<br />

uno di equalizzazione che equalizza<br />

la risposta senza controindicazioni.<br />

Il midwoofer, quindi, non ha nessun<br />

innalzamento del livello di emissione<br />

in gamma bassa dovuto al tipo di<br />

carico, in quanto sono state realizzate<br />

due aperture ai lati del piccolo<br />

volume di carico del medio, in modo<br />

che l’emissione posteriore, molto<br />

attenuata, fuoriesca dalle aperture.<br />

Il posizionamento ai<br />

lati del mobile ha<br />

anche un’altra funzione che nessun<br />

sistema di correzione elettronico può<br />

fare: la cancellazione controllata di<br />

alcune frequenze ai lati del diffusore,<br />

che riducono sensibilmente le riflessioni<br />

ad alta energia sulle pareti<br />

vicine. Il sistema è stato ottenuto<br />

con un volume di carico isolato dal<br />

resto del mobile, molto piccolo, in<br />

cui è inserito il midwoofer, completamente<br />

riempito di materiale fono<br />

assorbente. Come si vede dai grafici<br />

di risposta in campo vicino e campo<br />

medio, la curva del midwoofer è<br />

molto regolare anche se non lineare,<br />

ma questo aspetto si corregge con<br />

estrema semplicità con l’elettronica:<br />

man mano che ci si allontana aumenta<br />

la direttività e si riduce l’emissione<br />

ai lati del diffusore in una porzione<br />

molto critica. Ecco che si ottiene un<br />

rapporto sinergico fra obiettivi, soluzioni<br />

“fisiche” e correzioni DSP, con<br />

risultati che non si sarebbero potuti<br />

ottenere considerando il sistema a<br />

parti indipendenti.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 39


SELECTOR<br />

di Nicola Candelli<br />

Nonostante il mio credo<br />

incondizionato sulla<br />

capacità che i cavi hanno<br />

di trasformare anche in modo<br />

significativo l’assetto timbrico dei<br />

nostri impianti, di fronte agli Aida<br />

dell’italiana Cableless ho tentennato<br />

non poco prima di decidermi a<br />

effettuare questa prova. Il motivo<br />

è semplice: per entrare in possesso<br />

di un set completo di questa linea<br />

(cavo di alimentazione, cavo di segnale,<br />

cavo digitale USB e coassiale,<br />

cavo per giradischi, cavo per diffusori)<br />

occorre disporre, a listino,<br />

di circa 18.000 euro, una cifra che<br />

supera spesso il prezzo di un intero<br />

impianto ben suonante. E potete<br />

immaginare come sale la cifra se,<br />

in vena di fare pazzie, volessimo<br />

sostituire i cavi di alimentazione di<br />

tutto il sistema! Decisamente una<br />

somma troppo elevata, pur essendoci<br />

chi “è in grado di fare di meglio”<br />

con prezzi molto più salati...<br />

Ma che suono producono gli Aida?<br />

Sciogliamo subito il mistero: sono<br />

straordinari e hanno tutti, ma proprio<br />

tutti, i requisiti che vengono<br />

utilizzati per descrivere le migliori<br />

sensazioni che si provano durante<br />

gli ascolti. Spazialità, profondità,<br />

ricostruzione del palcoscenico e<br />

della scena acustica, dettaglio,<br />

introspezione e quant’altro possa<br />

venire in mente! A questo punto<br />

è chiaro che stiamo parlando di<br />

cavi di alto livello e viene spontaneo<br />

pensare a un utilizzo riservato<br />

a una ristretta cerchia di fortunati<br />

possessori di impianti di altissimo<br />

taglio. Di sicuro il discorso lo termineremmo<br />

qui se fossimo fermamente<br />

convinti (e non riusciamo<br />

a digerire) che cifre importanti da<br />

destinare a un banalissimo filo di<br />

rame, foss’anche al 99,99999 di<br />

purezza, non possono produrre<br />

risultati paragonabili al denaro investito,<br />

ad esempio, per migliorare<br />

le elettroniche. Invece, armato di<br />

tutti questi cavi, alcuni abbastanza<br />

rigidi da manovrare, mi sono<br />

recato da un appassionato molto<br />

puntiglioso e attento che nel tempo<br />

ha costruito un impianto con tanta<br />

passione. Dopo varie ricerche ha<br />

messo insieme una serie di apparecchi<br />

vicini al suo gusto musicale,<br />

una cavetteria di tutto rispetto e<br />

un buon fine-tuning attraverso<br />

una serie di accessori a contorno,<br />

il tutto dal prezzo complessivo forse<br />

simile a quello dei cavi in prova,<br />

ma di grande soddisfazione nella<br />

resa finale. Provare a scardinare<br />

le sue certezze è dunque un’opera<br />

ardua! La prima cosa che abbiamo<br />

fatto è stata sostituire il cavo coassiale<br />

per il CD e quello USB per<br />

il computer, entrambi collegati al<br />

convertitore. Il timbro, fondamentalmente,<br />

è rimasto lo stesso, ma<br />

l’estensione verso il basso e verso<br />

l’alto è aumentata in modo considerevole.<br />

Le voci hanno acquista-<br />

CAVI<br />

Cavi Cableless Aida<br />

SUL CAMPO<br />

40 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


TEST<br />

to dettaglio e tridimensionalità:<br />

il messaggio è assolutamente più<br />

plastico, levigato, esente da possibili<br />

asprezze con un basso profondo<br />

rifinito e scandito dall’ottima<br />

precisione. In sintesi, il sistema<br />

diventa più gradevole e veritiero,<br />

cosa non di poco conto perché il<br />

messaggio riprodotto trasmette<br />

sicuramente maggiori emozioni.<br />

Queste le impressioni dell’amico,<br />

che sarebbe stato disposto a pagare<br />

1.000/2.000 euro in più per<br />

avere, integrate nel suo convertitore,<br />

le migliorie apprezzate con<br />

il cavo Aida.<br />

Vista la disponibilità del set completo,<br />

abbiamo inserito nel sistema<br />

l’intera “muta” e l’impianto si<br />

è tinto di un rosso acceso (questo<br />

è il colore dei cavi Aida). Anche dal<br />

punto di vista sonoro, il sistema<br />

si è completamente trasformato,<br />

assumendo connotazioni nel colore,<br />

spessore e trasparenza sonora<br />

ai massimi livelli. La ricchezza dei<br />

dettagli costituisce un mix davvero<br />

stupefacente mentre l’immissione<br />

del cavo di alimentazione<br />

dalla presa a muro al distributore<br />

di corrente è stata il massimo del<br />

piacere: come se un fiume in piena<br />

avesse rotto gli argini e l’energia<br />

distribuita con violenza ai vari<br />

componenti, un vero doping per<br />

l’impianto! Il volume sembrava<br />

aumentato, grande il buio tra gli<br />

strumenti con meno rumore e<br />

un piacere di ascolto ai massimi<br />

livelli. Certo, va ulteriormente sottolineato<br />

come il costo di questa<br />

configurazione delle connessioni<br />

sia probabilmente eccessivo per<br />

l’impianto in oggetto ma potremmo<br />

definirla quasi obbligatoria<br />

per uno di classe superiore. Se si<br />

ragiona cum grano salis alcuni<br />

benefici si possono trovare comunque<br />

anche per impianti non<br />

al top: possiamo iniziare con un<br />

cavo mirato che aiuta a far crescere<br />

il nostro sistema, e il bello è<br />

cercare il miglior accoppiamento<br />

per ottenere il massimo risultato<br />

con la minore spesa, lasciando il<br />

resto di questa sofisticata batteria<br />

a chi se la può permettere!<br />

Di certo un test del genere consente<br />

di prendere atto del fatto<br />

che un cavo di buona qualità<br />

possa influire in modo tangibile<br />

sul risultato complessivo, cosa<br />

che deve far considerare a pieno<br />

merito il cavo come uno dei<br />

componenti del nostro sistema:<br />

si tratterà anche solo di un filo<br />

di rame ma facciamo decidere al<br />

nostro orecchio e non al cervello<br />

(che sarà forse più razionale ma<br />

non sempre ci azzecca), rimettendoci<br />

alle sensazioni che percepiamo<br />

durante i vari ascolti, per<br />

poi giudicare serenamente se ne<br />

valga la pena, indipendentemente<br />

se stiamo esaminando un cavo o<br />

un altro apparato Hi-Fi! Non devo<br />

ricordare come nella sfera dell’alta<br />

fedeltà a volte alcune scelte possano<br />

sembrare irrazionali: negli anni<br />

del massimo splendore i mitici e<br />

ottimi diffusori LS3-5/A, dal costo<br />

all’epoca di circa 700mila<br />

lire, spesso venivano accoppiati a<br />

elettroniche multimilionarie con<br />

grande vanto da parte dei proprietari,<br />

il tutto supportato da roboanti<br />

articoli che molta stampa dedicava<br />

all’argomento. Per diffusori<br />

intorno a quella stessa cifra il buon<br />

senso e la razionalità consigliavano<br />

al massimo elettroniche che a<br />

stento raggiungevano la spesa di<br />

qualche centinaio di migliaia di<br />

lire (il famoso 60% per i diffusori<br />

e il 40% per le elettroniche). Anche<br />

se a volte alcune scelte possono<br />

apparentemente sembrare<br />

insensate, in questo campo tutto è<br />

consentito purché l’obbiettivo sia<br />

quello di raggiungere in qualsiasi<br />

modo il risultato che crediamo il<br />

migliore, quello che più appaga<br />

i nostri sensi. Questa è davvero<br />

l’alta fedeltà: sicuramente non<br />

una scienza esatta ma fatta di un<br />

mondo di sensazioni e convinzioni<br />

personali...<br />

C’è poco altro da aggiungere se<br />

non che questa performance la<br />

ricorderò per molto tempo e,<br />

visto che il costruttore afferma<br />

che questa filosofia costruttiva<br />

è stata adottata per tutte le<br />

categorie dei suoi prodotti, mi<br />

riprometto di provare quanto<br />

prima i cavi intermedi o, meglio<br />

ancora ancora, quelli entry-level:<br />

vedremo se in parte riusciranno<br />

a produrre effetti simili<br />

a quelli ottenuti dalla serie top<br />

Aida. In ogni caso, se avete la<br />

possibilità di provarne uno o<br />

più, sono certo che riusciranno<br />

a trasmettere sensazioni di<br />

grande compiacimento: se poi<br />

non siete per nulla convinti o<br />

titubanti, ascoltateli, chissà,<br />

forse vi ricrederete…<br />

CAVI AIDA<br />

Modello: alimentazione digitale USB Segnale Analogico Potenza<br />

Conduttore:<br />

Isolante:<br />

argento trattato cableless<br />

teflon<br />

Note: 1.2 mt 1 m RCA/XLR<br />

1 m t RCA/XLR/<br />

PHONO<br />

3 metri con<br />

banane a<br />

espansione<br />

Prezzo: 3.900,00 1.500,00 1.500,00 2.900,00-6.200,00<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 41


SELECTOR<br />

di Nicola Candelli<br />

Tesla<br />

e altre storie<br />

Se la memoria non ci inganna, va dato atto a Mauro Mauri, patron e progettista della “Omicron”, di<br />

essere stato il primo, verso la fine degli anni Novanta, a progettare e brevettare gli arcinoti semplici<br />

ed efficaci “Magic-Dream” ideati per ridurre le vibrazioni trasmesse in un sistema Hi-Fi.<br />

Magic-Dream era un<br />

prodotto semplice<br />

ma efficace: due gusci<br />

concavi in Derlin (con al centro<br />

una sfera) che, posizionati sotto<br />

le elettroniche, per effetto del loro<br />

movimento oscillatorio annullano<br />

o riducono in buona parte quelle<br />

vibrazioni prodotte dai nostri apparecchi<br />

e dannose per una corretta<br />

riproduzione audio. Questo<br />

interessante progetto, rivisitato<br />

in seguito da altri costruttori e riproposto<br />

in varie salse, ha ormai<br />

invaso il mercato con prodotti<br />

più o meno simili e più o meno<br />

efficaci. Ma la vulcanica mente di<br />

Mauri non si è fermata qui: oltre<br />

a produrre da molti anni anche tavolini<br />

porta elettroniche di elevata<br />

qualità, molto complessi nella loro<br />

costruzione e sicuramente molto<br />

performanti (ma dai costi elevati<br />

per le tasche di un buon numero<br />

di appassionati), ha continuato<br />

a progettare e migliorare i suoi<br />

prodotti ampliando in modo considerevole<br />

il suo catalogo con un<br />

gran numero di accessori. Ai Magic-Dream,<br />

migliorati rispetto alle<br />

prime versioni variandone la curvatura<br />

e aumentando l’efficacia, si<br />

sono in seguito aggiunti gli Energy,<br />

che ho trovato molto interessanti<br />

(vedi <strong>SUONO</strong> 539, novembre<br />

2019): grazie a una superficie<br />

più ampia e soprattutto una sfera<br />

di maggiore diametro, garantiscono<br />

prestazioni superiori, vista<br />

la capacità di dissipare maggiore<br />

energia. Ancora più complessi gli<br />

Stabilizer Classic e Harmonic dotati<br />

di tre sfere, da inserire sopra<br />

le elettroniche in prossimità dei<br />

trasformatori, sopra i diffusori e<br />

(ancora meglio!) imbullonati al<br />

di sotto dei diffusori al posto delle<br />

punte, con risultati interessanti,<br />

in particolar modo con diffusori<br />

da pavimento. I micro movimenti<br />

prodotti dalle vibrazioni del woofer<br />

e dallo stesso diffusore sono il<br />

carburante per le sfere che, oscillando,<br />

“bruciano” l’energia trasmessa<br />

dai diffusori. Migliora sia<br />

la porzione bassa delle frequenze<br />

che quella media e il suono appare<br />

più rilassato, più naturale; sicuramente<br />

in molte configurazioni<br />

il vantaggio rispetto alle punte è<br />

COMPLEMENTO<br />

Omicron Tesla<br />

Prezzo: € 1.850,00<br />

Dimensioni: 16 cm diametro<br />

Distributore: Omicron Group<br />

www.omicrongroup.net<br />

Tipo: stabilizzatore Note: In derlin placcato cromo. Varia in<br />

maniera controllata il campo magnetico generato dal passaggio<br />

del segnale in un cavo. Per cavi di segnale, potenza, USB. Prezzo<br />

pezzo singolo.<br />

SUL CAMPO<br />

42 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


TEST<br />

La struttura del Tesla<br />

considerevole. Oltre a consigliare<br />

l’inserimento di questi utili<br />

accessori al di sopra e al di sotto<br />

delle nostre elettroniche, Mauri<br />

ha pensato bene di trasferire le<br />

sue idee su cavi di alimentazione,<br />

di interconnessione e di potenza.<br />

Esistono già in commercio diversi<br />

prodotti che fanno al caso ma<br />

Omicron insiste sulle soluzioni<br />

adottate per i magic-dream: l’imperativo<br />

è ridurre a tutti i costi<br />

le vibrazioni! Gli stabilizzatori<br />

Classic ed Energy, in unione con<br />

il Cable Holder, vengono accoppiati<br />

ai cavi di segnale, potenza e<br />

alimentazione e i risultati si sentono<br />

eccome; l’importante è che<br />

lo stabilizzatore sia libero di poter<br />

oscillare, quindi non blocchiamoli<br />

pena un effetto nullo... Ancora<br />

meglio il cable Stabilizer-Faraday<br />

(ma da dove li prende tutti questi<br />

nomi Mauri?), molto più ingombrante<br />

e pesante, dotato di ben<br />

sei sfere ma dai risultati ben più<br />

marcati.<br />

Veniamo infine a quello che mi ha<br />

spinto a effettuare questa prova,<br />

il “Tesla”: si tratta di un prodotto<br />

purtroppo costoso che assomiglia<br />

molto al Cable Stabilizer-Faraday:<br />

oltre alle classiche sfere tra i due<br />

gusci sono però inseriti due potenti<br />

magneti. Si tratta, di fatto, di un<br />

variatore di onde elettromagnetiche<br />

generate dal passaggio della<br />

corrente o dal passaggio di segnale<br />

verso i diffusori o le elettroniche.<br />

Interessante - anche se bisogna<br />

dedicare del tempo e una buona<br />

dose di pazienza per effettuare il<br />

miglior fine-tuning - è la possibilità,<br />

attraverso le ghiere poste al di<br />

sotto e al di sopra dei due gusci, di<br />

modificarne le prestazioni, allontanando<br />

o avvicinando i magneti.<br />

Se dovessi descrivere i particolari<br />

della costruzione di questo prodotto<br />

così come Mauri me ne ha<br />

parlato, non basterebbe lo spazio<br />

complessivo a disposizione; se siete<br />

interessati ad avere informazioni<br />

più dettagliate chiedete direttamente<br />

a lui: è così orgoglioso di<br />

questo prodotto che ve ne parlerà<br />

per ore!<br />

Quello che posso dire, e credo sia<br />

la cosa che più interessa, è che non<br />

c’è da fare nessuno sforzo per apprezzarne<br />

i miglioramenti; inoltre,<br />

con il susseguirsi degli ascolti, gli<br />

effetti diventano sempre più avvertibili.<br />

Mauri mi aveva accennato<br />

che i magneti che pinzano i<br />

cavi incrementano il loro effetto<br />

man mano che si va avanti negli<br />

ascolti (chiamiamolo rodaggio)<br />

per via del condizionamento del<br />

flusso degli elettroni; a dir la verità,<br />

io non avevo dato molto peso<br />

a quanto detto ma dopo qualche<br />

giorno dall’installazione del Tesla,<br />

devo ammettere che i cambiamenti<br />

ci sono stati e sono divenuti<br />

davvero rilevanti, rendendo questo<br />

prodotto non un accessorio ma<br />

un componente importante per la<br />

catena di ascolto. Così come gli altri<br />

prodotti sopra descritti (ma di<br />

gran lunga più efficace), l’effetto è<br />

quello di togliere quel velo che si<br />

interpone tra l’ascoltatore e il palcoscenico<br />

virtuale, rimarcandone<br />

nitidezza, spessore e buio tra gli<br />

strumenti, un aumentato senso<br />

del 3D, un suono più materico e<br />

privo di asprezze... In poche parole<br />

il risultato è un ascolto più godibile<br />

e se si considerano i risultati<br />

ottenuti e la qualità di costruzione,<br />

il prezzo richiesto risulta accettabile.<br />

Questi accessori vanno ascoltati,<br />

perché i gusti e le valutazioni<br />

sono sempre soggettivi; bisogna<br />

però dare atto ad Omicron che ha<br />

messo una serie di strumenti al<br />

servizio dei nostri impianti, contribuendo<br />

al miglioramento della<br />

loro resa.<br />

Tesla-Faraday-Classic + Holder<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 43


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

FONORILEVATORE<br />

Hana HANA-SL<br />

Excel Sound Corporation<br />

è uno dei più antichi<br />

costruttori giapponesi di<br />

testine ancora in vita (con<br />

sede a Tokyo, a breve festeggerà<br />

i 50 anni di attività)<br />

e lavora in gran parte<br />

per altre aziende dopo aver<br />

spopolato, soprattutto nel<br />

segmento entry level, con<br />

prodotti caratterizzati dallo<br />

stesso marchio Excel.<br />

Il marchio Hana, invece, è<br />

di diretta discendenza e il<br />

suo catalogo è composto<br />

sostanzialmente da un unico<br />

modello che condivide il corpo<br />

e il cantilever con una serie di<br />

varianti, tutte basate sull’utilizzo<br />

del magnete in alnico, soluzione<br />

che offre minore “energia” dei<br />

più moderni magneti come il<br />

samario-cobalto o il neodimio,<br />

ma ha comunque permesso ai<br />

progettisti di usufruire di una<br />

distorsione molto bassa. A seconda<br />

degli stili utilizzati e del<br />

livello di uscita che caratterizza<br />

le varie versioni si crea una<br />

nomenclatura che prevede una<br />

“e” per indicare i modelli che<br />

adottano lo stilo ellittico, una<br />

“s” per indicare quelli con lo<br />

stilo Shibata seguita da una “l”<br />

per la bassa uscita o una “h” per<br />

l’alta uscita. La testina a nostra<br />

disposizione, contraddistinta<br />

dalla sigla SL, è dunque un modello<br />

con stilo dal taglio Shibata,<br />

caratterizzata da un livello<br />

di uscita basso (0.5mv/1KHz)<br />

laddove i modelli ad alta uscita<br />

arrivano a 2 mV.<br />

L’aspetto del modello in prova<br />

ricorda quello di altri marchi<br />

soprattutto del passato, Benz-<br />

Micro, Ortofon e altri ancora:<br />

il corpo è in una resina rigida<br />

che dovrebbe avere delle buone<br />

qualità smorzanti. A causa del<br />

peso di soli 5 grammi, ci possono<br />

essere delle difficoltà di equilibratura<br />

con bracci molto leggeri,<br />

vedi i classici Rega RB. Per risolverli<br />

conviene utilizzare degli<br />

spessori: ce ne sono in diversi<br />

materiali per aumentare la massa<br />

del sistema testina/braccio.<br />

La forma regolare a poliedro è<br />

tale da facilitare il set-up con il<br />

corretto allineamento; essendo<br />

il guscio plastico, Hana ha realizzato<br />

due fori verticali passanti<br />

privi di impanatura, fornendo<br />

due viti con testa a taglio per un<br />

piccolo cacciavite a lama, due<br />

anelli di protezione e due dadi<br />

che stringono il tutto allo shell<br />

del braccio. Sicuramente è più<br />

Prezzo: € 700,00<br />

Distributore: Audio Azimuth<br />

www.audioazimuth.it<br />

FONORIVELATORE HANA HANA-SL<br />

Tipo: MC Tensione di uscita (mV): 0.5 Cedevolezza (cm/<br />

dyne): 14x10-6 Risp. in freq. (Hz): 15-32.000 Forza di appoggio<br />

(g): 2 Sep. canali (dB): 28 Stilo: Nude Diamond Shibata su<br />

cantilever in alluminio Impedenza di carico (Ohm): >400 Bilanciamento<br />

tra i canali (dB):


TEST<br />

comodo quando si possono avvitare<br />

le viti agendo direttamente<br />

su una impanatura metallica<br />

immersa nel corpo del fonorilevatore<br />

ma proprio il materiale<br />

scelto non ha permesso questa<br />

soluzione. Comunque la costruzione<br />

della Hana SL è alquanto<br />

precisa e corretta, tanto che una<br />

volta appoggiata sulla dima con<br />

il classico retino si può apprezzare<br />

il perfetto parallelismo<br />

tra il cantilever e le pareti del<br />

guscio. Questo consente di raggiungere<br />

velocemente il corretto<br />

allineamento del fonorilevatore<br />

nella griglia, risolvendo automaticamente<br />

misure come l’overhang,<br />

la distanza tra il pivot<br />

del braccio e lo stilo, etc. Poi<br />

è stata controllata l’altezza (il<br />

VTA) in modo tale che durante<br />

la lettura il braccio sia parallelo<br />

al piano del disco. Il peso di<br />

lettura consigliato è di 2 gr ma<br />

essendo la SL nuova è preferibile<br />

incrementare questo valore<br />

di uno/due decimi di grammo.<br />

Lo confermano il test di tracciamento<br />

e il diretto ascolto, entrambi<br />

migliori con questa regolazione.<br />

Anche l’antiskating va<br />

regolato provando e riprovando<br />

(un disco test può essere d’aiuto).<br />

Si tratta, insomma, di un<br />

set-up delicato, peraltro come<br />

nella maggioranza dei casi, decisivo<br />

per mettere il fonorilevatore<br />

nelle condizioni migliori di<br />

lavoro. Come accennato questo<br />

modello<br />

adotta<br />

un diamante dal profilo Shibata<br />

o Line Contact, molto diffuso tra<br />

i modelli MC anche di costo ben<br />

superiore a quello dell’Hana SL.<br />

La tensione d’uscita di 0,5 mV<br />

è un buon valore che richiede<br />

guadagni del pre phono non<br />

troppo elevati. L’impedenza<br />

interna di 30 Ohms suggerisce<br />

un carico per il pre phono di<br />

almeno 400 Ohm. Nel nostro<br />

caso, con un pre-phono come<br />

il PS Audio Stellar che offre<br />

dei valori prefissati per le MC<br />

di 60/100/200/47k Ohm, potrebbero<br />

esserci dei problemi<br />

sebbene di livello relativo, che<br />

però vengono superati dalla<br />

regolazione fine tramite due<br />

potenziometri posti sul retro<br />

dell’elettronica, con i quali si<br />

sono raggiunte le prestazioni<br />

migliori a quota 500 Ohm.<br />

Una volta sistemato tutto ed effettuato<br />

un po’ di rodaggio per<br />

ammorbidire il sistema mobile,<br />

riscaldando l’elemento elastico<br />

della sospensione che tiene il<br />

cantilever con le sue micro bobine<br />

“legato” al telaio del fonorilevatore,<br />

abbiamo cominciato<br />

ad ascoltare via via sempre più<br />

attentamente l’Hana SL. La prima<br />

impressione è quella di una<br />

spiccata musicalità con un peso<br />

dinamico che aumenta avvicinandosi<br />

o anche superando il<br />

valore d’impedenza consigliato<br />

per il pre-phono. La risposta<br />

in frequenza è regolare<br />

su tutto lo spettro,<br />

il messaggio<br />

sonoro è<br />

completo,<br />

dettagliato senza essere<br />

esasperato, bilanciando i particolari<br />

con il maggior peso degli<br />

strumenti e le voci protagoniste.<br />

In poche parole una riproduzione<br />

naturale più che appariscente.<br />

Bilanciamento è un termine<br />

che viene in mente spesso con<br />

questo fonorilevatore: il basso,<br />

elettrico o acustico che sia, è ben<br />

presente ma non prevaricante,<br />

grazie all’assenza di vistosi rigonfiamenti.<br />

Ritmicamente il<br />

suono è pieno, certo di più sul<br />

medio basso, per poi perdere di<br />

peso mano a mano che si scende<br />

in frequenza. È facile seguire le<br />

evoluzioni e la tecnica dei musicisti<br />

senza sforzi o distorsioni<br />

percepibili, grazie anche a un<br />

rumore di fondo trascurabile.<br />

Un basso corposo e caldo, senza<br />

pretendere di scendere alla pari<br />

fino all’ottava più bassa.<br />

Grazie alla buona abilità di tracciamento,<br />

il messaggio sonoro è<br />

ricco di particolari e armoniche.<br />

La scena è ampia, molti i dettagli;<br />

unico limite una qualche<br />

tendenza a una scarsa ariosità:<br />

il non essere troppo radiografante<br />

si paga con una sensazione<br />

di eccessivo affollamento e indeterminazione<br />

dei vari strumenti.<br />

Niente di esagerato, sia chiaro, e<br />

la piacevolezza e la scorrevolezza<br />

nell’ascolto si fanno largamente<br />

preferire. Le voci, ad esempio,<br />

sono riprodotte proprio con<br />

queste caratteristiche, precise,<br />

naturali, senza che le sibilanti<br />

o altri elementi prendano mai<br />

il sopravvento. Tornando alla<br />

sicurezza nel seguire i solchi del<br />

disco, questa qualità permette<br />

all’Hana SL di leggere senza<br />

particolari difficoltà le tracce<br />

più interne, anche di quei brani<br />

che si concludono con dinamiche<br />

micro e macro notevoli<br />

e perversamente in quei solchi<br />

finali. Un ottimo risultato secondo<br />

noi.<br />

Va detto che in questa classe<br />

di prezzo i fonorilevatori MC<br />

si dividono fondamentalmente<br />

in due tipologie: quella dei prodotti<br />

che pur di far vedere che<br />

sono dei veri MC e non dei “volgari”<br />

MM, puntano molto sul<br />

suono etereo e un po’ sbilanciato<br />

verso gli alti a scapito di un<br />

basso più debole; quella dove i<br />

prodotti, consapevoli di non poter<br />

competere con i modelli di<br />

maggior pregio e costo (capaci<br />

di raggiungere nei migliori casi<br />

il sublime e l’eccellenza in tutti<br />

i parametri), scelgono la strada<br />

di una riproduzione il più corretta<br />

possibile, che trasmetta la<br />

voglia di ascoltare disco dopo<br />

disco e magari di riscoprirne<br />

alcuni che si ritenevano sgradevoli<br />

per la scarsa qualità della<br />

registrazione. Una strada di<br />

concreta ragionevolezza che è<br />

quella percorsa dalla Hana, che<br />

si trova ad affrontare una concorrenza<br />

piuttosto agguerrita<br />

e numerosa proprio nella<br />

fascia delle MC tra i 500 e<br />

gli 800 euro. Se è davvero<br />

difficile dire quale sia la<br />

migliore, certo è che con<br />

la Hana SL non si fa un<br />

buco nell’acqua!<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 45


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

GIRADISCHI<br />

Dual CS 800<br />

La storia ultracentenaria<br />

di Dual GmbH,<br />

fabbrica di giradischi in<br />

quel di St. Georgen nella<br />

Foresta Nera nel sud<br />

ovest della Germania, assomiglia<br />

molto a quella di<br />

un altro glorioso marchio<br />

praticamente coetaneo ma<br />

nato nella vicina Svizzera,<br />

ovvero Thorens. Entrambe<br />

iniziarono producendo<br />

meccanismi a molla per la<br />

ricarica di orologi e altri<br />

piccoli oggetti che necessitavano<br />

di componenti<br />

simili...<br />

Con il successo di questa<br />

attività sia Dual che<br />

Thorens giungeranno<br />

in pochi anni a produrre i loro<br />

primi grammofoni. Fondata dai<br />

fratelli Christian e Josef Steidinger,<br />

la Gebrüder Steidinger,<br />

dopo la Grande Guerra, vede i<br />

due separarsi. Rimane Christian<br />

che si dedica alla fonografia,<br />

presentando la Elektro-Feder-<br />

Motor, una combinazione tra il<br />

caricamento a molla che aziona<br />

un motore elettrico, dal quale<br />

nasce il primo giradischi “duale”;<br />

di lì a poco la ditta prenderà<br />

il nome Dual. Gli affari vanno<br />

bene al punto che la fabbrica assume<br />

decine di dipendenti e nel<br />

1933 i figli di Christian, Oskar e<br />

Siegfried, proseguono e rafforzano<br />

l’attività di produttori di<br />

giradischi. In pratica la fabbrica<br />

è condotta da una vera e propria<br />

dinastia dei Steidinger e neppure<br />

la calamità nazista la ferma.<br />

Negli anni Cinquanta Dual diventa<br />

addirittura il primo produttore<br />

al mondo di giradischi,<br />

inventando anche la fonovaligia,<br />

contando ben tre fabbriche. Negli<br />

anni Sessanta arriva il primo<br />

giradischi definito Hi-Fi, il mod.<br />

1009 che si può ancora trovare<br />

in vendita, anche su eBay.<br />

Marchi come Grundig, Saba e<br />

Telefunken si riforniranno di<br />

molti pezzi per i loro giradischi.<br />

Con migliaia di dipendenti Dual<br />

fagocita la concorrente Perpetuum-Ebner,<br />

una lontana creatura<br />

di Josef, il fratello di Christian<br />

Steidinger. Negli anni ’70 la concorrenza<br />

diventa forte e proprio<br />

la vicina Thorens supera nei numeri<br />

e nella considerazione degli<br />

audiofili la Dual. L’erosione del<br />

mercato porta al declino di Dual<br />

portandola a vendere la sua proprietà,<br />

che passa prima alla francese<br />

Thomson e nel 1988 entra<br />

nel gruppo Schneider. La produzione<br />

diventa principalmente di<br />

tipo OEM per marchi come Rotel<br />

mentre con il nome Dual vengono<br />

venduti televisori. Dopo<br />

altre peripezie una parte della<br />

Dual viene scorporata nel 1993<br />

dalla Schneider e nuovamente a<br />

St. Georgen, con il nome di Dual<br />

Phono GmbH, torna a produrre<br />

esclusivamente giradischi<br />

con modelli siglati CS, molto<br />

tradizionali e relativamente<br />

economici. Attualmente<br />

l’azienda impiega 30<br />

dipendenti e il catalogo<br />

comprende una dozzina<br />

di modelli tra quelli a telaio<br />

rigido e altrettanti<br />

a telaio flottante. Il CS<br />

800 appartiene alla<br />

seconda categoria e<br />

rompe con la vecchia<br />

tradizione introducendo<br />

innovazioni sia nel look<br />

Prezzo: € 1.240,00<br />

Dimensioni: 44 x 13 x 37 cm (lxaxp)<br />

Peso: 5,5 Kg<br />

Distributore: Audio Living Design<br />

www.audiolivingdesign.it<br />

GIRADISCHI DUAL CS 800<br />

Tipo: completo di testina Telaio: flottante chassis in MDF e<br />

subchassis sospeso su molle paraboliche Trasmissione: cinghia<br />

Piatto: lamiera stampata internamente smorzato, sottopiatto in<br />

plastica Velocità (RPM): 33, 45 cambio manuale Braccio: articolazione<br />

cardanica, canna dritta, shell in composito Rumble (dB):<br />

72 pesato, 48 non pesato Note: alimentazione esterna, uscite<br />

RCA con vite per la massa, finiture black/silver.<br />

46 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


TEST<br />

Il braccio è un altro classico del<br />

costruttore, con articolazione<br />

cardanica, somigliante<br />

anche nella forma delle<br />

varie componenti a<br />

quelli montati negli altri<br />

modelli Dual (e non solo).<br />

A differenziarlo dagli altri<br />

sono i materiali impiegati:<br />

dai cuscinetti a bassa<br />

tolleranza passando per<br />

il cavo phono del braccio<br />

di maggior qualità, allo shell<br />

staccabile in un compound di<br />

carbonio.<br />

Il contrappeso<br />

si avvita alla<br />

canna tramite<br />

un elemento in<br />

plastica disaccoppiato.<br />

La regolazione del peso<br />

di appoggio si effettua prima<br />

cercando il punto di equilibrio del braccio tramite<br />

la rotazione del contrappeso e successivamente<br />

ruotando la molla di tensionamento che imprime la<br />

forza di appoggio della puntina sul disco.<br />

che nei contenuti e, sebbene non<br />

sia il più costoso in catalogo,<br />

sembra segnare una nuova via<br />

per la casa tedesca, a cominciare<br />

dal plinto, composto dallo chassis<br />

esterno e un telaio interno<br />

flottante. Lo chassis esterno,<br />

o meglio, quella che possiamo<br />

considerare la base di sostegno,<br />

ha una forma piuttosto singolare:<br />

superiormente ha un andamento<br />

verticale a mo’ di cornice<br />

esterna mentre inferiormente<br />

è fortemente inclinata verso<br />

l’interno. Questo conferisce al<br />

telaio una linea molto più slanciata<br />

e gradevole mantenendo<br />

una massa e una solidità che si<br />

contrappone alla esile siluette.<br />

Il materiale usato<br />

è in MDF.<br />

La base del<br />

giradischi è<br />

sostenuta<br />

da tre piedini in alluminio e<br />

materiale smorzante. Il giradischi<br />

è completamente manuale,<br />

a differenza di altri modelli.<br />

Niente schede interne phono o<br />

dac, come spesso si vede ai giorni<br />

nostri, quindi solo una coppia<br />

di connettori da pannello RCA e<br />

la vite per la massa.<br />

Estratto dall’imballo, il giradischi<br />

è già quasi completamente<br />

montato, con il braccio e il fonorilevatore<br />

già fissati, coperchio<br />

compreso. Sbloccando e togliendo<br />

le due viti che fissano il sottotelaio<br />

al telaio principale, ci si<br />

accorge che gli elementi elastici,<br />

che dovrebbero consentire alla<br />

base di flottare come dichiarato<br />

dal costruttore, in realtà sono<br />

degli elementi smorzanti piuttosto<br />

duri. Di fatto mi ricordano<br />

più i sistemi semirigidi come il<br />

Roksan Xerxes che il molleggio<br />

di un Linn Sondek o i classici<br />

Thorens. Non un aspetto di<br />

poco conto: il subchassis rimane<br />

piuttosto rigido quando si prova<br />

a spingerlo in basso e il classico<br />

test della noccatura del telaio<br />

dimostra una certa sensibilità<br />

della base anche ai piccoli urti.<br />

Il braccio sembra piuttosto corto<br />

in quanto con una lunghezza<br />

effettiva di 211 mm risulta<br />

inferiore ai 9 polllici nominali,<br />

Le uscite di segnale, la connessione di terra e la presa di alimentazione sono fissate su<br />

un supporto in alluminio posto in un vano scavato nella massiccia base in MDF. Ottimo<br />

il connettore di terra e molto robusti quelli RCA di segnale.<br />

ma comunque simile a molti<br />

Pro-Ject anch’essi fra i più corti<br />

della categoria, e questo può<br />

far temere una difficoltà nella<br />

lettura dei solchi più interni ed<br />

esterni del disco: al contrario,<br />

una volta messa a punto la Ortofon<br />

2M Red dimostra una buona<br />

capacità di lettura che ha ottimi<br />

riflessi nel suono. Essendo premontata<br />

la Ortofon, la messa<br />

nella corretta posizione è già risolta<br />

dal costruttore! (volendo<br />

sostituire la testina comunque<br />

viene fornita una dima per il<br />

posizionamento corretto di un<br />

nuovo fonorivelatore) Resta la<br />

regolazione del peso di lettura,<br />

il VTA, l’azimuth e l’antiskating.<br />

Per il peso di lettura è più facile<br />

ed efficace settare il giusto valore<br />

facendo scorrere il peso avanti<br />

e indietro nella<br />

parte posteriore<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 47


SELECTOR<br />

Tra gli accessori è fornito un elemento<br />

in plastica necessario per mettere<br />

nella giusta posizione la puntina di un<br />

fonorivelatore differente da quello in<br />

dotazione. La dima si fissa sullo shell e<br />

bisogna posizionare la puntina al vertice<br />

del punto di riferemento.<br />

Il CS 800 è venduto con<br />

un fonorilevatore MM<br />

della Ortofon 2M Red<br />

pre montato, da cui la<br />

definizione della Dual<br />

di modello plug-in.<br />

L’alberino del motore trascina una<br />

cinghia a sezione piatta. La cinghia<br />

trasmette il moto a un contropiatto<br />

solidale con il perno del piatto.<br />

La cinghia trasmette il moto a<br />

un contropiatto solidale con<br />

il perno del piatto.<br />

Il telaio è sospeso come un classico<br />

sistema flottante in cui, però, gli elementi<br />

elastici sono costituiti da quattro ogive<br />

in elastomero al posto delle classiche<br />

molle. È realizzato con uno strato molto<br />

sottile di MDF ricoperto sui due lati con lastre<br />

di resina e alluminio, ottenendo quindi una struttura<br />

leggera, robusta e particolarmente smorzata. Gli elementi<br />

sospesi sono il piatto con il suo cuscinetto, il braccio e il<br />

motore DC che fa ulteriormente uso di tre elementi di<br />

disaccoppiamento nel punto di fissaggio.<br />

La base è costituita da un elemento in MDF molto spesso scavato dal pieno e verniciato in cui sono stati<br />

ricavati gli alloggiamenti degli elementi meccanici e su cui sono fissate le ogive elastiche di sospensione del<br />

telaio. Il piatto è un classico per Dual in quanto realizzato in lamiera stampata di alluminio con i bordi torniti<br />

e con una molletta che lo fissa al perno. La novità è una corona in elastomero fissata al bordo esterno che<br />

sostituisce l’anello in gomma smorzante usata nelle precedenti produzioni. Semplice ed efficace, visto che così<br />

il piatto non risuona come accade con altri prodotti più economici in cui sono assenti sistemi di smorzamento.<br />

del braccio. Il metodo suggerito<br />

da Dual, peraltro non inedito,<br />

è quello invece di utilizzare il<br />

peso per raggiungere un livello<br />

di equilibrio tale che il braccio<br />

oscilli fino a raggiungere una posizione<br />

orizzontale e quindi di<br />

regolare il peso, in questo caso<br />

di 1,75 gr come consigliato, per<br />

mezzo di un sistema a molla<br />

orizzontale con testa graduata.<br />

Anche l’antiskating è di tipo<br />

a molla con una grande ruota<br />

graduata posta alla base del<br />

fulcro del braccio. Nel libretto<br />

si consiglia di impostare un valore<br />

analogo a quello del peso<br />

di lettura scelto. Meglio affidarsi<br />

all’orecchio e/o a un disco<br />

test specifico. In questo caso il<br />

48 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


TEST DUAL CS 800<br />

Incastonato nella targhetta con il logo<br />

del marchio c’è l’interruttore on/off<br />

di tipo a sfioramento che funziona<br />

anche come selettore di velocità<br />

33/45 giri e cambia colore a<br />

seconda dello stato.<br />

valore che offre i migliori<br />

risultati è proprio quello<br />

consigliato nelle istruzioni:<br />

meglio così. Anche per il VTA<br />

il problema non esiste in quanto<br />

il braccio, durante la lettura del<br />

disco, è parallelo al piatto come<br />

è giusto che debba essere. L’azimuth<br />

è facilmente regolabile<br />

semplicemente ruotando leggermente<br />

da una parte o dall’altra<br />

lo shell porta-testina, che non è<br />

un pezzo unico con la canna del<br />

braccio ma è del tipo a innesto.<br />

Anche questa è una soluzione tipica<br />

degli anni Settanta/Ottanta<br />

del secolo scorso, sia tra i giradischi<br />

classici europei che giapponesi<br />

e, tra l’altro, presenta anche<br />

il vantaggio di poter utilizzare<br />

altri shell - l’attacco è standard<br />

- magari con altri fonorilevatori<br />

già montati. Una tradizione<br />

che in buona parte è stata poi<br />

abbandonata da altri che hanno<br />

preferito realizzare bracci con<br />

canna e shell integrati in un solo<br />

pezzo, con lo scopo di ottenere<br />

una maggiore rigidità del sistema<br />

di lettura, certo meno pratico<br />

e più scomodo quando si deve<br />

L’appoggio a terra avviene tramite tre<br />

piedi in alluminio tornito dal pieno, fissati<br />

solidamente alla base in MDF. Al centro<br />

di ogni piede è collocato un elemento<br />

elastico molto simile a quello utilizzato per<br />

la sospensione del telaio che, nonostante<br />

le dimensioni compatte, conferisce alla<br />

struttura un disaccoppiamento flottante<br />

molto evidente. I piedi non sono regolabili<br />

in altezza, pertanto bisogna intervenire<br />

sul piano di appoggio per mettere<br />

in bolla il giradischi.<br />

cambiare fonorilevatore. Il cavo<br />

di segnale incluso tra gli accessori<br />

ha una guaina piuttosto<br />

spessa che rende un po’ rigido<br />

il cavo stesso ma ispira qualità,<br />

come pure gli spinotti RCA.<br />

Il cavo di massa è terminato con<br />

una piccola forcella da una parte<br />

mentre dall’altro lato è spellato.<br />

L’alimentatore inglobato nella<br />

spina elettrica non è il massimo<br />

della comodità quando si usano<br />

multi-prese con prese ravvicinate.<br />

Per il posizionamento è<br />

essenziale più che mai porre il<br />

giradischi su una superficie perfettamente<br />

orizzontale visto che<br />

i tre piedini inferiori non sono<br />

regolabili in altezza. A parziale<br />

“discolpa” di questo limite dei<br />

piedini del giradischi, c’è il fatto<br />

che sotto questi cilindri metallici<br />

c’è un elemento in gomma.<br />

A dispetto delle perplessità<br />

sull’isolamento dalle vibrazioni<br />

illustrate in precedenza, il<br />

Dual reagisce con un approccio<br />

sorprendentemente calmo e sicuro,<br />

anche ad alti volumi; una<br />

MM come l’Ortofon 2M Red è<br />

esattamente l’attrezzatura giusta<br />

per questo dispositivo: trasmette<br />

quello stile<br />

di suono leggermente<br />

caldo<br />

e piacevolmente chiuso che è<br />

inerente a questi fonorilevatori.<br />

Il Dual non impressiona davvero<br />

quando si tratta di potenza dei<br />

bassi, non è in grado di scandagliare<br />

in modo estremo in alta<br />

frequenza e non è nemmeno un<br />

candidato per i superlativi ma<br />

suona dischi in modo che suonino<br />

come dischi. Con tutta l’emozione,<br />

la naturalezza, il calore<br />

e la spinta necessari.<br />

Questo è un risultato assolutamente<br />

rispettabile per un<br />

dispositivo di questa classe e<br />

forse tali impressioni positive<br />

discendono dal fatto che il buon<br />

controllo alle basse frequenze,<br />

non proprio abbondanti, e il<br />

calo alle alte frequenze con una<br />

modesta pendenza mettono in<br />

evidenza le medie frequenze che<br />

sono restituite con una dovizia<br />

di particolari e correttezza timbrica<br />

sorprendenti. Ma l’effetto è<br />

assolutamente piacevole! Principale<br />

limite sembra essere invece<br />

quello di una immagine piccola<br />

e un po’ leggera, forse in sintonia<br />

con l’aspetto generale del<br />

CS800. L’insieme sonoro è dolce<br />

e mai aspro e questo invoglia a<br />

mettere altri dischi sul piatto per<br />

continuare ad ascoltare musica<br />

con piacere: questo dovrebbe<br />

essere in fondo il compito di un<br />

buon sistema Hi-Fi, giusto?<br />

Nel complesso il CS 800 offre<br />

tutti i pregi di un sistema analogico<br />

“quasi plug & play” (come<br />

recita la pubblicità Dual), facile<br />

da mettere a punto e con un<br />

braccio dall’aspetto non proprio<br />

imponente ma che alla prova dei<br />

fatti ha tutte le regolazioni che<br />

servono e, quello che più conta,<br />

fa bene il suo lavoro in abbinata<br />

con la 2M Red. E magari, dopo<br />

un po’ di tempo, un sistema del<br />

genere meriterebbe l’upgrading<br />

a una testina di qualità superiore<br />

più dotata musicalmente...<br />

Volendo invece risparmiare è<br />

possibile cambiare il solo stilo<br />

staccabile e sostituirlo con quello<br />

di un altro modello della stessa<br />

serie, in particolare con i Blue<br />

o Silver (ma non con Bronze o<br />

Black!) che utilizzano puntine di<br />

profilo migliore e anche cantilever<br />

diversi.<br />

In assoluto il prezzo di listino<br />

del CS800 non è bassissimo e si<br />

scontra con alcuni classici avversari<br />

come i Rega Planar 3 o il Classic<br />

Evo della Pro-Ject, entrambi<br />

però privi di fonorilevatore di<br />

serie e con un pedigree che non<br />

“affonda” nella storia di settore.<br />

Più dinamico e deciso il primo,<br />

più rotondo e generoso il secondo<br />

ma qui si entra nella sfera dei<br />

gusti personali. In ogni caso, una<br />

interessante scelta che amplia il<br />

panorama dei giradischi nei dintorni<br />

dei mille euro.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 49


SELECTOR<br />

di Paolo Corciulo<br />

Una delle cose che certamente<br />

ogni audiofilo<br />

può invidiare a<br />

Mark Döhmann, oltre alle distese<br />

australiane da scrutare a perdita<br />

d’occhio, è il fatto di aver realizzato<br />

i suoi sogni senza vincoli o<br />

compromessi, o almeno riteniamo<br />

sia accaduto così a questo progettista<br />

audio che nel suo palmares<br />

alle voci più recenti annovera il<br />

giradischi Continuum Caliburn<br />

(148.500 euro senza braccio, il Cobra,<br />

che ne aggiunge altri 17.000<br />

circa) e l’impresa che porta il suo<br />

nome, Döhmann Audio, che dal<br />

2015 a oggi ha sfornato due giradischi,<br />

Helix One e Helix Two, che<br />

definire più economici sarebbe<br />

eufemistico. Una delle cose che<br />

invece immagino gli appassionati<br />

staranno invidiando al sottoscritto<br />

è il fatto che mi sita recando a un<br />

ascolto ad hoc proprio di quell’Helix<br />

One che ha segnato il ritorno<br />

di Döhmann nel settore che il progettista<br />

ha frequentato per lungo<br />

tempo, a partire dalle esperienze<br />

giovanili nella riparazione: messa<br />

a punto e upgrade di marchi come<br />

Thorens, Alphason, Pro-Ject e<br />

Rega per arrivare al Linn LP 12,<br />

di cui ne vede “passare” un bel po’<br />

collaborando con il negozio Tivoli<br />

Hi-Fi, una sorta di istituzione a<br />

Melbourne; dal 1982 Döhmann<br />

comincia a progettare giradischi<br />

originali e nel 2006 “sfonda” con il<br />

Caliburn, esaltato da “Stereophile”<br />

& soci. Esperto di leghe aeronautiche,<br />

nel 2010 decide di abbandonare<br />

il settore per portare avanti<br />

alcuni progetti di sviluppo software<br />

nell’ingegneria bionica ma<br />

è una parentesi di breve durata:<br />

nel 2014, l’imprenditore bulgaro<br />

Rumen Artaski (è il proprietario<br />

della distribuzione in USA di CEC<br />

con Audio Union ma soprattutto<br />

del marchio Thrax Audio di cui<br />

è il progettista e che dispone di<br />

proprie linee di produzione utilizzate<br />

anche per terzi) lo invoglia<br />

al rientro, riunendo attorno a lui<br />

un parterre d’eccezione: il progettista<br />

di bracci Frank Schröder, Allen<br />

Perkins (quello del cuscinetto<br />

per giradischi Spiral Groove SG1)<br />

e David Platus, fondatore della<br />

società che adotta le tecnologie<br />

GIRADISCHI<br />

Döhmann Audio Helix One Mk2<br />

SUL CAMPO<br />

Prezzo: € 49.000,00<br />

Dimensioni: 60 x 25 x 48 (lxaxp)<br />

Peso: 105Kg<br />

Distributore: Musica & Video - Vecchi Maurizio<br />

Via Piangipane, 311 - 48124 Piangipane (RA)<br />

Tel. 3398794905<br />

www.musicandvideo.it<br />

Tipo: senza braccio Telaio: flottante Trasmissione: a doppia cinghia<br />

Piatto: 30, 48 cm in sandwich in lega. termoplastica Velocità<br />

(RPM): 33/45 Note: top in fibra di carbonio, 1 basetta per braccio<br />

in materiale composito avanzato con top in fibra di carbonio e 1<br />

basetta in alluminio per secondo braccio. PowerBase con sistema<br />

di illuminazione. Versione finitura in titanio 55.000 euro.<br />

50 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


TEST<br />

MARK DÖHMANN RISPONDE<br />

La scelta del design dell’Helix I risponde ad esigenze estetiche o funzionali?<br />

Il design del telaio è stato determinato da esigenze tecniche. Il giradischi<br />

ha una serie di sistemi di controllo della risonanza per i quali abbiamo<br />

lavorato molti anni, testando e sviluppando nuove soluzioni. Abbiamo<br />

dovuto incorporare queste tecnologie nel giradischi, per poi lavorare su<br />

una estetica complementare ai valori del marchio, che nel nostro caso<br />

riguardano l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia nell’audio analogico. Così<br />

la scelta di una finestra frontale è stata motivata dal fatto che volevamo che<br />

la gente potesse vedere il meccanismo The Minus-K all’interno! Riteniamo<br />

che abbia una certa bellezza di design industriale, simile alla visione del<br />

meccanismo interno di un orologio svizzero. Abbiamo anche deciso di<br />

rendere visibili la molla a spirale centrale e le “lame”: questo meccanismo<br />

previene le forze di rovesciamento precessionali. Il design dell’Helix doveva<br />

garantire che la massa fosse distribuita nelle varie aree in modo da<br />

abbassare il centro di massa nella zona giusta per ridurre ulteriormente<br />

le forze di precessione. Così i lati drappeggiati e il pesante finestrino e la<br />

piastra posteriore aggiungono una massa che bilancia quella del piatto, che<br />

si trova sopra la piastra superiore ed equilibra il design meccanicamente.<br />

Utilizziamo le piastre di copertura cromate per migliorare ulteriormente<br />

il tema del design industriale utilizzato. Sotto la piastra superiore in fibra<br />

di carbonio si trovano una serie di piastre laminate che sono collegate a<br />

diversi elementi (motore, cuscinetto, basette). Queste piastre sono messe a<br />

punto con la tecnologia di precompressione. Le caratteristiche vibrazionali<br />

sono sintonizzate per incanalare la vibrazione della sorgente lontano dai<br />

componenti dipendenti. Ogni caratteristica esterna ha uno scopo tecnico<br />

e non c’è n’è una che sia puramente estetica, a parte il sistema di illuminazione.<br />

Una volta che questa architettura è stata completata e testata<br />

sonicamente abbiamo poi modellato l’estetica (Form Follows Function) per<br />

snellire visivamente il design e dare proporzione. Il design è stato ispirato<br />

da una serie di spunti provenienti da temi automobilistici, architettonici<br />

e aeronautici. Volevamo che il design comunicasse qualità, pensiero allo<br />

stato dell’arte e prestazioni elevate.<br />

La tua nuova avventura è cominciata nel 2015. Ci spieghi perché hai<br />

deciso di creare un nuovo marchio dopo la tua collaborazione con<br />

Continuum?<br />

Come progettista di soluzioni analogiche ho costruito i miei primi giradischi<br />

commerciali dal 1982 con il marchio “Continuum by Döhmann & Gusew”<br />

fino al 1993, quando la rivoluzione digitale era in pieno svolgimento. Quindi<br />

progettare e costruire giradischi è nel mio sangue fin da giovane. Come<br />

designer non si sta mai davvero fermi. Proprio come si crea un prodotto o<br />

una caratteristica, si pensa subito a migliorarlo: l’immaginazione non si ferma<br />

mai! Il nuovo capitolo della mia carriera, che consisteva nello sviluppare<br />

la gamma di giradischi Helix con il marchio Döhmann Audio era guidato<br />

da questa necessità di continuare a innovare, migliorare e creare nuove<br />

soluzioni. Dal 1982 la mia attenzione si è sempre concentrata sulla riduzione<br />

del rumore intrinseco del sistema al livello più basso possibile. Ho scoperto<br />

che dal 2010 il software di visualizzazione e progettazione è davvero migliorato.<br />

Questo è stato un fattore importante per me, la capacità di stare<br />

seduto davanti a un computer e di usare questi strumenti mi ha permesso<br />

di affrontare alcune sfide tecniche finora irrisolvibili e ha creato la libertà<br />

di incorporare il “nuovo pensiero” nella progettazione analogica. Il lavoro<br />

sul progetto Helix One è iniziato nel 2013 con il lancio ufficiale dell’Mk1<br />

nel maggio 2015 al Munich Show. Ci sono voluti due anni di progettazione<br />

e prototipazione a Melbourne con il mio team, che comprendeva esperti<br />

dell’Università di Melbourne, RMIT Aeronautical e alcune risorse globali. I<br />

gruppi di esperti hanno fornito un feedback indipendente sul fatto che il<br />

progetto rispettasse gli obiettivi sonori. I primi prototipi sono stati costruiti<br />

interamente a Melbourne e spediti direttamente al Munich Show. Dopo la<br />

prima mostra il mio amico Rumen Artarski di Thrax Industries si è offerto<br />

di assistere alla produzione utilizzando i suoi impianti di lavorazione e<br />

placcatura a Sofia. Minus-K ha fornito i progetti di isolamento personalizzati<br />

dalla California. Ciò ha contribuito a ridurre i costi complessivi di<br />

spedizione nella fase di lancio dell’Mk1 in Europa e negli Stati Uniti. Le<br />

recensioni sono state molto positive e hanno dimostrato un suono pari<br />

al migliore della classe, a un budget più ragionevole. Nel 2017, Döhmann<br />

Audio è stata fondata con i miei partner commerciali George Moraitis e<br />

Jim Angelopolous, sono stati costruiti nuovi stabilimenti a Melbourne e<br />

il processo di produzione è diventato quello di Melbourne. L’azienda ha<br />

quindi iniziato lo sviluppo dei progetti Mk2, che ha aggiunto nuovi motori,<br />

elettronica e un numero completo di miglioramenti alle prestazioni e al<br />

funzionamento. Uno degli sviluppi più importanti è stata la tecnologia<br />

Advanced Composite Armboard, che riteniamo sia una pietra miliare del<br />

design (sonicamente). La nostra filosofia è quella di continuare a supportare<br />

tutti i proprietari di Helix a livello globale e loro comprendono che offriamo<br />

un servizio e un’assistenza senza compromessi. Li accompagniamo lungo il<br />

percorso, mentre forniamo nuove innovazioni. Crediamo che questa “prova<br />

del futuro” nel design abbia dimostrato di supportare le nuove esigenze<br />

emergenti. Credo che Döhmann Audio abbia un futuro entusiasmante e<br />

mi sento fortunato a poterlo determinare.Non riesco a esprimere quanto<br />

sia meraviglioso incontrare così tante persone straordinarie nel settore<br />

dell’audio di fascia alta, in primo luogo i nostri clienti. Questo è il punto<br />

culminante per me.<br />

Mark Döhmann<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 51


SELECTOR<br />

Il Döhmann Helix One Mk2 con a bordo i due bracci Schröder CB 9” e Ikeda IT-407 CR1. Dietro si intravede pre-phono Audio Consulting<br />

Silver Rock Toroidal e sotto il Manley Steelhead RC. Quest’ultimo è un apparecchio molto duttile: ha tre ingressi, due MC<br />

(selezionabili due step-up, uno per canale: variando i rapporti di trasformazione varia il guadagno) e uno MM, e può fungere da<br />

preamplificatore vero e proprio: ha un ingresso linea indirizzabile su una uscita variabile il cui volume può essere regolato con<br />

telecomando in dotazione. Molta cura è stata prestata nella regolazione della capacità e nell’impedenza.<br />

Minus K, leader mondiale nel<br />

campo dell’isolamento delle vibrazioni<br />

utilizzato in applicazioni<br />

come la microscopia, i test a terra<br />

delle navicelle spaziali e le neuroscienze.<br />

Nasce così il giradischi<br />

inizialmente denominato Audio<br />

Union Helix One, strano connubio<br />

tra un progettista australiano<br />

e una produzione in terra bulgara!<br />

Dopo aver dato vita nel 2017 a un<br />

secondo modello, Helix Two, l’anno<br />

successivo Döhmann decide,<br />

sotto la spinta di George Moraitis<br />

(che diventerà CEO della società)<br />

e Jim Angelopulos, entrambi<br />

appassionati ma anche imprenditori<br />

e futuri soci finanziari della<br />

Döhmann Audio, di riportare<br />

la produzione in Australia per proporre<br />

un totale made in Australia<br />

sotto i tipi di Döhmann Audio.<br />

E giungiamo così ai giorni nostri<br />

e al mio itinerario che mi<br />

sta portando in terra ravennate<br />

presso Musica & Video, diventato<br />

da poco rivenditore esclusivo<br />

per il suolo italiano di Döhmann<br />

Audio, nonché uno dei quattro<br />

negozi in Europa (Döhmann ha<br />

scelto di lavorare in un modo così<br />

esclusivo anche in funzione del<br />

suo potenziale giro d’affari, ed è<br />

un altro lusso che evidentemente<br />

può concedersi!) dove è possibile<br />

ascoltare un giradischi del progettista<br />

australiano! Musica & Video<br />

ha scelto questa formula, reiterata<br />

anche con il marchio Manley; visto<br />

il piacere che la splendida sala<br />

d’ascolto di cui dispone è in grado<br />

di fornire, non è certo un particolare<br />

sacrificio l’attraversamento<br />

degli Appennini lungo la rotta<br />

che porta da Roma a Piangipane!<br />

Anche il set-up che mi aspetta è<br />

di quelli da leccarsi i baffi: l’Helix<br />

One sarà collegato al braccio<br />

Schröder CB 9”, alla testina Lyra<br />

Etna e al pre-phono Manley Steelhead<br />

RC, quest’ultimo particolarmente<br />

duttile grazie ai tre<br />

ingressi (2 MC), cosa che ben si<br />

sposa con la possibilità di montare<br />

più bracci sull’Helix One Mk2,<br />

come nelle intenzioni dimostrative<br />

- a breve vi spiegherò il perché<br />

- di Maurizio Vecchi, il patron di<br />

Musica & Video.<br />

Del primo contatto con il giradischi<br />

mi colpiscono le dimensioni,<br />

ampiamente esondanti, al punto<br />

che ne ho richiesto la ragione a<br />

Mark Döhmann che prontamente<br />

ha risposto in merito e non solo...<br />

La presenza nel line up dell’amplificazione<br />

pre e finale a valvole<br />

Alieno, che insieme ai diffusori<br />

Avalon Saga avevo già ascoltato<br />

proprio in questo ambiente, è a<br />

suo modo un altro elemento straniante<br />

nella misura in cui mi ha<br />

predisposto a un tipo di esperienza<br />

d’ascolto che si è invece rivelata<br />

decisamente differente! Prima di<br />

entrare nel merito parliamo però<br />

un po’ di questo “coso” oversize<br />

e dall’aspetto lunare: motore, cuscinetto<br />

e il braccio si trovano su<br />

piastre separate montate all’interno<br />

del giradischi in maniera<br />

che la loro posizione sia lontana<br />

dal centro dell’apparecchio per<br />

migliorare l’isolamento del sistema,<br />

vera e propria ossessione del<br />

costruttore; non a caso la scelta<br />

di utilizzare la piattaforma Minus<br />

K, originariamente progettata<br />

per l’utilizzo in combinazione<br />

con microscopi elettronici e atomici<br />

(estremamente sensibili alle<br />

risonanze ambientali): tale piattaforma,<br />

adattata all’utilizzo con<br />

i giradischi, viene utilizzata sia<br />

singolarmente che incorporata nel<br />

giradischi nel caso di Döhmann.<br />

Una ampia spiegazione è disponibile<br />

sul sito dohmannaudio.com<br />

(dove sono anche elencate molte<br />

ulteriori tecnologie implementate<br />

Il braccio Schröder CB 9” è caratterizzato<br />

da una peculiarità unica: non è dotato<br />

di ferma braccio perché smorzato<br />

con dei magnentini che lo attraggono<br />

nella posizione di riposo. Consente la<br />

regolazione del VTA e dispone di una<br />

piastrina di collegamento alla base con<br />

tre fori fissi che consentono di regolarne<br />

la posizione variando solo la vite centrale<br />

e muovendosi in asse per ottenere<br />

la corretta geometria. Si può variare la<br />

tipologia della testina aumentando e<br />

diminuendo la massa del sistema fino<br />

a 6/7 grammi con degli appositi pesetti<br />

da applicare sullo shell.<br />

52 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


TEST DÖHMANN AUDIO HELIX ONE MK2<br />

Sul retro dell’apparecchio i potenziometri<br />

per la regolazione della velocità<br />

e la manopola che regola la tensione<br />

delle molle del sistema di isolamento<br />

e deve essere fissata a una posizione<br />

intermedia tra la minima e la massima<br />

escursione.<br />

sul giradischi) ma sostanzialmente<br />

si basa su un triplo sistema di<br />

smorzamento delle vibrazioni<br />

che opera nel verso orizzontale e<br />

verticale in contemporanea: un’unica<br />

manopola regola la tensione<br />

delle molle che deve essere fissata<br />

a una posizione intermedia tra la<br />

minima e la massima escursione.<br />

Attorno al piatto (scanalato<br />

nella parte più vicina al foro per<br />

accogliere l’etichetta del disco) è<br />

sagomata una sorta di guida che<br />

ne isola parzialmente la vista, offrendo<br />

all’ascoltatore un effetto simile<br />

a quello delle piscine a sfioro<br />

(senza bordo). Effetto che quando<br />

il giradischi è in funzione risulta<br />

estremamente elegante, anche in<br />

ragione dell’abbinamento con un<br />

display centrale dalla luce soffusa.<br />

La base separata su cui poggia il<br />

corpo del giradischi ospita tutte<br />

le elettroniche di controllo e l’alimentazione,<br />

ed entrambe sono<br />

dotate di piedini regolabili. L’azionamento<br />

del piatto avviene tramite<br />

una puleggia con doppia scanalatura<br />

con due cinghie di diametro<br />

e resistenza differente e il sistema<br />

di servo controllo del motore regola<br />

la tensione e la velocità con<br />

una lettura, cito da Döhmann, che<br />

avviene diverse centinaia di volte<br />

per ogni giro del piatto. L’apparecchio,<br />

inoltre, è predisposto per<br />

l’utilizzo di un sistema di aspirazione<br />

a vuoto, come già accaduto<br />

per il Caliburn e in predicato per<br />

l’Helix One.<br />

E arriva finalmente il momento<br />

dell’ascolto: il giradischi si attiva<br />

con uno dei due pulsanti presenti<br />

sul piano superiore, quello di accensione,<br />

mentre l’altro seleziona<br />

la scelta tra 33 e 45 giri (si illuminano<br />

con un led rosso); la regolazione<br />

della velocità è affidata a due<br />

manopole posizionate sul retro del<br />

giradischi. Non occorre molto per<br />

comprendere ciò a cui siamo di<br />

fronte: il più bel manifesto o inno<br />

all’analogico che vi possa capitare<br />

di sentire. In barba all’idea che il<br />

vinile sia limitato nella dinamica,<br />

qui questo aspetto è “almeno” eccezionale!<br />

La violenza e l’impatto<br />

sul corpo più che sulle orecchie<br />

sono paragonabili a quelle di un<br />

concerto live ma qui l’estensione<br />

verso l’estremo basso delle frequenze<br />

è non solo straordinaria<br />

ma caratterizzata da una mancanza<br />

assoluta di aloni tale da offrire<br />

una articolazione assoluta. Dicevo<br />

delle false aspettative ingenerate<br />

da un sistema che ho conosciuto<br />

e ascoltato più volte. Non voglio<br />

ripercorrere gli abituali luoghi<br />

comuni per cui un valvolare deve<br />

(o comunque suonerà) suonare<br />

caldo ma quella piacevolezza che<br />

potremmo equiparare ai colori<br />

della terra in una ipotetica tavolozza<br />

sonora qui viene sostituita<br />

da una varietà di emozioni che<br />

virano all’azzurro del mare o del<br />

cielo.<br />

Maurizio Vecchi mi ha confidato<br />

che, rinunciando a un po’<br />

di dinamica, con l’altro set-up<br />

(braccio Ikeda IT-407 CR1, testina<br />

Ikeda 9Gss, pre-phono Audio<br />

Consulting Silver Rock Toroidal)<br />

si ottiene un maggior calore ma la<br />

scelta di tonalità che per comodità<br />

definiremmo “fredde” o algide<br />

rende intellegibili passaggi sonori<br />

che in altre situazioni vengono al<br />

più accennati, quasi mai espressi<br />

con questo grado di dettaglio e<br />

definizione, ed è quella che anche<br />

lui predilige. Da aggiungere poi<br />

una sorta di affinità elettiva tra<br />

Döhmann e Schröder: i soci di<br />

Döhmann in Australia sono anche<br />

i distributori del marchio tedesco,<br />

ed è plausibile che molti dei setup<br />

di messa a punto del giradischi<br />

siano avvenuti in questa configurazione.<br />

Il risultato complessivo di<br />

questa abbinata (e dell’intervento<br />

del Manley, non dimentichiamolo)<br />

è comunque caratterizzato una<br />

matericità di strumenti e protagonisti<br />

davvero notevole mentre i silenzi<br />

sono la dote più disarmante<br />

del sistema: nessuna coda se non<br />

quella naturale degli strumenti!<br />

Rifletto un attimo, il sistema è<br />

totalmente valvolare ma sfido<br />

chiunque a definirlo tale, almeno<br />

secondo gli abituali stereotipi: il<br />

grado di risoluzione dei vari attori<br />

e strumenti è notevolissimo, le<br />

armoniche rappresentate senza<br />

enfasi o ridondanza; in particolare,<br />

incredibili gli strumenti a fiato<br />

che risultano appuntiti, materici<br />

e definiti, intensissimi senza mai<br />

scadere nel fastidioso. Il pianoforte<br />

appare pieno e dettagliato,<br />

anche qui senza alcuna aurea ma<br />

con tasti, martelletti e persino il<br />

vibrare delle corde ben definito e<br />

presente, identificabile con grande<br />

chiarezza in una sequenza di piano<br />

e fortissimi che rimane corretta<br />

e intellegibile, senza confusioni di<br />

sorta. L’assenza di rumori e distorsioni<br />

è impressionante e giova<br />

alla chiarezza di ogni passaggio<br />

musicale, quale che sia, che viene<br />

riproposto con l’impressione di un<br />

grande realismo, difficilmente (se<br />

non mai) raggiungibile altrove.<br />

Non so come dirlo in altro<br />

modo: quello a cui ho assistito<br />

è un ascolto che ti mette in<br />

pace con l’animo se non per il<br />

fatto che verosimilmente non<br />

sarà replicabile altrove (dalle<br />

aragoste si torna al nasello, con<br />

tutto il rispetto per il nasello!).<br />

Consola il fatto che, parole dello<br />

sesso Döhmann (confermate<br />

da Vecchi e, soprattutto, dal distributore<br />

olandese Rapsody),<br />

l’Helix Two, che costa circa la<br />

metà, offre quasi le stesse caratteristiche<br />

se si esclude, quale<br />

più evidente limite, la possibilità<br />

di montare un braccio solo.<br />

Non ho ascoltato il secondo setup<br />

e probabilmente è un bene:<br />

l’opportunità di montare due<br />

bracci non è per tutte le stagioni<br />

e probabilmente avrebbe alimentato<br />

dubbi che invece non<br />

sussistono. E allora, magari in<br />

futuro, un Helix Two... ci sta,<br />

perché in Hi-Fi i sogni son desideri<br />

ma a volte anche realtà!<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 53


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

CONVERTITORE<br />

Rockna Audio Wavelight Dac<br />

“Ero stufo del fatto che,<br />

parlando di Romania<br />

(caratterizzata da una<br />

fiorente industria della lavorazione<br />

del legno, ndr.),<br />

si pensasse unicamente<br />

alla produzione di stuzzicadenti<br />

e carta igienica!”.<br />

Jitaru, con un certo impeto<br />

nazionalista, nel 1999 decide<br />

di invertire lo status<br />

quo fondando quella che<br />

diventerà l’unica azienda<br />

in Romania che produce sistemi<br />

audio di alta qualità:<br />

Rokna Audio. Ma Jitaru è<br />

un predestinato e condivide<br />

con la maggior parte<br />

dei progettisti di successo<br />

lo stesso background: già<br />

da giovanissimo comincia<br />

a costruire e distruggere,<br />

un mucchio di registratori,<br />

radio... “per vedere cosa c’è<br />

dentro, e soprattutto come<br />

funziona”!<br />

Ci vorrà del tempo, Jitaru<br />

compirà il suo 36mo<br />

compleanno, prima<br />

di imbastire una vera attività:<br />

budget minimo di 10.000 euro<br />

(“ce ne sarebbero voluti molti<br />

di più...”), un bilocale low cost<br />

a Marasesti (una città di 12.559<br />

abitanti, nel distretto di Vrancea,<br />

nella regione storica della<br />

Moldavia) e l’aiuto di una sparuta<br />

ma entusiasta manodopera<br />

ridotta a due sole unità. Poi<br />

si sposterà a Suceava, un municipio<br />

della Romania (106.397<br />

abitanti) capoluogo del distretto<br />

omonimo nella Bucovina. Gli<br />

inizi non sono facili e più che<br />

per il suo marchio Jitaru lavora<br />

per terzi progettando prodotti di<br />

bassa fascia, un background che<br />

gli tornerà utile quando lancerà,<br />

accanto al marchio principale,<br />

una linea più economica inizialmente<br />

chiamata AD LABS (Analog<br />

Digital Laboratories),<br />

oggi Audiobyte. La motivazione<br />

per continuare è quella comune<br />

a molti costruttori (“Non potevo<br />

permettermi all’epoca un<br />

amplificatore che volevo, così<br />

ho deciso di costruirne uno”) e<br />

consente di superare i periodi<br />

duri, come nel 2006, quando<br />

stava per arrendersi. Poi Rokna<br />

Audio esplode, come spesso accade<br />

(nemo profeta in patria),<br />

raccogliendo consensi in oltre<br />

30 paesi del mondo, un bel risultato<br />

per un progettista che<br />

ammette di essersi formato sulla<br />

base della curiosità, delle molte<br />

informazioni sull’Hi-Fi e la tecnologia<br />

contenute nelle riviste e<br />

nella ricerca su Internet, essendo<br />

tra le prime persone di Suceava<br />

ad avere avuto accesso alla rete.<br />

Oggi Rokna Audio è un marchio<br />

i cui prodotti adottano soluzioni<br />

proprietarie (“Ci siamo evoluti<br />

da progetti puramente analogici<br />

come gli amplificatori a<br />

sofisticati circuiti<br />

digitali<br />

proprietari perché volevamo<br />

liberarci dai limiti imposti dai<br />

chip pronti all’uso. È la nostra<br />

filosofia e il nostro impegno a<br />

dare vita a concetti tecnologici<br />

originali”), opera in un edificio di<br />

500 mq che è stato costruito ad<br />

hoc da zero nel 2019 (magazzino,<br />

produzione, uffici di ricerca e sviluppo<br />

e sale d’ascolto) dove viene<br />

realizzata internamente tutta la<br />

produzione, compreso l’assemblaggio<br />

automatico e manuale.<br />

I dipendenti sono diventati 15<br />

e presto cresceranno ancora e<br />

il fatturato è lievitato e punta al<br />

milione di euro, da raggiungere<br />

nel prossimo futuro. Sta forse<br />

cambiando la geografia del mondo<br />

Hi-Fi? Si e molto, diremmo,<br />

se siamo qui a commentare un<br />

prodotto dall’alto tasso tecnologico<br />

prodotto in Romania e nelle<br />

pagine precedenti abbiamo appena<br />

parlato di un altro che in<br />

parte viene realizzato in Bulgaria!<br />

Uno shock e una botta decisa<br />

alle immarcescibili certezze<br />

che sono state l’architrave della<br />

forma-pensiero audiofila, salvo<br />

ricordare che scombussolamenti<br />

e rivoluzioni hanno<br />

sempre percorso il mercato,<br />

sennò staremmo ancora<br />

a piangere marchi come<br />

A.R. e Garrard che non<br />

ci sono più o quelli che si<br />

sono miseramente trasformati.<br />

Prezzo: € 4.900,00<br />

Dimensioni: 43 x 30 x 55 cm (lxaxp)<br />

Peso: 7,25 Kg<br />

Distributore: Audio Graffiti<br />

Via degli Artigiani, 5 - 26025 Pandino (CR)<br />

Tel. 0373-970485 - Fax 0373 1992044<br />

www.audiograffiti.com<br />

CONVERTITORE ROCKNA AUDIO WAVELIGHT DAC<br />

Sistema di conversione: R2R modulo FPGA Frequenza di campionamento<br />

(kHz): 32bit 44.1-384k PCM, DSD64-512 (USB) THD<br />

(%): 0.005%/ Ingressi analogici: 1 rca Ingressi digitali: 5: usb<br />

- i2s su hdmi - XLR - coassiale - ottico Uscite analogiche: 1 XLR ,<br />

1 RCA S/N (dB): 117 Note: Utilizza l’FPGA Xilinx serie 7. Controllabile<br />

via app per Android via Bluetooth.<br />

54 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


TEST<br />

IL TELCOMANDO DEL FUTURO<br />

La App di controllo sembra ricalcare una linea di pensiero<br />

che vuole ricordare il frontale dell’apparecchio, tra l’altro<br />

in una prospettiva aberrata, soluzione dal gusto estetico<br />

discutibile che si contrappone, però, a un’ottima funzionalità<br />

e usabilità dell’apparecchio, quasi del tutto imparagonabile<br />

a un utilizzo da telecomando: si tratta di una delle altre<br />

evoluzioni del piccolo mondo Hi-Fi in cui, in prima istanza,<br />

un gran numero di appassionati si è scagliato contro<br />

i telecomandi in senso assoluto, come se per ascoltare la<br />

musica bisognasse anche soffrire un po’ per godersela e oggi,<br />

pur accettando il telecomando, si scagliano verso le nuove<br />

tecnologie che invece rendono la vita molto più semplice e<br />

a costi decisamente più bassi. Il sistema comunica attraverso<br />

una connessione Bluetooth a basso consumo, utilizzata<br />

sempre più frequentemente dal mondo IoT che sostituisce<br />

la vetusta connessione IR a infrarossi. La trasmissione bilaterale<br />

consente di realizzare una interfaccia su un tablet o<br />

smartphone che si collega direttamente all’apparecchio:<br />

rispetto a un telecomando programmabile (che in ogni caso<br />

non beneficerebbe della trasmissione bilaterale) risulta più<br />

efficiente, versatile e sicuramente più economica.<br />

Semmai, la notazione di merito<br />

che spetta all’attuale ribaltamento<br />

dei pesi sta nel fatto che<br />

Paesi fino a pochi anni fa considerati<br />

unicamente serbatoi di<br />

manodopera a basso costo, oggi<br />

si propongono come ideatori di<br />

novità o piazze di pregio, come<br />

accade per il Warsaw Audio Video<br />

Show, ormai una delle più<br />

importanti manifestazioni (Covid<br />

permettendo) europee...<br />

Rokna Audio, dunque (“Ci piace<br />

offrire prestazioni solide, come<br />

nel rock, dunque RO; siamo<br />

rumeni, quindi abbiamo ancora<br />

un RO”) e una gamma di<br />

quattro prodotti tutti nell’ambito<br />

del digitale (due DAC, un<br />

music server e uno streamer),<br />

tutti basati su DAC R2R ladder<br />

e dunque parte di quel manipolo<br />

di costruttori (MSB, Metrum,<br />

Schiit...) che hanno deciso di non<br />

utilizzare la tecnologia Sigma-<br />

Delta in favore di una soluzione<br />

programmabile tramite software<br />

(e in alcuni casi hardware, vedi<br />

Waversa nelle prime pagine di<br />

questo numero di <strong>SUONO</strong>) e<br />

dunque costantemente aggiornabile.<br />

Anche il Wavelight DAC<br />

oggetto di questo test, non il<br />

più costoso dei DAC in gamma<br />

(ruolo che spetta al Wavedream<br />

nelle sue molteplici varianti) ma<br />

comunque tra i più costosi della<br />

fascia 3.000/5.000 euro, quella<br />

che vede protagonisti prodotti<br />

come Lindemann Audiotechnik<br />

Musicbook 15 DSD, Chord<br />

Electronics Hugo TT e Bryston<br />

BDA-3 solo per citarne alcuni;<br />

eppure, nonostante l’altisonante<br />

concorrenza, Rokna si è fatta<br />

comunque un nome... A differenza<br />

di alcuni modelli citati il<br />

Wavelight non è solo un DAC<br />

ma anche un pre, se pur limitato<br />

nell’ambito analogico a un solo<br />

ingresso, con tanto di volume<br />

regolabile, ottemperando una<br />

visione moderna della line up di<br />

una catena Hi-Fi, dove le funzioni<br />

a cui sono destinati streaming<br />

player, pre, hub digitali e DAC<br />

tendono a mischiarsi, tanto che<br />

per il Lindemann la casa tedesca<br />

rispolvera il termine “source”!<br />

La linea Wavelight, inoltre, pur<br />

basandosi sostanzialmente su<br />

tutta l’esperienza maturata nella<br />

serie Wavedream in cui i moduli<br />

di conversione MSB facevano<br />

da padrone, appartiene ai DAC<br />

ladder di nuova generazione,<br />

non tanto nella tecnologia (che<br />

sostanzialmente non ha visto<br />

stravolgimenti) quanto per l’affinamento<br />

nella produzione dei<br />

circuiti discreti, oggi più accessibili<br />

in termini di costi e sviluppo.<br />

Se MSB ha scelto una strada<br />

che punta esclusivamente sulla<br />

estremizzazione del livello di<br />

accuratezza di ogni aspetto della<br />

produzione a dispetto dell’esponenziale<br />

aumento dei costi<br />

e della riduzione della offerta<br />

OEM, un costruttore con talento<br />

e intuito, riesce a costruire una<br />

strada alternativa che, come in<br />

questo caso, lo porta a costituire<br />

un prodotto stand alone, con<br />

prestazioni strumentali di tutto<br />

rispetto che in gran parte vanno<br />

a “insidiare” quelle dei prodotti<br />

al vertice del catalogo, con un<br />

prezzo di base decisamente più<br />

aggressivo!<br />

In termini di utilizzo, è un vero<br />

piacere usare il Wavelight e goderselo<br />

a tutto campo; non lasciatevi<br />

fuorviare dalla presenza<br />

di un unico ingresso analogico<br />

configurabile anche in funzione<br />

della regolazione del livello d’ingresso<br />

con uno stadio dedicato.<br />

Se da un lato un solo ingresso<br />

analogico potrebbe sembrare<br />

insufficiente, è anche vero che<br />

di ingressi analogici di un certo<br />

livello, oggi, ce ne sono veramente<br />

pochi, soprattutto se quello<br />

dedicato alla conversione è<br />

all’interno del preamplificatore!<br />

Rimarrebbero solo quello fono<br />

o quello di un registratore a nastro,<br />

soluzione esotica e altrettanto<br />

rara, ma che beneficerebbe<br />

di quel che offre il Wavelight. La<br />

sezione pre, poi, oltre che completamente<br />

analogica dispone<br />

della regolazione del volume<br />

completamente a discreti, con<br />

una uscita linea che si abbina<br />

meravigliosamente a qualsiasi<br />

tipo di finale di potenza o con un<br />

diffusore amplificato. Il display<br />

è estremamente leggibile anche<br />

a grandi distanze ed è possibile<br />

regolare sia l’intensità che il<br />

Le uscite sono disponibili sia nella forma S.E. che in quella bilanciata con connettori XLR. L’ingresso analogico è S.E. con una coppia di RCA. Gli ingressi digitali sono “uno per tipo”:<br />

coassiale elettrico, ottico Toslink, XLR AES, USB e la connessione I2S che utilizza il connettore HDMI in modo non standard: solo le sorgenti audio che adottano questo protocollo<br />

possono essere collegate.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 55


SELECTOR<br />

Le operazioni sul<br />

segnale sono a carico<br />

di un FPGA XILINX<br />

Spartan 7 XC7S25 su<br />

cui sono implementate<br />

tutte le operazioni<br />

di processamento,<br />

di adattamento per<br />

l’ottimizzazione del tipo di<br />

conversione R2R e per i filtri digitali<br />

in uscita.<br />

Gli stadi analogici<br />

di uscita impiegano<br />

una coppia di doppi<br />

transistor bipolari<br />

NPN utilizzati in<br />

configurazione<br />

differenziale come<br />

stadio buffer di ingresso e<br />

di uscita.<br />

Le tensioni di riferimento<br />

per la regolazione del livello di<br />

uscita e quelli di guadagno dello<br />

stadio linea vengono stabiliti nel<br />

dominio digitale e convertiti in<br />

analogico per essere inseriti<br />

nel sistema di amplificazione<br />

totalmente analogico.<br />

Le funzioni dell’apparecchio e anche<br />

quelle relative al controllo del postprocessing<br />

digitale del segnale sono sotto il controllo<br />

di un microprocessore ATMEL ATSAM3U2C. Il sistema deve<br />

anche gestire la regolazione del livello di uscita che agisce<br />

sul guadagno dello stadio di uscita in modo servoassistito.<br />

Il DAC è realizzato con<br />

una serie di resistori a<br />

bassissima tolleranza e<br />

alta precisione combinati<br />

fra loro con commutatori a<br />

stato solido e alta velocità,<br />

in modo da ottenere tutte<br />

le variazioni di resistenza da<br />

usare come comparatore per la<br />

conversione del segnale.<br />

tempo di accensione in modo<br />

che durante l’ascolto rimanga<br />

spento o poco visibile. D’altronde,<br />

se si usa l’app di controllo, si<br />

può mantenere tranquillamente<br />

spento considerato che tutte le<br />

informazioni vengono riportate<br />

sull’app. Nell’ambito digitale è<br />

possibile scegliere vari tipi di<br />

filtro e addirittura la modalità<br />

NOS (no oversampling) in cui<br />

vengono annullati i processi di<br />

post elaborazione del segnale<br />

consentendo l’abbinamento<br />

con sorgenti ad alta risoluzione<br />

in cui i segnali vengono elaborati<br />

all’esterno dell’apparecchio oppure<br />

trattati in modalità nativa.<br />

Con i contenuti in formato CD<br />

o poco più, invece, i filtri più<br />

soddisfacenti sono quelli a fase<br />

minima e hybrid in cui si apprezzano<br />

lievi sfumature e probabilmente,<br />

per quanto riguarda<br />

l’hybrid, saranno anche oggetto<br />

di variazioni in futuri in seguito<br />

ad aggiornamenti firmware. La<br />

matrice sonora dell’apparecchio<br />

è decisamente riconoscibile,<br />

non tanto per un timbro<br />

o un suono che lo caratterizza<br />

ma per una costante nel sistema<br />

56 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


TEST ROCKNA AUDIO WAVELIGHT DAC<br />

al banco di misura<br />

Pre analogico<br />

La risposta è estremamente lineare ed estesa, quasi al limite<br />

teorico per ogni frequenza di campionamento, frutto della<br />

post elaborazione del segnale e dell’oversampling incontrato<br />

solo in apparecchi molto specializzati nell’R2R. La distorsione<br />

di tipo armonico e le componenti relative alla non linearità di<br />

conversione degli stadi R2R sono ridotte al di sotto di valori<br />

non significativi, un risultato davvero eccellente anche in considerazione<br />

del bassissimo rumore di fondo e della assenza<br />

R2R comune un po’ a tutti i sistemi<br />

che lo adottano. Tuttavia,<br />

l’impostazione è molto neutra e<br />

non caratterizzata, dotata di un<br />

punch e un ritmo rari frutto non<br />

solo del sistema R2R ma anche<br />

dello stadio di amplificazione del<br />

segnale che fa parte integrante<br />

del processo di conversione. Un<br />

ritmo che non era presente nemmeno<br />

nell’MSB Platinum DAC<br />

IV ancora in forza come riferimento<br />

in sala di ascolto e che, da<br />

un certo punto di vista, evidenzia<br />

il lavoro svolto da Rockna, che<br />

restituisce un suono più raffinato<br />

DAC<br />

di spurie in banda e fuori banda audio. Anche dal punto di<br />

vista analogico le prestazioni sono allo stato dell’arte, con<br />

un livello di uscita che si può settare da un valore di circa 2,5<br />

Vrms fino a livelli molto più elevati (sistemi amplificati anche a<br />

lunga distanza tramite la connessione bilanciata) ed esibisce<br />

valori ancor più bassi del rumore di fondo. La regolazione del<br />

volume non ha alcuna influenza sulla risposta in frequenza e<br />

nella variazione del carico sia in ingresso che in uscita.<br />

ma dotato di un PRaT (Pace,<br />

Rythm and Timing) che, quando<br />

uscì, solo l’MSB e pochissimi<br />

altri avevano.<br />

In sostanza il Wavelight si distingue<br />

dalla media sia per le<br />

prestazioni strumentali che per<br />

quelle sonore, abbinate a una<br />

utilizzabilità veramente fuori<br />

dal comune. In realtà si distingue<br />

anche per un’altra caratteristica,<br />

quella dell’aspetto estetico<br />

che, incomprensibilmente,<br />

sia dal punto di vista del design<br />

che della finitura, lascia molto<br />

a desiderare! Tralasciando<br />

il gusto personale che, invece,<br />

sembra essere quello più soddisfatto<br />

in senso generale, sia per<br />

le proporzioni che per le linee<br />

del frontale, è proprio la finitura<br />

ad apparire oggettivamente<br />

molto cheap e in alcuni aspetti<br />

anche poco accurata, tanto da<br />

rilevare alcuni spigoli eccessivamente<br />

aguzzi e poco rifiniti.<br />

Il trattamento superficiale di<br />

tipo spazzolato e alcune lavorazioni<br />

appaiono grossolane. Un<br />

vero peccato in quanto, invece,<br />

l’impiego dei materiali di base e<br />

il trattamento delle superfici in<br />

alluminio sono di prim’ordine,<br />

a partire dell’ingegnerizzazione<br />

che appare elegante, efficiente e<br />

veramente molto ben realizzata.<br />

Per proseguire i parallelismi con<br />

MSB, ricordiamo le prime versioni<br />

“estetiche” del costruttore<br />

americano, al vertice del brutto,<br />

non funzionale e totalmente fuori<br />

da un contesto sia Hi-Fi che<br />

di design! Poi MSB ha fatto un<br />

gran passo avanti anche se a costi<br />

esponenziali, mentre Rockna<br />

ha puntato su una estetica più<br />

gradevole e in linea con i canoni<br />

Hi-Fi, soprattutto in questa nuova<br />

linea che adotta tutti pannelli<br />

in alluminio di grande spessore,<br />

lavorati a macchina, sabbiati e<br />

accoppiati fra loro tramite torrette<br />

di sostegno laterali con una<br />

finitura molto accurata, soprattutto<br />

nelle parti interne che non<br />

presentano le ulteriori lavorazioni<br />

esterne di sagomatura dei<br />

bordi e di spazzolatura.<br />

In sintesi, se si bada alla sostanza,<br />

nella fascia di prezzo competente<br />

è davvero difficile trovare<br />

qualcosa di più.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 57


SELECTOR<br />

di Nicola Candelli<br />

VVocaboli quali All in one,<br />

classe D, digital lens, gain<br />

cell e altro vengono generalmente<br />

enfatizzati da Paul<br />

McGowan per presentare i suoi<br />

prodotti come, nel nostro caso,<br />

il nuovo amplificatore integrato<br />

“Strata”. Bisogna però dare atto<br />

che l’azienda di Boulder, Colorado,<br />

seppure piccola è sempre ricca<br />

di idee innovative e spesso riesce<br />

a sfornare prodotti interessanti<br />

prospettando soluzioni tecniche<br />

sempre all’avanguardia. Chiamare<br />

lo “Strata” amplificatore integrato<br />

sarebbe riduttivo perché nel suo<br />

interno ritroviamo un mix di tutto<br />

ciò che serve per ascoltare della ottima<br />

musica, un preamplificatore<br />

con ingressi analogici e digitali, un<br />

DAC, uno Streamer ad alta definizione,<br />

una sezione finale in classe<br />

D, un ingesso cuffia... Davvero un<br />

quasi “all in one”, basta collegare<br />

due diffusori per immergersi<br />

immediatamente nella musica, o<br />

più esattamente l’interpretazione<br />

più profonda del concetto di “integrato”!<br />

A rendere davvero “all”<br />

questo apparecchio basterebbe un<br />

ingresso fono che, però, si può naturalmente<br />

aggiungere, sia utilizzando<br />

quello della stessa casa (per<br />

la verità non in linea per classe di<br />

prezzo, pur appartenendo sempre<br />

alla serie Stellar) che di terze parti.<br />

Partiamo dalla sezione pre in classe<br />

A, completamente bilanciata e<br />

ricca di collegamenti, che incorpora<br />

l’esclusivo “Gain Cell” che<br />

semplifica e sostituisce i convenzionali<br />

controlli di volume con una<br />

classica rete di resistori: si basa su<br />

di un amplificatore di tensione che<br />

ne regola il guadagno in funzione<br />

dei marker forniti dalla manopola<br />

del volume. Lo stadio di potenza<br />

utilizza un modulo in classe D ad<br />

alta corrente più che sufficiente<br />

per pilotare gran parte dei diffusori,<br />

anche quelli abbastanza ostici.<br />

Un eccellente DAC progettato dal<br />

team PS Audio utilizza la tecnologia<br />

proprietaria “Digital Lens”: in<br />

pratica i segnali digitali in arrivo<br />

vengono inviati a un chip FPGA<br />

semplificato, il CPLD (Complex<br />

Progammable Logic Device),<br />

che riconosce i segnali nativi, li<br />

sincronizza, ne riduce lo Jitter<br />

e invia i dati al chip DAC Sabre<br />

ES9016K2M Hyperstream che<br />

elabora segnali digitali PCM fino<br />

a 384 kHz e DSD 64/128 attraverso<br />

le connessioni I2S e USB, PCM<br />

fino a 192 kHz via coax e PCM fino<br />

a 96 kHz via ottico. È presente<br />

anche uno streamer di rete la cui<br />

connessione alla rete domestica è<br />

semplice grazie al collegamento<br />

sia Wi-Fi che Ethernet, integrati<br />

nello Strata. Esclusivo per questo<br />

modello è il nuovo modulo di PS<br />

Audio “PS Connect”. Utilizzato<br />

insieme all’applicazione PS Audio<br />

Connect, disponibile per i dispositivi<br />

iOS e Android, consente di<br />

entrare nello streaming ad alta<br />

risoluzione da servizi come Tidal,<br />

Qobuz, Spotify, Napster, nonché<br />

da qualsiasi sorgente DLNA sulla<br />

rete locale della casa. Dopo aver<br />

caricato l’applicazione PS Connect<br />

che funge da controller Wireless,<br />

basta individuare la rete, selezionarla<br />

e inserire la password. Lo<br />

Strata è inoltre dotato di tre filtri<br />

digitali che possono essere utilizzati<br />

esclusivamente nel dominio<br />

digitale e di un ingresso cuffia che<br />

utilizza un apposito amplificatore<br />

in classe A e che alla prova di<br />

ascolto ha fornito ottimi risultati.<br />

Pensate: tutta questa tecnologia è<br />

concentrata in solo due schede di<br />

modeste dimensioni mentre gran<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

PS Audio Stellar Strata<br />

SUL CAMPO<br />

Prezzo: € 4.500,00<br />

Dimensioni: 43,2 x 7,62 x 30,5 (lxaxp)<br />

Peso: 9,5Kg<br />

Distributore: MPI Electronic<br />

www.mpielectronic.com<br />

Tipo: stereo Tecnologia: a stato solido Potenza: 2 x 150 W su 8<br />

Ohm in classe A/D pre in classe A, finale in classe D THD (%): <<br />

0.025 S/N (dB): >110 Ingressi analogici: 3 RCA 1 XLR<br />

58 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


TEST<br />

Tre ingressi analogici di cui uno bilanciato, cinque ingressi digitali ( I2s-coax1-coax2-ottico-usb ), ingresso Ethernet, presa USB per eventuali aggiornamenti del sistema, uscita<br />

analogica per un ampli di potenza o subwoofer attivo.<br />

parte del peso è attribuibile unicamente<br />

al mobile.<br />

Il fatto mi lascia colpito anche se<br />

da vecchio appassionato resto in<br />

parte ancorato ai ricordi di una<br />

montagna di apparecchi da riproduzione<br />

che riempivano la stanza:<br />

l’intramontabile lettore analogico<br />

con la sua lunga procedura di pulizia<br />

della facciata del disco e della<br />

testina prima di ogni ascolto, il lettore<br />

CD, i registratori a bobine e a<br />

cassette e poi un enorme quantità<br />

di cavi che si incrociavano dietro<br />

le apparecchiature... Scaffali pieni<br />

di LP,CD, bobine e cassette sparse<br />

qui e là per casa, amplificatori monumentali<br />

che, perlomeno all’epoca,<br />

oltre ad appagare l’orecchio<br />

colpivano la vista; era un piacere<br />

ostentare con gli amici la propria<br />

montagna di attrezzi, maneggiare<br />

gli ultimi LP acquistati o trascrivere<br />

pazientemente sul retro della<br />

custodia delle bobine tutti i brani<br />

e relativa posizione nel contatore<br />

- nonostante l’impeccabile frenata<br />

delle bobine, non riuscivi quasi<br />

mai a posizionarti all’inizio del<br />

brano. Altri tempi evidentemente<br />

se questa volta, senza sforzo alcuno,<br />

mi è bastato poggiare su di<br />

un tavolinetto lo Strata, collegare<br />

i diffusori, un cavo I2s per il mio<br />

lettore (PS Audio Memory Player),<br />

un cavo USB per il computer, un<br />

cavo LAN e null’altro per usufruire<br />

all’istante di una quantità di musica<br />

ad alta definizione praticamente<br />

illimitata senza spostarti dalla<br />

poltrona...<br />

Ho avuto modo di ascoltare un<br />

discreto numero di apparecchi<br />

funzionanti in classe D e in verità<br />

questa tecnologia mi pare assolutamente<br />

matura ed è difficile<br />

trovare differenze con apparecchi<br />

che utilizzano la classe AB. Anche<br />

lo Strata ha un comportamento<br />

impeccabile: è un grande apparecchio<br />

da musica, molto preciso,<br />

con un pizzico di calore nella parte<br />

media ma allo stesso tempo dotato<br />

di una fresca sonorità, merito anche<br />

del basso molto preciso, ben<br />

delineato e privo di quelle code<br />

che normalmente vanno a invadere<br />

la sezione medio-bassa. Ottimo<br />

anche il trattamento dei segnali<br />

digitali, una modalità che ha fornito<br />

risultati di grande piacere ben<br />

al di sopra di quanto ci si poteva<br />

aspettare fino a qualche anno fa<br />

da questa sezione se integrata in<br />

un amplificatore. Per l’ascolto la<br />

prima modalità utilizzata è stata<br />

quella con la connessione USB: si<br />

apprezza un palcoscenico molto<br />

ben delineato e ampio, un posizionamento<br />

un po’ più avanzato<br />

rispetto a quello offerto dal mio<br />

abituale riferimento, una grande<br />

separazione tra gli strumenti e una<br />

notevole quantità di dettagli con<br />

transienti netti e decisi. Via I2S le<br />

performance sono ancora meglio:<br />

l’ascolto di alcuni SACD in questa<br />

modalità esalta le prestazioni<br />

convertitore che, per paradosso<br />

possono essere invidiate da molti<br />

“solo” DAC separati. Per quanto<br />

riguarda i filtri disponibili, quello<br />

corrispondente alla posizione F1 è<br />

il filtro predefinito dalla casa ma<br />

dopo prove e riprove ho preferito<br />

quello relativo alla posizione F3<br />

in cui si attiva il filtro di tipo Fast<br />

Roll-off Minimum Phase, più<br />

tradizionalmente dedicato per<br />

l’ascolto e non per le prestazioni<br />

strumentali: per me è la più nitida,<br />

con un suono fluido e piacevolmente<br />

accattivante, una bella<br />

rotondità della parte media, dotata<br />

di buon corpo a tutto vantaggio<br />

di voci e strumenti a fiato: davvero<br />

Lo Strata implementa la sezione di preamplificazione<br />

dello Stellar Gain Cell<br />

DAC, tuttavia completamente ridisegnata<br />

per via degli ingombri interni e per il<br />

fatto che l’alimentazione lineare del pre<br />

ora si trova a bordo del circuito stampato.<br />

Lo stadio finale utilizza un modulo di<br />

potenza stereo ICEPower 200AS2 da 215<br />

Wrms per canale su 4 Ohm.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 59


SELECTOR<br />

una riproposizione gradevole e rilassante<br />

(in ogni caso le differenze<br />

non sono eclatanti, quindi a ognuno<br />

la propria scelta). Bene anche<br />

il comando di fase normale o invertente<br />

che con alcuni brani può<br />

IN ALTO: Le informazioni sullo stato e sulle regolazioni vengono visualizzate solo sul display. Alcune, soprattutto<br />

quelle di settaggio iniziali, sono molto piccole e fruibili da vicino, mentre gli ingressi e soprattutto il volume sono<br />

visibili anche a grande distanza.<br />

A SINISTRA: La App PS Connect consente lo streaming di contenuti di fornitori come, ad esempio, Spotify, Qobuz<br />

e Tidal oppure presenti all’interno della propria rete in un server DLNA. La app consente anche la gestione del<br />

multiroom di quegli apparecchi che utilizzano il sistema LinkPlay, al momento diffuso nel settore consumer<br />

entertainment.<br />

COMANDI SEQUENZIALI VS DIRETTI<br />

DA TELECOMANDO. TUTTA UN'ALTRA COSA!<br />

Il telecomando, a dispetto del pannello frontale, consente un<br />

utilizzo molto più diretto ed efficiente dell’apparecchio: gli<br />

ingressi sono selezionabili tramite singoli tasti al posto della<br />

modalità sequenziale e i filtri digitali si scelgono anch’essi in<br />

modo diretto. In questo modo la scarsa leggibilità del display<br />

riguardo gli ingressi non è così fastidiosa, mentre la regolazione<br />

del livello, che invece necessita del feedback sul display,<br />

assume una dimensione visibile anche a grandi distanze: un<br />

apparecchio pensato per funzionare in modo soddisfacente<br />

con il telecomando o con la app, molto meno on site.<br />

portare a risultati interessanti.<br />

Come accennato, mi ha colpito il<br />

livello di qualità dell’uscita cuffia:<br />

con una Grado SR80 Prestige e<br />

l’Audio-Technica AT-H 50 ho<br />

ottenuto risultati molto convincenti:<br />

ottima la sezione medio<br />

acuti, molto bene il basso anche<br />

se inevitabilmente non profondissimo<br />

nella tipologia delle cuffie<br />

semiaperte utilizzate. L’interfaccia<br />

utente dello Stellar Strata è l’unica<br />

cosa discutibile: non è proprio<br />

semplice ad eccezione della con<br />

una buona la visualizzazione<br />

del volume, ben visibile anche a<br />

distanza, mentre al contrario, a<br />

causa dei caratteri molto piccoli<br />

bisogna essere in prossimità della<br />

macchina per effettuare le varie<br />

operazioni che, compreso l’accesso<br />

ai vari sub-menù, sono sequenziali<br />

anche se una volta settato non<br />

serve far altro. Se si commettono<br />

degli errori bisogna ripetere la<br />

sequenza da capo ma una volta<br />

presa la mano diventa tutto più facile<br />

e veloce. Comodo anche se di<br />

stampo economico il telecomando:<br />

di piccole dimensioni consente<br />

di effettuare tutte le operazioni a<br />

distanza. Per quel che riguarda il<br />

prezzo, sebbene quello di listino<br />

La nuova versione del Bridge installata<br />

sullo Strata impiega il modulo di rete<br />

Wireless ed Ethenet 10/100Mbps LinkPlay<br />

A31 che implementa il supporto al<br />

DLNA, Airplay e tutti i codec necessari per<br />

la conversione dei formati streaming. Il sistema<br />

supporta anche le app di fornitori<br />

di servizi streaming come, ad esempio,<br />

Spotify, Tidal e Qobuz e impiega una app<br />

dedicata per la navigazione dei contenuti<br />

e il controllo delle funzioni basilari<br />

dell’apparecchio come regolazione del<br />

volume e selezione degli ingressi.<br />

sia adeguato alle<br />

prestazioni e ai servizi<br />

offerti dall’apparecchio, non è difficile<br />

trovare in giro uno street che<br />

rende lo Strata molto più appetibile,<br />

facendolo in questo caso preferire<br />

ad altre alternative proposte<br />

dal mercato. In sintesi lo Stellar<br />

Strata è un prodotto interessante,<br />

dotato di grande musicalità<br />

che rende le sue performance un<br />

piacere a tutto tondo con qualsiasi<br />

genere musicale. L’apparecchio ha<br />

tutto ciò che la tecnologia attuale<br />

mette a disposizione degli appassionati<br />

(da aggiungere solo un<br />

paio di altoparlanti e un account<br />

di streaming) e ti si apre un fantastico<br />

palcoscenico fatto di grande<br />

musicalità anche senza raggiungere<br />

le estreme vette dei sistemi<br />

di fascia alta.<br />

60 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


“<br />

The definition of performance.<br />

The JL Audio Fathom f113 is the single<br />

best A/V product I have experienced.<br />

The improvement it made to my home-theater<br />

system was stunning. I’ve never heard better.”<br />

Randall Smith, Home Theater & Sound<br />

Home Audio<br />

Subwoofer ai vertici delle prestazioni progettati e costruiti come nessun altro<br />

L’obiettivo di ogni audiofilo è quello di avere dei bassi articolati, dinamici e naturali che supportino<br />

con la stessa qualità sia le riproduzioni stereo che l’audio di una produzione cinematografica.<br />

I subwoofer attivi della JL Audio sono progettati e costruiti per gratificarvi con performance mai<br />

raggiunte prima in tutti i tipi di riproduzione musicale come testimoniano gli innumerevoli premi<br />

ricevuti. Oltre 40 anni di sviluppo di tecnologie proprietarie ci hanno permesso di realizzare una<br />

gamma di subwoofer completa partendo dai compatti 8’’ fino ad oltre 13” anche in configurazione<br />

dual driver e soluzioni in wall.<br />

Contattate quanto prima un nostro negozio autorizzato<br />

per una prova di ascolto e per farvi guidare nella scelta<br />

del miglior modello per le vostre esigenze.<br />

d108<br />

d110 e-sub110 e-sub112 f112 f113 gotham Inwall sub<br />

Distribuito da: Gammalta Group S.r.l.<br />

Via Santa Maria, 19/21 - 56126 Pisa - Italy - Ph: +39 0502201042 - Fax: +39 0502201047<br />

info@gammalta.it - www.gammalta.it - facebook.com/Gammalta


SELECTOR<br />

di Nicola Candelli<br />

Ormai da tanti anni Attilio<br />

Caccamo, grande appassionato<br />

e grandissimo<br />

conoscitore di valvole, progetta<br />

e assembla con grande cura apparecchi<br />

valvolari che esporta in<br />

buona parte del mondo. Lo scorso<br />

anno il direttore mi inviò in prova<br />

il Tektron TKONE-I Large MKII<br />

(vedi <strong>SUONO</strong> 538) che utilizzava<br />

una moderna coppia di valvole finali<br />

KT 150 che permettevano di<br />

erogare fino a 15 watt di potenza<br />

in classe A e, ricordo, non solo ne<br />

apprezzai gli ottimi risultati sonici<br />

ma anche la notevole capacità di<br />

far suonare con disinvoltura diffusori<br />

di efficienza medio-alta senza<br />

avvertire problemi di compressione<br />

dovuti alla modesta potenza.<br />

Ora è il turno di un altro integrato<br />

che a prima vista sembra essere<br />

simile al precedente ma con una<br />

configurazione, per così dire, “raddoppiata”:<br />

si tratta di un single ended<br />

parallelo con quattro KT 150,<br />

quattro driver (ECC82), un poderoso<br />

trasformatore di alimentazione,<br />

robusti trasformatori di uscita<br />

e due induttanze, il tutto collocato<br />

su di una spessa base in rame<br />

per una potenza dichiarata di 30<br />

watt in classe A con un ingombro<br />

e un peso non indifferente, prossimo<br />

ai 35 kg! Ma le similitudini<br />

tra l’Ultimate TKKT150PSES e il<br />

precedente TKONE finiscono qui<br />

perché già il nome, “Ultimate”,<br />

lascia presupporre che questa<br />

macchina sia stata pensata e costruita<br />

con parametri molto più<br />

stringenti, avvicinandosi così allo<br />

stato dell’arte. Il tutto è cablato a<br />

mano punto a punto senza alcun<br />

circuito stampato. I componenti<br />

interni sono di buon livello, il potenziometro<br />

è telecomandato, la<br />

cappa asportabile è in metacrilato<br />

e sono presenti degli indicatori di<br />

livello di uscita, mentre una valvola<br />

Nixie indica il numero dell’ingresso<br />

al momento collegato (in<br />

tutto sono tre) con il primo provvisto<br />

di attacco XRL che, come poi<br />

verificato, fornisce prestazioni di<br />

rilievo per cui questo tipo di collegamento<br />

è fortemente consigliato.<br />

Le dimensioni dei trasformatori<br />

e il fatto che siano capaci di forti<br />

correnti, ancor più del modello<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

Tektron Ultimate TKKT150PSES<br />

SUL CAMPO<br />

Prezzo: € 6.990,00<br />

Dimensioni: 49 x 35 x 25 (lxaxp)<br />

Peso: 35Kg<br />

Distributore: Tektron<br />

tektron-italia.com<br />

Tipo: stereo Tecnologia: a stato solido Potenza: 2 x 30 W su 8<br />

Ohm in classe A single ended Risp. in freq. (Hz): 15 - 35.000 Ingressi<br />

analogici: 2 RCA 1 XLR Note: 4x KT150 e 2x ECC82.<br />

62 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


precedente, fanno sì che i dati dichiarati<br />

sulla potenza siano solo<br />

un riferimento sulla carta: i diversi<br />

diffusori al quale il Tektron è stato<br />

collegato hanno espresso risultati<br />

sempre appaganti e di grande<br />

respiro... Nonostante la capacità<br />

delle valvole KT 150 di erogare<br />

una grande potenza, il costruttore<br />

ha preferito progettare e costruire<br />

la macchina privilegiando<br />

la musicalità alle forti potenze. Il<br />

cabinet in legno che “abbellisce”<br />

l’apparecchio può essere richiesto<br />

Tre gli ingressi di cui uno bilanciato, il<br />

cui utilizzo è fortemente consigliabile.<br />

I morsetti di potenza garantiscono una<br />

buona presa praticamente con ogni<br />

tipo di terminazione anche se, nel caso<br />

si utilizzino le forcelle, è bene, come nel<br />

caso riportato in fotografia, dotarsi delle<br />

appositie bananine che assicurano un<br />

effetto a morsa maggiore e un collegamento<br />

più stabile.<br />

in varie essenze e normalmente è<br />

stondato agli angoli. Quello giunto<br />

a <strong>SUONO</strong> ha gli spigoli vivi e, a<br />

mio parere, risulta più moderno<br />

ma siccome il gusto è qualcosa<br />

di soggettivo, il costruttore dà la<br />

possibilità di scegliere la finitura<br />

più confacente ai propri gusti. In<br />

questi ultimi tempi ho avuto modo<br />

di provare diversi integrati con a<br />

bordo le KT 150 e i risultati, anche<br />

con differenti impostazioni soniche,<br />

sono stati tutti di alto livello:<br />

questa valvola mi piace davvero<br />

tanto e anche il Tektron non fa eccezione,<br />

ha sfoderato grinta e qualità<br />

musicale apprezzabili. Il basso<br />

è pieno e profondo, una notevole<br />

capacità di introspezione induce il<br />

diffusore a non fare il solito bum<br />

bum ma interpreta al meglio le vibrazioni<br />

prodotte dagli strumenti<br />

a corda, rendendo il messaggio<br />

verosimilmente vicino allo strumento<br />

reale. Soprattutto quando<br />

il basso lavora in sincrono con la<br />

cassa della batteria, ecco che si<br />

riesce a individuare con facilità<br />

la corda del basso e la pelle della<br />

grancassa, cosa non così scontata<br />

nei sistemi con scarsa risoluzione<br />

che facilmente fondono insieme i<br />

due suoni, rendendo difficile l’individuazione<br />

dei due strumenti.<br />

Le voci sono tra le più naturali<br />

che ho avuto modo di ascoltare<br />

negli ultimi tempi: mai brillanti,<br />

mai opache, ben strutturate, piene<br />

ma non invadenti, il che rende<br />

particolarmente facile seguire i<br />

movimenti delle labbra dell’inter-<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 63


SELECTOR<br />

La costruzione dell’apparecchio è, come d’abitudine per l’azienda, di tipo artigianale<br />

ma molto accurata, con la possibilità da parte dell’acquirente di poter<br />

scegliere tra un mobile a spigoli vivi o arrotondati in diverse essenze, quest’ultimo<br />

con un pronunciato effetto d’antan. Le quattro valvole KT 150 sono utilizzate in<br />

Single Ended parallelo.<br />

prete. Proprio la parte media della<br />

gamma di frequenze riprodotte si<br />

ripropone al meglio restituendo<br />

una grande scala cromatica per<br />

tutti gli strumenti che lavorano<br />

su questa banda. A tale proposito<br />

ho provato ad ascoltare un CD che<br />

raramente ascolto (un XRCD della<br />

TBM) che, nonostante l’ottima incisione,<br />

ho sempre trovato molto<br />

tecnico ed asettico: il Tektron è<br />

riuscito a restituire delle sonorità<br />

veritiere, un suono accattivante,<br />

per un ascolto (finalmente!) gradevole<br />

di questo disco: il basso è<br />

secco ma molto articolato, i martelletti<br />

del pianoforte sono sempre<br />

ben evidenti, rifiniti e mai forzati;<br />

bellissimo il colore dei piatti che<br />

fanno apprezzare le tante variazioni<br />

dorate trasmesse dall’ottone.<br />

Il CD scorre fluido senza andare<br />

incontro a innaturali effetti di<br />

iperdefinizione, che spesso mi è<br />

capitato di ascoltare: l’amplificatore<br />

riesce a trasmettere sempre<br />

informazioni senza alcun accenno<br />

a sonorità smussate verso l’alto o<br />

poco trasparenti. Altrettanto buone<br />

le prestazioni sulla parte acuta:<br />

nessuna brillantezza di troppo,<br />

nessun arrotondamento con il<br />

quale vengono etichettati molti<br />

valvolari... In questa porzione<br />

della banda il Tektron svolge al<br />

meglio il suo lavoro, esprimendo<br />

naturalezza e precisione e restituendo<br />

il giusto colore a tutti gli<br />

strumenti che operano su queste<br />

frequenze. Buono il palcoscenico<br />

in ampiezza e soprattutto in altezza,<br />

dove i cantanti sono collocati<br />

nella giusta posizione; buona<br />

anche la profondità. Come accennato,<br />

prestazioni interessanti le<br />

ho ottenute utilizzando il cavo<br />

bilanciato; nel confronto con<br />

quello sbilanciato della medesima<br />

marca e modello, il suono appare<br />

più rifinito e silenzioso, con<br />

un buon incremento della profondità.<br />

Ci troviamo, in sostanza,<br />

di fronte a un prodotto davvero<br />

performante, adatto a quasi tutti<br />

i generi musicali, classica, jazz e<br />

blues, che riesce a dare un’ottima<br />

spinta anche con la musica<br />

rock se si utilizzano diffusori<br />

dall’efficienza media, medio-alta.<br />

Il prezzo porta l’apparecchio in<br />

concorrenza con altri integrati<br />

simili ma la cura e l’attenzione<br />

nel progettare e produrre un<br />

prodotto capace di ottime prestazioni<br />

deve premiare questo<br />

artigiano che mette il meglio di<br />

sé nel costruire oggetti destinati a<br />

fare ottima musica e null’altro.<br />

64 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


SELECTOR<br />

di Nicola Candelli<br />

Dopo diversi anni di<br />

buoni successi e apprezzamento<br />

da parte<br />

del pubblico, la serie entry-level<br />

“Bronze”, già soggetta a varie<br />

evoluzioni nel tempo, viene<br />

completamente ridisegnata,<br />

presentandosi con significativi<br />

cambiamenti rispetto alla<br />

serie precedente con l’introduzione<br />

di quattro modelli, due<br />

da scaffale (50 e 100) e due da<br />

pavimento (200 e 500) che si<br />

distinguono dall’utilizzo di woofers<br />

da 140 mm per 50 e 200 e<br />

200 mm per 100 e 500. Di fatto,<br />

viene radicalmente sostituito<br />

il woofer precedente, quello<br />

dell’ottimo e multi-premiato<br />

Bronze 2 che aveva un cono<br />

da 165 mm. Il Bronze 500 in<br />

prova si presenta in una veste<br />

un po’ più massiccia, con un<br />

frontale più ampio in larghezza<br />

necessario per contenere il<br />

woofer da 200 mm. I due altoparlanti<br />

per le frequenze basse<br />

e il tweeter sono controllati da<br />

un cross-over in configurazione<br />

2 vie e mezzo. Praticamente<br />

il Woofer principale lavora<br />

da 2700 Hz che è il punto di<br />

incrocio con il Tweeter sino<br />

all’estremo basso mentre il<br />

secondo lavora dai 500 hz,<br />

anch’esso sino all’estremo<br />

basso a supporto dell’altoparlante<br />

principale. Il mobile si<br />

presenta solido con un’altezza<br />

DIFFUSORI<br />

Monitor Audio Bronze 500 6G<br />

SUL CAMPO<br />

Prezzo: € 1.240,00<br />

Dimensioni: 23,1 x 95,1 x 32,8 (lxaxp)<br />

Peso: 18 Kg<br />

Distributore: MPI Electronic<br />

www.mpielectronic.com<br />

Tipo: da pavimento Caricamento: bass reflex N. vie: 2 e 1/2 Potenza<br />

(W): 200 Impedenza (Ohm): 8 Frequenze di crossover<br />

(Hz): 550, 2700 Risp. in freq (Hz): 32 - 30.000 -6 db Sensibilità<br />

(dB): 90 Altoparlanti: tw a cupola gold dome C-Cam da 25 mm<br />

con guida d’onda e motore magnetico in neodimio a camera<br />

ventilata, 2 woofer da 200 mm con membrana C-Cam e tecnologia<br />

DCM Rifinitura: nero, urban grey, noce, bianco Note: doppia<br />

porta reflex hive II, biwiring, biamping.<br />

66 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


Ta tarara tara taaaaaa<br />

L’accordo è posizionato sulla parte posteriore attraverso due aperture situate sulla<br />

parte alta e bassa del mobile. In dotazione anche dei tappi in foam per chiudere le<br />

aperture se necessario.<br />

di 97x29x36 per un peso di 18<br />

Kg e una efficienza di 90 dB;<br />

è inoltre dotato di robusti piedini<br />

in acciaio con punte e/o<br />

piedini in gomma idonei per<br />

qualsiasi superficie. I nuovi<br />

altoparlanti hanno<br />

membrane con un nuovo<br />

profilo conico che a detta del<br />

costruttore offre un miglior<br />

controllo e una risposta più<br />

precisa. Il baffle anteriore del<br />

diffusore si presenta con un<br />

frontale grigio satinato mentre<br />

le finiture laterali sono disponibili<br />

nelle colorazioni<br />

black, walnut,<br />

urban e bianco.<br />

Le griglie di copertura<br />

degli<br />

altoparlanti<br />

sono magnetiche<br />

e quindi<br />

il frontale<br />

risulta pulito<br />

e privo di<br />

qualsiasi foro.<br />

I morsetti dorati permettono<br />

anche una connessione<br />

biwiring, in questa<br />

configurazione le prestazioni<br />

del diffusore migliorano proprio<br />

nei suoi punti critici!<br />

Essendo il diffusore più robusto<br />

della serie Bronze, è<br />

consigliabile un utilizzo in<br />

ambienti medio grandi preferendo,<br />

per quelli più raccolti,<br />

la serie 200 o ancora la serie<br />

100; anche quando utilizzati in<br />

un ambiente di medie dimensioni<br />

(come nel mio caso) non<br />

ho incontrato difficoltà circa<br />

il loro inserimento e relativo<br />

posizionamento, ho solo preferito<br />

usare i due tappi in foam<br />

per rendere il suono più equilibrato<br />

sulla parte bassa.<br />

Nonostante l’utilizzo di due altoparlanti<br />

da 200 mm capaci<br />

di una buona estensione verso<br />

la parte bassa, non si ottengono<br />

volumi tali da produrre un<br />

basso molto pronunciato, lo<br />

stesso rimane ben controllato<br />

e abbastanza preciso, e nel<br />

contempo si riesce a ricreare<br />

un suono molto pieno e di<br />

grande dinamica, in special<br />

modo se i nostri diffusori vengono<br />

utilizzati come canali anteriori<br />

nella costruzione di un<br />

sistema Home Cinema. Buona<br />

la capacità di digerire grosse<br />

potenze e, nonostante l’efficienza<br />

dichiarata di 90 dB, è<br />

bene utilizzare amplificatori<br />

da 60 watt in su, così come<br />

consigliato dalla stessa casa.<br />

Il suono è sostanzialmente corretto,<br />

la musica scorre liscia,<br />

una buona ricostruzione del<br />

palcoscenico, forse avrei preferito<br />

un tweeter più preciso e<br />

analitico, un segno distintivo<br />

che ha sempre contraddistinto<br />

la Monitor Audio a cominciare<br />

dai vecchi Studio 20 fino ai<br />

piccoli Bronze 2; di converso,<br />

nessuna fatica d’ascolto, il suono<br />

scorre con grande fluidità e<br />

piacevolezza, le grandi masse<br />

orchestrali sono interpretate<br />

con realismo, ricchezza e soprattutto<br />

corpo, basta dargli<br />

potenza e loro sono pronte<br />

a restituire grossi volumi<br />

ABBONARSI SIGNIFICA<br />

NON DOVER MAI DIRE<br />

“MI DISPIACE”<br />

Ci siamo<br />

fatti in<br />

quattro<br />

per voi<br />

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diffusione@suono.it)<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 67


SELECTOR<br />

IN ALTO: All’altezza dei due woofer sono<br />

visibili due bulloni che vanno a congiungersi<br />

con delle aste che sostengono i<br />

driver, con il risultato di disaccoppiare<br />

il driver dal deflettore e migliorare la<br />

rigidità e la stabilita del sistema.<br />

IN BASSO: Il tweeter C-Cam (ceramicalluminium-magnesium)<br />

da 25 mm è dotato<br />

di una bella cupola dorata protetta<br />

da una vistosa griglia costituita da una<br />

serie di fori dalla forma esagonale che<br />

hanno lo scopo di rendere la dispersione<br />

angolare molto uniforme e un suono<br />

meno direttivo.<br />

con ampia soddisfazione per<br />

l’ascoltatore. Buona la prestazione<br />

ottenuta da CD di<br />

Petra Magoni Musica Nuda,<br />

contrabasso preciso, pulito,<br />

nessun rigonfiamento, buona<br />

la esibizione della Magoni con<br />

una voce bella chiara ma non<br />

eccessivamente brillante, un<br />

buon risultato per un diffusore<br />

che si può portare a casa<br />

con circa mille euro, anche se<br />

la concorrenza in questa fascia<br />

di mercato è particolarmente<br />

agguerrita.<br />

Passando al CD Secret di<br />

Nancy Harrow, sempre piacevole<br />

è la voce della Harrow a<br />

differenza di quella maschile<br />

di Clark Terry che, pur essendo<br />

corretta, mi è parsa leggermente<br />

meno evidente, un po’<br />

sottotono rispetto alle solite<br />

performance. Proseguendo<br />

negli ascolti, queste sensazioni<br />

permangono, è proprio la parte<br />

media, voci maschili e strumenti<br />

che risiedono in quella<br />

gamma di frequenze, che mi<br />

sembra leggermente arretrata,<br />

manca un po’ di energia e di<br />

spinta, ti viene voglia di tirare<br />

su il volume per compensare<br />

questo arretramento, ma se<br />

lo aumenti è tutto lo spettro<br />

audio che viene in avanti. In<br />

questa porzione dello spettro<br />

manca un po’ di energia e se<br />

le voci femminili ne risentono<br />

solo minimamente, là dove la<br />

voce si fa più “robusta” (e dove,<br />

forse, si trova al limite di questo<br />

avvallamento) voci maschili<br />

e strumenti come gli ottoni<br />

risultano meno pronunciati di<br />

quanto accada abitualmente.<br />

D’altro canto, basta guardare<br />

un grafico della risposta dei<br />

500 (e sono contento di non<br />

aver percepito e scritto fesserie!):<br />

in effetti si nota una depressione<br />

in special modo sui<br />

200 Hz…<br />

Va detto poi che, in assoluto, si<br />

tratta di piccolezze che ho notato<br />

nell’ascolto della musica<br />

jazz; in altri tipi di musica questo<br />

effetto è limitato o inudibile,<br />

come nell’ascolto del SACD<br />

della Living Stereo A night on<br />

Bald Mountain di Mussorsky,<br />

dove i 500 riescono a dare dimostrazione<br />

di un suono pieno<br />

per nulla aggressivo ma molto<br />

vigoroso con piatti e percussioni<br />

che danno la giusta energia<br />

alla violenza richiesta da questo<br />

brano. Altrettanto positiva<br />

l’interpretazione del pianoforte<br />

a coda Steinway tratto da un<br />

file DSD 128, Love letters, di<br />

Yamina: in queste situazioni<br />

questi capaci diffusori riescono<br />

a ricreare uno spessore credibile<br />

necessario per apprezzare<br />

al meglio l’imponenza di<br />

questo splendido strumento.<br />

Così le piccole incertezze riscontrate<br />

nella zona media non<br />

intaccano la qualità di queste<br />

torri, molto efficaci in ambienti<br />

medio grandi e soprattutto<br />

interessanti se si vuole costruire<br />

un sistema Home Cinema<br />

dove hanno tutti i requisiti per<br />

soddisfare appieno le esigenze<br />

dell’ascoltatore. Di fatto le prestazioni<br />

generali sono più che<br />

buone a un prezzo di mercato<br />

tutto sommato amichevole. Se<br />

si cerca qualcosa di più performante<br />

e raffinato, restando<br />

nella stessa Monitor Audio<br />

ma con costi leggermente superiori,<br />

si può passare alla serie<br />

Silver o meglio ancora alla<br />

serie Gold.<br />

68 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


SELECTOR<br />

di Carlo D’Ottavi<br />

struttura armonica della composizione.<br />

Questa edizione, limitata<br />

e rimasterizzata, di un classico<br />

della Verve Records del 1964, è<br />

uscita sia nella versione a 33 gg<br />

che in doppio 45 gg, quest’ultimo<br />

rapidamente andato esaurito.<br />

La rimasterizzazione è partita dai<br />

nastri master originali ed è stata<br />

effettuata presso gli studi della<br />

Sterling Sound da George Marino,<br />

stampata in Quality Record Pressings<br />

(QRP) con la supervisione<br />

di Chad Kassem, copertina e note<br />

fedeli all’originale, per una confezione<br />

di lusso e un suono superlativo.<br />

Ne risente certo il prezzo, ma<br />

ne vale la pena.<br />

Getz / Gilberto, prodotto<br />

dal capo dell’etichetta<br />

Verve, Creed Taylor,<br />

fu una sorpresa internazionale,<br />

alterando la direzione del jazz,<br />

del pop e della stessa samba. È<br />

diventato il fulcro di un’enorme<br />

mania per la bossa nova, riunendo<br />

Stan Getz (sassofono tenore) con<br />

le stelle brasiliane Joao Gilberto<br />

(chitarra / voce) e Antonio Carlos<br />

Jobim (compositore / pianista),<br />

che ha scritto e co-scritto sei degli<br />

otto originali brani dell’album,<br />

così come la giovane moglie di<br />

Joao, Astrud Gilberto. Quando<br />

ad Astrud fu chiesto di cantare<br />

in inglese per The Girl From Ipanema,<br />

la sua voce affascinante<br />

e sensuale ha fatto la differenza.<br />

The Girl From Ipanema ha<br />

raggiunto la prima posizione nella<br />

classifica Adult Contemporary di<br />

Billboard e la quinta posizione<br />

nella Billboard Hot 100. Astrud<br />

è presente anche in Corcovado.<br />

Altri classici della bossa nova<br />

dell’album includono Só Danço<br />

Samba, Vivo Sonhando, O Grande<br />

Amor e Desafinado. Dietro gli<br />

artisti principali, qui c’è la sezione<br />

ritmica brasiliana di Sebastiao<br />

Neto (basso) e Milton Banana<br />

(batteria).<br />

Nel 1965, alla settima edizione dei<br />

Stan Getz and Joao<br />

Gilberto<br />

GETZ/GILBERTO<br />

Ristampa serie Acoustics<br />

Sound della Verve -<br />

AVER 69001 – 1 LP 180 grammi<br />

Grammy Awards, Getz / Gilberto<br />

è stato il primo album jazz a vincere<br />

un Grammy come Album Of<br />

The Year, il brano The Girl From<br />

Ipanema ha vinto il Record of the<br />

Year. Getz / Gilberto ha anche vinto<br />

il titolo di miglior album strumentale<br />

jazz e il miglior album<br />

prodotto, non classico. Il premio<br />

di ingegneria dell’album è stato<br />

anche il primo Grammy per il leggendario<br />

Phil Ramone, che ha registrato<br />

l’album nel suo rinomato<br />

studio di registrazione A&R. Il fascino<br />

avvincente di Getz / Gilberto<br />

dimostrò che la bossa nova aveva<br />

la forza per essere popolare oltre<br />

i confini brasiliani, anche grazie<br />

al suo ritmo sincopato contagioso<br />

che poteva facilmente essere sfruttato<br />

come il blues per conquistare<br />

gli appassionati di musica e ballo.<br />

Il disco seguì un altro lavoro di<br />

Stan Getz, non troppo dissimile<br />

nel tipo di operazione, del 1962<br />

e intitolato Jazz Samba, suonato<br />

insieme a Charlie Byrd alla chitarra,<br />

nel quale veniva interpretata<br />

la musica popolare moderna<br />

brasiliana, soprattutto di Antonio<br />

Carlos Jobim. Tra questi brani le<br />

notissime Desafinado, presente<br />

anche in questo Getz/Gilberto,<br />

e Samba de Uma Nota So.<br />

Il Samba, ovvero un genere di<br />

danza che affonda le sue radici in<br />

Africa, si è sviluppato in Brasile,<br />

così come il tango in Argentina. Si<br />

crede che il samba sia imparentato<br />

con il tango, ma si riconosce che<br />

è un membro molto più energico<br />

della famiglia ed è caratterizzato<br />

da movimenti alternati di passo<br />

e dondolio, delicati e graziosi, dal<br />

ritmo contagioso. Alcuni musicisti<br />

jazz provenienti da altre culture si<br />

sono avvicinati al genere. È esattamente<br />

questo che fece, in particolare,<br />

Stan Getz, creando un nuovo<br />

genere chiamato semplicemente<br />

jazz samba, proprio come il titolo<br />

di quel suo lavoro del 1962.<br />

In pratica è una versione della<br />

musica che utilizza il ritmo della<br />

samba ma con improvvisazioni tipiche<br />

del jazz sulla melodia e sulla<br />

Borodin<br />

SYMPHONY N°2 & 3,<br />

PRINCE IGOR OVERTURE<br />

Ernest Ansermet conducting<br />

L’Orchstre Swisse Romande -<br />

Original Recordings Group<br />

ORGLP0153/45<br />

2 LP 45 rpm 180 grammi<br />

In questa straordinaria rimasterizzazione<br />

la ORG ripropone<br />

molto opportunamente<br />

la leggendaria registrazione della<br />

Seconda e della Terza Sinfonia<br />

di Alexander Borodin, realizzata<br />

nel 1954 da Ernest Ansermet alla<br />

testa della Orchestre de la Suisse<br />

Romande. Oltre a essere un compositore<br />

di talento, Alexander<br />

Porfiryevich Borodin (1833-1887)<br />

svolse anche le professioni di medico<br />

e chimico. Per le sue scelte stilistiche,<br />

Borodin entrò a far parte<br />

del Gruppo dei Cinque, un gruppo<br />

di compositori che si era prefisso<br />

l’obiettivo di scrivere opere intri-<br />

70 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


Amato mio LP<br />

se di uno spirito specificamente<br />

russo. Oggi Borodin è ricordato<br />

soprattutto per le sue sinfonie, i<br />

suoi due quartetti per archi, lo<br />

schizzo sinfonico Nelle steppe<br />

dell’Asia centrale e l’opera Il<br />

principe Igor. In seguito, alcuni<br />

temi tratti dai quartetti per archi<br />

e da Il principe Igor vennero<br />

ripresi nel musical americano<br />

Kismet. Borodin compose la<br />

sua Seconda Sinfonia con lunghe<br />

pause tra il 1869 e il 1876. Suddivisa<br />

in quattro movimenti, questa<br />

sinfonia è oggi considerata<br />

la più importante tra le opere<br />

portate a termine da Borodin.<br />

La Seconda Sinfonia presenta<br />

numerose analogie sia con Il<br />

principe Igor sia con Mlada,<br />

due opere teatrali che Borodin<br />

portò avanti durante i sei<br />

anni di composizione della<br />

Seconda Sinfonia.<br />

Probabilmente l’opera su larga<br />

scala più importante di Borodin,<br />

la Seconda Sinfonia, è considerata<br />

una delle sue più grandi. La<br />

sua popolarità fu tale da essere<br />

impiegata come commento musicale<br />

nella trasposizione radiofonica<br />

della BBC del romanzo<br />

fantascientifico Il Giorno dei<br />

Trifidi di John Wyndham (1951)!<br />

Iniziò la sinfonia nel 1869 e mise<br />

da parte la sua opera Il principe<br />

Igor nel 1870 per lavorare a fasi<br />

alterne sulla sinfonia. Ha una<br />

serie di somiglianze melodiche<br />

con la suddetta opera, e il suo<br />

improvviso tema d’apertura proviene<br />

da un coro appassionato<br />

di Polovesiani di quell’opera. Un<br />

critico ha soprannominato il lavoro,<br />

forse con scarsa originalità,<br />

una “Sinfonia Eroica”.<br />

Il movimento Scherzo è un<br />

Barcarolle russo con ritmi cadenzati,<br />

e il terzo movimento<br />

Andante aveva lo scopo di<br />

raffigurare un menestrello<br />

slavo che si accompagnava su<br />

un tipo di cetra, rappresentato<br />

dall’arpa nell’orchestra. Ha<br />

una delle melodie più serene<br />

del compositore. Il Finale-<br />

-Allegro della sinfonia è più<br />

libero del movimento d’apertura,<br />

ed è una scena luminosa di<br />

grande festa, utilizzando danze<br />

slave con battiti sincopati. Si<br />

ritiene che Borodin avesse in<br />

mente i cavalieri e le figure eroiche<br />

dell’antica Russia in questo<br />

lavoro, con il finale raffigurante<br />

la “festa dei cavalieri” in mezzo<br />

a una folla giubilante. La Terza<br />

Sinfonia rimase incompiuta e<br />

alla morte del compositore Glazunov<br />

mise insieme i primi due<br />

movimenti. Il risultato a volte<br />

suona più come Glazunov che<br />

Borodin. Glazunov ha anche<br />

orchestrato l’Ouverture del<br />

Principe Igor da frammenti di<br />

note rimaste da Borodin e per<br />

averlo sentito suonare al pianoforte.<br />

Un lavoro comunque<br />

ben riuscito visto che l’Overture<br />

riesce a trasmettere l’ entusiasmo<br />

viscerale tipico di molti<br />

lavori originali di Borodin.<br />

La prima registrazione della<br />

sinfonia fu realizzata tra il<br />

1929 e 1931, diretta da Albert<br />

Coates. Seguirono sei versioni<br />

mono su 78 e LP, e questa<br />

registrazione del novembre<br />

1954 di Ansermet fu la prima<br />

versione stereo, che dovette<br />

attendere l’uscita fino a quando<br />

il formato LP non divenne una<br />

realtà nel 1958 (il numero di<br />

pubblicazione originale era London<br />

CS 6126). Gli ingegneri della<br />

Decca avevano definitivamente<br />

messo a punto la registrazione<br />

stereo con il loro famoso sistema<br />

“ad albero microfonico” già<br />

a partire dal 1954. La sinfonia<br />

ha avuto almeno quindici registrazioni<br />

stereo da allora. Della<br />

registrazione del 1958 furono<br />

fatte anche delle ristampe nel<br />

formato CD e SACD, sebbene<br />

pare che non siano all’altezza di<br />

questa nuova versione analogica.<br />

Niente nel regno analogico<br />

eguaglia il miglioramento della<br />

qualità del suono delle stampe<br />

a 45 giri eccetto i dischi diretti<br />

ben fatti, purtroppo assai rari ai<br />

nostri giorni! Il gruppo d’archi<br />

della grande orchestra anche<br />

nei FF è particolarmente bello<br />

e naturale. Il supporto vinilico<br />

è particolarmente silenzioso,<br />

segno della qualità della ristampa.<br />

La realizzazione in un<br />

doppio 45 giri certo non è il<br />

massimo in fatto di comodità<br />

d’ascolto ma se la si fa suonare<br />

su un buon giradischi e amate<br />

questa musica, questo album è<br />

un must. Disponible da Sound<br />

and Music.<br />

PILLOLE<br />

David Bowie<br />

METROBOLIST<br />

Parlophone Records - 1 LP 180 gr<br />

In occasione del<br />

cinquantenario di The<br />

Man Who Sold The World,<br />

il disco viene riproposto<br />

col titolo e la copertina<br />

cambiati per volere dell’etichetta<br />

Mercury che ritenne sconveniente<br />

l’abbigliamento di Bowie in posa stile<br />

diva hollywoodiana in copertina.<br />

L’album segnò l’inizio della gloriosa<br />

marcia verso il successo con il chitarrista<br />

Mick Ronson.<br />

Santana<br />

ABRAXAS<br />

Dir. Bruno Walter CSO<br />

Legacy Records – 1 LP 180 gr.<br />

Altro cinquantenario da<br />

festeggiare con una<br />

lussuosa ristampa in<br />

arrivo, con tanto di fedele<br />

riproduzione del poster<br />

della audace copertina. Secondo album<br />

del gruppo, contiene memorabili hit<br />

come Samba Pa Ti, Oye Como Va e Black<br />

Magic Woman.<br />

Marianne Faithfull<br />

STRANGE WEATHER<br />

ORG- 2 LP 45gr.<br />

Dopo ben 17 lunghi anni<br />

di assenza dovuti alla<br />

depressione e alla<br />

dipendenza dalla droga,<br />

la Faithfull rinacque a<br />

nuova vita registrando questo superbo<br />

disco nel 1987. Fu un sorprendente<br />

successo, anche grazie alla celebre<br />

reinterpretazione di As Tears Go By.<br />

Versione curatissima.<br />

Nina Simone<br />

I PUT SPELL ON YOU<br />

Acoustics Sound/Verve – 1 LP 180 gr.<br />

La sua versione della title<br />

track rimane affascinante<br />

come suggerisce il titolo,<br />

mentre le cover<br />

di Tomorrow Is My Turn di<br />

Charles Aznavour e Ne Me Quitte Pas di<br />

Jacques Brel sono dichiarazioni altrettanto<br />

forti. Artisti vari come Billy Paul, Muse e<br />

Michael Bublé da allora ci hanno provato,<br />

ma nessuno con tanta intensità, dedizione<br />

ed effetto brividi come la Simone.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 71


SELECTOR<br />

di Vittorio Pio<br />

John Coltrane<br />

GIANT STEPS<br />

60 TH ANNIVERSARY<br />

EDITION<br />

Rhino/Warner<br />

Registrato in<br />

varie sessioni<br />

nel corso<br />

dell’anno di<br />

grazia 1959<br />

- veramente<br />

uno snodo cruciale per il futuro<br />

del Jazz e non solo per la pubblicazione<br />

di Kind Of Blue di<br />

Miles Davis e Time Out di Dave<br />

Brubeck ma anche per un’altra<br />

manciata di capolavori firmati<br />

da Duke Ellington, Charlie<br />

Mingus e Ornette Coleman<br />

- ecco la versione, speriamo<br />

definitiva, che celebra uno dei<br />

più fulminanti esordi nella<br />

storia, distribuito nel gennaio<br />

del 1960 dalla Atlantic del lungimirante<br />

producer Ahmet Ertegun.<br />

Questi passi giganti ebbero<br />

due pubblicazioni ravvicinate:<br />

una alla fine del dicembre di<br />

quello stesso 1959, l’altra circa<br />

un mese dopo; a entrambe venne<br />

assegnato il numero di serie<br />

1311 (SD1311 per la versione<br />

stereo), con l’etichetta interna<br />

color nero e scritte in argento<br />

per la versione mono e color<br />

verde con scritte in nero per la<br />

versione stereo. Una chicca per<br />

i collezionisti (e ancor di più lo<br />

sono le poche copie stampate<br />

con un’etichetta di transizione<br />

denominata bulls-eye label,<br />

multicolore arancio-viola per il<br />

mono e grigio-blu per lo stereo).<br />

Il disco fu inciso in tre sedute con<br />

brani interamente composti da<br />

Coltrane: Countdown e Spiral il<br />

4 maggio (con Tommy Flanagan<br />

al pianoforte, Paul Chambers al<br />

contrabbasso e Art Taylor alla<br />

batteria), Giant Steps, Cousin<br />

Marye Mr. P.C. il 5 maggio<br />

(con la medesima formazione).<br />

Per Naima invece, la ballad per<br />

antonomasia, la seduta fu quella<br />

del 2 dicembre (con Wynton<br />

Kelly e Jimmy Cobb al posto<br />

rispettivamente di Flanagan e<br />

Taylor), dove fu affiancato dalla<br />

sezione ritmica che era al servizio<br />

di Davis in quel frangente.<br />

Quasi inutile incensare questo<br />

capolavoro: fra i brani dell’album,<br />

ancora piuttosto brevi in<br />

quanto a minutaggio, spiccano<br />

tre titoli: il morbido e sognante<br />

Naima (dedicato a sua moglie)<br />

e due temi dall’andamento<br />

forsennato: Mister P.C. che è<br />

ancora un omaggio a quel Paul<br />

Chambers, instancabile perno<br />

ritmico, e soprattutto la titletrack,<br />

una furiosa scorribanda<br />

issata su ardite progressioni<br />

armoniche, riferita ai salti da<br />

terze minori a quarte che opera<br />

la linea di basso senza però mai<br />

cadere nel solipsismo. Non c’è<br />

niente di nuovo in questa doppia<br />

edizione che suona silenziosamente:<br />

vengono riproposte alcune<br />

takes alternate che erano già<br />

apparse solo in un precedente<br />

cofanetto integrale; interessante,<br />

invece, il saggio scritto da<br />

Ashley Khan che si abbina alle<br />

note originali del venerabile Nat<br />

Hentoff, oltre alle testimonianze<br />

di Ravi Coltrane, Archie Shepp,<br />

David Murray, Dave Liebman,<br />

nel mirabile tentativo di raggiungere<br />

nuove generazioni di<br />

ascoltatori e fan, proprio come<br />

avvenne nella rivoluzione in<br />

atto nel 1959, culminata l’anno<br />

seguente con FreeJazz, il celeberrimo<br />

manifesto iconoclasta<br />

di Ornette Coleman. Khan sintetizza<br />

questa magnificenza in<br />

maniera esemplare: “Si tratta<br />

di uno degli album più chiacchierati<br />

dell’era moderna, un<br />

insieme di musica che tutti dovrebbero<br />

avere e assorbire. È<br />

musica che è pienamente all’altezza<br />

della grandiosità del suo<br />

titolo: la prima, ma non ultima,<br />

delle affermazioni pienamente<br />

realizzate di John Coltrane, un<br />

punto lungo un percorso simile<br />

a una cometa del genio creativo,<br />

un indicatore indelebile<br />

nella linea temporale della<br />

musica popolare. È un classico<br />

del jazz riconosciuto ben<br />

oltre i circoli jazz. Cosa può<br />

sperare di ottenere di più un<br />

vero artista?”.<br />

72 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


SELECTOR<br />

di Carlo D’Ottavi<br />

Vasily Petrenko,<br />

conductor Oslo<br />

Philharmonic Orchestra<br />

PROKOFIEV:<br />

SYMPHONY NO. 5<br />

MYASKOVSKY:<br />

SYMPHONY NO. 21<br />

Lawo Classics LWC1207 formato<br />

CD o in download 24/12<br />

su www.highresaudio.com<br />

Prokofiev ha descritto la Quinta<br />

Sinfonia, la sua prima<br />

composizione in questo genere,<br />

dopo sedici anni, “come<br />

il culmine di un intero periodo<br />

del mio lavoro. L’ho<br />

concepita come una sinfonia sulla grandezza<br />

dello spirito umano”. Considerava questa sinfonia,<br />

composta nell’estate del 1944, la sua opera<br />

migliore.<br />

La sinfonia si svolge nei quattro tempi canonici<br />

ma i movimenti lenti, o moderati, sono invertiti<br />

rispetto all’uso tradizionale. Il primo tempo,<br />

Andante, è costruito sulla base della classica<br />

forma-sonata. Il primo tema esposto è calmo e<br />

sereno, il secondo tema è più animato e ha uno<br />

sviluppo che richiama in alcuni tratti pagine<br />

simili di Mahler. L’Andante si conclude con una<br />

coda elettrizzante sottolineata da rulli di tamburo,<br />

piatti e colpi di gong. Il secondo movimento,<br />

Allegro marcato, è il più caratteristico di questa<br />

sinfonia. Qui ritroviamo uno degli aspetti peculiari<br />

della musica di Prokofiev, quello ironico e<br />

grottesco che tramuta il tono sereno e ampio<br />

della prima parte in uno sberleffo sarcastico.<br />

Nel terzo movimento, Adagio, ascoltiamo un<br />

tempo lento e sognante, pieno di nostalgia;<br />

l’iniziale delicatezza viene progressivamente<br />

tramutata in note più tese fino ad arrivare a un<br />

climax drammatico per poi dissolversi e tornare<br />

ad atmosfere più melodicamente tranquille.<br />

Il finale, Allegro giocoso, inizia con una lenta seguito<br />

da due richiami ai primi due movimenti:<br />

inizialmente la musica ha un tono sommesso<br />

per poi animarsi e giungere a un grande crescendo<br />

finale. Fin dalla sua prima esecuzione<br />

è sempre stata apprezzata da pubblico e critica<br />

sia nella madre patria che in occidente.<br />

Nikolai Myaskovsky (1881-1950) è stato sicuramente<br />

uno dei compositori sinfonici più prolifici<br />

del XX secolo. Era nato a Novo-Georgievsk, che<br />

allora faceva parte dei territori polacchi dell’impero<br />

zarista. Ha preso lezioni private con Glière<br />

a Mosca quindi, avendo deciso di dedicarsi alla<br />

composizione, ha studiato con Rimsky-Korsakov<br />

e Lyadov al Conservatorio di San Pietroburgo,<br />

stabilendo quella che si sarebbe rivelata<br />

un’amicizia per tutta la vita con Prokofiev. La<br />

sua prima composizione fu un gruppo di preludi<br />

per pianoforte (1896-8) ma fu solo nel 1908 che<br />

scrisse la prima delle sue ventisette sinfonie.<br />

La Sinfonia n. 21 di Myaskovsky, sottotitolata<br />

Sinfonia-Fantasia in fa diesis minore, risale al<br />

1940, composta in risposta a una commissione<br />

della Chicago Symphony Orchestra per celebrare<br />

il suo cinquantesimo anniversario. Vasily<br />

è uno degli artisti di registrazione classica più<br />

acclamati in vita e ha vinto numerosi riconoscimenti<br />

per le sue registrazioni di repertorio<br />

russo, inclusi due premi per il grammofono.<br />

Con la Filarmonica di Oslo ha registrato concerti<br />

di Shostakovich e Szymanowski, Romeo<br />

e Giulietta di Prokofiev, nonché due importanti<br />

cicli di opere orchestrali rispettivamente di Alexander<br />

Scriabin e Richard Strauss. Sotto Mariss<br />

Jansons, l’Orchestra Filarmonica di Oslo è diventata<br />

una rivale delle grandi Filarmoniche di<br />

Vienna, Berlino e New York e ora ha una sala da<br />

concerto moderna e permanente a Oslo. Questa<br />

registrazione del 2020 è un nuovo capitolo della<br />

feconda collaborazione tra Petrenko e la Oslo<br />

Philharmonic e continua la loro fortunata serie<br />

di registrazioni per Lawo Classics, acclamata<br />

dalla critica in tutto il mondo.<br />

74 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


Classica<br />

Sarah Connolly (mezzosoprano),<br />

Robert Dean<br />

Smith (tenor)<br />

Berlin Radio Symphony<br />

Orchestra, Vladimir<br />

Jurowski<br />

MAHLER:<br />

DAS LIED VON<br />

DER ERDE<br />

Pentatone PTC5186760 nei<br />

formati SACD Hybrid Multichannel<br />

e download fino a<br />

24/96<br />

Il lied, canto con accompagnamento<br />

strumentale spesso orchestrale,<br />

è un genere, nel vasto<br />

panorama della musica classica,<br />

molto caro e popolare nella cultura<br />

mitteleuropea tra il diciannovesimo<br />

e primi del ventesimo secolo. Quasi<br />

tutti i compositori del tempo si sono cimentati<br />

con i lied e forse, con Gustav Mahler, si<br />

è raggiunto il vertice del livello compositivo<br />

mai più ripetuto con l’eccezione degli ultimi<br />

lied di Richard Strauss. I lied mahleriani<br />

sono raggruppati in cicli e di questi proprio<br />

Il Canto della Terra ne rappresenta il vertice<br />

assoluto. Una composizione che molti<br />

definiscono la vera decima sinfonia, al posto<br />

dell’incompiuta, per dimensioni e complessità<br />

di scrittura e organico richiesto. Das<br />

Lied è una delle opere più profonde e amate<br />

di Mahler, che segna un passo importante<br />

nella carriera del compositore, così come<br />

nella sua vita privata.<br />

Jurowski affronta la pagina consapevole<br />

del deliberato passaggio di Mahler da un<br />

modello beethoveniano “eroico” verso un<br />

atteggiamento più lirico, schubertiano. In<br />

tutta l’opera e in particolare nell’ultimo<br />

movimento contemplativo, Der Abschied<br />

(L’Addio), Mahler sembra venire a patti<br />

con la mortalità dell’uomo mentre, per<br />

contrasto, celebra la natura immortale della<br />

vita. L’interpretazione data da Jurowsky<br />

è chiaramente in grado di trasmettere con<br />

l’Orchestra l’eterea bellezza del “mondo<br />

naturale” contenuta nella partitura. La ricca<br />

tavolozza di colori strumentali tipica di<br />

Mahler è esposta in modo netto e rivelatore.<br />

Si inizia con l’apparentemente giocoso<br />

Das Trinklied vom Jammer der Erde dove<br />

il brindisi del viandante prende in giro la<br />

gente lamentosa, mentre nel secondo lied,<br />

Il Solitario Autunno, il canto è più tranquillo,<br />

perfettamente equilibrato con l’accompagnamento<br />

orchestrale oculatamente<br />

guidato da Jurowski. Nel canto conclusivo,<br />

L’Addio, non c’è certamente nulla di eroico<br />

o elegiaco, nel grande finale Jurowski<br />

modella il commento strumentale con meticolosa<br />

precisione mentre le intrusioni del<br />

mondo quotidiano nelle gioiose esplosioni<br />

dei primi movimenti assumono qui un effetto<br />

volutamente abrasivo che contrasta<br />

con la mesta quanto emozionante conclusione.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 75


SELECTOR<br />

di Vittorio Pio<br />

Maria Scheider<br />

DATA<br />

LORDS<br />

Artist Share – 2020<br />

Già accolto trionfalmente dalla critica di<br />

tutto il mondo nella sua dicotomia fra<br />

il freddo mondo digitale e la calda luce<br />

proveniente dalla natura, questo album<br />

sembra destinato a restare uno spartiacque:<br />

“Combinare la musica scritta con<br />

l’improvvisazione è la parte preferita<br />

del mio lavoro. Bella, ma anche molto<br />

difficile. Mi stimola creare musica in cui<br />

la parte scritta e quella improvvisata si<br />

possano sentire organicamente connesse.<br />

Mi affido anche a musicisti con un<br />

enorme talento e di grande gusto, che<br />

non ho mai considerato solo per le loro<br />

capacità tecniche”.<br />

God Save the Queen<br />

Maria Scheider è una sorta di Re(gina) Mida del Jazz. Ogni arrangiamento che la sua forbita penna tocca<br />

diventa oro e con Data Lords, il recente doppio album pubblicato dalla Artistshare, la meritoria piattaforma<br />

di crowdfunding artistica fondata nel 2000, il livello si è innalzato a uno status da vertigine.<br />

In carriera si è formata con il grande<br />

guru del jazz Gil Evans per poi<br />

formare il proprio ensemble tenuto<br />

a battesimo nel 1994 con Evanescence,<br />

un lavoro pensato per<br />

18 elementi, che poi è diventato<br />

una sorta di marchio di eccellenza nel suo<br />

modo di ragionare sulla musica, oggi impensierito<br />

da questi mefistofelici padroni dei<br />

dati. “Come tanti”, esordisce, “sono molto<br />

preoccupata dall’impatto devastante dell’universo<br />

digitale sulla nostra cultura. Ogni<br />

nostro dato sensibile può essere utilizzato per<br />

profilarci e creare assuefazione e questo mi<br />

sembra particolarmente vero per le nuove<br />

generazioni; c’è una grande differenza tra<br />

l’adolescenza di oggi e quella che ho vissuto<br />

io, quando insieme agli altri ragazzi del college<br />

usavamo l’immaginazione per sottrarci<br />

alla noia, discutendo faccia a faccia.”<br />

The Sun Waited For Me, tra i pezzi<br />

portanti di questo disco, sembra<br />

appunto un cammino di speranza e<br />

redenzione...<br />

Potrebbe essere considerato un promemoria<br />

rivolto alle persone: ricordatevi di connettervi<br />

al mondo reale, che è lì, in attesa della nostra<br />

attenzione. Un mondo perduto e probabilmente<br />

anche meno speranzoso. È un grido<br />

per quello che sento abbiamo smarrito: è<br />

funzionale alla connessione più profonda e<br />

sincera che ci possa essere, ovvero quella con<br />

noi stessi. La democrazia è messa in pericolo<br />

dalla facilità con cui si può essere denigrati<br />

sui social per il solo gusto di farlo. E questo<br />

mi rende molto triste e spaventata. L’informazione<br />

è molto contraffatta, la verità spesso<br />

è lontana. Ma se noi non riusciamo a riconoscere<br />

la realtà dei fatti, se qualcuno o qualcosa<br />

li manipola costantemente al di là del nostro<br />

volere e della nostra etica, allora diventiamo<br />

solo dei burattini. Mi chiedo come abbiamo<br />

potuto permetterlo. La gente viene sedotta<br />

dalla apparente convenienza commerciale, e<br />

il nostro cervello viene bombardato da aziende<br />

che sanno come far scattare la nostra chimica<br />

cerebrale. C’è un documentario molto<br />

popolare su Netflix al riguardo chiamato The<br />

Social Dilemma. Ogni persona cosciente e<br />

responsabile di questo mondo dovrebbe<br />

guardarlo.<br />

I social danno l’illusione di aumentare il<br />

76 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


contatto tra le persone, contraddizione<br />

che mi sembra particolarmente<br />

evidente in The digital world, così<br />

fitto di idee che sembrano quasi in<br />

contrapposizione…<br />

Questa alienazione è proprio ciò che contraddistingue<br />

il nostro tempo, per cui è stato<br />

naturale per me riversarci gran parte dei<br />

miei pensieri al riguardo. Devo aggiungere<br />

che in questo lavoro mi sono concessa una<br />

maggiore libertà. La parte improvvisativa è<br />

molto più spiccata rispetto al passato, ci sono<br />

infatti brani in cui lo spazio concesso ai solisti<br />

è assoluto.<br />

Qual è l’elemento distintivo del suo<br />

modo di comporre e arrangiare?<br />

Attraverso quali fasi si è realizzato?<br />

Il mio tratto è l’impegno, ovvero fare in<br />

modo che la mia musica possa esprimere<br />

ciò che sento dentro di me. Nel corso<br />

della mia carriera ho cercato di capire il<br />

ruolo evolutivo dell’improvvisazione in<br />

un ensemble. Sono sempre alla ricerca di<br />

un senso di inevitabilità allo sviluppo della<br />

mia musica. Cerco sempre di valutare la<br />

sua dimensione temporale, ovvero la giusta<br />

durata di un’idea musicale affinché<br />

questa abbia un impatto positivo, e cosa<br />

invece le farebbe perdere di efficacia. Poi<br />

cerco di arrivare ai giusti colori strumentali.<br />

Sperimento molto. Per esempio, in questo<br />

disco ho fatto tre versioni di CQ CQ, Is<br />

Anybody There? con gli interventi degli<br />

strepitosi Donny McCaslin, Ben Monder<br />

e Jonathan Blake, prima di essere soddisfatta;<br />

ci sono voluti molti discorsi e<br />

sperimentazioni per arrivare ai risultati<br />

voluti, attraverso altrettanti tentativi ed<br />

errori. Abbiamo anche lavorato molto sulla<br />

dinamica del suono, come si faceva una<br />

volta, direbbero i saggi, per avere una timbrica<br />

estremamente naturale.<br />

Se dovesse descrivere il suo stile a<br />

qualcuno che non ha familiarità con<br />

ciò che fa, come lo farebbe?<br />

Direi che si tratta di jazz orchestrale, e<br />

che al meglio di ciò che riesco a fare porta<br />

l’ascoltatore in un mondo parallelo, concedendogli<br />

un tipo di esperienza che va<br />

oltre la musica. Non so se effettivamente ci<br />

riesco ma questo è il mio desiderio.<br />

Qual è stato il suo più grande successo<br />

professionale?<br />

Credo che il momento musicalmente più<br />

potente sia stato tornare nella mia città natale,<br />

in Minnesota, per far suonare la mia<br />

musica con la band al completo per tante<br />

persone che mi hanno ispirato fin da piccola,<br />

non solo nella musica ma anche nella<br />

vita. La musica non mi spinge solo a comporla<br />

ma è piuttosto la vita che mi spinge<br />

a esprimere emozioni reali attraverso di<br />

essa. Ho avuto un’educazione meravigliosa<br />

a Windom, la mia piccola città natale.<br />

Un ricordo della sua preziosa<br />

esperienza con David Bowie per Sue,<br />

apparso nella retrospettiva Nothing<br />

has changed…<br />

È stato tutto davvero fantastico e<br />

spontaneo, nonostante la mia reticenza<br />

iniziale. Ma lui, che è stato e sarà una<br />

delle più grandi icone nella storia dell’arte,<br />

aveva capito perfettamente che il jazz ha<br />

alla sua base la comunicazione, la collaborazione.<br />

Pertanto non è stato difficile<br />

portare un po’ del mio mondo nel suo. Certamente<br />

un grande onore e privilegio è lo<br />

scrivere musica su cui le sue parole si sono<br />

meravigliosamente adattate.<br />

77


SELECTOR<br />

di Antonio Gaudino<br />

Chet Baker<br />

SINGS<br />

AGAIN<br />

Solid/Timeless records, 2020<br />

Torna negli store, in S-HM CD, un album<br />

del 1986 molto amato di Chet Baker, Sings<br />

Again. Negli ultimi anni della sua vita Chet<br />

Baker ha avuto una produzione discografica<br />

molto fertile con il produttore e discografico<br />

olandese Wim Wigt, che ha portato a una serie<br />

di importanti pubblicazioni. Non è un caso<br />

che Sings Again sia tra queste, un lavoro che<br />

fu volutamente concepito come contrappunto<br />

al celeberrimo Sings del 1954, con Baker che<br />

rivisita molte delle canzoni del suo primo album<br />

vocale, dopo trent’anni. Accompagnato<br />

da musicisti che collaboravano da anni con<br />

il grande trombettista, quali Michel Graillier,<br />

Ricardo Del Fra e John Engels, questo<br />

album offre uno sguardo rivelatore sul Chet<br />

Baker cantante e “crooner” maturo. La sua<br />

Come se fosse<br />

ancora qui...<br />

Dopo l’ennesimo trasloco di stanza/ufficio, ho ritrovato un bellissimo<br />

ricordo che credevo di non avere più: un’intervista a Chet Baker realizzata<br />

il 2 dicembre 1987, nel dopo concerto del Music Inn a Roma. Grazie a<br />

Picchi Pignatelli mi concesse qualche domanda, con tenerezza, come<br />

sapeva essere lui. Avevo 23 anni ma credo sia ancora un bel documento...<br />

voce mantiene sempre un grande fascino:<br />

pur non avendo più il timbro fresco della gioventù,<br />

in questo album il suo canto sembra<br />

catturare la voce di un’anima che non è invecchiata<br />

all’interno di un corpo con alle spalle<br />

cinquant’anni di turbolenze. Non c’è nulla di<br />

sentimentale o doloroso in queste canzoni,<br />

che vengono eseguite con notevole facilità dal<br />

trombettista; è soprattutto la prospettiva che<br />

è cambiata, quella di un Chet che non scala<br />

più le hit dei 50s ma sapientemente sa cosa<br />

fare senza ansia alcuna.<br />

Music Inn: il tempio<br />

jazz di Roma gestito<br />

da Picchi Pignatelli<br />

in modo egregio<br />

dopo la morte prematura<br />

del marito<br />

Pepito. Jazz club unico nel panorama dei<br />

jazz club italiani. Sembrava somigliare ai<br />

jazz club degli anni ’50 americani: piccolo,<br />

fumoso, con labirinti cavernosi che giravano<br />

e portavano di fronte e di lato al palco dove<br />

c’erano tavoli che sembrano incastonati alle<br />

pareti per non disturbare lo spazio di fronte<br />

alle note suonate.<br />

È un freddo dicembre del 1987, il 2 dicembre,<br />

per l’esattezza, e avevo fatto precedentemente<br />

richiesta a Picchi Pignatelli, moglie di Pepito,<br />

che aveva fondato il Music Inn nel 1971, di<br />

intercedere con Chet per una breve intervista<br />

che mi accordò e di cui gli sarò infinitamente<br />

ed eternamente grato. Il legame tra Picchi<br />

e Chet era così solido che solo lei poteva<br />

permettere a un giovane amante del jazz,<br />

alle sue prime interviste, di porre qualche<br />

domanda al grande jazzista e suo amico; sì,<br />

perché non molti sanno che la dolce Picchi si<br />

chiamava Giulia Gallarati all’anagrafe, vedova<br />

e senza figli, e che a 15 anni in un club di<br />

via Veneto, dove suonava per l’appunto Chet<br />

Baker, giurò a se stessa che avrebbe vissuto<br />

la sua vita per amore del jazz.<br />

Il critico jazz americano Eric Hobsbawmn<br />

ha detto di Chet Baker: “La sua esperienza<br />

78 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


musicale è come quella del giovane scrittore<br />

che scrive uno o due libri che restano nella<br />

storia della letteratura, e passa il resto della<br />

sua carriera meravigliandosi del perché<br />

non è accaduto nuovamente”. Questa sensazione<br />

diventa così reale quando si conversa<br />

con Chet Baker, e anche se non dice più nulla<br />

di innovativo sul piano musicale, ha in dote<br />

quel carisma di chi ha ancora quell’aria da<br />

eterno ragazzo di grande talento che è stato,<br />

e che somiglia così tanto alla sua musica,<br />

così intima, timida, che la sua tromba sussurra,<br />

nota dopo nota, regalando strisce di<br />

melodica quiete.<br />

Il locale è sold out e la band che accompagna<br />

Chet di assoluto valore: Nicola Stilo al<br />

flauto, Roky Claver al contrabbasso, Stefano<br />

Sabatini al pianoforte. La collaborazione<br />

che va avanti da tempo con Stilo è il focus<br />

del concerto per intesa e incastri sonori di<br />

affiatata bellezza, che si riassume nella versione<br />

di Zingaro dove il flautista lascia il<br />

suo strumento per imbracciare la chitarra e<br />

il trombettista va al pianoforte - dopo aver<br />

cantato e suonato la tromba - ad accennare<br />

note e assolo di pura meraviglia per i presenti.<br />

Dagli anni Ottanta in poi, sia negli<br />

album che dal vivo, hai suonato con<br />

musicisti giovani e di talento ma<br />

sempre in band minimali, non più di<br />

tre componenti. Perché?<br />

È vero: mi trovo più comodo, sinceramente,<br />

però le mie scelte sono spesso condizionate<br />

dai posti in cui suono e dai soldi a disposizione.<br />

Stasera siamo quattro e non posso<br />

ampliare la formazione per questi motivi.<br />

Non sempre è possibile offrire con continuità<br />

delle serate ai musicisti con cui mi esibisco,<br />

per questo anche la batteria non è più indispensabile<br />

per concerti come stasera.<br />

Chi ti piace dei musicisti di<br />

questa nuova generazione (e delle<br />

precedenti)?<br />

In circolazione ci sono tanti giovani davvero<br />

di grande talento, alcuni forse più bravi di<br />

quelli che già conosco e con cui ho suonato.<br />

Di quelli con cui ho suonato (e suono) negli<br />

ultimi anni sicuramente Enrico Pieranunzi,<br />

Maurizio Giammarco, Roberto Gatto, Nicola<br />

Stilo, Larry Nocella, solo per fare alcuni<br />

nomi. Devo dire che il jazz italiano è davvero<br />

cresciuto anche a livello di popolarità e diffusione,<br />

questa svolta mi consente di avere più<br />

lavoro ma, ripeto, è sempre difficile trovare<br />

serate con una certa frequenza.<br />

Dopo una manciata di album di<br />

grande qualità artistica per la label<br />

danese SteepleChase e la Timeless,<br />

dove spicca tra tutti l’album The Touch<br />

of Your Lips, appare per l’etichetta<br />

Sandra records un buon album ma<br />

con musicisti inconsueti per te, come<br />

Larry Coryell e Tony Williams. Una<br />

tua idea?<br />

Credo che quell’etichetta non esista più ormai<br />

ma a parte questo l’idea venne al vibrafonista<br />

tedesco Wolfgang Lacherschmidt.<br />

Sai, Tony Williams è un batterista straordinario,<br />

difficile non trovarsi bene con lui;<br />

invece con Coryell non mi sono trovato a mio<br />

agio, non era poi così adatto alla musica che<br />

avevo in testa.<br />

Rimanendo in tema di affinità<br />

musicali, come ti senti riguardo alla<br />

tua musica rispetto agli anni ’50 e ’60?<br />

Sono cambiate molte cose, troppe forse.<br />

Oggi suono improvvisando, seguendo più<br />

quel che suonano i miei musicisti, un tempo<br />

erano gli altri a seguire me. Mi lascio andare<br />

più alla mia esperienza che allo spartito,<br />

rispondendo a quello che accade intorno a<br />

me sul palco, anche perché io suono tutto<br />

a orecchio. Faccio parte di quei musicisti<br />

ormai rari, perché non ci sono più le condizioni<br />

sociali e artistiche in cui sono cresciuto<br />

musicalmente ma, soprattutto, non ci sono<br />

più i musicisti con cui suonavo. Tutto questo<br />

è malinconico, probabilmente, fa parte del<br />

progresso.<br />

È azzardato dire che un certo jazz si<br />

è estinto?<br />

Forse si, chi lo può dire. Di sicuro in circolazione<br />

un trio come il mio è abbastanza<br />

raro, quasi nessuno suona senza batteria.<br />

Somiglia più a un trio da Camera, pensandoci.<br />

Fosse per me suonerei sempre e solo<br />

in acustico, senza alcun dubbio. In fondo,<br />

se ci pensi bene, se suoniamo forte la gente<br />

alza la voce e parla, e questo non mi piace.<br />

Stasera no, perché il Music Inn ha una buona<br />

acustica e le persone hanno ascoltato con<br />

grande interesse e attenzione.<br />

Secondo te il jazz avrà mai più lo slancio<br />

dei tempi del suo esordio?<br />

Penso che il jazz non sarà mai una musica<br />

popolare, ha bisogno di molte cose per poterlo<br />

diventare sul serio, come l’educazione<br />

musicale, l’orecchio e, soprattutto, molto<br />

ascolto e curiosità. Il riscontro avuto dal live<br />

concert di Tokyo ha aumentato le possibilità<br />

di suonare in giro e vendere qualche disco in<br />

più ma difficilmente il jazz tornerà ad avere<br />

la grande popolarità di un tempo.<br />

79


SELECTOR<br />

de Il Tremila<br />

Non sono molte le etichette<br />

discografiche<br />

che possono vantarsi<br />

di possedere il “fattore<br />

I” ma certamente, tra<br />

quelle a cui l’aspetto<br />

iconico non manca, un posto di rilievo è<br />

riservato alla Stax Records (nulla a che vedere<br />

con la rinomata azienda produttrice<br />

di cuffie!): tra il 1957 e il 1976 l’etichetta di<br />

Menphis (il cui nome è la somma delle prime<br />

due lettere dei fondatori Jim Stewart e<br />

la sorella Estelle Axton) ha ricoperto un<br />

ruolo essenziale nella promozione e diffusione<br />

del soul per bocca del suo artista<br />

più famoso, Otis Redding, ma anche di un<br />

eterogeneo gruppo di artisti che definire<br />

minori sarebbe offensivo e che hanno segnato,<br />

chi in maniera evidente, chi sotto<br />

traccia, l’evoluzione della radice più fertile<br />

del R&B e dunque della madre di tutta<br />

la musica moderna.<br />

Dall’enorme patrimonio<br />

dell’etichetta rispuntano,<br />

rimasterizzati sulla<br />

base dei master analogici<br />

originali da Jeff<br />

Powell (un passato agli<br />

Ardent Studio e frequentazioni<br />

con personaggi<br />

del calibro di Bob<br />

Dylan, B.B. King, The<br />

Dave Matthews Band,<br />

Stevie Ray Vaughan e<br />

così andare per un totale di 6 Grammy al<br />

suo attivo), brani in studio. Dal vivo e rarità<br />

che ripercorrono la carriera dei The Staple<br />

Singers in un cofanetto da 7 CD o altrettanti<br />

LP (da I’ll Take You There a Respect<br />

Yourself o If You’re Ready (Come Go with<br />

Me) che presta il titolo all’opera. Una pietra<br />

miliare che fotografa nell’arco di tempo<br />

The Staple Singers<br />

COME GO<br />

WITH ME:<br />

THE STAX<br />

COLLECTION<br />

Craft Recordings - 2020<br />

che va dal 1968 al 1974 l’opera di uno dei<br />

più importanti gruppi di gospel e soul.<br />

Il quartetto (il padre Roebuck “Pops” Staples<br />

con le figlie Cleotha e Mavis e inizialmente<br />

il figlio Pervis poi sostituito dalla sorella<br />

Yvonne) firmò proprio nel 1968 con la<br />

Stax mentre diventava popolare nell’ambito<br />

della controcultura, esibendosi accanto a<br />

80 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


Director’s cut<br />

MA<br />

LODOVE TROVATE<br />

UNO<br />

COSÌ?<br />

Ci siamo fatti<br />

in quattro per voi<br />

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grandi artisti come Big Brother e Grateful<br />

Dead e sostenendo il movimento per i diritti<br />

civili: molte delle loro canzoni affrontano<br />

temi come l’emancipazione e l’uguaglianza<br />

razziale. Formidabili anche nella riproposizione<br />

di standard come (Sittin’ On) The<br />

Dock of the Bay, The Ghetto, tutti riproposti<br />

nel cofanetto che contiene i 6 dischi pubblicati<br />

e un ulteriore bonus disc con singoli<br />

e rarità per una completa esposizione della<br />

musica dei The Staple Singers. Poco altro<br />

da dire ma molto, invece, da ascoltare...<br />

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2020 81


SELECTOR<br />

di Paolo Perilli<br />

Silvio Capeccia<br />

plays Decibel<br />

PIANO<br />

SOLO<br />

2020 - AnyWay Classic<br />

“I Decibel non hanno una grandissima produzione<br />

alle spalle, sei album e circa una sessantina<br />

di brani. Alcune tracce le ho scelte da<br />

subito (come Contessa o Vivo da Re) perché<br />

non potevano non esserci. Altri li ho scelti<br />

perché più si adattavano alla trasposizione<br />

per pianoforte”. Così Silvio Capeccia su Piano<br />

Solo, rilettura pianistica di brani dei Decibel<br />

che spaziano dai più lontani a quelli relativamente<br />

più recenti dove “Alcune di queste<br />

composizioni erano nate al pianoforte e altre,<br />

invece, sono state da me completamente<br />

rivisitate”. Tredici brani che rivelano una<br />

nuova dimensione di una ambiziosa band che<br />

pur non rinunciando alle sirene commerciali<br />

di Sanremo ha saputo tenere ben ferma la sua<br />

raffinata cifra stilistica.<br />

I Decibel per piano solo<br />

Silvio Capeccia, lo storico tastierista dei Decibel, è uscito a settembre con un disco dove reinterpreta alcuni<br />

tra i brani più suggestivi del gruppo in una versione per solo pianoforte, traghettando le atmosfere originali<br />

verso una dimensione più intima e minimale.<br />

“N<br />

on sono un<br />

pianista di<br />

estrazione<br />

classica”.<br />

Questa era<br />

la prima<br />

frase inserita nel comunicato stampa giunto<br />

in redazione e relativo a questo ultimo lavoro<br />

di Silvio Capeccia intitolato Silvio Capeccia<br />

plays Decibel – Piano Solo. Quasi a mettere le<br />

mani avanti per evitare pericolosi accostamenti<br />

con altri progetti più “canonici” di piano solo.<br />

La verità è che lo storico tastierista dei Decibel<br />

in questi anni ha seguito una sua evoluzione<br />

musicale che, pur non rinnegando le origini<br />

punk e new wave, si è spostata in più di qualche<br />

caso verso la musica “ambient”, sonorizzando<br />

esposizioni d’arte contemporanea, installazioni<br />

multimediali e partecipando a progetti di psicoacustica<br />

in collaborazione con il chitarrista<br />

Fulvio Muzio. Ed è forse proprio in tale ambito<br />

che a lui stesso piacerebbe far rientrare questo<br />

lavoro. La storia di Capeccia come musicista<br />

parte da lontano, dai primi anni ‘70, quando<br />

per sua stessa ammissione si trova di fronte a<br />

una sorta di “sliding door” perseguendo l’idea<br />

di formare gli Champagne Molotov assieme<br />

all’amico Enrico Ruggeri anziché sostenere<br />

l’esame di ammissione al Conservatorio.<br />

Il successo arriva più tardi con il nome del<br />

gruppo ormai divenuto Decibel e dopo qualche<br />

cambio di formazione, che nella sua versione<br />

definitiva prevede il chitarrista Fulvio Muzio.<br />

L’occasione si presenta con la partecipazione<br />

al Festival di Sanremo del 1980 e con la presentazione<br />

del loro più famoso successo intitolato<br />

Contessa a cui segue l’album Vivo da re.<br />

Paradossalmente, da quel momento in poi le<br />

sorti del gruppo si complicano portando alla<br />

“dipartita” di Ruggeri che proseguirà una propria<br />

carriera solista, mentre Capeccia e i restanti<br />

compagni, con ulteriori cambi di formazione,<br />

proseguono la storia dei Decibel con lavori abbastanza<br />

sperimentali e distanti dalle influenze<br />

iniziali. Poi, a fine 2016, l’annuncio della reunion<br />

con il cantante e altri due album: Noblesse<br />

Oblige e L’Anticristo contenente Lettera<br />

dal Duca, brano che veicola il<br />

loro ritorno a Sanremo nel 2018.<br />

L’aspetto forse più interessante dei tre quarti<br />

d’ora di chiacchierata con Capeccia è che la<br />

82 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


sua personalità musicale, per nulla ancorata<br />

in modo radicale al suo passato con il gruppo<br />

che lo ha fatto conoscere al grande pubblico, ha<br />

diverse sfaccettature. Quelle sfaccettature tipiche<br />

degli artisti curiosi, sperimentatori e inclini<br />

all’esplorazione di nuovi confini musicali e in<br />

continua trasformazione. Forse è partendo da<br />

queste considerazioni che bisogna approcciare<br />

questo Silvio Capeccia plays Decibel. Una sorta<br />

di “sperimentazione”, di nuovo traguardo che<br />

racchiude un’analisi a posteriori di alcuni dei<br />

brani più rappresentativi del gruppo che più<br />

di ogni altro riuscì a includere la new wave e<br />

il post punk all’interno del pop italiano riscuotendo<br />

un consenso popolare.<br />

Personalmente ho sempre pensato<br />

che fosse complesso sintetizzare solo<br />

su uno strumento dei brani pensati<br />

originariamente con un arrangiamento<br />

più complesso. Per te si è trattato di un<br />

limite o di un vantaggio?<br />

Dove c’è un limite c’è sempre la possibilità di<br />

avere un vantaggio. A scanso di equivoci, premetto<br />

di non essere un pianista di estrazione<br />

classica tradizionale. Quando avevo 15/16 anni<br />

e dovevo sostenere l’esame di ammissione al<br />

conservatorio, mi capitò di conoscere Enrico<br />

(Ruggeri, ndr.). Con lui avevamo questa fortissima<br />

passione per la musica inglese e probabilmente<br />

quella fu la mia sliding door: l’esame per<br />

l’ammissione al conservatorio saltò perché preferii<br />

andare avanti con la rock band ambiziosa<br />

che stavamo creando, ovvero gli Champagne<br />

Molotov, che sarebbero poi diventati i Decibel.<br />

Tutto questo per dire che la mia preparazione<br />

tecnica, anziché rivolgersi a Schumann o Chopin,<br />

si ispira a Brian Ferry e Brian Eno dei Roxy<br />

Music, Ray Manzarek dei Doors, insomma un<br />

mondo di tastieristi che non aveva certamente<br />

il piano tra gli strumenti centrali dei loro lavori,<br />

ma utilizzava piani elettrici, Minimoog e organo.<br />

Quindi, per rispondere alla tua domanda,<br />

prendere dei brani di un gruppo che ha fatto<br />

del punk rock la sua bandiera e portarli sul<br />

pianoforte non è stata propriamente una passeggiata.<br />

Magari è stato più semplice per brani<br />

nati già al pianoforte come Contessa o Vivo<br />

da Re che aveva un prima parte pianistica che<br />

sono andato a recuperare. Su altri come Tanti<br />

auguri che si rifanno ai gruppi degli anni<br />

’80 tipo i Devo o gli Stranglers, l’approccio è<br />

stato più complesso. Forse è proprio in questi<br />

casi che il lavoro è stato ancor più appagante<br />

e affascinante; proprio perché si è spostata la<br />

dimensione del brano verso un mondo molto<br />

differente da quello iniziale.<br />

Non so se sei d’accordo nel considerare<br />

le tue versioni delle canzoni dei Decibel<br />

come delle cover di brani originali.<br />

Ho sempre pensato che le cover più<br />

interessanti fossero quelle che più si<br />

distaccano dalla versione originale.<br />

Sono d’accordo. Tra l’altro ti devo dire che qualcuno<br />

mi disse: “visto che sei un tastierista e<br />

non un pianista, perché non le hai fatte con le<br />

tastiere?”. Io risposi che se le avessi fatte con le<br />

tastiere avrei finito con il riproporre l’arrangiamento<br />

originale ma senza la voce di Enrico, e<br />

credo che il risultato sarebbe stato decisamente<br />

meno interessante.<br />

Il pianoforte che hai utilizzato è reale<br />

o digitale?<br />

Questa domanda mi piace, innanzitutto perché<br />

ancora nessuno me l’aveva fatta e poi è una<br />

domanda correttissima, visto che sulle note di<br />

copertina non c’è nessuna indicazione in merito.<br />

Ho in casa uno Steinway con un bellissimo<br />

suono. Ho provato a fare delle registrazioni di<br />

quello e poi ne ho fatte alcune utilizzando un<br />

piano digitale Kawai. Alla fine ho scoperto che<br />

la resa migliore (forse per me che sono un tastierista<br />

punk) era dell’ultimo. Sono certo che<br />

questa cosa farà storcere il naso a tanti puristi<br />

ma forse inconsciamente ho voluto conservare<br />

un po’ dello spirito controcorrente dei Decibel<br />

anche dal punto di vista tecnico (ride).<br />

In quali formati uscirà il disco?<br />

Uscirà su supporto fisico (CD) perché personalmente<br />

ho bisogno di “toccare” il prodotto<br />

della mia registrazione e poi, come è d’obbligo<br />

in questi tempi, anche in formato liquido su<br />

tutte le piattaforme digitali. Non uscirà in vinile<br />

perché parliamo di tirature limitate ma, al di là<br />

di questo, penso che forse il pianoforte sia uno<br />

di quegli strumenti che nel passaggio dall’analogico<br />

al digitale abbia guadagnato qualcosa.<br />

Quindi per te ha ancora senso uscire con<br />

il formato CD?<br />

Se dovessimo dar retta alle logiche di mercato<br />

oggi ci sarebbe solo lo streaming, ma poi ci<br />

sono io e tanti altri come me che combattiamo<br />

contro questa tendenza perché sradica completamente<br />

l’affetto dei fan verso l’artista e sradica<br />

anche l’artista dal mondo reale.<br />

Le influenze musicali dei Decibel erano<br />

abbastanza chiare. Nel tuo caso, ad oggi,<br />

sono sempre le stesse?<br />

Oltre al punk e alla new wave ho avuto anche<br />

un lunghissimo periodo di passione per la musica<br />

ambient, che ho scoperto tramite Brian<br />

Eno. Penso che inconsciamente mi influenzi<br />

ancora parecchio e mi piacerebbe che questo<br />

mio “sentire” emerga anche dall’ascolto di<br />

questo disco. Scoprii Brian Eno nei lontani<br />

anni ’80, in una chiesa sconsacrata di Milano<br />

dove fece un allestimento sonorizzato da una<br />

musica ambient, per il tempo decisamente<br />

innovativa. Mi ricordo delle installazioni su<br />

cui i colori cambiavano in continuazione con<br />

un commento sonoro incredibile. Come per<br />

Satie anche in quel caso ci fu una folgorazione!<br />

83


SELECTOR<br />

di Vittorio Pio<br />

Alfredo Golino, Massimo Moriconi e Danilo Rea<br />

TRE PER UNA<br />

Warner Music<br />

Un trio di amici, ancora<br />

più che rispettati professionisti,<br />

ha realizzato<br />

lo scorso anno, fra una<br />

battuta e uno spartito da<br />

riguardare con cura, un<br />

album piacevolissimo, che è diventato subito<br />

un riferimento per la qualità della musica<br />

in esso contenuta. Loro sono Alfredo Golino,<br />

Massimo Moriconi e Danilo Rea (in rigoroso<br />

ordine alfabetico), e il disco si chiama Tre<br />

per una (Warner Music). Ogni riferimento è<br />

volutamente indirizzato a Mina, la cantante<br />

assoluta, quella per cui di solito si è a corto<br />

di superlativi più che di aggettivi. In concerto<br />

l’esecuzione è ancora più vivida e gratificante;<br />

fino ad oggi le date non sono state molte a causa<br />

della pandemia, ma il carnet di viaggio per i<br />

prossimi mesi resta fitto. A questa consolidata<br />

ritmica si unirà sul palco anche Massimiliano<br />

Pani, testimone prezioso con il suo “inevitabile”<br />

per quanto stimolante bagaglio di ricordi<br />

e aneddoti utili a questo racconto sospeso fra<br />

parole e musica. Un concerto che nasce dal<br />

rapporto indissolubile che lega i protagonisti<br />

in scena, basato su quell’umanità necessaria nel<br />

suo fluire in note ed emozioni, che diversamente<br />

non porterebbe a nulla: “L’idea di entrare in<br />

studio”, ribadisce Moriconi, “è stata proprio di<br />

Massimiliano, subito dopo una celebrazione<br />

nei confronti di Mina che si tenne a Cremona<br />

un paio d’anni fa. Dopo quel concerto, accolto<br />

con molto calore, fu quasi inevitabile pensare<br />

di farci anche un disco su. La registrazione<br />

è stata fulminea, esattamente come succede<br />

quando ci ritroviamo con lei: saranno rimasti<br />

fuori un paio di brani rispetto a ciò che abbiamo<br />

fissato su disco. Ma in ogni caso , visto<br />

il successo raccolto, stiamo già pensando di<br />

realizzare un capitolo successivo”.<br />

Con tutte le opzioni possibili, venire<br />

a capo della tracklist non sarà stato<br />

certamente facile. Come avete fatto?<br />

Rea: Ad occhio e croce negli anni abbiamo<br />

affrontato almeno 3/400 pezzi con lei, li abbiamo<br />

messi tutti da parte scegliendo la direzione<br />

opposta, ovvero brani mai suonati da noi<br />

ma invece associati a Mina per antonomasia,<br />

quei classici che fecero la fortuna di Canzonissima<br />

o Studio 1, in cui una parte fondamentale<br />

fu svolta da questi straordinari compositori e<br />

direttori d’orchestra che c’erano allora in Rai.<br />

Nomi del calibro di Gianni Ferrio e Bruno Canfora,<br />

che dirigevano ensemble in cui tutto filava<br />

liscio alla perfezione, grazie a solisti straordinari<br />

come Dino Piana e Oscar Valdambrini.<br />

Tempi irripetibili con gente capace di arrangiare<br />

come Nelson Riddle o Quincy Jones, ovvero<br />

i grandi nomi americani al servizio di Frank<br />

Sinatra o Sarah Vaughan...<br />

Da personaggio di culto a figura dai<br />

contorni misteriosi e inaccessibili al<br />

pubblico, almeno dopo la sua volontà<br />

di ritiro dalle scene pubbliche... voi<br />

siete dei privilegiati perché vi ritrovate<br />

periodicamente a registrare con lei. Che<br />

esperienza è?<br />

Golino: Mina è una persona speciale, umile,<br />

dotata di un grande senso di humour, che<br />

quando è in studio è la prima a seguirti nelle<br />

gag estemporanee che sorgono spontanee, inutile<br />

sottolineare le sue doti artistiche, la capacità<br />

definitiva di caratterizzare i brani, una che si<br />

ricorda ogni cosa, che ti gratifica lasciandoti<br />

molto spazio e che ancora adesso è mossa dalla<br />

curiosità per la musica perché ascolta veramente<br />

di tutto, scegliendo poi secondo il suo gusto e<br />

misura, una persona libera in tutti i sensi, che<br />

fa solo ciò in cui crede realmente. Insomma:<br />

siamo nei quartieri alti, dalle parti di una Ella<br />

Fitzgerald o Barbra Streisand, ovvero di artiste<br />

che riconosci alla prima sillaba.<br />

Mi raccontate invece il vostro<br />

primissimo incontro con lei?<br />

Moriconi: Mi ci portarono praticamente assieme<br />

Renato Sellani e Vittorio Bacchetta nel<br />

1983. Io lavoravo nell’orchestra Rai come aggiunto.<br />

Il primo era uno che faceva sospirare il<br />

piano, fra gli incontri, non solo artistici ma soprattutto<br />

umani, più importanti della mia vita;<br />

il secondo, invece, era un Maestro arrangiatore.<br />

Successe questo: lui dirigeva in TV e io lavoravo<br />

nell’orchestra Rai come orchestrale aggiunto.<br />

Poco più che ventenne feci un disco con Bruno<br />

Biriaco ed Enrico Pieranunzi e quindi lo regalai<br />

a Bacchetta, che qualche mese dopo doveva lavorare<br />

per Mina. A lui piacque e così, semplicemente,<br />

perché in fondo la musica, soprattutto<br />

allora, era fatta di merito e occasioni, chiamò<br />

me che ero giusto un nome promettente ma<br />

non ancora affermato. L’inizio è stato questo,<br />

per arrivare al traguardo di 45 dischi condivisi.<br />

Fra l’altro ho avuto il grande onore, nel 2001,<br />

di farle interpretare Così, un mio brano, per<br />

un altro mio progetto pieno di ospiti che ho<br />

registrato nei suoi studi, messi a mia disposizione.<br />

È stato l’unico che le ho presentato in<br />

tutti questi anni, perché bisogna avere anche<br />

molto rispetto per le amicizie sincere, rispettandone<br />

gli equilibri. Poi ogni tanto a sorpresa<br />

mi chiama per dirmi semplicemente che mi<br />

vuole bene, proprio come fanno gli amici veri.<br />

Rea: Doveva essere il 1985 e io giovanissimo<br />

avevo appena terminato un tour con i New<br />

Perigeo del Maestro Giovanni Tommaso, in<br />

cui oltre ai nostri pezzi accompagnavamo Rino<br />

Gaetano e Riccardo Cocciante. Un bell’inizio,<br />

non c’è che dire. Poi lui si dovette occupare di<br />

84 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


un disco di Mina dal titolo curioso, Finalmente<br />

ho conosciuto il Conte Dracula, e mi chiamò:<br />

sostituivo Riccardo Biseo, impossibilitato in<br />

quell’occasione. E da lì praticamente questo<br />

rapporto non si è mai interrotto. Lei ha tutto:<br />

tecnica, estensione, senso del ritmo, carisma.<br />

Ci sono state nel tempo delle cantanti capaci<br />

di avvicinarsi a questa vertigine totale rappresentata<br />

dal suo straordinario talento, ma nessuna<br />

è capace di raccogliere tutte le sue doti,<br />

che emozionano nella capacità di coinvolgere<br />

chi l’ascolta nel più profondo. Semplicemente<br />

una fuoriclasse.<br />

Golino: Anche per me è stato alla metà degli<br />

anni ’80. All’inizio ho fatto semplicemente il<br />

turnista per i vari dischi che faceva con le orchestre,<br />

un incontro non propriamente facile,<br />

perché lei è una che pretende molto ma è<br />

anche una capace di metterti a proprio agio.<br />

Da quell’esordio, in seguito, ho anche curato<br />

arrangiamenti e produzione per qualche suo<br />

altro lavoro, con un rapporto che è cresciuto in<br />

maniera progressiva sia umanamente che artisticamente,<br />

una straordinaria esperienza che<br />

mi ha spinto verso un costante miglioramento.<br />

Volete suggerire un brano, non<br />

necessariamente conosciutissimo, che<br />

i nostri lettori dovrebbero (ri)scoprire?<br />

Moriconi: Il primo che mi viene in mente è La<br />

donna riccia (da Sconcerto, del 2001), un brano<br />

di Domenico Modugno che molti conoscono<br />

anche nella versione di Renato Carosone,<br />

perché lì abbiamo fatto un arrangiamento che<br />

nessuno si sarebbe mai sognato di realizzare in<br />

ambito pop, oppure Come together, il capolavoro<br />

dei Beatles che ha una coda strumentale<br />

di un minuto e mezzo. Mina rispetta molto il<br />

lavoro dei musicisti, rimanendo lontana da<br />

scelte ruffiane o commerciali.<br />

Rea: Per me è Fortissimo (da Ti conosco<br />

mascherina del 1990), una ballad alla maniera<br />

di Chet Baker come ama sottolineare anche<br />

lei, con il testo di una ispiratissima Lina<br />

Wertmüller e la musica di Bruno Canfora, che<br />

è davvero una carezza al cuore nella sua interpretazione<br />

magistrale.<br />

Golino: Molto difficile scegliere per me. Ritorno<br />

indietro nel suo repertorio storico e scelgo<br />

Vorrei che fosse amore (da Canzonissima<br />

'68), un brano meraviglioso con le parole di<br />

Antonio Amurri e ancora con la firma musicale<br />

del Maestro Canfora, dove Mina esprime<br />

classe, grazia ed eleganza senza pari a poco più<br />

di ventott’anni.<br />

85


SELECTOR<br />

di Vittorio Pio<br />

Joni Mitchell<br />

ARCHIVES VOL. 1:<br />

THE EARLY YEARS<br />

(1963-1967)<br />

Warner Music<br />

Un felice compleanno<br />

e un abbraccio affettuoso<br />

alla donna che<br />

ha riempito di musica<br />

e parole l’adolescenza<br />

della maggior parte di<br />

noi. Per Roberta Joan Anderson, in arte<br />

Joni Mitchell, gli anni sono rapidamente<br />

diventati 77: gli ultimi - per quel maledetto<br />

ictus che l’ha colpita - sono stati parecchio<br />

difficili. Ma, come rivela anche la<br />

lunghissima intervista di Cameron Crowe<br />

che appare all’interno di questo splendido<br />

cofanetto, con 29 inediti assoluti, che<br />

racchiude i suoi esordi (fino al ’67), Joni<br />

rimane quella di sempre: intelligente,<br />

spiritosa, veloce di testa, senza peli sulla<br />

lingua, con la sua amara visione del pianeta<br />

e dell’industria discografica. Di certo<br />

una che chiude dicendo “I’m still a sucker<br />

for love”, è ancora capace di fare sognare.<br />

Nell’occasione vengono finalmente inaugurati<br />

i suoi archivi, ben ordinati e copiosissimi:<br />

in questo box di finitura pregiata e<br />

suono quasi sempre (sorprendentemente)<br />

all’altezza, ci sono quasi sei ore di registrazioni<br />

inedite casalinghe fra cui un trittico<br />

di pezzi provinati solo per sua madre,<br />

session radiofoniche e live incantatori, che<br />

inanellano un dettagliato ritratto della<br />

rapida crescita della Mitchell come performer<br />

e autrice, nel periodo che porta al<br />

suo album di debutto. Le sue influenze<br />

negli anni ’60 attingono ovviamente al<br />

folk, ma Joni racconta anche della sua<br />

passione per il jazz (a cui suo padre l’ha<br />

iniziata) e il rock‘n’roll, con un fulminante<br />

incontro con Chuck Berry. Quello che sentiamo<br />

nelle prime composizioni originali<br />

86 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


di Mitchell, però, è qualcosa di più luminoso<br />

e coinvolgente: si tratta della gioia<br />

palpabile della creazione. “Questa è una<br />

canzone nuovissima, e ho fatto impazzire<br />

tutti suonandola due e tre volte a notte”,<br />

disse al disc jockey Gene Shay nel marzo<br />

1967, prima di attaccare Both Sides, Now,<br />

il capolavoro che aveva scritto solo qualche<br />

giorno prima. Ciò che segna l’evoluzione<br />

del songwriting di Mitchell, però, è il<br />

graduale emergere di leggerezza, fluidità,<br />

persino di umorismo sgargiante, come si<br />

evince in Dr. Junk e What’s the Story Mr.<br />

Blue, mentre il disco finale, con tre live set<br />

consecutivi dell’ottobre 1967, mostra un<br />

interprete assai più matura e consapevole<br />

rispetto all’ingenua “happy to be here” del<br />

1963. Ciò che si apprezza maggiormente<br />

è la consistenza dell’intero corpus lavorativo,<br />

più che il singolo episodio: a voler<br />

scegliere un momento di particolare emotività,<br />

forse si potrebbe propendere per<br />

il primo arrangiamento di Little Green,<br />

la candida ode alla figlia che aveva (suo<br />

malgrado) dato in adozione in una vicenda<br />

quasi dickensiana. “Rimasi incinta a 20<br />

anni nel college che frequentavo”, ebbe a<br />

dire la Mitchell, “La cosa più importante<br />

in quel momento era cancellare l’onta.<br />

Lo scandalo era enorme. Socialmente era<br />

una rovina. Come se avessi ammazzato<br />

qualcuno”. I genitori non seppero nulla,<br />

e lei non chiese mai aiuto alla famiglia. Il<br />

padre della piccola, Brad McMath, all’epoca<br />

era uno studente e non era pronto<br />

a metter su famiglia. Non se la sentì di<br />

affrontare l’aborto né un matrimonio riparatore.<br />

“Una madre infelice non può<br />

crescere un bambino felice”. Nel pezzo<br />

ripreso dagli archivi, a differenza della<br />

versione apparsa più tardi su Blue, Joni<br />

canta il nome della figlia in un potente e<br />

struggente lamento, Kelly Green. Non la<br />

sentiremo più dal vivo né avremo dischi<br />

nuovi, ma oltre a questo primo capitolo di<br />

una serie che andrà a ripercorrere per intero<br />

la sua carriera, Joni ha creato tanta e<br />

tale bellezza che la sua eredità continuerà<br />

a brillare in eterno. Come ha ribadito David<br />

Crosby, il suo mentore: “Joni Mitchell<br />

sta allo stesso livello di Bob Dylan per i<br />

testi, ma è molto più grande come musicista”.<br />

In pratica, il/la migliore del secolo.<br />

Vittorio Pio<br />

HARD WIRED, TUBE ONLY, PURE MUSIC.<br />

WWW.TEKTRON.IT<br />

87


SELECTOR<br />

de il Tremila<br />

Francesco Bellucci<br />

SITUAZIONI<br />

SCONVENIENTI<br />

Terzo Millennio<br />

Se ti presenti con una track list<br />

che vede in prima fila un brano<br />

dal titolo Stanotte uccido<br />

mio padre (sottotitolo: non<br />

mi capiva, l’ho dovuto<br />

fare), di sicuro non hai fatto<br />

del politically correct il tuo credo! E così,<br />

il secondo lavoro sulla lunga distanza<br />

per Bellucci, classe 1989, e un palmares<br />

legittimato da due secondi posti al Premio<br />

Pierangelo Bertoli in passato, brilla,<br />

in omaggio al suo titolo, per la caleidoscopica<br />

capacità dell’autore nell’offrire<br />

una serie di registri (aggressivo, ruvido<br />

ma al tempo stesso riflessivo, nichilista<br />

e per contrappeso consolatorio e pieno<br />

di speranza) che giocano sull’ironia senza<br />

lasciarvisi marcare troppo, alternando<br />

nell’ascoltatore l’impressione di essere di<br />

fronte a un lavoro dai tratti adolescenziali<br />

(nel senso del non aver perso i toni forti<br />

della gioventù) ma anche molto maturo,<br />

tanto nel messaggio che nella struttura<br />

musicale che spazia dal rock più crudo<br />

al cantautorato, sfiorando il pop, con forti<br />

riferimenti al Blasco nazionale, unico limite<br />

di questo Situazioni Sconvenienti se<br />

limite è ispirarsi, senza la sensazione di<br />

risultare un pedissequo clone, al rocker<br />

di Zocca! Un disco davvero godibile quasi<br />

in ogni suo aspetto; che fa sorridere ma<br />

anche appassiona per quel punto di vista<br />

dell’autore che sa essere al tempo stesso<br />

spontaneo, disilluso, tormentato ma anche<br />

molto, molto poetico, a dispetto della<br />

chiosa finale di 20 LT. Di benzina, così<br />

“Brucio tutto quello che mi consola”!<br />

Da incorniciare, oltre al brano di apertura<br />

e quello di chiusura, la poetica Vuoto, che<br />

lascia intravedere la dimensione più lirica<br />

e matura di un autore che qui mostra, al<br />

di là delle apparenze, una sua versione già<br />

matura come autore ma che in futuro potrà<br />

dare ancora di più. Peccato che l’album<br />

sia disponibile solo nella versione digitale!<br />

88 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


SELECTOR<br />

di Vittorio Pio foto di Lucia Olivieri<br />

Carolina Bubbico<br />

IL DONO<br />

DELL’UBIQUITÀ<br />

Sun Village/Ird<br />

Èuna dichiarazione di istinto<br />

e libertà musicale<br />

il nuovo disco di Carolina<br />

Bubbico che viene<br />

pubblicato a cinque anni<br />

di distanza dal precedente<br />

Controvento. Duttile e anticonformista,<br />

conosciuta anche come arrangiatrice e direttrice<br />

d’orchestra, l’artista pugliese con<br />

questo lavoro che sintetizza le sue diverse<br />

anime dimostra di avere tutte le carte in<br />

regola per la definitiva consacrazione, con<br />

l’invito a tenere viva anche la nostra bella<br />

lingua: “Ho scelto un titolo”, esordisce,<br />

“come riferimento alle intenzioni sottese in<br />

questo disco, perché il mio modo di intendere<br />

la musica è qualcosa di universale e<br />

“ubiquo”, libero perciò da etichette e confini<br />

di linguaggi. La parola “ubiquità” si sposa<br />

bene anche con il difficile momento storico<br />

che stiamo vivendo; nonostante l’esplosione<br />

dei social, c’è da constatare anche l’impossibilità<br />

di poter essere ovunque in qualsiasi<br />

momento e modalità.”<br />

Questo album è il numero 3, in cosa<br />

lo giudichi differente e al contrario<br />

simile rispetto agli altri due?<br />

In questo disco mi riconosco di più, mi sento<br />

più libera e più autentica, ho scelto di abbandonare<br />

(per quel che mi è possibile) i modelli<br />

che ci circondano in favore della mia<br />

essenza. Comincio a non assecondare nessun<br />

volere esterno al mio o lontano da ciò che<br />

mi fa star bene e mi diverte. Questo lavoro<br />

rappresenta diversi mondi musicali in cui<br />

mi trovo a mio agio e ho cercato di metterli<br />

in comunicazione attraverso la scrittura di<br />

queste canzoni.<br />

Covid e altri imprevisti permettendo,<br />

come ne hai pensato la trasposizione<br />

dal vivo, anche considerando il nutrito<br />

stuolo di ospiti presenti in studio?<br />

Sicuramente il live non potrà prevedere la<br />

presenza di tutti i musicisti coinvolti nella registrazione<br />

perché vivono tutti in posti diversi<br />

e lontani. Oltretutto il live e la produzione<br />

discografica possono essere complementari<br />

ma anche molto diversi. Stiamo lavorando<br />

all’allestimento dello spettacolo che porterà<br />

questo disco dal vivo da dicembre in poi. Sperando<br />

non ci siano ulteriori cambiamenti, ho<br />

grandi progetti per lo show dal vivo di questo<br />

progetto: sarà molto più che un semplice<br />

concerto, sarà un’esperienza nuova che vuole<br />

portare il pubblico in un mondo fatto di luci,<br />

colori, simboli, suoni e gesti corporei, affinché<br />

lo spettatore possa sentirsi coinvolto e<br />

compartecipe di un evento sociale.<br />

Chi sono, a tuo giudizio, dei giovani<br />

talenti da seguire in Italia e cosa hai<br />

ascoltato mentre preparavi questo lavoro?<br />

Ascolto e apprezzo tutti i musicisti che hanno<br />

un progetto a loro nome e che ho avuto il piacere<br />

di coinvolgere in questo disco: Filippo<br />

Bubbico, Cristiana Verardo, Serena Brancale,<br />

Michael Mayo, Davide Shorty, Manu Funk,<br />

Simon Moullier, così come Colapesce, Dimartino,<br />

Carmine Tundo, Ainè, Sofia Brunetta,<br />

Mangroovia e molti altri di cui ammiro<br />

la sensibilità e l’energia. Negli ultimi tempi<br />

ho seguito molto la scena afroamericana così<br />

come la world music e parte della musica<br />

d’autore italiana.<br />

Cantante, pianista, arrangiatrice e direttrice<br />

d’orchestra: in quale veste ti<br />

riconosci maggiormente?<br />

Adesso sceglierei di essere compositrice<br />

per la sua insita libertà creativa. Mi consente<br />

di esprimere ciò che sento al massimo, di<br />

rimodulare la musica che ascolto e di essere<br />

io stessa performer di quello che scrivo.<br />

90 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


CUT ‘N’ MIX CONCERTI | CINEMA | LIBRI | SOCIETÀ | ARTE<br />

Di padre<br />

in figliade Il Tremila<br />

“Mi piacerebbe raccontarle di un progetto, frutto di un bellissimo<br />

percorso durato due anni, che ha consolidato una passione trasmessa<br />

da mio padre, di cui ci siamo “ammalati” io e il mio compagno.<br />

Sono cresciuta in una casa dove c’è sempre stata musica… ”<br />

Comincia così , ed è difficile<br />

non provare una istantanea<br />

simpatia, la mail che<br />

ci ha inviato Cristina Brandl e<br />

il suo compagno Ivano Oggero<br />

qualche mese fa, durante il primo<br />

lockdown: racconta come l’ascolto<br />

della musica, soprattutto se ben<br />

riprodotta, può essere cibo per<br />

l’anima in un momento di grande<br />

difficoltà: “Il progetto per noi<br />

consolida una sana e importante<br />

passione, che ci ha fatto tanta<br />

compagnia in questa quarantena.<br />

Da quando sono piccola, ho<br />

sempre visto mio padre realizzare<br />

piccoli e grandi diffusori. Durante<br />

la mia crescita ho assistito<br />

a esigenti prove su apparecchi<br />

e nuove casse acustiche: le più<br />

fortunate venivano completate<br />

e si guadagnavano un posto in<br />

salotto, altre non venivano nemmeno<br />

concluse se non considerate<br />

del tutto soddisfacenti. Ricordo<br />

anche la pazienza di mia madre<br />

nel sopportare scatole di valvole,<br />

componenti sparsi per casa, gocce<br />

di stagno sul pavimento e riviste di<br />

settore impilate ovunque”.<br />

Le abbiamo chiesto una sua opinione<br />

sull’alta fedeltà (ha parlato<br />

di “malattia”) e di come questa bella<br />

malattia venga vissuta da una<br />

delle rare persone di sesso femminile<br />

che si è avvicinata all’alta<br />

fedeltà. “Non avevo mai pensato<br />

all’alta fedeltà come una passione<br />

di orientazione maschile o femminile.<br />

Riflettendoci, penso che<br />

dipenda dal fatto che l’audiofilia<br />

sia regolata dall’ascolto del suono,<br />

dall’elettronica e dalla fisica,<br />

argomenti che forse solitamente<br />

I DIFFUSORI<br />

DI CRISTINA E<br />

IVANO<br />

Gli Accord sono diffusori<br />

bass-reflex a 3<br />

vie e ½, ciascuno con<br />

2 tweeter Monacor<br />

DTM-104, 2 mid-woofer<br />

Mivoc WPT 138<br />

e 1 subwoofer Mivoc<br />

AWM 104/8 orientato<br />

verso il pavimento, potenza massima 120 W RMS e impedenza nominale 4 Ω.<br />

Sono realizzati in MDF, rivestiti con impiallacciato di rovere a forte spessore.<br />

Frontalmente una porzione è rivestita con tessuto chevron in pura lana; molti<br />

dettagli sono in ottone massiccio. Il pannello dei tubi di accordo frontali è in<br />

legno, fresato dal pieno. Gli Accord poi, su indicazione di Flavio Brandl, hanno<br />

un interruttore da cui è possibile commutare la presenza e come racconta<br />

Cristina “Sono esemplari unici, ciascun dettaglio che le compone ha un preciso<br />

scopo stilistico o funzionale”.<br />

sono di approccio maschile. Mi<br />

dispiace molto non essere competente<br />

sull’argomento. Ogni fase<br />

tecnica del nostro progetto è stata<br />

seguita da mio padre, noi non ne<br />

saremmo stati in grado. Un’altra<br />

riflessione è che la generazione di<br />

mio padre, secondo me, è sempre<br />

92 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


stata più interessata all’elettronica.<br />

Penso che la mia generazione<br />

e quella successiva siano state<br />

invece completamente coinvolte<br />

da software e mondo digitale, più<br />

che dal mondo elettronico. Questo,<br />

forse, spiegherebbe anche<br />

l’evoluzione dell’audiofilia verso<br />

il mondo digitale e la musica liquida.<br />

Quando abbiamo parlato<br />

di malattia, naturalmente da leggere<br />

con simpatia, era per dire che<br />

mano a mano che ci si addentra<br />

in questo mondo, si cambia. E si<br />

cambia per sempre e in modo irreversibile.<br />

Allenarsi all’ascolto e<br />

predisporsi a dei miglioramenti,<br />

cambia la propria percezione.<br />

Si diventa più esigenti. Il bello<br />

delle passioni è proprio quello:<br />

L’IMPIANTO<br />

PER GLI ACCORD<br />

Flavio Brandl ha regalato a Cristina e<br />

Ivano un preamplificatore che realizzò<br />

negli anni ’90 e un finale di potenza<br />

a valvole battezzato Yellow. Non poteva<br />

mancare un giradischi a cinghia<br />

anni ’80 Pioneer PL-514X, con puntina<br />

Shure M95EDM.<br />

evolversi un passo alla volta, ricercare<br />

un miglioramento, fare<br />

delle prove e sperimentare. Ci<br />

sono degli LP che facevamo girare<br />

spesso, che oggi ascoltiamo<br />

meno. Sono dischi di indubbio<br />

valore in termine musicale ma<br />

che non hanno investito in una<br />

registrazione di qualità e che per<br />

questo motivo sono stati sostituiti<br />

da nuovi dischi. È stata solo<br />

questione di tempo prima che il<br />

mio compagno, sempre più coinvolto,<br />

si appassionasse al buon<br />

ascolto. Oggi so che un certo tipo<br />

di ascolto è pura cultura: educare<br />

l’orecchio a cogliere e comprendere<br />

certe caratteristiche. Imparare<br />

a conoscere e descrivere il proprio<br />

gusto musicale. Apprezzare l’energia<br />

trasmessa da una scena di un<br />

film. Sprofondare e lasciarsi abbandonare<br />

alle emozioni trasmesse<br />

da un particolare passaggio<br />

musicale. Siamo stati educati a<br />

godere di un bel film e della bella<br />

musica e lo consideriamo un momento<br />

di vero lusso, che adoriamo<br />

ritagliarci”.<br />

Agli inizi, quando vedeva e<br />

sentiva suo padre dedicare<br />

tempo alla riproduzione della<br />

musica di alta qualità, quali<br />

erano le sue impressioni?<br />

Sorpresa? Scetticismo verso<br />

un impallinato? Beatitudine<br />

nella musica?<br />

Faccio mente locale e mi viene da<br />

sorridere: le sensazioni e i ricordi<br />

cambiano con il tempo. Ripenso<br />

a quando mio padre rientrava<br />

dall’ufficio e si metteva sul divano<br />

ad ascoltare qualche pezzo. Io<br />

e mio fratello ci avvicinavamo a<br />

lui, ma senza emettere un fiato,<br />

per non essere sgridati. Avevo<br />

circa 10 anni. In quel periodo forse<br />

la vivevo come una scocciatura.<br />

Oggi ripenso a quell’immagine<br />

e mi piaceva tantissimo l’atmosfera<br />

che si creava: la musica si diffondeva<br />

in tutta la casa e vederlo così<br />

impegnato e serio lo rendeva un<br />

momento particolare e importante.<br />

Poi faccio un salto temporale:<br />

ero adolescente e iniziavo a fare le<br />

mie uscite tardive la sera. La domenica<br />

mattina mi svegliavano<br />

le basse frequenze della musica a<br />

tutto volume che suonava al piano<br />

di sotto: in quel momento non<br />

ero contenta, piuttosto direi disperata…<br />

Oramai sveglia, scendevo<br />

per fare colazione, naturalmente<br />

in rigoroso silenzio. Qualche volta<br />

c’era una bella atmosfera: brani<br />

riflessivi e soavi, altre volte brani<br />

cupi o troppo ritmati e la tua intera<br />

giornata era oramai segnata da una<br />

carica strana. Sarebbe divertente<br />

chiedere anche il punto di vista di<br />

mia madre: girare per casa con gli<br />

sportelli dei mobili aperti, perché<br />

in alcuni casi vibravano in modo<br />

inappropriato, non deve essere stato<br />

facile. Ripensandoci, dovrei fare<br />

la stessa domanda ai miei vicini:<br />

chissà cosa pensano di noi… d’estate<br />

le finestre sono sempre aperte…<br />

Comunque, a parte gli scherzi, questa<br />

passione è una componente che<br />

completa l’immagine che ho di mio<br />

padre. Una passione affascinante<br />

da cui il mio compagno è stato<br />

subito attratto fortemente. Una<br />

passione fantastica e acculturata.<br />

La considero nobile, sia dal punto<br />

di vista tecnico sia per l’esperienza<br />

musicale.<br />

Che tipo di musica vi piace e<br />

in che misura è importante<br />

che sia riprodotta in maniera<br />

fedele?<br />

Il mio compagno e io abbiamo<br />

sempre avuto gusti simili in fatto<br />

di musica. Siamo generalmente<br />

attratti dalla musica vintage, a<br />

partire dagli anni ’40, fino al ’60<br />

(Billie Holiday, LaVern Baker,<br />

Eddie Cochran, Ray Charles,<br />

Etta James). Solitamente questi<br />

brani, ripresi da incisioni originali<br />

molto datate, non sono perfetti<br />

dal punto di vista dell’incisione.<br />

Ci piace anche il rock anni ’70 e<br />

’80, come Jeff Healey, The Doors,<br />

Thin Lizzy e naturalmente i Pink<br />

Floyd. Tendenzialmente ci piace<br />

molto il blues, ancora meglio<br />

se di contaminazione rock and<br />

roll. L’LP più bello che abbiamo<br />

è Visions di Hans Theessink<br />

& Terry Evans. Pulito, pochi<br />

strumenti, timbro accogliente, con<br />

un ritmo super. Ogni volta che ci<br />

penso, ripenso a dove lo abbiamo<br />

ascoltato per la prima volta: una<br />

saletta dell’Hi-Fidelity a Milano. Il<br />

proprietario sorrideva sotto i baffi<br />

nel guardare noi ospiti così goduti.<br />

Il bello di questa passione è anche<br />

la condivisione musicale. L’ultimo<br />

comprato è invece Don’t Explain<br />

di Beth Hart con quel simpaticone<br />

di Joe Bonamassa. Ma di musica<br />

ce ne piace davvero tanta...<br />

Tre anni fa per Cristina e Ivano<br />

arriva il momento di costruirsi<br />

una casa (“Non avevamo ancora<br />

montato i lampadari e già abbiamo<br />

iniziato a fantasticare<br />

su che tipo di impianto sarebbe<br />

stato bello avere”) e dopo averla<br />

vissuta per un po’ si rendono conto<br />

di cosa avrebbero voluto (“Dei<br />

diffusori alti, per poter ascoltare<br />

musica anche mentre cucinavamo<br />

in piedi”): l’obiettivo è ottenere<br />

quella sensazione di “terremoto”<br />

provocato dalle basse frequenze<br />

(“Quelle che ti rimescolano le interiora<br />

mentre ascolti un bel brano<br />

o assisti ad una scena estrema di<br />

un film”) e allo stesso tempo un<br />

suono che non li stanchi mai, anche<br />

dopo tante ore di ascolto.<br />

“In quel momento è iniziato il<br />

nostro percorso, che si è rivelato<br />

magari un po’ più lungo del previsto,<br />

ma che allo stesso tempo ha<br />

fatto crescere in noi un desiderio<br />

e una soddisfazione incalcolabile.<br />

Volevamo costruire qualcosa di<br />

grande, qualcosa che commemorasse<br />

questa passione. Mio padre<br />

aveva già da tempo per la testa<br />

un progetto di un diffusore alto<br />

a 3 vie. Per lavoro mi occupo di<br />

design e con il mio compagno abbiamo<br />

definito l’aspetto estetico,<br />

ricercando tutti i materiali in base<br />

alle direttive tecniche del progetto.<br />

Non so calcolare quante domeniche<br />

abbiamo passato a cercare<br />

la finitura giusta, il pezzo di tubo<br />

per fare una prova dell’accordo,<br />

gli interruttori e gli altri materiali<br />

che la compongono. Ricorderò per<br />

molto tempo le prove fatte, tutti i<br />

test e i pranzi a base di gnocchi,<br />

durante il rodaggio che durava<br />

giornate intere, a casa della mia<br />

famiglia. Le abbiamo chiamate<br />

Accord, sono alte 1 metro e 40.<br />

Il suono ci travolge letteralmente<br />

quando siamo seduti sul<br />

divano. Possono essere docili o<br />

arrabbiate, un po’ come i vicini di<br />

casa! Durante questa quarantena<br />

ci hanno fatto veramente compagnia<br />

e sono simbolo di una passione<br />

che ci ha trasmesso mio padre<br />

e di cui sono molto fiera...”.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 93


CUT ‘N’ MIX<br />

Daniele Sepe: obliquamente visionario<br />

Se avete mai incrociato il genio di Frank Zappa, il rigore del Maestro Morricone, le geometrie sonore<br />

di Joe Zawinul e la prolifica eccentricità di Lester Bowie o Hermeto Pascoal, allora la musica di Daniele<br />

Sepe rappresenterà per voi un colpo al cuore.<br />

Classe 1960, napoletano di Posillipo, il nostro è un iconoclasta che<br />

ancora non è stato lodato abbastanza per il suo essere obliquamente<br />

visionario. Un multi-strumentista che specie in Italia non<br />

ha un paragone, anche per l’enciclopedica ispirazione che ha lo stesso<br />

vasto spettro musicale delle icone citate in apertura. Una carriera al<br />

fulmicotone, con il debutto ufficializzato a 16 anni, quando Daniele partecipa<br />

al seminale Tammurriata dell’Alfasuddei Zezi, gruppo operaio di<br />

Pomigliano d’Arco, la cui essenza è rimasta un ispirazione costante per i<br />

capitoli successivi, partendo (o ritornando?) da Vite Perdite, l’album del<br />

1993 che tutti ricordano come un acuto distillato di riflessione, umorismo<br />

e ricerca compositiva sulla contemporaneità di Napoli, ventre ispiratore<br />

del sud. Da allora a qui sono successe molte cose, diverse formazioni<br />

e collaborazioni di prestigio (fra le ultime anche quelle con Stefano Bollani<br />

e Vinicio Capossela), e una nuova, imperdibile, antologia in tre capitoli<br />

che pone in evidenza la figura allegorica di un Capitano soprannominato<br />

Capitone, che pone nuovamente lo sguardo sornione sui talenti della<br />

nuova scena musicale di Napoli, il cui scrigno creativo non smette mai<br />

di sorprendere. “Il 7 luglio del 2015”, ribadisce Sepe, “un gruppo di<br />

cassintegrati Fiat di Pomigliano mi chiese di organizzare un concerto<br />

per sostenere la loro lotta e la loro cassa di resistenza. Fu scelta piazza<br />

Dante e in meno di venti giorni misi insieme più di otto ore di concerto,<br />

coinvolgendo decine e decine di band della città. Molte non le conoscevo.<br />

Da allora il sodalizio tra chi partecipò a quella bella avventura non si<br />

è più sciolto, abbiamo continuato a suonare, mangiare, bere e girovagare<br />

insieme.” E alcuni di questi compagni di viaggio che probabilmente<br />

sarebbero piaciuti ad Emilio Salgari, hanno i nomi di eccellenti jazzisti<br />

come Hamid Drake, lo stesso Bollani e altre personalità del fiorente<br />

panorama newpolitano che dovreste immediatamente approfondire cercando<br />

Flo Cangiano, i Foja, La Maschera, Tartaglia Aneuro (protagonisti<br />

dell’irresistibile Le Range Fellon), Gnut, Emilia Zamuner, Aldolà Chivalà,<br />

Mario Insenga & Hadacol Special, l’inossidabile Contrabbanda di Luciano<br />

Russo, Alessio Sollo, Nero Nelson, Sara Sossia Squeglia, Piermacchiè, e<br />

ancora perni dei suoi progetti passati come Auli Kokko e Massimo<br />

Ferrante, più alcuni artisti in erba per una fascia (davvero invidiabile)<br />

che passa dai 4 ai 65 anni di età. E se Corpo Morto rivisita atmosfere<br />

indiscutibilmente zappiane dall’inizio alla fine, sappiamo che Sepe, nella<br />

sua immarcabile bulimia, ha anche registrato un album interamente<br />

dedicato allo Zio Frank, così come è stato pregevole il tributo pubblicato<br />

lo scorso anno, sempre secondo la sua personalissima declinazione, a<br />

Gato Barbieri. Speriamo non ci faccia aspettare troppo a lungo per il<br />

missaggio e la pubblicazione definitiva. Una mente fina e profonda.<br />

Vittorio Pio<br />

94 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


LIBRI<br />

Ezio Guaitamacchi<br />

AMORE, MORTE E ROCK’N’ROLL<br />

Hoepli - 352 pp – 29,90 euro<br />

Amore, morte e Rock’n’Roll (sottotitolo: “Le ultime<br />

ore di 50 rockstar: retroscena e misteri”) raccoglie<br />

le ultime ore di 50 rockstar collezionate<br />

da Ezio Guaitamacchi, giornalista musicale, autore<br />

e conduttore radio/tv, scrittore, docente e<br />

performer. Il libro, arricchito da un ampio numero<br />

di illustrazioni e foto, racconta di leggende ed<br />

eccessi di una serie di artisti quasi sempre oltre<br />

le righe e la cui morte, spesso, è rimasta circondata<br />

da un alone di mistero. Guaitamacchi sceglie<br />

un ostile noir per raccontare gli eventi, racchiudendoli in capitoli che<br />

identificano sei differenti “tipologie di crimine”: da psycho killer a<br />

blood brother gli eventi, sempre caratterizzati dalla mancanza di un<br />

happy end, si alternano ora in punta di piedi ora clamorosi e/o catastrofici<br />

in una lettura che, come per ogni noir che si rispetti, scorre<br />

veloce e intrigante, non prima degli interventi di Enrico Ruggeri, Pamela<br />

Des Burres e Guaitamacchi stesso che fungono da entrée o<br />

aperitivo, fate voi...<br />

Agostino Bistarelli<br />

Luciano Ligabue<br />

È ANDATA COSÌ<br />

Mondadori - 360 pp – 28 euro<br />

Ci voleva l’esperienza di Massimo Cotto per condensare<br />

l’autobiografia di Luciano Ligabue in È<br />

andata così, un bellissimo volume dal formato<br />

inusuale edito da Mondadori per celebrare i 30<br />

anni in musica dell’artista, al limite con un’altra<br />

ricorrenza personale importante, ovvero il sessantesimo<br />

compleanno. Uno splendido racconto<br />

fotografico inframezzato da aneddoti e racconti<br />

non del tutto conosciuti scandagliati con sensibilità<br />

e discrezione da parte dell’autore, con una<br />

appendice molto dettagliata per quanto invece attiene discografia e<br />

concerti. Del rocker di Correggio è noto che il suo debutto discografico<br />

avvenne relativamente tardi, esattamente a metà di questo cammino,<br />

quando era “Disperatamente, o meravigliosamente, alla ricerca di<br />

se stesso” ribadisce Cotto. “Luciano è una delle persone più pure e più<br />

oneste che io abbia mai conosciuto in questa dimensione, dove non è<br />

detto che un grande artista debba essere necessariamente considerato<br />

un grande uomo, ma lui è sincero, trasparente, non puoi non rimanerne<br />

colpito. È stato un lavoro particolare per il quale abbiamo dovuto lavorare<br />

necessariamente a distanza per le ristrettezze imposte dal Covid. È<br />

un libro dove non nasconde le sue debolezze, la sua fragilità di essere<br />

umano. È un libro dove si mette a nudo, lui stesso ha detto che si tratta<br />

di una memoria definitiva perché sarebbe difficile aggiungere qualcosa<br />

in più.”<br />

Vittorio Pio<br />

Lesley-Ann Jones<br />

JOHN LENNON:<br />

LA BIOGRAFIA<br />

DEFINITIVA<br />

Sperling & Kupfer - 558 pp<br />

18,9 euro<br />

Paul Du Noyer<br />

JOHN LENNON. LE STORIE<br />

DIETRO LE CANZONI.<br />

TUTTI I TESTI ORIGINALI<br />

Mondadori Electa - 192 pp<br />

25 euro<br />

Per celebrare degnamente gli 80 anni dalla nascita di una delle più celebrate<br />

icone della musica, ci occupiamo di due testi che analizzano da due<br />

prospettive differenti il suo enorme lascito. Il libro della Jones, più che una<br />

biografia, è una interessante inchiesta giornalistica intorno al suo triste<br />

epilogo, rielaborandone i passi salienti con degli spunti arditi, a partire<br />

dalla controversa relazione con la madre che avrà un influsso ricorrente<br />

nella sua accezione negativa, in una vicenda corale attraverso ricerche e<br />

testimonianze inedite, che ricompongono il mosaico di un personaggio<br />

discusso, la cui esistenza aveva assunto contorni leggendari: le proporzioni<br />

del mito dopo l’epopea dei Beatles eccedevano abbondantemente quelle<br />

dell’uomo e dell’artista, fino alla tragica morte violenta, ancora non del<br />

tutto chiara nelle sue dinamiche tenebrose. Insieme a una dignitosa galleria<br />

fotografica e un’agile cronologia che arriva agli 87 anni di Yoko Ono<br />

celebrati la scorsa primavera, c’è una discografia ragionata e commentata<br />

dalla stessa autrice, suggerimenti e citazioni sparse di Lennon e di altri<br />

artisti o amici nella sua orbita.<br />

Più accattivante nella sua funzione educativa il libro di Du Noyer, che<br />

ripercorre l’ultimo decennio di vita dell’artista attraverso gli album e le<br />

canzoni, affiancando alla traduzione e all’analisi dei testi la ricostruzione<br />

del contesto in cui questi brani sono stati scritti, con ottima trasposizione<br />

iconografica di inusuale formato e rilevante antologia critica. Le pagine<br />

scorrono veloci e da ognuna saltano fuori immagini d’archivio, commenti<br />

di varia estrazione, ritratti di coloro che gli furono vicino, con aneddoti e<br />

approfondimenti di ogni singolo brano. Un giorno John Lennon definì<br />

le proprie canzoni “un diario privato reso pubblico”: un’affermazione che<br />

descrive perfettamente come il geniale artista si sia immaginato senza<br />

il timore di mostrarsi debole, insicuro, geloso o dipendente dall’amore<br />

della sua Yoko. Il tutto con una mirabile capacità di riflettere le speranze e<br />

i sogni di una generazione, diventando così parte integrante della nostra<br />

cultura popolare, al pari di Gandhi, Kennedy e Marley. Al punto che molti<br />

musicisti, forse più dotati di lui, non sono riusciti a diffondere musica con<br />

eguale impatto e forza emotiva.<br />

Vittorio Pio<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2020 95


CUT ‘N’ MIX<br />

PILLOLE DA 3000 MCG<br />

A NATALE SAREMO TUTTI PIÙ BUONI<br />

I Negramaro collaborano con Amazon.it a supporto del progetto<br />

“Riscriviamo il Futuro” di Save the Children (200.000 euro in prodotti)<br />

con donazioni a oltre mille organizzazioni benefiche in tutto<br />

il mondo. A loro si uniranno molte altre celebrity internazionali che<br />

sosterranno Amazon in questa iniziativa.<br />

LA CAPSULE O LA CASSOEULA?<br />

Se proprio vi punge vaghezza (e onestamente non vedo perché)<br />

sappiate che potete vestire griffati a cura di J-Ax, il cantautore e<br />

produttore che da tempo ha intrapreso una collaborazione con CS<br />

Piumini. J-Ax ha creato una capsule collection (che è un modo figo<br />

per dire che tre capi di abbigliamento portano la sua firma, ma preferisco<br />

la Cassoeula!) di cui il primo, lo Street Jacket (un piumino<br />

bianco con una stampa allover colorata) è già disponibile. E il rischio<br />

di passare inosservati è scongiurato!<br />

STRESS DA PANDEMIA?<br />

Sembra che il 73% degli adulti sia in cerca nuovi modi per rilassarsi<br />

e per questa ragione Lego, la casa dei mattoncini, ha messo a punto<br />

una serie di set della linea Lego Art, uno dei quali dedicato ai Beatles<br />

dove “trasformando un canvas Lego (in questo caso piccole basi<br />

Lego connesse tra di loro) con le piastrine Lego, ciascun set può<br />

essere re-immaginato e ricreato in diversi modi per esprimere la<br />

personalità di ogni master builder rendendo facile e semplice per<br />

gli amanti della cultura pop ricreare il pezzo Lego Art da esporre<br />

nella propria casa”. Al lavoro master builder ma, se over sessanta,<br />

rigorosamente con gli occhiali!<br />

IMMANUEL FOREVER<br />

Mai nascosta l’irriverente simpatia per Immanuel Casto, cantautore, performer, figura social e autore<br />

di indiscussi “capolavori” del porn groove quali Che bella la cappella o Anal Beat. Lo scoppiettante<br />

Emmanuele ci offre ora la trilogia celebrativa di uno dei più discussi giochi da tavolo italiani: squillo<br />

Deluxe - Trilogy Edition che “ripropone le storiche carte degli esordi del 2012 impreziosite dal meglio<br />

dei successivi due capitoli, la versione asiatica di Bordello d’Oriente e la versione al maschile di<br />

Marchettari Sprovveduti”. Come resistervi?<br />

LA REALTÀ SUPERA…<br />

Tutto avremmo pensato tranne che… Avete presente Al di Meola, si,<br />

quello che insieme a Paco De Lucia e John McLaughlin ha dato vita<br />

a Friday Night in San Francisco, uno dei più alti capolavori chitarristici<br />

di ogni tempo? Beh quel Al di Meola ha inciso insieme a Dodi Battaglia<br />

il nuovo brano del “già Pooh” One Sky. Tecnica indiscussa, lirismo da<br />

rivedere (“One sky, one world, one you. You’re the sun for me every<br />

morning. You’re the sky that shines every evening. You’re the one who<br />

puts everything in one”) in una performance che, parole di Battaglia<br />

“mi fa vibrare per l’emozione”. Occhio Dodi: uomini come te vibrando<br />

si spezzano ma non si piegano!<br />

96 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020


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Art Director<br />

Tommaso Venettoni<br />

Content Reviewer<br />

Francesco Bonerba<br />

Hanno collaborato<br />

Libero Abbaci Agostino Bistarelli, Massimo Bargna, Nicola Candelli, Paolo Corciulo, Carlo D’Ottavi,<br />

Antonio Gaudino, Vittorio Pio, Il Tremila, Paolo Perilli, Roberto Veneto.<br />

Edizione digitale<br />

Copia singola: 4,75 euro<br />

suono.ezpress.it<br />

Pubblicità<br />

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scritta dell’Editore.<br />

Suono è un periodico che ha percepito (già legge 7 agosto 1990 n. 250) e percepisce i contributi<br />

pubblici all’editoria ( legge 26 ottobre 2016 n. 198, d.lvo 15 maggio 2017 n. 70).<br />

Il presente numero di <strong>SUONO</strong> è stato finito di stampare nel mese di novembre 2020.<br />

INDICE INSERZIONISTI<br />

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Direttore editoriale<br />

Paolo Corciulo<br />

Distributore per l’Italia<br />

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Tiber S.p.A.<br />

Via Della Volta 179 - 25124 Brescia (BS)<br />

(t) 030.35.43.439<br />

(f) 030.34.98.05<br />

Adcomm - VREL electroacoustic 9<br />

Audio Reference - Pass Laboratories 89<br />

Audio Reference - ProAc<br />

II Cop.<br />

Audioplus 17<br />

Cooperativa Giornalistica Mondo Nuovo 5, 7, 65, 67, 81,<br />

91, 97<br />

Gammalta Group - Pmc 27<br />

Gammalta Group - Jl Audio 61<br />

Gammalta Group 14, 16<br />

High Fidelity Italia - Accuphase<br />

III Cop.<br />

Il Centro Della Musica 33, 73<br />

Lp Audio 19<br />

Mpi Electronic - McIntosh 11<br />

Mpi Electronic - Sonus Faber<br />

IV Cop.<br />

Openitem - Carot One 85<br />

Panasonic Italia - Technics 15<br />

Ricable - Ricable 64<br />

Te.de.s. - Weiss 18<br />

Tecnofuturo - Gold Note 13<br />

Tecnofuturo 23<br />

Tecnofuturo - Wharfedale 69<br />

Tektron 87<br />

98 <strong>SUONO</strong> dicembre 2020

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