360 GRADI MAGAZINE//2020 Novembre-Dicembre
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Si può visitare<br />
usando il<br />
comodo tour<br />
guidato.<br />
Arkon mi regala<br />
l’esplorazione della “Light<br />
Art”, ovvero di quella forma<br />
di arte visiva in cui, sia il<br />
mezzo di espressione che<br />
il fine dell’opera, è la luce.<br />
Sappiamo che la Light Art<br />
nasce intorno alla metà del<br />
XX secolo e si conferma<br />
come una forma d’arte<br />
grazie alle opere di Dan<br />
Flavin e James Turrell. La<br />
caratteristica tipica della<br />
Light Art è che la luce<br />
deve essere non solo il<br />
mezzo di espressione,<br />
ma anche il fine. Nel<br />
tempo molte installazioni<br />
minimaliste sono state<br />
erroneamente classificate<br />
Light Art, laddove la luce<br />
rappresentava soltanto<br />
un mezzo di espressione,<br />
ma non il fine. Come noto,<br />
la Light Art si distacca<br />
dall’arte concettuale e dal<br />
minimalismo per diventare<br />
una forma d’arte autonoma<br />
nei decenni successivi.<br />
Questa conferma di forma<br />
autonoma d’arte arriva con<br />
grandi artisti del calibro<br />
di Lucio Fontana che nel<br />
1951 in occasione della IX<br />
Triennale di Milano espone<br />
l’installazione di tubi al<br />
neon intitolata “Arabesco<br />
Fluorescente”. Non vogliamo<br />
nemmeno dimenticare<br />
Bruno Munari con le sue<br />
proiezioni ambientali e<br />
nemmeno László Moholy-<br />
Nagy, nelle cui installazioni<br />
la luce interagisce con lo<br />
spazio circostante.<br />
La visita ad Arkon mi<br />
ha permesso di tornare<br />
con la mente alla Light<br />
Art, esplorandone le<br />
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