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Architettura e scultura del periodo barocco - Francesco Ridolfi

Architettura e scultura del periodo barocco - Francesco Ridolfi

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<strong>Architettura</strong> e <strong>scultura</strong> <strong>del</strong> <strong>periodo</strong> <strong>barocco</strong><br />

Si è voluto riconoscere nello stile <strong>barocco</strong> una categoria ideale, l’espressione di<br />

una costante universale, di una visione <strong>del</strong> mondo in perpetua antitesi a quella<br />

classica che si ritrova nelle epoche più diverse e tocca tutte le forme <strong>del</strong>la civiltà.<br />

Il Barocco per antonomasia (così definito alla metà <strong>del</strong> XIX secolo) è però quello<br />

cronologicamente compreso tra il Rinascimento e il Neoclassicismo; il Barocco<br />

settecentesco, per certi aspetti in contrasto con quello <strong>del</strong> Seicento, è detto<br />

Rococò.<br />

L’arte barocca può considerarsi sia come uno sviluppo <strong>del</strong> ‘500, sia come una<br />

reazione all’arte rinascimentale; è sviluppo in quanto anche il Barocco si fonda<br />

sullo studio degli antichi, riconosce come maestri supremi gli artisti <strong>del</strong> ‘500,<br />

formula teorie <strong>del</strong>l’arte, concepisce la rappresentazione artistica in senso<br />

spaziale, anzi prospettico; è reazione in quanto rompe l’equilibrio compositivo e<br />

formale proprio <strong>del</strong> classicismo, assegna all’opera d’arte una funzione<br />

dimostrativa e didattica, predilige gli effetti drammatici e li realizza mediante<br />

movimenti di masse e forti contrasti di luce, ama le prospettive illusorie e i<br />

complessi e spettacolari effetti scenografici, preferisce le grandi dimensioni e il<br />

“monumentale” all’armonia <strong>del</strong>le proporzioni, accentua l’elemento esteriore <strong>del</strong>la<br />

decorazione, l’uso di virtuosismo degli scorci, la rapidità e la libertà di esecuzione<br />

plastica e pittorica; s’impone una nuova corrente di gusto dalle forme anatomiche<br />

esuberanti, dalle linee dinamiche e contrastanti, che esaltano le passioni e i<br />

sentimenti, dalla ricchezza <strong>del</strong>le invenzioni allegorico-celebrative.<br />

Questo stile rappresenta un nuovo rapporto di natura emozionale con lo<br />

spettatore, mirando principalmente a commuovere, a persuadere mediante le<br />

risorse di un’immaginazione illimitata.<br />

A determinare il clima <strong>barocco</strong> contribuirono molteplici fattori, tra cui in primo<br />

luogo la Controriforma, fautrice di un’arte che suggestionasse le folle dei fe<strong>del</strong>i.<br />

Alcuni hanno visto nella concezione manieristica (vedi lez. n.19) il riflesso <strong>del</strong>lo<br />

spirito laico-antireligioso, opponendogli l’equazione Barocco-Controriforma, un<br />

Barocco animato dall’ideologia <strong>del</strong>la “riconquista” cattolica. Anche se il rapporto<br />

tra Chiesa e Manierismo rimane ancora nebuloso, il linguaggio di questo stile è<br />

nella sua essenza di élite, destinato a pochi: l’ermetismo, la contraddizione,<br />

l’individualismo ne sono parte integrante. La Chiesa, uscita dal concilio di Trento,<br />

domanda tutt’altro.<br />

492


Gabriele Paleotti con “Discorso intorno alle immagini sacre e profane” (1582) si<br />

adopera per combattere gli “abusi” nelle immagini, propugna un’arte sacra<br />

illustrativa, didascalica e popolare, che sappia appellarsi alla mozione degli affetti<br />

e al senso comune; egli si richiama a Gregorio Magno, al suo concetto di pittura<br />

come “libro degli idioti” (degli analfabeti), stigmatizza le scene oscure e difficili da<br />

intendersi e si scaglia contro la “mostruosità” <strong>del</strong>le grottesche.<br />

Anche i committenti sono richiamati; si vogliono corresponsabilizzare in una<br />

missione che ha una portata assai più ampia <strong>del</strong>la circolazione in un settore<br />

sociale ristretto e privilegiato di alcuni contenuti culturali e che ha per referente le<br />

grandi masse e per obiettivo la divulgazione <strong>del</strong>le verità di fede, l’organizzazione<br />

<strong>del</strong> consenso religioso, l’edificazione di massa.<br />

Ma il Seicento fu anche l’età <strong>del</strong>l’espansione verso il Nuovo Mondo, <strong>del</strong> progresso<br />

scientifico; e questa più ampia conoscenza <strong>del</strong>la natura pesò enormemente sulla<br />

cultura e sull’arte <strong>del</strong> tempo. Da un lato, infatti, essa spingeva a rappresentare<br />

minuziosamente la realtà anche nei suoi aspetti più crudi o morbosi (realismo<br />

<strong>barocco</strong>, con l’arrivo a Roma <strong>del</strong> Caravaggio nel 1590 che coincise con un<br />

rinnovamento artistico o naturalismo), dall’altro toglieva all’uomo l’illusione,<br />

propria <strong>del</strong> Rinascimento, di essere al centro <strong>del</strong>l’universo e di potere quindi<br />

dominare spazi chiaramente <strong>del</strong>imitati; di qui l’inquietudine <strong>del</strong>l’artista <strong>barocco</strong>, il<br />

suo senso di precarietà. La realtà che lo circonda sfugge al suo controllo perché è<br />

immensa, complicata, misteriosa; per rappresentarla egli dovrà ricorrere a<br />

simboli. Lo stile <strong>barocco</strong> è caratterizzato dall’uso e dall’abuso di metafore e<br />

allegorie, di figure cioè che aiutano a intuire ciò che sensi e ragione non sono in<br />

grado di percepire con chiarezza.<br />

Il mutamento stilistico avviene gradatamente; due sono le tendenze che si<br />

profilano tra gli ultimi anni <strong>del</strong> secolo XVI e i primi <strong>del</strong> successivo: da un lato<br />

l’introduzione di nuovi contenuti religiosi e morali con il rinnovamento dei modi<br />

espressivi, e dall’altro una restaurazione <strong>del</strong>la solidità formale <strong>del</strong> classicismo<br />

cinquecentesco, in opposizione all’estrema raffinatezza <strong>del</strong> Manierismo, con la<br />

fusione dei suoi vari elementi (romani, veneti, emiliani) in uno stile eclettico e<br />

d’alto tono letterario, con un solenne senso <strong>del</strong>la storia e un nuovo culto <strong>del</strong><br />

linguaggio espressivo.<br />

La ripresa <strong>del</strong> classicismo va contro il naturalismo caravaggesco da un lato, cui si<br />

era attribuita l’intenzione di rappresentare la realtà direttamente, senza servirsi<br />

dei moduli suggeriti dalla tradizione classica, e dall’altro lato contro il “capriccio”,<br />

cioè contro il ripudio di quegli stessi canoni ideali in nome <strong>del</strong>la fantasia.<br />

Rappresentanti principali nel Seicento di quelle tendenze anticlassiche furono,<br />

oltre il Caravaggio, Rubens e il Borromini; il classicismo fu invece rappresentato<br />

493


dai Carracci, dal Poussin e dal Bernini, e si diffuse, come programma teorico,<br />

dall’Italia alla Francia. Qui i sostenitori <strong>del</strong> gusto aulico contro l’emozionata<br />

pittura fiamminga identificano nel classicismo l’universalità stessa <strong>del</strong>l’arte, la<br />

perfetta espressione dei supremi ideali <strong>del</strong> grande e <strong>del</strong> sublime.<br />

In antitesi le forme opulente e fastose proprie <strong>del</strong> nuovo stile vennero incontro<br />

alle esigenze di prestigio e di ostentazione <strong>del</strong>la società aristocratica <strong>del</strong> tempo e<br />

soprattutto degli ideali personali, temporali e spirituali <strong>del</strong>la corte papale.<br />

Il Barocco si afferma a Roma; attraverso il senso di grandiosità e di meraviglia<br />

nell’arte si vuole riaffermare il primato <strong>del</strong>la Chiesa cattolica; la volontà di<br />

spirituale conquista fa di Roma un centro di dominio, così che dovunque siano<br />

cattolici, dalla Spagna alle Americhe, dalla Francia alla Polonia, dall’Austria<br />

all’Oriente, uno sarà lo stile <strong>del</strong>le loro chiese, dei loro altari, uno il rito, una la<br />

lingua, romani. Espressione <strong>del</strong>lo spirito <strong>del</strong> trionfante <strong>barocco</strong> romano è il<br />

grandioso affresco <strong>del</strong> Baciccia, “ Trionfo <strong>del</strong> nome di Gesù”, nella chiesa <strong>del</strong> Gesù<br />

a Roma (1672).<br />

L’esordio <strong>del</strong> nuovo stile si fa risalire al pontificato di Clemente VIII (1592-1605) e<br />

a quello di Paolo V (1605-’21) e Gregorio XV (1621-’23); la competizione<br />

culturale tra le famiglie dei papi in carica e di coloro che aspiravano al pontificato<br />

divenne una caratteristica <strong>del</strong>l’arte barocca. L’esaltazione <strong>del</strong> nome di famiglia<br />

divenne la ragion d’essere <strong>del</strong>le decorazioni fastose dei soffitti o dei monumenti<br />

sepolcrali, eseguiti da grandi artisti.<br />

Tra i più importanti committenti <strong>del</strong> <strong>periodo</strong> fu il cardinale <strong>Francesco</strong> Maria <strong>del</strong><br />

Monte, primo potente protettore romano <strong>del</strong> Caravaggio, sulla cui produzione<br />

giovanile esercitò un severo controllo (1594-’99); tramite il Del Monte l’artista<br />

entrò in contatto con una <strong>del</strong>le più nobili famiglie, i Giustiniani; i fratelli, il<br />

cardinale Benedetto, e Vincenzo, nel loro palazzo, una <strong>del</strong>le mete obbligate <strong>del</strong><br />

Grand Tour, raccolsero in circa 40 anni la più cospicua collezione <strong>del</strong> secolo;<br />

furono anche mecenati di vari pittori stranieri, quali D. de Haen e N. Régnier.<br />

Il cardinale Scipione Borghese, nipote <strong>del</strong> papa Paolo V, creò la famosa collezione<br />

di marmi antichi, già <strong>del</strong>lo scultore T. <strong>del</strong>la Porta (1609); commissionò a Gian<br />

Lorenzo Bernini un notevole gruppo di sculture, ebbe dal papa, suo zio, la raccolta<br />

di tele, confiscata al Cavalier d’Arpino (1607), tra cui opere <strong>del</strong> Caravaggio<br />

(Ricordiamo che alla fine <strong>del</strong> Seicento alle collezioni si aggiunsero, tramite il<br />

matrimonio di Paolo Borghese con Olimpia Aldobrandini, le eredità <strong>del</strong> cardinale<br />

Ippolito e di Lucrezia d’Este, duchessa d’Urbino).<br />

Quando Urbano VIII (1623-’44) salì al soglio pontificio, il nuovo stile si era evoluto<br />

in quello che fu poi definito il “secolo d’oro <strong>del</strong>la pittura”. Uno dei protagonisti<br />

<strong>del</strong>la politica culturale e artistica <strong>del</strong> papato, a partire dal regno di Urbano VIII<br />

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Barberini sino a quello di Alessandro VII Chigi, fu Cassiano <strong>del</strong> Pozzo, il primo<br />

cittadino ad esercitare effettiva influenza sulle arti <strong>del</strong> suo tempo; erudito,<br />

amatore d’arte, diplomatico di primo piano <strong>del</strong>l’Europa <strong>del</strong> Seicento, fu grande<br />

protettore di pittori quali Poussin, Pietro da Cortona, Simon Vouet. Per più di<br />

quaranta anni la sua casa romana ospitò artisti, antiquari, naturalisti, e fu<br />

l’internazionale centro propulsore <strong>del</strong>le nuove discipline scientifiche e storiche;<br />

egli fece illustrare dal Poussin il trattato <strong>del</strong>la pittura di Leonardo e raccolse uno<br />

sterminato “museo cartaceo” da lui formato, comprendente 5000 disegni e<br />

stampe, riconosciuto in tutta Europa come uno strumento fondamentale per la<br />

ricerca erudita storica, naturalistica, e per la creazione artistica; disegni di<br />

antichità romane e di celebri opere che non poteva comprare furono da lui<br />

commissionati a N. Poussin, F. Duquesnoy, J. Lemaire, C. Mellan, C. Menestrier, F.<br />

Terrier, J. De Saillan (Giovanni Saliano). Il cardinale <strong>Francesco</strong> Barberini, nipote <strong>del</strong><br />

papa, lo ebbe come ministro artistico; con lui si dette inizio alla formazione <strong>del</strong>la<br />

splendida biblioteca barberiniana e si istituì nel 1630 l’arazzeria Barberini, la<br />

prima arazzeria romana seriamente organizzata, alla quale lavorarono francesi,<br />

fiamminghi e italiani e dettero cartoni artisti famosi.<br />

Ricordiamo che i Barberini raccolsero nel loro palazzo gentilizio a Roma una<br />

galleria di dipinti; celebri furono anche la raccolta Spada <strong>del</strong> cardinale Bernardino<br />

Spada, e la Doria-Pamphili, la più grande <strong>del</strong>le collezioni private di Roma,<br />

risalente a Camillo Pamphili, cardinale, nipote <strong>del</strong> papa Innocenzo X (la collezione<br />

fu incrementata nel 1760 dalla famiglia Doria, succeduta per estinzione <strong>del</strong>la<br />

famiglia Pamphili); infine furono mecenati e collezionisti gli Odescalchi, gli Albani,<br />

ecc.<br />

Si può in conclusione affermare che non furono i gesuiti a dare incremento all’arte<br />

barocca, a prescegliere questo stile come loro forma artistica privilegiata e fatta<br />

propria dalla Compagnia, come da molti critici d’arte asserito, quanto piuttosto i<br />

ricchi cardinali, assai più potenti, e i principi che <strong>del</strong>le opere destinate alle chiese<br />

dei gesuiti erano i committenti.<br />

Diamo inizio alla parte riguardante l’architettura.<br />

Nella seconda metà <strong>del</strong> Cinquecento si impose quanto disposto dal concilio di<br />

Trento; la chiesa <strong>del</strong> Gesù a Roma, opera <strong>del</strong> Vignola, con la facciata di Giacomo<br />

<strong>del</strong>la Porta, inaugura il tipo di tempio ad aula unica, affiancata da cappelle, con<br />

transetto poco sporgente, grandi arcate, copertura a botte, con cupola all’incrocio<br />

<strong>del</strong> transetto, chiesa adatta alla predicazione gesuitica; essa fissò la tipologia <strong>del</strong>le<br />

chiese, suggerendo agli architetti posteriori un mo<strong>del</strong>lo facilmente ripetibile.<br />

Questa tendenza alla canonizzazione è presente anche nell’opera teorica <strong>del</strong><br />

495


Vignola: il suo trattato “Regole <strong>del</strong>li cinque ordini d’architettura” ebbe larghissima<br />

diffusione in tutta Europa, in Moscovia e nel Nuovo Mondo (1562). Esso codifica il<br />

lessico architettonico classico, creando una specie di prontuario; spogliando le<br />

regole di quanto poteva esservi di astruso, il Vignola giunge a fissare pochi<br />

rapporti, chiari e facilmente applicabili, ammettendo che, rispettando la<br />

prospettiva, si possono aumentare le decorazioni, regole che dovevano essere<br />

pienamente applicate nell’architettura barocca.<br />

Giacomo <strong>del</strong>la Porta rappresenta la transizione al Seicento, traendo da<br />

Michelangelo vigore d’invenzione e dal Vignola dignità e compostezza; con la<br />

facciata di S. Luigi dei Francesi lo stesso <strong>del</strong>la Porta crea un altro tipo che durerà<br />

due secoli fino alla chiesa <strong>del</strong>la Sorbona.<br />

L’ordine dei gesuiti diffuse la nuova tipologia architettonica; nel 1583 fu inviato in<br />

Polonia da Roma Gian Maria Bernardoni per dirigere le fabbriche <strong>del</strong>la Compagnia;<br />

fino al ’99 risiedette a Nieswicz in Lituania dove costruì la chiesa che è il primo<br />

esempio d’oltralpe ispirato al”Gesù”<strong>del</strong> Vignola; diresse poi la costruzione <strong>del</strong>la<br />

chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Cracovia, su progetto <strong>del</strong> De Rosis.<br />

Ricordiamo anche tra i primi esempi di questo tipo di chiese il S. Michele a<br />

Monaco di Baviera al cui innalzamento collaborò Giuseppe Valeriani, chiamato nel<br />

1591 da Massimiliano I, duca di Baviera, con altri artisti italiani; le idee espresse<br />

dalla chiesa <strong>del</strong> Gesù si associano a metodi costruttivi locali. Il mo<strong>del</strong>lo di questa<br />

chiesa servì anche per quella dei gesuiti a Neuburg sul Danubio e per il S. Andrea<br />

a Düsseldorf.<br />

Una svolta decisiva nel gusto e nella cultura artistica <strong>del</strong> ‘600 fu segnata dalle<br />

opere architettoniche di Gian Lorenzo Bernini e di <strong>Francesco</strong> Borromini,<br />

dappertutto imitate, le une dall’ampiezza e dal respiro monumentale, le altre<br />

dall’anticlassica arditezza.<br />

Le radici insieme classiche e bramantesche <strong>del</strong>l’invenzione berniniana sono<br />

evidenti in molte sue opere architettoniche (S. Andrea al Quirinale, Scala regia in<br />

Vaticano, palazzo Barberini, ecc.); con il colonnato ellittico di S. Pietro il Bernini<br />

diede soluzione al problema <strong>del</strong>lo spazio esterno alla basilica, svolgendo in forma<br />

aperta e dinamica il motivo <strong>del</strong>la cupola michelangiolesca. Le sue numerose<br />

fontane sono caratterizzate dall’armonica fusione di spazio di natura e spazio<br />

urbano dove la materia sembra trasformarsi in luce e movimento.<br />

<strong>Francesco</strong> Borromini portò nel suo operare di architetto tutta la tensione di una<br />

tormentosa spiritualità; ammiratore di Michelangelo, genio dall’assoluto rigore<br />

morale, egli, portato a negare l’idea classica e rinascimentale <strong>del</strong>la forma come<br />

rappresentazione, si valse di un lessico figurativo di eccezionale ampiezza,<br />

ricercando nel possesso di una tecnica sbalorditiva la via per giungere alla più alta<br />

496


libertà di stile; si fece stimolare dalle contemporanee conquiste scientifiche,<br />

essendo le proprie ambizioni artistiche determinate da un’attitudine<br />

esplicitamente sperimentale. Possiamo riconoscere nel suo pensiero la stessa<br />

curiosità di osservazione e lo stesso spirito empirico che determinarono nel<br />

secolo XVII il rivoluzionario progresso <strong>del</strong>le scienze.<br />

Oltre le costruzioni di Bernini e Borromini si studiarono anche quelle di Vincenzo<br />

Scamozzi che scrisse “L’idea <strong>del</strong>l’architettura universale” (1615), in cui sostiene la<br />

perfezione <strong>del</strong> gusto classico, ma sembra subordinare le finalità estetiche a quelle<br />

pratiche, arrivando ad opere di un raffinato manierismo. Si studiarono altresì da<br />

parte di architetti stranieri le opere di Pietro da Cortona, Carlo Maderno e Carlo<br />

Fontana; il primo indirizzò l’architettura verso un nuovo classicismo, ispirato al<br />

linguaggio bramantesco e palladiano e, insieme, alla vigorosa plasticità<br />

michelangiolesca; il secondo ebbe formazione umanistica e nello stesso tempo fu<br />

ammiratore di Michelangelo; il terzo ricercò classico equilibrio e chiarezza<br />

compositiva.<br />

Particolare, originale espressione <strong>del</strong> gusto <strong>barocco</strong> fu l’architettura di Guarino<br />

Guarini, frate <strong>del</strong>l’ordine dei teatini, che influì su molti architetti stranieri; le sue<br />

opere sono un esempio notevole di fusione spaziale, compenetrazione e<br />

successione di spazi centralizzati, mediante l’uso di muri ondulati e di pilastri<br />

d’ordine”ondeggiante”. Egli ebbe un’importanza decisiva sull’evoluzione <strong>del</strong>lo<br />

stile tra ‘600 e ‘700, non solo in Italia ma in tutta Europa dove il suo metodo fu<br />

sistematicamente adottato e portato a estremi sviluppi dai maestri tedeschi e<br />

boemi; muovendo dall’esempio <strong>del</strong> Borromini, mira a realizzare una perfetta<br />

fusione di immaginazione e raziocinio, dove il calcolo geometrico è mezzo per<br />

raggiungere un altissimo virtuosismo costruttivo e stilistico e i più sorprendenti<br />

effetti decorativi e prospettici; egli ha saputo imprimere alle più ardite fantasie<br />

formali un carattere di rigore teorico, scrisse il grande trattato di geometria e<br />

matematica ”Euclides adauctus et methodicus” (1671-’76), oltre ad opere di<br />

astronomia; nel 1737 furono pubblicati i “Quattro trattati di architettura civile”.<br />

Con tutti questi architetti si afferma, in sintesi, la concezione di uno spazio creato<br />

dinamicamente; nello stesso tempo si crea un ricchissimo repertorio decorativo<br />

con statue, stucchi, affreschi, intagli, intarsi, motivi poi applicati anche ai mobili,<br />

ai tessuti, all’oreficeria, alla scenografia e agli apparati di festa.<br />

In tutti i centri urbani più importanti d’Europa la sontuosità <strong>del</strong>le forme sulle<br />

facciate e negli interni degli edifici barocchi prese il sopravvento, nel gusto dei<br />

committenti e degli architetti, sulla stanca tradizione tardo-gotica e decorativa <strong>del</strong><br />

primo Rinascimento, conferendo così aspetto monumentale, con chiese e palazzi,<br />

alle città che ancora oggi possiamo ammirare.<br />

497


Il Rococò, rivivendo in modo originale questo aspetto, può considerarsi come<br />

l’ultima espressione <strong>del</strong>l’età barocca, un movimento stilistico sviluppatosi negli<br />

ultimi anni <strong>del</strong> regno di Luigi XIV e affermatosi durante quello di Luigi XV; con<br />

esso si attua il passaggio dal dinamico plasticismo <strong>barocco</strong> all’agile grazia<br />

<strong>del</strong>l’ornamentazione in superficie che in Francia ebbe modo di manifestarsi<br />

pienamente.<br />

Dopo la metà <strong>del</strong> secolo XVIII l’incipiente neoclassicismo contrastò con sempre<br />

maggiore successo il gusto rococò che, almeno in Francia, può considerarsi<br />

concluso poco dopo il 1760.<br />

Lo stile rocaille, da cui deriva il termine rococò, è quello <strong>del</strong>la decorazione<br />

secentesca ottenuta con conchiglie, stalattiti artificiali, strani aggruppamenti di<br />

pietre, pietrificazioni scolpite, ecc; è quello di certi edifici rustici, messi in voga<br />

dall’arte dei giardini italiani <strong>del</strong> XVII e XVIII secolo. Il gusto <strong>del</strong> rocaille in<br />

architettura è spiegabile con i precedenti <strong>del</strong> Tritone posto al sommo<br />

<strong>del</strong>l’omonima fontana berniniana sulla grandiosa conchiglia, <strong>del</strong>la fontana dei<br />

quattro fiumi in Piazza Navona e di altre minori a Roma, oltre che con alcune<br />

forme decorative dovute al Borromini e ai suoi seguaci sulle facciate degli edifici.<br />

Bisogna ricordare che nella Roma secentesca la decorazione plastica in stucco<br />

diviene parte intimamente integrante <strong>del</strong>l’architettura; dall’ambiente romano si<br />

diramano nella seconda metà <strong>del</strong> secolo XVII numerose scuole di stuccatori che,<br />

operando in tutta Italia, creano <strong>del</strong>le vere e proprie dinastie di plasticatori,<br />

affermatesi nel secolo successivo, nell’ambito <strong>del</strong> Rococò, nei maggiori centri<br />

artistici europei; l’algardiano Giovan Battista Barberini di Laino mo<strong>del</strong>lò<br />

nell’interno <strong>del</strong>la chiesa di S. Cecilia a Como rilievi preludenti a quelle grazie<br />

settecentesche, portate poi specialmente nei paesi tedeschi dagli stuccatori<br />

italiani.<br />

Tra gli stranieri citiamo P. Le Pautre, architetto e decoratore francese (sec. XVII-<br />

XVIII ) che partì da elementi desunti dal <strong>barocco</strong> italiano, ripresi nell’”arabesco” da<br />

J. Berain (decoratore e incisore, autore di scene e apparati con composizioni<br />

racchiuse entro contorni frastagliati e decorazioni capricciose e fantastiche) per<br />

creare uno stile originale nella decorazione degli interni. Infine l’influenza <strong>del</strong><br />

<strong>barocco</strong> tipicamente romano sopravvive, accanto all’esasperato decorativismo<br />

rococò, nell’opera <strong>del</strong>l’architetto G. M.Oppenord, pensionato dal 1692 al ’99<br />

<strong>del</strong>l’Accademia di Roma, dove studiò profondamente le opere <strong>del</strong> Bernini e <strong>del</strong><br />

Borromini, importante per lo sviluppo <strong>del</strong> gusto durante la Reggenza (sotto Luigi<br />

XV).<br />

Il rococò non fu semplicemente l’espressione di una tendenza artistica, ma un<br />

vero e proprio stile di vita basato sul piacere raffinato dei sensi, sull’intelligenza<br />

498


nei suoi aspetti più scettici e mirante a fare <strong>del</strong>l’esistenza un continuo<br />

compiacimento estetico. Come tale il rococò non influenzò tanto l’architettura<br />

ufficiale o quella religiosa che rimasero legate agli schemi classici o tardobarocchi<br />

e alle loro esigenze di solenne rappresentanza, ma quella degli<br />

“hotel”<strong>del</strong>l’aristocrazia e dei casini di <strong>del</strong>izie nei parchi, e soprattutto l’architettura<br />

e la decorazione degli interni e le cosiddette arti minori.<br />

Le pitture in cui trionfano i colori lucenti, i cromatismi morbidi, svolgono in luogo<br />

<strong>del</strong>le solenni allegorie barocche i temi maliziosi e frivoli <strong>del</strong>la mitologia galante e<br />

<strong>del</strong>la vita d’Arcadia. Negli oggetti si prediligono i materiali rari e preziosi, le<br />

decorazioni a stucco e le varie forme di artigianato si fondono con sorprendente<br />

leggerezza.<br />

Sinonimo di un’arte fastosa ed elegante, ispirata dall’estro e dalla ricercatezza, il<br />

Settecento fu tuttavia un’epoca di grandi e profondi fermenti durante la quale si<br />

crearono in Italia opere di altissimo respiro, prese a mo<strong>del</strong>lo dagli artisti di tutta<br />

Europa.<br />

Venezia fu uno dei centri europei più importanti <strong>del</strong> <strong>periodo</strong>, toccando il massimo<br />

<strong>del</strong>la magnificenza nelle manifestazioni <strong>del</strong>la vita pubblica e privata, nell’arte<br />

(soprattutto nella pittura e nell’architettura) e nell’artigianato; un’eccezionale<br />

vitalità culturale vigorosamente s’espande attraverso le società erudite, le<br />

accademie letterarie, le adunanze di filologi e archeologi, vibra nelle ricerche<br />

severe <strong>del</strong>lo Studio patavino, s’agita nei caffè e nei salotti alla moda, esplode nei<br />

teatri di musica e di prosa, pulsa nelle officine tipografiche.<br />

Anche Torino nella seconda metà <strong>del</strong> ‘600 e nei primi decenni <strong>del</strong> ‘700 divenne<br />

centro importantissimo specialmente in campo architettonico e <strong>del</strong>l’arredamento.<br />

Con Guarini vi penetrò il gusto <strong>barocco</strong>; alle grandiose iniziative edilizie <strong>del</strong>la<br />

corte rispose pienamente Filippo Juvarra. Il casino di caccia dei Savoia a Venaria,<br />

progettato da Amedeo di Castellamonte e ingrandito come castello di corte per<br />

ordine di Vittorio Amedeo II ad opera di M. Garove e <strong>del</strong>lo stesso Juvarra, fu<br />

studiato dagli architetti di Luigi XIV, incaricati di ampliare il castello di Versailles;<br />

la costruzione sabauda è notevole per la grandiosità <strong>del</strong>l’architettura e per la<br />

ricchezza decorativa degli interni.<br />

Napoli fu centro culturale notevole nel ‘700 soprattutto nelle arti e nella musica;<br />

la reggia di Caserta, edificata sotto Carlo III di Borbone, può benissimo reggere il<br />

confronto con quella di Versailles. Non si può non restare colpiti dalla sontuosità<br />

<strong>del</strong>le sale di rappresentanza e di ricevimento, quasi tutte tappezzate con seta di<br />

San Leucio, ricche di preziose decorazioni, di arazzi, di mobili e specchi che si<br />

snodano lungo ariosi corridoi e passetti, intorno ai quattro grandi cortili;<br />

499


icordiamo che la costruzione è alta 42 metri, lungo un fronte di 250 metri, con<br />

1200 stanze illuminate da 1790 finestre, per un’area di 44000 metri quadrati.<br />

L’ala settecentesca, appartamento vecchio, è un vero e proprio museo<br />

<strong>del</strong>l’artigianato artistico partenopeo <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong> secolo; in essa si susseguono<br />

sale con affreschi, salotti, boudoir, riccamente decorati secondo il più fastoso stile<br />

rococò; i 117 gradini che portano al salone d’onore furono realizzati in un unico<br />

blocco di pietra lumachella di Trapani; stupefacente la varietà di stucchi, ori e<br />

marmi <strong>del</strong>la cappella palatina e <strong>del</strong> teatro.<br />

Nonostante ciò, dal punto di vista architettonico la reggia segna il culmine <strong>del</strong><br />

razionalismo settecentesco europeo, ha un carattere prevalentemente funzionale,<br />

tanto che potrebbe essere addotta come il più eletto precedente <strong>del</strong>l’architettura<br />

civile, laica, moderna.Il suo autore, Luigi Vanvitelli, nell’ambito <strong>del</strong>l’architettura<br />

settecentesca, fu uno dei protagonisti <strong>del</strong>la corrente di gusto classicista,<br />

anticipando talvolta espressioni tipiche <strong>del</strong> neoclassicismo (vedi lez. n. 41);<br />

studioso di Vitruvio e <strong>del</strong> ‘500, egli è tuttavia ancora legato ai modi stilistici <strong>del</strong><br />

<strong>barocco</strong> (Juvarra) e <strong>del</strong> rococò; la sua reggia, tra le purezze “neoclassiche” di certe<br />

soluzioni, presenta effetti pittorici e prospettici affini alla ”veduta per angolo”,<br />

tipica <strong>del</strong>la scenografia settecentesca (Bibbiena). Siamo in <strong>periodo</strong> illuministico, in<br />

cui il razionalismo fonda sul classicismo la propria estetica in antitesi all’arbitrio<br />

fantastico <strong>del</strong>l’età barocca.<br />

Trattiamo ora degli artisti, architetti, scultori, pittori, decoratori italiani chiamati<br />

all’estero da sovrani, principi e prelati nei secoli XVII e XVIII, e degli stranieri che,<br />

dopo avere studiato in Italia, ritornati nei loro luoghi d’origine, estesero<br />

rapidamente il gusto <strong>barocco</strong> in Europa; aggiungiamo che mai come in questi<br />

secoli si videro tanti artisti venire in Italia da ogni parte, molti per viverci e morire<br />

come nella vera patria <strong>del</strong>le loro speranze.<br />

Gli architetti italiani, viaggiando in Europa, esportarono dei criteri di costruire le<br />

città e anche di fare cultura, che forse per la prima volta valsero a riunificarla.<br />

Ricordiamo che molti trovarono, come loro mecenati, prelati, nobili, principi e<br />

ambasciatori stranieri presso gli stati italiani; furono questi personaggi,<br />

ammiratori <strong>del</strong>le loro opere e <strong>del</strong>l’arte italiana, a incaricarli di fare progetti ed<br />

eseguire grandi lavori, conducendoli nei rispettivi paesi, o chiamandoli, una volta<br />

rientrati in patria. Per l’elenco degli edifici da loro costruiti all’estero nei secoli<br />

XVII e XVIII si rimanda all’appendice; solo per i più importanti si fa cenno in<br />

questa lezione.<br />

Per quanto riguarda le aree geografiche, i paesi nei quali il Barocco si diffuse<br />

maggiormente, spesso improntando di sé interi quartieri urbani, sono l’Austria, la<br />

Germania e la Boemia.<br />

500


Il Barocco in Austria è in una prima fase caratterizzato da intenti quasi<br />

esclusivamente ecclesiastici; con la Controriforma gli Asburgo tentarono di<br />

ricondurre al Cattolicesimo i loro domini divenuti per la maggior parte protestanti.<br />

Fu <strong>Francesco</strong> Barbaro a introdurre in Austria i dettami <strong>del</strong> Concilio di Trento dal<br />

1593 al 1616; si ricostruirono perciò le chiese e i conventi e si chiamarono da<br />

fuori nuovi ordini monastici, gesuiti, cappuccini, serviti, ecc.ai quali erano<br />

necessarie nuove case. Schiere di artigiani e artisti dalla lunga tradizione e con<br />

buona tecnica manuale emigrarono dall’Italia in Austria e poi negli altri paesi di<br />

lingua tedesca, con le loro famiglie, e vi trovarono una nuova patria; ricordiamo i<br />

Carlone (Carloni), gli Spazio, i Canevale (Ganevale, Canavall), già menzionati nella<br />

lezione sul Rinascimento, i Martinelli, i Lucchesi, i Burnacini, i Coccapani, ecc.<br />

Vienna, degna capitale <strong>del</strong>l’impero, diventa in breve la seconda capitale <strong>del</strong><br />

Cattolicesimo; lo stile <strong>del</strong>l’architettura religiosa si rifà soprattutto ai mo<strong>del</strong>li<br />

romani (S. Pietro, il “Gesù”, le chiese <strong>del</strong> Borromini, ecc.); in una successiva fase lo<br />

stile <strong>barocco</strong> si esprime al servizio <strong>del</strong>la nobiltà.<br />

Molti furono gli edifici innalzati dagli architetti italiani. Numerosi ecclesiastici<br />

contribuirono a diffondere le forme <strong>del</strong>l’arte italiana; l’abate Alessandro I <strong>del</strong><br />

Lago, dal 1600 al ’13 a Kremsmünster, volendo trasformare in modo sistematico il<br />

complesso edilizio <strong>del</strong>l’abbazia, chiamò artisti dall’Italia. Benedetto Pierini, abate<br />

di St. Lambrecht dal 1638 al ’62, chiamò in Stiria Domenico Sciassia (o Sciascia),<br />

molto attivo a Graz, sepolto nel santuario di Mariazell, da lui costruito (1644-’54).<br />

Anche l’abate di Seckau, Antonio da Pozzo, chiamò architetti italiani per<br />

l’ampliamento <strong>del</strong> complesso abbaziale.<br />

Per dare l’idea <strong>del</strong> contributo italiano, anche solo dal punto di vista <strong>del</strong>la semplice<br />

mano d’opera, ricordiamo che in Stiria nel 1638 dei dodici direttori <strong>del</strong>la<br />

corporazione dei maestri di muro e scalpellini di Graz uno solo era tedesco.<br />

Figura importante fu quella di Giovanni Pietro de Pomis al servizio <strong>del</strong>la corte<br />

arciducale di Graz, città in cui edificò il magnifico mausoleo di Ferdinando II<br />

(1614), a cupola con sacello ellittico, al quale lavorò tutta la vita; fondò nella<br />

stessa città nel 1619 la corporazione degli artisti. Nonostante le frequenti ed<br />

aspre accuse mossegli dalle autorità provinciali, la corte di Graz e l’imperatore<br />

stesso lo stimavano molto; segno di benevolenza speciale è la concessione<br />

<strong>del</strong>l’ordine <strong>del</strong> Toson d’oro conferitogli dall’imperatore contro le disposizioni<br />

degli statuti che ne vietavano il conferimento a persone non appartenenti all’alta<br />

nobiltà.Egli portò uno spirito nuovo in ogni iniziativa artistica <strong>del</strong>la Stiria; volle<br />

essere sepolto nella sua chiesa di S.Maria Ausiliatrice a Graz.<br />

501


Il mantovano Giovanni Sperandio ( Hoffingott) fu chiamato ad Innsbruck da Anna<br />

Caterina di Mantova, moglie di Ferdinando III, per costruire il convento e la chiesa<br />

<strong>del</strong>le servite.<br />

Nel 1608 fu nominato architetto di corte Bartolomeo Luchesi; la città subì un forte<br />

vento di italianità, quando alla morte di Leopoldo V, arciduca di Innsbruck (1633),<br />

la sua sposa Claudia de’Medici chiamò dall’Italia artisti, scrittori e musicisti.<br />

Un posto a parte merita Salisburgo, retta da principi-vescovi, legata alle tradizioni<br />

romane, la più italiana <strong>del</strong>le città-principato ecclesiastiche; tre successivi<br />

arcivescovi, Wolf Dietrich di Raitenau, gli italiani Marco Sittico e Paride Lodron,<br />

con la loro considerevole attività edilizia, contribuirono a fare di Salisburgo la<br />

“Roma <strong>del</strong> nord”. Nel 1604 Vincenzo Scamozzi fornì i disegni per il duomo, dalle<br />

forme colossali, e per il palazzo arcivescovile di impronta serliana; il<br />

rinnovamento edilizio <strong>del</strong>la città nel secolo XVII fu però diretto dagli architetti<br />

Santino Solari, chiamato dal Sittico e incaricato poi dal Lodron di rinnovare le<br />

fortificazioni, e Antonio Dario. Il primo edificò il duomo secondo mo<strong>del</strong>li romani,<br />

la più imponente e la più italiana <strong>del</strong>le chiese d’oltralpe, a pianta basilicale (1614-<br />

’34); venne sepolto nel cimitero di S. Pietro (la tomba è ornata <strong>del</strong> suo ritratto,<br />

eseguito dal figlio Ignazio). Il secondo progettò il santuario di Maria Plain presso<br />

la città, ricostruì la collegiata di Seekirchen e diresse i lavori <strong>del</strong>l’abbazia di S.<br />

Florian.<br />

Gaspare Zuccalli (sec.XVII-XVIII) costruì la chiesa di S. Erhard a pianta centrale con<br />

cupola, tre absidi, facciata porticata e due torri; nel 1685 edificò S. Massimiliano a<br />

pianta ovale e cupola.<br />

Per quanto riguarda gli architetti italiani a Vienna, Giovan Battista Carlone fu al<br />

servizio dei principi di Liechtenstein dal 1605 al ’29; nel ’20 fu nominato<br />

architetto di corte.<br />

Cipriano Biasino fu una figura rappresentativa <strong>del</strong>la colonia italiana nella capitale<br />

austriaca; a lui e a Simone Retacco, architetti di corte, fu affidato l’incarico di<br />

firmare un accordo con la corporazione dei maestri muratori tedeschi nel 1627.La<br />

sua attività contribuì moltissimo al trionfo <strong>del</strong>l’arte barocca in Austria; è sepolto<br />

nella sua chiesa a Krems.<br />

Filiberto Luchesi al servizio <strong>del</strong>l’imperatore nel 1646 creò il “castrum doloris” per<br />

la morte <strong>del</strong>l’imperatrice Maria, e progettò l’ala Leopoldina <strong>del</strong>lo “Hofburg” (1660)<br />

secondo mo<strong>del</strong>li romani, che da anni si erano imposti: ne è esempio la facciata<br />

<strong>del</strong>la chiesa dei domenicani (1634).<br />

Giovanni Burnacini fu chiamato dall’imperatore Ferdinando III, sposo di Eleonora<br />

Gonzaga, nel 1652, ed ebbe il titolo di primo architetto di corte. Il figlio Ludovico<br />

502


Ottavio gli successe e a lui principalmente si deve il rinnovamento <strong>del</strong>la vita<br />

artistica di Vienna; egli divenne arbitro di ogni attività edilizia.<br />

La città dopo il pericolo turco (1683) rinacque a nuova vita; Leopoldo I e Carlo VI,<br />

amanti <strong>del</strong>le arti, ne fecero un centro culturale importantissimo, chiamando anche<br />

famosi artisti italiani.<br />

Notevole architetto fu Domenico Martinelli (sec. XVII-XVIII ), che costruì il palazzo<br />

Liechtenstein e si recò per ordine <strong>del</strong>l’imperatore a Praga, in Moravia, a Varsavia<br />

per fornire mo<strong>del</strong>li di edifici militari, civili e religiosi, vigilandone la costruzione;<br />

viaggiò anche in Prussia e in Olanda dove diede disegni e consultazioni di<br />

architetture; egli portò la tendenza romana nell’Europa <strong>del</strong> nord, esercitandovi<br />

forte impulso.<br />

Nel 1702 fu chiamato a Vienna Andrea Pozzo dall’imperatore Leopoldo I, cui<br />

dedicò il famoso trattato di prospettiva; egli trasformò la chiesa dei gesuiti (vedi<br />

parte riguardante la pittura).<br />

Donato Felice Allio, <strong>del</strong>la Valtellina,allievo di J. B. von Erlach,fu uno dei più<br />

importanti artisti arrivi a Vienna dove ebbe anche incarichi ufficiali: nel 1731 di<br />

vice-ingegnere imperiale e nel ’50 di ingegnere imperiale <strong>del</strong>le fortificazioni . Le<br />

sue opere più interessanti sono la chiesa dei salesiani, uno dei migliori<br />

monumenti barocchi di Vienna, a pianta ovale dilatata in cappelle laterali, coperta<br />

da cupola ellittica (decorata con affreschi di G. A. Pellegrini) e il grandioso<br />

progetto di ricostruzione <strong>del</strong> convento degli agostiniani di Klosterneuburg, che<br />

secondo le intenzioni di Carlo VI avrebbe dovuto essere un palazzo <strong>del</strong> tipo<br />

<strong>del</strong>l’Escorial, e cioè , nel contempo, convento e residenza: Interrotto alla morte<br />

<strong>del</strong>l’imperatore(1740), il piano che contemplava nove cupole fu attuato solo per<br />

una piccola parte, comprendente due cupole con i graziosissimi , estrosi camini,<br />

tuttora esistenti.<br />

Ricordiamo attivi in altre località <strong>del</strong>l’Austria Domenico Carlone, autore <strong>del</strong><br />

castello Traun presso Petronell; Carlo Martino Carlone che progettò la villa di<br />

Eisenstadt; Carlo Antonio Carlone che ricostruì il castello Esterhàzy e la chiesa <strong>del</strong><br />

convento di Kremsmünster, progettò la grandiosa trasformazione <strong>del</strong> monastero<br />

carolingio di S. Florian (1686), uno dei più imponenti complessi <strong>del</strong>l’Austria, con<br />

la basilica ad una sola navata, cappelle laterali e gallerie, cupola e facciata a due<br />

torri; i Carlone edificarono anche la chiesa <strong>del</strong> convento di Garsten, a una navata<br />

con cappelle laterali, gallerie, facciata a due torri: motivi ricorrenti, ripresi sia dalla<br />

chiesa <strong>del</strong> Gesù, sia dalle chiese borrominiane di Roma; lavorarono anche a<br />

Klosterneuburg e a Schlierbach.<br />

Nell’anno 1600 fu chiamato a Praga dall’imperatore Rodolfo II Giovanni Maria<br />

Filippi; egli fu il responsabile di tutti i lavori edilizi <strong>del</strong> castello reale e <strong>del</strong> suo<br />

503


giardino, come pure dei castelli reali nella Boemia centrale (Brandeis, Lysa,<br />

Prerov); partecipò a diverse commissioni riguardanti i problemi edilizi dei quartieri<br />

di Praga, fu nominato “praefectus fabricae caesariae majestatis”; negli edifici nuovi<br />

<strong>del</strong> castello reale, nell’ala di collegamento tra il palazzo di rappresentanza e il<br />

palazzo meridionale (comprendente le sale <strong>del</strong>l’imperatore e le gallerie di pittura),<br />

egli costruì una scala elicoidale e un padiglione al posto <strong>del</strong>la sommità <strong>del</strong>la torre,<br />

a due piani; nel 1602 eresse le nuove scuderie, progettò al di sopra <strong>del</strong> palazzo<br />

una vasta sala, detta spagnola, realizzata da Martino de Gambarinis con la<br />

collaborazione <strong>del</strong>lo scultore Giovan Battista Quadri e <strong>del</strong>lo scalpellino Giovanni<br />

Antonio Brocco; nel ‘06 progettò una porta d’ingresso al mulino imperiale,<br />

disegnò nel ’12 il castrum doloris per la morte di Rodolfo II; per il successore<br />

Mattia costruì l’ala tra il primo e il secondo cortile <strong>del</strong> castello reale, una scala e<br />

una porta monumentale, progettò forse il municipio <strong>del</strong>la città minore, i due<br />

portali <strong>del</strong>la chiesa di S. Rocco nel monastero di Strahov, scolpiti nel ’18 da<br />

Giovan Battista Bussi.<br />

Anche se dopo la morte di Rodolfo II (1612) la corte si trasferì da Praga a Vienna,<br />

la città boema continuò ad essere abbellita da molti architetti ed artisti italiani.<br />

In quegli anni operò Vincenzo Scamozzi che costruì le porte <strong>del</strong>la cinta fortificata<br />

(tutte poi demolite tranne quella detta “dei francesi”) e il portale <strong>del</strong> castello<br />

(ricordiamo, a proposito <strong>del</strong> castello reale, che per iniziativa <strong>del</strong>l’imperatrice Maria<br />

Teresa e ad opera di Anselmo Martino Lurago il complesso <strong>del</strong>la grande struttura<br />

medioevale e rinascimentale fu stilisticamente unificato dal 1758 al ’75).<br />

Nella Mala Strana, quartiere aristocratico che in molti angoli e scorci ricorda città<br />

italiane con vie strette e in pendio, chiese, giardini, conventi, palazzi <strong>del</strong>la vecchia<br />

nobiltà, si stabilì la colonia italiana; Domenico de Orsi ne fu uno dei maggiorenti.<br />

Su un terreno da lui venduto alla congregazione degli Italiani, egli stesso costruì<br />

dal 1608 al ’17 il loro ospedale e la cappella <strong>del</strong>l’Assunzione. Sappiamo dalle<br />

cronache relative al <strong>periodo</strong> 1603-’23 che anche ai muratori e scalpellini italiani<br />

fu concesso il diritto di cittadinanza¸il Marini fu direttore dei lavori di un quartiere<br />

intero; è riportato nelle cronache <strong>del</strong> 1680 che nella sola Praga lavoravano<br />

ventotto architetti italiani e solo sette tedeschi.<br />

In tutta la Boemia sorgono o sono rinnovati numerosi castelli; quello di Plumlov<br />

(1680) con gli ordini sovrapposti rievoca un teatro romano.<br />

Anche a Praga, con l’espandersi <strong>del</strong>le nuove tipologie imposte dalla Controriforma<br />

e <strong>del</strong>la nuova concezione stilistica, gli architetti introdussero nelle costruzioni<br />

religiose esempi romani, come nella chiesa di S. Maria Maggiore (1610-’26); la<br />

bella chiesa di S. Ignazio, opera <strong>del</strong> De Orsi, quella dei cappuccini (<strong>del</strong>lo stesso, di<br />

Domenico Canevale e di altri), la cappella italiana aggiunta al Clementinum, a<br />

504


pianta ellittica con cupola, sono tra i più begli esempi <strong>del</strong> gusto <strong>barocco</strong>. Decenni<br />

più tardi il Guarini mandò il progetto <strong>del</strong>la chiesa di S. Nicola a Mala Strana, e i<br />

disegni per S. Maria di Ettinga.<br />

Per l’architettura civile il discorso è diverso: il palazzo Cernin, di <strong>Francesco</strong><br />

Caratti, ha un’immensa facciata che ricorda i palazzi fiorentini e il Palladio; <strong>del</strong>lo<br />

stesso è il palazzo Nosticz. Esempi lombardi sono nell’edificio <strong>del</strong> Clementinum,<br />

citta<strong>del</strong>la gesuitica <strong>del</strong>la Controriforma, opera di Carlo Lurago, nel palazzo<br />

Pernstein, <strong>del</strong>lo stesso architetto, e nel palazzo Michna; il palazzo Waldstein, il<br />

primo pienamente <strong>barocco</strong> <strong>del</strong>la città (1623), di Andrea Spezza, Giovan Battista<br />

Marini e <strong>Francesco</strong> Pierroni, presenta la meravigliosa loggia di Baccio <strong>del</strong> Bianco,<br />

che sembra tolta di peso dalla genovese villa Cambiaso.<br />

Tra gli altri palazzi di Praga sono da ricordare il Toscana (1689) di P. Antonio<br />

Fontana e Marcantonio Canevale, il Lobkovicz (1702) di Giovan Battista Aliprandi<br />

(o Alliprandi o Alibrandi). Questi, anche architetto militare, tracciò il disegno per<br />

la colonna <strong>del</strong>la peste; al servizio <strong>del</strong> conte Cernin diresse la costruzione <strong>del</strong><br />

castello di Kosmonosy; gli è attribuito anche il progetto <strong>del</strong> castello di Liblice,<br />

ritento il suo capolavoro.<br />

A Kutna Hora è notevole il collegio dei gesuiti, grandiosa costruzione di Carlo<br />

Lurago; a Walditz la certosa di Andrea Spezza.<br />

Tra il XVII e il XVIII secolo troviamo in Boemia, a Litomerice, Giulio e Ottaviano<br />

Broggio; quest’ultimo lavorò anche per Anna Maria Francesca di Sassonia-<br />

Lanenberg, granduchessa di Toscana, a Grossmerchtal; a Praga Anselmo Martino<br />

Lurago (sec.XVIII) edificò il palazzo Kinski.<br />

Che l’ambiente locale fosse pronto ad accogliere la nuova sintassi spaziale<br />

barocca è dimostrato dalla relativa rapidità con cui anche in Slovacchia e in<br />

Moravia questo stile si diffuse. Bratislava presenta numerosi edifici con<br />

caratteristiche italiane, nella regione di Spis i campanili ricordano quelli <strong>del</strong>le<br />

chiese <strong>del</strong>l’Italia settentrionale. Ad Olomouc l’ospedale militare fu rifatto da<br />

Baldassarre Fontana nel 1686 ad imitazione <strong>del</strong>l’Escuriale. A Brno e in altre<br />

località <strong>del</strong>la Moravia Andrea Erna e il figlio Giovan Battista furono al servizio dei<br />

principi Liechtenstein, <strong>del</strong> vescovo <strong>Francesco</strong> di Driechstein e di prelati generali di<br />

ordini religiosi; Andrea divenne membro <strong>del</strong> consiglio municipale di Brno e fu<br />

nobilitato, definito nel 1669 “celeber in provincia ac primarius architectus”.<br />

Il gusto italiano si avverte anche negli edifici praghesi costruiti da architetti<br />

boemi, francesi e tedeschi nei secoli XVII e XVIII.<br />

Il massimo rappresentante <strong>del</strong>l’architettura tardo-barocca boema fu Giovanni<br />

Aichel Santini, nato a Praga da famiglia di intagliatori di pietra proveniente<br />

dall’Italia settentrionale, stabilitasi in Boemia verso il 1650; egli compì gli studi in<br />

505


Italia e la sua arte ha molti contatti con lo stile di architetti italiani, per esempio<br />

nella cappella <strong>del</strong> bosco di Lomec (1692), in cui lo schema planimetrico rivela<br />

l’influenza di S. Ivo alla Sapienza <strong>del</strong> Borromini e il baldacchino quella <strong>del</strong> Bernini.<br />

Di stampo guariniano è la chiesa di S. Nicola a Mala Strana, dei tedeschi Christoff<br />

e Ignaz Kilian Dientzenhofer che fecero un viaggio di studio in Italia; caratteri<br />

italiani si ritrovano nella chiesa di S. Maria di Brenov, opera <strong>del</strong> primo, mentre S.<br />

Nicola, <strong>del</strong> secondo, nella città vecchia è paragonata a S. Agnese <strong>del</strong> Borromini, e<br />

altre sue chiese conferiscono a Praga il particolare carattere <strong>barocco</strong> come S.<br />

Tommaso e soprattutto S. Giovanni nella roccia, considerata per il suo violento<br />

dinamismo plastico il più tipico esempio di chiesa barocca boema. L’autore studiò<br />

a Roma le architetture di Carlo Fontana presso cui si formò anche il francese J. B.<br />

Mathey che dava progetti e disegni e per la loro esecuzione si affidava agli<br />

imprenditori Lurago, Carlone, Broggio, ecc, molto attivi a Praga in quel <strong>periodo</strong> (S.<br />

<strong>Francesco</strong> dei Crociferi, S. Giuseppe, Castello di Troia, ecc.). Influssi lombardi<br />

rivela il collegio di S. Ignazio di P. I. Bayer mentre il palazzo Clam Gallas di J. B.<br />

Fischer von Erlach quelli borrominiani (vedi oltre).<br />

La diffusione <strong>del</strong>l’arte italiana nelle città tedesche fu resa possibile nel secolo XVII<br />

dall’interesse e dal mecenatismo dei principi, dei vescovi e <strong>del</strong>la nobiltà. Il castello<br />

ducale di Oldenburg (Bassa Sassonia) fu trasformato da Andrea Spezza; il castello<br />

di Celle fu ricostruito con largo intervento di maestranze italiane sotto la guida di<br />

Lorenzo Bedogni, chiamato nel 1662 ad Hannover (Sassonia) da Giorgio Guglielmo<br />

per rinnovare molti edifici nei suoi territori, una costruzione dalle enormi<br />

proporzioni e dalle soluzioni grandiosamente barocche.<br />

Giacomo Quirini nel 1708 ebbe la direzione di tutta l’edilizia di Hannover e<br />

notevole fu la sua influenza su quella di Charlottenburg; la regina Sofia Carlotta e<br />

il duca Ernesto Augusto si affidarono al suo consiglio nelle questioni artistiche e<br />

per loro il Quirini diresse gli acquisti di opere d’arte, molte <strong>del</strong>le quali italiane.<br />

Notevole è il castello di Nymphenburg presso Monaco, fatto edificare verso il<br />

1664 dal duca Ferdinando Maria, elettore di Baviera per Enrichetta A<strong>del</strong>aide di<br />

Savoia, sua moglie (ambedue favorirono le arti e gli artisti italiani); si successero<br />

nella direzione dei lavori Agostino Barelli che portò dall’Italia un seguito di<br />

capomastri e decoratori, Enrico Zuccalli che dal 1685 costruì in stile<br />

classicheggiante la parte centrale a cinque piani con doppia scalinata esterna, e<br />

Giovanni Antonio Viscardi (Vischard) che progettò i quattro edifici laterali, assai<br />

più severi, innalzati nel 1704.<br />

Enrico Zuccalli, appartenente a una famiglia di architetti e decoratori operosi in<br />

Germania e in Austria tra il XVII e il XVIII secolo, divenne a Monaco architetto<br />

superiore <strong>del</strong>la corte e dal 1685 direttore generale per i lavori di costruzione in<br />

506


quegli stati; è autore <strong>del</strong> grandioso palazzo reale di Schleisseim, di alcuni palazzi<br />

a Monaco, e <strong>del</strong> santuario di Altötting.<br />

Giovanni Antonio Viscardi (sec. XVII-XVIII) è autore <strong>del</strong>la chiesa di S. Trinità a<br />

Monaco e di quella di corte a Furstenfeld, fu a capo di una fiorente impresa<br />

edilizia che dominò per un secolo l’attività costruttiva <strong>del</strong>la Baviera, dove con lo<br />

Zuccalli fu il più significativo esponente <strong>del</strong>l’influsso italiano.<br />

Per tutto il secolo XVII e per i primi anni <strong>del</strong> successivo rappresentanti <strong>del</strong>le<br />

famiglie di architetti Albertalli (Alberthal), Barbieri (Balbierer), Angelini (Engel) e<br />

Gabriele de Gabrieli furono al servizio dei vescovi di Eichstätt in Franconia;<br />

ricordiamo che Giovanni Albertalli per la costruzione <strong>del</strong> Willibaldsburg fece venire<br />

dall’Italia duecento operai; il de Gabrieli assunse anche la direzione dei lavori<br />

edilizi a Bayreuth e fu chiamato dal margravio di Ansbach in Baviera (sec. XVII-<br />

XVIII).<br />

Antonio Petrini introdusse lo stile <strong>del</strong>l’Italia settentrionale in Franconia, a<br />

Bamberga e a Wurzburg (con la chiesa capitolare Haug), e in Renania dove fu<br />

architetto <strong>del</strong> principe-vescovo e <strong>del</strong>l’elettore di Magonza; alle sue dipendenze<br />

lavorarono molti italiani. In questo stesso stile, dalla tradizione ancora piuttosto<br />

manieristica, è il duomo di Passavia, costruito da Carlo Lurago nel 1668, e la<br />

chiesa dei carmelitani a Ratisbona ( <strong>del</strong>lo stesso). Ricordiamo che a Bamberga fu<br />

architetto di corte Giacomo Bonalino.<br />

Al <strong>barocco</strong> romano e precisamente al mo<strong>del</strong>lo di S. Andrea <strong>del</strong>la Valle si rifà la<br />

chiesa dei teatini a Monaco, opera di Agostino Barelli, a cui Enrico Zuccalli diede in<br />

seguito due torri laterali, secondo il tipo <strong>del</strong> duomo di Salisburgo (1663-’88).<br />

Notevole è la cappella di S. Elisabetta nel duomo di Breslavia in Slesia, fondata e<br />

fatta costruire dal langravio Federico di Assia-Darmstadt che, convertitosi al<br />

cattolicesimo a Roma e creato cardinale, fu vescovo <strong>del</strong>la città dal 1671 al ’82: la<br />

cappella è opera di Giacomo Scianzi, architetto e pittore, nel più puro stile<br />

<strong>barocco</strong>. Lavorò in Slesia anche Giulio Simonetti ( sec. XVII-XVIII).<br />

Nel Palatinato operò Matteo Alberti che costruì il castello di Bensberg, un<br />

grandioso edificio che si ispira a quello di Versailles con la parte decorativa in<br />

puro stile <strong>barocco</strong> italiano; la sua chiesa <strong>del</strong>le orsoline a Colonia ha una superba<br />

facciata e un notevole interno.<br />

Il romano <strong>Francesco</strong> Chiaveri (sec. XVII-XVIII), chiamato dal langravio Carlo d’Assia<br />

a Cassel, eresse il castello di Wilhelmshöhe con la” piramide”e le famose “cascate”<br />

di Ercole nel parco, tipico progetto <strong>barocco</strong>, uno dei più grandiosi che siano stati<br />

concepiti, in cui l’architettura e il paesaggio si fondono in un insieme organico.<br />

Capolavoro d’architettura italiana nei paesi germanici è la chiesa di corte a<br />

Dresda, eretta tra il 1739 e il ’56 su progetti di Gaetano Chiaveri, una basilica a<br />

507


cinque navate collegata a un corpo centrale; Augusto III di Sassonia che favorì<br />

l’arte italiana e creò una mirabile collezione di opere di pittura (per la Madonna<br />

sistina di Raffaello versò nel 1754 la cifra record di 17000 ducati), convertitosi al<br />

cattolicesimo nel 1712, incaricò il Chiaveri di costruire la chiesa cattolica,<br />

nonostante l’opposizione degli architetti tedeschi, aderenti al classicismo francese<br />

o al gusto rococò; assistenti ai lavori furono F. Placidi, A. Zucchi, Maffeo Chiaveri,<br />

nipote di Gaetano. L’architetto cinse la navata, chiusa in semicerchio ai lati brevi<br />

con un ambulacro, di sopra ad esso con tribune e all’estremità con una larga<br />

cintura di cappelle.<br />

Donato Giuseppe Frisoni fu chiamato dal duca Eberardo Luigi <strong>del</strong> Württemberg nel<br />

1709 come collaboratore di J. F. Nette nella costruzione <strong>del</strong> grande castello reale<br />

di Ludwigsburg; morto il Nette nel ’13, il Frisoni, con Paolo Retti collaboratore,<br />

modificò gli antichi progetti. Si deve a lui non solo il palazzo, il primo grandioso<br />

fabbricato sorto in Germania dopo la guerra dei Trent’anni su mo<strong>del</strong>lo di<br />

Versailles, una <strong>del</strong>le più eleganti dimore principesche, ma tutto l’imponente<br />

complesso, composto di diciotto corpi di fabbrica, 452 camere e tre cortili, edifici<br />

tutti coronati da balaustrate all’italiana, e anche la pianta <strong>del</strong>la città sorta attorno<br />

al palazzo. L’abate S. Hyllerche, trovandosi a Stoccarda nel ’17, conosciuto il<br />

Frisoni, direttore <strong>del</strong>le costruzioni <strong>del</strong> ducato, gli propose di lavorare a<br />

Weingarten; qui lasciò i progetti <strong>del</strong>l’abbazia. La sua opera ebbe grande<br />

importanza per l’architettura tedesca <strong>del</strong> secolo XVIII.<br />

A lui successe come architetto di corte Leopoldo Retti che fu anche primo<br />

architetto ad Ansbach e progettò tra l’altro i prospetti <strong>del</strong> Neues Schloss di<br />

Stoccarda (1750).<br />

L’elettore palatino Carlo Filippo fece di Mannheim un centro culturale notevole;<br />

Alessandro Galli Bibiena collaborò all’edificazione <strong>del</strong> palazzo granducale, costruì<br />

il convento e la chiesa dei gesuiti sul mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> “Gesù” di Roma, il teatro e il<br />

palazzo <strong>del</strong>la mercanzia. Lavorarono a Mannheim anche Lorenzo Quaglio e<br />

<strong>Francesco</strong> Raballiati.<br />

Per il margravio <strong>del</strong> Baden Domenico Egidio Rossi costruì il castello di Rastatt.<br />

Giovanni Gaspare Bagnato, autore <strong>del</strong>la facciata orientale <strong>del</strong> duomo di San Gallo,<br />

fu architetto ufficiale <strong>del</strong>l’ordine teutonico e direttore edilizio nelle regioni<br />

meridionali <strong>del</strong>la Germania e in Svizzera, dove operò anche il figlio <strong>Francesco</strong>.<br />

Citiamo ora alcuni architetti di lingua tedesca che si formarono in ambiente<br />

romano o furono imitatori <strong>del</strong> <strong>barocco</strong> italiano.<br />

A.Ospel e J. C. Schlaun furono borrominiani ( S. Clemente a Münster, <strong>del</strong> secondo,<br />

ricorda nella pianta S. Ivo alla Sapienza); G. B. Fischer von Erlach studiò per<br />

quindici anni in Italia, prima a Napoli come scultore e mo<strong>del</strong>latore nella bottega di<br />

508


P. Schorr, berniniano, e nel 1680 fu a Roma dove ammirò le opere <strong>del</strong> Borromini;<br />

costruì a Vienna la chiesa di S. Carlo Borromeo, coronata da un’alta cupola,<br />

preceduta da un portico classico, fiancheggiata da due colonne ispirate alla<br />

colonna traiana. M. D. Pöppelmann studiò a Roma in particolare le opere di<br />

Borromini e Carlo Fontana. J. L. von Hildebrandt, nato a Genova, trascorse la<br />

giovinezza in Italia; nel 1696 si stabilì a Vienna, dedicandosi dapprima a<br />

un’edilizia religiosa chiaramente derivata dalle idee <strong>del</strong> Guarini ( chiesa dei piaristi<br />

a Vienna, chiesa di Gabel presso Praga); la sua carriera di architetto di palazzi con<br />

giardino ( per i quali guardò anche agli edifici genovesi studiati direttamente in<br />

gioventù) culminò nel grande castello <strong>del</strong> Belvedere a Vienna per il principe<br />

Eugenio, dalla ricca decorazione plastica all’italiana. A. Schluter, architetto e<br />

scultore, fu nel 1696 a Roma; è autore <strong>del</strong> castello reale di Berlino che ha analogie<br />

nella facciata sud e nel secondo cortile con il palazzo Madama; nello Zeughaus di<br />

Berlino le decorazioni con maschere di guerrieri ai settantasei frontoni <strong>del</strong>le<br />

finestre e dei portali, testimoniano l’influenza <strong>del</strong>la classicità romana; il gusto<br />

berniniano si nota nella torre <strong>del</strong>la zecca e nella villa Kamecke a Berlino. J.<br />

Prandtauer completò in stile tardo-<strong>barocco</strong> il monastero degli agostiniani a S.<br />

Florian, iniziato da Carlo Antonio Carlone. Egid Quirin Asam, architetto, scultore,<br />

stuccatore, approfondì a Roma dal 1712 al ’14 la conoscenza <strong>del</strong>l’arte <strong>del</strong> Bernini<br />

e <strong>del</strong> Borromini. J. Effner si perfezionò in Italia oltre che in Francia. Christoph<br />

Dientzenhofer è particolarmente interessante per l’assimilazione <strong>del</strong> <strong>barocco</strong><br />

italiano. La Chiesa dei gesuiti a Bamberga, di Georg Dientzenhofer, ha la pianta<br />

che richiama quella <strong>del</strong> Gesù a Roma. Johann Dientzenhofer visitò Roma nel 1719<br />

e, tornato in patria, costruì il nuovo duomo di Fulda sul mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>l’interno<br />

borrominiano <strong>del</strong>la basilica di S. Giovanni in Laterano. Kilian Ignaz studiò a Roma<br />

le architetture di Carlo Fontana. J. B. Neumann nella residenza di Wurzburg trovò<br />

un collaboratore congeniale in Giovan Battista Tiepolo; trasse motivi dal Guarini,<br />

oltre che dagli architetti francesi. S. L. du Ry si perfezionò a Vicenza ove studiò il<br />

Palladio, e fu ad Ercolano nel <strong>periodo</strong> degli scavi; a Cassel il Museum<br />

fredericianum, suo capolavoro, è ispirato a mo<strong>del</strong>li italiani. K. Von Gontard subì<br />

dapprima l’influsso di Carlo Bibiena a Mannheim, poi studiò presso il Blon<strong>del</strong> a<br />

Parigi, accostandosi ai suoi modi classicheggianti, nel 1754 fu in Italia.<br />

Ricordiamo che di cultura e formazione italiana furono i ticinesi Artaria,Fossati,<br />

Luchesi, Neurone,Pelli,Porta, Ricca, A. Spezza; grigionesi furono Albertalli,<br />

Angelini, Barbieri, Bonalino, Camesino, Canta, Comacio, De Sala,De Gabrieli,<br />

Lazaro, Marca, Mazio, Piazza, Riva, Sale, Sciascia, Serro, Simonetti, Valentini,<br />

Viscardi, Zuccalli, ecc.<br />

509


In Ungheria, nelle numerose costruzioni dei gesuiti, è evidente l’influsso <strong>del</strong><br />

<strong>barocco</strong> romano, in cui sono altresì assimilati elementi francesi e tedeschi.<br />

Seguono lo schema planimetrico <strong>del</strong> “Gesù” la chiesa universitaria di Nagyzombat<br />

di Pietro Spezza e la chiesa dei serviti a Lorettom (1651-’59) di Carlo Martino<br />

Carlone.<br />

Tra gli autori di edifici civili ricordiamo Venerio Ceresola, dal 1662 nominato<br />

“Caesarius artis murariae architectus” a Vienna; dal ’86 risiedette a Buda dove<br />

diresse la ricostruzione militare e civile <strong>del</strong>la città dopo la cacciata dei Turchi; nel<br />

’90 fondò la corporazione <strong>del</strong>l’arte muraria di Buda e una scuola di muratori, per<br />

la maggior parte italiani, dei quali ricordiamo Giovanni Battista e Giacomo Chiesa,<br />

Marco Gelpio e Antonio Maggi. Il suo capolavoro esistente ancora oggi è il<br />

municipio in piazza <strong>del</strong>la S. Trinità a Buda, costruito negli anni 1688-’92. Benché<br />

l’edificio, squadrato ad un solo piano, sia stato parecchie volte riedificato e<br />

restaurato, mostra ancora chiaramente la forma originaria in stile <strong>barocco</strong> italiano<br />

con una decorazione armoniosa. Nella stessa piazza era in origine anche il<br />

monumento alla S. Trinità, eseguito da Venerio nel 1700 in collaborazione con<br />

Bernardo Ferretti, tagliapietre. Sostituita poco dopo con un monumento più ricco<br />

e più grande, l’opera di Venerio fu trasportata in un sobborgo di Buda. Per la sua<br />

attività vasta e variata e per la sua influenza come organizzatore e maestro,<br />

Venerio può essere considerato uno dei principali propagatori <strong>del</strong>l’architettura<br />

barocca in Ungheria.<br />

Molti architetti, esperti in fortificazioni, chiamati per erigere difese contro<br />

l’invasione turca, riedificarono chiese e palazzi distrutti nei secoli XVII e XVIII.<br />

Giovanni Landi costruì l’ala nuova <strong>del</strong> castello di Szàmosuivar e restaurò il palazzo<br />

<strong>del</strong> principe Bethlen ad Albajulia; Agostino Serena edificò il castello di Radnot.Tra<br />

il XVII e il XVIII secolo operarono Domenico Martinelli, autore <strong>del</strong>la chiesa degli<br />

Olivetani presso Nytra; Giovan Battista Martinelli che fu al servizio <strong>del</strong>la regia<br />

camera aulica ungherese; Fortunato Prati che progettò il palazzo reale di Budapest<br />

e il palazzo degli Invalidi; Giovan Battista Ricca, ecc.<br />

In Polonia il <strong>barocco</strong> italiano fu introdotto durante il regno dei Wasa; nel 1624 il re<br />

Ladislao venne in Italia con il desiderio di conoscere gli ambienti artistici più<br />

significativi, di prendere contatto con artisti e uomini di cultura che poi chiamerà<br />

alla sua corte.<br />

Nel campo <strong>del</strong>l’architettura religiosa fu soppiantata dai modi <strong>del</strong>la Controriforma<br />

la tradizione gotica, con la costruzione di chiese a pianta centrale sormontate da<br />

una cupola ( chiese di S. Casimiro e dei SS. Pietro e Paolo a Vilna in Lituania );<br />

anche il tipo a croce latina (S. Andrea <strong>del</strong>la Valle a Roma ) fu presa a mo<strong>del</strong>lo, a<br />

Kalisz e a Cracovia.<br />

510


Giovanni Trevano, autore <strong>del</strong>la chiesa dei gesuiti a Cracovia, fu il promotore <strong>del</strong><br />

nuovo stile nell’edilizia profana, trasformò parzialmente il castello <strong>del</strong> Wavel; a<br />

Varsavia, divenuta capitale nel 1596, fece <strong>del</strong> castello reale un pentagono<br />

includente parte <strong>del</strong>l’edificio medioevale (1597- 1619). Lo stile italiano si impose<br />

anche nei palazzi signorili di Vilna, Wisniecz, Zloczòw, ecc. Tra i numerosi<br />

conventi degno di particolare menzione è quello dei camaldolesi a Bielany, con la<br />

chiesa, opera di Andrea Spezza ( Spazio).<br />

Giovan Battista Gisleni costruì la cappella sepolcrale dei Wasa nella cattedrale di<br />

Cracovia con ricchissima decorazione; Costante Tencalla e lo scultore Clemente<br />

Molli innalzarono a Varsavia la colonna di Sigismondo III (1644).<br />

Una seconda fioritura <strong>del</strong> Barocco si ha sotto il re Giovanni III Sobieski nell’ultimo<br />

quarto <strong>del</strong> secolo XVII, dopo una serie di guerre che avevano causato enormi<br />

distruzioni di molte chiese e palazzi. Tra i castelli edificati ricordiamo quello di<br />

Krzytopor di Lorenzo Moretto, quello, altrettanto imponente, di Podhorce, e tra i<br />

palazzi quello di Giovanni Sobieski a Wilanow, opera di Agostino Locci, nato a<br />

Cracovia da genitori italiani. In questo <strong>periodo</strong> si diffonde uno stile <strong>barocco</strong> meno<br />

romano, sempre con l’egemonia degli architetti italiani. Molti edifici furono eretti<br />

su mo<strong>del</strong>li ripresi dal <strong>barocco</strong> piemontese nello stile <strong>del</strong> Guarini, altri dalle<br />

sontuose forme veneziane; S. Maria <strong>del</strong>la Salute di Venezia ispirò due chiese,<br />

quella dei camaldolesi a Pozajscie, opera di Ludovico Fredo e P. Puttini, e quella di<br />

Swietà Gora presso Gostyn, opera di Andrea Catenacci ( la cupola sarà costruita da<br />

Pompeo Ferrari).<br />

Nel 1698 i gesuiti di Poznan incaricarono Giovanni Catenacci di proseguire la<br />

costruzione <strong>del</strong>la navata trasversale e <strong>del</strong> coro <strong>del</strong>la loro chiesa; questa<br />

commissione data ad un architetto proveniente da Lezno, dove Giovanni si era<br />

stabilito con il padre Andrea, provocò un’accesa reazione da parte <strong>del</strong>la<br />

corporazione dei muratori <strong>del</strong>la città, ma il lungo processo che ne seguì confermò<br />

la ragguardevole posizione raggiunta dai Catenacci ( che introdussero in Polonia<br />

grandiose forme barocche con un’accentuata tendenza verticalistica degli edifici),<br />

come di tutti gli architetti italiani che ebbero fortuna in quelle regioni.<br />

Durante il tardo <strong>barocco</strong> che abbraccia il regno di Augusto II e l’inizio <strong>del</strong> regno di<br />

Augusto III, elettori di Sassonia (1700-’40), sono molto vivi nell’ambiente di corte<br />

i rapporti tra Varsavia e Dresda; opera Gaetano Chiaveri, borrominiano, autore di<br />

molti edifici a Varsavia e in provincia ( a lui si deve la ricostruzione <strong>del</strong> castello<br />

reale). Nella capitale furono attivi anche Giuseppe Bellotti, autore <strong>del</strong>la villa<br />

Murano che diede il nome al quartiere Muranow, e Giuseppe Fontana.<br />

Attorno a Poznan e a Gniezno sorsero o si ricostruirono chiese ad opera <strong>del</strong><br />

borrominiano Pompeo Ferrari.<br />

511


Il Rococò si sviluppò dal 1740 fino alla morte di Augusto III (1763); Leopoli ne fu il<br />

centro più importante, con la cattedrale, opera di Bernardo Merettini. A Varsavia<br />

operò Giacomo Fontana, figlio di Giuseppe, e a Cracovia <strong>Francesco</strong> Placidi.<br />

Tra gli architetti polacchi citiamo B. Wasoski, gesuita, che progettò con Tommaso<br />

Poncino la monumentale chiesa dei gesuiti a Poznan, riccamente decorata in<br />

stucco in molte sue parti da scultori italiani, diretti dal Bianco; e K. Bazanka che<br />

studiò a Roma (sec. XVII).<br />

In Francia nel secolo XVII perdurano i motivi rinascimentali; il nuovo stile penetra<br />

lentamente e assume un carattere particolare, poiché interpretato classicamente.<br />

I motivi cinquecenteschi hanno portato a un solenne rinnovamento di forme, si<br />

afferma il desiderio di un ordinamento geometrizzante e simmetrico dei corpi<br />

degli edifici, spesso allineati intorno ad un cortile a logge, con il sistematico<br />

impiego degli ordini classici, anche sovrapposti, e di elementi decorativi; la<br />

disposizione degli interni comincia a farsi più complessa; nei palazzi più eleganti<br />

si ha una galleria, spesso come loggia coperta, che può raccogliere opere d’arte.<br />

Con Enrico IV si ha nelle diverse province un’intensa attività edilizia, specialmente<br />

a Parigi, dove i palazzi si elevano improntati al nuovo gusto, con la classica<br />

solennità ma con un’ampiezza che è già barocca (gli influssi sono più accentuati<br />

nell’architettura religiosa).<br />

Il College de l’Arc, fondato dai gesuiti, ha la facciata preceduta da un portico<br />

italianizzante <strong>del</strong> 1601 e due ali collegate da un arco.<br />

S. de Brosse riprende nel castello di Montceaux-en-Brie elementi decorativi<br />

italiani, alte colonne scanalate, grandi arcate, nicchie e un vasto frontone sulla<br />

facciata <strong>del</strong>la cappella; egli, formatosi su Vitruvio e Vignola, ebbe l’incarico dalla<br />

regina Maria de’Medici di costruire un palazzo che le ricordasse palazzo Pitti: così<br />

nel palazzo <strong>del</strong> Lussemburgo troviamo il rivestimento a bugnato e l’ordine<br />

toscano, oltre la cupola centrale.<br />

Quando J. Lemercier ritornò a Parigi da Roma, dopo un soggiorno di studio tra il<br />

1607 e il ’13, pieno d’ammirazione per Michelangelo e Vignola, il Richelieu gli<br />

affidò l’incarico di completare il nuovo Louvre di cui a quel tempo esistevano le<br />

due ali costruite dal Lescot, fe<strong>del</strong>e alle tendenze italianizzanti <strong>del</strong> primo ‘500. Il<br />

Lemercier aggiunse una cupola nel padiglione centrale, portò a compimento l’ala<br />

ovest e cominciò l’ala nord attenendosi allo stile <strong>del</strong> Lescot.<br />

Per quanto riguarda l’architettura religiosa, si adottò come nelle altre regioni<br />

cattoliche d’Europa la struttura interna <strong>del</strong>le chiese di Roma, soprattutto di quella<br />

<strong>del</strong> “Gesù”; tra le chiese che si rifanno a questo mo<strong>del</strong>lo citiamo quella di S. Paul,<br />

costruita a Parigi su progetto di padre Martellange, formatosi a Roma alla scuola<br />

<strong>del</strong> Vignola, e la chiesa di S. <strong>Francesco</strong> Saverio a Besançon. Per la chiesa <strong>del</strong>la<br />

512


Sorbona il Lemercier adottò la pianta a croce greca; la cupola, iniziata nel 1635,<br />

segna il culmine di questa forma architettonica, esaltata nella basilica di S. Pietro<br />

in Vaticano, che si impone per tutto il secolo, quasi simbolo di Roma e <strong>del</strong><br />

Cattolicesimo. Il primo esempio, dalle dimensioni notevoli, era stato attuato nelle<br />

chiesa dei carmelitani (1620), poi nella chiesa <strong>del</strong>la Visitazione di F. Mansart,<br />

mentre nella chiesa votiva di Val-de-Grâce il Le Muet imitò la cupola <strong>del</strong>la<br />

veneziana S. Maria <strong>del</strong>la Salute.<br />

La prima facciata costruita secondo il motivo italiano degli ordini sovrapposti è<br />

quello <strong>del</strong>la chiesa di S. Gervasio (1617) di S. de Brosse, e il tipo resterà immutato<br />

a Parigi fino alla facciata di S. Rocco (metà <strong>del</strong> XVIII secolo); la facciata ad emiciclo<br />

<strong>del</strong> collegio <strong>del</strong>le Quattro Nazioni, elevato dal Le Vau per ordine <strong>del</strong> Mazzarino, si<br />

rifà alla chiesa di S. Agnese <strong>del</strong> Borromini; tra le altre forme derivate dal <strong>barocco</strong><br />

italiano ricordiamo il primo ciborio a baldacchino, a imitazione di quello di S.<br />

Pietro, elevato nella chiesa di Val-de-Grâce, cui seguiranno molti altri (per<br />

esempio quelli di Saintes e Angers).<br />

Guarino Guarini fu chiamato nel 1662 a Parigi dai teatini per erigervi la chiesa di<br />

S. Anne- la- Royale sul terreno donato dal cardinale Mazzarino; la costruzione, a<br />

schema tradizionale ma con complessa cupola ad archi intrecciati, interrotta per<br />

mancanza di mezzi, fu ripresa nel 1714 coi disegni <strong>del</strong> Liévain, e distrutta nel<br />

1823.<br />

Contemporaneamente fu molto in auge presso gli architetti francesi lo stile<br />

classico: citiamo il caso <strong>del</strong>la suddetta chiesa <strong>del</strong>la Visitazione (1632-’34), a<br />

pianta circolare, ad imitazione <strong>del</strong> Pantheon di Roma, con facciata a frontone.<br />

In Francia le grandi realizzazioni architettoniche <strong>del</strong> secolo, Louvre e Versailles,<br />

sono legate alla esigenza di una rigorosa razionalità, propria <strong>del</strong><br />

classicismo.Ricordiamo che nel 1687 fu saccheggiata dal console francese<br />

Lemaire la città romana di Leptis Magna; coi marmi e le colonne dei suoi sontuosi<br />

monumenti furono abbellite molte costruzioni di Luigi XIV.<br />

Rappresentante importante <strong>del</strong> classicismo francese fu F. Blon<strong>del</strong>, venuto in Italia<br />

per accompagnare il figlio <strong>del</strong> Colbert, che aderì ai principi di Vitruvio e Palladio.<br />

Quando Luigi XIV volle erigersi la reggia, chiamò nel 1664, su proposta <strong>del</strong><br />

Colbert, Gian Lorenzo Bernini insieme con Pietro da Cortona, il Rainaldi e il<br />

Candiani, incaricandoli di fornire i progetti per il completamento <strong>del</strong> Louvre,<br />

residenza invernale <strong>del</strong>la corte; mentre Pietro da Cortona elaborò una pianta e<br />

quattro prospetti per facciate, il Bernini presentò il progetto per la facciata<br />

principale. Non avendo interamente soddisfatto, il Bernini fece un secondo<br />

progetto (1665) che piacque; lo stesso re di Francia scrisse al Bernini la lettera che<br />

l’invitava a Parigi per l’esecuzione; l’artista vi si recò per un viaggio trionfale<br />

513


nell’aprile <strong>del</strong>lo stesso anno, fra omaggi di monarchi, onori di principi. Ma le<br />

invidie di artisti locali, intrighi di corte, scarsa protezione <strong>del</strong> sovrano fecero sì<br />

che il progetto berniniano non ebbe esecuzione; ma da esso molti elementi<br />

furono tratti dai costruttori <strong>del</strong> Louvre.<br />

Tra gli architetti francesi citiamo anche G. M. Oppenort, a Roma dal 1692 al ’99,<br />

che studiò profondamente Bernini e Borromini e divenne uno dei maggiori<br />

rappresentanti <strong>del</strong> rococò; nel secolo XVIII troviamo il Boffrand che guardò al<br />

Borromini, Ph. La Guepière e M. Crucy che si perfezionarono a Roma, A. Dérizet<br />

che vi studiò e svolse notevole attività.<br />

Degli altri architetti italiani che operarono in Francia nel secolo XVIII ricordiamo<br />

Lorenzo Giardini che fu al servizio dei figli di Luigi XIV; Giovanni Nicolò<br />

Servandoni che nelle sue opere a Parigi e a Lione già preannuncia il gusto<br />

neoclassico; Michelangelo <strong>del</strong> Gabbio che collaborò con il Servandoni nel portale<br />

di S. Sulpice a Parigi; Pietro Antonio <strong>del</strong> Gabbio che fu responsabile dei lavori<br />

edilizi a S. Etienne e <strong>del</strong>le condotte sotterranee <strong>del</strong>la città.<br />

Nelle Fiandre la Controriforma determina un’ondata di italianismo; in generale<br />

l’architettura religiosa è ispirata al <strong>barocco</strong> romano: Notre Dame a Montaigu a<br />

pianta centrale è sormontata da una grande cupola (1609), Notre Dame<br />

d’Hanswick a Malines, è a pianta poligonale con cupola, i pulpiti e i confessionali<br />

diventano esuberanti di sculture. La prima chiesa con cui si impone decisamente il<br />

nuovo stile, con la ricerca, tuttavia, di una equilibrata monumentalità accanto al<br />

virtuosismo decorativo, è S. Carlo Borromeo di Anversa (1614-’21) <strong>del</strong> gesuita F.<br />

Aiguillon, e S. Michele a Lovanio di padre Hesius; un altro gesuita, P. Huyssens,<br />

autore <strong>del</strong> campanile di S. Carlo Borromeo, studiò un anno in Italia. Si formarono<br />

in Italia anche J. Franmans e V. Coberger, autore <strong>del</strong>la chiesa degli agostiniani ad<br />

Anversa; J. Franckart, architetto <strong>del</strong>la chiesa degli agostiniani a Bruxelles, visse tra<br />

Roma e Napoli per sette anni, fece anche la chiesa <strong>del</strong> Beguinage a Malines, con<br />

decorazione interna di gusto italiano.<br />

In Olanda, dopo la corrente manieristica di L. de Key e H.de Keyser che nel<br />

Westkerk di Amsterdam si ispira a forme italianizzanti, verso la metà <strong>del</strong> secolo<br />

XVII architetti classicheggianti, anche per l’influsso dei romanisti di Haarlem e<br />

Utrecht, come S. de Bray e P. Morelsee, mossero sulle orme <strong>del</strong> Serlio e <strong>del</strong>lo<br />

Scamozzi, con costruzioni di tipo monumentale; le case patrizie assunsero un<br />

aspetto più solenne con facciate a cornicione invece di quelle triangolari a<br />

pinnacolo, tipiche <strong>del</strong>la regione. J. Van Camper, esponente notevole <strong>del</strong>la corrente<br />

classicista (vedi lez.n. 32), si ispirò all’architettura palladiana, interpretandola con<br />

compassata solennità.<br />

514


In Inghilterra verso la fine <strong>del</strong> secolo XVI e all’inizio <strong>del</strong> successivo si ebbe un<br />

ritorno all’antichità classica con I. Jones: la chiesetta di S. Paul (Covent Garden)<br />

con l’ordine tuscanico desunto da Vitruvio ne è una prova. R. Pratt viaggiò in<br />

Italia; accanto a elementi palladiani troviamo motivi barocchi: lo scalone <strong>del</strong>la sua<br />

Coleshill House nel Berkshire deriva esattamente da quello <strong>del</strong> Longhena (S.<br />

Giorgio Maggiore a Venezia). Si afferma la nuova concezione planimetrica, la casa<br />

privata si presenta come un blocco singolo di proporzioni regolari e la hall diventa<br />

definitivamente il vestibolo.<br />

Durante i regni di Giorgio I, Giorgio II e Giorgio III l’Italia rimase la grande<br />

ispiratrice. La classicità è ancora viva in C. Wren (sec. XVII-XVIII); il suo primo<br />

edificio, il teatro accademico di Oxford, si richiama al teatro di Marcello in Roma,<br />

alcune chiese di Londra si rifanno allo schema basilicale secondo Vitruvio; la St.<br />

Mary-le-Bow si ispira alla basilica di Massenzio nella versione serliana. In altri casi<br />

Wren affronta il problema <strong>del</strong>la pianta centrale, come in St. Stephen; nei campanili<br />

unisce motivi gotici ad elementi classici e barocchi; nella cattedrale di S. Paolo, la<br />

sua opera più grandiosa, troviamo un compromesso tra la pianta basilicale, voluta<br />

dal clero, e la pianta centrale, la concezione <strong>del</strong>la cupola è tributaria sia di quella<br />

michelangiolesca, sia <strong>del</strong>le cupola progettata dal Bramate per S. Pietro in Vaticano.<br />

N. Hawksmore fu assistente e collaboratore di Wren, influenzato sia dal Palladio<br />

che dal Bernini.<br />

J. Vanbrough (sec. XVII-XVIII) è l’autore <strong>del</strong> castello Blenheim a Oxford che<br />

presenta motivi tratti dallo Scamozzi e dal Borromini, ma che nella visione<br />

generale deriva dalla piazza di S. Pietro in Vaticano.<br />

Il gusto <strong>barocco</strong> si afferma pienamente con T. Archer (sec. XVII-XVIII) che edificò<br />

chiese di tipo borrominiano come la cattedrale di Birmingham e la chiesa di S. Paul<br />

a Deptford presso Londra.<br />

G. Gibbs, che fu per due anni a Roma presso Carlo Fontana e viaggiò poi in altre<br />

parti, guardò a S. Maria <strong>del</strong>la Pace per la chiesa di S. Maria a Londra e alla basilica<br />

di Superga per quella di S. Martin in the Fields. E. Pearce, irlandese, viaggiò in<br />

Italia nel 1724 e aderì al gusto classicheggiante.<br />

Dal 1714 fu per sette anni in Inghilterra Alessandro Galilei, ma poco si sa <strong>del</strong>la<br />

sua attività colà svolta; eseguì numerosi progetti per lo più non realizzati, e<br />

collaborando a opere tecniche con l’ingegnere Dubois (case di abitazione di stile<br />

georgiano a Londra).<br />

La designazione di Madrid a capitale <strong>del</strong>la Spagna, voluta da Filippo II nel 1562, e<br />

l’interesse dei monarchi per il suo ingrandimento nei secoli XVII e XVIII, fecero<br />

<strong>del</strong>la città un importante centro artistico; esempi di un <strong>barocco</strong> severo italiano<br />

sono nella cripta sepolcrale ottagonale <strong>del</strong> Pantheon <strong>del</strong>l’Escuriale (1617), opera<br />

515


di Giovan Battista Crescenzi che introdusse il gusto per i marmi e per i bronzi di<br />

rivestimento, e nelle opere di J. D. Ximenes ( o Jimenez), che si era perfezionato a<br />

Roma anche come pittore.<br />

Architetti spagnoli che si ispirarono al <strong>barocco</strong> romano furono anche J. Gomez de<br />

Mora, Francisco Herrera il giovane ( a Roma verso il 1656), P. de la Torre, A. Cano<br />

dagli influssi borrominiani (come nella facciata <strong>del</strong>la cattedrale di Granada),<br />

mentre il gesuita F. Bautista seguì i modi <strong>del</strong> Vignola nella chiesa di S. Isidoro a<br />

Madrid (1625-’51). Inoltre, “Nostra Signora <strong>del</strong> Pilar” a Saragozza imita la basilica<br />

vaticana; motivi italiani si trovano nell’arco <strong>del</strong>la certosa presso Jerez e nel portale<br />

<strong>del</strong>la chiesa di S. Andrea a Valencia; qui e a Siviglia si ricostruiscono gli interni<br />

<strong>del</strong>le chiese gotiche secondo mo<strong>del</strong>li per lo più napoletani e genovesi. Motivi<br />

italiani sono nell’opera di P. Ribera.<br />

Carlo Fontana (sec. XVII-XVIII) spedì da Roma il progetto <strong>del</strong> santuario, <strong>del</strong>la<br />

chiesa e <strong>del</strong> convento di S. Ignazio ad Azpeitia.<br />

A partire dal terzo decennio <strong>del</strong> secolo XVIII si sviluppano i lavori di corte a Madrid<br />

e nei vicini ”sitios reales”; si inizia la serie con il palazzo Granja presso Segovia,<br />

poi si dà inizio al palazzo reale (1738); ad Aranjuez si completa l’antico palazzo<br />

<strong>del</strong> XVI secolo; l’edificio <strong>del</strong> Pardo viene ampliato nel 1772.<br />

Nel 1735 fu chiamato a Madrid Filippo Juvarra, raggiunto poi da Virgilio Rabaglio,<br />

per progettarvi il palazzo reale; egli, formatosi sugli esempi <strong>del</strong> Borromini , <strong>del</strong><br />

Fontana e degli antichi, mirò soprattutto a larghi, aerei effetti prospettici e<br />

pittorici; la sua opera, pur rimanendo fondamentalmente barocca, anticipa alcuni<br />

aspetti neoclassici soprattutto nella nitida misura <strong>del</strong>le parti e nella decorazione.<br />

Filippo V di Spagna, imparentato con Vittorio Amedeo II, aveva potuto conoscere il<br />

grande architetto in Piemonte; mentre si decideva la scelta <strong>del</strong>l’area per il nuovo<br />

palazzo reale a Madrid, nello stesso anno lo Juvarra diede i piani per il castello di<br />

Aranjuez e per la Granja di S. Ildefonso. Quando il progetto per il palazzo reale e<br />

il mo<strong>del</strong>lo di legno erano quasi ultimati, l’architetto morì e fu con grande pompa<br />

sepolto nella chiesa di S. Martino.<br />

Si chiamò allora un suo allievo, il piemontese Giovan Battista Sacchetti; egli, per<br />

ordine <strong>del</strong> sovrano, rivide i piani <strong>del</strong> palazzo reale, modificando l’impianto<br />

orizzontale previsto dallo Juvarra (facciata di m. 436), approntando un progetto a<br />

strutture verticali (facciata di m. 131). La posa <strong>del</strong>la prima pietra <strong>del</strong> nuovo<br />

edificio (a 40 m. di profondità) è <strong>del</strong> 6 aprile 1738.<br />

Duemilacinquecento operai, di cui duecentoquaranta italiani, lavorano sotto la<br />

direzione di Giovan Battista Sacchetti, maestro mayor, e agli ordini <strong>del</strong> fratello<br />

Carlo, commissario generale.<br />

516


L’organico <strong>del</strong>le maestranze italiane risulta così costituito nel 1742: Gian<br />

Domenico Olivieri ( scultore principale), G. <strong>Francesco</strong> Lazzoni, Pasquale <strong>del</strong><br />

Medico, Sinibaldo Campi ( aiutanti <strong>del</strong>l’Olivieri ),Nicola Carisana, Gaspare Petri,<br />

Alessandro Tosati, Antonio Solari (scultori), <strong>Francesco</strong> Balestrieri (intagliatore),<br />

Virgilio Rabaglio e Andrea Rusca (architetti), Carlo Giamboni e Pietro <strong>del</strong>la<br />

Giovanna (capomastri), Raimondo Marchi, Virgilio Bordoni, Bartolomeo Sermini<br />

(stuccatori), <strong>Francesco</strong> Somazzi,Carlo Ribaldi, Carlo Marmori, Antonio Marti, G.<br />

Pietro Sermini (stuccatori, passati poi al Buen Retiro), G. Antonio Fraschina,<br />

Domenico Baratta (capomuratori), Carlo Fraschina, Giovan Battista Notari,<br />

Domenico Andriali, Innocenzo Rusca, Giacomo Pianca (capomuratori, passati poi<br />

alla Granja), Giuseppe Sai (capofabbro),Giovanni Rusca, Gaspare Fallata, Pietro<br />

Bole, Carlo Girolamo Rusca, Marino Broda, Antonio Gasperino,Giuseppe<br />

Gasperino, A. Maria Sartorio, Bernardo Stambucchi,Gaspare Aprile, Giacomo<br />

Sermini, G. Battista Panseri, Domenico Bianchi,Pietro Pianca, Carlo Andrea Bay,<br />

Girolamo <strong>del</strong>la Giovanna, Giuseppe Manighetti, Bernardo Pareccia, <strong>Francesco</strong><br />

Crosi, Carlo Antonio Monico, Nicola Giustino,<strong>Francesco</strong> Antonio Rochinotti, Matteo<br />

Laurenzi (muratori).<br />

La fabbrica forma un vasto quadrato con corpi angolari sporgenti; al di sopra <strong>del</strong>lo<br />

zoccolo a bugnato ciascuna fronte appare coronata da balaustre e scandita da<br />

pilastri e colonne. La facciata principale è quella a sud, preceduta da un ampio<br />

cortile con portici laterali e cancellata d’ingresso. Nel complesso la costruzione<br />

denota una prevalenza <strong>del</strong> gusto rococò- neoclassico <strong>del</strong> Sacchetti sulle<br />

persistenti ridondanze <strong>del</strong> <strong>barocco</strong> spagnolo. L’interno ha ricchissimi<br />

appartamenti decorati e affrescati da famosi pittori (tra i quali Gian Battista<br />

Tiepolo).<br />

Nel 1757 il Sacchetti viene sollevato dall’incarico e sostituito da V. Rodriguez e<br />

<strong>Francesco</strong> Sabatini; i lavori per la costruzione <strong>del</strong> palazzo reale di Madrid si<br />

concludono nel ’64.<br />

Sempronio Subissati lavora con il Procaccini all’ampliamento <strong>del</strong> palazzo <strong>del</strong>la<br />

Granja (1746), servendosi <strong>del</strong>la collaborazione di Giacomo Bonavia per la<br />

decorazione interna, di <strong>Francesco</strong> Sani per il mobilio, di Carlo Antonio Bernasconi<br />

per le opere in marmo e di Giovan Battista Galluzzi come caposquadra dei<br />

doratori; tra gli altri collaboratori qualificati <strong>del</strong> Subissati ricordiamo Domenico<br />

Sani, Astasi, Carlo Franchina, Domenico Andrisei, Giovan Battista Notari, Giacomo<br />

Pianca, Innocenzo Rusca e lo stuccatore Prospero de Mortola.<br />

Giacomo Bonavia, architetto e pittore, è chiamato in Spagna nel 1734; nel ’36 è<br />

incaricato <strong>del</strong>la decorazione interna <strong>del</strong> teatro <strong>del</strong> Buen Retiro, terminata da<br />

Giacomo Pavia; si avvale <strong>del</strong>la collaborazione degli stuccatori Giovan Domenico<br />

517


Cremona, <strong>Francesco</strong> Somazzi, Antonio Marti, Giovan Pietro Sermini, Carlo Rivoldi,<br />

Carlo Marmori e Prospero de Mortola. Nel ’38 il Bonavia è impegnato nel riassetto<br />

e nella decorazione <strong>del</strong> teatro de” Los Canos de Peral”( oggi teatro reale), a capo<br />

di una squadra di pittori di cui fanno parte Bartolomeo Rusca e Felice Fe<strong>del</strong>no,<br />

nonché degli ebanisti Giovan Battista Galluzzi e <strong>Francesco</strong> Balestrieri; nel ’38<br />

lascia la direzione dei lavori <strong>del</strong>la basilica dei “SS. Giusto e Pastore”a Virgilio<br />

Rabaglio, ad Antonio Rusca e a Taddeo Orsolino, per dedicarsi principalmente alla<br />

residenza reale di Aranjuez, dove in qualità di “maestro de obras reales”<br />

sovrintende e dirige i complessi lavori di trasformazione e di arredamento <strong>del</strong><br />

palazzo, ha alle sue dipendenze lo stesso Rabaglio, Giovanni Rusconi, Raimondo<br />

Marchi e Virgilio Bordoni, stuccatori. Nel ’44 il Bonavia provvede alla decorazione<br />

<strong>del</strong>l’appartamento <strong>del</strong>l’infante Filippo e all’arredamento degli interni, partecipa ai<br />

lavori <strong>del</strong>la Granja e infine dipinge al Pardo le decorazioni <strong>del</strong> soffitto <strong>del</strong>la camera<br />

da letto.<br />

Virgilio Rabaglio nel 1738 è impegnato nella costruzione <strong>del</strong>la chiesa dei “SS.<br />

Giusto e Pastore” a Madrid, con Nicola Carisana (autore <strong>del</strong>le sculture <strong>del</strong>la<br />

facciata), Antonio Rusca e Taddeo Orsolino; nel ’42 è incaricato da Isabella<br />

Farnese di progettare il palazzo di Riofrio; egli ne inizia la costruzione, avendo<br />

come aiutanti Carlo e Giovanni Franchina, la continua dal ’53 con il solo Carlo cui<br />

subentra dal ’57 il Sermini.<br />

<strong>Francesco</strong> Sabatini con l’ascesa al trono di Carlo III si trasferisce in Spagna dove,<br />

succedendo al Sacchetti, è nominato architetto di corte (1760), accademico<br />

onorario e poi ispettore generale; come il Bernini a Roma, egli dà un’impronta<br />

urbanistica alla capitale spagnola, cura tra l’altro il tracciato <strong>del</strong>le strade verso la<br />

capitale, nonché la pavimentazione, il servizio di nettezza urbana e l’illuminazione<br />

a gas <strong>del</strong>le strade.<br />

Ricordiamo infine che Luigi Bernasconi,”maestro <strong>del</strong> rey”, erige la cappella Palafox<br />

nella cattedrale di Osuna, avendo come collaboratore lo stuccatore Domenico<br />

Brilli.<br />

Per quanto riguarda gli architetti spagnoli <strong>del</strong> ‘700, diciamo che a contatto con i<br />

maestri italiani subentra un misurato classicismo, come in V. Rodriguez, diretto<br />

erede <strong>del</strong> <strong>barocco</strong> italiano come allievo di Filippo Juvarra, collaboratore di<br />

Sacchetti e infine primo architetto <strong>del</strong> palazzo reale di Madrid, poi orientatosi<br />

verso una severa semplificazione <strong>del</strong>le forme, tanto da venire considerato il<br />

restauratore <strong>del</strong> classicismo in Spagna.<br />

Durante il secolo XVII in Portogallo fu modesta l’attività degli architetti italiani.<br />

518


Nel 1653 Guarino Guarini dette i disegni per la costruzione <strong>del</strong>la chiesa e <strong>del</strong><br />

convento “Dos clericos teatinos da divina providencia” a Lisbona (distrutta poi da<br />

un terremoto).<br />

Influssi italiani si avvertono in alcuni edifici, per esempio nella chiesa“Dos extintos<br />

carmelitas” ad Oporto, nel convento di S. Isabella a Coimbra (sec. XVII), nella<br />

basilica “Da estrela” a Lisbona, ispirata al S. Pietro in Vaticano (sec. XVIII).<br />

Nel secolo XVIII molti architetti furono chiamati. I rapporti <strong>del</strong>lo Juvarra con il<br />

Portogallo possono datarsi dal 1706, quando in Roma eseguì i disegni per un<br />

apparato per le esequie di Pietro I ; nel ’18 per le sollecitazioni <strong>del</strong> marchese di<br />

Fuentes, ambasciatore <strong>del</strong> Portogallo a Roma, fu richiesto ufficialmente dal re<br />

Giovanni V a Vittorio Amedeo II di Savoia, al servizio <strong>del</strong> quale l’architetto si<br />

trovava. Durante questo <strong>periodo</strong> lo Juvarra si recò a Lisbona, dove per richiesta<br />

<strong>del</strong> re, progettò, oltre ad un faro, un grandioso complesso di edifici comprendenti<br />

un palazzo reale, la chiesa patriarcale, il palazzo <strong>del</strong> patriarca e la canonica, da<br />

erigersi a qualche miglio da Lisbona. Tale progetto non fu eseguito ma fruttò<br />

all’architetto, oltre a doni di valore eccezionale, una pensione e l’ordine di Cristo;<br />

scaduta la licenza, lo Juvarra partì da Lisbona nel ’20.<br />

Tra il 1725 e il ’32 fu a Lisbona Antonio Canevari che costruì numerosi edifici,<br />

distrutti poi dal terremoto; egli si espresse in forme di transizione dal Barocco ai<br />

primi modi <strong>del</strong> Neoclassicismo.<br />

Artisti italianizzanti, come il tedesco Ludwig ( Ludovice), autore <strong>del</strong> convento di<br />

Mafra, e Nicolò Nasoni (o Nazoni) influirono notevolmente sull’architettura<br />

portoghese <strong>del</strong> tempo; il primo, educato in Italia, si impose a Lisbona e ad Evora,<br />

il secondo nel nord <strong>del</strong> paese.<br />

Nel 1742 Giovan Battista Carlone, matematico e astronomo, molto influente a<br />

corte, fu ben felice di assecondare un’idea di Giovanni V di fare edificare a Roma<br />

da artisti italiani una cappella dedicata a s. Giovanni Battista, che poi avrebbero<br />

inviato a Lisbona; qui sarebbe stata montata nella chiesa di S. Rocco. Gli architetti<br />

<strong>del</strong>la cappella furono Luigi Vanvitelli e Nicola Salvi; subito dopo la costruzione<br />

eseguita nella chiesa portoghese di Roma, nel 1747 la cappella fu tutta smontata,<br />

imballata pezzo per pezzo, e quindi imbarcata su tre navi venute da Venezia. Nel<br />

settembre <strong>del</strong>lo stesso anno le navi attraccarono al porto di Lisbona; la<br />

raccomandazione che era stata fatta per prima quando si era stabilito di costruire<br />

la cappella, era che nel nuovo edificio, bello di marmi policromi e bronzi dorati,<br />

risplendesse la preziosità <strong>del</strong>la materia come la fantasia <strong>del</strong>l’arte, e certo la<br />

raccomandazione fu attentamente eseguita.<br />

Tra gli altri architetti italiani attivi in Portogallo nel secolo XVIII ricordiamo Giovan<br />

Carlo Sicinio Galli da Bibbiena che costruì teatri a Lisbona, Salvaterra e Ajuda e la<br />

519


chiesa <strong>del</strong>la “Memoria” a Lisbona; Giacomo Azzolini che vi andò dopo il terremoto<br />

e fu nominato architetto di corte dal re José I e sembra che abbia eseguito<br />

progetti per il nuovo palazzo reale di Campolide; Giuseppe Adamini che lavorò a<br />

Lisbona al servizio <strong>del</strong>la regina Maria e andò poi nel Bengala dove morì.<br />

Degli architetti portoghesi che studiarono o si formarono a Roma citiamo M.<br />

Rodrigues dos Santos (sec. XVIII).<br />

Trattiamo ora <strong>del</strong> Barocco nell’Europa nord-orientale.<br />

In Russia uno dei primi architetti a diffondere il nuovo stile fu Sebastiano Bracci<br />

(sec. XVII) che trasformò l’antica chiesa <strong>del</strong>l’Assunzione a Kiev. La chiesa <strong>del</strong><br />

monastero di Pazaislis, opera di Ludovico Fredo e Pietro Puttini (sec. XVII-XVIII),<br />

presenta all’interno decorazioni con pietre e marmi rari portati dall’Italia.<br />

Il processo di laicizzazione e occidentalizzazione <strong>del</strong>l’arte russa, accentuato dalle<br />

riforme di Pietro il Grande, è particolarmente evidente nella nuova capitale,<br />

Pietroburgo; quando nel 1703 questo zar ne ideò la fondazione, l’architetto<br />

Domenico Trezzini, ticinese, si trovava a Copenaghen al servizio di Federico IV; fu<br />

qui che l’ambasciatore moscovita ebbe occasione di conoscerlo e lo invitò a<br />

trasferirsi in Russia per dirigere la progettazione e l’esecuzione di tutti gli edifici<br />

<strong>del</strong>la nuova città. Nel contratto Trezzini dichiarò di “andare in Moscovia a servire<br />

Sua Maestà cesarea in qualità di capomastro di batimenti, fabbriche et<br />

fortificazioni”; per nove anni diresse tutta l’edilizia locale, vi introdusse la cultura<br />

barocca in una visione improntata ad un sobrio razionalismo; secondo il nuovo<br />

stile mutano l’urbanistica e l’edilizia; appare il tipo di basilica a tre navate con<br />

campanile ( SS. Pietro e Paolo). Trezzini costruì molti edifici; per il palazzo<br />

d’estate fece venire dall’Italia statue e colonne di marmo, un intero padiglione di<br />

marmo e alabastro da Venezia e una statua di Venere da Roma.<br />

Anche a Mosca si diffuse il nuovo gusto architettonico e decorativo; i palazzi<br />

ebbero allora grandi sale di rappresentanza, come nel Mensikov di Mario Fontana<br />

(1706); con lui operarono Galeazzo Quadrio, Carlo Ferrara e Domenico Ruta.<br />

Gaetano Chiaveri fu nel 1717 al servizio di Pietro il Grande; nel ’20 fu nominato<br />

membro <strong>del</strong>la cancelleria imperiale <strong>del</strong>le costruzioni pietroburghesi; nel ’24<br />

subentrò al Mattarnow nella costruzione <strong>del</strong> museo di storia naturale e <strong>del</strong>la<br />

biblioteca <strong>del</strong>l’accademia <strong>del</strong>le scienze.<br />

Nicolò Michetti, architetto papale, di scuola borrominiana, andò in Russia nel<br />

1718; a Pietroburgo eseguì molti lavori, succedendo al Leblond.<br />

In questa città esercitò una notevole attività Bartolomeo <strong>Francesco</strong> Rastrelli;<br />

trascorsa la giovinezza in Francia con il padre scultore Bartolomeo Carlo, lo seguì<br />

nel 1715 in Russia , divenendo architetto di corte nel ’36; dal ’41 al ’61 fu<br />

assoluto protagonista <strong>del</strong> rinnovamento edilizio e urbanistico <strong>del</strong>la nuova capitale,<br />

520


voluto da Anna Joannovna ed Elisabetta I, in uno stile inconfondibile che<br />

armonizza tipologie russe ed occidentali, di ispirazione rinascimentale e<br />

manieristica con gli straordinari effetti decorativi, accentuati anche dalla forte<br />

policromia degli esterni. Il Rastrelli fece epoca nello sviluppo artistico di tutta la<br />

Russia ; alla sua scuola si formarono gli architetti russi; egli si valse di molti<br />

pittori e decoratori italiani. Con lui si ha il nuovo tipo di chiesa a pianta centrale<br />

con cinque cupole (cattedrale <strong>del</strong> monastero Smol’nyj, opera maestosa ,costruita<br />

dal 1748 al ’64, uno dei monumenti più imponenti <strong>del</strong>la città). Notevole fu la sua<br />

attività; ricordiamo i numerosi palazzi principeschi e le due ville imperiali di<br />

Carlskoe Selo, residenza estiva di Caterina II, e di Peterhof, immensi edifici nei<br />

quali le linee architettoniche e le decorazioni interne di stucchi e d’intagli, le<br />

scalee e i giardini, i giochi d’acqua e i padiglioni, i ninfei e le statue dorate, tutto<br />

fu ideato secondo il gusto rococò di straordinari effetti decorativi da una sola<br />

mente geniale. Grandioso è anche il palazzo d’inverno, la cui costruzione fu<br />

oltremodo laboriosa e avvenne in fasi successive tra il 1711 e il’62; un primo<br />

edificio, eretto nel ’11, fu modificato dal Trezzini e definitivamente ricostruito dal<br />

Rastrelli tra il ’54 e il ’62. La facciata a due ordini, con avancorpi laterali, è<br />

suddivisa verticalmente in settori da possenti colonne, secondo schemi tipici <strong>del</strong><br />

<strong>barocco</strong> italiano, e ha inoltre finestre con cornici rococò . L’edificio è coronato in<br />

alto da una balaustrata con statue e ha le superfici esterne ravvivate da un’intensa<br />

colorazione in rosso. Il palazzo, il primo veramente monumentale che sorgesse<br />

nell’impero russo, presentava degli interni, prima <strong>del</strong>l’incendio <strong>del</strong> 1837,<br />

riccamente decorati; notevoli sono anche la chiesa e la grandiosa scala imperiale.<br />

Primi accenni <strong>del</strong>lo stile neoclassico si avvertono nell’opera di Antonio Rinaldi;<br />

invitato in Russia nel 1752 dal principe Razumovskij, nel ’56 fu nominato<br />

architetto di corte dal granduca Pietro che gli affidò la sistemazione <strong>del</strong> parco di<br />

Oranjebaum presso Pietroburgo; il suo capolavoro è il palazzo di marmo a<br />

Pietroburgo (1768-’85), fastosa residenza tardo-barocca rivestita di forme<br />

classicheggianti, così chiamato perché in quell’occasione il marmo <strong>del</strong>la Siberia fu<br />

adoperato per la prima volta in Russia (lusso incredibile a quel tempo); il Rinaldi<br />

costruì anche il palazzo imperiale a Gatcina, in mezzo a un parco lussureggiante.<br />

Ricordiamo anche Carlo Zucchi, architetto teatrale, morto in Russia.<br />

In Svezia, mentre alcuni architetti sviluppavano lo stile palladiano importato<br />

dall’Olanda, cominciò a formarsi una visione barocca; Nicodemus Tessin, il<br />

vecchio e il giovane, si recarono a studiare in Italia, il primo dal 1651 al ’52 , il<br />

secondo dal ’73 al ’78, soprattutto a Roma, e imposero, tornati in patria, forme<br />

italianeggianti in edifici di corte e militari; in particolare, esempi <strong>del</strong> tardo<br />

Rinascimento e <strong>del</strong> <strong>barocco</strong> romano sono nella cattedrale di Kalmar (1653) e<br />

521


nell’edificio <strong>del</strong>la Riksbanken (<strong>del</strong> primo), nel palazzo reale di Stoccolma (1697),<br />

nelle chiese oltre che nel palazzo Tessin a Copenaghen (<strong>del</strong> secondo); S. de la<br />

Vallée introdusse in Svezia il tipo di chiesa a pianta centrale (sull’esempio<br />

romano).<br />

In Danimarca verso la fine <strong>del</strong> secolo XVII e nei primi decenni <strong>del</strong> successivo sono<br />

ben visibili i risultati dei viaggi in Italia degli architetti danesi; L. van Haven,<br />

architetto <strong>del</strong> re, costruì la chiesa <strong>del</strong> Salvatore a Copenaghen (1682-’96) in un<br />

grandioso <strong>barocco</strong>, pur con echi classici,dopo il suo viaggio per studio; così i<br />

risultati si avvertono nel palazzo <strong>del</strong>l’Opera e nelle ville reali, sorte per volere di<br />

Federico IV (di Frederiksborg e di Fredensborg, quest’ultima originariamente un<br />

edificio a pianta centrale con cupola), nella biblioteca e nel museo <strong>del</strong>la città.<br />

Studiarono in Italia anche L. de Thurah che aggiunse alla chiesa <strong>del</strong> Salvatore la<br />

guglia ispirata alla lanterna di S. Ivo alla Sapienza <strong>del</strong> Borromini (1750) e N.<br />

Eigtved, il cui capolavoro è la piazza di Amalienborg.<br />

La fama degli architetti italiani si diffuse anche nei continenti extraeuropei; il<br />

veneto Girolamo Veroneo nel 1631, con la collaborazione di altri architetti e con<br />

l’opera di ventimila operai, costruì il mausoleo <strong>del</strong>la regina, il Taj Mahal, ad Agra<br />

sulle rive <strong>del</strong> fiume Jumma, in India, edificio tutto di marmo bianco con un corpo<br />

centrale sormontato da cupole.<br />

In America latina ricordiamo Andrea Bianchi (Blanqui), gesuita, dall’educazione<br />

serliana (sec. XVII-XVIII), a Cordoba e a Buenos Aires; il suo contemporaneo<br />

Giovan Battista Primoli a Trinidad edificò la chiesa <strong>del</strong>la Trinità , interamente in<br />

pietra, la più importante costruzione religiosa <strong>del</strong> Paraguay.Infine Giuseppe<br />

Antonio Landi (sec. XVIII) fu il responsabile <strong>del</strong> progetto e <strong>del</strong>la costruzione dei<br />

principali edifici pubblici di Belèm do Parà, sintesi peculiare <strong>del</strong>le tradizioni<br />

<strong>del</strong>l’architettura tardo-barocca italiana con i materiali e i metodi costruttivi locali.<br />

Passiamo ora alla seconda parte <strong>del</strong>la lezione.<br />

Roma diventa il massimo centro <strong>del</strong>la <strong>scultura</strong> barocca; per l’impulso che la<br />

Controriforma dà alla statuaria sacra e per il sempre più diffuso amore per le<br />

opere antiche, l’arte è suggestionata dalla classicità, specialmente dal gusto<br />

ellenistico, e ansiosa di creare un clima di libertà espressiva, ora patetica e<br />

magniloquente, ora francamente realistica.<br />

Figura dominante <strong>del</strong>l’ambiente romano è quella di Gian Lorenzo Bernini; lo stile<br />

<strong>barocco</strong> accomuna le arti maggiori nell’ispirazione <strong>del</strong>l’artista che, formatosi al<br />

virtuosismo <strong>del</strong>la <strong>scultura</strong> tardomanieristica e allo studio dei maestri <strong>del</strong> ‘500 e<br />

dei mo<strong>del</strong>li ellenistici, nelle opere <strong>del</strong>la maturità dette vita ad immagini che da<br />

plastiche si mutano in pittoriche sotto gli occhi <strong>del</strong>lo spettatore. Tra le più<br />

522


straordinarie creazioni <strong>del</strong>la fantasia berniniana ricordiamo il baldacchino<br />

bronzeo, i quattro pilastri maggiori <strong>del</strong>la basilica, la decorazione <strong>del</strong>le navate, la<br />

grande macchina scenografica <strong>del</strong>la cattedra di s. Pietro in una raggiera di luce<br />

dorata ; creatore di un nuovo tipo di monumento funerario, ritrattista di<br />

eccezionale immediatezza e penetrazione psicologica, interprete insuperato <strong>del</strong>la<br />

spiritualità barocca, impregnata di stimoli sensoriali( Estasi di S. Teresa, Angeli di<br />

S. Andrea <strong>del</strong>le Fratte, beata Ludovica Albertoni), il Bernini seppe dare vita e forma<br />

sensibile agli occhi <strong>del</strong>la Roma papale <strong>del</strong> ‘600, sorretto da una eccezionale<br />

capacità tecnica e padronanza <strong>del</strong>la materia.<br />

Alessandro Algardi è l’altra grande figura <strong>del</strong> Seicento in <strong>scultura</strong>,artista dalla<br />

classica compostezza e dal notevole equilibrio compositivo; insieme al Carracci, al<br />

Domenichino e al Sacchi rappresenta in Roma la tendenza accademica, erede <strong>del</strong><br />

Cinquecento, che si opponeva a quella più schiettamente barocca (Bernini,<br />

Lanfranco, Pietro da Cortona). Particolare <strong>del</strong>l’Algardi è l’amore per le cose<br />

minute, derivatogli dalla studio <strong>del</strong> vero, dalla sua attività di restauratore di statue<br />

antiche, e da quei lavori come putti, figurine, teste, crocifissi e ornamenti che egli<br />

predilesse come stuccatore.<br />

Il moto e lo slancio, che in Michelangelo scultore creavano tensione drammatica,<br />

dopo il primo quarto <strong>del</strong> ‘600 si sciolgono in un trambusto di azione e<br />

commozione che prende al teatro i suoi mo<strong>del</strong>li. Non si vede più una statua nuda;<br />

ben drappeggiate, agitate al vento, un piede alla ribalta, le statue si separano<br />

dall’architettura per più valere nel contrasto, ovvero l’architettura si rompe già in<br />

rocce e scogliere, in alto in nuvole come nelle macchine teatrali. Ai volumi definiti<br />

<strong>del</strong> ‘500 si sostituisce un chiaroscuro sempre più rotto, il marmo è trattato come<br />

il bronzo, lo stucco, la cera, traforato, scavato, bulinato a rendere veli, reti, piume;<br />

si combinano marmi di vari colori.<br />

Nel secolo XVIII la <strong>scultura</strong> modera l’enfasi barocca in ritmi più aggraziati e<br />

talvolta classicheggianti, sviluppa dal gusto <strong>barocco</strong> quel senso scenografico e<br />

decorativo che la rende come la più preziosa alleata <strong>del</strong>l’architettura rococò negli<br />

interni e nella sistemazione all’aperto (fontane, statue per giardini,ecc.).<br />

Per quanto riguarda l’attività degli scultori italiani all’estero nei secoli XVII e XVIII,<br />

cominciamo da quelli operosi in Francia.<br />

Dopo le guerre di religione e lunghi decenni di stasi artistica , tornata la pace con<br />

Enrico IV, ancora una volta si dovette ricorrere all’Italia per ricominciare, come<br />

d’altronde faceva tutta l’ Europa, perché solo l’Italia possedeva maestri e mo<strong>del</strong>li.<br />

Dal 1600 al 1660 la Francia può dirsi colonia artistica italiana; impossibile<br />

sarebbe enumerare tutti gli Italiani venuti al seguito di Maria de’Medici che per le<br />

pitture <strong>del</strong> “Lussemburgo” volle chiamare il “romano” d’Anversa P. P. Rubens.<br />

523


Giovan Battista Stabili collaborò con J. Richier nella costruzione e nella<br />

decorazione <strong>del</strong>la cappella sepolcrale ottagonale dei duchi di Lorena nella chiesa<br />

dei francescani a Nancy, progettata a somiglianza <strong>del</strong>la cappella medicea di<br />

Firenze.<br />

<strong>Francesco</strong> Bordoni,”premier sculpteur du roy”, nel 1608 fu impegnato nelle<br />

decorazione <strong>del</strong>le Tuileries e <strong>del</strong> Louvre, nel ’29 disegnò una grande fontana per il<br />

nuovo giardino <strong>del</strong> Louvre, per la cappella <strong>del</strong>la Trinità a Fontainebleau disegnò il<br />

grandioso altare maggiore e il pavimento in marmo, nel ’39 rifece la fontana <strong>del</strong><br />

sagrato di Notre-Dame.<br />

In place Dauphine a Parigi si innalzò il monumento a Enrico IV; il cavallo è opera<br />

<strong>del</strong> Giambologna,offerto da Cosimo de’Medici nel 1610, la prima statua isolata<br />

sorta a Parigi.<br />

Nel 1620 Pietro Bernini ebbe dal cardinale Escoubleau de Sourdis l’ordinazione di<br />

un’”Annunciazione” (oggi nella chiesa di S. Bruno a Bordeaux); nel ’22 il figlio Gian<br />

Lorenzo scolpì il busto <strong>del</strong>lo stesso cardinale e un” Angelo annunziante”. La sua<br />

fama era già grande dappertutto, quando nel 1637 gli fu ordinato il busto di Carlo<br />

I d’Inghilterra (ora a Windsor), tratto da ritratti dipinti dal Van Dyck; nel ’42 il<br />

cardinale Richelieu volle anch’egli il proprio busto, ripreso da tre ritratti di P. de<br />

Champagne. Nel ’64 lo scultore fu chiamato a Parigi da Luigi XIV; qui lasciò un<br />

busto (ora a Versailles) e una statua equestre che non incontrò il favore <strong>del</strong><br />

sovrano; trasformata dal Girardon in “Curzio che si getta nella voragine”, è oggi<br />

nel parco di Versailles. Anche il figlio di Gian Lorenzo, Paolo Valentino, fu a Parigi;<br />

una sua opera , un putto che gioca con gli strumenti <strong>del</strong>la passione, si trova oggi<br />

al Louvre.<br />

Antonio Raggi scolpì la statua di Enrico IV, oggi nella piazza reale di Pau; un’altra<br />

<strong>del</strong>lo stesso sovrano fu eseguita da Ferdinando Tacca.<br />

Ricordiamo che per il monumento a Luigi XIII si utilizzò il cavallo bronzeo di<br />

Daniele da Volterra, eseguito per Enrico II.<br />

La diffusione <strong>del</strong>l’arte italiana in Francia fu resa possibile anche per il<br />

mecenatismo <strong>del</strong> cardinale Giulio Mazzarino, primo ministro, protettore di<br />

artisti,poeti, musicisti, attori, scenografi, ecc.<br />

G. B. Colbert che ebbe nelle sue mani le redini di tutta l’amministrazione centrale<br />

<strong>del</strong>la Francia chiamò molti esperti artigiani per le manifatture reali.<br />

Al tempo di Luigi XIV era in voga questa canzone:<br />

“Si vous n’êtes italiens,point d’espoir de fortune,<br />

si vous n’êtes italiens,vous ne fairez jamais rien ».<br />

Giambattista Tubi (Tuby), detto il Romano, prima <strong>del</strong> 1663 si recò a Parigi dove fu<br />

ammesso all’accademia di pittura e <strong>scultura</strong>, presentando il busto di marmo « La<br />

524


gioia » ora a Versailles ; prese parte sotto la direzione di Le Brun alla decorazione<br />

di Versailles con“ Carro d’Apollo “,“ Primavera “e“ Tritoni “;scolpì il gruppo<br />

principale <strong>del</strong>la tomba <strong>del</strong> Turenne nella chiesa degli Invalidi e collaborò col<br />

Coysevox ai sepolcri di Colbert e Mazzarino. Tra le altre opere ricordiamo il<br />

monumento di M. Cureau de la Chambre, il “Battesimo di Cristo” nella chiesa di<br />

Sceaux, la statua <strong>del</strong>la madre di Le Brun in S. Nicolas-du-Chardonnet, e , più<br />

importante, la decorazione <strong>del</strong>la porta di S. Bernardo (poi demolita) con sei figure<br />

maschili e due grandi bassorilievi.<br />

Anche Domenico Guidi lavorò per la reggia di Versailles ( eseguendo in Italia un<br />

gruppo per fontana); ricordiamo che il Le Brun con i suoi aiuti popolò di statue<br />

marmoree il terrazzo e il “tapis vert”, derivando la maggior parte dei soggetti<br />

allegorici dall’”Iconologia” di Cesare Ripa.<br />

Nel secolo XVII lavorarono in Francia anche gli scultori Giovan Battista Morelli,<br />

Massimiliano Soldani (o Benzi), Giovan Battista di Taddeo Carlone e lo stuccatore<br />

Pietro Sasso (o Sassi) che con M. Anguier decorò la camera <strong>del</strong>la regina madre al<br />

Louvre.<br />

Giovan Battista Tubi II, figlio di Giambattista, scolpì nel 1703 “Cristo” e l’”Entrata<br />

di Cristo a Gerusalemme” per la cattedrale di Orléans.<br />

Agostino Bocciardo dal 1761 al ’66 attese alla decorazione <strong>del</strong> castello Cramayel-<br />

en-Bric; per l’accademia parigina di S. Luca mo<strong>del</strong>lò alcune statue (“Voluttà”,<br />

“Danae”, ecc.); eseguì i disegni per il cabinet du roy, con altri artisti decorò la sala<br />

<strong>del</strong> teatro di Versailles, lavorò per i castelli di Bagattelle e di Pontchartrain; nel<br />

collegio Mazzarino eseguì bassorilievi nella cupola e fregi sulla calotta (poi<br />

distrutti), fece altre statue per Versailles,diede disegni per apparati di feste, per<br />

mobili e per oggetti di corte.<br />

Pasquale Bocciardo eresse a Bastia la statua <strong>del</strong> conte Marboeuf.<br />

A Parigi Giovan Battista Nini mo<strong>del</strong>lò medaglioni di terracotta con i ritratti di Luigi<br />

XV, Luigi XVI, Maria Antonietta, Voltaire; farà anche quelli di Carlo III e di Caterina<br />

di Russia.<br />

Gaetano Merchi lavorò dal 1777al ’95 a Parigi e nel 1812 ad Agen.<br />

Infine lo stuccatore Pietro Antonio <strong>del</strong> Gabbio lavorò nel Forez.<br />

Citiamo gli scultori francesi che subirono l’influsso <strong>del</strong>l’arte italiana; P. Francavilla<br />

(Francheville) studiò a Firenze sotto il Giambologna; G. Berthelot tra il 1606 e il<br />

’15 si formò nella cerchia di Domenico Fontana; come lui furono a Roma N.<br />

Cordier, detto il franciosino, rappresentante <strong>del</strong> tardo manierismo, S. Guillain che<br />

nelle prime opere imitò Michelangelo (1610), i fratelli François e Michel Anguier (il<br />

primo per due anni, il secondo per dieci) che subirono l’influsso <strong>del</strong>l’Algardi, J.<br />

Sarrazin, dal 1610 al ’28, amico <strong>del</strong> Domenichino, <strong>del</strong> Reni e <strong>del</strong> Guercino,<br />

525


ammiratore <strong>del</strong> Giambologna, che si orientò in Francia verso un classicismo<br />

severo.<br />

P. Puget, muovendo da Pietro da Cortona di cui fu allievo a Roma dal 1641 al ’43,<br />

in contrasto con la classicheggiante arte ufficiale <strong>del</strong>la corte di Versailles espresse<br />

il proprio temperamento in una serie di opere tra le più originali <strong>del</strong> secolo per<br />

veemenza si sentimenti, potente senso plastico e grande effetto decorativo.<br />

Troviamo nella seconda metà <strong>del</strong> secolo A. Coysevox che, pur non essendosi<br />

recato in Italia, manifesta di aver fatto tesoro <strong>del</strong> pittoricismo e <strong>del</strong>lo spirito<br />

berniniano. Studiarono a Roma F. Girardon,dal1648 al ’50, che lavorò per<br />

Versailles ( il suo “Ratto di Proserpina è derivato dal mo<strong>del</strong>lo berniniano); Nicola<br />

Coustou dal 1683 al’87; P. Legros il giovane che dal 1686 al 1719 svolse continua<br />

attività per chiese romane e partecipò, tra l’altro, con P. E. Monnot alla<br />

decorazione scultorea <strong>del</strong>la chiesa <strong>del</strong> Gesù, di gusto berniniano; M. Maille, allievo<br />

<strong>del</strong> Ferrata, un collaboratore <strong>del</strong> Bernini. Fu allievo <strong>del</strong> Legros Guglielmo Coustou<br />

il vecchio che dall’esperienza romana fu indirizzato verso un gusto classico,<br />

rigoroso e colto, con influssi berniniani nella ritrattistica e nelle opere<br />

monumentali dal felice effetto scenografico. In J. B. Théodon ( a Roma dal 1676 al<br />

1705) e in P. E. Monnot,a Roma nel 1687 e ivi morto nel 1733, il tardo <strong>barocco</strong><br />

cede nettamente a modi classicheggianti, evidenti ancora di più in E. Bouchardon<br />

che studiò intensamente la statuaria antica nel suo soggiorno romano dal 1723 al<br />

’32, in Lambert e Nicolas Adam (a Roma dal 1723 al ’33), in P. La Tour, mentre R.<br />

M. Slodz (a Roma dal 1728 al’47), detto Michel-Ange, fu il principale esponente<br />

francese di una corrente neobarocca di ispirazione berniniana nelle opere<br />

religiose e funerarie. J. B. Pigalle fu a Roma dal 1738 al ‘ 41; disperando di<br />

ottenere la pensione, partì a piedi da Parigi; arrivato a Roma, cadde malato e non<br />

morì grazie all’assistenza di Guglielmo Coustou il giovane, in quegli anni<br />

pensionato all’accademia. Infine citiamo N. Gillet che si perfezionò a Roma dal<br />

1746 al ’52.<br />

Passiamo ora a trattare <strong>del</strong>l’attività di scultori italiani per committenti inglesi,<br />

ricordando dapprima che nel 1622 Gian Lorenzo Bernini scolpì il busto di T.<br />

Baker.<br />

Molte opere eseguì <strong>Francesco</strong> Fanelli; non sono note la data e le circostanze <strong>del</strong><br />

suo trasferimento in Inghilterra, ma sono evidenti il suo ruolo di scultore di corte<br />

e il suo aumentato prestigio in un ambiente estremamente favorevole ad<br />

accogliere artisti italiani. Se è vero che il Fanelli attirò l’attenzione di Carlo I con<br />

una statuetta in avorio rappresentante “Pigmalione”, fu proprio la sua perizia<br />

tecnica e raffinatezza formale nel creare piccole sculture da collezione su mo<strong>del</strong>li<br />

<strong>del</strong>la scuola <strong>del</strong> Giambologna o <strong>del</strong>la statuaria antica a farlo apprezzare da una<br />

526


committenza aristocratica, per la quale egli intraprese a lavorare con buon<br />

successo anche nel campo <strong>del</strong>la ritrattistica.<br />

I bronzetti italiani erano molto ammirati alla corte inglese da quando, nel 1622, il<br />

granduca di Toscana Cosimo II aveva inviato ad Enrico, principe di Galles, come<br />

dono diplomatico, sette bronzetti appositamente eseguiti da Pietro Tacca su<br />

mo<strong>del</strong>li <strong>del</strong> Giambologna. E’ dunque molto probabile che il Fanelli abbia risposto<br />

positivamente ad una proposta diretta <strong>del</strong>la corte inglese, giunta attraverso i<br />

canali diplomatici e commerciali attivi tra Genova e l’Inghilterra; un inventario<br />

<strong>del</strong>la residenza reale di Whitehall cita un” Cupido in corsa”, un” Cupido su un<br />

cavallo al galoppo” e un” S. Giorgio a cavallo col drago”. L’artista eseguì poi dieci<br />

bronzetti, laccati di nero, secondo un gusto tipicamente manieristico, per W.<br />

Cavendish: due “S. Giorgio”, cinque “Cavalli”, un” Cupido a cavallo”, un” Turco a<br />

cavallo”, un” Nesso e Deianira”.<br />

La produzione di copie da illustri mo<strong>del</strong>li è documentata anche da un’importante<br />

opera, il”Cupido dormiente”, copia in bronzo di un’analoga opera, attribuita a<br />

Prassitele, ed appartenuta ad Isabella d’Este, che Carlo I aveva acquistato dalle<br />

collezioni ducali di Mantova, e che aveva suscitato l’ammirazione <strong>del</strong>la<br />

committenza inglese, tanto che il Fanelli ne eseguì altre due copie.<br />

Per raffinati committenti vicini alla corte inglese il Fanelli eseguì altri due gruppi<br />

bronzei, un” Davide e Golia” e un bellissimo” Mercurio e Cupido”.<br />

Apprezzatissimo per i suoi bronzetti da collezione, il Fanelli ricoprì anche, per la<br />

corte inglese, il ruolo di ritrattista, in busti bronzei di grande impegno tecnico ed<br />

esecutivo. Egli eseguì il piccolo busto di Carlo I che si rifà alla tradizione <strong>del</strong><br />

classicismo aulico cinquecentesco toscano, e l’unico ritratto firmato, il busto di<br />

Carlo, principe di Galles, il futuro Carlo II, eseguito per il duca di Newcastle.<br />

A questi splendidi ritratti si possono accostare i busti bronzei di lord R. Weston<br />

sul suo monumento sepolcrale nella cattedrale di Winchester e di R. Ayton sulla<br />

sua tomba nell’abbazia di Westminster. E’ opera <strong>del</strong> Fanelli anche la tomba<br />

Blackleech nella cattedrale di Gloucester. A causa <strong>del</strong>la guerra civile l’artista lasciò<br />

l’Inghilterra e si rifugiò a Parigi al seguito <strong>del</strong>la regina e <strong>del</strong> duca di Newcastle; tra<br />

il ’46 e il ’52 eseguì le decorazioni bronzee per lo stipo in legno e pietre dure<br />

acquistato a Firenze nel 1644 da J. Evelyn, ed oggi al Victoria and Albert museum.<br />

Il prezioso cabinet reca, sulla faccia interna <strong>del</strong>la porticina, una placca a<br />

bassorilievo con “Orfeo che ammansisce le belve”, e in facciata otto rilievi<br />

(Cinghiale, Cane, Cavallo, Toro, Vacca, Asino, Leone e Leonessa) con sfondi<br />

paesistici. Il Sandrart che possedeva alcuni bronzetti <strong>del</strong> Fanelli scrive che le<br />

fusioni erano tanto perfette da non avere bisogno di rifiniture a freddo.<br />

527


Alle placchette <strong>del</strong> cabinet si possono accostare alcuni splendidi bassorilievi<br />

bronzei laccati a vernice nera: un “ Orfeo” , dodici piccoli rilievi con animali (otto<br />

sono identici a quelli <strong>del</strong> cabinet) disposti attorno ad un’altra placca con Orfeo,<br />

“Cavallo che beve a una fonte”, e il bellissimo” Adamo ed Eva”. Queste opere che si<br />

possono attribuire con certezza al Fanelli sono in ordine cronologico le ultime che<br />

conosciamo <strong>del</strong>l’artista.<br />

Nel 1661furono pubblicate a Parigi le “Varie architetture di <strong>Francesco</strong> Fanelli<br />

fiorentino scultore <strong>del</strong> re <strong>del</strong>la Gran Bretagna”, ventuno tavole, incise, di fontane<br />

di gusto manieristico. Un anno prima Carlo II era tornato dall’esilio sul trono<br />

paterno e lo scultore riprese i contatti con la corte inglese. Le fontane e i ninfei<br />

che saranno pubblicati postumi a Parigi nei” Dessins de grotte”sono elaborati e<br />

raffinati progetti per l’arredo da giardino di residenze aristocratiche o regali. Fu<br />

proprio questa specializzazione ad aprirgli buone possibilità di lavoro a Londra,<br />

negli ultimi anni di vita, per una committenza laica particolarmente interessata al<br />

suo virtuosismo tecnico e al suo discorso culturale.<br />

Passando al secolo XVIII, ricordiamo che Giovanni Baratta scolpì due statue per il<br />

Blenheim Palace; tra gli stuccatori attivi in Inghilterra troviamo Giuseppe Artaria<br />

che con Jacopo Bagutti lavorò nella sala ottagonale di Orleans House<br />

(Twickenham), nelle chiese di St. Martin in the Fields e di S. Peter e nella villa di<br />

Chiswick a Londra; con lo stesso e con F. Serena nel palazzo e nella cappella di<br />

Conons (Middlesex); con gli stessi collaboratori e con F. Vassalli nel castello di<br />

Hagley; con il Bagutti e con il Franchini nel salone di Moor Park. Il Bagutti inoltre<br />

decorò il salone <strong>del</strong>la villa di Mereworth e il Senato <strong>del</strong>l’università di Cambridge.<br />

Il massimo esponente <strong>del</strong> gusto <strong>barocco</strong> nella <strong>scultura</strong> inglese fu J. Bushnell (sec.<br />

XVII) che operò per molti anni a Venezia e in altre parti d’Italia. C. G. Cibber,<br />

danese di nascita, dopo avere studiato a Roma, svolse la propria attività in<br />

Inghilterra (sec. XVII).F. Bird, decoratore <strong>del</strong>l’architetto Wren, fu allievo <strong>del</strong> Le Gros<br />

a Roma (sec. XVII-XVIII).<br />

Tra gli scultori fiamminghi e olandesi che si volsero a Roma e all’Italia,<br />

compiendovi lunghi soggiorni per studio, e in molti casi svolgendovi intensa<br />

attività, citiamo François Duquesnoy, detto <strong>Francesco</strong> Fiammingo, che si trasferì<br />

nel 1618 a Roma dove collaborò col Bernini e si legò di amicizia col Poussin,<br />

inserendosi presto con posizione di prestigio nella corrente classicista; attorno al<br />

1630 si dedicò alla statuaria di grandi dimensioni. Il fratello Gerôme il giovane fu<br />

a Roma e a Firenze e al contrario di François risentì <strong>del</strong>la <strong>scultura</strong> toscana più che<br />

di quella romana.<br />

Troviamo a Roma per studio (1648) J. Delcour che conobbe direttamente il<br />

Bernini; come allievi di Duquesnoy, R. Pauwels e A. Quellin il vecchio, influenzato<br />

528


dall’Algardi; J. Le Court che portò da Roma a Venezia i modi berniniani; M.<br />

Vervoort il vecchio ( o van der Voort) (sec. XVII- XVIII), a Roma per quattordici<br />

anni; L. Delvaux che, a Roma dal 1727 al ’33, eseguì molti lavori orientati verso<br />

forme classicheggianti; P. Verschaffelt che fu a Roma dal 1737 al ’51; G. Evrard<br />

che si perfezionò presso Giovan Battista Marini; Jacques Berger che, dopo gli studi<br />

a Parigi presso il Coustou, fece un viaggio di perfezionamento in Italia,e infine van<br />

der Bogaert ( Desjardins).<br />

Nei paesi <strong>del</strong>l’area germanica gli scultori e gli stuccatori italiani <strong>del</strong> <strong>periodo</strong><br />

<strong>barocco</strong> furono molto numerosi; cominciamo da quelli attivi durante il secolo XVII<br />

in Austria.<br />

Filiberto Pacobello, scultore a Judenburg e a Graz, scolpì la lapide di Andrea von<br />

Stubenberg a Frauenburg (1598), quella <strong>del</strong> barone di Teuffenbach nella chiesetta<br />

<strong>del</strong> paese omonimo (1616) e le armi sulla Porta Paolina a Graz (1616); a Moosburg<br />

eseguì il monumento di von Ernau.<br />

Giovan Battista Panigata fu scultore al servizio arciducale a Graz dal 1599.<br />

Giacomo Bertoletto firmò gli stucchi nella cappella di S. Gabriele a Salisburgo<br />

(1603); eseguì alcuni lavori nella cappella <strong>del</strong>la chiesa degli agostiniani nella<br />

stessa città; vi lavorarono anche Giacomo Passerino, Bernardo Pertival, Antonio<br />

Vasalio, stuccatori.<br />

Il Passerino e il Pertival fecero stucchi nella chiesa di Mülln(1610).<br />

Sebastiano Carlone decorò la casa <strong>del</strong>l’arciduchessa e fece gli stucchi nella<br />

cappella di corte a Graz e a Judenburg (1600-’05); nel ’03 ornò con tre fontane i<br />

giardini arciducali a Graz e mo<strong>del</strong>lò nel ’14 quattro angeli conservati nel museo<br />

<strong>del</strong>la città (vedi anche lez. n. 18).<br />

Battista Carlone il vecchio e Battista Carlone il giovane con Antonio Vasalio<br />

decorarono di stucchi, alle dipendenze di Sebastiano Carlone, la cappella di corte<br />

a Judenburg, in cui Stefano Carlone fece le opere in pietra.<br />

Antonio Crivelli fece le statue per l’altare maggiore nella chiesa di Hietzing (1607).<br />

Giovan Battista Spazio il vecchio scolpì varie statue per il giardino e per la chiesa<br />

di Kremsmünster (1600-’13) e per il convento di S. Floriano fece nel ’31 una pila<br />

per l’acqua benedetta.<br />

Giovan Battista Zelpi eseguì stucchi nel 1609 nella parrocchiale di Wiener-<br />

Neustadt.<br />

Lorenzo Oresco fece nel 1610 le due statue colossali poste davanti al mausoleo di<br />

Erhenhausen.<br />

Martino Pacobello creò la splendida tomba <strong>del</strong>l’abate Grimming nel duomo di<br />

Gurk (1612)( in Carinzia vi sono diverse lapidi uscite dalle sue mani), in Stiria<br />

scolpì la lapide Neumann nella chiesa dei cappuccini a Murau (1624) e la tomba<br />

529


<strong>del</strong> barone Stadl nel duomo di Graz; era un grande artista che sapeva unire il<br />

realismo a un profondo senso decorativo; morì assassinato nel 1630.<br />

Giovanni Mamolo eseguì le opere in pietra per la chiesa di S. Maria Ausiliatrice a<br />

Graz (1617) e quelle per la scala <strong>del</strong> cortile <strong>del</strong> palazzo provinciale (1630); sue<br />

sono anche le belle statue nelle nicchie <strong>del</strong>l’armeria di Graz (1648).<br />

Domenico Lagi lavorò a Graz e a Judenburg.<br />

Santino Solari scolpì per il giardino di Hellbrunn presso Salisburgo le statue di<br />

Orfeo ed Euridice, di Diana, <strong>del</strong>l’ Eroe, ecc.<br />

Bernardo Zanini e Girolamo Preosto fornirono altre statue.<br />

Giovanni Antonio Dario è forse l’autore <strong>del</strong>la fontana di S. Erentruda a Nonnberg;<br />

diresse le opere <strong>del</strong>la cappella <strong>del</strong>l’abbazia a Marbach, in cui gli altari laterali con<br />

le colonne in marmo che li fiancheggiano sono sua creazione; nel 1659 mise in<br />

opera la bellissima fontana <strong>del</strong>la Residenza a Salisburgo, forse eseguì le quattro<br />

statue <strong>del</strong>la facciata <strong>del</strong> santuario di Maria Plain presso Salisburgo; nel duomo di<br />

questa città mise in opera gli altari <strong>del</strong>le cappelle laterali.Nel convento di Sankt<br />

Florian sono suoi gli altari laterali.<br />

Andrea Retti e Giambattista Solla decorarono di stucchi alcuni corridoi <strong>del</strong><br />

convento di Klosterneuburg (1628).<br />

Lavorò a Vienna Roberto Gerardi.<br />

Giuliano Finelli è ritenuto l’autore <strong>del</strong> busto <strong>del</strong> cardinale Khlesl nel duomo di S.<br />

Stefano a Vienna (1635 circa).<br />

Giovanni Domenico Canevale lavorò a Vienna dal 1634.<br />

Giovanni Spazio scolpì la tomba <strong>del</strong> conte Verdenberg nella chiesa di S. Michele a<br />

Vienna (1633-’43), un epitaffio e due grandi stemmi per il convento di S. Floriano<br />

e l’ingresso monumentale <strong>del</strong>la chiesa di S. Volfango a Schlägl.<br />

Andrea Bertinali, stuccatore, decorò con Domenico e Giambattista Rosso, Giuliano<br />

Lezzeno e Carlo Pesarino la chiesa conventuale di Klosterneuburg (1638-’41).<br />

Giuseppe Pazerino decorò alcuni soffitti nel castello e nell’ospedale di Murau<br />

(1641).<br />

Jacopo Bolla scolpì le statue <strong>del</strong>la sala imperiale <strong>del</strong> convento di S. Lambrecht.<br />

Martino Sambrizzi lavorò nella chiesa <strong>del</strong>lo stesso convento e il Sandini ne eseguì<br />

il bel portone, disegnato forse dallo Sciassia (1645).<br />

Carlo Genol, aiuto <strong>del</strong> Sandini nei lavori per questo portone, nel 1665 creò una<br />

fontana monumentale per il parco di Eggenberg; fece dodici altari laterali e<br />

l’epitaffio <strong>del</strong>l’arcivescovo Szelepcheny nel santuario di Mariazell.<br />

Giovan Battista Cherubini lavorò nella sacrestia <strong>del</strong>l’abbazia di S. Lambrecht, nella<br />

ex- cappella <strong>del</strong> castello di Spielberg, nella chiesa dei gesuiti a Judenburg ( I e III<br />

cappella di sinistra).<br />

530


Abbondio e Jacopo Bolla eseguirono sculture nell’interno <strong>del</strong> santuario di<br />

Mariazell.<br />

Pietro Materna (o Maderno), scultore alle dipendenze dei principi di Liechtenstein,<br />

si specializzò nella creazione di fontane monumentali; ne fece a Eisgrub (1632), a<br />

Butschowitz (1635), a Feldsberg, assistito da <strong>Francesco</strong> Caratti (1644); dal ’48 in<br />

poi fornì le opere in pietra per il nuovo campanile gotico di Klosterneuburg.<br />

Giovanni Bovini, stuccatore, fu alle dipendenze degli stessi principi a Feldsberg<br />

(1640).<br />

In questo stesso centro Giovanni Tencala e Bernardo Bianchi presero parte ai<br />

lavori di decorazione <strong>del</strong>la chiesa(1650).<br />

Mattia Camin decorò con Taddeo Galli e Giovan Battista Cherubini la sala<br />

imperiale nel convento di Seckau; stuccò alcune stanze <strong>del</strong> convento di S.<br />

Lambrecht (1644); lo ritroviamo più tardi tra le maestranze italiane nel castello di<br />

Eggenberg(1667) con Alessandro Serenio; gli viene pure attribuita la parte<br />

decorativa <strong>del</strong>la sacrestia <strong>del</strong> duomo di Graz (1670).<br />

Bartolomeo Cometa fu scultore a Linz verso il 1650, in seguito lavorò in Boemia.<br />

<strong>Francesco</strong> Mangiotto, dopo essere stato per qualche anno in Olanda, passò in<br />

Austria nel 1651, fece un ritratto in avorio di Ferdinando III e il busto in pietra di<br />

Ferdinando IV; sue sono le statue <strong>del</strong> palazzo Abensberg-Traun e <strong>del</strong>la Favorita a<br />

Vienna (1658); il suo capolavoro è il busto di Ottavio Piccolomini, conservato nel<br />

convento dei serviti a Vienna; per il castello di Dresda,anni dopo, fece due statue<br />

di bronzo, “Giulio Cesare” e “Diana”.<br />

Lorenzo Canevale eseguì le decorazioni in stucco, con Giovanni Bovini, in varie<br />

stanze <strong>del</strong> convento di Spital am Pyhrn (1654), e con Teodoro Ferrada nel soffitto<br />

<strong>del</strong>la camera <strong>del</strong> tesoro; lavorò nel Landhaus di Linz, nella vecchia sacrestia<br />

<strong>del</strong>l’abbazia di Krems; eseguì stucchi nel palazzo <strong>del</strong> conte Thüreheim a Linz e<br />

lavorò a Graz e nell’abbazia di Lambach.<br />

Andrea Bertillotti eseguì stucchi nella cappella di S. Gregorio <strong>del</strong>la chiesa degli<br />

scozzesi a Vienna.<br />

Verso la metà <strong>del</strong> secolo lavorarono a Vienna Simone Allio, Bernardo Carlone e<br />

Giacomo Petrozzi.<br />

Donato Rava e Andrea Stella decorarono alcune stanze nel palazzo Lambach a<br />

Vienna.<br />

Giovanni Sperandio eseguì l’altare maggiore nella chiesa dei serviti a Innsbruck.<br />

A Tommaso Garono è attribuita la fontana <strong>del</strong>la residenza a Salisburgo (1661).<br />

Giovanni Rocco Bertoletti stuccò alcune stanze <strong>del</strong> tratto nuovo nel convento di S.<br />

Lambrecht (1662-’72), e altre nel Joanneum di Graz.<br />

531


Alessandro Serenio, dopo avere lavorato nel convento di S. Lambrecht (1664-’65),<br />

ebbe l’incarico di decorare il castello di Eggenberg (1667) e quello di Frauental;<br />

maestro e caposcuola di una generazione di stuccatori in Stiria, con Girolamo<br />

Rossi e A. Quadrio decorò la cappella di S. Caterina nel mausoleo di Ferdinando II<br />

a Graz.<br />

Giuseppe Serenio, forse fratello di Alessandro, eseguì alcuni stucchi nello stesso<br />

mausoleo (1668).<br />

Giovanni Pietro Bittini stuccò le volte <strong>del</strong> duomo di Klagenfurt (1668); gran parte<br />

<strong>del</strong> suo lavoro andò distrutto in un incendio.<br />

Giovanni Battista Colomba, scultore e stuccatore,da non confondersi col pittore<br />

omonimo, decorò il convento di Kremsmünster (1670), la chiesa di Ardagger<br />

(1678) e prese parte al rinnovamento di S. Floriano; gli stucchi nella chiesa di<br />

Waldhausen, una <strong>del</strong>le più aggraziate opere <strong>del</strong> Seicento in Austria, sono suoi<br />

(1667); con Giovanni Battista Barberino scolpì l’altare maggiore <strong>del</strong>la chiesa dei<br />

gesuiti a Linz, verso il ’68 andò in Polonia al servizio di G. Sobieski e vi morì. Lo<br />

stesso Barberino eseguì tra il 1670 e ’78 l gli stucchi <strong>del</strong>la chiesa dei serviti a<br />

Vienna.<br />

Giovanni Pietro Spazio, stabilitosi a Linz, ebbe incarichi dai conventi di<br />

Kremsmunster e di S. Floriano (1666); nel ’68 venne chiamato a Salisburgo per<br />

stuccare alcune stanze nel convento di S. Pietro, svolse pure attività di scultore e<br />

specialmente da lodare è la porta <strong>del</strong> ponte fatta per il convento di Kremsmünster<br />

(1669), eseguì l’altare maggiore <strong>del</strong>la chiesa di Schärding; prestò la sua opera<br />

durante l’ampliamento <strong>del</strong>la sala <strong>del</strong> consiglio nel palazzo provinciale di Linz<br />

(1672); aveva estese relazioni in tutta l’Austria e ciò spiega i suoi molteplici<br />

spostamenti; lavorò sino alle soglie <strong>del</strong> Settecento.<br />

Lorenzo Ferradini stuccò alcune sale nel palazzo provinciale di Graz (1677).<br />

<strong>Francesco</strong> Brenno ( o Brenni) nel 1678 eseguì gli stucchi nel presbiterio e nelle<br />

cappelle laterali <strong>del</strong> duomo di Herrenchiensee e nella cappella <strong>del</strong> castello di<br />

Hohenaschau; con il fratello Carlo Antonio e con Antonio Carabelli lavorò a<br />

Salisburgo nella chiesa dei teatini, nella residenza e nella chiesa di S. Erhardt<br />

(1686).<br />

Domenico Piazzoli ornò la volta <strong>del</strong>la chiesa di Klosterneuburg (1680).<br />

Gabriele Vittini fece i due portali decorativi <strong>del</strong> castello di Strasburg in Carinzia<br />

(1685-’86) nonché gli stucchi nella cappella (’88).<br />

Giovanni Giacomo Canevale, architetto e scultore, lavorò in Alta Austria e a Praga.<br />

Verso la fine <strong>del</strong> secolo lavorò a Salisburgo Ottavio Mosto; scolpì le statue <strong>del</strong>le<br />

quattro stagioni e dei quattro elementi nel giardino <strong>del</strong> castello di Mirabell; fu<br />

anche a Praga.<br />

532


Ricordiamo infine che scultori anonimi italiani decorarono la cappella laterale <strong>del</strong>la<br />

chiesa di S. Michele a Vienna, e che <strong>Francesco</strong> Segala, sansoviniano, eseguì a<br />

Venezia busti bronzei per la corte di Vienna.<br />

Nel secolo XVII la Germania accolse numerose opere che grandi scultori italiani<br />

eseguirono in patria per committenti tedeschi.<br />

<strong>Francesco</strong> Mochi (sec. XVI-XVII) scolpì una statua di S. Giovanni Battista per la<br />

chiesa di corte a Dresda.<br />

Alessandro Algardi (sec. XVI-XVII) scolpì una Deposizione in alabastro per la<br />

chiesa dei teatini di Monaco; gli si attribuisce un Crocifisso in avorio <strong>del</strong>la cappella<br />

<strong>del</strong>la residenza; altre sue opere sono a Monaco.<br />

Pietro Balestra (sec. XVII) scolpì alcune statue acquistate da Augusto II per Dresda<br />

e collocate nel parco detto Giardino grande; a Roma lavorò anche per la regina<br />

Cristina di Svezia.<br />

<strong>Francesco</strong> Baratta (sec. XVII), scultore di scuola berniniana, eseguì opere<br />

acquistate da Augusto II per Dresda e poste poi nel suddetto parco; nella chiesa<br />

cattolica di corte è una sua statua detta Maddalena penitente.<br />

A Breslavia (Wroclaw), nella cappella <strong>del</strong> duomo dedicata a s. Elisabetta di Turingia<br />

la statua <strong>del</strong>la santa è opera di Ercole Ferrata, collaboratore di Gian Lorenzo<br />

Bernini e di Alessandro Algardi; quella <strong>del</strong> cardinale von Essen- Darmstadt è di<br />

Domenico Guidi, allievo <strong>del</strong>l’Algardi (le due statue furono lavorate a Roma).<br />

Battista Passerini, uno dei primi scultori che diffusero il <strong>barocco</strong> <strong>del</strong>l’Italia<br />

settentrionale in Slesia, scolpì la mensa d’altare per la stessa cappella; gli stucchi<br />

sono opera di Santino Bussi e Giovanni Simonetti (vedi oltre); i marmi furono<br />

lavorati da italiani, perché l’architetto Scianzi aveva portato dall’Italia molti<br />

scalpellini e decoratori, tanto che questa cappella può essere definita un’opera<br />

tutta italiana.<br />

Molti furono gli scultori e gli stuccatori italiani <strong>del</strong> secolo XVII invitati in Germania<br />

da principi e prelati.<br />

Giovanni Antonio Castelli a Monaco decorò di stucchi l’antica cappella di corte<br />

(1614) e il corridoio di Carlotta nella Residenza; sono opera sua e <strong>del</strong> fratello<br />

Michele gli stucchi <strong>del</strong>la chiesa di corte di Neuburg, lavorò anche ad Amberg e nel<br />

palazzo reale di Charlottemburg.<br />

Alessandro Abondio dal 1632 al ’75 fu al servizio <strong>del</strong> principe elettore<br />

Massimiliano di Baviera, scolpì una Pietà per la chiesa <strong>del</strong>la Trinità a Monaco,<br />

lavorò anche in Austria e in Cecoslovacchia.<br />

Pietro Borselli intorno al 1644 scolpì la statua <strong>del</strong> principe elettore Giorgio I per la<br />

cappella dei principi sassoni a Freiberg.<br />

533


Carlo Brentano, stuccatore, decorò la chiesa <strong>del</strong>lo Spirito Santo a Norimberga<br />

(1662), il castello di Plassenburg presso Kulmbach, lavorò a Monaco, a Bayreuth, a<br />

Magonza (nella chiesa dei teatini); a Norimberga eseguì gli stucchi nella casa<br />

Fembo, nella casa Hertel e nell’albergo Krokodil; anche suo fratello Giovan Battista<br />

lavorò in Germania.<br />

Giovanni Battista Allio(o Aglio), <strong>del</strong>la famiglia originaria di Scaria presso Como,<br />

decorò la cappella <strong>del</strong>l’orfanotrofio di Passavia, la chiesa di Aich e l’abbazia di<br />

Nieder Altaich, una <strong>del</strong>le più interessanti testimonianze <strong>del</strong> <strong>barocco</strong> in Germania.<br />

Agostino Barelli, chiamato a Monaco dai sovrani, l’elettore Ferdinando Maria e la<br />

consorte A<strong>del</strong>aide Enrichetta di Savoia,decorò l’appartamento papale <strong>del</strong>la<br />

Residenza (1665).<br />

Presso gli stessi operò Antonio Pistolini; per la principessa costruì il teatro<br />

<strong>del</strong>l’Opera di corte, nel quale in origine cantarono solo artisti italiani (oggi di esso<br />

esistono solo le rovine nella Residenza), e decorò di stucchi l’appartamento(1665).<br />

Giovan Battista Carlone di Scaria per commissione <strong>del</strong> vescovo-conte G. F.<br />

Lamberg eseguì stucchi nel palazzo vescovile, nel nuovo duomo e nella chiesa di<br />

S. Michele a Passavia (1668-’78); nelle opere <strong>del</strong> duomo (nel coro, nella cupola e<br />

nel transetto) ebbe come collaboratore Paolo d’Aglio (Allio) , fece anche l’altare di<br />

Maria Vergine, dei SS. Giovanni e Paolo e di S. Caterina; inoltre fece tre altari e<br />

molti stucchi nella cappella di corte; lavorò anche nelle chiese di Waldsassen, di<br />

Vilshofen, di Straubing e di Langwinkl; ad Amberg con Domenico Antonio Carlone<br />

decorò la chiesa <strong>del</strong>le salesiane e di S. Maria <strong>del</strong> Soccorso; con Bartolomeo<br />

Carlone, Domenico Garon e Gian Pietro Camuzi decorò la chiesa benedettina di<br />

Garsten;operò anche in Boemia e in Austria. Con lui appare il tipo degli stucchi<br />

“carloneschi” che, non alterando le linee architettoniche, costituiscono una<br />

fioritura ornamentale (grosse fronde d’acanto e festoni di fiori e frutta) intorno ad<br />

esse.<br />

Paolo Allio eseguì anche le sculture <strong>del</strong>l’altare <strong>del</strong> monastero di Lambach, l’altare<br />

maggiore <strong>del</strong>la chiesa di Amberg, stuccò alcune sale e la cappella <strong>del</strong>la residenza<br />

vescovile a Passavia, la chiesa dei carmelitani a Straubing, la chiesa parrocchiale di<br />

Donnelstadt; altri stucchi sono nella chiesa dei serviti a Rattenberg e nel convento<br />

dei pauliani a Donnelstadt ( per la sua collaborazione con Diego <strong>Francesco</strong><br />

Carlone vedi avanti). Gli si attibuiscono stucchi nella nuova sacrestia <strong>del</strong>l’abbazia<br />

di Kremsmunster e nel monastero di S. Florian.<br />

Carlo Antonio Carlone eseguì stucchi nella chiesa dei gesuiti, dei SS. Pietro e<br />

Paolo, degli agostiniani a Passavia, decorò fastosamente la chiesa di<br />

Baumgartenberg, lavorò anche ad Altötting e in altre città tedesche.<br />

534


Bartolomeo Carlone eseguì stucchi nella chiesa <strong>del</strong> convento di S. Floriano in<br />

Austria, nella chiesa <strong>del</strong>le orsoline a Linz, lavorò a Mauthausen, Innsbruck e<br />

Kremsmünster (sec. XVII-XVIII). In Austria fu anche Domenico Antonio Carlone.<br />

Gian Pietro Camuzi fu stuccatore di corte a Passavia; nella residenza vescovile<br />

decorò la sala grande e la biblioteca; fece l’altare <strong>del</strong>la chiesa di N. S. <strong>del</strong> Soccorso<br />

a Vilshofen, lavorò nella cappella <strong>del</strong> castello di Katzenberg e nel convento degli<br />

agostiniani a Suben.<br />

Pietro Giuliani collaborò nel 1670 alla decorazione in stucco <strong>del</strong> castello di<br />

Osnabrück con Domenico Rosso.<br />

Giovan Battista Tornielli fece lavori in stucco nel castello di Celle e in quello di<br />

Schwedt dal 1670 al ’83.<br />

Giovanni Materno, stuccatore, dopo il 1672 con Domenico Galli e Antonio Travelli<br />

(o Trevelli) decorò il castello di caccia di Moritzburg presso Dresda.<br />

Il Travelli con il fratello Jacopo stuccò la navata sinistra <strong>del</strong>la chiesa di S. Stefano a<br />

Bamberga e la chiesa di Kesseldorf.<br />

Carlo Angelini,che lavorò ad Eichstätt e Schleissheim, scolpì gli altari <strong>del</strong>la chiesa<br />

di S. Valpurga nella prima città.<br />

Domenico Martinelli verso il 1675 lavorò come stuccatore ad Altötting, disegnò un<br />

altare per il duomo di Passavia e fece progetti per la residenza di Düsseldorf e il<br />

castello di Hei<strong>del</strong>berg.<br />

Passiamo ora ad elencare altri scultori e stuccatori italiani attivi in Austria e in<br />

Germania tra gli ultimi decenni <strong>del</strong> secolo XVII e i primi <strong>del</strong> successivo, e quelli<br />

vissuti nel ‘700 , ricordando che sempre più da adesso fino all’inizio <strong>del</strong> secolo<br />

XIX, grazie al mecenatismo dei principi, alle decorazioni dei castelli si aggiunsero<br />

quelle sontuose di ville e giardini. Specialmente in Germania la nuova tecnica<br />

decorativa con lo stucco ha dato caratteristiche nuove a intere città; scriveva da<br />

Lipsia nel 1729 uno stuccatore italiano:”… mai lavorare in paesi umidi durante<br />

l’inverno, lo stucco non si lascia praticare, tarda ad aver presa…”; così nei mesi<br />

più caldi erano innumerevoli gli artisti chiamati dall’Italia, che, lavorando con<br />

grande abilità tecnica e genio inventivo, hanno lasciato testimonianza notevole<br />

nelle più importanti chiese e nei palazzi sontuosi <strong>del</strong> <strong>periodo</strong> rococò. A<br />

Wessobrunn verso la fine <strong>del</strong> secolo XVII sorse un’importante scuola di<br />

mo<strong>del</strong>lazione; partendosi da questo piccolo centro bavarese dove, ad opera <strong>del</strong>le<br />

famiglie di plasticatori <strong>del</strong> nord-Italia, vivissimi erano giunti gli influssi <strong>del</strong>le<br />

decorazioni italiane, gli stuccatori tedeschi divulgarono i motivi stilistici e<br />

iconografici <strong>del</strong> Rococò in tutta Europa, a Berlino, ad Amsterdam, a Varsavia, a<br />

Parigi (I più grandi <strong>del</strong> secolo XVIII, i celebri fratelli Asam, possono considerarsi<br />

scolari fe<strong>del</strong>i degli italiani).<br />

535


Enrico Zuccalli (sec.XVII-XVIII), celebre anche come architetto, diresse i lavori di<br />

decorazione interna dei castelli di Leonsberg e Straubing, <strong>del</strong>l’appartamento <strong>del</strong><br />

capitolo di Altötting, <strong>del</strong> convento di S. Michele a Monaco ( cappella dei prelati e<br />

refettorio) con Gian Battista Brenno (o Brenni) e con <strong>Francesco</strong> Maderni; decorò<br />

con ricchissimi stucchi l’abbazia di Ettal.<br />

Cristoforo Zuccalli lavorò nel 1686 nella chiesa di S. Vito a Bürghausen, nella<br />

chiesa <strong>del</strong>l’Assunzione a Bodenkirchen, nel castello di Schleissheim e a<br />

Norimberga.<br />

Giovan Battista Zuccalli fu stuccatore a Monaco e ad Altötting. Giovanni Domenico<br />

Zuccalli lavorò a Monaco; Clemente Giuseppe Zuccalli, figlio di Enrico, architetto e<br />

stuccatore a Monaco, fu anche consigliere di corte dopo il 1715.<br />

Giovanni Simonetti (1652-1716), architetto di corte a Praga e a Zerbst, come<br />

stuccatore lavorò a Lipsia decorando l’esterno e l’interno <strong>del</strong> palazzo <strong>del</strong>la<br />

Vecchia Borsa, nei castelli di Anhalts, Coswik, Zerbst e Barby sull’Elba, e<br />

nell’antica Residenza di Berlino; a Francoforte decorò di stucchi la casa dei<br />

Giovanniti, a Friedrichstadt il palazzo Czernin, e a Zerbst la chiesa <strong>del</strong>la Trinità;<br />

lavorò anche in Boemia.<br />

Santino Bussi (o Busi) decorò lo scalone <strong>del</strong> castello di Ansbach, fu chiamato a<br />

Vienna da Eugenio di Savoia e per lui decorò il palazzo di città; tra il 1695 e il<br />

1704 stuccò gran parte degli interni <strong>del</strong> palazzo Liechtenstein con Alberto<br />

Camesina (vedi oltre), lavorò nei palazzi Harrach e Schwarzenberg, nella chiesa di<br />

S. Pietro (su mo<strong>del</strong>li <strong>del</strong> genero Antonio Galli Bibiena); eseguì gli stucchi <strong>del</strong>la sala<br />

terrena e <strong>del</strong>la facciata <strong>del</strong> castello Mirabell a Salisburgo con Alberto Camesina;<br />

con un Castelli e con <strong>Francesco</strong> Maderni lavorò nel convento di S. Floriano a Enns,<br />

decorando lo scalone; nella chiesa abbaziale di Dürnstein, nell’abbazia di Melk,<br />

nel monastero di Klosterneuburg, nella chiesa <strong>del</strong> monastero di S. Dorotea; nel<br />

1714 fu nominato stuccatore di corte. I lavori a Klosterneuburg furono ultimati dal<br />

fratello Antonio Gaetano.<br />

Alberto Camesina a Vienna stuccò i soffitti <strong>del</strong>la residenza di corte(essi<br />

costituiscono pietre miliari nel processo evolutivo che dalla ornamentazione<br />

“Berain” francese porta alla decorazione a nastro tedesca ); verso il 1720 fu<br />

nominato stuccatore di corte, lavorò per molti anni al castello imperiale e in<br />

dimore principesche, decorò la biblioteca di corte, la sala <strong>del</strong> consiglio <strong>del</strong><br />

municipio, eseguì stucchi nella chiesa di S. Pietro, nella chiesa <strong>del</strong>l’Ordine<br />

teutonico, nella chiesa di S. Carlo.<br />

Marcantonio Spazio lavorò per le chiese di Seitenstetten e di Paura presso<br />

Lambach.<br />

536


Cristoforo, Sebastiano e Teodoro Benedetti, scultori e architetti, produssero altari,<br />

pergami e statue per le chiese di Innsbruck; Cristoforo eresse la colonna di S.<br />

Anna nel centro <strong>del</strong>la città.<br />

Giovanni Giuliani fece alcune statue nel convento di Heiligenkreuz, l’altare <strong>del</strong>la<br />

chiesa e gli stalli <strong>del</strong> coro, lavorò in vari palazzi di Vienna.<br />

Nel 1703 fu a Vienna Andrea Pozzo che progettò l’altare maggiore per la chiesa<br />

dei francescani e per quella dei gesuiti.<br />

Gian Battista Brenno (o Brenni), stuccatore, ad Altötting fece le decorazioni<br />

<strong>del</strong>l’altare maggiore e di quelli <strong>del</strong>la Madonna e <strong>del</strong>la Croce e il pulpito; con<br />

<strong>Francesco</strong> Brenno, suo parente, decorò nell’abbazia di Ebrach in Franconia la<br />

parete meridionale <strong>del</strong> transetto, il portale <strong>del</strong>la sacrestia, fece il monumento al<br />

primo abate, decorò il chiostro e la sala capitolare, l’altare di S. Giovanni e sette<br />

altari nell’abside.<br />

Carlo Enrico Brenno fece la lapide dei coniugi Ahlefeld nel duomo di Amburgo ed<br />

eseguì decorazioni nel castello di Eutin presso Lubecca.<br />

Giovanni Prospero Brenno lavorò a Wurzburg, nella sala <strong>del</strong> Rathaus, nella chiesa<br />

dei teatini e in quattro sale <strong>del</strong>la Residenza di Monaco.<br />

Giovanni Carveri, stuccatore, decorò il castello di Weissenfels e fu poi chiamato a<br />

Lipsia per eseguirvi importanti lavori; decorò anche il castello di Köpenick.<br />

Giovan Battista Caveani, stuccatore,nel 1689 lavorò nella chiesa <strong>del</strong> castello di<br />

Eisenberg in Sassonia-Altenburg.<br />

Bartolomeo e Carlo Domenico Lucchesi, fratelli, detti anche Luchese, stuccatori,<br />

decorarono il convento Speinshart (1696), nel ’98 a Coburgo il salone <strong>del</strong>la<br />

Ehrenburg e la chiesa di corte, nel 1701 la chiesa di S. Maurizio sempre a<br />

Coburgo.<br />

Carlo Antonio Bussi, stuccatore, decorò la chiesa di S. Stefano e la Residenza di<br />

Passavia.<br />

Dossa Grana, stuccatore, decorò la Galleria <strong>del</strong> castello di Herrenhausen, forse<br />

lavorò nel castello di Linden e a Hannover; fu suo collaboratore Pietro Rosso.<br />

Giacomo Perinetti, stuccatore, decorò i castelli di Leinen e Osnabrück e il palazzo<br />

<strong>del</strong>la duchessa di Brunschweig a Lüneburg.<br />

Giovanni Domini, stuccatore, decorò la Residenza e il monastero <strong>del</strong>le suore di<br />

Nie<strong>del</strong>nburg a Passavia, e la chiesa di N. S. <strong>del</strong> Soccorso a Vilshofen.<br />

<strong>Francesco</strong> Vassallo, stuccatore, decorò le cappelle laterali <strong>del</strong> duomo di Eichstätt.<br />

Jacopo Botta, stuccatore, verso la fine <strong>del</strong> ‘600 decorò la chiesa degli Scalzi e la<br />

Borsa di Lipsia.<br />

Gioacchino Fortini eseguì il monumento funebre <strong>del</strong> capitano von Hochkirchen nel<br />

duomo di Colonia.<br />

537


Giovanni Baratta scolpì per il re di Prussia alcune urne marmoree e fu attivo<br />

presso numerose corti europee.<br />

Tommaso Righi, scultore, eseguì decorazioni plastiche nel castello di Marienburg<br />

a Würzburg; lavorò molto in Polonia.<br />

Giuseppe Magio decorò di stucchi il Ballhaus di Amburgo e il castello di Gottorp.<br />

Valentino Pezzani decorò l’interno <strong>del</strong>la Neumünsterkirche a Würzburg.<br />

Antonio Rizzi operò a Vilshofen, a Münster e in Svizzera.<br />

Giovanni Antonio Viscardi decorò la chiesa di S. Salvatore ad Augusta.<br />

I Catenacci (Cadenazzi) furono stuccatori attivi nei territori dei principi vescovi di<br />

Bamberga e dei margravi di Brandeburgo-Bayreuth. Domenico di Giuseppe tra il<br />

1699 e il 1735 risiedeva principalmente a Bamberga; gli sono attribuite le<br />

decorazioni in stucco di soffitti nelle nuova residenza. Andrea Domenico è<br />

documentato a Bamberga e a Bayreuth; tra i suoi lavori ricordiamo gli stucchi nella<br />

sala a cupola <strong>del</strong> castello di caccia di Thiergarten (1720), soffitti <strong>del</strong> vecchio<br />

Rathaus di Bayreuth (1725), parrocchia luterana a Gefree (1727). Nel vecchio<br />

castello <strong>del</strong>l’Eremitage gli viene attribuita la sala di marmo; la decorazione nel<br />

castello <strong>del</strong>l’Ordine di S. Giorgio e in alcune case borghesi di Bayreuth, la ricca<br />

ornamentazione <strong>del</strong> palazzo già von Egloffstein ad Erlangen forse sono sue.<br />

Attorno al 1735 lavorava allo scalone e alla cappella <strong>del</strong>la Vergine nel convento di<br />

Michelfeld.Egli introdusse a Bayreuth il Ban<strong>del</strong>werk, ma lavorò lo stucco anche in<br />

stili e gusti diversi. I Catenacci lavorarono anche in Polonia e in Boemia.<br />

<strong>Francesco</strong> Guarnieri, chiamato nel 1701 a Kassel dal langravio <strong>del</strong>l’Assia per<br />

portare a termine l’impianto <strong>del</strong>le cascate sul Karlsberg, vi lavorò fino al 1715;<br />

immaginò un ottagono, il giganteschloss a blocchi squadrati, da cui doveva<br />

scaturire una grande cascata, nella residenza estiva <strong>del</strong>l’elettore, detta la<br />

Wilhelmshöhe con i famosi giochi d’acqua e gli splendidi giardini, opera <strong>del</strong>lo<br />

stesso artista; sopra l’ottagono fu costruita una piramide, tra il 1713 e il ’15,<br />

coronata da una grande statua di Ercole Farnese, di rame sbalzato, disegnata<br />

dallo stesso Guarnieri. La piramide fu scolpita in un blocco di marmo dal Naldini<br />

(1726).<br />

Giovanni Pietro Magno decorò di stucchi molte sale <strong>del</strong>la Residenza, nonché il<br />

duomo di S. Chiliano (1702-’04) e l’ospedale Giulio di Wurzburg con la<br />

collaborazione di Carlo Antonio Castelli.<br />

Giovanni Pietro Castelli decorò di stucchi la cappella di S. Michele a Godesberg, il<br />

castello <strong>del</strong>la residenza a Bonn, il castello e la grotta di Eisenach, la Schönhaus e il<br />

palazzo ducale di Altenburg, il castello di Weissenfels e quello di Armstadt con la<br />

collaborazione <strong>del</strong> fratello Carlo Antonio, il castello di Werneck, la grotta di<br />

Gotha-Friedrichsthal, il palazzo <strong>del</strong> governo a Erfurt, il castello di Clemensruhe a<br />

538


Poppelsdorf e quello di Steinbach an Main; nella città di Wurzburg con la<br />

collaborazione <strong>del</strong> fratello Carlo Antonio e di Paolo Girolamo Brenni decorò molte<br />

sale <strong>del</strong>la Residenza.<br />

Carlo Antonio Castelli lavorò anche a Friedenthal e nel castello di Osterstein a<br />

Gera.<br />

Giovan Battista Morsegno collaborò dal 1700 al ’14 alla decorazione<br />

<strong>del</strong>l’ospedale Giulio e <strong>del</strong>l’appartamento <strong>del</strong> vescovo-principe a Wurzburg. Nei<br />

lavori <strong>del</strong>l’ospedale fu anche <strong>Francesco</strong> Carlo Moresco.<br />

I figli di Giovanni Pietro Castelli, Carlo Pietro e Giovanni Domenico, nel 1723<br />

insieme con i fratelli Morsegno fondarono la bottega “ Castelli e Morsegno”, attiva<br />

in Renania tra il 1728 e il ’52; essi lavorarono nel castello di Brühl, nella Residenza<br />

di Bonn con il padre, nel castello di Nordkirchen, nel castello di caccia di<br />

Falkenlust presso Bonn, nel palazzo Thurm und Taxis a Francoforte, nel castello<br />

di caccia di Clemenswerth e a Padeborn.<br />

Antonio Leoni dal 1704 al ’06 fu a Düsseldorf alla corte di Giovanni Guglielmo;<br />

molte sue sculture in avorio sono a Monaco.<br />

Gabriele Minetti, stuccatore, decorò nel 1704 una chiesa di Schandau.<br />

<strong>Francesco</strong> Marazzi decorò di stucchi il castello Lustheim a Schleissheim, la chiesa<br />

e il convento dei benedettini a Irsee (1707) e il convento dei premonstratensi a<br />

Weissensee.<br />

Giovan Battista Artaria ( o Artario) lavorò a Hadamar, nel castello di Rastatt, con<br />

Giovan Battista Genone, e nella Hofkirche, dove eseguì tra l’altro la “Maria in<br />

gloria” per l’altare maggiore; nel 1707 con un artista tedesco eseguì per il vescovo<br />

Schleipas la quasi totalità <strong>del</strong>le decorazioni nel duomo di Fulda, tra cui le quattro<br />

figure colossali dei Padri <strong>del</strong>la Chiesa nel coro, la “Ecclesia” <strong>del</strong>l’altare di S.<br />

Benedetto, il gruppo <strong>del</strong>la Trinità sopra l’altare maggiore; decorò le cappelle di S.<br />

Andrea e di S. Giovanni; tra il ’20 e il ’30 eseguì le decorazioni <strong>del</strong>la cupola <strong>del</strong><br />

duomo di Aquisgrana.<br />

Giuseppe Artaria ( o Artario) decorò di stucchi il castello e il padiglione di caccia a<br />

Brühl con Giuseppe Brilli e Carlo Morsegno, l’università di Bonn, la chiesa di S.<br />

Clemente e il palazzo Erbdrostenhof a Münster, fu poi chiamato alla corte <strong>del</strong><br />

principe elettore di Colonia; con Carlo Morsegno e con i fratelli Castelli decorò a<br />

stucco il castello di Poppelsdorf a Bonn e una casa nel Kettenplatz di Padeborn;<br />

operò anche in Olanda e in Inghilterra.<br />

Giuseppe Brilli scolpì alcune statue per il castello di Brühl.<br />

Lorenzo Mattielli fu il più geniale degli scultori italiani <strong>del</strong> <strong>periodo</strong> <strong>barocco</strong><br />

operanti all’estero; nel 1712 era a Vienna, nel ’14 lavorava per l’imperatore come<br />

scultore di corte. Le sue principali opere sono: il portale <strong>del</strong> palazzo imperiale, la<br />

539


vasca nel palazzo Daun-Kinsky, la fontana “Il ratto di Proserpina” e altre sculture<br />

nel parco Schwarzenberg, numerose statue e decorazioni nella chiesa di S. Carlo,<br />

il gruppo di Ercole nella Hofburg, la statua di s. Michele e altre sculture<br />

nell’omonima chiesa. Il Mattielli fuori Vienna eseguì <strong>del</strong>le statue nel castello di<br />

Eckartsau, figure di “Atlanti” a Klosterneuburg, di santi per l’altare di Lambach e<br />

per il convento di Melk, altre statue per il santuario di Mariazell e per il castello di<br />

Florisdorf; nel ’38 si trasferì a Dresda, ove fu nominato ispettore <strong>del</strong>le statue<br />

antiche e moderne; scolpì con gli aiuti le 78 statue bronzee di santi all’esterno<br />

<strong>del</strong>la grandiosa chiesa cattolica di corte, fece la fontana <strong>del</strong> palazzo Marcolin,<br />

alcune statue per il parco di Mosziuka, altre per il palazzo di Brühl e fontane per il<br />

giardino, e infine sculture per la chiesa <strong>del</strong> castello e per il giardino Hubertsburg.<br />

Per l’attività in Boemia vedi avanti.<br />

Giovan Battista Clerici collaborò alla decorazione in stucco <strong>del</strong>la Residenza di<br />

Schwetzingen, <strong>del</strong>la villa elettorale di Schilpert e <strong>del</strong> vecchio palazzo municipale di<br />

Mannheim, nel quale eseguì anche altri lavori; operò ad Hei<strong>del</strong>berg nel 1715 e a<br />

Lubecca.<br />

Giuseppe Volpini fu dapprima alla corte <strong>del</strong> margravio di Brandeburgo, poi<br />

scultore di corte a Monaco (1715- ’29), dove eseguì con Lauro Bigarello un busto<br />

marmoreo di Massimiliano Filippo Girolamo; molte sue opere sono a<br />

Nymphenburg; scolpì inoltre la statua di s. Maddalena nella cappella omonima , le<br />

statue, i putti <strong>del</strong>la cascata nel parco, decorò di stucchi la Residenza di<br />

Schleissheim.<br />

Lauro Bigarello lavorò a Monaco dove decorò l’appartamento <strong>del</strong>l’Elettore nella<br />

Residenza e l’altare maggiore nella chiesa di S. Spirito.<br />

Abbondio e <strong>Francesco</strong> Minetti tra il 1716 e il ’18 decorarono di stucchi la chiesa<br />

<strong>del</strong> castello di Erfurt e alcune sale <strong>del</strong> castello di Zerbst.<br />

Donato e Giuseppe Frisoni, molto celebre come architetto, fu anche grande<br />

decoratore poiché dette i disegni per molti lavori che altri italiani sotto la sua<br />

guida eseguirono; così nel castello e nella chiesa di corte di Ludwigsburg e nella<br />

chiesa <strong>del</strong> convento di Weingarten, e in molti altri lavori.<br />

Suo collaboratore fu nella costruzione e nella decorazione <strong>del</strong> castello di<br />

Ludwigsburg Paolo Retti ( o Reti) che lavorò come stuccatore anche nel castello di<br />

Heimsheim.<br />

Donato Riccardo Retti, anche architetto, decorò di stucchi i castelli di Ludwigsburg<br />

e di Ettlingen e il convento di Frauenalb; forse lo si può identificare con quel Retti,<br />

stuccatore, che nel 1723 collaborava alla decorazione <strong>del</strong> castello di Mannheim;<br />

lavorò anche ad Ellwangen nella chiesa di S. Vito con Emanuele Pighini.<br />

540


Carlo Ferretti, dopo avere collaborato alla costruzione <strong>del</strong> castello di Ludwigsburg,<br />

scolpì un busto (1717) <strong>del</strong> margravio Guglielmo Federico, collocato nel castello di<br />

Ansbach, e molte opere per il castello di Monrepos a Egglosheim; collaborò alla<br />

decorazione <strong>del</strong> padiglione”Favorite” (piccolo castello) di Ludwigsburg (le statue<br />

degli dei fluviali nel giardino).<br />

Giacomo Antonio Corbellini, dopo avere ornato di stucchi verso il 1717 il castello<br />

di Ludwigsburg e il padiglione “Favorite, lavorò sotto la guida <strong>del</strong> cognato Frisoni<br />

a decorare la badia di S. Benedetto a Weingarten nel ’18; fu abile come imitatore<br />

di marmi nella marmorsalette, nel marmorkabinett, nella cappella, nella sala ovale<br />

dei cavalieri, nella galleria degli antenati <strong>del</strong> castello di Ludwigsburg; lavorò anche<br />

ad Ansbach ( vedi oltre).<br />

Tra i collaboratori <strong>del</strong> Frisoni ricordiamo anche gli stuccatori Carolini e Soldati.<br />

Diego <strong>Francesco</strong> Carlone, figlio di Giovan Battista, lavorò per il vescovo-principe<br />

di Passavia, per il duca di Württemberg e per il conte di Ansbach; eseguì le statue<br />

<strong>del</strong>l’altare maggiore nella chiesa dei gesuiti a Passavia, gli stucchi in sedici sale<br />

<strong>del</strong> palazzo von Grävenitz a Stoccarda, l’altare maggiore <strong>del</strong> santuario di<br />

Gartlberg; sotto il Frisoni decorò la cappella <strong>del</strong> castello di Ludwigsburg, la sala<br />

ovale, il vestibolo, altre sale minori, mentre il fratello Carlo Innocenzo eseguiva gli<br />

affreschi (vedi avanti). Nella chiesa di Weingarten fece gli altari minori e scolpì le<br />

sculture <strong>del</strong>l’altare maggiore; con il Corbellini e con il fratello Carlo Innocenzo<br />

eseguì diverse opere nel castello di Ansbach (gli stucchi nella sala <strong>del</strong>le feste, nel<br />

corpo di guardia, nel vestibolo, nello scalone e in altri ambienti); decorò<br />

l’appartamento <strong>del</strong> capitolo di Altötting. In Austria fece decorazioni nel refettorio<br />

d’estate <strong>del</strong>l’abbazia di Kremsmünster, nella sacrestia <strong>del</strong>la parrocchiale di Mülln;<br />

eseguì bassorilievi e statue di stucco, grandi al naturale, nelle camere imperiali<br />

<strong>del</strong>l’abbazia e nella cappella dei prelati di S. Floriano; con Paolo d’Aglio lavorò<br />

nella chiesa dei carmelitani a Linz, nel convento benedettino di Lambach, nel coro<br />

<strong>del</strong>la collegiata di Salisburgo, nello scalone <strong>del</strong> castello di Klesheim (scalone e<br />

alcune sale). In Svizzera eseguì undici statue per la santa cappella <strong>del</strong>la chiesa di<br />

Einsie<strong>del</strong>n; con il fratello Carlo Innocenzo fece sedici statue di santi sugli otto<br />

altari, con statue allegoriche in stucco, due grandi tavole ad altorilievo in stucco al<br />

posto <strong>del</strong>le pale d’altare, due grandiosi monumenti funebri in stucco per abati e<br />

religiosi <strong>del</strong>l’abbazia di Einsie<strong>del</strong>n.<br />

<strong>Francesco</strong> Appiani prese parte alla decorazione in stucco <strong>del</strong>la chiesa dei<br />

cistercensi e <strong>del</strong> cosiddetto Bürgersaal di Monaco, a quella <strong>del</strong>la chiesa di N.<br />

Signora <strong>del</strong> Soccorso a Freystadt, <strong>del</strong> refettorio dei premonstratensi a<br />

Obermarchtal, <strong>del</strong>la biblioteca dei cistercensi a Waldsassen, <strong>del</strong>la chiesa di corte a<br />

Fürstenfeld (1718-’41).<br />

541


Giacomo Appiani, stuccatore, collaborò con <strong>Francesco</strong> ai lavori <strong>del</strong>la chiesa di<br />

Fürstenfeld; nel ’23 decorò il soffitto <strong>del</strong>la sala <strong>del</strong> mulino, ora distrutta, nel<br />

convento di Rheinau.<br />

Antonio Bellona intorno al 1723 ornò di stucchi la volta <strong>del</strong>la chiesa di S.<br />

Tommaso a Lipsia.<br />

<strong>Francesco</strong> Pedetti nel 1725 scolpì il pulpito <strong>del</strong>la chiesa <strong>del</strong>a Trinità a Worms sul<br />

Reno.<br />

<strong>Francesco</strong> Silva lavorò a Dresda, a Bonn e a Colonia; qui fu scultore di corte <strong>del</strong><br />

principe elettore fino al 1727.<br />

Tommaso Vesalli decorò nel 1728 la grande sala e la sala bianca nel municipio di<br />

Aquisgrana.<br />

Gaspare Mola lavorò per i conventi di Ottobeuren e Wiblingen (1732); operò anche<br />

a Ochsenhausen dove decorò di stucchi la chiesa.<br />

Tommaso Gavoni ed Emanuele Pighini decorarono di stucchi l’atrio <strong>del</strong> municipio<br />

di Hall.<br />

Antonio Corradini, recatosi a Vienna nel 1731, vi scolpì “ Lo sposalizio di Maria”<br />

nella fontana <strong>del</strong>l’Hohen Markt; in seguito, a Dresda, eseguì gruppi decorativi per<br />

il giardino grande; suoi lavori sono anche in Spagna, Grecia e Inghilterra.<br />

Antonio Giuseppe Bossi nell’abbazia di Ottobeuren decorò l’anticamera <strong>del</strong> salone<br />

imperiale, il vano-scala presso la cappella di S. Benedetto e il vestibolo <strong>del</strong>la<br />

cappella <strong>del</strong>l’abate; gli sono attribuiti gli stucchi <strong>del</strong> soffitto nella stanza<br />

<strong>del</strong>l’Amigoni. Furono suoi aiuti <strong>Francesco</strong> e Antonio Quadri e Giovan Battista<br />

Pedrozzi; gli ultimi due lo seguirono a Wurzburg, nel 1735, dove altri italiani<br />

figurano tra i suoi collaboratori come Ignazio e Carlo Bossi e Giuseppe Vannino.<br />

Qui l’artista, nominato stuccatore di corte, diresse per molti anni una grande<br />

impresa artigianale,ove impiegò spesso più di quaranta persone; fu un caposcuola<br />

<strong>del</strong>l’arte decorativa locale, seguito da molti imitatori, che seppe unire alla<br />

tradizione plastica <strong>del</strong>l’Italia settentrionale motivi <strong>del</strong> nord Europa.La decorazione<br />

<strong>del</strong>la Residenza di Wurzburg assorbì gran parte <strong>del</strong>l’attività <strong>del</strong> Bossi; egli lavorò<br />

al settore superiore <strong>del</strong>la decorazione interna <strong>del</strong>la chiesa di corte, nella sala <strong>del</strong>le<br />

udienze, nella camera da letto, nella prima stanza d’Alessandro, nella galleria,<br />

nella sala bianca, nello scalone principale, nelle stanze verso il giardino e nella<br />

sala imperiale; decorò il soffitto <strong>del</strong>la sala da pranzo e quello <strong>del</strong> gabinetto degli<br />

specchi,fece gli altari superiore e laterali <strong>del</strong>la chiesa di corte.<br />

Nella stessa città di Wurzburg decorò la cappella Schönborn, il coro <strong>del</strong>la chiesa<br />

domenicana, le stanze di rappresentanza <strong>del</strong>l’ospedale Giulio, la “Madonna” in<br />

Karmelitangasse,la facciata <strong>del</strong>la casa Rebstock; lavori sono anche in<br />

Bronnbachergasse, in Petersplatz, in Kasernenstrasse, in Marnelsteinhof e in<br />

542


palazzo von Weiss. Inoltre lavorò nel castello e nella chiesa di Gaibach, nel coro<br />

<strong>del</strong>la chiesa di Münsterschwarzach, nel convento di Oberzell; decorò la cappella di<br />

corte di Bamberga, varie stanze <strong>del</strong> castello di Werneck, fece i pulpiti, il fonte<br />

battesimale e l’altare maggiore <strong>del</strong>la chiesa di Amorbach, altari e pulpito <strong>del</strong>la<br />

chiesa di Zenzleben; a Bayreuth decorò il teatro di corte e l’Eremitaggio.<br />

Giovan Battista Pedrozzi (o Petrozzi) fu prima al servizio <strong>del</strong>la corte a Bayreuth<br />

dove tra il 1753 e il ’59 decorò il castello con Martino Pedrozzi, fu chiamato poi a<br />

Postdam per decorare di stucchi la villa di Sans Souci per Federico il Grande,<br />

lavorò in seguito a Neudrossenfeld (1760) e a Dresda; fu anche ottimo ceramista.<br />

Ludovico (Luigi) Bossi, nipote di Antonio Giuseppe, fu dapprima collaboratore di<br />

G. Pietro Brilli alla corte <strong>del</strong> Wurtemberg, prese parte alla decorazione <strong>del</strong> castello<br />

nuovo di Stoccarda e a quella <strong>del</strong>l’appartamento <strong>del</strong> duca Carlo Eugenio a<br />

Ludwigsburg; fu nominato stuccatore di corte nel 1762. A Wurzburg nel ’64,<br />

eseguì gli stucchi <strong>del</strong>lo scalone, <strong>del</strong> vestibolo e <strong>del</strong>la sala di rappresentanza con<br />

un Giorgioli; tornato a Ludwigsburg nel ’66, portò a termine la decorazione <strong>del</strong><br />

castello” Mon repos” con il fratello Materno: A Friburgo eseguì gli stucchi <strong>del</strong><br />

palazzo in Salzstrasse, nel convento di S. Biagio fece la decorazione <strong>del</strong> refettorio,<br />

<strong>del</strong> coro <strong>del</strong>la chiesa, <strong>del</strong>la sacrestia, <strong>del</strong>la foresteria e <strong>del</strong>le scale.<br />

Materno Bossi, ritenuto il più grande rappresentante <strong>del</strong>la decorazione Luigi XVI,<br />

nipote di Antonio Giuseppe, con il fratello Agostino lavorò dapprima a Wurzburg<br />

nella Residenza, poi decorò la chiesa parrocchiale di Fuchstadt; nuovamente a<br />

Wurzburg, fu nominato stuccatore di corte e furono suoi collaboratori i fratelli<br />

Antonio, Giuseppe e Ignazio Petrolli. Nella Residenza decorò la sala da the, la<br />

stanza verde d’angolo, la sala <strong>del</strong> teatro, il salone dei principi con l’anticamera,<br />

quello <strong>del</strong> capitolo, quello <strong>del</strong>l’appartamento di “parata”, gli ambienti <strong>del</strong>l’ala<br />

Ingelheimer, <strong>del</strong>la cappella, in cui è anche un suo pulpito, <strong>del</strong> parco (1769-’88);<br />

eseguì lavori, sempre a Wurzburg, nelle chiese di S. Stefano e di S. Michele (qui<br />

con Agostino), in alcuni ambienti <strong>del</strong> palazzo degli ambasciatori, nella chiesa<br />

<strong>del</strong>l’ospedale Giulio, in una casa in Theaterstrasse. Nella Residenza di Bamberga<br />

decorò la sala bianca e la sala <strong>del</strong> biliardo, la grotta <strong>del</strong>la cascata presso il<br />

castello Seehof, il padiglione dei tigli;in questa stessa città decorò la chiesa di S.<br />

Martino, eseguì lavori nel palazzo Guttenberf e in Obere Joannitergasse; fece<br />

inoltre la grotta e la cascata nel giardino di corte a Veitshöcheim, il padiglione<br />

<strong>del</strong>le terme di Bad Boklet, due altari nel castello di Aub e il pulpito nella chiesa <strong>del</strong><br />

castello di Werneck, il pulpito <strong>del</strong>la chiesa di Kitzingen, l’altare <strong>del</strong>la chiesa dei<br />

pellegrini a Dettelbach, quelli <strong>del</strong>le chiese di Kircheim, Triefenstein, Zellingen; ad<br />

Eichstätt decorò il palazzo vescovile (1785), a Ellwagen il palazzo A<strong>del</strong>mann,<br />

lavorò nella sala capitolare <strong>del</strong> castello dei cavalieri teutonici a Mergentheim, nel<br />

543


castello di Amerdingen, nella chiesa e nel convento <strong>del</strong>la chiesa dei cistercensi a<br />

Ebrach, nella chiesa di Gaukönigshofen, in quella <strong>del</strong> convento di Heidenfeld e<br />

infine nel palazzo reale di Ansbach. A Ebrach e a Triefenstein fu suo collaboratore<br />

Antonio Petrolli.<br />

Pietro Luigi Bossi lavorò come stuccatore a Norimberga, a Dresda e nel castello di<br />

Hubertsburg.<br />

Ignazio Petrolli lavorò a Wurzburg dove decorò di stucchi la chiesa <strong>del</strong>l’ospedale<br />

e molti palazzi privati.<br />

Pietro Bussi (o Bossi) intorno al 1755 decorò di stucchi il Gewandhaus di Lipsia e<br />

lavorò in altre città tedesche.<br />

Benigno Bussi, suo figlio, lavorò a Norimberga e a Dresda.<br />

Antonio Jacomini eseguì a Passavia una figura in gesso rappresentante s. Giovanni<br />

Nepomuceno (1746), due can<strong>del</strong>abri di bronzo (1772) per la chiesa di S. Nicola e<br />

più tardi due uguali per il duomo.<br />

Andrea Salvatore Aglio fu marmorario alla corte di Sassonia; si sa che fu molto<br />

ingegnoso, inventando nuovi sistemi per tagliare e colorare il marmo; è opera sua<br />

un altare in marmo (1756) nella chiesa di Borna; sovrintese all’esecuzione <strong>del</strong>le<br />

statue per il giardino di Dresda.<br />

P. B. Aglio eseguì lavori d’arte marmoraria nel castello di Hubertusburg.<br />

Giuseppe Martini fece alcuni rilievi e decorazioni nella chiesa <strong>del</strong>la S. Trinità ad<br />

Amburgo (1744- ’45).<br />

Carlo Donato Martini nella stessa chiesa decorò gli altari e il soffitto <strong>del</strong>la chiesa.<br />

Pietro <strong>Francesco</strong> Giorgioli, scultore e stuccatore, eseguì un altare nella chiesa <strong>del</strong>la<br />

S. Trinità a Worms sul Reno.<br />

Jacopo Domini lavorò molto come stuccatore a Passavia.<br />

Giuseppe Antonio Albuzio decorò di stucchi i castelli di Mannheim e Benrath e il<br />

casino di caccia di Pempelfort; è probabilmente lo stesso Antonio Albucci che<br />

ornò l’aranciera <strong>del</strong>la villa di Schwetzingen presso Mannheim con Antonio Alberici<br />

(1753).<br />

Antonio Laghi eseguì quattro gruppi rappresentanti “Ratti” celebri nel parco di<br />

Herrenhausen.<br />

Giorgio e Antonio Ferretti, Giuseppe Camone, Cipriano ed Eugenio Castelli, e un<br />

Richardi collaborarono alla decorazione <strong>del</strong> castello di Mannheim.<br />

Eugenio Castelli, scultore e pittore di corte a Oranjestein, lavorò a Kassel e a<br />

Wabern, decorò con stucchi il castello Philippusruhe e quello di Oranjestein ( con<br />

il fratello Cipriano); con Giovan Battista Genone lavorò nel castello di Newied sul<br />

Reno.<br />

Un Andrioli fu stuccatore di corte a Monaco dal 1745 al ’49.<br />

544


Un Albini dal 1750 al ’64 fu stuccatore di corte presso il margravio di Ansbach e<br />

Bayreuth, decorò di stucchi il vecchio e il nuovo castello di Bayreuth.<br />

Leopoldo Retti (Reti), stuccatore, decorò l’interno <strong>del</strong> castello di Kirchberg, lavorò<br />

anche ad Eschenau ,ad Ansbach e nel castello di Stoccarda.<br />

Gabriele da Gruppello, nato in Fiandra da uno scultore italiano colà attivo, fu<br />

stuccatore e scultore di corte a Colonia; lavorò molto a Dusseldorf, scolpendo vari<br />

monumenti per il principe Giovanni Guglielmo; eseguì tra l’altro la cosiddetta<br />

Piramide nella piazza <strong>del</strong>le Parate a Mannheim, e una Madonna in marmo nella<br />

chiesa parrocchiale di Benrath; lavorò anche in Belgio e in Austria.<br />

Andrea Gallasini o Galassini, noto anche come architetto, decorò di stucchi il<br />

castello di Arolsen, la chiesa di Weilburg e l’Aranciera di Fulda.<br />

Giuseppe Vassallo, stuccatore, decorò la chiesa di S. Vito a Straubing.<br />

Michele Caminada,con la collaborazione di Carlo Rossi e di un Bernardini, decorò<br />

di stucchi l’interno <strong>del</strong> duomo di Hildesheim.<br />

Antonio Canavese eseguì sculture che si trovano in varie sale <strong>del</strong>la Residenza di<br />

Monaco e splendide stufe nel castello di Schleissheim; lavorò anche in Austria.<br />

Andrea Vacca eseguì alcune sculture per il parco <strong>del</strong>la Residenza di Schwetzingen.<br />

<strong>Francesco</strong> Carabelli eseguì per lo stesso parco quattro urne di marmo con<br />

bassorilievi rappresentanti i simboli <strong>del</strong>le arti e la statua di Cerere; lavorò anche in<br />

Inghilterra.<br />

Antonio <strong>Francesco</strong> Andreozzi lavorò per la principessa Violante di Baviera.<br />

Girolamo Andreoli decorò di stucchi le chiese parrocchiali di Deining e Hilpolstein<br />

e la chiesa di S. Giorgio a Göggelsburg, lavorò anche a Norimberga.<br />

Gorini eseguì alcune sculture e intagli per la chiesa di S. Clemente ad Hannover e<br />

forse collaborò con Gualandi a ornare di stucchi il teatro di musica di Düsseldorf.<br />

Gian Paolo Manni scolpì un camino marmoreo per il castello di Falkenlust a Brühl.<br />

Domenico Ferretti lavorò a Rastatt, a Wurzburg e a Vienna, fu chiamato a<br />

Ludwigsburg dove lavorò per molti anni nella manifattura di porcellane e dove<br />

scolpì nel 1763 alcuni gruppi allegorici per la Residenza; eseguì altri gruppi<br />

allegorici per la Residenza di Stoccarda (<strong>del</strong>la guerra, <strong>del</strong>la pace, <strong>del</strong>l’arte e <strong>del</strong>la<br />

scienza, <strong>del</strong> commercio e <strong>del</strong>l’agricoltura).<br />

<strong>Francesco</strong> Gabrielli decorò di stucchi la villa di Nymphenburg e ad Eichstätt la<br />

cappella <strong>del</strong> Frauenberg, la chiesa dei gesuiti, degli agostiniani e il palazzo <strong>del</strong><br />

principe-vescovo.<br />

Giovanni Maria Fossati eresse un altare nella chiesa di S. Giovanni a Lipsia; gli<br />

sono attribuiti anche gli stucchi <strong>del</strong> castello di Hubertusburg e gli altari <strong>del</strong>la<br />

chiesa di Bautsen.<br />

545


Giovanni Nicola Perti decorò di stucchi il monastero di Tegernsee e la chiesa <strong>del</strong>le<br />

orsoline a Neuburg sul Danubio, lavorò anche a Fürstenfeld, Monaco e Augusta.<br />

Giuseppe Girala lavorò al castello di Sans Souci a Postdam e nel 1759 eseguì due<br />

statue collocate nel castello, scolpì il busto <strong>del</strong> principe Augusto Guglielmo, ora<br />

nel parco di Rheinsberg.<br />

Antonio Giuliani eseguì vari lavori di <strong>scultura</strong> per la corte di Monaco; alcune sue<br />

belle terrecotte sono nel museo nazionale.<br />

<strong>Francesco</strong> Pozzi lavorò come stuccatore ad Obermarchtal, nella chiesa di<br />

Unterwachingen e nella cappella di S. Giorgio a Dieterhausen (1757), operò anche<br />

in Svizzera.<br />

Giuseppe Antonio Morisi, stuccatore, decorò la chiesa dei SS. Pietro e Paolo a<br />

Obermarchtal.<br />

Giovanni Maria Morlaiter lavorò per la corte di Sassonia.<br />

Bartolomeo Cavaceppi scolpì a Postdam un busto di Federico II, decorò la cappella<br />

<strong>del</strong> castello di Wörlitz a Dessau.<br />

Ed ecco gli scultori e gli stuccatori più noti attivi in Germania tra il XVIII e il XIX<br />

secolo.<br />

Carlo Luca Pozzi fu al servizio <strong>del</strong> duca di Württemberg per il quale decorò di<br />

statue e di stucchi il castello di Ludwigsburg, eseguì alcune finte rovine per il<br />

parco <strong>del</strong>la Residenza di Schwetzingen, fu per lungo tempo a Baden-Baden presso<br />

il margravio, scolpì alcune statue per la chiesa di S. Luigi a Saarbrücken, lavorò<br />

anche in Belgio e in Svizzera.<br />

Giuseppe Antonio Pozzi fu stuccatore di corte a Mannheim sotto il principe Carlo<br />

Teodoro e in quella città lavorò nella Residenza, nell’ospedale civico, nel teatro<br />

nazionale, nei palazzi Castell e Bretzenheim; decorò di stucchi due sale <strong>del</strong>la<br />

Residenza di Schwetzingen e lavorò nel castello di Wain, a Lauingen e ad Ellingen.<br />

Massimiliano Giuseppe Maria Pozzi a Mannheim eseguì molte opere tra cui le più<br />

note sono le tombe <strong>del</strong> barone Stengel e di Augusto von Kotzebue, e il restauro<br />

<strong>del</strong>la fontana nella piazza <strong>del</strong> mercato; fu intenditore e collezionista di opere<br />

d’arte, socio fondatore <strong>del</strong>l’Associazione Artistica di Mannheim. Molte sue opere<br />

sono in altre città tedesche.<br />

Domenico Pozzi lavorò nel castello di Mannheim e fu anche in Svizzera.<br />

Antonio Matteo eseguì o forse collaborò alle sculture <strong>del</strong>l’altare maggiore <strong>del</strong>la<br />

chiesa <strong>del</strong>lo Spirito Santo a Monaco, lavorò ad Altötting e a Straubing.<br />

Michele Matteo scolpì l’altare maggiore <strong>del</strong>la chiesa dei SS. Filippo e Giacomo ad<br />

Altötting e il fonte battesimale <strong>del</strong> battistero di S. Giacomo a Straubing.<br />

<strong>Francesco</strong> Antonio Bagnato, architetto e stuccatore, eseguì alcune decorazioni<br />

nelle Residenze di Altshausen e di Buchau (ala occidentale) e ad Oberkirchberg.<br />

546


Opera sua sono gli stucchi <strong>del</strong>la sala <strong>del</strong> Capitolo <strong>del</strong> castello di Mergentheim,<br />

quelli <strong>del</strong>la chiesa di S. Biagio a Ehingen e <strong>del</strong>la cappella <strong>del</strong> seminario di<br />

Heersburg.<br />

Lorenzo Quaglio eseguì alcune decorazioni nell’interno <strong>del</strong> castello di Wain.<br />

Anton <strong>Francesco</strong> Taddei con la collaborazione <strong>del</strong> fratello Angelo lavorò nello<br />

Schleswig decorando di stucchi la cappella <strong>del</strong> cimitero di Flensburg; lavorò a<br />

Geltigen, a Rundhof e a Schleswig nelle case comunali.<br />

Un Gagini lavorò in Renania tra il 1782 e il 1805; alcune decorazioni che portano<br />

la sua firma sono nel castello di Waldenburghaus a Kettenis; altre decorazioni nel<br />

castello di Rahe a Laurensberg; lavorò anche ad Aquisgrana e ad Eupen.<br />

Antonio Isopi, chiamato a Ludwigsburg nel 1793 dal duca Carlo Eugenio, lavorò<br />

nella manifattura di porcellane e nel 1810 fu nominato direttore <strong>del</strong>l’istituto d’arte<br />

annesso; decorò di stucchi il castello di Hohenheim, eseguì alcuni bei monumenti<br />

funebri a Stoccarda e a Ludwigsburg.<br />

Domenico Zandomeneghi nel 1817 eseguì nel duomo di S. Pietro a Ratisbona il<br />

monumento sepolcrale Dalhem.<br />

Citiamo adesso gli scultori <strong>del</strong>l’area tedesca che si formarono in Italia o subirono<br />

influssi <strong>del</strong>l’arte italiana nel <strong>periodo</strong> tra il XVI e il XVIII secolo:<br />

Martin e Michael I Zürn segnarono in Austria la transizione al Barocco dalle ultime<br />

manifestazioni gotiche, H. Reichle studiò a Firenze, J. Glessker compì il primo<br />

tirocinio a Roma presso il Duquesnoy; B. Permoser, detto Baldassarre Fiammingo,<br />

fu a Venezia, a Genova dove conobbe il Parodi e il Puget, a Roma dove conobbe il<br />

Bernini e il complesso ambiente <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong> secolo, a Firenze dove conobbe il<br />

Foggini che influì sulla sua ispirazione; Andreas II Fainstenberger fu in Italia verso<br />

il 1670, guardò al Bernini e al tardo <strong>barocco</strong> romano (Filippo <strong>del</strong>la Valle, Camillo<br />

Rusconi, Pietro Bracci); M. Braun o Praun studiò in Italia specialmente i mo<strong>del</strong>li<br />

berniniani; A. Schlüter nel 1696 completò la propria formazione a Roma,<br />

assimilando lo studio <strong>del</strong> Bernini, <strong>del</strong>l’Algardi, <strong>del</strong> Mochi e <strong>del</strong> Tacca; J. B. Straub<br />

studiò presso Giuseppe Galli Bibiena a Vienna; G. Donner fu allievo in Austria <strong>del</strong><br />

Giuliani; F. X. Messerschmidt fu a Roma nel 1765; Johann II Platzer, a Roma dal<br />

1772 al ’75, fu influenzato dal Mattielli operoso in Austria; J. W. Peter fu a Roma<br />

nel 1774 e lavorò come decoratore per il principe Borghese.<br />

In Boemia influenze italiane dirette e indirette determinarono uno sviluppo rapido<br />

subito dopo il secolo XVII.<br />

A Praga lavorarono molti scultori italiani; tra il XVI e il XVII secolo troviamo Andrea<br />

Spazio; Gioacchino Agosto (sec. XVII) eseguì i bassorilievi <strong>del</strong>la Casa di Loreto<br />

nella chiesa dei cappuccini; Domenico Canevale con Giovan Battista Orsi e<br />

Domenico Rossetti stuccò a proprie spese una porta cittadina nel quartiere di<br />

547


Hradcany, in segno di gratitudine per l’ottenuta cittadinanza; Giovan Battista<br />

Ceresola , figlio di un muratore imperiale a Praga, lavorò al castello di Kost per il<br />

conte Cernin con gli stuccatori Bernardo Pandolfo e Antonio Travelli; Carlo<br />

Brentano decorò il castello di Cesky Sternberk; ricordiamo inoltre Giovanni<br />

Materna, Battista Passerini, Bartolomeo Cometa. Ci sono noti per l’attivirà svolta a<br />

Praga, di cui ottennero la cittadinanza, Andrea (notizie nel 1678), Gian Maria,<br />

Giovanni Battista, scalpellino, e Martino Allio, di una famiglia originaria <strong>del</strong>la<br />

Valtellina, importanti se non sul piano creativo, almeno su quello <strong>del</strong> gusto,per il<br />

contributo alla diffusione <strong>del</strong> <strong>barocco</strong> italiano in Cecoslovacchia, durante gli ultimi<br />

decenni <strong>del</strong> secolo XVII.<br />

Tra il XVII e il XVIII secolo:<br />

Giacomo Antonio Corbellini fu presso i conti Dietrichstein in Moravia e Boemia dal<br />

1698 al 1708, lavorò a Michulov, a Libochovice (altari <strong>del</strong>la chiesa) e stuccò alcuni<br />

soffitti <strong>del</strong> castello; eseguì poi una grandiosa decorazione e il pulpito <strong>del</strong>la chiesa<br />

di Polnà (Boemia settentrionale), le decorazioni all’interno <strong>del</strong>la chiesa<br />

<strong>del</strong>l’abbazia cistercense di Osek, le statue in stucco degli altari, due tombe<br />

monumentali con statue; nel convento le decorazioni <strong>del</strong> refettorio e <strong>del</strong>la<br />

cappella di S. Caterina; infine decorò la volta <strong>del</strong>la chiesa di Libedice e fece le<br />

statue dei due altari laterali.<br />

Antonio Corradini eseguì la tomba di S. Giovanni Nepomuceno, Santino Bussi<br />

decorò a stucco il castello di Austerlitz (Slavkov), undici stanze <strong>del</strong> castello di<br />

Kolodeje presso Praga, il palazzo Glem-Gallas (ove lavorarono anche il Flumberti e<br />

Rocco Bolla), Giovanni Santino Bossi lavorò nel palazzo Cernin a Praga e nella<br />

cappella di S. <strong>Francesco</strong> Saverio a Libesice, Baldassarre Fontana, scultore e<br />

stuccatore, eseguì statue e altari per la chiesa di Montesanto presso Olomouc in<br />

Moravia, decorò il palazzo vescovile a Kromerez, i castelli di Sebetov, Panice,<br />

Brezovice, Buchovice e il convento di Hradisté; Adamo Spazio, scultore e<br />

architetto, operò a Praga dal 1696 al 1705.<br />

Nel secolo XVIII emerge la figura di Lorenzo Mattielli che scolpì il gruppo di Ercole<br />

e dieci figure di antenati nel castello Frain e figure allegoriche nella biblioteca di<br />

corte.<br />

Citiamo tra gli scultori boemi M. Brokof (sec. XVII-XVIII) che seguì liberamente i<br />

modi berniniani.<br />

In Svizzera nell’abbazia di Einsie<strong>del</strong>n troviamo stucchi di M. Roncati nella sala dei<br />

principi (1709); Carlo Galletti fece l’altare <strong>del</strong>la chiesa di Altdorf.<br />

Per questa stessa lavorò Grazioso Rusca (sec. XVIII-XIX).<br />

In Ungheria durante il ‘600 permangono in <strong>scultura</strong> i caratteri manieristici; nel<br />

‘700 si affermano i motivi classici.<br />

548


Tra i più importanti artisti italiani <strong>del</strong> <strong>periodo</strong>:<br />

Santi e Bernardo Materni, scultori, lavorarono a Buda verso il 1688.<br />

Bastiano Orsati, stuccatore, decorò il soffitto <strong>del</strong>la sala <strong>del</strong> consiglio municipale di<br />

Posonio nel 1695.<br />

Antonio Castello fece la tomba <strong>del</strong> principe Gabriele Bethlen.<br />

Carlo Genone, stuccatore, lavorò a Pest dove nel 1698 ottenne il diritto di<br />

cittadinanza.<br />

A Tirnavia furono chiamati dal cardinale Pazmany, educato in Italia, molti artisti<br />

tra i quali Pietro de Spazio, Giovanni Battista Rosso che decorò di stucchi la chiesa<br />

<strong>del</strong>la città, con Pietro Antonio Conti e Jacopo Tornini; il Conti ornò anche la<br />

chiesa di Boldgasszonyfalva con Luca Antonio Colombo; il Tornini lavorò anche a<br />

Sopron.<br />

Dionisio Stanetti fece il progetto e il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> monumento alla Trinità di<br />

Kòrmòcbanya ed eseguì molte <strong>del</strong>le figure e parecchi bassorilievi; sono anche<br />

opera sua le statue <strong>del</strong>la chiesa dei gesuiti di Salmecbanya e alcune decorazioni<br />

scultoree nelle chiese di Hegybanya e Kòrmòcbanya.<br />

Bernardo Ferretti eseguì le statue <strong>del</strong> primo monumento alla Trinità di Buda, dopo<br />

la pestilenza <strong>del</strong> 1691 (poi trasferito altrove); con il figlio Giovanni Bernardo<br />

lavorò alla seconda versione molto più grandiosa (1710) con l’aiuto di Antonio<br />

Amini; il progetto fu di <strong>Francesco</strong> Giuseppe Barbieri.<br />

Santino Bussi fece gli stucchi <strong>del</strong>la villa di Ràckeve nell’isola di Csepel.<br />

Allio Garrono, stuccatore, lavorò a Buda verso il 1705.<br />

Antonio Tabota decorò la cattedrale di Giavarino.<br />

Antonio Orsati, stuccatore, ornò la cappella interna <strong>del</strong> palazzo vescovile di<br />

Sümeg e il soffitto <strong>del</strong>la biblioteca nel 1751.<br />

A Giovanni Giuliani è attribuita l’Arca santa di Giavarino.<br />

Antonio Gaetano Bussi lavorò nel palazzo degli Invalidi a Budapest alla<br />

decorazione in stucco <strong>del</strong>la chiesa; costruì per incarico <strong>del</strong> primate Esterhàzy<br />

l’altare maggiore nella chiesa dei trinitari di Posonio.<br />

Pietro Antonio Gamba, stuccatore, decorò l’organo <strong>del</strong>la chiesa <strong>del</strong> palazzo degli<br />

Invalidi a Budapest.<br />

Carlo Adami eseguì la statua di Minerva per una fontana <strong>del</strong>la piazza principale<br />

<strong>del</strong> castello a Buda.<br />

Leopoldo Antonio Conti, nato a Sopron, lavorò nella chiesa dei serviti a Pest(<br />

1745) e in quella di S. Caterina a Buda (1767); gli è attribuita la decorazione<br />

plastica <strong>del</strong>la cappella di Maria Ausiliatrice di Kòbànya; collaborò alle sculture <strong>del</strong><br />

palazzo degli Invalidi a Pest.<br />

Passiamo ora alla Spagna.<br />

549


Furono scultori di Filippo III <strong>Francesco</strong> <strong>del</strong> Carpio, Giulio Lasso, Gaetano e Pietro<br />

Patalano, Antonio e <strong>Francesco</strong> Spano. Pietro Tacca mo<strong>del</strong>lò la statua <strong>del</strong> sovrano<br />

su progetto <strong>del</strong> Giambologna; il monumento equestre, realizzato a Firenze tra il<br />

1610 e il ’13, giunse via mare a Madrid nel ’16; arrivarono il fratello <strong>del</strong>lo<br />

scultore, Andrea, il cognato Antonio Guidi, uno scalpellino, un muratore, un<br />

“maestro di ruote” provvisto di carri e macchine da tirare. Oggi la statua è al<br />

centro <strong>del</strong>la Plaza mayor di Madrid. Con essa giunse nella capitale, come dono <strong>del</strong><br />

granduca di Toscana, il crocifisso in bronzo dorato, commissionato al Tacca<br />

tramite il Velasquez; esso fu in un primo tempo collocato nel Pantheon dei re. Ma<br />

il capolavoro <strong>del</strong> Tacca è giustamente ritenuto il monumento equestre a Filippo IV,<br />

eseguito su disegno <strong>del</strong> Velasquez e su mo<strong>del</strong>lo in legno di Juan Martinez<br />

Montaflès; i calcoli relativi alla stabilità furono effettuati dal Galilei; la statua<br />

venne fusa nel 1640 e, dopo la morte <strong>del</strong> Tacca, installata a Madrid nel ’42 dal<br />

figlio Ferdinando nei giardini <strong>del</strong> Buen Retiro. Si ricorda anche <strong>del</strong> Tacca la fontana<br />

<strong>del</strong> Bacco ad Aranjuez nel giardino detto <strong>del</strong>l’isola.<br />

Rutilio Gacci (Gaxi) fu il primo in Spagna ad eseguire fontane con intenti di<br />

estetica urbanistica; sappiamo che ne eseguì cinque.<br />

Ludovico Turchi nel 1616 fornisce per 400 ducati una statua in marmo per il<br />

nuovo giardino <strong>del</strong>l’Alcazar di Madrid; da Genova importa due sculture di Venere<br />

e Marte, giudicate tra le migliori <strong>del</strong>la città; nel ’25 vende una statua di marmo,<br />

Venere, destinata alla fontana <strong>del</strong>le Arpie, ideata dal Gacci, da collocarsi alla<br />

Puerta <strong>del</strong> Sol. Non è peraltro chiaro se il Turchi ne fosse l’autore o<br />

semplicemente il mercante.<br />

Giovan Battista Crescenzi, pittore, scultore e architetto, nel 1617 si reca in Spagna<br />

con il cardinale Zapata assieme a Bartolomeo Cavarozzi, ponendosi al servizio di<br />

Filippo III. Nel ’19 a seguito di pubblico concorso egli viene incaricato <strong>del</strong> progetto<br />

e <strong>del</strong>la direzione dei lavori <strong>del</strong> Pantheon dei re all’Escorial; al fine di ingaggiare<br />

artisti parte per l’Italia, nel ’20 ritorna in Spagna portando con sé lo scultore<br />

<strong>Francesco</strong> Generino, l’argentiere Giuliano Spagna, il bronzista Giovan Battista<br />

Berinci, il cesellatore Pietro Gatto, i fonditori Francuccio Francucci e Clemente<br />

Censore, cui si aggiungono in Spagna Giovanni Antonio Ceroni, Filippo Arnaldi,<br />

Giacomo e Giovan Battista Semeria, Bartolomeo Aprile e Bartolomeo Zumbigo;<br />

vengono portate dall’Italia opere in bronzo.<br />

Nello stesso anno è autorizzata la costruzione di un apposito laboratorio per la<br />

lavorazione dei bronzi cui particolarmente sovrintende il Crescenzi; i lavori<br />

procedono lentamente; nonostante le critiche mosse dai colleghi spagnoli<br />

l’architetto italiano è creato da Filippo IV marchese e cavaliere e nominato<br />

550


sovrintendente ai palazzi e ai giardini reali; egli progetta edifici a Madrid e a<br />

Loeches, ed è autore di alcune fontane nella capitale. Muore nel ’35.<br />

Nel 1654 la costruzione <strong>del</strong> Pantheon è ultimata; le spoglie di Carlo V, di Filippo II<br />

e dei suoi successori sono deposte nel sepolcreto reale, rivestito di diaspri,<br />

porfidi, bronzi e decorazioni dovute ai suddetti artisti. Gian Lorenzo Bernini nel<br />

1655 realizza il Cristo crocifisso in legno e bronzo e lo invia in Spagna per<br />

decorare l’altare <strong>del</strong> Pantheon; tuttavia l’opera sarà spostata nella sacrestia <strong>del</strong><br />

monastero dove tuttora si trova. Ricordiamo che Bartolomeo Zumbigo rifà il<br />

pavimento, la scala d’accesso, l’altare e le urne (ed esegue gli scaffali in diaspro<br />

<strong>del</strong>la biblioteca <strong>del</strong>l’Escorial); Clemente Censore è l’autore di otto angeli in<br />

bronzo, Pietro Gatto <strong>del</strong>la maggior parte degli ornamenti bronzei, generalmente<br />

attribuiti al Crescenzi, per urne sepolcrali e mensole; Giovan Battista Berinci<br />

esegue ornamenti e otto can<strong>del</strong>abri con angeli, su mo<strong>del</strong>li di Giovanni Antonio<br />

Ceroni, con la collaborazione di Francuccio Francucci; Bartolomeo Aprile e Giovan<br />

Battista Semeria, oltre ai lavori dei marmi <strong>del</strong>la cupola <strong>del</strong> Pantheon,eseguono il<br />

retablo nel santuario di Guadalupe, il rivestimento in marmo <strong>del</strong>la cappella <strong>del</strong>la<br />

Madonna <strong>del</strong> Sacrario nella cattedrale di Toledo, a Valencia lo scalone d’onore nel<br />

collegio <strong>del</strong> Corpus Christi, il chiostro, la fontana, le pile <strong>del</strong> fonte battesimale e le<br />

lapidi sepolcrali. Giovanni Antonio Ceroni eseguì anche il Martirio di s. Stefano, il<br />

Calvario,il fregio composto di venti statue di apostoli e santi nella chiesa di S.<br />

Stefano a Salamanca.<br />

Domenico Montini nel 1619 esegue per la corte di Spagna, in soli nove mesi, il<br />

Tabernacolo in bronzo dorato e pietre dure, conservato nel Tesoro di palazzo<br />

reale.<br />

Gian Lorenzo Bernini nel 1622 scolpisce per la chiesa degli spagnoli a Roma due<br />

busti, “L’anima beata e l’anima dannata” e il busto <strong>del</strong> cardinale Montoya.<br />

Giuliano Finelli, alunno di Pietro Bernini, nel 1636 lavora alla tomba dei conti di<br />

Monterrey per il convento <strong>del</strong>le agostiniane di Salamanca; nel ’52 per ordine di<br />

Filippo IV mo<strong>del</strong>la dodici leoni in bronzo dorato inviati a Barcellona assieme a<br />

copie di statue antiche, eseguite a Roma.<br />

<strong>Francesco</strong> Maria Nocchieri, allievo di Gian Lorenzo Bernini, esegue la figura di<br />

Apollo per la fontana di Aranjuez; non è accertata la sua permanenza in Spagna.<br />

Ferdinando Tacca, inviato dal padre Pietro a Madrid per installare la statua<br />

equestre di Filippo IV, rimane due anni in quella città; gli sono commissionati 4<br />

evangelisti per la cappella di palazzo reale e 4 leoni per ornare la base <strong>del</strong>la statua<br />

<strong>del</strong> sovrano.<br />

Matteo Monicelli lavorò in Italia per la corte di Madrid; nel 1651 mo<strong>del</strong>lò quattro<br />

leoni in bronzo per la sala <strong>del</strong> trono di palazzo reale.<br />

551


<strong>Francesco</strong> Rizzi con la collaborazione di uno scultore spagnolo eseguì il<br />

reliquiario per la sacrestia <strong>del</strong>l’Escorial.<br />

Giraldo di Merlo lavorò per la cappella <strong>del</strong>la Madonna <strong>del</strong> santuario di Ciudad real;<br />

scolpì i busti di Enrico II e di sua madre.<br />

Raffaele Guarino eseguì l’altare maggiore e il retablo nella chiesa di S. Maria <strong>del</strong><br />

mar a Barcellona, una Vergine Assunta e un Ecce Homo (in rilievo).<br />

Nicolò Busi sotto Filippo IV eseguì molte opere per il palazzo e i giardini reali.<br />

Virgilio Fanelli lavorava a Genova quando Filippo IV, tramite il conte di Villaalegre,<br />

gli dette incarico di eseguire un lampadario di 24 bracci destinato al Pantheon<br />

<strong>del</strong>l’Escorial; l’ordine prescriveva che se ne dovesse commettere l’esecuzione al<br />

più valente artista d’Italia in tal genere. Il Fanelli si recò in Spagna forse nel 1655<br />

per montare l’opera e, soddisfatto per l’accoglienza trionfale ricevuta, vi rimase<br />

definitivamente. È autore di uno degli altari laterali <strong>del</strong>la chiesa di S. Ginés a<br />

Madrid ( poi rifatto nel 1685); nel ’55 lo troviamo a Toledo per eseguire il Trono<br />

<strong>del</strong>la Madonna <strong>del</strong> Sacrario (su mo<strong>del</strong>lo di S. Herrera).<br />

Il trono, considerato il capolavoro <strong>del</strong>l’oreficeria toledana <strong>del</strong> XVII secolo, è<br />

composto da un ampio ed alto basamento ornato da rilievi finemente cesellati,<br />

con angeli musicanti scolpiti a tutto tondo negli angoli smussati; su di esso si<br />

ergono gruppi di colonne corinzie scanalate a sostegno di un arco ribassato,<br />

sovraccarico di racemi, raggi di sole e puttini festanti, splendida aureola intorno<br />

alla sacra immagine. L’opera fu portata a termine intorno al 1676 con la<br />

collaborazione <strong>del</strong> figlio Domenico e di un orafo spagnolo. Nel 1671 il Fanelli<br />

eseguì in argento sbalzato la statua di s. Fernando re , alta m.1,42, destinata alla<br />

cattedrale di Toledo, dove è custodita nella sala <strong>del</strong>le reliquie insieme con quella<br />

di s.Agostino, pure <strong>del</strong> Fanelli. Nella sala <strong>del</strong> vestiario si conserva<br />

un’acquasantiera in bronzo dorato con la raffigurazione di una Sacra Famiglia.<br />

Alessandro Algardi fece un reliquiario in argento, donato da Innocenzo X alla<br />

regina di Spagna nel 1650, quattro alari per la corte (Giove e Giunone sono di sua<br />

mano, gli altri due furono realizzati dagli allievi su suoi disegni); spediti in Spagna<br />

per mare, se ne persero le tracce; furono ritrovati nel 1931 come parti<br />

ornamentali di una fontana nei giardini di Aranjuez. Sono a lui attribuite la tomba<br />

<strong>del</strong> conte di Monterrey e quella di Eleonora di Guzman nel convento <strong>del</strong>le<br />

agostiniane a Salamanca.<br />

Domenico Guidi, discepolo <strong>del</strong>l’Algardi, lavorò per vari principi e sovrani<br />

d’Europa; la sua fama in Spagna è legata al crocifisso in bronzo dorato,<br />

commissionato da Filippo IV per la cappella reale <strong>del</strong> Pantheon all’Escorial.<br />

Giovan Battista Morelli, discepolo <strong>del</strong>l’Algardi, dopo un soggiorno alla corte di<br />

Francia, nel 1651 è a Valencia dove mo<strong>del</strong>la statue in terracotta. Sua è una lettera<br />

552


diretta a Velasquez cui egli aveva inviato alcuni putti recanti gli strumenti <strong>del</strong>la<br />

Passione con bassorilievo <strong>del</strong> Cristo morto, un S. Giovanni Battista e un S. Filippo<br />

Neri; attraverso i buoni uffici <strong>del</strong> grande pittore ottiene un invito alla corte di<br />

Madrid dove giunge nel 1661, recando con sé statuette di Orfeo, Cibele, Mercurio,<br />

Marte, Giove, Vulcano e Apollo; lavora all’Alcazar dove mo<strong>del</strong>la piccole statue di<br />

fauni per i giardini <strong>del</strong>la regina; viene poi inviato ad Aranjuez dove fonde<br />

mascheroni in bronzo per le fontane <strong>del</strong> giardino e stucca alcune sale <strong>del</strong> palazzo<br />

(1662-’64). Viene nominato scultore di camera come successore di A. Herrera,<br />

lavora a corte con Rutilio Gacci, alla morte di Filippo IV rientra a Valencia, ma è<br />

richiamato da Carlo II per continuare gli stucchi di Aranjuez che lascia incompiuti<br />

a causa <strong>del</strong>la morte sopraggiunta nel 1670.<br />

<strong>Francesco</strong> Filippini, bronzista e orologiaio, lavora al servizio <strong>del</strong>la regina madre,<br />

Marianna d’Austria, all’Escorial nel 1688; è autore dei bronzi dorati <strong>del</strong>l’altare<br />

<strong>del</strong>la “Sacra forma” e degli ornamenti <strong>del</strong>la piccola sacrestia eseguiti insieme a<br />

<strong>Francesco</strong> Ricci e ad uno scultore spagnolo.<br />

Giacomo Bertesi, scultore e stuccatore, opera a Valencia dal 1700; nel ’09 per la<br />

chiesa di S. Giovanni esegue la decorazione in stucco , scolpisce la Madonna <strong>del</strong><br />

rosario, e le statue <strong>del</strong>le 12 tribù d’Israele; è autore inoltre <strong>del</strong> polittico <strong>del</strong>la<br />

Concezione nella chiesa dei gesuiti; esegue decorazioni nel salone dei giardini<br />

Pontons (Glorieta). Suo collaboratore è Giulio Sacchi, scultore in legno.<br />

Filippo Pallotta, ingegnere, incisore e scultore, operò dal 1702 al ’16.<br />

Giacomo Antonio Ponzanelli (o Ponsonelli), scultore e architetto, giunge a Cadice e<br />

vi rimane fino alla fine <strong>del</strong>la guerra di successione(1714); qui abbiamo il portale<br />

<strong>del</strong>la casa di Diego Barrios e quello <strong>del</strong>la casa de las cadenas. Fu poi a Valencia<br />

dove troviamo il pulpito <strong>del</strong>la chiesa di S. Giovanni ( eseguito a Genova nel<br />

1702),il Bambino Gesù nella chiesa di Nostra Signora de Montesa, le statue <strong>del</strong>le<br />

quattro stagioni nei giardini de Viveros, Venere, Nettuno e Tritone nel giardino<br />

<strong>del</strong>la Glorieta, il Nettuno in piazza di Alfonso il Magnanimo, le statue di S.<br />

Tommaso e S. Luigi Bertràn nel ponte <strong>del</strong>la Trinità. Infine inviò a Lisbona otto<br />

statue di apostoli per la chiesa <strong>del</strong>la Madonna di Loreto.<br />

Antonio Aliprandi (sec. XVII-XVIII), scultore e stuccatore, eseguì il retablo <strong>del</strong>la<br />

Porziuncola per il convento di Cocentaira , e stucchi nella cattedrale di Valencia ,<br />

lavorò al portale principale e alla cappella <strong>del</strong>la concezione.<br />

Corrado Rodolfo (sec. XVII-XVIII) fece le porte di questa cattedrale.<br />

Nelle stesso <strong>periodo</strong> lavorò Luigi Poggetti.<br />

Giovanni Betti (in Spagna Gambetti) lavora a Roma dove esegue intorno al 1720<br />

per la pala d’altare , ordinata da Filippo V per la cappella <strong>del</strong> noviziato dei gesuiti<br />

di Madrid, due angeli. Alla pala lavorarono anche Agostino Cornacchini (statua <strong>del</strong><br />

553


santo <strong>Francesco</strong> de Regis,collocata in un’urna che fungeva da altare) e il Rusconi<br />

(bassorilievo centrale con l’apoteosi <strong>del</strong> santo).<br />

Camillo Rusconi è in Spagna dal 1723 al ’27; Filippo V gli ordina il Retablo (ma<br />

alcuni storici lo vogliono composto a Roma); un incendio nel 1931 distrugge la<br />

statua giacente <strong>del</strong> Cornacchini; il bassorilievo <strong>del</strong> Rusconi e gli angeli <strong>del</strong> Betti<br />

furono trasferiti nel convento <strong>del</strong>le Descalzas reales e ivi ricomposti in un nuovo<br />

retablo.<br />

Gian Domenico Olivieri è al servizio <strong>del</strong>la corte di Torino quando, segnalato dal<br />

Sacchetti, per mediazione <strong>del</strong>l’ambasciatore spagnolo, è invitato alla corte di<br />

Madrid, per assumere la direzione dei lavori di <strong>scultura</strong> <strong>del</strong>l’erigendo “Palacio<br />

Nuevo” dopo l’incendio <strong>del</strong>l’Alcazar.<br />

Nel 1739 arriva in Spagna con tre aiutanti: Gian <strong>Francesco</strong> Lazzoni, Pasquale <strong>del</strong><br />

Medico e Sinibaldo Campi, ai quali si aggiungeranno subito dopo Nicola Carisana<br />

e Gaspare Petri (scultori), nonché <strong>Francesco</strong> Balestrieri, intagliatore, e nel 1741<br />

Alessandro Fossati e Antonio Solari. Viene nominato “escultor principal” da Filippo<br />

V e Cavaliere <strong>del</strong>l’Ordine di S. Michele.<br />

Si provvede innanzitutto ai materiali necessari all’impresa: per l’ornamento <strong>del</strong>le<br />

finestre si intagliano 52 mascheroni, colonne, capitelli e trofei, tratti da copie<br />

antiche acquistate in Italia da Velasquez durante il suo secondo viaggio. Viene<br />

creato uno speciale cantiere per la <strong>scultura</strong>, diretto dall’Olivieri, che nel ’41<br />

annovera 48 lavoranti, tra cui Nicola Carisana, Pietro Rusca, Bernardo Rosi, Angelo<br />

Salina, Gian Marco Giamboni, Giovan Battista Notar, Giovan Battista Galeotti<br />

(marmista), gli stuccatori Giovanni Andreoli e Giovanni Perriello. Sotto la sua<br />

direzione e quella di uno spagnolo vengono approntate le 94 statue destinate<br />

all’attico di Palazzo reale ; all’Olivieri si devono otto di esse.<br />

Non manca la collaborazione <strong>del</strong>lo stesso ai lavori <strong>del</strong> palazzo di Aranjuez.<br />

Propugnatore <strong>del</strong>la creazione di un’accademia di Belle Arti a Madrid, ne assume la<br />

direzione <strong>del</strong>la prima giunta (1744) di cui fanno parte Santiago Bonavia, Nicola<br />

Carisana, Giovan Battista Sacchetti e Santiago Pavia. Il decreto di fondazione è <strong>del</strong><br />

12 aprile 1752; l’Olivieri è nominato direttore per la <strong>scultura</strong>, il Sacchetti e il<br />

Bonavia direttori onorari per l’architettura.<br />

Tra le sue opere ricordiamo:<br />

Alpajes (Aranjuez)- Parrocchia- Statua di S. <strong>Francesco</strong> Saverio nel retablo.<br />

Aranjuez- Palazzo- Le quattro stagioni.<br />

Burgos- Espolòn-Statua di Teodorico I.<br />

Madrid- Palazzo reale-Statua di Filippo V vivo, Statua di Filippo V defunto, Statua<br />

di Maria Luisa di Savoia, Statua di re Teodoredo.<br />

Madrid- Cappella <strong>del</strong> palazzo reale -Due angeli adoranti l’Eucarestia (stucco).<br />

554


Madrid- Plaza de Oriente-Statua di Fernando III.<br />

Madrid: Retiro- Statua di Carlo I.<br />

Madrid: Chiesa di S. Barbara -(facciata) –Visitazione, Mosè e le tavole <strong>del</strong>la legge,<br />

Sacra famiglia;- (altare)- Gloria di S. <strong>Francesco</strong> di Sales, S. Fernando, S. Barbara; -<br />

(monastero)- Gesù. Giuseppe. Maria.<br />

Madrid: Plazuela de la villa –Fontana.<br />

Madrid: Accademia S. Fernando- Busto di Ferdinando VI, Busto di Barbara di<br />

Braganza, Busto Carvajal (medaglione), Ritratto di Carvajal (medaglione), Busto di<br />

Arrostegui. Infine a Vitoria l’Olivieri scolpì la statua di re Sigerico a La Florida.<br />

Antonio Benedetti (Vendetti) eseguì stucchi e bronzi nel salone Gasperini <strong>del</strong><br />

palazzo reale di Madrid (vedi lez. n. 29).<br />

Giovan Battista Ferroni, scultore, bronzista, decoratore, lavora nel 1766 a Madrid<br />

agli ordini <strong>del</strong> Gasperini alla cui morte assume la successione come adornista en<br />

bronce; ha alle sue dipendenze l’impellicciatore Giovan Battista Galeotti. Lavora<br />

oltre che a Madrid a El Pardo, nella casita <strong>del</strong> principe con decorazioni in stucco e<br />

rilievi in oro nelle volte.<br />

Giuseppe Gambino nasce in Galizia da padre genovese, lavora al retablo <strong>del</strong><br />

monastero di Sobrado de los Monjes,alla facciata <strong>del</strong> municipio di Santiago de<br />

Compostella con un Santiago a cavallo, poi ad Orense e a S. Pedro de Porta,ove<br />

esegue rispettivamente un’Addolorata ( nella cappella <strong>del</strong> Cristo) e il retablo <strong>del</strong><br />

monastero.<br />

Giuliano Manichini, architetto e scultore, raccolse a Roma, a Capua e a Napoli le<br />

antiche statue regalate da Pio V al viceré di Napoli, don Pedro de Rivera, e che ora<br />

figurano nel cortile e nel giardino <strong>del</strong>la casa di Pilato a Siviglia; tali statue, da lui<br />

restaurate, sono state allogate in apposite nicchie, opera sua.<br />

<strong>Francesco</strong> Sabatini diresse i lavori di decorazione degli interni nella residenza<br />

reale <strong>del</strong> Pardo.<br />

Sempronio Subissati eseguì a Madrid la tomba per Filippo V e per la regina.<br />

Domenico, Matteo e Paolo Brilli sono gli autori degli stucchi alla casita <strong>del</strong> principe<br />

all’Escorial, nel palazzo <strong>del</strong> Pardo, nel salone degli specchi nel palazzo reale di<br />

Madrid.<br />

Girolamo Silici fu scultore di corte a Madrid nel 1792.<br />

<strong>Francesco</strong> Salzillo, figlio di Nicolò, di famiglia napoletana trasferitasi a Murcia,<br />

aprì con i tre fratelli una scuola di <strong>scultura</strong> da cui uscirono1792 statue, sparse in<br />

diverse città <strong>del</strong>la Spagna.<br />

Fabio Venditti eseguì decorazioni nel palazzo e nel Pantheon <strong>del</strong>l’Escorial,<br />

all’interno <strong>del</strong>la chiesa di S. Barbara a Madrid e <strong>del</strong>la cattedrale di Siviglia.<br />

555


Giovan Battista Andreoli eseguì nella scalinata <strong>del</strong> palazzo reale di Madrid gli<br />

stucchi <strong>del</strong> soffitto e quelli <strong>del</strong>la sala <strong>del</strong>le colonne.<br />

Antonio Antigoni fece il portale <strong>del</strong>la parrocchiale di Castellon de Ampurias.<br />

Carlo Antonio Bernasconi eseguì stucchi nella cappella <strong>del</strong>l’infante a Boadilla<br />

(Madrid), decorazioni nel forte di Ciudad Rodrigo, l’altare maggiore nella<br />

cattedrale di Zamora.<br />

Antonio Soldati (sec. XVIII - XIX )appartiene a una famiglia di stuccatori ticinesi<br />

che operarono nell’isola di Maiorca. Opere: stucchi <strong>del</strong>la cappella di S. <strong>Francesco</strong><br />

nella chiesa di Manacor; a Palma de Maiorca stucchi <strong>del</strong> battistero e <strong>del</strong>la cappella<br />

di S. Pietro nella cattedrale, Figure <strong>del</strong>le virtù nella chiesa di S. <strong>Francesco</strong>, retablo<br />

nella chiesa <strong>del</strong>la Madonna de la Esgleieta, decorazioni nella casa marchese<br />

Sollerich; a S. Juan stucchi <strong>del</strong>la cappella di S. Antonio nella parrocchia; stucchi <strong>del</strong><br />

pulpito nella parrocchia di Sineu; stucchi <strong>del</strong>la cappella <strong>del</strong>la Trinità nella<br />

parrocchia di Villafranca.<br />

Concludiamo la parte riguardante la Spagna,ricordando che, per quanto riguarda<br />

gli influssi <strong>del</strong>la <strong>scultura</strong> italiana sugli artisti spagnoli, alla fine <strong>del</strong> secolo XVII<br />

giunse dall’Italia la corrente berniniana che trova il suo principale sviluppo in<br />

Andalusia; il più insigne rappresentante è P. Roldàn che introdusse questo stile a<br />

Siviglia, A. Cano operò a Granada, P. Gutierrez fu allievo di Giovan Battista Maini<br />

(sec. XVIII), esponente <strong>del</strong> tardo <strong>barocco</strong> romano.<br />

Il Portogallo accolse molte opere e artisti italiani: Gian Lorenzo Bernini nel 1675<br />

avrebbe inviato al conte di Ericeira una fontana <strong>del</strong>la sua bottega, elevata a<br />

Lisbona nel palazzo <strong>del</strong>l’Annunziata ( il terremoto <strong>del</strong> 1765 avrebbe distrutto<br />

quell’opera ); Giacomo Filippo Parodi (sec. XVII) scolpì i quattro evangelisti per la<br />

chiesa italiana di Lisbona.<br />

Don Giovanni V, re per 44 anni, dal 1706 al ’50, amante <strong>del</strong> fasto e <strong>del</strong>le<br />

cerimonie pompose, attratto dagli splendori <strong>del</strong>la corte pontificia, ebbe<br />

particolare predilezione per l’arte e per gli artisti <strong>del</strong>l’ambiente romano.<br />

Due sono le fabbriche intraprese da Giovanni V: il convento e la basilica di Mafra e<br />

la cappella di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Rocco a Lisbona.<br />

Nella prima gli scultori romani <strong>del</strong>la prima metà <strong>del</strong> XVIII secolo hanno avuto<br />

modo di radunare un folto gruppo <strong>del</strong>le loro opere quasi una mostra <strong>del</strong>la scuola<br />

plastica romana di allora). Il convento fu fatto costruire tra il 1717 e il ’30;<br />

l’architetto fu Bernardino Ludovisi (Ludovice); nel portico <strong>del</strong>la basilica si trovano<br />

le statue di S. Elisabetta e S. Pietro Nolasco di Pietro Bracci, S. Teresa e S.<br />

Sebastiano di Carlo Monadi, S. Gabriele di Giovan Battista Maini, S. Anna e S. Carlo<br />

Borromeo di Gian Maria Fraccari, S. Michele e S. <strong>Francesco</strong> di Paola <strong>del</strong> Ludovisi, S.<br />

Giovanni, S. Giovanni Battista e S. Ignazio di Agostino Corsini, S. Rita <strong>del</strong> Fratini, S.<br />

556


Barbara e S. Maria Salomè di Giovan Battista de Rossi, S. Vincenzo e S. Bruno di<br />

Giovanni Baratta (attribuite); vi lavorarono anche Jacopo Baratta e Antonio<br />

Montani. Nella chiesa abbiamo la lunetta con l’Assunzione e la Crocifissione di<br />

Alessandro Giusti e aiuti, tra i quali Pietro Antonio da Lucca e Antonio Pecoraio.<br />

Le opere furono tutte eseguite tra il 1732 e il ’33 e spedite da Roma; altre furono<br />

eseguite sul posto dopo il 1753 dal Giusti (vedi avanti) con i suoi aiutanti; lo<br />

stesso fece a Lisbona la statua di Giovanni V per il convento “Das necessitades” e<br />

nel ’53 scolpì altre statue per la cappella <strong>del</strong> convento; a Mafra eseguì anche<br />

qualche pala d’altare in marmo, una Madonna <strong>del</strong> Rosario, una Sacra Famiglia,<br />

un’Incoronazione <strong>del</strong>la Vergine; vi fondò una scuola di <strong>scultura</strong> che formò molti<br />

artisti portoghesi; scolpì anche un’immagine di guerriero oggi nel giardino presso<br />

l’acquedotto di Aguas livres.<br />

Per la cappella di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Rocco architetti, scultori,<br />

marmorari, orafi, tessitori, ricamatori, mosaicisti, pittori hanno lasciato la<br />

testimonianza più alta <strong>del</strong>la loro arte, come un’espressione <strong>del</strong> fasto, <strong>del</strong>la<br />

ricchezza, <strong>del</strong>l’eleganza <strong>del</strong>la Roma di Benedetto XIV.<br />

La cappella fu costruita a Roma tra il 1742 e il ’47 all’interno <strong>del</strong>la chiesa dei<br />

Portoghesi in Piazza Navona, poi smontata; le parti furono caricate su tre navi<br />

veneziane nel ’49 e giunsero a Lisbona tre mesi dopo. C’era anche il personale<br />

che doveva armarla: don <strong>Francesco</strong> Feliziani, sovrintendente ai lavori, Paolo Nicoli,<br />

computista, Alessandro Giusti, scultore, Gaetano Grassi, orefice, Giacomo Fazi,<br />

lavoratore di metalli, Gregorio Dilani, marmoraro, <strong>Francesco</strong> Carabelli, scalpellino,<br />

più due inservienti. Tutto questo personale, eccetto il Giusti, tornò a Roma nello<br />

stesso anno. I lavori per mettere in opera la cappella, furono fatti alla fine <strong>del</strong> ’49;<br />

nel ’52 Domenico Bossoni, mosaicista, e Giovanni Corsini, ingegnere, firmavano a<br />

Roma un contratto per collocare i due mosaici che adornano la cappella,<br />

“Battesimo di Cristo” e “Discesa <strong>del</strong>lo Spirito Santo”. Con questo la cappella poteva<br />

dirsi realmente compiuta.<br />

Ci troviamo in essa di fronte al tono dominante d’azzurro cupo dato dai<br />

lapislazzuli, all’oro dei fregi metallici dei capitelli e <strong>del</strong>le basi, e poi gustiamo<br />

come i toni caldi <strong>del</strong> porfido e <strong>del</strong> fior di pesco si armonizzino con la sontuosa<br />

lucentezza <strong>del</strong> giallo antico, <strong>del</strong>l’africano e <strong>del</strong>l’ametista che ne rivestono l’altare,<br />

le colonne, il fondo <strong>del</strong>le pareti, e con i colori vivi dei mosaici e la grazia candida<br />

<strong>del</strong>le sculture, si ha il senso di un fasto veramente regale.<br />

E così ricca è la materia, e così nobilmente impiegata, che più ancora di un’opera<br />

di architettura si direbbe questa cappella opera di oreficeria. Basti pensare che in<br />

tutto vi sono diciotto qualità di marmi e che oltre quelli qui sopra ricordati vi<br />

appaiono quattro tipi di alabastro, il bianco- nero antico, il bianco-nero di<br />

557


Francia, due tipi di breccia, il diaspro e il diaspro duro, il marmo di Carrara, il<br />

porfido verde orientale, il rosso e il verde antico; un capitale di marmi.<br />

L’incarico di disegnare l’architettura <strong>del</strong>la cappella venne dato a Luigi Vanvitelli e<br />

a Nicola Salvi; la disposizione d’insieme, la divisione degli spazi e soprattutto il<br />

fondo <strong>del</strong>la cappella con quell’accenno ad una esedra di colonne interrotto dalla<br />

incorniciatura per il quadro <strong>del</strong>l’altare- si pensi alla nicchia centrale <strong>del</strong>la fontana<br />

di Trevi, opera <strong>del</strong> Salvi, e a certi motivi dominanti nel palazzo reale di Caserta <strong>del</strong><br />

Vanvitelli- è tipicamente romana e <strong>del</strong>la metà <strong>del</strong> Settecento, con quel tanto di<br />

neoclassicismo che era nella educazione e nel gusto dei due maestri e <strong>del</strong> tempo<br />

loro.<br />

Non è solo l’opera dei due architetti quella che interessa, ma l’esecuzione <strong>del</strong><br />

lavoro, al quale hanno collaborato gli artisti e gli artigiani più abili che fossero a<br />

Roma tra il 1742 e il ’47.<br />

L’arco e i pilastri che incorniciano l’ingresso <strong>del</strong>la cappella furono lavorati da<br />

Pietro Paolo Rotolone, marmoraro; le armi reali portoghesi nella chiave <strong>del</strong>l’arco<br />

sono in marmo di Carrara e furono scolpite da Domenico Giovannini, mentre i due<br />

angeli che li fiancheggiano sono opera di Antonio Corradini.<br />

Anche la balaustrata, tutta d’alabastro e con il cancello in metallo dorato, fu<br />

eseguita nella parte marmorea da Pietro Paolo Rotolone, mentre i metalli furono<br />

lavorati da <strong>Francesco</strong> Guerrini. Anche nel pavimento lavorò come marmoraro il<br />

Rotolone, mentre il mosaico fu eseguito da Enrico Enno e aiutanti; Ignazio Stern<br />

dette il mo<strong>del</strong>lo per i festoni <strong>del</strong> mosaico stesso.<br />

I due confessionali in radica di noce furono intagliati dall’ebanista Giovanni<br />

Palmini.<br />

Dei tre gradini <strong>del</strong>l’altare due sono di porfido rosso ed uno di porfido verde listati<br />

con metalli dorati. L’altare ha il paliotto in lapislazzuli fiancheggiato da piastrini di<br />

giallo antico e ametista, mentre i pilastri che lo fiancheggiano più dietro sono di<br />

alabastro fiorito, giallo antico e ametista con al centro le armi reali lavorate in<br />

metallo dorato da Antonio Arrighi. Questi eseguì anche le due teste di cherubini,<br />

pure in metallo dorato, che fiancheggiano la pre<strong>del</strong>la che è di giallo antico,<br />

lapislazzuli e ametista.<br />

Nell’incorniciatura <strong>del</strong>l’arcone di fondo le decorazioni di metallo dorato che si<br />

snodano sul fondo di giallo antico e d’alabastro furono eseguite da <strong>Francesco</strong><br />

Rosa, mentre la croce raggiante fu mo<strong>del</strong>lata ed eseguita da Agostino Valle, e gli<br />

angeli che la fiancheggiano sono di Pietro Verschaffelt. Antonio Arrighi fece anche<br />

gli ornati di metallo sulla incorniciatura di porfido <strong>del</strong> quadro <strong>del</strong>l’altare che<br />

culminano col monogramma di Cristo.<br />

558


<strong>Francesco</strong> Annibaldi decorò le cornici dei quadri laterali, mentre Pietro d’Estache<br />

scolpì i due gruppi di cherubini che sono al sommo di queste due incorniciature<br />

lavorate in porfido dal Rotolone.<br />

L’architrave <strong>del</strong>la cappella è di giallo antico; il fregio di verde antico è abbellito<br />

con ornati di metallo, opera di <strong>Francesco</strong> Rosa, mentre i festoni, pur essi in<br />

metallo, <strong>del</strong> soffitto li eseguì Giovan Paolo Kaiser.<br />

<strong>Francesco</strong> Giordani lavorò le basi e i capitelli corinzi in metallo dorato <strong>del</strong>le<br />

colonne ; e ancora cornici di metallo dorato, lavoro di Silvestro Doria, limitano gli<br />

spazi tra una colonna e l’altra rivestiti di alabastro e fior di pesco, mentre i<br />

pilastri, che hanno basi e capitelli <strong>del</strong> Giordani, sono in alabastro, verde antico e<br />

fior di pesco.<br />

La volta è a botte,divisa a cassettoni e mezzi cassettoni in marmi policromi con<br />

teste di cherubino lavorate in marmo di Carrara; sette di queste furono mo<strong>del</strong>late<br />

da Bernardino Ludovisi, quattro da Pietro d’Estache e tre da Antonio Corradini.<br />

I cassettoni che furono mo<strong>del</strong>lati dal Rotolone vennero lavorati nella parte<br />

metallica da <strong>Francesco</strong> Rosa, mentre l’orefice Silvestro Doria lavorava gli ornati dei<br />

due archivolti e il suo collega Gaetano Smiti gi ornati in arabesco dei due archi che<br />

limitano la volta stessa, e Pietro Mascelli i festoni dei due archi mediani.<br />

Sempre nella volta, a sinistra, un medaglione ovale scolpito da Carlo Marchionni,<br />

rappresenta la visita <strong>del</strong>la Vergine a s. Elisabetta, mentre a destra ve n’è un altro,<br />

con s. Giovanni che prega nel deserto, opera di Bernardino Ludovisi che ha<br />

scolpito anche i putti che lo fiancheggiano e i cherubini che vi sono intorno. Il<br />

medaglione di Carlo Marchionni è fiancheggiato da due cherubini scolpiti da<br />

Agostino Corsini, mentre Domenico Giovannini lavorava i festoni che ornano i due<br />

rilievi e <strong>Francesco</strong> Rosa i fregi in metallo.<br />

Il Rotolone lavorava inoltre le incorniciature <strong>del</strong>le due porte laterali, <strong>Francesco</strong><br />

Giordani i fregi metallici che le adornano e infine Silvestro Doria i battenti di<br />

metallo cesellato e dorato in mezzo ai quali è il monogramma di don Giovanni V<br />

con la corona reale.<br />

La cappella è inoltre abbellita da tre quadri a mosaico; quello <strong>del</strong>l’altare maggiore<br />

rappresenta il Battesimo di Cristo, quello <strong>del</strong>la parete di destra l’Annunciazione e<br />

quello di sinistra la Discesa <strong>del</strong>lo Spirito Santo. Queste composizioni furono<br />

eseguite dal mosaicista Matteo Moretti su cartoni di Agostino Masucci; di lui si<br />

conservano a Lisbona due tele con l’Annunciazione. Avendo egli ritardato a<br />

consegnare il lavoro, fu chiesta l’opera di Corrado Giaquinto; una sua tela con la<br />

Discesa <strong>del</strong>lo Spirito Santo fu mandata a Lisbona come saggio <strong>del</strong> lavoro, tuttavia<br />

poi eseguito dal Masucci.<br />

559


Eccezionale è il Tesoro <strong>del</strong>la cappella, malgrado siano spariti alcuni degli oggetti<br />

più preziosi, tra i quali una custodia in oro massiccio, opera di Tommaso Puliti, un<br />

calice di Lorenzo Caporali, una pisside di <strong>Francesco</strong> Princivalle e un tronetto in<br />

metallo dorato con statue d’argento e pietre preziose di Antonio Arighi.<br />

Tra i lavori in argento dorato abbiamo un paliotto con sfondo di lapislazzuli e un<br />

rilievo con l’Agnello divino circondato da angeli e santi; una cornice con foglie e<br />

fiori lo limita in alto e in basso, due puttini a tutto tondo lo fiancheggiano.<br />

Antonio Arighi è l’orafo che compì questo lavoro, Agostino Corsini lo scultore <strong>del</strong><br />

rilievo e Bernardino Ludovisi quello che mo<strong>del</strong>lò i due puttini. Abbiamo poi una<br />

grande croce d’altare con le immagini <strong>del</strong>le tre virtù teologali, mo<strong>del</strong>lata da<br />

Giovan Felice Sannini, mentre la figura <strong>del</strong> Cristo è opera di Giovan Battista Majni.<br />

Due can<strong>del</strong>ieri che fiancheggiano la croce furono eseguiti da Tommaso Puliti e<br />

<strong>Francesco</strong> Salci; altri due più piccoli sono di Angelo Spinazzi, due altri ancora più<br />

piccoli, molto simili au precedenti, sono di Giovan Felice Sannini.<br />

Un calice con la sua patena ha la base ornata da nove testine angeliche e vari<br />

emblemi <strong>del</strong>la Passione; nella coppa tra fiori e cherubini c’è la Veronica con la<br />

corona di spine e la croce: questo mirabile calice fu mo<strong>del</strong>lato da Antonio Gigli.<br />

Egli è l’autore anche di due ampolline con il loro piatto, tutte lavorate a sbalzo<br />

con figure di cherubini, emblemi, foglie e fiori,di un elegantissimo spegnican<strong>del</strong>a,<br />

di un campanello, di due magnifici purificatori con figure in rilievo nel coperchio e<br />

nel piatto.<br />

Una grande brocca con relativo piatto,riccamente ornata con festoni, arabeschi,<br />

figure e testine d’angelo, fu lavorata da Vincenzo Belli.<br />

Tre carteglorie con decorazioni formate da figure allegoriche e immagini di profeti<br />

e festoni con foglie e fiori sono opera di Antonio Venditti.<br />

Due reliquiari, l’uno di s. Prospero e l’altro di s. Valentino, hanno un’elegante<br />

base con figure a rilievo e medaglioni e fregi floreali; su questa base poggiano<br />

due angeli che sorreggono l’urna quadrangolare . Nel coperchio sei figure d’angeli<br />

con palme e corone sono opera di Carlo Guarnieri.<br />

Altri due reliquiari, contenenti le reliquie di s. Urbano e s. Felice, hanno la forma<br />

di tempietti quadrangolari, con quattro colonne a tortiglione addossate a pilastri<br />

con nicchie contenenti figure allegoriche e sormontate da un fastigio sul quale<br />

sono due angeli; i due reliquiari sono opera di Carlo Guarnieri.<br />

Due grandi torcieri, a forma di piramide triangolare, sono riccamente ornati con<br />

figure, festoni, angeli e corona reale, e sono opera di Giuseppe Gagliardi.<br />

Nell’altare <strong>del</strong>la cappella è custodita una cassa d’argento dorato opera di<br />

<strong>Francesco</strong> Smiti.<br />

560


Altri oggetti di bronzo dorato non sono meno preziosi di quelli in argento; alcuni<br />

anzi sono più belli come nel caso di tre elegantissime carteglorie fatte da Antonio<br />

Venditti.<br />

Sono anche in metallo dorato sei can<strong>del</strong>ieri e una croce con intarsi in lapislazzuli,<br />

opera <strong>del</strong>l’orefice Antonio Arrighi, e il grande lampadario con le tre lampade<br />

appeso nella cappella. Il lampadario fu lavorato a cesello da Angelo e Giuseppe<br />

Ricciani mentre le lampade furono fatte dall’orefice Simone Miglie.<br />

Felice Scifoni eseguì il baldacchino per l’altare, mentre Agostino Valle fornì una<br />

cornice in metallo dorato per fissare all’altare i paliotti di stoffa.<br />

Passiamo ora ai paramenti sacri, venuti da Roma.<br />

Si conservano 57 pezzi, ricamati in oro su lana bianca, opera di Giuliano Saturni;<br />

un altro paramento meno ricco, ma ugualmente ricamato in oro su lana bianca, di<br />

Nicolò Bovi; un altro bianco con ricamo in seta color oro, di Carlo e Pietro<br />

Abbondio. Abbiamo un ricchissimo paramento rosso lavorato in oro su lana,<br />

opera di Girolamo Mariani; altri due, uno bordato e ricamato in oro su lana d’oro,<br />

e uno bordato e ricamato in seta,fatti rispettivamente di Filippo Calandri e Giovan<br />

Battista Calandri.<br />

Un parato nero a fondo di damasco bordato in seta è opera di <strong>Francesco</strong> Giuliani;<br />

un paramento rosaceo in damasco ricamato in oro, di Filippo Calandri( il paliotto<br />

fu ricamato da Nicolò Bovi); paramento violaceo ricamato in oro, su lana<br />

paonazza, di Cosimo Paternostro.<br />

Due paramenti verdi ricamati d’oro sono l’uno di Filippo Gabrielli, l’altro di<br />

Benedetto Calandri, che ricamò anche un paliotto <strong>del</strong>lo stesso colore.<br />

Sono da ricordare le cortine violacee ricamate d’oro fatte per coprire i mosaici<br />

<strong>del</strong>la cappella durante la settimana santa: quella per il mosaico <strong>del</strong>l’altare<br />

maggiore fu ricamata da Filippo Gabrielli, le due per i laterali da Giuliano Saturni e<br />

Cosimo Paternostro.<br />

Da Roma fu anche inviata tutta la ricca biancheria per i sacerdoti e i tappeti <strong>del</strong>la<br />

cappella, dei quali esiste ancora quello che fu eseguito da Agostino Speranza con<br />

gli aiutanti Mario Silvestri, Ferdinando Canziani, Michele Bastianelli, Filippo<br />

Fiorentini, Alessandro Zannetti.<br />

Anche i messali furono spediti da Roma, e ogni cosa utile alla manutenzione <strong>del</strong><br />

grande monumento e degli oggetti in sua dotazione; si pensò perfino ai<br />

bicchierini di cristallo per le lampade, ed alle cose più umili.<br />

Don Giovanni V aveva voluto che nel cuore <strong>del</strong>la sua bella Lisbona ci fosse un<br />

angolo ove ogni cosa potesse parlargli di quella Roma fastosa, solenne, cattolica e<br />

papale che tanto amava; ma la morte lo cose due anni prima <strong>del</strong>la consacrazione<br />

<strong>del</strong>la cappella,nel 1750.<br />

561


Molti altri scultori italiani furono attivi in Portogallo.<br />

<strong>Francesco</strong> Schiaffino (sec. XVII-XVIII) fece nella chiesa <strong>del</strong> monastero di S.<br />

Vincenzo a Mafra l’altare maggiore con un grande crocifisso, lavorò per la corte.<br />

Claudio de Laplada o Laprada nel 1705 eseguì il monumento funebre per il<br />

vescovo di Miranda nella Quinta di Vista Alegre presso Aveiro; verso il 1750<br />

partecipò ai lavori per la chiesa <strong>del</strong>la Concezione da Penha a Lisbona.<br />

Di Giovanni Antonio Bellini da Padova si hanno notizie dal 1725 al ’43; sono opera<br />

sua alcune sculture nel coro <strong>del</strong>la cattedrale di Evora, altre nel presbiterio di S.<br />

Domenico a Lisbona; fece anche lavori nella chiesa di S. Antonio, scolpendovi<br />

<strong>del</strong>le statue,gli Angeli <strong>del</strong>l’oratorio di Moeda; nel museo <strong>del</strong> Carmine, sempre a<br />

Lisbona, si conserva una statua di S. Giovanni Nepomuceno (1743),<br />

originariamente collocata sul ponte d’Alcantara.<br />

Giovanni Bernardo Escorpio avrebbe lavorato un S. Elia nella chiesa <strong>del</strong> Carmine a<br />

Lisbona nella prima metà <strong>del</strong> XVIII secolo.<br />

Giovanni Grossi eseguì stucchi nella volta <strong>del</strong>la chiesa <strong>del</strong> Gesù nella casa do<br />

Veado presso Belém e nella Quinta <strong>del</strong> marchese di Pombal presso Estoril, ed altre<br />

opere in collaborazione di aiuti e discepoli.<br />

Bernardino Ludovisi inviò un gruppo raffigurante la Carità Romana (oggi nel<br />

giardino coloniale a Lisbona).<br />

Carlo Maria Ponzoni eseguì lavori a Lisbona dove nel 1766 insegnava il lavoro a<br />

stucco in una scuola istituita presso il Colégio Real dos nobres.<br />

Felice Sala eseguì gli stucchi <strong>del</strong> teatro das Laranjeiras e di vari palazzi di Lisbona.<br />

Giuseppe Mazzuoli inviò a Lisbona una <strong>scultura</strong> raffigurante la morte di Cleopatra,<br />

oggi nel giardino coloniale.<br />

Vincenzo Tacquesi lavorò a Lisbona, ove era stato chiamato dal segretario di stato<br />

Soares; tra le opere eseguite in Portogallo abbiamo notizia di un rilievo<br />

rappresentante le quattro parti <strong>del</strong> mondo; mo<strong>del</strong>lò un rilievo in cera allegorico<br />

rappresentante l’entrata di Junot a Lisbona.<br />

Luigi Chiari (sec. XVIII-XIX) eseguì stucchi nel palazzo Carrancas e nella chiesa e<br />

sacrestia di S. <strong>Francesco</strong> a Oporto.<br />

Tra gli scultori portoghesi citiamo Machado de Castro, allievo <strong>del</strong> Giusti, e José de<br />

Almeida, discepolo <strong>del</strong> Monaldi a Roma (sec. XVIII).<br />

Passando all’attività degli scultori italiani in altre aree artistiche d’Europa nei<br />

secoli XVII e XVIII, ricordiamo Giuseppe Quaglio che lavorò nella chiesa di S. Maria<br />

a Lepoglava in Croazia; nella cattedrale di S. Giacomo a Lubiana (Slovenia) si<br />

trovano sculture di Jacopo Contieri, Angelo Pozzo e <strong>Francesco</strong> Robba; il portale<br />

dei “giganti” nel seminario <strong>del</strong>la città è opera di Angelo Pozzo (tutti attivi nel<br />

secolo XVIII).<br />

562


In Olanda a Leeuwarden è conservata una statua di Esculapio per una farmacia,<br />

opera di Antonio Solari (sec. XVIII).<br />

A Vilna in Lituania si trova la più ricca decorazione scultorea in stucco <strong>del</strong> secolo<br />

XVII, nella chiesa di S. Pietro, opera di Giovanni Maria Galli e Pietro Perretti.<br />

In Polonia Giovanni Trevano (sec. XVI-XVII) eseguì il tabernacolo di S. Stanislao<br />

nella cattedrale di Cracovia; Giovan Battista Falconi fu attivo tra il 1630 e il ’58,<br />

chiamato dai principi Lubomirski; decorò a stucco le due cappelle di S. Sebastiano<br />

e S. Croce nella chiesa di Bielany, la cappella funebre nella collegiata di Zamosc, la<br />

collegiata di Klimontòw, la cappella Oswiecim a Kròsno, la cappella dei Tyskiewicz<br />

nella chiesa dei domenicani a Lublino (di cui fece l’architettura <strong>del</strong>l’interno); la<br />

volta <strong>del</strong> presbiterio <strong>del</strong>la chiesa dei padri scolopi a Rzeszòw, la cappella di S.<br />

Stanislao Kostka nella cattedrale di Lublino, un locale <strong>del</strong>l’eremo di Rytwiany, la<br />

chiesa dei carmelitani e la volta <strong>del</strong>la torre occidentale <strong>del</strong> castello di Wisnicz, la<br />

volta <strong>del</strong>la cappella di S. Carlo Borromeo nella chiesa di Niepolomice, la volta <strong>del</strong><br />

salone nel bastione <strong>del</strong> castello di Lancut, quella <strong>del</strong> bastione <strong>del</strong> castello di<br />

Baranow, la cappella <strong>del</strong> castello di Podhorce e <strong>del</strong>la collegiata di Lowicz, la cupola<br />

<strong>del</strong>la chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Cracovia; in questa città decorò due cappelle<br />

con Giovan Battista Gisleni.<br />

Andrea Catenacci eseguì ricche decorazioni a stucco nel coro <strong>del</strong>la chiesa di<br />

Swieta Gòra (Monte Santo) presso Gostyn; infine, sempre per quanto riguarda il<br />

secolo XVII, ricordiamo in Polonia Giovanni e Andrea Castelli.<br />

Tra il XVII e il XVIII secolo fu attivo Baldassarre Fontana; dal 1695 lavorò nella<br />

cappella di Morstyn, nella chiesa di Wieliczka presso Cracovia e nel convento dei<br />

padri paolini; a Cracovia fece gli altari di S. Croce, di S. Giovanni Kanty, di S.<br />

Sebastiano e di S. Giuseppe, nella chiesa di S. Anna eseguì decorazioni mirabili,<br />

con la collaborazione <strong>del</strong> fratello <strong>Francesco</strong>; nella stessa città lavorò nella chiesa<br />

dei domenicani, nel convento dei francescani, in alcune case; fece la statua di S.<br />

Michele nella chiesa di S. Marco. A Czestochowa è suo l’altare maggiore con le<br />

sculture <strong>del</strong> santuario; lavori sono anche a Nowy Sacz, alcuni altari nel convento di<br />

Velchrad; grande fu l’influenza <strong>del</strong> Fontana sulla <strong>scultura</strong> polacca.<br />

Nello stesso <strong>periodo</strong> operò Pompeo Ferrari, autore <strong>del</strong>l’altare maggiore nella<br />

chiesa di S. Stanislao a Poznan; Giacomo A. Buzzoni fece il grandioso altare<br />

<strong>del</strong>l’Assunzione con le statue laterali nella basilica di Jasnagora. Giuseppe Bellotti<br />

o Beloti si occupò <strong>del</strong>le decorazioni a stucco dei palazzi di Wilanow e Krasinsky e<br />

<strong>del</strong>la chiesa di S. Antonio a Varsavia.<br />

I maggiori esponenti <strong>del</strong> gusto rococò in Polonia furono Giacomo Monaldi e<br />

Tommaso Righi, scultori <strong>del</strong> re Stanislao Augusto; nel castello reale di Varsavia le<br />

sale di rappresentanza sono ornate di statue e rilievi dei due artisti; nella villa<br />

563


Lazienski si trovano altre loro opere; Monaldi lavorò anche a Skierniewice e a<br />

Szydlovice, Righi anche nel duomo di Vilna.<br />

Ricordiamo infine tra gli scultori italiani in Polonia <strong>Francesco</strong> Maino, Ambrogio<br />

Meazzi, Sante Camilliani (sec. XVII) e <strong>Francesco</strong> Rossi (sec. XVIII).<br />

Tra gli scultori polacchi che si formarono a Roma citiamo K. Bazanka ( sec. XVII).<br />

In Russia nel secolo XVII la <strong>scultura</strong> è ancora legata all’architettura con bassorilievi<br />

e decorazioni, mentre se ne distacca nel secolo seguente. Ricordiamo che Pietro<br />

Baratta ( sec. XVII-XVIII) scolpì per il palazzo di Pavlonsk nove tra statue e gruppi<br />

e due busti.<br />

Bartolomeo Carlo Rastrelli, scultore, scenografo e architetto, chiamato da Pietro il<br />

Grande nel 1715, eseguì <strong>del</strong>lo stesso un busto in cera colorata, uno in bronzo, il<br />

monumento equestre nella piazza degli ingegneri a Mosca, un busto <strong>del</strong> principe<br />

Mensikov e il monumento <strong>del</strong>lo zar e <strong>del</strong>la zarina (1741) in puro stile <strong>barocco</strong>.<br />

Per lo stesso zar lavorarono Carlo Ferrara e Giovanni Maria Fontana, decoratori.<br />

I fratelli Barozzi eseguirono stucchi nel palazzo di Oranjebaum.<br />

Giovanni Maria Morlaiter fece per Caterina II le statue di Marte e Diana e un rilievo<br />

con Enea che salva Anchise nel castello di Gatcina.<br />

Gaetano Merchi fu chiamato da Caterina II a Pietroburgo e vi lavorò dal 1772 al<br />

’77.<br />

A Giacomo Ferrari è attribuita la decorazione interna <strong>del</strong>la sala <strong>del</strong>le armi a<br />

Strjelna (sec. XVIII- XIX).<br />

Felice Lamoni nello stesso <strong>periodo</strong> lavorò per il granduca Paolo, eseguì stucchi e<br />

sculture nei palazzi di Gatcina e di Pavlonsk (decorazione <strong>del</strong>le camere da letto e<br />

alcune statue).<br />

Opere di Tommaso Solari sono nel castello di Gatcina.<br />

Passiamo all’Europa <strong>del</strong> nord.<br />

In Svezia nel secolo XVII troviamo Pietro <strong>del</strong>la Rocca, scultore a Vadstena, e<br />

Alessandro Ferretti,stuccatore nel castello di Stoccolma. Un equivalente <strong>del</strong><br />

<strong>barocco</strong> romano, introdotto da N. Tessin il giovane in architettura, si ritrova<br />

nell’opera di G. Schröder che fu in Italia e decorò in stile berniniano molti edifici<br />

<strong>del</strong> suo connazionale, insieme con B. Precht e con i francesi F. Caveau e B.<br />

Fouquet, tutti vissuti tra il XVII e il XVIII secolo.<br />

In Danimarca Carlo Enrico Brenno, chiamato per eseguire a Odense il monumento<br />

funerario <strong>del</strong> politico F. Gedde, fu attivo dal 1720 come stuccatore di corte; eseguì<br />

la decorazione di cupola e vestibolo <strong>del</strong>la villa reale a Fredensborg, lavorò nei<br />

castelli di Chausholm, Hirscholm, Bregentved, nella villa di caccia di Eremitagen<br />

presso Copenhagen, nella villa di Frederiksaal (lavoro terminato da Giovan Battista<br />

Fossati), nel Prisens Palae e nel palazzo Christiansborg a Copenhagen.<br />

564


Giovan Battista Andreoli lavorò a Hirscholm dal 1731 al ’34, Giovanni Baratta<br />

scolpì una statua per il sovrano (ora nel castello di Fredensborg) e fu poi attivo<br />

presso altre corti europee.<br />

Ricordiamo anche i fratelli Domenico e Gian Battista Gianelli, nati a Copenaghen<br />

da padre italiano (sec. XVIII-XIX).<br />

Il fiammingo F. Dieussart e il francese C. l’Amoureux introdussero la <strong>scultura</strong><br />

barocca in Danimarca; N. Tessin il giovane fece il mo<strong>del</strong>lo per l’altare <strong>del</strong>la chiesa<br />

<strong>del</strong> Salvatore a Christanshavn (1707), ispirandosi al Bernini.<br />

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