Architettura e scultura del periodo barocco - Francesco Ridolfi
Architettura e scultura del periodo barocco - Francesco Ridolfi
Architettura e scultura del periodo barocco - Francesco Ridolfi
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
<strong>Architettura</strong> e <strong>scultura</strong> <strong>del</strong> <strong>periodo</strong> <strong>barocco</strong><br />
Si è voluto riconoscere nello stile <strong>barocco</strong> una categoria ideale, l’espressione di<br />
una costante universale, di una visione <strong>del</strong> mondo in perpetua antitesi a quella<br />
classica che si ritrova nelle epoche più diverse e tocca tutte le forme <strong>del</strong>la civiltà.<br />
Il Barocco per antonomasia (così definito alla metà <strong>del</strong> XIX secolo) è però quello<br />
cronologicamente compreso tra il Rinascimento e il Neoclassicismo; il Barocco<br />
settecentesco, per certi aspetti in contrasto con quello <strong>del</strong> Seicento, è detto<br />
Rococò.<br />
L’arte barocca può considerarsi sia come uno sviluppo <strong>del</strong> ‘500, sia come una<br />
reazione all’arte rinascimentale; è sviluppo in quanto anche il Barocco si fonda<br />
sullo studio degli antichi, riconosce come maestri supremi gli artisti <strong>del</strong> ‘500,<br />
formula teorie <strong>del</strong>l’arte, concepisce la rappresentazione artistica in senso<br />
spaziale, anzi prospettico; è reazione in quanto rompe l’equilibrio compositivo e<br />
formale proprio <strong>del</strong> classicismo, assegna all’opera d’arte una funzione<br />
dimostrativa e didattica, predilige gli effetti drammatici e li realizza mediante<br />
movimenti di masse e forti contrasti di luce, ama le prospettive illusorie e i<br />
complessi e spettacolari effetti scenografici, preferisce le grandi dimensioni e il<br />
“monumentale” all’armonia <strong>del</strong>le proporzioni, accentua l’elemento esteriore <strong>del</strong>la<br />
decorazione, l’uso di virtuosismo degli scorci, la rapidità e la libertà di esecuzione<br />
plastica e pittorica; s’impone una nuova corrente di gusto dalle forme anatomiche<br />
esuberanti, dalle linee dinamiche e contrastanti, che esaltano le passioni e i<br />
sentimenti, dalla ricchezza <strong>del</strong>le invenzioni allegorico-celebrative.<br />
Questo stile rappresenta un nuovo rapporto di natura emozionale con lo<br />
spettatore, mirando principalmente a commuovere, a persuadere mediante le<br />
risorse di un’immaginazione illimitata.<br />
A determinare il clima <strong>barocco</strong> contribuirono molteplici fattori, tra cui in primo<br />
luogo la Controriforma, fautrice di un’arte che suggestionasse le folle dei fe<strong>del</strong>i.<br />
Alcuni hanno visto nella concezione manieristica (vedi lez. n.19) il riflesso <strong>del</strong>lo<br />
spirito laico-antireligioso, opponendogli l’equazione Barocco-Controriforma, un<br />
Barocco animato dall’ideologia <strong>del</strong>la “riconquista” cattolica. Anche se il rapporto<br />
tra Chiesa e Manierismo rimane ancora nebuloso, il linguaggio di questo stile è<br />
nella sua essenza di élite, destinato a pochi: l’ermetismo, la contraddizione,<br />
l’individualismo ne sono parte integrante. La Chiesa, uscita dal concilio di Trento,<br />
domanda tutt’altro.<br />
492
Gabriele Paleotti con “Discorso intorno alle immagini sacre e profane” (1582) si<br />
adopera per combattere gli “abusi” nelle immagini, propugna un’arte sacra<br />
illustrativa, didascalica e popolare, che sappia appellarsi alla mozione degli affetti<br />
e al senso comune; egli si richiama a Gregorio Magno, al suo concetto di pittura<br />
come “libro degli idioti” (degli analfabeti), stigmatizza le scene oscure e difficili da<br />
intendersi e si scaglia contro la “mostruosità” <strong>del</strong>le grottesche.<br />
Anche i committenti sono richiamati; si vogliono corresponsabilizzare in una<br />
missione che ha una portata assai più ampia <strong>del</strong>la circolazione in un settore<br />
sociale ristretto e privilegiato di alcuni contenuti culturali e che ha per referente le<br />
grandi masse e per obiettivo la divulgazione <strong>del</strong>le verità di fede, l’organizzazione<br />
<strong>del</strong> consenso religioso, l’edificazione di massa.<br />
Ma il Seicento fu anche l’età <strong>del</strong>l’espansione verso il Nuovo Mondo, <strong>del</strong> progresso<br />
scientifico; e questa più ampia conoscenza <strong>del</strong>la natura pesò enormemente sulla<br />
cultura e sull’arte <strong>del</strong> tempo. Da un lato, infatti, essa spingeva a rappresentare<br />
minuziosamente la realtà anche nei suoi aspetti più crudi o morbosi (realismo<br />
<strong>barocco</strong>, con l’arrivo a Roma <strong>del</strong> Caravaggio nel 1590 che coincise con un<br />
rinnovamento artistico o naturalismo), dall’altro toglieva all’uomo l’illusione,<br />
propria <strong>del</strong> Rinascimento, di essere al centro <strong>del</strong>l’universo e di potere quindi<br />
dominare spazi chiaramente <strong>del</strong>imitati; di qui l’inquietudine <strong>del</strong>l’artista <strong>barocco</strong>, il<br />
suo senso di precarietà. La realtà che lo circonda sfugge al suo controllo perché è<br />
immensa, complicata, misteriosa; per rappresentarla egli dovrà ricorrere a<br />
simboli. Lo stile <strong>barocco</strong> è caratterizzato dall’uso e dall’abuso di metafore e<br />
allegorie, di figure cioè che aiutano a intuire ciò che sensi e ragione non sono in<br />
grado di percepire con chiarezza.<br />
Il mutamento stilistico avviene gradatamente; due sono le tendenze che si<br />
profilano tra gli ultimi anni <strong>del</strong> secolo XVI e i primi <strong>del</strong> successivo: da un lato<br />
l’introduzione di nuovi contenuti religiosi e morali con il rinnovamento dei modi<br />
espressivi, e dall’altro una restaurazione <strong>del</strong>la solidità formale <strong>del</strong> classicismo<br />
cinquecentesco, in opposizione all’estrema raffinatezza <strong>del</strong> Manierismo, con la<br />
fusione dei suoi vari elementi (romani, veneti, emiliani) in uno stile eclettico e<br />
d’alto tono letterario, con un solenne senso <strong>del</strong>la storia e un nuovo culto <strong>del</strong><br />
linguaggio espressivo.<br />
La ripresa <strong>del</strong> classicismo va contro il naturalismo caravaggesco da un lato, cui si<br />
era attribuita l’intenzione di rappresentare la realtà direttamente, senza servirsi<br />
dei moduli suggeriti dalla tradizione classica, e dall’altro lato contro il “capriccio”,<br />
cioè contro il ripudio di quegli stessi canoni ideali in nome <strong>del</strong>la fantasia.<br />
Rappresentanti principali nel Seicento di quelle tendenze anticlassiche furono,<br />
oltre il Caravaggio, Rubens e il Borromini; il classicismo fu invece rappresentato<br />
493
dai Carracci, dal Poussin e dal Bernini, e si diffuse, come programma teorico,<br />
dall’Italia alla Francia. Qui i sostenitori <strong>del</strong> gusto aulico contro l’emozionata<br />
pittura fiamminga identificano nel classicismo l’universalità stessa <strong>del</strong>l’arte, la<br />
perfetta espressione dei supremi ideali <strong>del</strong> grande e <strong>del</strong> sublime.<br />
In antitesi le forme opulente e fastose proprie <strong>del</strong> nuovo stile vennero incontro<br />
alle esigenze di prestigio e di ostentazione <strong>del</strong>la società aristocratica <strong>del</strong> tempo e<br />
soprattutto degli ideali personali, temporali e spirituali <strong>del</strong>la corte papale.<br />
Il Barocco si afferma a Roma; attraverso il senso di grandiosità e di meraviglia<br />
nell’arte si vuole riaffermare il primato <strong>del</strong>la Chiesa cattolica; la volontà di<br />
spirituale conquista fa di Roma un centro di dominio, così che dovunque siano<br />
cattolici, dalla Spagna alle Americhe, dalla Francia alla Polonia, dall’Austria<br />
all’Oriente, uno sarà lo stile <strong>del</strong>le loro chiese, dei loro altari, uno il rito, una la<br />
lingua, romani. Espressione <strong>del</strong>lo spirito <strong>del</strong> trionfante <strong>barocco</strong> romano è il<br />
grandioso affresco <strong>del</strong> Baciccia, “ Trionfo <strong>del</strong> nome di Gesù”, nella chiesa <strong>del</strong> Gesù<br />
a Roma (1672).<br />
L’esordio <strong>del</strong> nuovo stile si fa risalire al pontificato di Clemente VIII (1592-1605) e<br />
a quello di Paolo V (1605-’21) e Gregorio XV (1621-’23); la competizione<br />
culturale tra le famiglie dei papi in carica e di coloro che aspiravano al pontificato<br />
divenne una caratteristica <strong>del</strong>l’arte barocca. L’esaltazione <strong>del</strong> nome di famiglia<br />
divenne la ragion d’essere <strong>del</strong>le decorazioni fastose dei soffitti o dei monumenti<br />
sepolcrali, eseguiti da grandi artisti.<br />
Tra i più importanti committenti <strong>del</strong> <strong>periodo</strong> fu il cardinale <strong>Francesco</strong> Maria <strong>del</strong><br />
Monte, primo potente protettore romano <strong>del</strong> Caravaggio, sulla cui produzione<br />
giovanile esercitò un severo controllo (1594-’99); tramite il Del Monte l’artista<br />
entrò in contatto con una <strong>del</strong>le più nobili famiglie, i Giustiniani; i fratelli, il<br />
cardinale Benedetto, e Vincenzo, nel loro palazzo, una <strong>del</strong>le mete obbligate <strong>del</strong><br />
Grand Tour, raccolsero in circa 40 anni la più cospicua collezione <strong>del</strong> secolo;<br />
furono anche mecenati di vari pittori stranieri, quali D. de Haen e N. Régnier.<br />
Il cardinale Scipione Borghese, nipote <strong>del</strong> papa Paolo V, creò la famosa collezione<br />
di marmi antichi, già <strong>del</strong>lo scultore T. <strong>del</strong>la Porta (1609); commissionò a Gian<br />
Lorenzo Bernini un notevole gruppo di sculture, ebbe dal papa, suo zio, la raccolta<br />
di tele, confiscata al Cavalier d’Arpino (1607), tra cui opere <strong>del</strong> Caravaggio<br />
(Ricordiamo che alla fine <strong>del</strong> Seicento alle collezioni si aggiunsero, tramite il<br />
matrimonio di Paolo Borghese con Olimpia Aldobrandini, le eredità <strong>del</strong> cardinale<br />
Ippolito e di Lucrezia d’Este, duchessa d’Urbino).<br />
Quando Urbano VIII (1623-’44) salì al soglio pontificio, il nuovo stile si era evoluto<br />
in quello che fu poi definito il “secolo d’oro <strong>del</strong>la pittura”. Uno dei protagonisti<br />
<strong>del</strong>la politica culturale e artistica <strong>del</strong> papato, a partire dal regno di Urbano VIII<br />
494
Barberini sino a quello di Alessandro VII Chigi, fu Cassiano <strong>del</strong> Pozzo, il primo<br />
cittadino ad esercitare effettiva influenza sulle arti <strong>del</strong> suo tempo; erudito,<br />
amatore d’arte, diplomatico di primo piano <strong>del</strong>l’Europa <strong>del</strong> Seicento, fu grande<br />
protettore di pittori quali Poussin, Pietro da Cortona, Simon Vouet. Per più di<br />
quaranta anni la sua casa romana ospitò artisti, antiquari, naturalisti, e fu<br />
l’internazionale centro propulsore <strong>del</strong>le nuove discipline scientifiche e storiche;<br />
egli fece illustrare dal Poussin il trattato <strong>del</strong>la pittura di Leonardo e raccolse uno<br />
sterminato “museo cartaceo” da lui formato, comprendente 5000 disegni e<br />
stampe, riconosciuto in tutta Europa come uno strumento fondamentale per la<br />
ricerca erudita storica, naturalistica, e per la creazione artistica; disegni di<br />
antichità romane e di celebri opere che non poteva comprare furono da lui<br />
commissionati a N. Poussin, F. Duquesnoy, J. Lemaire, C. Mellan, C. Menestrier, F.<br />
Terrier, J. De Saillan (Giovanni Saliano). Il cardinale <strong>Francesco</strong> Barberini, nipote <strong>del</strong><br />
papa, lo ebbe come ministro artistico; con lui si dette inizio alla formazione <strong>del</strong>la<br />
splendida biblioteca barberiniana e si istituì nel 1630 l’arazzeria Barberini, la<br />
prima arazzeria romana seriamente organizzata, alla quale lavorarono francesi,<br />
fiamminghi e italiani e dettero cartoni artisti famosi.<br />
Ricordiamo che i Barberini raccolsero nel loro palazzo gentilizio a Roma una<br />
galleria di dipinti; celebri furono anche la raccolta Spada <strong>del</strong> cardinale Bernardino<br />
Spada, e la Doria-Pamphili, la più grande <strong>del</strong>le collezioni private di Roma,<br />
risalente a Camillo Pamphili, cardinale, nipote <strong>del</strong> papa Innocenzo X (la collezione<br />
fu incrementata nel 1760 dalla famiglia Doria, succeduta per estinzione <strong>del</strong>la<br />
famiglia Pamphili); infine furono mecenati e collezionisti gli Odescalchi, gli Albani,<br />
ecc.<br />
Si può in conclusione affermare che non furono i gesuiti a dare incremento all’arte<br />
barocca, a prescegliere questo stile come loro forma artistica privilegiata e fatta<br />
propria dalla Compagnia, come da molti critici d’arte asserito, quanto piuttosto i<br />
ricchi cardinali, assai più potenti, e i principi che <strong>del</strong>le opere destinate alle chiese<br />
dei gesuiti erano i committenti.<br />
Diamo inizio alla parte riguardante l’architettura.<br />
Nella seconda metà <strong>del</strong> Cinquecento si impose quanto disposto dal concilio di<br />
Trento; la chiesa <strong>del</strong> Gesù a Roma, opera <strong>del</strong> Vignola, con la facciata di Giacomo<br />
<strong>del</strong>la Porta, inaugura il tipo di tempio ad aula unica, affiancata da cappelle, con<br />
transetto poco sporgente, grandi arcate, copertura a botte, con cupola all’incrocio<br />
<strong>del</strong> transetto, chiesa adatta alla predicazione gesuitica; essa fissò la tipologia <strong>del</strong>le<br />
chiese, suggerendo agli architetti posteriori un mo<strong>del</strong>lo facilmente ripetibile.<br />
Questa tendenza alla canonizzazione è presente anche nell’opera teorica <strong>del</strong><br />
495
Vignola: il suo trattato “Regole <strong>del</strong>li cinque ordini d’architettura” ebbe larghissima<br />
diffusione in tutta Europa, in Moscovia e nel Nuovo Mondo (1562). Esso codifica il<br />
lessico architettonico classico, creando una specie di prontuario; spogliando le<br />
regole di quanto poteva esservi di astruso, il Vignola giunge a fissare pochi<br />
rapporti, chiari e facilmente applicabili, ammettendo che, rispettando la<br />
prospettiva, si possono aumentare le decorazioni, regole che dovevano essere<br />
pienamente applicate nell’architettura barocca.<br />
Giacomo <strong>del</strong>la Porta rappresenta la transizione al Seicento, traendo da<br />
Michelangelo vigore d’invenzione e dal Vignola dignità e compostezza; con la<br />
facciata di S. Luigi dei Francesi lo stesso <strong>del</strong>la Porta crea un altro tipo che durerà<br />
due secoli fino alla chiesa <strong>del</strong>la Sorbona.<br />
L’ordine dei gesuiti diffuse la nuova tipologia architettonica; nel 1583 fu inviato in<br />
Polonia da Roma Gian Maria Bernardoni per dirigere le fabbriche <strong>del</strong>la Compagnia;<br />
fino al ’99 risiedette a Nieswicz in Lituania dove costruì la chiesa che è il primo<br />
esempio d’oltralpe ispirato al”Gesù”<strong>del</strong> Vignola; diresse poi la costruzione <strong>del</strong>la<br />
chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Cracovia, su progetto <strong>del</strong> De Rosis.<br />
Ricordiamo anche tra i primi esempi di questo tipo di chiese il S. Michele a<br />
Monaco di Baviera al cui innalzamento collaborò Giuseppe Valeriani, chiamato nel<br />
1591 da Massimiliano I, duca di Baviera, con altri artisti italiani; le idee espresse<br />
dalla chiesa <strong>del</strong> Gesù si associano a metodi costruttivi locali. Il mo<strong>del</strong>lo di questa<br />
chiesa servì anche per quella dei gesuiti a Neuburg sul Danubio e per il S. Andrea<br />
a Düsseldorf.<br />
Una svolta decisiva nel gusto e nella cultura artistica <strong>del</strong> ‘600 fu segnata dalle<br />
opere architettoniche di Gian Lorenzo Bernini e di <strong>Francesco</strong> Borromini,<br />
dappertutto imitate, le une dall’ampiezza e dal respiro monumentale, le altre<br />
dall’anticlassica arditezza.<br />
Le radici insieme classiche e bramantesche <strong>del</strong>l’invenzione berniniana sono<br />
evidenti in molte sue opere architettoniche (S. Andrea al Quirinale, Scala regia in<br />
Vaticano, palazzo Barberini, ecc.); con il colonnato ellittico di S. Pietro il Bernini<br />
diede soluzione al problema <strong>del</strong>lo spazio esterno alla basilica, svolgendo in forma<br />
aperta e dinamica il motivo <strong>del</strong>la cupola michelangiolesca. Le sue numerose<br />
fontane sono caratterizzate dall’armonica fusione di spazio di natura e spazio<br />
urbano dove la materia sembra trasformarsi in luce e movimento.<br />
<strong>Francesco</strong> Borromini portò nel suo operare di architetto tutta la tensione di una<br />
tormentosa spiritualità; ammiratore di Michelangelo, genio dall’assoluto rigore<br />
morale, egli, portato a negare l’idea classica e rinascimentale <strong>del</strong>la forma come<br />
rappresentazione, si valse di un lessico figurativo di eccezionale ampiezza,<br />
ricercando nel possesso di una tecnica sbalorditiva la via per giungere alla più alta<br />
496
libertà di stile; si fece stimolare dalle contemporanee conquiste scientifiche,<br />
essendo le proprie ambizioni artistiche determinate da un’attitudine<br />
esplicitamente sperimentale. Possiamo riconoscere nel suo pensiero la stessa<br />
curiosità di osservazione e lo stesso spirito empirico che determinarono nel<br />
secolo XVII il rivoluzionario progresso <strong>del</strong>le scienze.<br />
Oltre le costruzioni di Bernini e Borromini si studiarono anche quelle di Vincenzo<br />
Scamozzi che scrisse “L’idea <strong>del</strong>l’architettura universale” (1615), in cui sostiene la<br />
perfezione <strong>del</strong> gusto classico, ma sembra subordinare le finalità estetiche a quelle<br />
pratiche, arrivando ad opere di un raffinato manierismo. Si studiarono altresì da<br />
parte di architetti stranieri le opere di Pietro da Cortona, Carlo Maderno e Carlo<br />
Fontana; il primo indirizzò l’architettura verso un nuovo classicismo, ispirato al<br />
linguaggio bramantesco e palladiano e, insieme, alla vigorosa plasticità<br />
michelangiolesca; il secondo ebbe formazione umanistica e nello stesso tempo fu<br />
ammiratore di Michelangelo; il terzo ricercò classico equilibrio e chiarezza<br />
compositiva.<br />
Particolare, originale espressione <strong>del</strong> gusto <strong>barocco</strong> fu l’architettura di Guarino<br />
Guarini, frate <strong>del</strong>l’ordine dei teatini, che influì su molti architetti stranieri; le sue<br />
opere sono un esempio notevole di fusione spaziale, compenetrazione e<br />
successione di spazi centralizzati, mediante l’uso di muri ondulati e di pilastri<br />
d’ordine”ondeggiante”. Egli ebbe un’importanza decisiva sull’evoluzione <strong>del</strong>lo<br />
stile tra ‘600 e ‘700, non solo in Italia ma in tutta Europa dove il suo metodo fu<br />
sistematicamente adottato e portato a estremi sviluppi dai maestri tedeschi e<br />
boemi; muovendo dall’esempio <strong>del</strong> Borromini, mira a realizzare una perfetta<br />
fusione di immaginazione e raziocinio, dove il calcolo geometrico è mezzo per<br />
raggiungere un altissimo virtuosismo costruttivo e stilistico e i più sorprendenti<br />
effetti decorativi e prospettici; egli ha saputo imprimere alle più ardite fantasie<br />
formali un carattere di rigore teorico, scrisse il grande trattato di geometria e<br />
matematica ”Euclides adauctus et methodicus” (1671-’76), oltre ad opere di<br />
astronomia; nel 1737 furono pubblicati i “Quattro trattati di architettura civile”.<br />
Con tutti questi architetti si afferma, in sintesi, la concezione di uno spazio creato<br />
dinamicamente; nello stesso tempo si crea un ricchissimo repertorio decorativo<br />
con statue, stucchi, affreschi, intagli, intarsi, motivi poi applicati anche ai mobili,<br />
ai tessuti, all’oreficeria, alla scenografia e agli apparati di festa.<br />
In tutti i centri urbani più importanti d’Europa la sontuosità <strong>del</strong>le forme sulle<br />
facciate e negli interni degli edifici barocchi prese il sopravvento, nel gusto dei<br />
committenti e degli architetti, sulla stanca tradizione tardo-gotica e decorativa <strong>del</strong><br />
primo Rinascimento, conferendo così aspetto monumentale, con chiese e palazzi,<br />
alle città che ancora oggi possiamo ammirare.<br />
497
Il Rococò, rivivendo in modo originale questo aspetto, può considerarsi come<br />
l’ultima espressione <strong>del</strong>l’età barocca, un movimento stilistico sviluppatosi negli<br />
ultimi anni <strong>del</strong> regno di Luigi XIV e affermatosi durante quello di Luigi XV; con<br />
esso si attua il passaggio dal dinamico plasticismo <strong>barocco</strong> all’agile grazia<br />
<strong>del</strong>l’ornamentazione in superficie che in Francia ebbe modo di manifestarsi<br />
pienamente.<br />
Dopo la metà <strong>del</strong> secolo XVIII l’incipiente neoclassicismo contrastò con sempre<br />
maggiore successo il gusto rococò che, almeno in Francia, può considerarsi<br />
concluso poco dopo il 1760.<br />
Lo stile rocaille, da cui deriva il termine rococò, è quello <strong>del</strong>la decorazione<br />
secentesca ottenuta con conchiglie, stalattiti artificiali, strani aggruppamenti di<br />
pietre, pietrificazioni scolpite, ecc; è quello di certi edifici rustici, messi in voga<br />
dall’arte dei giardini italiani <strong>del</strong> XVII e XVIII secolo. Il gusto <strong>del</strong> rocaille in<br />
architettura è spiegabile con i precedenti <strong>del</strong> Tritone posto al sommo<br />
<strong>del</strong>l’omonima fontana berniniana sulla grandiosa conchiglia, <strong>del</strong>la fontana dei<br />
quattro fiumi in Piazza Navona e di altre minori a Roma, oltre che con alcune<br />
forme decorative dovute al Borromini e ai suoi seguaci sulle facciate degli edifici.<br />
Bisogna ricordare che nella Roma secentesca la decorazione plastica in stucco<br />
diviene parte intimamente integrante <strong>del</strong>l’architettura; dall’ambiente romano si<br />
diramano nella seconda metà <strong>del</strong> secolo XVII numerose scuole di stuccatori che,<br />
operando in tutta Italia, creano <strong>del</strong>le vere e proprie dinastie di plasticatori,<br />
affermatesi nel secolo successivo, nell’ambito <strong>del</strong> Rococò, nei maggiori centri<br />
artistici europei; l’algardiano Giovan Battista Barberini di Laino mo<strong>del</strong>lò<br />
nell’interno <strong>del</strong>la chiesa di S. Cecilia a Como rilievi preludenti a quelle grazie<br />
settecentesche, portate poi specialmente nei paesi tedeschi dagli stuccatori<br />
italiani.<br />
Tra gli stranieri citiamo P. Le Pautre, architetto e decoratore francese (sec. XVII-<br />
XVIII ) che partì da elementi desunti dal <strong>barocco</strong> italiano, ripresi nell’”arabesco” da<br />
J. Berain (decoratore e incisore, autore di scene e apparati con composizioni<br />
racchiuse entro contorni frastagliati e decorazioni capricciose e fantastiche) per<br />
creare uno stile originale nella decorazione degli interni. Infine l’influenza <strong>del</strong><br />
<strong>barocco</strong> tipicamente romano sopravvive, accanto all’esasperato decorativismo<br />
rococò, nell’opera <strong>del</strong>l’architetto G. M.Oppenord, pensionato dal 1692 al ’99<br />
<strong>del</strong>l’Accademia di Roma, dove studiò profondamente le opere <strong>del</strong> Bernini e <strong>del</strong><br />
Borromini, importante per lo sviluppo <strong>del</strong> gusto durante la Reggenza (sotto Luigi<br />
XV).<br />
Il rococò non fu semplicemente l’espressione di una tendenza artistica, ma un<br />
vero e proprio stile di vita basato sul piacere raffinato dei sensi, sull’intelligenza<br />
498
nei suoi aspetti più scettici e mirante a fare <strong>del</strong>l’esistenza un continuo<br />
compiacimento estetico. Come tale il rococò non influenzò tanto l’architettura<br />
ufficiale o quella religiosa che rimasero legate agli schemi classici o tardobarocchi<br />
e alle loro esigenze di solenne rappresentanza, ma quella degli<br />
“hotel”<strong>del</strong>l’aristocrazia e dei casini di <strong>del</strong>izie nei parchi, e soprattutto l’architettura<br />
e la decorazione degli interni e le cosiddette arti minori.<br />
Le pitture in cui trionfano i colori lucenti, i cromatismi morbidi, svolgono in luogo<br />
<strong>del</strong>le solenni allegorie barocche i temi maliziosi e frivoli <strong>del</strong>la mitologia galante e<br />
<strong>del</strong>la vita d’Arcadia. Negli oggetti si prediligono i materiali rari e preziosi, le<br />
decorazioni a stucco e le varie forme di artigianato si fondono con sorprendente<br />
leggerezza.<br />
Sinonimo di un’arte fastosa ed elegante, ispirata dall’estro e dalla ricercatezza, il<br />
Settecento fu tuttavia un’epoca di grandi e profondi fermenti durante la quale si<br />
crearono in Italia opere di altissimo respiro, prese a mo<strong>del</strong>lo dagli artisti di tutta<br />
Europa.<br />
Venezia fu uno dei centri europei più importanti <strong>del</strong> <strong>periodo</strong>, toccando il massimo<br />
<strong>del</strong>la magnificenza nelle manifestazioni <strong>del</strong>la vita pubblica e privata, nell’arte<br />
(soprattutto nella pittura e nell’architettura) e nell’artigianato; un’eccezionale<br />
vitalità culturale vigorosamente s’espande attraverso le società erudite, le<br />
accademie letterarie, le adunanze di filologi e archeologi, vibra nelle ricerche<br />
severe <strong>del</strong>lo Studio patavino, s’agita nei caffè e nei salotti alla moda, esplode nei<br />
teatri di musica e di prosa, pulsa nelle officine tipografiche.<br />
Anche Torino nella seconda metà <strong>del</strong> ‘600 e nei primi decenni <strong>del</strong> ‘700 divenne<br />
centro importantissimo specialmente in campo architettonico e <strong>del</strong>l’arredamento.<br />
Con Guarini vi penetrò il gusto <strong>barocco</strong>; alle grandiose iniziative edilizie <strong>del</strong>la<br />
corte rispose pienamente Filippo Juvarra. Il casino di caccia dei Savoia a Venaria,<br />
progettato da Amedeo di Castellamonte e ingrandito come castello di corte per<br />
ordine di Vittorio Amedeo II ad opera di M. Garove e <strong>del</strong>lo stesso Juvarra, fu<br />
studiato dagli architetti di Luigi XIV, incaricati di ampliare il castello di Versailles;<br />
la costruzione sabauda è notevole per la grandiosità <strong>del</strong>l’architettura e per la<br />
ricchezza decorativa degli interni.<br />
Napoli fu centro culturale notevole nel ‘700 soprattutto nelle arti e nella musica;<br />
la reggia di Caserta, edificata sotto Carlo III di Borbone, può benissimo reggere il<br />
confronto con quella di Versailles. Non si può non restare colpiti dalla sontuosità<br />
<strong>del</strong>le sale di rappresentanza e di ricevimento, quasi tutte tappezzate con seta di<br />
San Leucio, ricche di preziose decorazioni, di arazzi, di mobili e specchi che si<br />
snodano lungo ariosi corridoi e passetti, intorno ai quattro grandi cortili;<br />
499
icordiamo che la costruzione è alta 42 metri, lungo un fronte di 250 metri, con<br />
1200 stanze illuminate da 1790 finestre, per un’area di 44000 metri quadrati.<br />
L’ala settecentesca, appartamento vecchio, è un vero e proprio museo<br />
<strong>del</strong>l’artigianato artistico partenopeo <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong> secolo; in essa si susseguono<br />
sale con affreschi, salotti, boudoir, riccamente decorati secondo il più fastoso stile<br />
rococò; i 117 gradini che portano al salone d’onore furono realizzati in un unico<br />
blocco di pietra lumachella di Trapani; stupefacente la varietà di stucchi, ori e<br />
marmi <strong>del</strong>la cappella palatina e <strong>del</strong> teatro.<br />
Nonostante ciò, dal punto di vista architettonico la reggia segna il culmine <strong>del</strong><br />
razionalismo settecentesco europeo, ha un carattere prevalentemente funzionale,<br />
tanto che potrebbe essere addotta come il più eletto precedente <strong>del</strong>l’architettura<br />
civile, laica, moderna.Il suo autore, Luigi Vanvitelli, nell’ambito <strong>del</strong>l’architettura<br />
settecentesca, fu uno dei protagonisti <strong>del</strong>la corrente di gusto classicista,<br />
anticipando talvolta espressioni tipiche <strong>del</strong> neoclassicismo (vedi lez. n. 41);<br />
studioso di Vitruvio e <strong>del</strong> ‘500, egli è tuttavia ancora legato ai modi stilistici <strong>del</strong><br />
<strong>barocco</strong> (Juvarra) e <strong>del</strong> rococò; la sua reggia, tra le purezze “neoclassiche” di certe<br />
soluzioni, presenta effetti pittorici e prospettici affini alla ”veduta per angolo”,<br />
tipica <strong>del</strong>la scenografia settecentesca (Bibbiena). Siamo in <strong>periodo</strong> illuministico, in<br />
cui il razionalismo fonda sul classicismo la propria estetica in antitesi all’arbitrio<br />
fantastico <strong>del</strong>l’età barocca.<br />
Trattiamo ora degli artisti, architetti, scultori, pittori, decoratori italiani chiamati<br />
all’estero da sovrani, principi e prelati nei secoli XVII e XVIII, e degli stranieri che,<br />
dopo avere studiato in Italia, ritornati nei loro luoghi d’origine, estesero<br />
rapidamente il gusto <strong>barocco</strong> in Europa; aggiungiamo che mai come in questi<br />
secoli si videro tanti artisti venire in Italia da ogni parte, molti per viverci e morire<br />
come nella vera patria <strong>del</strong>le loro speranze.<br />
Gli architetti italiani, viaggiando in Europa, esportarono dei criteri di costruire le<br />
città e anche di fare cultura, che forse per la prima volta valsero a riunificarla.<br />
Ricordiamo che molti trovarono, come loro mecenati, prelati, nobili, principi e<br />
ambasciatori stranieri presso gli stati italiani; furono questi personaggi,<br />
ammiratori <strong>del</strong>le loro opere e <strong>del</strong>l’arte italiana, a incaricarli di fare progetti ed<br />
eseguire grandi lavori, conducendoli nei rispettivi paesi, o chiamandoli, una volta<br />
rientrati in patria. Per l’elenco degli edifici da loro costruiti all’estero nei secoli<br />
XVII e XVIII si rimanda all’appendice; solo per i più importanti si fa cenno in<br />
questa lezione.<br />
Per quanto riguarda le aree geografiche, i paesi nei quali il Barocco si diffuse<br />
maggiormente, spesso improntando di sé interi quartieri urbani, sono l’Austria, la<br />
Germania e la Boemia.<br />
500
Il Barocco in Austria è in una prima fase caratterizzato da intenti quasi<br />
esclusivamente ecclesiastici; con la Controriforma gli Asburgo tentarono di<br />
ricondurre al Cattolicesimo i loro domini divenuti per la maggior parte protestanti.<br />
Fu <strong>Francesco</strong> Barbaro a introdurre in Austria i dettami <strong>del</strong> Concilio di Trento dal<br />
1593 al 1616; si ricostruirono perciò le chiese e i conventi e si chiamarono da<br />
fuori nuovi ordini monastici, gesuiti, cappuccini, serviti, ecc.ai quali erano<br />
necessarie nuove case. Schiere di artigiani e artisti dalla lunga tradizione e con<br />
buona tecnica manuale emigrarono dall’Italia in Austria e poi negli altri paesi di<br />
lingua tedesca, con le loro famiglie, e vi trovarono una nuova patria; ricordiamo i<br />
Carlone (Carloni), gli Spazio, i Canevale (Ganevale, Canavall), già menzionati nella<br />
lezione sul Rinascimento, i Martinelli, i Lucchesi, i Burnacini, i Coccapani, ecc.<br />
Vienna, degna capitale <strong>del</strong>l’impero, diventa in breve la seconda capitale <strong>del</strong><br />
Cattolicesimo; lo stile <strong>del</strong>l’architettura religiosa si rifà soprattutto ai mo<strong>del</strong>li<br />
romani (S. Pietro, il “Gesù”, le chiese <strong>del</strong> Borromini, ecc.); in una successiva fase lo<br />
stile <strong>barocco</strong> si esprime al servizio <strong>del</strong>la nobiltà.<br />
Molti furono gli edifici innalzati dagli architetti italiani. Numerosi ecclesiastici<br />
contribuirono a diffondere le forme <strong>del</strong>l’arte italiana; l’abate Alessandro I <strong>del</strong><br />
Lago, dal 1600 al ’13 a Kremsmünster, volendo trasformare in modo sistematico il<br />
complesso edilizio <strong>del</strong>l’abbazia, chiamò artisti dall’Italia. Benedetto Pierini, abate<br />
di St. Lambrecht dal 1638 al ’62, chiamò in Stiria Domenico Sciassia (o Sciascia),<br />
molto attivo a Graz, sepolto nel santuario di Mariazell, da lui costruito (1644-’54).<br />
Anche l’abate di Seckau, Antonio da Pozzo, chiamò architetti italiani per<br />
l’ampliamento <strong>del</strong> complesso abbaziale.<br />
Per dare l’idea <strong>del</strong> contributo italiano, anche solo dal punto di vista <strong>del</strong>la semplice<br />
mano d’opera, ricordiamo che in Stiria nel 1638 dei dodici direttori <strong>del</strong>la<br />
corporazione dei maestri di muro e scalpellini di Graz uno solo era tedesco.<br />
Figura importante fu quella di Giovanni Pietro de Pomis al servizio <strong>del</strong>la corte<br />
arciducale di Graz, città in cui edificò il magnifico mausoleo di Ferdinando II<br />
(1614), a cupola con sacello ellittico, al quale lavorò tutta la vita; fondò nella<br />
stessa città nel 1619 la corporazione degli artisti. Nonostante le frequenti ed<br />
aspre accuse mossegli dalle autorità provinciali, la corte di Graz e l’imperatore<br />
stesso lo stimavano molto; segno di benevolenza speciale è la concessione<br />
<strong>del</strong>l’ordine <strong>del</strong> Toson d’oro conferitogli dall’imperatore contro le disposizioni<br />
degli statuti che ne vietavano il conferimento a persone non appartenenti all’alta<br />
nobiltà.Egli portò uno spirito nuovo in ogni iniziativa artistica <strong>del</strong>la Stiria; volle<br />
essere sepolto nella sua chiesa di S.Maria Ausiliatrice a Graz.<br />
501
Il mantovano Giovanni Sperandio ( Hoffingott) fu chiamato ad Innsbruck da Anna<br />
Caterina di Mantova, moglie di Ferdinando III, per costruire il convento e la chiesa<br />
<strong>del</strong>le servite.<br />
Nel 1608 fu nominato architetto di corte Bartolomeo Luchesi; la città subì un forte<br />
vento di italianità, quando alla morte di Leopoldo V, arciduca di Innsbruck (1633),<br />
la sua sposa Claudia de’Medici chiamò dall’Italia artisti, scrittori e musicisti.<br />
Un posto a parte merita Salisburgo, retta da principi-vescovi, legata alle tradizioni<br />
romane, la più italiana <strong>del</strong>le città-principato ecclesiastiche; tre successivi<br />
arcivescovi, Wolf Dietrich di Raitenau, gli italiani Marco Sittico e Paride Lodron,<br />
con la loro considerevole attività edilizia, contribuirono a fare di Salisburgo la<br />
“Roma <strong>del</strong> nord”. Nel 1604 Vincenzo Scamozzi fornì i disegni per il duomo, dalle<br />
forme colossali, e per il palazzo arcivescovile di impronta serliana; il<br />
rinnovamento edilizio <strong>del</strong>la città nel secolo XVII fu però diretto dagli architetti<br />
Santino Solari, chiamato dal Sittico e incaricato poi dal Lodron di rinnovare le<br />
fortificazioni, e Antonio Dario. Il primo edificò il duomo secondo mo<strong>del</strong>li romani,<br />
la più imponente e la più italiana <strong>del</strong>le chiese d’oltralpe, a pianta basilicale (1614-<br />
’34); venne sepolto nel cimitero di S. Pietro (la tomba è ornata <strong>del</strong> suo ritratto,<br />
eseguito dal figlio Ignazio). Il secondo progettò il santuario di Maria Plain presso<br />
la città, ricostruì la collegiata di Seekirchen e diresse i lavori <strong>del</strong>l’abbazia di S.<br />
Florian.<br />
Gaspare Zuccalli (sec.XVII-XVIII) costruì la chiesa di S. Erhard a pianta centrale con<br />
cupola, tre absidi, facciata porticata e due torri; nel 1685 edificò S. Massimiliano a<br />
pianta ovale e cupola.<br />
Per quanto riguarda gli architetti italiani a Vienna, Giovan Battista Carlone fu al<br />
servizio dei principi di Liechtenstein dal 1605 al ’29; nel ’20 fu nominato<br />
architetto di corte.<br />
Cipriano Biasino fu una figura rappresentativa <strong>del</strong>la colonia italiana nella capitale<br />
austriaca; a lui e a Simone Retacco, architetti di corte, fu affidato l’incarico di<br />
firmare un accordo con la corporazione dei maestri muratori tedeschi nel 1627.La<br />
sua attività contribuì moltissimo al trionfo <strong>del</strong>l’arte barocca in Austria; è sepolto<br />
nella sua chiesa a Krems.<br />
Filiberto Luchesi al servizio <strong>del</strong>l’imperatore nel 1646 creò il “castrum doloris” per<br />
la morte <strong>del</strong>l’imperatrice Maria, e progettò l’ala Leopoldina <strong>del</strong>lo “Hofburg” (1660)<br />
secondo mo<strong>del</strong>li romani, che da anni si erano imposti: ne è esempio la facciata<br />
<strong>del</strong>la chiesa dei domenicani (1634).<br />
Giovanni Burnacini fu chiamato dall’imperatore Ferdinando III, sposo di Eleonora<br />
Gonzaga, nel 1652, ed ebbe il titolo di primo architetto di corte. Il figlio Ludovico<br />
502
Ottavio gli successe e a lui principalmente si deve il rinnovamento <strong>del</strong>la vita<br />
artistica di Vienna; egli divenne arbitro di ogni attività edilizia.<br />
La città dopo il pericolo turco (1683) rinacque a nuova vita; Leopoldo I e Carlo VI,<br />
amanti <strong>del</strong>le arti, ne fecero un centro culturale importantissimo, chiamando anche<br />
famosi artisti italiani.<br />
Notevole architetto fu Domenico Martinelli (sec. XVII-XVIII ), che costruì il palazzo<br />
Liechtenstein e si recò per ordine <strong>del</strong>l’imperatore a Praga, in Moravia, a Varsavia<br />
per fornire mo<strong>del</strong>li di edifici militari, civili e religiosi, vigilandone la costruzione;<br />
viaggiò anche in Prussia e in Olanda dove diede disegni e consultazioni di<br />
architetture; egli portò la tendenza romana nell’Europa <strong>del</strong> nord, esercitandovi<br />
forte impulso.<br />
Nel 1702 fu chiamato a Vienna Andrea Pozzo dall’imperatore Leopoldo I, cui<br />
dedicò il famoso trattato di prospettiva; egli trasformò la chiesa dei gesuiti (vedi<br />
parte riguardante la pittura).<br />
Donato Felice Allio, <strong>del</strong>la Valtellina,allievo di J. B. von Erlach,fu uno dei più<br />
importanti artisti arrivi a Vienna dove ebbe anche incarichi ufficiali: nel 1731 di<br />
vice-ingegnere imperiale e nel ’50 di ingegnere imperiale <strong>del</strong>le fortificazioni . Le<br />
sue opere più interessanti sono la chiesa dei salesiani, uno dei migliori<br />
monumenti barocchi di Vienna, a pianta ovale dilatata in cappelle laterali, coperta<br />
da cupola ellittica (decorata con affreschi di G. A. Pellegrini) e il grandioso<br />
progetto di ricostruzione <strong>del</strong> convento degli agostiniani di Klosterneuburg, che<br />
secondo le intenzioni di Carlo VI avrebbe dovuto essere un palazzo <strong>del</strong> tipo<br />
<strong>del</strong>l’Escorial, e cioè , nel contempo, convento e residenza: Interrotto alla morte<br />
<strong>del</strong>l’imperatore(1740), il piano che contemplava nove cupole fu attuato solo per<br />
una piccola parte, comprendente due cupole con i graziosissimi , estrosi camini,<br />
tuttora esistenti.<br />
Ricordiamo attivi in altre località <strong>del</strong>l’Austria Domenico Carlone, autore <strong>del</strong><br />
castello Traun presso Petronell; Carlo Martino Carlone che progettò la villa di<br />
Eisenstadt; Carlo Antonio Carlone che ricostruì il castello Esterhàzy e la chiesa <strong>del</strong><br />
convento di Kremsmünster, progettò la grandiosa trasformazione <strong>del</strong> monastero<br />
carolingio di S. Florian (1686), uno dei più imponenti complessi <strong>del</strong>l’Austria, con<br />
la basilica ad una sola navata, cappelle laterali e gallerie, cupola e facciata a due<br />
torri; i Carlone edificarono anche la chiesa <strong>del</strong> convento di Garsten, a una navata<br />
con cappelle laterali, gallerie, facciata a due torri: motivi ricorrenti, ripresi sia dalla<br />
chiesa <strong>del</strong> Gesù, sia dalle chiese borrominiane di Roma; lavorarono anche a<br />
Klosterneuburg e a Schlierbach.<br />
Nell’anno 1600 fu chiamato a Praga dall’imperatore Rodolfo II Giovanni Maria<br />
Filippi; egli fu il responsabile di tutti i lavori edilizi <strong>del</strong> castello reale e <strong>del</strong> suo<br />
503
giardino, come pure dei castelli reali nella Boemia centrale (Brandeis, Lysa,<br />
Prerov); partecipò a diverse commissioni riguardanti i problemi edilizi dei quartieri<br />
di Praga, fu nominato “praefectus fabricae caesariae majestatis”; negli edifici nuovi<br />
<strong>del</strong> castello reale, nell’ala di collegamento tra il palazzo di rappresentanza e il<br />
palazzo meridionale (comprendente le sale <strong>del</strong>l’imperatore e le gallerie di pittura),<br />
egli costruì una scala elicoidale e un padiglione al posto <strong>del</strong>la sommità <strong>del</strong>la torre,<br />
a due piani; nel 1602 eresse le nuove scuderie, progettò al di sopra <strong>del</strong> palazzo<br />
una vasta sala, detta spagnola, realizzata da Martino de Gambarinis con la<br />
collaborazione <strong>del</strong>lo scultore Giovan Battista Quadri e <strong>del</strong>lo scalpellino Giovanni<br />
Antonio Brocco; nel ‘06 progettò una porta d’ingresso al mulino imperiale,<br />
disegnò nel ’12 il castrum doloris per la morte di Rodolfo II; per il successore<br />
Mattia costruì l’ala tra il primo e il secondo cortile <strong>del</strong> castello reale, una scala e<br />
una porta monumentale, progettò forse il municipio <strong>del</strong>la città minore, i due<br />
portali <strong>del</strong>la chiesa di S. Rocco nel monastero di Strahov, scolpiti nel ’18 da<br />
Giovan Battista Bussi.<br />
Anche se dopo la morte di Rodolfo II (1612) la corte si trasferì da Praga a Vienna,<br />
la città boema continuò ad essere abbellita da molti architetti ed artisti italiani.<br />
In quegli anni operò Vincenzo Scamozzi che costruì le porte <strong>del</strong>la cinta fortificata<br />
(tutte poi demolite tranne quella detta “dei francesi”) e il portale <strong>del</strong> castello<br />
(ricordiamo, a proposito <strong>del</strong> castello reale, che per iniziativa <strong>del</strong>l’imperatrice Maria<br />
Teresa e ad opera di Anselmo Martino Lurago il complesso <strong>del</strong>la grande struttura<br />
medioevale e rinascimentale fu stilisticamente unificato dal 1758 al ’75).<br />
Nella Mala Strana, quartiere aristocratico che in molti angoli e scorci ricorda città<br />
italiane con vie strette e in pendio, chiese, giardini, conventi, palazzi <strong>del</strong>la vecchia<br />
nobiltà, si stabilì la colonia italiana; Domenico de Orsi ne fu uno dei maggiorenti.<br />
Su un terreno da lui venduto alla congregazione degli Italiani, egli stesso costruì<br />
dal 1608 al ’17 il loro ospedale e la cappella <strong>del</strong>l’Assunzione. Sappiamo dalle<br />
cronache relative al <strong>periodo</strong> 1603-’23 che anche ai muratori e scalpellini italiani<br />
fu concesso il diritto di cittadinanza¸il Marini fu direttore dei lavori di un quartiere<br />
intero; è riportato nelle cronache <strong>del</strong> 1680 che nella sola Praga lavoravano<br />
ventotto architetti italiani e solo sette tedeschi.<br />
In tutta la Boemia sorgono o sono rinnovati numerosi castelli; quello di Plumlov<br />
(1680) con gli ordini sovrapposti rievoca un teatro romano.<br />
Anche a Praga, con l’espandersi <strong>del</strong>le nuove tipologie imposte dalla Controriforma<br />
e <strong>del</strong>la nuova concezione stilistica, gli architetti introdussero nelle costruzioni<br />
religiose esempi romani, come nella chiesa di S. Maria Maggiore (1610-’26); la<br />
bella chiesa di S. Ignazio, opera <strong>del</strong> De Orsi, quella dei cappuccini (<strong>del</strong>lo stesso, di<br />
Domenico Canevale e di altri), la cappella italiana aggiunta al Clementinum, a<br />
504
pianta ellittica con cupola, sono tra i più begli esempi <strong>del</strong> gusto <strong>barocco</strong>. Decenni<br />
più tardi il Guarini mandò il progetto <strong>del</strong>la chiesa di S. Nicola a Mala Strana, e i<br />
disegni per S. Maria di Ettinga.<br />
Per l’architettura civile il discorso è diverso: il palazzo Cernin, di <strong>Francesco</strong><br />
Caratti, ha un’immensa facciata che ricorda i palazzi fiorentini e il Palladio; <strong>del</strong>lo<br />
stesso è il palazzo Nosticz. Esempi lombardi sono nell’edificio <strong>del</strong> Clementinum,<br />
citta<strong>del</strong>la gesuitica <strong>del</strong>la Controriforma, opera di Carlo Lurago, nel palazzo<br />
Pernstein, <strong>del</strong>lo stesso architetto, e nel palazzo Michna; il palazzo Waldstein, il<br />
primo pienamente <strong>barocco</strong> <strong>del</strong>la città (1623), di Andrea Spezza, Giovan Battista<br />
Marini e <strong>Francesco</strong> Pierroni, presenta la meravigliosa loggia di Baccio <strong>del</strong> Bianco,<br />
che sembra tolta di peso dalla genovese villa Cambiaso.<br />
Tra gli altri palazzi di Praga sono da ricordare il Toscana (1689) di P. Antonio<br />
Fontana e Marcantonio Canevale, il Lobkovicz (1702) di Giovan Battista Aliprandi<br />
(o Alliprandi o Alibrandi). Questi, anche architetto militare, tracciò il disegno per<br />
la colonna <strong>del</strong>la peste; al servizio <strong>del</strong> conte Cernin diresse la costruzione <strong>del</strong><br />
castello di Kosmonosy; gli è attribuito anche il progetto <strong>del</strong> castello di Liblice,<br />
ritento il suo capolavoro.<br />
A Kutna Hora è notevole il collegio dei gesuiti, grandiosa costruzione di Carlo<br />
Lurago; a Walditz la certosa di Andrea Spezza.<br />
Tra il XVII e il XVIII secolo troviamo in Boemia, a Litomerice, Giulio e Ottaviano<br />
Broggio; quest’ultimo lavorò anche per Anna Maria Francesca di Sassonia-<br />
Lanenberg, granduchessa di Toscana, a Grossmerchtal; a Praga Anselmo Martino<br />
Lurago (sec.XVIII) edificò il palazzo Kinski.<br />
Che l’ambiente locale fosse pronto ad accogliere la nuova sintassi spaziale<br />
barocca è dimostrato dalla relativa rapidità con cui anche in Slovacchia e in<br />
Moravia questo stile si diffuse. Bratislava presenta numerosi edifici con<br />
caratteristiche italiane, nella regione di Spis i campanili ricordano quelli <strong>del</strong>le<br />
chiese <strong>del</strong>l’Italia settentrionale. Ad Olomouc l’ospedale militare fu rifatto da<br />
Baldassarre Fontana nel 1686 ad imitazione <strong>del</strong>l’Escuriale. A Brno e in altre<br />
località <strong>del</strong>la Moravia Andrea Erna e il figlio Giovan Battista furono al servizio dei<br />
principi Liechtenstein, <strong>del</strong> vescovo <strong>Francesco</strong> di Driechstein e di prelati generali di<br />
ordini religiosi; Andrea divenne membro <strong>del</strong> consiglio municipale di Brno e fu<br />
nobilitato, definito nel 1669 “celeber in provincia ac primarius architectus”.<br />
Il gusto italiano si avverte anche negli edifici praghesi costruiti da architetti<br />
boemi, francesi e tedeschi nei secoli XVII e XVIII.<br />
Il massimo rappresentante <strong>del</strong>l’architettura tardo-barocca boema fu Giovanni<br />
Aichel Santini, nato a Praga da famiglia di intagliatori di pietra proveniente<br />
dall’Italia settentrionale, stabilitasi in Boemia verso il 1650; egli compì gli studi in<br />
505
Italia e la sua arte ha molti contatti con lo stile di architetti italiani, per esempio<br />
nella cappella <strong>del</strong> bosco di Lomec (1692), in cui lo schema planimetrico rivela<br />
l’influenza di S. Ivo alla Sapienza <strong>del</strong> Borromini e il baldacchino quella <strong>del</strong> Bernini.<br />
Di stampo guariniano è la chiesa di S. Nicola a Mala Strana, dei tedeschi Christoff<br />
e Ignaz Kilian Dientzenhofer che fecero un viaggio di studio in Italia; caratteri<br />
italiani si ritrovano nella chiesa di S. Maria di Brenov, opera <strong>del</strong> primo, mentre S.<br />
Nicola, <strong>del</strong> secondo, nella città vecchia è paragonata a S. Agnese <strong>del</strong> Borromini, e<br />
altre sue chiese conferiscono a Praga il particolare carattere <strong>barocco</strong> come S.<br />
Tommaso e soprattutto S. Giovanni nella roccia, considerata per il suo violento<br />
dinamismo plastico il più tipico esempio di chiesa barocca boema. L’autore studiò<br />
a Roma le architetture di Carlo Fontana presso cui si formò anche il francese J. B.<br />
Mathey che dava progetti e disegni e per la loro esecuzione si affidava agli<br />
imprenditori Lurago, Carlone, Broggio, ecc, molto attivi a Praga in quel <strong>periodo</strong> (S.<br />
<strong>Francesco</strong> dei Crociferi, S. Giuseppe, Castello di Troia, ecc.). Influssi lombardi<br />
rivela il collegio di S. Ignazio di P. I. Bayer mentre il palazzo Clam Gallas di J. B.<br />
Fischer von Erlach quelli borrominiani (vedi oltre).<br />
La diffusione <strong>del</strong>l’arte italiana nelle città tedesche fu resa possibile nel secolo XVII<br />
dall’interesse e dal mecenatismo dei principi, dei vescovi e <strong>del</strong>la nobiltà. Il castello<br />
ducale di Oldenburg (Bassa Sassonia) fu trasformato da Andrea Spezza; il castello<br />
di Celle fu ricostruito con largo intervento di maestranze italiane sotto la guida di<br />
Lorenzo Bedogni, chiamato nel 1662 ad Hannover (Sassonia) da Giorgio Guglielmo<br />
per rinnovare molti edifici nei suoi territori, una costruzione dalle enormi<br />
proporzioni e dalle soluzioni grandiosamente barocche.<br />
Giacomo Quirini nel 1708 ebbe la direzione di tutta l’edilizia di Hannover e<br />
notevole fu la sua influenza su quella di Charlottenburg; la regina Sofia Carlotta e<br />
il duca Ernesto Augusto si affidarono al suo consiglio nelle questioni artistiche e<br />
per loro il Quirini diresse gli acquisti di opere d’arte, molte <strong>del</strong>le quali italiane.<br />
Notevole è il castello di Nymphenburg presso Monaco, fatto edificare verso il<br />
1664 dal duca Ferdinando Maria, elettore di Baviera per Enrichetta A<strong>del</strong>aide di<br />
Savoia, sua moglie (ambedue favorirono le arti e gli artisti italiani); si successero<br />
nella direzione dei lavori Agostino Barelli che portò dall’Italia un seguito di<br />
capomastri e decoratori, Enrico Zuccalli che dal 1685 costruì in stile<br />
classicheggiante la parte centrale a cinque piani con doppia scalinata esterna, e<br />
Giovanni Antonio Viscardi (Vischard) che progettò i quattro edifici laterali, assai<br />
più severi, innalzati nel 1704.<br />
Enrico Zuccalli, appartenente a una famiglia di architetti e decoratori operosi in<br />
Germania e in Austria tra il XVII e il XVIII secolo, divenne a Monaco architetto<br />
superiore <strong>del</strong>la corte e dal 1685 direttore generale per i lavori di costruzione in<br />
506
quegli stati; è autore <strong>del</strong> grandioso palazzo reale di Schleisseim, di alcuni palazzi<br />
a Monaco, e <strong>del</strong> santuario di Altötting.<br />
Giovanni Antonio Viscardi (sec. XVII-XVIII) è autore <strong>del</strong>la chiesa di S. Trinità a<br />
Monaco e di quella di corte a Furstenfeld, fu a capo di una fiorente impresa<br />
edilizia che dominò per un secolo l’attività costruttiva <strong>del</strong>la Baviera, dove con lo<br />
Zuccalli fu il più significativo esponente <strong>del</strong>l’influsso italiano.<br />
Per tutto il secolo XVII e per i primi anni <strong>del</strong> successivo rappresentanti <strong>del</strong>le<br />
famiglie di architetti Albertalli (Alberthal), Barbieri (Balbierer), Angelini (Engel) e<br />
Gabriele de Gabrieli furono al servizio dei vescovi di Eichstätt in Franconia;<br />
ricordiamo che Giovanni Albertalli per la costruzione <strong>del</strong> Willibaldsburg fece venire<br />
dall’Italia duecento operai; il de Gabrieli assunse anche la direzione dei lavori<br />
edilizi a Bayreuth e fu chiamato dal margravio di Ansbach in Baviera (sec. XVII-<br />
XVIII).<br />
Antonio Petrini introdusse lo stile <strong>del</strong>l’Italia settentrionale in Franconia, a<br />
Bamberga e a Wurzburg (con la chiesa capitolare Haug), e in Renania dove fu<br />
architetto <strong>del</strong> principe-vescovo e <strong>del</strong>l’elettore di Magonza; alle sue dipendenze<br />
lavorarono molti italiani. In questo stesso stile, dalla tradizione ancora piuttosto<br />
manieristica, è il duomo di Passavia, costruito da Carlo Lurago nel 1668, e la<br />
chiesa dei carmelitani a Ratisbona ( <strong>del</strong>lo stesso). Ricordiamo che a Bamberga fu<br />
architetto di corte Giacomo Bonalino.<br />
Al <strong>barocco</strong> romano e precisamente al mo<strong>del</strong>lo di S. Andrea <strong>del</strong>la Valle si rifà la<br />
chiesa dei teatini a Monaco, opera di Agostino Barelli, a cui Enrico Zuccalli diede in<br />
seguito due torri laterali, secondo il tipo <strong>del</strong> duomo di Salisburgo (1663-’88).<br />
Notevole è la cappella di S. Elisabetta nel duomo di Breslavia in Slesia, fondata e<br />
fatta costruire dal langravio Federico di Assia-Darmstadt che, convertitosi al<br />
cattolicesimo a Roma e creato cardinale, fu vescovo <strong>del</strong>la città dal 1671 al ’82: la<br />
cappella è opera di Giacomo Scianzi, architetto e pittore, nel più puro stile<br />
<strong>barocco</strong>. Lavorò in Slesia anche Giulio Simonetti ( sec. XVII-XVIII).<br />
Nel Palatinato operò Matteo Alberti che costruì il castello di Bensberg, un<br />
grandioso edificio che si ispira a quello di Versailles con la parte decorativa in<br />
puro stile <strong>barocco</strong> italiano; la sua chiesa <strong>del</strong>le orsoline a Colonia ha una superba<br />
facciata e un notevole interno.<br />
Il romano <strong>Francesco</strong> Chiaveri (sec. XVII-XVIII), chiamato dal langravio Carlo d’Assia<br />
a Cassel, eresse il castello di Wilhelmshöhe con la” piramide”e le famose “cascate”<br />
di Ercole nel parco, tipico progetto <strong>barocco</strong>, uno dei più grandiosi che siano stati<br />
concepiti, in cui l’architettura e il paesaggio si fondono in un insieme organico.<br />
Capolavoro d’architettura italiana nei paesi germanici è la chiesa di corte a<br />
Dresda, eretta tra il 1739 e il ’56 su progetti di Gaetano Chiaveri, una basilica a<br />
507
cinque navate collegata a un corpo centrale; Augusto III di Sassonia che favorì<br />
l’arte italiana e creò una mirabile collezione di opere di pittura (per la Madonna<br />
sistina di Raffaello versò nel 1754 la cifra record di 17000 ducati), convertitosi al<br />
cattolicesimo nel 1712, incaricò il Chiaveri di costruire la chiesa cattolica,<br />
nonostante l’opposizione degli architetti tedeschi, aderenti al classicismo francese<br />
o al gusto rococò; assistenti ai lavori furono F. Placidi, A. Zucchi, Maffeo Chiaveri,<br />
nipote di Gaetano. L’architetto cinse la navata, chiusa in semicerchio ai lati brevi<br />
con un ambulacro, di sopra ad esso con tribune e all’estremità con una larga<br />
cintura di cappelle.<br />
Donato Giuseppe Frisoni fu chiamato dal duca Eberardo Luigi <strong>del</strong> Württemberg nel<br />
1709 come collaboratore di J. F. Nette nella costruzione <strong>del</strong> grande castello reale<br />
di Ludwigsburg; morto il Nette nel ’13, il Frisoni, con Paolo Retti collaboratore,<br />
modificò gli antichi progetti. Si deve a lui non solo il palazzo, il primo grandioso<br />
fabbricato sorto in Germania dopo la guerra dei Trent’anni su mo<strong>del</strong>lo di<br />
Versailles, una <strong>del</strong>le più eleganti dimore principesche, ma tutto l’imponente<br />
complesso, composto di diciotto corpi di fabbrica, 452 camere e tre cortili, edifici<br />
tutti coronati da balaustrate all’italiana, e anche la pianta <strong>del</strong>la città sorta attorno<br />
al palazzo. L’abate S. Hyllerche, trovandosi a Stoccarda nel ’17, conosciuto il<br />
Frisoni, direttore <strong>del</strong>le costruzioni <strong>del</strong> ducato, gli propose di lavorare a<br />
Weingarten; qui lasciò i progetti <strong>del</strong>l’abbazia. La sua opera ebbe grande<br />
importanza per l’architettura tedesca <strong>del</strong> secolo XVIII.<br />
A lui successe come architetto di corte Leopoldo Retti che fu anche primo<br />
architetto ad Ansbach e progettò tra l’altro i prospetti <strong>del</strong> Neues Schloss di<br />
Stoccarda (1750).<br />
L’elettore palatino Carlo Filippo fece di Mannheim un centro culturale notevole;<br />
Alessandro Galli Bibiena collaborò all’edificazione <strong>del</strong> palazzo granducale, costruì<br />
il convento e la chiesa dei gesuiti sul mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> “Gesù” di Roma, il teatro e il<br />
palazzo <strong>del</strong>la mercanzia. Lavorarono a Mannheim anche Lorenzo Quaglio e<br />
<strong>Francesco</strong> Raballiati.<br />
Per il margravio <strong>del</strong> Baden Domenico Egidio Rossi costruì il castello di Rastatt.<br />
Giovanni Gaspare Bagnato, autore <strong>del</strong>la facciata orientale <strong>del</strong> duomo di San Gallo,<br />
fu architetto ufficiale <strong>del</strong>l’ordine teutonico e direttore edilizio nelle regioni<br />
meridionali <strong>del</strong>la Germania e in Svizzera, dove operò anche il figlio <strong>Francesco</strong>.<br />
Citiamo ora alcuni architetti di lingua tedesca che si formarono in ambiente<br />
romano o furono imitatori <strong>del</strong> <strong>barocco</strong> italiano.<br />
A.Ospel e J. C. Schlaun furono borrominiani ( S. Clemente a Münster, <strong>del</strong> secondo,<br />
ricorda nella pianta S. Ivo alla Sapienza); G. B. Fischer von Erlach studiò per<br />
quindici anni in Italia, prima a Napoli come scultore e mo<strong>del</strong>latore nella bottega di<br />
508
P. Schorr, berniniano, e nel 1680 fu a Roma dove ammirò le opere <strong>del</strong> Borromini;<br />
costruì a Vienna la chiesa di S. Carlo Borromeo, coronata da un’alta cupola,<br />
preceduta da un portico classico, fiancheggiata da due colonne ispirate alla<br />
colonna traiana. M. D. Pöppelmann studiò a Roma in particolare le opere di<br />
Borromini e Carlo Fontana. J. L. von Hildebrandt, nato a Genova, trascorse la<br />
giovinezza in Italia; nel 1696 si stabilì a Vienna, dedicandosi dapprima a<br />
un’edilizia religiosa chiaramente derivata dalle idee <strong>del</strong> Guarini ( chiesa dei piaristi<br />
a Vienna, chiesa di Gabel presso Praga); la sua carriera di architetto di palazzi con<br />
giardino ( per i quali guardò anche agli edifici genovesi studiati direttamente in<br />
gioventù) culminò nel grande castello <strong>del</strong> Belvedere a Vienna per il principe<br />
Eugenio, dalla ricca decorazione plastica all’italiana. A. Schluter, architetto e<br />
scultore, fu nel 1696 a Roma; è autore <strong>del</strong> castello reale di Berlino che ha analogie<br />
nella facciata sud e nel secondo cortile con il palazzo Madama; nello Zeughaus di<br />
Berlino le decorazioni con maschere di guerrieri ai settantasei frontoni <strong>del</strong>le<br />
finestre e dei portali, testimoniano l’influenza <strong>del</strong>la classicità romana; il gusto<br />
berniniano si nota nella torre <strong>del</strong>la zecca e nella villa Kamecke a Berlino. J.<br />
Prandtauer completò in stile tardo-<strong>barocco</strong> il monastero degli agostiniani a S.<br />
Florian, iniziato da Carlo Antonio Carlone. Egid Quirin Asam, architetto, scultore,<br />
stuccatore, approfondì a Roma dal 1712 al ’14 la conoscenza <strong>del</strong>l’arte <strong>del</strong> Bernini<br />
e <strong>del</strong> Borromini. J. Effner si perfezionò in Italia oltre che in Francia. Christoph<br />
Dientzenhofer è particolarmente interessante per l’assimilazione <strong>del</strong> <strong>barocco</strong><br />
italiano. La Chiesa dei gesuiti a Bamberga, di Georg Dientzenhofer, ha la pianta<br />
che richiama quella <strong>del</strong> Gesù a Roma. Johann Dientzenhofer visitò Roma nel 1719<br />
e, tornato in patria, costruì il nuovo duomo di Fulda sul mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>l’interno<br />
borrominiano <strong>del</strong>la basilica di S. Giovanni in Laterano. Kilian Ignaz studiò a Roma<br />
le architetture di Carlo Fontana. J. B. Neumann nella residenza di Wurzburg trovò<br />
un collaboratore congeniale in Giovan Battista Tiepolo; trasse motivi dal Guarini,<br />
oltre che dagli architetti francesi. S. L. du Ry si perfezionò a Vicenza ove studiò il<br />
Palladio, e fu ad Ercolano nel <strong>periodo</strong> degli scavi; a Cassel il Museum<br />
fredericianum, suo capolavoro, è ispirato a mo<strong>del</strong>li italiani. K. Von Gontard subì<br />
dapprima l’influsso di Carlo Bibiena a Mannheim, poi studiò presso il Blon<strong>del</strong> a<br />
Parigi, accostandosi ai suoi modi classicheggianti, nel 1754 fu in Italia.<br />
Ricordiamo che di cultura e formazione italiana furono i ticinesi Artaria,Fossati,<br />
Luchesi, Neurone,Pelli,Porta, Ricca, A. Spezza; grigionesi furono Albertalli,<br />
Angelini, Barbieri, Bonalino, Camesino, Canta, Comacio, De Sala,De Gabrieli,<br />
Lazaro, Marca, Mazio, Piazza, Riva, Sale, Sciascia, Serro, Simonetti, Valentini,<br />
Viscardi, Zuccalli, ecc.<br />
509
In Ungheria, nelle numerose costruzioni dei gesuiti, è evidente l’influsso <strong>del</strong><br />
<strong>barocco</strong> romano, in cui sono altresì assimilati elementi francesi e tedeschi.<br />
Seguono lo schema planimetrico <strong>del</strong> “Gesù” la chiesa universitaria di Nagyzombat<br />
di Pietro Spezza e la chiesa dei serviti a Lorettom (1651-’59) di Carlo Martino<br />
Carlone.<br />
Tra gli autori di edifici civili ricordiamo Venerio Ceresola, dal 1662 nominato<br />
“Caesarius artis murariae architectus” a Vienna; dal ’86 risiedette a Buda dove<br />
diresse la ricostruzione militare e civile <strong>del</strong>la città dopo la cacciata dei Turchi; nel<br />
’90 fondò la corporazione <strong>del</strong>l’arte muraria di Buda e una scuola di muratori, per<br />
la maggior parte italiani, dei quali ricordiamo Giovanni Battista e Giacomo Chiesa,<br />
Marco Gelpio e Antonio Maggi. Il suo capolavoro esistente ancora oggi è il<br />
municipio in piazza <strong>del</strong>la S. Trinità a Buda, costruito negli anni 1688-’92. Benché<br />
l’edificio, squadrato ad un solo piano, sia stato parecchie volte riedificato e<br />
restaurato, mostra ancora chiaramente la forma originaria in stile <strong>barocco</strong> italiano<br />
con una decorazione armoniosa. Nella stessa piazza era in origine anche il<br />
monumento alla S. Trinità, eseguito da Venerio nel 1700 in collaborazione con<br />
Bernardo Ferretti, tagliapietre. Sostituita poco dopo con un monumento più ricco<br />
e più grande, l’opera di Venerio fu trasportata in un sobborgo di Buda. Per la sua<br />
attività vasta e variata e per la sua influenza come organizzatore e maestro,<br />
Venerio può essere considerato uno dei principali propagatori <strong>del</strong>l’architettura<br />
barocca in Ungheria.<br />
Molti architetti, esperti in fortificazioni, chiamati per erigere difese contro<br />
l’invasione turca, riedificarono chiese e palazzi distrutti nei secoli XVII e XVIII.<br />
Giovanni Landi costruì l’ala nuova <strong>del</strong> castello di Szàmosuivar e restaurò il palazzo<br />
<strong>del</strong> principe Bethlen ad Albajulia; Agostino Serena edificò il castello di Radnot.Tra<br />
il XVII e il XVIII secolo operarono Domenico Martinelli, autore <strong>del</strong>la chiesa degli<br />
Olivetani presso Nytra; Giovan Battista Martinelli che fu al servizio <strong>del</strong>la regia<br />
camera aulica ungherese; Fortunato Prati che progettò il palazzo reale di Budapest<br />
e il palazzo degli Invalidi; Giovan Battista Ricca, ecc.<br />
In Polonia il <strong>barocco</strong> italiano fu introdotto durante il regno dei Wasa; nel 1624 il re<br />
Ladislao venne in Italia con il desiderio di conoscere gli ambienti artistici più<br />
significativi, di prendere contatto con artisti e uomini di cultura che poi chiamerà<br />
alla sua corte.<br />
Nel campo <strong>del</strong>l’architettura religiosa fu soppiantata dai modi <strong>del</strong>la Controriforma<br />
la tradizione gotica, con la costruzione di chiese a pianta centrale sormontate da<br />
una cupola ( chiese di S. Casimiro e dei SS. Pietro e Paolo a Vilna in Lituania );<br />
anche il tipo a croce latina (S. Andrea <strong>del</strong>la Valle a Roma ) fu presa a mo<strong>del</strong>lo, a<br />
Kalisz e a Cracovia.<br />
510
Giovanni Trevano, autore <strong>del</strong>la chiesa dei gesuiti a Cracovia, fu il promotore <strong>del</strong><br />
nuovo stile nell’edilizia profana, trasformò parzialmente il castello <strong>del</strong> Wavel; a<br />
Varsavia, divenuta capitale nel 1596, fece <strong>del</strong> castello reale un pentagono<br />
includente parte <strong>del</strong>l’edificio medioevale (1597- 1619). Lo stile italiano si impose<br />
anche nei palazzi signorili di Vilna, Wisniecz, Zloczòw, ecc. Tra i numerosi<br />
conventi degno di particolare menzione è quello dei camaldolesi a Bielany, con la<br />
chiesa, opera di Andrea Spezza ( Spazio).<br />
Giovan Battista Gisleni costruì la cappella sepolcrale dei Wasa nella cattedrale di<br />
Cracovia con ricchissima decorazione; Costante Tencalla e lo scultore Clemente<br />
Molli innalzarono a Varsavia la colonna di Sigismondo III (1644).<br />
Una seconda fioritura <strong>del</strong> Barocco si ha sotto il re Giovanni III Sobieski nell’ultimo<br />
quarto <strong>del</strong> secolo XVII, dopo una serie di guerre che avevano causato enormi<br />
distruzioni di molte chiese e palazzi. Tra i castelli edificati ricordiamo quello di<br />
Krzytopor di Lorenzo Moretto, quello, altrettanto imponente, di Podhorce, e tra i<br />
palazzi quello di Giovanni Sobieski a Wilanow, opera di Agostino Locci, nato a<br />
Cracovia da genitori italiani. In questo <strong>periodo</strong> si diffonde uno stile <strong>barocco</strong> meno<br />
romano, sempre con l’egemonia degli architetti italiani. Molti edifici furono eretti<br />
su mo<strong>del</strong>li ripresi dal <strong>barocco</strong> piemontese nello stile <strong>del</strong> Guarini, altri dalle<br />
sontuose forme veneziane; S. Maria <strong>del</strong>la Salute di Venezia ispirò due chiese,<br />
quella dei camaldolesi a Pozajscie, opera di Ludovico Fredo e P. Puttini, e quella di<br />
Swietà Gora presso Gostyn, opera di Andrea Catenacci ( la cupola sarà costruita da<br />
Pompeo Ferrari).<br />
Nel 1698 i gesuiti di Poznan incaricarono Giovanni Catenacci di proseguire la<br />
costruzione <strong>del</strong>la navata trasversale e <strong>del</strong> coro <strong>del</strong>la loro chiesa; questa<br />
commissione data ad un architetto proveniente da Lezno, dove Giovanni si era<br />
stabilito con il padre Andrea, provocò un’accesa reazione da parte <strong>del</strong>la<br />
corporazione dei muratori <strong>del</strong>la città, ma il lungo processo che ne seguì confermò<br />
la ragguardevole posizione raggiunta dai Catenacci ( che introdussero in Polonia<br />
grandiose forme barocche con un’accentuata tendenza verticalistica degli edifici),<br />
come di tutti gli architetti italiani che ebbero fortuna in quelle regioni.<br />
Durante il tardo <strong>barocco</strong> che abbraccia il regno di Augusto II e l’inizio <strong>del</strong> regno di<br />
Augusto III, elettori di Sassonia (1700-’40), sono molto vivi nell’ambiente di corte<br />
i rapporti tra Varsavia e Dresda; opera Gaetano Chiaveri, borrominiano, autore di<br />
molti edifici a Varsavia e in provincia ( a lui si deve la ricostruzione <strong>del</strong> castello<br />
reale). Nella capitale furono attivi anche Giuseppe Bellotti, autore <strong>del</strong>la villa<br />
Murano che diede il nome al quartiere Muranow, e Giuseppe Fontana.<br />
Attorno a Poznan e a Gniezno sorsero o si ricostruirono chiese ad opera <strong>del</strong><br />
borrominiano Pompeo Ferrari.<br />
511
Il Rococò si sviluppò dal 1740 fino alla morte di Augusto III (1763); Leopoli ne fu il<br />
centro più importante, con la cattedrale, opera di Bernardo Merettini. A Varsavia<br />
operò Giacomo Fontana, figlio di Giuseppe, e a Cracovia <strong>Francesco</strong> Placidi.<br />
Tra gli architetti polacchi citiamo B. Wasoski, gesuita, che progettò con Tommaso<br />
Poncino la monumentale chiesa dei gesuiti a Poznan, riccamente decorata in<br />
stucco in molte sue parti da scultori italiani, diretti dal Bianco; e K. Bazanka che<br />
studiò a Roma (sec. XVII).<br />
In Francia nel secolo XVII perdurano i motivi rinascimentali; il nuovo stile penetra<br />
lentamente e assume un carattere particolare, poiché interpretato classicamente.<br />
I motivi cinquecenteschi hanno portato a un solenne rinnovamento di forme, si<br />
afferma il desiderio di un ordinamento geometrizzante e simmetrico dei corpi<br />
degli edifici, spesso allineati intorno ad un cortile a logge, con il sistematico<br />
impiego degli ordini classici, anche sovrapposti, e di elementi decorativi; la<br />
disposizione degli interni comincia a farsi più complessa; nei palazzi più eleganti<br />
si ha una galleria, spesso come loggia coperta, che può raccogliere opere d’arte.<br />
Con Enrico IV si ha nelle diverse province un’intensa attività edilizia, specialmente<br />
a Parigi, dove i palazzi si elevano improntati al nuovo gusto, con la classica<br />
solennità ma con un’ampiezza che è già barocca (gli influssi sono più accentuati<br />
nell’architettura religiosa).<br />
Il College de l’Arc, fondato dai gesuiti, ha la facciata preceduta da un portico<br />
italianizzante <strong>del</strong> 1601 e due ali collegate da un arco.<br />
S. de Brosse riprende nel castello di Montceaux-en-Brie elementi decorativi<br />
italiani, alte colonne scanalate, grandi arcate, nicchie e un vasto frontone sulla<br />
facciata <strong>del</strong>la cappella; egli, formatosi su Vitruvio e Vignola, ebbe l’incarico dalla<br />
regina Maria de’Medici di costruire un palazzo che le ricordasse palazzo Pitti: così<br />
nel palazzo <strong>del</strong> Lussemburgo troviamo il rivestimento a bugnato e l’ordine<br />
toscano, oltre la cupola centrale.<br />
Quando J. Lemercier ritornò a Parigi da Roma, dopo un soggiorno di studio tra il<br />
1607 e il ’13, pieno d’ammirazione per Michelangelo e Vignola, il Richelieu gli<br />
affidò l’incarico di completare il nuovo Louvre di cui a quel tempo esistevano le<br />
due ali costruite dal Lescot, fe<strong>del</strong>e alle tendenze italianizzanti <strong>del</strong> primo ‘500. Il<br />
Lemercier aggiunse una cupola nel padiglione centrale, portò a compimento l’ala<br />
ovest e cominciò l’ala nord attenendosi allo stile <strong>del</strong> Lescot.<br />
Per quanto riguarda l’architettura religiosa, si adottò come nelle altre regioni<br />
cattoliche d’Europa la struttura interna <strong>del</strong>le chiese di Roma, soprattutto di quella<br />
<strong>del</strong> “Gesù”; tra le chiese che si rifanno a questo mo<strong>del</strong>lo citiamo quella di S. Paul,<br />
costruita a Parigi su progetto di padre Martellange, formatosi a Roma alla scuola<br />
<strong>del</strong> Vignola, e la chiesa di S. <strong>Francesco</strong> Saverio a Besançon. Per la chiesa <strong>del</strong>la<br />
512
Sorbona il Lemercier adottò la pianta a croce greca; la cupola, iniziata nel 1635,<br />
segna il culmine di questa forma architettonica, esaltata nella basilica di S. Pietro<br />
in Vaticano, che si impone per tutto il secolo, quasi simbolo di Roma e <strong>del</strong><br />
Cattolicesimo. Il primo esempio, dalle dimensioni notevoli, era stato attuato nelle<br />
chiesa dei carmelitani (1620), poi nella chiesa <strong>del</strong>la Visitazione di F. Mansart,<br />
mentre nella chiesa votiva di Val-de-Grâce il Le Muet imitò la cupola <strong>del</strong>la<br />
veneziana S. Maria <strong>del</strong>la Salute.<br />
La prima facciata costruita secondo il motivo italiano degli ordini sovrapposti è<br />
quello <strong>del</strong>la chiesa di S. Gervasio (1617) di S. de Brosse, e il tipo resterà immutato<br />
a Parigi fino alla facciata di S. Rocco (metà <strong>del</strong> XVIII secolo); la facciata ad emiciclo<br />
<strong>del</strong> collegio <strong>del</strong>le Quattro Nazioni, elevato dal Le Vau per ordine <strong>del</strong> Mazzarino, si<br />
rifà alla chiesa di S. Agnese <strong>del</strong> Borromini; tra le altre forme derivate dal <strong>barocco</strong><br />
italiano ricordiamo il primo ciborio a baldacchino, a imitazione di quello di S.<br />
Pietro, elevato nella chiesa di Val-de-Grâce, cui seguiranno molti altri (per<br />
esempio quelli di Saintes e Angers).<br />
Guarino Guarini fu chiamato nel 1662 a Parigi dai teatini per erigervi la chiesa di<br />
S. Anne- la- Royale sul terreno donato dal cardinale Mazzarino; la costruzione, a<br />
schema tradizionale ma con complessa cupola ad archi intrecciati, interrotta per<br />
mancanza di mezzi, fu ripresa nel 1714 coi disegni <strong>del</strong> Liévain, e distrutta nel<br />
1823.<br />
Contemporaneamente fu molto in auge presso gli architetti francesi lo stile<br />
classico: citiamo il caso <strong>del</strong>la suddetta chiesa <strong>del</strong>la Visitazione (1632-’34), a<br />
pianta circolare, ad imitazione <strong>del</strong> Pantheon di Roma, con facciata a frontone.<br />
In Francia le grandi realizzazioni architettoniche <strong>del</strong> secolo, Louvre e Versailles,<br />
sono legate alla esigenza di una rigorosa razionalità, propria <strong>del</strong><br />
classicismo.Ricordiamo che nel 1687 fu saccheggiata dal console francese<br />
Lemaire la città romana di Leptis Magna; coi marmi e le colonne dei suoi sontuosi<br />
monumenti furono abbellite molte costruzioni di Luigi XIV.<br />
Rappresentante importante <strong>del</strong> classicismo francese fu F. Blon<strong>del</strong>, venuto in Italia<br />
per accompagnare il figlio <strong>del</strong> Colbert, che aderì ai principi di Vitruvio e Palladio.<br />
Quando Luigi XIV volle erigersi la reggia, chiamò nel 1664, su proposta <strong>del</strong><br />
Colbert, Gian Lorenzo Bernini insieme con Pietro da Cortona, il Rainaldi e il<br />
Candiani, incaricandoli di fornire i progetti per il completamento <strong>del</strong> Louvre,<br />
residenza invernale <strong>del</strong>la corte; mentre Pietro da Cortona elaborò una pianta e<br />
quattro prospetti per facciate, il Bernini presentò il progetto per la facciata<br />
principale. Non avendo interamente soddisfatto, il Bernini fece un secondo<br />
progetto (1665) che piacque; lo stesso re di Francia scrisse al Bernini la lettera che<br />
l’invitava a Parigi per l’esecuzione; l’artista vi si recò per un viaggio trionfale<br />
513
nell’aprile <strong>del</strong>lo stesso anno, fra omaggi di monarchi, onori di principi. Ma le<br />
invidie di artisti locali, intrighi di corte, scarsa protezione <strong>del</strong> sovrano fecero sì<br />
che il progetto berniniano non ebbe esecuzione; ma da esso molti elementi<br />
furono tratti dai costruttori <strong>del</strong> Louvre.<br />
Tra gli architetti francesi citiamo anche G. M. Oppenort, a Roma dal 1692 al ’99,<br />
che studiò profondamente Bernini e Borromini e divenne uno dei maggiori<br />
rappresentanti <strong>del</strong> rococò; nel secolo XVIII troviamo il Boffrand che guardò al<br />
Borromini, Ph. La Guepière e M. Crucy che si perfezionarono a Roma, A. Dérizet<br />
che vi studiò e svolse notevole attività.<br />
Degli altri architetti italiani che operarono in Francia nel secolo XVIII ricordiamo<br />
Lorenzo Giardini che fu al servizio dei figli di Luigi XIV; Giovanni Nicolò<br />
Servandoni che nelle sue opere a Parigi e a Lione già preannuncia il gusto<br />
neoclassico; Michelangelo <strong>del</strong> Gabbio che collaborò con il Servandoni nel portale<br />
di S. Sulpice a Parigi; Pietro Antonio <strong>del</strong> Gabbio che fu responsabile dei lavori<br />
edilizi a S. Etienne e <strong>del</strong>le condotte sotterranee <strong>del</strong>la città.<br />
Nelle Fiandre la Controriforma determina un’ondata di italianismo; in generale<br />
l’architettura religiosa è ispirata al <strong>barocco</strong> romano: Notre Dame a Montaigu a<br />
pianta centrale è sormontata da una grande cupola (1609), Notre Dame<br />
d’Hanswick a Malines, è a pianta poligonale con cupola, i pulpiti e i confessionali<br />
diventano esuberanti di sculture. La prima chiesa con cui si impone decisamente il<br />
nuovo stile, con la ricerca, tuttavia, di una equilibrata monumentalità accanto al<br />
virtuosismo decorativo, è S. Carlo Borromeo di Anversa (1614-’21) <strong>del</strong> gesuita F.<br />
Aiguillon, e S. Michele a Lovanio di padre Hesius; un altro gesuita, P. Huyssens,<br />
autore <strong>del</strong> campanile di S. Carlo Borromeo, studiò un anno in Italia. Si formarono<br />
in Italia anche J. Franmans e V. Coberger, autore <strong>del</strong>la chiesa degli agostiniani ad<br />
Anversa; J. Franckart, architetto <strong>del</strong>la chiesa degli agostiniani a Bruxelles, visse tra<br />
Roma e Napoli per sette anni, fece anche la chiesa <strong>del</strong> Beguinage a Malines, con<br />
decorazione interna di gusto italiano.<br />
In Olanda, dopo la corrente manieristica di L. de Key e H.de Keyser che nel<br />
Westkerk di Amsterdam si ispira a forme italianizzanti, verso la metà <strong>del</strong> secolo<br />
XVII architetti classicheggianti, anche per l’influsso dei romanisti di Haarlem e<br />
Utrecht, come S. de Bray e P. Morelsee, mossero sulle orme <strong>del</strong> Serlio e <strong>del</strong>lo<br />
Scamozzi, con costruzioni di tipo monumentale; le case patrizie assunsero un<br />
aspetto più solenne con facciate a cornicione invece di quelle triangolari a<br />
pinnacolo, tipiche <strong>del</strong>la regione. J. Van Camper, esponente notevole <strong>del</strong>la corrente<br />
classicista (vedi lez.n. 32), si ispirò all’architettura palladiana, interpretandola con<br />
compassata solennità.<br />
514
In Inghilterra verso la fine <strong>del</strong> secolo XVI e all’inizio <strong>del</strong> successivo si ebbe un<br />
ritorno all’antichità classica con I. Jones: la chiesetta di S. Paul (Covent Garden)<br />
con l’ordine tuscanico desunto da Vitruvio ne è una prova. R. Pratt viaggiò in<br />
Italia; accanto a elementi palladiani troviamo motivi barocchi: lo scalone <strong>del</strong>la sua<br />
Coleshill House nel Berkshire deriva esattamente da quello <strong>del</strong> Longhena (S.<br />
Giorgio Maggiore a Venezia). Si afferma la nuova concezione planimetrica, la casa<br />
privata si presenta come un blocco singolo di proporzioni regolari e la hall diventa<br />
definitivamente il vestibolo.<br />
Durante i regni di Giorgio I, Giorgio II e Giorgio III l’Italia rimase la grande<br />
ispiratrice. La classicità è ancora viva in C. Wren (sec. XVII-XVIII); il suo primo<br />
edificio, il teatro accademico di Oxford, si richiama al teatro di Marcello in Roma,<br />
alcune chiese di Londra si rifanno allo schema basilicale secondo Vitruvio; la St.<br />
Mary-le-Bow si ispira alla basilica di Massenzio nella versione serliana. In altri casi<br />
Wren affronta il problema <strong>del</strong>la pianta centrale, come in St. Stephen; nei campanili<br />
unisce motivi gotici ad elementi classici e barocchi; nella cattedrale di S. Paolo, la<br />
sua opera più grandiosa, troviamo un compromesso tra la pianta basilicale, voluta<br />
dal clero, e la pianta centrale, la concezione <strong>del</strong>la cupola è tributaria sia di quella<br />
michelangiolesca, sia <strong>del</strong>le cupola progettata dal Bramate per S. Pietro in Vaticano.<br />
N. Hawksmore fu assistente e collaboratore di Wren, influenzato sia dal Palladio<br />
che dal Bernini.<br />
J. Vanbrough (sec. XVII-XVIII) è l’autore <strong>del</strong> castello Blenheim a Oxford che<br />
presenta motivi tratti dallo Scamozzi e dal Borromini, ma che nella visione<br />
generale deriva dalla piazza di S. Pietro in Vaticano.<br />
Il gusto <strong>barocco</strong> si afferma pienamente con T. Archer (sec. XVII-XVIII) che edificò<br />
chiese di tipo borrominiano come la cattedrale di Birmingham e la chiesa di S. Paul<br />
a Deptford presso Londra.<br />
G. Gibbs, che fu per due anni a Roma presso Carlo Fontana e viaggiò poi in altre<br />
parti, guardò a S. Maria <strong>del</strong>la Pace per la chiesa di S. Maria a Londra e alla basilica<br />
di Superga per quella di S. Martin in the Fields. E. Pearce, irlandese, viaggiò in<br />
Italia nel 1724 e aderì al gusto classicheggiante.<br />
Dal 1714 fu per sette anni in Inghilterra Alessandro Galilei, ma poco si sa <strong>del</strong>la<br />
sua attività colà svolta; eseguì numerosi progetti per lo più non realizzati, e<br />
collaborando a opere tecniche con l’ingegnere Dubois (case di abitazione di stile<br />
georgiano a Londra).<br />
La designazione di Madrid a capitale <strong>del</strong>la Spagna, voluta da Filippo II nel 1562, e<br />
l’interesse dei monarchi per il suo ingrandimento nei secoli XVII e XVIII, fecero<br />
<strong>del</strong>la città un importante centro artistico; esempi di un <strong>barocco</strong> severo italiano<br />
sono nella cripta sepolcrale ottagonale <strong>del</strong> Pantheon <strong>del</strong>l’Escuriale (1617), opera<br />
515
di Giovan Battista Crescenzi che introdusse il gusto per i marmi e per i bronzi di<br />
rivestimento, e nelle opere di J. D. Ximenes ( o Jimenez), che si era perfezionato a<br />
Roma anche come pittore.<br />
Architetti spagnoli che si ispirarono al <strong>barocco</strong> romano furono anche J. Gomez de<br />
Mora, Francisco Herrera il giovane ( a Roma verso il 1656), P. de la Torre, A. Cano<br />
dagli influssi borrominiani (come nella facciata <strong>del</strong>la cattedrale di Granada),<br />
mentre il gesuita F. Bautista seguì i modi <strong>del</strong> Vignola nella chiesa di S. Isidoro a<br />
Madrid (1625-’51). Inoltre, “Nostra Signora <strong>del</strong> Pilar” a Saragozza imita la basilica<br />
vaticana; motivi italiani si trovano nell’arco <strong>del</strong>la certosa presso Jerez e nel portale<br />
<strong>del</strong>la chiesa di S. Andrea a Valencia; qui e a Siviglia si ricostruiscono gli interni<br />
<strong>del</strong>le chiese gotiche secondo mo<strong>del</strong>li per lo più napoletani e genovesi. Motivi<br />
italiani sono nell’opera di P. Ribera.<br />
Carlo Fontana (sec. XVII-XVIII) spedì da Roma il progetto <strong>del</strong> santuario, <strong>del</strong>la<br />
chiesa e <strong>del</strong> convento di S. Ignazio ad Azpeitia.<br />
A partire dal terzo decennio <strong>del</strong> secolo XVIII si sviluppano i lavori di corte a Madrid<br />
e nei vicini ”sitios reales”; si inizia la serie con il palazzo Granja presso Segovia,<br />
poi si dà inizio al palazzo reale (1738); ad Aranjuez si completa l’antico palazzo<br />
<strong>del</strong> XVI secolo; l’edificio <strong>del</strong> Pardo viene ampliato nel 1772.<br />
Nel 1735 fu chiamato a Madrid Filippo Juvarra, raggiunto poi da Virgilio Rabaglio,<br />
per progettarvi il palazzo reale; egli, formatosi sugli esempi <strong>del</strong> Borromini , <strong>del</strong><br />
Fontana e degli antichi, mirò soprattutto a larghi, aerei effetti prospettici e<br />
pittorici; la sua opera, pur rimanendo fondamentalmente barocca, anticipa alcuni<br />
aspetti neoclassici soprattutto nella nitida misura <strong>del</strong>le parti e nella decorazione.<br />
Filippo V di Spagna, imparentato con Vittorio Amedeo II, aveva potuto conoscere il<br />
grande architetto in Piemonte; mentre si decideva la scelta <strong>del</strong>l’area per il nuovo<br />
palazzo reale a Madrid, nello stesso anno lo Juvarra diede i piani per il castello di<br />
Aranjuez e per la Granja di S. Ildefonso. Quando il progetto per il palazzo reale e<br />
il mo<strong>del</strong>lo di legno erano quasi ultimati, l’architetto morì e fu con grande pompa<br />
sepolto nella chiesa di S. Martino.<br />
Si chiamò allora un suo allievo, il piemontese Giovan Battista Sacchetti; egli, per<br />
ordine <strong>del</strong> sovrano, rivide i piani <strong>del</strong> palazzo reale, modificando l’impianto<br />
orizzontale previsto dallo Juvarra (facciata di m. 436), approntando un progetto a<br />
strutture verticali (facciata di m. 131). La posa <strong>del</strong>la prima pietra <strong>del</strong> nuovo<br />
edificio (a 40 m. di profondità) è <strong>del</strong> 6 aprile 1738.<br />
Duemilacinquecento operai, di cui duecentoquaranta italiani, lavorano sotto la<br />
direzione di Giovan Battista Sacchetti, maestro mayor, e agli ordini <strong>del</strong> fratello<br />
Carlo, commissario generale.<br />
516
L’organico <strong>del</strong>le maestranze italiane risulta così costituito nel 1742: Gian<br />
Domenico Olivieri ( scultore principale), G. <strong>Francesco</strong> Lazzoni, Pasquale <strong>del</strong><br />
Medico, Sinibaldo Campi ( aiutanti <strong>del</strong>l’Olivieri ),Nicola Carisana, Gaspare Petri,<br />
Alessandro Tosati, Antonio Solari (scultori), <strong>Francesco</strong> Balestrieri (intagliatore),<br />
Virgilio Rabaglio e Andrea Rusca (architetti), Carlo Giamboni e Pietro <strong>del</strong>la<br />
Giovanna (capomastri), Raimondo Marchi, Virgilio Bordoni, Bartolomeo Sermini<br />
(stuccatori), <strong>Francesco</strong> Somazzi,Carlo Ribaldi, Carlo Marmori, Antonio Marti, G.<br />
Pietro Sermini (stuccatori, passati poi al Buen Retiro), G. Antonio Fraschina,<br />
Domenico Baratta (capomuratori), Carlo Fraschina, Giovan Battista Notari,<br />
Domenico Andriali, Innocenzo Rusca, Giacomo Pianca (capomuratori, passati poi<br />
alla Granja), Giuseppe Sai (capofabbro),Giovanni Rusca, Gaspare Fallata, Pietro<br />
Bole, Carlo Girolamo Rusca, Marino Broda, Antonio Gasperino,Giuseppe<br />
Gasperino, A. Maria Sartorio, Bernardo Stambucchi,Gaspare Aprile, Giacomo<br />
Sermini, G. Battista Panseri, Domenico Bianchi,Pietro Pianca, Carlo Andrea Bay,<br />
Girolamo <strong>del</strong>la Giovanna, Giuseppe Manighetti, Bernardo Pareccia, <strong>Francesco</strong><br />
Crosi, Carlo Antonio Monico, Nicola Giustino,<strong>Francesco</strong> Antonio Rochinotti, Matteo<br />
Laurenzi (muratori).<br />
La fabbrica forma un vasto quadrato con corpi angolari sporgenti; al di sopra <strong>del</strong>lo<br />
zoccolo a bugnato ciascuna fronte appare coronata da balaustre e scandita da<br />
pilastri e colonne. La facciata principale è quella a sud, preceduta da un ampio<br />
cortile con portici laterali e cancellata d’ingresso. Nel complesso la costruzione<br />
denota una prevalenza <strong>del</strong> gusto rococò- neoclassico <strong>del</strong> Sacchetti sulle<br />
persistenti ridondanze <strong>del</strong> <strong>barocco</strong> spagnolo. L’interno ha ricchissimi<br />
appartamenti decorati e affrescati da famosi pittori (tra i quali Gian Battista<br />
Tiepolo).<br />
Nel 1757 il Sacchetti viene sollevato dall’incarico e sostituito da V. Rodriguez e<br />
<strong>Francesco</strong> Sabatini; i lavori per la costruzione <strong>del</strong> palazzo reale di Madrid si<br />
concludono nel ’64.<br />
Sempronio Subissati lavora con il Procaccini all’ampliamento <strong>del</strong> palazzo <strong>del</strong>la<br />
Granja (1746), servendosi <strong>del</strong>la collaborazione di Giacomo Bonavia per la<br />
decorazione interna, di <strong>Francesco</strong> Sani per il mobilio, di Carlo Antonio Bernasconi<br />
per le opere in marmo e di Giovan Battista Galluzzi come caposquadra dei<br />
doratori; tra gli altri collaboratori qualificati <strong>del</strong> Subissati ricordiamo Domenico<br />
Sani, Astasi, Carlo Franchina, Domenico Andrisei, Giovan Battista Notari, Giacomo<br />
Pianca, Innocenzo Rusca e lo stuccatore Prospero de Mortola.<br />
Giacomo Bonavia, architetto e pittore, è chiamato in Spagna nel 1734; nel ’36 è<br />
incaricato <strong>del</strong>la decorazione interna <strong>del</strong> teatro <strong>del</strong> Buen Retiro, terminata da<br />
Giacomo Pavia; si avvale <strong>del</strong>la collaborazione degli stuccatori Giovan Domenico<br />
517
Cremona, <strong>Francesco</strong> Somazzi, Antonio Marti, Giovan Pietro Sermini, Carlo Rivoldi,<br />
Carlo Marmori e Prospero de Mortola. Nel ’38 il Bonavia è impegnato nel riassetto<br />
e nella decorazione <strong>del</strong> teatro de” Los Canos de Peral”( oggi teatro reale), a capo<br />
di una squadra di pittori di cui fanno parte Bartolomeo Rusca e Felice Fe<strong>del</strong>no,<br />
nonché degli ebanisti Giovan Battista Galluzzi e <strong>Francesco</strong> Balestrieri; nel ’38<br />
lascia la direzione dei lavori <strong>del</strong>la basilica dei “SS. Giusto e Pastore”a Virgilio<br />
Rabaglio, ad Antonio Rusca e a Taddeo Orsolino, per dedicarsi principalmente alla<br />
residenza reale di Aranjuez, dove in qualità di “maestro de obras reales”<br />
sovrintende e dirige i complessi lavori di trasformazione e di arredamento <strong>del</strong><br />
palazzo, ha alle sue dipendenze lo stesso Rabaglio, Giovanni Rusconi, Raimondo<br />
Marchi e Virgilio Bordoni, stuccatori. Nel ’44 il Bonavia provvede alla decorazione<br />
<strong>del</strong>l’appartamento <strong>del</strong>l’infante Filippo e all’arredamento degli interni, partecipa ai<br />
lavori <strong>del</strong>la Granja e infine dipinge al Pardo le decorazioni <strong>del</strong> soffitto <strong>del</strong>la camera<br />
da letto.<br />
Virgilio Rabaglio nel 1738 è impegnato nella costruzione <strong>del</strong>la chiesa dei “SS.<br />
Giusto e Pastore” a Madrid, con Nicola Carisana (autore <strong>del</strong>le sculture <strong>del</strong>la<br />
facciata), Antonio Rusca e Taddeo Orsolino; nel ’42 è incaricato da Isabella<br />
Farnese di progettare il palazzo di Riofrio; egli ne inizia la costruzione, avendo<br />
come aiutanti Carlo e Giovanni Franchina, la continua dal ’53 con il solo Carlo cui<br />
subentra dal ’57 il Sermini.<br />
<strong>Francesco</strong> Sabatini con l’ascesa al trono di Carlo III si trasferisce in Spagna dove,<br />
succedendo al Sacchetti, è nominato architetto di corte (1760), accademico<br />
onorario e poi ispettore generale; come il Bernini a Roma, egli dà un’impronta<br />
urbanistica alla capitale spagnola, cura tra l’altro il tracciato <strong>del</strong>le strade verso la<br />
capitale, nonché la pavimentazione, il servizio di nettezza urbana e l’illuminazione<br />
a gas <strong>del</strong>le strade.<br />
Ricordiamo infine che Luigi Bernasconi,”maestro <strong>del</strong> rey”, erige la cappella Palafox<br />
nella cattedrale di Osuna, avendo come collaboratore lo stuccatore Domenico<br />
Brilli.<br />
Per quanto riguarda gli architetti spagnoli <strong>del</strong> ‘700, diciamo che a contatto con i<br />
maestri italiani subentra un misurato classicismo, come in V. Rodriguez, diretto<br />
erede <strong>del</strong> <strong>barocco</strong> italiano come allievo di Filippo Juvarra, collaboratore di<br />
Sacchetti e infine primo architetto <strong>del</strong> palazzo reale di Madrid, poi orientatosi<br />
verso una severa semplificazione <strong>del</strong>le forme, tanto da venire considerato il<br />
restauratore <strong>del</strong> classicismo in Spagna.<br />
Durante il secolo XVII in Portogallo fu modesta l’attività degli architetti italiani.<br />
518
Nel 1653 Guarino Guarini dette i disegni per la costruzione <strong>del</strong>la chiesa e <strong>del</strong><br />
convento “Dos clericos teatinos da divina providencia” a Lisbona (distrutta poi da<br />
un terremoto).<br />
Influssi italiani si avvertono in alcuni edifici, per esempio nella chiesa“Dos extintos<br />
carmelitas” ad Oporto, nel convento di S. Isabella a Coimbra (sec. XVII), nella<br />
basilica “Da estrela” a Lisbona, ispirata al S. Pietro in Vaticano (sec. XVIII).<br />
Nel secolo XVIII molti architetti furono chiamati. I rapporti <strong>del</strong>lo Juvarra con il<br />
Portogallo possono datarsi dal 1706, quando in Roma eseguì i disegni per un<br />
apparato per le esequie di Pietro I ; nel ’18 per le sollecitazioni <strong>del</strong> marchese di<br />
Fuentes, ambasciatore <strong>del</strong> Portogallo a Roma, fu richiesto ufficialmente dal re<br />
Giovanni V a Vittorio Amedeo II di Savoia, al servizio <strong>del</strong> quale l’architetto si<br />
trovava. Durante questo <strong>periodo</strong> lo Juvarra si recò a Lisbona, dove per richiesta<br />
<strong>del</strong> re, progettò, oltre ad un faro, un grandioso complesso di edifici comprendenti<br />
un palazzo reale, la chiesa patriarcale, il palazzo <strong>del</strong> patriarca e la canonica, da<br />
erigersi a qualche miglio da Lisbona. Tale progetto non fu eseguito ma fruttò<br />
all’architetto, oltre a doni di valore eccezionale, una pensione e l’ordine di Cristo;<br />
scaduta la licenza, lo Juvarra partì da Lisbona nel ’20.<br />
Tra il 1725 e il ’32 fu a Lisbona Antonio Canevari che costruì numerosi edifici,<br />
distrutti poi dal terremoto; egli si espresse in forme di transizione dal Barocco ai<br />
primi modi <strong>del</strong> Neoclassicismo.<br />
Artisti italianizzanti, come il tedesco Ludwig ( Ludovice), autore <strong>del</strong> convento di<br />
Mafra, e Nicolò Nasoni (o Nazoni) influirono notevolmente sull’architettura<br />
portoghese <strong>del</strong> tempo; il primo, educato in Italia, si impose a Lisbona e ad Evora,<br />
il secondo nel nord <strong>del</strong> paese.<br />
Nel 1742 Giovan Battista Carlone, matematico e astronomo, molto influente a<br />
corte, fu ben felice di assecondare un’idea di Giovanni V di fare edificare a Roma<br />
da artisti italiani una cappella dedicata a s. Giovanni Battista, che poi avrebbero<br />
inviato a Lisbona; qui sarebbe stata montata nella chiesa di S. Rocco. Gli architetti<br />
<strong>del</strong>la cappella furono Luigi Vanvitelli e Nicola Salvi; subito dopo la costruzione<br />
eseguita nella chiesa portoghese di Roma, nel 1747 la cappella fu tutta smontata,<br />
imballata pezzo per pezzo, e quindi imbarcata su tre navi venute da Venezia. Nel<br />
settembre <strong>del</strong>lo stesso anno le navi attraccarono al porto di Lisbona; la<br />
raccomandazione che era stata fatta per prima quando si era stabilito di costruire<br />
la cappella, era che nel nuovo edificio, bello di marmi policromi e bronzi dorati,<br />
risplendesse la preziosità <strong>del</strong>la materia come la fantasia <strong>del</strong>l’arte, e certo la<br />
raccomandazione fu attentamente eseguita.<br />
Tra gli altri architetti italiani attivi in Portogallo nel secolo XVIII ricordiamo Giovan<br />
Carlo Sicinio Galli da Bibbiena che costruì teatri a Lisbona, Salvaterra e Ajuda e la<br />
519
chiesa <strong>del</strong>la “Memoria” a Lisbona; Giacomo Azzolini che vi andò dopo il terremoto<br />
e fu nominato architetto di corte dal re José I e sembra che abbia eseguito<br />
progetti per il nuovo palazzo reale di Campolide; Giuseppe Adamini che lavorò a<br />
Lisbona al servizio <strong>del</strong>la regina Maria e andò poi nel Bengala dove morì.<br />
Degli architetti portoghesi che studiarono o si formarono a Roma citiamo M.<br />
Rodrigues dos Santos (sec. XVIII).<br />
Trattiamo ora <strong>del</strong> Barocco nell’Europa nord-orientale.<br />
In Russia uno dei primi architetti a diffondere il nuovo stile fu Sebastiano Bracci<br />
(sec. XVII) che trasformò l’antica chiesa <strong>del</strong>l’Assunzione a Kiev. La chiesa <strong>del</strong><br />
monastero di Pazaislis, opera di Ludovico Fredo e Pietro Puttini (sec. XVII-XVIII),<br />
presenta all’interno decorazioni con pietre e marmi rari portati dall’Italia.<br />
Il processo di laicizzazione e occidentalizzazione <strong>del</strong>l’arte russa, accentuato dalle<br />
riforme di Pietro il Grande, è particolarmente evidente nella nuova capitale,<br />
Pietroburgo; quando nel 1703 questo zar ne ideò la fondazione, l’architetto<br />
Domenico Trezzini, ticinese, si trovava a Copenaghen al servizio di Federico IV; fu<br />
qui che l’ambasciatore moscovita ebbe occasione di conoscerlo e lo invitò a<br />
trasferirsi in Russia per dirigere la progettazione e l’esecuzione di tutti gli edifici<br />
<strong>del</strong>la nuova città. Nel contratto Trezzini dichiarò di “andare in Moscovia a servire<br />
Sua Maestà cesarea in qualità di capomastro di batimenti, fabbriche et<br />
fortificazioni”; per nove anni diresse tutta l’edilizia locale, vi introdusse la cultura<br />
barocca in una visione improntata ad un sobrio razionalismo; secondo il nuovo<br />
stile mutano l’urbanistica e l’edilizia; appare il tipo di basilica a tre navate con<br />
campanile ( SS. Pietro e Paolo). Trezzini costruì molti edifici; per il palazzo<br />
d’estate fece venire dall’Italia statue e colonne di marmo, un intero padiglione di<br />
marmo e alabastro da Venezia e una statua di Venere da Roma.<br />
Anche a Mosca si diffuse il nuovo gusto architettonico e decorativo; i palazzi<br />
ebbero allora grandi sale di rappresentanza, come nel Mensikov di Mario Fontana<br />
(1706); con lui operarono Galeazzo Quadrio, Carlo Ferrara e Domenico Ruta.<br />
Gaetano Chiaveri fu nel 1717 al servizio di Pietro il Grande; nel ’20 fu nominato<br />
membro <strong>del</strong>la cancelleria imperiale <strong>del</strong>le costruzioni pietroburghesi; nel ’24<br />
subentrò al Mattarnow nella costruzione <strong>del</strong> museo di storia naturale e <strong>del</strong>la<br />
biblioteca <strong>del</strong>l’accademia <strong>del</strong>le scienze.<br />
Nicolò Michetti, architetto papale, di scuola borrominiana, andò in Russia nel<br />
1718; a Pietroburgo eseguì molti lavori, succedendo al Leblond.<br />
In questa città esercitò una notevole attività Bartolomeo <strong>Francesco</strong> Rastrelli;<br />
trascorsa la giovinezza in Francia con il padre scultore Bartolomeo Carlo, lo seguì<br />
nel 1715 in Russia , divenendo architetto di corte nel ’36; dal ’41 al ’61 fu<br />
assoluto protagonista <strong>del</strong> rinnovamento edilizio e urbanistico <strong>del</strong>la nuova capitale,<br />
520
voluto da Anna Joannovna ed Elisabetta I, in uno stile inconfondibile che<br />
armonizza tipologie russe ed occidentali, di ispirazione rinascimentale e<br />
manieristica con gli straordinari effetti decorativi, accentuati anche dalla forte<br />
policromia degli esterni. Il Rastrelli fece epoca nello sviluppo artistico di tutta la<br />
Russia ; alla sua scuola si formarono gli architetti russi; egli si valse di molti<br />
pittori e decoratori italiani. Con lui si ha il nuovo tipo di chiesa a pianta centrale<br />
con cinque cupole (cattedrale <strong>del</strong> monastero Smol’nyj, opera maestosa ,costruita<br />
dal 1748 al ’64, uno dei monumenti più imponenti <strong>del</strong>la città). Notevole fu la sua<br />
attività; ricordiamo i numerosi palazzi principeschi e le due ville imperiali di<br />
Carlskoe Selo, residenza estiva di Caterina II, e di Peterhof, immensi edifici nei<br />
quali le linee architettoniche e le decorazioni interne di stucchi e d’intagli, le<br />
scalee e i giardini, i giochi d’acqua e i padiglioni, i ninfei e le statue dorate, tutto<br />
fu ideato secondo il gusto rococò di straordinari effetti decorativi da una sola<br />
mente geniale. Grandioso è anche il palazzo d’inverno, la cui costruzione fu<br />
oltremodo laboriosa e avvenne in fasi successive tra il 1711 e il’62; un primo<br />
edificio, eretto nel ’11, fu modificato dal Trezzini e definitivamente ricostruito dal<br />
Rastrelli tra il ’54 e il ’62. La facciata a due ordini, con avancorpi laterali, è<br />
suddivisa verticalmente in settori da possenti colonne, secondo schemi tipici <strong>del</strong><br />
<strong>barocco</strong> italiano, e ha inoltre finestre con cornici rococò . L’edificio è coronato in<br />
alto da una balaustrata con statue e ha le superfici esterne ravvivate da un’intensa<br />
colorazione in rosso. Il palazzo, il primo veramente monumentale che sorgesse<br />
nell’impero russo, presentava degli interni, prima <strong>del</strong>l’incendio <strong>del</strong> 1837,<br />
riccamente decorati; notevoli sono anche la chiesa e la grandiosa scala imperiale.<br />
Primi accenni <strong>del</strong>lo stile neoclassico si avvertono nell’opera di Antonio Rinaldi;<br />
invitato in Russia nel 1752 dal principe Razumovskij, nel ’56 fu nominato<br />
architetto di corte dal granduca Pietro che gli affidò la sistemazione <strong>del</strong> parco di<br />
Oranjebaum presso Pietroburgo; il suo capolavoro è il palazzo di marmo a<br />
Pietroburgo (1768-’85), fastosa residenza tardo-barocca rivestita di forme<br />
classicheggianti, così chiamato perché in quell’occasione il marmo <strong>del</strong>la Siberia fu<br />
adoperato per la prima volta in Russia (lusso incredibile a quel tempo); il Rinaldi<br />
costruì anche il palazzo imperiale a Gatcina, in mezzo a un parco lussureggiante.<br />
Ricordiamo anche Carlo Zucchi, architetto teatrale, morto in Russia.<br />
In Svezia, mentre alcuni architetti sviluppavano lo stile palladiano importato<br />
dall’Olanda, cominciò a formarsi una visione barocca; Nicodemus Tessin, il<br />
vecchio e il giovane, si recarono a studiare in Italia, il primo dal 1651 al ’52 , il<br />
secondo dal ’73 al ’78, soprattutto a Roma, e imposero, tornati in patria, forme<br />
italianeggianti in edifici di corte e militari; in particolare, esempi <strong>del</strong> tardo<br />
Rinascimento e <strong>del</strong> <strong>barocco</strong> romano sono nella cattedrale di Kalmar (1653) e<br />
521
nell’edificio <strong>del</strong>la Riksbanken (<strong>del</strong> primo), nel palazzo reale di Stoccolma (1697),<br />
nelle chiese oltre che nel palazzo Tessin a Copenaghen (<strong>del</strong> secondo); S. de la<br />
Vallée introdusse in Svezia il tipo di chiesa a pianta centrale (sull’esempio<br />
romano).<br />
In Danimarca verso la fine <strong>del</strong> secolo XVII e nei primi decenni <strong>del</strong> successivo sono<br />
ben visibili i risultati dei viaggi in Italia degli architetti danesi; L. van Haven,<br />
architetto <strong>del</strong> re, costruì la chiesa <strong>del</strong> Salvatore a Copenaghen (1682-’96) in un<br />
grandioso <strong>barocco</strong>, pur con echi classici,dopo il suo viaggio per studio; così i<br />
risultati si avvertono nel palazzo <strong>del</strong>l’Opera e nelle ville reali, sorte per volere di<br />
Federico IV (di Frederiksborg e di Fredensborg, quest’ultima originariamente un<br />
edificio a pianta centrale con cupola), nella biblioteca e nel museo <strong>del</strong>la città.<br />
Studiarono in Italia anche L. de Thurah che aggiunse alla chiesa <strong>del</strong> Salvatore la<br />
guglia ispirata alla lanterna di S. Ivo alla Sapienza <strong>del</strong> Borromini (1750) e N.<br />
Eigtved, il cui capolavoro è la piazza di Amalienborg.<br />
La fama degli architetti italiani si diffuse anche nei continenti extraeuropei; il<br />
veneto Girolamo Veroneo nel 1631, con la collaborazione di altri architetti e con<br />
l’opera di ventimila operai, costruì il mausoleo <strong>del</strong>la regina, il Taj Mahal, ad Agra<br />
sulle rive <strong>del</strong> fiume Jumma, in India, edificio tutto di marmo bianco con un corpo<br />
centrale sormontato da cupole.<br />
In America latina ricordiamo Andrea Bianchi (Blanqui), gesuita, dall’educazione<br />
serliana (sec. XVII-XVIII), a Cordoba e a Buenos Aires; il suo contemporaneo<br />
Giovan Battista Primoli a Trinidad edificò la chiesa <strong>del</strong>la Trinità , interamente in<br />
pietra, la più importante costruzione religiosa <strong>del</strong> Paraguay.Infine Giuseppe<br />
Antonio Landi (sec. XVIII) fu il responsabile <strong>del</strong> progetto e <strong>del</strong>la costruzione dei<br />
principali edifici pubblici di Belèm do Parà, sintesi peculiare <strong>del</strong>le tradizioni<br />
<strong>del</strong>l’architettura tardo-barocca italiana con i materiali e i metodi costruttivi locali.<br />
Passiamo ora alla seconda parte <strong>del</strong>la lezione.<br />
Roma diventa il massimo centro <strong>del</strong>la <strong>scultura</strong> barocca; per l’impulso che la<br />
Controriforma dà alla statuaria sacra e per il sempre più diffuso amore per le<br />
opere antiche, l’arte è suggestionata dalla classicità, specialmente dal gusto<br />
ellenistico, e ansiosa di creare un clima di libertà espressiva, ora patetica e<br />
magniloquente, ora francamente realistica.<br />
Figura dominante <strong>del</strong>l’ambiente romano è quella di Gian Lorenzo Bernini; lo stile<br />
<strong>barocco</strong> accomuna le arti maggiori nell’ispirazione <strong>del</strong>l’artista che, formatosi al<br />
virtuosismo <strong>del</strong>la <strong>scultura</strong> tardomanieristica e allo studio dei maestri <strong>del</strong> ‘500 e<br />
dei mo<strong>del</strong>li ellenistici, nelle opere <strong>del</strong>la maturità dette vita ad immagini che da<br />
plastiche si mutano in pittoriche sotto gli occhi <strong>del</strong>lo spettatore. Tra le più<br />
522
straordinarie creazioni <strong>del</strong>la fantasia berniniana ricordiamo il baldacchino<br />
bronzeo, i quattro pilastri maggiori <strong>del</strong>la basilica, la decorazione <strong>del</strong>le navate, la<br />
grande macchina scenografica <strong>del</strong>la cattedra di s. Pietro in una raggiera di luce<br />
dorata ; creatore di un nuovo tipo di monumento funerario, ritrattista di<br />
eccezionale immediatezza e penetrazione psicologica, interprete insuperato <strong>del</strong>la<br />
spiritualità barocca, impregnata di stimoli sensoriali( Estasi di S. Teresa, Angeli di<br />
S. Andrea <strong>del</strong>le Fratte, beata Ludovica Albertoni), il Bernini seppe dare vita e forma<br />
sensibile agli occhi <strong>del</strong>la Roma papale <strong>del</strong> ‘600, sorretto da una eccezionale<br />
capacità tecnica e padronanza <strong>del</strong>la materia.<br />
Alessandro Algardi è l’altra grande figura <strong>del</strong> Seicento in <strong>scultura</strong>,artista dalla<br />
classica compostezza e dal notevole equilibrio compositivo; insieme al Carracci, al<br />
Domenichino e al Sacchi rappresenta in Roma la tendenza accademica, erede <strong>del</strong><br />
Cinquecento, che si opponeva a quella più schiettamente barocca (Bernini,<br />
Lanfranco, Pietro da Cortona). Particolare <strong>del</strong>l’Algardi è l’amore per le cose<br />
minute, derivatogli dalla studio <strong>del</strong> vero, dalla sua attività di restauratore di statue<br />
antiche, e da quei lavori come putti, figurine, teste, crocifissi e ornamenti che egli<br />
predilesse come stuccatore.<br />
Il moto e lo slancio, che in Michelangelo scultore creavano tensione drammatica,<br />
dopo il primo quarto <strong>del</strong> ‘600 si sciolgono in un trambusto di azione e<br />
commozione che prende al teatro i suoi mo<strong>del</strong>li. Non si vede più una statua nuda;<br />
ben drappeggiate, agitate al vento, un piede alla ribalta, le statue si separano<br />
dall’architettura per più valere nel contrasto, ovvero l’architettura si rompe già in<br />
rocce e scogliere, in alto in nuvole come nelle macchine teatrali. Ai volumi definiti<br />
<strong>del</strong> ‘500 si sostituisce un chiaroscuro sempre più rotto, il marmo è trattato come<br />
il bronzo, lo stucco, la cera, traforato, scavato, bulinato a rendere veli, reti, piume;<br />
si combinano marmi di vari colori.<br />
Nel secolo XVIII la <strong>scultura</strong> modera l’enfasi barocca in ritmi più aggraziati e<br />
talvolta classicheggianti, sviluppa dal gusto <strong>barocco</strong> quel senso scenografico e<br />
decorativo che la rende come la più preziosa alleata <strong>del</strong>l’architettura rococò negli<br />
interni e nella sistemazione all’aperto (fontane, statue per giardini,ecc.).<br />
Per quanto riguarda l’attività degli scultori italiani all’estero nei secoli XVII e XVIII,<br />
cominciamo da quelli operosi in Francia.<br />
Dopo le guerre di religione e lunghi decenni di stasi artistica , tornata la pace con<br />
Enrico IV, ancora una volta si dovette ricorrere all’Italia per ricominciare, come<br />
d’altronde faceva tutta l’ Europa, perché solo l’Italia possedeva maestri e mo<strong>del</strong>li.<br />
Dal 1600 al 1660 la Francia può dirsi colonia artistica italiana; impossibile<br />
sarebbe enumerare tutti gli Italiani venuti al seguito di Maria de’Medici che per le<br />
pitture <strong>del</strong> “Lussemburgo” volle chiamare il “romano” d’Anversa P. P. Rubens.<br />
523
Giovan Battista Stabili collaborò con J. Richier nella costruzione e nella<br />
decorazione <strong>del</strong>la cappella sepolcrale ottagonale dei duchi di Lorena nella chiesa<br />
dei francescani a Nancy, progettata a somiglianza <strong>del</strong>la cappella medicea di<br />
Firenze.<br />
<strong>Francesco</strong> Bordoni,”premier sculpteur du roy”, nel 1608 fu impegnato nelle<br />
decorazione <strong>del</strong>le Tuileries e <strong>del</strong> Louvre, nel ’29 disegnò una grande fontana per il<br />
nuovo giardino <strong>del</strong> Louvre, per la cappella <strong>del</strong>la Trinità a Fontainebleau disegnò il<br />
grandioso altare maggiore e il pavimento in marmo, nel ’39 rifece la fontana <strong>del</strong><br />
sagrato di Notre-Dame.<br />
In place Dauphine a Parigi si innalzò il monumento a Enrico IV; il cavallo è opera<br />
<strong>del</strong> Giambologna,offerto da Cosimo de’Medici nel 1610, la prima statua isolata<br />
sorta a Parigi.<br />
Nel 1620 Pietro Bernini ebbe dal cardinale Escoubleau de Sourdis l’ordinazione di<br />
un’”Annunciazione” (oggi nella chiesa di S. Bruno a Bordeaux); nel ’22 il figlio Gian<br />
Lorenzo scolpì il busto <strong>del</strong>lo stesso cardinale e un” Angelo annunziante”. La sua<br />
fama era già grande dappertutto, quando nel 1637 gli fu ordinato il busto di Carlo<br />
I d’Inghilterra (ora a Windsor), tratto da ritratti dipinti dal Van Dyck; nel ’42 il<br />
cardinale Richelieu volle anch’egli il proprio busto, ripreso da tre ritratti di P. de<br />
Champagne. Nel ’64 lo scultore fu chiamato a Parigi da Luigi XIV; qui lasciò un<br />
busto (ora a Versailles) e una statua equestre che non incontrò il favore <strong>del</strong><br />
sovrano; trasformata dal Girardon in “Curzio che si getta nella voragine”, è oggi<br />
nel parco di Versailles. Anche il figlio di Gian Lorenzo, Paolo Valentino, fu a Parigi;<br />
una sua opera , un putto che gioca con gli strumenti <strong>del</strong>la passione, si trova oggi<br />
al Louvre.<br />
Antonio Raggi scolpì la statua di Enrico IV, oggi nella piazza reale di Pau; un’altra<br />
<strong>del</strong>lo stesso sovrano fu eseguita da Ferdinando Tacca.<br />
Ricordiamo che per il monumento a Luigi XIII si utilizzò il cavallo bronzeo di<br />
Daniele da Volterra, eseguito per Enrico II.<br />
La diffusione <strong>del</strong>l’arte italiana in Francia fu resa possibile anche per il<br />
mecenatismo <strong>del</strong> cardinale Giulio Mazzarino, primo ministro, protettore di<br />
artisti,poeti, musicisti, attori, scenografi, ecc.<br />
G. B. Colbert che ebbe nelle sue mani le redini di tutta l’amministrazione centrale<br />
<strong>del</strong>la Francia chiamò molti esperti artigiani per le manifatture reali.<br />
Al tempo di Luigi XIV era in voga questa canzone:<br />
“Si vous n’êtes italiens,point d’espoir de fortune,<br />
si vous n’êtes italiens,vous ne fairez jamais rien ».<br />
Giambattista Tubi (Tuby), detto il Romano, prima <strong>del</strong> 1663 si recò a Parigi dove fu<br />
ammesso all’accademia di pittura e <strong>scultura</strong>, presentando il busto di marmo « La<br />
524
gioia » ora a Versailles ; prese parte sotto la direzione di Le Brun alla decorazione<br />
di Versailles con“ Carro d’Apollo “,“ Primavera “e“ Tritoni “;scolpì il gruppo<br />
principale <strong>del</strong>la tomba <strong>del</strong> Turenne nella chiesa degli Invalidi e collaborò col<br />
Coysevox ai sepolcri di Colbert e Mazzarino. Tra le altre opere ricordiamo il<br />
monumento di M. Cureau de la Chambre, il “Battesimo di Cristo” nella chiesa di<br />
Sceaux, la statua <strong>del</strong>la madre di Le Brun in S. Nicolas-du-Chardonnet, e , più<br />
importante, la decorazione <strong>del</strong>la porta di S. Bernardo (poi demolita) con sei figure<br />
maschili e due grandi bassorilievi.<br />
Anche Domenico Guidi lavorò per la reggia di Versailles ( eseguendo in Italia un<br />
gruppo per fontana); ricordiamo che il Le Brun con i suoi aiuti popolò di statue<br />
marmoree il terrazzo e il “tapis vert”, derivando la maggior parte dei soggetti<br />
allegorici dall’”Iconologia” di Cesare Ripa.<br />
Nel secolo XVII lavorarono in Francia anche gli scultori Giovan Battista Morelli,<br />
Massimiliano Soldani (o Benzi), Giovan Battista di Taddeo Carlone e lo stuccatore<br />
Pietro Sasso (o Sassi) che con M. Anguier decorò la camera <strong>del</strong>la regina madre al<br />
Louvre.<br />
Giovan Battista Tubi II, figlio di Giambattista, scolpì nel 1703 “Cristo” e l’”Entrata<br />
di Cristo a Gerusalemme” per la cattedrale di Orléans.<br />
Agostino Bocciardo dal 1761 al ’66 attese alla decorazione <strong>del</strong> castello Cramayel-<br />
en-Bric; per l’accademia parigina di S. Luca mo<strong>del</strong>lò alcune statue (“Voluttà”,<br />
“Danae”, ecc.); eseguì i disegni per il cabinet du roy, con altri artisti decorò la sala<br />
<strong>del</strong> teatro di Versailles, lavorò per i castelli di Bagattelle e di Pontchartrain; nel<br />
collegio Mazzarino eseguì bassorilievi nella cupola e fregi sulla calotta (poi<br />
distrutti), fece altre statue per Versailles,diede disegni per apparati di feste, per<br />
mobili e per oggetti di corte.<br />
Pasquale Bocciardo eresse a Bastia la statua <strong>del</strong> conte Marboeuf.<br />
A Parigi Giovan Battista Nini mo<strong>del</strong>lò medaglioni di terracotta con i ritratti di Luigi<br />
XV, Luigi XVI, Maria Antonietta, Voltaire; farà anche quelli di Carlo III e di Caterina<br />
di Russia.<br />
Gaetano Merchi lavorò dal 1777al ’95 a Parigi e nel 1812 ad Agen.<br />
Infine lo stuccatore Pietro Antonio <strong>del</strong> Gabbio lavorò nel Forez.<br />
Citiamo gli scultori francesi che subirono l’influsso <strong>del</strong>l’arte italiana; P. Francavilla<br />
(Francheville) studiò a Firenze sotto il Giambologna; G. Berthelot tra il 1606 e il<br />
’15 si formò nella cerchia di Domenico Fontana; come lui furono a Roma N.<br />
Cordier, detto il franciosino, rappresentante <strong>del</strong> tardo manierismo, S. Guillain che<br />
nelle prime opere imitò Michelangelo (1610), i fratelli François e Michel Anguier (il<br />
primo per due anni, il secondo per dieci) che subirono l’influsso <strong>del</strong>l’Algardi, J.<br />
Sarrazin, dal 1610 al ’28, amico <strong>del</strong> Domenichino, <strong>del</strong> Reni e <strong>del</strong> Guercino,<br />
525
ammiratore <strong>del</strong> Giambologna, che si orientò in Francia verso un classicismo<br />
severo.<br />
P. Puget, muovendo da Pietro da Cortona di cui fu allievo a Roma dal 1641 al ’43,<br />
in contrasto con la classicheggiante arte ufficiale <strong>del</strong>la corte di Versailles espresse<br />
il proprio temperamento in una serie di opere tra le più originali <strong>del</strong> secolo per<br />
veemenza si sentimenti, potente senso plastico e grande effetto decorativo.<br />
Troviamo nella seconda metà <strong>del</strong> secolo A. Coysevox che, pur non essendosi<br />
recato in Italia, manifesta di aver fatto tesoro <strong>del</strong> pittoricismo e <strong>del</strong>lo spirito<br />
berniniano. Studiarono a Roma F. Girardon,dal1648 al ’50, che lavorò per<br />
Versailles ( il suo “Ratto di Proserpina è derivato dal mo<strong>del</strong>lo berniniano); Nicola<br />
Coustou dal 1683 al’87; P. Legros il giovane che dal 1686 al 1719 svolse continua<br />
attività per chiese romane e partecipò, tra l’altro, con P. E. Monnot alla<br />
decorazione scultorea <strong>del</strong>la chiesa <strong>del</strong> Gesù, di gusto berniniano; M. Maille, allievo<br />
<strong>del</strong> Ferrata, un collaboratore <strong>del</strong> Bernini. Fu allievo <strong>del</strong> Legros Guglielmo Coustou<br />
il vecchio che dall’esperienza romana fu indirizzato verso un gusto classico,<br />
rigoroso e colto, con influssi berniniani nella ritrattistica e nelle opere<br />
monumentali dal felice effetto scenografico. In J. B. Théodon ( a Roma dal 1676 al<br />
1705) e in P. E. Monnot,a Roma nel 1687 e ivi morto nel 1733, il tardo <strong>barocco</strong><br />
cede nettamente a modi classicheggianti, evidenti ancora di più in E. Bouchardon<br />
che studiò intensamente la statuaria antica nel suo soggiorno romano dal 1723 al<br />
’32, in Lambert e Nicolas Adam (a Roma dal 1723 al ’33), in P. La Tour, mentre R.<br />
M. Slodz (a Roma dal 1728 al’47), detto Michel-Ange, fu il principale esponente<br />
francese di una corrente neobarocca di ispirazione berniniana nelle opere<br />
religiose e funerarie. J. B. Pigalle fu a Roma dal 1738 al ‘ 41; disperando di<br />
ottenere la pensione, partì a piedi da Parigi; arrivato a Roma, cadde malato e non<br />
morì grazie all’assistenza di Guglielmo Coustou il giovane, in quegli anni<br />
pensionato all’accademia. Infine citiamo N. Gillet che si perfezionò a Roma dal<br />
1746 al ’52.<br />
Passiamo ora a trattare <strong>del</strong>l’attività di scultori italiani per committenti inglesi,<br />
ricordando dapprima che nel 1622 Gian Lorenzo Bernini scolpì il busto di T.<br />
Baker.<br />
Molte opere eseguì <strong>Francesco</strong> Fanelli; non sono note la data e le circostanze <strong>del</strong><br />
suo trasferimento in Inghilterra, ma sono evidenti il suo ruolo di scultore di corte<br />
e il suo aumentato prestigio in un ambiente estremamente favorevole ad<br />
accogliere artisti italiani. Se è vero che il Fanelli attirò l’attenzione di Carlo I con<br />
una statuetta in avorio rappresentante “Pigmalione”, fu proprio la sua perizia<br />
tecnica e raffinatezza formale nel creare piccole sculture da collezione su mo<strong>del</strong>li<br />
<strong>del</strong>la scuola <strong>del</strong> Giambologna o <strong>del</strong>la statuaria antica a farlo apprezzare da una<br />
526
committenza aristocratica, per la quale egli intraprese a lavorare con buon<br />
successo anche nel campo <strong>del</strong>la ritrattistica.<br />
I bronzetti italiani erano molto ammirati alla corte inglese da quando, nel 1622, il<br />
granduca di Toscana Cosimo II aveva inviato ad Enrico, principe di Galles, come<br />
dono diplomatico, sette bronzetti appositamente eseguiti da Pietro Tacca su<br />
mo<strong>del</strong>li <strong>del</strong> Giambologna. E’ dunque molto probabile che il Fanelli abbia risposto<br />
positivamente ad una proposta diretta <strong>del</strong>la corte inglese, giunta attraverso i<br />
canali diplomatici e commerciali attivi tra Genova e l’Inghilterra; un inventario<br />
<strong>del</strong>la residenza reale di Whitehall cita un” Cupido in corsa”, un” Cupido su un<br />
cavallo al galoppo” e un” S. Giorgio a cavallo col drago”. L’artista eseguì poi dieci<br />
bronzetti, laccati di nero, secondo un gusto tipicamente manieristico, per W.<br />
Cavendish: due “S. Giorgio”, cinque “Cavalli”, un” Cupido a cavallo”, un” Turco a<br />
cavallo”, un” Nesso e Deianira”.<br />
La produzione di copie da illustri mo<strong>del</strong>li è documentata anche da un’importante<br />
opera, il”Cupido dormiente”, copia in bronzo di un’analoga opera, attribuita a<br />
Prassitele, ed appartenuta ad Isabella d’Este, che Carlo I aveva acquistato dalle<br />
collezioni ducali di Mantova, e che aveva suscitato l’ammirazione <strong>del</strong>la<br />
committenza inglese, tanto che il Fanelli ne eseguì altre due copie.<br />
Per raffinati committenti vicini alla corte inglese il Fanelli eseguì altri due gruppi<br />
bronzei, un” Davide e Golia” e un bellissimo” Mercurio e Cupido”.<br />
Apprezzatissimo per i suoi bronzetti da collezione, il Fanelli ricoprì anche, per la<br />
corte inglese, il ruolo di ritrattista, in busti bronzei di grande impegno tecnico ed<br />
esecutivo. Egli eseguì il piccolo busto di Carlo I che si rifà alla tradizione <strong>del</strong><br />
classicismo aulico cinquecentesco toscano, e l’unico ritratto firmato, il busto di<br />
Carlo, principe di Galles, il futuro Carlo II, eseguito per il duca di Newcastle.<br />
A questi splendidi ritratti si possono accostare i busti bronzei di lord R. Weston<br />
sul suo monumento sepolcrale nella cattedrale di Winchester e di R. Ayton sulla<br />
sua tomba nell’abbazia di Westminster. E’ opera <strong>del</strong> Fanelli anche la tomba<br />
Blackleech nella cattedrale di Gloucester. A causa <strong>del</strong>la guerra civile l’artista lasciò<br />
l’Inghilterra e si rifugiò a Parigi al seguito <strong>del</strong>la regina e <strong>del</strong> duca di Newcastle; tra<br />
il ’46 e il ’52 eseguì le decorazioni bronzee per lo stipo in legno e pietre dure<br />
acquistato a Firenze nel 1644 da J. Evelyn, ed oggi al Victoria and Albert museum.<br />
Il prezioso cabinet reca, sulla faccia interna <strong>del</strong>la porticina, una placca a<br />
bassorilievo con “Orfeo che ammansisce le belve”, e in facciata otto rilievi<br />
(Cinghiale, Cane, Cavallo, Toro, Vacca, Asino, Leone e Leonessa) con sfondi<br />
paesistici. Il Sandrart che possedeva alcuni bronzetti <strong>del</strong> Fanelli scrive che le<br />
fusioni erano tanto perfette da non avere bisogno di rifiniture a freddo.<br />
527
Alle placchette <strong>del</strong> cabinet si possono accostare alcuni splendidi bassorilievi<br />
bronzei laccati a vernice nera: un “ Orfeo” , dodici piccoli rilievi con animali (otto<br />
sono identici a quelli <strong>del</strong> cabinet) disposti attorno ad un’altra placca con Orfeo,<br />
“Cavallo che beve a una fonte”, e il bellissimo” Adamo ed Eva”. Queste opere che si<br />
possono attribuire con certezza al Fanelli sono in ordine cronologico le ultime che<br />
conosciamo <strong>del</strong>l’artista.<br />
Nel 1661furono pubblicate a Parigi le “Varie architetture di <strong>Francesco</strong> Fanelli<br />
fiorentino scultore <strong>del</strong> re <strong>del</strong>la Gran Bretagna”, ventuno tavole, incise, di fontane<br />
di gusto manieristico. Un anno prima Carlo II era tornato dall’esilio sul trono<br />
paterno e lo scultore riprese i contatti con la corte inglese. Le fontane e i ninfei<br />
che saranno pubblicati postumi a Parigi nei” Dessins de grotte”sono elaborati e<br />
raffinati progetti per l’arredo da giardino di residenze aristocratiche o regali. Fu<br />
proprio questa specializzazione ad aprirgli buone possibilità di lavoro a Londra,<br />
negli ultimi anni di vita, per una committenza laica particolarmente interessata al<br />
suo virtuosismo tecnico e al suo discorso culturale.<br />
Passando al secolo XVIII, ricordiamo che Giovanni Baratta scolpì due statue per il<br />
Blenheim Palace; tra gli stuccatori attivi in Inghilterra troviamo Giuseppe Artaria<br />
che con Jacopo Bagutti lavorò nella sala ottagonale di Orleans House<br />
(Twickenham), nelle chiese di St. Martin in the Fields e di S. Peter e nella villa di<br />
Chiswick a Londra; con lo stesso e con F. Serena nel palazzo e nella cappella di<br />
Conons (Middlesex); con gli stessi collaboratori e con F. Vassalli nel castello di<br />
Hagley; con il Bagutti e con il Franchini nel salone di Moor Park. Il Bagutti inoltre<br />
decorò il salone <strong>del</strong>la villa di Mereworth e il Senato <strong>del</strong>l’università di Cambridge.<br />
Il massimo esponente <strong>del</strong> gusto <strong>barocco</strong> nella <strong>scultura</strong> inglese fu J. Bushnell (sec.<br />
XVII) che operò per molti anni a Venezia e in altre parti d’Italia. C. G. Cibber,<br />
danese di nascita, dopo avere studiato a Roma, svolse la propria attività in<br />
Inghilterra (sec. XVII).F. Bird, decoratore <strong>del</strong>l’architetto Wren, fu allievo <strong>del</strong> Le Gros<br />
a Roma (sec. XVII-XVIII).<br />
Tra gli scultori fiamminghi e olandesi che si volsero a Roma e all’Italia,<br />
compiendovi lunghi soggiorni per studio, e in molti casi svolgendovi intensa<br />
attività, citiamo François Duquesnoy, detto <strong>Francesco</strong> Fiammingo, che si trasferì<br />
nel 1618 a Roma dove collaborò col Bernini e si legò di amicizia col Poussin,<br />
inserendosi presto con posizione di prestigio nella corrente classicista; attorno al<br />
1630 si dedicò alla statuaria di grandi dimensioni. Il fratello Gerôme il giovane fu<br />
a Roma e a Firenze e al contrario di François risentì <strong>del</strong>la <strong>scultura</strong> toscana più che<br />
di quella romana.<br />
Troviamo a Roma per studio (1648) J. Delcour che conobbe direttamente il<br />
Bernini; come allievi di Duquesnoy, R. Pauwels e A. Quellin il vecchio, influenzato<br />
528
dall’Algardi; J. Le Court che portò da Roma a Venezia i modi berniniani; M.<br />
Vervoort il vecchio ( o van der Voort) (sec. XVII- XVIII), a Roma per quattordici<br />
anni; L. Delvaux che, a Roma dal 1727 al ’33, eseguì molti lavori orientati verso<br />
forme classicheggianti; P. Verschaffelt che fu a Roma dal 1737 al ’51; G. Evrard<br />
che si perfezionò presso Giovan Battista Marini; Jacques Berger che, dopo gli studi<br />
a Parigi presso il Coustou, fece un viaggio di perfezionamento in Italia,e infine van<br />
der Bogaert ( Desjardins).<br />
Nei paesi <strong>del</strong>l’area germanica gli scultori e gli stuccatori italiani <strong>del</strong> <strong>periodo</strong><br />
<strong>barocco</strong> furono molto numerosi; cominciamo da quelli attivi durante il secolo XVII<br />
in Austria.<br />
Filiberto Pacobello, scultore a Judenburg e a Graz, scolpì la lapide di Andrea von<br />
Stubenberg a Frauenburg (1598), quella <strong>del</strong> barone di Teuffenbach nella chiesetta<br />
<strong>del</strong> paese omonimo (1616) e le armi sulla Porta Paolina a Graz (1616); a Moosburg<br />
eseguì il monumento di von Ernau.<br />
Giovan Battista Panigata fu scultore al servizio arciducale a Graz dal 1599.<br />
Giacomo Bertoletto firmò gli stucchi nella cappella di S. Gabriele a Salisburgo<br />
(1603); eseguì alcuni lavori nella cappella <strong>del</strong>la chiesa degli agostiniani nella<br />
stessa città; vi lavorarono anche Giacomo Passerino, Bernardo Pertival, Antonio<br />
Vasalio, stuccatori.<br />
Il Passerino e il Pertival fecero stucchi nella chiesa di Mülln(1610).<br />
Sebastiano Carlone decorò la casa <strong>del</strong>l’arciduchessa e fece gli stucchi nella<br />
cappella di corte a Graz e a Judenburg (1600-’05); nel ’03 ornò con tre fontane i<br />
giardini arciducali a Graz e mo<strong>del</strong>lò nel ’14 quattro angeli conservati nel museo<br />
<strong>del</strong>la città (vedi anche lez. n. 18).<br />
Battista Carlone il vecchio e Battista Carlone il giovane con Antonio Vasalio<br />
decorarono di stucchi, alle dipendenze di Sebastiano Carlone, la cappella di corte<br />
a Judenburg, in cui Stefano Carlone fece le opere in pietra.<br />
Antonio Crivelli fece le statue per l’altare maggiore nella chiesa di Hietzing (1607).<br />
Giovan Battista Spazio il vecchio scolpì varie statue per il giardino e per la chiesa<br />
di Kremsmünster (1600-’13) e per il convento di S. Floriano fece nel ’31 una pila<br />
per l’acqua benedetta.<br />
Giovan Battista Zelpi eseguì stucchi nel 1609 nella parrocchiale di Wiener-<br />
Neustadt.<br />
Lorenzo Oresco fece nel 1610 le due statue colossali poste davanti al mausoleo di<br />
Erhenhausen.<br />
Martino Pacobello creò la splendida tomba <strong>del</strong>l’abate Grimming nel duomo di<br />
Gurk (1612)( in Carinzia vi sono diverse lapidi uscite dalle sue mani), in Stiria<br />
scolpì la lapide Neumann nella chiesa dei cappuccini a Murau (1624) e la tomba<br />
529
<strong>del</strong> barone Stadl nel duomo di Graz; era un grande artista che sapeva unire il<br />
realismo a un profondo senso decorativo; morì assassinato nel 1630.<br />
Giovanni Mamolo eseguì le opere in pietra per la chiesa di S. Maria Ausiliatrice a<br />
Graz (1617) e quelle per la scala <strong>del</strong> cortile <strong>del</strong> palazzo provinciale (1630); sue<br />
sono anche le belle statue nelle nicchie <strong>del</strong>l’armeria di Graz (1648).<br />
Domenico Lagi lavorò a Graz e a Judenburg.<br />
Santino Solari scolpì per il giardino di Hellbrunn presso Salisburgo le statue di<br />
Orfeo ed Euridice, di Diana, <strong>del</strong>l’ Eroe, ecc.<br />
Bernardo Zanini e Girolamo Preosto fornirono altre statue.<br />
Giovanni Antonio Dario è forse l’autore <strong>del</strong>la fontana di S. Erentruda a Nonnberg;<br />
diresse le opere <strong>del</strong>la cappella <strong>del</strong>l’abbazia a Marbach, in cui gli altari laterali con<br />
le colonne in marmo che li fiancheggiano sono sua creazione; nel 1659 mise in<br />
opera la bellissima fontana <strong>del</strong>la Residenza a Salisburgo, forse eseguì le quattro<br />
statue <strong>del</strong>la facciata <strong>del</strong> santuario di Maria Plain presso Salisburgo; nel duomo di<br />
questa città mise in opera gli altari <strong>del</strong>le cappelle laterali.Nel convento di Sankt<br />
Florian sono suoi gli altari laterali.<br />
Andrea Retti e Giambattista Solla decorarono di stucchi alcuni corridoi <strong>del</strong><br />
convento di Klosterneuburg (1628).<br />
Lavorò a Vienna Roberto Gerardi.<br />
Giuliano Finelli è ritenuto l’autore <strong>del</strong> busto <strong>del</strong> cardinale Khlesl nel duomo di S.<br />
Stefano a Vienna (1635 circa).<br />
Giovanni Domenico Canevale lavorò a Vienna dal 1634.<br />
Giovanni Spazio scolpì la tomba <strong>del</strong> conte Verdenberg nella chiesa di S. Michele a<br />
Vienna (1633-’43), un epitaffio e due grandi stemmi per il convento di S. Floriano<br />
e l’ingresso monumentale <strong>del</strong>la chiesa di S. Volfango a Schlägl.<br />
Andrea Bertinali, stuccatore, decorò con Domenico e Giambattista Rosso, Giuliano<br />
Lezzeno e Carlo Pesarino la chiesa conventuale di Klosterneuburg (1638-’41).<br />
Giuseppe Pazerino decorò alcuni soffitti nel castello e nell’ospedale di Murau<br />
(1641).<br />
Jacopo Bolla scolpì le statue <strong>del</strong>la sala imperiale <strong>del</strong> convento di S. Lambrecht.<br />
Martino Sambrizzi lavorò nella chiesa <strong>del</strong>lo stesso convento e il Sandini ne eseguì<br />
il bel portone, disegnato forse dallo Sciassia (1645).<br />
Carlo Genol, aiuto <strong>del</strong> Sandini nei lavori per questo portone, nel 1665 creò una<br />
fontana monumentale per il parco di Eggenberg; fece dodici altari laterali e<br />
l’epitaffio <strong>del</strong>l’arcivescovo Szelepcheny nel santuario di Mariazell.<br />
Giovan Battista Cherubini lavorò nella sacrestia <strong>del</strong>l’abbazia di S. Lambrecht, nella<br />
ex- cappella <strong>del</strong> castello di Spielberg, nella chiesa dei gesuiti a Judenburg ( I e III<br />
cappella di sinistra).<br />
530
Abbondio e Jacopo Bolla eseguirono sculture nell’interno <strong>del</strong> santuario di<br />
Mariazell.<br />
Pietro Materna (o Maderno), scultore alle dipendenze dei principi di Liechtenstein,<br />
si specializzò nella creazione di fontane monumentali; ne fece a Eisgrub (1632), a<br />
Butschowitz (1635), a Feldsberg, assistito da <strong>Francesco</strong> Caratti (1644); dal ’48 in<br />
poi fornì le opere in pietra per il nuovo campanile gotico di Klosterneuburg.<br />
Giovanni Bovini, stuccatore, fu alle dipendenze degli stessi principi a Feldsberg<br />
(1640).<br />
In questo stesso centro Giovanni Tencala e Bernardo Bianchi presero parte ai<br />
lavori di decorazione <strong>del</strong>la chiesa(1650).<br />
Mattia Camin decorò con Taddeo Galli e Giovan Battista Cherubini la sala<br />
imperiale nel convento di Seckau; stuccò alcune stanze <strong>del</strong> convento di S.<br />
Lambrecht (1644); lo ritroviamo più tardi tra le maestranze italiane nel castello di<br />
Eggenberg(1667) con Alessandro Serenio; gli viene pure attribuita la parte<br />
decorativa <strong>del</strong>la sacrestia <strong>del</strong> duomo di Graz (1670).<br />
Bartolomeo Cometa fu scultore a Linz verso il 1650, in seguito lavorò in Boemia.<br />
<strong>Francesco</strong> Mangiotto, dopo essere stato per qualche anno in Olanda, passò in<br />
Austria nel 1651, fece un ritratto in avorio di Ferdinando III e il busto in pietra di<br />
Ferdinando IV; sue sono le statue <strong>del</strong> palazzo Abensberg-Traun e <strong>del</strong>la Favorita a<br />
Vienna (1658); il suo capolavoro è il busto di Ottavio Piccolomini, conservato nel<br />
convento dei serviti a Vienna; per il castello di Dresda,anni dopo, fece due statue<br />
di bronzo, “Giulio Cesare” e “Diana”.<br />
Lorenzo Canevale eseguì le decorazioni in stucco, con Giovanni Bovini, in varie<br />
stanze <strong>del</strong> convento di Spital am Pyhrn (1654), e con Teodoro Ferrada nel soffitto<br />
<strong>del</strong>la camera <strong>del</strong> tesoro; lavorò nel Landhaus di Linz, nella vecchia sacrestia<br />
<strong>del</strong>l’abbazia di Krems; eseguì stucchi nel palazzo <strong>del</strong> conte Thüreheim a Linz e<br />
lavorò a Graz e nell’abbazia di Lambach.<br />
Andrea Bertillotti eseguì stucchi nella cappella di S. Gregorio <strong>del</strong>la chiesa degli<br />
scozzesi a Vienna.<br />
Verso la metà <strong>del</strong> secolo lavorarono a Vienna Simone Allio, Bernardo Carlone e<br />
Giacomo Petrozzi.<br />
Donato Rava e Andrea Stella decorarono alcune stanze nel palazzo Lambach a<br />
Vienna.<br />
Giovanni Sperandio eseguì l’altare maggiore nella chiesa dei serviti a Innsbruck.<br />
A Tommaso Garono è attribuita la fontana <strong>del</strong>la residenza a Salisburgo (1661).<br />
Giovanni Rocco Bertoletti stuccò alcune stanze <strong>del</strong> tratto nuovo nel convento di S.<br />
Lambrecht (1662-’72), e altre nel Joanneum di Graz.<br />
531
Alessandro Serenio, dopo avere lavorato nel convento di S. Lambrecht (1664-’65),<br />
ebbe l’incarico di decorare il castello di Eggenberg (1667) e quello di Frauental;<br />
maestro e caposcuola di una generazione di stuccatori in Stiria, con Girolamo<br />
Rossi e A. Quadrio decorò la cappella di S. Caterina nel mausoleo di Ferdinando II<br />
a Graz.<br />
Giuseppe Serenio, forse fratello di Alessandro, eseguì alcuni stucchi nello stesso<br />
mausoleo (1668).<br />
Giovanni Pietro Bittini stuccò le volte <strong>del</strong> duomo di Klagenfurt (1668); gran parte<br />
<strong>del</strong> suo lavoro andò distrutto in un incendio.<br />
Giovanni Battista Colomba, scultore e stuccatore,da non confondersi col pittore<br />
omonimo, decorò il convento di Kremsmünster (1670), la chiesa di Ardagger<br />
(1678) e prese parte al rinnovamento di S. Floriano; gli stucchi nella chiesa di<br />
Waldhausen, una <strong>del</strong>le più aggraziate opere <strong>del</strong> Seicento in Austria, sono suoi<br />
(1667); con Giovanni Battista Barberino scolpì l’altare maggiore <strong>del</strong>la chiesa dei<br />
gesuiti a Linz, verso il ’68 andò in Polonia al servizio di G. Sobieski e vi morì. Lo<br />
stesso Barberino eseguì tra il 1670 e ’78 l gli stucchi <strong>del</strong>la chiesa dei serviti a<br />
Vienna.<br />
Giovanni Pietro Spazio, stabilitosi a Linz, ebbe incarichi dai conventi di<br />
Kremsmunster e di S. Floriano (1666); nel ’68 venne chiamato a Salisburgo per<br />
stuccare alcune stanze nel convento di S. Pietro, svolse pure attività di scultore e<br />
specialmente da lodare è la porta <strong>del</strong> ponte fatta per il convento di Kremsmünster<br />
(1669), eseguì l’altare maggiore <strong>del</strong>la chiesa di Schärding; prestò la sua opera<br />
durante l’ampliamento <strong>del</strong>la sala <strong>del</strong> consiglio nel palazzo provinciale di Linz<br />
(1672); aveva estese relazioni in tutta l’Austria e ciò spiega i suoi molteplici<br />
spostamenti; lavorò sino alle soglie <strong>del</strong> Settecento.<br />
Lorenzo Ferradini stuccò alcune sale nel palazzo provinciale di Graz (1677).<br />
<strong>Francesco</strong> Brenno ( o Brenni) nel 1678 eseguì gli stucchi nel presbiterio e nelle<br />
cappelle laterali <strong>del</strong> duomo di Herrenchiensee e nella cappella <strong>del</strong> castello di<br />
Hohenaschau; con il fratello Carlo Antonio e con Antonio Carabelli lavorò a<br />
Salisburgo nella chiesa dei teatini, nella residenza e nella chiesa di S. Erhardt<br />
(1686).<br />
Domenico Piazzoli ornò la volta <strong>del</strong>la chiesa di Klosterneuburg (1680).<br />
Gabriele Vittini fece i due portali decorativi <strong>del</strong> castello di Strasburg in Carinzia<br />
(1685-’86) nonché gli stucchi nella cappella (’88).<br />
Giovanni Giacomo Canevale, architetto e scultore, lavorò in Alta Austria e a Praga.<br />
Verso la fine <strong>del</strong> secolo lavorò a Salisburgo Ottavio Mosto; scolpì le statue <strong>del</strong>le<br />
quattro stagioni e dei quattro elementi nel giardino <strong>del</strong> castello di Mirabell; fu<br />
anche a Praga.<br />
532
Ricordiamo infine che scultori anonimi italiani decorarono la cappella laterale <strong>del</strong>la<br />
chiesa di S. Michele a Vienna, e che <strong>Francesco</strong> Segala, sansoviniano, eseguì a<br />
Venezia busti bronzei per la corte di Vienna.<br />
Nel secolo XVII la Germania accolse numerose opere che grandi scultori italiani<br />
eseguirono in patria per committenti tedeschi.<br />
<strong>Francesco</strong> Mochi (sec. XVI-XVII) scolpì una statua di S. Giovanni Battista per la<br />
chiesa di corte a Dresda.<br />
Alessandro Algardi (sec. XVI-XVII) scolpì una Deposizione in alabastro per la<br />
chiesa dei teatini di Monaco; gli si attribuisce un Crocifisso in avorio <strong>del</strong>la cappella<br />
<strong>del</strong>la residenza; altre sue opere sono a Monaco.<br />
Pietro Balestra (sec. XVII) scolpì alcune statue acquistate da Augusto II per Dresda<br />
e collocate nel parco detto Giardino grande; a Roma lavorò anche per la regina<br />
Cristina di Svezia.<br />
<strong>Francesco</strong> Baratta (sec. XVII), scultore di scuola berniniana, eseguì opere<br />
acquistate da Augusto II per Dresda e poste poi nel suddetto parco; nella chiesa<br />
cattolica di corte è una sua statua detta Maddalena penitente.<br />
A Breslavia (Wroclaw), nella cappella <strong>del</strong> duomo dedicata a s. Elisabetta di Turingia<br />
la statua <strong>del</strong>la santa è opera di Ercole Ferrata, collaboratore di Gian Lorenzo<br />
Bernini e di Alessandro Algardi; quella <strong>del</strong> cardinale von Essen- Darmstadt è di<br />
Domenico Guidi, allievo <strong>del</strong>l’Algardi (le due statue furono lavorate a Roma).<br />
Battista Passerini, uno dei primi scultori che diffusero il <strong>barocco</strong> <strong>del</strong>l’Italia<br />
settentrionale in Slesia, scolpì la mensa d’altare per la stessa cappella; gli stucchi<br />
sono opera di Santino Bussi e Giovanni Simonetti (vedi oltre); i marmi furono<br />
lavorati da italiani, perché l’architetto Scianzi aveva portato dall’Italia molti<br />
scalpellini e decoratori, tanto che questa cappella può essere definita un’opera<br />
tutta italiana.<br />
Molti furono gli scultori e gli stuccatori italiani <strong>del</strong> secolo XVII invitati in Germania<br />
da principi e prelati.<br />
Giovanni Antonio Castelli a Monaco decorò di stucchi l’antica cappella di corte<br />
(1614) e il corridoio di Carlotta nella Residenza; sono opera sua e <strong>del</strong> fratello<br />
Michele gli stucchi <strong>del</strong>la chiesa di corte di Neuburg, lavorò anche ad Amberg e nel<br />
palazzo reale di Charlottemburg.<br />
Alessandro Abondio dal 1632 al ’75 fu al servizio <strong>del</strong> principe elettore<br />
Massimiliano di Baviera, scolpì una Pietà per la chiesa <strong>del</strong>la Trinità a Monaco,<br />
lavorò anche in Austria e in Cecoslovacchia.<br />
Pietro Borselli intorno al 1644 scolpì la statua <strong>del</strong> principe elettore Giorgio I per la<br />
cappella dei principi sassoni a Freiberg.<br />
533
Carlo Brentano, stuccatore, decorò la chiesa <strong>del</strong>lo Spirito Santo a Norimberga<br />
(1662), il castello di Plassenburg presso Kulmbach, lavorò a Monaco, a Bayreuth, a<br />
Magonza (nella chiesa dei teatini); a Norimberga eseguì gli stucchi nella casa<br />
Fembo, nella casa Hertel e nell’albergo Krokodil; anche suo fratello Giovan Battista<br />
lavorò in Germania.<br />
Giovanni Battista Allio(o Aglio), <strong>del</strong>la famiglia originaria di Scaria presso Como,<br />
decorò la cappella <strong>del</strong>l’orfanotrofio di Passavia, la chiesa di Aich e l’abbazia di<br />
Nieder Altaich, una <strong>del</strong>le più interessanti testimonianze <strong>del</strong> <strong>barocco</strong> in Germania.<br />
Agostino Barelli, chiamato a Monaco dai sovrani, l’elettore Ferdinando Maria e la<br />
consorte A<strong>del</strong>aide Enrichetta di Savoia,decorò l’appartamento papale <strong>del</strong>la<br />
Residenza (1665).<br />
Presso gli stessi operò Antonio Pistolini; per la principessa costruì il teatro<br />
<strong>del</strong>l’Opera di corte, nel quale in origine cantarono solo artisti italiani (oggi di esso<br />
esistono solo le rovine nella Residenza), e decorò di stucchi l’appartamento(1665).<br />
Giovan Battista Carlone di Scaria per commissione <strong>del</strong> vescovo-conte G. F.<br />
Lamberg eseguì stucchi nel palazzo vescovile, nel nuovo duomo e nella chiesa di<br />
S. Michele a Passavia (1668-’78); nelle opere <strong>del</strong> duomo (nel coro, nella cupola e<br />
nel transetto) ebbe come collaboratore Paolo d’Aglio (Allio) , fece anche l’altare di<br />
Maria Vergine, dei SS. Giovanni e Paolo e di S. Caterina; inoltre fece tre altari e<br />
molti stucchi nella cappella di corte; lavorò anche nelle chiese di Waldsassen, di<br />
Vilshofen, di Straubing e di Langwinkl; ad Amberg con Domenico Antonio Carlone<br />
decorò la chiesa <strong>del</strong>le salesiane e di S. Maria <strong>del</strong> Soccorso; con Bartolomeo<br />
Carlone, Domenico Garon e Gian Pietro Camuzi decorò la chiesa benedettina di<br />
Garsten;operò anche in Boemia e in Austria. Con lui appare il tipo degli stucchi<br />
“carloneschi” che, non alterando le linee architettoniche, costituiscono una<br />
fioritura ornamentale (grosse fronde d’acanto e festoni di fiori e frutta) intorno ad<br />
esse.<br />
Paolo Allio eseguì anche le sculture <strong>del</strong>l’altare <strong>del</strong> monastero di Lambach, l’altare<br />
maggiore <strong>del</strong>la chiesa di Amberg, stuccò alcune sale e la cappella <strong>del</strong>la residenza<br />
vescovile a Passavia, la chiesa dei carmelitani a Straubing, la chiesa parrocchiale di<br />
Donnelstadt; altri stucchi sono nella chiesa dei serviti a Rattenberg e nel convento<br />
dei pauliani a Donnelstadt ( per la sua collaborazione con Diego <strong>Francesco</strong><br />
Carlone vedi avanti). Gli si attibuiscono stucchi nella nuova sacrestia <strong>del</strong>l’abbazia<br />
di Kremsmunster e nel monastero di S. Florian.<br />
Carlo Antonio Carlone eseguì stucchi nella chiesa dei gesuiti, dei SS. Pietro e<br />
Paolo, degli agostiniani a Passavia, decorò fastosamente la chiesa di<br />
Baumgartenberg, lavorò anche ad Altötting e in altre città tedesche.<br />
534
Bartolomeo Carlone eseguì stucchi nella chiesa <strong>del</strong> convento di S. Floriano in<br />
Austria, nella chiesa <strong>del</strong>le orsoline a Linz, lavorò a Mauthausen, Innsbruck e<br />
Kremsmünster (sec. XVII-XVIII). In Austria fu anche Domenico Antonio Carlone.<br />
Gian Pietro Camuzi fu stuccatore di corte a Passavia; nella residenza vescovile<br />
decorò la sala grande e la biblioteca; fece l’altare <strong>del</strong>la chiesa di N. S. <strong>del</strong> Soccorso<br />
a Vilshofen, lavorò nella cappella <strong>del</strong> castello di Katzenberg e nel convento degli<br />
agostiniani a Suben.<br />
Pietro Giuliani collaborò nel 1670 alla decorazione in stucco <strong>del</strong> castello di<br />
Osnabrück con Domenico Rosso.<br />
Giovan Battista Tornielli fece lavori in stucco nel castello di Celle e in quello di<br />
Schwedt dal 1670 al ’83.<br />
Giovanni Materno, stuccatore, dopo il 1672 con Domenico Galli e Antonio Travelli<br />
(o Trevelli) decorò il castello di caccia di Moritzburg presso Dresda.<br />
Il Travelli con il fratello Jacopo stuccò la navata sinistra <strong>del</strong>la chiesa di S. Stefano a<br />
Bamberga e la chiesa di Kesseldorf.<br />
Carlo Angelini,che lavorò ad Eichstätt e Schleissheim, scolpì gli altari <strong>del</strong>la chiesa<br />
di S. Valpurga nella prima città.<br />
Domenico Martinelli verso il 1675 lavorò come stuccatore ad Altötting, disegnò un<br />
altare per il duomo di Passavia e fece progetti per la residenza di Düsseldorf e il<br />
castello di Hei<strong>del</strong>berg.<br />
Passiamo ora ad elencare altri scultori e stuccatori italiani attivi in Austria e in<br />
Germania tra gli ultimi decenni <strong>del</strong> secolo XVII e i primi <strong>del</strong> successivo, e quelli<br />
vissuti nel ‘700 , ricordando che sempre più da adesso fino all’inizio <strong>del</strong> secolo<br />
XIX, grazie al mecenatismo dei principi, alle decorazioni dei castelli si aggiunsero<br />
quelle sontuose di ville e giardini. Specialmente in Germania la nuova tecnica<br />
decorativa con lo stucco ha dato caratteristiche nuove a intere città; scriveva da<br />
Lipsia nel 1729 uno stuccatore italiano:”… mai lavorare in paesi umidi durante<br />
l’inverno, lo stucco non si lascia praticare, tarda ad aver presa…”; così nei mesi<br />
più caldi erano innumerevoli gli artisti chiamati dall’Italia, che, lavorando con<br />
grande abilità tecnica e genio inventivo, hanno lasciato testimonianza notevole<br />
nelle più importanti chiese e nei palazzi sontuosi <strong>del</strong> <strong>periodo</strong> rococò. A<br />
Wessobrunn verso la fine <strong>del</strong> secolo XVII sorse un’importante scuola di<br />
mo<strong>del</strong>lazione; partendosi da questo piccolo centro bavarese dove, ad opera <strong>del</strong>le<br />
famiglie di plasticatori <strong>del</strong> nord-Italia, vivissimi erano giunti gli influssi <strong>del</strong>le<br />
decorazioni italiane, gli stuccatori tedeschi divulgarono i motivi stilistici e<br />
iconografici <strong>del</strong> Rococò in tutta Europa, a Berlino, ad Amsterdam, a Varsavia, a<br />
Parigi (I più grandi <strong>del</strong> secolo XVIII, i celebri fratelli Asam, possono considerarsi<br />
scolari fe<strong>del</strong>i degli italiani).<br />
535
Enrico Zuccalli (sec.XVII-XVIII), celebre anche come architetto, diresse i lavori di<br />
decorazione interna dei castelli di Leonsberg e Straubing, <strong>del</strong>l’appartamento <strong>del</strong><br />
capitolo di Altötting, <strong>del</strong> convento di S. Michele a Monaco ( cappella dei prelati e<br />
refettorio) con Gian Battista Brenno (o Brenni) e con <strong>Francesco</strong> Maderni; decorò<br />
con ricchissimi stucchi l’abbazia di Ettal.<br />
Cristoforo Zuccalli lavorò nel 1686 nella chiesa di S. Vito a Bürghausen, nella<br />
chiesa <strong>del</strong>l’Assunzione a Bodenkirchen, nel castello di Schleissheim e a<br />
Norimberga.<br />
Giovan Battista Zuccalli fu stuccatore a Monaco e ad Altötting. Giovanni Domenico<br />
Zuccalli lavorò a Monaco; Clemente Giuseppe Zuccalli, figlio di Enrico, architetto e<br />
stuccatore a Monaco, fu anche consigliere di corte dopo il 1715.<br />
Giovanni Simonetti (1652-1716), architetto di corte a Praga e a Zerbst, come<br />
stuccatore lavorò a Lipsia decorando l’esterno e l’interno <strong>del</strong> palazzo <strong>del</strong>la<br />
Vecchia Borsa, nei castelli di Anhalts, Coswik, Zerbst e Barby sull’Elba, e<br />
nell’antica Residenza di Berlino; a Francoforte decorò di stucchi la casa dei<br />
Giovanniti, a Friedrichstadt il palazzo Czernin, e a Zerbst la chiesa <strong>del</strong>la Trinità;<br />
lavorò anche in Boemia.<br />
Santino Bussi (o Busi) decorò lo scalone <strong>del</strong> castello di Ansbach, fu chiamato a<br />
Vienna da Eugenio di Savoia e per lui decorò il palazzo di città; tra il 1695 e il<br />
1704 stuccò gran parte degli interni <strong>del</strong> palazzo Liechtenstein con Alberto<br />
Camesina (vedi oltre), lavorò nei palazzi Harrach e Schwarzenberg, nella chiesa di<br />
S. Pietro (su mo<strong>del</strong>li <strong>del</strong> genero Antonio Galli Bibiena); eseguì gli stucchi <strong>del</strong>la sala<br />
terrena e <strong>del</strong>la facciata <strong>del</strong> castello Mirabell a Salisburgo con Alberto Camesina;<br />
con un Castelli e con <strong>Francesco</strong> Maderni lavorò nel convento di S. Floriano a Enns,<br />
decorando lo scalone; nella chiesa abbaziale di Dürnstein, nell’abbazia di Melk,<br />
nel monastero di Klosterneuburg, nella chiesa <strong>del</strong> monastero di S. Dorotea; nel<br />
1714 fu nominato stuccatore di corte. I lavori a Klosterneuburg furono ultimati dal<br />
fratello Antonio Gaetano.<br />
Alberto Camesina a Vienna stuccò i soffitti <strong>del</strong>la residenza di corte(essi<br />
costituiscono pietre miliari nel processo evolutivo che dalla ornamentazione<br />
“Berain” francese porta alla decorazione a nastro tedesca ); verso il 1720 fu<br />
nominato stuccatore di corte, lavorò per molti anni al castello imperiale e in<br />
dimore principesche, decorò la biblioteca di corte, la sala <strong>del</strong> consiglio <strong>del</strong><br />
municipio, eseguì stucchi nella chiesa di S. Pietro, nella chiesa <strong>del</strong>l’Ordine<br />
teutonico, nella chiesa di S. Carlo.<br />
Marcantonio Spazio lavorò per le chiese di Seitenstetten e di Paura presso<br />
Lambach.<br />
536
Cristoforo, Sebastiano e Teodoro Benedetti, scultori e architetti, produssero altari,<br />
pergami e statue per le chiese di Innsbruck; Cristoforo eresse la colonna di S.<br />
Anna nel centro <strong>del</strong>la città.<br />
Giovanni Giuliani fece alcune statue nel convento di Heiligenkreuz, l’altare <strong>del</strong>la<br />
chiesa e gli stalli <strong>del</strong> coro, lavorò in vari palazzi di Vienna.<br />
Nel 1703 fu a Vienna Andrea Pozzo che progettò l’altare maggiore per la chiesa<br />
dei francescani e per quella dei gesuiti.<br />
Gian Battista Brenno (o Brenni), stuccatore, ad Altötting fece le decorazioni<br />
<strong>del</strong>l’altare maggiore e di quelli <strong>del</strong>la Madonna e <strong>del</strong>la Croce e il pulpito; con<br />
<strong>Francesco</strong> Brenno, suo parente, decorò nell’abbazia di Ebrach in Franconia la<br />
parete meridionale <strong>del</strong> transetto, il portale <strong>del</strong>la sacrestia, fece il monumento al<br />
primo abate, decorò il chiostro e la sala capitolare, l’altare di S. Giovanni e sette<br />
altari nell’abside.<br />
Carlo Enrico Brenno fece la lapide dei coniugi Ahlefeld nel duomo di Amburgo ed<br />
eseguì decorazioni nel castello di Eutin presso Lubecca.<br />
Giovanni Prospero Brenno lavorò a Wurzburg, nella sala <strong>del</strong> Rathaus, nella chiesa<br />
dei teatini e in quattro sale <strong>del</strong>la Residenza di Monaco.<br />
Giovanni Carveri, stuccatore, decorò il castello di Weissenfels e fu poi chiamato a<br />
Lipsia per eseguirvi importanti lavori; decorò anche il castello di Köpenick.<br />
Giovan Battista Caveani, stuccatore,nel 1689 lavorò nella chiesa <strong>del</strong> castello di<br />
Eisenberg in Sassonia-Altenburg.<br />
Bartolomeo e Carlo Domenico Lucchesi, fratelli, detti anche Luchese, stuccatori,<br />
decorarono il convento Speinshart (1696), nel ’98 a Coburgo il salone <strong>del</strong>la<br />
Ehrenburg e la chiesa di corte, nel 1701 la chiesa di S. Maurizio sempre a<br />
Coburgo.<br />
Carlo Antonio Bussi, stuccatore, decorò la chiesa di S. Stefano e la Residenza di<br />
Passavia.<br />
Dossa Grana, stuccatore, decorò la Galleria <strong>del</strong> castello di Herrenhausen, forse<br />
lavorò nel castello di Linden e a Hannover; fu suo collaboratore Pietro Rosso.<br />
Giacomo Perinetti, stuccatore, decorò i castelli di Leinen e Osnabrück e il palazzo<br />
<strong>del</strong>la duchessa di Brunschweig a Lüneburg.<br />
Giovanni Domini, stuccatore, decorò la Residenza e il monastero <strong>del</strong>le suore di<br />
Nie<strong>del</strong>nburg a Passavia, e la chiesa di N. S. <strong>del</strong> Soccorso a Vilshofen.<br />
<strong>Francesco</strong> Vassallo, stuccatore, decorò le cappelle laterali <strong>del</strong> duomo di Eichstätt.<br />
Jacopo Botta, stuccatore, verso la fine <strong>del</strong> ‘600 decorò la chiesa degli Scalzi e la<br />
Borsa di Lipsia.<br />
Gioacchino Fortini eseguì il monumento funebre <strong>del</strong> capitano von Hochkirchen nel<br />
duomo di Colonia.<br />
537
Giovanni Baratta scolpì per il re di Prussia alcune urne marmoree e fu attivo<br />
presso numerose corti europee.<br />
Tommaso Righi, scultore, eseguì decorazioni plastiche nel castello di Marienburg<br />
a Würzburg; lavorò molto in Polonia.<br />
Giuseppe Magio decorò di stucchi il Ballhaus di Amburgo e il castello di Gottorp.<br />
Valentino Pezzani decorò l’interno <strong>del</strong>la Neumünsterkirche a Würzburg.<br />
Antonio Rizzi operò a Vilshofen, a Münster e in Svizzera.<br />
Giovanni Antonio Viscardi decorò la chiesa di S. Salvatore ad Augusta.<br />
I Catenacci (Cadenazzi) furono stuccatori attivi nei territori dei principi vescovi di<br />
Bamberga e dei margravi di Brandeburgo-Bayreuth. Domenico di Giuseppe tra il<br />
1699 e il 1735 risiedeva principalmente a Bamberga; gli sono attribuite le<br />
decorazioni in stucco di soffitti nelle nuova residenza. Andrea Domenico è<br />
documentato a Bamberga e a Bayreuth; tra i suoi lavori ricordiamo gli stucchi nella<br />
sala a cupola <strong>del</strong> castello di caccia di Thiergarten (1720), soffitti <strong>del</strong> vecchio<br />
Rathaus di Bayreuth (1725), parrocchia luterana a Gefree (1727). Nel vecchio<br />
castello <strong>del</strong>l’Eremitage gli viene attribuita la sala di marmo; la decorazione nel<br />
castello <strong>del</strong>l’Ordine di S. Giorgio e in alcune case borghesi di Bayreuth, la ricca<br />
ornamentazione <strong>del</strong> palazzo già von Egloffstein ad Erlangen forse sono sue.<br />
Attorno al 1735 lavorava allo scalone e alla cappella <strong>del</strong>la Vergine nel convento di<br />
Michelfeld.Egli introdusse a Bayreuth il Ban<strong>del</strong>werk, ma lavorò lo stucco anche in<br />
stili e gusti diversi. I Catenacci lavorarono anche in Polonia e in Boemia.<br />
<strong>Francesco</strong> Guarnieri, chiamato nel 1701 a Kassel dal langravio <strong>del</strong>l’Assia per<br />
portare a termine l’impianto <strong>del</strong>le cascate sul Karlsberg, vi lavorò fino al 1715;<br />
immaginò un ottagono, il giganteschloss a blocchi squadrati, da cui doveva<br />
scaturire una grande cascata, nella residenza estiva <strong>del</strong>l’elettore, detta la<br />
Wilhelmshöhe con i famosi giochi d’acqua e gli splendidi giardini, opera <strong>del</strong>lo<br />
stesso artista; sopra l’ottagono fu costruita una piramide, tra il 1713 e il ’15,<br />
coronata da una grande statua di Ercole Farnese, di rame sbalzato, disegnata<br />
dallo stesso Guarnieri. La piramide fu scolpita in un blocco di marmo dal Naldini<br />
(1726).<br />
Giovanni Pietro Magno decorò di stucchi molte sale <strong>del</strong>la Residenza, nonché il<br />
duomo di S. Chiliano (1702-’04) e l’ospedale Giulio di Wurzburg con la<br />
collaborazione di Carlo Antonio Castelli.<br />
Giovanni Pietro Castelli decorò di stucchi la cappella di S. Michele a Godesberg, il<br />
castello <strong>del</strong>la residenza a Bonn, il castello e la grotta di Eisenach, la Schönhaus e il<br />
palazzo ducale di Altenburg, il castello di Weissenfels e quello di Armstadt con la<br />
collaborazione <strong>del</strong> fratello Carlo Antonio, il castello di Werneck, la grotta di<br />
Gotha-Friedrichsthal, il palazzo <strong>del</strong> governo a Erfurt, il castello di Clemensruhe a<br />
538
Poppelsdorf e quello di Steinbach an Main; nella città di Wurzburg con la<br />
collaborazione <strong>del</strong> fratello Carlo Antonio e di Paolo Girolamo Brenni decorò molte<br />
sale <strong>del</strong>la Residenza.<br />
Carlo Antonio Castelli lavorò anche a Friedenthal e nel castello di Osterstein a<br />
Gera.<br />
Giovan Battista Morsegno collaborò dal 1700 al ’14 alla decorazione<br />
<strong>del</strong>l’ospedale Giulio e <strong>del</strong>l’appartamento <strong>del</strong> vescovo-principe a Wurzburg. Nei<br />
lavori <strong>del</strong>l’ospedale fu anche <strong>Francesco</strong> Carlo Moresco.<br />
I figli di Giovanni Pietro Castelli, Carlo Pietro e Giovanni Domenico, nel 1723<br />
insieme con i fratelli Morsegno fondarono la bottega “ Castelli e Morsegno”, attiva<br />
in Renania tra il 1728 e il ’52; essi lavorarono nel castello di Brühl, nella Residenza<br />
di Bonn con il padre, nel castello di Nordkirchen, nel castello di caccia di<br />
Falkenlust presso Bonn, nel palazzo Thurm und Taxis a Francoforte, nel castello<br />
di caccia di Clemenswerth e a Padeborn.<br />
Antonio Leoni dal 1704 al ’06 fu a Düsseldorf alla corte di Giovanni Guglielmo;<br />
molte sue sculture in avorio sono a Monaco.<br />
Gabriele Minetti, stuccatore, decorò nel 1704 una chiesa di Schandau.<br />
<strong>Francesco</strong> Marazzi decorò di stucchi il castello Lustheim a Schleissheim, la chiesa<br />
e il convento dei benedettini a Irsee (1707) e il convento dei premonstratensi a<br />
Weissensee.<br />
Giovan Battista Artaria ( o Artario) lavorò a Hadamar, nel castello di Rastatt, con<br />
Giovan Battista Genone, e nella Hofkirche, dove eseguì tra l’altro la “Maria in<br />
gloria” per l’altare maggiore; nel 1707 con un artista tedesco eseguì per il vescovo<br />
Schleipas la quasi totalità <strong>del</strong>le decorazioni nel duomo di Fulda, tra cui le quattro<br />
figure colossali dei Padri <strong>del</strong>la Chiesa nel coro, la “Ecclesia” <strong>del</strong>l’altare di S.<br />
Benedetto, il gruppo <strong>del</strong>la Trinità sopra l’altare maggiore; decorò le cappelle di S.<br />
Andrea e di S. Giovanni; tra il ’20 e il ’30 eseguì le decorazioni <strong>del</strong>la cupola <strong>del</strong><br />
duomo di Aquisgrana.<br />
Giuseppe Artaria ( o Artario) decorò di stucchi il castello e il padiglione di caccia a<br />
Brühl con Giuseppe Brilli e Carlo Morsegno, l’università di Bonn, la chiesa di S.<br />
Clemente e il palazzo Erbdrostenhof a Münster, fu poi chiamato alla corte <strong>del</strong><br />
principe elettore di Colonia; con Carlo Morsegno e con i fratelli Castelli decorò a<br />
stucco il castello di Poppelsdorf a Bonn e una casa nel Kettenplatz di Padeborn;<br />
operò anche in Olanda e in Inghilterra.<br />
Giuseppe Brilli scolpì alcune statue per il castello di Brühl.<br />
Lorenzo Mattielli fu il più geniale degli scultori italiani <strong>del</strong> <strong>periodo</strong> <strong>barocco</strong><br />
operanti all’estero; nel 1712 era a Vienna, nel ’14 lavorava per l’imperatore come<br />
scultore di corte. Le sue principali opere sono: il portale <strong>del</strong> palazzo imperiale, la<br />
539
vasca nel palazzo Daun-Kinsky, la fontana “Il ratto di Proserpina” e altre sculture<br />
nel parco Schwarzenberg, numerose statue e decorazioni nella chiesa di S. Carlo,<br />
il gruppo di Ercole nella Hofburg, la statua di s. Michele e altre sculture<br />
nell’omonima chiesa. Il Mattielli fuori Vienna eseguì <strong>del</strong>le statue nel castello di<br />
Eckartsau, figure di “Atlanti” a Klosterneuburg, di santi per l’altare di Lambach e<br />
per il convento di Melk, altre statue per il santuario di Mariazell e per il castello di<br />
Florisdorf; nel ’38 si trasferì a Dresda, ove fu nominato ispettore <strong>del</strong>le statue<br />
antiche e moderne; scolpì con gli aiuti le 78 statue bronzee di santi all’esterno<br />
<strong>del</strong>la grandiosa chiesa cattolica di corte, fece la fontana <strong>del</strong> palazzo Marcolin,<br />
alcune statue per il parco di Mosziuka, altre per il palazzo di Brühl e fontane per il<br />
giardino, e infine sculture per la chiesa <strong>del</strong> castello e per il giardino Hubertsburg.<br />
Per l’attività in Boemia vedi avanti.<br />
Giovan Battista Clerici collaborò alla decorazione in stucco <strong>del</strong>la Residenza di<br />
Schwetzingen, <strong>del</strong>la villa elettorale di Schilpert e <strong>del</strong> vecchio palazzo municipale di<br />
Mannheim, nel quale eseguì anche altri lavori; operò ad Hei<strong>del</strong>berg nel 1715 e a<br />
Lubecca.<br />
Giuseppe Volpini fu dapprima alla corte <strong>del</strong> margravio di Brandeburgo, poi<br />
scultore di corte a Monaco (1715- ’29), dove eseguì con Lauro Bigarello un busto<br />
marmoreo di Massimiliano Filippo Girolamo; molte sue opere sono a<br />
Nymphenburg; scolpì inoltre la statua di s. Maddalena nella cappella omonima , le<br />
statue, i putti <strong>del</strong>la cascata nel parco, decorò di stucchi la Residenza di<br />
Schleissheim.<br />
Lauro Bigarello lavorò a Monaco dove decorò l’appartamento <strong>del</strong>l’Elettore nella<br />
Residenza e l’altare maggiore nella chiesa di S. Spirito.<br />
Abbondio e <strong>Francesco</strong> Minetti tra il 1716 e il ’18 decorarono di stucchi la chiesa<br />
<strong>del</strong> castello di Erfurt e alcune sale <strong>del</strong> castello di Zerbst.<br />
Donato e Giuseppe Frisoni, molto celebre come architetto, fu anche grande<br />
decoratore poiché dette i disegni per molti lavori che altri italiani sotto la sua<br />
guida eseguirono; così nel castello e nella chiesa di corte di Ludwigsburg e nella<br />
chiesa <strong>del</strong> convento di Weingarten, e in molti altri lavori.<br />
Suo collaboratore fu nella costruzione e nella decorazione <strong>del</strong> castello di<br />
Ludwigsburg Paolo Retti ( o Reti) che lavorò come stuccatore anche nel castello di<br />
Heimsheim.<br />
Donato Riccardo Retti, anche architetto, decorò di stucchi i castelli di Ludwigsburg<br />
e di Ettlingen e il convento di Frauenalb; forse lo si può identificare con quel Retti,<br />
stuccatore, che nel 1723 collaborava alla decorazione <strong>del</strong> castello di Mannheim;<br />
lavorò anche ad Ellwangen nella chiesa di S. Vito con Emanuele Pighini.<br />
540
Carlo Ferretti, dopo avere collaborato alla costruzione <strong>del</strong> castello di Ludwigsburg,<br />
scolpì un busto (1717) <strong>del</strong> margravio Guglielmo Federico, collocato nel castello di<br />
Ansbach, e molte opere per il castello di Monrepos a Egglosheim; collaborò alla<br />
decorazione <strong>del</strong> padiglione”Favorite” (piccolo castello) di Ludwigsburg (le statue<br />
degli dei fluviali nel giardino).<br />
Giacomo Antonio Corbellini, dopo avere ornato di stucchi verso il 1717 il castello<br />
di Ludwigsburg e il padiglione “Favorite, lavorò sotto la guida <strong>del</strong> cognato Frisoni<br />
a decorare la badia di S. Benedetto a Weingarten nel ’18; fu abile come imitatore<br />
di marmi nella marmorsalette, nel marmorkabinett, nella cappella, nella sala ovale<br />
dei cavalieri, nella galleria degli antenati <strong>del</strong> castello di Ludwigsburg; lavorò anche<br />
ad Ansbach ( vedi oltre).<br />
Tra i collaboratori <strong>del</strong> Frisoni ricordiamo anche gli stuccatori Carolini e Soldati.<br />
Diego <strong>Francesco</strong> Carlone, figlio di Giovan Battista, lavorò per il vescovo-principe<br />
di Passavia, per il duca di Württemberg e per il conte di Ansbach; eseguì le statue<br />
<strong>del</strong>l’altare maggiore nella chiesa dei gesuiti a Passavia, gli stucchi in sedici sale<br />
<strong>del</strong> palazzo von Grävenitz a Stoccarda, l’altare maggiore <strong>del</strong> santuario di<br />
Gartlberg; sotto il Frisoni decorò la cappella <strong>del</strong> castello di Ludwigsburg, la sala<br />
ovale, il vestibolo, altre sale minori, mentre il fratello Carlo Innocenzo eseguiva gli<br />
affreschi (vedi avanti). Nella chiesa di Weingarten fece gli altari minori e scolpì le<br />
sculture <strong>del</strong>l’altare maggiore; con il Corbellini e con il fratello Carlo Innocenzo<br />
eseguì diverse opere nel castello di Ansbach (gli stucchi nella sala <strong>del</strong>le feste, nel<br />
corpo di guardia, nel vestibolo, nello scalone e in altri ambienti); decorò<br />
l’appartamento <strong>del</strong> capitolo di Altötting. In Austria fece decorazioni nel refettorio<br />
d’estate <strong>del</strong>l’abbazia di Kremsmünster, nella sacrestia <strong>del</strong>la parrocchiale di Mülln;<br />
eseguì bassorilievi e statue di stucco, grandi al naturale, nelle camere imperiali<br />
<strong>del</strong>l’abbazia e nella cappella dei prelati di S. Floriano; con Paolo d’Aglio lavorò<br />
nella chiesa dei carmelitani a Linz, nel convento benedettino di Lambach, nel coro<br />
<strong>del</strong>la collegiata di Salisburgo, nello scalone <strong>del</strong> castello di Klesheim (scalone e<br />
alcune sale). In Svizzera eseguì undici statue per la santa cappella <strong>del</strong>la chiesa di<br />
Einsie<strong>del</strong>n; con il fratello Carlo Innocenzo fece sedici statue di santi sugli otto<br />
altari, con statue allegoriche in stucco, due grandi tavole ad altorilievo in stucco al<br />
posto <strong>del</strong>le pale d’altare, due grandiosi monumenti funebri in stucco per abati e<br />
religiosi <strong>del</strong>l’abbazia di Einsie<strong>del</strong>n.<br />
<strong>Francesco</strong> Appiani prese parte alla decorazione in stucco <strong>del</strong>la chiesa dei<br />
cistercensi e <strong>del</strong> cosiddetto Bürgersaal di Monaco, a quella <strong>del</strong>la chiesa di N.<br />
Signora <strong>del</strong> Soccorso a Freystadt, <strong>del</strong> refettorio dei premonstratensi a<br />
Obermarchtal, <strong>del</strong>la biblioteca dei cistercensi a Waldsassen, <strong>del</strong>la chiesa di corte a<br />
Fürstenfeld (1718-’41).<br />
541
Giacomo Appiani, stuccatore, collaborò con <strong>Francesco</strong> ai lavori <strong>del</strong>la chiesa di<br />
Fürstenfeld; nel ’23 decorò il soffitto <strong>del</strong>la sala <strong>del</strong> mulino, ora distrutta, nel<br />
convento di Rheinau.<br />
Antonio Bellona intorno al 1723 ornò di stucchi la volta <strong>del</strong>la chiesa di S.<br />
Tommaso a Lipsia.<br />
<strong>Francesco</strong> Pedetti nel 1725 scolpì il pulpito <strong>del</strong>la chiesa <strong>del</strong>a Trinità a Worms sul<br />
Reno.<br />
<strong>Francesco</strong> Silva lavorò a Dresda, a Bonn e a Colonia; qui fu scultore di corte <strong>del</strong><br />
principe elettore fino al 1727.<br />
Tommaso Vesalli decorò nel 1728 la grande sala e la sala bianca nel municipio di<br />
Aquisgrana.<br />
Gaspare Mola lavorò per i conventi di Ottobeuren e Wiblingen (1732); operò anche<br />
a Ochsenhausen dove decorò di stucchi la chiesa.<br />
Tommaso Gavoni ed Emanuele Pighini decorarono di stucchi l’atrio <strong>del</strong> municipio<br />
di Hall.<br />
Antonio Corradini, recatosi a Vienna nel 1731, vi scolpì “ Lo sposalizio di Maria”<br />
nella fontana <strong>del</strong>l’Hohen Markt; in seguito, a Dresda, eseguì gruppi decorativi per<br />
il giardino grande; suoi lavori sono anche in Spagna, Grecia e Inghilterra.<br />
Antonio Giuseppe Bossi nell’abbazia di Ottobeuren decorò l’anticamera <strong>del</strong> salone<br />
imperiale, il vano-scala presso la cappella di S. Benedetto e il vestibolo <strong>del</strong>la<br />
cappella <strong>del</strong>l’abate; gli sono attribuiti gli stucchi <strong>del</strong> soffitto nella stanza<br />
<strong>del</strong>l’Amigoni. Furono suoi aiuti <strong>Francesco</strong> e Antonio Quadri e Giovan Battista<br />
Pedrozzi; gli ultimi due lo seguirono a Wurzburg, nel 1735, dove altri italiani<br />
figurano tra i suoi collaboratori come Ignazio e Carlo Bossi e Giuseppe Vannino.<br />
Qui l’artista, nominato stuccatore di corte, diresse per molti anni una grande<br />
impresa artigianale,ove impiegò spesso più di quaranta persone; fu un caposcuola<br />
<strong>del</strong>l’arte decorativa locale, seguito da molti imitatori, che seppe unire alla<br />
tradizione plastica <strong>del</strong>l’Italia settentrionale motivi <strong>del</strong> nord Europa.La decorazione<br />
<strong>del</strong>la Residenza di Wurzburg assorbì gran parte <strong>del</strong>l’attività <strong>del</strong> Bossi; egli lavorò<br />
al settore superiore <strong>del</strong>la decorazione interna <strong>del</strong>la chiesa di corte, nella sala <strong>del</strong>le<br />
udienze, nella camera da letto, nella prima stanza d’Alessandro, nella galleria,<br />
nella sala bianca, nello scalone principale, nelle stanze verso il giardino e nella<br />
sala imperiale; decorò il soffitto <strong>del</strong>la sala da pranzo e quello <strong>del</strong> gabinetto degli<br />
specchi,fece gli altari superiore e laterali <strong>del</strong>la chiesa di corte.<br />
Nella stessa città di Wurzburg decorò la cappella Schönborn, il coro <strong>del</strong>la chiesa<br />
domenicana, le stanze di rappresentanza <strong>del</strong>l’ospedale Giulio, la “Madonna” in<br />
Karmelitangasse,la facciata <strong>del</strong>la casa Rebstock; lavori sono anche in<br />
Bronnbachergasse, in Petersplatz, in Kasernenstrasse, in Marnelsteinhof e in<br />
542
palazzo von Weiss. Inoltre lavorò nel castello e nella chiesa di Gaibach, nel coro<br />
<strong>del</strong>la chiesa di Münsterschwarzach, nel convento di Oberzell; decorò la cappella di<br />
corte di Bamberga, varie stanze <strong>del</strong> castello di Werneck, fece i pulpiti, il fonte<br />
battesimale e l’altare maggiore <strong>del</strong>la chiesa di Amorbach, altari e pulpito <strong>del</strong>la<br />
chiesa di Zenzleben; a Bayreuth decorò il teatro di corte e l’Eremitaggio.<br />
Giovan Battista Pedrozzi (o Petrozzi) fu prima al servizio <strong>del</strong>la corte a Bayreuth<br />
dove tra il 1753 e il ’59 decorò il castello con Martino Pedrozzi, fu chiamato poi a<br />
Postdam per decorare di stucchi la villa di Sans Souci per Federico il Grande,<br />
lavorò in seguito a Neudrossenfeld (1760) e a Dresda; fu anche ottimo ceramista.<br />
Ludovico (Luigi) Bossi, nipote di Antonio Giuseppe, fu dapprima collaboratore di<br />
G. Pietro Brilli alla corte <strong>del</strong> Wurtemberg, prese parte alla decorazione <strong>del</strong> castello<br />
nuovo di Stoccarda e a quella <strong>del</strong>l’appartamento <strong>del</strong> duca Carlo Eugenio a<br />
Ludwigsburg; fu nominato stuccatore di corte nel 1762. A Wurzburg nel ’64,<br />
eseguì gli stucchi <strong>del</strong>lo scalone, <strong>del</strong> vestibolo e <strong>del</strong>la sala di rappresentanza con<br />
un Giorgioli; tornato a Ludwigsburg nel ’66, portò a termine la decorazione <strong>del</strong><br />
castello” Mon repos” con il fratello Materno: A Friburgo eseguì gli stucchi <strong>del</strong><br />
palazzo in Salzstrasse, nel convento di S. Biagio fece la decorazione <strong>del</strong> refettorio,<br />
<strong>del</strong> coro <strong>del</strong>la chiesa, <strong>del</strong>la sacrestia, <strong>del</strong>la foresteria e <strong>del</strong>le scale.<br />
Materno Bossi, ritenuto il più grande rappresentante <strong>del</strong>la decorazione Luigi XVI,<br />
nipote di Antonio Giuseppe, con il fratello Agostino lavorò dapprima a Wurzburg<br />
nella Residenza, poi decorò la chiesa parrocchiale di Fuchstadt; nuovamente a<br />
Wurzburg, fu nominato stuccatore di corte e furono suoi collaboratori i fratelli<br />
Antonio, Giuseppe e Ignazio Petrolli. Nella Residenza decorò la sala da the, la<br />
stanza verde d’angolo, la sala <strong>del</strong> teatro, il salone dei principi con l’anticamera,<br />
quello <strong>del</strong> capitolo, quello <strong>del</strong>l’appartamento di “parata”, gli ambienti <strong>del</strong>l’ala<br />
Ingelheimer, <strong>del</strong>la cappella, in cui è anche un suo pulpito, <strong>del</strong> parco (1769-’88);<br />
eseguì lavori, sempre a Wurzburg, nelle chiese di S. Stefano e di S. Michele (qui<br />
con Agostino), in alcuni ambienti <strong>del</strong> palazzo degli ambasciatori, nella chiesa<br />
<strong>del</strong>l’ospedale Giulio, in una casa in Theaterstrasse. Nella Residenza di Bamberga<br />
decorò la sala bianca e la sala <strong>del</strong> biliardo, la grotta <strong>del</strong>la cascata presso il<br />
castello Seehof, il padiglione dei tigli;in questa stessa città decorò la chiesa di S.<br />
Martino, eseguì lavori nel palazzo Guttenberf e in Obere Joannitergasse; fece<br />
inoltre la grotta e la cascata nel giardino di corte a Veitshöcheim, il padiglione<br />
<strong>del</strong>le terme di Bad Boklet, due altari nel castello di Aub e il pulpito nella chiesa <strong>del</strong><br />
castello di Werneck, il pulpito <strong>del</strong>la chiesa di Kitzingen, l’altare <strong>del</strong>la chiesa dei<br />
pellegrini a Dettelbach, quelli <strong>del</strong>le chiese di Kircheim, Triefenstein, Zellingen; ad<br />
Eichstätt decorò il palazzo vescovile (1785), a Ellwagen il palazzo A<strong>del</strong>mann,<br />
lavorò nella sala capitolare <strong>del</strong> castello dei cavalieri teutonici a Mergentheim, nel<br />
543
castello di Amerdingen, nella chiesa e nel convento <strong>del</strong>la chiesa dei cistercensi a<br />
Ebrach, nella chiesa di Gaukönigshofen, in quella <strong>del</strong> convento di Heidenfeld e<br />
infine nel palazzo reale di Ansbach. A Ebrach e a Triefenstein fu suo collaboratore<br />
Antonio Petrolli.<br />
Pietro Luigi Bossi lavorò come stuccatore a Norimberga, a Dresda e nel castello di<br />
Hubertsburg.<br />
Ignazio Petrolli lavorò a Wurzburg dove decorò di stucchi la chiesa <strong>del</strong>l’ospedale<br />
e molti palazzi privati.<br />
Pietro Bussi (o Bossi) intorno al 1755 decorò di stucchi il Gewandhaus di Lipsia e<br />
lavorò in altre città tedesche.<br />
Benigno Bussi, suo figlio, lavorò a Norimberga e a Dresda.<br />
Antonio Jacomini eseguì a Passavia una figura in gesso rappresentante s. Giovanni<br />
Nepomuceno (1746), due can<strong>del</strong>abri di bronzo (1772) per la chiesa di S. Nicola e<br />
più tardi due uguali per il duomo.<br />
Andrea Salvatore Aglio fu marmorario alla corte di Sassonia; si sa che fu molto<br />
ingegnoso, inventando nuovi sistemi per tagliare e colorare il marmo; è opera sua<br />
un altare in marmo (1756) nella chiesa di Borna; sovrintese all’esecuzione <strong>del</strong>le<br />
statue per il giardino di Dresda.<br />
P. B. Aglio eseguì lavori d’arte marmoraria nel castello di Hubertusburg.<br />
Giuseppe Martini fece alcuni rilievi e decorazioni nella chiesa <strong>del</strong>la S. Trinità ad<br />
Amburgo (1744- ’45).<br />
Carlo Donato Martini nella stessa chiesa decorò gli altari e il soffitto <strong>del</strong>la chiesa.<br />
Pietro <strong>Francesco</strong> Giorgioli, scultore e stuccatore, eseguì un altare nella chiesa <strong>del</strong>la<br />
S. Trinità a Worms sul Reno.<br />
Jacopo Domini lavorò molto come stuccatore a Passavia.<br />
Giuseppe Antonio Albuzio decorò di stucchi i castelli di Mannheim e Benrath e il<br />
casino di caccia di Pempelfort; è probabilmente lo stesso Antonio Albucci che<br />
ornò l’aranciera <strong>del</strong>la villa di Schwetzingen presso Mannheim con Antonio Alberici<br />
(1753).<br />
Antonio Laghi eseguì quattro gruppi rappresentanti “Ratti” celebri nel parco di<br />
Herrenhausen.<br />
Giorgio e Antonio Ferretti, Giuseppe Camone, Cipriano ed Eugenio Castelli, e un<br />
Richardi collaborarono alla decorazione <strong>del</strong> castello di Mannheim.<br />
Eugenio Castelli, scultore e pittore di corte a Oranjestein, lavorò a Kassel e a<br />
Wabern, decorò con stucchi il castello Philippusruhe e quello di Oranjestein ( con<br />
il fratello Cipriano); con Giovan Battista Genone lavorò nel castello di Newied sul<br />
Reno.<br />
Un Andrioli fu stuccatore di corte a Monaco dal 1745 al ’49.<br />
544
Un Albini dal 1750 al ’64 fu stuccatore di corte presso il margravio di Ansbach e<br />
Bayreuth, decorò di stucchi il vecchio e il nuovo castello di Bayreuth.<br />
Leopoldo Retti (Reti), stuccatore, decorò l’interno <strong>del</strong> castello di Kirchberg, lavorò<br />
anche ad Eschenau ,ad Ansbach e nel castello di Stoccarda.<br />
Gabriele da Gruppello, nato in Fiandra da uno scultore italiano colà attivo, fu<br />
stuccatore e scultore di corte a Colonia; lavorò molto a Dusseldorf, scolpendo vari<br />
monumenti per il principe Giovanni Guglielmo; eseguì tra l’altro la cosiddetta<br />
Piramide nella piazza <strong>del</strong>le Parate a Mannheim, e una Madonna in marmo nella<br />
chiesa parrocchiale di Benrath; lavorò anche in Belgio e in Austria.<br />
Andrea Gallasini o Galassini, noto anche come architetto, decorò di stucchi il<br />
castello di Arolsen, la chiesa di Weilburg e l’Aranciera di Fulda.<br />
Giuseppe Vassallo, stuccatore, decorò la chiesa di S. Vito a Straubing.<br />
Michele Caminada,con la collaborazione di Carlo Rossi e di un Bernardini, decorò<br />
di stucchi l’interno <strong>del</strong> duomo di Hildesheim.<br />
Antonio Canavese eseguì sculture che si trovano in varie sale <strong>del</strong>la Residenza di<br />
Monaco e splendide stufe nel castello di Schleissheim; lavorò anche in Austria.<br />
Andrea Vacca eseguì alcune sculture per il parco <strong>del</strong>la Residenza di Schwetzingen.<br />
<strong>Francesco</strong> Carabelli eseguì per lo stesso parco quattro urne di marmo con<br />
bassorilievi rappresentanti i simboli <strong>del</strong>le arti e la statua di Cerere; lavorò anche in<br />
Inghilterra.<br />
Antonio <strong>Francesco</strong> Andreozzi lavorò per la principessa Violante di Baviera.<br />
Girolamo Andreoli decorò di stucchi le chiese parrocchiali di Deining e Hilpolstein<br />
e la chiesa di S. Giorgio a Göggelsburg, lavorò anche a Norimberga.<br />
Gorini eseguì alcune sculture e intagli per la chiesa di S. Clemente ad Hannover e<br />
forse collaborò con Gualandi a ornare di stucchi il teatro di musica di Düsseldorf.<br />
Gian Paolo Manni scolpì un camino marmoreo per il castello di Falkenlust a Brühl.<br />
Domenico Ferretti lavorò a Rastatt, a Wurzburg e a Vienna, fu chiamato a<br />
Ludwigsburg dove lavorò per molti anni nella manifattura di porcellane e dove<br />
scolpì nel 1763 alcuni gruppi allegorici per la Residenza; eseguì altri gruppi<br />
allegorici per la Residenza di Stoccarda (<strong>del</strong>la guerra, <strong>del</strong>la pace, <strong>del</strong>l’arte e <strong>del</strong>la<br />
scienza, <strong>del</strong> commercio e <strong>del</strong>l’agricoltura).<br />
<strong>Francesco</strong> Gabrielli decorò di stucchi la villa di Nymphenburg e ad Eichstätt la<br />
cappella <strong>del</strong> Frauenberg, la chiesa dei gesuiti, degli agostiniani e il palazzo <strong>del</strong><br />
principe-vescovo.<br />
Giovanni Maria Fossati eresse un altare nella chiesa di S. Giovanni a Lipsia; gli<br />
sono attribuiti anche gli stucchi <strong>del</strong> castello di Hubertusburg e gli altari <strong>del</strong>la<br />
chiesa di Bautsen.<br />
545
Giovanni Nicola Perti decorò di stucchi il monastero di Tegernsee e la chiesa <strong>del</strong>le<br />
orsoline a Neuburg sul Danubio, lavorò anche a Fürstenfeld, Monaco e Augusta.<br />
Giuseppe Girala lavorò al castello di Sans Souci a Postdam e nel 1759 eseguì due<br />
statue collocate nel castello, scolpì il busto <strong>del</strong> principe Augusto Guglielmo, ora<br />
nel parco di Rheinsberg.<br />
Antonio Giuliani eseguì vari lavori di <strong>scultura</strong> per la corte di Monaco; alcune sue<br />
belle terrecotte sono nel museo nazionale.<br />
<strong>Francesco</strong> Pozzi lavorò come stuccatore ad Obermarchtal, nella chiesa di<br />
Unterwachingen e nella cappella di S. Giorgio a Dieterhausen (1757), operò anche<br />
in Svizzera.<br />
Giuseppe Antonio Morisi, stuccatore, decorò la chiesa dei SS. Pietro e Paolo a<br />
Obermarchtal.<br />
Giovanni Maria Morlaiter lavorò per la corte di Sassonia.<br />
Bartolomeo Cavaceppi scolpì a Postdam un busto di Federico II, decorò la cappella<br />
<strong>del</strong> castello di Wörlitz a Dessau.<br />
Ed ecco gli scultori e gli stuccatori più noti attivi in Germania tra il XVIII e il XIX<br />
secolo.<br />
Carlo Luca Pozzi fu al servizio <strong>del</strong> duca di Württemberg per il quale decorò di<br />
statue e di stucchi il castello di Ludwigsburg, eseguì alcune finte rovine per il<br />
parco <strong>del</strong>la Residenza di Schwetzingen, fu per lungo tempo a Baden-Baden presso<br />
il margravio, scolpì alcune statue per la chiesa di S. Luigi a Saarbrücken, lavorò<br />
anche in Belgio e in Svizzera.<br />
Giuseppe Antonio Pozzi fu stuccatore di corte a Mannheim sotto il principe Carlo<br />
Teodoro e in quella città lavorò nella Residenza, nell’ospedale civico, nel teatro<br />
nazionale, nei palazzi Castell e Bretzenheim; decorò di stucchi due sale <strong>del</strong>la<br />
Residenza di Schwetzingen e lavorò nel castello di Wain, a Lauingen e ad Ellingen.<br />
Massimiliano Giuseppe Maria Pozzi a Mannheim eseguì molte opere tra cui le più<br />
note sono le tombe <strong>del</strong> barone Stengel e di Augusto von Kotzebue, e il restauro<br />
<strong>del</strong>la fontana nella piazza <strong>del</strong> mercato; fu intenditore e collezionista di opere<br />
d’arte, socio fondatore <strong>del</strong>l’Associazione Artistica di Mannheim. Molte sue opere<br />
sono in altre città tedesche.<br />
Domenico Pozzi lavorò nel castello di Mannheim e fu anche in Svizzera.<br />
Antonio Matteo eseguì o forse collaborò alle sculture <strong>del</strong>l’altare maggiore <strong>del</strong>la<br />
chiesa <strong>del</strong>lo Spirito Santo a Monaco, lavorò ad Altötting e a Straubing.<br />
Michele Matteo scolpì l’altare maggiore <strong>del</strong>la chiesa dei SS. Filippo e Giacomo ad<br />
Altötting e il fonte battesimale <strong>del</strong> battistero di S. Giacomo a Straubing.<br />
<strong>Francesco</strong> Antonio Bagnato, architetto e stuccatore, eseguì alcune decorazioni<br />
nelle Residenze di Altshausen e di Buchau (ala occidentale) e ad Oberkirchberg.<br />
546
Opera sua sono gli stucchi <strong>del</strong>la sala <strong>del</strong> Capitolo <strong>del</strong> castello di Mergentheim,<br />
quelli <strong>del</strong>la chiesa di S. Biagio a Ehingen e <strong>del</strong>la cappella <strong>del</strong> seminario di<br />
Heersburg.<br />
Lorenzo Quaglio eseguì alcune decorazioni nell’interno <strong>del</strong> castello di Wain.<br />
Anton <strong>Francesco</strong> Taddei con la collaborazione <strong>del</strong> fratello Angelo lavorò nello<br />
Schleswig decorando di stucchi la cappella <strong>del</strong> cimitero di Flensburg; lavorò a<br />
Geltigen, a Rundhof e a Schleswig nelle case comunali.<br />
Un Gagini lavorò in Renania tra il 1782 e il 1805; alcune decorazioni che portano<br />
la sua firma sono nel castello di Waldenburghaus a Kettenis; altre decorazioni nel<br />
castello di Rahe a Laurensberg; lavorò anche ad Aquisgrana e ad Eupen.<br />
Antonio Isopi, chiamato a Ludwigsburg nel 1793 dal duca Carlo Eugenio, lavorò<br />
nella manifattura di porcellane e nel 1810 fu nominato direttore <strong>del</strong>l’istituto d’arte<br />
annesso; decorò di stucchi il castello di Hohenheim, eseguì alcuni bei monumenti<br />
funebri a Stoccarda e a Ludwigsburg.<br />
Domenico Zandomeneghi nel 1817 eseguì nel duomo di S. Pietro a Ratisbona il<br />
monumento sepolcrale Dalhem.<br />
Citiamo adesso gli scultori <strong>del</strong>l’area tedesca che si formarono in Italia o subirono<br />
influssi <strong>del</strong>l’arte italiana nel <strong>periodo</strong> tra il XVI e il XVIII secolo:<br />
Martin e Michael I Zürn segnarono in Austria la transizione al Barocco dalle ultime<br />
manifestazioni gotiche, H. Reichle studiò a Firenze, J. Glessker compì il primo<br />
tirocinio a Roma presso il Duquesnoy; B. Permoser, detto Baldassarre Fiammingo,<br />
fu a Venezia, a Genova dove conobbe il Parodi e il Puget, a Roma dove conobbe il<br />
Bernini e il complesso ambiente <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong> secolo, a Firenze dove conobbe il<br />
Foggini che influì sulla sua ispirazione; Andreas II Fainstenberger fu in Italia verso<br />
il 1670, guardò al Bernini e al tardo <strong>barocco</strong> romano (Filippo <strong>del</strong>la Valle, Camillo<br />
Rusconi, Pietro Bracci); M. Braun o Praun studiò in Italia specialmente i mo<strong>del</strong>li<br />
berniniani; A. Schlüter nel 1696 completò la propria formazione a Roma,<br />
assimilando lo studio <strong>del</strong> Bernini, <strong>del</strong>l’Algardi, <strong>del</strong> Mochi e <strong>del</strong> Tacca; J. B. Straub<br />
studiò presso Giuseppe Galli Bibiena a Vienna; G. Donner fu allievo in Austria <strong>del</strong><br />
Giuliani; F. X. Messerschmidt fu a Roma nel 1765; Johann II Platzer, a Roma dal<br />
1772 al ’75, fu influenzato dal Mattielli operoso in Austria; J. W. Peter fu a Roma<br />
nel 1774 e lavorò come decoratore per il principe Borghese.<br />
In Boemia influenze italiane dirette e indirette determinarono uno sviluppo rapido<br />
subito dopo il secolo XVII.<br />
A Praga lavorarono molti scultori italiani; tra il XVI e il XVII secolo troviamo Andrea<br />
Spazio; Gioacchino Agosto (sec. XVII) eseguì i bassorilievi <strong>del</strong>la Casa di Loreto<br />
nella chiesa dei cappuccini; Domenico Canevale con Giovan Battista Orsi e<br />
Domenico Rossetti stuccò a proprie spese una porta cittadina nel quartiere di<br />
547
Hradcany, in segno di gratitudine per l’ottenuta cittadinanza; Giovan Battista<br />
Ceresola , figlio di un muratore imperiale a Praga, lavorò al castello di Kost per il<br />
conte Cernin con gli stuccatori Bernardo Pandolfo e Antonio Travelli; Carlo<br />
Brentano decorò il castello di Cesky Sternberk; ricordiamo inoltre Giovanni<br />
Materna, Battista Passerini, Bartolomeo Cometa. Ci sono noti per l’attivirà svolta a<br />
Praga, di cui ottennero la cittadinanza, Andrea (notizie nel 1678), Gian Maria,<br />
Giovanni Battista, scalpellino, e Martino Allio, di una famiglia originaria <strong>del</strong>la<br />
Valtellina, importanti se non sul piano creativo, almeno su quello <strong>del</strong> gusto,per il<br />
contributo alla diffusione <strong>del</strong> <strong>barocco</strong> italiano in Cecoslovacchia, durante gli ultimi<br />
decenni <strong>del</strong> secolo XVII.<br />
Tra il XVII e il XVIII secolo:<br />
Giacomo Antonio Corbellini fu presso i conti Dietrichstein in Moravia e Boemia dal<br />
1698 al 1708, lavorò a Michulov, a Libochovice (altari <strong>del</strong>la chiesa) e stuccò alcuni<br />
soffitti <strong>del</strong> castello; eseguì poi una grandiosa decorazione e il pulpito <strong>del</strong>la chiesa<br />
di Polnà (Boemia settentrionale), le decorazioni all’interno <strong>del</strong>la chiesa<br />
<strong>del</strong>l’abbazia cistercense di Osek, le statue in stucco degli altari, due tombe<br />
monumentali con statue; nel convento le decorazioni <strong>del</strong> refettorio e <strong>del</strong>la<br />
cappella di S. Caterina; infine decorò la volta <strong>del</strong>la chiesa di Libedice e fece le<br />
statue dei due altari laterali.<br />
Antonio Corradini eseguì la tomba di S. Giovanni Nepomuceno, Santino Bussi<br />
decorò a stucco il castello di Austerlitz (Slavkov), undici stanze <strong>del</strong> castello di<br />
Kolodeje presso Praga, il palazzo Glem-Gallas (ove lavorarono anche il Flumberti e<br />
Rocco Bolla), Giovanni Santino Bossi lavorò nel palazzo Cernin a Praga e nella<br />
cappella di S. <strong>Francesco</strong> Saverio a Libesice, Baldassarre Fontana, scultore e<br />
stuccatore, eseguì statue e altari per la chiesa di Montesanto presso Olomouc in<br />
Moravia, decorò il palazzo vescovile a Kromerez, i castelli di Sebetov, Panice,<br />
Brezovice, Buchovice e il convento di Hradisté; Adamo Spazio, scultore e<br />
architetto, operò a Praga dal 1696 al 1705.<br />
Nel secolo XVIII emerge la figura di Lorenzo Mattielli che scolpì il gruppo di Ercole<br />
e dieci figure di antenati nel castello Frain e figure allegoriche nella biblioteca di<br />
corte.<br />
Citiamo tra gli scultori boemi M. Brokof (sec. XVII-XVIII) che seguì liberamente i<br />
modi berniniani.<br />
In Svizzera nell’abbazia di Einsie<strong>del</strong>n troviamo stucchi di M. Roncati nella sala dei<br />
principi (1709); Carlo Galletti fece l’altare <strong>del</strong>la chiesa di Altdorf.<br />
Per questa stessa lavorò Grazioso Rusca (sec. XVIII-XIX).<br />
In Ungheria durante il ‘600 permangono in <strong>scultura</strong> i caratteri manieristici; nel<br />
‘700 si affermano i motivi classici.<br />
548
Tra i più importanti artisti italiani <strong>del</strong> <strong>periodo</strong>:<br />
Santi e Bernardo Materni, scultori, lavorarono a Buda verso il 1688.<br />
Bastiano Orsati, stuccatore, decorò il soffitto <strong>del</strong>la sala <strong>del</strong> consiglio municipale di<br />
Posonio nel 1695.<br />
Antonio Castello fece la tomba <strong>del</strong> principe Gabriele Bethlen.<br />
Carlo Genone, stuccatore, lavorò a Pest dove nel 1698 ottenne il diritto di<br />
cittadinanza.<br />
A Tirnavia furono chiamati dal cardinale Pazmany, educato in Italia, molti artisti<br />
tra i quali Pietro de Spazio, Giovanni Battista Rosso che decorò di stucchi la chiesa<br />
<strong>del</strong>la città, con Pietro Antonio Conti e Jacopo Tornini; il Conti ornò anche la<br />
chiesa di Boldgasszonyfalva con Luca Antonio Colombo; il Tornini lavorò anche a<br />
Sopron.<br />
Dionisio Stanetti fece il progetto e il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> monumento alla Trinità di<br />
Kòrmòcbanya ed eseguì molte <strong>del</strong>le figure e parecchi bassorilievi; sono anche<br />
opera sua le statue <strong>del</strong>la chiesa dei gesuiti di Salmecbanya e alcune decorazioni<br />
scultoree nelle chiese di Hegybanya e Kòrmòcbanya.<br />
Bernardo Ferretti eseguì le statue <strong>del</strong> primo monumento alla Trinità di Buda, dopo<br />
la pestilenza <strong>del</strong> 1691 (poi trasferito altrove); con il figlio Giovanni Bernardo<br />
lavorò alla seconda versione molto più grandiosa (1710) con l’aiuto di Antonio<br />
Amini; il progetto fu di <strong>Francesco</strong> Giuseppe Barbieri.<br />
Santino Bussi fece gli stucchi <strong>del</strong>la villa di Ràckeve nell’isola di Csepel.<br />
Allio Garrono, stuccatore, lavorò a Buda verso il 1705.<br />
Antonio Tabota decorò la cattedrale di Giavarino.<br />
Antonio Orsati, stuccatore, ornò la cappella interna <strong>del</strong> palazzo vescovile di<br />
Sümeg e il soffitto <strong>del</strong>la biblioteca nel 1751.<br />
A Giovanni Giuliani è attribuita l’Arca santa di Giavarino.<br />
Antonio Gaetano Bussi lavorò nel palazzo degli Invalidi a Budapest alla<br />
decorazione in stucco <strong>del</strong>la chiesa; costruì per incarico <strong>del</strong> primate Esterhàzy<br />
l’altare maggiore nella chiesa dei trinitari di Posonio.<br />
Pietro Antonio Gamba, stuccatore, decorò l’organo <strong>del</strong>la chiesa <strong>del</strong> palazzo degli<br />
Invalidi a Budapest.<br />
Carlo Adami eseguì la statua di Minerva per una fontana <strong>del</strong>la piazza principale<br />
<strong>del</strong> castello a Buda.<br />
Leopoldo Antonio Conti, nato a Sopron, lavorò nella chiesa dei serviti a Pest(<br />
1745) e in quella di S. Caterina a Buda (1767); gli è attribuita la decorazione<br />
plastica <strong>del</strong>la cappella di Maria Ausiliatrice di Kòbànya; collaborò alle sculture <strong>del</strong><br />
palazzo degli Invalidi a Pest.<br />
Passiamo ora alla Spagna.<br />
549
Furono scultori di Filippo III <strong>Francesco</strong> <strong>del</strong> Carpio, Giulio Lasso, Gaetano e Pietro<br />
Patalano, Antonio e <strong>Francesco</strong> Spano. Pietro Tacca mo<strong>del</strong>lò la statua <strong>del</strong> sovrano<br />
su progetto <strong>del</strong> Giambologna; il monumento equestre, realizzato a Firenze tra il<br />
1610 e il ’13, giunse via mare a Madrid nel ’16; arrivarono il fratello <strong>del</strong>lo<br />
scultore, Andrea, il cognato Antonio Guidi, uno scalpellino, un muratore, un<br />
“maestro di ruote” provvisto di carri e macchine da tirare. Oggi la statua è al<br />
centro <strong>del</strong>la Plaza mayor di Madrid. Con essa giunse nella capitale, come dono <strong>del</strong><br />
granduca di Toscana, il crocifisso in bronzo dorato, commissionato al Tacca<br />
tramite il Velasquez; esso fu in un primo tempo collocato nel Pantheon dei re. Ma<br />
il capolavoro <strong>del</strong> Tacca è giustamente ritenuto il monumento equestre a Filippo IV,<br />
eseguito su disegno <strong>del</strong> Velasquez e su mo<strong>del</strong>lo in legno di Juan Martinez<br />
Montaflès; i calcoli relativi alla stabilità furono effettuati dal Galilei; la statua<br />
venne fusa nel 1640 e, dopo la morte <strong>del</strong> Tacca, installata a Madrid nel ’42 dal<br />
figlio Ferdinando nei giardini <strong>del</strong> Buen Retiro. Si ricorda anche <strong>del</strong> Tacca la fontana<br />
<strong>del</strong> Bacco ad Aranjuez nel giardino detto <strong>del</strong>l’isola.<br />
Rutilio Gacci (Gaxi) fu il primo in Spagna ad eseguire fontane con intenti di<br />
estetica urbanistica; sappiamo che ne eseguì cinque.<br />
Ludovico Turchi nel 1616 fornisce per 400 ducati una statua in marmo per il<br />
nuovo giardino <strong>del</strong>l’Alcazar di Madrid; da Genova importa due sculture di Venere<br />
e Marte, giudicate tra le migliori <strong>del</strong>la città; nel ’25 vende una statua di marmo,<br />
Venere, destinata alla fontana <strong>del</strong>le Arpie, ideata dal Gacci, da collocarsi alla<br />
Puerta <strong>del</strong> Sol. Non è peraltro chiaro se il Turchi ne fosse l’autore o<br />
semplicemente il mercante.<br />
Giovan Battista Crescenzi, pittore, scultore e architetto, nel 1617 si reca in Spagna<br />
con il cardinale Zapata assieme a Bartolomeo Cavarozzi, ponendosi al servizio di<br />
Filippo III. Nel ’19 a seguito di pubblico concorso egli viene incaricato <strong>del</strong> progetto<br />
e <strong>del</strong>la direzione dei lavori <strong>del</strong> Pantheon dei re all’Escorial; al fine di ingaggiare<br />
artisti parte per l’Italia, nel ’20 ritorna in Spagna portando con sé lo scultore<br />
<strong>Francesco</strong> Generino, l’argentiere Giuliano Spagna, il bronzista Giovan Battista<br />
Berinci, il cesellatore Pietro Gatto, i fonditori Francuccio Francucci e Clemente<br />
Censore, cui si aggiungono in Spagna Giovanni Antonio Ceroni, Filippo Arnaldi,<br />
Giacomo e Giovan Battista Semeria, Bartolomeo Aprile e Bartolomeo Zumbigo;<br />
vengono portate dall’Italia opere in bronzo.<br />
Nello stesso anno è autorizzata la costruzione di un apposito laboratorio per la<br />
lavorazione dei bronzi cui particolarmente sovrintende il Crescenzi; i lavori<br />
procedono lentamente; nonostante le critiche mosse dai colleghi spagnoli<br />
l’architetto italiano è creato da Filippo IV marchese e cavaliere e nominato<br />
550
sovrintendente ai palazzi e ai giardini reali; egli progetta edifici a Madrid e a<br />
Loeches, ed è autore di alcune fontane nella capitale. Muore nel ’35.<br />
Nel 1654 la costruzione <strong>del</strong> Pantheon è ultimata; le spoglie di Carlo V, di Filippo II<br />
e dei suoi successori sono deposte nel sepolcreto reale, rivestito di diaspri,<br />
porfidi, bronzi e decorazioni dovute ai suddetti artisti. Gian Lorenzo Bernini nel<br />
1655 realizza il Cristo crocifisso in legno e bronzo e lo invia in Spagna per<br />
decorare l’altare <strong>del</strong> Pantheon; tuttavia l’opera sarà spostata nella sacrestia <strong>del</strong><br />
monastero dove tuttora si trova. Ricordiamo che Bartolomeo Zumbigo rifà il<br />
pavimento, la scala d’accesso, l’altare e le urne (ed esegue gli scaffali in diaspro<br />
<strong>del</strong>la biblioteca <strong>del</strong>l’Escorial); Clemente Censore è l’autore di otto angeli in<br />
bronzo, Pietro Gatto <strong>del</strong>la maggior parte degli ornamenti bronzei, generalmente<br />
attribuiti al Crescenzi, per urne sepolcrali e mensole; Giovan Battista Berinci<br />
esegue ornamenti e otto can<strong>del</strong>abri con angeli, su mo<strong>del</strong>li di Giovanni Antonio<br />
Ceroni, con la collaborazione di Francuccio Francucci; Bartolomeo Aprile e Giovan<br />
Battista Semeria, oltre ai lavori dei marmi <strong>del</strong>la cupola <strong>del</strong> Pantheon,eseguono il<br />
retablo nel santuario di Guadalupe, il rivestimento in marmo <strong>del</strong>la cappella <strong>del</strong>la<br />
Madonna <strong>del</strong> Sacrario nella cattedrale di Toledo, a Valencia lo scalone d’onore nel<br />
collegio <strong>del</strong> Corpus Christi, il chiostro, la fontana, le pile <strong>del</strong> fonte battesimale e le<br />
lapidi sepolcrali. Giovanni Antonio Ceroni eseguì anche il Martirio di s. Stefano, il<br />
Calvario,il fregio composto di venti statue di apostoli e santi nella chiesa di S.<br />
Stefano a Salamanca.<br />
Domenico Montini nel 1619 esegue per la corte di Spagna, in soli nove mesi, il<br />
Tabernacolo in bronzo dorato e pietre dure, conservato nel Tesoro di palazzo<br />
reale.<br />
Gian Lorenzo Bernini nel 1622 scolpisce per la chiesa degli spagnoli a Roma due<br />
busti, “L’anima beata e l’anima dannata” e il busto <strong>del</strong> cardinale Montoya.<br />
Giuliano Finelli, alunno di Pietro Bernini, nel 1636 lavora alla tomba dei conti di<br />
Monterrey per il convento <strong>del</strong>le agostiniane di Salamanca; nel ’52 per ordine di<br />
Filippo IV mo<strong>del</strong>la dodici leoni in bronzo dorato inviati a Barcellona assieme a<br />
copie di statue antiche, eseguite a Roma.<br />
<strong>Francesco</strong> Maria Nocchieri, allievo di Gian Lorenzo Bernini, esegue la figura di<br />
Apollo per la fontana di Aranjuez; non è accertata la sua permanenza in Spagna.<br />
Ferdinando Tacca, inviato dal padre Pietro a Madrid per installare la statua<br />
equestre di Filippo IV, rimane due anni in quella città; gli sono commissionati 4<br />
evangelisti per la cappella di palazzo reale e 4 leoni per ornare la base <strong>del</strong>la statua<br />
<strong>del</strong> sovrano.<br />
Matteo Monicelli lavorò in Italia per la corte di Madrid; nel 1651 mo<strong>del</strong>lò quattro<br />
leoni in bronzo per la sala <strong>del</strong> trono di palazzo reale.<br />
551
<strong>Francesco</strong> Rizzi con la collaborazione di uno scultore spagnolo eseguì il<br />
reliquiario per la sacrestia <strong>del</strong>l’Escorial.<br />
Giraldo di Merlo lavorò per la cappella <strong>del</strong>la Madonna <strong>del</strong> santuario di Ciudad real;<br />
scolpì i busti di Enrico II e di sua madre.<br />
Raffaele Guarino eseguì l’altare maggiore e il retablo nella chiesa di S. Maria <strong>del</strong><br />
mar a Barcellona, una Vergine Assunta e un Ecce Homo (in rilievo).<br />
Nicolò Busi sotto Filippo IV eseguì molte opere per il palazzo e i giardini reali.<br />
Virgilio Fanelli lavorava a Genova quando Filippo IV, tramite il conte di Villaalegre,<br />
gli dette incarico di eseguire un lampadario di 24 bracci destinato al Pantheon<br />
<strong>del</strong>l’Escorial; l’ordine prescriveva che se ne dovesse commettere l’esecuzione al<br />
più valente artista d’Italia in tal genere. Il Fanelli si recò in Spagna forse nel 1655<br />
per montare l’opera e, soddisfatto per l’accoglienza trionfale ricevuta, vi rimase<br />
definitivamente. È autore di uno degli altari laterali <strong>del</strong>la chiesa di S. Ginés a<br />
Madrid ( poi rifatto nel 1685); nel ’55 lo troviamo a Toledo per eseguire il Trono<br />
<strong>del</strong>la Madonna <strong>del</strong> Sacrario (su mo<strong>del</strong>lo di S. Herrera).<br />
Il trono, considerato il capolavoro <strong>del</strong>l’oreficeria toledana <strong>del</strong> XVII secolo, è<br />
composto da un ampio ed alto basamento ornato da rilievi finemente cesellati,<br />
con angeli musicanti scolpiti a tutto tondo negli angoli smussati; su di esso si<br />
ergono gruppi di colonne corinzie scanalate a sostegno di un arco ribassato,<br />
sovraccarico di racemi, raggi di sole e puttini festanti, splendida aureola intorno<br />
alla sacra immagine. L’opera fu portata a termine intorno al 1676 con la<br />
collaborazione <strong>del</strong> figlio Domenico e di un orafo spagnolo. Nel 1671 il Fanelli<br />
eseguì in argento sbalzato la statua di s. Fernando re , alta m.1,42, destinata alla<br />
cattedrale di Toledo, dove è custodita nella sala <strong>del</strong>le reliquie insieme con quella<br />
di s.Agostino, pure <strong>del</strong> Fanelli. Nella sala <strong>del</strong> vestiario si conserva<br />
un’acquasantiera in bronzo dorato con la raffigurazione di una Sacra Famiglia.<br />
Alessandro Algardi fece un reliquiario in argento, donato da Innocenzo X alla<br />
regina di Spagna nel 1650, quattro alari per la corte (Giove e Giunone sono di sua<br />
mano, gli altri due furono realizzati dagli allievi su suoi disegni); spediti in Spagna<br />
per mare, se ne persero le tracce; furono ritrovati nel 1931 come parti<br />
ornamentali di una fontana nei giardini di Aranjuez. Sono a lui attribuite la tomba<br />
<strong>del</strong> conte di Monterrey e quella di Eleonora di Guzman nel convento <strong>del</strong>le<br />
agostiniane a Salamanca.<br />
Domenico Guidi, discepolo <strong>del</strong>l’Algardi, lavorò per vari principi e sovrani<br />
d’Europa; la sua fama in Spagna è legata al crocifisso in bronzo dorato,<br />
commissionato da Filippo IV per la cappella reale <strong>del</strong> Pantheon all’Escorial.<br />
Giovan Battista Morelli, discepolo <strong>del</strong>l’Algardi, dopo un soggiorno alla corte di<br />
Francia, nel 1651 è a Valencia dove mo<strong>del</strong>la statue in terracotta. Sua è una lettera<br />
552
diretta a Velasquez cui egli aveva inviato alcuni putti recanti gli strumenti <strong>del</strong>la<br />
Passione con bassorilievo <strong>del</strong> Cristo morto, un S. Giovanni Battista e un S. Filippo<br />
Neri; attraverso i buoni uffici <strong>del</strong> grande pittore ottiene un invito alla corte di<br />
Madrid dove giunge nel 1661, recando con sé statuette di Orfeo, Cibele, Mercurio,<br />
Marte, Giove, Vulcano e Apollo; lavora all’Alcazar dove mo<strong>del</strong>la piccole statue di<br />
fauni per i giardini <strong>del</strong>la regina; viene poi inviato ad Aranjuez dove fonde<br />
mascheroni in bronzo per le fontane <strong>del</strong> giardino e stucca alcune sale <strong>del</strong> palazzo<br />
(1662-’64). Viene nominato scultore di camera come successore di A. Herrera,<br />
lavora a corte con Rutilio Gacci, alla morte di Filippo IV rientra a Valencia, ma è<br />
richiamato da Carlo II per continuare gli stucchi di Aranjuez che lascia incompiuti<br />
a causa <strong>del</strong>la morte sopraggiunta nel 1670.<br />
<strong>Francesco</strong> Filippini, bronzista e orologiaio, lavora al servizio <strong>del</strong>la regina madre,<br />
Marianna d’Austria, all’Escorial nel 1688; è autore dei bronzi dorati <strong>del</strong>l’altare<br />
<strong>del</strong>la “Sacra forma” e degli ornamenti <strong>del</strong>la piccola sacrestia eseguiti insieme a<br />
<strong>Francesco</strong> Ricci e ad uno scultore spagnolo.<br />
Giacomo Bertesi, scultore e stuccatore, opera a Valencia dal 1700; nel ’09 per la<br />
chiesa di S. Giovanni esegue la decorazione in stucco , scolpisce la Madonna <strong>del</strong><br />
rosario, e le statue <strong>del</strong>le 12 tribù d’Israele; è autore inoltre <strong>del</strong> polittico <strong>del</strong>la<br />
Concezione nella chiesa dei gesuiti; esegue decorazioni nel salone dei giardini<br />
Pontons (Glorieta). Suo collaboratore è Giulio Sacchi, scultore in legno.<br />
Filippo Pallotta, ingegnere, incisore e scultore, operò dal 1702 al ’16.<br />
Giacomo Antonio Ponzanelli (o Ponsonelli), scultore e architetto, giunge a Cadice e<br />
vi rimane fino alla fine <strong>del</strong>la guerra di successione(1714); qui abbiamo il portale<br />
<strong>del</strong>la casa di Diego Barrios e quello <strong>del</strong>la casa de las cadenas. Fu poi a Valencia<br />
dove troviamo il pulpito <strong>del</strong>la chiesa di S. Giovanni ( eseguito a Genova nel<br />
1702),il Bambino Gesù nella chiesa di Nostra Signora de Montesa, le statue <strong>del</strong>le<br />
quattro stagioni nei giardini de Viveros, Venere, Nettuno e Tritone nel giardino<br />
<strong>del</strong>la Glorieta, il Nettuno in piazza di Alfonso il Magnanimo, le statue di S.<br />
Tommaso e S. Luigi Bertràn nel ponte <strong>del</strong>la Trinità. Infine inviò a Lisbona otto<br />
statue di apostoli per la chiesa <strong>del</strong>la Madonna di Loreto.<br />
Antonio Aliprandi (sec. XVII-XVIII), scultore e stuccatore, eseguì il retablo <strong>del</strong>la<br />
Porziuncola per il convento di Cocentaira , e stucchi nella cattedrale di Valencia ,<br />
lavorò al portale principale e alla cappella <strong>del</strong>la concezione.<br />
Corrado Rodolfo (sec. XVII-XVIII) fece le porte di questa cattedrale.<br />
Nelle stesso <strong>periodo</strong> lavorò Luigi Poggetti.<br />
Giovanni Betti (in Spagna Gambetti) lavora a Roma dove esegue intorno al 1720<br />
per la pala d’altare , ordinata da Filippo V per la cappella <strong>del</strong> noviziato dei gesuiti<br />
di Madrid, due angeli. Alla pala lavorarono anche Agostino Cornacchini (statua <strong>del</strong><br />
553
santo <strong>Francesco</strong> de Regis,collocata in un’urna che fungeva da altare) e il Rusconi<br />
(bassorilievo centrale con l’apoteosi <strong>del</strong> santo).<br />
Camillo Rusconi è in Spagna dal 1723 al ’27; Filippo V gli ordina il Retablo (ma<br />
alcuni storici lo vogliono composto a Roma); un incendio nel 1931 distrugge la<br />
statua giacente <strong>del</strong> Cornacchini; il bassorilievo <strong>del</strong> Rusconi e gli angeli <strong>del</strong> Betti<br />
furono trasferiti nel convento <strong>del</strong>le Descalzas reales e ivi ricomposti in un nuovo<br />
retablo.<br />
Gian Domenico Olivieri è al servizio <strong>del</strong>la corte di Torino quando, segnalato dal<br />
Sacchetti, per mediazione <strong>del</strong>l’ambasciatore spagnolo, è invitato alla corte di<br />
Madrid, per assumere la direzione dei lavori di <strong>scultura</strong> <strong>del</strong>l’erigendo “Palacio<br />
Nuevo” dopo l’incendio <strong>del</strong>l’Alcazar.<br />
Nel 1739 arriva in Spagna con tre aiutanti: Gian <strong>Francesco</strong> Lazzoni, Pasquale <strong>del</strong><br />
Medico e Sinibaldo Campi, ai quali si aggiungeranno subito dopo Nicola Carisana<br />
e Gaspare Petri (scultori), nonché <strong>Francesco</strong> Balestrieri, intagliatore, e nel 1741<br />
Alessandro Fossati e Antonio Solari. Viene nominato “escultor principal” da Filippo<br />
V e Cavaliere <strong>del</strong>l’Ordine di S. Michele.<br />
Si provvede innanzitutto ai materiali necessari all’impresa: per l’ornamento <strong>del</strong>le<br />
finestre si intagliano 52 mascheroni, colonne, capitelli e trofei, tratti da copie<br />
antiche acquistate in Italia da Velasquez durante il suo secondo viaggio. Viene<br />
creato uno speciale cantiere per la <strong>scultura</strong>, diretto dall’Olivieri, che nel ’41<br />
annovera 48 lavoranti, tra cui Nicola Carisana, Pietro Rusca, Bernardo Rosi, Angelo<br />
Salina, Gian Marco Giamboni, Giovan Battista Notar, Giovan Battista Galeotti<br />
(marmista), gli stuccatori Giovanni Andreoli e Giovanni Perriello. Sotto la sua<br />
direzione e quella di uno spagnolo vengono approntate le 94 statue destinate<br />
all’attico di Palazzo reale ; all’Olivieri si devono otto di esse.<br />
Non manca la collaborazione <strong>del</strong>lo stesso ai lavori <strong>del</strong> palazzo di Aranjuez.<br />
Propugnatore <strong>del</strong>la creazione di un’accademia di Belle Arti a Madrid, ne assume la<br />
direzione <strong>del</strong>la prima giunta (1744) di cui fanno parte Santiago Bonavia, Nicola<br />
Carisana, Giovan Battista Sacchetti e Santiago Pavia. Il decreto di fondazione è <strong>del</strong><br />
12 aprile 1752; l’Olivieri è nominato direttore per la <strong>scultura</strong>, il Sacchetti e il<br />
Bonavia direttori onorari per l’architettura.<br />
Tra le sue opere ricordiamo:<br />
Alpajes (Aranjuez)- Parrocchia- Statua di S. <strong>Francesco</strong> Saverio nel retablo.<br />
Aranjuez- Palazzo- Le quattro stagioni.<br />
Burgos- Espolòn-Statua di Teodorico I.<br />
Madrid- Palazzo reale-Statua di Filippo V vivo, Statua di Filippo V defunto, Statua<br />
di Maria Luisa di Savoia, Statua di re Teodoredo.<br />
Madrid- Cappella <strong>del</strong> palazzo reale -Due angeli adoranti l’Eucarestia (stucco).<br />
554
Madrid- Plaza de Oriente-Statua di Fernando III.<br />
Madrid: Retiro- Statua di Carlo I.<br />
Madrid: Chiesa di S. Barbara -(facciata) –Visitazione, Mosè e le tavole <strong>del</strong>la legge,<br />
Sacra famiglia;- (altare)- Gloria di S. <strong>Francesco</strong> di Sales, S. Fernando, S. Barbara; -<br />
(monastero)- Gesù. Giuseppe. Maria.<br />
Madrid: Plazuela de la villa –Fontana.<br />
Madrid: Accademia S. Fernando- Busto di Ferdinando VI, Busto di Barbara di<br />
Braganza, Busto Carvajal (medaglione), Ritratto di Carvajal (medaglione), Busto di<br />
Arrostegui. Infine a Vitoria l’Olivieri scolpì la statua di re Sigerico a La Florida.<br />
Antonio Benedetti (Vendetti) eseguì stucchi e bronzi nel salone Gasperini <strong>del</strong><br />
palazzo reale di Madrid (vedi lez. n. 29).<br />
Giovan Battista Ferroni, scultore, bronzista, decoratore, lavora nel 1766 a Madrid<br />
agli ordini <strong>del</strong> Gasperini alla cui morte assume la successione come adornista en<br />
bronce; ha alle sue dipendenze l’impellicciatore Giovan Battista Galeotti. Lavora<br />
oltre che a Madrid a El Pardo, nella casita <strong>del</strong> principe con decorazioni in stucco e<br />
rilievi in oro nelle volte.<br />
Giuseppe Gambino nasce in Galizia da padre genovese, lavora al retablo <strong>del</strong><br />
monastero di Sobrado de los Monjes,alla facciata <strong>del</strong> municipio di Santiago de<br />
Compostella con un Santiago a cavallo, poi ad Orense e a S. Pedro de Porta,ove<br />
esegue rispettivamente un’Addolorata ( nella cappella <strong>del</strong> Cristo) e il retablo <strong>del</strong><br />
monastero.<br />
Giuliano Manichini, architetto e scultore, raccolse a Roma, a Capua e a Napoli le<br />
antiche statue regalate da Pio V al viceré di Napoli, don Pedro de Rivera, e che ora<br />
figurano nel cortile e nel giardino <strong>del</strong>la casa di Pilato a Siviglia; tali statue, da lui<br />
restaurate, sono state allogate in apposite nicchie, opera sua.<br />
<strong>Francesco</strong> Sabatini diresse i lavori di decorazione degli interni nella residenza<br />
reale <strong>del</strong> Pardo.<br />
Sempronio Subissati eseguì a Madrid la tomba per Filippo V e per la regina.<br />
Domenico, Matteo e Paolo Brilli sono gli autori degli stucchi alla casita <strong>del</strong> principe<br />
all’Escorial, nel palazzo <strong>del</strong> Pardo, nel salone degli specchi nel palazzo reale di<br />
Madrid.<br />
Girolamo Silici fu scultore di corte a Madrid nel 1792.<br />
<strong>Francesco</strong> Salzillo, figlio di Nicolò, di famiglia napoletana trasferitasi a Murcia,<br />
aprì con i tre fratelli una scuola di <strong>scultura</strong> da cui uscirono1792 statue, sparse in<br />
diverse città <strong>del</strong>la Spagna.<br />
Fabio Venditti eseguì decorazioni nel palazzo e nel Pantheon <strong>del</strong>l’Escorial,<br />
all’interno <strong>del</strong>la chiesa di S. Barbara a Madrid e <strong>del</strong>la cattedrale di Siviglia.<br />
555
Giovan Battista Andreoli eseguì nella scalinata <strong>del</strong> palazzo reale di Madrid gli<br />
stucchi <strong>del</strong> soffitto e quelli <strong>del</strong>la sala <strong>del</strong>le colonne.<br />
Antonio Antigoni fece il portale <strong>del</strong>la parrocchiale di Castellon de Ampurias.<br />
Carlo Antonio Bernasconi eseguì stucchi nella cappella <strong>del</strong>l’infante a Boadilla<br />
(Madrid), decorazioni nel forte di Ciudad Rodrigo, l’altare maggiore nella<br />
cattedrale di Zamora.<br />
Antonio Soldati (sec. XVIII - XIX )appartiene a una famiglia di stuccatori ticinesi<br />
che operarono nell’isola di Maiorca. Opere: stucchi <strong>del</strong>la cappella di S. <strong>Francesco</strong><br />
nella chiesa di Manacor; a Palma de Maiorca stucchi <strong>del</strong> battistero e <strong>del</strong>la cappella<br />
di S. Pietro nella cattedrale, Figure <strong>del</strong>le virtù nella chiesa di S. <strong>Francesco</strong>, retablo<br />
nella chiesa <strong>del</strong>la Madonna de la Esgleieta, decorazioni nella casa marchese<br />
Sollerich; a S. Juan stucchi <strong>del</strong>la cappella di S. Antonio nella parrocchia; stucchi <strong>del</strong><br />
pulpito nella parrocchia di Sineu; stucchi <strong>del</strong>la cappella <strong>del</strong>la Trinità nella<br />
parrocchia di Villafranca.<br />
Concludiamo la parte riguardante la Spagna,ricordando che, per quanto riguarda<br />
gli influssi <strong>del</strong>la <strong>scultura</strong> italiana sugli artisti spagnoli, alla fine <strong>del</strong> secolo XVII<br />
giunse dall’Italia la corrente berniniana che trova il suo principale sviluppo in<br />
Andalusia; il più insigne rappresentante è P. Roldàn che introdusse questo stile a<br />
Siviglia, A. Cano operò a Granada, P. Gutierrez fu allievo di Giovan Battista Maini<br />
(sec. XVIII), esponente <strong>del</strong> tardo <strong>barocco</strong> romano.<br />
Il Portogallo accolse molte opere e artisti italiani: Gian Lorenzo Bernini nel 1675<br />
avrebbe inviato al conte di Ericeira una fontana <strong>del</strong>la sua bottega, elevata a<br />
Lisbona nel palazzo <strong>del</strong>l’Annunziata ( il terremoto <strong>del</strong> 1765 avrebbe distrutto<br />
quell’opera ); Giacomo Filippo Parodi (sec. XVII) scolpì i quattro evangelisti per la<br />
chiesa italiana di Lisbona.<br />
Don Giovanni V, re per 44 anni, dal 1706 al ’50, amante <strong>del</strong> fasto e <strong>del</strong>le<br />
cerimonie pompose, attratto dagli splendori <strong>del</strong>la corte pontificia, ebbe<br />
particolare predilezione per l’arte e per gli artisti <strong>del</strong>l’ambiente romano.<br />
Due sono le fabbriche intraprese da Giovanni V: il convento e la basilica di Mafra e<br />
la cappella di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Rocco a Lisbona.<br />
Nella prima gli scultori romani <strong>del</strong>la prima metà <strong>del</strong> XVIII secolo hanno avuto<br />
modo di radunare un folto gruppo <strong>del</strong>le loro opere quasi una mostra <strong>del</strong>la scuola<br />
plastica romana di allora). Il convento fu fatto costruire tra il 1717 e il ’30;<br />
l’architetto fu Bernardino Ludovisi (Ludovice); nel portico <strong>del</strong>la basilica si trovano<br />
le statue di S. Elisabetta e S. Pietro Nolasco di Pietro Bracci, S. Teresa e S.<br />
Sebastiano di Carlo Monadi, S. Gabriele di Giovan Battista Maini, S. Anna e S. Carlo<br />
Borromeo di Gian Maria Fraccari, S. Michele e S. <strong>Francesco</strong> di Paola <strong>del</strong> Ludovisi, S.<br />
Giovanni, S. Giovanni Battista e S. Ignazio di Agostino Corsini, S. Rita <strong>del</strong> Fratini, S.<br />
556
Barbara e S. Maria Salomè di Giovan Battista de Rossi, S. Vincenzo e S. Bruno di<br />
Giovanni Baratta (attribuite); vi lavorarono anche Jacopo Baratta e Antonio<br />
Montani. Nella chiesa abbiamo la lunetta con l’Assunzione e la Crocifissione di<br />
Alessandro Giusti e aiuti, tra i quali Pietro Antonio da Lucca e Antonio Pecoraio.<br />
Le opere furono tutte eseguite tra il 1732 e il ’33 e spedite da Roma; altre furono<br />
eseguite sul posto dopo il 1753 dal Giusti (vedi avanti) con i suoi aiutanti; lo<br />
stesso fece a Lisbona la statua di Giovanni V per il convento “Das necessitades” e<br />
nel ’53 scolpì altre statue per la cappella <strong>del</strong> convento; a Mafra eseguì anche<br />
qualche pala d’altare in marmo, una Madonna <strong>del</strong> Rosario, una Sacra Famiglia,<br />
un’Incoronazione <strong>del</strong>la Vergine; vi fondò una scuola di <strong>scultura</strong> che formò molti<br />
artisti portoghesi; scolpì anche un’immagine di guerriero oggi nel giardino presso<br />
l’acquedotto di Aguas livres.<br />
Per la cappella di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Rocco architetti, scultori,<br />
marmorari, orafi, tessitori, ricamatori, mosaicisti, pittori hanno lasciato la<br />
testimonianza più alta <strong>del</strong>la loro arte, come un’espressione <strong>del</strong> fasto, <strong>del</strong>la<br />
ricchezza, <strong>del</strong>l’eleganza <strong>del</strong>la Roma di Benedetto XIV.<br />
La cappella fu costruita a Roma tra il 1742 e il ’47 all’interno <strong>del</strong>la chiesa dei<br />
Portoghesi in Piazza Navona, poi smontata; le parti furono caricate su tre navi<br />
veneziane nel ’49 e giunsero a Lisbona tre mesi dopo. C’era anche il personale<br />
che doveva armarla: don <strong>Francesco</strong> Feliziani, sovrintendente ai lavori, Paolo Nicoli,<br />
computista, Alessandro Giusti, scultore, Gaetano Grassi, orefice, Giacomo Fazi,<br />
lavoratore di metalli, Gregorio Dilani, marmoraro, <strong>Francesco</strong> Carabelli, scalpellino,<br />
più due inservienti. Tutto questo personale, eccetto il Giusti, tornò a Roma nello<br />
stesso anno. I lavori per mettere in opera la cappella, furono fatti alla fine <strong>del</strong> ’49;<br />
nel ’52 Domenico Bossoni, mosaicista, e Giovanni Corsini, ingegnere, firmavano a<br />
Roma un contratto per collocare i due mosaici che adornano la cappella,<br />
“Battesimo di Cristo” e “Discesa <strong>del</strong>lo Spirito Santo”. Con questo la cappella poteva<br />
dirsi realmente compiuta.<br />
Ci troviamo in essa di fronte al tono dominante d’azzurro cupo dato dai<br />
lapislazzuli, all’oro dei fregi metallici dei capitelli e <strong>del</strong>le basi, e poi gustiamo<br />
come i toni caldi <strong>del</strong> porfido e <strong>del</strong> fior di pesco si armonizzino con la sontuosa<br />
lucentezza <strong>del</strong> giallo antico, <strong>del</strong>l’africano e <strong>del</strong>l’ametista che ne rivestono l’altare,<br />
le colonne, il fondo <strong>del</strong>le pareti, e con i colori vivi dei mosaici e la grazia candida<br />
<strong>del</strong>le sculture, si ha il senso di un fasto veramente regale.<br />
E così ricca è la materia, e così nobilmente impiegata, che più ancora di un’opera<br />
di architettura si direbbe questa cappella opera di oreficeria. Basti pensare che in<br />
tutto vi sono diciotto qualità di marmi e che oltre quelli qui sopra ricordati vi<br />
appaiono quattro tipi di alabastro, il bianco- nero antico, il bianco-nero di<br />
557
Francia, due tipi di breccia, il diaspro e il diaspro duro, il marmo di Carrara, il<br />
porfido verde orientale, il rosso e il verde antico; un capitale di marmi.<br />
L’incarico di disegnare l’architettura <strong>del</strong>la cappella venne dato a Luigi Vanvitelli e<br />
a Nicola Salvi; la disposizione d’insieme, la divisione degli spazi e soprattutto il<br />
fondo <strong>del</strong>la cappella con quell’accenno ad una esedra di colonne interrotto dalla<br />
incorniciatura per il quadro <strong>del</strong>l’altare- si pensi alla nicchia centrale <strong>del</strong>la fontana<br />
di Trevi, opera <strong>del</strong> Salvi, e a certi motivi dominanti nel palazzo reale di Caserta <strong>del</strong><br />
Vanvitelli- è tipicamente romana e <strong>del</strong>la metà <strong>del</strong> Settecento, con quel tanto di<br />
neoclassicismo che era nella educazione e nel gusto dei due maestri e <strong>del</strong> tempo<br />
loro.<br />
Non è solo l’opera dei due architetti quella che interessa, ma l’esecuzione <strong>del</strong><br />
lavoro, al quale hanno collaborato gli artisti e gli artigiani più abili che fossero a<br />
Roma tra il 1742 e il ’47.<br />
L’arco e i pilastri che incorniciano l’ingresso <strong>del</strong>la cappella furono lavorati da<br />
Pietro Paolo Rotolone, marmoraro; le armi reali portoghesi nella chiave <strong>del</strong>l’arco<br />
sono in marmo di Carrara e furono scolpite da Domenico Giovannini, mentre i due<br />
angeli che li fiancheggiano sono opera di Antonio Corradini.<br />
Anche la balaustrata, tutta d’alabastro e con il cancello in metallo dorato, fu<br />
eseguita nella parte marmorea da Pietro Paolo Rotolone, mentre i metalli furono<br />
lavorati da <strong>Francesco</strong> Guerrini. Anche nel pavimento lavorò come marmoraro il<br />
Rotolone, mentre il mosaico fu eseguito da Enrico Enno e aiutanti; Ignazio Stern<br />
dette il mo<strong>del</strong>lo per i festoni <strong>del</strong> mosaico stesso.<br />
I due confessionali in radica di noce furono intagliati dall’ebanista Giovanni<br />
Palmini.<br />
Dei tre gradini <strong>del</strong>l’altare due sono di porfido rosso ed uno di porfido verde listati<br />
con metalli dorati. L’altare ha il paliotto in lapislazzuli fiancheggiato da piastrini di<br />
giallo antico e ametista, mentre i pilastri che lo fiancheggiano più dietro sono di<br />
alabastro fiorito, giallo antico e ametista con al centro le armi reali lavorate in<br />
metallo dorato da Antonio Arrighi. Questi eseguì anche le due teste di cherubini,<br />
pure in metallo dorato, che fiancheggiano la pre<strong>del</strong>la che è di giallo antico,<br />
lapislazzuli e ametista.<br />
Nell’incorniciatura <strong>del</strong>l’arcone di fondo le decorazioni di metallo dorato che si<br />
snodano sul fondo di giallo antico e d’alabastro furono eseguite da <strong>Francesco</strong><br />
Rosa, mentre la croce raggiante fu mo<strong>del</strong>lata ed eseguita da Agostino Valle, e gli<br />
angeli che la fiancheggiano sono di Pietro Verschaffelt. Antonio Arrighi fece anche<br />
gli ornati di metallo sulla incorniciatura di porfido <strong>del</strong> quadro <strong>del</strong>l’altare che<br />
culminano col monogramma di Cristo.<br />
558
<strong>Francesco</strong> Annibaldi decorò le cornici dei quadri laterali, mentre Pietro d’Estache<br />
scolpì i due gruppi di cherubini che sono al sommo di queste due incorniciature<br />
lavorate in porfido dal Rotolone.<br />
L’architrave <strong>del</strong>la cappella è di giallo antico; il fregio di verde antico è abbellito<br />
con ornati di metallo, opera di <strong>Francesco</strong> Rosa, mentre i festoni, pur essi in<br />
metallo, <strong>del</strong> soffitto li eseguì Giovan Paolo Kaiser.<br />
<strong>Francesco</strong> Giordani lavorò le basi e i capitelli corinzi in metallo dorato <strong>del</strong>le<br />
colonne ; e ancora cornici di metallo dorato, lavoro di Silvestro Doria, limitano gli<br />
spazi tra una colonna e l’altra rivestiti di alabastro e fior di pesco, mentre i<br />
pilastri, che hanno basi e capitelli <strong>del</strong> Giordani, sono in alabastro, verde antico e<br />
fior di pesco.<br />
La volta è a botte,divisa a cassettoni e mezzi cassettoni in marmi policromi con<br />
teste di cherubino lavorate in marmo di Carrara; sette di queste furono mo<strong>del</strong>late<br />
da Bernardino Ludovisi, quattro da Pietro d’Estache e tre da Antonio Corradini.<br />
I cassettoni che furono mo<strong>del</strong>lati dal Rotolone vennero lavorati nella parte<br />
metallica da <strong>Francesco</strong> Rosa, mentre l’orefice Silvestro Doria lavorava gli ornati dei<br />
due archivolti e il suo collega Gaetano Smiti gi ornati in arabesco dei due archi che<br />
limitano la volta stessa, e Pietro Mascelli i festoni dei due archi mediani.<br />
Sempre nella volta, a sinistra, un medaglione ovale scolpito da Carlo Marchionni,<br />
rappresenta la visita <strong>del</strong>la Vergine a s. Elisabetta, mentre a destra ve n’è un altro,<br />
con s. Giovanni che prega nel deserto, opera di Bernardino Ludovisi che ha<br />
scolpito anche i putti che lo fiancheggiano e i cherubini che vi sono intorno. Il<br />
medaglione di Carlo Marchionni è fiancheggiato da due cherubini scolpiti da<br />
Agostino Corsini, mentre Domenico Giovannini lavorava i festoni che ornano i due<br />
rilievi e <strong>Francesco</strong> Rosa i fregi in metallo.<br />
Il Rotolone lavorava inoltre le incorniciature <strong>del</strong>le due porte laterali, <strong>Francesco</strong><br />
Giordani i fregi metallici che le adornano e infine Silvestro Doria i battenti di<br />
metallo cesellato e dorato in mezzo ai quali è il monogramma di don Giovanni V<br />
con la corona reale.<br />
La cappella è inoltre abbellita da tre quadri a mosaico; quello <strong>del</strong>l’altare maggiore<br />
rappresenta il Battesimo di Cristo, quello <strong>del</strong>la parete di destra l’Annunciazione e<br />
quello di sinistra la Discesa <strong>del</strong>lo Spirito Santo. Queste composizioni furono<br />
eseguite dal mosaicista Matteo Moretti su cartoni di Agostino Masucci; di lui si<br />
conservano a Lisbona due tele con l’Annunciazione. Avendo egli ritardato a<br />
consegnare il lavoro, fu chiesta l’opera di Corrado Giaquinto; una sua tela con la<br />
Discesa <strong>del</strong>lo Spirito Santo fu mandata a Lisbona come saggio <strong>del</strong> lavoro, tuttavia<br />
poi eseguito dal Masucci.<br />
559
Eccezionale è il Tesoro <strong>del</strong>la cappella, malgrado siano spariti alcuni degli oggetti<br />
più preziosi, tra i quali una custodia in oro massiccio, opera di Tommaso Puliti, un<br />
calice di Lorenzo Caporali, una pisside di <strong>Francesco</strong> Princivalle e un tronetto in<br />
metallo dorato con statue d’argento e pietre preziose di Antonio Arighi.<br />
Tra i lavori in argento dorato abbiamo un paliotto con sfondo di lapislazzuli e un<br />
rilievo con l’Agnello divino circondato da angeli e santi; una cornice con foglie e<br />
fiori lo limita in alto e in basso, due puttini a tutto tondo lo fiancheggiano.<br />
Antonio Arighi è l’orafo che compì questo lavoro, Agostino Corsini lo scultore <strong>del</strong><br />
rilievo e Bernardino Ludovisi quello che mo<strong>del</strong>lò i due puttini. Abbiamo poi una<br />
grande croce d’altare con le immagini <strong>del</strong>le tre virtù teologali, mo<strong>del</strong>lata da<br />
Giovan Felice Sannini, mentre la figura <strong>del</strong> Cristo è opera di Giovan Battista Majni.<br />
Due can<strong>del</strong>ieri che fiancheggiano la croce furono eseguiti da Tommaso Puliti e<br />
<strong>Francesco</strong> Salci; altri due più piccoli sono di Angelo Spinazzi, due altri ancora più<br />
piccoli, molto simili au precedenti, sono di Giovan Felice Sannini.<br />
Un calice con la sua patena ha la base ornata da nove testine angeliche e vari<br />
emblemi <strong>del</strong>la Passione; nella coppa tra fiori e cherubini c’è la Veronica con la<br />
corona di spine e la croce: questo mirabile calice fu mo<strong>del</strong>lato da Antonio Gigli.<br />
Egli è l’autore anche di due ampolline con il loro piatto, tutte lavorate a sbalzo<br />
con figure di cherubini, emblemi, foglie e fiori,di un elegantissimo spegnican<strong>del</strong>a,<br />
di un campanello, di due magnifici purificatori con figure in rilievo nel coperchio e<br />
nel piatto.<br />
Una grande brocca con relativo piatto,riccamente ornata con festoni, arabeschi,<br />
figure e testine d’angelo, fu lavorata da Vincenzo Belli.<br />
Tre carteglorie con decorazioni formate da figure allegoriche e immagini di profeti<br />
e festoni con foglie e fiori sono opera di Antonio Venditti.<br />
Due reliquiari, l’uno di s. Prospero e l’altro di s. Valentino, hanno un’elegante<br />
base con figure a rilievo e medaglioni e fregi floreali; su questa base poggiano<br />
due angeli che sorreggono l’urna quadrangolare . Nel coperchio sei figure d’angeli<br />
con palme e corone sono opera di Carlo Guarnieri.<br />
Altri due reliquiari, contenenti le reliquie di s. Urbano e s. Felice, hanno la forma<br />
di tempietti quadrangolari, con quattro colonne a tortiglione addossate a pilastri<br />
con nicchie contenenti figure allegoriche e sormontate da un fastigio sul quale<br />
sono due angeli; i due reliquiari sono opera di Carlo Guarnieri.<br />
Due grandi torcieri, a forma di piramide triangolare, sono riccamente ornati con<br />
figure, festoni, angeli e corona reale, e sono opera di Giuseppe Gagliardi.<br />
Nell’altare <strong>del</strong>la cappella è custodita una cassa d’argento dorato opera di<br />
<strong>Francesco</strong> Smiti.<br />
560
Altri oggetti di bronzo dorato non sono meno preziosi di quelli in argento; alcuni<br />
anzi sono più belli come nel caso di tre elegantissime carteglorie fatte da Antonio<br />
Venditti.<br />
Sono anche in metallo dorato sei can<strong>del</strong>ieri e una croce con intarsi in lapislazzuli,<br />
opera <strong>del</strong>l’orefice Antonio Arrighi, e il grande lampadario con le tre lampade<br />
appeso nella cappella. Il lampadario fu lavorato a cesello da Angelo e Giuseppe<br />
Ricciani mentre le lampade furono fatte dall’orefice Simone Miglie.<br />
Felice Scifoni eseguì il baldacchino per l’altare, mentre Agostino Valle fornì una<br />
cornice in metallo dorato per fissare all’altare i paliotti di stoffa.<br />
Passiamo ora ai paramenti sacri, venuti da Roma.<br />
Si conservano 57 pezzi, ricamati in oro su lana bianca, opera di Giuliano Saturni;<br />
un altro paramento meno ricco, ma ugualmente ricamato in oro su lana bianca, di<br />
Nicolò Bovi; un altro bianco con ricamo in seta color oro, di Carlo e Pietro<br />
Abbondio. Abbiamo un ricchissimo paramento rosso lavorato in oro su lana,<br />
opera di Girolamo Mariani; altri due, uno bordato e ricamato in oro su lana d’oro,<br />
e uno bordato e ricamato in seta,fatti rispettivamente di Filippo Calandri e Giovan<br />
Battista Calandri.<br />
Un parato nero a fondo di damasco bordato in seta è opera di <strong>Francesco</strong> Giuliani;<br />
un paramento rosaceo in damasco ricamato in oro, di Filippo Calandri( il paliotto<br />
fu ricamato da Nicolò Bovi); paramento violaceo ricamato in oro, su lana<br />
paonazza, di Cosimo Paternostro.<br />
Due paramenti verdi ricamati d’oro sono l’uno di Filippo Gabrielli, l’altro di<br />
Benedetto Calandri, che ricamò anche un paliotto <strong>del</strong>lo stesso colore.<br />
Sono da ricordare le cortine violacee ricamate d’oro fatte per coprire i mosaici<br />
<strong>del</strong>la cappella durante la settimana santa: quella per il mosaico <strong>del</strong>l’altare<br />
maggiore fu ricamata da Filippo Gabrielli, le due per i laterali da Giuliano Saturni e<br />
Cosimo Paternostro.<br />
Da Roma fu anche inviata tutta la ricca biancheria per i sacerdoti e i tappeti <strong>del</strong>la<br />
cappella, dei quali esiste ancora quello che fu eseguito da Agostino Speranza con<br />
gli aiutanti Mario Silvestri, Ferdinando Canziani, Michele Bastianelli, Filippo<br />
Fiorentini, Alessandro Zannetti.<br />
Anche i messali furono spediti da Roma, e ogni cosa utile alla manutenzione <strong>del</strong><br />
grande monumento e degli oggetti in sua dotazione; si pensò perfino ai<br />
bicchierini di cristallo per le lampade, ed alle cose più umili.<br />
Don Giovanni V aveva voluto che nel cuore <strong>del</strong>la sua bella Lisbona ci fosse un<br />
angolo ove ogni cosa potesse parlargli di quella Roma fastosa, solenne, cattolica e<br />
papale che tanto amava; ma la morte lo cose due anni prima <strong>del</strong>la consacrazione<br />
<strong>del</strong>la cappella,nel 1750.<br />
561
Molti altri scultori italiani furono attivi in Portogallo.<br />
<strong>Francesco</strong> Schiaffino (sec. XVII-XVIII) fece nella chiesa <strong>del</strong> monastero di S.<br />
Vincenzo a Mafra l’altare maggiore con un grande crocifisso, lavorò per la corte.<br />
Claudio de Laplada o Laprada nel 1705 eseguì il monumento funebre per il<br />
vescovo di Miranda nella Quinta di Vista Alegre presso Aveiro; verso il 1750<br />
partecipò ai lavori per la chiesa <strong>del</strong>la Concezione da Penha a Lisbona.<br />
Di Giovanni Antonio Bellini da Padova si hanno notizie dal 1725 al ’43; sono opera<br />
sua alcune sculture nel coro <strong>del</strong>la cattedrale di Evora, altre nel presbiterio di S.<br />
Domenico a Lisbona; fece anche lavori nella chiesa di S. Antonio, scolpendovi<br />
<strong>del</strong>le statue,gli Angeli <strong>del</strong>l’oratorio di Moeda; nel museo <strong>del</strong> Carmine, sempre a<br />
Lisbona, si conserva una statua di S. Giovanni Nepomuceno (1743),<br />
originariamente collocata sul ponte d’Alcantara.<br />
Giovanni Bernardo Escorpio avrebbe lavorato un S. Elia nella chiesa <strong>del</strong> Carmine a<br />
Lisbona nella prima metà <strong>del</strong> XVIII secolo.<br />
Giovanni Grossi eseguì stucchi nella volta <strong>del</strong>la chiesa <strong>del</strong> Gesù nella casa do<br />
Veado presso Belém e nella Quinta <strong>del</strong> marchese di Pombal presso Estoril, ed altre<br />
opere in collaborazione di aiuti e discepoli.<br />
Bernardino Ludovisi inviò un gruppo raffigurante la Carità Romana (oggi nel<br />
giardino coloniale a Lisbona).<br />
Carlo Maria Ponzoni eseguì lavori a Lisbona dove nel 1766 insegnava il lavoro a<br />
stucco in una scuola istituita presso il Colégio Real dos nobres.<br />
Felice Sala eseguì gli stucchi <strong>del</strong> teatro das Laranjeiras e di vari palazzi di Lisbona.<br />
Giuseppe Mazzuoli inviò a Lisbona una <strong>scultura</strong> raffigurante la morte di Cleopatra,<br />
oggi nel giardino coloniale.<br />
Vincenzo Tacquesi lavorò a Lisbona, ove era stato chiamato dal segretario di stato<br />
Soares; tra le opere eseguite in Portogallo abbiamo notizia di un rilievo<br />
rappresentante le quattro parti <strong>del</strong> mondo; mo<strong>del</strong>lò un rilievo in cera allegorico<br />
rappresentante l’entrata di Junot a Lisbona.<br />
Luigi Chiari (sec. XVIII-XIX) eseguì stucchi nel palazzo Carrancas e nella chiesa e<br />
sacrestia di S. <strong>Francesco</strong> a Oporto.<br />
Tra gli scultori portoghesi citiamo Machado de Castro, allievo <strong>del</strong> Giusti, e José de<br />
Almeida, discepolo <strong>del</strong> Monaldi a Roma (sec. XVIII).<br />
Passando all’attività degli scultori italiani in altre aree artistiche d’Europa nei<br />
secoli XVII e XVIII, ricordiamo Giuseppe Quaglio che lavorò nella chiesa di S. Maria<br />
a Lepoglava in Croazia; nella cattedrale di S. Giacomo a Lubiana (Slovenia) si<br />
trovano sculture di Jacopo Contieri, Angelo Pozzo e <strong>Francesco</strong> Robba; il portale<br />
dei “giganti” nel seminario <strong>del</strong>la città è opera di Angelo Pozzo (tutti attivi nel<br />
secolo XVIII).<br />
562
In Olanda a Leeuwarden è conservata una statua di Esculapio per una farmacia,<br />
opera di Antonio Solari (sec. XVIII).<br />
A Vilna in Lituania si trova la più ricca decorazione scultorea in stucco <strong>del</strong> secolo<br />
XVII, nella chiesa di S. Pietro, opera di Giovanni Maria Galli e Pietro Perretti.<br />
In Polonia Giovanni Trevano (sec. XVI-XVII) eseguì il tabernacolo di S. Stanislao<br />
nella cattedrale di Cracovia; Giovan Battista Falconi fu attivo tra il 1630 e il ’58,<br />
chiamato dai principi Lubomirski; decorò a stucco le due cappelle di S. Sebastiano<br />
e S. Croce nella chiesa di Bielany, la cappella funebre nella collegiata di Zamosc, la<br />
collegiata di Klimontòw, la cappella Oswiecim a Kròsno, la cappella dei Tyskiewicz<br />
nella chiesa dei domenicani a Lublino (di cui fece l’architettura <strong>del</strong>l’interno); la<br />
volta <strong>del</strong> presbiterio <strong>del</strong>la chiesa dei padri scolopi a Rzeszòw, la cappella di S.<br />
Stanislao Kostka nella cattedrale di Lublino, un locale <strong>del</strong>l’eremo di Rytwiany, la<br />
chiesa dei carmelitani e la volta <strong>del</strong>la torre occidentale <strong>del</strong> castello di Wisnicz, la<br />
volta <strong>del</strong>la cappella di S. Carlo Borromeo nella chiesa di Niepolomice, la volta <strong>del</strong><br />
salone nel bastione <strong>del</strong> castello di Lancut, quella <strong>del</strong> bastione <strong>del</strong> castello di<br />
Baranow, la cappella <strong>del</strong> castello di Podhorce e <strong>del</strong>la collegiata di Lowicz, la cupola<br />
<strong>del</strong>la chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Cracovia; in questa città decorò due cappelle<br />
con Giovan Battista Gisleni.<br />
Andrea Catenacci eseguì ricche decorazioni a stucco nel coro <strong>del</strong>la chiesa di<br />
Swieta Gòra (Monte Santo) presso Gostyn; infine, sempre per quanto riguarda il<br />
secolo XVII, ricordiamo in Polonia Giovanni e Andrea Castelli.<br />
Tra il XVII e il XVIII secolo fu attivo Baldassarre Fontana; dal 1695 lavorò nella<br />
cappella di Morstyn, nella chiesa di Wieliczka presso Cracovia e nel convento dei<br />
padri paolini; a Cracovia fece gli altari di S. Croce, di S. Giovanni Kanty, di S.<br />
Sebastiano e di S. Giuseppe, nella chiesa di S. Anna eseguì decorazioni mirabili,<br />
con la collaborazione <strong>del</strong> fratello <strong>Francesco</strong>; nella stessa città lavorò nella chiesa<br />
dei domenicani, nel convento dei francescani, in alcune case; fece la statua di S.<br />
Michele nella chiesa di S. Marco. A Czestochowa è suo l’altare maggiore con le<br />
sculture <strong>del</strong> santuario; lavori sono anche a Nowy Sacz, alcuni altari nel convento di<br />
Velchrad; grande fu l’influenza <strong>del</strong> Fontana sulla <strong>scultura</strong> polacca.<br />
Nello stesso <strong>periodo</strong> operò Pompeo Ferrari, autore <strong>del</strong>l’altare maggiore nella<br />
chiesa di S. Stanislao a Poznan; Giacomo A. Buzzoni fece il grandioso altare<br />
<strong>del</strong>l’Assunzione con le statue laterali nella basilica di Jasnagora. Giuseppe Bellotti<br />
o Beloti si occupò <strong>del</strong>le decorazioni a stucco dei palazzi di Wilanow e Krasinsky e<br />
<strong>del</strong>la chiesa di S. Antonio a Varsavia.<br />
I maggiori esponenti <strong>del</strong> gusto rococò in Polonia furono Giacomo Monaldi e<br />
Tommaso Righi, scultori <strong>del</strong> re Stanislao Augusto; nel castello reale di Varsavia le<br />
sale di rappresentanza sono ornate di statue e rilievi dei due artisti; nella villa<br />
563
Lazienski si trovano altre loro opere; Monaldi lavorò anche a Skierniewice e a<br />
Szydlovice, Righi anche nel duomo di Vilna.<br />
Ricordiamo infine tra gli scultori italiani in Polonia <strong>Francesco</strong> Maino, Ambrogio<br />
Meazzi, Sante Camilliani (sec. XVII) e <strong>Francesco</strong> Rossi (sec. XVIII).<br />
Tra gli scultori polacchi che si formarono a Roma citiamo K. Bazanka ( sec. XVII).<br />
In Russia nel secolo XVII la <strong>scultura</strong> è ancora legata all’architettura con bassorilievi<br />
e decorazioni, mentre se ne distacca nel secolo seguente. Ricordiamo che Pietro<br />
Baratta ( sec. XVII-XVIII) scolpì per il palazzo di Pavlonsk nove tra statue e gruppi<br />
e due busti.<br />
Bartolomeo Carlo Rastrelli, scultore, scenografo e architetto, chiamato da Pietro il<br />
Grande nel 1715, eseguì <strong>del</strong>lo stesso un busto in cera colorata, uno in bronzo, il<br />
monumento equestre nella piazza degli ingegneri a Mosca, un busto <strong>del</strong> principe<br />
Mensikov e il monumento <strong>del</strong>lo zar e <strong>del</strong>la zarina (1741) in puro stile <strong>barocco</strong>.<br />
Per lo stesso zar lavorarono Carlo Ferrara e Giovanni Maria Fontana, decoratori.<br />
I fratelli Barozzi eseguirono stucchi nel palazzo di Oranjebaum.<br />
Giovanni Maria Morlaiter fece per Caterina II le statue di Marte e Diana e un rilievo<br />
con Enea che salva Anchise nel castello di Gatcina.<br />
Gaetano Merchi fu chiamato da Caterina II a Pietroburgo e vi lavorò dal 1772 al<br />
’77.<br />
A Giacomo Ferrari è attribuita la decorazione interna <strong>del</strong>la sala <strong>del</strong>le armi a<br />
Strjelna (sec. XVIII- XIX).<br />
Felice Lamoni nello stesso <strong>periodo</strong> lavorò per il granduca Paolo, eseguì stucchi e<br />
sculture nei palazzi di Gatcina e di Pavlonsk (decorazione <strong>del</strong>le camere da letto e<br />
alcune statue).<br />
Opere di Tommaso Solari sono nel castello di Gatcina.<br />
Passiamo all’Europa <strong>del</strong> nord.<br />
In Svezia nel secolo XVII troviamo Pietro <strong>del</strong>la Rocca, scultore a Vadstena, e<br />
Alessandro Ferretti,stuccatore nel castello di Stoccolma. Un equivalente <strong>del</strong><br />
<strong>barocco</strong> romano, introdotto da N. Tessin il giovane in architettura, si ritrova<br />
nell’opera di G. Schröder che fu in Italia e decorò in stile berniniano molti edifici<br />
<strong>del</strong> suo connazionale, insieme con B. Precht e con i francesi F. Caveau e B.<br />
Fouquet, tutti vissuti tra il XVII e il XVIII secolo.<br />
In Danimarca Carlo Enrico Brenno, chiamato per eseguire a Odense il monumento<br />
funerario <strong>del</strong> politico F. Gedde, fu attivo dal 1720 come stuccatore di corte; eseguì<br />
la decorazione di cupola e vestibolo <strong>del</strong>la villa reale a Fredensborg, lavorò nei<br />
castelli di Chausholm, Hirscholm, Bregentved, nella villa di caccia di Eremitagen<br />
presso Copenhagen, nella villa di Frederiksaal (lavoro terminato da Giovan Battista<br />
Fossati), nel Prisens Palae e nel palazzo Christiansborg a Copenhagen.<br />
564
Giovan Battista Andreoli lavorò a Hirscholm dal 1731 al ’34, Giovanni Baratta<br />
scolpì una statua per il sovrano (ora nel castello di Fredensborg) e fu poi attivo<br />
presso altre corti europee.<br />
Ricordiamo anche i fratelli Domenico e Gian Battista Gianelli, nati a Copenaghen<br />
da padre italiano (sec. XVIII-XIX).<br />
Il fiammingo F. Dieussart e il francese C. l’Amoureux introdussero la <strong>scultura</strong><br />
barocca in Danimarca; N. Tessin il giovane fece il mo<strong>del</strong>lo per l’altare <strong>del</strong>la chiesa<br />
<strong>del</strong> Salvatore a Christanshavn (1707), ispirandosi al Bernini.<br />
565