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prannomi, “El loco” (il pazzo) ed
“El pocho” (per molti il fulmine), è
stato genio e sregolatezza di una
squadra che ha saputo fare del collettivo
la propria forza. El pocho,
chiamato così soltanto nella sua parentesi
azzurra, ne era la stella. Lo
vedevi partire, correre, scattare in
velocità, arrancare, ma poi riuscire
quasi sempre ad inventare la giocata.
Ci mise pochissimo a fare breccia
nel cuore dei napoletani conquistando,
già alla seconda partita
ufficiale in maglia azzurra, con la
tripletta al Pisa in Coppa Italia, la fiducia
della gente che per 5 anni ha
poi saputo far gioire e divertire. Le
sue lacrime, che hanno preceduto
un addio annunciato da tempo, a
Roma nel 2012 dopo la conquista
della Coppa Italia in finale contro la
Juventus, furono testimoni di un
amore che non tramonterà mai.
La forza atletica ed il senso
del gol del “Matador”
104 gol in 3 anni. Basterebbe questo
per far capire cosa ha rappresentato
Cavani per il Napoli. Ma
“El Matador” ha fatto molto di più.
Acquistato dal Palermo nel 2010,
dove giocava esterno d’attacco, per
sostituire il rimpianto Quagliarella,
arrivò alle pendici del Vesuvio da
autentica scommessa. Cavani a Napoli
seppe diventare un centravanti
inarrestabile e con una propensione
al sacrificio fuori dal
comune. Grazie ad uno strapotere
Cavani ed i 104 gol
“
C’è stata una combinazione
di fattori che mi hanno aiutato
ad esplodere come calciatore.
La fiducia credo sia
fondamentale, non solo per
quanto riguarda il calcio, ma
nella vita in generale.
Quando hai fiducia nella
gente che ti circonda, hai più
forza per lavorare bene. A
Napoli ho fatto 104 gol proprio
per questo e se un
giorno dovessi tornare, darei
ancora il massimo
fisico più unico che raro, è stato in
grado di occupare ogni zona del
campo, recuperare palloni, dribblare
gli avversari e trasformarsi poi, in
area di rigore, in un “killer” spietato.
A suon di doppiette e triplette, infatti,
ha saputo far innamorare la
gente di Napoli. Il suo percorso in
azzurro, però, si è concluso troppo
presto e, forse, sul più bello, quando
avrebbe potuto superare Maradona
per record di gol. Al suo ritorno al
San Paolo, l’11 agosto 2014,
da avversario, in amichevole contro
il Psg, venne sommerso dai
fischi del suo vecchio pubblico. Furono
fischi d'amore, di chi si sentì
tradito e di chi non lo ha mai dimenticato.
La visione di gioco
ed il record di “Ciro”
Ultimo, ma non per ultimo,
Dries Mertens. Il belga che ancora
oggi fa sognare migliaia di tifosi
e che forse, più dei suoi colleghi,
ha saputo compenetrarsi in
una città che lo ha persino ribattezzato
col nome di “Ciro”. Arrivato
a Napoli nell’estate del 2013
da esterno sinistro d’attacco, nella
stagione 2016-2017, sotto gli ordini
di Maurizio Sarri, complici le
cessioni di Gonzalo Higuain e l’infortunio
del suo sostituto Arkadiusz
Milik, iniziò a giocare anche
da prima punta, con risultati straordinari
in termini realizzativi.
Nel corso degli anni ha saputo
Mertens ed il record
“
All'inizio non ci pensavo, perché
giocavo con Hamsik e
pensavo anche a fornirgli
tanti assist. Poi quando mi
sono avvicinato ho iniziato a
pensare ai gol di Maradona e
poi a quelli di Marek.
Quando ho battuto il record
è stato incredibile, non mi
sarei mai aspettato di diventare
il capocannoniere del
Napoli di tutti i tempi
farsi apprezzare per la sua duttilità,
la sua propensione al sacrificio,
la sua visione di gioco e soprattutto
per il suo supporto alle
esigenze della squadra. Dopo essere
diventato quest’anno il miglior
marcatore azzurro di tutti i
tempi, superando prima Maradona
e poi Hamsik, pochi mesi fa è
riuscito a trovare l’accordo con il
presidente De Laurentiis per prolungare
ancora la sua permanenza
in azzurro e, anche con l'arrivo
di Petagna ed Osimhen, c'è da giurare
che “Ciro” continuerà a recitare
ancora il ruolo di attore protagonista
del prossimo Napoli.
domenica 30 agosto 2020
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