LeStrade luglio 2020
SPECIALE - L’innovazione italiana che spicca nel mondo PONTI - Progetto di ripristino di impalcati in acciaio MATERIALI - Il lavoro di squadra tra emulsioni e bitumi
SPECIALE - L’innovazione italiana che spicca nel mondo
PONTI - Progetto di ripristino di impalcati in acciaio
MATERIALI - Il lavoro di squadra tra emulsioni e bitumi
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16<br />
Strategie Economiche<br />
Fiscal Feasibility elemento chiave<br />
per la sostenibilità dei PPP<br />
Rilevanza internazionale delle analisi di fattibilità e convenienza per la finanza pubblica<br />
Francesco Micci<br />
ACA|CP3P<br />
PIARC World Road Association<br />
L’autore<br />
Dottore commercialista<br />
e revisore legale,<br />
financial advisor e<br />
certified PPP professional.<br />
FRANCESCO<br />
MICCI è attualmente<br />
segretario dell’international<br />
technical<br />
committee 1.3 “Finance & Procurement” (<strong>2020</strong>-<br />
2023) - PIARC/World Road Association, già<br />
membro della task force A.1 “Innovative Financing”<br />
(2016-2019), ed esperto del PPP International<br />
Centre of Excellence - UNECE. Docente di<br />
master in materia di PPP e finanza presso business<br />
school, relatore ad eventi ed autore di pubblicazioni<br />
tecniche, cura per la rivista leStrade<br />
la rubrica Finance & PPPs.<br />
1. Modelli di reporting del Public Sector a livello internazionale<br />
Fonte: IFAC<br />
La realizzazione di investimenti infrastrutturali strategici,<br />
come in settori chiave quale quello dei trasporti,<br />
ha sempre rappresentato uno stimolo alla<br />
crescita ed allo sviluppo economico. Tanto più in momenti<br />
di rallentamento prolungato della crescita economica<br />
stessa o addirittura di crisi. Riprendendo la famosa<br />
identità keynesiana (Y = C + I + G + [X-M]), il PIL (Y) è<br />
determinato, tra gli altri, proprio dagli investimenti produttivi<br />
(I) realizzati. Citando il Fondo Monetario Internazionale,<br />
si è calcolato come un incremento degli investimenti<br />
infrastrutturali pari all’1% del PIL generi, nelle<br />
economie avanzate, un +0,4% di PIL nello stesso anno<br />
ed un +1,5% in quattro anni. Inoltre, entro il 2030, occorreranno<br />
globalmente ca. 57 trilioni/$ di investimenti<br />
per supportare con infrastrutture adeguate l’incremento<br />
della popolazione e la crescita del PIL. Il tema è se<br />
sia davvero così automatico riaccendere il motore della<br />
crescita, soprattutto nei paesi avanzati. Sicuramente<br />
attivare/riattivare lo sviluppo infrastrutturale di un paese<br />
è fondamentale per rilanciarne l’economia in quanto<br />
le infrastrutture ne sono l’elemento trainante ed il tessuto<br />
connettivo, questo ovviamente considerando le specificità<br />
nazionali (nei paesi avanzati, tendenzialmente,<br />
vi sarà un focus sui “nodi” e sull’efficienza/innovazione<br />
piuttosto che solo sulle grandi opere, come avviene in<br />
paesi in via di sviluppo che ne sono sprovvisti). Meccanismi<br />
contrattuali quali quelli di Partenariato Pubblico-Privato<br />
(PPP) per la realizzazione di investimenti pubblici,<br />
volti al necessario coinvolgimento di partner privati (per<br />
sopperire alla mancanza di fondi, alla presenza di vincoli<br />
di bilancio dovuti a deficit/debito pubblico e per apportare<br />
maggior efficienza), rappresentano da decenni una<br />
soluzione affermata. Tuttavia vi sono molteplici esempi<br />
internazionali in cui importanti programmi di coinvolgimento<br />
di finanza e partner privati nella realizzazione<br />
di opere pubbliche, anche attraverso meccanismi di<br />
PPP, non abbiano portato a risultati ottimali per la finanza<br />
pubblica. Basti pensare ai risultati in UK in termini di<br />
value for money per la collettività della “Private Finance<br />
Initiative” (1992-2018), o alle evidenze emerse dalle relazioni<br />
speciali in materia di PPP nell’UE realizzate dalla<br />
Corte dei Conti Europea, o ancora a molteplici programmi<br />
internazionali di PPP in paesi in via di sviluppo. A livello<br />
nazionale italiano, rilevanti progetti originariamente di<br />
“finanza privata” sono stati interessati da cost-overrun<br />
e time-overrun, necessitando infine di ingenti interventi<br />
pubblici non programmati. In questo momento storico<br />
così complesso, la necessità di riattivare da subito la<br />
crescita del paese riporta l’attenzione sulla realizzazio-<br />
condo la definizione comunitaria EPEC), ossia la fase<br />
inziale del PPP process-cycle. Tuttavia, a causa delle<br />
tendenziali condizioni di difficoltà delle finanze pubbliche,<br />
il PPP spesso viene inteso, scorrettamente, come<br />
mezzo per ottenere il finanziamento della realizzazione<br />
di infrastrutture beneficiando di ovvi vantaggi in termini<br />
di contabilità pubblica ma senza prestare l’adeguata<br />
rilevanza alle preliminari valutazioni di finanza pubblica<br />
relative a tali programmi strutturati e/o singoli progetti.<br />
Analisi che costituiscono uno strumento essenziale<br />
nel processo decisionale (es. scartare soluzioni di<br />
PPP poco sostenibili in base ad un effettivo “value for<br />
money” per la finanza pubblica, determinare i rischi di<br />
progetto, far emergere l’azzardo morale, aumentare gli<br />
aspetti relativi alla trasparenza dei costi dei progetti).<br />
Il ruolo centrale dei PPP nello sviluppo sostenibile è stato<br />
nuovamente affermato anche negli Strategic Development<br />
Goals per il 2030 realizzati dalle U.N. (in parne<br />
delle opere pubbliche, in particolare tramite meccanismi<br />
di PPP. Pertanto, assumono un ruolo fondamentale<br />
le valutazioni di finanza pubblica volte a pianificare e<br />
realizzare correttamente le opere necessarie, garantendo<br />
la “sostenibilità fiscale” di tali investimenti per la collettività<br />
nel lungo periodo. Con i parametri di Maastricht<br />
sospesi, possibili semplificazioni delle procedure in materia<br />
di appalti e con la probabile disponibilità di ingenti<br />
fondi comunitari e nazionali, sarà essenziale porre al<br />
centro la sostenibilità degli investimenti pubblici. Elemento<br />
imprescindibile per riprendere un reale sviluppo<br />
economico-sociale nei prossimi anni.<br />
Infrastrutture stradali e PPP<br />
per rispondere all’emergenza<br />
Francesco Longo<br />
Anas SpA<br />
(Gruppo FS Italiane)<br />
PIARC/WRA<br />
TC 1.3 <strong>2020</strong>-2023<br />
2. 17 UN<br />
Strategic<br />
Development<br />
Goals 2030<br />
17 LS<br />
Linee guida internazionali<br />
in materia di Fiscal Feasibility<br />
La “fiscal feasibility” è elemento fondamentale del processo<br />
decisionale nella c.d. “appraisal phase” come definita<br />
a livello internazionale (“project identification” seticolare<br />
il 17° SDG, ma con diversi altri rimandi). Nelle<br />
linee guida delle principali organizzazioni sovranazionali<br />
resta primario il ruolo della “fiscal feasibility” dei<br />
PPP. A livello U.N. basti pensare ai c.d. Guiding Principles<br />
per PPP in linea con gli SDGs nonché ai nuovi strumenti<br />
sviluppati quali il framework e modello contrattuale<br />
(PPP Model Law) ed il sistema di rating dei PPP<br />
(PPP Impact Assessment Tool) in linea con tali SDGs.<br />
Ulteriori rilevanti esempi sono le molteplici linee guida<br />
della World Bank e/o altre MDBs, o ancora le c.d. Raccomandazioni<br />
dell’OECD in materia di public governance<br />
dei PPP e le osservazioni delle istituzioni comunitarie<br />
(Corte dei Conti Europea, Commissione Europea, EIB<br />
ed EPEC). Mobilizzare capitali privati attraverso i PPP<br />
richiede doverosamente l’implementazione di corretti<br />
sistemi di public financial management. Un’attenta<br />
pianificazione a livello di proiezioni fiscali e degli impatti<br />
sul budget pubblico, in quanto trattasi di cicli di vita<br />
dei progetti e relativi contratti di lungo termine (20-<br />
30 anni o più) che espongono le finanze pubbliche a<br />
ingenti “fiscal burden” (oneri diretti/indiretti). Questo<br />
soprattutto in caso di stanziamento di rilevanti contributi<br />
pubblici (conto capitale/esercizio) ed in particolare<br />
per grandi progetti c.d. “government-pays” con pagamenti<br />
diretti ai partner privati (es. canoni di disponibilità,<br />
tariffe ombra). In merito agli oneri contingenti/<br />
potenziali per il futuro, che possono raggiungere livelli<br />
enormi, è fondamentale, in fase di pianificazione, calcolare<br />
i possibili impatti in termini di garanzie e supporto<br />
al credito, di clausole di compensazione e/o termine<br />
del contratto. Una pianificazione di finanza pubblica<br />
(periodicamente aggiornata) per tali programmi e progetti<br />
infrastrutturali in PPP deve basarsi su solide assunzioni<br />
(es. aspetti legati a realistiche evoluzioni della<br />
domanda e delle tariffe, ritorno in termini fiscali da<br />
Il pacchetto di stimoli all’economia messo in campo complessivamente<br />
da tutti i Paesi del mondo a maggio <strong>2020</strong> ammonta<br />
a circa 11 mila $ mld. Una cifra solo in apparenza esagerata.<br />
Da diversi anni assistiamo ad una nuova polarizzazione dell’economia<br />
globale, la Cina sta crescendo in modo esponenziale<br />
ma è ancora un mercato emergente quindi almeno per qualche<br />
anno dovremo continuare a guardare quello che succede<br />
ora ad Ovest per capire cosa succederà domani a noi. Gli Stati<br />
Uniti, infatti, hanno risposto all’emergenza mettendo in campo<br />
risorse senza precedenti. L’impatto degli stimoli fiscali sul PIL USA è del 15%. Interventi<br />
come quelli successivi alla crisi del 1929 o del 2008 si fermavano a circa il 5% del<br />
PIL. Perché gli USA considerano questa crisi tre volte più grave di qualsiasi altra? Quasi<br />
certamente per via della consapevolezza che in questo caso non si tratta di una bolla finanziaria<br />
che si ripercuote sull’economica reale, ma di un’implosione dell’economia reale<br />
che, se non fermato, innesterà un circolo distruttivo dai mercati finanziari, allo stato<br />
sociale, all’economia reale nuovamente. Fa riflettere il fatto che il tasso di disoccupazione<br />
USA sia aumentato a livelli di inizio millennio mentre lo S&P sia quasi già rimbalzato ai<br />
livelli pre-crisi. Sono due indicatori tra quelli che generalmente precedono una stagflazione,<br />
ovvero una contemporanea crescita di prezzi e disoccupazione, peggio della recessione<br />
che è già in atto. Anche l’Europa ha messo in campo stimoli rilevanti, basti pensare<br />
al fondo SURE (200 € mld), al MES “Light” (240 € mld), alle risorse della BEI (200 € mld)<br />
al Recovery Fund (750 € mld di cui 500 a fondo perduto). A questi si aggiunge la politica<br />
monetaria della BCE che ha esteso il quantitative easing a 1.350 € mld, favorito dalle Outright<br />
Monetary Transactions, ovvero la possibilità di comprare illimitatamente i titoli dei<br />
Paesi. L’Italia ha previsto finora interventi per circa 80 € mld (di cui 25 nel DL “Cura Italia”<br />
e 55 nel DL “Rilancio”), ovvero il 4% del PIL, contro una media tra Francia, Germania,<br />
Spagna e Regno Unito di circa 350 € mld ciascuno (15% del PIL, in coerenza con quanto<br />
messo in campo dagli USA). Alla luce di quanto sopra, la risposta alla domanda in intestazione<br />
è no. Le risorse non sono sufficienti, o perlomeno possiamo dire che siano un<br />
terzo rispetto a quelle messe in campo dagli altri Paesi, che potrebbero aumentare fino<br />
alla metà se si tengono in considerazione i citati strumenti messi a disposizione dall’UE.<br />
In conclusione sono necessari ulteriori 80-100 € mld. Potremmo anche pensare di essere<br />
più efficienti degli altri e di ritornare ai livelli pre-crisi con la metà delle risorse, ma sappiamo<br />
che non è così perché viviamo in un mercato globale dove, se non “vedi” la puntata<br />
dell’altro giocatore, sei fuori dal gioco, ovvero corri il rischio non solo di non ripartire,<br />
ma anche di raddoppiare l’attuale distanza da economie più avanzate.<br />
Come incrementare le risorse<br />
La risposta può sembrare banale ma non lo è: debito. Il rapporto debito/PIL dell’Italia si<br />
attesta a circa il 135% (155% dopo le misure per l’emergenza Covid-19). Il rapporto deficit/PIL<br />
dell’Italia si attesta a circa l’1,6% (8% dopo le misure per l’emergenza Covid-19). È<br />
sicuramente alto rispetto ai Paesi europei più avanzati che hanno un rapporto debito/PIL<br />
che oscilla tra il 60% ed il 90% ed un rapporto deficit/PIL che oscilla tra zero e 8% (post<br />
misure Covid-19). Ma perché un Paese come il Giappone ha un debito di oltre il 200% del<br />
suo PIL e mantiene fondamentali stabili? Non solo perché il debito pubblico del Giappone<br />
è detenuto dai giapponesi e dalla sua banca centrale, ma soprattutto perché gli investitori<br />
si fidano del Giappone per la crescita del mercato interno e per l’efficiente allocazione<br />
della spesa pubblica, ciò porta i tassi quasi a zero. Sono questi i due fattori chiave<br />
che rendono meno problematico il debito pubblico. Inoltre, in questo periodo di scarsa<br />
circolazione della moneta, sarebbe inopportuno pensare a imposte patrimoniali o peg-<br />
7/<strong>2020</strong> leStrade<br />
7/<strong>2020</strong>