catalogo Favoliamo di Giovanna Lonigo
Catalogo della mostra personale di Giovanna Lonigo alla Galleria Schubert
Catalogo della mostra personale di Giovanna Lonigo alla Galleria Schubert
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Favoliamo
una mostra di
Giovanna Lonigo
Fotografie:
Giorgio Galibariggi
Favoliamo
una mostra di
Giovanna Lonigo
Pagine seguenti e terza di copertina:
acrilico su tela cm.15x15 della serie Art in a Box
Arte onirica
G
li artisti, oggi più che in altre epoche, godono di una libertà assoluta potendo accedere ad
una pluralità di forme con cui poter realizzare se stessi per il tramite delle proprie opere.
L’arte ha infatti assunto innumerevoli forme. Sia forme esterne che forme interne.
Con forme esterne intendo quegli aspetti che il corpus maecanicum dell’opera ha assunto nelle
varie epoche storiche e che oggi spazia oltre i confini dell’immaginazione del homo sapiens
sapiens di appena qualche generazione fa, e con forme interne attinenti al corpus misticum,
ovvero quella parte estetica significante in se. [eventuale riferimento al triangolo semantico dove
il corpus misticum è quel qualcosaltro e il segno è il corpus mecanicum.
Gli artisti si rivolgono sempre al proprio interno per trovare ispirazione per le loro creazioni.
Tutti gli artisti, dopotutto, proiettano il proprio mondo nella peculiare forma espressiva che
essi usano. Qualcuno arriva al proprio io più profondo, qualcuno rimane più invischiato in
sovrastrutture culturali del proprio vissuto, ma la materia da cui tutti comunque attingono
rimane sempre interna. Credo che se si volesse individuare nello specifico il vero luogo dell’arte,
a mio modo di vedere, dovremmo dire che esso è nell’artista e che la sua opera nella sua forma
materiale altro non è che la proiezione di questa sua interiorità. Alcuni artisti, poi, manifestano
maggiormente questo particolare topos dell’arte rivolgendosi palesemente, anche nella forma
esterna, ovvero quel corpus maecanicum che si diceva, al proprio mondo interiore. Questi,
andando a prendere frammenti di vissuto o, addirittura, stati emozionali amplificati da visioni
oniriche, sono una lampante prova di ciò. Pertanto se l’aspetto iconico potrebbe far presagire una
sorta di mimetismo formalmente rappresentativo, la narrazione conseguente la lettura delle loro
opere sfata completamente questo preconcetto. Anche in questi casi potremmo parlare, fuori da
ogni dubbio, di una caratteristica presentativa e non rappresentativa, come verrebbe d’acchito
fare fuorviati dalla leggerezza dell’immagine facilmente riconoscibile.
Come per ogni opera che si definisce artistica è richiesta una lettura profonda e anche in queste
opere si deve necessariamente riflettere sui contenuti simbolici ed emozionali che veicolano.
Sull’argomento tanto è stato detto da Susanne Langer tra gli anni cinquanta e sessanta del secolo
scorso. Nei suoi saggi è stato trattato molto il rapporto tra aspetti rappresentativi e presentativi
dell’espressione artistica nel suo complesso, mutuando il discorso da Cassirer e le sue forme simboliche.
Non è quindi il caso di cercare, qui ed ora, di lanciarsi in approfondimenti che poco si
addicono ad una curatela di una esposizione di questo tipo, ma è importante tenere presente che
“noi non vediamo le cose come sono, le vediamo come siamo”. Questa citazione un po’ talmudica
mi viene sempre alla mente quando si deve affrontare la complessità di esprimere un pensiero
che possa essere recepito o meno dal lettore, vista la sua opinabile ambiguità, ma l’affermazione
aiuta a comprendere ed evidenziare un’altra riflessione: ognuno di noi genera il proprio mondo
a partire dalle proprie esperienze; e sia l’artista sia lo spettatore hanno costruito i propri mondi
personali su basi differenti (prossime in certi casi e per certi versi basi comuni, che porteranno
comunque a risultati differenti in varia misura). Queste esperienze si accumulano e si collocano
in ben precisi luoghi della memoria. Da ciò ne consegue che ognuno vive in una propria realtà,
unica nel suo genere, e solo per qualche verso affine e tangente a quella degli altri. Una realtà che
fonda la propria consistenza nell’accumulo di esperienze che solo in parte sono condivise e condivisibili
dagli altri. Gli artisti, persone in questo un po’ speciali, non sono da meno. Si è detto
all’inizio come gli artisti trovino al proprio interno il materiale su cui lavorare e gli artisti presentati
in questa piccola rassegna ne sono gli alfieri condividendo modalità e direzione di ricerca.
Favoleggiare
U
no dei tanti luoghi comuni che si aggirano intorno alle arti è che l’arte debba nascere dalla
sofferenza ed esprimerla palesemente. Ma questa non è una regola. Può anche essere un
aspetto di alcune opere e di alcuni artisti, ma non è una regola come non è una regola che l’arte
debba inquietare o stupire o, addirittura, scioccare. L’artista può soffrire o non soffrire, l’opera
può esprimere sofferenza oppure no. Ogni opera è un messaggio che l’artista invia al pubblico e il
pubblico recepisce secondo la propria realtà, ovvero secondo la propria chiave di lettura che difficilmente
comprende in toto la realtà costruita dall’artista, ma al più può avvicinarvisi. Per farlo
nel migliore dei modi si dovrebbe partire da quella che potrebbe essere la “funzione dell’arte”, o
per lo meno una di queste.
Per molti l’arte assolve una funzione salvifica e per qualcuno potrebbe diventare addirittura
una forma di “escapism” come la ebbe a definire Rothko in un suo pamphlet: uno strumento
di evasione da una realtà che nel bene o nel male ci circonda. Una realtà in cui siamo inevitabilmente
e ineluttabilmente immersi, una realtà che ci siamo costruiti, aggiungerei. Una fuga
salvifica quindi quella che ci portano i nostri artisti, perchè un arte che fugge dalla realtà assolve
alla propria funzione tanto quanto quella che la realtà la interpreta e la racconta. Ma potremmo
definirla solo un’opera d’evasione? Forse, ma forse no. Un “no” secco e deciso se consideriamo il
termine “evasione” come definizione di qualcosa che distrae, qualcosa che sia solo superficiale e
che si limiti ad una mera decorazione, pur mantenendo quelle caratteristiche decorative che le
arti dovrebbero sempre assolvere in una civile convivenza con il pubblico.
Lonigo e Degli Abbati, ad esempio, decostruiscono la realtà riportandoci in un mondo simbolico
legato all’infanzia. Entrmbi sfruttano una decostuzione del piano temporale portando lo spettatore
in un mondo confortevole dove poter regredire al periodo che maggiormente si associa
all’idea di serenità.
Non sono i soli a farlo certamente. Non è forse il meccanismo subliminale che usa anche Jeff
Koons con i suoi “balloon Puppies”? E cosa dire di Roy Lichstenstein nel suo portarci, forse
involontariamente, ad una memoria di adolescenza con i suoi fumetti, icone Pop traslate dalla
stampa pulp in edicola, alla tela della pittura in galleria? Non sono forse anche queste decostruzioni
cronologiche o mnemoniche che dir si voglia?
Ma Lonigo, differentemente dal “simbolismo Pop” della cultura anglosassone, lo fa con una narrazione
complessa, come lunga e complessa è la nostra storia dell’arte: Lonigo con le favole, Degli
Abbati con simboli e composizioni oniriche. Entrambi raccontano, ed entrambi ci trasportano
con una stimolazione sinaptica della regione limbica in un mondo condiviso da molti e che per
molti rimane soffocato dalla realtà nel quotidiano. L’esperienza estetica conseguente ha un effetto
salvifico quindi; la sua forza dirompente libera quei ricordi confortevoli che ciascuno di noi ha
vissuto in tempi remoti con la forza empatica dell’opera dipinta.
L’epifania non è immediata. Occorre un po’ di attenzione, ma poi è facile. Tutto appare chiaro nel
senso e nell’effetto; o così è nell’intento degli artisti nei confronti del pubblico loro affine. Credo
che il messaggio sia facile da recepire. Il rumore di fondo non può essere così assordante. Tutti,
lasciandosi andare non possono che sentirlo.
Andrea Schubert
aspettando alice 2013
olio su tela cm.100x120
elefante all’ora del te 2012
olio su tela cm.120x80
Pagina seguente: all’ombra del sottobosco 2015
olio su tela cm.100x120
attenti al lupo 2020
olio su tela cm.100x80
est sud est ai confini del mondo 2014
olio su tela cm.100x120
il paradiso può attendere 2015
olio su tela cm.120x100
invito a cena con delitto 2014
olio su tela cm.70x70
pesci a colazione 2018
olio su tela cm.80x100
tutti a casa 2020
olio su tela cm.100x150
le giraffe sono curiose 2012
olio su tela cm.120x80
Giovanna Lonigo nasce a Milano nel 1966 dove attualmente vive e
lavora.
Frequenta da bambina lo Studio Blu del pittore milanese Dadi Orsi.
Si diploma al Liceo Artistico Orsoline e nel 1990 si laurea in Architettura
al Politecnico di Milano.
Dal 1990 al 1996 lavora per lo Studio Bacigalupo Ratti partecipando alla
ristrutturazione del Teatro dal Verme. Si occupa successivamente della
ristrutturazione di appartamenti e loft affiancando al lavoro di interior
designer la sua passione per la pittura.
Dal 2005 realizza una serie di acquarelli e lavori a tempera cui preferirà
successivamente la tecnica ad olio e inizia la sua carriera artistica esponendo
in numerose mostre collettive e personali
Dal 2016 affianca alla pittura il lavoro di coordinamento della Scuola
Li.S.T.A., Libera Scuola di Terapia Analitica, basata sul pensiero e la
prassi di C. G. Jung. Questa nuova esperienza porta una profonda
trasformazione anche nella sua ricerca artistica da sempre legata alla
dimensione onirica.
Mostre personali
2011, Il mondo di Alice, Atelier - Galleria la Stanza, Milano
2012, Dietro allo specchio, Spazio espositivo Dulcis in Fundo, Milano
2013, Una notte nel bosco, Satura Art Gallery, a cura di Andrea Rossetti, Genova.
2014, Fotogrammi onirici, Spazioporpora, Milano.
2015, Me at the zoo, Enterprise Hotel, Milano.
2015, Mostra personale Zen Arte, Milano.
2016, Mostra personale Azimut, Corso Venezia 48, Milano
2018, Mostra personale Zen Arte, Milano.
Mostre collettive:
2018 ZOO Art - collettiva curata da Maria Irene Vairo, Chie Art Gallery, Milano
2015 Stataments 2015, Circoloquadro, a cura di Ivan Quaroni
2014 ContemporaneaMENTE, Palazzo Stella, Genova.
Il riciclo, Cam di corso Garibaldi, Milano
Colore, per gioco e per amore, ChieArt Gallery, Milano.
Lo specchio magico della pittura, MaMo Gallery, Milano.
L’urlo della crisi, Palazzo Ducale, Genova
2013 Individualità, Chie Art Gallery, Milano.
Arte in diretta ,Spazioporpora, Milano.
Genova ARTE, 5° Biennale d’arte contemporanea, Genova.
Il tempo, cronologia individuale, XL Combines, Milano
Color Power, Chie Art Gallery, Milano.
LIBER arte, Palazzo Stella, Genova.
2012 Story of a dream, Chie Art Gallery, Milano.
Color Power, Chie art gallery, Milano.
Sogno e follia, Chie art gallery, Milano.
Giovanna Lonigo
Favoliamo
una mostra di