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Ottopagine Storie 01

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Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

di Federica D’Ambro<br />

Corri<br />

Chiama<br />

Vivi<br />

Aggressioni davanti i figli, abusi subiti in strada<br />

I centri antiviolenza e la gestione<br />

dei codici rossi non si sono mai fermati<br />

I dati di Salerno confermano<br />

la tendenza in Italia<br />

Corri. Chiama. Vivi. Sarebbe bello se fosse<br />

semplice come scriverlo così, nero su bianco,<br />

come la copertina di quest’articolo. Solo in<br />

questa settimana una donna nel Salernitano ha<br />

chiamato i carabinieri denunciando di essere<br />

stata aggredita fisicamente dal marito dinanzi ai<br />

figli minorenni. Qualche giorno più tardi una ragazza<br />

21enne di Salerno si è recata di sua spontanea volontà in<br />

caserma per denunciare un abuso che ha subito in strada, in<br />

pieno giorno.<br />

segue


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

Dicono la vita<br />

sia una questione di scelte.<br />

C’è chi guarda la vita<br />

con mille sfumature<br />

di colori,<br />

chi in bianco e nero<br />

e chi si ferma<br />

all’apparenza.<br />

Una gonna corta,<br />

l’acconciatura<br />

al punto giusto,<br />

una scollatura bassa<br />

e il giudizio<br />

è pronto:<br />

se l’è cercata.


Lockdown<br />

+75 per cento<br />

le chiamate<br />

MA CALANO<br />

LE DENUNCE<br />

L'Organizzazione mondiale<br />

della sanità e le numerose organizzazioni<br />

impegnate sul<br />

territorio avevano avvertito<br />

dei rischi durante il lockdown<br />

di aumento di episodi di aggressione<br />

ai danni delle<br />

donne, costrette in casa con<br />

compagni e familiari violenti.<br />

L'Istat ha certificato che la preoccupazione<br />

è diventata realtà.<br />

Dal 1° marzo al 16 aprile, nel<br />

pieno dell'emergenza coronavirus,<br />

sono state 5.031 le telefonate<br />

al 1522, il numero verde<br />

messo a disposizione dal Dipartimento<br />

per le Pari opportunità<br />

della presidenza del<br />

Consiglio per aiutare le vittime<br />

di violenza di genere e<br />

stalking: il 73% in più sullo<br />

stesso periodo del 2<strong>01</strong>9. Le vittime<br />

che hanno chiesto aiuto<br />

sono state 2.<strong>01</strong>3 (+59%). Le<br />

chiamate sono aumentate in<br />

particolare in Sardegna, Toscana,<br />

Umbria, Emilia Romagna,<br />

Lombardia e Lazio. Per<br />

contro, a marzo le denunce per<br />

maltrattamenti in famiglia<br />

sono diminuite del 43,6%,<br />

quelle per omicidi di donne<br />

del 33,5%, tra le quali risultano<br />

in calo dell'83,3% le denunce<br />

per omicidi femminili da parte<br />

del partner. Solo col tempo si<br />

potranno comprendere le motivazioni<br />

del calo, in particolare<br />

delle denunce, che potrebbero<br />

essere legate alla<br />

difficoltà e paura di allontanarsi<br />

da casa e trovare una sistemazione<br />

alternativa. Le<br />

vittime, donne nel 97% dei<br />

casi, un dato costante nel<br />

tempo, appartengono a diverse<br />

classi di età e sono in maggioranza<br />

coniugate, segno che la<br />

richiesta di aiuto proviene da<br />

un tipo di violenza di coppia.<br />

E la maggior parte non denuncia<br />

proprio perché le aggressioni<br />

si verificano per lo più<br />

all'interno di contesti familiari.<br />

La casa è uno dei luoghi<br />

in cui più di frequente avviene<br />

la violenza: il 93,4% di chi si è<br />

rivolto al 1522. Nella maggior<br />

parte dei casi la violenza non<br />

appare un episodio sporadico:<br />

il 74,6% dichiara che dura da<br />

anni (era il 72,6% nello stesso<br />

periodo del 2<strong>01</strong>9), il 18,6% da<br />

mesi. Il 45,3% racconta di<br />

avere paura di morire e per la<br />

propria incolumità, un aumento<br />

di 5,4 punti percentuali<br />

nel periodo 1° marzo-16 aprile<br />

di quest'anno rispetto al 39,9%<br />

dello stesso periodo del 2<strong>01</strong>9.<br />

Nella maggior parte dei casi,<br />

poi, le violenze avvengono<br />

alle presenza dei figli, spesso<br />

minori.<br />

Dicono la vita sia una questione di<br />

scelte. C’è chi guarda la vita con mille<br />

sfumature di colori, chi in bianco e<br />

nero e chi si ferma all’apparenza. Una<br />

gonna corta, l’acconciatura al punto<br />

giusto, una scollatura bassa e il<br />

giudizio è pronto: se l’è cercata.<br />

Una casa di campagna, un cane o<br />

magari uno o più figli. Una cucina<br />

sempre profumata, il grembiule<br />

sempre sporco, un occhio livido<br />

coperto dal fondotinta.<br />

Ci sono storie nella vita di ognuno di<br />

noi che non possiamo leggere con<br />

apparenza. Ogni giorno, per la strada,<br />

potrebbero passarci accanto almeno<br />

dieci donne vittime di violenza di<br />

genere e potremmo non rendercene<br />

conto mai. Perché la violenza non è<br />

semplice a parole. Come la spieghi,<br />

come la giustifichi agli altri quando in<br />

realtà la prima persona con cui non<br />

riesci a giustificarti sei proprio tu, la<br />

vittima. E quante volte ce lo siamo<br />

chiesto, perché a me? A questa<br />

domanda nessun centro antiviolenza,<br />

psicologo, medico, poliziotto o militare<br />

avrà mai una risposta giusta.<br />

Quindi, a fronte degli ultimi due<br />

episodi avvenuti a Salerno, cosa è<br />

successo in questo periodo di<br />

lockdown, quando ogni pubblicità del<br />

Paese, in ogni momento, tra un<br />

programma e l’altro ci intimava di<br />

“restare a casa”?<br />

“L’unico reato che in questi due mesi<br />

non è diminuito è quello del Codice<br />

Rosso”. Ci rispondono dalla Questura<br />

di Salerno. Il codice rosso è una nuova<br />

legge entrata in vigore lo scorso 9<br />

agosto 2<strong>01</strong>9 a tutela delle vittime di<br />

violenza domestica.<br />

“Abbiamo ricevuto almeno 3 o 4<br />

chiamate alla settimana da donne in<br />

difficoltà. Nessun caso eclatante ma se<br />

tanti reati come furto e spaccio sono<br />

diminuiti, è un dato importante sapere<br />

che questo non è cambiato, nonostante<br />

tutto”. Impossibile fare statistiche<br />

rispetto allo scorso anno, non ci sono<br />

ancora i tempi. Sapere, però, che nulla<br />

è cambiato è significativo. Nonostante<br />

tutto, infatti, le donne hanno<br />

continuato a subire violenza.<br />

Nonostante fossero in casa con il<br />

proprio aguzzino, hanno comunque<br />

trovato il coraggio di chiamare e<br />

denunciare.<br />

Lo stesso numero di telefonate è<br />

arrivato anche al centro antiviolenza<br />

del territorio “Linearosa”, gestito<br />

dall’associazione “Spazio Donna”, un<br />

Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong>


tro la violenza 1522.<br />

“Abbiamo ricevuto molte telefonate<br />

e siamo intervenuti in più occasioni.<br />

In questo periodo per tante donne è<br />

stato più difficile chiamare e, inevitabilmente,<br />

le violenze sono aumentate”.<br />

Conclude Tabano che ha<br />

voluto ricordare la storia di Filomena<br />

Lamberti, salernitana sfregiata<br />

dall’acido per mano del marito<br />

che grazie al centro ha cambiato la<br />

sua vita, scrivendo anche il suo<br />

primo libro “Voci amiche di Spazio<br />

Donna” dove racconta la sua testimonianza.<br />

Filomena oggi, è il volto<br />

che rappresenta gli sforzi e il lavoro<br />

di persone che Vilma Tabano che<br />

non si sono fermate all’apparenza,<br />

non si sono arrese, semplicemente<br />

ascoltando dal 1992.<br />

Quello che emerge è che in due<br />

mesi, secondo i dati forniti della<br />

Questura di Salerno, i casi di viofilo<br />

diretto di ascolto per donne in<br />

difficoltà, che ha come obiettivo<br />

quello di fornire assistenza e tutelare<br />

le donne che subiscono violenza.<br />

“Abbiamo ricevuto almeno tre telefonate<br />

a settimane da donne che ci<br />

chiedevano aiuto”. Ci racconta<br />

Vilma Tabano, presidente di Spazio<br />

Donna che ha voluto spiegarci, step<br />

by step, cosa significa denunciare e<br />

riuscire ad andare avanti.<br />

“Solitamente le donne ci chiamano<br />

per essere aiutate ma ci sono diversi<br />

passaggi da seguire prima di arrivare<br />

alla denuncia definitiva. Una<br />

prima telefonata con gli avvocati,<br />

psicologi e assistenti sociali del nostro<br />

centro, anche in videochiamata<br />

visti i tempi. Successivamente un<br />

secondo colloquio e solo dopo con<br />

piena sicurezza si procede a denunciare<br />

i fatti, l’uomo che li ha causati<br />

e magari anche ad allontanarsi da<br />

quella casa. Non tutte, però, decidono<br />

veramente di andare avanti,<br />

denunciare e cambiare vita”.<br />

Condividere è più facile. Coabitare<br />

rende tutto più difficile. Tra gli<br />

obiettivi dell’associazione quello di<br />

abbattere il muro di silenzio, complicità<br />

che tiene nascosta la violenza<br />

di genere. Il numero del centro è<br />

collegato al numero nazionale con-<br />

lenza non sono diminuiti, le donne<br />

hanno continuato a subire ma, soprattutto,<br />

hanno imparato a denunciare,<br />

ad avere la forza di farlo,<br />

anche con il rischio di essere ascoltate<br />

da un marito, figlio, compagno<br />

violento. Hanno imparato ad abbattere<br />

quel muro di omertà.<br />

Quindi, alla fine della storia, correre<br />

può essere un modo per evadere.<br />

Forse, il primo che salta alla mente<br />

quando si è vittima di una violenza<br />

fisica, sessuale, verbale. Poi però ci<br />

si ferma, ci si guarda intorno e non<br />

è sempre scappando che i problemi<br />

svaniscono, certe volte tornano solo<br />

a bussare più forte.<br />

Chiamare può essere la soluzione.<br />

Per dire cosa? Sono una vittima di<br />

violenza di genere. Viene facile<br />

quando i segni sono visibili sul tuo<br />

corpo in maniera evidente, le persone<br />

riescono a crederti se si vedono.<br />

Ma se la violenza è avvenuta<br />

in passato e se è verbale e psicologica,<br />

chi mi crederà? Sicuramente<br />

persone come Filomena e Vilma.<br />

Più semplicemente persone che<br />

ascoltano guardando oltre l’apparenza.<br />

Vivere è il terzo passaggio, quello<br />

più difficile perché avviene dopo<br />

anni. Una violenza non si dimentica.<br />

Si trova solo il modo di andare<br />

avanti, convivendoci.


Smart<br />

working<br />

a chi?<br />

Il Centro Direzionale senza uffici muore<br />

Cinzia e la rabbia<br />

del Comitato “Uniti per rinascere”


A Napoli esistono<br />

interi quartieri<br />

dedicati agli uffici,<br />

con attività economiche<br />

e commerciali<br />

che vivono di quel<br />

flusso di lavoratori<br />

che entrano<br />

ed escono secondo<br />

orari ben precisi: come<br />

il Centro direzionale<br />

di Claudio Mazzone<br />

La pandemia che stiamo ancora vivendo ha lasciato<br />

segni evidenti di rottura con il passato.<br />

C’è un prima Covid-19 e ci sarà un dopo. A<br />

mutare in maniera sostanziale è stato il mondo<br />

del lavoro e non solo per il numero record di<br />

ore di cassa integrazione richieste ma soprattutto<br />

per la scoperta e l’utilizzo dello smart working.<br />

Questa modalità di lavoro agile che abbatte la socialità e<br />

la mobilità dei lavoratori è perfetta nei frangenti nei quali<br />

il distanziamento sociale è l’unico modo per assicurare la<br />

salute pubblica.<br />

L’utilizzo del lavoro agile però ha conseguenze reali sulle<br />

città, su come sono disegnate, sulle realtà economiche territoriali.<br />

Conseguenze che molti sembrano non aver calcolato<br />

e che oggi appaiono evidenti nella sofferenza reale<br />

delle attività economiche.<br />

Esistono, anche a Napoli, interi quartieri dedicati agli uffici,<br />

con attività economiche e commerciali che vivono di quel<br />

flusso di lavoratori che entrano ed escono secondo orari<br />

ben precisi.


L’interrvista. Parla Cinzia<br />

Il Centro di Direzionale di Napoli è uno di quei quartieri pensati,<br />

costruiti e cresciuti attorno agli uffici. Tra le torri di Pagliara<br />

e Renzo Piano, di 200 attività commerciali esistono e<br />

vivono grazie ai lavoratori che in massa arrivarono al mattino<br />

e vanno via alla sera.<br />

Con lo smart working il Centro Direzionale è diventato un<br />

deserto anche durante gli orari nei quali di solito brulicava di<br />

migliaia di persone. Il quartiere futuristico dell’archistar giapponese<br />

Kenzò Tange si è svuotata e la ripartenza qui significa,<br />

oltre a disinfettanti, mascherine, visiere e guanti, anche desolazione,<br />

bar e negozi vuoti e difficoltà economica reale di sopravvivenza<br />

per le attività economiche.<br />

Il comitato Uniti per rinascere del Centro Direzionale ha organizzato<br />

una protesta silenziosa davanti alla torre del Consiglio<br />

Regionale nell’isola F di un arcipelago di torri che<br />

sembra ormai staccarsi sempre di più dalla città. Ogni attività<br />

ha allestito il suo tavolino per chiedere aiuti concreti anche<br />

alla regione. Ci sono molti striscioni appesi sui quali si legge<br />

la paura, la rabbia e la preoccupazione dei negozianti, dei ristoratori,<br />

dei baristi. “Se lavorare non è più un diritto…Pagare<br />

le tasse non è più un dovere” è scritto con lo spray su un lenzuolo.,<br />

“Riaprire gli uffici per salvare le imprese. Stop smart<br />

working” si legge su uno degli striscioni del Comitato che ha<br />

pensato di cavalcare anche l’onda mediatica del governatore<br />

lanciando un ironico “Presidente posa il lanciafiamme e aiutaci<br />

a rinascere”.<br />

“Siamo qui per mostrare la nostra difficoltà - ci dice Cinzia<br />

Testa, del Comitato Uniti per Rinascere del Centro Direzionale,<br />

che ha un negozio di abbigliamento proprio nell’isola<br />

F/11 - Come siamo stati costretti a chiudere per il Covid-19,<br />

così siamo stati messi allo sbaraglio nell’apertura, senza le<br />

condizioni giuste per lavorare. Noi siamo un mondo com-<br />

Ogni attività<br />

ha allestito<br />

il suo tavolino<br />

per chiedere aiuti<br />

concreti alla Regione<br />

Molti striscioni<br />

sui quali<br />

si legge la paura,<br />

la rabbia<br />

e la preoccupazione<br />

dei negozianti


pletamente diverso, siamo un mondo a parte rispetto al<br />

fronte strada. Qui lavoriamo in funzione degli uffici. Con<br />

lo smart working abbiamo perso il 90% di opportunità di<br />

vendite e di lavoro. Questo vale per la salumeria, per il<br />

giornalaio, per l’abbigliamento, per quanto riguarda anche<br />

la ristorazione. Noi siamo più di 200 attività e siamo tutte<br />

nelle stesse condizioni, dal più grande, il colosso che ha<br />

aperto da quando è stato costruito il Centro Direzionale,<br />

al più piccolo, come me che ha aperto da un anno e mezzo.<br />

Vorrei degli aiuti dello stato. Prestiti a fondo perduto per<br />

sopperire alle perdite che abbiamo sostenuto con la chiusura.<br />

Ma vorremmo fare del Centro Direzionale, che dovrebbe<br />

essere il fiore all’occhiello della città, una zona<br />

franca per permettere agli uffici di tornare nel Centro Direzionale,<br />

visto che molti se ne sono andati per i costi alti<br />

che si sono”.<br />

Nel primo cluster di grattacieli dell’Europa meridionale,<br />

in questo luogo che avrebbe dovuto rappresentare, sin<br />

dagli anni ’80, la capacità di Napoli di vivere una dimensione<br />

nuova, è in atto un nuovo conflitto sociale che dovrebbe<br />

fare da propulsione per ridisegnare le città in un<br />

ottica funzionale che deve fare i conti con un mondo che<br />

dopo questo virus non sarà più lo stesso.<br />

I commercianti che chiedono la fine dello smart working<br />

rappresentano non solo le loro attività economiche ma un<br />

intera realtà geografica che rischia di perdere le sue funzioni,<br />

di essere inghiottita nell’abbandono, nel deserto<br />

umano e sociale di intere torri vuote, di strade senza vita e<br />

di realtà lavorative senza lavoratori.


La fotogallery. Il giorno della protesta


Depuratori,<br />

per la Procura<br />

sono un bluff<br />

Inquinamento ambientale, frode nelle pubbliche forniture,<br />

truffa aggravata, gestione illecita di rifiuti, scarichi di acque<br />

reflue senza autorizzazione, abuso d’ufficio e falsità ideologica<br />

di Enzo Spiezia<br />

ha chiesto le dimissioni<br />

di un assessore della<br />

giunta Mastella perché è<br />

la moglie di uno degli indagati,<br />

e chi ha puntato il<br />

C'èchi<br />

dito in modi diversi contro<br />

la Gesesa, invitando l'amministrazione comunale<br />

ad aprire una istruttoria per accertare se la<br />

società, che gestisce il servizio idrico a Benevento e<br />

in molti comuni del Sannio ed è partecipata in via<br />

maggioritaria dall'Acea, abbia adempiuto agli obblighi.<br />

A distanza di oltre una settimana, fa ancora<br />

sentire i suoi riflessi l'inchiesta della Procura di Benevento<br />

e dei carabinieri del Noe sull'inquinamento<br />

dei fiumi.<br />

Inquinamento ambientale, frode nelle pubbliche forniture,<br />

truffa aggravata, gestione illecita di rifiuti,<br />

scarichi di acque reflue senza autorizzazione, abuso<br />

d’ufficio e falsità ideologico: queste le ipotesi di<br />

reato contestate a vario titolo in un'attività investigativa<br />

supportata da intercettazioni telefoniche e da<br />

una consulenza tecnica disposta dal Pm.<br />

Una indagine che ha chiamato in causa, a vario titolo,<br />

trentatre persone, e ritiene di aver messo a<br />

nudo una serie di criticità nella gestione operativa<br />

dei depuratori da parte della Gesesa, ed i rapporti<br />

con funzionari pubblici e titolari di laboratori di analisi.<br />

Una presunta commistione che, secondo gli inquirenti,<br />

avrebbe consentito alla Gesesa di<br />

risparmiare sui costi attraverso i risultati degli esami<br />

effettuati sui campioni delle acque di scarico, definiti<br />

solo “documentalmente conformi” ai parametri<br />

di legge”. Siamo sereni, dimostreremo nelle sedi opportune<br />

la nostra estraneità a questi fatti”, ha com-


mentato il presidente<br />

della Gesesa Luigi Abbate.<br />

Dodici i depuratori<br />

sequestrati tra Benevento<br />

– Ponte delle Tavole, Capodimonte<br />

e Pontecorvo<br />

– Telese Terme (2), Frasso<br />

Telesino, Melizzano, Forchia,<br />

Castelpoto, Morcone,<br />

Ponte e Sant'Agata<br />

dei Goti – sul presupposto<br />

che siano state riversate<br />

nei corsi d'acqua, la<br />

cui condizione sarebbe<br />

per questo peggiorata,<br />

“acque non o mal depurate”.<br />

Un capitolo non<br />

nuovo alle cronache giudiziarie<br />

sannite. Quello<br />

appena raccontato è infatti<br />

uno dei tronconi di<br />

un lavoro avviato tra la<br />

fine del 2<strong>01</strong>6 e gli inizi del<br />

2<strong>01</strong>7, alcuni mesi dopo la<br />

sentenza con la quale il<br />

Tribunale aveva assolto,<br />

perchè il fatto non sussiste,<br />

ventidue ex o attuali<br />

sindaci ai quali erano stati<br />

addebitati, con posizioni<br />

diverse, le accuse di disastro<br />

ambientale colposo<br />

ed omissione in atti di ufficio.<br />

Un processo sul<br />

quale aveva pesato l'impossibilità<br />

di illustrare in<br />

aula e tener conto dei risultati<br />

delle analisi, dichiarati<br />

inutilizzabili<br />

durante l'udienza preliminare,<br />

su eccezione della<br />

difesa, perchè i campionamenti<br />

e la loro successiva<br />

valutazione erano stati<br />

eseguiti non in contraddittorio.<br />

Un errore non ripetuto<br />

nell'inchiesta bis,<br />

che nel 2<strong>01</strong>8 aveva fatto<br />

registrare il sequestro preventivo<br />

degli scarichi di<br />

sei comuni e degli impianti<br />

di depurazione,<br />

con facoltà d'uso, di cinque<br />

centri, tra i quali il capoluogo.<br />

Lo scorso anno,<br />

poi, erano state archiviate<br />

le posizioni di ventuno<br />

sindaci, a differenza di<br />

quelle degli altri, ancora<br />

in attesa di definizione.<br />

Tre amministratori – uno<br />

in carica, gli altri no –<br />

sono stati coinvolti nell'ultima<br />

operazione, con<br />

l'esecuzione di una ordinanza<br />

del gip Loredana<br />

Camerlengo, impugnata<br />

dinanzi al Riesame. Nei<br />

prossimi giorni saranno<br />

fissate le discussioni dei<br />

ricorsi.


Invisibili,<br />

sanatoria<br />

e ricatti<br />

Mancano le norme attuative ma caporali<br />

già al lavoro per chiedere tangenti<br />

a chi aspira a mettersi in regola<br />

di Rossella Strianese<br />

non sappiamo<br />

nemmeno<br />

quali<br />

saranno le modalità<br />

per accedere<br />

alla “Ancora<br />

regolarizzazione dei migranti che già ci<br />

sono arrivate segnalazioni e voci di tentativi<br />

di ricatto messi in atto da caporali<br />

di diverse etnie pronti a lucrare sui permessi<br />

di soggiorno”. A denunciare è<br />

una delle figure sindacali di riferimento<br />

per i braccianti della Piana del Sele, Giovanna<br />

Basile, della Flai Cgil di Salerno.<br />

Nella Piana non si è mai smesso di lavorare.<br />

Fino a fine giugno si raccolgono<br />

le fragole nelle serre, le aziende forniscono<br />

mascherine e guanti, si lavora una<br />

fila sì e una no per rispettare il distanziamento.<br />

Si calcola solo nell provincia di salerno<br />

la presenza di 12mila braccianti migranti<br />

che vivono in modo pressocché<br />

stabile, in 3mila non hanno il permesso<br />

di soggiorno.<br />

Per loro si apre una possibilità ma il rischio<br />

che i caporali (stranieri e italiani)<br />

mettano le mani sull'ennesima sanatoria<br />

è molto alto. Due, anche tremila euro<br />

per “comprare” il permesso di soggiorno,<br />

per inserirsi nel complesso meccanismo<br />

di una legge che ancora una<br />

volta parte con i migliori auspici ma poi<br />

nella pratica attuativa non riesce a centrare<br />

l'obiettivo. Da giorni si discute del<br />

progetto di regolarizzare i lavoratori immigrati<br />

a cui è scaduto o che non hanno<br />

mai avuto il permesso di soggiorno in<br />

Italia. La proposta, fatta dalla ministra<br />

dell’agricoltura Teresa Bellanova di Italia<br />

Viva e sostenuta da quella dell’interno<br />

Luciana Lamorgese, è inserita nel<br />

decreto Rilancio da 55 miliardi di euro.<br />

Secondo alcune stime potranno accedere<br />

a questa procedura 200mila delle<br />

circa 600mila persone che vivono nel<br />

paese senza un regolare permesso di<br />

soggiorno.<br />

Per la Campania si calcola ci siano almeno<br />

50mila migranti irregolari. Non<br />

solo braccianti agricoli, sfruttati fino allo<br />

sfinimento, ma anche badanti nelle case,<br />

sono le persone più esposte a rischi, perché<br />

senza tutele. Uomini e donne che<br />

potrebbero essere, se regolarizzati e se-


Nella Piana del Sele, tra Eboli e Battipaglia


Separare<br />

le vittime<br />

dai carnefici<br />

significa<br />

operare<br />

uno stretto<br />

controllo<br />

su tutta<br />

la filiera<br />

burocratica<br />

garantendo<br />

il territorio<br />

<strong>Storie</strong><br />

Otto<br />

pagine<br />

Alle perplessità<br />

espresse<br />

dal sindacato<br />

si aggiungono<br />

le proteste<br />

degli stessi<br />

lavoratori<br />

irregolari<br />

che in questi giorni<br />

hanno manifestato<br />

a Napoli<br />

contro la sanatoria<br />

guiti dalle organizzazioni<br />

datoriali, inseriti regolarmente<br />

nel mondo del lavoro.<br />

L'obiettivo è proprio il superamento<br />

di ogni possibile intermediazione<br />

illegale,<br />

quando non addirittura criminale,<br />

che sull’inefficienza<br />

del sistema attuale lucra in<br />

termini economici sulla pelle<br />

di migliaia di persone.<br />

Una regolarizzazione richiesta<br />

anche dalle associazioni<br />

di categoria degli agricoltori<br />

italiani, che temono di non<br />

poter svolgere il raccolto per<br />

via della mancanza di manodopera<br />

straniera. Ma questo<br />

vale soprattutto per l'area del<br />

casertanmo dove si registra<br />

una maggiore presenza di<br />

braccianti “stagionali” mentre<br />

nella Piana del Sele ci<br />

sono soprattutto lavoratori<br />

“stanziali”.<br />

Il primo aspetto che non convince<br />

è la durata e la platea<br />

dei beneficiari: la procedura<br />

– che è stata frutto di un<br />

lungo negoziato tra i partiti<br />

di governo – avrà la durata<br />

di soli sei mesi ed è riservata<br />

solo ad alcune categorie lavorative.<br />

Si può chiedere la regolarizzazione<br />

del proprio status attraverso<br />

due canali: i datori<br />

di lavoro possono chiedere<br />

di regolarizzare un immigrato<br />

che vogliono assumere,<br />

oppure i migranti<br />

possono chiedere un permesso<br />

temporaneo di sei<br />

mesi per cercare lavoro. Questo<br />

secondo canale può essere<br />

usato solo da quelli che<br />

potranno dimostrare di aver<br />

già lavorato nei settori lavorativi<br />

previsti dalla riforma,<br />

cioè nei settori della cura<br />

delle persone non autonome,<br />

della casa e l’agricoltura.<br />

“Un gesto di civilità”<br />

“Un gesto di civiltà per ridare<br />

dignità alle lavoratrici e<br />

ai lavoratori invisibili del settore<br />

agricolo”. Così Giuseppe<br />

Carotenuto,<br />

presidente nazionale di<br />

Alpaa, l’associazione dei lavoratori<br />

e produttori agricoli<br />

e ambientali<br />

“Questo provvedimento,<br />

chiesto con forza dalla Flai-<br />

Cgil nazionale, con la campagna#RegolarizzateliTutti,<br />

rappresenta un’opportunità<br />

di crescita e valorizzazione<br />

per tutte le aziende e anche<br />

per le piccole imprese che<br />

potranno intraprendere un<br />

percorso di legalità e di qualità<br />

per la valorizzazione del<br />

lavoro agricolo e dei territori<br />

e dei prodotti agricoli. Giusto<br />

- prosegue Carotenuto - penalizzare<br />

chi pratica il caporalato<br />

e l'intento di<br />

regolarizzare chi lavora in<br />

agricoltura. Dobbiamo però<br />

stare attenti a separare sempre<br />

le vittime dai carnefici chi<br />

è costretto a lavorare senza<br />

tutele non può essere messo<br />

alla stregua di chi sfrutta”<br />

conclude il presidente nazionale<br />

di Alpaa.<br />

Separare le vittime dai carnefici<br />

significa innanzitutto<br />

operare uno stretto controllo<br />

su tutta la filiera burocratica<br />

ma nello stesso tempo controllo<br />

del territorio.<br />

“Per questo abbiamo chiesto<br />

e ottenuto un primo incontro<br />

con il Prefetto di Salerno –<br />

spiega Basile della Flai Cgil –


affinché si metta in atto da<br />

subito il controllo da parte<br />

delle forze dell'ordine su due<br />

aspetti cruciali: il trasporto e<br />

l'ingerenza dei caporali nelle<br />

procedure di ottenimento del<br />

permesso di soggiorno”.<br />

Il trasporto dei braccianti nei<br />

campi resta infatti uno dei<br />

passaggi cruciali della questione.<br />

L’impossibilità di realizzare<br />

l’incontro concreto tra<br />

domanda e offerta in agricoltura<br />

determina situazioni favorevoli<br />

alla diffusione di<br />

transazioni illecite gestite dal<br />

“caporalato” e incrementa la<br />

concentrazione di immigrati<br />

irregolari in zone spesso già<br />

degradate.<br />

Ecco perchè accanto alla possibilità<br />

di emersione del lavoro<br />

irregolare con una<br />

misura che renda “conveniente”<br />

denunciare per il datore<br />

di lavoro, ci deve essere<br />

l’impegno a sottrarre al “caporale”<br />

la sua funzione di<br />

prestatore di servizi o di collettore<br />

tra le esigenze dell’imprenditore<br />

e quelle dei<br />

lavoratori, a partire proprio<br />

dal trasporto e da una serie<br />

diffusa di servizi connessi<br />

come, ad esempio, la proposta<br />

di cibo che viene offerta ai<br />

lavoratori nei campi durante<br />

la loro pausa di lavoro, la garanzia<br />

di riportare i lavoratori<br />

nei loro domicili e così<br />

via.“La soluzione non è<br />

semplice – ammette ancora<br />

Giovanna Basile – Molte<br />

aziende hanno messo a disposizione<br />

dei bus per il trasporto<br />

dei braccianti ma non<br />

basta. La normativa anti contagio<br />

impone che la capienza<br />

dei mezzi debba dimezzarsi<br />

per consentire il distanziamento,<br />

sarebbero necessarie<br />

più corse giornaliere per portare<br />

i lavoratori nei campi e<br />

poi: da dove li fai partire? Insomma<br />

è complicato gestire<br />

tutta la fase. Abbiamo manifestato<br />

il problema anche al<br />

settore trasporti della Regione<br />

Campania, perché si<br />

preveda qualche linea di trasporto<br />

dedicata verso il<br />

luogo di lavoro dal punto di<br />

raccolta del lavoratore. Ma<br />

ripeto: ci sarebbe bisogno di<br />

sedersi a un tavolo e affrontare<br />

tutti gli aspetti della questione”<br />

Alle perplessità espresse dal<br />

sindacato si aggiungono le<br />

proteste degli stessi lavoratori<br />

irregolari che in questi<br />

giorni hanno manifestato a<br />

Napoli contro la “sanatoria<br />

degli invisibili”.<br />

Secondo i manifestanti questo<br />

provvedimento si dimostra<br />

essere molto simile alla<br />

sanatoria del 2009 varata dall'allora<br />

ministro dell'interno<br />

Roberto Maroni, una sanatoria<br />

che generò un giro di<br />

truffe di qualche decina di<br />

milioni d'euro.<br />

Gli attivisti di Potere al Popolo<br />

e il Movimento Migranti<br />

e Rifugiati hanno<br />

organizzato un flash mob<br />

di protesta fuori la Prefettura<br />

partenopea in Piazza del Plebiscito.<br />

“Questa sanatoria è<br />

una truffa – dicono gli attivisti<br />

– il permesso di soggiorno<br />

promesso dalle ministre Bellanova<br />

e Lamorgese esclude<br />

diverse categorie lavorative,<br />

ha una durata irragionevole<br />

di sei mesi che porrà i pochi<br />

soggetti che ne faranno richiesta<br />

in una condizione<br />

di precarietà e ricattabilità da<br />

parte dei datori di lavoro,<br />

oltre a generare tempi di attesa<br />

e lavoro ancora più lunghi<br />

nelle questure. La cosa<br />

più grave – proseguono i


manifestanti – è che il provvedimento<br />

non è orientato secondo principi costituzionali,<br />

dunque, non stabilisce un<br />

processo di emersione dallo status di invisibilità<br />

per fronteggiare e ridurre i rischi<br />

dettati dall’emergenza sanitaria da<br />

Covid-19, ma risponde a esigenze prettamente<br />

economicistiche in favore della<br />

GDO (Grande distribuzione organizzata,<br />

ndr) e dello sfruttamento del lavoro<br />

di cura”.<br />

Le organizzazioni che si occupano di<br />

immigrazione chiedono che il permesso<br />

temporaneo per ricerca lavoro previsto<br />

al comma due della bozza duri più di<br />

sei mesi, sia valido per almeno un anno<br />

e aggiungono che si dovrebbe permettere<br />

non solo a braccianti, colf e badanti<br />

di regolarizzare la propria posizione,<br />

ma a chiunque sia sul territorio italiano<br />

senza permesso di soggiorno, innanzitutto<br />

per ragioni sanitarie e poi per la ricerca<br />

di un lavoro.<br />

Intanto la Regione Campania ha comunicato<br />

che ci saranno controlli sanitari<br />

sugli extracomunitari già presenti in<br />

Campania. «In relazione all’area casertana<br />

e salernitana, per la prima volta saranno<br />

sottoposti a controlli mirati da<br />

parte delle Asl le fasce della popolazione<br />

straniera che torneranno al lavoro con<br />

la riapertura delle aziende»: il riferimento<br />

del presidente della regionale<br />

Campania, Vincenzo De Luca, è ai braccianti<br />

agricoli di Terra di Lavoro e della<br />

Piana del Sele. Palazzo Santa Lucia ha<br />

stanziato 360mila euro per «interventi<br />

di assistenza integrata, cura e trattamento<br />

al fine di salvaguardare la salute<br />

dei migranti» delle due zone agricole.<br />

Le aziende hanno bisogno di manodopera<br />

visto che i lavoratori dell’est Europa<br />

non sono rientrati a causa delle<br />

frontire bloccate per il Covid-19.<br />

IL 5 APRILE<br />

De Luca aveva presentato il Piano socio<br />

sanitario per affrontare l’emergenza<br />

pandemia, una sezione era dedicata<br />

proprio ai braccianti migranti: 3.748.880<br />

euro totali per interventi che includono<br />

anche «sistemazione di immobili destinati<br />

al temporaneo alloggio degli immigrati,<br />

(1.473.000 euro); acquisizione di<br />

servizi di trasporto per supportare la<br />

mobilità, contrastando il rischio di contagio<br />

tra i lavoratori (350mila euro)».<br />

Gli interventi su alloggi e trasporti per<br />

ora non si sono visti.<br />

«Oggi non abbiamo più per fortuna i<br />

grandi ghetti come quello di san Nicola<br />

Varco – spiega Anselmo botte della Cgil<br />

Salerno, da anni impegnato sul territorio<br />

al fianco dei lavoratori stranieri – Restano<br />

tuttavia diverse situazioni di<br />

degrado e resta irrisolto il nodo del trasporto.<br />

La legge 199 del 2<strong>01</strong>6 contro il<br />

caporalato prevede protocolli tra enti<br />

pubblici e aziende per istituire un servizio<br />

sicuro, in modo da togliere un’arma<br />

agli sfruttatori ma è rimasta lettera<br />

morta. Lo stanziamento della Regione<br />

Campania rapprresenta sicuramente un<br />

aiuto importante ma è comunque legato<br />

all'emergenza sanitaria. Il nostro auspicio<br />

è che presto si possa affrontare il<br />

tema del lavoro straniero nei campi in<br />

modo strutturale e duraturo”.

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