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SPECIALE DONNE 2017 by Donna Impresa Magazine

E' INTELLIGENTE MA NON SI APPLICA Se si spiegano le cose in maniera tale che nessuno possa non capire, qualcuno non capirà. LEGGI LA STORIA DI QUESTE STRAORDINARIE PROFESSIONISTE: #Simonetta Lein #Adriana Agostini #Anadela Serra Visconti #Bianca Imbenbo #Bianca Luccibelli #Cecilia Villani #Claudia Ferrisi #Diana Alexandroae #Kasta Morrely #Emilia Manfredi #Irene Pivetti #Lorena Magliocco #Maria Pia DellaValle #Marzia Roncacci #Roberta Razzano #Valdiserri Mariella #Valeriana Mariani E’ giunto il momento affinché, fra le tante innovazioni, fra le tante affermazioni, fra le tante battaglie, si ricrei una moderna amalgama della comunicazione, del fare e dell’agire. Occorre che i valori dei generi si integrino, senza scimmiottarsi. Occorre educare le nuove generazioni ad un nuovo modello gerarchico che veda alla pari ogni essere umano, eliminando la diversità in quanto discriminazione, ma facendola diventare accrescimento. Solo così si potrà avere una svolta e si tornerà a crescere in un mondo civile: la società del futuro si fonda sull’esistenza e compatibilità, oltre che necessità, di considerare l’integrarsi di due mondi diversi elemento imprescindibile di progresso. Bisogna vedere la “differenza come ricchezza” e che questa differenza, quella di genere, che si moltiplica non con la sostituzione dei generi ma insegnando che l’affiancamento del modo di pensare e di agire al femminile, non solo è compatibile ed integrante all’attuale cultura aziendale maschile, ma crea quell’innovazione che può determinare il salto di qualità e la competitività sui mercati. La presenza femminile nei settori produttivi ha costituito e costituisce una straordinaria fonte di vitalità e innovazione per il sistema Italia che ha dimostrato di essere capace di rinnovarsi e di competere sui mercati internazionali in via del tutto spontanea nonostante l’inadeguatezza e l’assoluta mancanza di strumenti normativi idonei ad assecondarne il rinnovamento. Le caratteristiche peculiari dei manager del nuovo millennio saranno dunque da ricercarsi nella capacità di affrontare la complessità e il nuovo, l’etica nel lavoro, la capacità di condividere le responsabilità valorizzando i propri collaboratori, la capacità di apprendere e semplificare, di trovare soluzioni e condividerle con gli altri.... [...]

E' INTELLIGENTE MA NON SI APPLICA Se si spiegano le cose in maniera tale che nessuno possa
non capire, qualcuno non capirà.
LEGGI LA STORIA DI QUESTE STRAORDINARIE PROFESSIONISTE:
#Simonetta Lein #Adriana Agostini #Anadela Serra Visconti #Bianca Imbenbo #Bianca Luccibelli #Cecilia Villani #Claudia Ferrisi #Diana Alexandroae #Kasta Morrely #Emilia Manfredi #Irene Pivetti #Lorena Magliocco #Maria Pia DellaValle #Marzia Roncacci #Roberta Razzano #Valdiserri Mariella #Valeriana Mariani

E’ giunto il momento affinché, fra le tante innovazioni, fra le tante affermazioni, fra le tante battaglie, si ricrei una moderna amalgama della comunicazione, del fare e dell’agire. Occorre che i valori dei generi si integrino, senza scimmiottarsi. Occorre educare le nuove generazioni ad un nuovo modello gerarchico che veda alla pari ogni essere umano, eliminando la diversità in quanto discriminazione, ma facendola diventare accrescimento. Solo così si potrà avere una svolta e si tornerà a crescere in un mondo civile: la società del futuro si fonda sull’esistenza e compatibilità, oltre che necessità, di considerare l’integrarsi di due mondi diversi elemento imprescindibile di progresso. Bisogna vedere la “differenza come ricchezza” e che questa differenza, quella di genere, che si moltiplica non con la sostituzione dei generi ma insegnando che l’affiancamento del modo di pensare e di agire al femminile, non solo è compatibile ed integrante all’attuale cultura aziendale maschile, ma crea quell’innovazione che può determinare il salto di qualità e la competitività sui mercati. La presenza femminile nei settori produttivi ha costituito e costituisce una straordinaria fonte di vitalità e innovazione per il sistema Italia che ha dimostrato di essere capace di rinnovarsi e di competere sui mercati internazionali in via del tutto spontanea nonostante l’inadeguatezza e l’assoluta mancanza di strumenti normativi idonei ad assecondarne il rinnovamento. Le caratteristiche peculiari dei manager del nuovo millennio saranno dunque da ricercarsi nella capacità di affrontare la complessità e il nuovo, l’etica nel lavoro, la capacità di condividere le responsabilità valorizzando i propri collaboratori, la capacità di apprendere e semplificare, di trovare soluzioni e condividerle con gli altri.... [...]

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la comunicazione pensata

EDITORE

Donna Impresa Magazine

PRESIDENTE NAZIONALE

Donna Impresa

PRESIDENTE

Aziende Associate

PRESIDENTE

Di.Donna International

International Association

Women Entrepreneurs

and Business Leaders

Employment, Social Affaire

& Equal Opportunities

Valeriana Mariani

indossa un abito

della Fashion designer

Roberta Razzano

Hair Style

Gianni Nicolai

DONNA IMPRESA MAGAZINE - MILANO - ROMA - TORINO - FIRENZE - SIENA

BOLOGNA - VERONA - UDINE - NAPOLI - GENOVA - CATANIA - VERONA

VENEZIA - PESCARA - AOSTA - MATERA - REGGIO CALABRIA - PALERMO - BARI

PERUGIA - ANCONA - SALERNO - VARESE - PORTO SAN GIORGIO - ITALY

E' intelligente

ma non si applica

Se si spiegano le cose in maniera tale che nessuno possa

non capire, qualcuno non capirà.

rubrica a cura di Valeriana Mariani

E’ giunto il momento affinché, fra le tante innovazioni, fra le

tante affermazioni, fra le tante battaglie, si ricrei una moderna

amalgama della comunicazione, del fare e dell’agire. Occorre

che i valori dei generi si integrino, senza scimmiottarsi.

Occorre educare le nuove generazioni ad un nuovo modello

gerarchico che veda alla pari ogni essere umano, eliminando la

diversità in quanto discriminazione, ma facendola diventare accrescimento. Solo così si

potrà avere una svolta e si tornerà a crescere in un mondo civile: la società del futuro si

fonda sull’esistenza e compatibilità, oltre che necessità, di considerare l’integrarsi di due

mondi diversi elemento imprescindibile di progresso. Bisogna vedere la “differenza come

ricchezza” e che questa differenza, quella di genere, che si moltiplica non con la

sostituzione dei generi ma insegnando che l’affiancamento del modo di pensare e di

agire al femminile, non solo è compatibile ed integrante all’attuale cultura aziendale

maschile, ma crea quell’innovazione che può determinare il salto di qualità e la

competitività sui mercati. La presenza femminile nei settori produttivi ha costituito e

costituisce una straordinaria fonte di vitalità e innovazione per il sistema Italia che ha

dimostrato di essere capace di rinnovarsi e di competere sui mercati internazionali in via

del tutto spontanea nonostante l’inadeguatezza e l’assoluta mancanza di strumenti

normativi idonei ad assecondarne il rinnovamento. Le caratteristiche peculiari dei

manager del nuovo millennio saranno dunque da ricercarsi nella capacità di affrontare la

complessità e il nuovo, l’etica nel lavoro, la capacità di condividere le responsabilità

valorizzando i propri collaboratori, la capacità di apprendere e semplificare, di trovare

soluzioni e condividerle con gli altri (...)

Valeriana Mariani

www.donnaimpresa.com 25


La cura dei particolari, la concretezza, l’ordine e la diligenza: fattori indispensabili per il

raggiungimento degli obiettivi. Personalmente trovo inconcepibile che ancora oggi si parli di

“leadership al femminile”, che di solito si intende il modo in cui le donne agiscono la leadership o, in

altri termini, lo stile di leadership che caratterizza il genere femminile e non di “leadership

femminile”. Il presupposto è che la leadership di declini diversamente a seconda del genere, cioè

che le donne abbiano un modo diverso di essere leader dagli uomini. Questo è un argomento su

cui esistono varie opinioni: c’è chi come me ritiene ancora che la personalità, storia individuale e il

background (sociale, culturale, ecc.) pesino più del genere nel determinare lo stile di leadership e

c’è chi, diversamente, pensa invece che il genere dia una connotazione molto forte al

comportamento del leader. Non è una questione così banale. Immaginate di voler aumentare la

diversità all’interno di un consiglio di amministrazione i cui membri siano solo uomini, provengano

dall’establishment, siano laureati in economia o in legge nelle migliori università. Potete scegliere

tra una donna che ha fatto gli stessi studi e proviene dallo stesso background (bocconiana, master

alla Columbia University, posizioni di rilievo nel mondo finanziario) professionale degli altri membri

o uomo che di background e formazione diversa. Chi scegliereste? Chi potrebbe meglio salvare

questo ipotetico CdA dalle insidie del groupthink (cioè dalla tendenza a conformarsi a un punto di

vista dominante)? I tempi sono maturi perché si scelga chi sa porsi in modo deciso, chi sa

chiedere quando ritiene di meritare di più. A prescindere.

Donne ed ostacoli:

eseiltallone

d’Achille fosse solo

nella nostra testa?

Se ci sono davvero degli ostacoli da superare, quelli risiedono nella paura di rischiare che di solito

le donne hanno più degli uomini (non si costruisce il potere senza rischiare qualcosa e uscire dalla

propria comfort-zone) e nella scarsa capacità di un networking professionale in modo intenzionale

e strategico. Spesso le donne tessono relazioni nel privato e non lo fanno invece in campo

professionale. Le relazioni sono un modo di costruire potere, alleanze e tutto ciò che supporta il

raggiungimento degli obiettivi. Senza un buon network, è noto, si è tagliati fuori dalle decisioni e

dalle informazioni che contano. Ma anche: essere parte di un network professionale crea un

legame psicologico forte col lavoro. le donne devono diventare resilienti anche nel contesto

lavorativo. Il perseguimento del potere comporta anche sconfitte brucianti che arrivano dopo

grandi sforzi. Alla lunga, vince chi non si fa scoraggiare e ricomincia, cioè chi pensa al prossimo

gol e non a quello che ha appena subito. Ultimo impedimento, forse il più interessante, è quello

relativo al “fare squadra”; pensare di cambiare le dinamiche del potere senza una squadra

compatta è un’idea che non tiene conto, appunto, delle dinamiche di potere. Se oggettivamente vi

sono delle difficoltà, queste risiedono innanzi tutto nel non riuscire, noi tutti, uomini e donne, ad

inventarci nuove possibilità, percorrere strade a volte secondarie, più difficili e rischiose, ma di

grande libertà e autonomia. E sebbene pure oggigiorno il “fare impresa” in Italia di fatto equivale a

un’attività di equilibrismo in cui si è obbligati a barcamenarsi fra mille adempimenti burocratici e

problemi nel disperato tentativo di ritagliarsi del tempo per il lavoro vero e proprio, oltremodo

vessati da vincoli e tasse e con una situazione esterna che non favorisce flessibilità, creatività e

innovazione, vero anche che il piangerci addosso non è da ritenersi uno degli atteggiamenti

mentali fondamentali per un business fiorente e di successo. Se fare impresa oggi è davvero

“un'impresa”: noi ripensiamo il modo di farla. Credo fermamente che sia fondamentale riscoprire il

valore del fare economia, oggi ridotto a mera monetizzazione. Dobbiamo considerare che le

risorse del pianeta non sono infinite e che il bene comune è parte integrante del sistema

economico. Quelle che sono infinite, sono le nostre possibilità circa la capacità di ciascuno di noi di

ripensare ad un nuovo stile di vita che ci allontani dalla seduzione del doverci innalzare al di sopra

di tutti e tutto, al di sopra ed al di fuori dall’essenza di noi. Sta a noi svezzarci e renderci

indipendenti, di sentirci liberi dai nostri autosabotaggi, dalle convinzioni che ci limitano.

Soffitti a cielo

aperto:

qui-e-ora.

L’uguaglianza nella

differenza: casi

virtuosi.

Nella foto: Valeriana Mariani indossa una creazione di Giuseppe Perri. Hair Stilyst e

Regia Giuseppe Fata, MakeUp Dario Caminiti. Sullo sfondo, una tre gigantesche opere

scultoree dell'artista Paola Epifani, in arte Rabarama, collocate presso il Lungomare

Falcomatà di Reggio Calabria: Trans-lettera (bronzo dipinto bianco/nero, 2000).

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IRENE

La mia interlocutrice è Irene Pivetti. Una donna forte, schietta e determinata, quanto basta.

Quanto basta per rendersi immediatamente conto che con lei le chance devi guadagnartele,

a prescindere dal genere, a prescindere dallo status, a prescindere. E’ quel tipo di donna

capace di essere un'amica sincera, ma all'occorrenza, anche una formidabile avversaria. Ha il

carattere della leader, è combattiva, ma sa chinare la testa quando lo ritiene opportuno, e mai

per remissività. Istintiva, ma non impulsiva, se viene provocata ha una lingua molto tagliente

che può scegliere anche di non tenere a freno, poco le importa esser giudicata spregiudicata.

Se la cava con un sorriso dolcissimo, dopo. Di quelli che ti portano a perdonarle anche il più

audace dei commenti. Il più grande pregio di Irene ma anche il suo più grande difetto penso

sia quello di cercare il lato migliore in ogni persona, e ciò sembrerebbe essere in palese

contrasto con quanto espresso su di lei fino a questo momento, eppure non lo è. Riesce, con

la sua imprevedibile dolcezza, a tirare fuori da ognuno, le cose più belle e a trovare il lato

positivo in ogni situazione, fino a quando ovviamente non le si dia un valido motivo per

abbassare la soglia della fiducia e della meraviglia e guardare la realtà delle cose, e delle

persone, sulla base di criteri non manifesti, ma tangibili. E' una scelta morale. Irene Pivetti

non è una donna che ha bisogno di presentazioni vista anche la notorietà per i trascorsi

politici e l’impegno a favore della internazionalizzazione del made in Italy attraverso il

progetto “Only Italia” di cui è Presidente e che ha catturato la leadership nel progetto di

trasformazione globale, tuttavia ho voluto introdurre quanto ci appresteremo a leggere

essenzialmente per due motivi: il primo, per vanità. Il fatto che abbia deciso di dare continuità

ai nostri incontri mi fa sentire privilegiata. Non penso che sia così scontato piacerle. Il

secondo è che, pur mantenendo un senso di ospitalità ammirevole ed un essere

gradevolmente informale nell’atteggiamento e nella dialettica, anche più volte sconfinata in

rapidi excursus che poco avevano a che fare con il leit-motiv dell’intervista ma che si sono

resi indispensabili al fine della corrispondenza empatica, non si è sottratta dal dirmi che

dovevo sacrificare il mio barocchesco pourparler arzigogolato e ridondante ad un

interloquire contemporaneo senza troppi fronzoli e imbellettamenti e dal farmi percepire, con

lo sguardo qualcosa del tipo “… dai, che tanto ci siamo capite”. Il suo “... stringi stringi”

proferito con un sorriso appena accennato mi è parso come qualcosa di particolarmente

intimo, in quel momento avevamo compreso entrambe qualcosa di importante: lei poteva

sentirsi libera di esprimere la sua necessità a congedarmi anche frettolosamente vista

l’agenda che le imponeva ritmi faticosissimi sulla consapevolezza che io non mi sarei offesa.

Ci sono livelli di comprensione, più alta, dove le persone si incontrano. Oppure no. Che dire

ancora: credo che nella vita avere una passione, un obiettivo per cui lottare, forza di volontà,

crederci ed essere determinati, mettersi in gioco, siano gli ingredienti di una formula magica

per ottenere risultati stra-ordinari ma che a prescindere dall’obiettivo (che sia nello sport, nel

lavoro piuttosto che nella vita di tutti i giorni), l’unica cosa che davvero ci renda tali sia il

chiederci cosa merita i nostri sacrifici e come possiamo rendere speciale la nostra vita e

quella degli altri. Il resto è tempo perso. Scuse, alibi, chiacchiere, alienazione. Centrarci

dunque, riportando dentro di noi le scelte e la responsabilità dei risultati è l’unico modo di

trovare tutto ciò di cui abbiamo bisogno; i grandi uomini della storia d’altronde non avevano

risorse economiche, avevano situazioni culturali spesso avverse, avevano tutti contro, erano

spesso derisi. Cartesio, Leonardo da Vinci, Newton, Tesla, Marconi, Lincoln, Ghandi,

Churchill, Madre Teresa, Steve Jobs, Harley e Davidson, Bill Gates, e ne potremmo citare

decine o centinaia. Tutti accomunati da qualcosa, quel qualcosa che noi chiamiamo

passione, volontà, vision e determinazione incrollabile. Certo, anche dal genio. Non di meno,

il considerarsi parte di un universo in cui "esistere" sulla base del rispetto delle diversità

biologiche e culturali ma soprattutto sul credere fermamente che ogni loro azione potesse

fare la differenza. Invece di passare il tempo a spiegare perché oggi è così difficile

raggiungere un traguardo, perché non si possono fare certe cose, perché “era meglio

prima”… chiediamoci quanta, della nostra passione mettiamo in campo, quanto siamo

disposti a dare di noi e cosa possiamo fare per fare la differenza ogni giorno, per rendere

migliore noi stessi, il nostro lavoro e l’ambiente intorno a noi.

PIVE TTI

ORGANIGRAMMA " ONLY ITALIA"

* Presidente: Irene Pivetti

* Vicepresidente: Biagio Cerrato

* Amministratore: Stefania Villa

* Organo di valutazione: Michele Di Franco . Donato Nitti

Fernando Memoli

* Presidente Only Italia Academy: Elisabetta Amore

* Segreteria e Ufficio Stampa Antonella Pitrelli info-press

06.68408111 ufficiostampa@irenepivetti.it

www.only-italia.it

www.donnaimpresa.com 29


A partire dal suo inizio nel 2007, la crisi economica

mondiale ha rischiato almeno tre volte di sfociare in un

crollo totale: nell’autunno del 2008, dopo il fallimento di

Lehman Brothers e il panico sui mercati finanziari, nei

primi mesi del 2009, appena prima del varo del primo

quantitative easing e, di nuovo, a cavallo tra il 2011 e il

2012, all’apice della crisi del debito in Europa. Le

politiche “tappabuchi” avviate in ciascuna di tali occasioni

hanno evitato il blocco totale dei mercati finanziari, e

quindi anche del sistema economico mondiale, che

avrebbero portato a scenari da terza guerra mondiale.

Ma nonostante le iniezioni senza precedenti di liquidità, e

un periodo mai così protratto di interessi reali a zero,

l’economia, dopo più di cinque anni di crisi, continua a

essere moribonda in Europa, stagnante in termini reali

nella maggior parte del resto del mondo e in forte

rallentamento nei paesi emergenti. I responsabili delle

politiche economiche mondiali non si sono finora

distaccati dagli strumenti politici che sono un dogma del

neoliberismo: la politica monetaria intesa come

toccasana per ogni problema, l’austerità fiscale mirata in

primo luogo a diminuire l’incidenza del costo della

manodopera su quello complessivo di produzione. Il

quadro che abbiamo tracciato qui sopra, pur limitandosi

agli sviluppi degli ultimi mesi, parla chiaramente di una

situazione globale costantemente esposta al rischio di un

crollo e che nel migliore dei casi porterà solo al vicolo

chiuso di una lunga stagnazione. L’incapacità del potere

politico ed economico di andare al di là della ripetizione

automatica dei vecchi modelli, così come l’inefficienza

delle sue azioni, sono ormai evidenti da lungo tempo e la

sfiducia che generano in tutto il mondo è senz’altro uno

dei fattori che hanno portato negli ultimi due anni milioni

di persone a protestare a livello globale nelle forme più

varie e nei paesi più disparati. Quella che sta gestendo la

crisi non è più semplicemente una burocrazia, ma è

diventata una vera e propria “bancarottocrazia”, come la

ha definita giustamente l’economista greco Yanis

Varoufakis. Fra vecchie classi dirigenti che continuano a

fare il loro canto del cigno nonostante lo stato vegetativo

(a voler essere ottimisti) in cui soggiace la comunità

internazionale e le nuove leadership che stanno

avanzando prepotentemente, qualcuno in Italia, sulla scia

del “Poveri ma belli” il titolo di un vecchio film di Dino Risi

che ha simboleggiato la storia del costume italiano, ha

pensato di cogliere opportunità commerciali in un

continente, quello asiatico, intenzionato a scrollarsi di

dosso lo status di “catena di montaggio”. Lo sfruttamento

delle opportunità commerciali attraverso un uso efficiente

delle risorse è di fatto al centro della missione odierna in

Cina proposta da Only Italia il cui obiettivo generale è

promuovere la crescita e la competitività dell'industria

italiana valorizzando meglio le potenzialità di crescita dei

paesi terzi, nella fattispecie l'economia in espansione

della Cina. La missione intende inoltre rafforzare la

cooperazione economica e aiutare le imprese italiane ad

accedere al mercato cinese sulla base di nuove priorità

della politica cinese che puntano sul benessere della

popolazione (negli ultimi anni si è parlato anche di

“felicità”), sull'assoluta priorità da dare al rafforzamento

dello sviluppo sociale. La vecchia concezione di vita va

via via disperdendosi dunque, anche con un certo senso

di fallimento rispetto a quello che non è riuscita ad

ottenere: l'inquinamento e la devastazione ambientale

sono cresciuti a livelli mostruosi, il gap dei redditi è

diventato uno dei più gravi del mondo, la corruzione non

è stata per nulla abbattuta ed è diventata uno dei

problemi più gravi che minacciano la legittimità del

partito. Da questo punto di vista la leadership uscente

lascia una Cina che è cresciuta enormemente ma nella

quale sono anche cresciuti enormemente i problemi:

un'eredità grandiosa e al tempo stesso terribile alla

nuova leadership che adesso dovrà prenderla in mano.

Ciò nonostante, secondo diversi economisti cinesi,

mentre gli Stati Uniti sono stati danneggiati seriamente

dall’inizio della crisi, in Cina lo scenario negativo sta

svolgendosi più lentamente, dando in questo modo al

governo e al settore industriale di sviluppare una

strategiadimercatopiùeffettivaealungo termine.

Only Italia: progetto di

promozione del made in

Italy nato su iniziativa di

Irene Pivetti che si è

fatto strada nel mercato

del Drago.

L’obiettivo è quello di fornire un modello di

business che permette alle aziende

italiane di ottenere visibilità. Non più

aziende italiane che si affacciano

impreparate su un mercato sconosciuto,

dunque, bensì un sistema che mette a

disposizione le competenze di un team di

esperti italiani e cinesi che uniscono le

forze per lanciare in Cina prodotti italiani.

Il criterio per partecipare? Prodotti italiani

al 100%.

Cito testualmente, Irene “La missione di Only Italia è cavalcare la

crisi per trasformarla in opportunità capovolgendo le logiche

conservative e le strategie giocate in difesa a favore di un

approccio efficace ed aggressivo ai mercati emergenti e

abbandonando l'idea che essi rappresentino una minaccia per

concorrenza spesso sleale. L'export del Made in Italy in Cina è

un'opportunità di crescita per le aziende della rete”. Opportunità

concrete di internazionalizzazione, dunque ...

Si. La nostra è una missione che rientra nella serie delle "Missioni per

la crescita" finalizzate ad aiutare le imprese italiane, in particolare le

piccole e medie imprese, ad accedere e trarre profitto dal mercato

asiatico, ed in particolare cinese, nonché approfondendo la

cooperazione politica bilaterale in diversi settori al fine di incentivarne

sviluppo e la competitività. Only Italia raccoglie ricerche, analisi di

rischio e previsioni nel breve-medio periodo sul continente asiatico e

sulla Cina, e risponde all’esigenza di fornire uno strumento alle

imprese italiane che si affacciano su quei mercati, che stanno

valutando le strategie d’ingresso oppure che sono già presenti con

investimenti e che necessitano perciò di informazioni aggiornate e di

prospettiva sulla politica, l’economia, il business environment e le

opportunità legate all’ambiente ed alle energie pulite, al settore

sanitario, alimentare e bevande, macchinari, automotive, retail e

distribuzione, beni di lusso, chimico. L’originalità - e qui sta il nostro

più incisivo contributo - è che si tratta di un rapporto di carattere

previsionale, non una mera fotografia dello status quo. Tuttavia,

l’osservazione di tendenze storiche ed una solida conoscenza del

contesto attuale ci hanno consentito di sviluppare e proporre gli

scenari qui esposti. Fino a poco tempo fa la Cina rappresentava

soprattutto una piattaforma di produzione, approvvigionamento ed

esportazione, oggi è sempre più rilevante quale fonte di investimenti

diretti esteri e per il fatto che vi risiede una popolazione dinamica ed

imprenditoriale che rappresenta un quinto del pianeta ed ha la

possibilità di studiare, viaggiare, investire e lavorare all’estero.

Altro grande elemento di novità che offriamo è la possibilità di testare i

prodotti: il feedback è immediato, i clienti toccano con mano il

prodotto e, in base alle vendite, capiamo anche quali sono i loro gusti.

Nel contempo, le location particolari di cui disponiamo, facilmente

raggiungibili da ogni angolo della Cina, permettono di attrarre gli

operatori commerciali, i buyer. Le aziende italiane aderenti hanno la

possibilità di vendere il proprio prodotto, adeguatamente

sponsorizzato, in grandi corner multimarca dedicati presso grandi

catene di distribuzione, prime per importanza in Cina e tra le più

rinomate a livello mondiale.

Con quale criterio selezionate le vostre aziende?

I criteri di selezione sono sostanzialmente due: i prodotti devono

essere retail e made in Italy al 100%. Parliamo principalmente di

moda, gioielleria e bigiotteria, cosmetici e anche di gastronomia.

Inoltre, quando l'azienda ci propone i suoi prodotti, noi chiediamo un

feedback sulla base della valutazione visiva del prodotto e sulla fascia

di prezzo direttamente, aiutando in questo modo la società a puntare

su determinati prodotti piuttosto che altri.

Promozione dei brand italiani, dunque, ma sono solo marchi di

lusso?

Noi miriamo a quel target che è rappresentato dal numero sempre

crescente di cinesi che ambiscono al prodotto italiano, non

necessariamente rappresentato da marchi noti. Non parliamo quindi

di lusso nel senso stretto del termine, quanto piuttosto di prodotti di

qualità e di fascia medio-alta.

Perché la Cina è così interessata al made in Italy?

Il Made in Italy ha un forte appeal sul consumatore cinese e ciò vale

anche per cibo e vino, prodotti evocativi dello stile di vita italiano,

sebbene ancora percepiti principalmente come status symbol.

Fortunatamente, in Italia abbiamo ancora la capacità di far percepire

all'estero il pregio dei nostri prodotti. Oggi, per il consumatore di

fascia medio-alta cinese, il prodotto made in Italy è sinonimo

innanzitutto di qualità, ed in secondo luogo è evocativo di un certo

stile di vita, quello europeo, che ha il fortissimo potere di attrarre

clienti. Dei nostri prodotti agro-alimentari i cinesi apprezzano in modo

particolare le garanzie relative alla sicurezza alimentare, assicurate

dalla normativa italiana in materia. E', questo, un tema molto sensibile

in un paese in cui si sono verificati scandali relativi a casi di

intossicazione e contraffazione alimentare che hanno avuto una forte

risonanza nell'opinione pubblica. Altro aspetto molto importante per i

cinesi è l'autenticità, che noi possiamo garantire in quanto lavoriamo

a diretto contatto con i produttori, accorciando pertanto la filiera e

Li Jianping e Irene Pivetti, nominata Presidente di Italy China Friendship Association.Giugno 2013

“Finalmente

scesa dal “banco

degli accusati”,

l’industria cinese è

passata dalla

copia alla cultura

del branding,

investendo in

innovazione

tecnologica e

scegliendo di

competere sui

mercati di alta

gamma. Il

Florentia Village:

outlet a nord di

Pechino con le

grandi firme della

moda italiana in

una città

immaginaria che

riproduce un finto

Colosseo, finte

case fiorentine e

finti canali

veneziani, lo

dimostra.”

selezionando le produzioni migliori e più adatte al mercato cinese, sia

nella fascia entry level sia nell'alto di gamma.

Altri progetti di promozione dei marchi italiani in Cina sono falliti.

Qual è stato il vostro punto di forza?

Nel nostro progetto sono presenti tre importanti elementi di

innovazione. Il primo è che Only Italia ha un network fortemente

integrato con le strutture governative e con i canali commerciali della

Repubblica Popolare Cinese. Potrà sembrare meno “eroico” agli

imprenditori italiani, però funziona. Altro punto di forza è che siamo

consapevoli del fatto che il made in Italy ci difende bene, ma non è il

caso che ce ne stiamo seduti sugli allori: è assurdo pensare che il

made in Italy in Cina “si vende da solo”, per così dire… c'è bisogno di

un marketing specifico per quel mercato, i consumatori cinesi

vogliono il prodotto italiano nella sua unicità, o piuttosto un prodotto


prodotto italiano adattato alle caratteristiche del mercato cinese.

Sarebbe un grave errore per l’azienda italiana pensare che i propri

prodotti avranno successo solo perché di qualità. Pensiamo ad un

aspetto banale, ma fondamentale, come le taglie: abbiamo assistito alle

difficoltà di eccellenti aziende italiane produttrici di scarpe che non

vendevano perché la forma dei piedi dei cinesi è diversa, o piuttosto

perché i tagli degli abiti mal si adattavano alla conformazione fisica della

popolazione. Spesso abbiamo difficoltà a far capire alle aziende italiane

che c’è sempre da fare un lavoro di marketing: il made in Italy è la spinta

iniziale, ma il prodotto va adattato secondo il gusto del consumatore

finale. E’ dunque questo “fare sistema” aggregando produttori che

offrono una selezione delle eccellenze Made in Italy con la

consapevolezza che per affrontare un mercato enorme e complesso

come quello cinese la strategia vincente sia fare massa critica, ovvero

unire le forze e presentarsi compatti piuttosto che disperdere energie e

risorse procedendo per tentativi da parte di tanti singoli produttori, a

decretare le sorti di questo nostro progetto. Terzo punto di forza è

rappresentato dalla piattaforma di penetrazione commerciale che si

avvale di proprie licenze di importazione e distribuzione, in modo da

poter controllare l'intera filiera al fine di arrivare competitivi sul mercato, e

di uffici, show room, punti vendita (la rete di vendita Only Italia ha a

disposizione 9.000mq di aree adibite all'esposizione di abbigliamento e

fashion Made in Italy ed una logistica integrata basati in Cina e gestiti da

management italiano). La nostra rete commerciale, attualmente in via di

ulteriore potenziamento, si rivolge a ricerca, distribuzione, retail al fine di

offrire un paniere di prodotti quanto mai vario e rappresentativo del Made

in Italy e privilegiando produzioni dall'eccellente rapporto qualità-prezzo

e che possano quindi essere competitive nel mercato cinese.

E’ appena rientrata da una missione in Cina, dove ha presentato il

Global Fashion Design Center. Di cosa si tratta?

Global Fashion Design Center sarà un grande spazio interamente

dedicato a Design, Fotografia, Moda, Nuove Tecnologie, tutto all’insegna

del Made in Italy, che nascerà all’interno del Feng Jing Shopping Center,

distretto commerciale alle porte di Shanghai, città simbolo del

vertiginoso sviluppo dell’economia cinese. Lo abbiamo presentato in

Cina lo scorso 11 gennaio, con una conferenza stampa e un Gala che

hanno riscosso molto successo, sia con gli investitori che con i media

cinesi. GFDC rappresenta la prima pietra di un disegno molto ambizioso:

creare una solida partnership tra imprese italiane e cinesi finalizzate alla

promozione del Made in Italy. Il progetto nasce dalla collaborazione tra

Only Italia, ZonFA Commercial Management Group, importante gruppo

cinese, e Firmati & Griffati. Sono particolarmente orgogliosa di avere

avuto il sostegno del Consolato Italiano di Shanghai e dell’ICE. La

delegazione italiana di Only Italia era costituita da Maurizio Riccardi,

AGR Press e Archivio Riccardi; Carmine Marinucci, General Secretary di

AICI, Italian Institute of Culture Association; Flavio Corradini, Rettore

Università di Camerino; Raoul Carbone, presidente di VIGAMUS The

Video Game Museum of Rome. Una Delegazione importante, composta

da esponenti del mondo dell’Impresa, della Comunicazione e delle

Università italiane, che curerà i vari progetti del Global Fashion Design

Center, che saranno divisi in tre grandi aree: Fashion School and

Laboratories; Photography Laboratory & Museum; Fashion Videogame

Museum. Una sfida che mi entusiasma e che rappresenta una bella

occasione di promozione per le imprese italiane che aderiranno al

progetto.

Sappiamo che il Made in Italy per i consumatori cinesi rappresenta

un vero oggetto del desiderio: sinonimo di Moda, Eccellenza,

Lusso. Cos’è per Irene Pivetti il lusso?

«Il vero lusso è la cultura e soprattutto la cultura del bello. Le nostre città

moderne sorgono sopra e accanto ad edifici di 2500 anni fa. Uno

studente italiano va a scuola in metropolitana passando sotto al nostro

magnifico Colosseo. Una signora italiana fa shopping in mezzo a palazzi

del 1500, non solo a Roma, a FirenzeoaVenezia, ma nelle oltre 200

città d’arte d’Italia. Dall’arte antica viene la nostra cultura del bello, non si

può capire Versace senza conoscere i templi della Magna Grecia, non si

può capire Prada senza conoscere i disegni di Leonardo da Vinci. Per

me la sfida del Global Fashion Design Center è questa: portare la

cultura dell’Italia, un paese dove il bello viene dalla Storia, nel paese più

moderno del mondo, la Cina, dove il bello fa sempre pensare al futuro».

Irene Pivetti con Chen Denghua, Presidente Shanghai

ZONFA Electric Group

Irene Pivetti con Eugenia Palagi

del Consolato Italiano di Sganghai,

Elisabetta Merlino dell'ICE e parte

della delegazione Only Italia

Irene Pivetti con Merlino dell'ICE e la

delegazione italiana a Shanghai

C. Marinucci, M. Riccardi,

Irene Pivetti

Richard Ding, F. Corradini.

Nella foto: Irene Pivetti firma ad Hong Kong l'accordo di collaborazione con

Mr. Lin Zhuoyan, Presidente di China Infrastructure Group".

di Antonella Pitrelli responsabile comunicazione" Only Italia"

e

Only Italia China

Infrastructure

Group firmano una

partnership per portare in

Cina i brand italiani della

moda

Il27 marzo 2014 èstatofirmatoaRomaunimportanteaccordotraOnly Italia

e China Infrastructure Group (International) Limited, finalizzato alla

distribuzione in Cina di brand italiani della moda. La conferenza stampa, cui

saranno presenti Mr. Lin Zhuoyan, Presidente di CG.Intl. LTD e Irene Pivetti,

Presidente di Only italia, si terrà presso l' Auditorium del Museum Ara Pacis.

Only Italia è da anni impegnata a promuovere e distribuire in Cina le imprese

italiane dei più svariati settori merceologici (dalla moda all’enogastronomia,

dall’arredamento al settore del lusso), di cui garantisce e certifica, con il suo

marchio registrato, la qualità e la produzione originale Made in Italy.

China

Infrastructure Group è un importante Gruppo cinese e internazionale, con

base ad Hong Kong, attivo nel settore immobiliare, dell’energia, delle

infrastrutture, che ha deciso di investire nella realizzazione di grandi centri

commerciali, a partire dalla provincia del Guangdong . "Si tratta di un accordo

importante per il nostro Made in Italy. Sono molto orgogliosa di avviare una

partnership con un grande gruppo cinese che vuole investire in Italia, in un

progetto come Only Italia che ha da sempre l’obiettivo di promuovere il made

in Italy, il modo italiano di fare impresa e di creare beni di consumo, brand, ma

anche arte e cultura. La collaborazione con China Infrastructure Group è

finalizzata alla distribuzione e vendita di brand italiani della moda nei loro

grandi centri commerciali in via di costruzione in Cina. Questo accordo –

continua Pivetti - è dunque il coronamento della pluriennale attività di Only

Italia, per l'internazionalizzazione delle imprese italiane in Cina, la distribuzione

dei loro prodotti su un mercato in fortissima crescita, e la promozione del

Sistema Italia".

www.donnaimpresa.com 33


sono con noi:

Camera

Regionale

della

Moda

Calabria

GALLUCCI

MONTEURANO

Only Italia

and China

Infrastructure

Group sign a

partnership

to bring Italian fashion

brand in China

Irene Pivetti ( photo) firm to Hong Kong the partnership with Mr. Lin Zhuoyan, President of China Infrastructure Group".

On March 27, 2014 has been signed in Rome an important agreement between Only Italia and China Infrastructure

Group (International) Limited, finalized to the distribution in China of Italian fashion brand. The press conference,

which will be featured Mr. Lin Zhuoyan, President of CG.Intl. LTD and Irene Pivetti, President of Only Italia, will be

held Auditorium Museum of the Ara Pacis. Only Italia has been working for years to promote and distribute in China

Italian enterprises of various sectors (from fashion to wine, from furnishing to the luxury sector), of which warrants and

certifies, with its registered trademark, the quality and the original production made in Italy. China Infrastructure

Group is an important international and Chinese Group, based in Hong Kong, active in real estate, energy,

infrastructure, who has decided to invest in the construction of large shopping malls, starting from Guangdong

province. "This is an important agreement for our Made in Italy. I am very proud to start a partnership with a major

Chinese group that wants to invest in Italy, in a project like Only Italia that had always the aim of promoting the Made in

Italy, the Italian way of doing business and to create consumer goods, brand, but also art and culture. The

collaboration with China Infrastructure Group is finalized the distribution and sales of Italian fashion brand in their large

shopping centers in China. This agreement - continued Pivetti - is therefore the crowning of many years of activity of

Only Italia, for the internationalization of Italian companies in China, the distribution of their products in a market in

strong growth, and the promotion of the Sistema Italia".

Irene Pivetti e il suo staff in riunione con i partner cinesi di China Infrastrcture Group presso la sede Only Italia di Roma

Bruzzese

1870

STILE D’EPOCA

MARINELLI SRL (Mc)

MADE IN ITALY

dove siamo:

Feber

ASSEMBLAGGIO FONDI

sono stati con noi:

E

LAVORAZIONE CALZATURE

Studio Leasing

Villa Cesarina

OMEGA:MODEL

FERMO

Camere di Commercio

d'Italia

Presidenza del Consiglio dei Ministri

Dipartimento per le Pari Oppurtunità

O.M.M.

Accademia di BelleArti Fidia

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IMPRESA

magazine

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ITALIAN CHAMBER OF COMMERCE

AND INDUSTRY in australia inc.

Assocamerestero

Associazione delle Camere

Italiane all'Estero

DONNAIMPRESA

magazine

Consiglio dell’Ordine Nazionale

dei TecnologiAlimentari

International Association Women

Entrepreneurs and Business Leaders

Employment, Social Affaire & Equal

Opportunities

since 2005

PREMIERE

Federazione Nazionale dei

Cavalieri del Lavoro

RADIO

J ack

XING

Presidenza della Repubblica ENIT ente nazionale del turismo EMIRATI ARABI UNITI

Ministero degli Affari Esteri

IDI

Istituto Diplomatico

Internazionale

...iveriviaggi

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RICCIONE ITALY

RONCACCI

MARZIA

Marzia Roncacci conduttrice televisiva nel programma del mattino Tg2 Insieme in onda su RAI 2 dalle 10.00 alle 11.00 è

anche alla conduzione della rubrica storica del Tg2 " Costume e società " in onda dal lunedì al giovedì alle 13.30.

Cito testualmente: “nasce a Roma, si laurea in lettere e

filosofia e in geografia alla Sapienza di Roma, insegna al

liceo, è docente in dizione, oltre all'inglese, impara la lingua

araba. Giornalista professionista, cresce in radio come

inviata e conduttrice delle news di RDS, gavetta maturata

anche in tv, giornali locali e nazionali. Autrice di programmi,

passa in Tv, a Rai Due, poi al Tg2 dove lavora nella

redazione di Costume e Società, Medicina 33, e ancora nella

redazione Interni, Esteri. Da qualche anno nella redazione

Economico-sindacale, in cui lavori tanto a tutto tondo: il

direttore Marcello Masi d'accordo con il caporedattore Mauro

Lozzi sono attentissimi a tutte le problematiche reali del

nostro paese che in questo periodo non sono poche e

tantomeno da sottovalutare. Inoltre conduce Tg2 Insieme e

Tg2 Costume e Società. Molte le Storie raccontate per Tg2

Storie. Vince il premio "Media Price 2009", e il premio per la

"Comunicazione e Salute 2010" da parte della federazione

diabete giovanile. Ama la vita e crede nel motto: volere è

potere". Quello che non è stato ancora detto è che Marzia è

reduce di un riconoscimento importantissimo: il Premio

Personalità Europea 2013 e che è, non solo bravissima nella

sua professione, ma anche straordinariamente bella e

simpatica. Bellezza, dovuta precisazione da parte mia, non

stereotipata su quei canoni oramai desueti della avvenenza

fisica senza personalità. Diciamo pure che l’una, sostanzia, o

meglio, dà senso all’altra. Palese che chi svolga una

professione come la sua, debba occuparsi anche

dell'estetica, ma ciò non equivale al dire di lei che questo la

allontani dal prendersi cura della propria interiorità con la

stessa tenacia con cui ci si impegna nella cura del proprio

corpo. Che gli occhi siano lo specchio dell’anima è dato

oramai assodato, e dunque se così è, non posso lesinare

parole di lode, che lungi dall’essere una sorta di opera

celebrativa, sono però significative ai fini del difendere una

sacrosanta verità: ovvero quanto sia determinante, ai fini

della seduzione, l’imparare a conoscersi, a coltivare le

proprie qualità ed a potenziare al meglio le attitudini, a

misurare l'espressività, ad arricchirsi di esperienze

costruttive, dirette ed indirette, ad ampliare i propri orizzonti e

rapportarsi con la realtà attivando le risorse che ciascuno di

noi ha nella sua cantina. E' l'idea, costruita sulla base del

proprio vissuto, che ciascuno di noi ha di se stesso; è quello

cioè che ciascuno di noi crede di essere e di valere e che

determina il rapporto con noi stessi e conseguentemente con

gli altri. La base del fascino è sempre la Personalità... ed i

bei manichini non hanno fascino neanche se hanno le

sembianze di Davide o di Venere.

" Costume e società" è stato in

assoluto il primo magazine

televisivo in Italia, una specie di

settimanale quotidiano dedicato

agli approfondimenti e alle notizie

di attualità.

www.donnaimpresa.com 37


Grazie all'esperienza ormai decennale del

suo staff costituisce oggi una sorta di terza

pagina filmata del principale quotidiano del

tg2, ovvero il TG2 delle 13,00. Parte

integrante del circuito della comunicazione

culturale del servizio pubblico, è oggi in testa

alla classifica degli indici di ascolto, ciò

grazie alla variegata offerta di tematiche ed al

dinamismo della sua conduttrice Marzia

Roncacci, capace di confrontarsi con viva

intelligenza con le sfide politico-culturali del

Paese e sviluppando visioni innovative per

un mondo in maggiore armonia e

conseguentemente più umano, che

contempli la bellezza quale elemento

essenziale della nostra crescita morale ed

economica. Ampi spazi vengono dedicati al

merito inteso come leva del progresso

sociale e civile, in altri termini, alle cosiddette

“eccellenze” consapevole che valorizzare i

migliori in tutti i campi è giusto e soprattutto

necessario, perché la società di oggi e quella

che domani sarà dei nostri figli ha bisogno di

eccellenti professionisti, imprenditori,

politici, tecnici, scienziati, studiosi; e non

solo perché operino al meglio ciascuno nel

proprio settore, ma anche perché con la loro

azione, con il loro esempio, con i loro scritti,

con il loro insegnamento trasmettano alle

nuove generazioni, al più alto livello

possibile, il nostro patrimonio culturale. Non

di meno attenta l'indagine sul significato di

identità che è la radice della nostra esistenza,

la radice della nostra vita. Dove abita il cuore,

coperto d’emozione e d’innocenza. D’attese

e di ricerche. Di parole e di tempo. L’identità

è un passaggio d’uomini e di virtù, un tempo

di ricordi e di conquiste, un luogo infinito di

conoscenza verginale e passionale,

pascolato, giorno dopo giorno, da poeti e

non. L’identità è il saluto d’una madre dal

balcone di casa, nel bagliore del giorno che

nasce, per il figlio che vola lontano, per un

semplice tozzo di pane; è il triste inventario

di volti che hanno vissuto mille momenti di

vita. L’identità è tormento e responsabilità,

disperazione e convincimento, passione e

commiserazione. Questo racconta Marzia, e

molto altro ancora. Racconta di che cosa sia

un giorno dinnanzi all’eternità. E cos’è

l’eternità innanzi ai nostri occhi: sacco mai

colmo di giorni, un’invenzione dei giorni,

degli attimi, degli anni, di quella minuziosa,

metodica, sistematica collezione di tempi che

chiamiamo Storia. E racconta di memoria,

quel vecchio scantinato del tempo,

impolverato, imbiancato, dal puzzo a volte

asfittico di muffa. Ma i tempi, si sa, si nutrono

di fatti di misfatti e di disfatti; volano leggeri

o si schiantano addosso, macigni,

all’umanità, ed in ogni caso, vanno. Ciò che

resta è l’umanità, schiacciata o sublimata,

che esce dal vortice della storia come

eternità, come riproposizione costante di sé

stessa, coerente come una lastra di granito

apposta sulle sue stesse spoglie mortali.

Compito non facile raccontare la vita. Ma lei

lo fa, ed anche benissimo. E non sono solo io

a dirlo, ma tutti i milioni di persone che le

consegnano fiducia a Marzia condividendo

con lei il pranzo delle tredici.

Un altro genere di

comunicazione

Inizio questa intervista a Marzia Roncacci

con un ringraziamento. Un grazie che non è

di maniera ma sincero, per avermi

consegnato l’opportunità di toccare

tematiche che sono proprie del nostro vivere

contemporaneo. Intanto, va puntualizzata

una tua dimensione caratterizzante, il

buonsenso, che lungi dal divenire “senso

comune”, testimonia altresì l'insieme

dell’attenta valutazione utilizzata per valutare

la realtà ed esprimere giudizi sui problemi

della vita, mantenendo un atteggiamento

equilibrato. E non è così scontato che

avvenga. Ciò denota e sottolinea

espressamente come, a livello di "buone

pratiche", la rilevanza della responsabilità e

serietà non si riversi solo nella tua attività

professionale ma si riversi anche nella vita di

tutti i giorni. Ravviso in te una donna in

ricerca; una donna che si pone

continuamente problemi, dominata da una

azione intellettuale interiore che si supera

continuamente. Aliena da dogmatismi, da

rischiosi trapianti di credenze nella

esperienza erudita, ami fortificarti nell’umile

approccio con gli altri, misurando sempre le

le personali conclusioni alla luce della

inesauribile ricchezza di messaggi

provenienti da tutto quanto ti sia intorno.

Parole (e intuizioni) tutte da meditare,

soprattutto oggi che il tempo di transizione in

cui viviamo soffre di una rapidità convulsa,

oggi in cui movimento e mutamento

sembrano erodere vecchi edifici ormai

cadenti senza però che se ne siano costruiti

di nuovi. Per sordità? Per negligenza? Per

pigrizia? Ai posteri l’ardua sentenza…

Cosa significa essere donne, oggi, in un mondo globalizzato?

Nel corso degli ultimi decenni la questione femminile ha dato vita ad

un fervente dibattito di pensiero su molteplici aspetti, tra i quali spicca,

per l’attualità che riveste, quello della conciliazione tra tempi di vita,

tempi di lavoro, tempi di cura della famiglia. Dopo la richiesta iniziale

di uguaglianza e non discriminazione per le donne, raggiunta grazie al

riconoscimento di diritti ed opportunità fino a quel momento negate, il

pensiero femminista si è sempre più focalizzato sulla considerazione

dell’identità della donna in generale, delle sue peculiarità, dei suoi

bisogni, del suo particolare sguardo sul mondo, tanto che dagli anni

‘80 le rivendicazioni assumono una colorazione meno politica e più

specificamente culturale. L’idea di fondo è che le donne siano

portatrici di idee, valori, sentimenti, sensibilità, visioni del mondo che

non possono essere oggetto di omologazione ed appiattimento per

poter aderire al modello maschile. La capacità progettuale delle donne

deve essere, e lo è stato in parte, riconosciuta garantendo loro,

innanzi tutto, la libertà di gestire la propria vita tenendo conto dei loro

bisogni e non rincorrendo un modello di efficienza legato meramente

alla sfera produttiva. A distanza di più di trent’anni il concetto di

“doppia presenza”, definisce ancora compiutamente il senso del

percorso di vita di molte donne e dei problemi cui si trovano

quotidianamente di fronte. La doppia presenza sta infatti ad indicare il

duplice coinvolgimento ed impegno della donna a livello produttivo e

riproduttivo, impegno che implica la messa in gioco di delicate

strategie di equilibrio ed in ultima istanza comporta una compressione

del tempo per sé. Tale duplice ruolo delle donne, conseguente alla

loro entrata sul mercato del lavoro, porta direttamente con sé problemi

legati alla necessità di conciliare i tempi delle due sfere, lavorativa da

un lato e familiare dall’altro. La femminilizzazione del mercato del

lavoro infatti, oltre che rappresentare il segno di un desiderio di

realizzazione della donna anche al di fuori delle mura domestiche, un

scelta di vita quindi, è divenuta anche un’esigenza economica forte,

legata alla sopravvivenza del nucleo familiare. La conciliazione dei

tempi delle donne non deve però essere considerata solo nel suo

aspetto privato, legato alla qualità della vita, ma anche dal punto di

vista economico, poiché una più adeguata utilizzazione delle risorse

femminili inciderebbe sulla competitività del sistema produttivo nel suo

complesso. Se negli anni ’70 il ruolo della donna era perlopiù ristretto

a quello di moglie-madre consacrata al lavoro domestico senza

percepire un salario, oggi la maggior parte delle donne, divise tra due

fronti, è quotidianamente costretta a fare l’equilibrista per riuscire a

conciliare esigenze diverse. Ecco, questo significa essere donne oggi.

Fare bene il mestiere dell’operatrice dell’informazione e non solo

della giornalista, equivale a...?

Equivale all’indagare la contemporaneità attraverso una visione

imparziale delle cause e dei fenomeni che ne caratterizzano la nuova

fisionomia. Occorre guardare la realtà e non quella cosa edulcorata e

immaginaria che scambiano per tale. Le ragioni del cambiamento

sono molteplici e dunque quello che di saggio possiamo fare noi che

lavoriamo nel campo dell’informazione, è il partire dall’esplorarne le

cause coniugando i codici dell'interiorità con quelli della vita sociale,

ed il conseguente “rivelarle” dimostrando come oramai sia necessaria

una visione che si ponga sul crocevia dei saperi, sganciata

dell’appartenenza ideologica. Null’altro che l’acquisizione della

padronanza di strumenti critici e conoscitivi e di vivere

responsabilmente un ruolo attivo in questa delicatissima fase storica,

impersonando il compito di sincero reporter ad esempio. Il mondo sta

scivolando verso un’involuzione preoccupante: tutto è minato, dalla

coesione dei terreni ai DNA vegetali ed animali, dall’aria all’acqua,

dall’esterno e dall’interno delle nostre menti. Che ognuno di noi

accenda almeno una candela (benché sintetica) per mostrare il suo

netto dissenso. E’ tempo di agire, ora.

Uno stato di cose dal quale possiamo redimerci attraverso le

nostre coscienze?

Difficile dirlo ma possiamo, dobbiamo, augurarcelo. Certo è che è un

nuovo capitolo della nostra storia… magari un passaggio obbligatorio,

se visto nell’ottica della contemporaneità, ma il contraccolpo è stato

molto grande. E’ grande… Quando la nostra tensione autocritica si

assopisce, quando le difficoltà quotidiane sembrano sovrastarci,

quando la realtà si rifiuta di combaciare coi nostri desideri, quando la

passione lascia il posto all'abitudine, allora è comodo trasferire sugli

oggetti, sugli strumenti le nostre responsabilità, e le nostre colpe.

La famiglia ad esempio ha subito cambiamenti sconvolgenti,

come tutta la società, e questo è innegabile…

Sì, la famiglia il primo luogo ha subito metamorfosi tali fin quasi a

trasfigurarsi da simbolo di stabilità a realtà instabile ed esplosiva.

Quello che vedo, a prescindere dalla giustezza o meno, ovvio che io

come d’altronde ciascuno di noi abbia le proprie impressioni al

riguardo, è che le persone che si uniscono in matrimonio non sanno

più mediamente perché stanno insieme. Vedo intorno a me unioni che

si frantumano nell’arco di pochi mesi. Lo dico da conoscitrice degli

strati più sottili della coscienza: non è moralismo. La famiglia viene

troppo spesso sfoggiata come luogo di crescita e successo, come

simbolo di solidità, unione e felicità ma a fare da contrapposto a

queste immagini vengono diffuse notizie molto diverse: violenze, ed

in taluni casi anche delitti, atti a punire ed autopunirsi, perché in molti

casi il carnefice diventa vittima delle sue stesse violenze. La famiglia

diventa teatro di negazione della vita, luogo in cui si consumano

drammi violenti… e non sono pochi i casi di violenze tra coniugi o

contro i minori. Le famiglie troppo spesso diventano, invece che luogo

di rifugio, di sicurezza, veri e propri calvari che si dipanano attraverso

gli anni delle liti familiari, attraverso lo spettro della separazione. Della

rivendicazione, poi. Rivendicazione in cui i figli diventano troppo

spesso il leit motiv, o se vogliamo, il terreno fertile sul quale

combattere le proprie rivendicazioni, le personali frustrazioni… per

farsi del male, insomma.. più o meno consapevolmente. E’ il non


tenere conto dell’altro, quello che mi spaventa oggi, neppure quando

“l’altro” è il proprio figlio. Capita allora che da parte dei ragazzi vi sia la

necessità di aggrapparsi a qualcosa che dia loro sicurezza ed il

salvagente, in molti casi, purtroppo, diventa un surrogato non sempre

auspicabile. Palliativi pericolosi per la sana crescita psico-fisica

dell’individuo. Capita a molti adolescenti che si trovi il rifugio proprio

laddove risiede il fascino della seduzione. Fascino ma anche di

minacce. Ci si rifugia in una torre-prigione per proteggersi dall’autorità

di genitori inadeguati e fragili che vogliono i figli responsabili e perfetti,

quasi a compensare le loro incompletezze. Io sono cresciuta in una

famiglia come tante altre. Tante di quelle in cui si era educati con ferrea

disciplina, il valore “princeps” che mi è stato trasferito è quello del

“dovere”. Sin da piccolissima mi è stato insegnato l’esercizio della

disciplina, il senso del dovere, il ricercare motivazioni in quello che

facevo che non fossero mera utilità. A sfruttare ogni risorsa ed ogni

energia per produrre, per essere sempre “migliore”, non la “numero

uno”, che è ben lungi. Sebbene pure per me l’essere “migliore” e “la

prima della classe” coerentemente a quest’insegnamento,

coincidevano. Scuola è sempre stato sinonimo di “sfida”, di impegno

ferreo, superamento dei propri limiti.

I problemi fondamentali del nostro tempo sembrerebbero essere il

razionalismo, individualismo e l’edonismo…

Infatti… ed è proprio in relazione a questi aspetti che bisogna con forza

recuperare la famiglia. Prima di tutto perché la famiglia è la

manifestazione più compiuta di quella esperienza fondamentale della

persona che è la relazione con l’altro. Io non esisto in quanto io, esisto

nel momento stesso in cui mi rapporto con te e insieme costruiamo che

cosa? Una comunità. La famiglia è una comunità costituita da persone

che sperimentano la relazione come elemento fondamentale del bene

comune. Gratuità, solidarietà, reciprocità, accoglienza: sono termini che

ben si addicono alla famiglia intesa come comunità di persone. Una

comunità come sistema relazionale, contraddistinto da vincoli di forte

interdipendenza, ma un sistema relazionale non chiuso, un sistema

aperto all’ambiente in cui vive. La dimensione educativa è una

dimensione peculiare della famiglia.

Come difendersi dunque, educando?

Se educare vuol dire comunicare, si. Dare il permesso di esistere.

Sembra un’ovvietà, ma non lo è. Spesso i genitori vogliono che i propri

figli siano quello che vogliamo loro; non gli danno il permesso di essere

quello che sono, anche diversi da loro. Questo non significa però che

devono esentarsi da ogni impegno educativo, cosa che avviene con

allarmante frequenza oggi. Direi che i momenti educativi più importanti

cominciano sin dalla prima infanzia. Anzi, sin dalla gravidanza la

mamma trasmette messaggi al proprio figlio che porta. Fermezza

educativa non vuol dire impedire sempre e tutto o dire sempre “No”.

Vuol dire semmai essere fermi e coerenti sui principi… dei “No” coerenti

e motivati: la coerenza è molto, molto importante. I ragazzi hanno come

delle antenne che percepiscono, non solo dalle nostre parole, ma

anche dal nostro atteggiamento se siamo coerenti. Non possiamo

educare e trasmettere qualcosa in cui noi non crediamo per primi.

Viceversa, i valori e le cose a cui crediamo veramente li trasmettiamo

quasi in maniera inconsapevole. Per esempio bisogna correggere

alcune pseudo certezze della moda “devo provare tutto” è un’enorme

stupidaggine. Solo in una relazione simmetrica è possibile una

comunicazione profonda. Un modello non comunica: trasmette. Il

processo è unidirezionale. Il dialogo, quando c'è, è fittizio. Se non c'è

ricerca comune, non sono possibili risposte alternative. Comunicare

vuol dire mettere in comune. Non c'è comunicazione autentica, se non

c'è ascolto, e non c'è ascolto, se non si ritiene che la persona che parla

possa dire qualcosa di importante per noi. L’incontro, il mettere in

comune la propria autenticità, è il più straordinario momento che sia

possibile tra esseri umani. Comunicando profondamente, essi mettono

in comune quello che sono intimamente, la comunicazione si fa

comunione, accettazione e riconoscimento reciproco. Poiché i valori

non sono qualcosa di astratto, che troviamo come belle parole fissate

una volta per sempre, ma si traducono in comportamenti di vita

evidentemente i valori si comunicano attraverso azioni ispirate ad essi,

e comportamenti di vita coerenti ad essi. Quindi comunicazione,

condivisione, esperienza di relazione: la famiglia è sicuramente lo

spazio interpersonale dove si percepiscono, ma soprattutto si

sperimentano, valori, dove si prende consapevolezza del significato

della vita, della fiducia nel futuro. La fragilità va difesa, la parte buona

va invece coltivata. C’è, dunque, una dimensione educativa propria

della famiglia come ce n’è una propria a ciascuna delle agenzie

formative.

Ritengo opportuno a questo punto prendere le mosse dalla

considerazione della modificazione che ha subito il concetto di

famiglia nel nostro tempo, in cui si ha ormai a che fare con quella

che Roberto Galli chiama “costellazione di famiglie”, che si

differenziano tra loro in ragione della diversità di composizione, di

vincoli, di modelli organizzativi ma anche di modelli educativi…

Per sopravvivere oggi la famiglia deve aprirsi all’esterno, deve cercare

nutrimenti. L’alternativa è una patologia gravissima senza arrivare alla

violenza abbaccinante di questi giorni. Per crescere oggi ci vogliono

ben altri legami che quelli del sangue. Non bastano sono una realtà

solo animalesca: noi abbiamo bisogno di altro. Poi c’è un problema di

libertà, di fatti vissuti spesso come possesso, come diritto di proprietà.

E accanto a questa pretesa la crisi della capacità di comunicare, il

dilagare dei gadget per adolescenti, dei “tvb” da sms. E’ (incapacità di

fare un discorso, di parlare, di ascoltare. Ma se non comunico, se non

dico quello che sono, resta solo la sopraffazione dell’altro da me. E qui

la crisi paurosa dell’educazione, qui la religione dell’incapacità a

insegnare rispetto). Certo che esistono ancora famiglie bellissime, ma

la media non è consapevole del disastro. Solo educando, vale a dire

lavorando e lottando perché le persone possano sviluppare

pienamente, liberamente, senza paura sé stessi, si superano la

violenza, il dominio, la guerra. L'educazione alla pace è una educazione

settoriale, si affianca alla educazione alla democrazia, alla legalità, alla

affettività eccetera, come se si trattasse di completare con dei dettagli

(anche se con dettagli decisivi) il piano formativo generale. Di più: il

rischio è quello di mirare ad adeguare, attraverso l'educazione, un certo

modello umano, considerato desiderabile, di pervenire ad una sorta di

personalità pacifica o nonviolenta.

Tocchiamo il tema della violenza…

La diffusa violenza penso sia sotto gli occhi di tutti, così come è

oggettivo il ritenere che le donne siano le vittime privilegiate. Che

l’uomo faccia la parte del più forte e che sia sempre la donna a

soccombere trovo sia vero, se l’oggetto è la coercizione fisica. Ma è

vero il contrario, o comunque il “verdetto” non è così sfacciatamente

unanime, se prendiamo in oggetto la violenza psicologica. Ci sono

forme di prigionia psicologica molto nefaste che non conosce “genere”.

La verità è che molto spesso, dietro questo subdolo ricatto "in nome

dell'amore", "in virtù di una promessa", "per il bene dei figli"... ci sono

uomini e donne.

Mi piace pensare alla fragilità come scambio di forza di vivere:

quella fragilità che si colora di forza, che vive e si fa storia non

solo, come invece spesso avviene, sulla cronaca nera. Una

fragilità a tinte rosa, insomma…

La fragilità è la percezione del proprio limite e nasce dalla paura. Se

uno l'avverte, cerca di sanarla con l'altro, e lo ricerca e lo guarda come

la propria forza, senza immaginare che egli si dona perché si sente

debole e trova anch'egli nella fragilità dell'altro la propria forza. La

condizione umana è tutta dentro la paura. Il dolore chiama la paura e la

paura genera dolore. Credo che in molti casi l’amore nasca dal bisogno

e dalla fragilità e che tutto si leghi al senso del limite che uno avverte

dentro di sé. Una base utilitaristica, strumentale… quell’amore che poi

si sostanzia di coercizione e violenza. Non temo questi termini che

sono stati banditi da false retoriche. Non mi scandalizzo affatto di

annodare l'amore, o comunque talune forme di amore, ai bisogni e non

alla magia dell'incontro, a una pura alchimia che si lega al destino

indipendentemente dalle necessità, come se l'amore fosse il risultato

della libertà, una decorazione non necessaria a campare, a stare nel

mondo senza essere attanagliati dalla paura.

La fragilità dunque, paradossalmente, in questa società non

possiamo ritenerla una forza, Marzia…

La fragilità è dentro l'anatomia dell'uomo. Il dolore è la sostanza,

l'ubi consistam della fragilità, e la fragilità genera una visione del mondo

che tiene conto del bisogno dell'altro. Per la fragilità l'uomo cerca aiuto,

cerca dei legami per scambiare fragilità, e appoggiando una fragilità a

un'altra si sostiene il mondo. Una visione in cui campeggia il limite, il

proprio limite, quello delle persone vicine e dell'uomo come specie. Un

limite che impedisce i deliri di onnipotenza, di vivere per il potere, per

accumulare ciò che sarebbe bene fosse diviso e distribuito. Impedisce

di essere cattivi verso chi sbaglia, poiché l'errore è connaturale alla

fragilità, alla paura di sbagliare che, se talora aiuta a evitare l'errore,

sovente lo facilita: per la preoccupazione di evitare l'errore, lo si

immagina e lo si compie. Non c'entra il nichilismo, ma la voglia di

aiutare l'altro, non di dominarlo, di stare con tutti poiché ti aiutano e tu

aiuti loro, e aiutarsi è bellissimo. È forse l'azione più significativa che

l'uomo può compiere. Eppure. Eppure mai come oggi la società cerca

di sfuggire la fragilità, e mai come oggi la alimenta. La situazione

dell’uomo nella società contemporanea trovo sia da un lato

l’ossessione, l’incubo quasi, di sfuggire la fragilità, dall’altro la

straordinaria capacità di riprodurla, di alimentarla, sino a diventarne

vittima. Più la si demonizza per la paura di percepire il proprio limite, più

si tenta di negarla moltiplicando le nostre performance nell’illusione di

sfuggirla, più la si moltiplica in altre forme. Più intime. Più psicologiche.

Più diffuse... una situazione paradossale. Assurda. La fragilità è una

sfida da affrontare sia a livello sociale che individuale.

La forza dell’uomo sta insomma tutta nella consapevolezza di

essere fragile: “la fragilità, scrive Vittorino Andreoli, rifà l’uomo,

mentre la potenza lo distrugge, lo riduce a frammenti che si

trasformano in polvere”.

La vita è fragilità. E’ la fragilità che ci fa crescere. La si accetta per

diventare un essere umano con dignità. Per essere noi stessi, con le

nostre zone d’ombra, le nostre imperfezioni. La fragilità è nascosta e/o

palesata ovunque perché non c’è nulla che sia indistruttibile o sicuro,

soprattutto ai giorni nostri sempre più contrassegnati da una dilagante

cultura del relativo che corrode certezze, intacca valori, cancella

tradizioni, logora collaudate sicurezze. Oggi tutto sembra poggiare su

instabili equilibri: dal mondo del lavoro che assomiglia sempre più ad

una giungla, alla famiglia che si disgrega, da codici comportamentali e

morali oggi di colpo obsoleti, alle chiese che si svuotano e ai passati

modelli pedagogici improvvisamente sbagliati. Oggi certamente più di

ieri, il mondo bussa alle porte con il suo bagaglio quotidiano di

disumanità... ed è per questo che occorre ridefinire il concetto stesso di

progresso perché quello di cui godiamo e del quale non sappiamo più

farne a meno, sembra pregiudicare pesantemente il futuro dei nostri

figli...

Condivido appieno la tua tesi, Marzia.. non dimentichiamo che nel

suo “Elogio della debolezza” Alexandre Jollien, affetto da paralisi

cerebrale infantile, ebbe la forza di scrivere: “la mia incapacità di

raggiungere una completa autonomia mi rivela quotidianamente la

grandezza dell’uomo”. Quasi a convincerci che la fragilità,

nonostante la nostra società, in nome di un’utopica onnipotenza

tenti di negarla, diventa forza. Deve, o meglio, dovrebbe,

ridiventare forza. Per quanto riguarda invece il ruolo delle donne

(giustificato il mio ritornare sulla celebrata “questione di genere”,

si è avuta un’evoluzione notevole nella presenza di donne nei

loghi di lavoro, questo in moltissimi paesi. Marginali invece

ancora gli ingressi ai luoghi di potere. La domanda è: come si può

declinare oggi l’educazione alla cittadinanza circa l’argomento

complesso intorno al potere e al ruolo delle donne?

Direi che ci sono due elementi. Da un lato c’è una fragilità specifica ogni

qual volta si parla delle donne e dei diritti delle donne, dall’altro c’è una

fragilità più generale delle nostre democrazie contemporanee, nel

senso che non si è ancora trovato il modo per garantire i diritti delle

minoranze. E le donne entrano senz’altro nel novero delle minoranze,

anche se dal punto di vista quantitativo non lo sono. Rispetto ai loro

diritti, infatti, in particolar modo se si guarda alla società italiana, io direi

che ci si trova davanti una vera e propria forma di stasi, se non di

regressione: perché è come se in questi ultimi anni si stesse tornando

indietro. Nonostante l’uguaglianza sia dichiarata a livello costituzionale,

in realtà questa stessa uguaglianza non è garantita a livello sostanziale:

i diritti delle donne non sono ancora realmente tutelati. Tornando al

caso del lavoro: quasi ovunque esistono leggi che garantiscono

l’uguaglianza salariale però poi, se si va a guardare l’applicazione, si

vede che le donne non riescono ad accedere a posizioni di potere

come gli uomini. Per cui, nella realtà, l’uguaglianza non è garantita. È

per questo che molto deve ancora essere fatto, anche a livello

educativo, perché questa uguaglianza in termini di diritti si traduca in

una uguaglianza effettiva, reale. La complessità del fenomeno oggi è

che noi donne siamo più o meno tutte sottomesse ad un’immagine

negativa della femminilità e dobbiamo combattere ogni giorno per

portare avanti un discorso alternativo, fatto di convinzioni e di credenze

che non coincidono con le convinzioni e le credenze veicolate dai

mass-media. Bisogna impegnarsi quotidianamente per riuscire ad

andare contro corrente e smettere di cercare lo sguardo dell’altro per

sentirsi confermate nel nostro valore. E soltanto nel momento in cui ci si

svincola dallo sguardo dell’altro e si crede in se stesse, nella possibilità

di affermarsi indipendentemente dal giudizio degli altri, che si riesce a

comunicare una serie di valori e di messaggi positivi che potranno

permettere alle nuove generazioni di uscire dalla strettoia in cui si

trovano oggi.

Quale, oggi, il ruolo della donna nei mass media e soprattutto,

quale, il potere dei media?

Il potere dei media è evidente e su questo non si discute, in particolare

quello televisivo. Comunicazione e informazione sono fondamentali

all’interno delle società contemporanee: il loro ruolo e lo sviluppo

all’interno della società sono decisivi. Ogni nuovo strumento di

comunicazione ha profondamente trasformato la cultura e la società; il

loro progresso ha trasformato abitudini di vita e di comunicazione,

influendo su mentalità, cultura e meccanismi sociali e politici.

Inizialmente con l’espressione mass media si faceva riferimento a

giornali, radio e televisione, oggi si assiste invece all’affermazione di

nuovi media: Internet .. anche se la tv resta ancora in testa circa la sua

capacità di penetrazione. Anche qui la donna ha una scelta ancora

limitata, o comunque non rappresenta la complessità del femminile; si

trova a scegliere: o cercare un certo successo, giocando sul proprio

corpo, la propria apparenza, la propria immagine, oppure conformarsi

ad un modello di femminile in contrapposizione a quella maschile.

Percorso più difficile. I mass media, e non di meno la pubblicità, in

genere non sono il luogo da cui scaturiscono gli stereotipi, essi

amplificano quegli stereotipi che già esistono. Non bisogna confondere

mezzo e messaggio; ciò che conta è entrare nel mondo dei simboli per

osservarli e riconoscerli, per renderli, forse e finalmente, innocui. Su

questo dovremmo riflettere…

In relazione a motto al quale dici di credere fermamente: ovvero,

volere è potere….“La volontà non può superare i limiti della sfera

psichica; non è in grado di costringere l’istinto, e non ha potere

sullo spirito.” (C.G.Jung – 1947) “L’unica cosa che ci rifiutiamo di

ammettere è di essere in balia di «forze» che non siano riducibili al

nostro controllo. [...]

Il motto «volere è potere» si pensa rimandi alla superstizione dell’uomo

moderno. E invece no: psicologizzando la realtà si stabilisce che basta

intervenire su di sé, sul proprio "sistema psicologico", affinché tutto poi

vada bene. O comunque al meglio, rispetto alla personali aspettative, e

non di meno, alle capacità. La causa di tutto è dentro noi stessi. Un

ottimo pretesto insomma per non tentare di modificare le cose

all'esterno: in alcune circostanze questo può trasformarsi in un perfetto

strumento per esercitare il potere e mantenere lo status quo. Come dire

"Non è vero che la realtà ti sta stritolando, ma sei tu che non hai il

giusto atteggiamento mentale"...

“Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo

smesso di bruciarle”.. lo afferma Voltaire…

Ti risponderò ironicamente, così come sono certa che volessi

suggerirmi attraverso la tua citazione, molto carina fra le altre cose…

che nella realtà la donna ha tantissime sfaccettature e contraddizioni: la

sua identità resta un punto di domanda.

Progetti futuri?

Anche tornare alla radio.. un ritorno alla origini. Come tornare a casa.

Ovviamente mi riferisco a quella radio bella, di grandissimo appeal


in cui ho trascorso un periodo indimenticabile della mia vita e che ritengo sia davvero

luogo alto della parola, della genesi di idee e della loro circolazione. La radio è la vera

agorà dello scambio delle idee, del confronto dello spirito. Sembra bizzarro che io utilizzi

una parola come 'spirito' parlando di radio, però è davvero così, perché soltanto dove c'è il

primato della parola si può misurare l'altezza dello spirito umano quando questo è

veramente posto al servizio della civiltà. Può apparire retorico, ma non lo è. Mi piace

definire la radio quale media di civiltà e, di conseguenza, individuo intelligente chi la

ascolta. Il pubblico che sceglie di ascoltare la radio è un pubblico consapevole che opera

scelte precise e motivate.

E la televisione?

La televisione è la mia casa… però.. come dire.. vorrei riprovare il gusto dell’agorà,

all'arengo, in quel luogo laddove ci sottraiamo dalle immagini..

Quello che non abbiamo detto…

Ci siamo un po’ dette tutto… quello che non abbiamo detto di incisivo circa la mia persona

(sorride) è che sono una donna molto solare.. e che mi piace anche molto cucinare …

intervista a cura di Valeriana Mariani

VILLANI

CECILIA

Energica innovatrice, con la sua grande

capacità di visione ma al contempo con la sua

concretezza e le esperienze maturate in

decenni di lavoro nel pubblico impiego, Cecilia

ha deciso di mettere oggi la sua esperienza e

talento nella diffusione di una innovativa

“filosofia e stile di vita” che porti benefici a tutta

la comunità.

Dotata di ottime capacità e competenze organizzative e

straordinariamente abile nel dirigere e coordinare, si reinventa manager

di se stessa. Madre di due figlie, oggi più che mai, in questa atmosfera di

sconforto morale e professionale, in questa drammatica crisi economica

e sociale, trova sia diventato imperativo il porsi al di sopra delle cose

effimere della vita con quell’entusiasmo che è proprio solo di chi

possiede una giusta maturità culturale e di pensiero. C'è una

dimensione intima, emotiva, personale che per lei è raggiungere un

obiettivo professionale. Lo sente come una responsabilità forte, verso se

stessa e verso le persone che credono lei. Una responsabilità superata

solo da quella che sento nei confronti della sua famiglia. Cecilia è una di

quelle donne che guardano alla vita come ad una battaglia durissima da

vincere giorno dopo giorno, con austerità. La turba il pensare che un

giorno potrebbe rimpiangere di aver perduto qualcosa, o di aver fatto

degli errori in passato a cui non poter porre rimedio. Il tempo che passa

la fa sentire più libera, più disinvolta nei confronti dell’esistere. Vuole

fortemente continuare a vivere come desidero. Ci vuole coraggio amore

e pazienza. E quel pizzico di buonumore che non la abbandona mai.

Cecilia Villani con le figlie Maria Lisa e Marta Selvaggini (a destra)

Responsabile per il centro-Italia del

PROGRAMMA Bioallergen ®

che offre una linea completa di dispositivi sanitari per un’efficace e naturale protezione

dell’ecosistema casa e non solo Un programma per una naturale ed efficace pulizia dell’aria da

allergeni, microrganismi e contaminanti chimici in ambienti residenziali e lavorativi principalmente

attraverso due sistemi : - HygienicO3 - Biocleaner Med.

Elite - Bioallergen è un’azienda impegnata da oltre un decennio nella continua ricerca di soluzioni

innovative per la prevenzione delle allergie indoor, che distribuisce con i marchi Bioallergen e Auraderma.

I campi di applicazione vanno dalla prevenzione delle allergie respiratorie, (acari, pollini, muffe, etc.) al

trattamento e prevenzione delle allergie dermatologiche con particolare attenzione all’ambito pediatrico.

Nel 2013 ha avviato il progetto Allergy Free Hotels®, che consente ad alberghi, hotels e B&B, di offrire,

attraverso l’adozione di un adeguato protocollo, camere “Allergy Free”. Scopo di questa iniziativa è dare

un servizio a un gran numero di persone che spesso si trovano in difficoltà quando devono soggiornare o

affrontare un viaggio di lavoro o desiderano godere di un periodo di vacanza al di fuori della propria

residenza. L'elenco delle strutture che già aderiscono al programma Allergy free Hotels® è disponibile sul

sito www.allergyfreehotels.info. (Cecilia Villani mobile 348 9281669 ceci.villani@gmail.com)

www.donnaimpresa.com 43


Hotel Excelsior, Via Veneto 125, Roma. Il

prestigiosissimo parterre degli ospiti del Gala delle

Margherite 2013 il cui ricavato è stato devoluto a

beneficio delle finalità statutarie di Viva la Vita onlus

associazione di familiari e malati di Sclerosi Laterale

Amiotrofica che ha come Presidente Onorario e

Testimonial Erminia Manfredi, moglie del

compianto grande attore Nino. Presenti all'evento,

così come avvenuto per le edizioni precedenti, circa

cinquecento persone del mondo dell'imprenditoria,

delle Istituzioni, della cultura e dello spettacolo.

Gala delle Margherit e

Roma 2013

Una manifestazione annuale

patrocinata dall'Alto Patronato della

Presidenza della Repubblica, dalla

Presidenza del Consiglio, dalla Regione

Lazio e da Roma Capitale che ha

contribuito alla realizzazione di

numerosi progetti umanitari, tra i quali:

il Centro per la ricerca sul Diabete

(Associazione Italiana Lions per il

Diabete) a Perugia; completamento

dell'Ospedale Madre Teresa di Calcutta

a Tirana; il completamento di una casa

di accoglienza per ragazzi a Porto

Seguro in Brasile tramite la Onlus

S.O.S. Brasile; il funzionamento del

Centro di Formazione in Tecniche

Agricole ed Artigianali per Disabili in

Marocco tramite la Onlus ong VISES

Volontari Iniziative e Sviluppo

Economico e Sociale, Roma; lo

svolgimento dei programmi di

integrazione per Artisti Disabili gestito

dall'Associazione Onlus VSA (Very

Special Arts) Italia, affiliata alla Very

Special Arts International della Kennedy

Foundation for Performing Arts in USA;

alla Associazione KIM Onlus che si

impegna a favore di minori, affetti da

gravi patologie, provenienti da paesi le

cui condizioni non rendono possibili i

necessari interventi terapeutici; alla

Associazione ALDO PERINI Onlus che

si prodiga per la ricerca scientifica ed

assistenza morale e materiale delle

persone colpite dalla SLA (Sclerosi

Laterale Amiotrofica); a SMILE TRAIN

ITALIA Onlus che organizza missioni

chirurgiche nei paesi in via di sviluppo

per operare bambini affetti da

malformazioni del volto, ustioni e

traumi bellici; All'Ente Morale ISTITUTO

LEONARDA VACCARI Onlus per la

riabilitazione, l'integrazione e

l'inserimento delle persone con

disabilità.

LUCIBELLI

BIANCA MARIA CARINGI

comingsoon

Metti una sera a cena... a casa di Stefania

Bianca Maria Caringi Lucibelli è una donna straordinaria. Sempre

in movimento, organizza iniziative che lasciano il segno, come

l’oramai celeberrimo Gala della Margherite. Concentrata sulle

tematiche del sociale, Bianca non scivola mai nella retorica e

nella banalità. E i risultati si vedono.

Una donna consapevole che è sempre meglio darsi da fare piuttosto che guardare e giudicare la

vita da una finestra, senza mai osare, senza mai impegnarsi in prima persona e a fornire il proprio

contributo al cambiamento. La parola d’ordine è: cambiare tutto ciò che è possibile, a fin di bene.

L’Italia è tramortita. L’Italia ha bisogno di risorgere. Ha bisogno di tirare fuori dalla sua testa, dalla

sua pancia e dal suo cuore le energie che pure conserva dentro di sé e che, come è successo altre

volte in passato, possono farla rinascere. C’è bisogno di gesti, individuali e collettivi, che diano una

spinta verso questa rigenerazione. C’è bisogno di unire sentimento e visione. C’è bisogno di

mettere al mondo e rendere visibile questa urgente necessità e questo desiderio diffuso attraverso

gesti significativi e prefiguranti da percorrere insieme. C’è bisogno di un incontro non solo mentale

e ideale ma anche fisico, che renda visibile e che faccia vivere l’immagine e la possibilità di

un’unione dinamica riconquistata, dopo anni di avvelenamento, di abbattimento e di mancanza di

prospettive, di angosce, lacerazioni e divisioni, territoriali e sociali, in cui c’è stato chi ha creduto di

prosperare agitando e acuendo proprio tali divisioni e lacerazioni, fino a portarci nel vicolo cieco in

cui oggi ci troviamo e da cui è difficile, se non addirittura impossibile, uscire per poter finalmente

imboccare altre strade. La capacità femminile si sostanzia prima di tutto nella capacità di creare

legami, ossia di generare intorno a se un ambiente di accoglienza e di cura, in cui si renda possibile

il superamento dell’individualismo autoreferenziale e si consolidi invece un atteggiamento di

solidarietà e di collaborazione, di servizio discreto e silenzioso, ma proprio per questo efficace e

costruttivo. C'è è una dimensione intima, emotiva, personale che in donne come Bianca non può

essere soddisfatta da alcun obiettivo che non sia il solo trasmettere emozioni. La sente come una

responsabilità forte, verso noi e verso le persone che credono in lei.

Il Premio Internazionale Donna Impresa a

Bianca Maria Caringi Lucibelli sarà conferito

dal Presidente di Donna Impresa Magazine

Valeriana Mariani in occasione del " GRAN

GALA DELLE MARGHERITE Festa di

Primavera" che si terrà come di consueto

presso l' Hotel Excelsior di Via Veneto in

Roma il 12 Aprile 2014 di cui è ideatrice ed

organizzatrice. Le finalità: " Per l'autentica

vocazione, volontaria e gratuita della propria

opera a favore di categorie di persone che

hanno gravi necessità e assoluto ed urgente

bisogno di aiuto e assistenza". Il patrocinio e la

sponsorizzazione di questa 25° edizione sarà

assunta dall' Ambasciatrice di Egitto in Italia

Sig.ra Abir Helmy, che ha già assicurato il suo

massimo impegno insieme ad Anna Maria

Benedetti Presidente della S.I.B. e Vice

Presidente onorario dell' Ospedale Italiano

Umberto I° al Cairo

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Gala delle Margherit e

Roma 2013

Erminia Manfredi

Viva La Vita

L’intenso rapporto umano e d’amore che mi ha legato a Nino per tutta la

vita ha inciso profondamente in me anche nell’esperienza dell’ultimo

distacco. La lunga fase di degenza in rianimazione che ha caratterizzato la

sua dipartita, mi ha messo in contatto con un mondo d’intenso dolore ma

anche di grandi speranze e passioni, come quelle che attraversano i

familiari dei malati inguaribili e in fase terminale. Gli ultimi sorrisi di Nino mi

hanno legata a questa realtà e ho deciso di dedicare le mie forze e la mia

energia all’assistenza dei malati di S.L.A. che, come lui, sono totalmente

dipendenti dall’aiuto degli altri nel loro letto di dolore. Una società civile ed

evoluta non può far finta di non vedere questa sofferenza e negare il livello

di assistenza medica e affettiva che queste persone, perchè di persone e

non di malati o pazienti dobbiamo sempre parlare, chiedono a noi tutti per

conservare la loro dignità umana anche in momenti di così grande difficoltà.

Accogliere cittadini sensibili e generosi nelle occasioni di incontro cui riesco

a dare vita, è per me motivo di grande commozione e gioia nel constatare,

ogni volta, come con l’aiuto di tutti voi possiamo sopperire, almeno in parte,

alle tante carenze del sistema sanitario, oggi in una crisi finanziaria e

organizzativa così grave da condizionarne la capacità di risposta

tempestiva a queste problematiche. Dal profondo del cuore, grazie per il

vostro affetto e per la vostra partecipazione alla mia battaglia.

Erminia Manfredi

Tra gli ospiti: l’attore Pierfrancesco Favino, premiato durante il soiréè da Erminia Manfredi, Maria Grazia Cucinotta, Rita Dalla

Chiesa, Marco Columbro, Lando Buzzanca, Franca e Paola Fendi, Valeria Mangani Dani Del Secco d’Aragona, i direttori di

Woman & Bride Erika Gottardi e Massimiliano Piccinno, Giovanna Bonaventura, Cinzia Th Torrini con Ralph Palka, Paolo

Zerbinati, Claudia Toti Lombardozzi, Rossana Tomassi Golkar, Giada e Antonio Curti, Christian Berlakovitz con Maria

Grazia Tetti, Bruno Ferraro, Nori Corbucci, Diego Percossi Papi, Saveria Dandini, Silvia Capaldo, Adele Federico, Assunta

Almirante, Francesca Bonanni, Maria Rita Parsi, Irene Bozzi, Alessandro Cassiani, Isabella Rauti, Patrizia de Rose,

Giuseppe Ferrajoli e Olga, Elena Aceto di Capriglia, Sandra Cioffi e Francesco Fedi, Daria Pesce, Osvaldo De Santis,

Livia Turco, Patrizia De Santis (Presidente Camera Moda Monegasca) , Maurizio Gelli (Ambasciatore in Uruguay e Nicaragua) ,

Mohammed Seraj (Consigliere dell'Ambasciata Saudita) , Marina Pignatelli, Margherita Bonazzi, Laura e Lavinia Biagiotti,

Mario D’Urso, Lella Bertinotti, Assunta Almirante, la principessa Marilu Gaetani, i principi di Libia Ana Maria e Idris Al

Senussi, Anna Maria Jacorossi, principe Jonathan Doria Pamphili, Gina Spallone, Sara Iannone, Anna Maria Quattrini,

Luigi Bruno, Marzia Spatafora, Paola Romano, Cecilia Villani ed il Presidente/editore di Donna Impresa International

Valeriana Mariani


noialtruisti nati

Credere ed incarnare il Cambiamento

Maria Lorena Magliocco, 31 anni autrice Tv e storica dell’arte. Oggi

attiva concretamente nella vita politica romana e Presidente

dell’associazione Altruisti Nati. Fiera di non aver apparati cerca

nella propria generazione e nel proprio genere la forza per

sovvertire questo mondo, perché si può. L’abbiamo incontrata per

le strade del centro storico di Roma, in una serata particolarmente

fredda e tra le prime cose che ci ha detto: “Anche se fa freddo,

facciamo una passeggiata, adoro questa città… la sento mia anche se

nelle mie vene scorre il sangue del Salento, terra antica e piena di

storia. Fin da subito ho capito che qui volevo vivere e realizzarmi.

Conosco molto bene questa città, le sue strade, i suoi palazzi, i suoi

monumenti e quei luoghi celati dalle guide turistiche. Roma è come una

grande madre accoglie tutti, ma ripudia nello stesso tempo se non ci sai

vivere”.

Osservando Maria Lorena, il suo è un volto come tanti che si

confonde tra gli sguardi dei tanti e variegati quartieri della capitale.

Ama respirare tutto ciò che vita e realtà e la stessa gente si

riconosce in quegli occhi così vivi e veri. E’ una donna che non ha

timore di esporsi, che non ha paura di fare scelte, e soprattutto

che, è consapevole che le scelte fatte adesso sono scelte su cui si

giocherà il futuro di questo paese. Una donna dalle ambizioni non

comuni, ma perché non comuni è la chiarezza con cui sa’ quello

che vuole... Cos’è Altruisti Nati?

Ho voluto fortemente la nascita dell’associazione Altruisti Nati e nasce

dall’esigenza di un reale cambiamento della vita culturale e sociale del

nostro Paese, promuovendo un’idea di mondo e un’azione nel mondo,

in cui l’altruismo, inteso come partecipazione, mutualità diffusa – di

saperi, informazioni, servizi o beni – sia la naturale implicazione del

principio di reciprocità che sta a fondamento di ogni normativa

democratica sui diritti e doveri di uno Stato. In tal senso, l’altruismo

viene a configurarsi anche come la conseguenza razionale

dell’applicazione del principio di reciprocità. Altruisti Nati riscopre il

valore positivo delle cooperazioni cioè mutualità di strumenti e obiettivi.

E’ questa la tua prima impresa?

La mia prima impresa innanzitutto è stata quella di costruire me stessa.

Voglio rendere significative le cose in cui mi impegno… attraverso la

trasparenza e l’onestà intellettuale. Questo progetto è un obiettivo da

perseguire con impegno e passione. Per me è concreto dovere e lo

sento sulla pelle e vibra come le più forti emozioni. Sono pronta ad

impegnarmi per il bene pubblico, ma non voglio farlo a livello politico

nazionale perché ci sono le lobby talmente forti e ben radicate che per il

cambiamento vero nazionale tanto annunciato si dovrà attendere

ancora qualche anno. Il primo passo è tentare di portare un

cambiamento nel locale, solo chi governa il locale influisce sulla qualità

della vita della persona. In tutto ciò c’è una perfetta visione commisurata

ad una strategia che porta all’obiettivo unico e concreto. Perché è il

pragmatismo che salva le cose, non le professioni ideali. Talmente

pragmatico da risvegliare il Nostro Paese dormiente e in Ritirata di

fronte ad ogni vera sfida di progresso Non servono molte cose, ma le

cose giuste per raggiungere l’obiettivo; non servono molte idee, ma una

buona idea, non servono molti strumenti, ma lo strumento che funziona.

Per questo l’etica deve essere arricchita dall’estetica, dalla bellezza

d' ogni cosa.

Ti senti molto determinata?

Si, credo molto in questo progetto così ambizioso. E’ come scalare

un’enorme montagna, ma la mia forte autodeterminazione, la strada

della consapevolezza che il cosiddetto potere tanto ricercato non è

avere qualcosa da qualcuno, ma fare qualcosa, la cosa migliore, per

tutti. Poterla fare. Perché il potere è fare delle scelte. Scelte che

consentono di realizzare delle cose diverse, cose che funzionano, che

creano opportunità e benessere, e gioia. Un progetto che non è

Grandioso, ma grande, ovvero capace di creare davvero un’opportunità

vincente. Non servono mote cose, ma quella sola cosa che funziona.

La tua sfida parte da Roma...

Il naturale avvio del processo di cambiamento non può che riguardare

la realtà più vicina ai bisogni quotidiani dei cittadini, il governo

municipale: la nostra sfida parte da Roma, capitale d’Italia nella sua

ricchezza potenziale e nella sua degenerazione reale, emblema di una

società incapace di trasformarsi al punto da ricadere su se stessa.

Roma, elemento reale e simbolico al contempo, perciò tanto più

potente, lungi dall’essere diventata quel che avrebbe naturalmente

dovuto essere, una grande capitale europea, anziché aver creato e

promosso nuovi modelli culturali, è diventata elemento frenante e

mortificante per l’intera cultura e società italiane. Perciò proprio da

Roma partirà il nostro progetto di cambiamento, perché questo è il

momento, non semplicemente opportuno ma necessario, per muoversi

all’azione. Urgente è la sfida per il cambiamento, per il superamento

culturale dell’immobilismo gattopardesco del sistema politico e sociale

del nostro Paese. Non le forme, non l’apparenza, non gli slogan, ma la

sostanza della partecipazione all’istituzione di nuove regole comuni è il

nostro obiettivo, che si riassume nell’uguaglianza reale di possibilità, per

tutti i cittadini, qualunque sia il loro status sociale, economico, culturale,

di salute, di credo religioso o morale, di affettività, sessualità e

prospettiva vitale. Noi di Altruisti Nati vogliamo ottenere risultati concreti

e ragionevoli per fare di Roma una capitale europea del terzo millennio,

attraverso una politica di modernizzazione e razionalizzazione della città

e delle sue possibilità di sviluppo e vivibilità. Il che, tradotto in obiettivo

politico, significa garantire la governabilità della città di Roma attraverso

grandi regole comuni, basate su valori condivisi e comune assunzione

di responsabilità verso la cittadinanza, regole da stabilire insieme senza

ambiguità o possibilità di aggiramenti e colpi di mano, per superare ogni

conflittualità sociale in vista di un benessere collettivo realmente

condiviso. Le nostre parole d’ordine per realizzare tale progetto sono

competenza, meritocrazia, equità e libertà, perché vogliamo che Roma

torni ad essere una realtà all’altezza della sua storia e dei suoi cittadini.

Se l’ideale è la tramutazione, non tramuto nulla se non comincio a

mutare me stesso. L’utopia comincia domani, e può anche non

cominciare mai; la tramutazione comincia oggi e non ha mai fine.

[ Norberto Bobbio]

Momenti della inaugurazione: Fondazione Altruisti Nati presso il Teatro Centrale Carlsberg _ Roma

"Riprendiamoci la Nostra Italia"... to be continued...

L.S.

GERALDINE DE

VULPIAN

www.fidenzavillage.com

LORENA

MAGLIOCCO

“Adoro passeggiare da sola per il centro di

Roma, quando le strade sono semivuote,

perchériescoasentireearespirarequel

profumo del passato di un tempo che non

esiste più. Sai, se fossi nata in epoca romana sicuramente sarei stata una

matrona oppure una vestale, avrei custodito il sacro fuoco dell’Impero, il fasto della

città la più importante del mondo. ”

www.donnaimpresa.com 49


SIMONETTA

LEIN

Citiamo testualmente:

“Simonetta Lein è un’artista di

respiro internazionale: attrice,

scrittrice e personaggio tv, vive

tra l’Italia e l’America. Nata a

Pordenone, classe 1983. Ha

pubblicato per Sperling &

Kupfer il romanzo “Tutto ciò che

si vuole”, un romanzo sul potere

dei desideri. E' impegnata in

progetti sociali collegati all’arte

TRAMONTANO

e allo spettacolo. E’ fondatrice

del “People Wish Tree”,

movimento virtuale e realtà

concreta di raccolta di desideri.

Sull’onda del successo del suo

ISABELLA

libro, per Simonetta Lein realizza

L’Occhialaia, un negozio di ottica dove un Vanity Fair “Desideriamo”:

progetto lavorano blog che di raccolta si collega soltanto di desideri

al

donne.

Nasce il venti ottobre del nuovo secolo da un’idea di IsabellaPeople Tramontano, Wish Tree, economista, un per

iterare la tradizione familiare. Figlia di ottici, cresciuta tra lenti programma a contatto eradio oftalmiche, Svanitydecide in di

creare qualcosa di “diverso”, di accedere a un settore moltocollaborazione maschile, dovecon le donne Margherita al massimo

erano “addette alle vendite”, da protagonista. Meglio, rendendo Pogliani, le donne unaprotagoniste. serie tv dove Nasce

così un negozio femmina, con un nome di genere femminile,

intervista

con una

moltissimi

compagine

personaggi.

societaria tutta

rosa, dove le dipendenti sono “curvilinee”. Per punti: L’Occhialaia:

E’ testimonial

non ti sbagli,

per il fotografo

ci vai e ci trovi

donne. Socie: culturalmente la donna ha nel DNA l’Economia,

Bruno

che

Oliviero

etimologicamente

di “Oltre la

vuol

crisi”,

mostra fotografica che tratta i

dire

“arte di reggere e bene amministrare le cose della famiglia”,

temi

quindi:

salienti

perché

della

no?

crisi

Dipendenti:

volendo professionalità, le socie hanno deciso di rivolgersi direttamente

economica e

alle

sociale

scuole

in

di

cui

ottica

ci

e

optometria e, quando ai presidi hanno chiesto le eccellenzetroviamo, femminili, realizzata hanno avuto al Teatro visi straniti,

hanno dovuto spiegare che la donna ha una perizia e una pazienza Dal Verme singolari. di Milano In più: conlala

legge più

ironica e vera del marketing afferma che gli uomini guardanocollaborazione le donne e le donne di Cultura guardano e le

donne, quindi nessun pericolo di discriminazione da parte delle Solidarietà clienti, e in– occasione dal celeberrimo del

termine coniato dal giornalista Simpson del giornale The Indipendent Premio annuale nel ‘94‘Stella – si cavalca al la

società metrosexual che vuole uomini attenti all’aspetto e amanti merito’. dello E’ il shopping. nuovo volto Dadi questi “Maripunti

di partenza nasce “L’Occhialaia”, e vive bene con voglia di crescere. per sempre”, In unreading Sud particolare, teatrale inla

provincia di Salerno (Nocera Inferiore), in cui essere solo donne tournee potrebbe tratto dalla a volte biografia spaventare “Io

L’Occhialaia_Via Zanzara 13, Mariangela 15_ isabella.tramontano@gmail.com

Melato”.

Scrittrice, attrice e conduttrice. Italiana e internazionale.

Volto e firma di VanityFair.it

NOCERA INFERIORE _ SALERNO _ ITALY

Allora è vero che l’essenza di un incontro si rivela al primo istante. Quando le

persone non hanno ancora preso le misure l’uno dall’altra, alzato difese,

rivelato debolezze, infiorettato la propria storia, nascosto sotto il tappeto

paure, condizionamenti, paure. Diversi i colori, gli orientamenti e le età, diverse le ricchezze,

le competenze e le latitudini, ma simili, molto simili, i desideri, le sofferenze. Ma uguali. Simili nelle

infinite dissimilitudini, fin anche nell’apparente condivisa complementarietà. Le donne si assomigliano

quando lavorano, quando amano e pregano, quando sono madri, figlie e sorelle anche se non sempre

sanno aiutarsi e riconoscersi mentre svolgono le loro imprese, materiali e immateriali, nel mondo. I

secoli terreni ci hanno allenate a sopravvivere ma non a mettere in comune esperienze e difficoltà.

Peccato. Tuttavia ciò che mi stupisce e rincuora è la straordinaria capacità di ogni donna di immaginare

con energia scienza e passione obiettivi di felicità. Di solito quella immaginata dalla donna è una felicità

condivisa, fatta di serenità e sicurezza, legata a lontane radici antropologiche e alla tutela delle

generazioni. Ascoltare la voce e osservare i volti delle altre donne che condividono le loro storie e la loro

passione e intelligenza è una esperienza rassicurante perché il pensiero condiviso che emerge è

pacifico e profondo. A volte più stanche di sempre a volte piene della loro forza, le donne si accorgono

di essere semplicemente una donne qualunque fra le donne. Una qualunque di noi nel nostro essere

profondamente uniche, perché le similitudini tra una vita femminile e l’altra che sembrerebbero

innegabili ed evidenti non hanno nulla di così innegabile ed evidente. Almeno non per lei..

MARIAPIA DELLA

VALLE

Se è vero che la ricetta d’oro per arrivare

alla popolarità non esiste, in quanto

riteniamo che Sicuramente una parte è

giocata dalla fortuna, siamo però

consapevoli anche del fatto che molto

dipenda anche a ciò che trasmettiamo agli

altri, di positivo. Far veicolare la verità di

quello che siamo, insomma, sembrerebbe

essere quel gap di vantaggio, che ci

permette di uscir fuori da una società

sempre maggiormente streotipata. Essere

se stessi richiede coraggio, e la nostra

protagonista di oggi, di coraggio, ne ha da

vendere. Solare, intelligente, grintosa,

simpaticissima, Mariapia della Valle è la giovane Fashion Blogger che

è riuscita a conquistare la nostra attenzione, nella non facile ricerca

all’interno del vastissimo mondo delle donne che parlano di moda,

perchè, se da una parte è vero che la passione della moda va ad

accomunare tutte le varie blogger, è vero anche che è il rapporto

stesso con la moda ciò che va a differenziare un blog dall’altro. Di

sicuro c’è anche che leggendo il suo blog avverti come una

sensazione di trovarti immerso in un’atmosfera più frizzante e vivace:

quello che leggi è un mix di tante cose: il suo “about me” è tutt’altro

che monotematico spazia bensì dalle vacanze, alle uscite con le

amiche e dalle giornate in palestra a quelle con il suo ragazzo. Segno

che la moda sia veramente presente ovunque ogni giorno. Il suo blog

si basa essenzialmente su un rapporto amichevole con le donne che

la seguono e che che seguono i suoi consigli sugli outfit. Donne con le

quali scambia consigli per make-up e capelli, piuttosto che condividere

le ultime novità nei negozi. La supportano e la sopportano nella sua

vulcanica genialità creativa, la aiutano e le chiedono aiuto, la

consigliano e le chiedono consigli. Questo il senso del suo blog

www.modidimoda-mapi.blogspot.it Nessun senso, tutti i sensi.

Mariapia ha all'attivo della sua carriera importantissime collaborazioni:

scrive di moda per i magazine Donna Impresa e PinkLife, è inoltre

consulente per gli shootting fotografici del Ph Thom Rever.

Connoi

nelprossimonumero

VALDISERRI

MARIELLA

Docente di moda e fashion Journalist

www.donnaimpresa.com39

51


ROBERTA

RAZZANO

si racconta

Avete presente un presepe? Antiche case di pietra, che si alzano dritte sulla rupe di tufo. Dietro, un fiorire di campanili di chiese. Un ponte

altissimo che attraversa il vallone selvaggio. Questo è il mio paese. Un tempo, famoso per Sant’Alfonso e il suo “Tu scendi dalle stelle”. Ora, di

nuovo alla ribalta per aver dato le origini al sindaco di New York. Questa è Sant’Agata dei Goti, piccola perla di un Sud poco conosciuto, dove

sono nata e ho passato la mia infanzia tra la bellezza e l’incanto dei sensi. Il bello era normale, era quotidianità, era quasi scontato. I monumenti

antichi e i vestiti di mia madre accompagnavano i miei sguardi; il romanico asciutto ed elegante della chiesa di San Menna si abbinava ai tagli

raffinati di Valentino. E poi, i piatti seducenti che riusciva a cucinare… Tutto era colore, profumo, vita. Mio padre, il suo critico più costruttivo e

severo. Fu la mia prima e sola guida. Non accettava le mezze misure, quando si parlava di bello e di buono. Tanto era amabile e tollerante

verso gli esseri umani, tanto era rigoroso nel giudicare le loro creazioni. “Quelle si possono sempre migliorare – diceva – ed io sprono a farlo”.

Quando ti trovi a vivere in un mondo bello e stimolante, non sei mai propensa ad adagiarti: sei sempre spinta a fare di meglio, a cercare il

diverso, ad andare oltre. Gli abitini uguali a quelli delle altre bambine non mi piacevano. Volevo essere originale. Volevo essere io. Se non

potevo scegliere i miei vestiti, nessuno mi vietava di farlo con quelli della Barbie. Dopo aver provato tutto il campionario esistente, cominciai a

confezionarli di persona. Usavo gli stracci bianchi di mia madre e li decoravo con i pennarelli colorati. Non potendo cucire, li assemblavo con la

pinzatrice. Erano belli anche per le mie amiche, che me li chiedevano. Ed io li facevo per loro, con piacere. Forse tutto iniziò da lì… Ero da poco

una teenager, quando mi si aprì la strada verso il mondo vero. Mi ero macchiata la maglia bianca di caffè. Invece di lavarla, pensai che potevo

usare il caffè per tingerla tutta quanta. L’appallottolai in una pentola stretta riempita con cinque o sei caffettiere grandi. Con mia sorpresa ne uscì

non una tinta uniforme, ma un disegno, astratto e affascinante, in cui

riuscivo a distinguere forme inaspettate, come quando si guardano le

nuvole e si sogna. Intuii che quel disegno era più bello di qualunque

forma avessi potuto progettare a priori. Avevo capito che l’arte comincia

quando si va oltre il progetto, oltre l’intenzione, e ci si lascia trasportare

da quell’imponderabile che è sempre presente intorno a noi. Avevo

imparato a viverlo senza temerlo. Iniziai a tingere di tutto e con tutto. Mia

madre brontolava: sporcavo dovunque. Ed io le ripetevo: “Tu mi hai fatta

ultima di quattro sorelle, perché fossi il bastone della tua vecchiaia. Mi

avresti voluta come una damigella dal sangue blu, ma il mio sangue non

è né rosso né blu: l’hai fatto multicolor!” Allora non sapevo nulla di

shibori. Non avrei mai immaginato di ritrovarmi, dieci anni più tardi, in un

angolo di Giappone, a bottega da un maestro ultracentenario, a

perfezionarmi in quell’arte antica. Laozi Nagayama fu per me una figura

di maestro come non ne ho più incontrate. La tecnica era solo un aspetto

marginale dei suoi insegnamenti. Si preoccupava anche di come e

quanto mangiavo e dormivo. Perfino di come respiravo. E tutto il suo

sapere, oggi, lo posso ancora riassumere in quelle tre parole che

ripeteva sempre: “Mani, testa, cuore.”. Se viene a mancare un solo

elemento a questa triade così umana, nulla sta più in piedi. E’ come un

tavolino a tre gambe che ne perde una. In quei dieci anni, a dire il vero,

non ero stata ferma. Anzi… avevo lasciato gli studi di giurisprudenza,

con grande sconforto della mia famiglia, per seguire il mio sogno ed

iscrivermi all’accademia di belle arti di Napoli. Furono anni difficili. Ci

entrai quasi da sprovveduta. Non sapevo disegnare e non mi piaceva

disegnare. Ma dovevo imparare ad ogni costo. Avevo bisogno di

materiale. Cercavo la carta e i colori migliori. Ed era una cosa mia, solo

mia. Per non chiedere nulla alla mia famiglia decisi di lavorare la sera,

come cameriera, come lavapiatti. Furono anni di solitudine e sacrificio.

L’unico sostegno era la mia passione, sfrenata, irrazionale quasi, per

tutto ciò che era un abito. Gli abiti mi attiravano per la loro materialità. Li

dovevo vedere dal vivo, toccare, annusare. Erano fatti di tessuto e non di

carta. È nell'aspetto tattile che sta gran parte del fascino dei tessuti. Il

tatto e' il senso più diretto che abbiamo per conoscere il mondo. Io ho

bisogno di toccare ciò che creo. Gli oggetti e la materia ci parlano

quando li tocchiamo. Mi piace toccare la roccia quando arrampico,

sentire fra le dita la tensione del filo quando tiro di balestra, accarezzare

il pelo di animali inconsueti o stringere tra le mani le foglie di un albero.

Lungo tutto il mio percorso, i tessuti sono sempre stati i grandi

protagonisti. Come pinzavo gli abiti indosso alle bambole, così ho

sempre preferito costruire e montare i capi veri sul manichino, senza

disegnarli prima. Non c’è immaginazione, per quanto fervida, che riesca

a eguagliare la realtà, con i suoi giochi di luce, di testure, di gravità, di

tensioni e di torsioni. Bisogna provare, osservare, e lasciarsi stupire.

Solo così si può dare spazio al sogno. Da un sogno nacque alla fine la

mia tesi, “La rivelazione di Ercolano”, che poi sarebbe divenuta un libro,

una collezione ed uno spettacolo. Era un pomeriggio assolato della mia

infanzia e mio padre mi aveva trascinato ad Ercolano per mostrare gli

scavi ai parenti venuti dall’America. Io correvo, saltavo, non stavo mai

ferma. Scivolai sul selciato antico e lui mi salvò da una brutta caduta

prendendomi la mano. Mentre mi teneva, per tranquillizzarmi mi disse:

“Tu ora vedi solo rovine vuote. Ma prova a chiudere gli occhi e pensa a

duemila anni fa. Qui intorno tanta gente che passa. Un suonatore di

cetra. Le donne con i loro vestiti colorati…”. Aveva colto nel segno.

Improvvisamente nacque dentro di me l’immagine della città viva, e la

vita erano quei vestiti che si muovevano insieme alle persone e

riflettevano il sole di duemila anni prima. “Papà, com’erano quei vestiti?”.

Me li mostrò a casa, sui libri. E io sognavo di farli rivivere. La mia gavetta

iniziò a Roma alla maison Gattinoni. Madame Fernanda resta ancora un

esempio indelebile nei miei ricordi. Lei non era solo arte. Era

determinazione e tenacia. Non mollava, non se ne andava, non si

arrendeva finché il capo non era quello che voleva. All’anelito al meglio

che avevo imparato da mio padre, lei univa la capacità di realizzarlo.

Tutte le persone che in me hanno lasciato un segno, mi hanno insegnato

a non accettare le mezze misure. L’alta moda mi affascinava, perché non

si poneva limiti, Non c’erano limiti alla fantasia e nemmeno alla spesa.

Non c’erano vincoli o censure. Bisognava solo puntare in alto, il più in

alto possibile. Ed arrivarci ad ogni costo. Da lì partì il mio viaggio per

l’Europa e per il mondo. Ero diventata la donna dei tessuti. Li sceglievo, li

tingevo, li creavo dal nulla. Tingevo con le spezie, con il vino ed il caffè.

Tessevo tutto ciò che poteva prendere la forma di un filo, compreso

quello interdentale. Trasformavo la materia lasciandomi trasportare

dall’imponderabile come da un’onda amica. Un giorno, tutto si interruppe

bruscamente. Pensai di lasciare un sogno per seguirne uno migliore. Ma

era un’illusione, e mi ritrovai a terra, senza ali. Abbandonai il mondo

sfavillante dell’alta moda, che mi destava solo ricordi tristi, e mi

reinventai in mille vesti nuove. Creatrice di costumi teatrali, decoratrice di

vele, giornalista. Scrivevo di ecologia e natura e quasi per caso arrivai ad

occuparmi di cibo. Incontrai persone nuove e, come per magia, mi si aprì

davanti un mondo inaspettato. Nel giro di pochi anni venivo catapultata

dall’alta moda all’alta cucina. L’illuminazione fu un invito a pranzo da

Fulvio Pierangelini. Gli dissi che non mangiavo pesce. Il risultato fu il

menù sbattuto con rabbia sul tavolo, uno sguardo torvo ed una girata di

spalle senza un saluto. Ma sul mio tavolo arrivarono pesci d’ogni sorta. Li

assaggiavo. Mi piacevano. Mi davano emozioni. Avevo scoperto l’haute

cuisine. Il dopopranzo fu più amichevole, in una saletta riservata, tra

pizzi, cristalli e due opere di Fontana. Mi spiegò che aveva accettato la

sfida e aveva cucinato il pesce in modo da farmelo piacere. Lo aveva

personalizzato. Io, che fino ad allora avevo vissuto di surgelati e pizze a

domicilio, dovetti ammettere che anche il cibo poteva diventare una

forma d’arte. Nel giro di qualche mese la mia vita era di nuovo cambiata.

Vagabondavo tra i migliori ristoranti d’Europa, negli anni della più grande

rivoluzione gastronomica di tutti i tempi. La vecchia passione si poteva

sposare con la nuova. Creai Dolceveste, un involucro impalpabile di

tessuto colorato e profumato, che permetteva di mangiare i cioccolatini

senza toccarli con le mani. Preparai contenitori di tessuto e bacchette di

ceramica per i cuochi del Bulli. Avevano inventato le “arie”, schiume

evanescenti e profumate, ed io dovevo inventare un modo nuovo per

degustarle. Così, alla Mostra Internazionale dell’Alimentazione del 2005

presentai “Flores de Pescado” insieme ad Oriol Castro: fiori di tessuto

che avvolgono arie di mare. Riscoprii l’amore per il cibo della mia

infanzia, ma con la mente e il cuore di chi ha scelto di aspirare sempre al

meglio. Studiai, scrissi, insegnai. Mi si aprirono le porte dell’università e

scoprii quella forma incredibile di affetto che può legarti ai tuoi studenti.

Se li guardi, li ascolti e impari a conoscerli, diventano come figli. E ti senti

parte di una famiglia grande ad antica. Io li ho sempre amati, uno ad uno.

Ognuno per come era fatto e per quello che poteva dare e diventare. Ad

ognuno ho dato tutto quello che potevo. E loro hanno dato a me.

Purtroppo, l’università non è fatta solo da loro. Ci sono squallidi burocrati

e dirigenti gretti e venali, che possono uccidere ogni forma di poesia e

dignità. La mia strada non poteva fermarsi lì. L’insegnamento, senza

ricerca, può diventare una ripetizione vuota. Così, mi sono decisa a fare

sul serio. Sono entrata a fare parte del Laboratorio di Fisica

Gastronomica dell’Università di Parma, assumendomi la responsabilità

di tutto il settore estetica e design. Lì ho iniziato il progetto drink design,

come nuova forma di food art. Realizziamo drink personalizzati, ognuno

diverso dall’altro, con disegni tridimensionali creati da liquidi colorati,

iniettati all’interno di un liquido trasparente. Anche qui, la scienza e lo

studio ti portano al limite, poi lascio scattare quell’ineffabile abbandono

all’imponderabile… Poi, un giorno, arriva di nuovo l’ombra. Scura,

spaventosa, invincibile. Mio padre si ammala e in pochi mesi se ne va.

Nel mio cuore, sentivo che avrebbe avuto ancora tante cose da dirmi,

ma il tempo era finito. Ero persa. Cercavo dovunque un segno, un

appiglio, un punto da cui riprendere il filo dei suoi insegnamenti. E mi

tornò alla mente quel pomeriggio lontano, agli scavi di Ercolano… Sentii

rinascere il richiamo della moda. Ma in forme diverse. Il tempo era

passato. A vent’anni volevo trasgredire, ma ora? Non riuscivo a

convincermi che fosse il momento di ricominciare. Però mi guardavo

intorno, e vedevo che il mondo era cambiato. La crisi che imperversa.

Una realtà che nessuno più ama. Si può trasgredire quando tutto è

perfetto e felice. Si desidera andare oltre, ma perché il presente è già

bello. Ma ora? Ora, mi sono detta, non c’è più sete di trasgressione. C’è

tanta voglia di sognare. Di fuggire.

Roberta Razzano

www.donnaimpresa.com 53


Il conferimento del

"Premio Donna Impresa"

Al Fashion Week Bucarest

ADRIANA

AGOSTINI

Fashion designer _ www.adriana-agostini.com

Donne di moda

L’abbiamo incontrata per la prima volta a Bucarest e precisamente all’evento

FashionTv Week presso la sua Galleria - Atelier. La sua ispirazione nasce in primo

luogo dal tessuto e poi si sviluppa dall’osservazione della società.

Lei è Adriana Agostini, fashion designer rumena le cui

collezioni, in passerella, assumono la caratteristica di uno

spettacolo nello spettacolo, tanto lei è abile a dotare di senso le

sue rappresentazioni. Scenografie teatrali in cui si esprime la

bellezza della donna, magnificandola in tutta la sua più sensuale

femminilità. Mai una donna mortificata in rigide vesti, mai un

corpo umiliato nella sua avvenente grazia. Il corpo si esprime,

fluendo fra tagli e tessuti che lasciano il libero manifestarsi. Bella,

solare, Adriana Agostini ci accoglie con un sorriso che lascia

intuire quanto, quella serenità espressa, sia trasferita in tutto

quello che crea, quanto rappresenti l’elemento distintivo di

qualcosa che prima ancora che essere un brand, è la sua vision.

Un modo di percepire il mondo, il suo, in cui si contempla la gioia

di vivere. Ha iniziato in Italia la sua professione lavorando per

diversi Atelier nel campo del tessile. La definivano una design

della “maglieria” per la sua straordinaria capacità di abbinare

tessuti di natura diversa, cachemire e seta, in particolare. E tutto

questo avveniva negli anni ’80. Poi il salto di qualità tentando di

vendere i suoi prodotti fuori dall’Italia, strategia vincente che le

conferì da subito popolarità. Una svolta al suo modo di intendere

la moda, il fashion. Qualcuno è magico; altri ammaliano; taluni

raccontano la storia intessuta da infinite piccole vicende umane;

certi rimangono imperiose roccaforti di un glorioso passato

seppure ne hanno perso i fasti opulenti; alcuni sono abbandonati

a sé stessi; talaltri si lasciano scivolare il tempo sulla pelle;

qualcheduno sembra materializzarsi dalle pagine ingiallite

d'antichi libri di fiabe, dove le parole gotiche sono arricchite da

fantasiosi disegni di fate del bosco, di folletti dai buffi cappelli

nascosti fra i fili d'erba, d'acque cristalline e di ponti magici,

metafora di un passaggio fra bene e male, fra buio e luce, fra

civitas e barbaritas, fra noto ed ignoto... Infine qualcuno, e questo

è il caso di Adriana, scrive libri incantati a più dimensioni, dove le

pagine sono tessuti, le penne aghi, dove le idee si esprimono

attraverso piccoli ritagli di tessuto, s'incorsano in formule magiche

comprensibili solo ad eletti che possiedono il sapere di

comprendere la magia della sua arte. Saperi che invitano a

superare le cortine, a varcare la soglia per scoprire che tutto è

arte in continuo movimento, un'altra storia da svelare... per chi la

vorrà e saprà ascoltarla. Adriana Agostini è stata insignita con il

prestigioso Premio Internazionale “Donna Impresa” “PREMIO

INTERNAZIONALE DONNA IMPRESA/

AT THE HEART OF

COMMUNITY” all’interno del prestigioso evento che si è tenuto

presso Villa Cesarina di Valganna (provincia di Varese) nelle

giornate dell’8e9marzo,iltutto sintetizzato in un video per la

La collezione di Adriana Agostini presentata

a Villa Cesarina - Valganna (Va) - Italy

di Annabella Ciardiello

regia dell'eclettico Dragan Sebastian denominato "Una bellezza

reale". " CULTURA AGENZIA" dunque giunge in Italia, a Villa

Cesarina a raccontare le meravigliose creazioni della fashion

designer Adriana Agostini che hanno fatto sfoggio della loro

magnificenza attraverso la statuaria bellezza delle modelle in un

contest, quello della splendida dimora liberty, reso ancor più

magico dagli scatti del ph George Cristian. Nel soirée di Gala,

all'insegna di una giuria d'eccezione presieduta dal Principe

Stefan de Montenegro e dalla sua splendida consorte, da

Bruno Romano Baldassarri in qualità di Direttore Marketing

Italia Donna Impresa e Giuseppe Vigilante Patron dell'evento,

sono state assegnate le fasce di merito alle partecipanti a "Lady

Storica", una per ciascuna concorrente attribuite in base alle

caratteristiche peculiari di ciascuna; un concorso dunque che non

ha visto né vincitrici né vinte, a celebrare la bellezza delle donne

nella loro dissomiglianza di caratteri. A conquistare il "Premio

eleganza" la modella rumena Ana Maria Iancu che vestita in uno

splendido abito di Adriana ispirato all'ottocento di gattopardiana

memoria, ha incantato ospiti e giuria oltre che per la sua

bellezza, per il suo portamento regale. Nel corso della serata

sono stati poi assegnati i PREMI INTERNAZIONALI DONNA

IMPRESA alla oramai celeberrima scrittrice Ada Cattaneo, alla

straordinaria fashion designer Adriana Agostini, lo ricordiamo ad

onor di cronaca, ed alla versatile bellezza di Kurimi Mami. " Arte,

Bellezza e Solidarietà nelle giornate dell'8e9marzo2014èstata

un successo al di sopra di ogni più rosea aspettativa - ci dice

Giuseppe Viglilante - metti una troupe di 12 elementi al seguito

della stilista Adriana Agostini, Bruno Baldassarri e Valeriana

Mariani, la polizia a cavallo e Nicola Corrarello, 12 bellissime

donne per Lady Storica, Pin Berve e Kurimi Mami, 6 guerrieri

medioevali con Alessandro Varagnolo e una scrittrice di leggende

Ada Cattaneo, le bellissime piante di Vivai Giardinaggio Selve e la

onlus per l'aiuto ai bambini autistici... per non parlare poi della

bellezza dei quadri esposti nei saloni della villa di sei artisti:

Daniela Galli, Monica Trioli, Milly Martionou, Anna Zulla, Mirella

Zulla e Benedetto Codella... dei premi assegnati, dello

Champagne Dom Caudron Marne abilmente presentatoci da "La

Dame du Vin" personaggio cult nel panorama dell'enologia

nazionale, del magnifico risotto preparato da uno dei ristoranti

tipici di Valganna annaffiato da vini "eccellenti", quelli portati in

degustazione da Boris Laziosi per il Podere Vilarga prodotto

vinicolo del Principe del Montenegro. Beh.. che dire, se non il

ringraziare tutti coloro che hanno dato vita a questo magnifico

sogno… “. Il servizio, in esclusiva per MDI TV o mditv.ro.

agostini

Model: Mihaela Dragne

Model: Ana Maria Iancu

da destra: Adriana Agostini con i Principi di

Montenegro, Giuseppe Vigilante con i figli.

www.donnaimpresa.com 55


CLAUDIA

FERRISE

Fashion designer _ Lamezia _ Italy

Modelli dal taglio apparentemente semplice, quasi classico, ma impreziositi con dettagli

ricercatissimi, che regalano alla sposa un look sofisticato, di alta classe, indubbiamente

glamour. Per le gonne, scivolate e dalla linea morbida, vengono utilizzati tessuti fluttuanti

come lo chiffon, il tulle e la seta ma anche più strutturati come il damascato, e il raso, uniti a

bustini dal taglio prevalentemente a cuore ed a V, anche con scollature profonde, che

regalano grande femminilità persino alla sposa più formale

Per coloro che sono alla ricerca di un look più moderno, non mancano però accenni minimal chic, come lo scollo squadrato. L’anima delle

collezioni è senz’altro il pizzo, utilizzato come tessuto principale o in piccole applicazioni , che danno vita a fiori, petali e decorazioni di alta

lavorazione, arricchite con punti luce, perline e cristalli, che illuminano gli abiti senza appesantirli, ma donano un tocco di brillantezza che ben “si

sposa”, è proprio il caso di dirlo, con le linee romantiche e delicate dei modelli. Accanto alle gonne ampie in tulle, dal taglio principesco, troviamo

anche linee più aderenti e femminili, con gonna a sirena, abbinate perfettamente a maniche lunghe o in tulle, che lasciano trasparire le braccia,

avvolgendole in ricami e applicazioni. Soffici petali in pizzo o chiffon, che ritroviamo sul velo sposa, anch’esso protagonista indiscusso della

passerella, con strascico importante e lunghezza cathedral. Guardando al colore, è il bianco che regna sovrano nelle collezioni di Claudia, nelle

sue sfumature ricercate: etereo ed elegante, in una fusione perfetta di romanticismo e modernità, per donne sensibili e capaci però di mostrare

anche il mistero, la malizia e la seduzione. Se sognate che la vostra sia una favola, ricordatevi che una storia meravigliosa ha sempre un inizio

speciale. E la scelta dell’abito è l’incipit giusto per un matrimonio fiabesco. Come orientarsi tra aspettative da favola e quel ci fa essere

assolutamente favolose? A raccontarci il percorso che porta alla scelta dell’abito da sposa (non di “un” abito da sposa qualsiasi) è Claudia

Ferrise padrona di casa all’Atelier “Sposa Lucy Claudia” che ci guida con il suo prezioso savoir faire. La storia comincia insomma con la

condivisione di desideri e aspettative: riguardo all’abito, alle linee, ai tessuti, ai dettagli, ma anche a tutto il contesto del matrimonio, dalla

location allo stile della cerimonia. Il compito di Claudia è dunque il trasformare il sogno delle proprie clienti in realtà, cogliendo emozioni e

aspirazioni, ascoltando e consigliando. “Senza esasperazioni” forte della lunga esperienza nel settore più romantico che esista. Idee semplici e

chiare, suggerimenti mirati e realistici, perché quello della scelta sia un momento meraviglioso, senza inutili stress. Si inizia così un affascinante

viaggio: passando da tessuti, stili e modelli, alle pregiate proposte di raffinate case nazionali ed internazionali, a disegni su misura, realizzati per

la sposa dall’Atelier fino al lavoro sartoriale realizzato qui, con la professionalità stilistica artigianale della tradizione, dal cartamodello all’abito.

Scelto il modello, in un trionfo di emozione, la fase successiva è la prima prova. Non dobbiamo ai dimenticare che la protagonista quel giorno

deve piacere prima di tutti... a se’.

DIANA

ALEXANDROAE

Presidente Kasta Morrely _ www.kastamorrely.ro

a tu per tu con:

Diana Alexandroae

presidente Kasta Morrely

Le industrie creative, così come

troviamo che sono state definite da

inglesi, sono quelle industrie che hanno

l’origine nella creatività, talento e

maestria degli individui, e che hanno il

potenziale della creazione di impieghi e

di prosperità tramite la generazione e

l' utilizzo delle proprietà intellettuali.

I campi che costituiscono (conforme DCMS- Department of

Culture, Media and Sport, UK) sono advertising, l’architettura,

le arti, i mestieri, il design, la moda, il cinema, video e foto,

software e computer games, la musica, le arti visuali e

performing arts, publishing, televisione, radio. Esse hanno un

ruolo educativo molto importante nella società odierna ed è

per questo motivo, e per nostra sfortuna, siamo aggrediti con

troppe produzioni e prodotti di bassa qualità. Per questo

siamo moralmente obbligati trovare e promuovere l’autenticità,

la qualità ed il professionismo per sbarazzarci della nocività

del kitch e dell’incultura presente dappertutto nell’importante

settore delle professioni che formano il campo dell’immagine.

E’ sulla base di questa considerazione che abbiamo ritenuto

indispensabile ascoltare una specialista in termini di autorità

internazionale nell’organizzazione d’eventi, sfilate di moda e

Fashion Theater: lei è Diana Alexandroae Presidente Kasta

Morrely, uno degli esperti che sono stati alla base della

creazione e legalizzazione per la prima volta nel mondo, della

scienza dell’occupazione di modella(o) e dell’occupazione di

organizzatore di eventi. Diana Alexandroae fa parte anche dal

collettivo degli esperti che hanno creato e registrato come

marca il nuovo genere artistico Teatro di Moda (Fashion Theater). “Desidererei precisare dall’inizio il fatto che la mia attività di ricerca in qualità di

presidente Kasta Morrely è stata centrata specialmente sul campo delle sfilate di moda e dell’organizzazione degli eventi di moda. Questa attività

– ci dice Diana - non ha però escluso il coinvolgimento nello studio della realizzazione delle trasmissioni TV e film. Come si sa ogni persona

ambiziosa sogna diventare una stella oppure una personalità pubblica conosciuta molto spesso senza aver approfondito l’effimerità che ruota

intorno alle stelle della televisione o cinematografiche. La causa della loro effimerità è dovuta al fatto che sono persone impreparate che tramite

l’apparizione sul piccolo schermo danno un'impressione iniziale d’intelligenza, fascino e spontaneità, ma... come dire – continua - il pubblico si

rende conto assai velocemente della realtà e si annoia presto della falsa stella. Lo stesso ovviamente vale per le stelle cinematografiche che, se

non supportate da un vero talento ed un corretto management, scompaiono nell’ignoto. Mi sono domandata anche io all’inizio perché sono stelle

che resistono nel tempo ed altre scompaiono con la stessa rapidità con cui sono apparse. Tematiche che ho approfondito durante gli studi di

ricerca del mondo della moda e che sono state la base della mia consapevolezza di oggi. Quello che ho compreso, è che il settore è stracolmo di

molto dilettantismo basato sulla sfrontatezza di manager improvvisati e senza troppi scrupoli che giocano sulla pelle e sul talento, non ultimo sulla

timidezza, di quanti vorrebbero intraprendere una carriera artistica, qualsiasi essa sia.

L’interesse per le prestazioni artistiche si perde in

continuazione perché molte dalle attività di creazione sono dominate dagli impostori e spavaldi. questa è la verità. Il lavoro di creazione si basa su

una preparazione complessa che congloba più qualificazioni complementari. Non puoi avere un’attività di successo nelle industrie creative senza

qualificazione e senza una preparazione laboriosa preliminare perché senza preparazione solida l’atto artistico si svolge caoticamente, con molto

lavoro invano e alla fine si scelgono ruoli che di bassa qualità, pur di apparire. sono sotto gli occhi di tutti - conclude Diana – le ridicolaggini delle

dirette televisive e/o le produzioni di basso spessore culturale ed estetico. E’ solo nel momento in cui hai una preparazione idonea al ruolo che

vuoi svolgere che diventa facile il valutare la qualità dell’offerta. Mai diversamente. Una professione, per essere riconosciuta legalmente dallo

stato, deve necessariamente dotarsi di un progetto approvato della scienza di quella professione. Così quelli che sono qualificati in quella

professione imparano cosa devono fare con efficienza e rendimento massimo, benefico per se stessi così come per le persone che si affidano ai

suoi servigi. Ho constatato quando lavoravo all’elaborazione dell’occupazione di modella(o) che le sfilate di moda in molti casi annoiano la maggior

parte degli spettatori a causa della loro monotonia… ragazze che portano a spasso dei vestiti tutte nello stesso modo, invece che indossarli. Vi è

una grandissima differenza fra l’indossare un capo e vestirlo. Ecco perché ho pensato di mettere a punto il Teatro di Moda (Fashion Theater), di

proprietà intellettuale Kasta Morrely. Questo nuovo genere artistico conferisce valore tanto alle creazioni dei designer quanto il talento di coloro

che sfilano. Sono stata piacevolmente sorpresa alla fine dell’anno 2013, quando nell’ambito della Gala Romanian Fashion Awards, ho ricevuto il

Premio per la creazione di questo progetto Moda, ancor più sorpresa e felice quando, subito dopo, sono stata insignita di un Diploma di

Eccellenza come autorità riconosciuta nelle industrie creative ed il riconoscimento del nuovo genere artistico Teatro di Moda (Fashion Theater),

dalla parte dei funzionari di una città turistica molto importante. Posso dire con piacere ed orgoglio, che sulla scena del grande festival Bucharest

Fashion Week dal dicembre 2013 sono state molte le sfilate organizzate in collaborazione con noi... e gli effetti si sono visti. Il pubblico non solo

non dava segno di insofferenza, ma restava compostamente seduto... quasi rapito da ciò che in quel momento avveniva in passerella. Questa

reazione del pubblico è la conferma che il fondamento delle industrie creative, il successo, dipendono dalle qualificazioni, oltre che dal talento.

Insomma, non possiamo parlare del futuro di successo e dello sviluppo del settore culturale artistico senza un’approccio scientifico basato sulle

qualificazioni ed innovazioni di quelli che si affacciano in questo campo d’attività. I paesi che hanno investito nello sviluppo del settore delle

industrie creative sono i più conosciuti ed apprezzati per il loro livello di civiltà e benessere anche se in altri settori non eccellono”.

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L’immagine interiore dell’Io corporeo è quella foto mentale che ognuno ha di se stesso, quel ritratto

conseguenziale alle esperienze passate ed alla percezione attuale del corpo, come ogni persona sente, e

come si pensa possano riconoscerlo gli altri. .

fra

ed

estetica

I significati trasmessici dalla vocabolo ‘estetismo’ attengono in prevalenza o a

un’autoconsapevole concezione della realtà, cioè una filosofia, non importa

quanto strutturata e articolata, o a un atteggiamento esistenziale,

comportamento, consuetudine, costume, norma, moda e cioè a una condotta

pratica; e in questa seconda accezione momento qualificante non è

l’interrogazione di sé e la ricerca delle ‘cose’, bensì il consumarsi della vita nella

sollecitazione e nell’immaginoso compiacimento della bellezza dei suoi attimi:

primo forse fra tutti, ciò che essa offre nelle forme della natura e dell’arte visiva.

Dà unità di senso all’una e all’altra di queste disposizioni della coscienza la

sensibilità intesa come luogo semantico della bellezza. La bellezza prende, per

così dire, la piega dell’estetismo in quanto ritenuta valore subordinante a sé ogni

altro, o in quanto valore essa soltanto. Suo valore è procurare un piacere che sia

privilegio di alcuni o, al più, che da alcuni venga donato; e, per questa sua

eccellenza e unicità, essa è criterio e fine del comportamento. Ne consegue che

la moralità si dissolve o si riduce all’esigenza di generare, adorare, esibire,

testimoniare la bellezza, intesa nel senso che si è detto, in ogni atto di vita.

L’assolutizzazione del bello, per il fatto stesso di essere esclusivista, rifiuta

peraltro ogni istituzione di rapporti, ogni ricerca della dialettica, e perfino ogni

concezione gerarchica del bello rispetto ad altro poiché sopprime i termini con

cui esso abbia a confrontarsi, ossia appunto la possibilità d’instaurare relazione.

Ciò che merita il nome di vita è soltanto la promozione e la creazione della

bellezza, e il godimento che suscita.

estetismo

Cambio aspetto:

QUANT 'É BELLA GIOVINEZZA CHE TI FUGGE TUTTAVIA

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L’estetismo è di fatto emerso all’evidenza

nello spirito moderno: pur essendo una

tendenza psicologica d’imponderabile

origine, ma probabilmente legato a

condizioni di civiltà che abbiano raggiunto

una consapevolezza complessa, si è

sviluppato venendo a coscienza di

costituire il variegato consorzio degli

spiriti eletti non prima del secondo

Ottocento. Certamente, tendenze

analoghe si ritrovano in ogni fase del

gusto e del pensiero estetico, ma non più

che episodiche e vaghe, senza un

contesto di riferimenti tra loro compatti o

quasi necessari. Fra le ricorrenti

tendenze accostabili alla prospettiva

estetizzante la più idealmente vicina per

la sua area semantica in larga parte

comune, è l’edonismo, che viene spesso

assorbito o inglobato o viceversa è esso

che si precisa ed estremizza

nell’estetismo quale esaltante insularità

della bellezza. L’antica estetica del

piacere, seppure sia corretto conservarle

il nome di estetica, rigorosamente

avversata dall’eticità di Platone, era ben

lontana dal ridurre l’essere al bello, e di

rimando la condotta umana, ma

semplicemente ne stabiliva la presenza e

ne dava esegesi rilevandola utile quando

rispondente a fini morali. Non è dubbio

che l’estetismo nel suo complesso, nella

sua ambizione a foggiare e recepire

forme non meno che nella sua incidenza

sul costume, si riconosca per una

ricercatezza volontaristicamente

artificiosa, quindi intellettualistica, anche

se, nel suo esplicarsi nelle individualità

che modella, manifesta mille inflessioni.

Fra queste non è rara né, quando si

manifesta, è secondaria la velleità

ribellistica che ne turba la clausura nelle

proprie dilettazioni eminentemente

contemplative perché non potrebbe

opporsi senza costringersi al confronto e

al conflitto con ciò cui è ostile o che sente

ostile e non sa irretire nelle sue maglie.

L'altra faccia

dell'estetica

Il culto della bellezza, oltre ad essere rintracciabile in formule

matematiche e letterature moderne, già esisteva ai tempi di Nerone, e

questo è dimostrato dalla figura di Petronio, considerato il primo esteta

latino. L’egocentrismo e la continua ricerca della bellezza da parte di

figure come Petronio, D’Annunzio, Baudelaire e Wilde, hanno poi

introdotto al concetto di narcisismo, attraverso gli studi e i contributi di

Freud, il fondatore della psicanalisi, e Melanie Klein, una delle

personalità più decisive e influenti del movimento psicoanalitico. Quello

che a noi interessa è però attualizzare il concetto di bellezza,

analizzando le influenze che al giorno d’oggi l’estetica può avere in

campo lavorativo, politico, scolastico e quotidiano, per una personale

riflessione che non può prescindere, a parer mio, in alcun caso,

dall’affermare che la vera bellezza è quella dei sentimenti. Ciò premesso

non possiamo però esimerci dal riflettere su un dato di fatto

squisitamente contemporaneo: ovvero che la bellezza esteriore

inevitabilmente privilegia chi la possegga nella vita di tutti i giorni. Studi

recenti hanno dimostrato che se mettiamo a confronto una persona bella

con una meno attraente, a parità di contenuto comunicativo, le persone

belle si ritiene siano più persuasive di quelle esteticamente meno

affascinanti, che trovino più facilmente lavoro e ad avere impieghi più

prestigiosi. Anche sul piano giudiziario, le persone gradevoli sembrano

essere privilegiate dalla buona sorte, in quanto giudicate meno colpevoli

rispetto a persone non attraenti e il loro comportamento, anche se

sbagliato, è solitamente attribuito a “cause esterne”, anziché associarlo

alla volontà colpevole dell’individuo.

“...Esprit de

finesse...”

“Nello spirito di finezza i principî sono, invece, nell'uso comune e dinanzi

agli occhi di tutti. Non occorre volgere il capo o farsi violenza: basta aver

buona vista, ma buona davvero, perché i principî sono così tenui e così

numerosi che è quasi impossibile che non ne sfugga qualcuno".

Blaise Pascal

Nel suo “Elogio della Pazzia” Erasmo da Rotterdam ci illumina con una

vera perla di saggezza: “Per un ubriaco non vi è quadro più bello

dell’insegna di un’osteria”. Una variante del vecchio detto popolare

partenopeo che tradotto in italiano suona più o meno così: “Ogni

scarafaggio è bello per sua madre”. Saggezza popolare e filosofia

convergono per dirci quello che è uno dei luoghi comuni più usati

quando si parla di “bellezza”: “non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò

che piace”. Ma è proprio così? E anche se fosse, se davvero il bello è

ciò che piace soggettivamente, perché in determinate epoche storiche o

in determinate culture piacciono alcune cose che non piacciono più in

altri contesti o in altri periodi? Fatto sta che Oscar Wilde e il suo "Ritratto

di Dorian Gray" sono tanto contemporanei da indurci a riflettere su

come l'estetismo, mai come oggi, pervade e dà senso alla nostra vita:

l’estetismo visto ovviamente anche nella sua accezione più deleteria e

corruttrice che si volge alla ricerca della perfezione esteriore (che è

immagine dell'eterna giovinezza) a tutti i costi, il quale si oppone con

forza all’idea che invecchiare bene equivale anche al ricercare

quell’armonia che si sostanzia del benessere psico-fisico che si oppone

alla ricerca assoluta della sola perfezione esteriore di sé divenendo

assoluta al punto da diventare paranoica. Con ciò mi riferisco a tutto

quanto sia agli antipodi di quei sani e responsabili atteggiamenti che

sfociano in forsennose corse in palestra, a diete forzate che in alcuni

casi sono già al limite del lecito e ad interventi estetici invasivi che

denunciano un comportamento nevrotico: la nervosi sottintende

un'ossessione e l'ossessione una paura: la paura di ingrassare e di

invecchiare ossia di vedere deformarsi il proprio corpo, bensì al fatto che

il corpo, che è sicuramente la nostra vetrina, il nostro biglietto da visita,

l'immagine di noi che forniamo all'altro appena ci vede e ci giudica,

subisca trasformazioni tali da non rispettare (fors’anche ossequiare) la

nostra età biologica. Non sono rare le persone curate nell'aspetto che

pure mostrano una età avanzata e sono molto più piacevoli di altre che

vogliono apparire in tutto e per tutto giovanili, snaturando in toto il proprio

patrimonio genetico. Mi riferisco con questo a quelle cure estetiche ed ai

rifacimenti artificiali di parti del proprio sé attraverso la chirurgia estetica,

quando questa sia invasiva al punto da deturparci, o meglio, defraudarci

della nostra identità, sebbene pure esteriore. E mi domando: ha senso

ringiovanire una parte del proprio corpo in maniera tanto evidente da

evidenziare ancora di più la mancata giovinezza del resto sul quale la

natura emette sentenza dell’out-out inappellabile. Sembrerebbe quasi

fossimo composti da due noi: uno giovane, il Dorian che non invecchia,

che è sempre bello, e il resto, il ritratto che invecchia e mostra la nostra

decadenza in maniera evidente e incancellabile che non riusciamo a

nascondere e che vorremmo rigettare nell'angolo come fa Dorian con il

suo brutto ritratto. Questo sembrerebbe essere l'estetismo

contemporaneo: la ricerca di una perfezione esteriore irraggiungibile che

rasenta i limiti del nostro essere caduchi e che non può, in nessun caso,

cambiare. La natura rivendica la sua leadership, sempre, nonostante noi

ma non sempre la ridicolaggine è il prezzo da pagare per ottenere

l'estetismo. Nietzsche nello Zarathustra scrive che noi siamo corpo e al

di là di esso c'è il nulla. La nostra vita si riduce a corpo e percepiamo la

nostra ragion d'essere attraverso il corpo. Nietzsche, alla ricerca

perenne di nuovi valori, aveva scoperto un nuovo Dio: il corpo. C'è

voluto un secolo ma il nuovo Dio è emerso in tutta la sua pienezza e si è

dato a noi in questo nuovo millennio. Noi osanniamo questo Dio, lo

culliamo e lo curiamo all'eccesso. Va di moda il Dio corpo. Morti i valori

trascendenti ne abbiamo creato di terreni fra cui c'è il corpo in tutta la

sua forma e bellezza e pienezza. Lo esaltiamo, lo mostriamo, lo

adoriamo, lo formiamo, lo plagiamo. Alla fine, come per un vero Dio, ce

ne rendiamo schiavi, tanto che quando esso non risponde (si ammala o

semplicemente decade) ci disperiamo, inconsapevoli che della divinità

ha solo le sembianze ma non lo stato: non è eterno, non è perfetto, non

è immortale, non è infallibile. Crediamo in tutte queste doti e per un po'

esso apparentemente ci corrisponde illudendoci di possederle. Ma, in

realtà, è caduco come tutto ciò che è terreno e quindi crolla. Nietzsche

sapeva che tutto ciò che è terreno è caduco e ci aveva avvertito. La vita

ha il suo lato apollineo, perfetto e armonioso, e il suo lato dionisiaco,

tragico e decadente. Guai a escludere uno dei due lati in quanto si

avrebbe una visione miope di sé e del reale e prima o poi si svelerebbe

l'illusione nella quale siamo caduti. Il monito è pertanto lo svegliarsi

unanime dal culto dell'illusione del corpo non accondiscendendo troppo

a questa moda che annulla le individuali differenze somatiche a

vantaggio di una estetica standardizzata e spersonalizzante. Ma

quando è iniziato questo desiderio di trovare rimedi ai vandalici graffiti

che il tempo si ostina a tracciare sui nostri volti? Un riflesso nell’acqua: e

l’uomo prende coscienza del suo volto vale a dire dell’interfaccia che

separa la sua anima dal mondo. Questo potrebbe essere il twitt che

comunica l’inizio della storia della bellezza e degli incredibili sforzi che

l’umanità ha compiuto per crearla, possederla, mantenerla. L'obiettivo

non dovrebbe essere solo il riparare o migliorare ciò che già esiste nella

persona, ma superarlo, andare oltre, elevarsi a nuove dimensioni di

profondità e di saggezza. Siamo qui in carne e ossa. Interamente. Non

dobbiamo far finta che il nostro peso sia vuoto, non siamo tenuti a

essere solo spirito solo voce senza consistenza. Qui si richiede d'esserci

interi, peso vero, autentica sostanza, esperienza.

CONCLUSIONI

Bellezza:

istruzioni per

l’uso

“Nosce te ipsum” ( CONOSCI TE STESSO)

Prima di conoscere gli altri, bisogna conoscere se stessi. Molte volte ci si

dimentica di questo particolare e si pretende di poter vivere bene, ma

non è così. Chi non conosce se stesso, è incompleto e vive di

conseguenza una vita incompleta. Come si fa a conoscere se stessi? È

molto semplice. O almeno molto più semplice di quel che sembra. Prima

di tutto, è importante guardarsi spesso allo specchio. Può sembrare una

idiozia o un eccesso di vanità, ma non è così. Abbiamo un volto ed un

corpo che sono unici e dobbiamo conoscerli perfettamente per poterli

utilizzare. Dobbiamo concentrarci su ciò che vediamo nello specchio e

studiarci, lavorarci sopra. Siamo un' entità completa, che non deve

invidiare niente a nessuno. Abbiamo tutto quello che hanno gli altri e ci

deve bastare. Non deve sussistere nessuna invidia. Non importa se gli

altri sono più alti, più magri, più belli (secondo una nostra opinione,

perché la bellezza non esiste, è una caratteristica soggettiva). Dobbiamo

imparare ad accettare ed amare il nostro corpo, anche perché se ci

consideriamo brutti o non come vorremmo essere, rischiamo di

diventarlo davvero. Il nostro corpo è lo specchio di ciò che abbiamo

dentro. Se ci deprimiamo e ci trascuriamo, il nostro corpo ne risente e

può divenire proprio come non vorremmo che diventasse. Invece, una

persona che si accetta e si piace, per forza di cose, è una bella persona

e piacerà anche agli altri. Una persona felice trasmette felicità, una

persona che si sente bella irradia bellezza, così come una persona

depressa deprime chi le sta intorno. Impariamo a vivere bene, a volerci

bene ed accettare la nostra identità, il nostro corpo ed il nostro essere

una persona completa.

Prima regola:

Il nostro corpo ha sempre bisogno di sentirsi amato.

Quanto tempo gli dedichiamo invece? Pensateci un attimo e

rispondetevi da soli, ma senza guardarvi: che mani avete? Sono di

palmo quadrato o rettangolare? Sarete in pochi a saper rispondere.

Forse perché le vostre mani le avete sempre viste e mai osservate. C’è

differenza tra i due termini. E quanti nei avete sul petto? Ne avete?

Chissà! Sembrano sciocchezze, ma magari conoscete meglio il corpo di

un’altra persona che il vostro. Vi sembra normale? Di certo non lo è. E

qui, ritorniamo all’inizio: conosci te stesso prima di conoscere gli altri.

Dovete prendervi del tempo per stare soli con voi stessi, osservarvi,

capirvi, per sentire il vostro respiro. Vi è mai capitato di sentire il vostro

respiro? E la vostra voce? Che voce avete? Avete mai provato a parlare

a voi stessi davanti ad uno specchio? Non è una cosa da pazzi, se non

l’avete mai fatto è ora di provare. Prendetevi dei momenti che siano solo

vostri. È ora di imparare a convivere con voi stessi, è ora di ritornare ad

essere una persona.

Seconda regola:

rispetta te stesso.

Ci sono certi momenti della giornata che devono divenire per te sacri. Ad

esempio il pranzo e la cena. Devi fare sempre quello che ti fa felice. Se ti

andava di parlare col tuo amico più che stare a tavola con la tua

famiglia, allora va bene. Ma è una tua scelta. Deve sempre essere un

tua scelta. Calcola che con l’amico ci puoi parlare sempre, la famiglia a

tavola invece non c’è sempre, almeno nella maggior parte dei casi.

Questo è solo un esempio. L’importante è in sintesi, fare le scelte giuste,

quelle che ti fanno felice

Terza regola:

abbattere gli stereotipi

Da premettere che, molto spesso, la gente viene sopraffatta da problemi

che, in realtà, non esistono se non nella propria immaginazione.

Problemi legati, in questo caso, al proprio aspetto fisico. Dobbiamo

imparare a capire una cosa fondamentale: un conto è il corpo,

corruttibile, passeggero, e un conto è l'anima, immortale, eterna,

rappresentante il nostro vero "io". Pur essendo consapevoli di ciò, molto

spesso si soffre lo stesso a causa di problemi "materiali", o meglio, per

ciò che sembrano tali. La società odierna impone certi canoni sbagliati.

Ogni giorno si vedono in televisione belle ragazze (all’apparenza


perfette) che ti dicono: “butta via il grasso di troppo, diventa come me”,

“via alla cellulite!”, “diventa come me…”; ma tutto ciò è sbagliato. Perché

noi non dovremmo mai seguire la moda, divenendo uguali a tutti gli altri.

Se così fosse, se si andasse avanti così, un giorno ci troveremmo in un

mondo di persone tutte simili. E il nostro "io"? Dove lo mettiamo? Come

si suol dire: il mondo è bello proprio perché è vario. Non dobbiamo

cercare di essere uguali ad un’altra persona, perché noi stessi siamo

perfetti così come siamo, e per questo dobbiamo imparare ad

apprezzarci e conoscerci meglio. Accettarci. Sono le persone a fare la

differenza, persone che credono nei propri sogni, persone che amano il

proprio lavoro, persone che desiderano circondarsi di gente positiva,

persone alla ricerca di un mondo migliore, persone sensibili a tutto ciò

che è bello, utile ed etico.

In sintesi:

Piacersi è Piacere

Essere e sentirsi attraenti evitando la nevrosi dell'apparire.

Nell'ambito

della letteratura

francese d'obbligo

il richiamo

all'“Hymne à la

Beauté”

di Baudelaire, in cui la Bellezza appare

come una sorta di spietata ed impassibile

Sfinge, di supremo e perfetto Ideale che

esige, dai suoi adoratori devoti e rapiti,

ogni sacrificio, fino a quello estremo della

vita.

“Vieni tu dal cielo profondo o sorgi dall'abisso, Beltà? Il tuo

sguardo, infernale e divino, versa, mischiandoli, beneficio e

delitto: per questo ti si può comparare al vino.

Riunisci nel tuo occhio il tramonto e l'aurora, diffondi profumi

come una sera di tempesta; i tuoi baci sono un filtro, la tua

bocca un'anfora, che rendono audace il fanciullo, l'eroe vile.

Sorgi dal nero abisso o discendi dagli astri? Il Destino

incantato segue le tue gonne come un cane: tu semini a

casaccio la gioia e i disastri, hai imperio su tutto, non rispondi

di nulla.

Cammini sopra i morti, Beltà, e ti ridi di essi, fra i tuoi gioielli

l'Orrore non è il meno affascinante e il Delitto, che sta fra i

tuoi gingilli più cari, sul tuo ventre orgoglioso danza

amorosamente.

La farfalla abbagliata vola verso di te, o candela, e crepita,

fiammeggia e dice: "Benediciamo questa fiaccola!"

L'innamorato palpitante chinato sulla bella sembra un

morente che accarezzi la propria tomba.

Venga tu dal cielo o dall'inferno, che importa, o Beltà, mostro

enorme, pauroso, ingenuo; se il tuo occhio, e sorriso, se il tuo

piede, aprono per me la porta d'un Infinito adorato che non

ho conosciuto?

Da Satana o da Dio, che importa? Angelo o Sirena, che

importa se tu - fata dagli occhi vellutati, profumo, luce, mia

unica regina - fai l'universo meno orribile e questi istanti

meno gravi?”


SEE MORE. Di quanto sia preferibile accettare

l'invecchiamento di sé come una fase

inevitabile della nostra vita biologica

accogliendo il decadimento fisico come

indissolubile rituale al quale non ci è

consentito in alcun modo sottrarci, se non

rinunciando alla vita stessa, ma di come sia

anche possibile lenirne gli esiti entro parametri

di buonsenso che non ledano il nostro corpo

al punto di farci apparire grottesche, quanto

inverosimili e stereotipate rappresentazioni

su modello Barbie e Ken, ne parliamo oggi con

chi di tecniche di ringiovanimento se ne

intende, ed anche molto, viste le innumerevoli

specializzazioni, ma che noi abbiamo scelto,

all’interno di una vastissima rosa di candidati,

anche per il suo saper dire “no” nel momento

stesso in cui le si propongano soluzioni che

non ritiene eticamente percorribili. Ve la

presentiamo: lei è la Dottoressa Anadela

Serra Visconti, una donna, prima ancora che

uno stimatissima professionista, a cui va il

plauso di dissentire, anche energicamente, a

richieste alle quali non si sente di

accondiscendere qualora esulino da quei

criteri di buonsenso cui accennavamo.

Cosa si intende per “Medicina Estetica”, Anadela ?

La Medicina Estetica è una moderna espressione della medicina

orientata al benessere psico- fisico. E' una medicina per la qualità della

vita e per la salute come espressione di benessere della persona, e si

sviluppa in via fondamentalmente preventiva e poi correttiva. Essa è una

medicina che usa tecniche "dolci", non invasive, che consentono di

affrontare bene le trasformazioni che si verificano nelle varie fasi della vita

a causa delle sfide che il patrimonio genetico, i fattori ambientali e il

tempo rappresentano per il nostro corpo ed il nostro benessere. E'

definita "estetica" poiché l'aspetto esteriore è specchio della salute e del

benessere di tutta la persona, e perché si occupa della cura e del

trattamento degli inestetismi. Ma la Medicina Estetica è molto di più. Essa

mira a cambiare in meglio le abitudini di vita della persona. Il medico

agisce, prima, mantenendo integre e funzionali le varie strutture fisiche e

promuovendo le buone regole di igiene di vita: alimentare, fisica,

psicologica e comportamentale, cosmetica. Successivamente, nella fase

correttiva, applicando metodologie e tecniche ufficiali e collaudate cura e

corregge le strutture fisiche ed i relativi inestetismi. Ed è infatti a partire

dalla giustezza del principio che non vi può essere bellezza senza salute,

che il medico agisce in primis, mantenendo integre e funzionali le varie

strutture fisiche e promuovendo le buone regole di igiene di vita:

alimentare, fisica, psicologica e comportamentale, cosmetica.

Successivamente, nella fase correttiva, applicando metodologie e

tecniche ufficiali quanto collaudate, migliora le strutture fisiche ed i

relativi inestetismi.

ANADELA

SERRA VISCONTI

www.donnaimpresa.com

SINTETICO BACKGROUND PROFESSIONALE

Anadela Serra Visconti, laureata in Medicina e Chirurgia all'Universitá di Pisa. Si è

poi specializzata presso la Scuola internazionale di Medicina estetica della

Fondazione Fatebenefratelli di Roma e ha ottenuto il Diploma di perfezionamento

presso la Scuola di specializzazione in Chirurgia Plastica ed Estetica dell'Universitá

di Pavia. Da molti anni è consulente per salute e bellezza in programmi della Rai,

nonché autrice di pubblicazioni scientifiche in merito. Svolge la sua attività

professionale a Roma. A Unomattina collabora dall'estate del 1995. La rubrica di

Estetica ha un taglio volutamente pratico. Si presentano in diretta le tecniche che la

medicina estetica mette a disposizione per risolvere i frequenti inestetismi del viso e

del corpo, i rimedi facili e divertenti che ciascuno puó mettere in pratica, anche da

solo a casa, per mantenersi in forma. Ogni settimana si affronta un tema diverso,

privilegiando la prevenzione cosmetologica, alimentare e di corretta impostazione

dell'attivitá fisica, per raggiungere un benessere adeguato a ogni età.

www.serravisconti.it

La nuova problematica è poi quella del corpo in rapporto con sé

stesso (la dimensione privata) e in rapporto con gli altri (la

dimensione pubblica)…

Il corpo, nel nostro tempo, coincide con il vissuto, ma il vissuto che si

manifesta attraverso il corpo non è un problema solo psicologico. Gli

approcci fenomenologici, antropologici, ma anche quelli della fisiologia

moderna, fanno del corpo un super oggetto sui generis che contribuisce

in modo costitutivo alla definizione dell’identità personale soprattutto in

un’ottica relazionale, e quindi in rapporto con gli altri. Se è vero che la

Medicina Estetica si pone l’obiettivo della risoluzione degli inestetismi, è

vero anche che il suo scopo non prescinde dal promuovere e stimolare la

costruzione e la ricostruzione di una armonia e di un equilibrio individuale

attraverso l’attivazione di un programma di medicina educativa, sociale,

preventiva e correttiva, curativa e riabilitativa. Le mutate condizioni di

civiltà non consentono più, d'altra parte, di ignorare il crescente interesse

accordato all’aspetto fisico ed all’equilibrio psichico, alla presentabilità

sociale, all’armonia ambientale. La gratificazione psicologica ed il peso

"pubblico" di un aspetto piacevole e di una personalità sana ed armonica

risultano importantissimi. Per vivere oggi bisogna sentirsi "bene con sé

stessi" a qualsiasi età e la medicina è sempre più sollecitata da pazienti

che chiedono di migliorare il proprio aspetto, l'equilibrio e l'armonia

complessiva per una ricerca di sicurezza personale, ma anche una

necessità professionale ed una profonda esigenza spirituale. Una visione

moderna della medicina estetica prevede pertanto un approccio al

paziente che non tenga più conto del singolo inestetismo, ma dell'estetica

del corpo nel suo insieme. Il concetto che un buon stato di salute è

necessario per un buon invecchiamento per noi uomini del terzo

millennio non è immediato. In mezzo ci passa la consapevolezza che il

nostro benessere inizia dalla nostre abitudini di vita e dunque richiede

conoscenza, costanza e convinzione: qualità ed attitudini che mal si

sposano con modi e ritmi della società in cui viviamo. Occorrerebbe

invece prendersi cura di se stessi anche ricominciando a farlo a partire

dai piccoli gesti, dalle ormai assodate e automatiche abitudini sbagliate

rimettendo al centro della miriade di compiti giornalieri il nostro

benessere. L’invecchiamento è un processo inesorabile ma possiamo

modularlo.

Il primo approccio…

Ovvio che tutto inizi a partire da un minuziosissimo check-up affinchè si

indaghi sullo stato dell’organismo che anch’esso, deve concorrere ad

essere migliorato qualora si presentino situazioni problematiche. Il

miglioramento estetico sarà imprescindibile da una cura che parte

dall’interno perché la pelle è lo specchio delle funzioni organiche e

dunque del nostro benessere. La mia visita comincia da una attenta

indagine che punti ad individuare squilibri alimentari, predisposizioni

verso malattie, abitudini di vita nocive alla salute. Quando utile si può

procedere ad una prescrizione di esami del sangue per poter “ritagliare”

la giusta terapia che può comprendere indicazioni riguardanti il life style

fino alla prescrizioni di farmaci se necessario. Nella maggior parte dei

casi occorre migliorare l’efficienza di alcune funzioni del nostro

organismo, attraverso un apporto extra di sostanze nutraceutiche, cioè

con un’azione diretta sulle vie metaboliche dell’invecchiamento, presenti

in alimenti freschi o se necessario supplementate. In generale la

medicina estetica può ridonarci un aspetto più fresco, riposato, tonico,

senza forzature o perdita dell’equilibrio estetico, ma semplicemente

aiutando a sentirsi meglio nella propria pelle. La differenza la fa la

persona, nella sua unicità come paziente, nella necessità di

personalizzazione mirata delle terapie e nell'ottica di migliorare ma non

stravolgere. Molte volte purtroppo la paziente non ha il giusto modo di

anadela@serravisconti.com

73


Si dice che la Medicina Estetica si pone come

obiettivo la prevenzione dell’invecchiamento:

assolutamente vero, ma la Medicina Estetica del nuovo

millennio sta andando oltre e sta finalmente superando

questo concetto. Non si corregge più per prevenire un

intervento chirurgico in vecchiaia, ma si ricorre alla

Medicina estetica per apparire più belli e gradevoli anche

(e soprattutto) da giovani. ”

Anadela Serra Visconti

Anadela Serra Visconti: live un momento dello spazio dedicato alla bellezza in onda settimanalmente su RAI UNO

esagerata. A volte, si perdono proprio le misure ed i pazienti chiedono una

"ferillizzazione" per così dire, che mi trova spesso in disaccordo. Per

questo è importante una visita ed un colloquio preventivo, che stabiliscano

quello che è giusto, quello che è bello e quello che è lecito. Qualche parola

in più non è tempo sprecato, evita dispiaceri da incomprensione e aumenta

di molto la felicità in seguito alle giuste terapie.

C’è un’etica professionale cui dunque non si dovrebbe trascendere…

Certamente. Le notizie che giungono dal mondo dell' estetica ci mostrano i

palesi eccessi. È il medico che deve stabilire un limite, far ragionare e far

comprendere un “no”, rispetto alle richieste avanzate quando queste non

rientrino nel buonsenso. Saper dire di no è forse l'atto più difficile che un

essere umano può compiere in risposta ad una proposta allettante, ma al

contempo non in linea con i propri principi morali. Attenersi ad un preciso

codice etico, significa porsi l’obiettivo del principio di naturalezza del

risultato e per ottenere questo, è necessario innanzi tutto "capire" la

persona che abbiamo di fronte.

Il “vade retro botox” sembra non essere più così perentorio...

Tutto dipende sempre dall’utilizzo razionale e dal buonsenso. La

potenzialità della tossina è con l’infuenza del movimento dei muscoli mimici

sullo stato d’animo, il botox agisce infatti prevalentemente sui muscoli

corrugatori, al di sopra del naso e frontali, che determinano espressioni di

rabbia, tristezza, preoccupazione, paura. Bloccando i movimenti implicati in

emozioni negative, quindi, si migliora la percezione che gli altri hanno della

persona alla quale stanno davanti. Oggi donne e uomini chiedono un

miglioramento generale del viso, non più l’eliminazione delle rughe, questo

significa che medico e paziente condividono un progetto che prevede

piccoli interventi non invasivi ma ripetuti nel tempo a intervalli regolari. Il

desiderio, incontrando qualcuno, è di sentirsi dire «Come ti trovo bene!» e

non «Che cosa hai fatto al viso?». In ogni caso, visto che si tratta di

interventi a tempo determinato, è chiaro che un’opportuna routine

cosmetica quotidiana si rivela alleata nel prolungarne gli effetti benefici

(creme e sieri ad hoc). Non dimentichiamo che il viso è lo specchio

dell’anima: comunica sensazioni, trasmette emozioni, esprime l’essenza

della persona. Ridare vigore, tono ed espressività al volto significa mettere

in relazione l’aspetto più vero della persona, per il nostro benessere e di chi

ci sta intorno a noi. Le più recenti tecniche di Medicina estetica si orientano

verso interventi minimi, mirati e graduali, che correggono gli inestetismi del

viso in modo più discreto e rivolgono maggiore attenzione alla cura del

volto. L’effetto di ringiovanimento complessivo che si ottiene, autentico e

naturale, è praticabile grazie alla possibilità di utilizzare materiali

qualitativamente innovativi con caratteristiche di riassorbibilità e con più

perfezionate tecniche iniettive.

Il bello è piacersi...

Amare sé stessi è uno dei segreti per essere felici: è con noi stessi che

conviviamo ogni giorno ed è a noi stessi che dobbiamo dar conto, nel bene

e nel male. La bellezza è spesso gratificazione e un aspetto piacevole

aiuta ad avere maggior fiducia in noi e nel rapporto con gli altri e con il

mondo esterno. La bellezza e l’armonia delle forme e delle proporzioni

sono fin dalla classicità considerate fattori di grande importanza nella vita

sociale ed intellettuale dell’uomo. La moderna società, i mass media e

l’allungamento della vita media hanno oggi ulteriormente accentuato

l’esigenza di una immagine bella ed elegante. In un' epoca di tecnologia e

d' innovazioni quotidiane, la mia scelta è sempre stata quella di privilegiare

il paziente nella sua interezza personale e nella sua sicurezza. Il risultato è

naturale quando la pelle è in grado di dimostrare al meglio l’età cronologica

di una persona, limitando i segni legati all’invecchiamento, o quando il

bilancio fra le varie componenti estetiche del viso e del corpo porta ad un

equilibrio di sobrietà in armonia con la propria età ed anatomia. La parola

d’ordine è dunque PREVENZIONE: sono convinta che la prevenzione

dell’invecchiamento comincia da ciò che ognuno può fare di buono per se

stesso.

Un consiglio alle nostre lettrici, Anadela, prima di salutarci…

Un consiglio? Non è mai troppo tardi per iniziare a prendersi cura di se e

per vivere la gioia di abitare il proprio corpo.

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