Il Quartiere - Anno VI - Numero II
Anno 6 - n.2Maggio 2020«Raccontare quel che succede sotto casa come fosse la cosa più importante del mondo, e i grandi temi del mondo con la semplicità della porta accanto»L’INTERVISTAPER UNA “DIDATTICA DI VICINANZA”UMILTÀ E UMANITÀ PER SUPERARE CRITICITÀ LOGISTICHE E DIFFICOLTÀ PRATICHEdi Gerson MaceriIl primo settore a patire i disagi del lockdown, in ordinedi tempo, è stato senz’altro quello dell’istruzione.Nonostante una regia lacunosa e ritardi evitabili soloparzialmente giustificabili con l’emergenza, la“didattica a distanza” ha letteralmente salvato l’annoscolastico. Arricchendo il bagaglio operativo eesperienziale di docenti, alunni e… genitori.COMPROMESSILA STAGIONE DEI DOVERIFASE 2: SERVE GRANDE RESPONSABILITÀdi Alessandra PavoneSono stati (e sono, saranno ancora) giorni difficili, diversi,che mai avremmo immaginato di vivere. L’emergenzasanitaria ha portato con sé lo scandire frenetico di unaintensa legiferazione che, inevitabilmente, ha inciso nellevite di tutti noi. Dopo molti giorni di restrizioni, taluni sisono lamentati di come i provvedimenti del Governo violinole libertà dei cittadini.L’emergenza Coronavirus ha, così, riattualizzato unproblema che si era posto anche negli anni del terrorismofascista e brigatista: le misure eccezionali a tutela dellacollettività sono compatibili con i diritti sanciti dallaCostituzione repubblicana? Proveremo a darvi, a darci, unarisposta definitiva...REDAZIONEsegue a pag. 4segue a pag. 2a pag. 8LA “VITA DI QUARTIERE” COMESTRATEGIA DI ADATTAMENTOSPORTDILETTANTI NEL CAOSCALCIO & CO., SPUNTI PER UNA RIPARTENZAdi Gerson MaceriMentre le Federazioni si stanno affannando per individuare tempi(strettissimi) e modalità (discutibili) per portare a termine i campionatinazionali e i tornei internazionali, le Leghe dilettantistichetemporeggiano in vista di una vera e propria lotta per la sopravvivenza.segue a pag. 6
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- Page 6 and 7: SPORTDILETTANTI, LA PAROLA D’ORDI
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Anno 6 - n.2
Maggio 2020
«Raccontare quel che succede sotto casa come fosse la cosa più importante del mondo, e i grandi temi del mondo con la semplicità della porta accanto»
L’INTERVISTA
PER UNA “DIDATTICA DI VICINANZA”
UMILTÀ E UMANITÀ PER SUPERARE CRITICITÀ LOGISTICHE E DIFFICOLTÀ PRATICHE
di Gerson Maceri
Il primo settore a patire i disagi del lockdown, in ordine
di tempo, è stato senz’altro quello dell’istruzione.
Nonostante una regia lacunosa e ritardi evitabili solo
parzialmente giustificabili con l’emergenza, la
“didattica a distanza” ha letteralmente salvato l’anno
scolastico. Arricchendo il bagaglio operativo e
esperienziale di docenti, alunni e… genitori.
COMPROMESSI
LA STAGIONE DEI DOVERI
FASE 2: SERVE GRANDE RESPONSABILITÀ
di Alessandra Pavone
Sono stati (e sono, saranno ancora) giorni difficili, diversi,
che mai avremmo immaginato di vivere. L’emergenza
sanitaria ha portato con sé lo scandire frenetico di una
intensa legiferazione che, inevitabilmente, ha inciso nelle
vite di tutti noi. Dopo molti giorni di restrizioni, taluni si
sono lamentati di come i provvedimenti del Governo violino
le libertà dei cittadini.
L’emergenza Coronavirus ha, così, riattualizzato un
problema che si era posto anche negli anni del terrorismo
fascista e brigatista: le misure eccezionali a tutela della
collettività sono compatibili con i diritti sanciti dalla
Costituzione repubblicana? Proveremo a darvi, a darci, una
risposta definitiva...
REDAZIONE
segue a pag. 4
segue a pag. 2
a pag. 8
LA “VITA DI QUARTIERE” COME
STRATEGIA DI ADATTAMENTO
SPORT
DILETTANTI NEL CAOS
CALCIO & CO., SPUNTI PER UNA RIPARTENZA
di Gerson Maceri
Mentre le Federazioni si stanno affannando per individuare tempi
(strettissimi) e modalità (discutibili) per portare a termine i campionati
nazionali e i tornei internazionali, le Leghe dilettantistiche
temporeggiano in vista di una vera e propria lotta per la sopravvivenza.
segue a pag. 6
LA STAGIONE DEI DOVERI
SIAMO STATI PRIVATI DI DIRITTI E LIBERTÀ FONDAMENTALI?
I LIMITI DETTATI DAI DPCM SONO STATI INTERPRETATI DA MOLTI COME INTOLLERABILI E INCOSTITUZIONALI
Alessandra Pavone
Sul piano del diritto
costituzionale, un primo
equivoco è prodotto
dall’affermazione
che “una situazione di
emergenza richieda la
sospensione, ancorché
temporanea, delle garanzie
personali e istituzionali”.
In verità
non è necessario sospendere
nulla: è sufficiente
applicare la
Costituzione.
La Costituzione italiana
non prevede una
norma specifica sullo
stato di necessità, diversamente
da alcune
carte europee, ma tale
omissione deve intendersi
come voluta:
troppo vivo era il ricordo
dell’art. 48 della
Costituzione di
Weimar che consentiva
al Presidente di
“prendere le misure
necessarie ristabilimento
dell’ordine e
della sicurezza pubblica”
senza specificare i
limiti di questo potere
e senza definire cosa
effettivamente costituisse
necessità (tale
previsione contribuì
notevolmente ad aprire
la strada al regime
nazista). Alla concentrazione
autocratica
del potere, nell’ipotesi
di emergenza si è preferita
la puntuale previsione
di specifici modi
di applicazione dei
principi e delle regole
costituzionali, quando
alcuni beni collettivi
(salute, sicurezza, pacifica
convivenza) fossero
gravemente minacciati.
Se riflettiamo, anche
nella situazione eccezionale
per antonomasia,
la guerra, prevista
all’art. 78, non
viene messa da parte
la democrazia parlamentare:
lo stato di
guerra può, infatti, esser
dichiarato solo dal
Parlamento.
Quest’ultimo ha facoltà
di delegare al
Governo i poteri necessari
(e non i pieni
poteri).
Tale meccanismo è lo
specchio di un principio
cardine: la proporzionalità,
principio valido
non soltanto per
la restrizione dei diritti
fondamentali, ma
anche per le alterazioni
dei normali equilibri
costituzionali.
Esso rappresenta un limite
cui è soggetta
ogni forma di esercizio
di pubblico potere
e garantisce un controllo
sulle limitazioni
dei diritti fondamentali.
Necessita della
presenza di quattro
condizioni:
1) idoneità a raggiungere
lo scopo: la compressione
di una libertà
o di un diritto costituzionalmente
tutelato
sarebbe illegittima
qualora non fosse idonea
al raggiungimento
dello scopo prefissato;
si ravvisa un nesso
di causalità fra le
misure restrittive imposte
dal Governo e la
Alessandra Pavone è avvocato e consigliera comunale di Sanremo
La conclusione del lockdown ci condurrà ad una vera libertà oppure no?
speranza della riduzione
e del contenimento
della diffusione
del Coronavirus;
2) necessità:
nell’attuale momento
è rappresentata dalla
difesa del Sistema
Sanitario Nazionale
che rischiava il collasso
con l’aumentare
esponenziale dei contagi;
3) urgenza: evidente
se si ha riguardo alle
dimensioni del fenomeno
epidemico su
scala mondiale;
4) temporaneità: limitazione
nel tempo.
I diritti che hanno subito
le maggiori contrazioni
sono il diritto
alla libertà personale
(art. 13), alla libertà
di circolazione e soggiorno
(art. 16), la libertà
di riunione (art.
17), il diritto di associazione
(art. 18), e ancora
il diritto di professare
liberamente la
propria fede religiosa
(art. 19), diritto
all’istruzione e alla
cultura (artt. 33 e 34).
Focalizzeremo la nostra
riflessione su altri
due diritti fondamentali
che riguardano
ognuno di noi da vicino:
il diritto di agire
in giudizio e di difesa
in giudizio (art. 24) ed
il diritto alla rieducazione
del condannato
(art. 27).
Il dato oggettivo, relativo
alla situazione della
giustizia, è che
l’attività processuale
ed i termini sono sospesi
fino all’11 maggio
2020. Questo ha
comportato il rinvio di
tutte le udienze tranne
quelle connesse allo
stato di restrizione
della libertà personale,
nel processo penale,
e alla vulnerabilità
del destinatario della
tutela, nel processo civile.
Per tali attività
non sospese si fa ricorso
ai collegamenti
da remoto. L’auspicio
è che cessata
l’emergenza si torni
più rapidamente possibile
alla normalità.
L’udienza da remoto e
la trattazione scritta,
in ambito civile, hanno
il limite di vanificare
i risultati della
trattazione effettiva
dei processi in udienza,
a partire da un tasso
di definizione conciliativa
elevato.
Le lesioni più gravi,
però, riguardano il
processo penale ed in
particolare le udienze
di convalida di arresto
e fermo: l’udienza virtuale
riduce i diritti,
si pensi ad esempio
all’impossibilità di
una serena comunicazione
fra il difensore e
l’assistito in stato di
detenzione qualora si
trovino collegati da remoto
da due posizioni
diverse. Nel nostro ordinamento,
l’ipotesi di
SANREMO
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DOMICILIO
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2
processo a distanza è
disciplinato come una
mera eccezione in ragione
sia del diverso
valore assunto dalle dichiarazioni
rese dai testi
e dall’imputato in
un esame a distanza,
sia del valore del contatto
continuo con il
difensore.
Il Ministro Bonafede
ha voluto un tavolo virtuale
per confrontarsi
con le maggiori rappresentanze
forensi e
l ’ A s s o c i a z i o n e
Nazionale Magistrati.
Ciò che è emerso nitid
a m e n t e è c h e
l’avvocatura richiede
una ripartenza dopo
l’11 maggio con la celebrazione
dei processi
in carne ed ossa.
Molte sono le situazioni
di disagio che sono
emerse in conseguenza
al periodo: si
pensi ad esempio alle
difficoltà che genitori
separati devono affrontare
per trasferire
i figli da un’abitazione
ad un’altra, o ancora
alla mancata tutela
processuale nelle cause
di lavoro che normalmente
godono di
un rito più celere. Il
Ministro ha assicurato
disponibilità a riconoscere
il valore delle negoziazioni
assistite definite
dagli avvocati in
forma non impugnabile,
strada, quella delle
soluzioni alternative
alle controversie, che
sarà certamente decisiva
anche per tutto il
comparto civile.
La situazione è decisamente
preoccupante
anche nelle carceri
italiane.
Il pretesto, qualora ve
ne fosse necessità, per
f o c a l i z z a r e
l’attenzione su tale tematica,
lo ha fornito
la Corte Europea dei
Diritti dell’Uomo che,
dopo aver accolto il ricorso
di un detenuto
nel Carcere di
Vicenza (che si era visto
respingere
l’istanza di scontare la
pena ai domiciliari da
Magistrato di
Sorveglianza) ha chiesto
conto al nostro
Paese della situazione
delle carceri.
Il tema centrale riguarda
la garanzia dei
trattamenti umani
nelle strutture: è dato
noto, tristemente, che
non sempre le garanzie
di vivibilità prescritte
dalla CEDU e
dalla nostra
Costituzione vengano
rispettate, problematica
che si fa maggiormente
sentita in questo
momento di emergenza
sanitaria.
L’obiettivo da perseguire
velocemente è
quello di diminuire il
sovraffollamento carcerario.
Alcuni dati: al 18 marzo
di quest’anno nelle
carceri italiane erano
detenute circa 61 mila
persone; oggi il dato è
sceso a circa 57 mila.
La liberazione di circa
4 mila detenuti è data
solo in parte dal decreto
approvato a marzo
ma è dovuto sop
r a t t u t t o
dall’applicazione della
cosiddetta L egge
Orlando che in questa
fase molti magistrati
di sorveglianza hanno
applicato con realismo
e lucidità concedendo
i domiciliari.
La capienza formale
delle nostre carceri è
51 mila persone, dato
che per deve realisticamente
esser diminuito
a 47 mila dopo
le rivolte e le devastazioni
delle scorse settimane.
In un’intervista del deputato
e responsabile
giustizia del PD
Walter Verini leggiamo
quali siano le soluzioni
emerse in questi
giorni da una sorta di
consultazione permanente
tra il Ministro
Bonafade, le forze parlamentari
e gli operatori
delle carceri. Il
Ministro ha investito
molto sul reperimento
dei braccialetti elettronici
ma tale soluzione
lascia perplessi
circa le tempistiche
p a r a m e t r a t e
all’urgenza che stiamo
vivendo.
Risultati più celeri si
potrebbero ottenere
adottando strumenti
quali permessi o il diff
e r i m e n t o
dell’esecuzione della
pena. L’esperienza ci
ha già tristemente insegnato
la facilità con
cui l’emergenza sanitaria
possa deflagrare
RESPONSABILITÀ E SOLIDARIETÀ
ECCO LE GARANZIE DELLA NOSTRA CARTA COSTITUZIONALE
LO STATO DI NECESSITÀ NON PUÒ SFOCIARE NELL’ASSOLUTISMO: LA DEMOCRAZIA PARLAMENTARE RESTA CENTRALE
Un’infermiera in completa tenuta Covid-19 con tuta, maschera e visiera
in modo devastante
nelle comunità chiuse.
Ricordiamo che in
gioco c’è la salute dei
detenuti, della Polizia
penitenziaria e delle
loro famiglie. Si è parlato
di eclissi delle libertà
costituzionali
ma dobbiamo immaginare
queste restrizioni
su un piatto della
bilancia, da una parte
le libertà fondamentali
e dall’altra il
diritto alla salute sancito
dall’art. 32 della
Costituzione: il secondo
è l’evidente ed imprescindibile
presupposto
per tutti gli altri
diritti. Possiamo, pertanto,
concludere che,
attuandosi il contenimento
della diffusione
da contagio, fondamentalmente,
mediante
misure di riduzione
della socialità,
troveremo ancora conforto
nell’imposizione
dei doveri solidaristici
di cui all’art. 2 Cost.:
il singolo è spinto ad
uscire da una posizione
di difesa egoistica
dei propri interessi
per assumere un ruolo
di membro responsabile
della salute e della
vita collettiva.
La stagione dei diritti,
tipica dello stato sociale,
per una volta,
deve lasciare spazio alla
stagione dei doveri,
primo tra tutti quello
solidaristico.
ANCHE A
DOMICILIO
3
LA DIDATTICA DI PANDEMIA HA MESSO A NUDO LA SCUOLA!
DURO J’ACCUSE DI CARTOTTO (IFF): «TROPPE LE CRITICITÀ LOGISTICHE DELLE INFRASTRUTTURE E LE DIFFICOLTÀ PRATICHE»
Gerson Maceri
ISTRUZIONE
Tra i molti àmbiti di discussione
e di polemica
legati al lockdown,
vi è senza dubbio quell
o r e l a t i v o
all’istruzione. Dopo lo
stallo iniziale, infatti,
le scuole hanno attivato
e coordinato attività
didattiche pressoché
inedite, sperimentando
giorno per giorno
nuove modalità di vicinanza
agli alunni e alle
famiglie, di somministrazione
di lezioni e
compiti e di restituzione
degli elaborati che –
com’era prevedibile –
sta suscitando qua e là
qualche malumore bipartisan.
Abbiamo approfondito
la tematica
col massimo esperto reg
i o n a l e , A n d r e a
C a r t o t t o ,
Coordinatore Attività
e Tutoring Liguria
d e l l ’ I s t i t u t o
Formazione Franchi.
Possiamo dire che
l’attivazione della “didattica
a distanza”,
per molti dei suoi interpreti,
ha rappresentato
“un passo più lungo
della gamba”?
Sicuramente nessuno
era pronto alla “didattica
di pandemia” o,
prendendo a prestito
le parole di un collega
di Verona, alla “didattica
di vicinanza”, cioè
per stare vicini agli
alunni. Questa situazione
ha messo a nudo
le criticità logistiche
delle infrastrutture e
le difficoltà pratiche di
famiglie e docenti. È altresì
crollato il castello
di sabbia, di presunzione,
di chi ha magari rifiutato
le nuove tecnologie
o millantato capacità
che non aveva. Si è
aperto, insomma, il vaso
di Pandora della scuola.
Serviva una pandemia
a portare alla luce queste
criticità?
Evidentemente sì. Si è
scoperto che il PC manca
nelle case di molti
italiani ma anche chi
possiede lo smartphone
più evoluto è inciampato,
è caduto.
Perché lo strumento è
nulla senza le competenze:
ed ecco allora
manifestarsi il rischio
di cadere nella rete…
dei fuffologi, dei sedicenti
esperti, delle fake
news.
Come e in quali tempi
ha risposto il nostro sistema
scolastico?
Parlerei di risposta in
parte tardiva ed in ordine
sparso. Forse a imporsi
è stata la paura di
rimanere invischiati
nelle maglie della burocrazia
e della privacy.
Eppure quando usiamo
i social, non siamo
altrettanto attenti…
Come mai, quando “si
fa sul serio”, abbiamo
paura perfino di respirare
sul web? In secondo
luogo, in alcuni contesti
scolastici è mancato
l’esempio. Per essere
una guida, devi essere
prima un esempio,
devi aiutare attraverso
l’esempio; serve
la giusta empatia per
condividere la buona
pratica, non la chiacc
h i e r a o
l’improvvisazione.
I ragazzi e le loro famiglie
sono stati più reattivi
o il mito del “nativo
digitale” è stato definitivamente
sfatato?
Sono contrario alla definizione
giornalistica
di “nativi digitali”: se
così fosse, non dovrei
intervenire quotidianamente
negli Istituti
per mettere i ragazzi
in guardia dal cyberbullismo.
Non basta vivere
in un mondo di
“app”: c’è bisogno di
una guida in primis
per sceglierle e, poi, anche
per usarle. Perché
programmi e risorse digitali,
per la nuove generazioni,
saranno i
cassetti in cui verranno
custoditi i ricordi.
I genitori, invece, in
molti casi scoprono o riscoprono
la tecnologia
ora coi figli. Ma non solo:
se intellettualmente
onesto e costretto a
casa, il genitore può
rendersi conto delle difficoltà
che incontrano
gli insegnanti, tutto
l’anno, in presenza. E
ancora: può riscontrar
e , c o n l a c o d a
d e l l ’ o c c h i o ,
l’insegnante autorevole
da quello che, magari,
ha meno il polso della
classe.
Proviamo a stilare un
breve vademecum rivolto
agli insegnanti
per calarsi perfettamente
nella DAD.
L a p r e m e s s a è
l’umiltà. L’umiltà di fare
un'auto analisi delle
proprie reali competenze
digitali, al fine di
scegliere gli strumenti.
Purtroppo, molti insegnanti
non hanno approfittato
negli anni
s c o r s i d e l “ P i a n o
N a z i o n a l e S c u o l a
Digitale”, un’azione di
sistema per portare il
digitale nella scuola.
Qualcuno ha commesso
l’errore di sovrastimarsi
o ha pensato che
non si trattasse di roba
per sé.
I l d i g i t a l e è
un’autostrada da perc
o r r e r e c o n
un’automobile sicura e
in regola coi tagliandi,
sì, ma soprattutto con
la patente di guida. E
questo vale sia per i docenti,
sia per i ragazzi,
sia per le famiglie.
Per chi le competenze
le ha, invece, il rischio
è quello di cadere
nell’autoreferenzialit
à. Bisogna lasciare al
centro i ragazzi; la missione
educativa resta
quella di ogni giorno,
cambia solo il modo di
perseguirla.
Ai colleghi docenti dico
sempre: esercitate
la professione prima
con amore e poi con
l’orologio. Abbiate credibilità
o ritrovatela,
se manca. Metteteci la
faccia, per voi stessi e
per gli altri. Ciò vi permetterà
di essere libe-
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4
IL LOCKDOWN RIVELA IL FALSO MITO DEI “NATIVI DIGITALI”
CLAMOROSO: UN TERZO DELLE FAMIGLIE NON HA UN PC! NON BASTA VIVERE IN UN MONDO DI APP, SERVONO LE COMPETENZE
Il galateo di Mister Internet. Una delle tante, preziose risorse presenti su www.andreacartotto.blog
ri di sbagliare in buona
fede.
Passiamo al lato più
tecnico: quali strumenti
consigli per la
DAD?
Innanzitutto, per fare
DAD non tutte le risorse
in rete vanno bene.
Per fare didattica esistono
strumenti riconosciuti,
e quelli vanno
sfruttati. Per le videolezioni,
suggerisco la
piattaforma HUB, sviluppata
in Toscana dalla
Fondazione Franchi.
La sua forza è quella di
riprodurre perfettamente
in digitale la
classe tra le mura. Più
in generale, sono da
preferire le cosiddette
applicazioni “in cloud”,
da utilizzare e ritrovare
in qualsiasi momento
e su qualsiasi dispositivo,
dal PC al tablet.
Ad esempio,
Google Drive può essere
un buon “contenitore”.
La scuola, inoltre, deve
attingere al software
libero, slegato dalle
logiche delle multinazionali.
Il pacchetto
Libreoffice (ndr: equiv
a l e n t e f r e e d i
Microsoft Office), per
esempio, è più etico a
monte, è una risorsa legale,
gratuita ma comunque
ottima.
Quali sono, invece, le
risorse che vanno assolutamente
evitate?
I social e i programmi
di messaggistica. Ho
notizie di un utilizzo
diffuso di WhatsApp
che, peraltro, sotto i 16
anni di età non si potrebbe
nemmeno scar
i c a r e . M a a n c h e
Facebook, Messenger
e Instagram non hanno
né l’istituzionalità
né le funzionalità adatte
per la DAD. Infine,
un appunto sull’uso
della fotocamera: va
strettamente e seriamente
regolamentato,
nella vita così come nella
didattica, perché va
ben distinto l’uso positivo,
anche per la scuola,
da quello superficiale.
La DAD amplia o riduce
il divario tra i ragazzi
“smart” e quelli più
in difficoltà?
Lo riduce senza dubbio.
Da un lato, c’è il rischio
che il ragazzo
“smart” si trasformi in
furbetto, abbia presunzione,
e che non capisca
che anche se si è
casa, valgono le stesse
regole e sanzioni della
scuola; dall’altro, col
giusto strumento, è
p o s s i b i l e f a r e
un’azione mirata a distanza
sull’alunno a rischio
emarginazione
senza metterlo in imbarazzo
nel contesto classe.
Una didattica veramente
inclusiva, insomma.
È troppo presto per fare
un primo bilancio
della DAD o qualche
giudizio possiamo già
emetterlo?
La pandemia ha riportato
la scuola al centro.
Ci ha fatto scoprire (al
di là del calore dei ragazzi)
come molte cose
che facevamo in presenza
si possano fare,
con uguale qualità, a distanza.
Abbiamo scoperto
che l’approccio
mentale è il fulcro di
tutto, che dobbiamo
“prendere” la tecnologia
e “dirle”: mi servi
per questo.
Bisogna, insomma, avere
l’umiltà e la capacità
di comprendere la
forza del web, la sua onda
d’urto. Nulla sarà
più come prima, ci viene
ripetuto ogni giorno
alla TV e sui giornali.
Vero.
Per questa volta abbiamo
avuto la tragica scusa
del virus, ma non è
detto che in futuro possa
esserci un’altra scusa
valida per poter ammettere
candidamente
di “non essere in grado
di…”.
Concludiamo con alcune
considerazioni di carattere
più generale,
cui peraltro hai appena
fatto accenno, sulla
sfida digitale che ci ha
posto la pandemia…
Una sfida che coinvolge
non solo il singolo
cittadino ma anche, e
soprattutto, gli enti.
Pensate se l’apparizione
del coronavirus fosse
avvenuta non oggi ma
d i e c i a n n i f a …
Sarebbero crollate le
istituzioni, cessate le
comunicazioni, collassate
le reti internet.
Lo Stato, a questo punto,
deve dotarsi di una
politica digitale organica,
funzionale e accessibile
a tutti. I siti
istituzionali, per esempio,
devono essere cons
u l t a b i l i a n c h e
dall’utente con minime
competenze digitali.
Se “abbraccio”
l’utente più basso, significa
che li ho soddisfatti
tutti.
Anche i comuni possono
e devono fare di
p i ù : a l l a nostra
Amministrazione,
per esempio, consiglierei
di attuare una politica
del digitale al servizio
del cittadino, che
si concretizzi in una
“app” veramente diffusa,
fruibile da tutti,
che permetta di consultare
gli orari e i servizi
del trasporto pubblico,
delle farmacie,
degli uffici comunali
con relativa opportunità
di prenotazione
degli appuntamenti...
ANCHE A
DOMICILIO
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SPORT
DILETTANTI, LA PAROLA D’ORDINE È “RIDIMENSIONAMENTO”
IL VADEMECUM DEL DECANO DEL CALCIO LIGURE BIANCHI: «MENO RIMBORSI SPESE E PIÙ CREDITO ALLE GIOVANILI»
Gerson Maceri
La pandemia si sta abbattendo
come uno tsunami
anche sul mondo
dello sport, rendendo
manifesto il debito di
ossigeno di molte società.
A rischiare in primis
il default, però,
sembrerebbe essere
l’intero sistema-calcio,
specie quello dilettantistico
e giovanile. Ne
discutiamo, cercando
di individuare un piano
di salvataggio, con
Claudio Bianchi, ideatore
e conduttore della
seguitissima trasmissione
televisiva “Dilettantissimo”,
nonché delegato
provinciale
FIGC di Genova.
Se avessi “pieni poteri”
nel decidere le sorti della
stagione 2019/20, sia
a livello dilettantistico,
sia a livello professionistico,
come opereresti?
Ricette non ne ho perché
si tratta di una situazione
che non ha
precedenti e qualsiasi
ipotesi formulata in
questo momento potrebbe
essere già superata
tra una settimana.
Tra i professionisti si
cercherà certamente,
in ogni maniera, di portare
a termine i campionati.
Per i dilettanti credo
che sarà più complicato
ma non impossibile,
a patto che vengano derogate
le scadenze dei
tesseramenti oltre il 30
giugno. Fermo restando,
ovviamente, che la
salute ha priorità su
ogni cosa. E che decidere
è più difficile che
criticare.
Il presidente della
L e g a N a z i o n a l e
Dilettanti Cosimo
Sibilia ha affermato
che il 30% delle squadre
della sua “galassia”
(18.000 circa sulle
60.000 totali) potrebbe
non iscriversi ai campionati
2020/21: è una
stima realistica? È un
sentore che hai avuto
anche tu, in qualità di
delegato provinciale
FIGC di Genova, parlando
in questi giorni
coi dirigenti delle società?
Fare una previsione oggi
significa essere contraddetti
domani o dopodomani.
Al momento,
non abbiamo elementi
per poter affermare
quante squadre
non si iscriveranno. Ma
io sono un’ottimista
per natura. Inoltre ho
una buona opinione degli
imprenditori liguri,
che non sono abituati a
fare il passo più lungo
della gamba e, rispetto
agli omologhi di altre
regioni, oltre a essere
soggetti virtuosi sono
anche abituati a convivere
con situazioni che,
da altre parti, metterebbero
in difficoltà diverse
società.
Ad ogni modo, mi metterò
al lavoro per avvicinare
nuove realtà o
vecchie conoscenze, al
fine di invitare tutti coloro
che hanno la passione
per il calcio a disputare
i campionati
della LND nella delegazione
che rappresento.
Per la verità, avevo
già iniziato e avevo avuto
una buona risposta
da parte di cinque o sei
nuove possibili squadre.
In che modo FIGC e
LND, secondo te, dovrebbero
arginare
l’emorragia di iscrizioni
e aiutare le società
dilettantistiche a sopravvivere?
A quali vizi,
invece, le società dilettantistiche
dovranno
rinunciare per essere
“sostenibili”?
Per la LND sarebbe opportuno
rivedere le
quote di iscrizione ai
campionati, oltre ad abbassare
i costi dei cartellini
per il tesseramento
di ogni giocatore.
Più che le società, direi
che tutto il movimento
dovrà tornare in campo
con meno pretese relativamente
ai rimborsi
spese. Si dovrà tornare
a giocare per il piacere
di farlo, e chi non
ne sarà contento potrà
comprarsi un abbonamento
per la palestra
oppure andare a disputare
i tornei amatoriali
con gli amici.
Spendendo la quota di
iscrizione pro capite, invece
che incassare la
mensilità di rimborso
spese.
Infine le società dovrebbero
tornare a curare
realmente il loro
settore giovanile, cercando
di insegnare un
calcio di qualità e perseguendo
il fine di formare
dei calciatori.
B i s o g n a r i d u r r e
l’incidenza dei genitori,
smetterla di ascoltarli
e accontentarli in
Claudio Bianchi allo stadio di Chiavari in compagnia di Rino Gattuso
tutto e per tutto, al costo
di non incassare delle
quote. Questa potenziale
perdita verrebbe
ammortizzata,
in un futuro, inserendo
i ragazzi meritevoli in
prima squadra, con evidenti
risparmi alla voce
“rimborsi spese” e il
riconoscimento dei premi
di preparazione per
i giocatori che svolgeranno
il loro percorso
in società professionistiche
o in team diversi
da quelli che li hanno
formati.
Consiglierei, infine,
una riforma anche in
àmbito tecnico: i mister
che cambiano società,
nel nuovo campionato,
non dovrebbero
poter allenare la
stessa leva dell’anno
precedente.
Esemplificando: se allenassi
la leva 2012 del
Pincopalla in questa
stagione, e nella prossima
desiderassi trasferirmi
nel Borgosfera,
potrei allenare tutte le
leve tranne quella del
2012, pena la squalifica
per un anno. Così si
limiterebbero le migrazioni
di massa di
baby calciatori da una
società ad un altra.
L’impressione è che
l’intero sistema-calcio
abbia bisogno di essere
riformato a partire dai
campionati. Ti sollecito
su un paio di tematiche:
lo scalino tra dilettantismo
è professionismo
è troppo alto: si
può pensare al ripristino
di una “Serie C2” o
a qualche altra soluzione
per abbassarlo?
A livello professionistico
si sta pensando ad
una Serie C d’élite alla
quale dovrebbero partecipare
squadre che
hanno determinate caratteristiche
e introiti
(specie dal botteghino),
lasciando la Serie
C a formazioni meno
solide, meno strutturate,
magari senza tradizione.
A quel punto, lo
scalino tra Serie D e
Serie C sarebbe più abbordabile.
6
UN’ODE ALLE “ASD”: «SENZA ORATORII, L’UNICO PRESIDIO»
IL NODO DELLA CACCIA ALLE STREGHE NEI CONFRONTI DI CHI SPONSORIZZA LO SPORT: «RIAVVICINIAMO GLI IMPRENDITORI»
Per quanto riguarda
l’Eccellenza ligure,
massimo campionato
regionale, sarà possibile
introdurre uno spareggio
tra seconda e
terza o un play-off per i
team classificati dal secondo
al quinto posto,
visto che al momento
la promozione diretta
in D è garantita solo alla
prima e gli spareggi
nazionali solo alla seconda?
Per l’Eccellenza ligure,
fare i play-off equivarrebbe
a chiudere prima
i campionati per poter
partecipare agli spareggi
nazionali con le
altre regioni.
Questo causerebbe
due problemi: la necessità
di giocare qualche
turno infrasettimanale,
sperando che le allerte
meteo siano più
clementi rispetto alle
u l t i m e s t a g i o n i ;
l’obbligo di chiudere i
campionati con almeno
due settimane di anticipo
rispetto al format
attuale, rischiando
così che molti club
debbano concludere la
propria stagione già a
inizio aprile.
La tua sensazione è
davvero quella che le
“lancette” del calcio dilettantistico
possa tornare
indietro di una
trentina di anni, col
crollo dei budget e drastica
riduzione dei rimborsi
spese, il ritorno
della voce “botteghino”
tra quelle principali
delle entrate?
La mia sensazione è
quella che sia necessario
riformare il pensiero,
l’idea dello sport dilettantistico
a 360°, a
partire dalle istituzioni
politiche.
In concreto: sarebbe
prioritario far riavvicinare
il piccolo imprenditore
allo sport minore
attraverso incentivi
derivanti da riforme
economiche ad hoc.
Per esempio, determinando
che tutti coloro
che investono nello
sport dilettantistico abbiano
la possibilità di
portare a credito di imposta
il doppio della cifra
investita come sponsorizzazione.
Qualcuno dirà che non
è corretto. Io rispondo
che le Associazioni
S p o r t i v e
Dilettantistiche svolgono
un ruolo di primaria
importanza
all’interno della nostra
società. A differenza
della mia generazione,
non si può più giocare
per strada o alla “viva il
parroco” nei pochi oratori
rimasti.
Oggi sei obbligato a
i s c r i v e r t i p r e s s o
un’ASD che si accolla
delle spese e delle responsabilità
importanti.
Qualcun altro potrebbe
obiettare che sarebbe
più trasparente creare
un ufficio apposito,
controllato dalle istituzioni
governative. La
mia nuova controrisposta
sarebbe questa: si
avrebbe una minore
snellezza nelle pratiche,
aumenterebbero i
costi di gestione per la
burocrazia, e alle ASD
arriverebbero meno
soldi di quelli stanziati
dall’azienda che sponsorizza.
Chiudo affermando
che da parte delle autorità
competenti sarebbe
necessario evitare
questa continua “caccia
alle streghe” nei
confronti di chi sponsorizza
le ASD, riversando
piuttosto certa intransigenza
verso gli
evasori seriali.
Negli ultimi anni, il calcio
dilettantistico ha
vissuto al di sopra delle
proprie possibilità?
Pagheremo l’ipocrisia
del politicamente corretto,
come per quanto
riguarda i “rimborsi
spese”, spesso veri e
propri stipendi anche
i n E c c e l l e n z a e
Promozione?
SPORT
Il giornalista Claudio Bianchi nello studio di Dilettantissimo a TeleNord
Ai presidenti e ai dirigenti
nessuno ha mai
puntato la pistola alla
tempia per obbligarli a
elargire lauti rimborsi
spese. Certo, di qui in
avanti sarà necessario
essere meno frivoli nel
prendere certe decisioni.
Per la regolarità
dei campionati, poi, bisognerà
trovare una
formula per far sì che
le società abbiano un
fondo di garanzia, evitando
i ritiri in corso di
stagione; tali fondi verrebbero
restituiti alle
società mese per mese
dalla delegazione di appartenenza
come una
quota di ammortamento,
garantendo la
l i q u i d i t à n e c e s s a-
r i a a l l ’ a t t i v i t à
o g n i m e s e .
Sanremese e Imperia, probabilmente, disputeranno entrambe il campionato di serie D 2020/21
ANCHE A
DOMICILIO
C.so Cavallotti, 161
7
FASE 2
LA “VITA DI QUARTIERE” COME STRATEGIA DI ADATTAMENTO
IL MODELLO DEL COMUNE DI MILANO: LA “CITTÀ” RAGGIUNGIBILE A 15 MINUTI A PIEDI, PIAZZE APERTE, AREE GIOCO E VERDI
Redazione
Sul proprio sito istituzionale,
il Comune di
Milano ha condiviso
con la cittadinanza un
vademecum di diciassette
pagine intitolato
“Strategia di adattamento”.
Allude, chiaramente,
alla gestione della fase
2 che, leggiamo ormai
senza sorpresa, «sarà
caratterizzata da una
radicale modifica degli
stili di vita dei cittadini
e dell'organizzazione
delle città». Tra le conseguenze
pratiche e le
“proposte operative”,
rientra anche la «riscoperta
della dimensione
di quartiere (la città
raggiungibile a 15
minuti a piedi), accertandosi
che ogni cittadino
abbia accesso a
pressoché tutti i servizi
entro quella distanza».
Quella “città nella
città”, insomma, cui
ambisce a diventare
San Martino. Ma ne
possiede realmente le
caratteristiche? La rete
del commercio locale
è variegata, di qualità
e contempla la consegna
degli acquisti a
domicilio. Qualcuno
obietterà: «Eh, ma il risparmio
che mi garantisce
la grande distribuzione...».
Sui prodotti,
certo, ma perché
dimentichiamo sempre
di mettere in conto
il dispendio economico
e temporale per gli spostamenti?
E riguardo alla tanto
invocata digitalizzazione
dei servizi che,
giustamente, sgomenta
gli anziani (e gli
analfabeti digitali):
perché non investire alcuni
esercizi commerciali
del quartiere – su
base volontaria – del
ruolo di “facilitatori”,
di erogatori? Un computer,
una connessione,
una stampante e
una minima esperienza
di navigazione sui
portali più richiesti:
questi i requisiti.
Proseguendo nella lettura
del file, al capitolo
“Azioni immediate”, individuiamo
il paragrafo
“Piazze aperte in
ogni quartiere” che recita
così: «sviluppare
su ampia scala i progetti
di urbanistica tattica
a favore delle pedonalizzazioni,
in particolare
in prossimità di
scuole e servizi e nei
quartieri con minor offerta
di verde, per agevolare
l’attività fisica e
il gioco dei bambini».
Per l’estremo levante
cittadino, dunque,
esclusa ogni possibilità
di pedonalizzazione, significherebbe
accelerare
sensibilmente
l’iter per la realizzazione
della rotonda nel
punto di convergenza
tra corso Cavallotti,
via della Repubblica e
via Lamarmora (che,
come avvenuto alla
Foce, dovrebbe essere
accompagnata da nuove,
piccole aree verdi),
risistemare opportunamente
quantomeno
i giardini “Baden
P o w e l l ” d i v i l l a
Mercede (se non anche
la stessa struttura)
e riattrezzare e riordinare
i parchi gioco della
parte alta di via
Lamarmora e un lungomare
che ad oggi presentano
preoccupanti
livelli di degrado. Tre
punti che sono anche
nel taccuino, come abbiamo
letto nello scorso
numero, dell’Assessore
ai L avori Pubblici
Massimo Donzella, e
che ora dovrebbero
non solo, genericamente,
far parte di un
listone, ma essere contrassegnati
come prioritari.
Sarà davvero così?
Ma soprattutto, rip
r e n d e n d o p e r
l’ultima volta la “Strategia
di adattamento”
del comune di Milano,
«quale società e quale
comunità vogliamo essere
e costruire dopo la
crisi? È doveroso utilizzare
questa fase per
preservare la parte positiva
del nostro modello
di sviluppo riservando
particolare attenzione
a integrarla
con una vera svolta ambientale
e prendendo
in particolare considerazione
le disuguaglianze
presenti nella
nostra comunità, pon
e n d o i l t e m a
d e l l ’ e q u i t à ,
dell’attenzione alle fragilità
e povertà vecchie
e nuove, di un nuovo
concetto di tutela della
salute che non si limiti
solo alla cura e prevenzione
delle malattie».
Sottoscriviamo e rilanciamo.
Una foto di repertorio del «Ponte che non c’è» sul torrente San Martino
«La Spiaggetta», una delle poche oasi libere del litorale
EDITORE
Dima s.r.l.s. - p.i. 01569980087
“Il Quartiere” Testata giornalistica registrata presso il
tribunale di Sanremo N. di reg. 1/13 del 29-04-2013
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