5 Furio Dioguardi - Le condizioni per uno sport formativo
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Università degli Studi di Genova
Scuola di Scienze Mediche e Farmaceutiche
Corso di Laurea Magistrale LM-67 in
Scienze e tecniche delle attività motorie
preventive e adattative
Anno accademico 2019-20
T.T Attività motorie nell’età evolutiva
Le condizioni per uno sport formativo
Docente: Furio Dioguardi - furio.dioguardi@edu.unige.it
Furio Dioguardi - Università degli Studi di Genova
L’allenatore: non fa l’educatore ma è educatore.
apprende da altri restando sé stesso.
Tutti i gruppi– anche quelli giovanili– mettono,
anche inconsciamente, “alla prova” l’allenatore.
Le società sportive devono scegliere con
cura l’allenatore del settore giovanile.
“Nel mondo del lavoro per comandare 12 persone bisogna fare una grande carriera,
nello sport si affidano 12 ragazze a chi ha frequentato un corso di pochi mesi. Con quali esiti?”
Julio Velasco
Vincere o formare.
Lo sport al servizio della società
L’avviamento allo sport è realmente educativo oppure è
solo il pretesto per selezionare
talenti?
Un tecnico deve mediare tra bisogni contrapposti.
È un lavoro che portato a termine garantisce
soddisfazioni enormi e contribuisce alla formazione di
persone attive e responsabili.
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La costruzione dell’identità avviene
attraverso processi di identificazione ma anche di
differenziazione, grazie anche ai rapporti con
adulti diversi dai propri genitori, che propongono
i loro modi di pensare, comportarsi, relazionarsi
L’ambiente sportivo è una realtà le cui
proposte contribuiscono a facilitare la
strutturazione di certi tratti psicologici.
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Allenare al gioco
Il presupposto è quello che un allenatore
(ri)scopra l’intenzionalità educativa del
proprio lavoro a partire da una lettura critica
dello sport nelle sue forme mature e
professionali, in cui emergono più o meno
evidenti i segni dell’alienazione e della
corruzione.
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Il setting sportivo
•Il rapporto continuativo con un adulto di riferimento: l’allenatore, sul quale fa
perno l’attività sportiva
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•L’ordine e la disciplina, il rispetto per le regole sia del gioco sia del
comportamento in campo
•L’insegnamento e l’apprendimento degli sport
•La verifica/selezione, come momento ineludibile che precede e segue la
competizione
•La vittoria/sconfitta, come consapevolezza di sé
•La volontà di migliorare e la necessità di trovare motivazione all’impegno
I connotati positivi dello sport
• Correlazioni significative sul piano relazionale
e cognitivo-affettivo.
• Opportunità di dare significato alla loro
esistenza
• Scoperta delle possibilità e percezione dei
progressi che accentuano coscienza di sé e
autostima (pedagogia del successo)
• Forte impatto emotivo e motivazionale con
maggiore efficienza dei processi cognitivi
(concentrazione, memoria) e di apprendimento
motorio.
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I connotati negativi dello sport
– Livelli eccessivi di stress fisico e/o psichico
– Una selezione eccessiva e precoce
– Una visione troppo competitiva della vita
I bambini e i ragazzi diventano, in certe situazioni,
“oggetti” di uno sport che richiede loro sacrifici al
limite dell’abuso psicologico.
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La dimensione dell’autonomia
L’allenatore deve esprimere una sensibilità
speciale nel momento giusto,con parole giuste
per l’atleta, per responsabilizzarlo ad assumersi
in prima persona la propria gestione agonistica.
Nella fase decisiva di un evento sportivo,
l’atleta può e deve potersi affidare solo e
unicamente a sé stesso e alle proprie abilità.
L’educazione all’autonomia e responsabilità
Spesso i ragazzi faticano ad apprendere perché non capiscono il senso
dei loro studi.
Baden Powell parla di autoeducazione intesa come l'espressione del
singolo,il rispetto delle sue idee,il potenziamento della sua
individualità.
L'autoeducazione è uno strumento che permette al ragazzo di
imparare da se ed è ciò che gli rimarrà impresso più a lungo e che lo
guiderà nella vita molto di più di qualsiasi cosa impostagli dall'esterno.
Nella statistica AIC dei ragazzi della Primavera 2012-16, il
7 % hanno fatto 1 presenza in serie A (una presenza in serie A
vuol dire che poi magari la serie A non la vedi più).
Questi dati ci dicono quanta responsabilità abbiamo
nella gestione umana dei ragazzi.
Dobbiamo creare percorsi giusti per questi ragazzi che
molto difficilmente avranno un futuro nel calcio facendo
riflettere le loro famiglie.
Le condizioni sociali hanno grande influenza sulle motivazioni
Fulvio Pea inviato dall’Inter in Israele e Palestina ha riscontrato
la passione di chi non ha niente e si diverte con un pallone e il
poco trasporto emotivo di chi ha molto e non si diverte più.
Il benessere disturba la mente del bimbo che lo distoglie da quel
sogno: diventare un calciatore, un campione. Giocare a calcio per
vivere e vivere per giocare a calcio. Oggi lo scenario è cambiato; i
bambini nutrono l'idea di diventare campioni per inseguire il soldo, il
compenso.
1. TECNICO che prima di voler vincere cerca di formare, ovvero colui
che è consapevole della natura psico-pedagogica del proprio ruolo;
2. MISTER che vuole vincere innanzitutto, che mette sé stesso in
primo piano rispetto al giovane.
I due atteggiamenti sono decisi sull’acquisizione di autonomia dell’atleta.
Il tecnico deve evitare il rischio di sostituirsi all’atleta,
cercando di aiutarlo nelle scelte. In situazioni in cui
vincere è determinante un allenatore che “pensa” per
l’atleta e gli suggerisce l’azione vincente è utile ma
significa creare dipendenza.
Si parla così di allenatore burattinaio, che sceglie al
posto dell’atleta.
La figura dell’allenatore ambiguo
risulta nel momento in cui l’allenatore
mente su prestazioni, giudizi e
decisioni o privilegiando parte del
gruppo nei momenti di squadra.
Questo porta alla perdita di fiducia
dell’atleta nei suoi confronti.
Come può l’allenatore gestire la competizione?
Una risposta è rilanciare positivamente il ruolo del rischio
educativo. Non lasciare soli gli atleti, ma costruire una
rete di sicurezza all’interno della quale ci sia un margine
di possibilità di errore senza rendere irreparabile la
situazione.
Consentire di rischiare significa dare spazio alla libertà del
giovane atleta.
Coaching è “prendersi cura”, creare una rete di
sicurezze che consenta di “mettersi in gioco”, di
rischiare.
L’azione educativa del coaching si risolve
nell’autonomia del soggetto che decide, nella sua
volontà e capacità di non sfuggire alle esperienze
che richiedono scelte, responsabilità e
comportamenti adeguati.
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L’obiettivo di un allenatore in ambito giovanile dovrebbe
essere quello di evitare l’abbandono sportivo di tutti i
suoi atleti il più a lungo possibile. Per tutti i non
talenti quell’esperienza sarà stata significativa.
IL DISTACCO E LA DIPENDENZA MATURA
E’ proprio separandosi dalle figure di riferimento che la
persona si individua.
La dipendenza matura si riferisce alla capacità di
La dipendenza matura si riferisce alla capacità di
sopportare la perdita dei rapporti mantenendo il legame
in forma diversa e le capacità acquisite dal giovane.
“Quali sono le caratteristiche comportamentali che permettono ad un
atleta di rendere al di sopra delle aspettative?”
•Sapersi affidare completamente
•Sapersi affidare completamente
•Credere di poter raggiungere risultati importanti
•Allenarsi con una mentalità vincente
Fulvio Pea (responsabile settore giovanile Jiangsu Suning- CINA)
Affidamento e abitudini
Il sapersi affidare completamente è una caratteristica dei
campioni. Per poter innescare un comportamento così
produttivo, è necessario creare un rapporto di fiducia e stima
reciproca.
La conoscenza e il salto di qualità avvengono SOLO
quando un atleta compie un numero di azioni ( ben
fatte e produttive ) tali da creare una nuova abitudine.
Avere successo
“Credere di potere” è una qualità che contraddistingue i
Campioni ( anche nella vita). Essi credono di poter
raggiungere cose importanti, qualcosa che gli altri non
avrebbero mai l’ardire di sperare. Quei pochi si
costruiscono una strada verso il loro successo.
“Quando credi, con tutto te stesso, di poter raggiungere un risultato, il tuo corpo si organizza e si
adatta, dall’interno, affinché tu possa realizzarlo!”
Fulvio Pea
La mentalità vincente è il credere di poter fare bene in
ogni situazione. Quello che fa la differenza non è
dovuto all’atteggiamento di un momento ma a quello
abituale.
Se sei abituato ad allenarti e a vivere con un
atteggiamento normale otterrai risultati nella
norma. Per avere risultati STRAORDINARI devi avere
un atteggiamento STRAORDINARIO.
I presupposti della mentalità vincente
•Il saper perdere (la sconfitta è un’opportunità)
•Atteggiamento costruttivo
•Essere d'aiuto agli altri
Come fare per una prassi sportiva pedagogicamente
rispettosa di un atleta preadolescente?
Come può l’allenatore, rimanere persona autentica e
non venire meno alla responsabilità che il ruolo
richiede?
Come si può essere autorevoli e non autoritari, in
modo da non schiacciare emotivamente chi abbiamo di
fronte?
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Nella pedagogia del desiderio la relazione tra due
persone può essere equiparata ad un’alleanza
terapeutica, in cui l’ascolto empatico e l’atteggiamento
non giudicante diventano compiti prioritari e
strumenti dell’educatore.
Questo tipo di supporto incondizionato
costituisce il fondamento di un rapporto basato
sulla fiducia.
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L’allenatore e l’ascolto
L’umiltà è un dono che si traduce in capacità
d’ascolto. Fondamentale che l’ascolto non sia
strumentale ma che sia senza atteggiamento
giudicante e tendente alla valorizzazione del
mondo interiore ed esperienziale del giovane.
Altrimenti il giovane scorge un distacco emotivo
fra esperienza sportiva e vita personale.
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Lo stress nello sport
In genere lo stress ha una connotazione negativa
quando inteso come fatica, tensione o
preoccupazione ma è anche positivo quando legato
alla motivazione o alla capacità di reagire ad una
difficoltà.
Saper distinguere gli agenti stressanti dallo stress ci
aiuta a percepire come l’allenamento proposto, sia
all’interno dell’ambito ottimale, consentendo
all’atleta di raggiungere le condizioni ottimali.
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Lo spirito agonistico deve essere educato correttamente.
Due comportamenti fondamentali:
la capacità di mettersi in gioco nel rispetto delle regole
la capacità di dare il meglio di sé nel momento che conta
Porre i bambini in continua competizione tra loro con
sottolineatura dei risultati , porterà una certa parte di bambini,
quelli solitamente non vincenti, a sottrarsi al confronto e a
maturare uno stato di ansia e di timore.
E’ il peggior danno educativo che un allenatore possa fare.
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La selezione
Un inizio precoce della selezione è rischiosa per un
probabile abbandono?
L’esasperazione della selezione porta la tentazione di
cimentarsi solo quando si sa di primeggiare e a evitare il
confronto in caso contrario.
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Nelle società professionistiche si fa selezione dai 6-7 anni :
•attitudine,
•atteggiamento in campo,
•comportamento che il bambino ha con i suoi pari e gli
adulti, in partita e in allenamento
•autocontrollo,
•lavoro,
•essere disposti al sacrificio
Tutti valori che possono essere già notati a quell’età e vanno
coltivati perché alla lunga pesano e fanno la differenza.
Il giusto epilogo
Un allenatore al primo posto mette il bene dei suoi
giovani atleti sapendo di allenerli forse per 2-3 anni.
A percorso finito l’allenatore favorirà per loro nuovi
percorsi e i risultati del ragazzo saranno condizionati
dal passato, nel bene e nel male.
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Riferimenti bibliografici
Guenzi-Ruta, Team Leadership, Ed. Egea, Milano, 2010
R. Farnè “Sport e formazione” Guerini ediz.
A.Cei – A. Madella – Le tecniche della comunicazione didattica –
Scuola dello sport
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