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1910-2010. Un secolo d'arte a Pistoia

Opere dalla collezione della fondazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia

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Pietro Bugiani<br />

<strong>Pistoia</strong>, 1905-1992<br />

“Attraverso la pittura di Bugiani emergono i più tipici e originali orientamenti<br />

di tutto il gruppo pistoiese, trovando una formulazione che può essere considerata<br />

perciò emblematica di quel periodo. Non è infatti l’unicità o l’individualità<br />

del suo percorso il carattere più degno di attenzione, giacché la<br />

sintonia e la vera fratellanza con alcuni altri artisti lo indirizzano lungo binari<br />

abbastanza frequentati dove si trovavano capisaldi di indiscusso valore, quali<br />

Giotto, Beato Angelico, Masaccio, Fattori, Cézanne”, scriveva Chiara d’Afflitto<br />

(1999). Ciò non toglie, come prosegue Chiara d’Afflitto, che non si debbano<br />

attribuire qualità artistiche e “di primo piano” a Bugiani; qualità che, a mio<br />

avviso, non sono soltanto “la semplicità, la freschezza, la sintesi, il lirismo”<br />

che già Costetti gli attribuiva nel 1924. Pietro Bugiani, dapprima autodidatta,<br />

fu poi allievo della Scuola d’Arte applicata all’Industria di Santa Croce a Firenze,<br />

dove studiava decorazione murale, per divenire poi, a <strong>Pistoia</strong>, assistente<br />

di Fabio Casanova, pittore e fondatore (1920) della Scuola d’Arte, dove fu<br />

anche allievo di Giovanni Michelucci, di Galileo Chini, di Giovanni Costetti<br />

ed ebbe amici e compagni Agostini, Mariotti, Cappellini, Zanzotto. Nel suo<br />

lavoro passava da un naturalismo postmacchiaiolo, attraverso uno studio profondo<br />

del Tre e Quattrocento fiorentino e della letteratura del periodo (sotto<br />

il continuo incoraggiamento di Michelucci), a una responsabile apertura verso<br />

un aggiornamento che ritrovava, inizialmente in Soffici, poi in Cézanne, la<br />

corrispondenza moderna ai suoi studi. Il disegno e la grafica e lo studio continuo<br />

della natura erano divenuti per lui gli strumenti essenziali di elaborazione<br />

di una visione plastica e compositiva rispondente alla lezione di Costetti,<br />

tendente a un’arte che equivalesse alla dimensione dello spirito. Frattanto,<br />

chiamato militare a Torino, conosceva, presentato da Costetti, Casorati, che<br />

fu suo amico e consigliere. Decorava, allora, alcune pareti della sua caserma.<br />

Michelucci intanto, trasferitosi a Roma e insegnante presso la Scuola Superiore<br />

di Architettura, realizzava alcune tra le sue prime opere architettoniche e lo<br />

chiamava presso di sé per affidargli alcune decorazioni murali, di cui peraltro<br />

non si hanno notizie, se non da qualche progetto. Tornato a <strong>Pistoia</strong>, elaborava<br />

alcuni dei suoi lavori più importanti, quelli realizzati nella campagna presso<br />

il Mulino della Bure, dove aveva seguito la giovane moglie, che vi insegnava.<br />

Pensiamo a La casa rosa (Sera sull’aia), ’29, che appare quasi il più straordinario<br />

raggiungimento del periodo, ammiratissima anche da Lanza del Vasto,<br />

filosofo e poeta che, spostatosi in Toscana da San Vito dei Normanni, seguiva<br />

con passione il lavoro degli artisti pistoiesi. Comunque il periodo che esprime<br />

la più alta definizione del lavoro di Bugiani è quello che va dagli anni ’22-’24<br />

agli anni ’40. E c’è, nel suo lavoro, quel senso di attesa, quasi di sospensione,<br />

quella “poetica dell’addio e della perdita con cui Pietro Bugiani cinge d’un<br />

assedio tenero e dolorante un mondo in attonito smarrimento, rapisce e spinge<br />

la sua solida iconicità verso un’astrazione fatta di quello squillante valore<br />

simbolico” per cui “le forme vengono rapite entro una dimensione estatica<br />

di squisita e suggestiva rarefazione. Voglio dire che, oltre l’astrazione, proprio<br />

l’‘estatico’ è la cifra dell’addio”. Così Pietro Bellasi, nel catalogo citato, definisce<br />

la “nostalgia” di Bugiani, che io avvicinerei pure a quello che, in anni<br />

successivi, e in termini diversi, si diffondeva anche a Firenze, la ripresa, cioè,<br />

di un “realismo magico”, quell’“aura che circonda, anzi, che ritaglia gli oggetti<br />

del mondo” di Bugiani: i suoi silenziosi paesaggi incantati, dai colori morbidi<br />

e soffusi, dove piccoli personaggi della campagna pistoiese sembrano perdersi<br />

nel silenzio, dove gli animali immobili, sembrano “presi per incantamento”<br />

(come nel “vasello” di Dante) i ritratti, che sembrano chiusi in un’atmosfera<br />

di magico silenzio, le sue Madonne, dalla Natività, 1928, alla Madonna in<br />

preghiera, 1928. Si pensi soprattutto alla Madonna dal manto rosso, 1931 ca, di<br />

un livello artistico difficilmente raggiungibile, presente in questa mostra: una<br />

Madonna che il manto avvolge di un colore piatto, timbrico, compatto e leggero,<br />

desunto dai Nabis e da Matisse (dove si respira il ricordo dell’Angelico,<br />

ma anche quello della Madonna del parto di Piero nella lunga apertura nera<br />

da cui esce la mano). Ma anche molte opere<br />

successive, dove figure umane, lievemente<br />

indefinite, come la Madonna, vengono in primo<br />

piano, compatte, quasi giottesche, L’appuntapali,<br />

1930, La maestra, 1932, le diverse<br />

versioni de L’attesa, 1932 e 1961, Contadini al<br />

lavoro, ’30 ca, le nature morte, opere che Costetti<br />

non approvava perché sembravano affrontare<br />

temi più sociali o più “naturalistici”.<br />

(“L’ora estrema del naturalismo è venuta e<br />

tu t’imbarchi con lui...”!, Ragionieri 1998); e<br />

molti, straordinari disegni, che sembrano aver<br />

assorbito e resa personale la lezione di secoli<br />

di artisti, da Giotto, a Masaccio, a van Eych, a<br />

Soffici, a Casorati, a Rosai (ma con una diversa<br />

impostazione, dura e cittadina quella di Rosai<br />

– “Firenze è una città dura” come ripeteva<br />

spesso nei suoi scritti Piero Santi – morbida e<br />

dolce la sua), ai francesi contemporanei...<br />

Cenni bibliografici<br />

P. Bugiani, Autobiografia, in “Il Frontespizio”,<br />

1939, n. 6, pp. 382-385.<br />

B. Occhini, Mostra del pittore Pietro Bugiani,<br />

Firenze, Galleria “Il Ponte”, 16-25 marzo 1942.<br />

A. Soffici, Pietro Bugiani, cat. mostra,<br />

Accademia delle Arti e del Disegno, Firenze,<br />

24 aprile1954-8 maggio 1954.<br />

P. Bellasi, Pietro Bugiani, <strong>Pistoia</strong> 1963.<br />

P. Bellasi, <strong>Un</strong> affresco di Pietro Bugiani al Convento<br />

di San Domenico di <strong>Pistoia</strong>, in “L’Osservatore<br />

Romano”, 17/3/1963, <strong>Pistoia</strong>, p. 6.<br />

G. Vigorelli, Pietro Bugiani, cat. mostra Galleria<br />

Turelli, <strong>Pistoia</strong> 1989.<br />

G. Vigorelli, Pietro Bugiani, cat. mostra, <strong>Pistoia</strong><br />

1989.<br />

Pietro Bugiani. Gli anni tra le due guerre, cat.<br />

mostra, a cura di S. Ragionieri, Firenze-Siena<br />

1998.<br />

Chiara d’Afflitto, Presentazione, in Pietro<br />

Bugiani. Gli anni tra le due guerre cit.<br />

S: Ragionieri, Itinerario di uno spirito che si cerca,<br />

in Pietro Bugiani. Gli anni tra le due guerre cit.<br />

G. Damiani, La scuola Pistoiese tra le due guerre,<br />

Firenze 2000, pp. 128-132.<br />

C. Sisi, Arte del Novecento a <strong>Pistoia</strong>, <strong>Pistoia</strong> 2007.<br />

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