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1910-2010. Un secolo d'arte a Pistoia

Opere dalla collezione della fondazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia

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Renzo Agostini<br />

<strong>Pistoia</strong>, 1906-1989<br />

“Renzo Agostini è una fonte offerta a chi ha sete di poesia”. Così Sigfrido Bartolini<br />

(2003). E pone la “schiettezza” come sua “dote primaria” dichiarando<br />

che “lo slancio creativo dell’artista romantico in lui si è sposato al ‘fanciullino’<br />

del Pascoli”. Agostini non ha mai smentito la sua origine contadina. Anzi,<br />

nell’aia del podere paterno, anche quando aveva cominciato a seguire le lezioni<br />

private di Fabio Casanova, accoglieva le riunioni del “Cenacolo” (il gruppo<br />

che, mirando al recupero del valore formale della pittura, quasi fine a se stessa,<br />

secondo quell’intimismo caratteristico, nel periodo, dei pittori pistoiesi, faceva<br />

capo a Giovanni Michelucci e riuniva Bugiani, Cappellini, Mariotti, Zanzotto,<br />

gli artisti che, in seguito, come Gruppo pistoiese, parteciperanno alle rassegne<br />

regionali e nazionali).<br />

Con loro Agostini condivideva quella “poetica del reale”che lo portava verso<br />

la rappresentazione del quotidiano, in particolare della vita della campagna,<br />

che ne risultava, secondo la loro intenzione, spiritualmente nobilitata. Questa<br />

era anche la linea che suggeriva il Sindacato Fascista delle Arti per la provincia<br />

italiana, che ne risultasse, da un lato, spiritualmente, appunto, “nobilitata”, ma<br />

che, dall’altro, corrispondesse alle regole di una visione autonoma nei confronti<br />

delle tendenze innovative e rivoluzionarie delle avanguardie internazionali<br />

e fosse più in chiave con le premesse di indirizzo fascista della Sarfatti.<br />

L’ingenuità e il candore del dipingere del giovane Agostini conquistavano,<br />

subito dopo, anche Giovanni Costetti, presente e attivo a <strong>Pistoia</strong> dal 1914, che<br />

prediligeva la sua semplicità “francescana” e sollecitava il suo spiritualismo,<br />

seguendolo con tale costanza da suscitare, in qualche modo, l’invidia degli altri<br />

artisti seguaci di Costetti. Farà seguito anche l’entusiasmo per Agostini del<br />

poeta Lanza del Vasto. “Il desiderio di sfiorare il sublime accoglie la possibilità<br />

di calarsi attraverso la poesia che si fa interprete di una sacralità della natura”<br />

(Ragionieri 1989). Lanza del Vasto, già presente alla prima mostra del Palazzo<br />

del Comune nel 1928, cercherà di far conoscere a Berlino, a Parigi, negli Stati<br />

<strong>Un</strong>iti il gruppo pistoiese.<br />

Agostini frattanto, di ritorno dal servizio militare (’28) che aveva passato a Torino,<br />

trovava lavoro a Nizza come operaio negli stabilimenti cinematografici della<br />

città. Di seguito, con la giovane moglie, si stabiliva presso Parigi, a Joinville,<br />

dove lavorò, oltre che come operaio nel cinema, come disegnatore di vetri sabbiati,<br />

incrociando Miró e altri artisti, senza neppure provare a cogliere qualche<br />

possibile occasione. Dipingeva nei momenti liberi dal lavoro e raggiungeva,<br />

dal ’28 alla fine degli anni Trenta, il suo momento più alto, arricchito anche<br />

dalla conoscenza dell’arte francese postimpressionista, secondo la lezione di<br />

Cézanne, che già gli era stata trasmessa, in Italia, da Costetti sul “sensoriale<br />

delle cose”, espresso anche nell’interpretazione umana delle cose stesse.<br />

Nel ’35 Agostini veniva accettato al Salon d’Automne e nel 1938 a una mostra<br />

all’Accademia di Artisti italiani a Parigi.<br />

Durante la seconda guerra mondiale, con l’arrivo dei tedeschi a Parigi, abbandonava<br />

la Francia, dimenticando in una valigia il suo lavoro di anni di pittura,<br />

sia quei lavori (dipinti e disegni), realizzati a <strong>Pistoia</strong>, sia quelli portati avanti<br />

nei suoi ritagli di tempo libero in Francia. Lavorerà ancora a Roma, a Cinecittà,<br />

per la Scalera Film, finché non sarà richiamato soldato fino all’8 settembre<br />

1944, quando tornerà prima a Roma, di là a Firenze e a <strong>Pistoia</strong>. Stabilitosi a<br />

Firenze otteneva il posto di assistente per l’insegnamento all’Istituto d’Arte.<br />

I suoi lavori sono di un primitivismo quasi infantile, ma di una straordinaria<br />

freschezza che il colore raccorda in dolci, morbide sinfonie; si fanno per lui<br />

(si pensi alla Deposizione del ’24), i nomi di Gauguin e Bernard, ma anche di<br />

Chagall e Kandinskij; ma, al di là dei riferimenti colti, è sempre la semplicità,<br />

è il rapporto spontaneo delle forme e dei colori che Agostini ritrova nella sua<br />

campagna, nelle sue casette, nei suoi olivi chiari e come spumosi, che torna<br />

nelle sue stradine di campagna, nella sua Casa rosa (1930), col grande albero<br />

dal colore solare, col piccolo pagliaio giallo e azzurro, nel bianco dei panni stesi<br />

e, oltre il lungo tetto della casa, nelle morbide<br />

colline, che si riproporrà in mille modi, nella<br />

sua bella Chiesa di Candeglia, del ’28, nei suoi<br />

paesaggi, nei quali si ripetono i suoi rapporti<br />

tonali, dal bianco al rosa al giallo delle case,<br />

al verde che sfuma in un morbido marrone e,<br />

in lontananza, nell’azzurro delle colline e del<br />

cielo (La casa del Tordo, del ’28). È lo stesso<br />

colore che si stempera nelle nature morte,<br />

come quella del ’27, dove la tovaglia taglia in<br />

diagonale il bruno del tavolo; o negli interni; si<br />

veda Il camino, del ’25, con la piramide tronca<br />

del camino, la scala che riapre la chiusa salita<br />

del camino, il merlo sulla scala, il tavolo con la<br />

tovaglia spiegazzata in primo piano, il tocco di<br />

rosa e azzurro a destra.<br />

E i ritratti, un po’ spauriti, coi grandi occhi tristi,<br />

come aperti da un taglio netto sulla pelle.<br />

Cenni bibliografici<br />

Renzo Agostini, Galleria d’Arte Vannucci, <strong>Pistoia</strong><br />

1962.<br />

Renzo Agostini, cat. mostra Museo Civico di<br />

<strong>Pistoia</strong> 1971.<br />

G. Marchi, Renzo Agostini, cat. mostra<br />

Accademia delle Arti del Disegno, Firenze<br />

1971.<br />

G. B. Bassi, Settanta opere di Renzo Agostini,<br />

Galleria d’arte Silvana, <strong>Pistoia</strong> 1976.<br />

La città e gli artisti. <strong>Pistoia</strong> tra avanguardia e<br />

Novecento, cat. mostra Officine San Giorgio<br />

<strong>Pistoia</strong> a cura di M. C. Mazzi e C. Sisi, Firenze<br />

1980.<br />

C. Sisi, S. Bartolini, Omaggio a Renzo Agostini,<br />

<strong>Pistoia</strong> 1989.<br />

S. Ragionieri, Giovanni Costetti e le “Danze del<br />

cielo”, in “Artista”, I, 1, 1989, pp. 18-32.<br />

G. Damiani, La scuola Pistoiese tra le due guerre,<br />

Firenze 2000, pp. 144-147.<br />

S. Bartolini, Candido Agostini in Renzo Agostini.<br />

Il “Cenacolo” pistoiese di Giovanni Costetti e<br />

l’alternativa del colore, Siena-Prato 2003.<br />

C. Sisi, Arte del Novecento a <strong>Pistoia</strong>, <strong>Pistoia</strong> 2007.<br />

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