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1910-2010. Un secolo d'arte a Pistoia

Opere dalla collezione della fondazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia

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Giulio Innocenti<br />

<strong>Pistoia</strong>, 1897 – Firenze, 1968<br />

Autodidatta, eclettico, appassionato delle attività più diverse, dalle “luci della<br />

ribalta” come ipnotizzatore e “mago” dell’occulto fin dai suoi quattordici<br />

anni ma, come scrive Sigfrido Bartolini (1997), tra gli artisti suoi amici, ma<br />

anche suo esegeta “passibile invece di gravi turbamenti avrebbe potuto essere<br />

l’interruzione improvvisa di quel bel sogno realissimo per rientrare in un<br />

anonimato di provincia” quando una legge proibiva i pubblici spettacoli di ipnotismo,<br />

facendolo rientrare nei ranghi, introducendolo “alla vita mediocre”<br />

(A. Stanghellini 1920). “Il gusto del personaggio pubblico” continua Bartolini<br />

“magari con un po’ di successo, non lo lascerà mai: dal teatro allo sport, ai<br />

tornei di biliardo, di scacchi e di scopone [...] Di natura versatile e d’interessi<br />

poliedrici, può dedicarsi a cose diversissime tra loro, districandosi con acume<br />

e abilità; può far bene un po’ di tutto, ma solo per un po’”. A poco più di<br />

quindici anni Alberto Caligiani, “pittore di vaglia” lo “stradò all’arte della<br />

xilografia”. “Fui xilografo” scrive Innocenti “e credo che morirò xilografo:<br />

quindi, per prima cosa, il nero sul bianco” (G. Innocenti 1955). E la xilografia<br />

resterà per tutta la sua vita una vera passione: dalle prime, ingenue, xilografie<br />

che trattava a grossi tratti neri, sulla scia di Caligiani (e di Viani), che inviava a<br />

Gianna Manzini, nella loro corrispondenza segreta (quando la futura scrittrice,<br />

già sua vicina e suo primo amore, era partita per Firenze, avviata alla sua bella<br />

carriera), a quelle che realizzerà per tutta la sua vita, forse tra le sue opere<br />

migliori (L’Aquilone, ’39, a fittissimi tratti paralleli, a definire il mare e il cielo,<br />

solcato da grandi nubi bianche). “È impossibile” scrive Bartolini “guardare<br />

L’Aquilone senza pensare ai versi che Pascoli ha dedicato, circa mezzo <strong>secolo</strong><br />

prima, allo stesso soggetto, con lo stesso titolo: rara e felice commistione tra<br />

arti figurative e poesia”. Arruolato dal ’16 al ’20, in guerra, ufficiale del genio,<br />

trovava nel disegno un suo ruolo determinante. Anche Innocenti, ai suoi inizi<br />

in pittura, come gli altri pistoiesi, amerà il tema della campagna, secondo una<br />

sua visione legata alle semplici abitudini della via quotidiana, familiare. Ma,<br />

dopo un primo, frenetico periodo di lavoro “ecco entrare in ballo una delle<br />

caratteristiche del nostro artista, l’indolenza” (Bartolini). Gli si riconoscono<br />

comunque buone qualità di pittore e di scrittore. Artista bizzarro, con una<br />

madre arguta e intelligente (che peraltro, durante la seconda guerra, sostituiva<br />

un vetro rotto durante un bombardamento con la metà segata di un quadro<br />

del figlio) e con quattro sorelle colte che lo adoravano (tra l’altro è forse il solo<br />

a trattare il tema degli interni casalinghi, che durerà per tutta la vita: Donna<br />

che lava i piatti, ’15; Giocatori di scacchi, ’44; Caffè, La domenica dell’ulivo, ’55;<br />

Lavori di casa, ’55; Amici all’osteria, ’55). Amico di Fernando Melani; amicizia<br />

almeno strana, la loro, date le rispettive impostazioni ideologiche: laico e immerso<br />

nella sua ricerca quantistica, nello studio della qualità del colore e teso<br />

all’astrazione assoluta Melani, cattolicissimo e insieme dedito a una ricerca<br />

sulla figurazione, Innocenti. I due, sempre persi in discussioni animate, erano<br />

legati da affetto e rispetto reciproco. Nel suo opuscolo su Innocenti Addio<br />

Giulio!, Melani riconosceva all’amico l’uso del colore “come accessorio [...]<br />

in questo merletto”, quello della sua pittura, avvolta “entro una tela di ragno<br />

continua”, come un colore “tipico dei ‘naïf’: ingenuo [...]”; ma gli riconosceva<br />

anche “una costante sola – la luce”; e scriveva ancora Melani: “una tenue<br />

luminosità, un filo di luce diffusa si stacca dalle sue tele”, e si chiede se “la<br />

qualità di questo ‘lume’ divenuto sommessa poesia è, sarà sufficiente”. Lui,<br />

che aveva studiato scientificamente la qualità della luce e del colore...<br />

Melani parla del lavoro di Innocenti come di un “fatto minore, ma complesso<br />

nelle sue istanze [...] la sua scala cromatica emerge come un arcobaleno fra<br />

nere nuvole: i colori sono emersioni sullo scuro fondo retinico dell’occhio... In<br />

altre parole Giulio, stando al concetto classico della ‘Genesi’, scrittura chiara,<br />

ritiene fermamente che il ‘colore luce’ sia un’apparizione ‘magica’ di forme<br />

emerse dal fondo caotico delle tenebre; per Giulio il fondo del quadro pittorico<br />

non è il bianco [...] ma il naturale fondo ‘retinico’ oculare, che è approssimativamente<br />

il colore del sangue, il rosso fegato”.<br />

Ma Innocenti, che nel tempo si era avvicinato all’arte internazionale, soprattutto<br />

attratto dai Nabis, dai Fauves, da Matisse, andava schiarendo la sua<br />

tavolozza, sia nelle nature morte, nelle quali<br />

è sempre presente il riferimento alla vita<br />

quotidiana, sia nelle rappresentazioni di paesaggio,<br />

nelle quali la figura umana è definita<br />

a macchie di colore piatto, timbrico, ma dove<br />

il paesaggio si traduce in morbide trasparenze<br />

di colore o in trame segniche (Lavandaie, ’51;<br />

Donna al lavatoio, ’51). Dal ’56 Innocenti si<br />

trasferirà a Firenze, dove tenterà nuove strade,<br />

senza però raggiungere la forza espressiva<br />

del suo periodo precedente.<br />

Cenni bibliografici<br />

A. Stanghellini, Introduzione alla vita mediocre,<br />

<strong>Pistoia</strong> 1920.<br />

F. Melani, Addio Giulio, 1955 <strong>Pistoia</strong>.<br />

G. Innocenti, Autobiografia, in F. Melani, Addio<br />

Giulio! cit.<br />

S. Bartolini, Giulio Innocenti (1897-1968),<br />

Firenze 1997.<br />

Giulio Innocenti, a cura di S. Bartolini, <strong>Pistoia</strong><br />

1997.<br />

G. Damiani, La scuola Pistoiese tra le due guerre,<br />

Firenze 2000, pp. 96-99.<br />

C. Sisi, Arte del Novecento a <strong>Pistoia</strong>, <strong>Pistoia</strong> 2007.<br />

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