09.04.2020 Views

1910-2010. Un secolo d'arte a Pistoia

Opere dalla collezione della fondazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia

Opere dalla collezione della fondazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Galileo Chini<br />

Firenze, 1873-1954<br />

Dopo un inizio, in giovanissima età, dèdito al restauro e alla decorazione parietale,<br />

si dedicava alla manifattura ceramica. Apriva, nel 1896, con alcuni suoi<br />

familiari, una piccola fabbrica dandosi alla creazione di splendidi vasi, per i<br />

quali faceva uso di tecniche diverse, recuperando anche antichi metodi di<br />

lavorazione con i quali, pur usando moduli quattro e cinquecenteschi, riusciva<br />

ad elaborare progetti di forme e di decorazione in termini di modernità, acquistando,<br />

così, una notevole fama come ceramista. Si presentò, con successo,<br />

a varie mostre internazionali (Esposizione <strong>Un</strong>iversale di Parigi, 1900, Esposizione<br />

<strong>Un</strong>iversale di Torino, 1902). È nota la sua collaborazione con importanti<br />

architetti per la decorazione parietale di facciate e di interni di strutture architettoniche<br />

in Italia e fuori, che riusciva a interpretare non solo come espressione<br />

decorativa, ma anche realizzando lavori che divenivano parte integrante dello<br />

spazio architettonico. A Firenze lavorò soprattutto nelle architetture di Michelazzi<br />

(tra le altre al Villino Broggi-Caraceni, 1911).<br />

Nel 1909 eseguiva i cartoni per la decorazione della sala centrale del palazzo<br />

della Biennale di Venezia per la quale si ispirava alle rutilanti decorazioni,<br />

al prezioso corpuscolarismo e al simbolismo allegorico dei mosaici di Klimt.<br />

Nel 1911, chiamato dallo scià, che aveva visto i suoi lavori alla Biennale di<br />

Venezia, si trasferiva in Persia, dove rimaneva fino al 1913, per realizzare la<br />

decorazione parietale del Palazzo del Trono, progetto dell’architetto italiano<br />

Rigotti. Riporterà da questo soggiorno anche un arricchimento stilistico e<br />

formale di carattere orientalizzante, di cui farà tesoro nei suoi lavori ceramici<br />

e nelle decorazioni per vetrate. Nel suo lavoro decorativo aderiva, non senza,<br />

peraltro, interpretazioni personali, ai modi della Secessione viennese, ma si è<br />

poi sempre più ispirato alle decorazioni rinascimentali, interpretate in termini<br />

di un suo personale modernismo. Se infatti i suoi Putti sono più direttamente<br />

ispirati al Quattrocento fiorentino, le sue immagini femminili, pur riferendosi,<br />

anch’esse, a moduli quattrocenteschi, si distinguono sempre per un preciso<br />

riferimento al mondo contemporaneo. Invece nella pittura, che ha sempre<br />

continuato a portare avanti, ha seguito una linea legata ad un morbido, fresco<br />

naturalismo postimpressionista, con qualche riferimento fauve. Ne è un<br />

esempio l’arioso Autoritratto (1901), esposto in questa mostra. Il suo rapporto<br />

con <strong>Pistoia</strong> risale al periodo nel quale realizzava le decorazioni parietali interne<br />

del Palazzo della Cassa di Risparmio (1904-1905). “È dunque giunto<br />

Galileo Chini, nervoso, improvvisatore, libero e senza disciplina, con in petto<br />

uno sterminato orgoglio e un fuoco insostituibile. Dall’atrio alle gallerie, dalla<br />

scala alla sala delle adunanze, egli ha travolto tutto, operando di sorpresa, in<br />

un sol getto. Ha steso arazzi ovunque, ha sfondato vòlte, ha iniettato di rosso<br />

pompeiano gli interstizi della pietre, ha impallinato di frantumi d’oro ciò che<br />

gli pareva spento, persino le luminose lunette invetriate della sala maggiore,<br />

traslocando le robbiane di Cantagalli su un fondo viennese da Kolo Moser. E<br />

con Cantagalli egli ha duettato costantemente, sin da Fortezza e Abbondanza,<br />

le due donne accanto alla porta d’ingresso ed occhieggianti la leggiadria botticelliana<br />

[...]”, (C. Pizzorusso 2006).<br />

Questo lungo e variato lavoro di Chini tende “a una maggiore monumentalità,<br />

propria dell’Accademia di Belle Arti di Bologna”, come scrive Mirella<br />

Branca (1997), con motivi che essa definisce, con felice intuizione, “di ispirazione<br />

mantegnesca”. Il lavoro di Chini fu ostacolato dagli artisti pistoiesi<br />

come molti altri lavori eseguiti a <strong>Pistoia</strong> da artisti non pistoiesi, in nome di un<br />

preteso diritto di prelazione. In particolare Fabio Casanova, Lorenzo Guazzino<br />

e Francesco Chiappelli dichiaravano il ‘fregio policromo’ di Chini “ostico<br />

all’occhio toscano, il quale non poteva ammettere colori dove già brillavano i<br />

rilievi robbiani”; in realtà l’azzurro lapislazzuli che fa da fondo ai putti della<br />

sala si riporta proprio, nel tono, a quello delle<br />

ceramiche robbiane...<br />

“Chini” scrive ancora Mirella Branca “ora ragiona<br />

da decoratore in senso ampio [...]; c’è<br />

tutta l’adesione al naturalismo toscano e, insieme,<br />

la capacità di accompagnare le partiture<br />

architettoniche senza per questo esserne<br />

limitato”. E ancora: “Nel fregio”(interno) “con<br />

putti si esprime con una vera e propria felicità<br />

decorativa, che viene dalla capacità dal pittore<br />

di riflettere e poi inventare liberamente [...]”.<br />

La lucentezza dei putti di Galileo Chini si richiama<br />

a quella delle terrecotte invetriate di<br />

Luca della Robbia. Ma è anche evidente la modernità<br />

del suo lavoro, nutrito della sua cultura<br />

artistica che unisce la conoscenza dell’arte del<br />

passato con quella contemporanea. Per quanto<br />

riguarda il suo rapporto con gli artisti pistoiesi,<br />

va ricordato che molti sono stati suoi allievi<br />

quando insegnava a Firenze all’Accademia.<br />

Cenni bibliografici<br />

C. Marsan, Galileo Chini 1873-1956, cat. mostra,<br />

Borgo San Lorenzo 1971.<br />

L.-V. Masini, Art Nouveau, Firenze 1976.<br />

Galileo Chini 1873-1956, cat. mostra a cura di<br />

P. Chini Polidori, C. Paolicchi, L. Stefanelli<br />

Torossi, Milano 1987.<br />

Gilda Cafariello Grosso, Raffaele Monti, La<br />

manifattura Chini, Roma 1989.<br />

M. Branca, Decorazione murale tra <strong>Pistoia</strong> e Firenze:<br />

1900-1950, in “Bollettino quadriennale<br />

dell’Istituto Regionale di ricerca sperimentale”,<br />

n. 3, Firenze 1997.<br />

Il Tarlo polverizza anche la Quercia, Le memorie di<br />

Galileo Chini, a cura di F. Benzi, Firenze-Siena<br />

1998.<br />

Ad Vivendum, Galileo Chini e la stagione<br />

dell’incanto, cat. mostra a cura di F. Benzi,<br />

<strong>Pistoia</strong> 2002.<br />

Galileo Chini 1873-1956, a cura di P. Pacini,<br />

Firenze 2003.<br />

<strong>Un</strong> palazzo nuovo di stile vecchio. La sede della<br />

Cassa di Risparmio di <strong>Pistoia</strong>, a cura di G.<br />

Chelucci, <strong>Pistoia</strong> 2006.<br />

C. Pizzorusso, Ode a <strong>Pistoia</strong> 1898-1915. <strong>Un</strong> apocrifo<br />

del Comm. Giulio de’ Ricci sulle decorazioni in<br />

<strong>Un</strong> palazzo nuovo...cit.<br />

52<br />

53

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!