1910-2010. Un secolo d'arte a Pistoia
Opere dalla collezione della fondazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia Opere dalla collezione della fondazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia
Daniel Buren 4 porte in vetro 6 divisori della sala dialisi, 2005 acciaio e vetro, applicazioni di vinile ciascuno dei sei elementi m 2 x 2,50 x 26 Nuovo Padiglione di Emodialisi, Pistoia I sei divisori, di colore diverso, tra le due pareti vetrate dei quali si inserisce la luce, sono spartiti, come tutti i lavori di Buren, da linee verticali monocolore. Peraltro, tra le righe, si inserisce, decentrato, un cerchio del colore delle righe stesse. Le quattro porte sono invece monocrome. Ne emana una percezione di colore-luce che rende l’ambiente gradevole, a trasmettere un senso di vita e di speranza, teso soprattutto a distrarre il malato dal pensiero fisso del suo male. Scrive Buren in proposito: “Accettare di fare un lavoro d’arte visiva per un ospedale è – fatto rarissimo per quel che mi riguarda – accettare che l’opera prodotta possa rispondere a priori a una funzione. Ha poi l’ammissione che questa funzione ha lo scopo di portare una certa serenità a chi vedrà le opere durante il trattamento di dialisi. È quindi la pretesa che l’arte possa possedere questa qualità! È sperare che questa condizione esiste, che qualcuno attingendo alle opere durante le ore in cui è dializzato possa ricavarne un certo conforto. È soprattutto sperare che l’opera non porterà ulteriore disagio in questo luogo. È sperare che senza distrarre, l’arte possa apportare quiete. È sperare che l’arte possa tentare di togliere un po’ di sofferenza dalla sofferenza”. Questo pensiero di Buren sembra esprimere l’essenza di tutti i problemi che sorgono di fronte al proposito di “umanizzare”, come ora si dice, gli ospedali... 336 337
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Daniel Buren<br />
4 porte in vetro 6 divisori della sala dialisi, 2005<br />
acciaio e vetro, applicazioni di vinile<br />
ciascuno dei sei elementi m 2 x 2,50 x 26<br />
Nuovo Padiglione di Emodialisi, <strong>Pistoia</strong><br />
I sei divisori, di colore diverso, tra le due pareti vetrate dei quali si<br />
inserisce la luce, sono spartiti, come tutti i lavori di Buren, da linee<br />
verticali monocolore. Peraltro, tra le righe, si inserisce, decentrato,<br />
un cerchio del colore delle righe stesse. Le quattro porte sono<br />
invece monocrome. Ne emana una percezione di colore-luce che<br />
rende l’ambiente gradevole, a trasmettere un senso di vita e di<br />
speranza, teso soprattutto a distrarre il malato dal pensiero fisso<br />
del suo male. Scrive Buren in proposito: “Accettare di fare un<br />
lavoro d’arte visiva per un ospedale è – fatto rarissimo per quel<br />
che mi riguarda – accettare che l’opera prodotta possa rispondere<br />
a priori a una funzione. Ha poi l’ammissione che questa funzione<br />
ha lo scopo di portare una certa serenità a chi vedrà le opere<br />
durante il trattamento di dialisi. È quindi la pretesa che l’arte<br />
possa possedere questa qualità! È sperare che questa condizione<br />
esiste, che qualcuno attingendo alle opere durante le ore in<br />
cui è dializzato possa ricavarne un certo conforto. È soprattutto<br />
sperare che l’opera non porterà ulteriore disagio in questo luogo.<br />
È sperare che senza distrarre, l’arte possa apportare quiete. È<br />
sperare che l’arte possa tentare di togliere un po’ di sofferenza<br />
dalla sofferenza”. Questo pensiero di Buren sembra esprimere<br />
l’essenza di tutti i problemi che sorgono di fronte al proposito di<br />
“umanizzare”, come ora si dice, gli ospedali...<br />
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