1910-2010. Un secolo d'arte a Pistoia
Opere dalla collezione della fondazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia
Opere dalla collezione della fondazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Robert Morris<br />
Kansas City, Missouri, USA, 1931; vive a Gardiner, New York<br />
Negli anni Sessanta, dopo il suo trasferimento a New York, elabora una ricerca<br />
di carattere latamente new-dada (fuori comunque dal contesto rappresentato<br />
negli Stati <strong>Un</strong>iti da Rauschenberg e Johns), semmai più vicino ideologicamente<br />
alla posizione in Europa di Klein e Manzoni (Metered Bulb, 1963,<br />
uno strano oggetto da usare, una lampadina elettrica e un contatore funzionanti;<br />
una scatoletta con un magnetofono che riproduceva i suoni legati alla<br />
sua costruzione…) per passare poi – dopo avere studiato storia dell’arte allo<br />
Hunter College ed essersi dedicato al teatro e alla danza di avanguardia – alla<br />
realizzazione di poliedri geometrici semplici, secondo le regole dell’“ABC”<br />
di quella sarà definita Minimal Art. Per Morris, peraltro, si trattava di proporre<br />
oggetti privi di relazioni interne, cioè “ottusi”, “opachi”, non significanti<br />
per se stessi (oggetti che, in realtà, per la loro trasparenza, la loro “bellezza”,<br />
malgrado l’intenzione dell’artista, mettevano comunque in crisi la ipotetica<br />
“durezza e opacità” del Minimalismo). Nel 1966 partecipava alla mostra<br />
“Primaries Structures” al Jewish Museum di New York. Diventerà poi uno<br />
dei più grandi teorici della Conceptual Arte (si vedano i suoi scritti su “Art<br />
Forum”).<br />
Dal ’67 Morris affrontava anche su base teorica il tema dell’“anti form” nei<br />
suoi straordinari lavori in strisce di feltro appesi, ricadenti morbidamente secondo<br />
la forza di gravità. Con questi lavori Morris intende evidenziare il suo<br />
passaggio alle forme di natura a “impronta tecnologica”.<br />
Dalla fine degli anni Settanta le opere di Morris si presentano come grandi<br />
strutture geometrico-architettoniche di fortissimo impatto: si pensi alla sua<br />
prima installazione ambientale in Olanda ad Oostelijk e ai suoi Blind Time<br />
Drawings, al Labirinto a Santomato, disposto in lieve pendio, carico di rimandi<br />
simbolici e mitici alla tradizione architettonica toscana, il marmo a righe bianche<br />
e verdi di Prato, al Battistero di Firenze. Riporto, a questo proposito, le<br />
parole di Robert Hobbs: “… mentre il battistero è una struttura centralizzata<br />
che celebra l’immersione simbolica degli esseri umani in un regno spirituale,<br />
l’opera di Morris comunica un senso di frammentazione e sconvolgimento”,<br />
Arte ambientale: la Collezione Gori nella Fattoria di Celle, Torino 1993. Il lavoro<br />
di Morris prosegue in un continuo, sensibile approfondimento, spesso anche<br />
molto variato e divaricato, dei suoi grandi temi, quasi decantato, in opere<br />
sempre più essenziali. In Italia ha realizzato opere ambientali a <strong>Pistoia</strong>, a Prato<br />
(in Duomo 2001), nel chiostro di San Domenico a Reggio Emilia, 2004.<br />
È del 1994 la sua antologica al Guggenheim Museum di New York, portata<br />
poi al Deichtorhallen di Amburgo e al Centre Pompidou di Parigi.<br />
312<br />
313