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1910-2010. Un secolo d'arte a Pistoia

Opere dalla collezione della fondazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia

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Giacomo Balla<br />

Torino, 1871 – Roma, 1958<br />

Formatosi a Parigi sulla lezione del Postimpressionismo e del Pointillisme trovava<br />

poi, in Italia, nell’espressione pittorica e nei contenuti sociali e simbolici del Divisionismo<br />

(di Pellizza da Volpedo e di Segantini), la condizione più adatta alla sua<br />

sensibilità e alla sua impostazione analitica. È del 1909 la sua Lampada ad arco, che<br />

anticipa anche le sue ricerche sulla scomposizione del colore e della luce. Attraverso<br />

Balla anche Boccioni e Severini si avvicinavano, allora, al Divisionismo. Nel <strong>1910</strong>,<br />

intermediari Boccioni e Severini, conobbe Marinetti e il Futurismo, e firmò il Manifesto<br />

tecnico della pittura. Da allora univa alle sue ricerche precedenti, di carattere<br />

anche tecnico-scientifico sulla scomposizione dello spettro luminoso (nelle quali<br />

faceva riferimento anche alle scoperte di Marey e di Muybridge e alla successiva<br />

applicazione della fotodinamica dei fratelli Bragaglia), quella del dinamismo, basato<br />

sulla rappresentazione analitica e ritmica dello spostamento di un corpo su un piano,<br />

a mezzo della ripetizione delle parti in movimento, poiché i corpi e gli oggetti si<br />

muovono in rapporto allo spazio e alla percezione simultanea. Con la stesura di piani<br />

di colore diverso, sui quali sovrapporre il segno, in una sintesi compositiva, arrivava a<br />

trasformare le immagini in veri “simboli linguistici”. Prescindendo “dall’immagine<br />

visiva” scrive Argan (1970) riusciva a “stabilire un codice di segni significanti velocità,<br />

dinamismo, etc. […] Sono concetti che interessano intensamente la mentalità dell’<br />

uomo moderno: concetti che vogliono essere espressi visivamente perché la percezione<br />

è più rapida della parola, e che non possono essere espressi mediante segni che<br />

implichino riferimenti alla natura, perché debbono esprimere qualcosa di non naturale,<br />

di realizzato mediante congegni meccanici”. I “segni” di Balla (triangoli disposti<br />

a cuneo, spirali, ellissi), suggeriscono l’idea di “velocità” e di progressione ritmica,<br />

sostituendo la ripetizione dell’ immagine (Mano di violinista, 1912; Dinamismo di un<br />

cane a guinzaglio, 1911-1912). Balla tenderà in seguito sempre più all’astrazione, non<br />

con un processo di sinterizzazione, ma attraverso la scansione ritmica del colore, di<br />

forme geometriche svolte per valori timbrici, in rapporto alla vibrazione della luce.<br />

Saranno le sue Compenetrazioni iridescenti, iniziate dal 1912, che verranno a costituire<br />

uno dei primi anelli della catena della “linea analitica” della pittura che passerà<br />

dall’astrattismo geometrico da un lato, dall’ astrazione lirica, dall’altro, derivata, a sua<br />

volta, dal Quadrato bianco su fondo bianco (‘17) di Malevič. E proseguirà nel lavoro<br />

di Albers, di Noland, di Rothko; addirittura nel nero quasi immateriale di Reinhardt;<br />

nella luminosa tessitura di Dorazio e oltre… Con Prampolini Balla firmava, nel<br />

1915, il manifesto Ricostruzione futurista dell’<strong>Un</strong>iverso; pubblicherà quello sul<br />

Vestito antineutrale; lavorerà, nel 1916, nel film Vita futurista e sottoscriverà, con<br />

Marinetti, Carrà, Corra, Settimelli, Ginna, il Manifesto della Cinematografia futurista.<br />

Applicherà alla scenografia i suoi studi sul movimento (in Fuochi d’artificio di<br />

Strawinsky, nei Balletti di Diaghilev, negli oggetti di arredo…).<br />

Giacomo Balla, Ballucecolormare, 1924<br />

olio magro su tela, cm 95,5 x 216<br />

<strong>Un</strong> grande quadro, che non appartiene al periodo futurista<br />

di Balla; periodo il cui riferimento resta nel titolo; il lavoro si<br />

propone come un quadro nel quadro, nel quale l’immagine si<br />

dispone al centro dell’intera superficie monocroma, definito<br />

da una cornice decorativa costituita di righe/nastro regolari,<br />

bianche e verdi, raddoppiate ai lati della composizione centrale,<br />

interrotte a metà dei lati esterni, proseguite lateralmente, in alto,<br />

fino al termine dell’ intera superficie.<br />

Al centro un mare nel quale le piccole onde fitte nel loro<br />

vertiginoso susseguirsi, lievemente rosate e bianche alla base,<br />

salgono assumendo colori diversi, in gradienti luminosi: un lieve<br />

azzurro, ancora un bianco, un rosa che si intensifica<br />

in forme puntate, angolate, che sfumano poi in<br />

un azzurro che si oscura verso l’alto interrotto da<br />

nuove onde violacee in successione orizzontale,<br />

per chiudersi sotto un cielo lieve, rosato, contro il<br />

quale si stagliano piccole vele bianche, triangolari.<br />

È proprio questo passaggio graduale, ritmico, degli<br />

elementi piatti, diversamente colorati, che può<br />

essere avvicinato al trascorrimento dinamico del<br />

colore-luce delle Compenetrazioni iridescenti che<br />

Balla aveva portato avanti circa dal 1913, in forme<br />

rigorosamente astratto-geometriche.<br />

Cenni bibliografici<br />

Nella sterminata bibliografia relativa all’artista ci<br />

limitiamo a proporre solo alcuni testi corredati di<br />

ricchi rimandi bibliografici.<br />

Giacomo Balla, cat. mostra a cura di E.<br />

Crispolti, M. Drudi Gambillo, Torino 1963.<br />

M. Fagiolo dell’Arco, Omaggio a Balla, Roma<br />

1967.<br />

G. C. Argan, L’Arte moderna, Firenze 1970.<br />

G. Lista, Giacomo Balla, Modena 1982.<br />

La donazione Balla, a cura di G. De Feo, F.<br />

Pirani, P. Rosazza, L. Velani, Roma 1988.<br />

M. Fagiolo dell’Arco, Futur-Balla. La vita e le<br />

opere, Milano 1990-1992.<br />

L.-V. Masini, Arte contemporanea, Firenze 1996.<br />

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