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1910-2010. Un secolo d'arte a Pistoia

Opere dalla collezione della fondazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia

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Andrea Lippi<br />

<strong>Pistoia</strong>, 1888-1916<br />

“… Uomo eterno Mistero Dolore profondo / donde vieni? Qual’è<br />

la tua mèta? / Finisci morendo, oppure cometa / che torna rivivi nel<br />

mondo? / O vecchio bambino che vai senza mamma / in seno alla<br />

gelida morte, che gridi? / Contento a la legge divina / contempla e<br />

sorridi”.<br />

Sono dei versi, forse tra gli ultimi, di Andrea Lippi, uno degli artisti più discussi<br />

del primo Novecento a <strong>Pistoia</strong>. Vissuto, fin dall’infanzia, a contatto con gli architetti,<br />

gli scultori del tempo che frequentavano la Fonderia Artistica paterna (da<br />

Coppedè a Calandra, Bistolfi, Rubino, Romanelli), in un periodo dominato dal<br />

simbolismo di un Liberty tardo, fantasioso, coinvolto e coinvolgente come lo<br />

snodarsi della sua linea che da sensuale volgeva (Bistolfi ne è il simbolo) verso un<br />

tragico, funereo, disperato sfaldarsi, anche perché molto Liberty si sfiniva, molto<br />

spesso, in lugubri linguaggi cimiteriali, Andrea Lippi, sotto la guida del padre, si<br />

impadroniva con grande velocità del mestiere: eseguiva, ancora bambino, piccoli<br />

gruppi scultorei e bassorilievi, per darsi poi a copie di sculture e di decorazioni<br />

antiche. Dal 1906 studiava all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove i maestri<br />

erano Rivalta, De Carolis… Nutrito di grande passione anche per la letteratura e<br />

per la poesia, passione che anche De Carolis gli trasmetteva (da Baudelaire a Pascoli,<br />

da Poe a Dante), era già molto attento ai movimenti artistici fuori d’Italia,<br />

e particolarmente agli esiti dell’Espressionismo tedesco.<br />

La sua prima giovinezza, come scrive Rosanna Morozzi nel suo bel saggio Gli<br />

anni delle avanguardie “coincide con la grande stagione delle riviste, non solo<br />

come le fiorentine “Il Leonardo” e “La Voce”, di cui esistono interessanti appendici<br />

anche in provincia”. Lippi segue “Athena”, diretta dallo scrittore e critico<br />

Renato Fondi, che disapproverà fortemente il “Manifesto e Fondazione del<br />

Futurismo” sul secondo numero di “Athena”. Nel ’14 uscirà “La Tempra”, che<br />

porterà Costetti a <strong>Pistoia</strong>. Vi scriveranno Campana, Prezzolini, vi si presenteranno<br />

le xilografie di Lega e di Michelucci, tra le altre. Durante gli studi a Firenze<br />

Lippi si avvicinava a due giovani scultori, Alfeo Faggi e Luigi Luparini, coi quali<br />

condivideva la passione per il fantastico (con Faggi), la tendenza alla stilizzazione<br />

della struttura formale (con Luparini), portando all’esasperazione il suo simbolismo,<br />

di carattere fortemente espressionista. Da allora la sua linea si fa via via più<br />

convulsa, le figure si affollano, si contorcono, l’una sull’altra nei suoi lavori sempre<br />

più esasperati. La presenza a <strong>Pistoia</strong>, nel 1911, di Bistolfi, incoraggia la sua ostinata<br />

passione. Stava allora lavorando a La Chimera che opprime l’uomo, ispirata dal<br />

poemetto di Baudelaire Chacun sa Chimère, già impostata in un blocco unico, che<br />

vede il mostro abbarbicato addosso all’uomo, su cui stende, ad avvolgerlo, le sue<br />

ali (1913). Non siamo ancora alle sue composizioni più complesse, dove le figure<br />

umane, rese scheletriche e quasi deformi (ne La Chimera il corpo dell’uomo è ancora<br />

legato ad una formatività classica) si arrampicano l’una addosso all’altra, in un<br />

tentativo angoscioso di salita, in spirali improbabili, come in Campane, 1912-‘13,<br />

una composizione “torreggiante” (Morozzi), dove il re dei vampiri “suonando il<br />

rintocco rotola e rotola senza fine il canto lugubre delle campane” (Poe), o come<br />

Scioperanti, 1913, un lavoro di una drammaticità esasperata, che, peraltro, fa emergere,<br />

in alto, una testa che si ispira alla Pietà Rondanini di Michelangelo: è l’intero<br />

blocco che si curva verso l’alto, quasi immedesimandosi nella forma allusiva di<br />

una donna piegata dal dolore. Anche i disegni preparatori delle sculture (Scioperanti),<br />

si svolgono per tratti convulsi, nervosi, quasi gestuali. Del ’13 è anche La<br />

Deposizione, che sembra anche voler tradurre in violenza angosciosa la spirale<br />

allucinata della Deposizione del Pontormo in Santa Felicita a Firenze. Alla morte<br />

del padre (1908) Lippi si vede costretto ad assumersi la direzione della fonderia.<br />

Ma continuerà “a portare avanti ostinatamente, nel disegno e nella scultura,<br />

la rappresentazione di un universo popolato da creature fantastiche e da esseri<br />

deformi”. Dal ’14 abbandonerà sempre più il suo mondo di fantasmi per adire<br />

ad un sintetismo formale ispirato all’arte primitiva (Testa del fratello Ulisse, 1914),<br />

ammirato a Firenze da Maraini e Stanghellini, criticato duramente da Calandra.<br />

Lippi esporrà alla Biennale di Venezia del ’14 I Titani e poco dopo realizzerà<br />

uno dei suoi lavori più importanti, l’altorilievo La Guerra (ispirato all’Inferno di<br />

Dante), un blocco diviso in due grandi riquadri, La Torre dei Venti e L’Acheronte,<br />

sovrapposti ed emergenti in vortici dinamici, che creano un rapporto di luce e<br />

ombra di una forza sconvolgente. La sua ultima opera, prima della sua morte<br />

precoce, è il rilievo Levane (1915), creato per il concorso Curlandese di Bologna;<br />

qui la forza appassionata della sua violenza sembra placarsi in una dolorosa rassegnazione.<br />

È alle soglie la guerra. Lippi sta morendo.<br />

“Bisogna ritrovarsi a tutto prima di morire<br />

dice la zia Teresa ma però è un crepuscolo meraviglioso<br />

e la carretta rossa spicca contro la terra<br />

bigia ma la palla del letto mi para le foglie verdi,<br />

ma non importa guardo il cielo dove pigolano gli<br />

uccelli attraverso le nuvole e una stella bianca apparisce<br />

all’improvviso... Mentre scrivo mi diverto<br />

a guardare le nuvole che cambiano sempre ecco<br />

Sordello che abbraccia Virgilio piano piano Dante<br />

svanisce Virgilio doventa un vipistrello, ecco il<br />

vipistrello diventa un coro d’angioli e il terzo cielo,<br />

il cielo di Venere Dio meraviglioso il cielo di<br />

Venere diventa un leone…” (in R. Morozzi, Gli<br />

anni delle avanguardie).<br />

Cenni bibliografici<br />

A. Parronchi, Artisti toscani del primo Novecento,<br />

Firenze 1958, pp. 58-91 e pp. 291-300.<br />

A. Morozzi, Andrea Lippi, in Scultura italiana del<br />

Novecento, Firenze 1980.<br />

A. Parronchi, Due artisti innovatori nella <strong>Pistoia</strong><br />

del primo Novecento, in La città e gli artisti. <strong>Pistoia</strong><br />

tra avanguardia e Novecento, cat. mostra a cura<br />

di C. Mazzi e C. Sisi, <strong>Pistoia</strong> 1980.<br />

R. Morozzi, Andrea Lippi. La melodia infinita<br />

della linea, in “Tremisse pistoiese”, XIX, 1,<br />

1994, pp. 40-48.<br />

Il linguaggio della passione in Lorenzo Viani e<br />

Andrea Lippi. La lezione di Giovanni Pisano, altre<br />

fonti, letture e scritti, a cura di A. Serafini, Lucca<br />

1995.<br />

C. Sisi, Arte del Novecento a <strong>Pistoia</strong>, <strong>Pistoia</strong> 2007.<br />

R. Morozzi, Gli anni delle avanguardie. Andrea Lippi<br />

e Mario Nannini, in Arte del Novecento a <strong>Pistoia</strong>,<br />

<strong>Pistoia</strong> 2007.<br />

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