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1910-2010. Un secolo d'arte a Pistoia

Opere dalla collezione della fondazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia

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Corrado Zanzotto<br />

Pieve di Soligo, Cadore, 1903 – San Marcello Pistoiese, <strong>Pistoia</strong>, 1980<br />

“<strong>Un</strong>a carnalità malinconica”. Questa la definizione di Zanzotto nel dialogo tra<br />

Paolo Fabrizio e Annamaria Iacuzzi in Corrado Zanzotto e il dialogo dietro il paesaggio<br />

(2004) nel centenario della nascita dell’artista. <strong>Un</strong>a vita difficile, quella di<br />

Zanzotto, a <strong>Pistoia</strong> dagli anni giovanili, reso già claudicante da una poliomielite<br />

infantile. Poco si sa del suo lavoro prima della seconda guerra mondiale, durante<br />

la quale fu costretto a tornare a Pieve di Soligo perché, a <strong>Pistoia</strong>, “indesiderato”.<br />

Certo, non doveva essere persona facile e docile, già colpito dalla sorte come<br />

era stato e come fu, quando tornò, dopo la guerra, a <strong>Pistoia</strong>, e trovò la sua famiglia<br />

per metà distrutta da un bombardamento tedesco durante il quale furono<br />

irrimediabilmente rovinate moltissime sue opere plastiche. Senza mezzi, senza<br />

lavoro, armato solo della sua passione per l’arte, fu accolto presso la Casa di riposo<br />

per anziani al Villone Puccini. Si dedicava allora al suo disegno “da scultore”.<br />

I suoi soggetti erano i vecchi della casa di riposo dei quali, nel disegno (e anche<br />

nella scultura), egli privilegia il profilo, che “doveva essere ‘per lui’ sicuramente<br />

stimolante per cogliere lo scatto nervoso dei muscoli sottesi sotto l’epidermide.<br />

Usava spesso anche una costruzione dei volti che privilegiava la visione di<br />

profilo ma leggermente sfuggente, in cui l’attenzione si focalizza prima sulla<br />

nuca per poi trascorrere verso il limite esterno del volto”. Sono, i suoi, ritratti<br />

di una intensità di intuizione psicologica straordinaria, pietosa verso quella<br />

vita difficile che mostra nel volto tutto il suo passato. E soggetto erano anche i<br />

paesaggi del Villone Puccini. Dopo guerra insegnava, per qualche tempo, alla<br />

Scuola d’Arte di <strong>Pistoia</strong>. Dal ’52 si ritirava, in solitudine, in montagna, tra Pracchia<br />

e Sammommè. E sono, anche i suoi nuovi<br />

paesaggi, ‘da scultore’, con quelle montagne<br />

spoglie, a grandi blocchi, incombenti “dietro il<br />

paesaggio”. Le sue montagne sono trattate, infatti,<br />

come i suoi ritratti di vecchi contadini, nel<br />

disegno e nelle sculture, solcate come terreni<br />

rovesciati dall’aratro. Scrivono ancora Paolo Fabrizio<br />

e Annamaria Iacuzzi: “Zanzotto usa il lapis<br />

come fosse un aratro; come il contadino ara<br />

il campo, lui ara questi volti e queste superfici.<br />

Le figure sono sempre in stato di calma, non<br />

è né attesa né rassegnazione. È il tempo che<br />

si posa sulle figure, che scaturisce la pazienza<br />

sui volti”. Ciò che può applicarsi anche alle sue<br />

sculture.<br />

Cenni bibliografici<br />

M.Borghi, Pitture e sculture di Corrado Zanzotto,<br />

Roma 1956.<br />

Corrado Zanzotto. Opere dal 1956-1971, Roma<br />

1972.<br />

Donazione Corrado Zanzotto, Cassa di Risparmio<br />

di <strong>Pistoia</strong> e Pescia, <strong>Pistoia</strong> 1991.<br />

Corrado Zanzotto (1903-1980). Scultura, pittura,<br />

grafica, cat. mostra a cura di A.Parronchi, P. F.<br />

Iacuzzi, E. Dei, <strong>Pistoia</strong> 1987.<br />

G. Damiani, La scuola Pistoiese tra le due guerre,<br />

Firenze 2000, pp. 124-127.<br />

Corrado Zanzotto. <strong>Un</strong> segno plastico, cat. mostra,<br />

Centro di Documentazione sull’Arte moderna<br />

e contemporanea, <strong>Pistoia</strong> 2004.<br />

P. F. e A. Iacuzzi, Corrado Zanzotto e il dialogo<br />

dietro il paesaggio, in Corrado Zanzotto. <strong>Un</strong> segno<br />

plastico, cit.<br />

C. Sisi, Arte del Novecento a <strong>Pistoia</strong>, <strong>Pistoia</strong> 2007.<br />

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