Palazzo de'Rossi. Una storia pistoiese

a cura di Roberto Cadonici fotografie di Aurelio Amendola a cura di Roberto Cadonici
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09.04.2020 Views

5. Silvio Pucci, Mietitura – Aula Magna di Uniser Pistoia opere, presso la sede, nel caveau della Cassa di Risparmio di Pistoia e della Lucchesia, nella palazzina Lapini. C’è soprattutto un vero e proprio allestimento permanente realizzato nel 2011 presso la sede di Uniser (figg. 4, 5 e 6) con opere provenienti dalla collezione: per quanto di modeste dimensioni (è costituito da soli 20 pezzi, ma tutti abbastanza importanti) si tratta di una vetrina di rilievo perché offre uno spaccato fedele del modo di lavorare messo in atto nella costruzione della raccolta 10 . Fin dal titolo, Antichi e moderni nel Novecento pistoiese, l’allestimento mette in risalto l’attenzione prevalente che è stata dedicata al secolo da poco trascorso: un’attenzione ovviamente connessa a banali fattori contingenti (costo e reperibilità delle opere), ma legata anche a profondi convincimenti sull’incisività del ruolo, nel campo delle arti figurative, giocato dalla città soprattutto nei primi decenni, come più avanti si avrà modo di ricordare e motivare. La scelta insisteva inoltre sulla ricorrente contrapposizione tra figurativo e non figurativo che così larga parte ha avuto nel dibattito, anche aspro, del tempo, andando a costruire un percorso certo eccessivamente contratto ma altrettanto sicuramente efficace. L’ulteriore elemento significativo è costituito dalla particolare collocazione: non una mostra, un’esposizione, un’occasione temporanea o stabile ma comunque fine a sé stessa, destinata ai soli visitatori interessati. La presenza di opere organizzate secondo un disegno in un luogo di studio, di formazione, di preparazione per il futuro, è un andare incontro alle nuove generazioni in modo non impositivo, leggero. È un’offerta tacita e non invasiva, un invito che si può raccogliere o declinare ma che è impossibile ignorare del tutto. È infine una restituzione alla città in modo permanente, oltre che un contributo di trasparenza che consente da parte di chi ne abbia voglia una valutazione di quanto è stato operato nel settore. C’era stata, l’anno precedente, un’occasione assai più ampia e organica per offrirsi alla valutazione: l’organizzazione a Palazzo Fabroni della bella mostra 1910-2010. Un secolo d’arte a Pistoia, curata da Lara Vinca Masini 11 . Erano esposti numerosi pezzi della collezione, ovviamente con le limitazioni cronologiche dichiarate nel titolo, gran parte dei quali incontravano il pubblico per la prima volta. Anche in quel caso, tuttavia, trattandosi di un’esposizione temporanea, ci si riferiva a un’utenza di addetti ai lavori o comunque di visitatori interessati. Naturalmente non c’è niente di male in questo, tutt’altro; ma è cosa diversa da quando si riesce a proporre un manufatto artistico non come un’appendice più o meno adeguata allo spazio cui la destiniamo, bensì come connaturata, integrata alla progettazione, nata assieme. È fuori di dubbio che in quel caso l’arte torna più facilmente a parlare in modo diretto, senza mediazioni: un po’ come avveniva con gli affreschi di palazzi pubblici, chiese e ospedali, affreschi che non si limitavano a decorare pareti, ma raccontavano storie e si proponevano un’utilità morale e sociale. Nel corso degli anni la Fondazione ha cercato di fare anche questo, con una serie non piccola di interventi. Prima di riprendere il viaggio appena iniziato per descrivere l’allestimento del palazzo sarà necessario gettare uno sguardo fuori da queste stanze; uno sguardo rapidissimo, poco più di un elenco, perché non è il tema specifico da affrontare, ma quanto realizzato è davvero notevole per qualità e quantità e non può essere ignorato parlando della collezione, visto che fa parte della stessa storia, ne rappresenta una costola che non si può né ignorare né sottovalutare. Dal 1998, anno della realizzazione del Duetto d’acqua di Susumu Shingu nel parco delle Terme a Montecatini, fino ad arrivare al recentissimo Giardino volante di Villa Capecchi a Pistoia con i suoi giochi d’artista 12 , sono state create oltre una ventina di installazioni 13 , coinvolgendo in questo caso solo parzialmente gli artisti locali 14 , ma rivolgendosi preferibilmente ai nomi di maggiore rilievo del panorama artistico internazionale, da Dani Karavan fino ad Anselm Kiefer 15 . Non solo: se questi sono esempi di iniziative proprie della Fondazione, in altre situazioni l’intervento è stato di sostegno a proposte che provenivano dal territorio: è il caso dell’installazione dei Richiami di Gianni Ruffi ad Agliana 16 , del monumento bronzeo Unità di Domenico Viggiano a Monsummano nel 2011, oppure del restauro nel 2012 della statua Le cinque classi elementari di Marcello Guasti nel complesso scolastico di Valchiusa a Pescia. Di particolare impegno e di assoluto impatto è stata naturalmente la realizzazione ex novo del Padiglione di Emodialisi, improntato al principio dell’arte terapeutica. Sette artisti di chiara fama hanno accolto l’invito a misurarsi con un progetto che risultava al contempo innovativo 6. Remo Gordigiani, Omaggio a Coppo di Marcovaldo – Aula Magna di Uniser Pistoia small (made up of just 20, but all rather important, pieces), it is a nonetheless important showcase insofar as it offers a real glimpse of how the collection was built 10 . In line with its title, Antichi e moderni nel Novecento pistoiese, the exhibition highlights the great attention paid to the century just past: attention that is obviously linked to banal contingency factors (cost and availability of the works), but is also connected to the firm belief in the incisive role played by the city in the field of the figurative arts, particularly in the early decades, which we will look into further on. The selection also focused on the recurring opposition between figurative and nonfigurative art, which was the subject of much, and often heated, debate at the time, to build an exhibition that is undoubtedly too restricted, yet still highly effective. The other significant element is represented by the unusual location: not a display, an exhibition, a temporary or permanent occasion yet an end in itself, destined for just interested visitors. The presence of works organised according to a plan in a place of study, of training, of preparation for the future, is an undemanding, subtle way of approaching the new generations. It is a tacit, noninvasive proposal, an invitation you can accept or decline, but not ignore completely. It is lastly a permanent rendering to the city, as well as a clear contribution allowing whoever so wishes to evaluate what has been done in the sector. The previous year saw a much more wide ranging and organic occasion for such evaluation: the organisation in Palazzo Fabroni of the fine exhibition 1910-2010. Un secolo d’arte a Pistoia, curated by Lara Vinca Masini 11 .Numerous pieces from the collection were displayed, obviously within the chronological limits declared in the title, of which a large part of were seen by the public for the first time. Also in that case, however, being a temporary exhibition, it addressed experts in the field or visitors with an interest. There is nothing wrong with this, of course; but it is a completely different thing when an art work can be presented not just as an exhibit that may or may not be suited to the space in which it is displayed, but rather as something inherent and integrated into the space. It is beyond doubt that in such a case art can more easily speak directly, without mediations: a little like the frescoes of public buildings, churches and hospitals, 314 315

5. Silvio Pucci, Mietitura – Aula Magna di Uniser Pistoia<br />

opere, presso la sede, nel caveau della Cassa di Risparmio di Pistoia e della Lucchesia, nella<br />

palazzina Lapini. C’è soprattutto un vero e proprio allestimento permanente realizzato nel<br />

2011 presso la sede di Uniser (figg. 4, 5 e 6) con opere provenienti dalla collezione: per quanto<br />

di modeste dimensioni (è costituito da soli 20 pezzi, ma tutti abbastanza importanti) si<br />

tratta di una vetrina di rilievo perché offre uno spaccato fedele del modo di lavorare messo<br />

in atto nella costruzione della raccolta 10 . Fin dal titolo, Antichi e moderni nel Novecento <strong>pistoiese</strong>,<br />

l’allestimento mette in risalto l’attenzione prevalente che è stata dedicata al secolo da poco<br />

trascorso: un’attenzione ovviamente connessa a banali fattori contingenti (costo e reperibilità<br />

delle opere), ma legata anche a profondi convincimenti sull’incisività del ruolo, nel campo<br />

delle arti figurative, giocato dalla città soprattutto nei primi decenni, come più avanti si avrà<br />

modo di ricordare e motivare. La scelta insisteva inoltre sulla ricorrente contrapposizione tra<br />

figurativo e non figurativo che così larga parte ha avuto nel dibattito, anche aspro, del tempo,<br />

andando a costruire un percorso certo eccessivamente contratto ma altrettanto sicuramente<br />

efficace. L’ulteriore elemento significativo è costituito dalla particolare collocazione: non una<br />

mostra, un’esposizione, un’occasione temporanea o stabile ma comunque fine a sé stessa, destinata<br />

ai soli visitatori interessati. La presenza di opere organizzate secondo un disegno in un<br />

luogo di studio, di formazione, di preparazione per il futuro, è un andare incontro alle nuove<br />

generazioni in modo non impositivo, leggero. È un’offerta tacita e non invasiva, un invito che<br />

si può raccogliere o declinare ma che è impossibile ignorare del tutto. È infine una restituzione<br />

alla città in modo permanente, oltre che un contributo di trasparenza che consente da<br />

parte di chi ne abbia voglia una valutazione di quanto è stato operato nel settore.<br />

C’era stata, l’anno precedente, un’occasione assai più ampia e organica per offrirsi alla valutazione:<br />

l’organizzazione a <strong>Palazzo</strong> Fabroni della bella mostra 1910-2010. Un secolo d’arte a Pistoia,<br />

curata da Lara Vinca Masini 11 . Erano esposti numerosi pezzi della collezione, ovviamente con<br />

le limitazioni cronologiche dichiarate nel titolo, gran parte dei quali incontravano il pubblico<br />

per la prima volta. Anche in quel caso, tuttavia, trattandosi di un’esposizione temporanea, ci<br />

si riferiva a un’utenza di addetti ai lavori o comunque di visitatori interessati. Naturalmente<br />

non c’è niente di male in questo, tutt’altro; ma è cosa diversa da quando si riesce a proporre un<br />

manufatto artistico non come un’appendice più o meno adeguata allo spazio cui la destiniamo,<br />

bensì come connaturata, integrata alla progettazione, nata assieme. È fuori di dubbio che in<br />

quel caso l’arte torna più facilmente a parlare in modo diretto, senza mediazioni: un po’ come<br />

avveniva con gli affreschi di palazzi pubblici, chiese e ospedali, affreschi che non si limitavano<br />

a decorare pareti, ma raccontavano storie e si proponevano un’utilità morale e sociale.<br />

Nel corso degli anni la Fondazione ha cercato di fare anche questo, con una serie non piccola<br />

di interventi. Prima di riprendere il viaggio appena iniziato per descrivere l’allestimento del palazzo<br />

sarà necessario gettare uno sguardo fuori da queste stanze; uno sguardo rapidissimo, poco<br />

più di un elenco, perché non è il tema specifico da affrontare, ma quanto realizzato è davvero<br />

notevole per qualità e quantità e non può essere ignorato parlando della collezione, visto che fa<br />

parte della stessa <strong>storia</strong>, ne rappresenta una costola che non si può né ignorare né sottovalutare.<br />

Dal 1998, anno della realizzazione del Duetto d’acqua di Susumu Shingu nel parco delle Terme a<br />

Montecatini, fino ad arrivare al recentissimo Giardino volante di Villa Capecchi a Pistoia con i<br />

suoi giochi d’artista 12 , sono state create oltre una ventina di installazioni 13 , coinvolgendo in questo<br />

caso solo parzialmente gli artisti locali 14 , ma rivolgendosi preferibilmente ai nomi di maggiore<br />

rilievo del panorama artistico internazionale, da Dani Karavan fino ad Anselm Kiefer 15 .<br />

Non solo: se questi sono esempi di iniziative proprie della Fondazione, in altre situazioni<br />

l’intervento è stato di sostegno a proposte che provenivano dal territorio: è il caso dell’installazione<br />

dei Richiami di Gianni Ruffi ad Agliana 16 , del monumento bronzeo Unità di Domenico<br />

Viggiano a Monsummano nel 2011, oppure del restauro nel 2012 della statua Le cinque classi<br />

elementari di Marcello Guasti nel complesso scolastico di Valchiusa a Pescia.<br />

Di particolare impegno e di assoluto impatto è stata naturalmente la realizzazione ex novo del<br />

Padiglione di Emodialisi, improntato al principio dell’arte terapeutica. Sette artisti di chiara<br />

fama hanno accolto l’invito a misurarsi con un progetto che risultava al contempo innovativo<br />

6. Remo Gordigiani, Omaggio a Coppo di Marcovaldo – Aula<br />

Magna di Uniser Pistoia<br />

small (made up of just 20, but all rather important, pieces), it is a nonetheless important showcase<br />

insofar as it offers a real glimpse of how the collection was built 10 . In line with its title,<br />

Antichi e moderni nel Novecento <strong>pistoiese</strong>, the exhibition highlights the great attention paid to the<br />

century just past: attention that is obviously linked to banal contingency factors (cost and availability<br />

of the works), but is also connected to the firm belief in the incisive role played by the<br />

city in the field of the figurative arts, particularly in the early decades, which we will look into<br />

further on. The selection also focused on the recurring opposition between figurative and nonfigurative<br />

art, which was the subject of much, and often heated, debate at the time, to build<br />

an exhibition that is undoubtedly too restricted, yet still highly effective. The other significant<br />

element is represented by the unusual location: not a display, an exhibition, a temporary or<br />

permanent occasion yet an end in itself, destined for just interested visitors. The presence<br />

of works organised according to a plan in a place of study, of training, of preparation for the<br />

future, is an undemanding, subtle way of approaching the new generations. It is a tacit, noninvasive<br />

proposal, an invitation you can accept or decline, but not ignore completely. It is lastly<br />

a permanent rendering to the city, as well as a clear contribution allowing whoever so wishes to<br />

evaluate what has been done in the sector.<br />

The previous year saw a much more wide ranging and organic occasion for such evaluation: the<br />

organisation in <strong>Palazzo</strong> Fabroni of the fine exhibition 1910-2010. Un secolo d’arte a Pistoia, curated<br />

by Lara Vinca Masini 11 .Numerous pieces from the collection were displayed, obviously within<br />

the chronological limits declared in the title, of which a large part of were seen by the public<br />

for the first time. Also in that case, however, being a temporary exhibition, it addressed experts<br />

in the field or visitors with an interest. There is nothing wrong with this, of course; but it is a<br />

completely different thing when an art work can be presented not just as an exhibit that may<br />

or may not be suited to the space in which it is displayed, but rather as something inherent and<br />

integrated into the space. It is beyond doubt that in such a case art can more easily speak directly,<br />

without mediations: a little like the frescoes of public buildings, churches and hospitals,<br />

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