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Toponimi dell'Alta Valle Gesso • a cura di Mauro Rabbia

Un territorio prende forma, costruisce la propria identità attorno ai nomi dei luoghi che lo compongono. Nel caso di un’area di montagna: nomi di cime, di passi, di valloni, di laghi, ma anche, a quote inferiori, dove le comunità umane si erano insediate stabilmente, toponimi che sono riferiti a sorgenti, canali, appezzamenti coltivati, boschi, oltre naturalmente a tèit e jaç. Un enorme patrimonio, accumulatosi nel corso dei secoli, passato di generazione in generazione grazie alla trasmissione verbale, che con l’abbandono della montagna è in parte andato perso. Fortunatamente numerose ricerche a livello locale a partire dagli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso hanno raccolto prima e fissato su carta poi una notevole quantità di nomi di luogo, indagando anche su origini e significati dei vari termini. A questa importantissima operazione di salvataggio ha contribuito attivamente il Parco Naturale Alpi Marittime che, partendo dalla capillare conoscenza del territorio dei suoi guardiaparco, ha creato un archivio di toponimi dell’area protetta. Una parte del materiale raccolto ed elaborato viene oggi divulgato con la pubblicazione di questo Quaderno, la cui consultazione siamo sicuri renderà ancora più viva e appassionante la scoperta e la frequentazione dell’alta Valle Gesso.

Un territorio prende forma, costruisce la propria identità attorno ai nomi dei luoghi che lo compongono. Nel caso di un’area di montagna: nomi di cime, di passi, di valloni, di laghi, ma anche, a quote inferiori, dove le comunità umane si erano insediate stabilmente, toponimi che sono riferiti a sorgenti, canali, appezzamenti coltivati, boschi, oltre naturalmente a tèit e jaç.

Un enorme patrimonio, accumulatosi nel corso dei secoli, passato di generazione in generazione grazie alla trasmissione verbale, che con l’abbandono della montagna è in parte andato perso. Fortunatamente numerose ricerche a livello locale a partire dagli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso hanno raccolto prima e fissato su carta poi una notevole quantità di nomi di luogo, indagando anche su origini e significati dei vari termini. A questa importantissima operazione di salvataggio ha contribuito attivamente il Parco Naturale Alpi Marittime che, partendo dalla capillare conoscenza del territorio dei suoi guardiaparco, ha creato un archivio di toponimi dell’area protetta. Una parte del materiale raccolto ed elaborato viene oggi divulgato con la pubblicazione di questo Quaderno, la cui consultazione siamo sicuri renderà ancora più viva e appassionante la scoperta e la frequentazione dell’alta Valle Gesso.

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<strong>Toponimi</strong><br />

dell’Alta <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong><br />

a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> <strong>Mauro</strong> <strong>Rabbia</strong>


Quaderno delle Marittime n. 5<br />

<strong>Toponimi</strong><br />

<strong>dell'Alta</strong> <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong><br />

a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> <strong>Mauro</strong> <strong>Rabbia</strong>


Qualcosa si lascia comunque,<br />

qui sulla Terra. Un seme <strong>di</strong> rosa,<br />

o <strong>di</strong> ortica, un fiore o un sasso.<br />

<strong>Mauro</strong> <strong>Rabbia</strong><br />

Sommario<br />

In copertina: croce occitana sulla Cima Pianard (fronte) e <strong>Mauro</strong> <strong>Rabbia</strong>, nel 2006,<br />

durante un servizio <strong>di</strong> vigilanza nei pressi del Lago del Brocan, alle sue spalle il Bàus (retro).<br />

Presentazione ..........................5<br />

Premessa .............................8<br />

Istruzioni per la consultazione ..............9<br />

Presentazione linguistica .................10<br />

Lettera A ............................15<br />

Lettera B .............................23<br />

Lettera C ............................33<br />

Lettera D ............................45<br />

Lettera E .............................49<br />

Lettera F .............................53<br />

Lettera G ............................59<br />

Lettera I .............................65<br />

Lettera L .............................69<br />

Lettera M ............................77<br />

Lettera N ............................87<br />

Lettera O ............................91<br />

Lettera P .............................95<br />

Lettera Q ...........................103<br />

Lettera R ............................107<br />

Lettera S ............................ 113<br />

Lettera T ............................125<br />

Lettera U ...........................131<br />

Lettera V ............................135<br />

Cartografia ..........................144<br />

Revisione linguistica a <strong>cura</strong> della Chambra d’Òc,<br />

Sportello linguistico L. 482/99 - Comune capofila Vernante.<br />

© Aree Protette Alpi Marittime 2020<br />

info@parcoalpimarittime.it<br />

areeprotettealpimarittime.it


Presentazione<br />

Dopo sette anni il Parco, che nel frattempo ha cambiato<br />

in parte identità ed è <strong>di</strong>ventato “Aree Protette<br />

delle Alpi Marittime”, torna a pubblicare uno dei suoi<br />

Quaderni. Lo fa in un’occasione particolare: ricorre<br />

infatti in questo 2020 il decennale della scomparsa<br />

<strong>di</strong> <strong>Mauro</strong> <strong>Rabbia</strong>, guar<strong>di</strong>aparco al quale dobbiamo la<br />

realizzazione <strong>di</strong> una ricerca sui nomi <strong>di</strong> luogo dell’alta<br />

<strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong> che ora viene messa a <strong>di</strong>sposizione del<br />

pubblico. Questo volume rappresenta non solo un<br />

prezioso strumento <strong>di</strong> conoscenza del territorio delle<br />

Alpi Marittime, ma anche il doveroso ricordo <strong>di</strong> un<br />

uomo fortemente legato alle nostre montagne e che<br />

molto si impegnò in iniziative <strong>di</strong> valorizzazione della<br />

storia e cultura locale.<br />

Un territorio prende forma, costruisce la propria identità<br />

attorno ai nomi dei luoghi che lo compongono.<br />

Nel caso <strong>di</strong> un’area <strong>di</strong> montagna: nomi <strong>di</strong> cime, <strong>di</strong> passi,<br />

<strong>di</strong> valloni, <strong>di</strong> laghi, ma anche, a quote inferiori, dove<br />

le comunità umane si erano inse<strong>di</strong>ate stabilmente,<br />

toponimi che sono riferiti a sorgenti, canali, appezzamenti<br />

coltivati, boschi, oltre naturalmente a tèit e jaç.<br />

Un enorme patrimonio, accumulatosi nel corso dei<br />

secoli, passato <strong>di</strong> generazione in generazione grazie<br />

alla trasmissione verbale, che con l’abbandono della<br />

montagna è in parte andato perso. Fortunatamente<br />

numerose ricerche a livello locale a partire dagli inizi<br />

degli anni Ottanta del secolo scorso hanno raccolto<br />

prima e fissato su carta poi una notevole quantità <strong>di</strong><br />

nomi <strong>di</strong> luogo, indagando anche su origini e significati<br />

dei vari termini.<br />

A questa importantissima operazione <strong>di</strong> salvataggio<br />

ha contribuito attivamente il Parco Naturale Alpi Marittime<br />

che, partendo dalla capillare conoscenza del<br />

territorio dei suoi guar<strong>di</strong>aparco, ha creato un archivio<br />

<strong>di</strong> toponimi dell’area protetta. Una parte del materiale<br />

raccolto ed elaborato viene oggi <strong>di</strong>vulgato con la pubblicazione<br />

<strong>di</strong> questo Quaderno, la cui consultazione<br />

siamo sicuri renderà ancora più viva e appassionante<br />

la scoperta e la frequentazione dell’alta <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong>.<br />

Paolo Salsotto<br />

Presidente Aree Protette Alpi Marittime<br />

5


6


Perché un "Quaderno delle Marittime" sulla toponomastica?<br />

8 <strong>Mauro</strong> era un tipo speciale. Fisico minuto ed elegan-<br />

<strong>Mauro</strong> scriveva il contrario <strong>di</strong> quello che ci si sarebbe<br />

sotto una valanga staccatasi dal Merqua.<br />

cartografia ufficiale, ma importanti per le persone<br />

9<br />

te, asciutto, capelli neri come la pece, occhi comunicativi.<br />

L’aria un po’ svagata, da ragazzino sognatore,<br />

lo seguiva ovunque.<br />

In qualche modo l’aspetto esteriore lasciava trasparire<br />

i tratti anticonvenzionali del carattere.<br />

La sua natura non allineata si manifestava costantemente.<br />

Sguardo critico, opinioni esclusive, visioni<br />

singolari, anche anomale, ogni giorno lo hanno<br />

accompagnato al lavoro da guar<strong>di</strong>aparco del Parco<br />

Naturale Alpi Marittime e nel suo impegno politico,<br />

prima come consigliere del Comune <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri e poi<br />

come assessore in Comunità montana.<br />

Una traccia tangibile <strong>di</strong> questo atteggiamento? Qualcuno<br />

si ricorderà dello spazio che si era ricavato su<br />

Ousitanio vivo. La sua rubrica s’intitolava, non a caso,<br />

Lo caire d’ l’erétic: che trattasse <strong>di</strong> amministrazione<br />

alta o spicciola, <strong>di</strong> iniziative per combattere lo spopolamento<br />

delle valli, dell’importanza delle sistemazioni<br />

idraulico-forestali o che altro ancora, il più delle volte<br />

aspettati. Con lo stesso spirito ha affrontato il lavoro<br />

<strong>di</strong> ricerca toponomastica.<br />

Convinto, come tanti altri sparsi qua e là nelle valli,<br />

che avesse un senso salvare il patrimonio dei nomi<br />

<strong>di</strong> luogo delle montagne, ha collaborato attivamente<br />

al progetto dell’Atlante toponomastico del Piemonte<br />

montano, condotto dal Dipartimento <strong>di</strong> Scienze del<br />

linguaggio dell’Università <strong>di</strong> Torino; infatti faceva parte<br />

del gruppo <strong>di</strong> ricerca del Parco insieme a Cesare,<br />

Mario e Clau<strong>di</strong>o, operativi in alta Val Vermenagna.<br />

Ci ha lavorato per anni, fino a quando l’or<strong>di</strong>ne, la sistematicità<br />

e il rigore richiesti da una ricerca scientifica<br />

non l’hanno <strong>di</strong>samorato, al punto <strong>di</strong> spingerlo a<br />

trovare, una volta ancora, una via alternativa. È così<br />

che è arrivato a concepire un progetto <strong>di</strong>verso. Una<br />

personale selezione <strong>di</strong> toponimi, una loro descrizione<br />

più calda, meno razionale, una pubblicazione destinata<br />

a lettori interessati al salvataggio dei nomi <strong>di</strong><br />

luogo, ma soprattutto alla storia che giustifica ciascuno<br />

<strong>di</strong> essi: la storia con la esse maiuscola, <strong>di</strong> re<br />

ed eserciti, la storia minima della gente del posto,<br />

intenta a combattere quoti<strong>di</strong>anamente con l’ostilità<br />

delle montagne, la storia alpinistica, <strong>di</strong> soggetti de<strong>di</strong>ti<br />

all’esplorazione, anche perché meno pressati dall’esigenza<br />

primaria <strong>di</strong> sopravvivere.<br />

Non mancava molto al momento <strong>di</strong> scrivere la parola<br />

fine <strong>di</strong> quel libro, ma poi è capitato che, in uno strano<br />

giorno <strong>di</strong> febbraio, pieno <strong>di</strong> sole, <strong>Mauro</strong> è morto<br />

Da quel giorno la vita al Parco è cambiata, perché<br />

lui, semplicemente con il suo modo <strong>di</strong> essere, faceva<br />

sempre la <strong>di</strong>fferenza.<br />

A <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza da quel fatto, i colleghi delle<br />

Aree Protette Alpi Marittime e dell'Ecomuseo della<br />

Segale hanno pensato <strong>di</strong> recuperare il suo lavoro <strong>di</strong><br />

toponomastica, pubblicando un nuovo "Quaderno<br />

delle Marittime".<br />

Difficile metterci mano.<br />

A ogni passo il dubbio su come lui avrebbe risolto<br />

una certa questione. Poi, per forza <strong>di</strong> cose, tutte le<br />

scelte, una dopo l’altra, sono state fatte. Impossibile<br />

capire se questo quaderno lui l’avrebbe voluto proprio<br />

così. Noi l’abbiamo messo insieme come piccolo<br />

tributo a un collega che sarebbe stato capace <strong>di</strong> rimanere<br />

sempre giovane in mille mo<strong>di</strong> e, alla fine, ha<br />

ricevuto in sorte il sistema per farlo.<br />

Istruzioni per la consultazione<br />

Il fondo cartografico è dato dalla CTR - Carta Tecnica<br />

Regionale, consultabile in rete <strong>di</strong>gitando "geoportale.piemonte.it"<br />

e contenente oltre la metà dei toponimi<br />

selezionati da <strong>Mauro</strong>. Il territorio d’indagine,<br />

corrispondente all’alta Val <strong>Gesso</strong>, è stato sud<strong>di</strong>viso in<br />

tavole, in<strong>di</strong>viduate da un numero. Al fondo cartografico<br />

originale sono stati aggiunti i toponimi mancanti<br />

rispetto alla selezione <strong>di</strong> <strong>Mauro</strong>; si tratta in buona<br />

parte <strong>di</strong> microtoponimi, riferiti a luoghi ignorati dalla<br />

del posto tanto da essere precisamente nominati.<br />

Le tavole sono tutte fuori testo, in fondo al volume.<br />

Nel testo descrittivo il toponimo italiano viene riportato<br />

in tondo grassetto; il toponimo in occitano,<br />

trascritto secondo le regole stabilite dalla grafia normalizzata,<br />

viene riportato in italico.<br />

Ogni toponimo è preceduto da un numero identificativo<br />

e dal co<strong>di</strong>ce Txx riferito alla Tavola cartografica<br />

in cui il toponimo è localizzato.<br />

Alcuni toponimi della CTR sono stati ritoccati perché<br />

evidentemente erronei: è questo il caso, per esempio,<br />

<strong>di</strong> Val Morta (Val Moria in carta).<br />

Per facilitare le ricerche, quando nel testo descrittivo<br />

<strong>di</strong> un toponimo si fa riferimento a uno o più toponimi<br />

citati altrove, questi vengono evidenziati in tondo<br />

grassetto e sottolineati.


Una lingua, tante grafie, infinite sonorità<br />

10 La lingua d’òc o occitano è la lingua storica della po-<br />

grafia fonetica, oppure ad<strong>di</strong>rittura la grafia italiana, o<br />

Entracque per l’italiano "letto" <strong>di</strong>cono lèit e a Val<strong>di</strong>eri vachas, vachos, vachus, ecc.).<br />

11<br />

polazione <strong>di</strong> una zona molto vasta: il Sud della Francia,<br />

la Val d’Aran nei pirenei catalani, le Valli occitane<br />

dell’Italia Nord-Ovest (in Piemonte e Liguria), il Comune<br />

<strong>di</strong> Guar<strong>di</strong>a Piemontese in Calabria (per effetto<br />

<strong>di</strong> una antica migrazione dalle Valli occitane). Vista<br />

la grande estensione la lingua occitana si può sud<strong>di</strong>videre<br />

in vari <strong>di</strong>aletti: Provenzale, Linguadociano<br />

e Guascone al Sud; Vivaro-alpino, Alvergnate e Limosino<br />

al Nord; Guienese al centro. Le Valli occitane<br />

in Italia sono per le caratteristiche della loro parlata<br />

appartenenti all’area del vivaro-alpino detto normalmente<br />

occitano alpino.<br />

Ogni lingua scritta ha le sue regole <strong>di</strong> scrittura. L’occitano<br />

ha avuto nella sua storia (cominciando dai trovatori<br />

del XI secolo) l’uso <strong>di</strong> varie forme <strong>di</strong> scrittura (il<br />

grande scrittore Mistral per esempio usò una scrittura<br />

in parte ispirata al sistema francese, da noi nelle<br />

valli molti scrittori e poeti hanno usato e usano una<br />

grafie <strong>di</strong> personale elaborazione) ma è prevalente sul<br />

territorio occitano la preferenza a rifarsi alla scrittura<br />

più vecchia (quella dei trovatori) detta appunto classica<br />

che è su base etimologica. Mentre le norme per<br />

la scrittura classica sono state definite nel corso degli<br />

ultimi secoli, solo agli inizi degli anni duemila una<br />

commissione <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi guidata dal linguista Xavier<br />

Lamuela adeguò a quelle norme l’occitano alpino.<br />

Per la sua raccolta <strong>di</strong> toponimi dell’alta <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong>,<br />

<strong>Mauro</strong> aveva pensato <strong>di</strong> utilizzare la scrittura classica<br />

dell’occitano, detta anche "normalizzato". Non<br />

potè terminare il suo lavoro e noi rispetteremo la sua<br />

volontà. Scrittura normalizzata non è nulla <strong>di</strong> astruso,<br />

significa semplicemente attenersi a delle norme.<br />

È la stessa cosa per tutte le lingue scritte: italiano,<br />

francese, inglese, ecc., tutte hanno delle regole, delle<br />

norme <strong>di</strong> scrittura. Non tutti pronunciano allo stesso<br />

modo le parole italiane (in relazione alla zona <strong>di</strong> appartenenza)<br />

ma tutti le scrivono allo stesso modo.<br />

È importante per una corretta normalizzazione conoscere<br />

il significato della parola e la sua etimologia e<br />

non per tutti i termini <strong>di</strong> questa raccolta era possibile.<br />

Nel caso <strong>di</strong> <strong>Mauro</strong>, il lavoro prendeva in considerazione<br />

due comuni (Entracque e Val<strong>di</strong>eri) entrambi <strong>di</strong><br />

parlata occitana ma con delle varianti <strong>di</strong> pronuncia.<br />

Le variazioni fonetiche hanno sempre la caratteristica<br />

della costanza, della ripetività. Per rendere comprensibile<br />

il concetto porteremo un esempio: se a<br />

pronunciano lait, potete essere certi che per l’italiano<br />

"tetto" (tetti = borgata) che in entracquese è tèit<br />

(come in moltre altre aree d’òc) a Val<strong>di</strong>eri sarà tàit.<br />

Questo vuol <strong>di</strong>re che in tutti i <strong>di</strong>ttonghi ei a Val<strong>di</strong>eri<br />

avviene un’apertura della e fino a risultare quasi una<br />

a. Normalizzare in questo caso vuol <strong>di</strong>re scrivere tèit<br />

(al plurale tèits) aiutando l’idea d’apertura con l’accento<br />

grave sulla e. Una volta che si sa i val<strong>di</strong>eresi<br />

potranno pronunciare tranquillamente tàit come è<br />

loro caratteristica pur vedendo scritto tèit.<br />

Vi sono naturalmente varie regole <strong>di</strong> normalizzazione,<br />

ne citiamo una come esempio. È l’uniformizzazione<br />

in a (oppure as per il plurale) della vocale finale<br />

femminile: vacha, granja, chabra, ... (mucca, baita,<br />

capra, ...). Nelle valli la variabilità <strong>di</strong> pronuncia è grande:<br />

finale in a, o, e, ë.<br />

Quando si sa è fatta, io per esempio che pronuncio<br />

o nella mia parlata abituale non ho nessun problema<br />

a continuare nella mia pronuncia pur trovando<br />

scritto a. Classico esempio è la <strong>Valle</strong> Stura nella quale<br />

cominciando dall’alta valle troviamo Argentera con<br />

pronuncia della finale femminile in a, Pontebernardo<br />

in o, Sambuco in a, Vina<strong>di</strong>o in o, ecc. Nel plurale la<br />

variabilità e ancora più grande, pronunce con a, as,<br />

os, es, us, ës, e.<br />

Uniformando la scrittura in as (vachas, chabras, fremas,<br />

...) tutto è molto più semplice nella scrittura e<br />

nella comprensione e ognuno potrà pronunciare secondo<br />

la propria provenienza o scelta (vache, vaches,<br />

Per la normalizzazione grafica è fondamentale conoscere<br />

le regole (come per tutte le lingue), per esempio<br />

che la o atona si pronuncia u, la o tonica si scrive con<br />

accento grave ò e si pronuncia o (nivola, boric, còl,<br />

pòrre). Non si può naturalmente spiegare tutto ciò<br />

con un <strong>di</strong>scorso e pubblichiamo quin<strong>di</strong> nelle pagine<br />

che seguono alcune tabelle riasssuntive de<strong>di</strong>cate alla<br />

"Grafia classica dell'occitano alpino" e raccoman<strong>di</strong>amo<br />

a chi fosse interessato a un approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

leggere il volume "Dizionario Italiano Occitano - Norme<br />

ortografiche, scelte metodologiche e vocabolario<br />

dell’Occitano alpino orientale" pubblicato da Espaci<br />

Occitan nel 2008.<br />

Bòn viatge entre lhi noms e d’estòrias de la Val Ges!<br />

Chambra d’Òc<br />

Sportello linguistico L. 482/99<br />

Comune capo fila Vernante


scritto<br />

pronuncia<br />

posizione<br />

esempio<br />

scritto<br />

pronuncia<br />

posizione<br />

esempio<br />

o / ó<br />

u (dell’italiano)<br />

in tutte le posizioni<br />

morre, gloriós<br />

c<br />

k<br />

davanti a: a, ò, o, u<br />

calinhar, còire, colp, culhier<br />

ò<br />

o (dell’italiano)<br />

in tutte le posizioni<br />

pòst<br />

qu<br />

k<br />

davanti a: e, i<br />

quèrre, aquel, quintal<br />

u / ú<br />

u (del francese)<br />

in tutte le posizioni<br />

mur, música<br />

qu<br />

k<br />

davanti a: a, ò (in alcuni casi)<br />

quatre, quaranta, aquò<br />

a (finale)<br />

o (dell’italiano) / a, ë<br />

in tutte le posizioni<br />

vacha<br />

ch<br />

c(i) / z sorda (azione)<br />

in tutte le posizioni<br />

chauça, chissar, pachòc<br />

a, à, é, è, i, í<br />

come in italiano<br />

in tutte le posizioni<br />

aviá, avián, linjariá, batuá<br />

g<br />

g(h)<br />

davanti a: a, ò, o, u<br />

gaire, fagòt, magon, figura<br />

á<br />

o (dell’italiano)<br />

in tutte le posizioni<br />

(a Blins)<br />

12 13<br />

gu<br />

g, tg<br />

g(h)<br />

g(i)<br />

davanti a: e, i<br />

davanti a: e, i<br />

guèrs, guinchar<br />

gent, gipar, viatge<br />

scritto<br />

pronuncia<br />

esempio<br />

j, tj<br />

g(i) / z sonòra (zaino)<br />

davanti a: a, ò, o, u<br />

minjar, jòus, jorn, jurar<br />

as (finale)<br />

as / es / e / òs / os / aa<br />

vachas<br />

s<br />

s sorda<br />

inizio e fine parola, nella parola<br />

se vicino a consonante<br />

solelh, tres, escòla, absent<br />

ai (non tonico)<br />

ai / ei / i<br />

maison<br />

s<br />

s sonòra<br />

tra vocali<br />

ase, maison<br />

aü - a e ü (iato)<br />

aü / eu / ei / òu<br />

aüra, maüra<br />

ss<br />

s sorda<br />

tra vocali<br />

caissa, rossa<br />

ao (tonico)<br />

au / òu<br />

muraor (da murador)<br />

c<br />

s sorda<br />

davanti a: e, i<br />

ceba, cinc<br />

ao (atono)<br />

au / òu / o<br />

Draonier, paor<br />

ç<br />

s sorda<br />

davanti a: a, ò, o, u<br />

e in fine parola<br />

dança, chançon, braç<br />

aoi<br />

òi<br />

rata volaoira<br />

x<br />

s sorda<br />

tèxte<br />

ae<br />

aè / ei / è<br />

paela, chaena (da padèla, chadèna)<br />

x<br />

s sonòra<br />

dal prefisso ex- davanti a vocale<br />

exemple, exercici<br />

au (atono)<br />

au / o<br />

auberge<br />

tz<br />

s sorda<br />

in finale <strong>di</strong> parola<br />

dètz<br />

ea<br />

eà / ià<br />

beal, leam<br />

tz<br />

s sonòra<br />

nella parola<br />

dotze, tretze, setze<br />

eè<br />

eè / iè<br />

veèl<br />

z<br />

s sonòra<br />

all’inizio parola e in casi particolari<br />

zoològic, azur, realizacion<br />

bl, cl, pl, fl, gl<br />

bl / bi, cl / qui, pl / pi, fl / fi, gl / gui<br />

blanc, clau, plòu, flor, gleisa<br />

lh<br />

gl (paglia) / i<br />

j (dell'occitano)<br />

ch (dell'occitano)<br />

in tutte le posizioni per gl / i<br />

nella parola per j<br />

in fine parola per ch<br />

palha, filha, charamalha<br />

palha, familha<br />

filh, conilh<br />

ble, cle, fle, ple (finale)<br />

ble / bi, cle / qui, fle / fi, ple / pi<br />

estable, cèrcle, enfle, exemple<br />

nh<br />

gn<br />

anhèl, malinh<br />

ble, cle, gle, ple (finale)<br />

ble / bol, cle / col, gle / gol, ple / pol<br />

possible, sècle, triangle, pòple<br />

gn<br />

gn<br />

in parole particolari <strong>di</strong> origine colta<br />

magnífic, signar, ignorar,


14<br />

a


16<br />

a<br />

001 Abisso (Rocca dell’)<br />

002 Abrivùr (L’)<br />

003 Adrèit (Giàs dell’)<br />

004 Agna (L’)<br />

005 Agnèl (Cima Càire dell’)<br />

006 Agnèl (Lago Bianco dell’)<br />

007 Agnèl (Passo dell’)<br />

008 Aiéra (Giàs dell’)<br />

009 Aiéra (Monte)<br />

010 Aignè (Bec dell’)<br />

011 Alièrs (Valùn <strong>di</strong>)<br />

012 Alvè (Giàs)<br />

013 Ambrìn (Benna d’)<br />

014 Ambutùr (I)<br />

015 Ampèire (L’Adrèit d’)<br />

016 Argentera (L’)<br />

017 Argentera (<strong>Valle</strong> dell’)<br />

018 Argentera Nord (Cima),<br />

o Cima Garibal<strong>di</strong><br />

019 Argentina (Gorgia dell’)<br />

020 Argenzano (Costa d’)<br />

021 Armulivèr<br />

022 Asino (Valetta dell’)<br />

023 Asino (<strong>Valle</strong>tta dell’)<br />

024 Assendras (<strong>Valle</strong>)<br />

025 Asta (Garb dell’)<br />

026 Asta soprana<br />

027 Aura (Culèt d’ l’)<br />

001 Abisso (Rocca dell’), 2755 m<br />

T26<br />

Poenta d’ l’Abís / Ponta d’ l’Abís<br />

Cima molto conosciuta, dalla quale è possibile<br />

godere <strong>di</strong> un panorama che spazia dalla Pianura<br />

Padana a tutto l’arco alpino sud-occidentale.<br />

È caratterizzata da un versante esposto, che<br />

precipita sul vuoto, ma non così impressionante<br />

da meritarsi l’appellativo <strong>di</strong> abisso.<br />

002 Abrivùr (L’)<br />

T09<br />

T14<br />

L’Abrivor<br />

Serie <strong>di</strong> pen<strong>di</strong>i boscosi alternati a pietraie che si<br />

estendono a valle del (291) Lago <strong>di</strong> Steirate.<br />

Un tempo il bosco era molto rado e l’esposizione<br />

a nord del versante favoriva la crescita <strong>di</strong><br />

lamponi, more e mirtilli. Il luogo era scenario<br />

<strong>di</strong> litigi – in occitano abrivar-se significa litigare,<br />

accapigliarsi – tra i numerosi raccoglitori <strong>di</strong> piccoli<br />

frutti che lo frequentavano 1 .<br />

003 Adrèit (Giàs dell’), 1640 m<br />

T23<br />

Jaç d’ l’Adrèit / Jaç d’ l’Endrèit<br />

Bel tramuto (giàs) assolato nella (268) <strong>Valle</strong><br />

del Sabbione con ampi pascoli per bovini, ricovero<br />

per il margaro e acqua <strong>di</strong> sorgente.<br />

004 Agna (L’), 1000 m<br />

T09<br />

L’Anha<br />

L’Anatra. Area comprendente i terreni sommersi<br />

dall’invaso della Piastra e il bosco sovrastante<br />

il bacino artificiale.<br />

001<br />

Fonte: Giordana Giacomo, detto Jaco Borra.<br />

002 e 3<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

005 Agnèl (Cima Càire dell’), 2927 m<br />

T21<br />

T24 Caire d’ l’Anhèl / Quère d’ l’Anhèl<br />

Guglia dell’Agnello. Conosciuta anche come<br />

Punta del Gelàs del Brocàn 2 per la presenza<br />

<strong>di</strong> un piccolo ghiacciaio, gelàs in occitano, un<br />

tempo visibile da Entracque.<br />

È un punto nodale da cui si <strong>di</strong>rama la cresta che<br />

<strong>di</strong>vide la (264) <strong>Valle</strong> della Rovina dal vallone<br />

del (036) <strong>Gesso</strong> della Barra.<br />

006 Agnèl (Lago Bianco dell’), 2229 m<br />

T25<br />

T28 Laus Blanc d’ l’Anhèl<br />

/ Lac Blanc d’ l’Anhèl<br />

Deve il nome al colore lattiginoso delle acque,<br />

rese torbide dalla fanghiglia morenica 3 . Oggi,<br />

con la progressiva scomparsa dei ghiacciai,<br />

questo fenomeno risulta raramente visibile.<br />

007 Agnèl (Passo dell’), 2562 m<br />

T25<br />

T28 Còl d’ l’Anhèl<br />

Situato ai pie<strong>di</strong> del (088) Monte Clapier, è<br />

costituito da estese pietraie; mette in collegamento<br />

la (092) <strong>Valle</strong> <strong>di</strong> Monte Colombo con<br />

il versante francese <strong>di</strong> Valmasque.<br />

Probabilmente il toponimo ricorda quanto sia<br />

raro vedere un agnello su quel colle pietroso.<br />

008 Aiéra (Giàs dell’), 1349 m<br />

T18<br />

Jaç d’ l’Aiera / Jaç d’ la Iera<br />

Tramuto (giàs) con un precario ricovero, coperto<br />

da lamiere, per il pastore. Il toponimo<br />

17


18<br />

potrebbe derivare dalla numerosa presenza <strong>di</strong><br />

aie carbonili; iera in occitano in<strong>di</strong>ca la piazzola<br />

ricavata nei boschi dove venivano fabbricate le<br />

carbonaie. Dal tramuto si staccava una magnifica<br />

mulattiera allestita per le cacce dei Savoia.<br />

009 Aiéra (Monte), 2713 m<br />

T14<br />

L’Arreonda / Poenta d’ l’Iera<br />

/ Ponta d’ l’Iera<br />

Localmente è chiamata l’Arreonda, la Rotonda,<br />

per via della sua forma rotondeggiante che domina<br />

Entracque. Sulla Carta Sarda era denominata<br />

Cima <strong>di</strong> Costagrande 4 . Dai ragazzi della<br />

colonia salesiana <strong>di</strong> (271) San Giacomo era<br />

conosciuta come la Ciriaa del Preive, la Tonsura<br />

del Prete, probabilmente per i contrasti generati<br />

dall’alternanza tra rocce, pascoli e boschi,<br />

che ricordano i capelli sulla testa <strong>di</strong> un prete al<br />

quale era stata imposta la tonsura 5 .<br />

010 Aignè (Bec dell’), 1930 m<br />

T22<br />

Bec d’ l’Anhè<br />

Con bec è denominata un’evidente sporgenza<br />

rocciosa simile al becco <strong>di</strong> un uccello; anhè è<br />

probabilmente una contrazione <strong>di</strong> "agnello".<br />

011 Alièrs (Valùn <strong>di</strong>)<br />

T13<br />

Valon des Aliers / Valon <strong>di</strong> Aliers<br />

Il Vallone dei Sorbi montani. Vallone del (036)<br />

<strong>Gesso</strong> della Barra caratterizzato nella parte<br />

alta da salti rocciosi, sbocca in basso sul bosco<br />

<strong>di</strong> faggio chiamato (167) Maiòla, ossia fragola<br />

<strong>di</strong> bosco: un tempo il luogo era infatti ricco <strong>di</strong><br />

questi frutti 6 .<br />

012 Alvè (Giàs), 1840 m<br />

T21<br />

T24 Jaç d’ l’Alvè<br />

Piccolo tramuto (giàs) utilizzato un tempo dal<br />

pastore che risaliva con il gregge <strong>di</strong>rettamente<br />

da (233) La Piagnetta verso il (115) Colle <strong>di</strong><br />

Fenestrelle, evitando così l’attraversamento<br />

dei pascoli riservati ai bovini del (241) Piano<br />

del Praièt. Alvè dovrebbe derivare dal nome<br />

in occitano del pino cembro, conifera in<strong>di</strong>cata<br />

da <strong>di</strong>verse varianti <strong>di</strong>alettali, come èlvo o èrvo<br />

(per esempio il bosco <strong>di</strong> cembri in <strong>Valle</strong> Varaita<br />

si chiama Alevè).<br />

013 Ambrìn (Benna d’), 1015 m<br />

T09<br />

Benna d’Ambrin<br />

Uno dei rari inse<strong>di</strong>amenti in destra idrografica<br />

della valle del (036) <strong>Gesso</strong> della Barra: usato<br />

esclusivamente nel periodo estivo, è ricordato<br />

per la presenza <strong>di</strong> campi irrigui, prati e pascoli;<br />

oggi sono ancora visibili i bei muri delle case.<br />

Il luogo è caratterizzato dalla presenza <strong>di</strong> un<br />

grosso masso a forma <strong>di</strong> stele: benna, nell’alta<br />

<strong>Valle</strong> dell’Arc (Francia), significa alpe, casolare<br />

a ridosso <strong>di</strong> un grosso masso 7 . Ambrìn è il soprannome<br />

<strong>di</strong> una famiglia: a (111) Esteràte è<br />

presente una borgata con questo nome.<br />

014 Ambutùr (I), 1750 m<br />

T14<br />

Lhi Embotors<br />

Gli Imbuti. Serie <strong>di</strong> salti rocciosi <strong>di</strong> forma conica<br />

che culminano con la cima omonima.<br />

015 Ampèire (L’Adrèit d’), 1600 m<br />

T13<br />

L’Adrèit d’Ampèire<br />

Pascoli utilizzati dai proprietari <strong>di</strong> (075) Tetti<br />

Chiavarezza. Ampèire è il probabile soprannome<br />

<strong>di</strong> qualcuno che frequentava questo<br />

pen<strong>di</strong>o ben esposto al sole.<br />

Nella parte sommitale si trovava l’imposta per<br />

le cacce reali. Da qui <strong>di</strong>scende il vallone omonimo,<br />

dove, tra rocce e boschi <strong>di</strong> faggio, è visibile<br />

lo Caire Clòt, un affioramento roccioso dalla<br />

sommità piana; nelle vicinanze c’è la Chairòira,<br />

il Caricatoio, un avvallamento dove veniva<br />

accumulata la legna tagliata prima <strong>di</strong> essere<br />

trasportata a valle con le funi a sbalzo.<br />

016 Argentera (L’), 3297 m<br />

T16<br />

L’Argentiera / L’Argentera<br />

Toponimo antico che fa riferimento ai riflessi<br />

argentei emanati da questa cima ben visibile<br />

dalla pianura piemontese: è uno <strong>di</strong> quei casi in<br />

cui il nome non ha un’origine locale (dove c’è il<br />

monte), ma lontana (da dove si vede il monte).<br />

Troviamo il toponimo Argentyera già ne "La<br />

vida de San Honorat", poema mistico composto<br />

in lingua d’Oc nel XII secolo dal monaco<br />

Raymond Feraud, un trobador originario della<br />

confinante <strong>Valle</strong> della Tinée (Francia). Il testo<br />

narra del cammino dei santi Onorato e Marcobe<br />

<strong>di</strong> ritorno dal Piemonte (in quel tempo<br />

l’insieme dell’Alta Pianura Padana era denominato<br />

Lombar<strong>di</strong>a: ancor oggi abbiamo il Colle<br />

della Lombarda che mette in comunicazione<br />

Francia e Italia) e <strong>di</strong>retti al convento <strong>di</strong> Le Puy in<br />

alta Provenza. Nei versi citati il corteo dei santi,<br />

lasciato il paese <strong>di</strong> Verzuolo, risale la <strong>Valle</strong><br />

Stura per uno stretto sentiero. Arrivati al Colle<br />

<strong>di</strong> Brasca (oggi Colle <strong>di</strong> Sant’Anna <strong>di</strong> Vina<strong>di</strong>o),<br />

osservano il paesaggio notturno e in quella solitu<strong>di</strong>ne<br />

selvaggia, guardando verso l’Argentera,<br />

vedono cadere una stella dal firmamento:<br />

«[…] Ars s’en van li cors sant e meton s’en la via<br />

Et an layssat Verzell e tota Lombar<strong>di</strong>a<br />

Pueian en la montagna e son vengut tot drech<br />

En lo coll de la Brascha per un cen<strong>di</strong>er estrech.<br />

Queseron zay e lay per tot en lo buscaie.<br />

Si troberan lo sant ni viram l’ermitaie.<br />

E regardan el puey al som d’una montagna.<br />

El mont de l’Argentyera en la forest estrayna.<br />

Et an vist una estela caser del firmament.» 8<br />

La prima ascensione alla vetta fu compiuta il 28<br />

agosto 1879 dal reverendo americano W.A.B.<br />

Coolidge con la guida Almer per una via decisamente<br />

impegnativa: risalirono, infatti, prima<br />

il (162) Canalone <strong>di</strong> Lourousa, poi tutta la<br />

cresta da nord a sud.<br />

19<br />

004<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

005<br />

Fonte: Bernar<strong>di</strong> Gianni.<br />

006<br />

Fonte: Rostagno Giovanni.<br />

007<br />

Faure A., Guide des noms de lieux (et des nomes de famille) des Hautes-Alpes, Gap,<br />

Institut d’Etudes Occitanes des Alpes et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.<br />

008<br />

Feraud R., La vida de San Honorat, XII secolo.


20<br />

017 Argentera (<strong>Valle</strong> dell’)<br />

T16<br />

Valon d’ l’Argentiera<br />

/ Valon d’ l’Argentera<br />

Ampio vallone che si stacca sulla destra orografica<br />

della (322) <strong>Valle</strong> della <strong>Valle</strong>tta e risale<br />

verso le impressionanti pareti del Corno Stella e<br />

de (016) L’Argentera.<br />

018 Argentera Nord (Cima),<br />

T16<br />

o Cima Garibal<strong>di</strong>, 3286 m<br />

L’Argentiera / L’Argentera<br />

Tra le due cime de (016) L’Argentera, la Nord<br />

è <strong>di</strong> pochi metri più bassa della Sud. Sia la guida<br />

<strong>di</strong> Saglio 9 , sia quella francese <strong>di</strong> Paschetta 10<br />

menzionano la de<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> questa cima all’Eroe<br />

dei due mon<strong>di</strong>, un’abitu<strong>di</strong>ne caduta in <strong>di</strong>suso.<br />

019 Argentina (Gorgia dell’)<br />

T21<br />

T24 Gòrja Argentina<br />

Ripido vallone ramificato, caratterizzato da rocce<br />

molto incise nella parte bassa. In quota si<br />

aprono invece ampi pascoli, un tempo frequentati<br />

dai pastori, ora dai camosci. Il toponimo<br />

probabilmente deriva dai riflessi argentei emessi<br />

dalle rocce montonate della zona quando<br />

sono percorse dall’acqua.<br />

020 Argenzano (Costa d’)<br />

T09<br />

Còsta d’ l’Argençana / Còsta d’Argençan<br />

/ Còsta des Argencianas<br />

Costone della Genziana gialla, della Genziana<br />

maggiore (Gentiana lutea L.). Ampio costone in<br />

cui creste rocciose si alternano a pen<strong>di</strong>i erbosi<br />

un tempo falciati, ora colonizzati da rododendro<br />

e ontano verde.<br />

021 Armulivèr<br />

T06<br />

T09<br />

L’Armoliver / Armolivier<br />

Localmente è così chiamato l’agrifoglio. Il toponimo<br />

identifica l’arido versante destro dell’invaso<br />

della Piastra, caratterizzato da una faggeta<br />

mista, in cui sono presenti alcuni cespugli <strong>di</strong><br />

agrifoglio. Il bosco un tempo era ceduto dal<br />

Comune <strong>di</strong> Entracque alla comunità locale per<br />

il taglio della legna da ardere.<br />

022 Asino (Valetta dell’)<br />

T21<br />

Valeta d' l’Azo / Valeta d’ l’Ase<br />

<strong>Valle</strong>tta laterale del (116) Vallone <strong>di</strong> Fenestrelle;<br />

dai cacciatori della Vésubie, valle francese<br />

confinante, è detta Bassa <strong>di</strong> Margot 11 .<br />

023 Asino (<strong>Valle</strong>tta dell’)<br />

T26<br />

Valeta d’ l’Azo / Valeta d’ l’Ase<br />

<strong>Valle</strong>tta dell’Asino. Ampio pascolo posto alla<br />

testata della (268) <strong>Valle</strong> del Sabbione.<br />

024 Assendras (<strong>Valle</strong>)<br />

T20<br />

Valon d’ la Nasta / Valon d’ Nasta<br />

Vallone che ha origine dalla (198) Cima <strong>di</strong><br />

Nasta, stranamente chiamato Assendras sulla<br />

carta CTR: <strong>di</strong>citura dal significato oscuro che ha<br />

soppiantato il toponimo Vallone <strong>di</strong> Nasta riportato<br />

sulle guide <strong>di</strong> inizio Novecento.<br />

025 Asta (Garb dell’), 1700 m<br />

T08<br />

Garb d’ l’Asta<br />

Avvallamento, garb in occitano, ai pie<strong>di</strong> delle<br />

pareti verticali dell’Asta. Qui la neve <strong>di</strong>staccatasi<br />

dai costoni sovrastanti si accumula a formare<br />

un caratteristico nevaio ben visibile dal paese<br />

<strong>di</strong> (274) Sant’Anna. La zona è raggiungibile<br />

percorrendo una bella mulattiera con alti muri<br />

<strong>di</strong> sostegno in pietra, costruita per le cacce dei<br />

Savoia. In questo caso le battute <strong>di</strong> caccia al camoscio<br />

venivano effettuate facendo salire dal<br />

basso la selvaggina: i cacciatori aspettavano in<br />

alto, mentre i battitori spaventavano gli animali<br />

e, approfittando della loro istintiva risalita del<br />

pen<strong>di</strong>o in caso <strong>di</strong> pericolo, li in<strong>di</strong>rizzavano verso<br />

l’imposta <strong>di</strong> caccia. La stessa area era anche interessata<br />

dalla caccia al fagiano <strong>di</strong> monte.<br />

026 Asta soprana, 2948 m<br />

T08<br />

L’Asta / Poenta d’ l’Asta / Ponta d’ l’Asta<br />

Con asta si in<strong>di</strong>ca un elemento verticale. Probabilmente<br />

si tratta <strong>di</strong> una mo<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong><br />

estilo o stelo, che nei linguaggi pre-latini significa<br />

stare fermi, essere eretti. Nel greco ritorna<br />

il termine stele a in<strong>di</strong>care una colonna a forma<br />

squadrata. Probabilmente altri toponimi, come<br />

(198) Cima <strong>di</strong> Nasta o (292) Monte Stella,<br />

traggono origine da questa ra<strong>di</strong>ce.<br />

A causa della cresta dell’Asta il paese <strong>di</strong> (274)<br />

Sant’Anna, a partire dal 20 novembre, vede<br />

ben tre levate del sole. Nel giorno più breve, il<br />

21 <strong>di</strong>cembre, il sole arriva verso le 12.40; dopo<br />

una decina <strong>di</strong> minuti è nascosto dall’Asta. Torna<br />

dopo mezz’ora per pochi minuti per poi<br />

scomparire <strong>di</strong>etro al Sarralhas, le Chiuse, e l’Omenet,<br />

l’Ometto. Ricompare dopo circa un’ora<br />

per una dozzina <strong>di</strong> minuti prima <strong>di</strong> tramontare<br />

definitivamente. Si racconta che a fine Ottocento<br />

due senatori realmente esistiti, Gassino e<br />

Rovasenda, per accaparrarsi i voti dei valligiani<br />

promisero che, se eletti al parlamento del Regno<br />

sabaudo, avrebbero fatto demolire le parti<br />

alte dell’Asta, in modo da offrire al paese una<br />

maggiore esposizione al sole. Furono eletti ma,<br />

naturalmente, in inverno il paese continua a rimanere<br />

in ombra.<br />

027 Aura (Culèt d’ l’), 1960 m<br />

T17<br />

Colet d’ l’Aura<br />

L’Aura in<strong>di</strong>ca una lunga cresta rocciosa secondaria<br />

che si esaurisce in corrispondenza della<br />

casa dei guar<strong>di</strong>ani della <strong>di</strong>ga del (078) Chiotàs.<br />

Il toponimo potrebbe avere origine da aura, in<br />

occitano vento: infatti uscendo dalla riparata<br />

conca del Chiotàs per spostarsi in <strong>di</strong>rezione del<br />

colletto si è <strong>di</strong> frequente esposti al vento.<br />

21<br />

009<br />

Saglio S., Da rifugio a rifugio. Alpi Liguri e Marittime, Milano, Touring Club Italiano, 1958.<br />

010<br />

Paschetta V., Alpes Maritimes - Vésubie, Nice, CAF Section des Alpes Maritimes Occitanes des Alpes<br />

et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.<br />

011<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.


22<br />

b


028 Babàu (Tetti),<br />

metà 1800 i carri potevano arrivare fino a (028)<br />

T02<br />

o Tetti Caranta, 945 m<br />

Tèits Babau / Tèits <strong>di</strong> Babau,<br />

o Tèits d’ Caranta<br />

Piccolo centro abitato posto a ridosso della<br />

strada provinciale che fino a metà 1800 qui terminava.<br />

Oltre c’era solo una mulattiera. Carri e<br />

carrozze si arrestavano al piazzale chiamato la<br />

Plaça d’ Caranta. Anche gli utenti che si recavano<br />

alle (304) Terme, sempre più famose e<br />

frequentate grazie alla costruzione del nuovissimo<br />

Tetti Babàu e si proseguiva oltre solo a dorso<br />

<strong>di</strong> quadrupede. Resta ancora nella memoria la<br />

Plaça d’ Caranta, dove si fermavano i carri, che<br />

ora non c’è più 13 . Con l’arrivo del re e la costruzione<br />

del Grand Hotel Royal alle (304) Terme,<br />

la viabilità lentamente migliorò, ma ci vollero<br />

decenni. Documentano questi passaggi le lettere<br />

della Prefettura, che invitano il sindaco <strong>di</strong><br />

Val<strong>di</strong>eri a sistemare la strada in occasione della<br />

venuta <strong>di</strong> Vittorio Emanuele II. Localmente si ri-<br />

24 028 Babàu (Tetti)<br />

053 Brocan (Lago del)<br />

Grand Hotel Royal, dovevano rassegnarsi cordano Jan Chòt e Jan d’ Landra, che produce-<br />

25<br />

029 Bagni (Via dei)<br />

030 Balmetta (Giàs)<br />

031 Balùr (Punta)<br />

032 Baràl (Vallone)<br />

033 Barbaràno (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

034 Barbèra (Punta)<br />

035 Bariàu (Tetti)<br />

036 Barra (<strong>Gesso</strong> della),<br />

o <strong>di</strong> Entracque<br />

037 Barra (Monte)<br />

038 Barra (<strong>Valle</strong> della)<br />

039 Barra (Viòl d’ la)<br />

040 Bars<br />

041 Barsaglies<br />

042 Bartòla (Tetti)<br />

043 Bastianét (Tetti)<br />

044 Bàus (<strong>Valle</strong> del)<br />

045 Bergòn (Passo del)<br />

046 Beseìar (Vallone del)<br />

047 Biàisa (Tetti)<br />

048 Bianco Dante Livio (Rifugio)<br />

049 Botìna (<strong>Valle</strong>)<br />

050 Bozano Lorenzo (Rifugio)<br />

051 Bresses (Testa <strong>di</strong>)<br />

052 Brocan (Cima <strong>di</strong>)<br />

054 Brossi (Tetti)<br />

055 Brusà (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

056 Buschet<br />

a un lungo trasferimento a dorso <strong>di</strong> mulo o in<br />

lettiga 12 . È stato abitato fino al 1985; ora ha<br />

uso turistico come pure l’altro inse<strong>di</strong>amento<br />

che troviamo a monte della strada, chiamato<br />

Tèits d’ Grama. Attorno c’erano prati, campi e<br />

terrazzamenti che il bosco sta inesorabilmente<br />

rioccupando. Non si conosce il perché <strong>di</strong> questi<br />

toponimi. Caranta è un cognome <strong>di</strong>ffuso in valle;<br />

babau è l’uomo cattivo, mentre grama vuol<br />

<strong>di</strong>re cattiva, tribolata.<br />

029 Bagni (Via dei)<br />

T02<br />

T05 Via <strong>di</strong> Banhs<br />

La storia della mulattiera prima e poi strada<br />

carrozzabile per giungere alle (304) Terme<br />

rappresenta un aspetto fondamentale nello<br />

sviluppo della valle. Sarebbe interessante raccontarne<br />

l’evoluzione nel corso degli anni; in<br />

questa sede ci si limiterà ad alcuni accenni. A<br />

012<br />

Garelli G., Val<strong>di</strong>eri e le sue acque, Torino, 1855.<br />

013<br />

Fonte: <strong>Rabbia</strong> Antonio.<br />

014<br />

Fonte: Franco Antonio.<br />

vano la ghiaia per il fondo stradale frantumando<br />

i sassi con una mazzetta. Jan d’ l’Aiga, Giovanni<br />

dell’Acqua, era invece incaricato a innaffiare<br />

la strada perché non si sollevasse la polvere al<br />

passaggio del corteo reale. Per questo era stata<br />

costruita una vasca, tuttora esistente poco a<br />

monte <strong>di</strong> (028) Tetti Babàu sulla destra della<br />

strada, dove Giovanni riempiva una botte trasportata<br />

su un carretto trainato dall’asino e poi,<br />

aprendo un annaffiatoio, inumi<strong>di</strong>va la strada 14 .<br />

A inizio 1900 si giunge in carrozza alle (304)<br />

Terme, ma solo nel 1962 verrà asfaltato il tratto<br />

da (274) Sant’Anna alle (304) Terme.<br />

030 Balmetta (Giàs), 2150 m<br />

T21<br />

Jaç d’ la Balmeta<br />

Tramuto (giàs) del piccolo Riparo sotto la roccia.<br />

Si tratta <strong>di</strong> un tramuto d’alta quota vicino a una<br />

serie <strong>di</strong> piccole sorgenti.


26<br />

031 Balùr (Punta), 1900 m<br />

T13<br />

Poenta Balor / Ponta Balor<br />

/ Poenta dal Balor / Ponta dal Balor<br />

Cima piuttosto evidente nonostante la quota<br />

modesta; si trova <strong>di</strong> fronte alla (038) <strong>Valle</strong> della<br />

Barra, sulla destra orografica della valle del<br />

(036) <strong>Gesso</strong> della Barra. Non si conosce il significato<br />

del toponimo 15 .<br />

032 Baràl (Vallone)<br />

T14<br />

Valon d’ Baral / Valon Baral<br />

Posto sulla destra orografica del Vallone del<br />

Bousset. Delimita parte del confine meri<strong>di</strong>onale<br />

del Parco Naturale Alpi Marittime. Il toponimo<br />

è un cognome comune nella valle.<br />

033 Barbaràno (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

T09<br />

Valon d’ Barbaran / Valon dal Barbaran<br />

Vallone sulla destra orografica del (036) <strong>Gesso</strong><br />

della Barra, contrad<strong>di</strong>stinto in alto da magri<br />

pascoli alternati a salti rocciosi e in basso da un<br />

bosco <strong>di</strong> faggio. Il toponimo potrebbe derivare<br />

dal soprannome <strong>di</strong> una persona.<br />

034 Barbèra (Punta), 1465 m<br />

T06<br />

T09 Poenta Barbera / Ponta Barbera<br />

Toponimo curioso e dal significato sconosciuto.<br />

In<strong>di</strong>ca una piccola cima posta all’estrema propaggine<br />

settentrionale della dorsale che separa<br />

la conca <strong>di</strong> (111) Esteràte dall'a<strong>di</strong>acente valle<br />

del (036) <strong>Gesso</strong> della Barra.<br />

035 Bariàu (Tetti), 1190 m<br />

T02<br />

Tèits Bariau<br />

Ancora una volta troviamo la voce barra.<br />

In questo caso, poco prima <strong>di</strong> arrivare al tèit,<br />

troviamo una lunga cresta rocciosa longitu<strong>di</strong>nale<br />

rispetto al senso <strong>di</strong> marcia, uno sbarramento,<br />

superato il quale si apre il versante e troviamo<br />

Bariau. L’inse<strong>di</strong>amento è <strong>di</strong>sposto lungo il pen<strong>di</strong>o<br />

secondo linee orizzontali parallele, con i<br />

fabbricati addossati gli uni agli altri. Erano tutti<br />

coperti con paglia <strong>di</strong> segale e questa fuga <strong>di</strong> tetti<br />

aguzzi doveva essere un gran bel vedere. C’è<br />

il forno; questo significa che era abitato tutto<br />

l’anno. Fino al secondo dopoguerra vi rimase la<br />

famiglia del Clavin. Giovanni Brao, vi abitò, saltuariamente,<br />

fino al 1976. Un microtoponimo<br />

in questa zona è lhi Garrachet: sono minuscoli<br />

terreni terrazzati (garaç sta a in<strong>di</strong>care qualcosa<br />

<strong>di</strong> piccolo e <strong>di</strong> poco valore 16 ).<br />

036 Barra (<strong>Gesso</strong> della), o <strong>di</strong> Entracque<br />

T18<br />

Ges d’ la Barra<br />

È il ramo del <strong>Gesso</strong> che scende da (271) San<br />

Giacomo fino alla confluenza con il torrente<br />

Bucera della (264) <strong>Valle</strong> della Rovina; da<br />

questo punto <strong>di</strong>venta il <strong>Gesso</strong> d’Entracque. Curiosamente<br />

prende il nome dalla (038) <strong>Valle</strong><br />

della Barra, un vallone secondario. Sulla guida<br />

<strong>di</strong> Giovanni Bobba in alcuni casi il (036) <strong>Gesso</strong><br />

della Barra era chiamato <strong>Gesso</strong> d’Entracque.<br />

037 Barra (Monte), 2071 m<br />

T13<br />

Poenta d’ la Barra / Ponta d’ la Barra<br />

Cima della Barra. Sommità della cresta che <strong>di</strong>vide<br />

la valle del (036) <strong>Gesso</strong> della Barra dalla<br />

(264) <strong>Valle</strong> della Rovina.<br />

038 Barra (<strong>Valle</strong> della)<br />

T17<br />

T18 Valon d’ la Barra<br />

Ripido vallone con salti rocciosi alternati a fasce<br />

boschive e pascoli.<br />

La Barra è un toponimo <strong>di</strong>ffuso e in<strong>di</strong>ca un<br />

elemento orografico – cresta, rilievo, roccia –<br />

posto a sbarrare la marcia 17 . Non sempre il toponimo<br />

è riferito a uno sbarramento evidente.<br />

Curiosamente, anche se si tratta <strong>di</strong> un vallone<br />

laterale, assegna il nome a tutto il ramo del<br />

<strong>Gesso</strong> <strong>di</strong> Entracque. Lungo i versanti una magnifica<br />

mulattiera per le cacce reali risale con<br />

ampi tornanti fino al colletto omonimo, per<br />

poi sboccare nella (264) <strong>Valle</strong> della Rovina.<br />

Qui erano cacciati i camosci; negli anni ‘20 del<br />

Novecento fu il luogo prescelto dai Savoia per<br />

la reintroduzione dello stambecco. Dal tratto finale<br />

del sentiero è visibile l’Omenet, l’Ometto,<br />

una roccia antropomorfa che si erge dall’opposta<br />

cresta rocciosa.<br />

Nella zona in cui la <strong>Valle</strong> della Barra confluisce<br />

nella valle del (036) <strong>Gesso</strong> della Barra<br />

c’è un masso sul quale un tempo si potevano<br />

<strong>di</strong>stinguere due incisioni simili a orme <strong>di</strong> pie<strong>di</strong>;<br />

la credenza popolare le attribuì alla Madonna.<br />

La roccia era venerata da pellegrini, emigranti<br />

e contrabban<strong>di</strong>eri, che numerosi risalivano la<br />

valle per raggiungere la Francia; presso il masso<br />

fu anche allestito un riparo in pietre per proteggere<br />

il sito dalle intemperie, fino a quando non<br />

venne <strong>di</strong>strutto dai lavori <strong>di</strong> ampliamento della<br />

strada per (271) San Giacomo. Poco a monte<br />

troviamo Las Faissas d’ la Madòna, un grosso<br />

masso caratterizzato da un’evidente alternanza<br />

<strong>di</strong> striature bianche e grigie che ricordano le<br />

fasce usate un tempo per avvolgere i neonati.<br />

I viandanti, raggiunto il luogo, rivolgevano una<br />

preghiera alla Madonna invocando protezione<br />

per il viaggio oltreconfine 18 .<br />

039 Barra (Viòl d’ la)<br />

T18<br />

Viòl d’ la Barra<br />

La magnifica mulattiera che percorre il vallone,<br />

costruita per permettere ai Savoia <strong>di</strong> risalire il<br />

pen<strong>di</strong>o a cavallo. Per mancanza <strong>di</strong> manutenzione<br />

sta lentamente franando.<br />

040 Bars<br />

T04<br />

Lo Bars / El Bars<br />

Bars, termine occitano per in<strong>di</strong>care quella che<br />

in termini tecnici viene chiamata valletta sospesa,<br />

ossia un vallone la cui parte bassa è stata<br />

elisa, in epoche geologiche, dal passaggio del<br />

ghiacciaio. È un ampio vallone con due gran<strong>di</strong><br />

conche molto suggestive. Una magnifica mulattiera<br />

portava fino al primo avvallamento.<br />

27<br />

015<br />

N.d.R. In alcuni casi il toponimo Balor viene utilizzato per in<strong>di</strong>care uno spiazzo<br />

o una zona non troppo impervia per il ballo, spesso riferito al sabba delle masche.<br />

016<br />

Fonte: Franco Antonio.<br />

017<br />

Fonte: Franco Antonio.<br />

018<br />

Fonte: Dotto Biagia.


28<br />

«[…] La seconda battuta ebbe luogo ieri in un<br />

altro pittoresco vallone del <strong>Gesso</strong>, denominato<br />

Ameris Bars Soprano, ove già altre volte seguirono<br />

fortunatissime cacce Reali. L’abbondanza<br />

davvero straor<strong>di</strong>naria <strong>di</strong> selvaggina in quella<br />

località e la mitezza del tempo <strong>di</strong>scretamente<br />

favorevole, resero assai piacevole la seconda<br />

giornata, alla quale parteciparono il Re, i Principi<br />

<strong>di</strong> Napoli ed il seguito […]» 19<br />

041 Barsaglies, 1050 m<br />

T06<br />

T09 Las Barsalhas<br />

Massiccia muraglia in pietra a secco collegata<br />

nella parte alta con una cresta rocciosa naturale<br />

che ne prolunga l’estensione; pare una fortificazione<br />

per il controllo del sottostante passaggio<br />

obbligato verso il paese <strong>di</strong> Entracque, un<br />

tempo delimitato da un esteso affioramento<br />

roccioso chiamato Piastra: da qui il nome attuale<br />

della <strong>di</strong>ga (ve<strong>di</strong> (234) Ponte della Piastra).<br />

La muraglia è posta poco a monte della <strong>di</strong>ga:<br />

la presenza dell’invaso e il bosco circostante<br />

rendono oggi <strong>di</strong>fficilmente visibile questa imponente<br />

struttura antropica.<br />

Il toponimo è curioso: la traduzione con "bersaglio"<br />

è imme<strong>di</strong>ata e plausibile, poiché:<br />

«[...] tale non è solamente il punto verso cui si<br />

mira, ma anche la postazione da cui si mira.» 20<br />

Il suo significato potrebbe rifarsi anche al greco<br />

ballizein: saltare. Da questa origine ritroviamo<br />

in italiano il sostantivo balza, in occitano bars e,<br />

forse, barsalhas, insieme <strong>di</strong> piccoli salti rocciosi.<br />

Con il medesimo toponimo vengono anche<br />

in<strong>di</strong>cati i versanti molto scoscesi che si elevano<br />

alle spalle del muraglione.<br />

042 Bartòla (Tetti), 1140 m<br />

T02<br />

Tèits Bartòla<br />

L’abitato <strong>di</strong> Bartòla, probabilmente dal soprannome<br />

<strong>di</strong> un proprietario. Mentre in altre valli per<br />

in<strong>di</strong>care un insieme <strong>di</strong> case si usa ruaa o borjaa,<br />

in <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong>, e non solo, si usa tèit o tàit. Tetti<br />

probabilmente deriva da tetto, ossia luogo<br />

coperto. Altro modo per in<strong>di</strong>care una località<br />

abitata è acò, ad esempio Aquò d’ Bertòla. Con<br />

aquò non si in<strong>di</strong>cano solo le case, ma anche<br />

i <strong>di</strong>ntorni, l’insieme <strong>di</strong> case e i prati e campi<br />

circostanti. Bartòla era il centro abitato più importante<br />

nei <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> (274) Sant’Anna. Ben<br />

esposto al sole, a inizio del 1900 ci vivevano un<br />

centinaio <strong>di</strong> persone. Gli ultimi se ne andarono<br />

agli inizi degli anni 1960. Ora ci sono solo<br />

ruderi; anche il bel forno sta crollando. Resta<br />

solamente un’abitazione, recuperata dall’Ecomuseo<br />

della Segale, che si sta adoperando per<br />

la ricostruzione del tetto in paglia.<br />

«Incen<strong>di</strong>o a S. Anna <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri.<br />

La nobile opera dei Reali<br />

Ci telefonano: ieri sera verso le ore 22 a Tetti<br />

Bartolo in quel <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri per cause tutt’ora<br />

ignote è scoppiato un gravissimo incen<strong>di</strong>o<br />

nella proprietà dei fratelli <strong>Rabbia</strong> Giovanni fu<br />

Battista e <strong>Rabbia</strong> Battista. A chiarire la gravità<br />

del sinistro possiamo con approssimazione fare<br />

ascendere i danni in materiale ed attrezzi a lire<br />

circa venti mila. Alla grave circostanza è stata<br />

partecipe la famiglia Reale che malgrado l’ora<br />

ormai tarda, avuto notizia del fatto si recava<br />

prontamente sul luogo del <strong>di</strong>sastro, guidata<br />

da quel nobile sentimento <strong>di</strong> carità che a tutti<br />

gli Italiani rende a tutti così cara l’Augusta<br />

Famiglia. Sappiamo che LL.MM. unitamente<br />

al Principe Ere<strong>di</strong>tario si degnarono <strong>di</strong> partecipare<br />

attivamente all’opera <strong>di</strong> spegnimento ed<br />

all’azione necessaria per la grave circostanza.<br />

Questo fatto nobile va ad aggiungersi alle innumerevoli<br />

azioni benefiche che in ogni buon<br />

ora ed in ogni occasione le LL.MM. pro<strong>di</strong>gano<br />

a favore del loro popolo amato. Il fatto appena<br />

conosciuto ha destato nei Val<strong>di</strong>eresi, come desterà<br />

in voi e negli Italiani tutti, l’emozione più<br />

viva ed ha provocato vivissime manifestazioni<br />

<strong>di</strong> simpatia per l’Augusta Famiglia.» 21<br />

Nelle a<strong>di</strong>acenze <strong>di</strong> Tèits Bartòla, sull’altro versante<br />

del (277) Vallone della Sàuma, troviamo<br />

un piccolo inse<strong>di</strong>amento chiamato Tèits d’<br />

Ràbia, a 1200 metri <strong>di</strong> quota, da uno dei cognomi<br />

più comuni in valle: pochi minuscoli fabbricati,<br />

il forno a testimonianza che un tempo era<br />

abitato tutto l’anno, con attorno terrazzamenti,<br />

anche questi minuscoli, ora ruderi e bosco. Vicino<br />

ci sono el Pilès, i Pilastri, ben visibili dal paese<br />

<strong>di</strong> (274) Sant’Anna: sono tre grossi pilasti in<br />

pietra e cemento, costruiti per reggere lo Quère<br />

d’Isalai, grande rupe molto fratturata e perciò<br />

a elevato rischio <strong>di</strong> franare sulle case del paese.<br />

Vennero eretti nel 1938; per <strong>di</strong>versi mesi furono<br />

impegnati nel lavoro numerosi giovani <strong>di</strong> (274)<br />

Sant’Anna. Il masso, per ora, è rimasto al suo<br />

posto. Salendo da (274) Sant’Anna lungo il bel<br />

sentiero <strong>di</strong> collegamento con il tèit, si notano<br />

degli estesi terrazzamenti. Erano i più bei terreni<br />

della zona; non per nulla sono chiamati lhi<br />

Champs, i Campi, e venivano lavorati con l’aratro<br />

trainato dal mulo.<br />

043 Bastianét (Tetti), 942 m<br />

T02<br />

Tèits d’ Bastianet<br />

Inse<strong>di</strong>amento con case sparse, prende il nome<br />

da uno dei proprietari, Sebastiano <strong>Rabbia</strong>. È<br />

stato abitato in modo permanente fino alla<br />

Seconda guerra. Nelle a<strong>di</strong>acenze c’è una cappella<br />

de<strong>di</strong>cata alla Madonna, raffigurata in un<br />

piccolo <strong>di</strong>pinto, trafugato, poi ritrovato e oggi<br />

conservato nella chiesa parrocchiale. Passa qui<br />

il (039) Viòl d’ la Barra, una mulattiera <strong>di</strong> collegamento<br />

tra Desertetto e (274) Sant’Anna,<br />

un tempo molto frequentata sia per gli scambi<br />

tra i due centri abitati, i prodotti e gli animali,<br />

sia in occasione delle feste o per le veglie invernali.<br />

A (274) Sant’Anna ricordano violente risse<br />

quando arrivavano lhi Desertetins, i giovani<br />

29<br />

019<br />

La Sentinella delle Alpi, 7 ottobre 1889.<br />

020<br />

De <strong>Mauro</strong> T., Mancini M., Dizionario etimologico, Garzanti Linguistica, 2000.<br />

021<br />

La Sentinella delle Alpi, ottobre 1898.


30<br />

<strong>di</strong> Desertetto, per partecipare alla festa patronale.<br />

Il toponimo barra sottintende la necessità<br />

<strong>di</strong> superare uno sbarramento; <strong>di</strong>fatti, per superare<br />

la cresta <strong>di</strong>spluviale che taglia perpen<strong>di</strong>colarmente<br />

il sentiero, è stato necessario costruire<br />

un alto muro in pietra.<br />

044 Bàus (<strong>Valle</strong> del)<br />

T18<br />

T19 Valon dal Baus<br />

Situato nella parte alta del (153) Vallone <strong>di</strong> Lavassè<br />

tra la <strong>Valle</strong>tta Piccola e la <strong>Valle</strong>tta Grande,<br />

in passato era caratterizzato da pascoli <strong>cura</strong>ti e<br />

ben fioriti, tanto da sembrare un giar<strong>di</strong>no 22 .<br />

045 Bergòn (Passo del)<br />

T14<br />

Pas dal Bergon<br />

Passaggio <strong>di</strong> collegamento tra il (265) Vallone<br />

della Rua e il (149) Vallone della Làusa.<br />

046 Beseìar (Vallone del)<br />

T11<br />

Valon dal Beceìar / Valon dal Beceìer<br />

Si tratta in realtà <strong>di</strong> due valloncelli che corrono<br />

affiancati e paralleli. La ra<strong>di</strong>ce BES ritorna con<br />

frequenza nei casi in cui è necessario segnalare<br />

qualcosa <strong>di</strong> doppio: per esempio beçons in<strong>di</strong>vidua<br />

due laghi gemelli della <strong>Valle</strong> Vésubie.<br />

047 Biàisa (Tetti), 1224 m<br />

T02<br />

Tèits Biaisa / Tèits d’ la Biaisa<br />

Si chiama così perché costituito da piccoli terreni<br />

coltivati, d’esbiais, sparsi qua e là tra rocce<br />

e pietraie 23 . Era un inse<strong>di</strong>amento dove, a inizio<br />

1900, vivevano d’estate una ventina <strong>di</strong> persone.<br />

Anche qui per irrigare i campi venne costruito<br />

un canale, la Bealiera d’ la Biaisa, sorretto in alcuni<br />

tratti da un magnifico muro in pietra alto<br />

più <strong>di</strong> tre metri, un monumento a ricordo del lavoro<br />

che i montanari <strong>di</strong> allora fecero per rendere<br />

abitabile una montagna severa. Sul sentiero<br />

per il (048) Rifugio Dante Livio Bianco, a valle<br />

della Biaisa, c’è la Barma d’ la Biaisa, un riparo<br />

sotto un masso dove, fino a trent’anni fa, venivano<br />

riposte le grosse slitte usate d’inverno per<br />

portare a valle la legna (ve<strong>di</strong> (047) Tetti Biàisa).<br />

«D’estate, succedeva che quelli che vivevano<br />

a Tetti Paladìn, scendessero troppo tar<strong>di</strong> alla<br />

sera e allora, arrivati alla barma, erano bloccati<br />

da un qualche incantesimo! L’unico modo per<br />

proseguire era lasciare il secchio con il latte.<br />

L’indomani avrebbero trovato il secchio vuoto<br />

e rovesciato! Mai scendere per il sentiero della<br />

Merìs quando fa buio.» 24<br />

048 Bianco Dante Livio (Rifugio), 1910 m<br />

T01<br />

Refujo Dante Livio Bianco<br />

Rifugio costruito sulle rive del (286) Lago Sottano<br />

della Sella dal CAI <strong>di</strong> Cuneo. È intitolato<br />

alla memoria <strong>di</strong> Dante Livio Bianco, comandante<br />

partigiano della Prima Divisione Alpina<br />

"Giustizia e Libertà" e alpinista, morto durante<br />

un’ascensione alla (269) Cima Saint-Robert.<br />

«È un luogo appartato e romantico quello dove<br />

sorge il rifugio: affondato in un cuscino d’erba<br />

punteggiato <strong>di</strong> larici e rododendri con vista sulla<br />

piatta <strong>di</strong>stesa d’acqua del lago della Sella sottano.<br />

La regina Elena <strong>di</strong> Montenegro, moglie <strong>di</strong><br />

Vittorio Emanuele III, saliva sin quassù per la pesca<br />

della trota, ma si <strong>di</strong>ce, soprattutto per ritrovare<br />

tranquillità e spensieratezza. Da allora l’atmosfera<br />

dei luoghi è rimasta immutata […]» 25<br />

049 Botìna (<strong>Valle</strong>)<br />

T02<br />

Valon d’ la Botina<br />

Il Vallone della Bottiglia: il nome potrebbe derivare<br />

dalla sua forma stretta e allungata. In<br />

passato fu soggetto a grosse valanghe che,<br />

in fondo, si sovrapponevano a quelle cadute<br />

sul versante opposto del Vallone del Croc. Si<br />

ricordano anche grosse frane 26 . Anche questo<br />

versante venne completamente assestato grazie<br />

agli interventi <strong>di</strong> rimboschimento <strong>di</strong> conifere<br />

a (289) Smiùn negli anni 1930.<br />

050 Bozano Lorenzo (Rifugio), 2453 m<br />

T11<br />

Refujo Bozano<br />

«È situato a m 2453 nell’Alto Vallone dell’Argentera,<br />

alla base della parete meri<strong>di</strong>onale del<br />

Corno Stella, in vista dei gruppi dell’Argentera<br />

e <strong>di</strong> Fremamorta. – Di proprietà della Sezione<br />

Ligure del CAI, venne inaugurato il 14 agosto<br />

1921 in ricordo <strong>di</strong> colui che in Liguria fu l’apostolo<br />

appassionato dell’alpinismo, […]» 27<br />

«Nelle Alpi del Sud non esiste uno scenario<br />

che possa essere paragonato per maestosità<br />

e imponenza a quello del versante occidentale<br />

dell’Argentera e del Corno Stella che incombe<br />

sul rifugio. Il nuovo Bozano, e<strong>di</strong>ficato nei pressi<br />

della storica vecchia struttura in cui hanno soggiornato<br />

i pionieri dell’alpinismo in Marittime,<br />

è stato costruito su un basamento a forma <strong>di</strong><br />

nave in mezzo ad una pietraia <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> massi<br />

che l’architetto ha interpretato come onde del<br />

mare in tempesta.» 28<br />

051 Bresses (Testa <strong>di</strong>), 2830 m<br />

T15<br />

Tèsta d’ Bresses<br />

Il nome deriva da bressa, che nella parlata occitana<br />

<strong>di</strong> Saint-Martin-Vésubie significa culla 29 .<br />

Infatti, lungo il pen<strong>di</strong>o francese si trova una serie<br />

<strong>di</strong> laghetti racchiusi in piccoli avvallamenti,<br />

asciutti durante il periodo estivo, che, se visti<br />

dall’alto, ricordano le culle in legno <strong>di</strong> una volta.<br />

052 Brocan (Cima <strong>di</strong>), 3058 m<br />

T20<br />

Bròcan / Poenta dal Bròcan<br />

/ Ponta dal Bròcan<br />

Il toponimo deriva da bròc, pietra sbriciolala 30 . I<br />

versanti <strong>di</strong> questa montagna sono infatti caratterizzati<br />

dalla presenza <strong>di</strong> estese pietraie.<br />

053 Brocan (Lago del), 2000 m<br />

T21<br />

Laus dal Bròcan / Lac dal Bròcan<br />

Suggestivo lago che ha perso gran parte del<br />

31<br />

022<br />

Fonte: Tonio.<br />

023<br />

Fonte: Franco Antonio.<br />

024<br />

Fonte: Franco Antonio.<br />

025 e 28<br />

AA. VV., Rifugi e bivacchi delle Alpi Marittime - Mercantour, Parco Naturale Alpi Marittime, 2008.<br />

026<br />

Fonte: <strong>Rabbia</strong> Antonio.<br />

027<br />

S. Saglio S., Da rifugio a rifugio. Alpi Liguri e Marittime, Milano, Touring Club Italiano, 1958.


32<br />

suo fascino in seguito alla costruzione dell’a<strong>di</strong>acente<br />

invaso del (078) Chiotàs, bacino artificiale<br />

capace <strong>di</strong> contenere ben ventisette milioni<br />

<strong>di</strong> metri cubi d’acqua. Dal lago parte un sentiero<br />

che a un certo punto si biforca. A destra<br />

una traccia porta al Passo del Brocan. A sinistra<br />

invece una magnifica mulattiera conduce al<br />

Passo della Rovina. Questa mulattiera, probabilmente<br />

allestita per le cacce dei Savoia, venne<br />

utilizzata dai militari a partire dal 1930 fino al<br />

termine del conflitto mon<strong>di</strong>ale; oggi versa in<br />

pessime con<strong>di</strong>zioni strutturali.<br />

054 Brossi (Tetti), 1250 m<br />

T05<br />

Tèits d’ Bròs<br />

È un piccolo inse<strong>di</strong>amento con ruderi <strong>di</strong> fabbricati<br />

rurali, un tempo usati solo d’estate, e alcuni<br />

campi. Il toponimo deriva dal soprannome <strong>di</strong> un<br />

proprietario proveniente da Val<strong>di</strong>eri. Erano <strong>di</strong>verse<br />

le proprietà <strong>di</strong> questo tipo: a Val<strong>di</strong>eri c’era<br />

l’azienda principale e quassù una piccola proprietà.<br />

Questo perché un tempo, prima dell’arrivo<br />

delle varietà migliorate <strong>di</strong> patata, per incrementare<br />

la produttività era fondamentale avere<br />

del materiale <strong>di</strong> propagazione proveniente da<br />

coltivazioni più in quota rispetto ai campi dove<br />

le patate sarebbero state piantate. Perciò a Val<strong>di</strong>eri<br />

si mettevano patate provenienti da questi<br />

inse<strong>di</strong>amenti; a loro volta quelle coltivate a Val<strong>di</strong>eri<br />

ed Entracque erano per la maggior parte<br />

vendute come seme per le coltivazioni della pia-<br />

nura. Questi fabbricati vennero incen<strong>di</strong>ati dai<br />

nazifascisti all’inizio dell’estate del 1944.<br />

«I tedeschi erano già passati lassù un paio <strong>di</strong><br />

settimane prima. Cercavano i partigiani. Io ero<br />

lassù che facevo il fieno e loro avevano aperto<br />

tutte le porte e frugato ovunque. Quando tornarono<br />

per fortuna noi non c’eravamo; mamma<br />

aveva deciso <strong>di</strong> ritardare lo spostamento,<br />

trameirarse, la salita da Val<strong>di</strong>eri. C’era solo<br />

Paléto, Pietro Lovera, vecchio <strong>di</strong> sessant’anni,<br />

che assistette <strong>di</strong>sperato all’incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> quei poveri<br />

beni.» 31<br />

055 Brusà (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

T18<br />

Valon Brusà / Valon des Brusats<br />

/ Valon Brusat<br />

Vallone coperto da una faggeta nella sua parte<br />

inferiore. Brusà è un toponimo curioso, molto<br />

utilizzato per in<strong>di</strong>care luoghi in cui è presente il<br />

bosco. Il significato non è da associare all’italiano<br />

bruciato, perché deriva dal celtico brus, fare<br />

a pezzi il legname 32 .<br />

056 Buschet, 1550 m<br />

T22<br />

Bosquet<br />

Ultimo lembo <strong>di</strong> faggeta sulla destra orografica<br />

della (092) <strong>Valle</strong> <strong>di</strong> Monte Colombo verso<br />

la (335) <strong>Valle</strong> del Vei del Bouc. In zona sono<br />

presenti alcune aie carbonili, las plaças.<br />

c<br />

029 e 30<br />

Paschetta V., Alpes Maritimes - Vésubie, Nice, CAF Section des Alpes Maritimes Occitanes des Alpes<br />

et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.<br />

031<br />

Fonte: Ferrero Giovanni, detto Jan d' Cezare.<br />

032<br />

AA. VV., Mémoires et documents publiés, Lausanne, Société d’histoire de la Suisse romande, 1906.


c<br />

057 Cabanàs (Càire), 1550 m<br />

«Molti etimologisti si sono fermati all’apparenza,<br />

T09<br />

Caire des Cabanàs / Caire <strong>di</strong> Cabanàs<br />

Affioramento roccioso in gran parte coperto<br />

dal bosco <strong>di</strong> faggio, la cui cresta <strong>di</strong>vide il<br />

Vallone del <strong>Gesso</strong> <strong>di</strong> Entracque da quello del<br />

Bousset. Lungo la cresta troviamo lo Caire dal<br />

Tremmo, la Roccia del Pioppo tremulo, e più<br />

a valle la Barma dal Cabanàs, riparo sotto una<br />

roccia usato dai boscaioli che operavano nella<br />

zona. Probabilmente dal nome <strong>di</strong> questo riparo,<br />

scherzosamente chiamato cabana, capanna,<br />

catalogando 'montagne da capre' tutte<br />

quelle i cui oronimi richiamano tali animali. Ma<br />

si tratta <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ci assai più antiche, da ascrivere<br />

al filone GAB. Partiamo da molto lontano, dalle<br />

isole me<strong>di</strong>terranee, da Capri, Capraia, Caprera,<br />

conosciute fin dai primor<strong>di</strong> della navigazione,<br />

per arrivare al Pelvo <strong>di</strong> Ciabriero, ed alla Punta<br />

Cabrera (3387 m) nella zona del Monviso, o alle<br />

varie Cime d’ Chabrières, Crête de Chabreret,<br />

Roc de Chabrier delle Hautes-Alpes. I nomi ci-<br />

34 057 Cabanàs (Càire)<br />

083 Ciapùs (Passo del)<br />

ha origine il toponimo.<br />

tati sono tutti collegati all’idea <strong>di</strong> elevazione,<br />

35<br />

058 Cabrèra (Passo)<br />

059 Cabrèra (<strong>Valle</strong>)<br />

060 Cagna (Gorgia)<br />

061 Cagna (<strong>Valle</strong> della)<br />

062 Cairàs (Il)<br />

063 Cairàs (Vallone)<br />

064 Càire Giàun d’ Costagrànda<br />

065 Calmà (Rocca)<br />

066 Candléa (Cima)<br />

067 Carbonaro (<strong>Valle</strong>)<br />

068 Carbonè (Lago)<br />

069 Carbonè (Monte)<br />

070 Casa del Re (Piano della)<br />

071 Casa <strong>di</strong> Caccia<br />

072 Chafrion (Cima del)<br />

073 Chiapoùs (Colle del)<br />

074 Chiapoùs (<strong>Valle</strong> del)<br />

075 Chiavarezza (Tetti)<br />

076 Chiavarezza (<strong>Valle</strong>)<br />

077 Chiòt (I)<br />

078 Chiotàs (El)<br />

079 Chistafort (Punta)<br />

080 Chistafort (<strong>Valle</strong>)<br />

081 Ciamberline (Punta)<br />

082 Ciamberline (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

084 Ciriegia (Colle <strong>di</strong>)<br />

085 Ciriegia (Vallone del)<br />

086 Cìu (Vallone <strong>di</strong>)<br />

087 Ciurì (Bàus del)<br />

088 Clapier (Monte)<br />

089 Clàus (Lago del)<br />

090 Clàus (Testa del)<br />

091 Colobrè (Gorgia)<br />

092 Colombo (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong> Monte)<br />

093 Cossato (Cima)<br />

094 Costagrande (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

095 Costassa (Monte)<br />

096 Cotella (Vallone <strong>di</strong>)<br />

097 Cougnè (Cima)<br />

098 Cougnè (Passo)<br />

099 Cougnè (Vallone)<br />

100 Cougourdo (Cima)<br />

101 Crusèt<br />

102 Cuccetta (Giàs della)<br />

103 Cuccetta (Punta della)<br />

104 Cugn (Vallone del)<br />

105 Culatta (Giàs della)<br />

106 Culatta (<strong>Valle</strong>)<br />

107 Curtilét<br />

058 Cabrèra (Passo), 2650 m<br />

T04<br />

T07 Pas Cabriera / Pas d’ la Chabriera<br />

/ Pas Cabrera<br />

Stretto colle, prossimo al massiccio del (177)<br />

Monte Matto, che separa la (059) <strong>Valle</strong> Cabrèra<br />

dalla <strong>Valle</strong> della Merìs. sul colle sgorga<br />

una magnifica sorgente, la Fontana dal Rei 33 .<br />

059 Cabrèra (<strong>Valle</strong>)<br />

T07<br />

Val Cabriera / Valon d’ la Chabriera<br />

/ Valon d’ Cabrera<br />

Vallone ripido e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile accesso, in passato<br />

sud<strong>di</strong>viso in vari tramuti per lo sfruttamento<br />

dei pascoli. Il toponimo deriva da chabra, capra,<br />

con un probabile riferimento ai numerosi<br />

branchi <strong>di</strong> camosci che frequentano l’area.<br />

Semplice, ma è proprio così?<br />

ma in genere le voci in Cabre, Chabre, Chèvre,<br />

Caprie, richiamano l’idea <strong>di</strong> vallone precipite o<br />

<strong>di</strong> canalone dai fianchi scoscesi; [...]» 34<br />

Il vallone in oggetto ha proprio queste caratteristiche:<br />

è scosceso, con praterie ripi<strong>di</strong>ssime.<br />

060 Cagna (Gorgia)<br />

T01<br />

Gòrja Canha<br />

Gola Cagna, nella parte terminale è un vallone<br />

incassato tra le rocce, mentre in alto si apre con<br />

belle praterie e culmina con la Cima Gorgia Cagna,<br />

2718 metri.<br />

061 Cagna (<strong>Valle</strong> della)<br />

T21<br />

Valon d’ la Canha<br />

Italianizzato in cagna, la ra<strong>di</strong>ce CAN del toponimo<br />

potrebbe riferirsi alla presenza nell’area <strong>di</strong><br />

pietraie, sfasciumi <strong>di</strong> rocce, terreni pietrosi.<br />

033<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

034<br />

Rousset P.L., Ipotesi sulle ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini, Aosta, Priuli & Verlucca e<strong>di</strong>tori, 1991.


36<br />

062 Cairàs (Il), 1566 m<br />

T14<br />

El Cairas / Lo Cairàs<br />

Roccia imponente che sovrasta Tetti Piattei nel<br />

Vallone del Bousset.<br />

063 Cairàs (Vallone)<br />

T14<br />

Valon dal Cairas / Valon dal Cairàs<br />

Vallone con balze e grossi blocchi rocciosi; fra<br />

quest’incisione e il (032) Vallone Baràl passa il<br />

confine orientale del Parco Alpi Marittime.<br />

064 Càire Giàun d’ Costagrànda, 2350 m<br />

T13<br />

Lhi Caires Jauns d’ Còstagranda<br />

/ Lhi Quère d’ Jan d’ Còstagranda<br />

Serie <strong>di</strong> affioramenti rocciosi dal colore giallastro<br />

posti alla sommità della (094) <strong>Valle</strong> <strong>di</strong><br />

Costagrande.<br />

065 Calmà (Rocca), 1750 m<br />

T09<br />

T14 Ròcha Calmaa / Ròcha Calma<br />

Rilievo roccioso dalla sommità piana situato<br />

lungo il pen<strong>di</strong>o del (095) Monte Costassa.<br />

In questa località veniva allestito un fenier, un<br />

grosso cumulo <strong>di</strong> fieno, ottenuto con l’erba<br />

falciata in estate sui pen<strong>di</strong>i circostanti, che veniva<br />

trasportato a valle durante l' inverno utilizzando<br />

delle slitte. Il toponimo in<strong>di</strong>ca un luogo<br />

pianeggiante in un’area caratterizzata da una<br />

pendenza accentuata, un posto dove è possibile<br />

"tirare il fiato" 35 .<br />

066 Candléa (Cima), 2470 m<br />

T17<br />

Cima d’ la Chandlea<br />

/ Cima d’ la Chandela<br />

In<strong>di</strong>ca la cima localizzata sullo spartiacque tra la<br />

(264) <strong>Valle</strong> della Rovina e il vicino vallone del<br />

(036) <strong>Gesso</strong> della Barra. Lungo i due versanti<br />

<strong>di</strong>partono il Vallone Garner a ovest e la (207)<br />

<strong>Valle</strong> Oréglia a est. Il toponimo si rifà a "candela",<br />

forma ricordata dal profilo della vetta.<br />

067 Carbonaro (<strong>Valle</strong>)<br />

T03<br />

Valon dal Charboner<br />

/ Valon dal Charbonier<br />

Vallone ricoperto da un esteso bosco <strong>di</strong> faggio,<br />

soggetto alle valanghe che si staccano dalle<br />

ripide praterie de (230) I Pendìs, i Terreni in<br />

Pendenza, toponimo che ben rappresenta la<br />

verticalità <strong>di</strong> quei terreni. La slavina più recente<br />

raggiunse la località Casermette nel 1972, trasportando<br />

a valle una considerevole quantità <strong>di</strong><br />

legname. Il toponimo Charboner deriva dall’attività<br />

dei carbonai svolta in quel luogo, testimoniata<br />

dalla presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse aie carbonili.<br />

068 Carbonè (Lago), 2564 m<br />

T22<br />

Laus dal Carbonè / Lac dal Carbonè<br />

Lago racchiuso fra pareti rocciose, caratterizzato<br />

da un colore scuro, nero. Ma... chissà se è<br />

il lago ad aver preso il nome dal monte o viceversa?<br />

In ogni caso il suo aspetto giustifica<br />

pienamente il toponimo.<br />

069 Carbonè (Monte), 2873 m<br />

T22<br />

Lo Carbonè / Poenta dal Charboner<br />

/ Ponta Charboner<br />

Cresta rocciosa che domina il lago omonimo.<br />

Sulla Carta Sarda il Monte Carbonè era chiamato<br />

Cima Lubaj 36 , dall’occitano ubai o ubac 37 .<br />

070 Casa del Re (Piano della), 1750 m<br />

T16<br />

T20 Plan d’ la Ca / Plan d’ la Casa<br />

Pianoro situato alla confluenza del (085) Vallone<br />

del Ciriegia con la (134) <strong>Valle</strong> <strong>di</strong> Balma<br />

Ghilié e la (024) <strong>Valle</strong> Assendras. Il nome<br />

deriva dalla presenza <strong>di</strong> un ampio fabbricato in<br />

pietra a secco caratterizzato da un locale per il<br />

ricovero del margaro e da una fresca cantina,<br />

la sela, per la stagionatura dei formaggi. L’area,<br />

conosciuta anche come Pian dal Re, ha assunto<br />

negli ultimi piani il nuovo toponimo (070) Piano<br />

della Casa Casa del Re, creando così un<br />

bell’equivoco: non sono pochi gli escursionisti<br />

che cercano qui il (315) Rifugio Valasco, Reale<br />

Casa <strong>di</strong> Caccia della vicina (314) Piana del<br />

Valasco!<br />

071 Casa <strong>di</strong> Caccia, 1250 m<br />

T18<br />

Las Palaisinas<br />

Gruppo <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici costruiti in località (271) San<br />

Giacomo intorno al 1860 per la residenza dei<br />

Savoia durante le cacce, sud<strong>di</strong>visa in due ali dalla<br />

mulattiera che risale il vallone. La parte nobile<br />

riservata alla <strong>di</strong>mora dei reali è ancora rico-<br />

noscibile, alla sinistra <strong>di</strong> marcia, per l’elegante<br />

tipologia architettonica. L’ala destra era invece<br />

occupata dalle scuderie e dagli alloggiamenti<br />

del personale <strong>di</strong> scorta. Oggi sono stati acquistati<br />

rispettivamente dai Gesuiti e dai Salesiani,<br />

che vi organizzano colonie estive.<br />

Sulla strada, <strong>di</strong>etro ai due fabbricati, c’è la Fontana<br />

d’ la Regina, alimentata da una sorgente<br />

che sgorga nella faggeta ra<strong>di</strong>cata tutt’intorno.<br />

Lungo la strada <strong>di</strong> accesso alle palazzine si trova<br />

la Pera d’ Pelòro, un grosso masso che offre un<br />

riparo naturale in cui un tempo si rifugiava un<br />

certo Pelòro; ora vi è una nicchia in cui è stata<br />

posta una Madonna 38 .<br />

072 Chafrion (Cima del), 3070 m<br />

T27<br />

T28 Poenta dal Chafrion / Ponta dal Chafrion<br />

Cima della celebre Traversata degli italiani della<br />

(130) Cima dei Gelàs, deve il nome al cartografo<br />

che compilò e pubblicò nel 1685 una pregevole<br />

carta della riviera <strong>di</strong> Genova e dei suoi<br />

confini, comprendente le Alpi Marittime 39 .<br />

073 Chiapoùs (Colle del), 2526 m<br />

T12<br />

T16 Còl dal Clapós<br />

Depressione che collega la (165) <strong>Valle</strong> <strong>di</strong> Lourousa<br />

con la (074) <strong>Valle</strong> del Chiapoùs. La parte<br />

alta del versante del Chiapoùs è caratterizzato<br />

da un’impressionante pietraia, clapiera in occitano,<br />

formata da grossi massi squadrati, claps.<br />

37<br />

035<br />

Fonte: Giordana Giacomo, detto Jaco Borra.<br />

036 e 39<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

037<br />

N.d.R. Versante in ombra, esposto a nord.<br />

038<br />

Fonte: Ghigo Francesco.


38<br />

074 Chiapoùs (<strong>Valle</strong> del)<br />

T17<br />

Valon dal Clapós<br />

Ampio vallone che si estende dall’invaso del<br />

(078) Chiotàs fino al (073) Colle del Chiapoùs.<br />

La parte inferiore era un tempo un ottimo<br />

pascolo da ovini, mentre la parte alta è<br />

<strong>di</strong>stinta da un’estesa pietraia, in occitano clap,<br />

pietra, clapíara pietraia.<br />

075 Chiavarezza (Tetti), 1100 m<br />

T18<br />

Tèits Chavareça<br />

Piccolo inse<strong>di</strong>amento un tempo abitato durante<br />

l’estate. Oggi sono visibili solamente i ruderi;<br />

i terrazzamenti, un tempo coltivati, sono invasi<br />

dal bosco.<br />

076 Chiavarezza (<strong>Valle</strong>)<br />

T13<br />

Valon d’ Chavareça<br />

Vallone dove si alternano salti rocciosi e boschi<br />

<strong>di</strong> faggio, un tempo ricco <strong>di</strong> prati falciati e pascolati<br />

40 . Nel bosco c’è una radura chiamata la<br />

Plaça d’ l’Esfrosador, ossia l’Aia <strong>di</strong> Quelli che<br />

vanno <strong>di</strong> frodo, uno spiazzo usato dai boscaioli<br />

che sottraevano il legname al Comune per<br />

allestire le carbonaie. La <strong>Valle</strong> Ciavarezza è <strong>di</strong>visa<br />

dalla (038) <strong>Valle</strong> della Barra da tre rocce,<br />

situate a quote <strong>di</strong>verse, chiamate a causa della<br />

loro forma mot, ossia cumulo, mucchio. Per via<br />

della loro posizione sono conosciute come Mot<br />

Sotan, Cumulo Inferiore, Mot dal Metz, Cumulo<br />

Me<strong>di</strong>ano, e Mot Soran, Cumulo Superiore.<br />

077 Chiòt (I), 1050 m<br />

T03<br />

Lhi Clòts<br />

Esteso pianoro, clòts significa proprio terreno<br />

in piano, coltivato fino agli inizi degli anni ’60<br />

del Novecento; oggi è in gran parte occupato<br />

dal bosco. I terreni più in basso erano chiamati<br />

Lhi Clòts <strong>di</strong> Roaicin, probabilmente in riferimento<br />

alla provenienza dei proprietari dal paese <strong>di</strong><br />

Roaschia. Un tempo la località era servita solamente<br />

da una ripida mulattiera, ma da qualche<br />

decennio è stata realizzata una comoda pista<br />

forestale <strong>di</strong> collegamento con la Polveriera.<br />

078 Chiotàs (El), 1978 m<br />

T17<br />

Lo Clotàs<br />

Pianoro oggi sommerso dalle acque dell’omonimo<br />

invaso. In occitano clòt significa pianoro.<br />

L’accrescitivo clotàs pone in risalto la presenza<br />

<strong>di</strong> ricchi pascoli per le pecore; il tramuto (giàs)<br />

<strong>di</strong> quel luogo era chiamato Jaç d’ Moniguet 41 .<br />

079 Chistafort (Punta), 2123 m<br />

T08<br />

Poenta Quistafòrt / Ponta Quistafòrt<br />

Sommità della cresta Rocce Piastre d’Italia.<br />

080 Chistafort (<strong>Valle</strong>)<br />

T12<br />

Valon dal Quistafòrt<br />

Vallone che ha origine dalla punta omonima e<br />

sbocca nella (264) <strong>Valle</strong> della Rovina. Sulla<br />

guida <strong>di</strong> Giovanni Bobba con Chistafort è in<strong>di</strong>cato<br />

il (096) Vallone <strong>di</strong> Cotella 42 .<br />

081 Ciamberline (Punta), 2791 m<br />

T17<br />

Chamberlinas<br />

Cima molto panoramica sulla massiccia cresta<br />

che <strong>di</strong>vide la valle del (036) <strong>Gesso</strong> della Barra<br />

dalla (264) <strong>Valle</strong> della Rovina.<br />

Toponimo interessante formato dalle ra<strong>di</strong>ci<br />

CAL, che si trasforma in CHAL, CIAM, CIAN, e<br />

BER: due espressioni che i linguisti riferiscono<br />

rispettivamente ai termini pietra e altezza 43 .<br />

082 Ciamberline (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

T21<br />

Valon des Chamberlinas<br />

Vallone che ha origine dall’omonima cima.<br />

083 Ciapùs (Passo del), 2500 m<br />

T01<br />

Pas dal Clapós / Clapós<br />

Toponimo ritrovabile nella zona della Merìs,<br />

sullo spartiacque con Aisone, con la Roccia del<br />

Ciapous: grafia <strong>di</strong>versa rispetto a clapós, ma<br />

stesso significato.<br />

084 Ciriegia (Colle <strong>di</strong>), 2551 m<br />

T20<br />

Còl d’ la Chiraisa<br />

Valico particolarmente accessibile, rappresenta<br />

la via <strong>di</strong> collegamento più breve fra la <strong>Valle</strong><br />

<strong>Gesso</strong> e il Nizzardo, in special modo con l’importante<br />

paese <strong>di</strong> Saint-Martin-Vésubie.<br />

«Da sempre snodo vitale per il traffico commerciale<br />

tra i due versanti, il colle anticamente<br />

veniva detto 'Arnova'. […] Arnova s’innalza tra<br />

i luoghi <strong>di</strong> San Martino e Val<strong>di</strong>eri, né manca<br />

chi creda potersi per questo monte con qualche<br />

spesa la via in modo agevolare, che anco<br />

ne’ tempi d’inverno possa riuscire più breve, e<br />

men <strong>di</strong>sastrosa non solo <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Finestre,<br />

ma ancora dell’or<strong>di</strong>naria, che per il colle <strong>di</strong> Tenda<br />

conduce in Piemonte […]» 44<br />

La variazione in Ciriegia risponde all’esigenza<br />

dei topografi dell’800 <strong>di</strong> assegnare ai luoghi<br />

un appellativo locale <strong>di</strong> facile riconoscimento;<br />

così spesso accadeva che a colli e a cime venisse<br />

assegnato il nome <strong>di</strong> una località situata più a<br />

valle. Questa procedura viene chiamata dagli<br />

specialisti risalita dei toponimi.<br />

Il toponimo Ciriegia probabilmente deriva dalla<br />

borgata <strong>di</strong> Cerise (conosciuta un tempo con i<br />

nomi <strong>di</strong> Ceresa, Cirièia, Ciresa), un piccolo villaggio<br />

del Boréon caratterizzato dalla presenza<br />

<strong>di</strong> esemplari <strong>di</strong> ciliegio più in quota nella valle.<br />

Qui stazionava il posto <strong>di</strong> controllo della dogana<br />

italiana. La borgata <strong>di</strong>venne il confine tra il neo<br />

Regno d’Italia e quello francese in seguito alla<br />

firma del trattato del 7 aprile 1861, con il quale<br />

Vittorio Emanuele II consegnò a Napoleone III<br />

la Savoia e il Nizzardo. A fronte dell’operazione<br />

vennero "cedute" migliaia <strong>di</strong> persone, gran<strong>di</strong><br />

città e attività economiche. Qualche problema<br />

scaturì nella delineazione del confine nella zona<br />

delle Alpi Marittime: il Re d’Italia, appassionato<br />

cacciatore <strong>di</strong> camosci, intendeva mantenere il<br />

39<br />

040<br />

Fonte: Ghigo Francesco.<br />

041 e 42<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

043<br />

Bruno M., Alpi sud-occidentali tra Piemonte e Provenza; Dizionario toponomastico,<br />

Cuneo, Ed. l’Arciere, Coumboscuro Centre Prouvençal, 1996.<br />

044<br />

Gioffredo P., Storia delle Alpi Marittime, 1652.


40<br />

suo <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> caccia, acquisito da appena quattro<br />

anni, anche sull’area oltre lo spartiacque; in<br />

particolare era molto legato alla zona del Lac<br />

Nègre e del Caire Ponchut. Per assecondare il<br />

suo capriccio, venne stabilito che un tratto <strong>di</strong><br />

confine travalicasse la linea <strong>di</strong> spartiacque per<br />

spingersi fino ai corsi d’acqua <strong>di</strong> fondovalle.<br />

Questa soluzione scontentò i comuni proprietari<br />

dei territori in questione (Saint-Martin-<br />

Vésubie, Belvédère e Valdeblore), che da <strong>di</strong>versi<br />

secoli (come nel caso dei confinanti Entracque,<br />

Val<strong>di</strong>eri e Vina<strong>di</strong>o) assistevano in<strong>di</strong>fferenti al<br />

succedersi <strong>di</strong> regni e allo scorrere della storia.<br />

Si rese perciò necessaria una successiva trattativa<br />

che si chiuse il 9 novembre 1878 con la<br />

Dichiarazione <strong>di</strong> Roma. In essa vennero fissate<br />

alcune norme molto curiose riguardanti il<br />

tratto <strong>di</strong> confine contestato: al Regno d’Italia<br />

venne riconosciuta la sovranità politica su quel<br />

territorio, con delega agli organi francesi per il<br />

controllo dell’or<strong>di</strong>ne pubblico, amministrativo e<br />

finanziario; della riscossione delle imposte vennero<br />

incaricati i Comuni francesi con l’obbligo<br />

<strong>di</strong> versamento del denaro raccolto all’Italia; i<br />

proprietari francesi mantennero il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> libero<br />

accesso ai terreni ceduti al regno sabaudo.<br />

Il trattato non previde nulla riguardo la pratica<br />

dell’alpinismo, attività ancora agli albori, sui<br />

terreni contesi. Nel corso degli anni, con il degenerarsi<br />

dei rapporti tra i due Stati, l’accesso<br />

per i francesi all’area italiana, alpinisticamente<br />

più interessante, <strong>di</strong>venne alquanto complicato;<br />

a partire dagli anni Venti del Novecento si<br />

rese necessario ad<strong>di</strong>rittura l’ottenimento <strong>di</strong> un<br />

visto. Le complicazioni burocratiche misero in<br />

crisi l’attività turistica che si stava sviluppando<br />

a Saint-Martin-Vésubie 45 . Una situazione analoga<br />

è riscontrabile sul versante italiano a causa<br />

dei prolungati soggiorni estivi della famiglia<br />

reale nel primo ‘900: non più singole giornate<br />

<strong>di</strong> caccia, ma villeggiature anche <strong>di</strong> trenta, quaranta<br />

giorni. Ciò determinò l’applicazione <strong>di</strong> severi<br />

controlli sui frequentatori della <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong><br />

a tutela della sicurezza dei Savoia.<br />

085 Ciriegia (Vallone del)<br />

T20<br />

Valon d’ la Chiraisa<br />

Vallone, privo <strong>di</strong> acque superficiali, percorso<br />

da un’antica mulattiera allestita per gli scambi<br />

sui due versanti attraverso il (084) Colle <strong>di</strong> Ciriegia.<br />

Frequentato da persone animate dalla<br />

speranza <strong>di</strong> trovare un lavoro in Francia, provenienti<br />

anche dalle valli Varaita e Grana o dalla<br />

pianura 46 , lungo questo percorso si sviluppò<br />

un'attività legata al contrabbando: in particolar<br />

modo si contrabbandava riso prodotto nel Vercellese<br />

in cambio del sale <strong>di</strong> Marsiglia. L’ultimo<br />

periodo florido per il contrabbando fu intorno<br />

al 1948: in certi giorni si contavano oltre cinquanta<br />

persone che valicavano il colle carichi <strong>di</strong><br />

riso per poi tornare con sigarette, calze <strong>di</strong> nylon<br />

e sale. In seguito l’attività andò scomparendo;<br />

ciononostante la caserma della Guar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Finanza<br />

a (274) Sant’Anna rimase in funzione<br />

fino al 1962.<br />

086 Cìu (Vallone <strong>di</strong>)<br />

T02<br />

Valon d’ Chiu<br />

Toponimo dal significato sconosciuto. In<strong>di</strong>ca<br />

un ampio vallone e soprattutto un bel pascolo<br />

ancor oggi utilizzato dalle pecore.<br />

087 Ciurì (Bàus del), 1350 m<br />

T13<br />

Baus dal Chorí / Bassa dal Chorí<br />

/ Baus dal Chabrit<br />

Masso del Capretto: propaggine della cresta<br />

che si stacca dalla (205) Punta Olivazzo, delimita<br />

un passaggio obbligato per scendere a<br />

valle evitando lo strapiombo. Deve il nome alla<br />

presenza delle piccole greggi delle famiglie che<br />

d’estate vivevano a (075) Tetti Chiavarezza.<br />

088 Clapier (Monte), 3045 m<br />

T28<br />

Clapier / Poenta Clapier / El Clapier<br />

Spostandosi da est verso ovest, è la prima cima<br />

dell’arco alpino occidentale a superare i 3000<br />

metri. Vetta dagli aspetti <strong>di</strong>versissimi a seconda<br />

del punto <strong>di</strong> osservazione: piramide poderosa<br />

se vista da nord, cima tozza invece se osservata<br />

da est. Il versante orientale è caratterizzato da<br />

una massiccia parete rocciosa, quello occidentale<br />

invece da facili salti rocciosi ed estese pietraie.<br />

Un tempo denominato Clapier <strong>di</strong> Pagarì,<br />

la sua prima ascensione venne effettuata nel<br />

1832 da parte del capitano Cossato dello Stato<br />

Maggiore Sardo 47 . La ra<strong>di</strong>ce CLAP è molto<br />

<strong>di</strong>ffusa; in particolare nelle Alpi sud-occidentali<br />

in<strong>di</strong>ca pietraie e terreni pietrosi 48 .<br />

089 Clàus (Lago del), 2344 m<br />

T10<br />

Laus dal Claus / Lac dal Claus<br />

Lago suggestivo che si estende per 12 ettari<br />

(lunghezza 420 metri, larghezza 320 metri).<br />

A <strong>di</strong>fferenza del vicino (239) Lago delle Portette,<br />

è caratterizzato dalla presenza <strong>di</strong> una<br />

piccola isola e da rive verdeggianti e fiorite.<br />

A<strong>di</strong>acente alle sue sponde passa la magnifica<br />

mulattiera che collega Vals<strong>cura</strong> con Fremamorta.<br />

Vale la pena citare qui un esempio <strong>di</strong> come i<br />

toponimi possano venire ra<strong>di</strong>calmente mo<strong>di</strong>ficati,<br />

o almeno <strong>di</strong> come ci si sforza nel farlo, anche<br />

se fortunatamente non sempre si ottiene il<br />

risultato sperato: nel trattato "Val<strong>di</strong>eri e le sue<br />

acque" pubblicato nel 1855 da Garelli, vengono<br />

descritte alcune escursioni. Emerge forte il<br />

vezzo <strong>di</strong> "addomesticare" i toponimi ostici:<br />

«[…] Lassù, alto, alto, sono laghi meravigliosi. I<br />

tre laghi detti il lago <strong>Valle</strong>sana, il lago Rotondo,<br />

il lago dell’Isola […]» 49<br />

Nell’or<strong>di</strong>ne sono citati i (330) Laghi Valscùra,<br />

il (239) Lago delle Portette e il Lago del<br />

Clàus: certamente il nome <strong>Valle</strong>sana trasmette<br />

più serenità del tetro Vals<strong>cura</strong>…<br />

41<br />

045<br />

Paschetta V., Alpes Maritimes - Vésubie, Nice, CAF Section des Alpes Maritimes Occitanes des Alpes<br />

et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.<br />

046<br />

Fonte: Franco Antonio.<br />

047 e 48<br />

Paschetta V., Alpes Maritimes - Vésubie, Nice, CAF Section des Alpes Maritimes Occitanes des Alpes<br />

et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.


42<br />

090 Clàus (Testa del), 2889 m<br />

T15<br />

Tèsta dal Claus<br />

Sommità della cresta che chiude la (316) <strong>Valle</strong><br />

<strong>di</strong> Valasco (claus, dal latino clausus, chiuso).<br />

091 Colobrè (Gorgia)<br />

T17<br />

T18 Valon Colobrè<br />

Vallone che contrappone salti rocciosi a pen<strong>di</strong>i<br />

un tempo pascolati, come testimoniano i resti<br />

del Jaç Colobrè. Il toponimo potrebbe derivare<br />

da colober, la serpe, oppure da colar, colonar,<br />

per via dell’acqua che cola lungo le sue pareti<br />

rocciose 50 .<br />

092 Colombo (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong> Monte)<br />

T22<br />

Valon d’ Mont Colomb<br />

In<strong>di</strong>ca l’asta principale del vallone che <strong>di</strong>parte<br />

sulla destra orografica del (036) <strong>Gesso</strong> della<br />

Barra a monte <strong>di</strong> (271) San Giacomo. Curiosamente<br />

non esiste un Montcolomb o un Monte<br />

Colomb: nell’area attinente al vallone è presente<br />

solamente lo Jaç Colomb alla partenza<br />

del sentiero per il (214) Rifugio Federici-Marchesini<br />

al Pagarì. In zona abbiamo un Moncolomb<br />

(2616 m) sul versante francese verso il<br />

rifugio Nizza e un Monte Colombo (2261 m)<br />

nella zona del Monte Garbella a Palanfrè. Tutto<br />

questo per <strong>di</strong>re che non è comprensibile l’origine<br />

del nome <strong>di</strong> questo importante vallone.<br />

093 Cossato (Cima), 2887 m<br />

T28<br />

Poenta Cossato / Ponta Cossato<br />

Cima intitolata al capitano Cossato, topografo<br />

dell’esercito del Regno <strong>di</strong> Sardegna e primo salitore,<br />

nel 1832, del (088) Monte Clapier.<br />

094 Costagrande (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

T13<br />

Valon d’ Còsta Granda<br />

Vallone del Vasto Pen<strong>di</strong>o. Vallone ripido e roccioso<br />

che in quota si apre in estesi pascoli.<br />

095 Costassa (Monte), 2225 m<br />

T14<br />

La Costassa / Còsta / Poenta Costassa<br />

/ Ponta Costassa<br />

Rilievo con il versante rivolto verso il Vallone del<br />

Bousset caratterizzato da balze rocciose, mentre<br />

appare ripido e ricco <strong>di</strong> praterie e pietraie<br />

quello esposto verso il (291) Lago <strong>di</strong> Steirate.<br />

Còsta si riferisce al pen<strong>di</strong>o, mentre il suffisso<br />

peggiorativo -ssa ne denota la ripi<strong>di</strong>tà.<br />

096 Cotella (Vallone <strong>di</strong>)<br />

T08<br />

Valon d’ Cotèla / Valon dal Cotèl,<br />

o Valon d’ Goa<br />

Vallone profondamente incassato nelle rocce,<br />

come se inciso dalla lama <strong>di</strong> un coltello, cotèl<br />

in occitano. Giovanni Bobba riporta invece il<br />

toponimo Tetti Cotella a valle del sentiero che<br />

portava verso la (079) Punta Chistafort 51 .<br />

Il nome locale è invece Valon d’ Goa: il suo significato<br />

risulta oscuro.<br />

097 Cougnè (Cima), 2401 m<br />

T07<br />

Conhier<br />

Cima che domina le (304) Terme.<br />

098 Cougnè (Passo), 3000 m<br />

T04<br />

T07 Pas d’ Conhier<br />

Passaggio che mette in comunicazione la Cima<br />

Bobba con la Cima del (177) Monte Matto.<br />

099 Cougnè (Vallone)<br />

T07<br />

Conhier<br />

Vallone che, biforcandosi, delimita un cuneo,<br />

conh in occitano. La linea del vallone principale<br />

riveste una certa importanza poiché rappresenta<br />

il confine tra la proprietà del Comune <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri<br />

e la proprietà privata del Valasco.<br />

A<strong>di</strong>acente alla strada che risale la (316) <strong>Valle</strong><br />

<strong>di</strong> Valasco, in prossimità dell’attuale cabina<br />

dell’energia elettrica, è ancora visibile un piccolo<br />

tramuto (giàs) con i ruderi del ricovero.<br />

Si racconta che una figlia <strong>di</strong> Nara, guar<strong>di</strong>acaccia<br />

reale e amico <strong>di</strong> Vittorio Emanuele II, ebbe un<br />

figlio dal Re. Il Sovrano, come atto <strong>di</strong> riparazione,<br />

offrì a Nara una cascina in pianura. Il montanaro<br />

la rifiutò <strong>di</strong>cendo: «Che cosa ne faccio <strong>di</strong><br />

una cascina in pianura, io vivo qui». In cambio<br />

chiese e ottenne il magro pascolo <strong>di</strong> Conhier.<br />

Il contratto venne stipulato sulla parola, senza<br />

atti notarili, così alla morte del Re la proprietà<br />

ritornò ai Savoia 52 .<br />

100 Cougourdo (Cima), 2921 m<br />

T24<br />

Caire des Cogordas<br />

/ Poenta d’ la Cogorda<br />

/ Ponta d’ la Cogorda<br />

Ar<strong>di</strong>to sperone roccioso <strong>di</strong> colore rosso, spiccatamente<br />

visibile dal versante francese del<br />

Boréon. Dal versante italiano appare composto<br />

da quattro cime; il profilo <strong>di</strong> una <strong>di</strong> queste ricorda<br />

la forma <strong>di</strong> una zucca, cogorda in occitano.<br />

101 Crusèt, 1950 m<br />

T18<br />

Croset<br />

Zona <strong>di</strong> pascoli sita a monte del (008) Giàs<br />

dell’Aiéra, culminante con un avvallamento<br />

circondato da alte creste rocciose. Si tratta <strong>di</strong><br />

un toponimo <strong>di</strong>ffuso per in<strong>di</strong>care avvallamenti<br />

e conche ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> pareti rocciose. In occitano<br />

cròs (<strong>di</strong>minutivo croset) significa culla.<br />

A Limone abbiamo il Vallone del Cros, dove si<br />

susseguono ampie conche pascolive; in Francia,<br />

sulla Costa Azzurra, c’è la Croisette.<br />

In Liguria l’espressione Creuza de ma è usata<br />

per in<strong>di</strong>care insenature tondeggianti racchiuse<br />

tra alte scogliere.<br />

102 Cuccetta (Giàs della), 1328 m<br />

T18<br />

Jaç d’ la Cocheta<br />

Pascolo con recinti in pietra e un piccolo ricovero.<br />

Prende il nome dal rilievo a<strong>di</strong>acente.<br />

43<br />

049 051<br />

Garelli G., Val<strong>di</strong>eri e le sue acque, Torino, 1855.<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

050 052<br />

Faure A., Guide des noms de lieux (et des nomes de famille) des Hautes-Alpes, Gap,<br />

Fonte: Franco Antonio.<br />

Institut d’Etudes Occitanes des Alpes et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988. .


44<br />

103 Cuccetta (Punta della), 1851 m<br />

T18<br />

La Cucheta / Poenta d’ la Cucheta<br />

/ Ponta d’ la Cucheta<br />

Cima che si presenta con la forma <strong>di</strong> un ar<strong>di</strong>to<br />

cono arrotondato, simile a quelli creati ammucchiando<br />

il fieno, cucha – <strong>di</strong>minutivo cocheta –<br />

in occitano. Infatti la ra<strong>di</strong>ce KUK, <strong>di</strong>ffusa dall’Asia<br />

Minore alla Spagna, viene utilizzata per in<strong>di</strong>care<br />

elevazioni dalla sommità tondeggiante 53 .<br />

104 Cugn (Vallone del)<br />

T02<br />

Valon dal Conh<br />

Vallone che, con lo Valon d’ la Vietta, delimita<br />

una porzione <strong>di</strong> territorio a forma <strong>di</strong> cuneo, conh<br />

in occitano. A monte del vallone c’è un bel bosco<br />

<strong>di</strong> faggio, in parte abbattuto dalle valanghe<br />

dell’inverno 2008-09, percorso da un sentiero<br />

probabilmente allestito dai carbonai: sono infatti<br />

numerose le aie carbonili in zona. Nel vallone<br />

sono presenti due barme, probabili ricoveri per<br />

i pastori, dal nome curioso: Charabatana Prima<br />

e, più a monte, Charabatana Seconda. A<strong>di</strong>acente<br />

alla seconda sgorga una sorgente, la Fontana<br />

Vrimosa, la Fontana Velenosa, così chiamata<br />

perché un tale, <strong>di</strong>ssetandosi, ingoiò un gor<strong>di</strong>o,<br />

verme d’acqua filiforme detto tranchafila in occitano,<br />

e morì. Per questa ragione i pastori non<br />

vi lasciavano abbeverare gli animali al pascolo: il<br />

gravoso compito <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a era solitamente assegnato<br />

ai ragazzini 54 . A quota 1600, troviamo<br />

lo Tèit d’ la Beoleta, il Tetto della Piccola Betul-<br />

la, un piccolo fabbricato e alcuni terreni poco<br />

fertili. Negli anni 1920 Battista Brao, detto Tita<br />

d’ Sable, volle acquistare la Beoleta da Giovanni<br />

Brao, detto Garbòara, a con<strong>di</strong>zione che la spesa<br />

per l’estriment, l’atto notarile, fosse a carico del<br />

ven<strong>di</strong>tore. Garbòara ci rimise cinque lire: già allora<br />

questa terra valeva ben poco…<br />

105 Culatta (Giàs della), 1900 m<br />

T26<br />

Jaç d’ la Colètta<br />

Tramuto (giàs) della Parte che sta <strong>di</strong>etro, in fondo<br />

55 : nel Comune <strong>di</strong> Entracque con questo toponimo<br />

si riconosce l’esteso pascolo situato alla<br />

testata della (268) <strong>Valle</strong> del Sabbione.<br />

106 Culatta (<strong>Valle</strong>)<br />

T20<br />

Valon d’ la Colètta<br />

A Val<strong>di</strong>eri in<strong>di</strong>ca il vallone <strong>di</strong>scendente da Fremamorta,<br />

in fondo alla (322) <strong>Valle</strong> della <strong>Valle</strong>tta,<br />

e il tramuto (giàs) posto a circa 2200 metri,<br />

un bel pascolo dove, vicino ai ruderi del ricovero<br />

del pastore, sgorga una copiosa sorgente.<br />

107 Curtilét, 1400 m<br />

T02<br />

Cortilet<br />

Piccoli pianori a ridosso <strong>di</strong> pietraie, occupati da<br />

un bosco misto con sorbo montano, maggiociondolo<br />

e abeti. Un tempo erano pascoli che<br />

apparivano come se fossero stati coltivati. Si<br />

racconta che un tempo ci fossero dei frati che vi<br />

coltivavano anche il ribes 56 .<br />

d<br />

053<br />

Rousset P.L., Ipotesi sulle ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini, Aosta, Priuli & Verlucca e<strong>di</strong>tori, 1991.<br />

054<br />

Fonte: Franco Biagia.<br />

055<br />

Bruno M., Alpi sud-occidentali tra Piemonte e Provenza; Dizionario toponomastico,<br />

Cuneo, Ed. l’Arciere, Coumboscuro Centre Prouvençal, 1996.<br />

056<br />

Fonte: Franco Biagia.


46<br />

d<br />

108 Dré (Balma <strong>di</strong>)<br />

T02<br />

Barma <strong>di</strong> Dré<br />

Rifugio degli Gnomi, che dovrebbe trovarsi nei<br />

paraggi de (140) Lu Gurgàs.<br />

I dré erano piccole creature dei boschi, folletti<br />

che vivevano in caverne profonde fino al centro<br />

della Terra. Da qui talvolta emergevano per fare<br />

degli scherzi agli umani: così spesso sparivano<br />

calze, cappelli, coltelli, coperchi… Si <strong>di</strong>ce che i<br />

bambini al pascolo si avventurassero fino a la<br />

Barma e che talvolta gettassero dei sassi nel cunicolo<br />

che si apriva sotto <strong>di</strong> essa; poi, sentendo<br />

tosamente temendo <strong>di</strong> scatenare le ire dei dré.<br />

108 Dré (Balma <strong>di</strong>)<br />

109 Druos (Bassa del)<br />

cadere le pietre all’infinito, fuggivano precipi-<br />

47<br />

109 Druos (Bassa del), 2628 m<br />

T10<br />

Bassa dal Drós<br />

Numerose sono le denominazioni <strong>di</strong> questo<br />

passo, tutte dal significato sconosciuto. Localmente<br />

è chiamato Drós, però sulle carte è<br />

riportata la <strong>di</strong>citura impronunciabile Druos. In<br />

passato aveva altri nomi: Còl des Laus, Colle dei<br />

Laghi, (a valle troviamo infatti i (330) Laghi <strong>di</strong><br />

Valscùra), Colle del Malinvèrn (dalla cima sovrastante,<br />

ve<strong>di</strong> (172) Monte Malinvèrn), Passo<br />

del Valasco o Passo <strong>di</strong> Valscùra 57 .<br />

Da ricordare la grande caserma omonima che,<br />

con i suoi possenti muri <strong>di</strong> granito, domina il<br />

vallone; le pietre che la circondano recano scritte<br />

incise dai soldati presenti in zona durante la<br />

Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale.<br />

057<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.


48<br />

e


e<br />

110 Estéla (Gorgia dell’)<br />

T17<br />

Gòrja d’ l’Estela<br />

Gola rocciosa a monte della (038) <strong>Valle</strong> della<br />

Barra; culmina con una parete verticale, da cui<br />

il nome (ve<strong>di</strong> (292) Monte Stella). Una delle<br />

gole laterali è chiamata Gòrja des Escandleres:<br />

crescono in questa zona <strong>di</strong>versi esemplari <strong>di</strong><br />

pino cembro, un tempo utilizzati per la produzione<br />

<strong>di</strong> scandole, escandles in occitano, tavole<br />

usate per la copertura dei tetti 58 .<br />

L’Esteirà<br />

In<strong>di</strong>ca l’ampia conca con <strong>di</strong>versi nuclei un tempo<br />

abitati: abbiamo lo Tèit d’Ambrim e lo Tèit<br />

d’ Salmet, che prendono il nome de l’estranom<br />

dei loro proprietari; lo Tèit d’ Fumèl, dove vivevano<br />

due donne, fumèlas in occitano, ammaliatrici;<br />

Tèit d’ Jòse, dalla storpiatura <strong>di</strong> Giuseppe.<br />

La zona era inoltre ricca <strong>di</strong> terreni coltivati e <strong>di</strong><br />

prati, anch’essi riconoscibili attraverso dei nomi:<br />

lo Prat d’ Maucha, prati impregnati d’acqua per<br />

molto tempo in seguito alla fusione delle nevi;<br />

lo Garbin, piccola conca prativa; lhi Pratsiòts e<br />

lo Praiòt, i piccoli prati; lo Praiàs, esteso prato in<br />

pen<strong>di</strong>o perciò faticoso da falciare; la Faisolera,<br />

campo coltivato a fagioli; lhi Castanhs, i Castagni,<br />

pen<strong>di</strong>o ben esposto dove, nonostante la<br />

quota inusuale (1100 metri), venivano coltivati<br />

dei castagni. A Esteràte, intorno al 1920, risiedevano<br />

oltre centocinquanta persone ed erano<br />

presenti le scuole elementari. Gli abitanti della<br />

zona erano soprannominati lhi Mosquins d’ l’Esteirà,<br />

i Moscerini <strong>di</strong> Esteràte, poiché durante<br />

l’estate la frazione era tormentata da nugoli <strong>di</strong><br />

insetti; oppure semplicemente per il carattere<br />

un po’ "puntiglioso" dei suoi abitanti! Tra i <strong>di</strong>versi<br />

piccoli valloni che <strong>di</strong>scendono per l’ampia<br />

conca, uno, alimentato da ben due sorgenti, si<br />

chiama significativamente Valon Aigós, Vallone<br />

delle Acque 59 . Presso la cappella <strong>di</strong> Maria Ausiliatrice<br />

in Esteràte <strong>di</strong> Tetto Airetta troviamo una<br />

50 110 Estéla (Gorgia dell’)<br />

111 Esteràte<br />

spiegazione del toponimo:<br />

51<br />

111 Esteràte<br />

T06<br />

T09<br />

112 Estìar (Chiot d’)<br />

«Il nome 'Esteràte' significa zona dove abitano<br />

gli 'esteri'. Difatti nel 1600 vennero ad abitarvi<br />

dei perseguitati politici provenienti dalla Spagna,<br />

probabilmente da Barcellona, da cui deriverebbe<br />

il cognome locale Marcellino.» 60<br />

112 Estìar (Chiot d’), 1250 m<br />

T02<br />

Clòt d’Estier<br />

Piano d’Estìar. Avvallamento con un pianoro<br />

erboso un tempo falciato e pascolato, ora incolto,<br />

circondato da pietraie. Dal sentiero della<br />

Merìs si stacca qui una mulattiera che risale verso<br />

il (184) Giàs <strong>di</strong> Merqua. Di fronte al piano<br />

c’è il ripido vallone chiamato l’Escarèla, toponimo<br />

dalle sonorità curiose, ma dal significato<br />

sconosciuto. In questa zona, mischiati agli abeti<br />

bianchi e ai cembri, troviamo alcuni esemplari<br />

<strong>di</strong> pino silvestre, specie <strong>di</strong>versamente assente<br />

nella parte alta della <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong>.<br />

058<br />

Fonte: Ghigo Francesco.<br />

059<br />

Fonte: Giordana Giacomo.<br />

060<br />

Tratto da un pannello sito nei pressi della cappella.


52<br />

f


f<br />

113 Fenèr (Pera de), 2698 m<br />

T24<br />

T27 Pèira dal Fener / Pèira <strong>di</strong> Feniers<br />

T28 Masso dalla notevole mole e dalla forma arrotondata,<br />

simile ai cumuli <strong>di</strong> fieno chiamati localmente<br />

fener o fenier. Questi grossi mucchi <strong>di</strong><br />

fieno un tempo venivano approntati sui prati <strong>di</strong><br />

montagna per essere poi trasportati a valle con<br />

le slitte durante l’inverno. La pratica non era certo<br />

<strong>di</strong>ffusa in questa zona <strong>di</strong> pietraie. Sul masso,<br />

che costituisce la porta d’ingresso al ghiacciaio<br />

della (130) Cima dei Gelàs, c’è una lapide con<br />

ponimo identifica infatti due ampi valloni, uno<br />

confluente nella valle del (036) <strong>Gesso</strong> della<br />

Barra, l’altro nella (264) <strong>Valle</strong> della Rovina,<br />

percorsi da una bella mulattiera delle cacce reali.<br />

Un tempo erano presenti numerosi pascoli<br />

con <strong>di</strong>versi tramuti (giàs).<br />

117 Finestra (Colle <strong>di</strong>), 2471 m<br />

T27<br />

Còl d’ Finèstra<br />

Finestra o Finestre? Qual è il nome corretto?<br />

Due le fonti storiche in contrad<strong>di</strong>zione:<br />

54 113 Fenèr (Pera de)<br />

una Madonna. Poco lontano c’è un’imposta <strong>di</strong> «[…] Finestre è quella montagna, che dalla<br />

55<br />

114 Fenestrèlla (Lagaròt d’)<br />

115 Fenestrelle (Colle <strong>di</strong>)<br />

116 Fenestrelle (Vallone <strong>di</strong>)<br />

117 Finestra (Colle <strong>di</strong>)<br />

118 Finestra (Vallone <strong>di</strong>)<br />

119 Fontane<br />

120 Frassinetto (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

121 Fremamòrta (Colle <strong>di</strong>)<br />

122 Fremamòrta (Laghi <strong>di</strong>)<br />

123 Frer (La Balma del)<br />

124 Frìara<br />

125 Frissòn (Monte del)<br />

126 Fus (<strong>Valle</strong> del)<br />

127 Fusìl (Gorgia del)<br />

caccia dei Reali e perciò una mulattiera, ora in<br />

parte fatiscente, arriva fino a qui.<br />

114 Fenestrèlla (Lagaròt d’), 2400 m<br />

T21<br />

Lo Lagaròt d’ Finestrèllas<br />

Piccolo lago <strong>di</strong> origine nivale che durante l’estate<br />

si prosciuga fino quasi a scomparire.<br />

115 Fenestrelle (Colle <strong>di</strong>), 2463 m<br />

T21<br />

Pas d’ Finestrèllas<br />

Valico tra i settori alti della valle del (036) <strong>Gesso</strong><br />

della Barra e della (264) <strong>Valle</strong> della Rovina.<br />

Il toponimo è probabilmente giustificato dalla<br />

vicina presenza del (117) Colle <strong>di</strong> Finestra.<br />

116 Fenestrelle (Vallone <strong>di</strong>)<br />

T17<br />

T21 Valon d’ Fenestrèllas<br />

Raro caso in cui un vallone che scende su versanti<br />

opposti mantiene lo stesso nome: il to-<br />

terra <strong>di</strong> S. Martino, termine più orientale dell’istessa<br />

<strong>di</strong>ocesi, conduce ad Entracque, grosso<br />

borgo della valle <strong>di</strong> Gezzo: credersi avere tal<br />

nome avuto da certo foro cagionati forse da<br />

terremoti, tagliato nella sommità sua a modo<br />

<strong>di</strong> una finestra. Visitasi alla <strong>di</strong> lei falde, verso le<br />

bande <strong>di</strong> S. Martino, un’antica e <strong>di</strong>vota chiesa,<br />

sotto il titolo <strong>di</strong> S. Maria <strong>di</strong> Finestre […]» 61<br />

«[…] Il colle <strong>di</strong> Finestra conosciuto da antico<br />

tempo e già frequentatissimo fino dai tempi dei<br />

Liguri e dei Romani, apre la più facile via tra le<br />

valli del <strong>Gesso</strong> e della Vesubia. Vi passarono S.<br />

Dalmazzo nel 250 e l’imperatrice Cornelia Salonina<br />

nel 268 <strong>di</strong> ritorno dalle terme <strong>di</strong> Berthemont<br />

secondo una leggenda; fu traversato <strong>di</strong><br />

certo da Amedeo IX, Emanuele Filiberto, dalla<br />

reggente Maria Giovanna; truppe austro-sarde<br />

e francesi nel secolo XVIII e durante la Rivolu-<br />

061<br />

Gioffredo P., Storia delle Alpi Marittime, 1652.


56<br />

zione lo frequentarono. La carta I.G.M. meno<br />

esattamente ha adottato la <strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Colle delle<br />

Finestre mentre il Colle e la Madonna sono<br />

da antico dette della Finestra […] Il santuario fu<br />

costruito dai benedettini dell’abbazia <strong>di</strong> Pedona<br />

(Borgo S. Dalmazzo), pare sulle rovine <strong>di</strong> un<br />

tempio de<strong>di</strong>cato a Giove. Intitolato alla Nostra<br />

Signora delle Grazie fu <strong>di</strong>strutto dai saraceni<br />

nel X secolo. Venne ricostruito nel XIII secolo<br />

dai templari in seguito all’apparizione del volto<br />

della Vergine all’interno della apertura, finestra,<br />

nella roccia posta in alto, a sinistra del colle, salendo<br />

dal versante francese; da qui il nome.» 62<br />

Dagli entracquesi invece viene chiamato semplicemente<br />

la Colla, il Colle: il valico giocava un<br />

ruolo <strong>di</strong> vitale importanza per il commercio:<br />

«[...] dalla seconda metà del settecento e per<br />

oltre un secolo fu percorso da carovane <strong>di</strong> muli<br />

e asini carichi <strong>di</strong> drap i panni <strong>di</strong> lana prodotti a<br />

Entracque e in gran parte commercializzati in<br />

Francia dove arrivavano all’importante mercato<br />

<strong>di</strong> Colmar. L’attività cessò con la crisi del settore<br />

in seguito al primo conflitto mon<strong>di</strong>ale.» 63<br />

Nel corso dell’inverno del 1944 i tedeschi reclutarono<br />

<strong>di</strong>versi giovani <strong>di</strong> Entracque per trasportare<br />

viveri e legna da ardere alle guarnigioni <strong>di</strong><br />

stanza presso le postazioni militari del colle.<br />

Ogni giovane veniva caricato con un preciso<br />

numero <strong>di</strong> pezzi <strong>di</strong> legna, conteggiati per una<br />

facile verifica all’arrivo. Per alleggerire il carico<br />

era stato escogitato questo sistema: in luoghi<br />

opportuni erano state nascoste delle accette<br />

per tagliare a metà i tronchetti: il numero dei<br />

pezzi era sempre uguale, ma il peso <strong>di</strong>minuiva<br />

così <strong>di</strong> circa la metà. Con la fusione della neve<br />

vennero ritrovati molti pezzi <strong>di</strong> legna e perciò<br />

gli stessi giovani furono obbligati a portare su la<br />

legna che avevano in precedenza occultato 64 .<br />

118 Finestra (Vallone <strong>di</strong>)<br />

T24<br />

T27 Valon d’ Fenèstra / Valon d’ Finèstra<br />

/ Valon d’ la Fenèstra<br />

Ampio vallone percorso da una bella mulattiera.<br />

Nei giorni successivi all’8 settembre 1943 venne<br />

percorso da una colonna <strong>di</strong> circa ottocento<br />

ebrei, che, in seguito all’armistizio, ritenendo il<br />

territorio italiano libero dall’occupazione nazifascista,<br />

fuggirono da Saint-Martin-Vésubie, dove<br />

da mesi erano confinati. Giunsero in <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong><br />

percorrendo anche il (084) Colle <strong>di</strong> Ciriegia. In<br />

trecentoquarantanove, obbedendo agli or<strong>di</strong>ni<br />

impartiti dai nazifascisti, si consegnarono alle<br />

autorità e furono deportati in campo <strong>di</strong> concentramento.<br />

Di questi solo <strong>di</strong>ciotto sopravvissero.<br />

119 Fontane, 1800 m<br />

T19<br />

Jaç des Fontanas<br />

Tramuto (giàs) in <strong>di</strong>suso localizzato all’inizio della<br />

(268) <strong>Valle</strong> del Sabbione, caratterizzato dalla<br />

presenza <strong>di</strong> risorgive, fontane in occitano.<br />

120 Frassinetto (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

T18<br />

Lo Fraissinet / Valon dal Fraissinet<br />

/ El Fraissinet<br />

Ampio vallone sulla destra orografica della<br />

(092) <strong>Valle</strong> <strong>di</strong> Monte Colombo, caratterizzato<br />

da un bosco <strong>di</strong> faggio interrotto da pascoli<br />

che <strong>di</strong>ventano esclusivi man mano che si risale<br />

il pen<strong>di</strong>o. La zona sommitale è <strong>di</strong>stinta da imponenti<br />

creste rocciose. Il toponimo non deriva<br />

come si potrebbe facilmente pensare da frassino,<br />

fraisse in occitano, ma da fraissinèla, nome<br />

locale del sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia<br />

L.). Il vallone è percorso da una magnifica<br />

mulattiera delle cacce reali, ormai fatiscente.<br />

«[…] Oggi, mercoledì, venne fatta una cacciata<br />

sul monte Fraissinet che lo scorso anno aveva<br />

dato per risultato una novantina <strong>di</strong> camosci abbattuti.<br />

Né meno abbondante lo fu quest’anno,<br />

ché 76 furono i camosci uccisi; e ben più<br />

numerose sarebbero state le vittime, ma il Re<br />

dovendo partire per Racconigi troncò la caccia<br />

a metà verso le 14 […]» 65<br />

121 Fremamòrta (Colle <strong>di</strong>), 2648 m<br />

T20<br />

Còl d’ Fremamòrta<br />

«Il nome Fremamorta o Donna morta allude<br />

probabilmente a qualche infortunio o a qualche<br />

leggenda antica della quale non si è più<br />

trovata traccia». 66<br />

Quando la piccola borgata (187) Molliéres,<br />

situata nell’opposto versante francese, faceva<br />

parte del Comune <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri, questo colle costituiva<br />

il valico più agevole per accedere dalla<br />

frazione al capoluogo.<br />

122 Fremamòrta (Laghi <strong>di</strong>), 2360 m<br />

T15<br />

Laus d’ Fremamòrta<br />

/ Lac d’ Fremamòrta<br />

Serie <strong>di</strong> cinque laghi, privi sia <strong>di</strong> immissari, sia<br />

<strong>di</strong> emissari, racchiusi fra le pareti <strong>di</strong> una bassa e<br />

compatta dorsale rocciosa; una magnifica mulattiera<br />

che porta al colle omonimo costeggia le<br />

loro rive. Come in (327) Valmòrta, anche qui<br />

crescono pochi ciuffi d’erba tra i massi granitici.<br />

123 Frer (La Balma del), 1100 m<br />

T13<br />

Barma dal Frer / Barma dal Frere<br />

Riparo sotto un masso sporgente: negli anni<br />

‘20 del Novecento qui lavorava un fabbro, frer<br />

in occitano locale, addetto alla manutenzione<br />

degli attrezzi utilizzati per la costruzione della<br />

strada carrozzabile per (271) San Giacomo 67 .<br />

124 Frìara<br />

T02<br />

T05<br />

Frìara / Ferriera<br />

È un pen<strong>di</strong>o ripido e molto lungo. In gran parte<br />

è coperto da un bosco <strong>di</strong> faggio, interrotto<br />

da alcune pietraie e limitate creste rocciose.<br />

Un punta è chiamata lo Quère d’ la Chauma,<br />

la roccia dove si rumina, poiché, dopo il pasco-<br />

57<br />

062<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

063<br />

Quaranta A., Valados usitanos.<br />

064<br />

Fonte: Gerbino Giovanni.<br />

065<br />

La Sentinella delle Alpi, 18 agosto 1904.<br />

066<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

067<br />

Fonte: Ghigo Francesco.


58<br />

lo, qui si fermavano le pecore a ruminare. Con<br />

l’abbandono dei pascoli il bosco si è affermato<br />

inglobandolo. Grazie all’espansione del bosco,<br />

quest’area si sta lentamente assestando, anche<br />

se, ancor oggi, è soggetta al <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong><br />

valanghe e alla caduta <strong>di</strong> massi. Probabilmente<br />

l’origine del toponimo è legata proprio a queste<br />

frane e valanghe, eventi molto rischiosi per<br />

il passaggio lungo la sottostante strada delle<br />

(304) Terme. Infatti, nel pomeriggio del giorno<br />

<strong>di</strong> Pasquetta del 1972, numerose persone<br />

avevano approfittato della magnifica giornata<br />

<strong>di</strong> festa per passeggiare tra due muri <strong>di</strong> neve accumulata<br />

nell'inverno. Improvvisamente cadde<br />

la valanga. Il professor Soldati, insegnante all’Istituto<br />

per geometri <strong>di</strong> Cuneo, ne fu travolto.<br />

Esperto <strong>di</strong> montagna, geologo, si era accorto<br />

del pericolo e, nell’intento <strong>di</strong> dare l’allarme, ne<br />

risultò investito. Dal paese tutti accorsero con le<br />

pale (allora non c’erano sonde e altre attrezzature,<br />

ma i residenti <strong>di</strong> (274) Sant’Anna erano<br />

ancora numerosi) e decine <strong>di</strong> persone si misero<br />

freneticamente al lavoro. Ci volle circa un’ora<br />

per rinvenire il professore; era privo <strong>di</strong> sensi, violaceo,<br />

ma in tempi brevi si riprese. Posto particolare<br />

in questa zona è la Barma dal Gèl: sotto<br />

un roccione si apre un riparo, profondo una decina<br />

<strong>di</strong> metri, in cui spira sempre un’aria gelida. Il<br />

ghiaccio invernale, un tempo ricercato in caso <strong>di</strong><br />

emorragie, punture <strong>di</strong> insetti o per fare i gelati,<br />

si conserva a lungo. C’è sempre la brina e anche<br />

la flora circostante, pur essendo ben esposto al<br />

sole, è da climi fred<strong>di</strong> e troviamo rododendri,<br />

mirtilli… Probabilmente il fenomeno è legato a<br />

una particolare circolazione dell’aria.<br />

125 Frissòn (Monte del), 2637 m<br />

T23<br />

Frisson / Poenta Frisson / Ponta Frisson<br />

Toponimo che potrebbe derivare dalla ra<strong>di</strong>ce<br />

prelatina FER, espressione utilizzata per in<strong>di</strong>care<br />

la connotazione selvaggia <strong>di</strong> un luogo 68 ;<br />

infatti il profilo della montagna sul versante<br />

entracquese ha veramente qualcosa <strong>di</strong> inquietante,<br />

selvaggio. In passato la cima era chiamata<br />

Rocca della Mansa 69 : in occitano, ma non<br />

nella parlata locale, la mense in<strong>di</strong>ca una <strong>di</strong>mora<br />

provvisoria utilizzata dai pastori 70 .<br />

126 Fus (<strong>Valle</strong> del)<br />

T03<br />

Lo Fus / El Fus<br />

Esteso bosco <strong>di</strong> faggio percorso centralmente<br />

da un valloncello, un tempo sud<strong>di</strong>viso dal Comune<br />

in trentasette lottini per il taglio boschivo<br />

(oggi sono una decina). In occitano fus identifica<br />

il fuso per filare la lana; restano oscure le<br />

ragioni <strong>di</strong> questo toponimo.<br />

127 Fusìl (Gorgia del)<br />

T22<br />

La Gòrja dal Fusil<br />

La gola del fucile. Valloncello in gran parte boscato<br />

sulla sinistra orografica del (251) Pra del<br />

Rasùr, in cui perio<strong>di</strong>camente ni<strong>di</strong>fica l’aquila.<br />

g<br />

068<br />

Bruno M., Alpi sud-occidentali tra Piemonte e Provenza; Dizionario toponomastico,<br />

Cuneo, Ed. l’Arciere, Coumboscuro Centre Prouvençal, 1996.<br />

069<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

070<br />

Faure A., Guide des noms de lieux (et des nomes de famille) des Hautes-Alpes, Gap,<br />

Institut d’Etudes Occitanes des Alpes et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.


g<br />

128 Gaisses (Cima dei), 2896 m<br />

T24<br />

T27 Poenta des Gaisses / Ponta des Gaisses<br />

Toponimo riferito al lato francese, dove i versanti<br />

rocciosi sono intervallati da avvallamenti<br />

incassati tra le pareti, quasi a formare dei gais.<br />

Localmente lo gais era un’angusta struttura,<br />

stretta e profonda, sita nella stalla, dove veniva<br />

relegato il maiale in modo che, restando quasi<br />

immobile, ingrassasse più velocemente.<br />

una leggenda (che la tra<strong>di</strong>zione entracquese riferisce<br />

invece alla (171) Cima della Maledìa),<br />

secondo la quale:<br />

«[...] Un tempo quelle cime erano verdeggianti<br />

<strong>di</strong> pascoli e abitate da tre sorelle vergini incomparabilmente<br />

belle. Un giorno degli uomini <strong>di</strong><br />

Entracque vollero esercitare su esse il loro potere,<br />

le sorelle sparirono e imme<strong>di</strong>atamente la<br />

montagna si coprì <strong>di</strong> nevi perenni [...]» 72<br />

129 Garnèr (Rocca), 1998 m<br />

La prima ascensione è attribuita al Conte Paolo<br />

60 128 Gaisses (Cima dei)<br />

T13<br />

Garner / Ròca Garner<br />

<strong>di</strong> Saint-Robert e risale al 1864.<br />

129 Garnèr (Rocca)<br />

Cima sommitale della cresta che <strong>di</strong>vide il vallone<br />

61<br />

130 Gelàs (Cima dei)<br />

del (036) <strong>Gesso</strong> della Barra dall'a<strong>di</strong>acente<br />

131 Genova-Figari (Rifugio)<br />

(264) <strong>Valle</strong> della Rovina. Le ra<strong>di</strong>ci CAL, GAR,<br />

132 Ghers (Vallone)<br />

CAR, – a in<strong>di</strong>care roccia o altezza – hanno lasciato<br />

133 Ghilié (Cima)<br />

migliaia <strong>di</strong> tracce toponomastiche sulle<br />

134 Ghilié (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong> Balma)<br />

sponde del Me<strong>di</strong>terraneo e vengono tutt’ora<br />

135 Gipèra (La)<br />

utilizzate in molti i<strong>di</strong>omi contemporanei: la vasta<br />

136 Graveiretta<br />

landa sassosa provenzale della Crau, l’alti-<br />

137 Grella (Tetti)<br />

piano del Carso, le gran<strong>di</strong> catene dei Carpazi e<br />

138 Guàr<strong>di</strong>e (Pèira des)<br />

del Karacorum. Più vicino abbiamo le Carsene<br />

139 Guglielma (Cima della)<br />

e Carnino, la Gardetta e il Monte Garbella 71 .<br />

140 Gurgàs (Lu)<br />

141 Gurgàs (Vallone del)<br />

142 Gurgiàssa (La)<br />

130 Gelàs (Cima dei), 3143 m<br />

T27<br />

T28 Lhi Gelàs / Gelàs / Lhi Gèlas / Gèlas<br />

Cima caratterizzata dalla presenza <strong>di</strong> ghiacciai<br />

e nevai molto evidenti sia sul versante <strong>di</strong> Entracque,<br />

sia su quello <strong>di</strong> Saint-Martin-Vésubie:<br />

in occitano gel significa ghiaccio.<br />

In Val Vésubie alla montagna viene associata<br />

131 Genova-Figari (Rifugio), 2015 m<br />

T17<br />

T21 Refujo Genova-Figari<br />

«È situato a m 1914 su <strong>di</strong> un promontorio <strong>di</strong><br />

rocce, alto una ventina <strong>di</strong> metri, in gran parte<br />

calcareo-cristalline (roccia abbastanza rara nel<br />

massiccio dell’Argentera), a settentrione del<br />

primitivo Gias soprano del Monighet, situato al<br />

centro della conca detta Piano del Chiotas, probabile<br />

area <strong>di</strong> antico lago. Fu costruito dalla Sezione<br />

Ligure del CAI, su un terreno donato dal<br />

Comune <strong>di</strong> Entracque. – Inaugurato il 14 agosto<br />

1898 e rinnovato interamente nel 1957, è<br />

una costruzione in muratura a due piani; […]» 73<br />

La realizzazione della <strong>di</strong>ga del Chiotàs ne provocò<br />

l’immersione; dal 1981 è in funzione il nuovo<br />

rifugio costruito nei pressi del (053) Lago del<br />

Brocan.<br />

071<br />

Rousset P.L., Ipotesi sulle ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini, Aosta, Priuli & Verlucca e<strong>di</strong>tori, 1991.<br />

072<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

073<br />

Saglio S., Da rifugio a rifugio. Alpi Liguri e Marittime, Milano, Touring Club Italiano, 1958.


62<br />

«Il Genova sorge ai pie<strong>di</strong> del versante orientale<br />

del massiccio dell’Argentera ed è circondato<br />

dalle acque blu dei laghi Brocan e Chiotas.<br />

Quest’ultimo, artificiale, alimenta una tra le<br />

centrali idroelettriche più gran<strong>di</strong> d’Europa.<br />

L’ambiente suggestivo, i frequenti incontri con<br />

camosci e stambecchi, l’opportunità <strong>di</strong> osservare<br />

la sassifraga dell’Argentera, l’endemismo<br />

botanico più prezioso del Parco, sono elementi<br />

<strong>di</strong> irresistibile attrazione [...]» 74<br />

132 Ghers (Vallone)<br />

T09<br />

Valon Guèrç<br />

Guèrç in occitano significa storto; il vallone è<br />

infatti caratterizzato da un andamento tortuoso.<br />

Nelle vicinanze del vallone c’è un bosco detto<br />

la Toschoetta: localmente toscha in<strong>di</strong>ca un<br />

bosco fitto, <strong>di</strong> solito localizzato su una roccia.<br />

133 Ghilié (Cima), 2997 m<br />

T20<br />

Clòt Aut<br />

«[…] Ghiliè è il nome <strong>di</strong> un riparo sotto una roccia<br />

posta sul versante francese e un tempo usata<br />

dai pastori. Il significato <strong>di</strong> Ghiliè è vago, può<br />

essere la storpiatura <strong>di</strong> nome o soprannome, o<br />

derivare da guil, che in<strong>di</strong>ca vallone.» 75<br />

Clot Aut significa invece Piano in Alto; clòt è<br />

un termine occitano molto <strong>di</strong>ffuso per in<strong>di</strong>care<br />

i terreni in piano. Questo luogo, infatti, si<br />

presenta come un esteso e suggestivo pianoro<br />

sassoso, a quota 2700 metri circa, dal quale si<br />

eleva la cima in<strong>di</strong>cata con due nomi, Ghilié riportato<br />

sulle <strong>di</strong>verse cartografie e Clot Aut, più<br />

logico perché descrittivo, ma caduto in <strong>di</strong>suso.<br />

134 Ghilié (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong> Balma)<br />

T21<br />

Valon dal Mercantor<br />

Balma Ghilié è il nome riportato sulle cartografie,<br />

del vallone rivolto sul versante italiano.<br />

Curiosamente il toponimo deriva dal nome <strong>di</strong><br />

un riparo sotto una roccia, Barma Ghilié, localizzato<br />

nell'opposto Valon des Erps. La <strong>Valle</strong> <strong>di</strong><br />

Balma Ghilié localmente era conosciuta come<br />

Valon dal Mercantor: questo secondo toponimo,<br />

che si rifà al nome della vicina cima, pare<br />

molto più logico rispetto al precedente. La valle<br />

è percorsa da una mulattiera usata per le cacce<br />

dei Savoia. A quota 2300 metri si estende il bel<br />

Jaç dal Mercantor, con i resti dei muri dei recinti<br />

e un’ottima sorgente; il tramuto (giàs) è stato<br />

frequentato fino agli anni '60 del Novecento.<br />

135 Gipèra (La), 1850 m<br />

T23<br />

T26 La Gipera<br />

Termine con cui vengono in<strong>di</strong>cate cavità imbutiformi<br />

con pareti lisce <strong>di</strong> terre granulose bianco-rossicce,<br />

che dovrebbe derivare dal latino<br />

gypsum, gesso 76 . In questa area, lungo l’esteso<br />

pen<strong>di</strong>o franoso che degrada verso il rio, troviamo<br />

delle sabbie con <strong>di</strong>verse sfumature <strong>di</strong> colori,<br />

dal giallo al viola, all’arancio, molto suggestive.<br />

Si<strong>cura</strong>mente sono queste terre colorate a conferire<br />

il nome alla (268) <strong>Valle</strong> del Sabbione.<br />

Probabilmente in passato potevano esserci delle<br />

cavità imbutiformi come quelle visibili più a<br />

monte presso il (105) Giàs della Culatta.<br />

136 Graveiretta<br />

T07<br />

La Gravereta<br />

Pascolo da bovini a ridosso delle sponde del<br />

Rio del Valasco, perciò costituito da terreno<br />

ghiaioso, in occitano gravàs. Dà anche il nome<br />

al ripido e roccioso vallone soprastante e alla<br />

corrispondente cima (2675 m). È un toponimo<br />

interessante che deriva dalla ra<strong>di</strong>ce pre-indoeuropea<br />

KAR, KARA, usata per in<strong>di</strong>care la pietra 77 .<br />

Derivano da questa ra<strong>di</strong>ce anche caire e quère.<br />

137 Grella (Tetti), 1030 m<br />

T09<br />

Tèits Grèla / Tèits d’ Grèla<br />

Piccolo inse<strong>di</strong>amento posto a ridosso della confluenza<br />

del Torrente Bucera nel (036) <strong>Gesso</strong><br />

della Barra, caratterizzato da terrazzamenti<br />

un tempo resi fertili e coltivabili per mezzo <strong>di</strong><br />

una rete irrigua che attingeva l’acqua, molto<br />

più a monte, del Torrente Bucera.<br />

Durante il periodo estivo degli anni compresi<br />

tra il 1931 e il 1937, per volere della Regina Elena,<br />

veniva qui pre<strong>di</strong>sposta una tenda per una<br />

cucina da campo e veniva offerto un pasto a<br />

tutte le famiglie che da Entracque si spostavano<br />

verso (271) San Giacomo per i lavori agricoli. 78<br />

138 Guàr<strong>di</strong>e (Pèira des), 1900 m<br />

Pèira des Guàr<strong>di</strong>as<br />

Masso delle Guar<strong>di</strong>e. Grande masso lungo<br />

la cresta del (258) Vallone <strong>di</strong> Revèl. Da qui<br />

i guar<strong>di</strong>acaccia reali tenevano sotto controllo<br />

una vasta area senza venire avvistati.<br />

139 Guglielma (Cima della), 2241 m<br />

T23<br />

Poenta Gulhèlma / Ponta Guilhèrma<br />

Rilievo poco evidente, posto sul <strong>di</strong>spluvio tra<br />

il Vallone degli Alberghi e la (268) <strong>Valle</strong> del<br />

Sabbione. Toponimo molto curioso, ma non si<br />

hanno notizie né sull’origine, né sul significato.<br />

140 Gurgàs (Lu), 1250 m<br />

T02<br />

Lo Gorgàs / El Gorjàs / Lo Gorjàs<br />

Il Gorgo, anzi il Grosso gorgo. In realtà il toponimo<br />

deriva da un piccolo ristagno d’acqua,<br />

destinato a prosciugarsi durante l’estate, che si<br />

forma in seguito alla fusione della neve o alle<br />

piogge su un massiccio affioramento roccioso<br />

dalla sommità piana. L'area, raggiungibile percorrendo<br />

il sentiero dell’Ecomuseo della Segale<br />

che collega (042) Tetti Bartòla con (035) Tetti<br />

Bariàu, è un magnifico punto panoramico<br />

sulla (322) <strong>Valle</strong> della <strong>Valle</strong>tta. Lo Gorgàs era<br />

un luogo <strong>di</strong> incontro per i ragazzini che andavano<br />

al pascolo degli ovini o che si avventuravano<br />

alla ricerca della (108) Balma <strong>di</strong> Dré.<br />

63<br />

074<br />

AA. VV., Rifugi e bivacchi delle Alpi Marittime - Mercantour, Parco Naturale Alpi Marittime, 2008.<br />

075<br />

Paschetta V., Alpes Maritimes - Vésubie, Nice, CAF Section des Alpes Maritimes Occitanes des Alpes<br />

et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.<br />

076<br />

Bruno M., Alpi sud-occidentali tra Piemonte e Provenza; Dizionario toponomastico,<br />

Cuneo, Ed. l’Arciere, Coumboscuro Centre Prouvençal, 1996.<br />

077<br />

Faure A., Guide des noms de lieux (et des nomes de famille) des Hautes-Alpes, Gap,<br />

Institut d’Etudes Occitanes des Alpes et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.<br />

078<br />

Fonte: Rostagno Maria.


64<br />

141 Gurgàs (Vallone del)<br />

T09<br />

T14 Valon dal Gorgàs<br />

Esteso vallone biforcuto nella parte alta, con i<br />

versanti coperti da boschi <strong>di</strong> faggio: Ubai dal<br />

Bòsc d’ Fèrre quello esposto a nord, Adrèit dal<br />

Bòsc d’ Fèrre quello a sud. Questi boschi sono<br />

chiamati così perché pare che il loro legno fosse<br />

così duro da causare la rottura delle asce durante<br />

il taglio. Il luogo era anche particolarmente<br />

abitato da vipere 79 .<br />

Con gorgàs viene in<strong>di</strong>cato un ristagno d’acqua:<br />

lungo il vallone infatti se ne forma uno, detto<br />

la Pasquera, quando le acque della fusione della<br />

neve vengono convogliate verso un'area in<br />

ombra caratterizzata da un suolo ancora gelato<br />

e quin<strong>di</strong> poco permeabile. La sua formazione<br />

assi<strong>cura</strong> alle rane la possibilità <strong>di</strong> deporre un<br />

buon numero <strong>di</strong> uova che, schiudendosi, trasformano<br />

la pozza in una "peschiera" <strong>di</strong> girini.<br />

142 Gurgiàssa (La)<br />

T22<br />

La Gorjassa<br />

Gola molto ripida e rocciosa che incide le pen<strong>di</strong>ci<br />

del (010) Bec dell’Aignè. In queste montagne<br />

sono numerosi i piccoli valloni ripi<strong>di</strong> e<br />

incassati e perciò il toponimo gorja è molto <strong>di</strong>ffuso.<br />

Lo si trova raramente sulle carte perché, in<br />

quanto microtoponimo, in<strong>di</strong>ca luoghi <strong>di</strong> estensione<br />

limitata. Può avere varianti con gorgeta,<br />

gorjon, gorjassa, a seconda delle <strong>di</strong>mensioni e<br />

della pendenza dei versanti.<br />

i<br />

079<br />

Fonte: Ghigo Francesco.


i<br />

143 Isterpìs (Giàs d’), 1368 m<br />

T21<br />

Jaç <strong>di</strong> Esterpís<br />

Esteso tramuto (giàs) con un bel fabbricato in<br />

pietra costruito recentemente per il soggiorno<br />

del margaro. Il toponimo potrebbe derivare<br />

dal latino stirps, sterpo, ramoscello, pollone da<br />

ceppaia 80 , e riferirsi al periodo in cui fu realizzato<br />

il taglio totale del bosco originario per ricavare<br />

un terreno da pascolo. In un primo tempo<br />

dalle ceppaie degli alberi tagliati rigettano dei<br />

polloni; con i tagli successivi o in seguito al pascolo<br />

66 143 Isterpìs (Giàs d’)<br />

(le capre sono ghiotte dei rami teneri), la<br />

67<br />

ceppaia secca definitivamente.<br />

Oggi il bosco sta lentamente riprendendo il suo<br />

spazio occupando il pascolo voluto dall’uomo.<br />

080<br />

De <strong>Mauro</strong> T., Mancini M., Dizionario etimologico, Garzanti Linguistica, 2000.


68<br />

l


l<br />

144 Laitùs (Vallone)<br />

147 Làus (<strong>Valle</strong> del)<br />

T12<br />

Valon dal Laitós<br />

Vallone che termina a valle del (262) Lago della<br />

Rovina con un lungo salto roccioso. Il toponimo<br />

deriva dall’entracquese lait, latte: pare<br />

infatti che i pastori notassero un incremento<br />

della produzione lattiera in seguito al pascolamento<br />

delle greggi in quest’area. Con una<br />

lieve ma significativa variante (in val<strong>di</strong>erese lait<br />

significa letto) troviamo il medesimo toponimo<br />

a Val<strong>di</strong>eri: il (145) Vallone del Latùs.<br />

T09<br />

Valon dal Laus<br />

Vallone del Lago, ha origine da il (291) Lago <strong>di</strong><br />

Steirate. In passato era una zona molto antropizzata<br />

dalle <strong>di</strong>verse attività agropastorali; sono<br />

perciò numerosi i toponimi presenti nell’area.<br />

Tra i più interessanti: la Còsta <strong>di</strong> Avraires, il Pen<strong>di</strong>o<br />

dei Veratri, che un tempo veniva falciato, lhi<br />

Suelis <strong>di</strong> Raschàs – con suelis si in<strong>di</strong>cano pen<strong>di</strong>i<br />

molto ripi<strong>di</strong> che venivano falciati e con raschàs<br />

invece gli adolescenti – dove sono ancora visibili<br />

70 144 Laitùs (Vallone)<br />

i basamenti in pietra, las Peiraas dal Fen, allestiti<br />

71<br />

145 Latùs (Vallone del)<br />

145 Latùs (Vallone del)<br />

146 Làus (Costa del)<br />

147 Làus (<strong>Valle</strong> del)<br />

148 Làusa (Tetti della)<br />

149 Làusa (Vallone della)<br />

150 Lausetto (Cima del)<br />

151 Lausetto (Lago del)<br />

152 Lavassè (Monte)<br />

153 Lavassè (Vallone <strong>di</strong>)<br />

154 Lavassèt (Giàs sutàn dal)<br />

155 Limbo (Passo del)<br />

156 Limbo (<strong>Valle</strong> del)<br />

157 Liri (Vallone del)<br />

158 Lòbbie (Fontana delle)<br />

159 Lòbbie (Giàs delle)<br />

160 Lòbbie (Punta delle)<br />

161 Lombàrd (Cima del)<br />

162 Lourousa (Canalone <strong>di</strong>)<br />

163 Lourousa (Cima <strong>di</strong>)<br />

o Cima <strong>di</strong> Chiapùs<br />

164 Lourousa (Lagaròt <strong>di</strong>)<br />

165 Lourousa (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

166 Lucco (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

T04<br />

Valon dal Letós<br />

Una mulattiera delle cacce reali ne percorre la<br />

ripida parte iniziale partendo dal (286) Lago<br />

Sottano della Sella. In alto il vallone si apre su<br />

un paesaggio molto suggestivo, caratterizzato<br />

da una serie <strong>di</strong> conche occupate da laghetti,<br />

piccoli pascoli e boschetti <strong>di</strong> larice. I freschi<br />

pascoli sono tutt’ora utilizzati dal pastore e il<br />

toponimo potrebbe derivare proprio da latte,<br />

in val<strong>di</strong>erese lèt. Con lieve ma significativa variante<br />

(in entracquese lèt significa letto), troviamo<br />

il medesimo toponimo a Entracque: il (144)<br />

Vallone Laitùs.<br />

146 Làus (Costa del)<br />

T14<br />

Còsta dal Laus<br />

Ripido pen<strong>di</strong>o a<strong>di</strong>acente il (257) Lago <strong>di</strong> Revèl.<br />

081<br />

Fonte: Giordana Giacomo.<br />

per isolare dal terreno il deposito <strong>di</strong> fieno accumulato<br />

in estate e trasportato a valle durante<br />

l’inverno con le slitte, in occitano las braceras<br />

(da braç, braccio); lo Caire d’ l’Ase, roccia da<br />

cui precipitò e perse la vita un asino che stava<br />

pascolando insieme alle vacche. C’è poi un sentiero<br />

chiamato la Draia d’ Fèrre che, risalendo<br />

dalle borgate che compongono (111) Esteràte,<br />

collega le varie zone <strong>di</strong> pascolo: questo passa<br />

lungo un pen<strong>di</strong>o chiamato la Còsta d’ Ganòla<br />

per condurre poi al sentiero principale che porta<br />

al (291) Lago <strong>di</strong> Steirate 81 .<br />

148 Làusa (Tetti della), 952 m<br />

T02<br />

Tèits d’ Brau<br />

Questa piccola borgata porta due nomi <strong>di</strong>versi.<br />

Per capire l’origine del toponimo Tetti della<br />

Lausa bisogna andare in<strong>di</strong>etro nel tempo. L’antica<br />

mulattiera che fino a metà 1800 portava


72<br />

alle (304) Terme, <strong>di</strong> cui si vede ancora il tracciato,<br />

passava a valle delle borgata, a ridosso<br />

del <strong>Gesso</strong>, scavalcando grosse rocce, lausas in<br />

occitano. L’altro toponimo, Tèits d’ Brau, si rifà<br />

a un cognome comune qui. L’attuale tracciato<br />

della strada provinciale fu realizzato solo negli<br />

anni 1920. A monte dell’inse<strong>di</strong>amento scende<br />

lo Valon d’ Rigo<strong>di</strong>n, dal nome oscuro e curioso,<br />

ormai quasi invisibile poiché invaso dal bosco;<br />

fino agli anni 1950 era invece alquanto pericoloso<br />

per il <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong> rovinose valanghe.<br />

Nell’inverno 1918-19 una valanga arrivò fino ai<br />

Tèits d’ Brau seppellendo la casa <strong>di</strong> Bartolomeo<br />

Landra detto Pepeto, che dormiva nella stalla.<br />

Lui non si accorse <strong>di</strong> nulla, non aveva orologi.<br />

A un certo punto, tuttavia, si accorse che la luce<br />

del giorno tardava un po’ troppo ad arrivare e<br />

in più le pecore belavano. Decise <strong>di</strong> uscire e si<br />

trovò bloccato. Intanto anche i vicini si erano allertati.<br />

Pepeto fu salvato dalle donne, dato che<br />

gli uomini erano ancora in guerra 82 .<br />

Con l’opera <strong>di</strong> forestazione della zona <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco<br />

delle valanghe chiamata (289) Smiùn, lentamente<br />

i versanti si sono assestati.<br />

149 Làusa (Vallone della)<br />

T14<br />

Valon d’ la Lausa<br />

«Losa, pietra regolarmente tagliata per lastricare<br />

pavimenti. Dall’arabo lauj, larga tavola» 83 :<br />

con lausa in occitano vengono in<strong>di</strong>cate lastre<br />

<strong>di</strong> pietra scistose, proprio la tipologia <strong>di</strong> roccia<br />

che caratterizza l’imbocco <strong>di</strong> questo vallone.<br />

L’informatore Tonio ricorda <strong>di</strong>versi microtoponimi<br />

interessanti legati a questa zona. Verso i<br />

2000 metri <strong>di</strong> quota troviamo la Còsta dal Gri,<br />

il Pen<strong>di</strong>o del Grillo, che collega il Vallone della<br />

Lausa al (265) Vallone della Rua; un tempo<br />

qui l’erba veniva falciata. Nei pressi c’è la Barma<br />

Rossa, un riparo usato dai falciatori in caso <strong>di</strong><br />

cattivo tempo; vicino, si forma un piccolo lago<br />

primaverile. Più a valle si trova lo Jaç dal Lapasor,<br />

il Tramuto (giàs) del romiceto, il cui accesso,<br />

detto lo Pas d’ la Mota (uno stretto passaggio<br />

delimitato da salti rocciosi strapiombanti da un<br />

lato e da una grande roccia tondeggiante, la<br />

mota, dall’altro) era temuto sia dai pastori, sia<br />

dai portatori <strong>di</strong> fieno a causa della sua posizione<br />

aerea 84 .<br />

Anche il nome <strong>di</strong> una roccia tondeggiante può<br />

portarci lontano. Infatti dalla ra<strong>di</strong>ce MOT, MUT<br />

sono derivati toponimi <strong>di</strong>ffusi in tutta l’Europa:<br />

Mouttas in Val Susa, Mottarone sul lago Maggiore,<br />

la Grande Motte in Vanoise (Francia), il<br />

Pico della Motilla in Spagna, tutti caratterizzati<br />

da rocce <strong>di</strong> forma tondeggiante 85 .<br />

Infine, verso il Vallone della Lausa, spicca lo Bèc<br />

d’ la Pernítz, 2055 m, un masso la cui forma<br />

ricorda la testa <strong>di</strong> una pernice.<br />

150 Lausetto (Cima del), 2687 m<br />

T06<br />

T08 Lo Lauset<br />

In alcune carte è riportato il toponimo Lago<br />

del Lausetto, cioè Lago del Laghetto: classico<br />

esempio <strong>di</strong> tautologia, un’inutile ripetizione<br />

derivante dalla per<strong>di</strong>ta del significato originario<br />

del toponimo.<br />

151 Lausetto (Lago del), 1788 m<br />

T05<br />

T06 Lauset<br />

Lago del Laghetto: classico esempio <strong>di</strong> tautologia,<br />

un’inutile ripetizione derivante dalla per<strong>di</strong>ta<br />

del significato originario del toponimo.<br />

152 Lavassè (Monte), 2314 m<br />

T19<br />

Lavasset /Poenta Lavasset<br />

/ Ponta Lavasset,<br />

Toponimo che trae origine da la lavassa, erba a<br />

larghe foglie tipica dei luoghi umi<strong>di</strong> 86 .<br />

153 Lavassè (Vallone <strong>di</strong>)<br />

T19<br />

Valon dal Lavasset<br />

Vallone che confluisce nel Torrente Bousset. La<br />

parte bassa era caratterizzata da ampi pascoli<br />

che ora si stanno rapidamente trasformando<br />

in bosco. In alto il vallone si biforca ne la Part<br />

Chòta, la <strong>Valle</strong>tta Piccola, e la Part Gròssa, la<br />

<strong>Valle</strong>tta Grande; anche qui c’erano pascoli, piccolo<br />

quello <strong>di</strong> sinistra, più esteso quello a destra.<br />

Il Vallone del Lavassè e il (265) Vallone della<br />

Rua sono <strong>di</strong>visi da un salto roccioso chiamato<br />

lo Culasson, termine con cui localmente viene<br />

in<strong>di</strong>cato quanto rimane <strong>di</strong> qualcosa (culasson <strong>di</strong><br />

pane, <strong>di</strong> formaggio, <strong>di</strong> salame).<br />

154 Lavassèt (Giàs sutàn dal), 1300 m<br />

T19<br />

Jaç sotan dal Lavasset<br />

Pascolo ancora parzialmente utilizzato dai bovini<br />

che alpeggiano nella (268) <strong>Valle</strong> del Sabbione,<br />

in via <strong>di</strong> colonizzazione da parte del<br />

bosco <strong>di</strong> faggio.<br />

155 Limbo (Passo del), 2355 m<br />

T08<br />

Colarin d’ las Ànimas<br />

Punto sommitale della (156) <strong>Valle</strong> del Limbo,<br />

chiamato localmente Colletto delle Anime. Chissà<br />

quali storie e significati cela questo luogo <strong>di</strong><br />

passaggio e chissà a chi appartengono le anime…<br />

Sul colletto c’è uno sperone roccioso, un<br />

piccolo monolite che, visto a una certa <strong>di</strong>stanza,<br />

pare una persona. Forse un’anima in pena?<br />

156 Limbo (<strong>Valle</strong> del)<br />

T08<br />

Valon dal Limbo<br />

Piccolo vallone dove si alternano pascoli e pietraie.<br />

Limbo potrebbe derivare dal latino limes<br />

e significare confine: il colletto sommitale del<br />

vallone infatti segna il limite tra i comuni <strong>di</strong><br />

Val<strong>di</strong>eri e <strong>di</strong> Entracque e tra le rispettive aree<br />

pascolive, zone un tempo <strong>di</strong> vitale importanza<br />

per l’economia della valle. L’origine del toponimo<br />

potrebbe rifarsi anche alla sfera teologica: il<br />

colletto è infatti denominato Colarin d’ las Ànimas,<br />

Colletto delle anime (ve<strong>di</strong> (156) <strong>Valle</strong> del<br />

Limbo), riferendosi probabilmente al limbo,<br />

inteso come confine tra purgatorio e para<strong>di</strong>so.<br />

73<br />

082<br />

Fonte: Franco Antonio.<br />

083<br />

De <strong>Mauro</strong> T., Mancini M., Dizionario etimologico, Garzanti Linguistica, 2000.<br />

084<br />

Fonte: Tonio.<br />

085<br />

Rousset P.L., Ipotesi sulle ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini, Aosta, Priuli & Verlucca e<strong>di</strong>tori, 1991.<br />

086<br />

Rousset P.L., Ipotesi sulle ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini, Aosta, Priuli & Verlucca e<strong>di</strong>tori, 1991.


74<br />

157 Liri (Vallone del)<br />

Valon dal Liri<br />

Vallone del Giglio, data la presenza abbondante<br />

del giglio <strong>di</strong> San Giovanni (Lilium bulbiferum L.),<br />

localmente chiamato liri.<br />

158 Lòbbie (Fontana delle), 2300 m<br />

T21<br />

Lo Fontan des Lòbias<br />

/ La Fontana d’ las Lòbias<br />

Copiosa sorgente a<strong>di</strong>acente al tramuto (giàs)<br />

omonimo.<br />

159 Lòbbie (Giàs delle), 2281 m<br />

T21<br />

Jaç des Lòbias / Jaç d’ las Lòbias<br />

Ampio tramuto (giàs) in posizione molto suggestiva,<br />

con visibili i ruderi dei recinti e del ricovero.<br />

160 Lòbbie (Punta delle), 2322 m<br />

T21<br />

Las Lòbias / Poenta d’ las Lòbias<br />

/ Ponta d’ las Lòbias<br />

Lobbia, in <strong>di</strong>versi linguaggi del nord d’Italia, significa<br />

balcone; il nome potrebbe derivare dal<br />

fatto che questo rilievo ha un magnifico affaccio<br />

sul vallone del (036) <strong>Gesso</strong> della Barra.<br />

Definizione contestata:<br />

«[…] Altra confusione è stata fatta tra le parole<br />

labia, 'lastra <strong>di</strong> pietra', e lobio, lobia, 'balcone';<br />

così è avvenuto per la Cima delle Lobbie (da<br />

molti interpretato come belvedere sul Monviso),<br />

oppure per la Lobbia Alta nel Massiccio<br />

dell’Adamello…» 87<br />

Probabilmente in origine il termine lobbia in<strong>di</strong>viduava<br />

una pietra sporgente, successivamente<br />

una parte protesa della casa.<br />

161 Lombàrd (Cima del), 2842 m<br />

T24<br />

T27 Lombard / Poenta dal Lombard<br />

/ Ponta dal Lombard<br />

«[...] è in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> questa montagna (NE) che<br />

in vento dalla Lombar<strong>di</strong>a arriva nella valle del<br />

Borèon.» 88<br />

Questa interpretazione del Paschetta sull’origine<br />

del toponimo appare poco convincente,<br />

anche se è risaputo che oltralpe con Lombar<strong>di</strong>a<br />

veniva in<strong>di</strong>cata anche l’area piemontese della<br />

Pianura Padana (è il caso del Colle della Lombarda<br />

nella vicina <strong>Valle</strong> Stura). La cima fa parte<br />

della linea <strong>di</strong> spartiacque fra Italia e Francia e<br />

ha <strong>di</strong>verse ramificazioni su entrambi i versanti.<br />

Il fianco italiano è alquanto ripido e soggetto al<br />

<strong>di</strong>stacco <strong>di</strong> una valanga <strong>di</strong> notevoli <strong>di</strong>mensioni,<br />

che ricopre un lungo tratto della mulattiera per<br />

il (117) Colle <strong>di</strong> Finestra: lungo questa mulattiera,<br />

a 2090 metri <strong>di</strong> quota, troviamo i ruderi<br />

del Ricovero Lombard, struttura militare che<br />

venne fatta esplodere dall’esercito francese al<br />

termine della Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale.<br />

162 Lourousa (Canalone <strong>di</strong>)<br />

T11<br />

T12 Canalon d’ Lorosa<br />

Imponente colata <strong>di</strong> ghiaccio, lunga circa 800<br />

metri, con un’inclinazione me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> quarantacinque<br />

gra<strong>di</strong>. Il toponimo è <strong>di</strong> origine prelatina<br />

e per coglierne il significato occorre scinderlo in<br />

lo-Roza, dove Roza in<strong>di</strong>ca il ghiaccio 89 : ritroviamo<br />

questo termine anche nel toponimo Monte<br />

Rosa, montagna la cui cima è ricoperta da una<br />

calotta <strong>di</strong> ghiaccio. Nel locale occitano possiamo<br />

trovare una similitu<strong>di</strong>ne con rozà, rugiada,<br />

fenomeno che ricopre le erbe dei campi con un<br />

sottile velo d’acqua.<br />

163 Lourousa (Cima <strong>di</strong>),<br />

T12<br />

o Cima <strong>di</strong> Chiapoùs, 2810 m<br />

Poenta d’ Lorosa / Ponta d’ Lorosa,<br />

o Poenta dal Clapós / Ponta dal Clapós<br />

Dai montanari <strong>di</strong> (274) Sant’Anna è chiamata<br />

Poenta / Ponta d’ Lorosa, Poenta / Ponta dal<br />

Clapós invece da quelli <strong>di</strong> Entracque 90 .<br />

164 Lourousa (Lagaròt <strong>di</strong>), 1970 m<br />

T11<br />

Lo Lagaròt / Lo Lagaròt d’ Lorosa<br />

/ Lhi Lagaròts<br />

Suggestivo pianoro con un lago le cui <strong>di</strong>mensioni<br />

<strong>di</strong>minuiscono col passare degli anni; da<br />

qui il <strong>di</strong>minutivo del toponimo, poiché la conca<br />

glaciale del lago viene lentamente riempita<br />

dalle sabbie moreniche trasportate dalle<br />

acque superficiali. Lagaròt non è occitano ma<br />

piemontese, dato che in lingua d’Oc verrebbe<br />

tradotto in lauset. Sul laghetto incombe la verticale<br />

colata <strong>di</strong> ghiaccio del (162) Canalone <strong>di</strong><br />

Lourousa, serrato tra le vertiginose pareti del<br />

Corno Stella e del (292) Monte Stella.<br />

Sul versante opposto è visibile il massiccio del<br />

(177) Monte Matto: a rattristare questo spettacolo<br />

sono le lapi<strong>di</strong> a ricordo dei tanti alpinisti<br />

caduti nel canalone o sulla parete nord del<br />

Corno Stella. A valle de lo Lagaròt c’è il tramuto<br />

(giàs) omonimo, frequentato fino agli inizi del<br />

1980, dove è ancora visibile il ricovero del pastore.<br />

In passato un fosso convogliava l’acqua<br />

del vallone fino al tramuto.<br />

165 Lourousa (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

T11<br />

Valon d’ Lorosa<br />

Deve il nome al canale <strong>di</strong> ghiaccio, (162) Canalone<br />

<strong>di</strong> Lourousa, che la caratterizza.<br />

È percorsa da una magnifica mulattiera, allestita<br />

per le cacce del Re, che, valicato il (073) Colle<br />

del Chiapoùs, <strong>di</strong>scende verso Entracque percorrendo<br />

la (074) <strong>Valle</strong> del Chiapoùs.<br />

«[…] Oggi 18 ebbe luogo in <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong> la terza<br />

battuta al camoscio, presso il monte Orosa,<br />

<strong>di</strong> fronte alla fontana detta dell’Oro, vicino alle<br />

Terme <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri. Il servizio fu molto bene organizzato,<br />

ma i numerosissimi camosci che si<br />

vedevano in lontananza, trovarono modo <strong>di</strong><br />

fuggire, sicché sotto il colpo sicuro <strong>di</strong> S.M. non<br />

ne giunsero che 14, numero cui ascende la magra<br />

caccia <strong>di</strong> oggi […]» 91<br />

75<br />

087<br />

Rousset P.L., Ipotesi sulle ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini, Aosta, Priuli & Verlucca e<strong>di</strong>tori, 1991.<br />

088<br />

Paschetta V., Alpes Maritimes - Vésubie, Nice, CAF Section des Alpes Maritimes Occitanes des Alpes<br />

et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.<br />

089<br />

AA. VV., Mémoires et documents publiés, Lausanne, Société d’histoire de la Suisse romande, 1906. 0xx Lorem.<br />

090<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.


76<br />

166 Lucco (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

T02<br />

Valon dal Liot<br />

È un ripido vallone incassato tra il bosco <strong>di</strong> faggio<br />

e pen<strong>di</strong>i rocciosi culminanti con un imponente<br />

sperone roccioso chiamato Bacàs d’ Liot.<br />

Interessanti sono i resti <strong>di</strong> scavi, pozzi, piccole<br />

gallerie che possiamo ancora trovare a quote<br />

<strong>di</strong>verse dai 950 ai 1500 metri <strong>di</strong> altitu<strong>di</strong>ne,<br />

chiamati lhi Pertús d’ Liot. Probabilmente erano<br />

sondaggi alla ricerca <strong>di</strong> galena, materiale ferroso<br />

che veniva estratto, in quantità significative,<br />

nel vicino Vallone del Lausetto.<br />

m<br />

091<br />

La Sentinella delle Alpi, 18 agosto 1910.


m<br />

167 Maiòla, 1250 m<br />

rizzata dalla presenza <strong>di</strong> rocce <strong>di</strong>saggregate e<br />

T13<br />

Maiòla<br />

malferme. Un tempo la zona era battuta dai<br />

Toponimo riferito alla faggeta compresa tra la cacciatori perché buon rifugio per i camosci 95 .<br />

(094) <strong>Valle</strong> <strong>di</strong> Costagrande e la (055) <strong>Valle</strong><br />

<strong>di</strong> Brusà, sulla destra orografica del (036) 171 Maledìa (Cima della), 3058 m<br />

T25<br />

<strong>Gesso</strong> della Barra. Questo bosco un tempo T27 Male<strong>di</strong>a / Poenta Male<strong>di</strong>a<br />

era ceduato e probabilmente, dopo i tagli, crescevano<br />

rigogliose le fragoline <strong>di</strong> bosco, local-<br />

Chiamata Càire Cabret, Monte del Capretto,<br />

T28 / Ponta Male<strong>di</strong>a<br />

mente chiamate maiòlas 92 .<br />

sulla Carta Sarda 96 , a questa austera cima sono<br />

legate due leggende. La prima, <strong>di</strong>ffusa sul versante<br />

italiano e proposta da Euclide Milano,<br />

168 Maladrèita (Vallone <strong>di</strong>)<br />

78 167 Maiòla<br />

193 Muraiòn (Càire del)<br />

T13<br />

Valon d’ Maladrèita / Valon d’ Maladrèit ricercatore cuneese <strong>di</strong> inizio ‘900, nel volume<br />

79<br />

168 Maladrèita<br />

194 Muraiòn (Giàs del)<br />

Poco a monte <strong>di</strong> (301) Tetto Tanàsso ha origine<br />

"Nel regno della fantasia", racconta <strong>di</strong> tre giovani<br />

169 Malarìva<br />

170 Malarìva (Cima della)<br />

171 Maledìa (Cima della)<br />

172 Malinvèrn (Monte)<br />

173 Marchiàna (Colle <strong>di</strong>)<br />

174 Margiòla (Testa)<br />

195 Muraiòn (Passo sottano del)<br />

196 Muraiòn (Vallone del)<br />

197 Muriunèra (Punta)<br />

il Vallone <strong>di</strong> Maladrèita, molto ripido e<br />

roccioso, soggetto al <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong> valanghe rovinose<br />

per i boschi sottostanti, circostanza che gli<br />

meritò la male<strong>di</strong>zione dei boscaioli della zona 93 .<br />

169 Malarìva<br />

ragazze che vivevano beatamente nella<br />

verdeggiante proprietà <strong>di</strong> famiglia fino a quando<br />

un signorotto arrogante fece loro violenza:<br />

da quel giorno la conca si tramutò in una «[...]<br />

triste e sconsolata <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> ghiacci e <strong>di</strong> nevi» 97 .<br />

I protagonisti della seconda leggenda, conosciuta<br />

175 Martìn (Truc)<br />

T20<br />

Malariva<br />

sul versante francese, sono invece i Tem-<br />

176 Mateiòt (Tetti)<br />

177 Matto (Monte)<br />

178 Matto (<strong>Valle</strong> del)<br />

179 Màucia (Gorgia della)<br />

Pen<strong>di</strong>o Ostile, la cui risalita è resa particolarmente<br />

faticosa dalla pendenza accentuata.<br />

È così chiamata la ripida parte iniziale della mulattiera<br />

che risale al (084) Colle <strong>di</strong> Ciriegia 94 .<br />

plari che gestivano il santuario <strong>di</strong> Madonna <strong>di</strong><br />

Finestra: nel 1307 l’or<strong>di</strong>ne venne soppresso e i<br />

monaci cavalieri massacrati. Da quel momento<br />

le loro anime si aggirano come spettri e nelle<br />

180 Màura (Gorgia della)<br />

giornate <strong>di</strong> vento si odono lamenti provenire da<br />

181 Màura (Lago della)<br />

170 Malarìva<br />

quelle creste maledette 98 .<br />

182 Mercantour (Cima <strong>di</strong>)<br />

T24<br />

T27 Malariva<br />

Più realisticamente questo toponimo, traducibile<br />

in Montagna Ostile, può derivare dalla sua<br />

183 Mercantour (Colle <strong>di</strong>)<br />

Con il nome <strong>di</strong> Malariva, Pen<strong>di</strong>o Ostile, s’in<strong>di</strong>ca<br />

184 Merqua (Giàs <strong>di</strong>)<br />

185 Merùr (Tetti)<br />

186 Mesa (Giàs della)<br />

187 Molliéres<br />

188 Moncalieri (Bivacco)<br />

189 Morelli-Buzzi (Rifugio)<br />

190 Mosche (Giàs delle)<br />

191 Mùnia<br />

192 Muraglie (Rocce le)<br />

la parte bassa del pen<strong>di</strong>o compreso tra il (117)<br />

Colle <strong>di</strong> Finestra e il (116) Vallone <strong>di</strong> Fenestrelle,<br />

area particolarmente ripida e caratteimmagine<br />

ar<strong>di</strong>ta e aspra: la ra<strong>di</strong>ce MAL, MAR,<br />

MAN è riconducibile alle espressioni roccia o<br />

elevazione. I toponimi derivanti da queste ra<strong>di</strong>-<br />

092 e 93<br />

Fonte: Ghigo Francesco.<br />

094<br />

Fonte: <strong>Rabbia</strong> Antonio.<br />

095<br />

Fonte: Rostagno Giovanni.<br />

096 e 98<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

097<br />

Milano E., Nel regno della fantasia, Torino, Omega E<strong>di</strong>zioni, 1998


80<br />

ci, frequenti in area me<strong>di</strong>terranea, si spingono<br />

fino in In<strong>di</strong>a: nei Pirenei abbiamo la Maladetta,<br />

nel Massiccio del Bianco i Monti Mallet e Mau<strong>di</strong>t;<br />

più vicino a noi il Rocciamelone, il Malamont,<br />

la Marchisa, la Maladecia 99 .<br />

172 Malinvèrn (Monte), 2939 m<br />

T10<br />

Lo Malinvèrn / Tèsta dal Malinvèrn<br />

Massiccio che domina la parte alta <strong>di</strong> Vals<strong>cura</strong>,<br />

il cui nome evoca i termini ostile e freddo 100 : sul<br />

versante della <strong>Valle</strong> Stura, infatti, dà origine al<br />

Rio Freddo. Sul significato del toponimo ve<strong>di</strong><br />

(171) Cima della Maledìa.<br />

173 Marchiàna (Colle <strong>di</strong>), 2270 m<br />

T01<br />

Coleta d’ Marquiana / Còl d’ Marquiana<br />

È un passaggio <strong>di</strong> collegamento la <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong><br />

e la <strong>Valle</strong> Stura, con un bel sentiero che<br />

percorre i due versanti. Il toponimo deriva da<br />

marca, confine. Era frequentato dai pastori e<br />

soprattutto dai bracconieri della <strong>Valle</strong> Stura, un<br />

tempo attratti dai camosci della riserva del Re.<br />

Siamo agli inizi del 1900: tre guar<strong>di</strong>acaccia,<br />

Meni d’ Gralha, Bernardìn e lo Papa, sorprendono<br />

due bracconieri. Ne scaturisce una violenta<br />

colluttazione. Un bracconiere riesce a scappare,<br />

mentre l’altro viene consegnato ai carabinieri.<br />

Gralha accusò un violento colpo allo<br />

stomaco e dopo alcuni mesi <strong>di</strong> sofferenza ne<br />

morì. Lo Papa aveva due labbra gonfie e altre<br />

ammaccature. Bernardìn non ebbe invece con-<br />

seguenze. Il bracconiere, incarcerato per alcuni<br />

giorni, ne uscì in breve tempo: era nato il Principe<br />

Umberto e un provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> clemenza<br />

del Re aveva svuotato le carceri 101 .<br />

174 Margiòla (Testa), 2830 m<br />

T15<br />

Tèsta d’ Marjòla<br />

«Il nome deriva da marga, marca» 102 : confine,<br />

punto nodale, limite. Infatti la cima è il nodo<br />

dello spartiacque «che scende da nord dalla<br />

Testa delle Portette, risale con angolo acuto<br />

a nord-est con la cresta del Càire <strong>di</strong> Prefouns,<br />

mentre a sud si stacca la catena delle punte<br />

Giegn e Colombrons» 103 .<br />

175 Martìn (Truc), 1600 m<br />

T17<br />

T18 Truc Martin<br />

Rilievo <strong>di</strong> Martìn. Piccola altura, un tempo pascolo<br />

da ovini, ora occupata dal bosco <strong>di</strong> faggio;<br />

a monte si trova il (204) Garb Nonne.<br />

176 Mateiòt (Tetti)<br />

T09<br />

Tèits Mateiòt<br />

Gruppo <strong>di</strong> piccoli fabbricati usati un tempo durante<br />

la stagione estiva dalla famiglia soprannominata<br />

<strong>di</strong> Matteo il Piccolo. Nel 1938 venne<br />

costruito in questa zona un bunker denominato<br />

Fortino <strong>di</strong> Mateiòt.<br />

177 Matto (Monte), 3097 m<br />

T04<br />

Lo Mat / Poenta dal Mat / Ponta dal Mat<br />

Nome probabilmente <strong>di</strong> origine molto antica:<br />

questa cima, insieme a quella de (016) L’Argentera,<br />

è ben visibile dalla pianura piemontese<br />

e perciò è facile pensare che già in passato<br />

venisse denominata. Nelle carte antiche è chiamato<br />

Matto Grosso 104 . Nei linguaggi pre-latini<br />

la ra<strong>di</strong>ce MAT significa monte. L’esempio più<br />

significativo è Matterhorn (matt, monte; horn,<br />

corno), il nome svizzero del Cervino 105 . Anche<br />

in questo caso, con la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> significato del<br />

nome originario, scrivendo Monte Matto si<br />

crea una tautologia ottenendo una ridondanza<br />

del sostantivo monte.<br />

«[…] Il Matto, per la sua mole imponente, è<br />

forse la montagna più considerevole dell’Alto<br />

<strong>Gesso</strong>. A sud-est forma il più alto e ininterrotto<br />

pen<strong>di</strong>o delle Marittime, elevandosi senza<br />

ripiani e contrafforti, per quasi 1800 m sul<br />

fondovalle sopra le Terme. La vista dal Matto<br />

è vastissima, sulla pianura piemontese, verso il<br />

Me<strong>di</strong>terraneo si scorge Genova; [...]» 106<br />

La Cima Est venne salita nel 1830 dal Capitano<br />

La Rocca dello Stato Maggiore Sardo, la<br />

Cima Centrale da W.A B. Coolidge nel 1879 e<br />

la Cima Ovest da Victor De Cessole nel 1907.<br />

Quest’ultima venne intitolata al Bobba dal<br />

grande esploratore delle Marittime.<br />

178 Matto (<strong>Valle</strong> del)<br />

T07<br />

Valon dal Mat<br />

Costituito da due valloni principali dai quali<br />

<strong>di</strong>partono una serie <strong>di</strong> canaloni molto ripi<strong>di</strong> e<br />

rocciosi. Ra<strong>di</strong> boschetti <strong>di</strong> faggio vegetano nelle<br />

poche zone non rocciose. Anche le piccole<br />

praterie, <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile accesso, erano un tempo<br />

frequentate dal pastore. Ancora visibile lo Jaç<br />

d’ la Balmetta, posto alla confluenza dei due<br />

valloni principali, <strong>di</strong> cui restano i ruderi del misero<br />

ricovero situato a ridosso <strong>di</strong> un grande riparo<br />

sotto la roccia.<br />

179 Màucia (Gorgia della)<br />

T21<br />

Gòrja d’ la Maucha / Gòrja d’ la Moissa<br />

Toponimo curioso, che potrebbe derivare da<br />

mauta, malta in occitano, ossia terreno umido,<br />

melmoso: lungo i pen<strong>di</strong>i ci sono infatti alcune<br />

sorgenti che rendono il terreno fangoso e soggetto<br />

a piccole frane.<br />

180 Màura (Gorgia della)<br />

T24<br />

T27 Gòrja d’ la Maura<br />

Gòrja, dal greco gargareòn, gola, è un termine<br />

usato per in<strong>di</strong>care un vallone poco ampio;<br />

maura deriva dal greco mayròs, che significa<br />

oscuro, cupo e in occitano in<strong>di</strong>ca il rododendro<br />

107 : infatti un popolamento <strong>di</strong> rododendri,<br />

eccetto che nel periodo della fioritura, genera<br />

proprio un effetto cromatico cupo.<br />

81<br />

099<br />

Rousset P.L., Ipotesi sulle ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini, Aosta, Priuli & Verlucca e<strong>di</strong>tori, 1991.<br />

100<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

101<br />

Fonte: Franco Antonio.<br />

102 e 103<br />

Paschetta V., Alpes Maritimes - Vésubie, Nice, CAF Section des Alpes Maritimes Occitanes des Alpes<br />

et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.<br />

104 e 106<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

105<br />

Bruno M., Alpi sud-occidentali tra Piemonte e Provenza; Dizionario toponomastico,<br />

Cuneo, Ed. l’Arciere, Coumboscuro Centre Prouvençal, 1996.<br />

107<br />

De <strong>Mauro</strong> T., Mancini M., Dizionario etimologico, Garzanti Linguistica, 2000.


82<br />

181 Màura (Lago della), 2370 m<br />

T24<br />

T27 Laus d’ la Maura / Lac d’ la Maura<br />

Piccolo lago che alimenta il torrente che scorre<br />

nella (180) Gorgia della Màura.<br />

182 Mercantour (Cima <strong>di</strong>), 2775 m<br />

T20<br />

Poenta dal Mercantor<br />

/ Ponta dal Mercantor<br />

Prende il nome dal sottostante (183) Colle <strong>di</strong><br />

Mercantour. Sulla Carta Sarda <strong>di</strong> metà ‘800<br />

veniva segnata come la cima più elevata delle<br />

Marittime, valutata oltre 3100 metri a causa <strong>di</strong><br />

un errore dei topografi, che, durante la campagna<br />

<strong>di</strong> rilevazione, pensando <strong>di</strong> stimare l’altezza<br />

del Mercantour, puntarono gli strumenti<br />

sulla cima de (016) L’Argentera 108 .<br />

L’errore si è in qualche modo mantenuto per<br />

<strong>di</strong>versi decenni, anche dopo la correzione, soprattutto<br />

tra botanici e geologi che continuarono<br />

a parlare delle tipicità <strong>di</strong> questa zona facendo<br />

riferimento alla montagna che ritenevano<br />

più importante, il Mercantour.<br />

183 Mercantour (Colle <strong>di</strong>), 2639 m<br />

T20<br />

Còl dal Mercantor<br />

Il nome deriva dall’espressione (<strong>di</strong> possibile origine<br />

provenzale) mau countour, ossia accesso<br />

<strong>di</strong>sagevole, rapportandolo al vicino (084) Colle<br />

<strong>di</strong> Ciriegia 109 .<br />

184 Merqua (Giàs <strong>di</strong>), 1800 m<br />

T02<br />

Jaç d’ Mèrcoa<br />

Fino alla fine degli anni 1960 era un ricco pascolo<br />

per le vacche che producevano un formaggio<br />

<strong>di</strong> particolare pregio. A questa mandria<br />

si aggiungeva un gregge. Prima della seconda<br />

guerra giungevano qui da (274) Sant’Anna<br />

più uomini per falciare parte <strong>di</strong> questa praterie.<br />

Oggi c’è un gregge guidato da un pastore che<br />

può contare su <strong>di</strong> un rifugio <strong>di</strong>gnitoso, mentre<br />

il pascolo va degradandosi e alle erbe appetitose<br />

vanno sostituendosi ginepri e rododendri.<br />

185 Merùr (Tetti), 1400 m<br />

T05<br />

Tèits Meror<br />

Il significato del toponimo è sconosciuto. In<strong>di</strong>ca<br />

in piccolo inse<strong>di</strong>amento e il vasto territorio<br />

circostante, oggi rioccupato dal bosco. Grazie<br />

all’ottima esposizione era l’inse<strong>di</strong>amento abitato<br />

tutto l’anno posto più in quota in <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong>.<br />

In realtà vi abitava una sola famiglia, i Brao<br />

<strong>di</strong> Tetti Gaina, detti Raio. Naturalmente c’era<br />

anche il forno, ma non era possibile irrigare i<br />

terreni agricoli strappati alla montagna. Parte <strong>di</strong><br />

questa numerosa famiglia viveva a Tetti Gaina,<br />

a un’ora <strong>di</strong> cammino, ma a poche centinaia <strong>di</strong><br />

metri in linea d’aria. Così avevano escogitato<br />

un sistema per una comunicazione essenziale<br />

a <strong>di</strong>stanza. Con una grossa conchiglia <strong>di</strong> mare,<br />

localmente chiamata coconaia, ottenevano un<br />

suono simile a quello <strong>di</strong> un corno, soffiando in<br />

modo opportuno attraverso l’apposito foro;<br />

co<strong>di</strong>ficando i segnali si potevano così mandare<br />

messaggi che riecheggiavano per la valle!<br />

186 Mesa (Giàs della), 2070 m<br />

T16<br />

Jaç dal Metzdí<br />

Alpe pascoliva da ovini, sita nella (017) <strong>Valle</strong><br />

dell’Argentera, raggiunta dai raggi solari verso<br />

mezzogiorno, metzdí nella parlata locale.<br />

187 Molliéres, 1572 m<br />

T29<br />

Molieres<br />

Piccola borgata della Vallée de la Vésubie che<br />

nel 1860 entrò a far parte del Regno d’Italia<br />

sotto la giuris<strong>di</strong>zione del Comune <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri;<br />

data la con<strong>di</strong>zione d’isolamento, il paese <strong>di</strong>venne<br />

porto franco. Molieres negli anni Venti<br />

contava circa centocinquanta abitanti. I contatti<br />

con Val<strong>di</strong>eri erano spora<strong>di</strong>ci: gli abitanti scendevano<br />

al capoluogo, solitamente valicando il<br />

(240) Passo delle Portette o il (121) Colle <strong>di</strong><br />

Fremamòrta, per sbrigare le pratiche burocratiche,<br />

per svolgere piccole attività commerciali<br />

e, nel caso dei giovani, per la leva, ossia per<br />

sorteggiare il numero e servire l’esercito. L’italianità<br />

del territorio era inoltre assi<strong>cura</strong>ta dalla<br />

presenza del maestro, del sacerdote e dei carabinieri.<br />

Nel 1947, con il Trattato <strong>di</strong> Parigi, Molieres tornò<br />

alla Francia; contemporaneamente il paese<br />

subì un rapido spopolamento, che si arrestò so-<br />

lamente negli ultimi anni con il ritorno <strong>di</strong> alcuni<br />

pastori e la ristrutturazione <strong>di</strong> qualche abitazione.<br />

A ricordo dell’appartenenza italiana, sulla<br />

facciata della chiesa c’è ancora una lapide con<br />

i nomi dei caduti del primo conflitto mon<strong>di</strong>ale.<br />

188 Moncalieri (Bivacco), 2710 m<br />

T24<br />

T27 Bivac Moncalieri<br />

«[…] collocato in uno degli angoli più suggestivi<br />

e selvaggi del Parco, è posto circa 40 metri<br />

sotto il cosiddetto Passaggio dei Ghiacciai del<br />

Gelàs (2750 m) attraverso il quale è possibile<br />

raggiungere – con qualche <strong>di</strong>fficoltà da non<br />

sottovalutare – il Ghiacciaio nord-ovest del Gelas,<br />

la Pera d’ Fener e la mulattiera che scende<br />

al rifugio Soria-Ellena al Praiet. Dai <strong>di</strong>ntorni del<br />

Bivacco si gode <strong>di</strong> uno spettacolare panorama<br />

sui monti circostanti e verso nord sull’arco alpino<br />

sino al Monte Rosa.» 110<br />

Circa duecento metri più a valle, sulla sponda<br />

del Lago Bianco, è ancora visibile l’area sulla<br />

quale sorgeva il rifugio Moncalieri.<br />

Inaugurato il 10 settembre 1972 dalla sezione<br />

<strong>di</strong> Moncalieri della Giovane Montagna, il bellissimo<br />

rifugio in miniatura, a due piani, offriva<br />

trenta posti letto e costituiva una comoda base<br />

per le ascensioni del gruppo Maledìa-Gelàs<br />

(ve<strong>di</strong> (171) Cima della Maledìa, (130) Cima<br />

dei Gelàs). Già funestato durante i lavori <strong>di</strong> costruzione<br />

da una gravissima sciagura (due gio-<br />

83<br />

108<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908;<br />

Paschetta V., Alpes Maritimes - Vésubie, Nice, CAF Section des Alpes Maritimes Occitanes des Alpes<br />

et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.<br />

109<br />

Paschetta V., Alpes Maritimes - Vésubie, Nice, CAF Section des Alpes Maritimes Occitanes des Alpes<br />

et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.<br />

110<br />

AA.VV., La guida del Parco Alpi Marittime, Cuneo, Blu e<strong>di</strong>zioni, 2000.


84<br />

vani colpiti e uccisi dal fulmine il 10 settembre<br />

1971), il rifugio ha avuto breve vita: spazzato<br />

dalle valanghe negli inverni successivi, <strong>di</strong> esso<br />

non rimangono che poche tracce. Resta in pie<strong>di</strong><br />

il piccolo cippo che la Giovane Montagna ha<br />

de<strong>di</strong>cato alla memoria dei due giovani.<br />

Nella stessa zona esisteva negli anni Trenta il bivacco<br />

fisso della (130) Cima dei Gelàs voluto<br />

dalla sezione Ligure del CAI (Genova), anch’esso<br />

<strong>di</strong>strutto da valanghe nell’inverno 1937-38.<br />

189 Morelli-Buzzi (Rifugio), 2351 m<br />

T12<br />

Refujo Morelli-Buzzi<br />

«Sorge a m 2450 c. nel Vall. Di Lourousa, al <strong>di</strong><br />

sopra del Gias della Balma, <strong>di</strong> fronte alla parete<br />

del M. stella, in vista del M. Matto e della Cima<br />

dell’Oriol. […] è <strong>di</strong> proprietà del Sez. <strong>di</strong> Cuneo<br />

del CAI; […] Porta il nome <strong>di</strong> un profondo conoscitore<br />

111 <strong>di</strong> queste montagne, perito durante<br />

una tremenda bufera che lo colse la sera <strong>di</strong><br />

un’Epifania, mentre stava salendo al Rifugio<br />

Quintino Sella al Monviso.» 112<br />

«Si sale al rifugio per una mulattiera dell’antica<br />

riserva <strong>di</strong> caccia reale che mollemente serpeggia<br />

tra larici secolari. All’uscita dal bosco ad<br />

ogni passo si presenta una nuova 'visione': il romantico<br />

Lagarot <strong>di</strong> Lourousa, il severo versante<br />

del Corno Stella, la curiosa cuspide del 'Sigaro'.<br />

Al rifugio si resta a bocca aperta <strong>di</strong> fronte ai<br />

mille metri <strong>di</strong> rocce vertiginose del Monte Stel-<br />

la, mentre verso <strong>Valle</strong>, inquadrato dal profilo <strong>di</strong><br />

tipica valle glaciale, s’innalza il Monte Matto,<br />

castello <strong>di</strong> cime superiori ai 3000 metri.» 113<br />

190 Mosche (Giàs delle), 1591 m<br />

T11<br />

Jaç d’ las Moissas<br />

Tramuto (giàs) dei margari, ossia per il pascolamento<br />

delle vacche, probabilmente intitolato<br />

alle inseparabili compagne degli animali in alpeggio,<br />

le mosche. È un punto <strong>di</strong> partenza per<br />

molte escursioni: da qui ha inizio il sentiero del<br />

(050) Rifugio Bozano Lorenzo e quello dei<br />

(122) Laghi <strong>di</strong> Fremamòrta.<br />

191 Mùnia, 1050 m<br />

T03<br />

Mónia<br />

Estesa area a monte della Polveriera, con terrazzamenti<br />

e ciglioni, perciò un tempo coltivata,<br />

ora invasa dal bosco misto <strong>di</strong> latifoglie. Qui<br />

vi erano alcuni esemplari <strong>di</strong> castagno da frutto<br />

che vegetavano grazie alle cure, si può ben <strong>di</strong>re<br />

amorevoli, dei conta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> montagna. Venendo<br />

a mancare quest’impegno, i castagni sono stati<br />

col tempo sostituiti da pioppi tremuli e da betulle.<br />

Il toponimo potrebbe rifarsi al soprannome<br />

<strong>di</strong> una proprietaria e derivare dall’occitano<br />

monje, monaco, al femminile mónia, suora 114 .<br />

192 Muraglie (Rocce le), 1950 m<br />

T18<br />

Las Muralhas<br />

I Muraglioni: serie <strong>di</strong> creste e pen<strong>di</strong>i rocciosi<br />

alquanto instabili a monte del Gias del Frassinetto,<br />

nella (120) <strong>Valle</strong> <strong>di</strong> Frassinetto. Dalla<br />

ra<strong>di</strong>ce MOR, MUR derivano parole usate per in<strong>di</strong>care<br />

mucchi <strong>di</strong> pietre, siti elevati e rocciosi 115 .<br />

In questa zona perse la vita Marobbia, un bateur<br />

<strong>di</strong> Entracque che durante una battuta <strong>di</strong><br />

caccia dei Savoia precipitò nel vuoto.<br />

Furono <strong>di</strong>versi gli incidenti in cui i bateurs furono<br />

coinvolti: cadute rovinose, crolli <strong>di</strong> massi<br />

causati dal passaggio <strong>di</strong> uomini o <strong>di</strong> animali...<br />

Ciononostante le battute <strong>di</strong> caccia dei Savoia<br />

costituivano un avvenimento importante in<br />

<strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong>, in quanto rappresentavano un’occasione<br />

per un numero cospicuo <strong>di</strong> ragazzi,<br />

fino a duecento provenienti dai <strong>di</strong>versi paesi<br />

della valle, <strong>di</strong> guadagnare qualche soldo.<br />

Per le battute si partiva a notte fonda e man<br />

mano veniva circondato un intero vallone. Nella<br />

mattinata arrivavano i cacciatori a cavallo, che<br />

si posizionavano nelle imposte <strong>di</strong> caccia realizzate<br />

in pietra a secco. A questo punto si dava<br />

il segnale <strong>di</strong> inizio della caccia con le trombe: i<br />

bateurs, facendo rumore con sonagli, urla e fischi,<br />

cominciavano a scendere a valle dalle creste<br />

rocciose in<strong>di</strong>rizzando i camosci, spaventati<br />

dal frastuono, verso le imposte. Talvolta i capi<br />

abbattuti potevano essere centinaia.<br />

Tra i vari sovrani che si susseguirono, il più appassionato<br />

<strong>di</strong> caccia fu Vittorio Emanuele II.<br />

Il declino della pratica iniziò durante il regno <strong>di</strong><br />

Vittorio Emanuele III; la Regina Elena spesso si<br />

inteneriva per l’uccisione delle femmine con i<br />

piccoli e <strong>di</strong>verse volte chiese <strong>di</strong> interrompere<br />

le cacce. La fine delle gran<strong>di</strong> battute venne<br />

sancita dal Re, probabilmente impressionato<br />

dal grande massacro, nel periodo seguente la<br />

Prima Guerra Mon<strong>di</strong>ale. Da allora vennero promosse<br />

delle cacce riservate agli ospiti eccellenti<br />

<strong>di</strong> Casa Savoia: essi venivano accompagnati solamente<br />

dai guar<strong>di</strong>acaccia e dai portatori, così<br />

da contenere il numero <strong>di</strong> animali abbattuti.<br />

193 Muraiòn (Càire del), 2972 m<br />

T25<br />

T27 Caire dal Muralhon<br />

T28 / Quère dal Muralhon<br />

Cresta rocciosa che deve il nome al (195) Passo<br />

Sottano del Muraion. Da notare la variazione<br />

del termine càire, che, nel passaggio dall’entracquese<br />

al val<strong>di</strong>erese, si trasforma in quère.<br />

194 Muraiòn (Giàs del), 1843 m<br />

T25<br />

Jaç dal Muralhon<br />

Esteso pascolo da ovini; restano ancora tracce<br />

dei recinti e del ricovero del pastore.<br />

195 Muraiòn (Passo sottano del), 2050 m<br />

T25<br />

Pas dal Muralhon<br />

Passaggio particolarmente austero, in cui un<br />

possente muro in pietra a secco, alto circa tre<br />

metri, ristrutturato nei primi anni 2000, sostiene<br />

la mulattiera che conduce al (214) Rifugio<br />

Federici-Marchesini al Pagarì.<br />

85<br />

111<br />

N.d.R. Morelli Giuseppe Costanzo.<br />

112<br />

Saglio S., Da rifugio a rifugio. Alpi Liguri e Marittime, Milano, Touring Club Italiano, 1958.<br />

113<br />

AA. VV., Rifugi e bivacchi delle Alpi Marittime - Mercantour, Parco Naturale Alpi Marittime, 2008.<br />

114<br />

Fonte: Quaranta Aldo.<br />

115<br />

Rousset P.L., Ipotesi sulle ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini, Aosta, Priuli & Verlucca e<strong>di</strong>tori, 1991.


86<br />

Il toponimo potrebbe fare riferimento a questo<br />

muro: infatti muralhon in occitano significa<br />

grosso muro, oppure potrebbe rifarsi alla ra<strong>di</strong>ce<br />

prelatina MUR, usata per in<strong>di</strong>care un mucchio<br />

<strong>di</strong> pietre 116 .<br />

196 Muraiòn (Vallone del)<br />

T25<br />

Valon dal Muralhon<br />

Sono <strong>di</strong>versi i valloni che hanno origine in questa<br />

zona e che con ar<strong>di</strong>te balze precipitano a<br />

valle. Proprio in questi salti rocciosi negli anni<br />

‘70 perse la vita un giovane sacerdote che smarrì<br />

la mulattiera a causa della nebbia durante<br />

un’escursione con un gruppo <strong>di</strong> ragazzi.<br />

197 Muriunèra (Punta), 2059 m<br />

T02<br />

T05 Morionera / Poenta dal Morionier<br />

/ Ponta Morionera<br />

Ben visibile da (274) Sant’Anna, è una sommità<br />

arrotondata coperta da praterie, che contrasta<br />

con tutte le cime circostanti, aguzze e rocciose.<br />

Il toponimo richiama i mirtilli, localmente<br />

chiamati morions, <strong>di</strong>ffusi in quella zona.<br />

n<br />

116<br />

Rousset P.L., Ipotesi sulle ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini, Aosta, Priuli & Verlucca e<strong>di</strong>tori, 1991.


n<br />

198 Nasta (Cima <strong>di</strong>), 3108 m<br />

T16<br />

La Nasta / Poenta d’ la Nasta<br />

/ Ponta d’ Nasta<br />

Nome probabilmente originario da una variante<br />

<strong>di</strong> asta: con questo termine vengono in<strong>di</strong>cati<br />

elementi che presentano una verticalità, come<br />

nel caso dell’asta della ban<strong>di</strong>era 117 .<br />

201 Ninsulèr (I), 1200 m<br />

T09<br />

Lhi Ninçolers<br />

I Noccioli. A (111) Esteràte, a monte del Tèit<br />

d’Ambrin, probabilmente in passato l’attuale<br />

bosco <strong>di</strong> faggio era molto più rado e caratterizzato<br />

dalla presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi noccioli.<br />

202 Nisàrt (Vallone)<br />

«[…] è una poderosa vetta che dal lato meri<strong>di</strong>onale<br />

T09<br />

Valon d’ Niçard<br />

ha l’aspetto <strong>di</strong> una larga e scoscesa Breve vallone, con salti rocciosi alternati a bosco<br />

muraglia, sormontata da cinque o sei spuntoni <strong>di</strong> faggio, posto tra il Vallone del Fiaus e il Vallone<br />

88 198 Nasta (Cima <strong>di</strong>)<br />

d’ineguale altezza […]» 118<br />

<strong>di</strong> Femmina Morta, con cui è collegato da un<br />

89<br />

199 Naucétas (Cima <strong>di</strong>)<br />

200 Nègre (Lac)<br />

201 Ninsulèr (I)<br />

202 Nisàrt (Vallone)<br />

203 Nonne (Cularìn del Garb)<br />

204 Nonne (Garb)<br />

199 Naucétas (Cima <strong>di</strong>), 2706 m<br />

T20<br />

Poenta d’ Naucetas / Ponta d’ Naucetas<br />

Guardando a est dalla (215) Bassa <strong>di</strong> Pagarì<br />

<strong>di</strong> Salése, è la seconda cima visibile, successiva<br />

alla Cima Est <strong>di</strong> Pagarì (2686 m).<br />

200 Nègre (Lac), 2354 m<br />

T29<br />

Laus d’ Negré / Lac Nègre<br />

Esteso lago visibile dal (243) Passo del Prefoùns,<br />

caratterizzato da riflessi cupi dovuti allo<br />

specchiarsi delle pietraie e dell’imponente Caire<br />

Ponchut sulla sua superficie.<br />

Vittorio Emanuele II era particolarmente affascinato<br />

dall’area, tanto da allestire presso il lago<br />

un accampamento utilizzato come base per le<br />

attività <strong>di</strong> caccia e <strong>di</strong> pesca.<br />

canalone boscato detto lo Valon Escur, il Vallone<br />

Oscuro, poiché esposto a nord-ovest 119 .<br />

203 Nonne (Cularìn del Garb), 2540 m<br />

T17<br />

Colarin dal Garb d’ Nònne<br />

/ Colarin dal Garb d’ las Nònne<br />

Colletto dell’Avvallamento della Nonna. Angusto<br />

passaggio che mette in comunicazione<br />

l’alta <strong>Valle</strong> del (036) <strong>Gesso</strong> della Barra con la<br />

(264) <strong>Valle</strong> della Rovina. Un tempo era frequentato<br />

per la caccia allo stambecco.<br />

204 Nonne (Garb), 1700 m<br />

T17<br />

Garb d’ Nònne / Garb d’ las Nònne<br />

Avvallamento della Nonna. Ampio pascolo,<br />

ormai inselvatichito, ricco d’acqua. È un buon<br />

posto <strong>di</strong> svernamento per lo stambecco.<br />

117<br />

Bruno M., Alpi sud-occidentali tra Piemonte e Provenza; Dizionario toponomastico,<br />

Cuneo, Ed. l’Arciere, Coumboscuro Centre Prouvençal, 1996.<br />

118<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

119<br />

Fonte: Ghigo Francesco.


90<br />

o


o<br />

205 Olivazzo (Punta), 1708 m<br />

209 Oriòl, 2943 m<br />

T13<br />

T12<br />

Poenta d’ l’Olivàs / Poenta Olivàs<br />

La Roa<br />

/ Ponta d’ l’Olivàs / Ponta Olivàs<br />

Parete rocciosa slanciata dall’inconfon<strong>di</strong>bile forma<br />

a mezza ruota, da cui il nome locale <strong>di</strong> roa,<br />

Cima rocciosa sita sul tratto iniziale della cresta<br />

che <strong>di</strong>vide la valle del (036) <strong>Gesso</strong> della Barra <strong>di</strong>venuto poi oriol, forse da orologio.<br />

e la (264) <strong>Valle</strong> della Rovina.<br />

Nel versante <strong>di</strong> Entracque era chiamata Poenta<br />

/ Ponta dal Laitós, dal nome del vallone che<br />

206 Olivazzo (<strong>Valle</strong>)<br />

<strong>di</strong>scende verso la (264) <strong>Valle</strong> della Rovina 122<br />

T13<br />

Valon d’ l’Olivàs<br />

(ve<strong>di</strong> (144) Vallone Laitùs).<br />

Olivàs è il termine con cui a Entracque viene<br />

chiamato il pino cembro, probabilmente nel 210 Orso (Bosco dell’)<br />

92 205 Olivazzo (Punta)<br />

206 Olivazzo (<strong>Valle</strong>)<br />

tentativo scherzoso <strong>di</strong> paragonarlo all’olivo.<br />

Sulla destra del vallone c’è la Barma d’ l’Olivàs,<br />

T18<br />

Bòsc d’ l’Ors<br />

Bosco <strong>di</strong> faggio molto bello. Il toponimo richiama<br />

93<br />

208 Oréglia (<strong>Valle</strong>tta <strong>di</strong>)<br />

209 Oriòl<br />

210 Orso (Bosco dell’)<br />

207 Oréglia (<strong>Valle</strong>)<br />

tempo dai pastori come ricovero per le greggi<br />

e, durante la Resistenza, dai partigiani ricercati<br />

dai nazifascisti 120 .<br />

un ampio riparo sotto una roccia utilizzato un<br />

l’orso, forse riferendosi a l’estranom <strong>di</strong><br />

valligiano, oppure proprio all’animale probabilmente<br />

presente nell’area in tempi lontani.<br />

un<br />

207 Oréglia (<strong>Valle</strong>)<br />

T17<br />

T18<br />

Orelho / Valon d’Oreglio<br />

Breve vallone dove si alternano salti rocciosi e<br />

boschi <strong>di</strong> faggio. Il toponimo potrebbe derivare<br />

dalla ra<strong>di</strong>ce prelatina OR, in<strong>di</strong>cante un luogo<br />

elevato 121 .<br />

208 Oréglia (<strong>Valle</strong>tta <strong>di</strong>)<br />

T17<br />

T18 Valon Chòt d’Orelho<br />

/ Valon Chòt d’Oreglio<br />

Vallone Piccolo d’Oreglio. Vallone boschivo posto<br />

a valle <strong>di</strong> (271) San Giacomo.<br />

120<br />

Fonte: Ghigo Francesco.<br />

121<br />

Bruno M., Alpi sud-occidentali tra Piemonte e Provenza; Dizionario toponomastico,<br />

Cuneo, Ed. l’Arciere, Coumboscuro Centre Prouvençal, 1996.<br />

122<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.


94<br />

p


p<br />

211 Paganini (Cima), 3051 m<br />

T16<br />

Poenta Paganini / Ponta Paganini<br />

Vetta a<strong>di</strong>acente al Colle <strong>di</strong> Nasta, intitolata a Pio<br />

Paganini, topografo che introdusse e perfezionò<br />

in Italia il sistema aerofotogrammetrico e che<br />

realizzò la carta IGM delle Alpi Marittime 123 .<br />

al M. Rosa e particolarmente interessante sui<br />

gruppi dell’Argentera, del Matto 126 e della Male<strong>di</strong>a.<br />

– Costruito dalla Sezione Ligure del CAI<br />

nel 1913, dopo essere stato premiato all’Esposizione<br />

Internazionale <strong>di</strong> Torino (1911), fu ampliato<br />

nel 1938 e restaurato nel 1947; è stato<br />

intitolato a un socio della Sezione, benemerito<br />

per l’attività svolta nelle Alpi Marittime. è una<br />

costruzione in legno e muratura a un piano,<br />

con sottotetto, […]» 127<br />

212 Pagarì (Cima <strong>di</strong>), 2680 m<br />

T20<br />

Poenta dal Pagarí / Ponta dal Pagarí<br />

Deve il nome all’antica denominazione della vicina<br />

(215) Bassa <strong>di</strong> Pagarì <strong>di</strong> Salése.<br />

96 211 Paganini (Cima)<br />

236 Pla (Càire)<br />

«Il Pagarì, con i suoi 2650 metri <strong>di</strong> quota e le<br />

97<br />

213 Pagarì (Passo del), 2795 m<br />

212 Pagarì (Cima <strong>di</strong>)<br />

213 Pagarì (Passo del)<br />

214 Pagarì (Rifugio<br />

Federici-Marchesini al)<br />

215 Pagarì <strong>di</strong> Salése (Bassa <strong>di</strong>)<br />

216 Paladìn (Tetti)<br />

217 Pantacrèus (Cima <strong>di</strong>)<br />

218 Pantacrèus (Giàs)<br />

219 Parandìne (Càire)<br />

220 Parpusè (La Balma <strong>di</strong>)<br />

221 Partìa (Giàs della)<br />

222 Partìa (<strong>Valle</strong> della)<br />

223 Partìa (Vallone della)<br />

224 Patanùa (Baréta)<br />

225 Peirabròc (Cima dei)<br />

226 Peirabròc (Garb <strong>di</strong>)<br />

227 Peirabròc (Giàs)<br />

228 Peirafìca (Punta <strong>di</strong>)<br />

229 Peirastrétta<br />

230 Pendìs (I)<br />

231 Pera Bianca<br />

232 Pera Bianca (Vallone <strong>di</strong>)<br />

233 Piagnetta (La)<br />

234 Piastra (Ponte della)<br />

235 Piòi (Càire <strong>di</strong>)<br />

237 Porta Nissa<br />

238 Portes (’s)<br />

239 Portette (Lago delle<br />

240 Portette (Passo delle)<br />

241 Praièt (Piano del)<br />

242 Prefoùns (Càire <strong>di</strong>)<br />

243 Prefoùns (Passo del)<br />

244 Prefoùns (<strong>Valle</strong> del)<br />

245 Preve (La Pera dal)<br />

246 Puràccia (Càire <strong>di</strong>)<br />

T28<br />

Pas dal Pagarí<br />

Detto anche <strong>di</strong> Pagarìn o <strong>di</strong> Pagarè, il nome originario<br />

dovrebbe essere Gelàs de Belvedere 124 .<br />

Pagarì, toponimo <strong>di</strong>ffuso nella zona, trae origine<br />

dalla deformazione del nome Paganino del Pozzo,<br />

intendente delle Gabelle Sabaude che nella<br />

prima metà del Quattrocento fece costruire una<br />

mulattiera per collegare Nizza con il Piemonte<br />

attraverso il Colle <strong>di</strong> Arnova, l’attuale (084) Colle<br />

<strong>di</strong> Ciriegia. Presumibilmente fu allestito da<br />

contrabban<strong>di</strong>eri che, per derisione, lo intitolarono<br />

al gabelliere cui evadevano le imposte 125 .<br />

214 Pagarì (Rifugio<br />

T25<br />

T28 Federici-Marchesini al), 2650 m<br />

Lo Pagarí / Refujo Pagarì<br />

«È situato a m 2650 al margine del Ghiacciaio<br />

<strong>di</strong> Pagarì, con splen<strong>di</strong>da vista su tutto l’arco fino<br />

quattro ore e mezza <strong>di</strong> cammino necessarie<br />

per raggiungerlo, offre all’escursionista il piacere<br />

e la sod<strong>di</strong>sfazione delle cose guadagnate<br />

con fatica. Tra le sue pareti è piacevole godersi<br />

l’atmosfera del rifugio 'd’antan' […] scendere<br />

dal letto all’alba per rimirare le tinte <strong>di</strong> fuoco<br />

riflesse sull’impressionante muraglia della Cima<br />

Male<strong>di</strong>a […]» 128<br />

È conosciuto come rifugio Pagarì poiché si trova<br />

nelle vicinanze del colle omonimo.<br />

215 Pagarì <strong>di</strong> Salése (Bassa <strong>di</strong>), 2539 m<br />

T20<br />

Pas des Naucetas<br />

Passo localizzato a una quota inferiore rispetto<br />

al vicino (084) Colle <strong>di</strong> Ciriegia; ciononostante<br />

è poco frequentato a causa dell’assenza <strong>di</strong> un<br />

sentiero <strong>di</strong> servizio. Curiosamente, a <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong><br />

questa carenza, lungo cresta sommitale sono<br />

123<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

124 e 125<br />

Paschetta V., Alpes Maritimes - Vésubie, Nice, CAF Section des Alpes Maritimes Occitanes des Alpes<br />

et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.<br />

126<br />

N.d.R. I gruppi dell'Argentera e del Matto non sono visibili dal Rifugio Federici-Marchesini al Pagarì.<br />

127<br />

Saglio S., Da rifugio a rifugio. Alpi Liguri e Marittime, Milano, Touring Club Italiano, 1958.<br />

128<br />

AA. VV., Rifugi e bivacchi delle Alpi Marittime - Mercantour, Parco Naturale Alpi Marittime, 2008.


98<br />

presenti i resti <strong>di</strong> un possente muro in pietra.<br />

Per quanto riguarda il nome, naucia in antico<br />

occitano significa trogolo, mangiatoia per maiali:<br />

infatti il versante francese degrada con una<br />

serie <strong>di</strong> avvallamenti e depressioni la cui forma<br />

può ricordare quel contenitore 129 . Sulla guida<br />

<strong>di</strong> Paschetta è anche chiamato Passo <strong>di</strong> Pagarì<br />

<strong>di</strong> Salése, riferendo Pagarì, nome che compare<br />

spesso nei colli della zona, a Paganino del Pozzo,<br />

intendente delle Gabelle Sabaude che dal<br />

1423 al 1425 riscosse i pedaggi sui traffici commerciali<br />

<strong>di</strong> entrambi i versanti. Questo toponimo<br />

potrebbe in<strong>di</strong>care in modo canzonatorio un<br />

colle frequentato dai contrabban<strong>di</strong>eri e, quin<strong>di</strong>,<br />

privo <strong>di</strong> tassa. Salèses è invece il vallone francese<br />

in fondo al quale c’è la borgata <strong>di</strong> Ciriegia.<br />

Un terzo nome che emerge da un informatore è<br />

lo Pas d’ Napoleon, poiché pare che vi passarono<br />

le truppe dell’Imperatore <strong>di</strong> Francia 130 .<br />

216 Paladìn (Tetti), 1300 m<br />

T02<br />

Tèits Pala<strong>di</strong>n<br />

Inse<strong>di</strong>amento usato durante l’estate, con tetti<br />

in paglia un tempo, oggi in lamiera, e un’ampia<br />

stalla per le pecore, posta in una barma proprio<br />

al <strong>di</strong> sotto del sentiero della Merìs. Attorno<br />

c’erano alcuni prati e piccoli campi. Di questo<br />

toponimo così evocativo non si conosce il significato.<br />

A monte c’è la presa dell’acquedotto<br />

che garantisce abbondante ottima acqua al paese<br />

<strong>di</strong> (274) Sant’Anna.<br />

217 Pantacrèus (Cima <strong>di</strong>), 2393 m<br />

T22<br />

T24 Pantacreus<br />

T25 Monte dai versanti ripi<strong>di</strong> e rocciosi. Toponimo<br />

composto: se <strong>di</strong> panta non si è ritrovata alcuna<br />

origine atten<strong>di</strong>bile (dal greco panta, tutto?), probabilmente<br />

croes è da riferire alla ra<strong>di</strong>ce prelatina<br />

CAR, utilizzata per in<strong>di</strong>care roccia, altezza 131 .<br />

218 Pantacrèus (Giàs), 1862 m<br />

T22<br />

T24 Jaç Pantacreus<br />

Pascolo dei pastori con recinto in pietre, posto<br />

su un suggestivo pianoro dove piccole praterie<br />

macchiano <strong>di</strong> verde le estese pietraie. Il toponimo<br />

è riferito alla (217) Cima <strong>di</strong> Pantacrèus.<br />

219 Parandìne (Càire), 1300 m<br />

T18<br />

Caire d’ Paran<strong>di</strong>nas<br />

/ Quère d’ las Peran<strong>di</strong>nas<br />

Affioramento roccioso <strong>di</strong> Paran<strong>di</strong>ne. Emerge<br />

dal bosco <strong>di</strong> faggio della (207) <strong>Valle</strong> Oréglia,<br />

il cui nome trae origine da l’estranom <strong>di</strong> una<br />

famiglia <strong>di</strong> Entracque 132 .<br />

220 Parpusè (La Balma <strong>di</strong>), 1450 m<br />

T07<br />

T11 La Barma <strong>di</strong> Parposè<br />

Riparo sotto una roccia a<strong>di</strong>acente alla strada<br />

della (322) <strong>Valle</strong> della <strong>Valle</strong>tta. Qui si appostavano<br />

i finanzieri (parposè nella parlata locale,<br />

storpiando il nome francese <strong>di</strong> préposés des<br />

douanes) per sorprendere i contrabban<strong>di</strong>eri<br />

che trafficavano merci attraverso il (084) Colle<br />

<strong>di</strong> Ciriegia. Poco a monte c’è la vasca <strong>di</strong> captazione<br />

dell’Hotel Royal delle (304) Terme: nel<br />

1800 quest’acqua era utilizzata per muovere<br />

una piccola segheria allestita per la lavorazione<br />

delle conifere dei boschi circostanti. Il toponimo<br />

Sanha d’ la Rèssea, Acquitrino della Segheria,<br />

rammenta quell’attività 133 .<br />

221 Partìa (Giàs della), 1980 m<br />

T15<br />

T16 Jaç d’ la Partia<br />

Risalendo il sentiero che dal (190) Giàs delle<br />

Mosche conduce ai (122) Laghi <strong>di</strong> Fremamòrta<br />

si passa nelle vicinanze <strong>di</strong> questo tramuto<br />

(giàs) dei pastori <strong>di</strong> cui si vedono ancora i<br />

muri dei recinti. Partia probabilmente richiama<br />

che il tramuto rappresentasse un punto <strong>di</strong> confine<br />

tra due pascoli sfruttati da pastori <strong>di</strong>versi:<br />

le alpi pascolive, infatti, venivano perio<strong>di</strong>camente<br />

messe all’appalto dal Comune.<br />

222 Partìa (<strong>Valle</strong> della)<br />

T17<br />

T18 Valon d’ la Partia<br />

Vallone che rappresentava il confine tra l’alpe<br />

pascoliva del Colobrè (ve<strong>di</strong> (091) Gorgia Colobrè)<br />

e quella d’Isterpìs (ve<strong>di</strong> (143) Giàs d’Isterpìs).<br />

A cavallo del vallone c’era una striscia<br />

<strong>di</strong> pascolo chiamata Còsta Comuna, un’area in<br />

comune ai due pascoli, creata per evitare litigi<br />

in caso <strong>di</strong> sconfinamento degli animali.<br />

223 Partìa (Vallone della)<br />

T22<br />

T25 Valon d’ la Partia<br />

Vallone nella parte alta della (092) <strong>Valle</strong> <strong>di</strong><br />

Monte Colombo. Segnava il confine tra le alpi<br />

<strong>di</strong> Pantacrèus (ve<strong>di</strong> (218) Giàs Pantacrèus) e<br />

<strong>di</strong> Muraion (ve<strong>di</strong> (194) Giàs del Muraiòn).<br />

224 Patanùa (Baréta), 1400 m<br />

T03<br />

Barreta Patanua<br />

Cresta rocciosa che interrompe i versanti boscosi<br />

e che delimita il confine tra i comuni <strong>di</strong> Entracque<br />

e Val<strong>di</strong>eri. Barreta, <strong>di</strong>minutivo <strong>di</strong> barra,<br />

in occitano in<strong>di</strong>ca un rilievo roccioso che <strong>di</strong>vide.<br />

Patanua invece significa nuda, priva <strong>di</strong> vegetazione;<br />

il toponimo è traducibile in Dorsale Nuda.<br />

225 Peirabròc (Cima dei), 2940 m<br />

T28<br />

Poenta dal Perabròc / Ponta dal Peiraboc<br />

Pietra sbriciolata, sfasciume 134 . Il toponimo illustra<br />

bene l’aspetto <strong>di</strong> questo monte.<br />

226 Peirabròc (Garb <strong>di</strong>), 1600 m<br />

T22<br />

T25 Garb d’ Perabròc / Garb d’ Peiraboc<br />

Garb ha significato <strong>di</strong> conca; in questo caso è<br />

caratterizzata da pascoli verdeggianti che contrastano<br />

le tinte scure dei versanti circostanti.<br />

227 Peirabròc (Giàs), 1578 m<br />

T22<br />

Jaç d’ Perabròc / Jaç d’ Peiraboc<br />

Prateria ancor oggi utilizzata come pascolo da<br />

bovini, punteggiato da massi <strong>di</strong> varie <strong>di</strong>mensioni.<br />

99<br />

129<br />

Paschetta V., Alpes Maritimes - Vésubie, Nice, CAF Section des Alpes Maritimes Occitanes des Alpes<br />

et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.<br />

130<br />

Fonte: Franco Antonio.<br />

131<br />

Rousset P.L., Ipotesi sulle ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini, Aosta, Priuli & Verlucca e<strong>di</strong>tori, 1991.<br />

132<br />

Fonte: Ghigo Francesco.<br />

133<br />

Fonte: Franco Antonio.<br />

134<br />

Paschetta V., Alpes Maritimes - Vésubie, Nice, CAF Section des Alpes Maritimes Occitanes des Alpes<br />

et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.


100<br />

228 Peirafìca (Punta <strong>di</strong>), 2661 m<br />

T26<br />

Poenta d’ Peirafica / Ponta d’ Peirafica<br />

Peira, dal greco pètra, pietra, roccia, scoglio 135 .<br />

Il toponimo richiama la presenza <strong>di</strong> una pietra incastrata<br />

o forata, ma i riferimenti non sono certi.<br />

229 Peirastrétta, 1650 m<br />

T24<br />

Pèiraestrecha / Pèira Estrecha<br />

/ Pèira Estreita / Pas d’ la Pèira Estreita<br />

Angusto passaggio lungo la mulattiera che conduce<br />

al (117) Colle <strong>di</strong> Finestra, racchiuso tra<br />

una roccia, a monte, e le acque vorticose del<br />

(036) <strong>Gesso</strong> della Barra, a valle.<br />

230 Pendìs (I), 1550 m<br />

T03<br />

Lhi Pendís / Els Pendís / Lhi Pendais<br />

Estesa prateria, con pascoli ormai da tempo<br />

desueti, molto ripida: da qui il nome I Terreni<br />

in Pendenza. La dorsale a monte costituisce il<br />

confine tra i comuni <strong>di</strong> Entracque e <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri.<br />

231 Pera Bianca, 1500 m<br />

T06<br />

Pera Blanca / Pèira Blanca<br />

Roccia Bianca, affioramento <strong>di</strong> rocce chiare nella<br />

(252) <strong>Valle</strong> Salto del Ray.<br />

232 Pera Bianca (Vallone <strong>di</strong>)<br />

Valon d’ la Pera Blanca<br />

/ Valon d’ Pèira Blanca<br />

Vallone che ha origine dall’affioramento roccioso<br />

<strong>di</strong> (231) Pera Bianca; l’area è percorsa<br />

fino a 1800 metri <strong>di</strong> quota da un’ottima strada<br />

asfaltata, chiusa al traffico veicolare, costruita<br />

dall’Enel per l’allestimento degli impianti idroelettrici<br />

dell’Alto <strong>Gesso</strong>.<br />

233 Piagnetta (La), 1700 m<br />

T24<br />

La Planheta<br />

Piccola prateria erbosa a<strong>di</strong>acente al Rio della<br />

Barra; costituisce un ghiotto pascolo primaverile<br />

per gli stambecchi. La Planheta non è un termine<br />

occitano, ma uno storpiatura dall’italiano.<br />

234 Piastra (Ponte della), 897 m<br />

T06<br />

Pont d’ Gueina<br />

Ponte sulla strada che porta a Entracque, situato<br />

alla base del muraglione della <strong>di</strong>ga della<br />

Piastra. La sovrapposizione <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi nomi in<strong>di</strong>ca<br />

<strong>di</strong>fferenti e<strong>di</strong>ficazioni; l’ultima, risalente agli<br />

inizi del 1900, fu realizzata per agevolare il passaggio<br />

dei Savoia verso la (071) Casa <strong>di</strong> Caccia<br />

<strong>di</strong> (271) San Giacomo; il ponte fu per questo<br />

intitolato alla Principessa Jolanda.<br />

Giovanni Bobba riporta altri due nomi: Gueina,<br />

senza un significato, e della Gargalhòla:<br />

«[…] è il perno della trottola che s’impugna per<br />

darle il movimento» 136 .<br />

Piastra si riferisce invece alla roccia su cui oggi<br />

poggia l’omonima <strong>di</strong>ga dell’ENEL; localmente<br />

sono così denominate le rocce squadrate che<br />

presentano delle parti in piano.<br />

235 Piòi (Càire <strong>di</strong>), 1200 m<br />

Caire <strong>di</strong> Peolhs / Quère <strong>di</strong> Peolhs<br />

Roccia dei Pidocchi. È uno sperone roccioso<br />

frequentato fino al 1950 dai ragazzini, quando<br />

erano ancora molti i pastorelli che in autunno<br />

e in primavera si recavano al pascolo dei pochi<br />

ovini <strong>di</strong> proprietà della famiglia.<br />

Generalmente in estate questi animali venivano<br />

affidati ai pastori oppure la famiglia si spostava<br />

da (274) Sant’Anna verso gli inse<strong>di</strong>amenti più<br />

in quota.<br />

236 Pla (Càire), 1650 m<br />

Caire Plat / Quère Plat<br />

Roccia pelata. È un toponimo che ci racconta<br />

le trasformazioni del paesaggio. In passato un<br />

grosso masso spoglio circondato dal verde <strong>di</strong> pascoli<br />

non poteva che avere questo nome. Oggi,<br />

con l’abbandono dei pascoli, il bosco ha rioccupato<br />

i suoi spazi e la roccia quasi non si vede più.<br />

237 Porta Nissa, 1080 m<br />

T13<br />

Pòrta Niça / Pòrta d’ Niça<br />

Toponimo che in<strong>di</strong>ca un tratto della strada per<br />

(271) San Giacomo, caratterizzato da una<br />

curva che pare introdurre nel vallone del (036)<br />

<strong>Gesso</strong> della Barra: a monte del passaggio la<br />

vista <strong>di</strong> Entracque è celata dalle pen<strong>di</strong>ci delle<br />

montagne. Viene da pensare che un tempo chi<br />

emigrava verso la Francia lanciasse da questa<br />

zona un ultimo saluto al suo paese. Pòrta Niça<br />

può essere interpretato come Porta verso Nizza<br />

oppure come Via che ti conduce (porta) a<br />

Nizza. Nelle vicinanze, poco sotto la strada, è<br />

visibile una nicchia nella roccia in cui negli anni<br />

Venti venne collocata una statua della Madonna<br />

a ricordo <strong>di</strong> una nobildonna della corte sabauda<br />

affogata mentre pescava.<br />

238 Portes (’s), 2450 m<br />

T14<br />

Las Pòrtas<br />

Le Porte, pen<strong>di</strong>o pascolivo che interrompe la<br />

cresta rocciosa e apre l’accesso dal (258) Vallone<br />

<strong>di</strong> Revèl al (009) Monte Aiéra.<br />

239 Portette (Lago delle), 2361 m<br />

T15<br />

Laus des Portetas / Lac des Portetas<br />

Lungo 400 metri e largo 350 metri per una<br />

superficie complessiva <strong>di</strong> circa do<strong>di</strong>ci ettari, è<br />

racchiuso nella desolata conca glaciale ai pie<strong>di</strong><br />

del (248) Rifugio Emilio Questa.<br />

240 Portette (Passo delle), 2600 m<br />

T15<br />

Pas des Portetas<br />

Posto tra la Testa delle Portette e la (090) Testa<br />

del Clàus, il suo nome forse deriva dai <strong>di</strong>versi<br />

bastioni rocciosi che, come una serie <strong>di</strong> porte,<br />

si ergono a chiudere il vallone. Il passaggio era<br />

particolarmente frequentato quando la piccola<br />

borgata <strong>di</strong> (187) Molliéres era sotto la giuris<strong>di</strong>zione<br />

del Comune <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri.<br />

101<br />

135<br />

De <strong>Mauro</strong> T., Mancini M., Dizionario etimologico, Garzanti Linguistica, 2000.<br />

136<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.


102<br />

241 Praièt (Piano del), 1800 m<br />

T24<br />

Lo Praiet / El Praiet<br />

Il Prato Piccolo. Si tratta <strong>di</strong> un esteso pianoro,<br />

nonostante il nome. Probabilmente il toponimo<br />

va riferito alla modesta produzione d’erba, giustificata<br />

dalla quota, e non alla sua <strong>di</strong>mensione.<br />

242 Prefoùns (Càire <strong>di</strong>), 2840 m<br />

T15<br />

Caire dal Prefons / Caire d’ Prefon<br />

/ Quère dal Prefons<br />

«[...] è una fantastica serie <strong>di</strong> giganteschi monoliti<br />

<strong>di</strong> rocce forgiate a lame <strong>di</strong> coltello e rizzate<br />

verticalmente a grande altezza sopra pareti grigiastre<br />

assolutamente lisce […]» 137<br />

243 Prefoùns (Passo del), 2620 m<br />

T15<br />

Pas dal Prefons / Pas d’ Prefons<br />

Colle raggiunto dalla mulattiera, probabilmente<br />

allestita per le cacce <strong>di</strong> Vittorio Emanuele II,<br />

che risale la (244) <strong>Valle</strong> del Prefoùns. Proprio<br />

nelle a<strong>di</strong>acenze del passo è ancora visibile l’imposta<br />

<strong>di</strong> caccia del Re, un muretto in pietra a<br />

secco dalla forma circolare.<br />

244 Prefoùns (<strong>Valle</strong> del)<br />

T15<br />

Lo Prefons / Valon dal Prefons<br />

/ Valon d’ Prefons<br />

Vallone sospeso, tagliato dalla suggestiva mulattiera<br />

della (327) Valmòrta. Il toponimo significa<br />

Il Precipizio; infatti pare precipitare sulla<br />

Piana del Valasco 138 . Un sentiero ne risale tutta<br />

la parte alta, lungo un’immensa pietraia, fino al<br />

(243) Passo del Prefoùns. Poco a monte del<br />

bivio con la mulattiera della (327) Valmòrta<br />

sgorga una sorgente. Imper<strong>di</strong>bile!<br />

245 Preve (La Pera dal), 2150 m<br />

T27<br />

La Pera dal Preve / La Pera dal Preure<br />

/ La Pèira dal Preve / La Pèira dal Preure<br />

Grande masso, pera, situato lungo la mulattiera<br />

del (117) Colle <strong>di</strong> Finestra. Sotto <strong>di</strong> esso vi<br />

morì un prete, preve, <strong>di</strong> ritorno dal pellegrinaggio<br />

al Santuario <strong>di</strong> Madonna <strong>di</strong> Finestra 139 .<br />

246 Puràccia (Càire <strong>di</strong>), 1500 m<br />

T09<br />

Caire d’ Porracha / Quère d’ Porracha<br />

Evidente affioramento roccioso, posto nella parte<br />

bassa del versante sinistro della <strong>Valle</strong> del Fiaus,<br />

circondato a sud da una prateria in cui crescono<br />

gli asfodeli, localmente chiamati porrachas.<br />

q<br />

137<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

138<br />

Paschetta V., Alpes Maritimes - Vésubie, Nice, CAF Section des Alpes Maritimes Occitanes des Alpes<br />

et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.<br />

139<br />

Fonte: Rostagno Giovanni.


104<br />

q<br />

247 Quarantene (<strong>Valle</strong> delle)<br />

d’arte d’ingegneria bellica, si trova a due passi<br />

T22<br />

Valon des Quarantenas<br />

dalla Francia e sulla linea dello storico 'Vallo alpino<br />

del Littorio'.» 142<br />

/ Valon d’ las Quarantenas<br />

Ampio vallone, ricco d’acqua e <strong>di</strong> pascoli, servito<br />

da una bella mulattiera allestita per accedere<br />

a una miniera <strong>di</strong> galena <strong>di</strong> cui oggi si scorgono<br />

<strong>di</strong>versi ingressi e pozzi allagati.<br />

Misterioso il toponimo; su alcune guide è chiamato<br />

Vallone della Quarantena 140 : pare che qui<br />

si inviassero gli animali malati per un periodo <strong>di</strong><br />

isolamento, <strong>di</strong> quarantena.<br />

247 Quarantene (<strong>Valle</strong> delle)<br />

248 Questa (Rifugio Emilio)<br />

248 Questa (Rifugio Emilio), 2388 m<br />

105<br />

T15<br />

Refujo Questa<br />

«Sorge a m 2388 alla base della cresta S E della<br />

Testa del Clàus, sulle rive <strong>di</strong> un magico specchio<br />

d’acque (il Lago delle Portette) cupo e profondo<br />

[…] Inaugurato dalla Sez. Ligure del CAI il 28<br />

giugno 1925 e ricavato da un ex ricovero militare,<br />

restaurato e ampliato nel 1948 e 1954, è<br />

stato de<strong>di</strong>cato alla memoria <strong>di</strong> Emilio Questa,<br />

socio benemerito della sezione e uno dei compilatori<br />

della Guida delle Alpi Apuane, perito<br />

l’8 settembre 1906 nel <strong>di</strong>scendere dall’Aiguille<br />

Centrale d’Arves, che egli aveva scalato con Bartolomeo<br />

Figari, Henri Miage e Du Verger.» 141<br />

«Ultimo rifugio vecchio stile rimasto nel Parco è<br />

particolarmente apprezzato da chi vuole assaporare<br />

la montagna senza troppi confort. Raggiunto<br />

da mulattiere militari, autentiche opere<br />

140<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

141<br />

Saglio S., Da rifugio a rifugio. Alpi Liguri e Marittime, Milano, Touring Club Italiano, 1958.<br />

142<br />

AA. VV., Rifugi e bivacchi delle Alpi Marittime - Mercantour, Parco Naturale Alpi Marittime, 2008.


106<br />

r


249 Raiét (I), 1650 m<br />

T09<br />

Lhi Raiets<br />

Pen<strong>di</strong>o boscoso nella destra orografica della<br />

(147) <strong>Valle</strong> del Làus, a valle de (291) Lago<br />

<strong>di</strong> Steirate. Il toponimo probabilmente deriva<br />

da raiar, gocciolare (ve<strong>di</strong> (252) <strong>Valle</strong> Salto del<br />

Ray), per via <strong>di</strong> alcune sorgenti che stagionalmente<br />

sgorgano lungo il pen<strong>di</strong>o.<br />

<strong>di</strong> Monte Colombo. Durante le piene il torrente<br />

trasporta a valle molto materiale detritico; la<br />

conformazione pianeggiante della zona determina<br />

un rallentamento dell’acqua, limitandone<br />

la capacità <strong>di</strong> trasporto e causando il deposito<br />

<strong>di</strong> rocce e ghiaie.<br />

Il toponimo potrebbe derivare dalla ra<strong>di</strong>ce RAZ,<br />

RATI, che in celtico in<strong>di</strong>ca altipiano 143 .<br />

250 Ràina (La), 1650 m<br />

252 Ray (<strong>Valle</strong> Salto del)<br />

T02<br />

La Raina<br />

T06<br />

El Valon dal Saut dal Rai / El Valon dal Rei<br />

108 249 Raiét (I)<br />

Era un piccolo inse<strong>di</strong>amento con pochi fabbricati,<br />

ma <strong>di</strong> ottima fattura, visti i muri belli alternate a boschi <strong>di</strong> faggio, situato sulla sini-<br />

Esteso vallone caratterizzato da ampie praterie<br />

250 Ràina (La)<br />

109<br />

251 Rasùr (Pra del)<br />

dritti, eretti con pietre ben squadrate. Attorno stra orografica del (036) <strong>Gesso</strong> della Barra,<br />

252 Ray (<strong>Valle</strong> Salto del)<br />

si estendevano terreni coltivabili a patate e ortaggi,<br />

a monte della <strong>di</strong>ga della Piastra. Il toponimo<br />

253 Re (La Cascata del)<br />

prati e pascoli, che sono stati usati fino al potrebbe derivare da raiar, gocciolare, perché<br />

254 Rei (Bosc del)<br />

1970. C’erano anche pecore e vacche. Erano in solo in caso <strong>di</strong> precipitazioni abbondanti si vede<br />

255 Rei (Pra del)<br />

tre: padre, madre e il figlio. Brao era il loro cognome,<br />

scorrere dell’acqua lungo il vallone; normal-<br />

256 Remon<strong>di</strong>no (Rifugio Franco)<br />

Clavin il soprannome. Salivano d’estate mente il fiotto d’acqua, che è visibile nella parte<br />

257 Revèl (Lago <strong>di</strong>)<br />

da (274) Sant’Anna, con una sosta interme<strong>di</strong>a alta del vallone, s’infiltra attraversando i terreni<br />

258 Revèl (Vallone <strong>di</strong>)<br />

a (035) Tetti Bariàu. È stata l’ultima famiglia se<strong>di</strong>mentari <strong>di</strong> bassa quota per poi affiorare in<br />

259 Rivuàres (Al)<br />

"agricola" <strong>di</strong> (274) Sant’Anna. Il toponimo potrebbe<br />

forma <strong>di</strong> risorgiva.<br />

260 Roccia (Lago della)<br />

derivare da rèina, che nell’occitano della Altra origine potrebbe derivare dal fatto che<br />

261 Roccia (Vallone della)<br />

vicina <strong>Valle</strong> Stura in<strong>di</strong>ca un sentiero erto e tortuoso,<br />

la parte alta del vallone è chiamata localmen-<br />

262 Rovina (Lago della)<br />

proprio come quello che porta a la Raina. te Saut dal Rei, le Cascate del Re: i cartografi<br />

263 Rovina (Ponte della)<br />

potrebbero aver operato una semplificazione<br />

264 Rovina (<strong>Valle</strong> della)<br />

251 Rasùr (Pra del), 1430 m<br />

unendo Saut dal Rei a <strong>Valle</strong>, originando così il<br />

265 Rua (Vallone della)<br />

T18<br />

Pra dal Rasor / Prat dal Rasor<br />

curioso toponimo <strong>Valle</strong> Salto del Ray, con una<br />

266 Rumasìn (Vallone)<br />

Vasto pianoro, un tempo prato, pra, da alcuni desueta y. A 1550 metri <strong>di</strong> quota circa troviamo<br />

decenni trasformato in un’austera <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> sassi<br />

un grande affioramento <strong>di</strong> rocce chiare chiama-<br />

a opera del torrente <strong>Gesso</strong> della (092) <strong>Valle</strong> to (231) Pera<br />

Bianca.<br />

143<br />

Faure A., Guide des noms de lieux (et des nomes de famille) des Hautes-Alpes, Gap,<br />

Institut d’Etudes Occitanes des Alpes et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.


110<br />

253 Re (La Cascata del), 1400 m<br />

T02<br />

Saut dal Rei<br />

È una suggestiva cascata del Rio della Merìs, a<br />

valle del Gias del Prato e poco visibile dal sentiero,<br />

poiché nascosta dagli alberi.<br />

254 Rei (Bosc del), 1300 m<br />

T18<br />

El Bòsc dal Rei / Lhi bòscs dal Rei<br />

Il Bosco del Re, suggestiva faggeta che circonda<br />

la (071) Casa <strong>di</strong> Caccia <strong>di</strong> (271) San Giacomo.<br />

L’origine del bosco è antropica, frutto <strong>di</strong><br />

impianti <strong>di</strong> fine ‘800, successivi all’e<strong>di</strong>ficazione<br />

del caseggiato. Negli anni ‘60 del Novecento, a<br />

monte dell’area, sono stati messi a <strong>di</strong>mora dei<br />

larici. Prima del bòsc c’era una prateria chiamata<br />

la Plà Velha, il Vecchio Taglio Raso, usata dalla<br />

comunità locale per lo sfalcio dell’erba.<br />

255 Rei (Pra del), 1200 m<br />

T18<br />

El Prat dal Rei / Lhi Prats dal Rei<br />

Il Prato del Re: ampi terreni pianeggianti, a valle<br />

della (071) Casa <strong>di</strong> Caccia <strong>di</strong> (271) San Giacomo,<br />

che oggi ospitano un campeggio.<br />

256 Remon<strong>di</strong>no (Rifugio Franco), 2485 m<br />

T16<br />

Refujo Remon<strong>di</strong>no<br />

«Il bivacco è situato a m 2430 c. nell’alta <strong>Valle</strong><br />

<strong>di</strong> Nasta, in vista della Serra dell’Argentera, della<br />

Cima <strong>di</strong> Nasta e della catena della Madre <strong>di</strong><br />

Dio. È stato inaugurato il 30 settembre 1934 e<br />

de<strong>di</strong>cato a Franco Remon<strong>di</strong>no [...]; danneggiato<br />

durante l’ultima guerra, è stato ripristinato dalla<br />

Sez. <strong>di</strong> Cuneo del CAI; è una costruzione in<br />

legno rivestito <strong>di</strong> lamiera, a un solo piano e a<br />

mezza botte […]» 144<br />

«Visibile sin dalla partenza, il rifugio si avvicina<br />

passo dopo passo lungo un itinerario 'intenso'<br />

e spettacolare: verso l’alto spiccano alcuni dei<br />

più prestigiosi 3000 delle Marittime, tra i quali<br />

l’Argentera, 'tetto' delle Marittime. Dal Remon<strong>di</strong>no,<br />

nei cui pressi è frequente l’osservazione<br />

<strong>di</strong> stambecchi, camosci ed ermellini, lo sguardo<br />

arriva sino alle montagne <strong>di</strong> Provenza.» 145<br />

257 Revèl (Lago <strong>di</strong>), 2070 m<br />

T14<br />

Laus d’Arvèl / Lac d’Arvèl, o Bacin d’Arvèl<br />

Il toponimo più pertinente per questo piccolo<br />

lago è Bacin d’Arvèl, Catino d’Arvèl. Fino agli<br />

anni ’50 del Novecento questo laghetto veniva<br />

sfruttato come riserva idrica per l’irrigazione dei<br />

numerosi campi situati a una quota <strong>di</strong> circa 1100<br />

metri, rime<strong>di</strong>ando così almeno in parte alla penuria<br />

idrica estiva del (258) Vallone <strong>di</strong> Revèl.<br />

Verso la metà dell’Ottocento, in prossimità del<br />

punto <strong>di</strong> emissione, vennero collocate due spallette<br />

<strong>di</strong> circa ottanta centimetri d’altezza al fine<br />

<strong>di</strong> sorreggere un lastrone <strong>di</strong> pietra, trasportato a<br />

spalle dalla vicina pietraia, per creare una sorta<br />

<strong>di</strong> sbarramento mobile per la regolazione del deflusso<br />

idrico: quando il livello dell’acqua era massimo,<br />

il lastrone veniva rimosso poco alla volta<br />

creando un’ondata <strong>di</strong> piena controllata. L’acqua<br />

raggiungeva la base del vallone in alcune ore e<br />

lì, grazie a piccoli canali irrigui, es bealeras, veniva<br />

convogliata verso i campi. Esaurita l’acqua si<br />

risistemava lo sbarramento e, dopo alcuni giorni,<br />

in me<strong>di</strong>a tre, si poteva ripetere l’operazione 146 .<br />

258 Revèl (Vallone <strong>di</strong>)<br />

T14<br />

Valon d’Arvèl<br />

Piccolo vallone con salti rocciosi, caratterizzato<br />

dal bosco a valle e da praterie in quota.<br />

Il toponimo <strong>di</strong>venta illeggibile e privo <strong>di</strong> significato<br />

nella trascrizione cartografica ufficiale,<br />

Revèl, mentre la testimonianza orale, Arvèl, ci<br />

porta molto lontano:<br />

«[…] il ra<strong>di</strong>cale AR, significante acqua, si trova<br />

usato in molte lingue me<strong>di</strong>o-orientali […] nel<br />

dravi<strong>di</strong>co, nell’ebraico […] in Europa abbiamo<br />

la Val d’Aran in Catalogna dove ha origine la<br />

Garonne […]. Lo stu<strong>di</strong>o degli idronimi è più <strong>di</strong>fficile<br />

degli altri toponimi per due motivi. Primo,<br />

il materiale a <strong>di</strong>sposizione è più ristretto; si calcola<br />

che il rapporto tra i nomi dei corsi d’acqua<br />

e le denominazioni toponomastiche in genere<br />

sia uno a venti. Secondo, i nomi d’acqua sono<br />

ancora più antichi <strong>di</strong> quelli dei monti, essendo<br />

l’acqua un genere <strong>di</strong> assoluta necessità primaria;<br />

quin<strong>di</strong> gli idronimi hanno subito maggiormente<br />

il logorio del tempo e, a seguito delle sovrapposizioni<br />

e delle deformazioni intervenute,<br />

sono spesso irriconoscibili […].» 147<br />

Lungo la sommità destra del vallone c’è una ripida<br />

prateria detta lo Cars, 2150 m.<br />

259 Rivuàres (Al)<br />

T02<br />

Las Rivoaras / Las Rivòiras / Las Rivoiras<br />

Il toponimo potrebbe derivare dal latino roboira,<br />

bosco <strong>di</strong> rovere, essenza che qui trova un habitat<br />

ideale con terreni sciolti e un’ottima esposizione.<br />

C’erano ampi campi coltivati a segale,<br />

lenticchie e patate, nonostante la mancanza<br />

d’acqua che, in estati siccitose, poteva causare<br />

per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> raccolto.<br />

C’erano <strong>di</strong>versi inse<strong>di</strong>amenti conosciuti con i<br />

nomi dei proprietari, che potevano provenire da<br />

(274) Sant’Anna o da Desertetto, come Las Rivoaras<br />

<strong>di</strong> Pipi, d’ Pelèti, d’ Guè. Oggi sono boschi<br />

dove regna il cinghiale.<br />

260 Roccia (Lago della), 2440 m<br />

T22<br />

Laus d’ la Ròcha / Lac d’ la Ròcha<br />

Lago racchiuso in una conca rocciosa ai pie<strong>di</strong><br />

del (069) Monte Carbonè.<br />

261 Roccia (Vallone della)<br />

T22<br />

Valon d’ la Ròcha<br />

Vallone caratterizzato da ripide pietraie e rade<br />

praterie; confluisce nel (335) <strong>Valle</strong> del Vei del<br />

Bouc. Il toponimo deriva dalla presenza <strong>di</strong> un<br />

rialzo roccioso, ròcha in occitano. A<strong>di</strong>acente al<br />

lago c’è (310) Pasét dell’Ulivìer.<br />

111<br />

144<br />

Saglio S., Da rifugio a rifugio. Alpi Liguri e Marittime, Milano, Touring Club Italiano, 1958.<br />

145<br />

AA. VV., Rifugi e bivacchi delle Alpi Marittime - Mercantour, Parco Naturale Alpi Marittime, 2008.<br />

146<br />

Fonte: Giordana Giacomo.<br />

147<br />

Rousset P.L., Ipotesi sulle ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini, Aosta, Priuli & Verlucca e<strong>di</strong>tori, 1991.


112<br />

262 Rovina (Lago della), 1535 m<br />

T17<br />

Laus d’ la Rovina / Lac d’ la Rovina<br />

/ Laus d’ la Roïna / Lac d’ la Roïna<br />

«Il lago ha probabili origini da una frana <strong>di</strong> grossi<br />

massi e materiali più fini precipitata dal soprastante<br />

Valon dal Laitós; [...].» 148<br />

Tra il 1970 e il 1980 il lago ha subito interventi<br />

che l’hanno trasformato in un serbatoio per l’alimentazione<br />

della Centrale ENEL <strong>di</strong> Entracque.<br />

263 Rovina (Ponte della), 978 m<br />

T09<br />

Pont d’ la Rovina / Pont d’ la Roïna<br />

Struttura realizzata per rendere agevole la salita,<br />

in carrozza o in auto, dei Savoia verso la<br />

(071) Casa <strong>di</strong> Caccia <strong>di</strong> (271) San Giacomo.<br />

La sua architettura è perciò simile a quella del<br />

(234) Ponte della Piastra.<br />

264 Rovina (<strong>Valle</strong> della)<br />

T12<br />

Valon d’ la Rovina / Valon d’ la Roïna<br />

Nome probabilmente riferito alla presenza fin<br />

dalle quote più basse, 1100 metri, <strong>di</strong> sfasciumi<br />

<strong>di</strong> rocce che gettano sul luogo un’atmosfera <strong>di</strong><br />

desolazione. Oggi, con la strada che permette<br />

<strong>di</strong> salire in auto fino al (262) Lago della Rovina,<br />

quest’impressione si è alquanto ridotta,<br />

anche se la presenza <strong>di</strong> sfasciumi è si<strong>cura</strong>mente<br />

aumentata a causa degli imponenti lavori eseguiti<br />

dall’ENEL.<br />

265 Rua (Vallone della)<br />

T14<br />

Valon d’ la Roa<br />

Ripido vallone <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile accesso; nella parte<br />

me<strong>di</strong>ana, a circa 1500 metri <strong>di</strong> quota, presenta<br />

un passaggio obbligato molto angusto detto lo<br />

Passet dal Jarri, il Passo del Topo.<br />

Il toponimo del vallone potrebbe riferirsi alla<br />

forma tondeggiante della cresta, oppure essere<br />

tradotto in Vallone della Borgata. Secondo<br />

alcuni informatori il nome deriva dal fatto che il<br />

vallone è situato <strong>di</strong> fronte a Tèits Plattèl, l’ultima<br />

borgata del Vallone del Bousset, un tempo abitata<br />

tutto l’anno. Ruaa è il modo meno <strong>di</strong>ffuso<br />

in <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong> per in<strong>di</strong>care un nucleo abitato;<br />

solitamente si usa l’espressione tèit o tàit.<br />

266 Rumasìn (Vallone)<br />

T02<br />

Valon d’ Romasin<br />

Toponimo dalla bella sonorità purtroppo con<br />

significato oscuro. In<strong>di</strong>ca un vallone in passato<br />

molto frequentato per i pascoli e i tagli boschivi.<br />

Nelle a<strong>di</strong>acenze, a 1700 metri <strong>di</strong> quota, c’era un<br />

inse<strong>di</strong>amento, lo Tèit dal Chin Chin, ossia del regolo,<br />

un uccello minuto così chiamato per il suo<br />

monotono richiamo. Era anche il soprannome<br />

del proprietario, uomo anche lui minuto, "che<br />

mangiava come un chin chin", e che, agli inizi<br />

del 1900, viveva lì tutto l’anno. È impressionante<br />

la vasta stalla ricavata sotto una roccia che forma<br />

un soffitto uniforme. Commoventi le tracce<br />

dei piccoli terrazzamenti e il minuscolo forno.<br />

s<br />

148<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.


s<br />

267 Sabbione (Cima del), 2610 m<br />

T26<br />

Poenta dal Sablon / Ponta dal Sablon<br />

Cima, o meglio, <strong>di</strong>verse cime (<strong>di</strong> cui solo due<br />

quotate) che prendono il nome dalla sottostante<br />

(268) <strong>Valle</strong> del Sabbione.<br />

149<br />

N.d.R. Madonna <strong>di</strong> Finestra, San Giacomo <strong>di</strong> Compostela, Roma.<br />

150<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

ci fossero prati e campi! Altro piccolo inse<strong>di</strong>amento<br />

in zona era lo Tèits dal Babi, le Case del<br />

Rospo, anch’esso ridotto a un insieme <strong>di</strong> muriccioli.<br />

Troviamo ancora alcuni toponimi interessanti:<br />

lhi Garrachins, a 1150 metri <strong>di</strong> quota,<br />

piccoli terrazzamenti così chiamati perché poco<br />

fertili, l’Ibeòl, a 1150 metri, ripido terreno un<br />

tempo prato, così chiamato perché esposto a<br />

nord, lo Porrachier, a 1250 metri, prato infestato<br />

dagli asfodeli, localmente chiamati porrachas,<br />

en Chambalauria, a 1080 metri, prati falciati, lo<br />

268 Sabbione (<strong>Valle</strong> del)<br />

269 Saint-Robert (Cima)<br />

270 Salafìn (Tetti)<br />

271 San Giacomo<br />

272 San Giovanni<br />

273 San Giovanni (Punta)<br />

274 Sant’Anna<br />

275 Sap (Giàs del)<br />

276 Sap (Punta del)<br />

277 Sàuma (Vallone della)<br />

278 Sàut d’ l’Argentera<br />

279 Sàut des Ciòias<br />

280 Savina (<strong>Valle</strong> della)<br />

281 Savoia (Cresta)<br />

282 Scandeièra (Cima della)<br />

283 Schiapà (Rocca)<br />

284 Sella (Chiòt della)<br />

285 Sella (Lago Soprano della)<br />

286 Sella (Lago Sottano della)<br />

287 Siùla (Garb della)<br />

288 Siùla (Lago della)<br />

289 Smiùn<br />

290 Soria-Ellena (Rifugio)<br />

291 Steirate (Lago <strong>di</strong>)<br />

292 Stella (Monte)<br />

294 Stella (Vallone della)<br />

295 Stevàno (<strong>Valle</strong>)<br />

296 Suc (Giàs del)<br />

297 Suèt (Pilone)<br />

298 Suèt (Tetti)<br />

299 Suffi (Vallone del)<br />

268 Sabbione (<strong>Valle</strong> del)<br />

T23<br />

Valon dal Sablon<br />

Ampio vallone caratterizzato nella parte me<strong>di</strong>oalta<br />

da un ripido versante da cui emergono dei<br />

depositi <strong>di</strong> sabbia colorata: visti da lontano, e<br />

114 267 Sabbione (Cima del)<br />

293 Stella (Punta)<br />

con una buona luce, i se<strong>di</strong>menti assumono sug-<br />

Tuiet, a 1200 metri, prati molto in pendenza.<br />

115<br />

gestive tonalità che spaziano dal giallo al viola.<br />

269 Saint-Robert (Cima), 2917 m<br />

T27<br />

Poenta Sant Robèrt / Ponta Sant Robèrt<br />

Cima a<strong>di</strong>acente ai Gelàs, il cui nome ricorda il<br />

conte Paolo <strong>di</strong> Saint-Robert, socio fondatore del<br />

Club Alpino Italiano e, nel 1864, primo uomo a<br />

conquistare la (130) Cima dei Gelàs.<br />

270 Salafìn (Tetti), 1150 m<br />

T02<br />

Tèits d’ Salafin<br />

Piccolo inse<strong>di</strong>amento costruito da due famiglie<br />

<strong>di</strong> (274) Sant’Anna per poter sfruttare alcuni<br />

terreni strappati alla montagna. Era abitato<br />

solo durante l’estate ma, negli inverni del 1943<br />

e 1944, vi trovarono rifugio alcuni giovani per<br />

sfuggire alle retate dei nazifascisti. Oggi resta in<br />

pie<strong>di</strong> un piccolo fabbricato, il resto sono ruderi<br />

e pare impossibile che solo cinquant’anni fa qui<br />

271 San Giacomo, 1213 m<br />

T18<br />

Sant Jaco<br />

«Piccola borgata, abitata solo in estate, posta<br />

imme<strong>di</strong>atamente a monte della confluenza dei<br />

rami del <strong>Gesso</strong> <strong>di</strong> Moncolomb e della Barra.<br />

Un tempo c’era una piccola chiesa de<strong>di</strong>cata al<br />

Santo e un locale con alcuni letti per i pellegrini<br />

<strong>di</strong>retti ai santuari 149 . La chiesa venne poi trasformata<br />

in caserma.» 150<br />

Da segnalare: poco a monte dell’abitato il torrente<br />

(036) <strong>Gesso</strong> della Barra forma una serie<br />

<strong>di</strong> suggestive cascate, las Cascatas d’ la Regina.<br />

272 San Giovanni, 1390 m<br />

T07<br />

T11 Sant Joan<br />

Cappella in località (304) Terme <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri,<br />

de<strong>di</strong>cata al santo protettore delle acque.


116<br />

273 San Giovanni (Punta), 2325 m<br />

T11<br />

Ròcha d’ Sant Joan<br />

Imponente montagna che domina le (304) Terme,<br />

conosciuta localmente come la Ròcha; San<br />

Giovanni è un’aggiunta derivante dal nome del<br />

santo a cui è de<strong>di</strong>cata la cappella sottostante.<br />

In un anno imprecisato della seconda metà del<br />

1800, i guar<strong>di</strong>acaccia locali al servizio <strong>di</strong> Vittorio<br />

Emanuele II vennero inviati in <strong>Valle</strong> d’Aosta per<br />

una battuta <strong>di</strong> caccia nell’allora Riserva Reale<br />

del Gran Para<strong>di</strong>so: in quell’occasione vennero<br />

abbandonati dai colleghi valdostani in una zona<br />

impervia e costretti a invocare aiuto. Solamente<br />

a notte fonda i valdostani misero fine allo<br />

scherzo, mostrando agli sventurati la via per<br />

l’accampamento. Successivamente le guar<strong>di</strong>e<br />

valdostane furono ospiti della Riserva Reale della<br />

<strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong> per una battuta <strong>di</strong> caccia su la<br />

Ròcha. Saliti agevolmente percorrendo la mulattiera<br />

della Valcubèrta, i valdostani vennero<br />

poi accompagnati con astuzia sui ripi<strong>di</strong> versanti<br />

prospicienti le (304) Terme. In testa al gruppo<br />

c’era Bartolomeo Piacenza, detto lo Chat, il<br />

Gatto, una guida alpina <strong>di</strong> (274) Sant’Anna famosa<br />

per la sua agilità. Senza destar sospetti le<br />

guar<strong>di</strong>e locali si <strong>di</strong>leguarono alla chetichella fino<br />

a che con i valdostani rimase solo il Piacenza.<br />

Quando anche lui sparì, i poveri guar<strong>di</strong>acaccia si<br />

trovarono in serie <strong>di</strong>fficoltà e dovettero invocare<br />

a lungo aiuto. Pari e patta!<br />

274 Sant’Anna, 1000 m<br />

T02<br />

Sant’Ana, o Blanjìar / Blangier<br />

Il paese in passato era composto da <strong>di</strong>versi<br />

nuclei sparsi che nel tempo, con successivi ampliamenti,<br />

si sono collegati. Iniziando da valle<br />

e risalendo a monte troviamo: Tèits d’ Bandet,<br />

Tèits d’ Noni, Tèits d’ Piqueta, Tèits <strong>di</strong> Barba, Es<br />

Lisalai, Tèits dal Pont, Tèits dal Mul.<br />

Gli e<strong>di</strong>fici caratteristici <strong>di</strong> Sant'Anna sono:<br />

L’Escòla<br />

Fabbricato dalla configurazione particolare, con<br />

tetto spiovente e muri perimetrali in pietra. Le<br />

pietre per la sua costruzione vennero prese nella<br />

zona de (140) Lu Gurgàs, dove c’è un’estesa<br />

pietraia, e trasportate a valle tramite una fune a<br />

sbalzo. Fu costruita negli anni 1930 su interessamento<br />

della Regina Elena, alla quale è de<strong>di</strong>cata<br />

una scritta inneggiante "Viva la Regina",<br />

tutt’ora visibile sul muro della casa prospiciente.<br />

L’e<strong>di</strong>ficio fu sede della scuola elementare fino<br />

all’anno scolastico 1978/1979; da allora i pochi<br />

bambini iniziarono a frequentare la scuola <strong>di</strong><br />

Val<strong>di</strong>eri. L’e<strong>di</strong>ficio è rimasto inutilizzato fino al<br />

1985 quando, dopo una ra<strong>di</strong>cale ristrutturazione,<br />

è <strong>di</strong>ventato un albergo.<br />

La Casèrma <strong>di</strong> Parposè<br />

L’ex-caserma dei finanzieri porta il nome <strong>di</strong> parposè,<br />

nome locale degli agenti <strong>di</strong> finanza che<br />

deriva, con storpiature, dal francese preposés<br />

des douanes. I finanzieri arrivarono in paese a<br />

fine 1800, quando, poco a monte, fu tracciato<br />

il confine tra il Regno d’Italia e quello <strong>di</strong> Francia.<br />

Ci rimasero fino al 1970: grazie agli accor<strong>di</strong> della<br />

Comunità Europea, il controllo <strong>di</strong> quei confini<br />

<strong>di</strong>venne, fortunatamente, inutile. Nel 1935 si<br />

rese necessario un intervento <strong>di</strong> risanamento<br />

del fabbricato con lo sbancamento <strong>di</strong> parte del<br />

rilievo a monte e il miglioramento della strada:<br />

«[…] I lavori furono realizzati da un certo Joanìn<br />

de Jòt <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri, che scavò il materiale e con<br />

un carro, trainato da un mulo, lo trasportò a<br />

valle della chiesa, dove si stavano facendo dei<br />

riempimenti. Dopo ottanta giornate <strong>di</strong> lavoro,<br />

presentò al Comune <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri un ren<strong>di</strong>conto<br />

per una spesa <strong>di</strong> duemila lire. Il Podestà Oliva<br />

mo<strong>di</strong>ficò l’ammontare portandolo a ventimila<br />

lire e intascò la <strong>di</strong>fferenza. Il povero Joanìn andava<br />

perciò in giro a <strong>di</strong>re: 'Io ho lavorato ottanta<br />

giorni per duemila lire. Il Podestà in nemmeno<br />

mezza giornata ne ha guadagnate <strong>di</strong>ciottomila<br />

stando seduto al tavolo'» 151 .<br />

Lo Samenteuri<br />

Il cimitero venne costruito nel 1900 su interessamento<br />

<strong>di</strong> Re Umberto I. La zona è denominata<br />

Las Charbonieras, le Carbonaie, probabilmente<br />

perché in origine c’era un grosso bosco da cui<br />

veniva prelevato il legname per trasformarlo sul<br />

posto in carbone.<br />

Il primo ad esservi sepolto fu un certo Carabina.<br />

In precedenza i defunti dovevano essere tumulati<br />

presso il cimitero <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri 152 . Bel problema<br />

durante l’inverno!<br />

La Glèisa / La Guiaiza<br />

Fin dal Seicento esisteva nella frazione Balangero<br />

una cappella de<strong>di</strong>cata a Sant’Anna. Doveva<br />

essere una costruzione piuttosto piccola e meschina,<br />

anche perché la popolazione locale era<br />

scarsa, ma verso la fine del Settecento aveva al<br />

proprio servizio un cappellano alle <strong>di</strong>pendenze<br />

della parrocchia (si hanno atti <strong>di</strong> battesimo già<br />

negli anni 1775-1810). Tale forse sarebbe rimasta<br />

per chissà quanti anni ancora se un tragico<br />

avvenimento nel 1810 non l’avesse <strong>di</strong>strutta,<br />

asportandone persino le macerie. Quell’anno<br />

infatti per la <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong>, come pure per la <strong>Valle</strong><br />

Stura, fu <strong>di</strong>sastroso a causa delle abbondanti<br />

piogge. Singolare quanto avvenne a Sant’Anna,<br />

come narra il cronista, spettatore della cosa:<br />

«In questa medesima notte, lì 15 settembre<br />

1810, dalle ore tre dopo mezzanotte l’acqua ha<br />

menato via la Cappella <strong>di</strong> Sant’Anna con tutta la<br />

mobilia, essendo riservato solamente il calice, e<br />

la statua <strong>di</strong> Sant’Anna si è andata a fermare alla<br />

Bombonina. Ed ha menato via la casa del prete,<br />

Sig. Don Antonio Fresia, con tutta la mobilia,<br />

ma la casa apparteneva a Sant’Anna».<br />

Da altra fonte abbiamo qualche particolare in<br />

più. Il conte Luigi Taricchi <strong>di</strong> Stroppo, proprie-<br />

117<br />

151 e 152<br />

Fonte: Franco Antonio.


118<br />

tario <strong>di</strong> una cascina nelle isole della Bombonina<br />

presso Cuneo, così riferiva l’accaduto:<br />

«Lì 15 settembre giorno <strong>di</strong> sabato, il ruscello<br />

che dalla sommità del monte viene a <strong>di</strong>scendere<br />

al sito dove esisteva la Cappella <strong>di</strong> Sant’Anna,<br />

sita a tre miglia da Val<strong>di</strong>eri, si ingrossò a segno<br />

che gli abitanti credevano essere tutti sobissati;<br />

come <strong>di</strong>fatti nel far della notte poté fuggire il<br />

Cappellano con sua madre, senza salvar nulla<br />

dei suoi effetti. Circa la mezzanotte la Cappella<br />

venne rovesciata e la statua fu dall’acqua trascinata<br />

nel torrente Gezzo, che rotolando in<br />

mezzo ai flussi dell’acqua venne a fermarsi lì,<br />

16 settembre, giorno <strong>di</strong> domenica nell’isola <strong>di</strong>rimpetto<br />

alla mia cascina… Nella notte del 17…<br />

Tre paesani, della Roata dei Lerda, ansiosi <strong>di</strong> raccogliere<br />

gli effetti che dalle onde del Gezzo si<br />

vedevano rottolare, s’inoltrarono nell’acqua ed<br />

attraversato un brasso del Gezzo, ritrovarono la<br />

detta statua. Tosto gridarono e alle loro voci si<br />

affrettarono <strong>di</strong> andare a vedere e me<strong>di</strong>ante soccorso<br />

ci riuscì <strong>di</strong> dare aiuto ai medesimi e <strong>di</strong> tirar<br />

a riva detta statua, che a riserva <strong>di</strong> un braccio<br />

infranto non è <strong>di</strong>ssimile da come si vede ed ha<br />

persino <strong>di</strong>eci dorini al collo. [...] Alla Bombonina<br />

il fatto fu ritenuto pro<strong>di</strong>gioso. Il Conte <strong>di</strong> Stroppo<br />

non volle restituire la statua ai massari, che<br />

da Sant’Anna erano venuti a ridomandarla, e<br />

ne consegnò loro una nuova. I buoni frazionisti,<br />

privati della cappella, non si persero d’animo,<br />

ma, confidando nell’aiuto della potente Patrona,<br />

ben presto si accordarono nella risoluzione<br />

<strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficare un’altra cappella, a una sola navata<br />

con volta a botte, più ampia e più bella. Ognuno<br />

s’impegnò a dare il proprio fattivo contributo:<br />

chi mise a <strong>di</strong>sposizione il proprio bestiame<br />

per il trasporto gratuito, me<strong>di</strong>ante le cosidette<br />

roide, del materiale necessario alla costruzione,<br />

chi donò il legname per i ponti e il tetto, chi<br />

prestò senza paga la manodopera, chi regalò<br />

qualche piccola somma <strong>di</strong> denaro per le spese;<br />

le lose, o ardesie, per il tetto furono ricuperate<br />

dall’abbattimento <strong>di</strong> alcune case in Val<strong>di</strong>eri. Ultimati<br />

finalmente i lavori, i frazionisti presentarono<br />

a Monsignor Amedeo Bruno do Samone,<br />

primo vescovo <strong>di</strong> Cuneo, rispettosa domanda<br />

onde delegasse il Priore <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri a bene<strong>di</strong>re<br />

la nuova cappella. La bene<strong>di</strong>zione ebbe luogo<br />

il 16 novembre 1819. Costruito il campanile, nel<br />

1824 vi s’installò la campana benedetta. Nel<br />

1866 le pareti e la volta della cappella vennero<br />

affrescate con le figure del Benedetto Bonifacio,<br />

del Benedetto Amedeo IX <strong>di</strong> Savoia e del<br />

Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù. Le figure sono opera <strong>di</strong><br />

Francesco Gauthier <strong>di</strong> Saluzzo e gli ornamenti<br />

<strong>di</strong> Francesco Agnese <strong>di</strong> Caraglio. Nel 1898 iniziarono<br />

le pratiche per l’erezione in parrocchia.<br />

Massari e rappresentanti della frazione, comprendente<br />

circa cento famiglie (il numero esatto<br />

degli abitanti ammontava a 523) il 15 novembre<br />

<strong>di</strong>chiararono <strong>di</strong> accettare <strong>di</strong> buon grado la cosa,<br />

obbligandosi a nome <strong>di</strong> tutti a provvedere alla<br />

chiesa per quanto sarebbe stato necessario per<br />

il mantenimento decoroso del culto. L’erezione<br />

della parrocchia ebbe luogo il 1° giugno 1899.<br />

Primo parroco con il titolo <strong>di</strong> pievano venne nominato<br />

don Brunetto da Demonte, noto come<br />

'il parroco dei camosci e del Monte Matto', che<br />

mantenne la <strong>cura</strong> pastorale fino al 28 gennaio<br />

1938, giorno della sua morte.» 153<br />

275 Sap (Giàs del), 2169 m<br />

T11<br />

Jaç dal Sap<br />

Tramuto (giàs) nel (299) Vallone del Suffi circondato<br />

da un bosco <strong>di</strong> abete bianco, sap in<br />

occitano locale. Sono ancora visibili i recinti in<br />

pietra per le pecore.<br />

276 Sap (Punta del), 2147 m<br />

T22<br />

Poenta dal Sap / Ponta dal Sap<br />

Cima dell’Abete bianco, localizzata nei pressi<br />

del (287) Garb della Siùla, in un territorio<br />

dove non sono presenti conifere spontanee,<br />

fatta eccezione per rari esemplari <strong>di</strong> pino cembro.<br />

Questo è un toponimo molto interessante<br />

perché probabilmente ricorda la presenza<br />

dell’abete bianco, specie scomparsa in seguito<br />

a un taglio totale. L’area a<strong>di</strong>acente è chiamata<br />

Còsta Sapet.<br />

277 Sàuma (Vallone della)<br />

T02<br />

Valon d’ la Sauma<br />

Sauma in occitano è l’asina. Ampio vallone in<br />

gran parte roccioso, specie nella parte alta. Fino<br />

agli anni 1960 era soggetto al <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong> valanghe<br />

<strong>di</strong> grosse <strong>di</strong>mensioni. Anche qui, grazie agli<br />

interventi <strong>di</strong> forestazione degli anni 1930, i versanti<br />

si sono lentamente assestati: si<strong>cura</strong>mente<br />

c’è voluto più tempo rispetto all’a<strong>di</strong>acente area<br />

<strong>di</strong> (289) Smiùn, dove, grazie al fondo terroso,<br />

le piante hanno potuto facilmente ra<strong>di</strong>care.<br />

278 Sàut d’ l’Argentera, 1750 m<br />

T16<br />

Saut d’ l’Argentiera / Saut d’ l’Argentera<br />

Balzo, saut in occitano, roccioso, da cui ha origine<br />

una suggestiva cascata primaverile. A monte<br />

si trova il Jaç dal Saut, un pianoro erboso un<br />

tempo utilizzato come pascolo da pecore.<br />

279 Sàut des Ciòias, 1550 m<br />

T21<br />

Saut des Chòias<br />

Cascata dei Gracchi alpini: salto roccioso dove,<br />

fino a quando la (082) <strong>Valle</strong> <strong>di</strong> Ciamberline è<br />

ricca d’acqua, si forma una magnifica cascata.<br />

280 Savina (<strong>Valle</strong> della)<br />

T22<br />

Valon d’ la Savina<br />

Serie <strong>di</strong> valloni e valloncelli caratterizzati da<br />

pareti verticali e salti rocciosi che ne rendono<br />

<strong>di</strong>fficile l’accesso. Con savina viene localmente<br />

in<strong>di</strong>cato il ginepro sabino (Juniperus sabina L.).<br />

119<br />

153<br />

Ristorto M., Val<strong>di</strong>eri, centro turistico della valle <strong>Gesso</strong>, Cuneo, S.A.S.T.E., 1973.


120<br />

281 Savoia (Cresta)<br />

T15<br />

Crèstas Savoia<br />

Settore nord della suggestiva parete granitica<br />

del (242) Càire <strong>di</strong> Prefoùns. È caratterizzata<br />

da ar<strong>di</strong>ti torrioni, quasi dei monoliti, puntati verso<br />

il cielo. Le varie cime <strong>di</strong> questa cresta sono<br />

intitolate ai figli <strong>di</strong> Vittorio Emanuele III, gli ultimi<br />

principi <strong>di</strong> Casa Savoia: Jolanda, Umberto, Mafalda,<br />

Giovanna e Maria.<br />

282 Scandeièra (Cima della), 2705 m<br />

T26<br />

Poenta d’ la Scandalhera<br />

/ Ponta d’ la Scandalhera<br />

L'escandalh – italianizzato in ’scandaièra – nel<br />

locale occitano è la stadera, una particolare bilancia<br />

composta da un piatto su cui si posa ciò<br />

che si vuol pesare, collegato a uno scandaglio,<br />

ovvero una barra graduata con delle scanalature<br />

sulla quale scorre un contrappeso. Viene<br />

da pensare che il profilo della cresta <strong>di</strong> questo<br />

monte ricor<strong>di</strong> la barra scanalata de l’escandalh.<br />

283 Schiapà (Rocca), 1627 m<br />

T16<br />

Ròcha Esclapaa / Pèira Esclapaa<br />

Masso Spaccato, si tratta <strong>di</strong> un grosso masso<br />

posto sulla sinistra orografica della strada che<br />

conduce a (304) Terme; un tempo era denominato<br />

Pèira d’ la Valeta, Pietra della <strong>Valle</strong>tta:<br />

dopo la fine della Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale<br />

a ridosso del masso venne fatto brillare del<br />

materiale esplosivo rinvenuto sul vicino fronte<br />

tra Italia e Francia. L’esplosione determinò una<br />

frantumazione del masso che <strong>di</strong> conseguenza si<br />

meritò il nome attuale.<br />

Il masso pare inoltre essere una delle tombe <strong>di</strong><br />

Mago Merlino. Come racconta Euclide Milano<br />

nel testo "Nel regno della fantasia" 154 , il celeberrimo<br />

mago della corte <strong>di</strong> Galeazzo Sforza,<br />

dopo una vita <strong>di</strong> intrighi e <strong>di</strong> passioni, venne esiliato<br />

e trovò rifugio nell’alta <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong>, dove<br />

de<strong>di</strong>cò gli ultimi anni della sua vita alla <strong>cura</strong> e<br />

all’aiuto delle popolazioni locali. Sono due i siti<br />

in cui si <strong>di</strong>ce che Merlino sia seppellito, entrambi<br />

forgiati dai potenti spiriti con cui in vita il mago<br />

trattava: uno è appunto Rocha Esclapaa, l’altro<br />

è una grossa stele granitica posta poco a monte<br />

delle (304) Terme, sulla destra orografica della<br />

strada della (322) <strong>Valle</strong> della <strong>Valle</strong>tta.<br />

284 Sella (Chiòt della), 1700 m<br />

T01<br />

Clòt d’ la Sela<br />

Ampio pianoro, clòt / quiòt in occitano, con<br />

esteso pascolo: venne qui allestita, pare dai Padri<br />

benedettini dell’Abbazia <strong>di</strong> Pedona che ne<br />

riscuotevano l’affitto, una cantina per la conservazione<br />

dei formaggi prodotti in alpeggio, la<br />

sela in occitano. Il fabbricato in pietra a secco è<br />

posto vicino al sentiero che percorre il vallone,<br />

poco a monte del ricovero del pastore e <strong>di</strong> un<br />

casotto del Parco Naturale Alpi Marittime. Questi<br />

ultimi fabbricati vennero originariamente allestiti<br />

per le cacce dei Savoia.<br />

285 Sella (Lago Soprano della), 2329 m<br />

T04<br />

Laus Sobran d’ la Sela<br />

/ Lac Sobran d’ la Sela<br />

Racchiuso tra rocce e pietraie, è lungo più <strong>di</strong><br />

780 metri con una superficie <strong>di</strong> 20,8 ettari.<br />

Più a valle troviamo lo Jaç Gròs (2150 m), un<br />

esteso pascolo oggi sottoutilizzato anche a causa<br />

della sola <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> un misero ricovero<br />

degli inizi del 1900. In questa località, intorno al<br />

1930, un fulmine uccise un pastore, il suo cane<br />

e una ventina <strong>di</strong> pecore.<br />

286 Sella (Lago Sottano della), 1882 m<br />

T01<br />

Laus d’ la Sela / Lac d’ la Sela<br />

Sella non intesa come elemento geomorfologico,<br />

ma riferita a un fabbricato in pietra a secco<br />

situato più a valle, presso il Chiot della Sella. Il<br />

lago è un ampio specchio d’acqua dalla forma<br />

quasi circolare dal <strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 415 metri,<br />

per una superficie complessiva <strong>di</strong> 15,7 ettari.<br />

«[…] S.M. la Regina, abile pescatrice e molto<br />

amante <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>lettevole esercizio, si è recata,<br />

in compagnia <strong>di</strong> S.M. il Re, dei Principini<br />

e buon seguito, ai rinomati laghi <strong>di</strong> Chiot della<br />

Sella, poste alle falde del monte Matto, che,<br />

quale gigante, sovrasta tutte le cime montuose<br />

circostanti. In questo incantevole e aspro luogo,<br />

esistono pure due piccole palazzine fatte<br />

fabbricare dal Gran Re Vittorio Emanuele II,<br />

ove durante le frequenti sue cacce al camoscio,<br />

spesso prendeva riposo. I Reali probabilmente<br />

vi si fermeranno due giorni, e queste palazzine<br />

in questa occasione serviranno <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>to loro<br />

soggiorno, mentre le varie persone del seguito<br />

riposeranno sotto appositi tendoni poetati dai<br />

muli con le necessarie vettovaglie. Questi laghi<br />

abbondano <strong>di</strong> pescagione, e si tragittano con<br />

apposita, comoda barca […]» 155<br />

287 Siùla (Garb della)<br />

T24<br />

Garb d’ la Siola / Garb d’ la Ceula<br />

Letteralmente garb significa buco, ma in questo<br />

caso è meglio intenderlo come avvallamento.<br />

Siola localmente può in<strong>di</strong>care la cipolla, oppure<br />

un’incrinatura (la ròcha a ‘na ‘nsioleura, il masso<br />

ha una crepa): significato più logico se riferito<br />

alle rocce incombenti sull’avvallamento.<br />

288 Siùla (Lago della), 2144 m<br />

T24<br />

Laus d’ la Siola / Lac d’ la Siola<br />

/ Laus d’ la Ceula / Lac d’ la Ceula<br />

Piccolo lago vicino al (287) Garb della Siùla.<br />

289 Smiùn, 1450 m<br />

T02<br />

Smion / Esmion<br />

Toponimo dal significato oscuro. Erano estesi<br />

pascoli in parte falciati. Negli anni 1920-30<br />

il Corpo Forestale dello Stato fece realizzare<br />

un’imponente opera <strong>di</strong> rimboschimento. Vennero<br />

allestiti dei lunghi terrazzamenti dove furono<br />

poi messe a <strong>di</strong>mora migliaia <strong>di</strong> conifere.<br />

Vi lavorarono decine <strong>di</strong> uomini della valle. In<br />

121<br />

154<br />

Milano E., Nel regno della fantasia, Torino, Omega E<strong>di</strong>zioni, 1998.<br />

155<br />

La Sentinella delle Alpi, 4 agosto 1912.


122<br />

questo modo venne assestato un versante da<br />

cui si staccavano <strong>di</strong>sastrose valanghe. Quest’opera,<br />

per molti versi positiva, fu però un terribile<br />

tributo per le decine <strong>di</strong> famiglie che allora<br />

sfruttavano quest’area per il pascolo: <strong>di</strong> colpo si<br />

trovarono <strong>di</strong> fronte al <strong>di</strong>vieto assoluto <strong>di</strong> pascolo<br />

(gli ovini avrebbero <strong>di</strong>strutto le piantine). Molti,<br />

continuando l’abituale pascolo, si trovarono a<br />

dover pagare salate multe. In <strong>di</strong>versi emigrarono<br />

proprio per questa ragione. 156 Toponimo interessante<br />

in zona è lhi Golons, a 1100 metri <strong>di</strong><br />

quota, zona con <strong>di</strong>verse risorgive e pantani. Qui<br />

un tempo si allestivano lhi nais, specie <strong>di</strong> vasche<br />

dove si accumulava dell’acqua per immergervi<br />

la canapa a macerare. Poco <strong>di</strong>stante, in questa<br />

zona <strong>di</strong> risorgive, troviamo las Sanhas d’ Boarona.<br />

Con sanhas vengono in<strong>di</strong>cati terreni umi<strong>di</strong>,<br />

fangosi. Boaron era il mangiare molto liquido<br />

che veniva dato ai maiali, composto da latticello<br />

o brodo con ortiche, al quale si aggiungevano<br />

scarti <strong>di</strong> cereali e patate.<br />

290 Soria-Ellena (Rifugio), 1840 m<br />

T24<br />

Refujo Soria-Ellena<br />

«È una costruzione a m 1840 c. al margine del<br />

Piano del Praiet, de<strong>di</strong>cata all’alpinista cuneese<br />

E. Soria. Costruito in muratura dai soci della Sezione<br />

<strong>di</strong> Cuneo del CAI, si presenta con 2 piani<br />

e sarà dotato <strong>di</strong> 35 cuccette; […] Edoardo Soria<br />

fu un valentissimo alpinista che tracciò alcune<br />

importanti nuove vie nelle Alpi Marittime.» 157<br />

La struttura attuale venne inaugurata nel 1961.<br />

Nel 1971, al nome <strong>di</strong> Soria fu affiancato quello<br />

<strong>di</strong> Ellena, alpinista cuneese.<br />

«Ogni pietra dell’itinerario per il Soria potrebbe<br />

raccontare <strong>di</strong> pellegrini, papi, re, eserciti, contrabban<strong>di</strong>eri,<br />

bestie da soma cariche <strong>di</strong> sale e <strong>di</strong><br />

stoffe impegnati nella traversata delle Alpi per il<br />

Colle <strong>di</strong> Finestra. Un percorso tanto frequentato<br />

da offrire già nel me<strong>di</strong>oevo un ospizio al servizio<br />

dei viandanti.» 158<br />

291 Steirate (Lago <strong>di</strong>), 1864 m<br />

T14<br />

Laus d’ l’Esteirà / Lac d’ Steirate<br />

Due laghi – quello posto alla quota inferiore è<br />

asciutto per buona parte dell’anno – conosciuti<br />

come Laghi <strong>di</strong> (111) Esteràte.<br />

292 Stella (Monte), 3220 m<br />

T12<br />

L’Estela / Poenta d’ l’Estela<br />

/ Ponta d’ l’Estela<br />

Estela, benché italianizzato in stella, significa<br />

spacco verticale. Nell’occitano locale l’espressione<br />

spaccare la legna si traduce in far s’estelas:<br />

le pareti rocciose <strong>di</strong> questo rilievo presentano<br />

infatti dei salti verticali simili alla superficie del<br />

legname spaccato con mazza e cuneo.<br />

293 Stella (Punta), 2567 m<br />

T11<br />

Poenta d’ l’Estela / Ponta d’ l’Estela<br />

Non presenta pareti verticali, anzi, buona parte<br />

della sommità è erbosa. Molto probabilmente<br />

prende il nome dall’a<strong>di</strong>acente e ben più elevato<br />

(292) Monte Stella.<br />

294 Stella (Vallone della)<br />

T11<br />

Valon d’ l’Estela<br />

Vallone un tempo importante per il pascolo delle<br />

pecore. Ora la parte inferiore si è trasformata<br />

in un bel bosco <strong>di</strong> conifere.<br />

295 Stevàno (<strong>Valle</strong>)<br />

T13<br />

Valon d’ l’Endrèit d’Esteve<br />

/ Valon Drèit d’Esteve<br />

Vallone sulla sinistra orografica del (036) <strong>Gesso</strong><br />

della Barra.<br />

L’Endrèit d’Esteve è una parte <strong>di</strong> vallone ben<br />

esposta al sole, un tempo falciata e pascolata<br />

probabilmente da un certo Esteve.<br />

296 Suc (Giàs del), 1320 m<br />

T12<br />

Jaç dal Suc<br />

Tramuto (giàs) <strong>di</strong> cui attualmente si fatica a trovare<br />

traccia a causa dell’invasione del bosco <strong>di</strong><br />

faggio. Suc significa ceppo: bisogna ricordare<br />

che un tempo in questa zona gli alberi erano<br />

quasi scomparsi, abbattuti per fare posto al pascolo.<br />

Un ceppo, residuo del bosco preesistente,<br />

<strong>di</strong>venne probabilmente un elemento significativo<br />

per la denominazione del luogo.<br />

297 Suèt (Pilone), 950 m<br />

T09<br />

Pilon d’ Soet / Pilon dal Soet<br />

Pilone votivo ormai fatiscente, situato a valle <strong>di</strong><br />

(298) Tetti Suèt, vicino alla strada che conduce<br />

a (271) San Giacomo. Venne costruito da una<br />

persona che miracolosamente si salvò dopo<br />

una caduta nelle acque impetuose del <strong>Gesso</strong>; è<br />

de<strong>di</strong>cato alla Vergine Maria. La statuetta votiva<br />

si trova al Museo d’Arte sacra <strong>di</strong> Entracque.<br />

298 Suèt (Tetti), 1000 m<br />

T09<br />

Tèits Soet<br />

Borgata abitata solo d’estate, oggi in parte ristrutturata.<br />

Si narra che, all’alba <strong>di</strong> una domenica,<br />

un bracconiere dovette abbandonare nei<br />

pressi <strong>di</strong> questo inse<strong>di</strong>amento il camoscio abbattuto<br />

durante la notte. Egli intendeva recarsi<br />

alla messa, ma il peso dell’animale <strong>di</strong>veniva ad<br />

ogni passo più insostenibile: temendo che potesse<br />

trattarsi <strong>di</strong> una punizione <strong>di</strong>vina, abbandonò<br />

la preda e corse in chiesa. Forse da questo<br />

fatto deriva il secondo nome dell’inse<strong>di</strong>amento,<br />

Tèits Chamós.<br />

299 Suffi (Vallone del)<br />

T11<br />

Valon dal Sofi / Valon dal Sofle<br />

Toponimo facilmente traducibile in soffio, forse<br />

a ricordo <strong>di</strong> un vento particolare che dovrebbe<br />

spirare in questo vallone.<br />

A <strong>di</strong>mostrazione della tesi, nell’inverno 2007<br />

un gran numero <strong>di</strong> abeti posti sul versante est<br />

123<br />

156<br />

Fonte: <strong>Rabbia</strong> Antonio.<br />

157<br />

Saglio S., Da rifugio a rifugio. Alpi Liguri e Marittime, Milano, Touring Club Italiano, 1958.<br />

158<br />

AA. VV., Rifugi e bivacchi delle Alpi Marittime - Mercantour, Parco Naturale Alpi Marittime, 2008.


124<br />

della (273) Punta San Giovanni, sulla sinistra<br />

orografica del (321) Rio della <strong>Valle</strong>tta, furono<br />

<strong>di</strong>velti dal solo spostamento d’aria generato da<br />

una valanga <strong>di</strong>staccatasi nel vallone in questione.<br />

Risulta inoltre che nel Delfinato e in alta Val<br />

Susa, con soffre viene in<strong>di</strong>cato l’abete bianco,<br />

essenza arborea <strong>di</strong>ffusa in quest’area.<br />

t


t<br />

300 Tablàsses (Testa <strong>di</strong>), 2860 m<br />

T15<br />

Las Tablassas / Tablassas<br />

Cima caratterizzata dai tagli netti delle rocce<br />

che, in particolare quando coperte dalla neve,<br />

assumono l’aspetto <strong>di</strong> enormi tavoloni, taulàs in<br />

occitano 159 .<br />

302 Tavèls (Cima <strong>di</strong>), 2812 m<br />

T10<br />

Poenta Tavèls / Ponta Tavèls<br />

Toponimo che trae origine dalla medesima ra<strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong> Tablàsses (ve<strong>di</strong> (300) Testa <strong>di</strong> Tablàsses),<br />

a in<strong>di</strong>care la presenza <strong>di</strong> placche rocciose<br />

squadrate.<br />

301 Tanàsso (Tetto), 1070 m<br />

303 Terapìn (Tetto), 1112 m<br />

T13<br />

Tèits Brinhera<br />

T13<br />

Tèits d’ Terapin<br />

Piccolo inse<strong>di</strong>amento, abitato durante la stagione<br />

Piccolo nucleo sulla destra orografica della valle<br />

estiva, sulla strada per (271) San Giacomo; del (036) <strong>Gesso</strong> della Barra, un tempo abita-<br />

126 300 Tablàsses (Testa <strong>di</strong>)<br />

le case sono state in gran parte ristrutturate. to durante l’estate per coltivare i terreni agricoli<br />

127<br />

301 Tanàsso (Tetto)<br />

302 Tavèls (Cima <strong>di</strong>)<br />

303 Terapìn (Tetto)<br />

304 Terme<br />

305 Toro (Cima del)<br />

306 Traversìar<br />

307 Trùccia (Càire della)<br />

308 Trùccia (<strong>Valle</strong> della)<br />

309 Tuèla<br />

Brinhera, susino in occitano, è il soprannome <strong>di</strong><br />

una famiglia.<br />

In passato gli inse<strong>di</strong>amenti erano due: Tèits<br />

Tanàs, i cui ruderi si trovano poco a monte<br />

dell’attuale inse<strong>di</strong>amento, venne abbandonato<br />

quando, nel 1928, fu investito da una frana;<br />

l’antico inse<strong>di</strong>amento, Tèits Brinhera Velh, si<br />

trova invece su un poggio a valle dell’o<strong>di</strong>erna<br />

borgata. Anche questo nucleo nel 1934 fu investito<br />

da una frana staccatasi dai pen<strong>di</strong>i della<br />

(205) Punta Olivazzo: nell’incidente perirono<br />

due persone impegnate nella fienagione; a<br />

memoria del tragico evento venne posata una<br />

croce ancora visibile percorrendo lhi Montors d’<br />

la Crois, la Salita della Croce.<br />

Col tempo il toponimo Tanasso, anche questo<br />

derivante dal soprannome <strong>di</strong> una persona, ha<br />

prevalso su Brinhera.<br />

circostanti; oggi è abbandonato. Terapin è il soprannome<br />

della famiglia Gerbino.<br />

A monte del tèit c’è lhi Bosquets d’ Terapin, un<br />

bel bosco <strong>di</strong> faggio a protezione dell’inse<strong>di</strong>amento.<br />

L’approvvigionamento d’acqua proveniva<br />

da una sorgente, la Fontana d’ Jaquet.<br />

304 Terme, 1365 m<br />

T07<br />

Lhi Banhs<br />

I toponimi si riferiscono alla presenza delle acque<br />

termali e delle strutture per la loro fruizione.<br />

«Le acque <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri sorgono in un sito <strong>di</strong>scosto<br />

circa otto miglia da esso luogo, e quattor<strong>di</strong>ci<br />

dalla città <strong>di</strong> Cuneo, fra due montuose eminenze,<br />

appen<strong>di</strong>ci d’un alto giogo chiamato <strong>di</strong><br />

S. Giovanni. Tre sono i fonti che qui vedonsi<br />

scaturire <strong>di</strong> qualità calda, che ricevuti in tre lavatoi<br />

<strong>di</strong> legno, servono per lo stillici<strong>di</strong>o e per la<br />

159<br />

Paschetta V., Alpes Maritimes - Vésubie, Nice, CAF Section des Alpes Maritimes Occitanes des Alpes<br />

et de Haute-Provence et Parc National des Ecrins, 1988.


128<br />

stufa. Quattro passi più abbasso incontrasi tre<br />

altri fonti più piccioli, ma più cal<strong>di</strong>, de’ quali uno<br />

chiamasi de’ Pollastri, perché i volatili, in questo<br />

attuffati, rimangono tosto spennati […]» 160<br />

«Lo stabilimento delle Nuove Terme <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri<br />

consta <strong>di</strong> un gran<strong>di</strong>oso fabbricato e <strong>di</strong> varie<br />

ed eleganti palazzine alla foggia svizzera; può<br />

alloggiare ben 400 persone. Esso sorse per iniziativa<br />

e <strong>cura</strong> <strong>di</strong> una società <strong>di</strong> facoltosi torinesi;<br />

la prima pietra fu collocata da Re Vittorio Emanuele<br />

II il 10 luglio 1857; il Comune <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>eri<br />

se ne rese proprietario con atto 20 novembre<br />

1862 e lo vendette nel 1906 ad una società che<br />

sta facendovi notevoli restauri ed abbellimenti<br />

[…] La virtù <strong>di</strong> quelle sorgenti termali fu conosciuta<br />

dai Romani; venne rinvenuta una lapide<br />

ad Esculapio dell’anno <strong>di</strong> Roma 518. Nel 1560<br />

il duca Emanuele Filiberto or<strong>di</strong>nava la canalizzazione<br />

<strong>di</strong> una delle sorgenti e la costruzione delle<br />

Vecchie Terme. Frequentarono le terme i Principi<br />

<strong>di</strong> Savoia nel 1474, nel 1668, nel 1783.» 161<br />

Poco a valle dello stabilimento, a<strong>di</strong>acente alla<br />

strada che a inizio del 1900 passava in riva al<br />

Rio della <strong>Valle</strong>tta, c’era la Fontana d’ l’Òr, una<br />

sorgente frequentata dagli ospiti delle Terme<br />

che, durante la passeggiata pomeri<strong>di</strong>ana, ne<br />

bevevano l’acqua per trarre giovamento dai<br />

suoi benefici effetti <strong>di</strong>gestivi.<br />

305 Toro (Cima del), 2400 m<br />

T25<br />

Poenta dal Tòr / Ponta dal Tòr<br />

Considerati gli ampi pascoli sottostanti la cima,<br />

è facile pensare che il toponimo possa derivare<br />

dal nome del bovino. Nell’area troviamo altri<br />

nomi <strong>di</strong> animali domestici: vacha, vacca, e<br />

anhèl, agnello.<br />

Altra interpretazione è riconducibile alla ra<strong>di</strong>ce<br />

prelatina TOR, altezza, elevazione 162 , da cui deriva<br />

per esempio la parola torre 163 .<br />

306 Traversìar<br />

T01<br />

Traversier<br />

È un ampio pen<strong>di</strong>o con pascoli tutt’ora sfruttati<br />

a monte del Gias del Prato.<br />

Il toponimo in<strong>di</strong>ca lo spostamento che con un<br />

lungo traverso porta infine al (173) Colle <strong>di</strong><br />

Marchiàna. Un tempo era assegnato a un pastore,<br />

mentre oggi fa parte dell’unico pascolo<br />

che interessa l’intera <strong>Valle</strong> della Merìs. Inoltre,<br />

bisogna ricordare che verso quota 1750 metri<br />

c’era una zona chiamata Quère d’ la Lenha, la<br />

Roccia della Legna, anche se attorno al masso<br />

non c’erano alberi. Era questa una prateria riservata<br />

agli abitanti <strong>di</strong> (274) Sant’Anna che vi<br />

falciavano l’erba. Ognuno, in base all’arrivo, delimitava<br />

l’appezzamento che intendeva falciare<br />

durante la giornata e così, per alcuni giorni, un<br />

gruppo <strong>di</strong> uomini si pro<strong>cura</strong>va il fieno. 164<br />

307 Trùccia (Càire della), 1542 m<br />

T09<br />

Caire d’ la Trocha / Caire d’ la Trucha<br />

/ Quère d’ la Tucha<br />

Cima della cresta rocciosa che <strong>di</strong>vide il vallone<br />

del (036) <strong>Gesso</strong> della Barra da quello del<br />

Bousset. Il toponimo dovrebbe derivare da una<br />

delle numerose varianti <strong>di</strong> truc (troquet, trocàs,<br />

troca, trocha), usate per in<strong>di</strong>care un rilievo, non<br />

necessariamente roccioso.<br />

308 Trùccia (<strong>Valle</strong> della)<br />

T09<br />

Valon d’ la Trocha / Valon d’ la Trucha<br />

/ Valon d’ la Tucha<br />

Ampio vallone sulla destra orografica del (036)<br />

<strong>Gesso</strong> della Barra. Una volta costituiva un<br />

buon pascolo <strong>di</strong>stinto da un’interessante forma<br />

<strong>di</strong> gestione: le pecore <strong>di</strong> ogni famiglia venivano<br />

raggruppate in un unico gregge e sorvegliate<br />

a turno dai <strong>di</strong>versi proprietari. In questo modo<br />

tutti avevano il tempo per occuparsi delle <strong>di</strong>verse<br />

attività agricole.<br />

309 Tuèla, 1600 m<br />

T05<br />

T08<br />

Tuela<br />

Altura dalla caratteristica forma conica con versanti<br />

un tempo pascoli e praterie, chiamati lhi<br />

Sueli d’ la Tuela, oggi bosco misto. Sulla sommità<br />

si trova il piccolo rifugio Barbero, della corale<br />

La Baita del CAI <strong>di</strong> Cuneo.<br />

129<br />

160<br />

Gioffredo P., Storia delle Alpi Marittime, 1652.<br />

161<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

162<br />

Rousset P.L., Ipotesi sulle ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini, Aosta, Priuli & Verlucca e<strong>di</strong>tori, 1991.<br />

163<br />

Bruno M., Alpi sud-occidentali tra Piemonte e Provenza; Dizionario toponomastico,<br />

Cuneo, Ed. l’Arciere, Coumboscuro Centre Prouvençal, 1996.<br />

164<br />

Fonte: Franco Antonio.<br />

165<br />

Fonte: Ghigo Francesco.


130<br />

u


u<br />

310 Ulivìer (Pasét dell’), 2150 m<br />

T22<br />

Passet d’ l’Olivier / Passet d’ l’Oliver<br />

Stretto passaggio un tempo usato dai pastori<br />

per accedere alla (335) <strong>Valle</strong> del Vei del Bouc.<br />

A Entracque olivier significa pino cembro.<br />

132 310 Ulivìer (Pasét dell’)<br />

133


134<br />

v


v<br />

311 Vagliotta (Cima della), 2548 m 313 Vailetto (Punta), 1877 m<br />

T08<br />

T09<br />

Poenta d’ la Valhòta / Ponta d’ la Valhòta Poenta dal Vailet / Ponta dal Vailet<br />

Chiude la (312) <strong>Valle</strong> della Vagliotta. Sulla Cima della cresta che separa il vallone del (036<br />

Carta Sarda era detta Monte Chista Fort 166 .<br />

<strong>Gesso</strong> della Barra da quello del Bousset. Il toponimo<br />

deriva da una vicenda legata al colletto<br />

312 Vagliotta (<strong>Valle</strong> della)<br />

sottostante: una vacca partorì inaspettatamente<br />

e il margaro trovò il vitello, vailet in occitano,<br />

T05<br />

T08 Valon d’ la Valhòta<br />

Vallone ricoperto, nella ripida parte inferiore, solamente il giorno successivo 167 .<br />

da un esteso bosco <strong>di</strong> faggio misto a maggiociondolo.<br />

Si apre in alto con ampi pascoli tuttora<br />

314 Valasco (Piana del), 1800 m<br />

utilizzati. Fino agli anni ‘50 del Novecento<br />

T10<br />

Lo Valàsc / El Valasc / Plana dal Valasc<br />

136 311 Vagliotta (Cima della)<br />

312 Vagliotta (<strong>Valle</strong> della)<br />

336 Vernasca (Cima)<br />

337 Vernasca (Lago)<br />

queste praterie erano intensamente sfruttate.<br />

Le zone più impervie erano occupate da due<br />

A un primo vasto pianoro se ne sovrappone un<br />

secondo più piccolo, ma non meno suggestivo.<br />

137<br />

314 Valasco (Piana del)<br />

315 Valasco (Rifugio,<br />

Reale Casa <strong>di</strong> Caccia)<br />

316 Valasco (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

313 Vailetto (Punta)<br />

339 Viéta (Valùn d’ la)<br />

340 Viglino (Cima)<br />

338 Veschi (<strong>Valle</strong> dei)<br />

migliore; una parte <strong>di</strong> questi bovini proveniva<br />

dalle famiglie <strong>di</strong> (274) Sant’Anna che, nel<br />

periodo estivo, davano in guar<strong>di</strong>a al pastore le<br />

proprie vacche (solitamente non più <strong>di</strong> due per<br />

pastori, mentre un margaro fruiva del settore<br />

In origine era un lago glaciale colmato nei<br />

millenni dai materiali trasportati dalle acque superficiali.<br />

È ancor oggi pascolo per bovini.<br />

315 Valasco (Rifugio,<br />

317 Valcubèrta<br />

318 Valcuca (<strong>Valle</strong>)<br />

319 Valèra (Giàs)<br />

320 Valetìna<br />

321 <strong>Valle</strong>tta (Rio della)<br />

322 <strong>Valle</strong>tta (<strong>Valle</strong> della)<br />

323 <strong>Valle</strong>tta (<strong>Valle</strong> della)<br />

324 <strong>Valle</strong>tta (Vallone della)<br />

325 Valmiàna<br />

326 Valmiàna (Colle <strong>di</strong>)<br />

327 Valmòrta<br />

328 Valròssa<br />

329 Valscùra (Colletto <strong>di</strong>)<br />

330 Valscùra (Laghi <strong>di</strong>)<br />

331 Van d’ l’Adrèit<br />

332 Varrone (Bivacco Silvio)<br />

famiglia). L’allora ragazzo Dino d’ Titanha, Bernardo<br />

<strong>Rabbia</strong>, portava in paese il latte che veniva<br />

poi sud<strong>di</strong>viso tra i <strong>di</strong>versi proprietari delle<br />

vacche. Nel vedere lo stato attuale della mulattiera<br />

si fatica a credere che un tempo la si potesse<br />

percorrere con un carretto carico <strong>di</strong> latte.<br />

A quota 1350 metri la mulattiera attraversa<br />

un passaggio obbligato chiamato lo Saut dal<br />

Chamós, il Salto del Camoscio: per superare<br />

senza pericolo questo tratto impegnativo del<br />

percorso vennero costruiti un alto muro in pietra<br />

e un ponte in legno.<br />

T10<br />

Reale Casa <strong>di</strong> Caccia), 1764 m<br />

Casa d’ la Chaça<br />

«Si percorre la comba, ricca <strong>di</strong> pascoli, foggiata<br />

ad anfiteatro e circondata da alte e <strong>di</strong>rupate<br />

montagne e si raggiunge la Casa <strong>di</strong> Caccia del<br />

Valasco m 1768 dove è murata una lapide <strong>di</strong><br />

granito bianco che ricorda Vittorio Emanuele II,<br />

Presidente onorario del CAI, che qui veniva a<br />

riposare, durante le cacce.» 168<br />

«Il Valasco è un’oasi <strong>di</strong> pace che, come per magia,<br />

si apre in fondo <strong>di</strong> un vallone impervio, scavato<br />

negli aspri fianchi del Monte Matto e della<br />

166<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

333 Vei del Bouc (Colle del)<br />

167<br />

Fonte: Giordana Giacomo.<br />

168<br />

334 Vei del Bouc (Lago del)<br />

Saglio S., Da rifugio a rifugio. Alpi Liguri e Marittime, Milano, Touring Club Italiano, 1958.<br />

335 Vei del Bouc (<strong>Valle</strong> del)


138<br />

Rocca <strong>di</strong> San Giovanni. È il cuore del Parco e<br />

su questo immenso pianoro pascolivo Vittorio<br />

Emanuele II fece costruire a metà Ottocento<br />

una casa <strong>di</strong> caccia, singolare 'fortino' a pianta<br />

quadrata con torri merlate. Oggi questo e<strong>di</strong>ficio<br />

storico è stato restaurato e trasformato in un rifugio<br />

per offrire a tutti un 'soggiorno da re'.» 169<br />

316 Valasco (<strong>Valle</strong> <strong>di</strong>)<br />

T07<br />

T11 Lo Valasc / El Valasc / Valon dal Valasc<br />

È un toponimo interessante, ma la spiegazione<br />

dell’origine <strong>di</strong> questo nome è alquanto<br />

complessa. Si parte dalla ra<strong>di</strong>ce PAL, <strong>di</strong> ceppo<br />

indoeuropeo, con significato <strong>di</strong> roccia elevata,<br />

che si trasforma in FAL, FEL, VEL e VAL. A queste<br />

ra<strong>di</strong>ci si aggiunga poi la desinenza ASCO,<br />

ASCA, che caratterizza i territori dove vivevano<br />

le mitiche popolazioni liguri. Non an<strong>di</strong>amo<br />

oltre e citiamo la fonte: Rousset, "Ipotesi sulle<br />

ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini" 170 .<br />

Si ricorda che fino all’inizio del 1900 era chiamato<br />

Vallasco. È un magnifico ampio vallone<br />

percorso da una mulattiera delle cacce reali e<br />

da una strada carrozzabile, costruita negli anni<br />

1920 in vista del rinforzamento dei confini con<br />

la Francia. Gli alti muri in pietra <strong>di</strong> questa strada<br />

rappresentano un vero e proprio monumento.<br />

317 Valcubèrta<br />

T11<br />

Valcubèrta / Val Cubèrta<br />

Cubèrta significa coperta, nel senso <strong>di</strong> nasco-<br />

sta. Infatti parte del vallone è occultato da una<br />

cresta rocciosa e solo risalendolo si scopre un<br />

pascolo dove c’era anche il ricovero del pastore.<br />

La mulattiera per le cacce dei Savoia risale<br />

buona parte del vallone, ma ormai è fatiscente.<br />

318 Valcuca (<strong>Valle</strong>)<br />

T10<br />

T11<br />

Valcuca / Val Cuca<br />

È un vallone ripido nella parte iniziale, quando si<br />

stacca dal Valasco. In alto si apre con suggestive<br />

conche dove si alternano pietraie e piccole praterie<br />

con ra<strong>di</strong> larici. Il toponimo è interessante:<br />

«[…] La ra<strong>di</strong>ce KUK venne stu<strong>di</strong>ata da molti linguisti…<br />

Tutti riconoscono il valore <strong>di</strong> oronimo<br />

della base, ma non sono d’accordo sulla sua<br />

provenienza. Però, col procedere degli stu<strong>di</strong>, si<br />

può già ora stabilire con certezza che l’area dove<br />

compare nei toponimi tale ra<strong>di</strong>ce sorpassa largamente<br />

il mondo conquistato dai Celti…Dall’Asia<br />

Minore alla Spagna, passando per i Balcani e le<br />

Alpi o per l’Italia Meri<strong>di</strong>onale, Sicilia Sardegna e<br />

Corsica, ne troviamo traccia negli oronimi e nelle<br />

denominazioni <strong>di</strong> villaggi situati sulle colline,<br />

quali Moncucco e Cocconato nel Monferrato o<br />

il castelliere fortezza <strong>di</strong> Cucuruzzu nel Sud della<br />

Corsica, risalente all’età del Bronzo…» 171<br />

Una mulattiera allestita per le cacce dei Savoia<br />

risale il ripido versante iniziale per terminare a<br />

ridosso <strong>di</strong> una imposta <strong>di</strong> caccia:<br />

«Nella caccia, che il Re ha fatto il giorno 23 a<br />

Valcucca vicino a Vallasco uccise una grossa<br />

lince. Sod<strong>di</strong>sfatto oltremodo per tale caccia,<br />

or<strong>di</strong>nò che fosse <strong>di</strong>stribuita doppia mercede al<br />

personale <strong>di</strong> battuta…» 172<br />

Di questo fatto si ricorda Franco Pietro, classe<br />

1920, <strong>di</strong> (274) Sant’Anna,:<br />

«Mio padre lo raccontava spesso. Quel giorno<br />

<strong>di</strong> prima mattina il Re uccise una lince. Fu così<br />

contento che interruppe la battuta <strong>di</strong> caccia.<br />

Così tornammo a casa già in mattinata e non<br />

solo, ci pagò doppia tariffa <strong>di</strong>eci lire invece che<br />

le cinque previste» 173 .<br />

319 Valèra (Giàs), 1550 m<br />

T19<br />

Jaç d’ la Valera<br />

Valèra, dal latino vallis, designa l’intervallo esistente<br />

tra due catene <strong>di</strong> montagne.<br />

A monte <strong>di</strong> questo tramuto (giàs), tuttora frequentato<br />

dal margaro, si entra nella (268) <strong>Valle</strong><br />

del Sabbione.<br />

320 Valetìna<br />

T01<br />

Valetina<br />

È un ampio vallone a monte del (285) Lago<br />

Soprano della Sella, con ra<strong>di</strong> pascoli tra creste<br />

rocciose e pietraie. È percorso dalla magnifica<br />

mulattiera costruita per le cacce reali. Giunti<br />

al Colle della <strong>Valle</strong>tta, il sentiero prosegue e si<br />

può scendere nella <strong>Valle</strong> Stura.<br />

321 <strong>Valle</strong>tta (Rio della)<br />

T03<br />

Riu d’ la Valeta<br />

Si tratta del ramo del Torrente <strong>Gesso</strong> che percorre<br />

la (323) <strong>Valle</strong> della <strong>Valle</strong>tta fino alla<br />

confluenza con il torrente <strong>Gesso</strong> <strong>di</strong> Entracque.<br />

322 <strong>Valle</strong>tta (<strong>Valle</strong> della)<br />

T11<br />

Valon dal Plan dal Re<br />

<strong>Valle</strong> è un toponimo molto <strong>di</strong>ffuso, utilizzato<br />

per in<strong>di</strong>care uno «spazio <strong>di</strong> terreno più o meno<br />

vasto, fiancheggiato da monti, pel quale spesso<br />

scorre qualche fiume o torrente» 174 .<br />

In questo caso il <strong>di</strong>minutivo nasce probabilmente<br />

dal confronto con l’a<strong>di</strong>acente (316) <strong>Valle</strong> <strong>di</strong><br />

Valasco, caratterizzato da un esteso pianoro<br />

sommitale che in passato era chiamato Vallasco.<br />

Tradotto localmente in Valon d’ la Valeta,<br />

è però conosciuto da tutti come Valon dal Pian<br />

dal Re: il nome probabilmente risale alla seconda<br />

metà dell’800, quando il Re iniziò a praticare<br />

attività venatoria in questa zona, allestendo l’accampamento<br />

<strong>di</strong> caccia nell’area del (070) Piano<br />

della Casa del Re.<br />

323 <strong>Valle</strong>tta (<strong>Valle</strong> della)<br />

T18<br />

Valon d’ la Valeta<br />

Piccolo vallone poco a monte <strong>di</strong> (271) San Giacomo,<br />

vicino al (324) Vallone della <strong>Valle</strong>tta.<br />

Questo luogo un tempo era caratterizzato dalla<br />

presenza <strong>di</strong> pascoli e <strong>di</strong> una bella mulattiera<br />

che risaliva fino alla (038) <strong>Valle</strong> della Barra,<br />

139<br />

169<br />

AA. VV., Rifugi e bivacchi delle Alpi Marittime - Mercantour, Parco Naturale Alpi Marittime, 2008.<br />

170 e 171<br />

Rousset P.L., Ipotesi sulle ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini, Aosta, Priuli & Verlucca e<strong>di</strong>tori, 1991.<br />

172<br />

La Sentinella delle Alpi, 25 agosto 1883.<br />

173<br />

Fonte: Franco Pietro.<br />

174<br />

De <strong>Mauro</strong> T., Mancini M., Dizionario etimologico, Garzanti Linguistica, 2000.


140<br />

utilizzata per il trasporto a valle del carbone<br />

prodotto nelle aie carbonaie allestite nelle faggete<br />

della zona.<br />

324 <strong>Valle</strong>tta (Vallone della)<br />

T17<br />

Valon dal Garb d’ Nònne<br />

Ampio vallone che, a 1700 metri <strong>di</strong> quota, si<br />

apre in una conca, garb in occitano; nònne significa<br />

nonna e può essere legato a qualche<br />

anziana pastora che un tempo frequentava i<br />

pascoli della zona.<br />

325 Valmiàna<br />

T07<br />

Valmiana<br />

Vallone caratterizzato dalla presenza <strong>di</strong> una<br />

mulattiera per le cacce del Re e da una buona<br />

superficie pascoliva: fino alla Seconda Guerra<br />

Mon<strong>di</strong>ale i pen<strong>di</strong>i erbosi iniziali venivano ac<strong>cura</strong>tamente<br />

falciati da persone provenienti da<br />

(274) Sant’Anna e da Andonno. Il fieno veniva<br />

dapprima portato al Valasco e poi in paese,<br />

in bicicletta o utilizzando dei carretti. L’area non<br />

è più frequentata dal pastore ormai da alcuni<br />

decenni. Il toponimo si rifà alla ra<strong>di</strong>ce MEAN,<br />

MIAN, dal latino me<strong>di</strong>anus, in mezzo. Infatti il<br />

vallone è racchiuso tra la (328) Valròssa e la<br />

(059) <strong>Valle</strong> Cabrèra.<br />

326 Valmiàna (Colle <strong>di</strong>), 2922 m<br />

T07<br />

Còl d’ Valmiana<br />

Punto <strong>di</strong> arrivo della mulattiera allestita per le<br />

cacce reali che, partendo dai (330) Laghi <strong>di</strong><br />

Valscùra, attraversa la (328) Valròssa e la<br />

(325) Valmiàna; oltre il colle un sentiero, a volte<br />

solo una traccia, permette <strong>di</strong> accedere alla<br />

parte alta della <strong>Valle</strong> della Merìs.<br />

327 Valmòrta<br />

T10<br />

Valmòrta / Val Mòrta<br />

Ampio vallone che collega il Piano del Valasco<br />

con il (070) Piano della Casa del Re. Un’estesa<br />

pietraia <strong>di</strong> rocce granitiche, percorsa da una<br />

magnifica mulattiera, conferisce al paesaggio<br />

un’impronta <strong>di</strong> desolazione da cui potrebbe<br />

derivare il toponimo.<br />

328 Valròssa<br />

T10<br />

Valrossa / Val Rossa<br />

Ampio vallone con ra<strong>di</strong> pascoli: sono ancora visibili<br />

le tracce dei tramuti frequentati un tempo<br />

dai pastori con le greggi. L’area è in gran parte<br />

colorata da pietraie <strong>di</strong> colore rossastro.<br />

329 Valscùra (Colletto <strong>di</strong>), 2520 m<br />

T10<br />

Colet d’ Vals<strong>cura</strong> / Colèta d’ Val Es<strong>cura</strong><br />

Colle raggiunto da una mulattiera, probabilmente<br />

allestita per le cacce dei Savoia, che risale<br />

dai (330) Laghi <strong>di</strong> Valscùra per <strong>di</strong>scendere nel<br />

Rio Freddo, in <strong>Valle</strong> Stura.<br />

Sul versante della <strong>Valle</strong> Stura era conosciuto<br />

come Colle del Malinvern 175 .<br />

330 Valscùra (Laghi <strong>di</strong>), 2300 m<br />

T10<br />

Laus d’ Vals<strong>cura</strong> / Lacs d’ Vals<strong>cura</strong><br />

/ Lacs d’ Val Es<strong>cura</strong><br />

Serie <strong>di</strong> laghi che, in situazioni atmosferiche<br />

particolari, assumono tonalità cupe capaci <strong>di</strong><br />

accentuare la sensazione <strong>di</strong> desolazione già trasmessa<br />

dalla visione del vallone.<br />

Negli anni ‘20 del Novecento, in vista del conflitto<br />

con la Francia, venne costruita una magnifica<br />

strada per uso bellico. Pare che Benito Mussolini<br />

giunse in auto fino al Lago inferiore 176 .<br />

331 Van d’ l’Adrèit, 2000 m<br />

T23<br />

Van d’ l’Adrèit<br />

Magri pascoli assolati le cui forme ricordano lo<br />

van, attrezzo agricolo, simile ad una mezza cesta,<br />

utilizzato per separare la granella <strong>di</strong> segale<br />

dalle impurità residue della battitura.<br />

332 Varrone (Bivacco Silvio), 2235 m<br />

T11<br />

Bivac Varrone<br />

«È situato a m 2100 c. nel Vallone <strong>di</strong> Lourousa,<br />

alla base del Gelàs <strong>di</strong> Lourousa, in vista del<br />

versante settentrionale della Catena delle Guide,<br />

del Corno Stella e dell’Asta Soprana. – Il bivacco<br />

è costruito da Zanone Ravelli, è de<strong>di</strong>cato<br />

alla memoria <strong>di</strong> Silvio Varrone, caduto all’Uia <strong>di</strong><br />

Santa Lucia; inaugurato il 14 settembre 1947, si<br />

presenta con una costruzione in legno, ricoperta<br />

<strong>di</strong> lamiera zincata; misura 2 x 2 ed è alto m 2<br />

al culmine; […] – è <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> rosso e spicca già<br />

dal Lagarot, dove si abbandona la mulattiera<br />

che porta al Rifugio G. C. Morelli.» 177<br />

L’attuale bivacco Varrone sostituisce dal 1975<br />

la storica struttura descritta da Saglio, <strong>di</strong>strutta<br />

da una valanga e oggi esposta nei pressi del<br />

Centro visita del Parco <strong>di</strong> (304) Terme.<br />

333 Vei del Bouc (Colle del), 2620 m<br />

T25<br />

T26 Col dal Velh dal Boc<br />

Valico tra la (335) <strong>Valle</strong> del Vei del Bouc e la<br />

(268) <strong>Valle</strong> del Sabbione. È percorso da una<br />

bella mulattiera che permette anche <strong>di</strong> valicare<br />

il confine francese e <strong>di</strong> scendere in Valmasque.<br />

334 Vei del Bouc (Lago del), 2054 m<br />

T25<br />

Laus dal Velh dal Boc<br />

/ Lac dal Velh dal Boc<br />

Diverse le interpretazioni del toponimo: potrebbe<br />

derivare da Vello del Bocco, Mantello del Caprone,<br />

come riportato dalla Carta Sarda <strong>di</strong> inizio<br />

‘800; oppure fare riferimento alla frequentazione<br />

dell’area da parte <strong>di</strong> greggi numerosi, vaii<br />

nell’occitano <strong>di</strong> Briga. Al luogo è legata anche<br />

una storia in cui si narra <strong>di</strong> un vecchio saggio che<br />

decise <strong>di</strong> costruire sulla riva <strong>di</strong> un remoto fiume,<br />

lontano dal paese e dagli uomini, una casa per<br />

lui e per la sua capra. Purtroppo un giorno l’animale<br />

perì in un incidente. Il lutto fece smarrire al<br />

vecchio il desiderio <strong>di</strong> vivere. I due corpi esanimi<br />

furono trovati dai pastori della zona, che li sep-<br />

141<br />

175<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

176<br />

Fonte: Franco Antonio.<br />

177<br />

Saglio S., Da rifugio a rifugio. Alpi Liguri e Marittime, Milano, Touring Club Italiano, 1958.


142<br />

pellirono vicino alla casa del fiume, solamente<br />

la primavera successiva. Il triste avvenimento<br />

commosse anche Dio che, con una frana, sbarrò<br />

il corso del fiume e creò un lago a protezione<br />

dell’ultima <strong>di</strong>mora del velh e del suo boc 178 .<br />

335 Vei del Bouc (<strong>Valle</strong> del)<br />

T22<br />

Valon dal Velh dal Boc<br />

Lungo vallone con estese praterie sfruttate, oggi<br />

in minima parte, per il pascolo delle vacche.<br />

336 Vernasca (Cima), 2843 m<br />

T25<br />

T26 Vernascha / Poenta d’ Vernasca<br />

/ Ponta Vernasca<br />

«Trovasi sullo spartiacque, ad ovest del Colle del<br />

Sabbione. Sulla Carta dello Stato Maggiore Sardo<br />

è detta Cima del Lago della Vacca. Secondo<br />

Mader la locuzione dell’I.G.M. è impropria:<br />

la quota m. 2685 corrisponde alla Cima della<br />

Scandaiera, mentre la vera Cima Vernasca trovasi<br />

alla quota m. 2841, più ad ovest.» 179<br />

Il toponimo potrebbe derivare dalla ra<strong>di</strong>ce VER,<br />

variante della più antica ra<strong>di</strong>ce PAL, e significare<br />

roccia elevata 180 . Il suffisso ASCA è comune a<br />

tutti i territori un tempo abitati dai Liguri 181 .<br />

337 Vernasca (Lago), 2633 m<br />

T26<br />

Laus d’ Vernascha / Lac d’ Vernasca<br />

Laghetto a est <strong>di</strong> Vernasca. Durante la stagione<br />

estiva asciuga quasi del tutto.<br />

338 Veschi (<strong>Valle</strong> dei)<br />

T02<br />

T05 Valon dal Vesqui<br />

Toponimo dal suono singolare per il quale non<br />

si trova un significato plausibile. È un ripido canalone<br />

dove si alternano salti rocciosi e boschi<br />

<strong>di</strong> faggio. Lo Vesqui è una roccia montonata<br />

dalla curiosa forma lenticolare perfettamente<br />

levigata, posta quasi in fondo al vallone, a 1050<br />

metri <strong>di</strong> quota e ben visibile da (274) Sant’Anna.<br />

Uno dei boschi si chiama Bòsc espés, Bosco<br />

fitto. Era così fino a una trentina d’anni fa. Ora<br />

con l’affermarsi degli alberi più gran<strong>di</strong>, gli altri<br />

devono soccombere e perciò si sta <strong>di</strong>radando.<br />

Probabilmente questo bosco fitto era il risultato<br />

<strong>di</strong> una gestione che cercava <strong>di</strong> favorire la crescita<br />

<strong>di</strong> faggi dal fusto lungo e sottile, ideali per la<br />

produzione <strong>di</strong> carbone da legna che un tempo<br />

era un’attività molto importante per la valle. Di<br />

fronte a lo Vesqui c’è lo Quère de la Tiriera, uno<br />

sperone roccioso da cui <strong>di</strong>parte una specie <strong>di</strong><br />

solco verticale, largo un paio <strong>di</strong> metri, lungo il<br />

quale si facevano scorrere i fusti depezzati, convogliandoli<br />

in basso, dove arrivavano i carri.<br />

Sempre in questa zona c’è un bel bosco <strong>di</strong> faggio<br />

dal nome curioso <strong>di</strong> el Brusàs, le Bruciate.<br />

Il toponimo fa pensare a improbabili incen<strong>di</strong><br />

boschivi o forse al fumo conseguente al funzionamento<br />

delle numerose carbonaie? Molto<br />

più in quota, a 1650 metri, troviamo lo Becàs,<br />

imponente becco <strong>di</strong> roccia. Verso il 1910 qui<br />

scivolò e perse la vita un certo Bergala, che ave-<br />

va le vacche nel vicino Jaç dal Balor. Il vallone è<br />

normalmente soggetto a valanghe <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni<br />

data la protezione del bosco <strong>di</strong> faggio<br />

che trattiene il manto nevoso. Eccezionalmente,<br />

nel febbraio del 1972, verso le nove <strong>di</strong> sera, nel<br />

vallone si staccò una valanga <strong>di</strong> notevole mole,<br />

che, cosa mai successa prima, raggiunse due<br />

abitazioni del paese. In una alloggiavano degli<br />

alpini che, fortunatamente, erano ancora al bar;<br />

dovettero solo cercare un altro letto. Nell’altra<br />

casa abitava una signora ottuagenaria, Michela<br />

Franco, che già dormiva. Raccontò che, sentito il<br />

colpo alla porta, <strong>di</strong>sse più volte: "Avanti!". Non<br />

ricevendo risposta, riprese il suo sonno. Addormentata<br />

la trovarono gli angosciati soccorritori,<br />

dopo aver scavato per un paio d’ore la neve<br />

pressata che aveva tappato l’entrata della casa.<br />

339 Viéta (Valùn d’ la)<br />

T02<br />

Valon de la Vieta<br />

Così chiamato perché è nelle a<strong>di</strong>acenze del<br />

sentiero, la vieta, che, staccandosi dalla mulattiera<br />

della Merìs, porta a (035) Tetti Bariàu.<br />

È un valloncello che anche con stagioni siccitose<br />

mantiene sempre dell’acqua, un tempo<br />

importante per l’irrigazione dei campi <strong>di</strong> Bariàu.<br />

340 Viglino (Cima), 2915 m<br />

T28<br />

Poenta Viglino / Ponta Viglino<br />

Vetta de<strong>di</strong>cata ad Alberto Viglino, uno dei primi<br />

esploratori delle Alpi Marittime.<br />

143<br />

178<br />

Milano E., Nel regno della fantasia, Torino, Omega E<strong>di</strong>zioni, 1998 0xx Lorem.<br />

179<br />

Bobba G., Alpi Marittime, Torino, CAI Sezione <strong>di</strong> Torino, 1908.<br />

180 e 181<br />

Rousset P.L., Ipotesi sulle ra<strong>di</strong>ci preindoeuropee dei toponimi alpini, Aosta, Priuli & Verlucca e<strong>di</strong>tori, 1991.


144<br />

tavole


Finito <strong>di</strong> stampare nel mese <strong>di</strong> febbraio 2020<br />

presso Tipolito Europa, Cuneo


Quaderno delle Marittime n. 5<br />

Gnomi, anime alla ricerca <strong>di</strong> pace, re, regine, guar<strong>di</strong>e e contrabban<strong>di</strong>eri... quante vicende<br />

si possono celare nel nome <strong>di</strong> una località? <strong>Mauro</strong> <strong>Rabbia</strong> ci racconta il suo amore per i luoghi<br />

e per le persone della <strong>Valle</strong> <strong>Gesso</strong> in modo inconsueto, partendo dai toponimi che identificano<br />

cime, prati, tramuti (giàs), valloni... , per arrivare alla storia <strong>di</strong> chi in montagna ci ha abitato,<br />

lavorato e – non senza fatica – vissuto.<br />

<strong>Mauro</strong> <strong>Rabbia</strong> (10 ottobre 1955 - 13 febbraio 2010) è stato un guar<strong>di</strong>aparco<br />

del Parco Naturale Alpi Marittime. Animato da un pensiero libero dagli schemi,<br />

ha impegnato gran parte della sua vita nella salvaguar<strong>di</strong>a della montagna<br />

e nella valorizzazione della cultura occitana. € 10,00

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