Meccanismi di censura nel cinema. L'Italia degli anni Sessanta
La ricerca confluita nelle pagine di questa tesi prende avvio dall'idea che il cinema italiano sia legato parallelamente alla storia della censura e all'evoluzione delle sue leggi. In particolare si prende in esame il decennio degli anni Sessanta, come periodo denso di avvenimenti cruciali nel nostro paese, da un punto di vista politico, economico e culturale. L'analisi parte dalla ricostruzione del percorso storico compiuto dalla produzione cinematografica italiana, in relazione agli aspetti di trasformazione generale della società, che inevitabilmente condizionano le scelte di registi e di alcune case di produzione. La tesi mira, pertanto, a chiarire il funzionamento della revisione cinematografica come strumento di potere, con un'influente possibilità d'intervento sul cinema. Infine, tale argomentazione viene dimostrata attraverso l'analisi di due casi studio, quello dei film "Rocco e i suoi fratelli" di Luchino Visconti e "8½" di Federico Fellini.
La ricerca confluita nelle pagine di questa tesi prende avvio dall'idea che
il cinema italiano sia legato parallelamente alla storia della censura e
all'evoluzione delle sue leggi. In particolare si prende in esame il decennio
degli anni Sessanta, come periodo denso di avvenimenti cruciali nel
nostro paese, da un punto di vista politico, economico e culturale.
L'analisi parte dalla ricostruzione del percorso storico compiuto dalla
produzione cinematografica italiana, in relazione agli aspetti di trasformazione generale della società, che inevitabilmente condizionano le scelte di registi e di alcune case di produzione.
La tesi mira, pertanto, a chiarire il funzionamento della revisione cinematografica come strumento di potere, con un'influente possibilità d'intervento sul cinema. Infine, tale argomentazione viene dimostrata attraverso l'analisi di due casi studio, quello dei film "Rocco e i suoi fratelli" di Luchino Visconti e "8½" di Federico Fellini.
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PARTE PRIMA
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e l’azione collaterale della fine del miracolo economico per tutta l’economia
nazionale si manifesta naturalmente anche nel cinema.
Quelli che, nel finale del decennio, ci parvero i dati di una ridotta dialettica e
di una diminuita creatività del nostro cinema erano invece gli ultimi bagliori
di una fase calante che avrebbe assunto l’aspetto di un vero e proprio tracollo. 42
Così Lino Miccichè sintetizza la situazione del cinema italiano della seconda
metà degli anni Sessanta.
Infatti nell’arco del decennio, nel complesso la crisi fa sì che al Nord
scompaia una fetta di pubblico in misura del 30%, mentre al Sud la contrazione
sia solo del 10% e riguardi soprattutto il pubblico domenicale
delle periferie, delle sale parrocchiali e delle campagne. In questo periodo
la suddivisione degli incassi rimane invariata dato l’aumento del costo
dei biglietti, proporzionalmente superiore alla parallela perdita numerica
di spettatori. Infatti dal 1960 al 1966, il prezzo medio dei biglietti aumenta
del 40% (da 162 lire a 262) rimanendo però assai al di sotto dei prezzi praticati
in Francia, Inghilterra e Germania.
Così, accanto ai tentativi riformistici e all’aumento delle ambizioni di
registi e sceneggiatori, si incominciano a manifestare forme di smembramento
di diversi settori, facendo emergere tutte le contraddizioni interne
al mercato italiano che oltre alle difficoltà economiche, deve confrontarsi
anche con le interferenze delle commissioni di censura, con il bigottismo
di alcuni magistrati, preoccupati di difendere “il comune senso del pudore”
e che considerano il cinema ancora fra le cause primarie dell’aumento
della criminalità e del diffondersi dei mali più diversi (dalla violenza, al
furto, alla perversione, alla droga) e infine anche con funzionari ministeriali
preoccupati di difendere il clientelismo, costantemente vigente. 43
42. Lino Miccichè, Cinema italiano: gli anni ‘60 e oltre, Marsilio, Venezia,11995, p.25
43. Gian Piero Brunetta, Il cinema italiano contemporaneo,Editori Laterza, Bari, 2007, p.32