Meccanismi di censura nel cinema. L'Italia degli anni Sessanta
La ricerca confluita nelle pagine di questa tesi prende avvio dall'idea che il cinema italiano sia legato parallelamente alla storia della censura e all'evoluzione delle sue leggi. In particolare si prende in esame il decennio degli anni Sessanta, come periodo denso di avvenimenti cruciali nel nostro paese, da un punto di vista politico, economico e culturale. L'analisi parte dalla ricostruzione del percorso storico compiuto dalla produzione cinematografica italiana, in relazione agli aspetti di trasformazione generale della società, che inevitabilmente condizionano le scelte di registi e di alcune case di produzione. La tesi mira, pertanto, a chiarire il funzionamento della revisione cinematografica come strumento di potere, con un'influente possibilità d'intervento sul cinema. Infine, tale argomentazione viene dimostrata attraverso l'analisi di due casi studio, quello dei film "Rocco e i suoi fratelli" di Luchino Visconti e "8½" di Federico Fellini.
La ricerca confluita nelle pagine di questa tesi prende avvio dall'idea che
il cinema italiano sia legato parallelamente alla storia della censura e
all'evoluzione delle sue leggi. In particolare si prende in esame il decennio
degli anni Sessanta, come periodo denso di avvenimenti cruciali nel
nostro paese, da un punto di vista politico, economico e culturale.
L'analisi parte dalla ricostruzione del percorso storico compiuto dalla
produzione cinematografica italiana, in relazione agli aspetti di trasformazione generale della società, che inevitabilmente condizionano le scelte di registi e di alcune case di produzione.
La tesi mira, pertanto, a chiarire il funzionamento della revisione cinematografica come strumento di potere, con un'influente possibilità d'intervento sul cinema. Infine, tale argomentazione viene dimostrata attraverso l'analisi di due casi studio, quello dei film "Rocco e i suoi fratelli" di Luchino Visconti e "8½" di Federico Fellini.
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PARTE PRIMA
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ma anche per le sale cinematografiche, hanno il proposito di raccontare
un intero paese in totale trasformazione, e l’ambito sessuale diviene un
tema di notevole interesse per molti registi, che nel modo più discreto
possibile cercano di parlare di sessualità, nonostante la difficoltà dell’epoca
di nominare anche solo termini come seno o membro.
La ragione di questa ricorrente attenzione da parte del cinema è dovuta
non tanto al rapporto sessuale strettamente inteso, ma a tutto ciò che
socialmente fa da contorno a tale rapporto, ovvero i ruoli sociali derivanti
dall’appartenenza sessuale, gli obblighi morali che uomini e donne devono
rispettare per seguire la morale comune, ma soprattutto di come il genere
e la sessualità siano significativamente intrecciati e si condizionano
fortemente. Ad esempio, I vitelloni [fig 25-26] del 1953 di Federico Fellini, e
Il seduttore (1954) di Franco Rossi con Alberto Sordi, sono lo spaccato di una
società dalla doppia morale, che per principio ammette la sessualità solo
nella sfera coniugale, ma che nella realtà dei fatti si comporta altrimenti,
soprattutto per gli uomini.
In tale ambito, la censura fa il suo ingresso negli anni ‘60 con rinnovata
energia, pronta a vivere nuove stagioni con l’entrata in scena di nuovi
protagonisti, i magistrati - quelli più conservatori e moralisti -, la cui azione
viene ad affiancarsi e sovrapporsi a quella dei censori amministrativi,
a cui la legge del 1962 sottrae molti campi di intervento.
L’industria cinematografica si trova perciò a dover contrastare magistrati
e censori, che divengono ben presto i paladini dell’oscurantismo e
dell’intolleranza sessuale, e cercano di impedire alla produzione cinematografica
italiana di farsi cassa di risonanza delle nuove problematiche
sociali e delle trasformazioni del costume, attraverso irrigidimenti delle
norme censorie e giudiziarie.
Dall’inizio degli anni ‘60, la censura infatti trova nuovi protagonisti,
tra cui il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Venezia, Pietro
Trombi ed il procuratore della Repubblica di Milano, Carmelo Spagnuolo.
A sostenere la loro azione intervengono, oltre ai rappresentanti dell’integralismo
cattolico, il ministro del neonato Ministero del Turismo e dello
Spettacolo, a cui viene affidata la competenza in materia cinematografica.
In pratica il ministro Umberto Tupini, e il suo successore (dal luglio 1960),
Alberto Folchi, diventano espressione di quella maggioranza governativa
centrista che cerca di impedire l’autonomia di giudizio dello spettatore e