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Meccanismi di censura nel cinema. L'Italia degli anni Sessanta

La ricerca confluita nelle pagine di questa tesi prende avvio dall'idea che il cinema italiano sia legato parallelamente alla storia della censura e all'evoluzione delle sue leggi. In particolare si prende in esame il decennio degli anni Sessanta, come periodo denso di avvenimenti cruciali nel nostro paese, da un punto di vista politico, economico e culturale. L'analisi parte dalla ricostruzione del percorso storico compiuto dalla produzione cinematografica italiana, in relazione agli aspetti di trasformazione generale della società, che inevitabilmente condizionano le scelte di registi e di alcune case di produzione. La tesi mira, pertanto, a chiarire il funzionamento della revisione cinematografica come strumento di potere, con un'influente possibilità d'intervento sul cinema. Infine, tale argomentazione viene dimostrata attraverso l'analisi di due casi studio, quello dei film "Rocco e i suoi fratelli" di Luchino Visconti e "8½" di Federico Fellini.

La ricerca confluita nelle pagine di questa tesi prende avvio dall'idea che
il cinema italiano sia legato parallelamente alla storia della censura e
all'evoluzione delle sue leggi. In particolare si prende in esame il decennio
degli anni Sessanta, come periodo denso di avvenimenti cruciali nel
nostro paese, da un punto di vista politico, economico e culturale.
L'analisi parte dalla ricostruzione del percorso storico compiuto dalla
produzione cinematografica italiana, in relazione agli aspetti di trasformazione generale della società, che inevitabilmente condizionano le scelte di registi e di alcune case di produzione.
La tesi mira, pertanto, a chiarire il funzionamento della revisione cinematografica come strumento di potere, con un'influente possibilità d'intervento sul cinema. Infine, tale argomentazione viene dimostrata attraverso l'analisi di due casi studio, quello dei film "Rocco e i suoi fratelli" di Luchino Visconti e "8½" di Federico Fellini.

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10 MECCANISMI DI CENSURA NEL CINEMA

La forza suggestiva del cinema, sin dalle prime apparizioni, suscista

timori da parte di poteri politici e religiosi, che hanno sempre tentato di

controllarlo tramite delle norme e delle misure amministrative, in modo

da subordinare la libertà d’espressione al rispetto di generali regole di

comportamento. Il rapporto fra censura e potere infatti è strettissimo:

Alessandro Fontana in sintesi spiega che la censura esiste nel momento

in cui il potere decide di occuparsi della felicità del singolo individuo,

stabilendo al suo posto il confine fra bene e male e operando di fatti una

forma di censura/protezione nei suoi confronti. 1

L’istituzione censoria infatti si fonda sull’idea che la libertà di giudizio

e di scelta del pubblico debba essere tutelata o preventivamente limitata,

ma, in effetti, l’applicazione della censura esercita un controllo autoritario

sulla creazione e diffusione di informazioni, di idee e immagini.

La pratica della censura cinematografica diventa più presente in quella

fase dello sviluppo sociale in cui l’individuo si rende conto della propria

autonomia e la singola libertà di espressione non può essere pienamente

controllata da tabù.

A questo concetto di controllo, si contrappone l’essenza liberale, propria

del cinema. Come Béla Balázs afferma già nel 1924, il cinema è capace

di rompere i limiti, sfondare l’orizzonte abituale delle osservazioni ed evidenziare

“come per la prima volta” aspetti nuovi e inaspettati, che aiutano

lo spettatore a reinterpretare la realtà e a rielaborare il rapporto con il

mondo, immerso nella situazione singolare di una sala cinematografica. 2

Progressivamente però la censura impone una regolazione delle forme

di rappresentazione filmica, che deve aderire al buon costume, alla

morale vigente, senza mettere in dubbio il potere delle istituzioni e della

religione. Il cinema deve offrire sullo schermo contenuti corretti, deve indurre

a comportamenti rispettosi, e rispondere ai canoni di una morale

o di un’etichetta. Il cinema quindi si deve “istituzionalizzare”, e cioè disciplinare

i propri modi di essere e di fare, tanto che la visione di un film,

deve essere legittimata e legittimante per la società.

1. alla voce “censura” dell’Enciclopedia Einaudi del 1977

2. Bela Balázs, Der Sichtbare Mensch oder die Kultur des Films, Wien und Leipzig, Deutsch-Osterreichisches

Verlag, 1924 (tr. it. parziale, Tipo e fisionomia, in «Bianco e Nero», 1, 1941, pp. 6-27)

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