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N. XXX<br />
Editoriale<br />
di Paolo Corciulo<br />
Anche i coccodrilli piangono<br />
Nel suo editoriale pubblicato da “La Repubblica” il 18 novembre<br />
di quest’anno, Eugenio Scalfari affronta l’argomento dei valori<br />
e degli ideali (e di come essi mutino in virtù delle prospettive)<br />
dalla prospettiva che gli è oggi più consona, quella di un vecchio<br />
saggio che sa bene come distinguere quelli più fallaci da quelli<br />
duraturi. Tra questi ultimi, un po’ a sorpresa, trova ampio spazio<br />
la musica: ascoltando ad esempio la Sonata a Kreutzer (musica di<br />
Beethoven, testo di Tolstoj) Scalfari afferma che “...non ci sono<br />
sentimenti più commoventi che mi sono capitati di riascoltare<br />
e rileggere”. Più avanti Scalfari ricorda anche come a lui, uno<br />
che piange di rado, questo sia accaduto per un perfetto estraneo<br />
alla notizia della morte di Louis Armstrong...<br />
La musica è il vero valore<br />
che ci aiuta a campare,<br />
afferma in sostanza Eugenio<br />
Scalfari, e molti come<br />
noi, spero tutti quelli che<br />
leggono questa rivista,<br />
possono comprendere<br />
come questo sia vero e<br />
condividerlo. Il potere<br />
evocativo della musica,<br />
non a caso Scalfari continua<br />
il suo editoriale parlando<br />
della melanconia, è<br />
una forza potentissima,<br />
un valore che può manifestarsi<br />
tanto in ambito<br />
pubblico quanto nel proprio<br />
privato.<br />
Quelle sette note e i mille<br />
modi di metterle insieme<br />
potrebbero essere il collante<br />
per edificare uno<br />
splendido percorso intimo<br />
e personale, plasmato<br />
nel tempo dalle proprie<br />
esperienze, dalle conoscenze e le emozioni; un ritratto di noi<br />
attraverso la nostra musica e il percorso con cui la proponiamo,<br />
condivisibile con gli altri.<br />
Eppure, quella musica, quel percorso, quell’edificio, alcuni di<br />
noi lo bistrattano ogni giorno rendendolo subalterno all’ultima<br />
trovata tecnologica ideata dagli uffici marketing e riproposta<br />
pedissequamente da certa stampa ossequiosa; quel portato culturale<br />
lo umiliamo rendendolo onanistica reiterazione (il cannone<br />
di Ouverture 1812) giustificata da un fine, scegliere il modo più<br />
perfetto di riproporlo, che confonde il ruolo del fine stesso e del<br />
mezzo per raggiungerlo. Spesso non cogliamo le opportunità di<br />
apparecchi che dovrebbero moltiplicare l’effetto di quel potere<br />
evocativo, relegando macchine meravigliose a pure icone del<br />
nostro approccio affetto da nozionismo tecnologico, rendendole<br />
strumenti intercambiabili o, al contrario, cambiati parossisticamente<br />
sempre in ossequio di un approccio distorto: qual è il<br />
mezzo e quale il fine? Non sorprende che così facendo si allontani<br />
la gente, i cittadini (visto che il termine è assai in voga di questi<br />
tempi), insomma quelle persone fatte di carne, sangue e anima,<br />
a cui preferiamo gli zombie, le anime in pena che non trovano<br />
pace né potranno trovarla, che cercano Godot ma se lo incontrano,<br />
insoddisfatti, ripartono con un altro Godot. E così da felice koinè,<br />
ruolo a cui la musica è destinata almeno secondo Pietro Ingrao<br />
(altro grande vecchio che lo raccontò a una rivista che dirigevo<br />
in un’altra vita), ci siamo ridotti a un piccolo enclave rinchiuso o<br />
prigioniero, nessuno lo sa, in un castello che ha forse le sembianze<br />
di una reggia ma di cui<br />
percepisco maggiormente<br />
il freddo delle mura, alte e<br />
irsute così come le abbiamo<br />
edificate.<br />
In una quotidianità dove<br />
molte ore sono dedicate<br />
all’Hi-Fi (perché finito il<br />
lavoro magari un po’ di<br />
musica continuo a “spararmela”)<br />
mi sento mio<br />
malgrado sempre più<br />
simile a Hiroo Onoda, il<br />
militare giapponese ritrovato<br />
nella giungla filippina<br />
dopo quasi 30 anni dalla<br />
fine della seconda guerra<br />
mondiale ma ancora convinto<br />
che il conflitto non<br />
fosse finito! Da altezzosi<br />
depositari di una verità<br />
che non riusciamo a trasmettere,<br />
non riusciamo<br />
a cogliere le occasioni che<br />
numerose fioriscono attorno<br />
a noi e dove la musica è ormai la colonna sonora della vita,<br />
anche se in forme diverse da quelle in cui idealmente l’abbiamo<br />
incanalata. Dobbiamo assolutamente farlo...<br />
Così, complice il tempo libero che il Natale e il fine anno ci metteranno<br />
a disposizione, il mio augurio a tutti voi è che possiate<br />
dedicarne parte alla musica; quella che aiuta a campare, quella<br />
che da koinè può trasmette un messaggio universale ai vostri cari.<br />
E poi questo numero di <strong>SUONO</strong> è l’ultimo numero dell’anno e<br />
precede l’arrivo del 2020 (doppio due e doppio zero, interessante<br />
per la cabala e per di più bisestile). Per primo arriverà l’ANNUA-<br />
RIO poi il <strong>SUONO</strong> del nuovo anno, ricco delle buone intenzioni<br />
e della consapevolezza delle difficoltà di questo mercato, da<br />
arginare, da superare...<br />
Che sia un buon anno per tutti noi!<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 3
Sommario<br />
N. <strong>540</strong><br />
DICEMBRE 2019<br />
EDITORIALE di Paolo Corciulo<br />
Anche i coccodrilli piangono? Pare di si ma non sposta la<br />
questione: la musica pervade la società, l’Hi-Fi si avvita in<br />
una nicchia. Propositi per un nuovo anno....<br />
3<br />
ANTENNA Prodotti, News, Storie<br />
Scouting tra le proposte del mercato: in un mare di offerta<br />
occorre orientarsi con una bussola!<br />
6<br />
SELECTOR TUTTO IL MEGLIO IN ARRIVO SUL MERCATO<br />
INSIDE DENTRO LA MUSICA<br />
IN PROVA<br />
GIRADISCHI<br />
Pro-Ject<br />
The Classic Evo<br />
a cura della redazione<br />
42<br />
SCOUTING: BRUNO PUTZEYS<br />
Il nuovo che avanza secondo Bruno<br />
di Paolo Corciulo<br />
“L’audio non dovrebbe essere considerato un’arte;<br />
fare musica lo è mentre portare la musica dal CD<br />
all’ascoltatore è solo un compito. Non dovrebbe<br />
essere questo il punto dell’alta fedeltà?”<br />
Parola di Bruno Putzey enfant prodige del<br />
digitale. Giovane, molto tecnico, molto<br />
innovativo, è il protagonista della seconda<br />
puntata del nostro scouting sui<br />
personaggi che hanno cambiato o<br />
possono cambiare l’alta fedeltà.20<br />
SUL CAMPO<br />
UNITÀ PHONO<br />
Audio Consulting<br />
Silver Rock<br />
di Paolo Corciulo<br />
46<br />
I BRACCI DI FIDELITY RESEARCH<br />
Il mondo magico di Ikeda San<br />
di Roberto Salafia<br />
In questo “nuovo mondo” di mp3, smartphone,<br />
globalizzazione e ascolto in cuffia, l’analogista<br />
convinto non può che rifugiarsi nel passato…<br />
E cosa può esserci di più classico di una ditta che<br />
ha costruito bracci analogici tra i più ricercati per il<br />
loro buon suono come la Fidelity Research?<br />
24<br />
IN PROVA<br />
CONVERTITORE<br />
Vincent DAC-7<br />
a cura della redazione<br />
50<br />
IN PROVA<br />
AMPLIFICATORE<br />
INTEGRATO<br />
Carot One Ernestolone Phono<br />
a cura della redazione<br />
54<br />
MATTEO MACCHIONI<br />
Una, nessuna, centomila<br />
di Francesco Bonerba<br />
Sono le voci di Matteo Macchioni, giovane<br />
tenore italiano che da quasi dieci anni interpreta<br />
i personaggi delle più celebri opere liriche, da<br />
Ernesto del Don Pasquale al Conte di Almaviva<br />
de Il Barbiere di Siviglia, da Don Ramiro in La<br />
Cenerentola a Don Ottavio nel Don Giovanni.<br />
Una carriera in divenire tra Italia e l’estero fatta di<br />
passione, sacrifici, soddisfazioni e l’Opera,<br />
raccontata da un punto di vista inedito. Ci<br />
ha raccontato questo e molto altro.28
VISITA ALLA PMC<br />
Cantano più degli uccellini<br />
di Paolo Corciulo<br />
Holme Court, Biggleswade SG18 9ST, United Kingdom:<br />
l’indirizzo si riferisce al paese di Biggleswade<br />
(15.383 abitanti) nella contea di Bedfordshire, a<br />
poco più di 30 km di distanza dall’aeroporto di<br />
Luton e a circa 60 da Londra. Nei dintorni della<br />
cittadina, nella campagna circostante, preceduto<br />
da un “invito” costituito da un lungo viale all’interno<br />
di un bosco, si apre l’ampia area di verde,<br />
oltre 20.000 mq, che costituisce Holme<br />
Court, una costruzione in stile georgiano del<br />
1860. Qui c’è la nuova sede di PMC.32<br />
Sommario<br />
MILES OKAZAKI<br />
Il suono della sorpresa<br />
di Vittorio Pio<br />
Se è vero che molti si possono cimentare con un<br />
brano di Thelonious Monk ma pochi possono<br />
arrivare in fondo con rispetto e originalità, Miles<br />
Okazaki, autorevolissima voce fuori dal coro del<br />
chitarrismo jazz mondiale per la sua narrativa<br />
melodica virtuosa e imprevedibile, ha sorpreso<br />
ulteriormente con un’impresa davvero temeraria,<br />
visto che ne ha registrato l’intero canzoniere<br />
con un ambizioso progetto che cullava fin<br />
ragazzo. Ne abbiamo parlato con lui...<br />
36da<br />
PER<br />
TUTTI<br />
I GUSTI<br />
VELOCE COME UN<br />
CLICK, PIACEVOLE<br />
COME IL FRUSCIO<br />
DELLA CARTA<br />
IN THE COURT OF THE CRIMSON KING<br />
Rivisitando il Re cremisi<br />
di Marco Fullone<br />
In The Court Of The Crimson King non è album<br />
che necessita di troppe presentazioni ma nel<br />
tempo ho compreso che si tratta di un lavoro<br />
straordinariamente ricco di spunti<br />
innovativi, ancora oggi in grado di suscitare<br />
stupore e, soprattutto, di non stancare mai.38<br />
12 MESI<br />
62<br />
a<br />
70 di<br />
IN PROVA<br />
PREAMPLIFICATORE<br />
PS Audio Stellar Gain Cell DAC<br />
AMPLIFICATORE FINALE<br />
PS Audio Stellar S300<br />
cura della redazione<br />
SUL CAMPO<br />
AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />
McIntosh MA252<br />
Nicola Candelli<br />
58<br />
IN<br />
74<br />
76<br />
80<br />
82<br />
PROVA<br />
AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />
Elac DS-A101<br />
a cura della redazione<br />
AMATO MIO LP<br />
di Carlo D’Ottavi<br />
LE COVER AL TEMPO DEL ROCK<br />
di Antonio Gaudino<br />
BACH IN MY MIND<br />
de Il Tremila<br />
LE RECENSIONI<br />
Classica - Rock - Jazz<br />
A.A.V.V.<br />
92CUT ‘N’ MIX CONCERTI | CINEMA | LIBRI | SOCIETÀ | ARTE<br />
€ 60,00<br />
6 MESI<br />
€ 30,00<br />
3 MESI<br />
€ 20,00<br />
L’incontro con Emma Frank - I libri per la fine dell’anno - Come eravamo: la storia<br />
di Terrazza Martini, palcoscenico dei grandi della musica - Convergenze e divergenze<br />
nell’ audio marketing dal pulpito di Hyde Park Corner - Le sconclusionate Pillole da 3000 CC<br />
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Con Kii non ti annoi mai<br />
Fondata ufficialmente nell’ottobre del 2014 ma operativa<br />
dal lancio al Monaco Hi-End del 2015, Kii Audio arriva ora<br />
in Italia: i visitatori del Milano Hi-End 2019 hanno potuto<br />
ascoltare per la prima volta il progetto rivoluzionario di<br />
Bruno Putzeys (vedi in altra parte di questo numero di<br />
<strong>SUONO</strong>) che insieme a Chris Reichardt, Bart van der Laan,<br />
Wim Weijers e Thomas Jansen ha dato vita a una start-up<br />
originale a partire dal nome. Che vuol dire, infatti, Kii? Lo<br />
abbiamo chiesto a Wim Weijers, il responsabile delle vedite<br />
per l’Europa: “Kii? Un buon nome se tutti chiedono che cosa<br />
vuol dire! E per questo non si dimentica… Kii proveniva<br />
da Key, inteso come “La chiave della buona musica” ma<br />
se scrivi “Key” non importa a nessuno, se scrivi “Kii” tutti<br />
se ne chiedono il significato!”...<br />
Per ora un unico prodotto Kii Three (già: chiamarlo One<br />
sarebbe stato banale…), un sistema di diffusori che accoppiato<br />
con una fonte diventa sistema: incorpora infatti l’amplificazione<br />
sviluppata da Putzey sulla base del suo modulo<br />
in Classe D e un DSP per il matching; la sezione digitale è<br />
stata disegnata da Bart van der Laan.<br />
A bordo anche la tecnologia Active Wave Focusing Technology<br />
sviluppata da Putzey per ottimizzare la direttività (controllata<br />
dal DSP) che è il frutto anche della precedente<br />
esperienza di Putzey con i diffusori attivi con Grimm Audio<br />
dove, appunto, il problema della direttività alle basse<br />
6 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
frequenze veniva risolto per via acustica.<br />
Compito dell’Active Wave Focusing Technology<br />
è ricercare un maggiore allineamento nel<br />
tempo anche intorno al diffusore in modo che<br />
l’emissione verso la parete posteriore minimizzi<br />
il suo impatto. Un suono maggiormente<br />
monitor, tant’è che un “clone” destinato al<br />
mercato del professionale si affianca a una<br />
unità separata per le basse frequenze nel<br />
catalogo della casa che pronette due ulteriori<br />
prodottti nel 2020. Di che si tratterà? Difficile<br />
stabilirlo anche alla luce delle dichiarazioni<br />
in merito rilasciateci da Wim Weijers: “Un<br />
pre? Perchè mai? Nel Kii Three c’è già tutto,<br />
manca solo una sorgente”.<br />
E, allora, cosa?<br />
Paolo Corciulo<br />
Diffusori Kii Three<br />
Prezzo: € 14.760,00<br />
Dimensioni: 20 x 40 x 40 cm (lxaxp)<br />
Peso: 15 Kg<br />
Distributore: Audio Graffiti S.r.l.<br />
Via degli Artigiani, 5 - 26025 Pandino (CR)<br />
Tel.0373-970485 - Fax 0373 1992044<br />
www.audiograffiti.com<br />
Tipo: da supporto N. vie: 3 Potenza (W):<br />
Diffusore attivo con 6 x 250 W Ncore per pilotare<br />
individualmente ogni altoparlante. Frequenze<br />
di crossover (Hz): filtro crossover<br />
(con messa a fuoco ad onda attiva) Risp. in<br />
freq (Hz): 30Hz a 25kHz +/- 0,5dB Altoparlanti:<br />
1 tweeter con guida d’onda da 2,54<br />
cm, 1 midrange da 12,7 cm , 4 woofer da 16<br />
cm. Note: DSP a bordo. Ingressi: analogico,<br />
AES / EBU, digitale XLR, ottico (24 bit/192<br />
kHz), coassiale (24 bit/192 kHz) e USB (24<br />
bit/384 kHz e DSD128). Collegamento CAT 5<br />
tra i due diffusori. Stand dedicati 1.000 euro.<br />
7
ANTENNA<br />
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MOON CON FORZA<br />
Punta forte sull’Europa il produttore<br />
canadese Moon che annuncia,<br />
quasi contemporaneamente,<br />
la nuova distribuzione in Italia<br />
(esordio al Milano Hi-End) e la<br />
creazione di una struttura, Moon<br />
International (operativa dai primi<br />
di gennaio 2020 in concomitanza<br />
con il quarantennale dell’azienda)<br />
con uffici in Francia e nel Regno<br />
Unito e un centro di distribuzione<br />
nei Paesi Bassi che si occuperà di<br />
promuovere e fornire la logistica in<br />
tutta Europa e in Asia. Una buona<br />
notizia visto le altalenanti strategie<br />
e disponibilità dei prodotti<br />
manifestata in precedenza. Moon,<br />
infatti, venne fondata nel 1980<br />
a St. Hubert nel Quebec dal tecnico<br />
del suono Victor Sima, sotto<br />
i tipi della Sima Electronique. Dieci<br />
anni dopo la prima riorganizzazione<br />
aziendale con il passaggio<br />
a Simaudio che qualche anno più<br />
tardi (1997) dà vita al marchio<br />
Moon caratterizzato da contenuti<br />
e aspetto espressamente tecnologici.<br />
Nel 2013, l’azienda viene<br />
ceduta agli ex dipendenti e dopo<br />
una attenta riorganizzazione (che<br />
punta soprattutto su affidabilità e<br />
funzionalità: ogni prodotto MOON<br />
è ingegnerizzato e costruito interamente<br />
in Canada e offre fino a<br />
dieci anni di garanzia) presenta<br />
oggi un catalogo di elettronica<br />
quasi sterminato (oltre 30 prodotti!)<br />
che comprende anche una<br />
ampia gamma di streamer, ben 6<br />
modelli, a partire dal primogenito<br />
180 Mind sviluppato nel 2013. Il<br />
390 è invece uno dei più recenti<br />
prodotti della gamma: si tratta<br />
di un pre-dac-network player,<br />
compatibile Roon, Tidal, Deezer<br />
e UPnP con architettura digitale a<br />
32/384 in grado di decodificare file<br />
PCM. L’apparecchio è anche dotato<br />
di connessioni HDMI e ingressi<br />
bilanciati e display OLED. Presto in<br />
prova su <strong>SUONO</strong>.<br />
Agostino Bistarelli<br />
Streaming Player Moon 390<br />
Prezzo: € 6.250,00<br />
Dimensioni: 42,90 x 8,90 x 33,30 cm (lxaxp)<br />
Peso: 10 Kg<br />
Distributore: LP Audio - www.lpaudio.it<br />
Formati audio compatibili: PCM, AIFF, WAV,<br />
FLAC Tipo: stereo Tecnologia: a stato solido<br />
Risp. in freq. (Hz): 10 - 200.000 -0.5 dB/-3<br />
dB THD (%): 0.0004 S/N (dB): 125 Ingressi<br />
analogici: 1 RCA 1 XLR Uscite analogiche:<br />
2 RCA 1 XLR Ingressi digitali: Ottico (1), Coassiale<br />
(1), USB High resolution (1), Ethernet<br />
(2) Ingresso Phono: MM ( mV/ KOhm) MC (<br />
mV/ Ohm) Convertitore D/A: ESS DAC PRO<br />
Sistema di conversione D/A: 32 bit - 384<br />
kHz Accessori e funzionalità aggiuntive:<br />
Ingresso cuffia Note: volume regolabile, PCM<br />
32/384 e DSD 256, circuitazione bilanciata, ingresso<br />
fono configurabile, 4+1 HDMI, 1 uscita<br />
variabile MQA e Roon ready. Bluetooth aptX.<br />
8 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
ANTENNA<br />
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New entry analogica<br />
Sempesonus TE2 è il giradischi con cui la<br />
ditta portoghese (che ha sede a Lisbona)<br />
ha esordito sul mercato (2017). Si tratta<br />
di un giradischi con trazione “epiciclica”:<br />
il motore (BLDC), attiva una puleggia in<br />
poliuretano fissata a una culla telescopica<br />
tramite anelli in sorbothane (per il disaccoppiamento<br />
delle vibrazioni) che ruota<br />
a contatto con il bordo interno del piatto.<br />
L’azienda sostiene che questa soluzione<br />
consenta performance simili a quelle di<br />
un giradischi a trazione diretta ma che<br />
la maggiore velocità del motore riduce il<br />
potenziale trasferimento delle vibrazioni al<br />
piatto. Per combattere le risonanze vengono<br />
utilizzare inoltre tecniche di costruzione<br />
composita: in particolare la base utilizza<br />
acrilico e MDF con un inserto a croce in<br />
acciaio. Tutti gli altri elementi - basetta<br />
del braccio, contenitore, elettronica - sono<br />
avvitati su punti di montaggio scelti in<br />
modo specifico. Anche il piatto, di peso<br />
medio (3,4 Kg), è costruito in modo particolare:<br />
è in alluminio con la massa maggiore<br />
posizionata sulla circonferenza per<br />
garantire un maggior momento d’inerzia; il<br />
lato inferiore è rivestito in gomma butilica.<br />
Il perno (cromato, temprato a induzione,<br />
da 16 mm) utilizza un disegno a cuscinetti<br />
invertiti, dove il peso è sostenuto da due<br />
sfere ceramiche gemelle. Il tappetino, infine,<br />
è in gomma/sughero a due strati,<br />
per un ulteriore isolamento. Disponibile<br />
come opzional il coperchio in acrilico trasparente<br />
mentre le fasce laterali realizzate<br />
in alcantara sono di serie nel colore nero<br />
e su richiesta è possibile personalizzarle<br />
con qualsiasi tipo di colore, con un sovrapprezzo<br />
di 150 euro.<br />
Il TE2 viene venduto privo di braccio e<br />
testina; in dotazione viene fornita una<br />
basetta adatta per ospitare un braccio a<br />
scelta dell’acquirente. Sempre su richiesta<br />
può essere fornito con qualsiasi braccio e<br />
testina in commercio. Un libretto di istruzioni<br />
in italiano, corredato di specifiche,<br />
foto e chiare istruzioni di montaggio, viene<br />
consegnato all’acquirente. La garanzia, 24<br />
mesi, avviene con assistenza diretta presso<br />
il laboratorio di Musica & Video.<br />
Agostino Bistarelli<br />
Giradischi Sempersonus TE2<br />
Prezzo: € 5.500,00<br />
Dimensioni: 52 x 12 x 41 cm (lxaxp)<br />
Peso: 17 Kg<br />
Distributore: Musica & Video - Vecchi Maurizio<br />
Via Piangipane, 311 - 48124 Piangipane (RA)<br />
Tel.3398794905 - Fax<br />
www.musicandvideo.it<br />
Tipo: senza braccio Telaio: composito acrilico MDF con inserto<br />
a croce in acciaio Trasmissione: epiciclica a puleggia Piatto: in<br />
alluminio da 3,4 kg Velocità (RPM): 33/45/78 Note: top rivestito<br />
in alluminio spazzolato, accetta bracci da 9” - 12”. Perno con doppio<br />
cuscinetto ceramico invertito, piedini regolabili in altezza. Coperchio<br />
opzionale euro 150.<br />
CAVI PER TUTTI<br />
Ricable, il produttore italiano di cavi realizzati artigianalmente, annuncia la nuova linea Primus che sostituisce<br />
Ultimate e Hi-End, con l’eccezione dei cavi HDMI. La nuova serie (segnale, potenza alimentazione, coassiale<br />
e cavo specifico per il sub) è una sintesi delle precedenti con un occhio a coloro che vogliono entrare nel<br />
mondo dell’Hi-Fi. I cavi Primus sono progettati e realizzati a mano in Italia e sono calibrati specificatamente<br />
per i sistemi entry level. Ricable offre la garanzia totale a vita su tutti i suoi prodotti per chi acquista direttamente<br />
dal sito e dà la possibilità di restituire gratuitamente ogni articolo che non soddisfa le aspettative,<br />
entro sessanta giorni. Se il cliente decide di tenere il prodotto, si attiva la speciale Garanzia Ricable su tutti i<br />
difetti di fabbricazione (il servizio di ritiro e riconsegna gratuito è a carico di Ricable).<br />
Il Tremila<br />
Distributore: Ricable - www.ricable.com<br />
10 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
ANTENNA<br />
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Un Chord<br />
popolare<br />
Con il nuovo stadio fono, comune nel form factor con il DAC Qutest, Chord immette<br />
sul mercato un prodotto economico ma versatile. Si chiama Huei (alla casa inglese<br />
l’immaginazione non manca), ed è il primo fono controllato da microprocessore che<br />
ne ottimizza le performance e garantisce la possibilità di memorizzare alcune funzioni.<br />
L’apparecchio (MM/MC) consente più opzioni per la regolazione dell’impedenza e<br />
del guadagno in funzione della testina utilizzata (7 differenti regolazioni); è realizzato<br />
in alluminio dal pieno con lo stesso form factor del DAC Qutest caratterizzato dalle<br />
sfere policromatiche che fungono da tasti - comando e l’ampia finestratura, sempre<br />
a sfera, da cui si accede per il settaggio dell’apparecchio. Dopo un primo tentativo di<br />
qualche anno fa, la casa inglese torna dunque convintamente a offrire una linea entry<br />
level e di dimensioni molto contenute che si arricchisce via via di nuovi elementi…<br />
Il Tremila<br />
Unità phono Chord Electronics Huei<br />
Prezzo: € 1.200,00<br />
Dimensioni: 16 x 7,2 x 4,3 cm (lxaxp)<br />
Peso: 0,77 Kg<br />
Distributore: GTO S.r.l.<br />
Via Petrarca 43/A - 40136 Bologna (BO)<br />
Tel. 051 6271447 - Fax 051 0337294<br />
www.gto.it<br />
Tipo: MM/MC Tecnologia: stato solido<br />
controllato da microprocessore Risp.<br />
in freq. (Hz): 12 - 25.000 Impedenza<br />
MM (kOhm): 47 Impedenza MC<br />
(Ohm): 30 – 47K<br />
TUTTO IN UNA MANO<br />
È in grado di riprodurre file nativi fino a PCM 384/32 PCM e DSD 11,2 grazie a S-master HX che permette anche di<br />
eseguire l’upscaling dei brani esistenti. È il Sony NW-ZX507, un DAP (digital audio player) di piccole dimensioni ma<br />
realizzato con criteri audiophile: il telaio è in alluminio con inserti di rame fresato; l’uscita cuffia è bilanciata. L’apparecchio<br />
dispone di un display FTP da 3,6” a touch controll, USB tipo CTM e slot per scheda micro SD (la memoria<br />
interna è di 64 GB), oltre a un serie di pulsanti fisici laterali, che semplificano l’utilizzo del dispositivo. La durata della<br />
batteria assicura una autonomia fino a 20 ore.<br />
Agostino Bistarelli<br />
Lettore digitale portatile Sony NW-ZX507<br />
Prezzo: € 830,00<br />
Dimensioni: 5,70 x 12,20 x 1,40 cm (lxaxp)<br />
Peso: 0,16 g<br />
Distributore: Sony Europe Limited - www.sony.it<br />
Tipo: lettore audio portatile Memoria: Flash Formati<br />
audio supportati: PCM 384/32 PCM e DSD 11,2 Tipo<br />
display: TFT 3,6 USB: si Note: Wireless, Tidal e AirPlay.<br />
Uscita cuffia bilanciata<br />
12 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
ANTENNA<br />
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Il più piccolo<br />
al mondo<br />
CON I BEATLES SEMPRE IN MENTE<br />
Sono state da poco archiviate le celebrazioni per<br />
il cinquantennario di Abey Road (vedi <strong>SUONO</strong><br />
539) e si torna a parlare di Beatles, né mai si<br />
smetterà. A farlo nel nostro settore è la Pro-Ject<br />
che nell’ambito della sua linea di giradischi Artist<br />
Collection propone con il “Single Turntable” un<br />
nuovo omaggio al gruppo di Liverpool. Si tratta<br />
di una versione del Debut III con alcuni aggiornamenti<br />
(il piatto è in acrilico pesante mentre il<br />
cambio elettronico di velocità è a 33/45/78 e<br />
il braccio è da 8,6” a forma di S in alluminio)<br />
con alcune importanti novità: l’apparecchio,<br />
infatti, viene fornito con due testine, una Ortofon<br />
realizzata appositamente per l’iniziativa<br />
per la riproduzione mono e una Ortofon 2M<br />
Red per la riproduzione stereo-record, più due<br />
portatestina SME, ciascuno con il proprio tridge<br />
pre-calibrato (è possibile cambiare facilmente i<br />
portatestina per passare dalla riproduzione con<br />
registrazione mono e stereo). La ragione è il fatto<br />
che il “Single Turntable” è stato introdotto in concomitanza<br />
con il lancio da parte di Apple Corps<br />
Ltd./Capitol/UMe del cofanetto da collezione<br />
dedicato ai singoli realizzati da John Lennon,<br />
Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr.<br />
I Beatles dal 1962 al 1970 pubblicarono infatti<br />
22 singoli inglesi; di questi 44 brani (A e B-side)<br />
29 non erano inclusi negli album britannici del<br />
gruppo all’epoca. Questi brani, più le versioni<br />
esclusive dei brani di metà degli anni ‘90 Free As<br />
A Bird e Real Love, sono stati recentemente realizzati<br />
in vinile partendo dai master tape originali<br />
mono e stereo da Sean Magee agli Abbey Road<br />
Studios. Il cofanetto in edizione limitata contiene<br />
46 tracce su 23 singoli in vinile da 7” e 180<br />
grammi i immagini internazionali fedelmente<br />
riprodotte, accompagnati da un libretto di 40<br />
pagine con foto e saggi dello storico di Beatles<br />
Kevin Howlett.<br />
Il Tremila<br />
Per info: Audiogamma – www.audiogamma.it<br />
Dimensioni davvero ridotte, che ne fanno il<br />
preamplificatore fono valvolare più piccolo al<br />
mondo per Augustolo, stadio fono di Carot-One<br />
sia MM che MC, caratterizzato dall’immancabile<br />
colore arancio metallescente, cifra stilistica del<br />
produttore che proprio della miniturizzazione<br />
ha una delle caratteristiche salienti (vedi in altra<br />
parte di questo numero di <strong>SUONO</strong>). Sul pannello<br />
posteriore l’ingresso fono e l’uscita linea.<br />
Il Tremila<br />
Unità phono Carot One Augustolo Tube<br />
Prezzo: € 269,00<br />
Dimensioni: 7,5 x 3,5 x 11 cm (lxaxp)<br />
Peso: 0.75 Kg<br />
Distributore: Openitem - www.openitem.it<br />
Tipo: MM/MC Tecnologia: a valvole Sensibilità<br />
(mV): 0,35 per 350mV out Impedenza<br />
MM (kOhm): 47 Note: alimentatore<br />
esterno a 12VDC<br />
NUOVA SERIE<br />
www.pmc-speakers.com<br />
Vieni ad ascoltarle a Torino da:<br />
Tanti marchi prestigiosi e una vasta offerta di<br />
usato per trattare al meglio la Vostra Musica.<br />
Show room in Corso San Maurizio 79, Torino<br />
Tel.: 011501039 - w ww.dptrade.it - info@dptrade.it<br />
14 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
ANTENNA<br />
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Si vive solo due volte?<br />
Fuori catalogo già da diversi anni, il DAC QB-9 a suo tempo destò<br />
molto scalpore nel settore, vendendo migliaia di pezzi in tutto il<br />
mondo. Giunge così a sorpresa l’upgrade chiamato Twenty, dedicato<br />
a questo apparecchio dalla Ayre. Un aggiornamento che non sarà<br />
indolore (si parla di oltre 1.500 euro) ma che potrebbe rappresentare<br />
un nuovo approccio di fidelizzazione dei clienti da parte del<br />
costruttore; qualcosa di non molto diverso da quanto fatto, da molti<br />
anni, da Linn, con il suo noto giradischi Sondek LP12, aggiornabile<br />
all’attuale versione partendo anche dei modelli più antichi risalenti<br />
agli anni Settanta. D’altronde anche il DAC QB-9, presentato nel 2009<br />
dalla casa americana di Boulder in Colorado, ha rappresentato un<br />
approccio insolito sul tema della conversione digitale-analogica, a<br />
partire dalla disponibilità di un unico ingresso digitale, del tipo USB<br />
asincrono. Due anni dopo l’apparecchio si è evoluto per raggiungere<br />
la risoluzione 24/192, diventando il prodotto di maggior successo<br />
di Ayre. Nel 2014 è arrivata la versione che oltre al PCM elaborava<br />
anche i segnali in DSD, a un costo decisamente superiore. Con<br />
l’upgrade il QB-9 può tornare in prima linea: si basa sul know-how<br />
che Ayre ha, nel frattempo, acquisito con lo sviluppo della serie 8.<br />
I miglioramenti includono il circuito d’uscita proprietario Diamond,<br />
uno stadio differenziale a JFET per ridurre il rumore, la regolazione<br />
del circuito AyreLock, un filtro per ridurre il rumore sulla linea AC,<br />
una USB asincrona personalizzata con uno stadio per eliminare lo<br />
jitter della USB stessa, il chip DAC della ESS per segnali in PCM fino<br />
a 384 kHz, in DSD 256 (4 fs) e con la codifica HDCD.<br />
Carlo D’Ottavi<br />
Per info: info@audionatali.com<br />
NON C’È DUE…<br />
Terzo modello di cuffia per Erzetich, noto per i<br />
suoi amplificatori per cuffia ma che annovera a<br />
catalogo anche due modelli di cuffia che hanno<br />
ottenuto il riconoscimento di artisti quali Bill<br />
Gould di Faith No More e Imogen Heap o il produttore<br />
Nile Rodgers. A questi si aggiunge ora Thalia,<br />
una cuffia che per design e peso è particolarmente<br />
indicata per la musica in movimento. Caratterizzata<br />
da un disegno originale dei padiglioni<br />
ottogonali realizzati in legno, disponibile in Tilla<br />
(un legno scuro pregiato) e Salvage (abete rosso<br />
chiaro e riciclato), la cuffia adotta alcune soluzioni<br />
di pregio come il cavo staccabile di buona qualità<br />
abbinato ad attacchi dorati.<br />
Agostino Bistarelli<br />
Cuffia Erzetich Thalia<br />
Prezzo: € 599,00<br />
Peso: 270 g<br />
Distributore: Erzetich - www.erzetich-audio.com<br />
Tipo: aperta Trasduttori: dinamici Impedenza<br />
(Ohm): 32 Cavo: rame argentato<br />
McIntosh sempre più Roon<br />
Sono ormai 14 i prodotti della casa americana compatibili con questo gestore di contenuti.<br />
Ecco l’elenco completo che include anche alcune new entry: preamplificatori C47, C49,<br />
C52, C53, C2600, C2700 e D1100; amplificatori integrati MA5300, MA7200, MA8900 e<br />
MA9000; sintoamplificatore MAC7200; amplificatore per cuffie MHA150; sistema<br />
completo MXA80.<br />
Il Tremila<br />
16 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
17
ANTENNA<br />
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Taga Harmony<br />
arricchisce la serie Platinum<br />
Il costruttore ha in catalogo un buon numero di diffusori raggruppati in due serie: la linea top Diamond e la<br />
Platinum, più affollata di modelli e meno costosa. Proprio quest’ultima è oggetto di un pesante aggiornamento:<br />
l’F-90 SLV V.2 ne preannuncia la svolta. Si tratta di un diffusore da pavimento alto e più stretto dei precedenti,<br />
grazie all’impiego di 4 woofer, dei quali uno passivo, di soli 13,3 cm di diametro; il tweeter è ora inglobato interamente<br />
nel frontale con una nuova flangia studiata per una più ampia dispersione orizzontale. Il sistema bass<br />
reflex utilizza, oltre al radiatore passivo anteriore, anche un’ampia porta posteriore e il cabinet è stato rinnovato<br />
con maggiori rinforzi interni, un deflettore inclinato e diverso materiale smorzante. Alla base del diffusore viene<br />
avvitata una piastra metallica, più ampia della sua pianta, per meglio stabilizzare la sottile torre con, agli angoli<br />
sporgenti, quattro piedini regolabili in altezza. Prezzo non dichiarato.<br />
Carlo D’Ottavi<br />
Diffusori Taga Harmony Platinum F-90 SL V.2<br />
Prezzo: € 1.580,00<br />
Dimensioni: 17 x 101,1 x 31 cm (lxaxp)<br />
Peso: 16 Kg<br />
Distributore: Suono e Comunicazione<br />
www.suonoecomunicazione.com<br />
Tipo: da pavimento Caricamento: bass reflex passivo<br />
e posteriore N. vie: 3 Potenza (W): 20-240<br />
Impedenza (Ohm): 4 Frequenze di crossover<br />
(Hz): 620 e 3.700 Risp. in freq (Hz): 31-40.000<br />
Sensibilità (dB): 91 Altoparlanti: 2 Wf 13,3cm<br />
TPACD-I, TRCS, 1 passivo 13,3cm TPAPR-I, TRCS,<br />
1 Tw 25 mm, TPTTD-I, TWG-I Rifinitura: vinile<br />
nero, wengè, rovere o noce Griglia: Metallica, magnetica<br />
Note: sistema reflex doppio con radiatore<br />
passivo frontale e porta posteriore. Morsetti doppi<br />
per bi wire o bi amp. Base metallica con piedini<br />
conici metallici regolabili in altezza.<br />
SEDUZIONI IN SCALA<br />
Heritage Groove è un wireless speaker portatile di ridottissime dimensioni (15 x<br />
12 x 6,7 cm per 1 kg di peso) che ripropone in scala lo spirito estetico della linea<br />
Heritage del marchio Klipsch. Un full range da 3” ad alta escursione viene controllato<br />
da DSP e amplificato con una potenza di 20W di pico. Tramite il Bluetooth può<br />
essere collegato a uno smartphone o al computer. Nel primo caso un microfono<br />
interno consente il vivavoce. L’autonomia è di 8 ore e la ricarica avviene tramite<br />
USB. È disponibile nei colori Walnut e Black Matte al prezzo di 199,00 €.<br />
Il Tremila<br />
Per info: Exhibo - www.exhibo.it<br />
NUOVA SERIE<br />
www.pmc-speakers.com<br />
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Visconti Alta Fedeltà<br />
Se amate la musica,<br />
noi, possiamo fare molto per Voi.<br />
Piazzale Gobetti 20062 Cassano d’Adda (MI)<br />
Tel: +39 0363 361120<br />
info@viscontialtafedelta.it<br />
18 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
INSIDE DENTRO LA MUSICA<br />
di Paolo Corciulo<br />
CAP. 2:<br />
Il nuovo che avanza<br />
secondo Bruno<br />
Forse in omaggio a una ideale legge del contrappasso, forse semplicemente per non ripetere cliché simili, dopo<br />
aver reso omaggio a una delle figure storiche dell’Hi-Fi (italiana e non) mi è sembrato naturale focalizzarmi<br />
su una figura dalle caratteristiche diametralmente opposte. Giovane, molto tecnica, molto innovativa...<br />
Bruno Putzeys è del 1973, quasi un bambino dal mio punto di vista<br />
ormai distorto dalle molte primavere (nel 1973 mi apprestavo a<br />
scegliere la facoltà universitaria nella quale non mi sarei poi laureato!).<br />
Laureatosi con lode presso lo stesso istituto frequentato dal<br />
padre (Scuola Tecnica Nazionale belga per la Radio e il Cinema) con<br />
una tesi sugli stadi di potenza per il cambio di amplificatori audio,<br />
Putzeys ha lavorato dal 1995 per dieci anni presso il Philips Applied<br />
Technologies Lab di Leuven, in Belgio, dove ha sviluppato diversi<br />
amplificatori digitali e analogici in classe D, modulatori di rumore e<br />
metodi di modulazione. La svolta avviene quanto sviluppa il circuito<br />
“UcD” in classe D, “pensata” che lo induce, nel 2005, a mettersi in<br />
proprio cominciando una collaborazione con Hypex e, al contempo,<br />
dando vita a Grimm Audio; si tratta di una delle realtà più interessanti<br />
del tempo, a cavallo tra professionale e consumer, con il suo<br />
sistema di diffusori amplificati controllati da DSP e con convertitori<br />
A/D e D/A a bordo, oggi affiancato da uno streamer a completamento<br />
di un sistema Hi-Fi moderno ed essenziale.<br />
In gioventù il suo percorso nel mondo della riproduzione musicale<br />
è quello tipico degli appassionati: sotto l’impulso del genitore (che<br />
avrà larga parte anche nella decisione degli studi da intraprendere<br />
e che è un auto-costruttore) entra in contatto con l’Hi-Fi e all’età di<br />
16 anni, quando un amico del padre Raymond gli fa ascoltare un<br />
ampli valvolare basato sulle EL 84, comincia anche lui a progettare<br />
amplificatori. In quella permanente ricerca della perfezione che è il<br />
tarlo dell’audiofilo, si converte rapidamente allo stato solido: “Alla<br />
scuola di ingegneria si impara a usare i chip; non si imparano,<br />
però, le basi della progettazione. Anche se ora non considero più<br />
le valvole una seria alternativa per la riproduzione audio di alta<br />
qualità, conoscerle è stato per me uno stimolo importante...”. Ma<br />
è il periodo in Philips che lo formerà mettendone in luce la deter-<br />
20 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
SCOUTING: BRUNO PUTZEYS<br />
minazione: “Nel laboratorio Philips di Leuven ho realizzato la mia<br />
tesi di laurea sulla Classe D ma il compito che mi venne affidato<br />
consisteva nell’ottimizzare i costi per uno di quei brutti e neri sistemi<br />
stereo micro che tutti volevano realizzare negli anni ’90 e per i quali<br />
tutti usavano i moduli ibridi Sanyo in Classe B. Un lavoro che mi<br />
ha spezzato l’anima ma ho cercato di cogliere ogni occasione per<br />
parlare con il management della Classe D fino a quando finalmente<br />
qualcuno mi ha dato la possibilità di fare un progetto di questo<br />
tipo per i televisori!”. Al tempo il reparto TV di Philips non aveva<br />
ottenuto grandi risultati con i moduli in classe D su cui il laboratorio<br />
di ricerca di Eindhoven aveva lavorato per anni e accoglie Putzeys,<br />
che nel frattempo è riuscito a “infastidire tutti i manager” della real<br />
casa, tra lo scetticismo e quella ben conosciuta strategia per cui in<br />
risposta all’entusiasmo dei giovani gli si fornisce abbastanza corda<br />
per impiccarsi da soli! Una sfida, certamente: Putzeys ne parla<br />
come di “una pistola carica puntata alla mia tempia” ma Bruno ci<br />
mette tutto il suo impegno e a distanza di un mese dall’inizio del<br />
suo incarico presenta un piccolo amplificatore auto-oscillante da<br />
25 watt che poteva essere realizzato al costo di circa 5 dollari. I suoi<br />
primi progetti finirono in un televisore al plasma Philips e in altri<br />
prodotti a cui Philips fornisce tecnologia su base OEM: un sistema di<br />
altoparlanti attivi di Microsoft, un home theater di Marantz. I buoni<br />
risultati inducono i responsabili della ricerca Philips a non liberarsi<br />
di quel giovane nonostante rappresenti un osso di traverso nei modi<br />
e nei metodi: gli danno più tempo, nasce una versione in Classe D da<br />
100 watt e il tempo a sua disposizione aumenta notevolmente così<br />
come gli incarichi per realizzare qualcosa di nuovo. I suoi supervisori<br />
rimangono abbastanza impressionati da permettergli di continuare<br />
a lavorare su amplificatori in classe D.<br />
L’anno chiave è il 2001 quando George Aerts, un dirigente Philips,<br />
gli garantisce un budget significativo per la ricerca in modo da perfezionare<br />
ulteriormente il suo progetto di amplificatori in classe D,<br />
con l’obiettivo di realizzare un modulo che fosse facile da produrre<br />
e adatto a un’ampia varietà di applicazioni audio (dal mercato di<br />
massa all’Hi-end). Il sistema doveva inoltre essere compatto e avere<br />
la stessa impedenza d’uscita e gli stessi requisiti di alimentazione di<br />
un amplificatore convenzionale. Infine doveva essere molto economico<br />
e suonare bene per vincere le ritrosie del mercato, “Così non<br />
ci sarebbero state scuse per non usarlo!”. Ci vogliono otto mesi di<br />
lavoro e quattro generazioni di circuiti prima di arrivare a quella<br />
soddisfacente (la quinta); la cosa curiosa è che per le prime quattro<br />
Putzeys si limita ad analizzarne strumentalmente le performance<br />
senza raggiungere quello che voleva. La quinta è diversa, lo convince<br />
e assembla una coppia di amplificatori, se li porta a casa a ridosso<br />
del Natale e li collega ai diffusori del suo salotto. Per la cronaca il<br />
brano che lo convincerà di essere “andato in buca” è una canzone<br />
del compositore Juan Francés de Iribarren, Viendo que Jil, Hizo<br />
Rayo. Il risultato è che Putzeys progetta l’UcD (Universal classe-<br />
D), un modulo amplificatore in classe D compatto e versatile. Pur<br />
ottemperando ai vincoli di progetto - come accade sovente a progetti<br />
anche ingegnosi sviluppati in una grande azienda - l’UdC cade<br />
nel dimenticatoio tra mille altri (ho visitato il Nat Lab di Philips e<br />
posso garantire di persona che tantissima della ricerca pura svolta<br />
da Philips rimane... ricerca pura!). Lo “ripesca” da limbo il dinamico<br />
fondatore di Hypex, Jan-Peter van Amerongen, nel 2003; van<br />
Amerongen aveva fondato la Hypex Electronics nel 1996 per fornire<br />
amplificatori e altre apparecchiature ai produttori di diffusori attivi<br />
e agli studi di registrazione.<br />
La Hypex acquista la licenza dell’UdC e successivamente Putzeys,<br />
memore della sorte del padre (che da progettista si è trasformato<br />
senza soddisfazione in un venditore), segue van Amerongen con il<br />
ruolo di consulente e ampio margine d’azione. Negli anni successivi<br />
l’Universal classe-D evolverà in svariate versioni assimilabili a due<br />
grandi famiglie, quella dei sistemi economici e quella di quelli co-<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 21
INSIDE<br />
stosi, equipaggiando decine di amplificatori,<br />
dai più economici (come quelli<br />
prodotti da Channel Islands Audio,<br />
un’azienda che si ispira a quanto<br />
fatto da Audio Alchemy) a quelli<br />
molto costosi come i Mola Mola, di<br />
cui si è sempre detto un gran bene<br />
e che utilizzano la più recente serie<br />
del sistema, la Ncore. I moduli<br />
di Putzeys, in seguito prodotti su<br />
licenza dalla Hypex Electronics, andranno<br />
a ruba mentre gli amplificatori<br />
che li utilizzano riceveranno per lo<br />
più recensioni entusiastiche. Putzeys comincia<br />
così ad apparire un Re Mida (l’augurio è che non<br />
faccia la stessa fine!) sebbene il suo approccio alla vita<br />
più che regale sia quello del genietto freak! A meno di 30 anni<br />
Putzeys gode della massima libertà nelle sue scelte; così, coerente<br />
con la figura di guru del digitale, decide di diventare libero battitore<br />
ma anche imprenditore. Accanto alla consulenza per Hypex, infatti,<br />
è il co-fondatore, come accennato in precedenza, della start-up<br />
Grimm Audio. Tutto accade con grande semplicità: alla fine di un<br />
suo intervento sulla conversione A/D e D/A a una delle conferenze<br />
dell’Audio Engineering Society attira l’attenzione di “un paio di<br />
olandesi” che stavano cercando qualcosa di simile al suo progetto. Si<br />
tratta ancora di poco più di un’idea ma Eelco Grimm e Guido Tent<br />
vogliono utilizzare l’UdC per realizzare prodotti da studio. È l’inizio<br />
della Grimm Audio: “Abbiamo scelto quel nome perché suonava<br />
bene” e il loro primo prodotto sarà l’AD1, un convertitore analogicodigitale<br />
DSD completamente discreto basato su quel circuito a cui<br />
seguirà una coppa di diffusori attivi. Poi arriverà l’esperienza con<br />
Mola Mola (2012) e due anni più tardi Putzeys fonda con Bart van<br />
der Laan (esperto di software soprattutto in relazione all’utilizzo<br />
del DSP) e Chris Reichardt (commerciale)<br />
Kii Audio (il Kii Three,<br />
un diffusore attivo e controllato<br />
da DSP, è il primo risultato di<br />
questa joint venture). E non è<br />
ancora finita perché mentre il<br />
successo dei suoi moduli fornito<br />
in conto terzi continua (Bel<br />
Canto, Jeff Rowland...), è recente<br />
l’ultimo atto (almeno per ora) della<br />
sua epopea: si tratta di Purifi, una<br />
holding di brevetti audio (lo slogan è<br />
“Costruire un filo diretto verso l’anima<br />
della musica”) che ha riunito alcune delle<br />
menti più brillanti e titolari di brevetti dell’industria<br />
audio europea “con l’obiettivo di sviluppare<br />
e verificare accurati modelli matematici per risolvere i<br />
problemi di riproduzione del suono analogico e digitale, rimovendo<br />
le limitazioni tecniche nel godimento della musica riprodotta”.<br />
In realtà la società è stata fondata già nel 2014 da Peter Lyngdorf,<br />
Lars Risbo e Bruno Putzeys ma ha svolto un ruolo dormiente fino<br />
al recente Monaco Hi-End dove in maniera semi-ufficiale sono stati<br />
presentati i primi frutti del suo lavoro.<br />
Perennemente in movimento come capita alle anime libere, Bruno<br />
Putzeys è il principale fautore di una rivoluzione che solo in futuro<br />
manifesterà appieno le sue potenzialità; la classe D, una volta risolti<br />
i suoi principali limiti, le difficoltà di interfacciamento con il carico,<br />
rappresenta una soluzione ricca di vantaggi (applicabile con profitto<br />
in svariate soluzioni: multi-amplificazione, sistemi attivi, anche<br />
solo catene Hi-Fi dal costo contenuto) e non è improbabile che chi<br />
racconterà in futuro la storia dell’Hi-Fi più recente lo debba inserire<br />
tra gli elementi di maggior spicco di questo terzo millennio.<br />
Credo che Putzeys non se ne curi più di tanto; oggi vive e lavora<br />
con la massima libertà di movimento in un edificio a due piani nel<br />
pittoresco sobborgo di Lovanio nelle vicinanze di Bruxelles. Al primo<br />
piano il suo laboratorio che, a giudicare dalle foto, è molto simile<br />
al sogno di ogni audiofilo: disseminati qua e là i materiali su cui<br />
lavora (trasformatori toroidali, schede di alimentazione) e gli strumenti<br />
con cui lavora (multimetri, generatori di segnale, oscilloscopi<br />
e analizzatori di spettro...) abbondano. Poi, conservata sotto vetro,<br />
una collezione di valvole e qua e là prototipi e pezzi unici che utilizza<br />
per i confronti. Al piano di sopra lo spazio dove vive, relativamente<br />
frugale: una camera da letto, una piccola cucina e un ampio soggiorno<br />
con l’impianto audio principale e nessuna traccia di un televisore!<br />
Il tutto condito da una buona dose di autocritica: “L’audio non dovrebbe<br />
essere considerato un’arte; fare musica lo è mentre portare<br />
la musica dal CD all’ascoltatore è solo un compito”, racconta, “Non<br />
dovrebbe essere questo il punto dell’alta fedeltà? Capisco che una<br />
delle gioie della scrittura audio sia quella di usare una prosa barocca<br />
per descrivere i capricci sonori (o i piaceri) di prodotti progettati<br />
espressamente in modo che i recensori possano avere qualcosa di<br />
interessante da scrivere su di loro, ma come ingegnere non posso<br />
fare a meno di preferire un buon lavoro”.<br />
Un monito a noi che scriviamo ma anche a voi che ci leggete…<br />
22 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
INSIDE<br />
di Roberto Salafia<br />
Il mondo magico<br />
di Ikeda San<br />
In questo “nuovo mondo” di mp3, smartphone, globalizzazione e ascolto in cuffia, l’analogista convinto<br />
non può che rifugiarsi nel passato… E cosa può esserci di più classico di una ditta che ha costruito bracci<br />
analogici tra i più ricercati per il loro buon suono come la Fidelity Research?<br />
La Fidelity Research, la cui produzione nel tempo spazierà dalle<br />
testine ai bracci e ai trasformatori per testine MC a bassa uscita,<br />
nasce in Giappone nel 1964 a opera di alcuni tecnici tra cui Isamu<br />
Ikeda (Ikeda San). Il primo braccio prodotto è il modello FR.24 (nato nel<br />
1967), un ottimo braccio con attacco a giroscopio, lunghezza di 10,5” e<br />
massa media (ca. 17 gr.), quindi adattabile a una moltitudine di testine.<br />
Viene infatti fornito con tre differenti contrappesi intercambiabili (gr.<br />
10, 22, 40). Questo primo braccio attira l’attenzione nientemeno che dai<br />
tempi dell’Imperatore Hirohito, padre di Achihito, che recentemente<br />
ha abdicato per motivi di salute in favore del figlio. Fu Hirohito, nel<br />
1946, dopo la disfatta del Giappone, a dichiarare pubblicamente alla<br />
radio che la sua famiglia e la sua dinastia avevano origini umane. Amante<br />
della buona musica, l’imperatore era interessato ai bracci FR al punto<br />
da far diventare la Fidelity Research fornitore ufficiale della casa reale:<br />
d’altronde l’FR 24, abbinato alla testina MC FR1 mkII, suonava in modo<br />
divino malgrado non avesse il regolatore della forza centripeta (antiskating)<br />
che Ikeda considerava superfluo; probabilmente a causa delle<br />
insistenze dei clienti, Ikeda deciderà comunque di uscire nel 1970/71<br />
con una versione aggiornata del 24, il 24 mkII, identico al 24 ma con<br />
l’anti-skating.<br />
Il secondo braccio prodotto dalla FR (1968) è il 34: come il 24<br />
è un braccio bilanciato staticamente e viene creato per fare<br />
concorrenza allo SME 3009; prezzato moderatamente in<br />
Giappone, con uguale lunghezza di 9” ma sempre privo di antiskating<br />
(in questo caso non fu mai aggiornato, almeno stando<br />
alle informazioni disponibili). Sempre nel 1968, non sappiamo<br />
se su richiesta o in base a un’offerta di Ikeda, la<br />
24 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019<br />
Teac esce con due giradischi leggendari e oggi abbastanza introvabili, il<br />
Magnefloat Teac TS.80 e il TS.85. Si trattava di giradischi all’avanguardia<br />
per l’epoca in quanto il loro piatto molto pesante era sospeso per<br />
mezzo di due campi magnetici contrapposti che avevano la funzione<br />
di tenere sollevato il piatto quel tanto che bastava per evitarne l’attrito.<br />
Invece del solito cavo inserito nella base avevano gli attacchi RCA<br />
esterni e questo dava la possibilità di usare cavi a scelta dell’utente e,<br />
pensate, due alloggiamenti sul piano per due testine da poter cambiare<br />
velocemente. Il primo era venduto con il braccio FR.34S corredato di<br />
cartuccia Supex 700A; il secondo era completato dal braccio FR.24S<br />
mkII e con cartuccia FR.1 mkII. Essendo entrambe a bobina mobile, i<br />
bracci venivano forniti da FR montati su una vaschetta base che aveva<br />
sotto due piccoli trasformatori racchiusi in un involucro di spesso metallo<br />
- in alcuni casi la Teac li faceva marchiare come di sua produzione<br />
ma in realtà erano nientemeno che trasformatori Tamura. La vaschetta<br />
contemplava un interruttore che inseriva o escludeva i trasformatori e<br />
questo permetteva all’utente il cambiamento delle testine sia a bobina<br />
mobile (MC) che a magnete mobile (MM) adattandosi così all’entrata<br />
standard del Pre (47 kOhm).<br />
Nel mercato dell’usato si possono trovare<br />
Il Fidelity Research FR 24.
I BRACCI DI FIDELITY RESEARCH<br />
Lo snodo del braccio FR 24 nella versione MK II, dotata di antiskating.<br />
con notevole difficoltà i citati bracci 24 e 34 completi di trasformatori Tamura,<br />
non sappiamo se smontati da giradischi Teac non più operativi<br />
o se Fidelity Research li fornisse anche separatamente. Sembrerebbe<br />
comunque che la Teac fu obbligata a interrompere la produzione di detti<br />
giradischi in quanto il sistema a due campi magnetici era copiato dalla<br />
Magna Float senza permesso né per il sistema che per il nome. Magna<br />
Float portò la Teac in tribunale e vinse; la Teac dovette quindi ritirare<br />
i pezzi prodotti. In verità c’erano stati dei contatti tra Teac e Magna<br />
Float per l’uso del sistema ma senza arrivare a una conclusione. Questo<br />
spiegherebbe l’uso prematuro del nome...<br />
Nel 1971 la Fidelity Research introduce sul mercato un braccio economico<br />
da 10” ma di grandi caratteristiche: l’FR.54. In rete si dice che il 54 fosse<br />
la versione leggera del 64 ma non può essere vero in quanto il 54 è del ’71<br />
mentre il 64 è stato introdotto nel 1980! È vero probabilmente il contrario,<br />
cioè che il 64 è la versione sofisticata del 54. Molte delle misure sono<br />
uguali all’FR.64, compresa la distanza dal fulcro, ma la massa è molto<br />
diversa: 16 grammi per il 54, 35 per il 64. La differenza principale sta nel<br />
materiale usato, alluminio invece dell’acciaio. Il 54 ha l’antiskating ma<br />
senza regolazione fine, veniva infatti fornito con un pesino fisso di gr. 1,5<br />
non regolabile. Sapientemente Ikeda lo produce, come farà nel FR.14,<br />
con l’asta del braccio deviato (offset) subito dopo il fulcro, che dovrebbe<br />
sopperire alla mancanza di un’asta più lunga. Qualcuno suggerisce che<br />
questa soluzione serva a correggere la deriva dell’anti-skating ma è tutto<br />
da dimostrare.<br />
Passano svariati anni, siamo giunti al 1978, e vengono introdotti l’FR.12<br />
e il 14; sono bracci molto ben costruiti e molto difficili da trovare al di<br />
fuori del Giappone. Si tratta di uno sviluppo più moderno del 24 e 34<br />
ma sempre staticamente bilanciati. Il 12 è un 9” con una massa di gr.<br />
12 (il peso crea il modello) e una lunghezza di 230 mm; Il 14 è un 9.5”<br />
con una massa di gr. 14 e una lunghezza di 245 mm. Entrambi hanno<br />
l’anti-skating e vengono forniti anche con i fili interni in argento (segnato<br />
sulla scatola, come per i 64/66). Per permettere l’uso di testine<br />
pesanti, veniva inoltre fornito un contrappeso addizionale. Due anni più<br />
tardi (1980) Ikeda San mette sul mercato il suo gioiello più prestigioso<br />
l’FR.64, un 10” massiccio, con massa da 35 gr., creato per far suonare la<br />
Ortofon SPU. Per la prima volta il bilanciamento è dinamico. La forza<br />
di tracciamento viene comandata da una molla in tungsteno (o meglio:<br />
lega di acciaio e tungsteno) che ne aumenta notevolmente la durezza e<br />
la mancanza di ossidazione. Tale soluzione si è dimostrata di lunga durata<br />
nel tempo, tanto è vero che i bracci 64/66 venduti oggi nel mercato<br />
dell’usato non necessitano di sostituzione della molla.<br />
Per chi non conosce le caratteristiche di un braccio statico rispetto a uno<br />
IKEDA SAN<br />
Isamu Ikeda nasce nel 1929 nel<br />
distretto Koto di Tokyo. La sua<br />
leggenda ha inizio nel dopoguerra<br />
ma è nel 1964, mosso<br />
dall’insoddisfazione verso la<br />
produzione audio di allora, che<br />
decide di mettersi in proprio e<br />
fondare la Fidelity Research.<br />
La prima testina a bobina mobile<br />
giapponese è stata uno dei<br />
suoi sviluppi e molti dei produttori<br />
di testine giapponesi hanno<br />
fatto tesoro della sua guida. Dalla<br />
metà degli anni Sessanta ai<br />
primi anni Ottanta testine come<br />
la FR 1 e la MC 201 e bracci come<br />
l’FR 12, l’FR 14, l’FR 64 e l’FR 66<br />
della Fidelity Research hanno<br />
ottenuto successo internazionale. Isamu Ikeda è stato inoltre il pioniere dell’uso<br />
del filo d’argento, degli stili con peso ridotto, dell’attacco a giroscopio e dei<br />
magneti ad alta efficienza che rendono possibili bobine con un minor numero<br />
di avvolgimenti. Il suo spirito innovativo è continuato anche dopo la fine della<br />
Fidelity Research e con la società che porta il suo nome svilupperà la prima<br />
testina al mondo a bobina mobile senza cantilever, proprio come le testine a<br />
ferro mobile della londinese Decca. Una delle sue richieste nel momento in cui<br />
ha affidato i suoi prodotti alla IT Industries è stata che questi continuassero a<br />
essere prodotti a mano in Giappone.<br />
dinamico la spiegazione è la seguente e riguarda il modo di applicare<br />
la forza di tracciamento: nei bracci statici il bilanciamento e la forza<br />
di tracciamento sono comandati dal contrappeso; in quelli dinamici,<br />
invece, potrebbe esserci un contrappeso<br />
per il bilanciamento iniziale ma<br />
la forza di tracciamento è raggiunta attraverso<br />
una molla o un motore servo<br />
che imprime una deportanza, cioè una<br />
maggiore aderenza al braccio stesso,<br />
aumentando così la tracciabilità, specie<br />
nel caso di dischi ondulati. La preferenza<br />
per un sistema o l’altro è molto<br />
dibattuta in campo audio. Il vantaggio<br />
Il Fidelity Research FR 64.<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 25
INSIDE<br />
I morsetti di collegamento dei bracci Fidelity research.<br />
I trasformatori Tamura posizionati nella vaschetta sottostante i bracci 24 e 34.<br />
avanzato da Ikeda verso i bracci bilanciati dinamicamente è che si sposano<br />
meglio con testine MC a bassa cedevolezza dove il cantilever è<br />
solitamente rigido e il braccio dinamico aiuta a seguire il solco nei punti<br />
più difficili. Un braccio bilanciato staticamente lavora invece meglio<br />
con testine ad alta cedevolezza e quindi bracci a bassa massa e cantilever<br />
conformi. Per entrambi i sistemi ci sono pro e contro: i pro del<br />
sistema dinamico sono molti mentre come contro vorrei citare la Trio/<br />
Kenwood che negli anni ’80 introdusse (probabilmente con l’aiuto di<br />
Micro Seiki) il famoso giradischi L-07D che può essere considerato assieme<br />
a pochi altri la quintessenza del giradischi, dotato di un braccio<br />
bilanciato staticamente. Altra caratteristica che diverge è il fatto che<br />
nei bracci statici la massa equivalente varia con il peso (anche se marginalmente)<br />
mentre questo non accade con i bracci dinamici (la massa<br />
non varia) e quindi la tracciabilità rimane influenzata dai cambiamenti<br />
delle forze gravitazionali. Torniamo però all’FR.64 per segnalarne le<br />
diverse versioni. In quella originale è in alluminio per poi cambiare in<br />
acciaio, entrambi con filo interno in argento. Poi viene l’FR. 64s (sempre<br />
1980), in acciaio inossidabile e creato per testine che richiedono bracci<br />
smorzati come la Ortofon SPU, la London Decca, la Fidelity Research<br />
Musa e le Koetsu. In contemporanea esce anche l’FR.64s silver, con<br />
filo interno in argento (etichetta sul braccio e sulla scatola); il materiale<br />
è sempre acciaio inossidabile e in alcuni Paesi il braccio viene fornito con<br />
cavo esterno in argento. Quarta release è l’FR.64fx (1981), realizzato in<br />
alluminio dipinto di nero, con massa di gr. 20 per testine più leggere. A<br />
seguire l’FR.64fx silver, come il precedente ma con filo interno in argento;<br />
anche questa versione subisce alcuni cambiamenti e miglioramenti<br />
prima con l’FR.64fc (35 gr. - 1982), poi con l’fxMK2 (1984 - 20 gr.) e<br />
infine con l’fxPRO (1985 - 20 gr.). A parte va considerato l’FR.66 (in<br />
alluminio) e l’FR.66s (in acciaio inossidabile), entrambi del 1981 e con<br />
braccio, non più da 10” ma da 12” e con una massa rispettivamente di<br />
24 e 38 gr. Furono realizzati per fare concorrenza allo SME 3012 (1970),<br />
allora molto apprezzato in Giappone. Per la serie 64/66 esistono due<br />
accessori degni di considerazione: l’N-60 Heavy fixing nut (un dado<br />
pesante di tenuta che aumenta la stabilità del braccio) e il B-60 Heavy<br />
VTA lifter, un sollevatore pesante per variare l’altezza del braccio (VTA)<br />
anche durante l’utilizzo (on the fly). In rete si trovano diversi commenti<br />
sulla serie 64/66; uno di questi riguarda la possibilità di risonanza da<br />
parte della molla del bilanciamento dinamico di questi bracci ma tutti i<br />
possessori, me compreso, non hanno riscontrato questo difetto. Un’altra<br />
caratteristica dei bracci Giapponesi in generale è che quasi tutti hanno la<br />
forma a doppia curvatura della canna. Questa preferenza racchiude in sé<br />
motivi teorici importanti. Nei bracci diritti o a una sola curvatura l’asse<br />
della testina-fulcro-contrappeso non è ottimale in quanto il peso della<br />
testina risulta abbastanza spostato rispetto all’asse del braccio. Questo<br />
non allineamento provoca una forza torcente sollecitante il vincolo del<br />
braccio, in particolare nei bracci unipivot (ma anche a quelli a lame<br />
di coltello o a cuscinetti) con conseguenti possibili problemi. L’unico<br />
braccio che evita questo inconveniente è quello a doppia curvatura che<br />
ripristina il baricentro dell’insieme testina-fulcro-contrappeso. Tutto<br />
questo è facilmente comprensibile ma nella pratica, date le basse forze<br />
in gioco, risulta sostanzialmente non udibile nella riproduzione né meccanicamente<br />
riscontrabile, con buona pace degli amanti degli unipivot<br />
e delle altre soluzioni in merito!<br />
Dopo un periodo di ampi successi (tanto che la società verrà quotata al<br />
Tokyo Stock Market), l’avvento del CD comporterà un ridimensionamento<br />
di tutto il comparto dedicato al vinile fino al momento in cui la<br />
Fidelity Reasearch dovrà chiudere i battenti nel 1985. Non si sa in che<br />
misura l’evento sia stato condizionato anche dal fatto che Ikeda San<br />
considerasse ormai eccessivamente consumer la società da lui creata ed<br />
era alla ricerca “di un luogo dove poter fare cose impossibili con una società<br />
di produzione di massa come era diventata la Fidelity Research”.<br />
Sta di fatto che nel 1986 fonda la Ikeda Sound Lab e con questo nuovo<br />
marchio comincia la produzione di due bracci sulla scia dell’FR.64 e 66:<br />
l’IT.345 e l’IT.407 che come prestazioni sono molto simili agli FR ma<br />
dove Ikeda ha cercato di diminuire le risonanze (se mai ce ne fossero) od<br />
ogni influenza esterna adottando forme rotonde (meno sensibili agli<br />
spostamenti d’aria) e utilizzando leghe di acciaio, ottone, bronzo, zinco,<br />
alluminio e rodio (per i contatti). Altra differenza è data dal fatto che<br />
in questi “nuovi” bracci il fulcro è supportato da entrambi i lati mentre<br />
negli FR il supporto era in un solo lato. Benché la progettazione fosse di<br />
Ikeda, la fabbricazione era eseguita da IT Industry Co. Ltd. che a partire<br />
dal 2011 rileva l’intera produzione Ikeda.<br />
Con l’occasione vorrei anche ricordare che il mitico Yoshiaki Sugano<br />
(fondatore della Koetsu) nelle prove delle Supex e delle Koetsu che lui<br />
produceva utilizzava bracci Fidelity Research (ad eccezione di quando<br />
utilizzava il suo braccio Koetsu SA 1100, che non aveva nella sua forma<br />
iniziale l’antiskating, poi aggiunto nelle versioni aggiornate MKII,<br />
MKIII). Originariamente Sugano produceva affilatissime spade usate<br />
nella tradizione Giapponese ma fu anche musicista e pittore. È morto<br />
a 95 anni nel 2002 ma fortunatamente il figlio Fumihiko continua la<br />
produzione di Koetsu. Isamu Ikeda è invece attualmente in pensione,<br />
avendo raggiunto la veneranda età di 90 anni…<br />
26 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
INSIDE<br />
di Francesco Bonerba<br />
Una,<br />
nessuna,<br />
centomila<br />
Sono le voci di Matteo Macchioni, giovane tenore italiano che da quasi dieci anni interpreta i personaggi<br />
delle più celebri opere liriche, da Ernesto del Don Pasquale al Conte di Almaviva de Il Barbiere di Siviglia, da<br />
Don Ramiro in La Cenerentola a Don Ottavio nel Don Giovanni. Una carriera in divenire tra Italia e l’estero<br />
fatta di passione, sacrifici, soddisfazioni e l’Opera, raccontata da un punto di vista inedito.<br />
Da quel periodo di confusione e incertezza che solitamente<br />
segue la laurea Matteo Macchioni, un passato da<br />
pianista, un’esperienza televisiva ad “Amici”, un lungo e<br />
prestigioso curriculum, ha tirato fuori, un po’ per scelta un po’<br />
per i casi della vita, la passione per il canto, senza riuscire più a<br />
separarsene. Ne è nato un sodalizio artistico che in dieci anni ha<br />
mietuto consensi in tutto il mondo e che quest’autunno stiamo<br />
avendo modo di apprezzare (anche) in Italia.<br />
Il tuo percorso artistico prende il via dai tasti del pianoforte<br />
con la laurea conseguita nel 2007 e solo in seconda<br />
battuta imbocca la diramazione del canto. Come hai coltivato<br />
questo talento?<br />
Già durante gli anni di conservatorio, quando studiavo pianoforte,<br />
mi era stato fatto notare che avevo una voce squillante. Lo studio<br />
e l’idea di dedicarmi seriamente al canto lirico sono arrivati,<br />
però, qualche anno dopo, a partire dal 2010, con le prime esperienze<br />
in teatro. A queste sono seguiti tanti concorsi, audizioni,<br />
fino al 2014, quando ho frequentato l’Opera Studio al teatro Carlo<br />
Felice di Genova. Il passaggio da un percorso all’altro è stato<br />
piuttosto lento perché di solito chi inizia una strada prosegue con<br />
quella. Le esperienze, gli eventi e la passione mi hanno portato a<br />
questo cambio di rotta, sebbene conservi ancora un grande amore<br />
per il pianoforte, al quale ho dedicato dieci anni della mia vita.<br />
L’esperienza con “Amici” di Maria De Filippi è stata determinante<br />
per l’inizio della tua carriera da tenore. Secondo<br />
te, ci saresti arrivato comunque attraverso altre vie o no?<br />
Ci sarei sicuramente arrivato anche se l’incontro con Daniel<br />
Oren, che mi notò grazie alla trasmissione e mi offrì un debutto a<br />
Palermo proprio nel 2010, è stato fondamentale. Mentre facevo la<br />
trasmissione non sapevo che strada avrei preso, ero un neolaureato<br />
in pianoforte con la passione per il canto; penso sia stata un’esperienza<br />
molto positiva proprio perché giunta in un momento<br />
in cui non avevo ancora le idee chiare su cosa fare nella mia vita.<br />
Come ti prepari all’interpretazione di un personaggio? E<br />
quali sono i ruoli che hai sentito nel corso degli anni più<br />
28 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
INTERVISTA MATTEO MACCHIONI<br />
e non perché abbia passato una notte brava ma semplicemente<br />
perché ho cambiato appartamento o camera d’albergo talmente<br />
velocemente da non rendermene neanche conto. È una brutta<br />
sensazione. Poi sono molto legato alla mia terra e alla mia città,<br />
Sassuolo, dove ho la mia famiglia, mentre la mia fidanzata è a sua<br />
volta cantante e quindi spesso in viaggio. Conciliare tutto è abbastanza<br />
difficile e stressante, specie per uno del segno del Toro!<br />
Quando posso cerco di farmi raggiungere da amici e familiari e<br />
non far passare troppo tempo senza vederli. Essere lontano da<br />
casa, a volte anche per cinque settimane, è un po’ il grande svantaggio<br />
di questo lavoro.<br />
vicini (o lontani) alla tua personalità?<br />
Il mio approccio alla preparazione è molto serio e il fatto di essere<br />
pianista mi aiuta molto: posso suonare tutto lo spartito nella riduzione<br />
per canto e pianoforte facilitandomi il lavoro. Poi ci vuole<br />
molta umiltà, bisogna mettersi in gioco per rimanere elastici e<br />
adattarsi di volta in volta alla visione del personaggio e dell’Opera<br />
proposta dal regista. Lo spartito e la musica sono sempre uguali<br />
ma di un ruolo si possono delineare infinite sfumature, emozioni,<br />
movimenti: si fa sempre la stessa cosa senza che sia mai identica,<br />
e questo significa una crescita continua per l’interprete. Ogni personaggio<br />
che ho interpretato e per il quale ho studiato mi ha dato<br />
grandi soddisfazioni, non ne ho mai vissuto qualcuno “male”. Sicuramente<br />
c’è un rapporto particolare con i ruoli che ho interpretato<br />
di più: il Conte di Almaviva dal Barbiere di Siviglia e Don<br />
Ramiro dalla Cenerentola, entrambe opere di Rossini.<br />
Nel mondo interconnesso di oggi, dove la comunicazione<br />
è spesso quasi più rilevante dei contenuti, pensi ci<br />
siano i presupposti per far tornare la musica lirica alla<br />
sua originale vocazione popolare, magari riavvicinandola<br />
ai giovani?<br />
Assolutamente si, deve essere così. L’Opera vive del pubblico, è<br />
un genere popolare, è un errore considerarla una nicchia, è uno<br />
stereotipo. Rinnovare gli spettatori, accendere l’interesse delle<br />
nuove generazioni affinché vivano il teatro come una forma di intrattenimento<br />
anche divertente è indispensabile per la sopravvi-<br />
Un regista che ti ha particolarmente colpito?<br />
Pur non avendoci lavorato tantissimo – anzi mi piacerebbe ci<br />
fossero nuove opportunità di collaborazione in futuro – ti direi<br />
Davide Livermore; con lui ho lavorato nel Billy Budd di Britten al<br />
Carlo Felice di Genova e mi ha colpito molto la sua grandissima<br />
energia.<br />
Messico, Germania, Austria, Danimarca, Inghilterra e<br />
Russia sono alcuni dei paesi nei quali ti sei esibito. Che<br />
differenze noti tra il pubblico straniero e quello italiano?<br />
Senza retorica, in tutti i Paesi nei quali ho portato la mia voce<br />
ho sempre trovato un pubblico molto caloroso, che ha grande rispetto<br />
e attenzione per ciò che vede. Quello che ho potuto notare<br />
è che all’estero, mediamente, gli spettatori sono più giovani. L’Opera<br />
lirica, poi, gode di grande rispetto ovunque e se ci pensiamo<br />
è uno dei pochi modi che fa parlare italiano nel mondo: nel dietro<br />
le quinte ti trovi a collaborare in inglese con persone di ogni nazionalità<br />
ma quando si è sul palco tutti cantano in italiano. È una<br />
cosa che mi rende molto orgoglioso.<br />
Come vivi il doverti continuamente spostare tra estero e<br />
Italia? È facile coniugare lavoro e vita privata?<br />
Qui tocchi un tasto dolente… È difficile per tanti motivi. Mi capita<br />
spesso di svegliarmi, guardare il soffitto e non sapere dove sono<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 29
INSIDE<br />
venza dell’Opera. All’estero mi è capitato di cantare in teatri sempre<br />
pieni, anche durante la settimana, magari grazie a biglietti<br />
proposti a prezzi abbordabili. Ben vengano anche altri contesti o<br />
supporti di riproduzione – festival all’aperto, ad esempio, o la televisione<br />
con dirette e registrazioni proposte in orari mainstream<br />
e non di notte – tutto può aiutare per far conoscere l’Opera a una<br />
platea più vasta e generare interesse.<br />
Quanto sono importanti lo studio e la determinazione in<br />
un percorso del genere?<br />
Per me fondamentali. Il perfezionamento, lo studio, la ricerca<br />
dell’eccellenza ti aiutano a essere competitivo sul mercato: ci si<br />
confronta sempre con cantanti di tutto il mondo ed essere italiani<br />
non significa avere un vantaggio sugli altri, il contesto è molto<br />
meritocratico per cui occorre studiare tanto. Essere tenaci è<br />
altrettanto importante, non mollare, non pensare mai di essere<br />
arrivati e se lo si pensa, forse è arrivato il momento di appendere<br />
l’ugola al chiodo! Personalmente continuo a mantenere il giusto<br />
timore reverenziale nei confronti del palcoscenico: non è paura<br />
ma rispetto, e penso che nel momento in cui manchi questo brivido,<br />
l’esibizione cessi di essere viva.<br />
Come ami ascoltare musica? Quali sono i tuoi ascolti ricorrenti<br />
e quali quelli imprescindibili?<br />
Ascolto assolutamente di tutto, amo il rock, in casa ascoltavamo i<br />
Queen, i Toto, i Dire Straits, mi piacciono il cantautorato italiano,<br />
la musica internazionale, gli esperimenti. Mi sono piaciuti molto<br />
diversi dischi dei Muse. I miei ascolti non sono legati solo al<br />
mio lavoro e non ho alcuno steccato culturale; questo mi consente<br />
di arricchire il mio approccio al canto e, laddove richiesto, di<br />
portare modernità nella partitura; essere cantante d’Opera non<br />
significa essere un fossile! Ascolto musica come la ascolta un Millennial,<br />
spesso in movimento, con cuffie Bluetooth e smartphone<br />
attraverso i canali a disposizione.<br />
Stai trascorrendo un autunno particolarmente “caldo”:<br />
a ottobre in Germania con il Don Giovanni, a novembre<br />
in Danimarca con Così fan tutte; a inizio dicembre, poi,<br />
di nuovo in Italia con Concerti di Natale, tour di musica<br />
sacra. Parlaci di questi progetti e del tuo più grande sogno<br />
nel cassetto.<br />
Fortunatamente le opere nelle quali ho lavorato a Friburgo e Copenaghen<br />
sono entrambe di Mozart, così non sono stato costretto<br />
a passare da un autore all’altro nel giro di qualche giorno! Dopo<br />
due mesi lontano dall’Italia, non vedo l’ora di tornare per questo<br />
bellissimo tour, una bella occasione per proporre musica sacra in<br />
diverse città italiane.<br />
Parlando con molta onestà, il mio sogno lo vivo tutti i giorni, potrei<br />
dirti un titolo piuttosto che un altro che mi piacerebbe interpretare<br />
in futuro ma si tratta in realtà di desideri non troppo<br />
lontani dall’essere realizzati. Mi piacerebbe semplicemente proseguire<br />
con la mia carriera internazionale e confrontarmi sempre<br />
con nuove esperienze, mi ritengo già molto fortunato nel poter<br />
fare ciò che mi piace, non è affatto scontato al giorno d’oggi!<br />
30 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
INSIDE<br />
di Paolo Corciulo<br />
Cantano più<br />
degli uccellini<br />
PMB è un’azienda che negli anni ha ottenuto un largo successo anche nell’ambito consumer ma non ha<br />
mutato il suo approccio produttivo, a cavallo tra artigianato e industria. Siamo andati a far visita alla nuova<br />
sede che si affianca a quella visitata sempre da <strong>SUONO</strong> nel 2014.<br />
Holme Court, Biggleswade SG18 9ST, United Kingdom: l’indirizzo<br />
si riferisce al paese di Biggleswade (15.383 abitanti)<br />
nella contea di Bedfordshire, a poco più di 30 km<br />
di distanza dall’aeroporto di Luton e a circa 60 da Londra. Nei<br />
dintorni della cittadina, nella campagna circostante, preceduto da<br />
un “invito” costituito da un lungo viale all’interno di un bosco, si<br />
apre l’ampia area di verde, oltre 20.000 mq, che costituisce Holme<br />
Court, una costruzione in stile georgiano del 1860. Se non bastasse<br />
il panorama mozzafiato che vi accoglie prima dell’ultima curva, è<br />
lo stesso palazzo che si erge “dopo” l’ultima curva quando si arriva,<br />
a lasciare senza fiato, con la sua maestosità, la tipica costruzione<br />
in mattoni a vista e il fatto che il fabbricato abbia conservato molte<br />
delle sue caratteristiche originali. È un luogo di pace dove si sentono<br />
cantare gli uccellini e nulla lascia trapelare quanto accade all’interno<br />
dell’edificio, anche perché in passato è stato utilizzato come scuola<br />
per ciechi e men che meno, immaginiamo, l’architetto avrebbe mai<br />
potuto immaginarne, tre secoli fa, l’uso odierno. Né avrebbe potuto<br />
immaginare che gli ampi spazi sul tetto sarebbero stati utilizzati<br />
per generare elettricità solare, scelta che invece è stata perorata nel<br />
corso della ristrutturazione effettuata da Peter Thomas, fondatore<br />
e proprietario dell’azienda.<br />
“Era mia intenzione fare di PMC un’azienda il più verde possibile”,<br />
racconta Thomas, “e così, date le questioni dei gas serra e del<br />
riscaldamento globale che circonda l’uso di combustibili fossili,<br />
l’installazione di un impianto solare è sembrato il primo passo<br />
logico”. A tal fine sono stati installati ben 36 pannelli solari sul<br />
tetto del magazzino e ogni pannello fornisce energia per 9,36 kW,<br />
sufficiente a ridurre significativamente la dipendenza dell’azienda<br />
dall’energia elettrica (prodotta da combustibili fossili) per gli uffici<br />
amministrativi, di ricerca e sviluppo e di marketing che trovano<br />
posto in questa antica magione…<br />
Per snaturarla il meno possibile, la presenza di PMC appare per il<br />
resto particolarmente discreta: solo una piccola targa all’ingresso<br />
chiarisce cosa ci si appresta a visitare. All’interno l’uso senza eccessive<br />
ridondanze del legno naturale mette in risalto quel che c’è,<br />
disposto con rigore quasi scandinavo: l’imponente scala centrale,<br />
la vezzosa pendola e le varie sale con soffitti alti. Una di queste,<br />
vicina all’entrata e particolarmente ampia, è stata riadattata a sala<br />
d’ascolto con un trattamento acustico discreto ma efficace: è qui<br />
che ho ascoltato in anteprima Fenestria (vedi <strong>SUONO</strong> 538) ed è<br />
qui che trova posto una parte, piccolissima, della collezione vintage<br />
di Peter Thomas, quella dedicata all’elettronica, mentre i numerosissimi<br />
modelli di diffusori (raccolti sia per diletto ma anche come<br />
riferimenti con i quali confrontare le proprie realizzazione) sono<br />
stati spostati dalla sede originaria (ancora attiva) in un ampio magazzino<br />
al piano superiore, in attesa di essere catalogati ed esposti.<br />
Le altre stanze al piano terreno vengono utilizzate per le varie fasi<br />
di assemblaggio dei Fenestria e per la realizzazione del complesso<br />
filtro di crossover (quello del crossover è una vera mania di Peter<br />
Thomas dove investe ingenti risorse). Trova posto una mini sala<br />
semi-anecoica dove sono stati effettuati in fase disviluppo i test<br />
sui Fenestria che hanno richiesto ampi esperimenti sulla scelta<br />
32 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
I BRACCI DI FIDELITY RESEARCH<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 33
INSIDE<br />
dei materiali. Al piano di sopra, invece, i vari uffici amministrativi,<br />
quelli di Peter Thomas e di Tim Ireland, il nuovo CEO di PMC che<br />
si è aggregato alla società dopo aver svolto lo stesso ruolo in Meridian<br />
e, precedentemente, quello di capo del product managment in<br />
B&W, dove l’ho incontrato per la prima volta. Ireland ha il compito<br />
di razionalizzare soprattutto il settore della distribuzione e delle<br />
vendite. È un tipo alla mano ma tosto, chiamato a mettere ordine<br />
nella gestione geniale ma naïve della famiglia Thomas dove Peter<br />
assume la carica di presidente e il figlio Oliver prende in mano la<br />
ricerca e lo sviluppo, soprattutto in merito alla scelta di nuovi materiali.<br />
Insomma Fenestria sembra solo la sintesi di una nuova fase<br />
di sviluppo di PMC da cui siamo autorizzati ad aspettarci ancora<br />
molti capitoli. Senza dimenticare il senso di pace e l’armonia con la<br />
mente che trasmette un posto come Holme Court...<br />
34 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
INSIDE<br />
di Vittorio Pio<br />
Il suono<br />
della sorpresa<br />
Se è vero che molti si possono cimentare con un brano di Thelonious Monk ma pochi possono arrivare in fondo<br />
con rispetto e originalità, Miles Okazaki, autorevolissima voce fuori dal coro del chitarrismo jazz mondiale<br />
per la sua narrativa melodica virtuosa e imprevedibile, ha sorpreso ulteriormente con un’impresa davvero<br />
temeraria, visto che ne ha registrato l’intero canzoniere con un ambizioso progetto che cullava fin da ragazzo.<br />
Il risultato è semplicemente Work, una testimonianza di una passione<br />
che consta di ben 300 minuti in un ipnotico solo in solitario che,<br />
viste le frequenti richieste di addetti ai lavori, cultori e appassionati,<br />
è stato stampato anche in un box autoprodotto di 6 CD dopo una prima<br />
diffusione “liquida”. Un lavoro certosino, simile quasi a quello dei cercatori<br />
d’oro, condotto costantemente sui temi ma senza effetti aggiunti,<br />
proprio per fare rilucere l’inesauribile bellezza di queste note scaturita<br />
dal genio monkiano. “La sua musica è come un cristallo”, ribadisce<br />
cordialmente, “possiede molti spigoli e angolazioni al suo interno: non<br />
è lineare, semmai tridimensionale, possiede anche il contrappunto ma<br />
dal punto di vista ritmico puoi sentire il battito dell’Africa”.<br />
Classe 1974, originario di Port Washington da una famiglia che lo ha<br />
costantemente stimolato verso la musica, Okazaki è stato al fianco della<br />
cantante Jane Monheit e poi (per circa dieci anni) membro dei portentosi<br />
Five Elements di Steve Coleman, documentando al contempo un interessante<br />
percorso solista con la Pi Recordings, nota per la sua predilezione<br />
avanguardista che la accomuna alla Auand di Marco Valente, per cui ha<br />
anche inciso un paio di dischi.<br />
Perché fare un altro album di tributo a Monk? O meglio, che<br />
senso ha avuto per te realizzarlo?<br />
Ho iniziato a suonare la chitarra da bambino con brani classici e canzoni<br />
popolari ma le cose sono cambiate nei primi anni dell’adolescenza,<br />
quando ho iniziato a esplorare i grandi improvvisatori della Black American<br />
Music: in quel momento sono rimasto affascinato dalla figura di<br />
Thelonious Monk. Tutto ciò che ha fatto mi ha influenzato a un livello<br />
così profondo da instradarmi in maniera irreversibile nella musica che<br />
suono o che mi interessa approfondire e Monk continua a essere una<br />
magnifica ossessione.<br />
Quando hai capito che era il momento giusto per farlo e che<br />
tipo di approccio hai usato?<br />
Penso a questo progetto da quando ero adolescente. Ci è voluto un bel<br />
po’ di tempo per avere l’esperienza e la fiducia per metterlo in pratica. Da<br />
giovane ho raccolto una dozzina di brani o giù di lì, ma a quel tempo non<br />
possedevo certamente il linguaggio necessario per approcciare questo<br />
tipo di materiale con autorità. A vent’anni ho acquisito più vocabolario<br />
ma la mia tecnica non era ancora all’altezza del compito. Ai 30 ero certamente<br />
più sicuro ma mi mancava una visione personale del progetto<br />
che andasse oltre la mera esecuzione e imitazione. Ora gli sto dando<br />
un’idea anche se forse, più in là, penserò che avrei dovuto aspettare fino<br />
ad avere sufficiente esperienza e maturità. Intanto l’ho fatto ed è una<br />
sfida, d’accordo; ma sono interessato a sfidare il materiale in generale:<br />
per quanto ne so, l’intero libro non era stato registrato su un singolo<br />
strumento solista, e questa cosa mi è sembrata una sfida interessante;<br />
la parte più difficile è di farlo in un modo che rispetti il materiale e il<br />
compositore. Mi sono approcciato cercando la giusta dose di umiltà e<br />
sperimentalismo. Per rispetto del materiale, ci sono alcune cose che non<br />
mi sono permesso di cambiare: la melodia, l’armonia, la forma. Invece<br />
ho agito molto sul ritmo proprio perché Monk è stato un Maestro di<br />
imprevedibilità, nel suo continuo rimescolamento di angoli e possibilità<br />
ritmiche. Alcuni brani hanno tempi molto diversi rispetto all’originale,<br />
perché mi sono posto come obiettivo quello di variare gli approcci ritmici<br />
a beneficio dell’ascoltatore.<br />
Hai anche tenuto a mente il famoso diktat che lo stesso Monk<br />
diede a Steve Lacy, ovvero: “Smettila di suonare tutte quelle<br />
note sballate: sono stronzate! Concentrati piuttosto sulla<br />
melodia...”?<br />
36 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
INTERVISTA MILES OKAZAKI<br />
Che strumentazione hai usato?<br />
Su ogni traccia usa lo stesso set-up minimalista, ovvero una Gibson<br />
ES 175 archtop modello Charlie Christian, amplificata da un Fender<br />
Twin senza effetti per lasciare il suono nudo in evidenza: trovare continuamente<br />
nuovi approcci è stata di gran lunga la sfida più grande di<br />
questo progetto. Fondamentale è stato il supporto del brillante chitarrista<br />
e ingegnere Liberty Ellman, che ha mixato e masterizzato i 70 brani,<br />
prestando la sua abilità nel fare emergere un bel tono di chitarra. Ho<br />
chiesto a Liberty di farla suonare come se ci fosse stato qualcuno nel<br />
salotto di casa pronto per un concerto solista: la sensazione riportata è<br />
stata esattamente quella.<br />
È più importante la teoria o il linguaggio nel jazz?<br />
Non sono molto a favore della teoria nel jazz, direi che l’approccio corretto<br />
in musica è lo stesso che si usa quando si impara una lingua. Credo che<br />
per imparare l’italiano, il giapponese o qualsiasi altra cosa sia necessario<br />
interiorizzarla facendo molto ascolto. Se non è precisamente nelle tue<br />
orecchie, o meglio se non l’hai assorbita a dovere, allora non suonerà<br />
bene. La teoria è utile, ma non è la fonte: in altre parole, la mappa non<br />
è il territorio.<br />
Si ,certo, ha rappresentato la chiave di accesso: ho avuto la possibilità di<br />
suonare con Lacy una volta nel 1994 e lui mi ha dato un suggerimento<br />
simile: “Basta attenersi a queste note, sono sufficienti”. Nelle composizioni<br />
di Monk c’è davvero molto materiale su cui lavorare: io ho cercato<br />
di svolgere un’improvvisazione dopo averne distillato la struttura. Detto<br />
questo, l’ascoltatore può sentire un sacco di “note strane” ma a volte<br />
l’ardire del momento porta su strade sconosciute, sono stato molto aiutato<br />
da alcune conversazioni che ho avuto con Steve Cardenas, amico<br />
chitarrista e profondo conoscitore dell’opera monkiana e di successivi<br />
confronti con Jerome Harris, Julian Lage, Rez Abbasi e Nels Cline, che<br />
mi hanno fatto pensare di più a quella che poteva essere una trasposizione<br />
chitarristica della sua musica che poi con pazienza, perseveranza,<br />
concentrazione e ricerca del suono giusto ho cercato di onorare.<br />
Adesso, invece, cosa stai ascoltando?<br />
Mi sono piaciute alcune cose recenti di Kris Davis, Bill Frisell, Darius<br />
Jones, Steve Lehman, Linda Oh. Ascolto ancora dischi che sono molto<br />
più vecchi. In questo momento sto ascoltando un disco di Jimmy<br />
Smith, The Boss.<br />
Prova a definire il suono che stai ancora cercando...<br />
È il suono della sorpresa, del mistero, dell’anima.<br />
E quando si è trattato di registrare, come hai fatto?<br />
Il mio processo è stato quello di lavorare su una canzone alla volta, trascorrendo<br />
il tempo necessario per arrivarne al cuore prima di registrarla.<br />
Questo ha comportato una prima revisione approfondita dei pezzi originali.<br />
Ho scoperto via via che avevo molte melodie ancora da imparare<br />
e che quelle che conoscevo avevano bisogno di molte correzioni. Quindi<br />
ho iniziato a fare dei piccoli concerti in trio per elaborare il materiale in<br />
pubblico. Altre contingenze mi hanno dato il tempo di sedermi e iniziare<br />
a lavorare: così mi sono immerso, e come per tutte le cose Monk la cosa<br />
si è fatta sempre più profonda. Ho registrato diverse takes, scegliendo la<br />
migliore: usando questo approccio c’è voluto circa un anno per arrivare<br />
a traguardo. Nelle registrazioni c’è tutto, esattamente come è successo,<br />
non ho tagliato alcuna frequenza né eliminato interferenze; a volumi più<br />
alti l’ascoltatore mi sentirà respirare o grugnire, ci saranno sedie cigolanti<br />
mentre batto i piedi, oppure passeranno le ambulanze di Brooklyn, e si<br />
sentirà sferragliare la mia vecchia chitarra attraverso l’amplificatore. La<br />
priorità era quella di portare a compimento una performance improvvisativa<br />
naturale e realistica, non un documento eccessivamente levigato.<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019<br />
37
INSIDE<br />
di Marco Fullone<br />
Rivisitando<br />
il Re cremisi<br />
Quando ascoltai per la prima vota questo capolavoro del prog frequentavo ancora le scuole elementari,<br />
parliamo dei primi anni Settanta, e in quel periodo anche un ragazzino come me poteva assorbire un<br />
mondo di musica in uno dei periodi più ricchi ed eclettici sul piano artistico. Nonostante l’età io e i<br />
miei compagni di allora ascoltavamo questo disco apprezzandone l’originalità ma solo molti anni dopo<br />
abbiamo colto realmente la strepitosa complessità della produzione, le coraggiose soluzioni sperimentali<br />
tra rock, free jazz, folk e lo spessore dei testi.<br />
In The Court Of The Crimson King non è album che necessita<br />
di troppe presentazioni ma nel tempo ho compreso che si tratta<br />
di un lavoro straordinariamente ricco di spunti innovativi,<br />
ancora oggi è in grado di suscitare stupore e - soprattutto - di<br />
non stancare mai. Scandagliando la mia cospicua collezione di dischi ho<br />
scoperto di possedere 13 release di In The Court Of The Crimson King,<br />
un vero record da accumulatore seriale, ma a ben guardare quando<br />
un vero classico entra nel DNA della tua vita musicale difficilmente<br />
te ne separi, ne segui l’evoluzione e sei disposto a tutto pur di poterlo<br />
riascoltare con la speranza di cogliere qualche dettaglio in precedenza<br />
sconosciuto, magari nascosto da master di dubbia qualità o dall’usura<br />
del tempo che si insinua nei solchi di un vinile riprodotto chissà quante<br />
volte su un glorioso giradischi Lenco L 75/S. Però, diciamoci la verità,<br />
noi appassionati alla fine ci ricompriamo sempre gli stessi album, siamo<br />
il bancomat di tanti artisti che fortunatamente possono contare su<br />
uno zoccolo duro di pazzi che comprano e ricomprano nuove edizioni<br />
sempre più ricche, espanse, riviste e rielaborate parallelamente alle più<br />
sofisticare tecniche di remastering. Alla fine, per capire un po’ l’evoluzione<br />
discografica di In The Court Of The Crimson King, ho rispolverato<br />
le quattro copie in vinile (una rovinatissima stampa italiana originale<br />
dell’epoca con copertina apribile, una stampa inglese degli anni Ottanta<br />
con copertina a busta orrenda, non apribile), un picture disc degli anni<br />
2000 e la ristampa inglese del 2010 con l’original stereo mix del 1969<br />
rimasterizzato nel 2009 su vinile 200 grammi. Le copie CD sono di varie<br />
epoche ma le più belle sono giapponesi, soprattutto quattro edizioni<br />
splendidamente ristampate emulando la copertina in gatefold apribile<br />
come l’LP originale, compresa la versione del 2009 che conteneva due<br />
dischi, il CD con il mix stereo di Steven Wilson e il DVD Audio con il<br />
mix 5.1 e stereo di Wilson con risoluzione 24/96 (ovviamente fa parte<br />
della collezione anche la versione europea dello stesso prodotto ma non<br />
stampata in maniera maniacale come fanno i giapponesi). Tutte queste<br />
ristampe mi fanno ricordare che un numero simile di riedizioni le ho<br />
comprate anche per altri capolavori come Aqualung dei Jethro Tull, The<br />
Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd, Songs In The Key Of Life di<br />
Stevie Wonder oppure per gli album dei Genesis periodo Gabriel. Può<br />
sembrare maniacale agli occhi di qualcuno: davvero ha senso spendere<br />
tanti soldi per ricomprare essenzialmente le stesse canzoni? In effetti<br />
per i più pragmatici la musica nella sua essenza non cambia (In The<br />
Court Of The Crimson King per tanti rimane sempre lo stesso disco<br />
di cinquanta anni fa, come dar loro torto?) e questo atteggiamento<br />
38 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
IN THE COURT OF THE CRIMSON KING - 50TH ANNIVERSARY EDITION<br />
album alternativo completo comprendente mix del 2019 di Steven Wilson, inclusa<br />
una versione in duo molto estesa di I Talk to The Wind, una versione del 19<br />
giugno di In The Court of the Crimson King dell’ultimo giorno della band presso<br />
Morgan Studios nel giugno 1969, un versione di Epitaph dominante e una versione<br />
di Schizoid Man del 21° secolo che combina gli strumentali di Morgan con la<br />
voce di Greg Lake degli studi Wessex e sovraincisioni di agosto 2019 di Mel<br />
Collins e Jakko Jakszyk - questi ultimi due mixati da David Singleton. Un ulteriore<br />
album contiene materiale aggiuntivo tratto dallo studio e in gran parte mixato<br />
da Steven Wilson, inclusi estratti della cosiddetta “sessione del vento”. Il Blu-ray è<br />
completato da una serie di mix strumentali del 2019 e dal frammento video live<br />
finora inedito di riprese in bianco e nero di Hyde Park nel 1969. Tutto il materiale<br />
di questo set apparirà anche nelle prossime Complete 1969 Sessions (l’ottavo<br />
boxset della serie che documenta lo studio di King Crimson e le registrazioni dal<br />
vivo dal 1969 in poi, che uscirà presumibilmente nel 2020).<br />
King Crimson<br />
IN THE COURT OF THE CRIMSON KING - 50TH ANNIVERSARY EDITION<br />
Steven Wilson 2019 Remix, stereo e 5.1<br />
Edizione 3CD / Blu-ray: presentato in 2 gatefold apribili sul genere dei Mini LP<br />
Replica giapponesi contenenti i singoli CD più il libretto con le note redatte<br />
da Sid Smith.<br />
CD1: 2019 Steven Wilson stereo mix (approvato da Robert Fripp ) più la versione<br />
2019 mix strumentali (con Moonchild modificato per la lunghezza della canzone).<br />
CD2: Un’edizione estesa dell’album alternativo.<br />
CD3: L’edizione originale del mix del 1969 più tracce aggiuntive.<br />
Contenuti Blu-ray: Mix stereo e 5.1 2019 di Steven Wilson con risoluzione 24/96<br />
in DTS HD Master Audio e LPCM. Edizione originale del 1969 in stereo 24/96. Un<br />
Versione su vinile: doppio LP.<br />
LP1: remix 2019 di Steven Wilson (a suo debutto su vinile).<br />
LP2: selezione delle bonus track descritte in precedenza per il Blu-ray.<br />
Chi segue i King Crimson sa bene che nel 2009 Robert Fripp iniziò la sua collaborazione<br />
con Steven Wilson dei Porcupine Tree proprio con il box set di In<br />
The Court Of The Crimson King contenente 5 CD e il primo DVD Audio della serie<br />
di remaster. Si trattava del primissimo approccio a una massiva operazione<br />
discografica che nel decennio successivo ha portato Fripp a ristampare una mole<br />
enorme di album (molti nella versione CD + DVD Audio con il mix 5.1 e stereo in<br />
alta risoluzione), senza contare i mastodontici box set Sailors’ Tales (1970-1972)<br />
(contenente 27 dischi), Larks’ Tongues In Aspic - 40th Anniversary Edition (15<br />
dischi), On and Off The Road (19 dischi), Starless (27 dischi), The Road to Red (24<br />
dischi), Thrak (12 dischi), tutti in bellissime confezioni con memorabilia, CD e<br />
versioni HD sia su Blu-ray Audio che DVD Audio più un’infinità di registrazioni<br />
live inedite del periodo.<br />
potrebbe generare una più ampia riflessione sugli aspetti legati allo<br />
sfruttamento commerciale del repertorio musicale, cosa che voglio<br />
evitare più della peste. Diciamoci chiaramente, però, che molti lettori<br />
di <strong>SUONO</strong> saranno vittima come me delle riedizioni, ed è lecito immaginare<br />
che nella loro vita avranno cambiato/aggiornato/modificato il<br />
sistema Hi-Fi chissà quante volte, con l’intento di migliorare la propria<br />
esperienza di ascolto. Questo giro di parole per contestualizzare questa<br />
ennesima ristampa, soprattutto in considerazione del fatto che l’edizione<br />
del 2009 per il quarantennale sembrava realmente la versione definitiva.<br />
Qualche anno fa ebbi la fortuna di conoscere Steven Wilson nel backstage<br />
dell’Alcatraz a Milano dove si esibì in uno dei suoi ormai memorabili<br />
concerti. In quell’occasione chiesi a Wilson cosa si provasse a manipolare<br />
i nastri di album che fanno parte della storia della musica e lui mi disse<br />
che provava sempre un grande rispetto per questi lavori leggendari.<br />
“Avere il privilegio di lavorare su tali capolavori”, mi disse, “è qualcosa<br />
che ti responsabilizza, è richiesta umiltà di fronte a tanta bellezza. Poi<br />
subentra la tua capacità di dare, con la tecnologia a disposizione, una<br />
nuova veste sonora a qualcosa di unico”. Grazie all’esperienza accumulata<br />
per le rielaborazioni in 5.1 dei Porcupine Tree, Wilson ha aperto una<br />
nuova fase di grande importanza sul tema dei remaster partendo dai<br />
nastri originali multi traccia, un’esperienza che lo ha portato a diventare<br />
il guru dei remaster surround del mondo prog e rock grazie ai remix<br />
per Yes, Gentle Giant, Jethro Tull, Emerson Lake And Palmer, Caravan,<br />
Hakwind, XTC, Chicago e altri. A proposito di EL&P, per i quali Wilson<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 39
INSIDE<br />
ha prodotto il remix solo del loro primo album, gli chiesi come mai si<br />
fermò la collaborazione: “Diciamo che ci sono state vedute differenti<br />
su come rielaborare la loro musica per i nuovi formati in alta definizione”,<br />
ammise Stevan, “non voglio esprimermi più di tanto su questo,<br />
rispetto il loro punto di vista, il mio metodo lavoro evidentemente<br />
non andava bene”. Wilson in questo caso non si allargò più di tanto<br />
ma tra le righe ammise che dovette combattere con lo smisurato ego di<br />
musicisti leggendari. Ma quando parlai di Robert Fripp capii che era<br />
in completa sintonia con lui e che grazie ai King Crimson la sua reputazione<br />
nel settore dei remix era ormai diventata globale. “Con Fripp ci<br />
siamo trovati subito”, mi raccontò, “e poter rielaborare un capolavoro<br />
come In The Court Of The Crimson King e la straordinaria discografia<br />
dei King Crimson ha avuto per me un’importanza fondamentale, ho<br />
scoperto un mondo sensazionale di musica, musicisti incredibilmente<br />
dotati, tutte cose che hanno profondamente influenzato anche la mia<br />
produzione musicale”. Sicuramente in quell’occasione non immaginavo<br />
minimamente che qualche anno dopo Wilson avrebbe riaperto<br />
le sessioni di In The Court Of The Crimson King per una riedizione<br />
dedicata al cinquantennale dell’album. Nell’annunciare su Facebook,<br />
a ottobre 2019, l’uscita della nuova edizione, Fripp disse che avrebbe<br />
sistemato alcune imperfezioni presenti in quella del 2009, prodotta in<br />
un momento in cui non avevano ancora maturato l’esperienza che lui<br />
e Wilson hanno oggi, dopo dieci anni di remaster.<br />
Quando ascoltai per la prima volta il DVD Audio nel 2009, utilizzando<br />
il mio lettore SACD/DVD Esoteric DVD UX-1, ricordo che rimasi<br />
sconvolto: pur conoscendo a memoria il disco, non lo avevo mai sentito<br />
suonare così. Personalmente sono stato un fan del multicanale sin<br />
da subito; all’alba della diatriba tra Super Audio CD e DVD Audio ho<br />
amato indistintamente questi due sistemi ma per certi versi il DVD mi<br />
ha sempre convinto di più regalandomi un suono più caldo, quasi analogico,<br />
mentre il SACD ha una definizione notevolmente superiore. Può<br />
sembrare una sciocchezza ma anche gli stessi dischi ascoltati in stereo<br />
o nel mix 5.1 su SACD e DVD Audio suonano in maniera differente:<br />
posso portare molti esempi come Gaucho degli Steely Dan, Rumours dei<br />
Fleetwood Mac, così anche per altri lavori di Diana Krall, Elton John,<br />
etc. La versione DVD Audio ha un non so che di caldo, avvolgente, che<br />
il SACD non possiede, almeno per le mie orecchie. Per In The Court<br />
Of The Crimson King il confronto si può fare su due aspetti, quello<br />
dei due mix elaborati a distanza di dieci anni e sul piano tecnico tra il<br />
DVD Audio del 2009 e il Blu-ray Audio del 2019. All’epoca le macchine<br />
multiformato con SACD e DVD Audio erano molte e di grande qualità,<br />
oggi trovare un lettore Blu-ray con ambizioni audiofile è decisamente<br />
più difficile, soprattutto se dotato di uscite analogiche. Per questa prova<br />
ho usato un Oppo 105D che ritengo ancora un lettore di ottima qualità<br />
mentre per il DVD Audio ho ricollegato l’Esoteric DVD UX-1. Messo<br />
su il Blu-ray ho provato prima la traccia PCM 5.1 e poi quella DTS HD<br />
MA. Tra le due codifiche ho notato forse un po’ più di volume e impatto<br />
in quella DTS ma il PCM è a mio avviso più neutro. La mia curiosità,<br />
però, riguarda più scoprire cosa ci sia di diverso rispetto all’edizione<br />
di dieci anni fa. Ho dovuto ascoltare parecchie volte per essere sicuro<br />
delle differenze. Probabilmente in questa ultima (e speriamo definitiva)<br />
edizione c’è un’aria e una spazialità che forse manca al mix del 2009,<br />
tutto è più limpido, nitido. Alterno con il DVD Audio e nella “vecchia”<br />
edizione apprezzo comunque un punch che non ha il Blu-ray 2019;<br />
non so, la sensazione è che qui ci sia più calore, ad esempio la voce<br />
di Greg Lake esce dal Blu-ray straordinariamente presente, sul DVD<br />
Audio più corposa, profonda e calda. Sono dettagli ma il concept è abbastanza<br />
diverso, evidentemente l’approccio al remix digitale ha subìto<br />
modifiche sostanziali rispetto a dieci anni fa, sebbene il master multi<br />
traccia a 8 canali sia chiaramente lo stesso. Passando alla versione LP<br />
con il mix 2019 rimango piacevolmente colpito rispetto ai vecchi vinili<br />
della mia collezione, siamo su un altro mondo! Tutto è più intellegibile,<br />
perfettamente definito, senza distorsioni e suoni confusi. Non ho mai<br />
ascolto su LP la versione di Wilson del 2009 ma questa nuova, per chi<br />
volesse passare dalle vecchie stampe al nuovo millennio, qui avrà un<br />
bellissimo upgrade dei suoni.<br />
In definitiva, se la nuova versione non aggiunge forse nulla di eclatante<br />
sul piano sonoro rispetto al mix 2009, chi in questi anni ha fatto lo schizzinoso<br />
evitando di ascoltare In The Court Of The Crimson King in 5.1<br />
dovrebbe ricredersi perché l’esperienza sonora in surround è qualcosa<br />
di unico, coinvolgente, e questa nuova edizione su Blu-ray può essere<br />
una buona occasione per rimediare allo scetticismo. D’altronde quasi<br />
tutte le più grandi band del prog come Genesis, Jethro Tull, EL&P, Yes,<br />
Moody Blues, Pink Floyd e altre hanno ripubblicato gran parte della<br />
loro discografia in surround, un’occasione per riscoprire capolavori<br />
immortali.<br />
40 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
SELECTOR TUTTO IL MEGLIO IN ARRIVO SUL MERCATO<br />
a cura della redazione<br />
GIRADISCHI<br />
Pro-Ject The Classic Evo<br />
È possibile che Heinz<br />
Lichtenegger sia affetto da<br />
bulimia monotematica con<br />
indirizzo riferito al mondo<br />
dell’audio analogico? Di<br />
certo fin dalla tenera età<br />
si rivelò un ambasciatore<br />
del vinile, vendendoli alla<br />
pompa di benzina della<br />
madre. Risultato? In un<br />
paesino di circa duemila<br />
anime riuscì a piazzarne<br />
cinquanta con una invidiabile<br />
percentuale (2,5%)<br />
tra gli abitanti!<br />
Si trattava dei Thorens<br />
TD166 MkII e se è vero<br />
che “il primo amore non<br />
si scorda mai” non è così balzano<br />
il fatto che Lichtenegger,<br />
in occasione del 25mo anniversario<br />
della Pro-Ject, l’azienda<br />
da lui creata e condotta fin nei<br />
rassicuranti lidi in cui si trova<br />
(una fabbrica di proprietà in Cecoslovacchia,<br />
una sede modello<br />
in Austria), abbia voluto festeggiare<br />
con un omaggio alle antiche<br />
passioni. A vederlo, infatti,<br />
il Classic, presentato nel 2016, è<br />
un giradischi che esteticamente<br />
si allinea ai grandi classici degli<br />
anni ’60 e ’70: Linn, Ariston e,<br />
appunto, Thorens... Se ne è discusso<br />
tanto dalla presentazione<br />
ad oggi ma ben più dirompente<br />
è il fatto che questo omaggio<br />
rappresenti anche una sorta di<br />
rottura con la tradizionale immagine<br />
del marchio austriaco<br />
legata alla soluzione a telaio<br />
rigido, laddove invece il Classic<br />
abbraccia quella del telaio flottante,<br />
in linea, anche questa, con<br />
le soluzioni che andavano per la<br />
maggiore proprio negli anni ’70:<br />
Linn e Thorens, ancora, o anche<br />
Acoustic Research...<br />
Più prosaicamente è invece probabile<br />
che Lichtenegger, affetto<br />
per l’appunto da bulimia Hi-Fi,<br />
abbia semplicemente lo scopo di<br />
scandagliare e conqui- stare<br />
ogni aspetto<br />
del rinnovato<br />
mercato<br />
sull’analogico, mercato del cui<br />
rilancio per primo ha intuito le<br />
potenzialità e che oggi presidia<br />
in ogni aspetto. D’altronde<br />
sembrano reperti archeologici<br />
le controversie e le guerre sante<br />
di un tempo. Trazione diretta<br />
o trazione a cinghia? Valvole o<br />
transistor? Perché doversi necessariamente<br />
schierare su una<br />
bazzecola come il tipo di isolamento<br />
del corpo del giradischi,<br />
posto che ormai quasi sempre<br />
il motore viene comunque sospeso?<br />
Per l’appunto l’atteggiamento<br />
moderno delle aziende è<br />
quello di partire dalle necessità<br />
dell’utenza (a volte anche solo<br />
indotte dalla pubblicistica...) e<br />
se un costruttore può oggi superare<br />
il concetto di family sound<br />
proponendo modelli della<br />
stessa gamma che<br />
suonano palesemente<br />
in modo differente<br />
(a noi è capitato)<br />
perché non far<br />
convivere giradischi<br />
con telaio<br />
rigido e quelli<br />
che lo hanno<br />
flottante?<br />
In realtà il<br />
The Classic<br />
e le sue evoluzioni,<br />
il<br />
175 Wiener<br />
Philharmonic<br />
Recordplayer<br />
Prezzo: € 1.299,00<br />
Dimensioni: 46,2 x 13,1 x 35,1 cm (lxaxp)<br />
Peso: 10,5 kg<br />
Distributore: Audiogamma S.p.A.<br />
Via Pietro Calvi, 16 - 20129 Milano (MI)<br />
Tel.02.55.181.610 - Fax 02.55.181.961<br />
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GIRADISCHI PRO-JECT THE CLASSIC EVO<br />
Tipo: con braccio Telaio: subtelaio sospeso elasticamente dal<br />
telaio principale da elementi in TPE Trasmissione: a cinghia<br />
Piatto: alluminio e TPE Velocità (RPM): 33 1/3 e 45 Braccio:<br />
dritto da 9 Alzabraccio: si Wow & Flutter (%): ±0.1 % Rumble<br />
(dB): 70 Note: mobile in MDF con finitura noce e eucalipto, regolazione<br />
di azimuth e VTA<br />
42 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
TEST<br />
(VPR - un omaggio alla Vienna<br />
Philharmonic) e in seguito il The<br />
Classic Evo introdotto recentemente,<br />
oggetto di questo test e<br />
“sunto delle esperienze precedenti”,<br />
sembrano fare storia a<br />
sé all’interno di un catalogo che<br />
conta, per difetto, 13 linee ognuna<br />
con almeno due varianti... Il<br />
punto focale è costituito dal sistema<br />
di disaccoppiamento basato<br />
su sei palline in materiale<br />
gommoso (TPE - thermo plastic<br />
elastomers), l’equivalente delle<br />
molle utilizzate negli altolocati<br />
“apparecchi – riferimento” citati<br />
in precedenza e che trovano posto<br />
in altrettante sedi del telaio<br />
separandolo dal controtelaio.<br />
Questa soluzione, salvo errori<br />
o smentite, viene utilizzata solo<br />
nella linea The Classic e permane<br />
inalterata nelle varie versioni,<br />
inclusa quella recentemente<br />
implementata.<br />
Le variazioni fondamentali introdotte<br />
con la versione Evo<br />
dell’apparecchio sono di varia<br />
natura. Nuovo è il sistema di<br />
controllo elettronico della velocità<br />
che permette di passare da<br />
33 a 45 giri/min (e viceversa)<br />
tramite un pulsante invece che<br />
con la complicata operazione di<br />
passaggio della cinghia di trasmissione<br />
da una puleggia all’altra;<br />
è stata inoltre decisamente<br />
migliorata la qualità del contropiatto<br />
che nella versione precedente<br />
dell’apparecchio<br />
era in plastica<br />
(eccessivamente<br />
Il telaio poggia su quattro piedi in<br />
gomma fissati ad un elemento in<br />
alluminio che si avvita al fondo, su<br />
un giunto anch’esso in alluminio.<br />
L’ampia filettatura consente anche di<br />
regolare l’altezza e la messa in bolla<br />
del giradischi.<br />
economica, in verità) e ora, ereditando<br />
la soluzione utilizzata<br />
dal Wiener Philharmonic Record<br />
Player, è in alluminio lavorato<br />
con un taglio di precisione<br />
molto accurato. Anche il braccio<br />
ha subìto dei cambiamenti:<br />
il tubo è costituito da un sandwich<br />
di carbonio e alluminio,<br />
il cuscinetto è stato aggiornato e<br />
il contrappeso cambia di forma<br />
e incorpora il materiale smorzatore<br />
TPE utilizzato in altre parti<br />
del prodotto. Anche il sistema di<br />
compensazione dell’antiskating<br />
è stato modificato nel braccio<br />
che eredita sempre l’appellativo<br />
Evo: il contrappeso scorre su<br />
un perno in ottone solidale con<br />
il supporto di sostegno, abbandonando<br />
il vecchio sistema del<br />
filo in acciaio fissato alla base,<br />
dall’aria posticcia e provvisoria.<br />
La regolazione dell’azimut e del<br />
VTA, inoltre, sono state rese di<br />
facile accesso anche se nel The<br />
Classic la posizione della ghiera<br />
di sostegno in cui scorre il supporto<br />
del braccio è collocata in<br />
posizione leggermente incassata<br />
rispetto al piano, quindi è fornita<br />
una chiave esagonale a brugola<br />
con il braccio molto corto. La<br />
regolazione, una volta inserita la<br />
chiave apposita, è semplice in<br />
quanto basta allentare leggermente<br />
le due viti e il braccio<br />
scorre in verticale con un movimento<br />
sicuro e frizionato. Si<br />
tratta comunque di un’operazione<br />
da fare raramente e in fase di<br />
tuning della testina. Nell’ambito<br />
dell’approccio filosofico della<br />
casa austriaca alle problematiche<br />
connesse allo sviluppo del<br />
piatto (Pro-Ject non considera<br />
validi i piatti realizzati in fusione<br />
che sono molto pesanti, il che è<br />
un bene per la costanza di velocità<br />
e i bassi tassi di wow e flutter,<br />
ma se di metallo massiccio,<br />
soffrono degli effetti di ringing),<br />
quello utilizzato già sulla precedente<br />
versione è in una lega di<br />
alluminio tornita dal pieno, con<br />
una massa importante ma con<br />
una corona circolare esterna<br />
completamente riempita con un<br />
elemento viscolelastico TPE che<br />
ricorda molto le caratteristiche<br />
dello stesso TPE impiegato per<br />
il contrappeso del braccio. Nel<br />
The Classic Evo il cuscinetto<br />
utilizzato trae spunto da quanto<br />
messo a punto nel Vienna<br />
Philharmonic Recordplayer.<br />
Ulteriori upgrading, apparentemente<br />
di minore impatto, sono<br />
stati effettuati sullo chassis, reso<br />
maggiormente pesante e rigido e<br />
nell’isolamento della basetta del<br />
braccio dalle vibrazioni.<br />
La messa in opera del giradischi<br />
I cavi di segnale collegati alla testina<br />
sono saldati su due connettori RCA<br />
fissati su una basetta in metallo solidale<br />
al fondo del giradischi. Sul lato opposto,<br />
l’ingresso di alimentazione a 15VDC. Le<br />
cerniere di sostegno del coperchio sono<br />
le tipiche di Pro-Ject utilizzate in gran<br />
parte della produzione in cui si innesta<br />
la copertura trasparente.<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 43
SELECTOR<br />
DATI RILEVATI<br />
BRACCIO<br />
lunghezza (“): 9.17<br />
ETL (mm): 233<br />
PTS (mm): 214,5<br />
OvH (mm): 18.5<br />
Peso sulla puntina senza contrappeso (gr): 26<br />
Contrappeso (gr): 125<br />
Il controllo elettronico della<br />
velocità è collocato al di sotto<br />
dei pulsanti di selezione fra 33<br />
e 45 giri, mentre il circuito di<br />
potenza che alimenta il motore è<br />
collegato a ridosso del connettore<br />
di alimentazione.<br />
PIATTO<br />
Diametro (mm): 300<br />
Massa totale rotante (gr): 2581<br />
Diametro perno (mm): 6<br />
Legenda<br />
ETL = effective tonearm lenght PTS = distanza<br />
tra gli assi OvH = overhang<br />
Il sistema di accoppiamento viscoelastico fra telaio e<br />
controtelaio impiega sei sfere in gomma posizionate<br />
in sedi cilindriche del telaio sule quali poggia il<br />
controtelaio. In prossimità della sede del perno è<br />
collocato un disco in neoprene che, aderendo alla<br />
sede del perno, attua una sorta di dissipatore per<br />
smorzare le seppur lievi oscillazioni del controtelaio.<br />
Il contropiatto è realizzato dalla tornitura di un<br />
elemento pieno di alluminio in cui è inserito a<br />
pressione l’asse.<br />
Il piatto è ottenuto dalla tornitura di un elemento in lega<br />
che poggia direttamente sulla corona circolare esterna del<br />
contropiatto. Nella parte interna sulla circonferenza è stata<br />
ricavata una gola che ha la funzione di aumentare il momento<br />
angolare con una massa ridotta del piatto e di smorzare le<br />
vibrazioni grazie all’utilizzo di un elastomero che riempie la gola.<br />
44 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
TEST PRO-JECT THE CLASSIC EVO<br />
PRO & CONTRO<br />
Il sistema di bloccaggio del braccio nella<br />
sede di riposto impiega due piccoli<br />
magneti in neodimio incassati nella<br />
sede e nel braccio: quando il braccio è<br />
vicino alla sede, la tenuta magnetica<br />
è molto potente.<br />
Fuori classe di nome e di fatto rispetto alla<br />
normale produzione della casa, il Classic Evo si<br />
differenzia non solo per essere l’unico con telaio<br />
flottante ma anche per il desiderio di scatenare<br />
un effetto iconico li dove, in generale, l’immagine<br />
del marchio è più legata all’idea di value for<br />
money. Si ripercorrono temi del passato senza<br />
scimmiottarli ma con un melange che fa tesoro<br />
delle cifre stilistiche proprie ma aggiunge un po<br />
di polvere di stelle al prodotto<br />
Lo shell è ricavato<br />
direttamente<br />
dalla formatura<br />
del tessuto in<br />
carbonio che<br />
costituisce la parte<br />
esterna della canna<br />
del braccio.<br />
La canna in alluminio rivestita in fibra di carbonio, si innesta nella sede<br />
del cuscinetto in cui è inserito anche il perno di sostegno del contrappeso,<br />
disassato verso il basso. L’antiskating, attutato dal peso, agisce su un perno<br />
in ottone e scorre su un altro solidale al sostegno del giunto. Il contrappeso<br />
è cavo e ingloba un materiale viscoelastico che lo isola dal braccio.<br />
è molto veloce: basta rimuovere<br />
le tre viti per il trasporto e l’apparecchio<br />
è pronto per l’uso. Si<br />
apprezza immediatamente la<br />
differente risposta del sistema<br />
alle sollecitazioni: il controtelaio,<br />
anche se non flottante, si<br />
rivela disaccoppiato dal resto<br />
del telaio con spostamenti<br />
minimi ma con marcato isolamento.<br />
Anche il telaio, o meglio<br />
tutto il sistema, continua a<br />
“flottare” sul piano di appoggio<br />
in quanto i piedi di appoggio<br />
sono gli stessi utilizzati in tutti<br />
L’alimentatore da 15VDC è del tipo<br />
universale a parete con le spine<br />
intercambiabili che accetta tensioni<br />
in ingresso da 100 a 240 VAC.<br />
gli altri sistemi, costituiti dal<br />
giunto in gomma che tende a<br />
far muovere il sistema in tutte<br />
le direzioni ammortizzando le<br />
vibrazioni sui tre piano ortogonali.<br />
In definitiva, siamo di<br />
fronte a un telaio flottante e un<br />
controtelaio anch’esso flottante.<br />
Se ne ammira il buon livello<br />
costruttivo - con l’eccezione del<br />
controtelaio che poteva essere<br />
rifinito in modo più raffinato<br />
- ma soprattutto è facile constatare<br />
fin da subito le qualità<br />
del The Classic Evo: il giradischi<br />
è abbastanza sordo e<br />
insensibile alle vibrazioni e la<br />
rotazione del piatto avviene<br />
con pochissimo se non alcun<br />
rumore e il minimo di inerzia.<br />
Anche il braccio appare molto<br />
ben fatto, con un movimento<br />
fluido, e si apprezza l’inusuale<br />
sistema di messa a riposo che<br />
utilizza un doppio magnete,<br />
adoperato in luogo del tipico<br />
sistema a clip. Semmai va notato<br />
che il contrappeso, pur di<br />
diametro abbastanza grande, è<br />
piuttosto leggero e nel caso di<br />
testine che richiedono una forza<br />
d’appoggio particolarmente<br />
elevata occorre utilizzarne uno<br />
più pesante offerto da Pro-Ject<br />
come accessorio.<br />
Tenendo a mente questo limite,<br />
la pletora di fonorivelatori<br />
utilizzati, ovviamente vari per<br />
prezzo e prestazioni, sembra<br />
trovare un tratto comune<br />
nell’esaltazione del dettaglio<br />
delle performance sonore<br />
indipendentemente<br />
dalla porzione di frequenze<br />
prese in esame. Caratteristica<br />
abbinata a una velocità negli<br />
attacchi e nei rilasci che appare<br />
migliore rispetto a giradischi<br />
competitor. In assoluto il Classic<br />
Evo contribuisce a performance<br />
sonore di grande gradimento,<br />
in omaggio alla classe<br />
media (e a una parvenza di microlusso<br />
nell’aspetto e nelle modalità<br />
d’uso) di appartenenza.<br />
Certo la versione evo costa<br />
sensibilmente di più del precedente<br />
Classic ma va anche<br />
detto, limitando la concorrenza<br />
a quanto offerto “in casa”,<br />
che quel gap risulta ben speso<br />
rispetto ad altri modelli della<br />
casa austriaca sotto i mille<br />
euro e, in assoluto, nella fascia<br />
di appartenenza ben pochi<br />
concorrenti, vuoi per una<br />
o per l’altra caratteristica (difficilmente<br />
per tutte insieme),<br />
possono effettivamente considerarsi<br />
un competitor.<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 45
SELECTOR<br />
di Paolo Corciulo<br />
Dalle finestre la vista si perde sulle tranquille acque del lago Lemàno, anche conosciuto come lago<br />
di Ginevra (si tratta del maggiore lago della Svizzera), sulle cui sponde sorge la cittadina di Coppet.<br />
Non dovete addentrarvi nello splendido centro medioevale o nel maestoso castello per assaporare il<br />
profumo di Hi-Fi ma avvicinarvi alle case unifamiliari grandi e piccole sulla riva del lago, dove ricchi<br />
possidenti della zona e pendolari godono di momenti di pace e intimità...<br />
di Serge Schmidlin<br />
(villa con<br />
L’antro<br />
piscina), uno degli<br />
ultimi fautori in salute del tayloring<br />
in Hi-Fi, si trova proprio<br />
in questa zona; una dimensione<br />
tranquilla e quasi trascendentale<br />
che contribuisce all’immagine<br />
zen del produttore, anche<br />
se Schmidlin la coltiva dall’alta<br />
di una sicurezza finanziaria<br />
raggiunta con un incarico dirigenziale<br />
particolarmente redditizio<br />
in tutt’altro campo (ha<br />
un dottorato in biochimica e ha<br />
acquisito una vasta conoscenza<br />
della biofisica e della fisica).<br />
Solo “da grande” ha deciso di<br />
dedicarsi all’alta fedeltà con il<br />
desiderio di creare soluzioni<br />
non convenzionali, a cominciare<br />
dal dotare le sue creature<br />
di alimentazione a batterie per<br />
non dipendere direttamente<br />
dalla corrente di rete. Dal<br />
2009 Schmidlin ha cominciato<br />
a collaborare con Jean Hiraga<br />
e con la cinese Hanss Acoustics<br />
(costruisce giradischi) trasformando<br />
in professione la sua<br />
passione e creando la Audio<br />
Consulting con cui ha realizzato<br />
una serie di progetti eterogenei<br />
ma fedeli a una precisa filosofia<br />
(ampiamente illustrata sul<br />
sito della società): si tratta di<br />
UNITÀ PHONO<br />
Audio Consulting Silver Rock<br />
SUL CAMPO<br />
Prezzo: € 32.500,00<br />
Dimensioni: 42 x 28 x 25 cm (lxaxp)<br />
Peso: 20 Kg<br />
Distributore: Musica & Video - www.musicandvideo.it<br />
Tipo: MC Tecnologia: a stato solido Note: Trasformatori<br />
di ingresso Toroidal Silver Rock MC con cavo Cryo Silver,<br />
RIAA con resistenze e induttanze toroidali Silver Wire,<br />
trasformatori di uscita Toroidal Silver Rock tutti costruiti a mano.<br />
Guadagno: 70 dB, alimentazione a batteria interna.<br />
46 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
TEST<br />
produzioni in serie limitata,<br />
personalizzabili, caratterizzate<br />
dalla particolare cura sia<br />
nella progettazione che nella<br />
realizzazione artigianale, scelte<br />
attuate con lo scopo di raggiungere<br />
un suono “live” in grado<br />
di emozionare l’ascoltatore.<br />
Il legno è il materiale preferito<br />
da Schmidlin che assicura al<br />
suo potenziale utente prodotti<br />
esclusivi anche in termini di<br />
costi spesso fuori di testa ma<br />
che offrono prestazioni soniche<br />
davvero impressionanti così<br />
come, nel caso di chi scrive,<br />
è stato possibile verificare in<br />
occasione del Monaco Hi-End<br />
2015 quando si rivelò (perlomeno<br />
a noi); lo giudicammo<br />
il miglior impianto della fiera<br />
(vedi <strong>SUONO</strong> 498)!<br />
Sull’onda emotiva di quell’ascolto<br />
non mi è sfuggita tra le<br />
tante notizie di questo genere<br />
quella che annunciava la distribuzione<br />
in Italia dello stadio<br />
fono di Audio Consulting (un<br />
progetto che “regge” dal 2003)<br />
da parte di Musica & Video di<br />
Maurizio Vecchi, persona che<br />
stimo assai nel disarmante<br />
panorama offerto dall’Hi-Fi.<br />
In realtà per Audio Consulting<br />
si dovrebbe parlare di un<br />
ritorno, vista una precedente<br />
sfortunata esperienza distributiva<br />
nel 2007. E la curiosità<br />
è stata lo stimolo per recarmi,<br />
armi e bagagli, nel ravennate,<br />
dove Vecchi ha la sua sede/<br />
negozio, interpretazione di del<br />
binomio negozio-distributore<br />
o distributore-negozio fattasi<br />
strada nel recente passato. Una<br />
caratteristica di questo nuovo<br />
elemento lungo la filiera distributiva<br />
è quella, in genere,<br />
di distinguersi per la capacità<br />
di pescare nel panorama mondiale<br />
le eccellenze tra i marchi<br />
per così dire minori o dove la<br />
normale filiera distributiva<br />
risulterebbe troppo onerosa;<br />
un compito assai in linea con<br />
quell’attività di scouting di cui<br />
<strong>SUONO</strong> è fautore: proprio Vecchi,<br />
infatti, sarà nel breve futuro<br />
oggetto di un ritratto dedicato<br />
sulle pagine della rivista.<br />
Nella sede di Musica&Video ci<br />
sono un paio di classiche sale<br />
con esposizione statica e funzionante<br />
dei prodotti Hi-Fi e<br />
una sala d’ascolto che, invece,<br />
di classico non ha pressoché<br />
nulla: è di grandi dimensioni<br />
e, cosa che non guasta, ospita<br />
la collezione di registratori a<br />
bobine e i titoli su nastro di cui<br />
Vecchi è un fautore: si possono<br />
ascoltare o, come nel caso in<br />
oggetto, utilizzare come brani<br />
di riferimento. Due buone ragioni<br />
per ipotizzare che quanto<br />
verrà scritto da qui in avanti<br />
abbia un carattere abbastanza<br />
oggettivo: il fatto che in quella<br />
sala il livello qualitativo sia<br />
talmente discriminante da<br />
consentire l’identificazione di<br />
qualsiasi cosa non sia di pari<br />
livello e la possibilità, per qualsiasi<br />
appassionato, di concordare<br />
un test d’ascolto<br />
che Vecchi organizzerà<br />
volentieri.<br />
In altre<br />
parole: potete<br />
toccare con mano<br />
quando volete quel<br />
che proverò a descrivere<br />
e condividerlo o<br />
meno!<br />
Cominciamo dall’estetica<br />
dell’Audio Consulting<br />
Silver Rock che è tanto originale<br />
quanto discutibile e<br />
non può che essere<br />
catalogata con il<br />
classico “de gustibus”.<br />
In funzione<br />
delle richieste<br />
del cliente i frontali<br />
possono essere comunque<br />
personalizzati e presentano<br />
in genere una lastra di metallo<br />
su cui trovano posto i<br />
comandi, mentre un ulteriore<br />
inserto sul pannello superiore<br />
porta il logo del produttore.<br />
Che si tratti di un apparecchio<br />
estremo (un unico ingresso e<br />
un’unica uscita, nessun tipo di<br />
regolazione) appare chiaro fin<br />
dall’esame del frontale, dove<br />
svetta un unico pomello di<br />
grandi dimensioni (sviluppato<br />
soprattutto in lunghezza) e<br />
realizzato in legno di Cocoba:<br />
accende e spegne il dispositivo<br />
mentre un doppio diodo a<br />
emissione di luce visualizza lo<br />
stato di carica per ogni singolo<br />
canale. Niente Mute o altri comandi:<br />
guadagno e carico sono<br />
impostati automaticamente e<br />
anche la RIAA non è regolabile.<br />
Il mobile è realizzato in MDF,<br />
con la superficie colorata in<br />
un marrone molto scuro, frutto<br />
di un trattamento ad hoc:<br />
Schmidlin evita per scelta la<br />
lacca a favore di oli da passare<br />
a mano (sette strati, dicono);<br />
all’interno tutto lo chassis è<br />
rivestito in rame (compreso<br />
il coperchio) con una lamina<br />
sottile in modo che, alla fine,<br />
la struttura appaia ancora<br />
abbastanza leggera. Uno dei<br />
“credo” di Schmidlin, infatti,<br />
è la riduzione (perseguita a un<br />
livello quasi parossistico) dei<br />
disturbi generati dall’alimentazione<br />
(CA, EMI/RFI) ma anche<br />
A livello circuitale agli step-up segue un dispositivo attivo con crossover RIAA induttivo<br />
e il trasformatore di uscita. Nella metà di destra vengono ospitate due batterie da<br />
12V che possono alimentare il sistema per oltre una settimana visto che l’apparecchio<br />
è stato studiato in fase di progetto per consumare il meno possibile (in genere per<br />
arrivare con precisione alle tensioni richieste, Schmidlin realizza in proprio banchi<br />
di batterie al litio). Sulla sinistra i due trasformatori MC in argento: sono anch’essi<br />
personalizzati e avvolti a mano. L’elettronica, per quel che si vede, è limitata a una<br />
motherboard con quattro amplificatori operazionali e alcuni componenti con cablaggio<br />
in aria.<br />
<strong>SUONO</strong> settembre 2019 47
SELECTOR<br />
IL SISTEMA UTILIZZATO<br />
Registratore a bobine Studer A<br />
812, Giradischi TW Acoustic Raven<br />
AC, Braccio Graham 2.2 Supreme 9<br />
pollici, Testina Lyra Etna, Pre Fono<br />
Audio Consulting Silver Rock Preamplificatore<br />
Spectral 30 SW Finale di<br />
potenza Alieno 250 LTD Diffusori<br />
Avalon Acoustic Saga Cavi Lyra Phono<br />
Pipe 5 pol per collegamento della<br />
testina - De Antoni Dotto per segnale<br />
e potenza Studer A 812.<br />
Sul retro una coppia RCA per ingresso e una per l’uscita, oltre a due prese per gli alimentatori che non sono studiati per alimentare<br />
il dispositivo, ma caricare solo le batterie integrate.<br />
quelli relativi al comportamento<br />
ferromagnetico e paramagnetico<br />
dei materiali.<br />
Disponendo di un guadagno<br />
di medio livello, l’apparecchio<br />
può essere interfacciato con<br />
una vasta pletora di testine<br />
MC anche se, per esperienza,<br />
di Vecchi il miglior matching è<br />
quello con la Lyra Etna ed è in<br />
questa configurazione che ho<br />
ascoltato l’apparecchio (vedi<br />
il box sulla catena d’ascolto<br />
utilizzata). Nelle intenzioni di<br />
Schmidlin questa potrebbe e<br />
dovrebbe essere l’unica deroga<br />
al concetto di integrazione<br />
verticale di un sistema, concetto<br />
che porta avanti avendo<br />
sviluppato sia un giradischi<br />
che un amplificatore e dei diffusori;<br />
credo, comunque, che<br />
non avrebbe da obiettare sulla<br />
catena Hi-Fi scelta e ascoltata<br />
in alternativa!<br />
Utilizzando come riferimento<br />
mnemonico i precedenti<br />
ascolti effettuati nella sala di<br />
Musica&Video (nella opinabile<br />
opera di stabilire con un minimo<br />
di dettaglio lo specifico<br />
contributo dell’Audio Consulting<br />
Silver Rock al risultato<br />
complessivo) mi ha colpito in<br />
maniera molto chiara la sua capacità<br />
nel riproporre un suono<br />
dalle caratteristiche spiccatamente<br />
live, dove il livello di trasparenza<br />
e la capacità dinamica<br />
sono evidenti, pur tenendo<br />
conto del fatto che la maggior<br />
parte del software utilizzato (le<br />
take su nastro a bobina di vari<br />
artisti) hanno dell’immediatezza<br />
una delle caratteristiche<br />
pregnanti. Questa sensazione<br />
di veridicità è contestualizzata<br />
in un quadro sonico generale<br />
che non rinuncia per questo<br />
a una raffinatezza inusuale e<br />
a quelle armonie che addolciscono<br />
il suono di norma (anche<br />
se in minima parte) a discapito<br />
del suo realismo. Ecco: qui<br />
questo scotto non si avverte, la<br />
coperta non appare mai corta e<br />
via via prende corpo un ascolto<br />
godibilissimo, davvero di assoluto<br />
livello, che si vorrebbe<br />
continuasse all’infinito!<br />
Al tempo stesso è chiaro che<br />
un prodotto come l’Audio Consulting<br />
Silver Rock non solo<br />
non è per tutti (e il prezzo,<br />
elevato, è solo una delle ragioni)<br />
ma risulta decisamente<br />
“per pochi iniziati” ai quali, in<br />
certa misura, viene suggerito<br />
di aderire alla filosofia di Schmidlin<br />
e cominciare un percorso<br />
oneroso (sia dal punto<br />
di vista economico che nelle<br />
aspettative e nelle abitudini<br />
assimilate nella qualità d’ascolto,<br />
dove è poi difficile fare<br />
marcia indietro). Attualmente<br />
ho sviluppato qualche anticorpo<br />
in merito ma la malattia è lì<br />
alla finestra in attesa del momento<br />
giusto…<br />
48 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
SELECTOR<br />
a cura della redazione<br />
CONVERTITORE<br />
Vincent DAC-7<br />
Sembra ad un punto di<br />
svolta la storia del marchio<br />
Vincent soprattutto se<br />
il potenziale utente saprà<br />
avvicinarsi al prodotto e<br />
al marchio con occhi scevri<br />
dai pregiudizi e dall’immagine,<br />
frutto dell’impostazione<br />
originaria delle<br />
politiche di marketing che<br />
oggi non è più quella di un<br />
tempo...<br />
Che esista un peccato<br />
originale, nel caso di<br />
Vincent, è cosa nota,<br />
ma la storia dell’azienda formalmente<br />
si potrebbe anche<br />
rileggere cosi: Vincent, marchio<br />
del gruppo internazionale<br />
Sintron (specializzato nella<br />
progettazione, produzione e<br />
commercializzazione di prodotti<br />
elettronici di varia natura,<br />
dalla video sorveglianza<br />
alle autoradio ai miscelatori)<br />
è stata la prima o tra le prime<br />
(1995) aziende a intuire le potenzialità<br />
della formula “progettazione<br />
occidentale e produzione<br />
orientale” alla quale<br />
andrebbe aggiunta la fondamentale<br />
postilla “sotto controllo”<br />
riferita alla scelta e alla<br />
verifica qualitativa di quanto<br />
offerto sotto un marchio la cui<br />
scelta del nome rimane un mistero,<br />
se non un’assonanza con<br />
il latino e<br />
la fiera convinzione (vincere,<br />
vicisse, victurum esse) di<br />
poter conquistare<br />
un mercato,<br />
quello<br />
d e l<br />
v a -<br />
lue for<br />
money,<br />
dove<br />
gli inglesi, chi più chi<br />
meno, hanno fatto nel tempo<br />
harakiri. In questa luce Vincent<br />
è tra le prime testimonianze<br />
della new economy Hi-Fi,<br />
apripista di un trend che ancora<br />
oggi è in piena evoluzione.<br />
Così l’azienda, pur non avendo<br />
azzeccato al primo colpo la linea<br />
di prodotti (ma d’altronde<br />
solo chi non fa non sbaglia)<br />
caratterizzati in origine da un<br />
design che, per essere gentili,<br />
prendeva a spunto dai classici<br />
allora sul mercato, ha nel<br />
tempo ribaltato l’approccio: da<br />
cloni a clonati,<br />
visto che<br />
oggi sul mercato<br />
esistono, corum<br />
popoli, dei Vincent con<br />
qualcosa in meno (Cattylink<br />
e Shengya) e non il contrario!<br />
Elemento comune di molte se<br />
non tutte le realizzazioni, la<br />
scelta della soluzione ibrida<br />
che nel tempo è diventata il<br />
marchio di fabbrica di Vincent<br />
che si affida a una autorità<br />
in materia, il tedesco Frank<br />
Blöhbaum, già agli onori delle<br />
cronache specialistiche per lo<br />
sviluppo di un brevetto di amplificatore<br />
flottante bilanciato<br />
per Thorens (il preamplificatore<br />
TEP 3800 e il finaleTEM<br />
3200).<br />
Punto di svolta di una gamma<br />
che almeno in parte ancora si<br />
porta dietro la confusione stilistica<br />
degli inizi e, in generale,<br />
si impronta a un<br />
sano conservatorismo<br />
dove prevale<br />
la robustezza<br />
alla novità,<br />
il DAC-7<br />
più che un<br />
“personaggio<br />
in cerca d’autore”<br />
appare<br />
una delle prime<br />
Prezzo: € 1.780,00<br />
Dimensioni: 43 x 9,5 x 36 cm (lxaxp)<br />
Peso: 6,5 kg<br />
Distributore: Audio Living Design<br />
Via Pantanelli, 119 - 61025 Montelabbate (PU)<br />
Tel.0721.472.899 - Fax<br />
www.audiolivingdesign.it<br />
CONVERTITORE VINCENT DAC-7<br />
Sistema di conversione: AKM AK4490 Risp. in freq. (Hz): 20 -<br />
50.000 +/-2 dB THD (%): < 0.0004 Ingressi digitali: USB Hi-res,<br />
IIs, 2 coassiale, 2 ottica, 1 AES/EBU Uscite analogiche: 1 RCA,<br />
1 XLR, 1 cuffia S/N (dB): > 95 Note: USB a 32 / 384 e DSD 256.<br />
Uscita selezionabile a valvole con 1 x 6Z4, 2 x 12AU7<br />
50 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
TEST<br />
sorgenti con una identità ben<br />
definita in un catalogo che spazia<br />
fra molte di natura digitale,<br />
prevalentemente lettori CD,<br />
caratterizzate da meccaniche<br />
e impostazione ancora molto<br />
tradizionali ma con l’aggiornamento<br />
della sezione digitale<br />
attraverso la quale il lettore<br />
si è via via trasformato in hub<br />
digitale grazie all’inserimento<br />
anche di una connessione USB<br />
ad alta risoluzione.<br />
Il DAC-7 ha molto in comune<br />
dal punto di vista dell’amplificazione<br />
e delle soluzioni<br />
analogiche con il lettore CD<br />
CD-S7 anche se la sezione di<br />
conversione è fra le più aggiornate<br />
del catalogo e abbandona<br />
Burr Brown per AKM, anche<br />
in considerazione del fatto che<br />
il DAC, non più legato a filo<br />
stretto con il lettore CD, deve<br />
supportare formati al di sopra<br />
dei 44.100 kHz / 16 bit e anche<br />
DSD. In effetti, finora nessun<br />
prodotto della casa supportava<br />
il DSD e formati PCM al disopra<br />
dei 192 kHz, un po’ come<br />
se il tempo si fosse fermato al<br />
disco ottico solo CD al massimo<br />
HDCD su cui Vincent ha<br />
investito sfoggiando il supporto<br />
a tale variante del Red Book.<br />
In altri termini il DAC-7, nella<br />
sua totale abnegazione a una<br />
filosofia aziendale schierata<br />
nella tradizione e nelle soluzioni<br />
a tubi, fa comunque un<br />
passo avanti e abbraccia i formati<br />
ad alta risoluzione! L’impostazione<br />
tradizionalista del<br />
DAC-7 si apprezza anche per la<br />
realizzazione di altri tempi in<br />
cui i circuiti utilizzano componenti<br />
tradizionali, non SMD,<br />
ma con i reofori saldati direttamente<br />
sul PCB con piste di<br />
grandi dimensione e fori metallizzati.<br />
Il circuito dedicato al<br />
digitale, invece, utilizza componenti<br />
SMD e layout specializzato<br />
in quanto presenti oltre<br />
al chip DAC anche i circuiti di<br />
controllo e di elaborazione del<br />
segnale. A notare l’adozione<br />
di clock di precisione differenziati<br />
per i segnali con base<br />
44.1 kHz e 48 kHz e linee di<br />
alimentazione dedicate e stabilizzate<br />
per ognuno dei blocchi<br />
funzionali; insomma, una<br />
realizzazione che appartiene a<br />
ben pochi prodotti “moderni” e<br />
soprattutto appartenenti a una<br />
fascia ben al di sopra di quelle<br />
di appartenenza. Si aggiunga<br />
una versatilità fuori dal comune<br />
per un DAC e, come accennato,<br />
molto simile al concetto<br />
di hub digitale (senza regolazione<br />
del volume, però!).<br />
A dispetto della natura digitale<br />
dell’apparecchio, l’utilizzo e le<br />
impostazioni sono analogici e<br />
molto “manuali” in quanto il<br />
telecomando assolve esclusivamente<br />
alla funzione di selettore<br />
degli ingressi. Questo<br />
accade invero in modo molto<br />
comodo, potendo scegliere<br />
le sorgenti direttamente che,<br />
nel caso di sei scelte, diventa<br />
un’ottima opportunità, come<br />
per la selezione del mute,<br />
La valvola 6Z4 utilizzata nella liena di<br />
alimentazione dello stadio a valvole<br />
è collocata sul pannello anteriore<br />
visibile attraverso un oblò. Nella<br />
parte posteriore è stato inserito<br />
uno schermo in metallo lucido<br />
che ha anche la funzione di<br />
riflettere la debole luce emessa<br />
dal filamento di riscaldamento.<br />
Per accentuare il debole effetto<br />
luminoso, sono stati inseriti sei LED<br />
che emettono lo stesso colore del<br />
filamento incandescente. È possibile<br />
sceglie fra tre intensità luminose: quella<br />
più debole simula perfettamente l’effetto.<br />
funzione anch’essa spesso<br />
sottovalutata. Dal pannello<br />
frontale, invece, il tasto<br />
di accensione è meccanico e<br />
interrompe l’alimentazione<br />
dell’apparecchio e non è prevista<br />
una funzione di stand-by.<br />
Anche il tasto per la scelta della<br />
modalità di amplificazione<br />
a stato solido o a tubi è di tipo<br />
meccanico con commutatore<br />
interno. La selezione degli<br />
ingressi, invece, ha un unico<br />
tasto e dal pannello frontale<br />
avviene in modo sequenziale,<br />
il che potrebbe essere fastidioso<br />
soprattutto quando si<br />
vuole passare da una sorgente<br />
a un’altra disposte lontane fra<br />
loro. Infine, l’ultimo comando<br />
totalmente meccanico e analogico<br />
è quello relativo alla<br />
regolazione del volume della<br />
cuffia tramite un potenziometro<br />
a fianco del connettore jack<br />
da 6.3 mm. In effetti tramite il<br />
telecomando si accede a quelle<br />
che sono le funzioni primarie<br />
dell’apparecchio e quelle<br />
più utili quando si ascolta la<br />
sorgente dal punto di ascolto<br />
senza distrazioni e senza un<br />
approccio compulsivo. Forse<br />
sarebbe stata utile la regolazione<br />
del livello della cuffia<br />
anche se, nella maggioranza<br />
delle installazioni, il DAC risulterebbe<br />
troppo lontano dal<br />
punto di ascolto tanto che per<br />
quel tipo di utilizzo si opta per<br />
disposizioni ad hoc che alla<br />
fine non rendono necessario<br />
l’utilizzo di un telecomando in<br />
quanto l’apparecchio si trova a<br />
“tiro di braccio”.<br />
La possibilità di passare dalla<br />
modalità a stato solido a<br />
quella a tubi tramite telecomando<br />
avrebbe potuto essere<br />
un’opportunità: è piacevole<br />
poter scegliere tra le due ma<br />
La dotazione di ingressi rende<br />
l’apparecchio un Hub digitale a tutti gli<br />
effetti, soddisfacendo la maggior parte dei<br />
bisogni dell’utente: doppio collegamento<br />
coassiale, doppio collegamento ottico<br />
un ingresso AES/EBU tutti in grado di<br />
supportare PCM a 192/24 e la connessione<br />
USB che si spinge a 384/32 2 DSD 256.<br />
Le uscite analogiche sono disponibili sia<br />
nel formato single ended che bilanciato.<br />
È presente un selettore a quattro stadi<br />
per la regolazione dell’illuminazione della<br />
valvola frontale.<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 51
SELECTOR<br />
Il segnale<br />
viene<br />
prelevato<br />
all’uscita<br />
del selettore<br />
stato solido/Tubi e inviato al buffer di<br />
amplificazione per la cuffia, realizzato<br />
su un PCB a ridosso del connettore jack<br />
da 6,3mm.<br />
A capo della<br />
elaborazione del<br />
segnale c’è un<br />
FPGA Altera<br />
Cyclone IV<br />
Il DAC è un Asahi Kasei<br />
AKM AK4490EQ che accetta<br />
segnali in ingresso PCM fino<br />
a 768kHz e DSD 11,2MHz.<br />
Lo stadio a valvole impiega due<br />
tubi ECC82 a doppio triodo, uno<br />
per ogni canale e una valvola<br />
6Z4 come rettificatrice nella<br />
linea di alimentazione.<br />
Il ricevitore<br />
USB è un XMOS<br />
U30870C10 che<br />
comunica direttamente<br />
con il DSP, mentre i segnali spdif<br />
passano per il ricevitore AK4118AEQ.<br />
Il filtro in uscita al DAC<br />
adotta amplificatori<br />
operazionali Burr<br />
Brown OPA2604<br />
che successivamente<br />
giunge ai due stadi di<br />
uscita, uno a valvole e<br />
l’altro a stato solido.<br />
la funzione sul telecomando<br />
potrebbe essere una tentazione<br />
molto forte, tale da scadere<br />
nel compulsivo e quindi<br />
sposiamo in pieno la scelta<br />
fatta, qualunque sia stata la<br />
motivazione di Vincent nel<br />
non fornire in remoto questa<br />
opzione. Dal pannello posteriore<br />
è possibile selezionare il<br />
livello di retro-illuminazione<br />
della valvola anteriore fra tre<br />
livelli e la posizione off. L’effetto<br />
di “realtà aumentata”<br />
della luce della valvola, sebbene<br />
artificioso, è abbastanza<br />
plausibile e, rispetto all’oblò<br />
totalmente spento, la prima<br />
posizione è d’effetto e richiama<br />
molto da vicino il filo rovente<br />
che affiora dalla griglia della<br />
valvola. Anche in questo caso<br />
si tratta di una scelta da fare<br />
un volta in quanto il selettore<br />
è poco accessibile dietro<br />
all’apparecchio.<br />
L’elemento che spicca maggiormente<br />
all’ascolto è la<br />
grande spazialità presente<br />
anche se a discapito, in certi<br />
casi, di un’accurata scansione<br />
dei piani sonori in termini<br />
52 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
TEST VINCENT DASC-7<br />
al banco di misura<br />
PRO & CONTRO<br />
Apparecchio molto valido dal punto di vista<br />
costruttivo con soluzioni mirate, ben realizzate<br />
e dimensionate. Anche i componenti utilizzati<br />
sono di livello e di qualità, con riscontri in certa<br />
misura anche dal punto di vista strumentale. La<br />
versatilità è ottima se non addirittura esuberante:<br />
l’uscita tubi, quella a stato solido e l’uscita<br />
cuffia abbinati alla possibilità di accettare in<br />
ingresso DSD e PCM ad alta risoluzione fanno<br />
del Vincent una macchina strategica. In più c’è<br />
la dotazione degli ingressi digitali: due ottici e<br />
due coassiali soddisfano gran parte delle possibili<br />
necessità.<br />
La risposta in frequenza dello stadio di uscita a tubi e di quello<br />
a stato solido mostrano un andamento pressoché sovrapponibile<br />
ma con un livello di uscita con una differenza di circa<br />
1dB; una tendenza controcorrente in quanto molto spesso si<br />
verifica il contrario. Si nota un filtro in uscita con una elevata<br />
pendenza che taglia a circa 50 Khz la banda, comune a tutti<br />
i formati riprodotti, sia PCM che DSD. L’alimentazione è realizzata<br />
con gran cura come anche le filtrature sulla sezione<br />
analogica di uscita. Il tappeto di rumore è bassissimo e non<br />
di profondità. La prospettiva<br />
scenica tende a migliorare (e<br />
ad allinearsi alle performance<br />
top di categoria) con i formati<br />
ad alta definizione. Tutto sommato<br />
modeste, più di quanto<br />
ci si sarebbe potuto aspettare,<br />
le differenze utilizzando i due<br />
differenti stadi di uscita: si può<br />
cambiare dall’uno all’altro con<br />
grande rapidità ma le differenze<br />
sono limitate a una leggera<br />
si apprezzano componenti spurie in banda e fuori banda.<br />
La distorsione in uscita dello stadio a tubi, seppur presente,<br />
mostra un decadimento armonico molto rapido con la prevalenza<br />
della seconda armonica e delle componenti simmetriche<br />
nell’intermodulazione, mentre nello stadio di uscita a stato<br />
solido, i valori di distorsioni non raggiungono livelli significativi.<br />
Lo spettro risulta molto più pulito e privo di interferenze per<br />
segnali che provengono dal collegamento USB rispetto a<br />
quelli spdif, con un effetti comunque di lieve entità.<br />
prevalenza di una maggiore<br />
dolcezza con i tubi e una percepibile<br />
maggior velocità nel<br />
caso dello stato solido, mentre<br />
gli altri parametri indice della<br />
qualità sonora rimangono<br />
sostanzialmente identici. In<br />
questo secondo caso si assiste<br />
anche a una sorta di “compattamento”<br />
delle atmosfere<br />
che appaiono da un lato maggiormente<br />
a fuoco, dall’altro<br />
più coese ma anche in qualche<br />
misura maggiormente<br />
compresse.<br />
Più che un chiaro indice gerarchico<br />
nella qualità una delle<br />
due modalità è preferibile in<br />
base al gusto dell’ascoltatore.<br />
In assoluto la performance<br />
sonora è abbastanza neutra<br />
sulla tavolozza sonora e coerente<br />
lungo l’intera gamma<br />
delle frequenze dal punto di<br />
vista tonale.<br />
Nel complesso, se si osserva il<br />
panorama offerto dal mercato<br />
in questo segmento di prezzo<br />
si noterà la presenza di una<br />
pletora di concorrenti che non<br />
supera la ventina di esemplari<br />
e che scende molto di più se si<br />
eliminano i prodotti residuali<br />
o a bassa concretezza. Tra quel<br />
che resta il Vincent DAC-7 si<br />
inserisce offrendo ingredienti<br />
non sempre condivisi dai concorrenti<br />
e che proiettano il<br />
prodotto in una classe di ben<br />
altro livello dove l’eventuale<br />
limite rispetto ad altolocate<br />
alternative sta proprio nella<br />
storia del marchio e nei suoi<br />
peccati originali. Basta, però,<br />
saper resistere alle bugiarde<br />
lusinghe del serpente...<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 53
SELECTOR<br />
a cura della redazione<br />
AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />
Carot One Ernestolone Phono<br />
Va riconosciuto al costruttore<br />
senso della trasgressione<br />
e buona dose<br />
di ironia tali da irrompere<br />
nel paludato mondo degli<br />
audiofili con prodotti che<br />
portano nomi come Augustolo,<br />
Diegolo, Ernestolo<br />
ed Ernestolone (con piccola<br />
digressione alcolica<br />
per Doppio Rum e Titta),<br />
con un marchio, Carot<br />
One, che si legge carot uan<br />
in inglese ma carotone in<br />
italiano e, per giunta, che<br />
si ammanta di una livrea<br />
color... carota, se pur nobilitata<br />
dalla definizione<br />
di “arancio metallescente”.<br />
Qualora non bastasse<br />
un tasso provocatorio<br />
(almeno nei confronti<br />
dell’audiofilo tradizionale), si<br />
aggiunga che l’intera linea Carot<br />
One si sviluppa alla luce di un<br />
criterio ispiratore votato alla miniaturizzazione<br />
(altra bestia nera<br />
per l’audiofilo) e, così, come non<br />
convenire con il costruttore che<br />
definisce il marchio “un innovativo<br />
brand molto particolare, più<br />
unico che raro”? Eppure,<br />
seriamente,<br />
va<br />
dato atto<br />
a Openitem<br />
di aver<br />
sdoganato<br />
trami-<br />
te<br />
la formula “pro- gettati<br />
in Italia prodotti in Oriente”<br />
una nuova alchimia che ha fatto<br />
proseliti e cloni. Cloni si, perché<br />
i prodotti Carot One non mancano<br />
di originalità, per quanto è<br />
concesso pescando tra le proposte<br />
di qualche grande fabbrica<br />
cinese. L’intraprendenza italica,<br />
ha fatto il resto visto che i prodotti<br />
evidenziano soluzioni ad hoc<br />
con una scelta delle funzionalità<br />
e dell’usabilità abbastanza unica,<br />
come se il prodotto sia tutto frutto<br />
del committente e non delle<br />
proposte in genere “pre assemblate”<br />
che i fornitori orientali<br />
hanno a disposizione in catalogo<br />
e tendono a propinare la cliente.<br />
Anche in conseguenza di questa<br />
politica oggi di Carot One si parla<br />
non solo nel ristretto agone italiano<br />
ma nel mondo e proprio il<br />
mercato internazionale sembra<br />
aver dato un credito oltre<br />
misura all’impresa:<br />
così la solidità, il fattore<br />
di concretezza, è<br />
proprio l’elemento che<br />
differenzia il marchio<br />
da altri simili, clonati<br />
o clonatori...<br />
In particolare l’avventura<br />
di Ernestolo ha<br />
inizio al TopAudio 2010<br />
con un prodotto già di color<br />
arancione caratterizzato<br />
in fatto di originalità dal doppio<br />
telaio (frontale e retro tengono<br />
assemblati i due mobili separati)<br />
che contengono uno il pre a<br />
valvole e l’altro il finale in classe<br />
D. Lo stadio di amplificazione al<br />
tempo era un derivato del Tripath<br />
(il T-Amp per chi lo avesse<br />
dimenticato!) con pregi e difetti e<br />
soprattutto una potenza di uscita<br />
relativamente modesta. Nel 2015<br />
una sorta di revisione dà vita a<br />
una versione “energizzata” e di<br />
maggiori dimensioni del concetto,<br />
Ernestolone. Gli integrati<br />
Carot One classe Ernestolone in<br />
realtà sono due e si differenziano<br />
esclusivamente per una sezione<br />
all’interno del pre, una dedicata<br />
all’universo dell’analogico con<br />
il Phono MM a bordo e l’altra a<br />
quello del digitale, che integra un<br />
DAC; in sostanza manca un integrato<br />
Ernestolone con ingressi<br />
solo linea. In entrambi sono<br />
presenti comunque due ingressi<br />
linea, uno sul pannello posteriore<br />
e l’altro su quello anteriore che<br />
si commuta automaticamente<br />
all’introduzione di un mini jack<br />
da 3,5 mm. Nella versione DAC<br />
l’ingresso linea posteriore impiega<br />
una coppia di connettori RCA<br />
mentre nella versione analogica<br />
la coppia RCA è dedicata al giradischi<br />
e quella linea è solo mini<br />
jack: sicuramente poco audiophile<br />
ma più che sufficiente per<br />
godersi la musica.<br />
Come accennato questo piccolo<br />
integrato è in realtà costituito da<br />
due unità distinte e indipendenti<br />
fra loro: solo di profilo si apprezzano<br />
i due involucri del pre e del<br />
finale stereo accoppiati fra loro<br />
Prezzo: € 499,00<br />
Dimensioni: 7,50 x 13 x 14 cm (lxaxp)<br />
Peso: 0,45 kg<br />
Distributore: Openitem<br />
Viale Maria Cristina di Savoia, 19 - 80122 Napoli (NA)<br />
Tel.081-667086 - Fax<br />
www.openitem.it<br />
AMPLIFICATORE INTEGRATO CAROT ONE ERNESTOLONE PHONO<br />
Tipo: stereo Tecnologia: ibrida Potenza: 2 x 12 W su 8 Ohm (25<br />
W su 4 Ohm) in classe D Texas TPA 3106 Accessori e funzionalità<br />
aggiuntive: Ingresso cuffia Phono: MM ( mV/ KOhm) Ingressi<br />
analogici: 1 RCA Uscite analogiche: 1 RCA Note: stadio pre<br />
con 1x 6922, alimentazione esterna a 12 VDC<br />
54 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
TEST<br />
Lo stadio di potenza<br />
utilizza due integrati<br />
Texas TPA3106, uno<br />
per ogni canale in<br />
configurazione dual<br />
mono, con una potenza<br />
di uscita proporzionale<br />
alla tensione di<br />
alimentazione che va da<br />
10 VDC a 26 VDC e capace<br />
di 40 Wrms su 8 Ohm con<br />
una alimentazione di 25<br />
VDC.<br />
Le alimentazioni sono<br />
filtrate e stabilizzate a<br />
seconda dei punti in<br />
cui vengono utilizzate,<br />
sia per lo stadio di<br />
amplificazione ma anche<br />
per l’alimentazione<br />
del filamento del<br />
triodo a riscaldamento<br />
diretto, tramite circuiti<br />
integrati stabilizzatori e<br />
condensatori di filtro.<br />
L’apparecchio è suddiviso in due<br />
unità distinte e abbinate insieme<br />
tramite il pannello frontale e<br />
quello posteriore. Fra i due è stato<br />
realizzato un elemento di unione in<br />
cui passano i cavi di alimentazione<br />
e segnale che può essere<br />
bypassato con le connessioni<br />
esterne in ingresso sia dello stadio<br />
di potenza che dell’uscita del pre.<br />
La sezione pre adotta una serie di timer<br />
di accensione ritardata anti bump e per la<br />
commutazione degli ingressi. Un Texas NE5532<br />
è dedicato all’amplificazione del segnale fono<br />
e dell’equalizzazione RIAA, mentre un altro, in<br />
abbinamento al doppio triodo 6922, fa parte del<br />
circuito di preamplificazione linea.<br />
con quasi un centimetro di aria<br />
che li separa, a rimarcare la totale<br />
separazione fra i due dispositivi.<br />
In altre parole un doppio<br />
telaio con un solo ingresso per<br />
l’alimentazione. In realtà anche<br />
il segnale passa all’interno ma<br />
solo per comodità, in quanto è<br />
presente sia l’uscita preamplificata<br />
che l’ingresso per il finale,<br />
solo con connettori jack da 3,5<br />
che, appena inseriti, scollegano<br />
la connessione fra i due e si possono<br />
utilizzare separatamente<br />
e addirittura anche con più di<br />
un finale collegato in cascata,<br />
tramite opportuni adattatori.<br />
Anche il prodotto a se stante,<br />
però, offre un’opportunità decisamente<br />
unica sia per dimensioni<br />
e compattezza che per il fattore di<br />
forma, uno dei più azzeccati fra i<br />
mini componenti in commercio.<br />
Il piccolo pomello del volume,<br />
peraltro, a dispetto delle dimensioni<br />
ridotte offre una buona<br />
presa e un’ottima sensazione,<br />
con un movimento frizionato e<br />
molto fluido. L’accensione e lo<br />
spegnimento avvengono con il<br />
potenziometro a fine corsa. La<br />
commutazione fra fono e ingresso<br />
linea con una levetta piccola<br />
ma robusta.<br />
Dopo un breve periodo di warm<br />
up in cui un timer interno si occupa<br />
del mute, dell’accensione e<br />
del collegamento sequenziale antibump<br />
di pre e finali, l’apparecchio<br />
va “alla grande” anche dal<br />
punto di vista sonoro: Ernestolo<br />
si rivela una gradita sorpresa<br />
manifestando un equilibrio sonoro<br />
invidiabile in questo segmento<br />
di mercato e, soprattutto,<br />
una godibilità davvero elevata.<br />
La porzione delle alte frequenze<br />
risulta particolarmente gradevole<br />
pur mantenendo un elevato<br />
dettaglio mentre all’altro estremo<br />
della gamma le frequenze vengono<br />
riproposte appena arrotondate<br />
ma piacevoli e senza alcun<br />
accenno di gommosità. Buona la<br />
capacità dinamica, magari non<br />
esplosiva ma in grado, insieme<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 55
SELECTOR<br />
al banco di misura<br />
PRO & CONTRO<br />
Molti gli aspetti intriganti di questo progetto<br />
che individuano le aspettative del cliente appassionato<br />
e soddisfano in larga parte molte<br />
necessità “funzionali”. Ad esempio, l’impostazione<br />
a doppio telaio è un argomento forte<br />
e anche potenzialmente utile se si volesse<br />
espandere il sistema. L’ingresso fono è molto<br />
buono e fa presa, oltre a essere realizzato con<br />
buona componentistica. I circuiti sono disegnati<br />
ad hoc. Un evidente effetto di diafonia fra gli<br />
ingressi è probabilmente dovuto al guadagno<br />
del pre fono e alcune scelte che avrebbero potuto<br />
ancor di più magnificare lo stadio finale<br />
penalizzano in parte il prodotto. Le lavorazioni<br />
meccaniche e “l’orange style” sono comunque<br />
molto valide. L’illuminazione della valvolina è<br />
leggermente grossolana ma fa il suo effetto!<br />
La risposta in frequenza dell’apparecchio è caratterizzata<br />
sia dall’impostazione dello stadio di preamplificazione<br />
che da quello finale con alcuni effetti tipici delle due<br />
tecnologie utilizzate: l’estremo superiore della risposta<br />
mostra un andamento che è soggetto all’impedenza di<br />
carico, con variazioni di un certa rilevanza all’interno della<br />
banda audio. Tuttavia, anche in considerazione delle<br />
dimensioni modeste dello stadio di potenza, le variazioni,<br />
seppur evidenti, sono abbastanza contenute in rapporto<br />
ad altri prodotti della stessa categoria e che utilizzano uno<br />
stadio di uscita con la stessa tecnologia. La distorsione<br />
di seconda armonica invece è la diretta conseguenza<br />
delle scelte effettuate sullo stadio di preamplificazione.<br />
alla riproposizione di un palcoscenico<br />
sonoro appena compresso<br />
ma credibile e con i vari<br />
piani ben definiti, di offrire una<br />
rappresentazione credibile dell’evento<br />
sonoro. In buona sostanza<br />
Al centro si trovano i morsetti di<br />
potenza che accettano cavi terminati<br />
a banana o forcella ma anche spellati<br />
di piccolo diametro. Nella parte<br />
superiore i due ingressi RCA per il<br />
fono e l’ingresso linea, tramite jack<br />
stereo da 3,5mm. Anche l’uscita pre<br />
è disponibile con jack da 3,5mm. In<br />
basso è presente il l’ingresso linea per<br />
il finale e l’alimentazione generale<br />
a 12VDC.<br />
Prevale la componente di seconda armonica con un livello<br />
crescente in funzione della potenza di uscita, un livello<br />
che tuttavia mostra un decadimento armonico con una<br />
rapida riduzione delle armoniche superiori che tende<br />
a non avere un impatto prevalente sulla riproduzione.<br />
Considerata la THD molto alta e crescente, abbinata ad<br />
una leggera flessione della tensione di uscita in funzione<br />
del livello di ingresso, la potenza di uscita non si può<br />
calcolare con i parametri tradizionale, tuttavia si apprezza<br />
un clipping molto morbido e graduale che adotta una<br />
sorta di compressione progressiva del segnale in uscita,<br />
con una potenza crescente anche se con tassi di THD<br />
importanti.<br />
proprio l’ascolto è uno dei punti<br />
forti del piccoletto a prescindere<br />
da cavi, orpelli e spesso troppi<br />
dettagli di contorno. La stessa<br />
originalità delle forme potrebbe<br />
trarre in inganno: circuiti e<br />
scelte non sono poi così distanti<br />
dall’abituale seminato! L’unica<br />
vera critica che si può muovere<br />
all’apparecchio è riferita al fatto<br />
che lo stadio di potenza può essere<br />
alimentato ben oltre i 12 volt<br />
utilizzati dal costruttore. Certo<br />
gli alimentatori a 12V sono più<br />
diffusi di quelli a 24V e oltre ma,<br />
con uno sforzo in più, si sarebbe<br />
potuta raddoppiare la potenza<br />
di uscita, probabilmente senza<br />
aggravio ulteriore del circuito e<br />
con un effetto dirompente. Una<br />
ipotesi non così distante dal reale<br />
visto che nella coppia di finali<br />
monofonici Doppio Rum 70<br />
della stessa casa viene utilizzato<br />
un chip simile a quello dell’Ernestolone,<br />
dove l’alimentazione<br />
può essere da 12V a 24V...<br />
Rimane il fatto che se si ha in<br />
cantiere l’ipotesi di mettere in<br />
piedi un giradischi, la scelta<br />
dell’Ernestolone Phono garantisce<br />
una resistenza nel tempo<br />
elevata (quella di un pre fono è<br />
assolutamente imparagonabile<br />
a quella di un DAC). La dignità<br />
dell’ingresso fono non ha nulla<br />
da invidiare a quelli presenti in<br />
integrati di classe. Una catena costituita<br />
con un giradischi economico<br />
ma di razza e una coppia di<br />
diffusori della stessa natura consente<br />
con poco più di 1.000 euro<br />
di mettere in piedi una magnifica<br />
soluzione Hi-Fi analogica entry<br />
level. Al di là delle compatibilità<br />
estetiche, l’abbinamento poi con<br />
DAC esterno (anche qui abbiamo<br />
scelto un partner economico ma<br />
di qualità e con una scelta filosofica<br />
“dirompente”come lo Schiit<br />
Modi Multibit) apre orizzonti<br />
veramente ampi di connettività<br />
e versatilità.<br />
56 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
SELECTOR<br />
a cura della redazione<br />
AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />
Elac DS-A101<br />
Per certi versi sul marchio<br />
Elac sembra appeso<br />
un perenne cartello con su<br />
scritto “lavori in corso”.<br />
Una proprietà orientale<br />
che rifulge gli onori della<br />
cronaca; un “mediatore”<br />
americano che detesta<br />
ancor più le luci della ribalta<br />
(ma ha il merito di<br />
aver trascinato nell’impresa<br />
Andrew Jones); un<br />
catalogo che è in perenne<br />
in divenire... Eppure, ciò<br />
malgrado o forse proprio<br />
per questo (taci e lavora!)<br />
il marchio di Kiel continua<br />
a sondare settori noti<br />
e quelli meno!<br />
A<br />
fronte di una significativa<br />
espansione del<br />
proprio catalogo di<br />
prodotti, Elac paga pegno con<br />
un affastellamento dell’offerta<br />
che spesso si sovrappone o nega<br />
oggi - è il caso del prodotto qui<br />
in prova - la direzione intrapresa<br />
ieri, che si associa a un atavico<br />
e “criminoso” utilizzo di sigle e<br />
nomi nel disegnare un universo<br />
ampio ma fin troppo variegato.<br />
Per far fronte all’accelerazione<br />
impressa negli ultimi anni, sostenuta<br />
anche con ampi investimenti,<br />
il marchio nella sua<br />
espansione si è affidato a consulenti,<br />
Andrew Jones certamente<br />
ma anche Peter<br />
Madnick (con<br />
la sua Audio Alchemy,<br />
oggi semplicemente Alchemy,<br />
rappresenta ancora una nebulosa<br />
nell’universo Elac) e fornitori<br />
terzi, in particolare per<br />
lo sviluppo del delicato settore<br />
dei new media, dove in molti<br />
hanno rischiato di bruciarsi<br />
le penne. Così anche Elac, che<br />
originalmente aveva annunciato<br />
uno streamer poi ritirato, ha<br />
ribadito il concetto con l’ampli<br />
integrato EA101-EQ (<strong>SUONO</strong><br />
513 - febbraio 2017) che non<br />
aveva collegamento di rete per<br />
lo streaming della musica per<br />
poi reintrodurlo nella serie<br />
Discovery (abbinati<br />
a diffusori<br />
amplificati<br />
con un<br />
sistema proprietario<br />
ma fornito da terza parte,<br />
specializzata nella progettazione<br />
e produzione di cosi del<br />
genere) e ribadire il concetto di<br />
streamer e media server con l’integrato<br />
DS-A101G qui in prova<br />
che adotta lo stesso modulo di<br />
comunicazione impiegato nella<br />
serie Discovery di cui fa parte<br />
nonostante la livrea e buona<br />
parte della circuitazione rimangano<br />
quelli dell’EA101-EQ (vedi<br />
sopra), che fa parte di una serie<br />
(EA Line) costituita da un solo<br />
elemento, questo, presumibilmente<br />
destinata all’oblio...<br />
Un attimo, tiriamo il fiato e ripartiamo.<br />
In Elac, a circa tre<br />
anni dalla sua introduzione,<br />
hanno ritenuto di dover/voler<br />
aggiornare un prodotto (EA101-<br />
EQ) che presumibilmente per il<br />
suo form factor e per il coacervo<br />
di funzioni offerte ha ottenuto<br />
un buon riscontro di mercato.<br />
La nuova versione (di versione<br />
parliamo perché parte dell’architettura<br />
rimane la stessa) utilizza<br />
lo stesso cabinet del precedente<br />
ma cambiano aspetti<br />
sostanziali, in linea con una<br />
tendenza che tra i new media<br />
destinati alla riproduzione della<br />
musica sta prendendo sempre<br />
più piede: viene implementata<br />
una sezione per lo streaming,<br />
scompare la USB e, un po’ a<br />
Prezzo: € 890,00<br />
Dimensioni: 21,26 x 5,38 x 29,51 cm (lxaxp)<br />
Peso: 2,18 kg<br />
Distributore: LP Audio<br />
www.lpaudio.it<br />
AMPLIFICATORE INTEGRATO ELAC DS-A101<br />
Tipo: stereo Tecnologia: a stato solido Potenza: 2 x 40 W su 8<br />
Ohm (80 W su 8 Ohm) in classe D Bash Accessori e funzionalità<br />
aggiuntive: Controlli di tono Risp. in freq. (Hz): 20 - 40.000 +/-<br />
1.8dB S/N (dB): 101 Ingressi analogici: 2 RCA Ingressi digitali:<br />
Ottico / RCA / Ethernet Note: Controllabile da app, Bluetooth<br />
e Wi-Fi, compatibile Roon, DNLA, AirPlay, Spotify. 1 uscita pre e 1<br />
subwoofer. Dolby Digital a bordo<br />
58 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
TEST<br />
ROON AL PRIMO COLPO<br />
La sezione di gestione e controllo<br />
dell’apparecchio consente di sfruttare<br />
le potenzialità del DSP a bordo (un<br />
Cirrus Logic CS47048C-CQZ più potente<br />
di quello utilizzato nel modello<br />
precedente EA101-EQ) e sopratutto<br />
di sfruttare l’apparecchio in rete con<br />
il supporto al DLNA. Inoltre, anche<br />
grazie al modulo di comunicazione<br />
prodotto dalla Variscite, è presente il<br />
supporto a Roon con una integrazione<br />
molto ben fatta e che consente<br />
la trasmissione in rete di formati ad<br />
alta risoluzione PCM fino a 192kHz<br />
anche se l’apparecchio, internamente,<br />
effettua un downsalmpling<br />
a 48kHz dei segnali digitali e una<br />
digitalizzazione di quelli analogici<br />
alla stessa frequenza di campionamento.<br />
La piattaforma Roon individua<br />
direttamente l’apparecchio e<br />
la configurazione avviene in modo<br />
quasi immediato anche con l’icona<br />
di identificazione del prodotto molto<br />
chiara e intuitiva. Tramite l’app<br />
fornita da ELAC invece è possibile<br />
effettuare i settaggi dell’apparecchio<br />
e utilizzarla come un telecomando<br />
sia per la scelta degli ingressi che per<br />
la configurazione iniziale.<br />
È presente il sistema di calibrazione<br />
automatico, ma in modalità ridotta<br />
rispetto al modello precedente,<br />
attivabile solo in presenza di un<br />
subwoofer collegato. Per l’utilizzo<br />
come DLNA renderer è necessario<br />
utilizzare app di terze parti quale<br />
player oppure trasmettere il segnale<br />
in Bluetooth direttamente dallo<br />
smartphone.<br />
sorpresa, l’uscita cuffia! La cuffia<br />
sta vivendo un momento di<br />
incredibile sviluppo e diffusione<br />
un po’ in tutti gli ambiti e forse<br />
un apparecchio dedicato o una<br />
soluzione ad hoc molto performante<br />
prevale su quelle che invece<br />
potrebbero essere proposte<br />
di genere. Chissà!<br />
Permane, invece, quella sensazione<br />
di apparente anonimato<br />
determinata dal layout del<br />
frontale basato su un piccolo ma<br />
molto valido display, due tasti a<br />
sfioramento, uno per l’accensione<br />
e l’altro per la selezione degli<br />
ingressi e da una manopola,<br />
sulla sinistra, che assolve esclusivamente<br />
alla funzione della regolazione<br />
del volume che viene<br />
visualizzata nel display in modo<br />
molto chiaro e visibile anche da<br />
lontano (o dai “vecchietti”, categoria<br />
a cui appartiene gran parte<br />
degli audiofili).<br />
Se con i prodotti della serie Discovery<br />
abbiamo potuto apprezzare<br />
le potenzialità di un sistema<br />
intrinsecamente connesso alla<br />
rete, per giunta beneficiando anche<br />
delle potenzialità di un sistema<br />
di altoparlanti amplificato, è<br />
un vero piacere poter disporre<br />
di un prodotto collegato in rete,<br />
addirittura con Roon e immediatamente<br />
pronto all’uso. In<br />
effetti, il sistema di gestione<br />
tramite app attraverso il collegamento<br />
Bluetooth BLE è ancora<br />
disponibile ma è sempre più<br />
frequente raggiungere in rete i<br />
prodotti che lo sono in quanto<br />
oggi smartphone e rete domestica<br />
viaggiano sempre più a<br />
braccetto ed è sempre più raro<br />
incontrare casi in cui non sia<br />
presente una rete locale. Ovvio<br />
che il tipo di collegamento<br />
BLE è molto utile e per certi<br />
versi un valore aggiunto da non<br />
sottovalutare ma nella nuova<br />
versione dell’ELAC DS A101G<br />
avviene un balzo in avanti per<br />
quanto riguarda l’usabilità e la<br />
piacevolezza.<br />
L’usabilità del DS A101 rimane<br />
comunque a livelli altissimi e di<br />
grande impatto, soprattutto ora<br />
che il sistema, sotto l’egida di<br />
Roon, aggiunge una semplicità<br />
di utilizzo unica nel suo genere.<br />
L’interfaccia di comunicazione,<br />
sostanzialmente inalterata rispetto<br />
alla precedente versione,<br />
risulta particolarmente amichevole:<br />
mentre tramite il pannello<br />
frontale la selezione degli<br />
ingressi avviene solo in modo<br />
Due ingressi analogici e due ingressi<br />
digitali, uno ottico e l’altro coassiale. È<br />
presente l’uscita pre linea e quello per<br />
la connessione di un subwoofer esterno<br />
con cui si può applicare il metodo di<br />
equalizzazione e di integrazione con i<br />
satelliti. L’ingresso USB cede il posto a<br />
quello di rete, sia wireless che con RJ-<br />
45. I morsetti di potenza accettano cavi<br />
terminata a banana o forcella e spellati<br />
di piccole dimensioni.<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 59
SELECTOR<br />
Le sezioni attive di amplificazione e controllo sono<br />
realizzate dalla Canadese Sonavox che detiene il<br />
brevetto della tecnologia BASH per l’amplificazione.<br />
L’unità di comunicazione di rete e Bluetooth<br />
4.1/BLE, la stessa introdotta nella serie<br />
Discovery: è un modulo con processore Cortex<br />
A9 da 900Mhz realizzato da Variscite, partner<br />
di NXP Semiconductors, specializzata nella<br />
progettazione di SOM (System on Module).<br />
sequenziale (visto che è disponibile<br />
un solo pulsante!) tramite<br />
telecomando è possibile passare<br />
da un ingresso all’altro anche se<br />
non sono contigui, ognuno da un<br />
suo tasto, e l’operazione avviene<br />
con immediatezza mentre sul<br />
pannello si riscontra una certa<br />
latenza dell’intervento (anche<br />
nella regolazione del livello del<br />
volume). La comunicazione avviene<br />
in maniera bidirezionale:<br />
quando si regola il volume dalla<br />
manopola sul frontale si sposta<br />
all’unisono anche il cursore di<br />
regolazione dell’app e viceversa!<br />
Il nuovo integrato adotta lo stesso<br />
modulo di comunicazione<br />
impiegato nella serie Discovery,<br />
abbandonando alcune funzionalità<br />
come l’equalizzazione<br />
ambientale: non si sa se sarà<br />
mai implementata in futuro o<br />
rimarrà un add-on come adesso<br />
da usare in abbinamento ad alcuni<br />
subwoofer di una non ben<br />
specificata serie! Da sottolineare<br />
che il manuale di istruzioni non<br />
fa riferimento a tale “necessità”<br />
e la brochure recita nelle caratteristiche<br />
dichiarate: Room<br />
correction… ABC (Auto Blend<br />
& Calibrate).<br />
Dal punto di vista sonoro le performance<br />
risultano sostanzialmente<br />
inalterate e, in termini<br />
generali, l’apparecchio propone<br />
una rappresentazione sonora<br />
in certa misura esuberante in<br />
gamma medio-bassa anche se<br />
questa caratteristica non sembra<br />
condizionare l’ascolto che,<br />
in termini di ricostruzione della<br />
scena sonora e di correttezza tonale<br />
lungo l’arco delle frequenze,<br />
non presenta particolari con<br />
una particolare vocazione alla<br />
riproduzione delle voci.<br />
60 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
TEST ELAC DS-A101<br />
al banco di misura<br />
PRO & CONTRO<br />
L’architettura, sebbene oggi disponga del supporto<br />
allo streamer di rete e Roon end point,<br />
di fatto non è particolarmente evoluta rispetto<br />
al modello precedente e per certi versi si è<br />
perso qualcosina. Gli aspetti “compromettenti”<br />
riguardo ad accettazione e downsampling<br />
del segnale sono rimasti mentre controverso<br />
appare l’abbandono dell’uscita cuffia: nel modello<br />
passato sembrava un inutile oggetto in<br />
aggravio all’economica del prodotto ma oggi,<br />
che il settore appare in rilancio? L’esame dell’eventuale<br />
concorrenza è controverso: parliamo di<br />
Sonos che è un fuoriclasse ma, appunto, parliamo<br />
“solo” di Sonos!.<br />
La risposta in frequenza mostra una leggera attenuazione<br />
agli estremi banda, in particolar modo quello superiore icon<br />
il ricampionamento del segnale a 48kHz sia dei formati<br />
digitale che di quelli analogici in ingresso: la risposta si<br />
ferma poco prima dei 24kHz. La filtratura delle immagini<br />
fuori banda è ad alta pendenza tuttavia ma si apprezzano<br />
prodotti importanti di intermodulazione, dovuti alle caratteristiche<br />
dello stadio finale di potenza e all’innalzamento<br />
del rumore di fondo al di sopra della frequenza limite di<br />
campionamento. La risposta dello stadio d potenza non<br />
Bisogna anche considerare<br />
che, a differenza del predecessore,<br />
la sorgente con la qualità<br />
di riproduzione più tangibile è<br />
proprio quella di rete con un miglioramento<br />
costante di un po’<br />
tutti i parametri caratteristici,<br />
compresa la ricostruzione dello<br />
stage e la ricchezza timbrica. È<br />
come se il sistema abbia fatto<br />
un piccolo balzo evolutivo che<br />
mette in secondo piano le altre<br />
risente della presenza del carico mostrando curve praticamente<br />
sovrapposte per impedenza da 4 a 16 Ohm. La<br />
distorsione da intermodulazione mostra delle componenti<br />
simmetrica e un basso livello di quelle asimmetriche, mentre<br />
sono presenti componenti di una certa entità distribuite in<br />
tutta la banda utile con una prevalenza di quelle di ordine<br />
dispari che innalzano il valore complessivo della THD. La<br />
potenza raggiunge i 45 Wrms su 8R per un livello di THD+N<br />
fissato all1%, valore oltre il quale interviene il circuito di<br />
limitazione che fissa a 19V la tensione di uscita.<br />
soluzioni e soprattutto quella<br />
Bluetooth che, in precedenza,<br />
era l’unica per lo streaming di<br />
musica, ora marginale in quanto<br />
con Roon o con qualsiasi altro<br />
sistema di gestione dei contenuti<br />
DLNA la qualità e fruibilità è altra<br />
storia. In sintesi, l’Elac DS<br />
A101G appare come un sistema<br />
equilibrato, nel solco della media<br />
di categoria per la riproduzione<br />
della musica “normale”,<br />
mentre acquista diversi punti in<br />
più (anche in ragione della fascia<br />
di prezzo di appartenenza)<br />
nella riproduzione di file Hi-res.<br />
Durante il test non si sono verificate<br />
specifiche idiosincrasie e<br />
data l’apprezzabile insensibilità<br />
al carico è possibile collegare<br />
l’apparecchio con molte tipologie<br />
di diffusori determinando<br />
così una versatilità, intesa a tutto<br />
tondo, piuttosto elevata del<br />
DS A101G, a conferma di quanto<br />
citato e qui riportato tra virgolette<br />
per il predecessore che<br />
“apre un nuovo corso all’interno<br />
del quale l’EA 101EQ-G appare<br />
come un frutto ancora acerbo,<br />
le cui caratteristiche varieranno<br />
con gli aggiornamenti software<br />
e la consapevolezza di un potenziale<br />
notevolissimo”. Al netto di<br />
qualche confusione nel posizionamento<br />
di gamma, di nomi e<br />
sigle, di un aumento risibile del<br />
prezzo (100 euro in più del precedente,<br />
c’è Roon ma mancano<br />
l’uscita cuffia e il DSP per l’equalizzazione<br />
ambientale) un altro<br />
passettino verso il futuro è stato<br />
fatto, anche se attorno il resto<br />
dell’universo corre alla velocità<br />
della luce.<br />
La sfida sta tutta qui!<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 61
SELECTOR<br />
a cura della redazione<br />
PREAMPLIFICATORE & AMPLIFICATORE FINALE<br />
PS Audio Stellar<br />
L’ultima svolta di PS Audio<br />
è indirizzata “all’audio<br />
dal prezzo ragionevole”<br />
ma nella lunga e intricata<br />
storia di Paul McGowan<br />
si tratta di un ritorno più<br />
che una novità visto che<br />
proprio a partire dai primi<br />
passi professionali di<br />
questo personaggio il desiderio<br />
e la necessità di costruire<br />
anche qualcosa di<br />
economico è ben radicata..<br />
Poco meno di 60 dollari: tanto<br />
costava al pubblico lo stadio fono<br />
che nel 1974 segna l’ingresso sul<br />
mercato di Paul McGowan e Stan<br />
Warren che con le iniziali dei loro<br />
nomi, PS, determinano parte del<br />
logo di una azienda nata mettendo<br />
mano al portafoglio (500<br />
dollari ciascuno) per un’esigenza<br />
specifica: l’emittente radio<br />
dove lavorava McGowan aveva<br />
bisogno di un pre fono visto che<br />
al tempo si trasmetteva musica<br />
dai dischi in vinile. Da allora Paul<br />
McGowan ha attraversato tempi<br />
belli e brutti, ha collaborato con<br />
personaggi di ogni risma (Arnie<br />
Nudell, uno su tutti). Ha lasciato<br />
e poi ripreso PS Audio che, nel<br />
frattempo (considerate che il<br />
lasso di tempo intercorso è notevole)<br />
è cambiata di mano, ha<br />
fallito, è risorta...<br />
Si aggiunga l’iperattivismo di<br />
McGowan, che tuttora anima<br />
DISTRIBUTORE: MPI ELECTRONIC SRL<br />
Via De Amicis, 10/12 - 20010 Cornaredo (MI)<br />
Tel.02.936.11.01 - Fax 02.93.56.23.36<br />
www.mpielectronic.com<br />
il suo<br />
blog<br />
quotidianamente,<br />
re-<br />
alizza<br />
podcast, video e ha trovato<br />
il tempo, oltre che per dirigere<br />
un’azienda insieme alla moglie,<br />
anche di fondare Copper, una<br />
e-zine. Poiché in questo settore,<br />
sebbene nessuno sia indispensabile,<br />
molto spesso le aziende<br />
riflettono la personalità del loro<br />
mentore, non è sbagliato definire<br />
PS Audio come una società particolarmente<br />
dinamica e mutevole,<br />
cosa questa forse poco gradita a<br />
una larga fetta del pubblico di settore,<br />
adulta, oltre gli “anta” e per<br />
ciò desiderosa di una certa stabilità<br />
che non è propria della casa<br />
di Boulder in Colorado, che potremmo<br />
definire “inquieta”. Così<br />
PS Audio nel tempo ha mostrato<br />
più facce predominanti di sé:<br />
prima<br />
quella dei lettori CD (con soluzioni<br />
proprietarie), poi quella<br />
dei condizionatori di rete, quella,<br />
recente, della conversione di rete<br />
e un ritorno alle unità di lettura<br />
con lo straordinario “lettore<br />
di tutto” Perfect Wave,<br />
ora abbandonato. E se<br />
la serie Stellar si propone, per<br />
prezzi e soluzioni intraprese,<br />
quale alfiere di una categoria di<br />
prodotti abbordabili, non è la<br />
prima volta visto che c’è il precedente,<br />
ben più radicalmente<br />
economico, dello Sprout (ampli<br />
integrato on DAC a bordo),<br />
progetto affidato interamente<br />
al figlio di McGowan, Scott. E<br />
se per ottenere questi risultati si<br />
ricorre all’amplificazione in Classe<br />
D, anche qui esiste un lontano<br />
precedente (PCA-2 e HCA-2 provati<br />
su <strong>SUONO</strong>, settembre 2003)<br />
che torneremo a citare in quanto<br />
inerenti il percorso di PS Audio<br />
e, per certi versi, lontani progenitori<br />
della serie Stellar. Serie al<br />
momento composta da quattro<br />
elementi: il pre con DAC a bordo<br />
e il finale oggetto di questa prova,<br />
una versione mono più potente e,<br />
new entry, uno stadio fono che<br />
almeno metaforicamente rappresenta<br />
una sorta di<br />
chiusura del cerchio<br />
con il ritorno<br />
agli esordi.<br />
La serie Stellar,<br />
d’altro canto,<br />
sembra proprio<br />
un ritorno alle<br />
origini, quando il<br />
prezzo aggressivo<br />
dei prodotti era<br />
una peculiarità<br />
che ha reso famoso<br />
il marchio e che<br />
poi ha dato la spinta<br />
per la produzione dei prodotti<br />
al vertice. Un po’ la vecchia<br />
storia in cui gli estremi, in quanto<br />
estremi, hanno bisogno gli<br />
uni degli altri per “esistere”! Più<br />
in generale il catalogo ha subìto<br />
un avvicendamento importante<br />
62 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
TEST<br />
dei prodotti e colpisce anche la<br />
scomparsa prematura del DirectStreamer<br />
Junior, che ha lasciato<br />
sguarnita la sezione deificata<br />
ai DAC, soprattutto quelli di<br />
fascia media. Lo Stellar sembra<br />
pertanto arrivare proprio per<br />
IN MERITO ALLA GUI<br />
Tramite il telecomando è possibile<br />
accedere alle funzioni di controllo diretto<br />
dell’apparecchio invero molto<br />
utili sopratutto quando si sceglie fra<br />
più di una sorgente specifica agendo<br />
direttamente sui tasti invece di<br />
impiegare un commutatore sequenziale.<br />
Attraverso il selettore posto sul<br />
pannello frontale è possibile acceder<br />
al menù di set up necessario<br />
per effettuare le selezioni di start<br />
up e l’aggiornamento software. Il<br />
display è molto leggibile anche da<br />
lontano ed è possibile scegliere fra<br />
vari livelli di intensità luminosa e la<br />
permanenza del display prima dello<br />
spegnimento automatico. Fra<br />
le funzioni più utili che c’è, quella<br />
di regolare il livello di ingresso in<br />
modalità fissa per abbinare il prodotto<br />
ad un sistema multicanale e<br />
audio video in modo da scegliere<br />
il miglior rapporto fra guadagno di<br />
ingresso e livello di uscita del preamplificatore<br />
multicanale a monte.<br />
Anche i settaggi sul livello di uscita<br />
della sezione cuffia personalizzabile<br />
è un plusvalore veramente raro che<br />
consente al preamplificatore di avere<br />
una regolazione del livello di uscita<br />
che non mostra eccessivi dislivelli fra<br />
modalità cuffia e quella con il finale<br />
di potenza.<br />
colmare questo vuoto e per ribadire<br />
che, soprattutto oggi, nella<br />
classe media non si può ragionare<br />
a componenti separati ma<br />
bisogna avere un obiettivo di scalabilità<br />
e sostenibilità efficiente,<br />
anche in funzione dell’evoluzione<br />
tecnologica dei prodotti. Ed ecco<br />
che il prodotto “chiave di volta”<br />
diventa il centro dell’impianto,<br />
costituito da un preamplificatore<br />
con DAC a bordo e ingressi analogici<br />
e digitali. Colpisce, però,<br />
l’assenza di un modulo di rete o<br />
altro tipo di sezione di trasmissione<br />
wireless; se in certi casi la<br />
cosa potrebbe essere considerata<br />
una grave mancanza, quando si<br />
tratta di PS Audio bisogna cercare<br />
di interpretare al meglio le<br />
intenzioni di chi ha dimostrato<br />
un occhio allenato per capire<br />
dove va la corrente. In effetti, la<br />
rincorsa delle tecnologie e delle<br />
mere prestazioni dei DAC ha portato<br />
a un rapidissimo collasso di<br />
settore che ha determinato da<br />
qualche tempo l’abbandono della<br />
connessione USB nelle sorgenti<br />
digitali multiple, demandando<br />
la riproduzione dei contenuti ad<br />
alta risoluzione alla trasmissione<br />
di rete. Ciò ha senso prevalentemente<br />
nei prodotti di fascia media<br />
e per un pubblico non incline<br />
all’utilizzo di un computer nella<br />
catena di riproduzione, anche se<br />
la riproduzione dei formati ad<br />
alta risoluzione avviene tramite<br />
USB oltre che da un modulo di<br />
rete opportunamente collegato<br />
al DAC (e per opportunamente<br />
si intende con un collegamento<br />
digitale “proprietario”, quindi<br />
raro, oppure tramite USB!).<br />
Per tornare sul McGowan pensiero,<br />
secondo lui, quindi, il cuore di<br />
un impianto diventa oggi il preamplificatore<br />
analogico, dotato<br />
di DAC interno e di connessione<br />
USB ad alta risoluzione alla quale<br />
ci si può collegare un computer<br />
o un altro streamer di rete come<br />
ce ne sono tanti in commercio,<br />
anche di costo molto basso. Da<br />
non sottovalutare, poi, che i formati<br />
ad alta risoluzione nello<br />
Stellar DAC possono transitare<br />
anche attraverso le connessioni<br />
standard e la I2S che, però, al<br />
momento, è orfana di una sorgente,<br />
visto che il DMP, anche se<br />
totalmente fuori target di prezzo,<br />
non è più in produzione: per<br />
poter usufruire di contenuti ad<br />
alta risoluzione con lo Stellar bisognerà<br />
aspettare le nuove “svolte”<br />
di PS Audio (già annunciate<br />
ma il timing in merito non è stato<br />
Ampia dotazione di ingressi digitali con<br />
due spdif coassiali, un toslink ottico,<br />
una USB e un I2S tramite connettore<br />
HDMI. Tre gli ingressi analogici Single<br />
ended e uno bilanciato XLR. Le uscite<br />
sono disponibili sia in SE che XLR,<br />
replicate sul finale nelle due modalità.<br />
Le connessioni di potenza impiegano<br />
due coppie di morsetti per canale per<br />
facilitare una eventuale soluzione in<br />
bi-wiring.<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 63
SELECTOR<br />
Lo stadio di amplificazione impiega<br />
una coppia di transistor della ON<br />
Semiconductor, un BCP53-16T1G<br />
e il suo complementare BCP56-<br />
16T1, progettati espressamente<br />
per applicazioni audio e<br />
per dissipare alte correnti<br />
utilizzando come dissipatore<br />
il PCB sfruttando il montaggio<br />
superficiale.<br />
Sono presenti numerosi interventi<br />
di filtratura e isolamento galvanico<br />
implementato con trasformatori di<br />
isolamento considerando l’ampia<br />
eterogeneità delle connessioni e dei<br />
formati supportati.<br />
La regolazione del guadagno sfrutta<br />
dei commutatori a stato solido gestiti<br />
da un microcoltroller che agiscono<br />
su gruppi di resistori selezionati.<br />
L’alimentazione e del tipo<br />
lineare con un toridale<br />
ad alta potenza e basso<br />
profilo realizzato<br />
dalla inglese Noratel,<br />
dotato di uscita duale<br />
a tensione elevata dalla<br />
quale poi derivano tutte<br />
le altre per le varie sezioni<br />
sul PCB.<br />
Il DAC è un ESS Sabre ES9010K2M che,<br />
abbinato al FPGA Lattice LCMX02-256HC<br />
è in grado di gestire i segnali in ingresso<br />
sia DSD che PCM ed applicare le filtrature<br />
opportune, definite dal costruttore I clock<br />
di precisione sono dei TCXO dedicati alla<br />
conversione dei formati multipli interi<br />
delle classi a 44.1Khx e 48kHx e uno<br />
dedicato al sistema di ricezione<br />
USB..<br />
Prezzo: € 2.800,00<br />
Dimensioni: 43,2 x 7,7 x 30,5 cm (lxaxp)<br />
Peso: 6,2 kg<br />
PREAMPLIFICATORE PS AUDIO STELLAR GAIN CELL DAC<br />
Tecnologia: a stato solido Ingressi: digitali: I2S, USB, 2 coax S/PDIF RCA, Opt TosLink;<br />
analogici: 1 bilanciato XLR e 3 sbilan Uscite: analogiche RCA e bilanciate XLR fisse<br />
e variabili Controlli: volume analogico Gain Cell, bilanciamento, fase, telecomando<br />
Note: completamente bilanciato con supporto nativo DSD 2.8 e 5.6 MHz e PCM<br />
32/384, DAC 32 bit Sabre Hyperstream. Stadio d’ingresso Digital Lens. Stadio d’ingresso<br />
analogico con regolatori di tensione separati. HT mode con livelli regolabili<br />
64 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
TEST ELAC DS-A101<br />
al banco di misura<br />
rispettato), oppure occorre rivolgersi<br />
altrove!<br />
A prescindere da questa scelta<br />
aziendale, l’impostazione<br />
completamente analogica di un<br />
preamplificatore con uno stadio<br />
di uscita a guadagno regolabile<br />
sembra, almeno nella narrativa<br />
evocativa, un argomento che fa<br />
una certa presa nell’immaginario<br />
collettivo e, considerato che<br />
la missione del DAC è proprio<br />
quella di trasformare una segnale<br />
digitale in uno analogico,<br />
allora l’analogico la fa da padrone!<br />
A questa considerazione va<br />
aggiunto il lascito dell’esperienza<br />
che nel caso di McGowan si riallaccia<br />
al già citato pre PCA-2. In<br />
occasione di quel test o nei giorni<br />
immediatamente successivi capitò<br />
di incontrare il patron di PS<br />
Audio al quale esponemmo qualche<br />
remora proprio per la natura<br />
completamente digitale dell’apparecchio,<br />
in relazione alle avvertibili<br />
differenze di equilibrio sonoro<br />
ottenibili a differenti livelli<br />
del segnale. Sorprendentemente<br />
McGowan si dichiarò assolutamente<br />
concorde con la critica,<br />
dichiarando che non avrebbe<br />
La risposta in frequenza dello stadio analogico è molto<br />
estesa e senza alcuna variazione in funzione del livello<br />
di regolazione del volume e del carico offerto. Si apprezzano<br />
alcune componenti di distorsione armonica e da<br />
intermodulazione a livelli molto bassi considerando che<br />
il circuito è del tipo no feedback e senza compensazioni.<br />
Dal punto di vista digitale è presente una attenuazione<br />
comune a tutti i formati riprodotti che riduce di 3dB il<br />
livello a 50kHz. Sono apprezzabili componenti spurie in<br />
banda e fuori banda anche se il livello i rumore dell’apparecchio<br />
è molto basso ed è anche per questo motivo<br />
che si apprezzano le componenti spurie di basso livello.<br />
mai più utilizzato un “volume<br />
digitale”, e così è stato! Non a<br />
caso nello Stellar Gain Cell DAC<br />
viene ampiamente sottolineata<br />
l’implementazione per la gestione<br />
del volume della soluzione<br />
“Gain Cell”, da cui prende addirittura<br />
nome il prodotto in luogo<br />
di più abituali soluzioni utilizzate<br />
in special modo nei combinati<br />
DAC/preamplificatore, dove il<br />
controllo del volume è basato su<br />
tradizionale potenziometro, economico<br />
e facile da installare ma<br />
che interrompe il segnale audio<br />
e, secondo McGowan, aggiunge<br />
una certa colorazione al suono<br />
e causa un certo squilibrio tra i<br />
canali. Come altre “altisonanti<br />
tecnologie” di McGowan (Digital<br />
Lens, DirectStreamer...) Gain<br />
Cell si può definire perlomeno<br />
controversa: da un lato presenta<br />
aspetti più promozionali che di<br />
vera innovazione tecnologica;<br />
dall’altro... funziona e, quindi,<br />
chapeau! Tanto clamore mediatico,<br />
belle idee e un buono slancio<br />
imprenditoriale fanno parte del<br />
mélange offerto da McGowan e si<br />
sono associate in passato con una<br />
scarsa robustezza al contorno che<br />
in determinati casi ha deteriorato<br />
la concretezza del marchio e, soprattutto,<br />
della produzione.<br />
Colpisce, invece, come il finale<br />
abbracci una filosofia molto<br />
conservatrice nell’ambito delle<br />
soluzioni di potenza in quanto<br />
il modulo di amplificazione è un<br />
ICEPower al quale, però, è stato<br />
aggiunto uno stadio di amplificazione<br />
di ingresso che si interfaccia<br />
al meglio con quello di uscita<br />
del preamplificatore. Una sorta<br />
di fine tuning e better matching<br />
fra tecnologie molto differenti fra<br />
loro che hanno però bisogno delle<br />
contromisure più opportune per<br />
esprimere il meglio. In sostanza<br />
si tratta di un buffer a mosfet con<br />
ingresso differenziale alimentato<br />
con una sezione di tutto rispetto<br />
che filtra la tensione continua che<br />
proviene da ognuno dei due moduli<br />
ICEPower 300ASC.<br />
Nel complesso, va comunque<br />
rilevato come la dotazione degli<br />
ingressi e l’utilizzabilità dello<br />
Stellar Gain DAC collochino<br />
l’apparecchio fra i più versatili<br />
e immediati da utilizzare: tre<br />
ingressi analogici Single ended,<br />
una coppia XLR nel dominio<br />
analogico, mentre in quello digitale<br />
a fianco della USB ad alta<br />
risoluzione e di una I2S proprietaria<br />
si dispongono i due ingressi<br />
spdif coassiali e un solo ottico<br />
toslink. L’unica critica è che<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 65
SELECTOR<br />
I due moduli di potenza 300ASC sono<br />
realizzati da ICEPower. I moduli sono<br />
alimentati direttamente dalla rete e il circuito<br />
di livellamento fornisce anche tensioni di<br />
alimentazioni esterne a +/-12VDC, +5VDC e<br />
+54,5Vdc.<br />
Lo stadio di ingresso è realizzato con un<br />
circuito in classe A a Mosfet differenziale<br />
con componenti discreti e transistor con<br />
involucro TO-92. I due amplificatori sono<br />
implementati su un PCB ma con una<br />
configurazione totalmente Dual mono<br />
e le alimentazioni<br />
dirette<br />
dal modulo<br />
IcePower<br />
ulteriormente<br />
livellate e<br />
filtrate.<br />
Prezzo: € 2.450,00<br />
Dimensioni: 43,2 x 7,7 x 33,3 cm (lxaxp)<br />
Peso: 5,9 kg<br />
AMPLIFICATORE FINALE PS AUDIO STELLAR S300<br />
Tipo: stereo Tecnologia: stato solido dual mono con alimentazioni<br />
separate Potenza (W): 2 x 140 su 8, 2 x300 su 4 Fattore di smorzamento:<br />
>1100 su 8 Ohm e >550 su 4 Ohm Ingressi: bilanciato XLR e sbilanciato<br />
RCA Note: stadio d’ingresso Analog Cell a Mosfet completamente in bilanciato,<br />
in classe e zero FB, stadio finale in classe D basato su moduli Ice Power.<br />
66 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
TEST ELAC DS-A101<br />
al banco di misura<br />
Le prestazioni strumentale riflettono ampiamente le<br />
caratteristiche dei moduli di amplificazione IcePower<br />
300ASC. La risposta in frequenza è molto ampia e leggermente<br />
condizionata all’estremo superiore dal carico<br />
offerto che comporta una variazione del livello di lieve<br />
entità e comunque al di fuori della banda udibile. Il<br />
sarebbe utile disporre di più di<br />
un ingresso ottico per venire incontro<br />
alla gran varietà di uscite<br />
dei dispositivi di “seconda scelta”<br />
come potrebbero essere i decoder<br />
o le “macchine da gioco” che, anche<br />
se non puramente Hi-Fi nel<br />
pedigree, non sono sorgenti da<br />
sottovalutare per principio, anzi,<br />
a parità di contenuto riprodotto,<br />
sono una valida alternativa<br />
da prendere in considerazione.<br />
Sempre in termini di esperienza<br />
d’uso va rilevato come il display<br />
sul frontale sia molto ben organizzato<br />
e, soprattutto, leggibile<br />
anche da molto lontano. L’uso<br />
della manopola è immediato<br />
mentre l’accesso e la navigazione<br />
nei menu risultano un po’ più<br />
difficoltosi attraverso il pannello<br />
anteriore, meno utilizzando il<br />
telecomando. È presente anche<br />
l’ingresso HT che consente<br />
di bloccare il livello a un valore<br />
prestabilito per poter utilizzare<br />
la catena all’interno di un sistema<br />
multicanale in cui il volume<br />
master è regolato a monte. Tra le<br />
altre utility c’è una notevole uscita<br />
cuffia che si attiva quando si<br />
inserisce il connettore jack da 6,3<br />
mm sul pannello frontale e regola<br />
il volume a livelli di sicurezza<br />
sia dell’uscita cuffia che, quando<br />
rimosso il jack, dell’uscita pre,<br />
per evitare un eccessivo divario<br />
e danneggiare udito e/o diffusori.<br />
Lo Stellar Gain DAC si può configurare<br />
anche con l’uscita fissa<br />
per essere utilizzato come DAC<br />
stand alone ma, considerato che<br />
clipping giunge in modo repentino con una potenza di<br />
uscita di 130Wrms su 8R in linea con quanto dichiarato dal<br />
costruttore, raggiunto con un livello di ingresso intorno<br />
a 1Vrms. La distorsione armonica e da intermodulazione<br />
raggiungono livelli molto bassi e sono assenti spurie in<br />
banda e fuori banda.<br />
il volume non è di tipo digitale e<br />
che la regolazione avviene con un<br />
sistema che non ha impatto sulle<br />
prestazioni dello stadio di uscita<br />
linea, ci sembra un vero peccato<br />
non sfruttare al massimo le<br />
peculiarità di quello che più che<br />
un DAC è un convogliatore di<br />
contenuti analogici e digitali da<br />
collegare a un amplificatore.<br />
L’impostazione sonora della coppia<br />
riflette appieno la filosofia del<br />
costruttore con una impostazione<br />
del pre-DAC molto precisa,<br />
dettagliata e con una capacità di<br />
riproporre il ritmo delle partiture<br />
molto coinvolgente, comune<br />
a tutti gli ingressi sia analogici<br />
che digitali, come se non ci fosse<br />
distinzione fra gli universi; anche<br />
passando da un formato all’altro<br />
oppure scegliendo fra i quattro<br />
filtri digitali disponibili, il suono<br />
sembra beneficiare di una matrice<br />
comune molto piacevole<br />
che prevale su tutto il resto. Una<br />
impostazione che si mantiene costante<br />
ai vari livelli del segnale in<br />
modo che l’equilibrio tonale e le<br />
dimensioni dello stage vengano<br />
riproposte in maniera costante<br />
a prescindere del volume a cui si<br />
ascolta. Il finale di potenza, invece,<br />
ha un’impostazione caratterizzata<br />
dalla presenza dei moduli<br />
ICEPower con un punch notevole<br />
ma con un timbro molto armonico<br />
pur al tempo stesso un po’<br />
esile, come se mancasse il sustain<br />
nel tempo. Si tratta di una sensazione<br />
tipica di molti classe D e in<br />
particolare dei moduli ICEPower<br />
che nell’ampli S300 caratterizzano<br />
il suono, a differenza del pre<br />
che invece ha una sua anima.<br />
Anche l’uscita cuffia è molto godibile<br />
e particolarmente scevra<br />
di idiosincrasie di accoppiamenti<br />
o di livelli sostenibili: abbiamo<br />
collegato cuffie da 32 Ohm a 600<br />
Ohm senza alcun problema con<br />
livelli di pressione anche molto<br />
elevati.<br />
In sostanza, ancora una volta Paul<br />
McGowan propone con i suoi prodotti<br />
un punto di vista inedito che<br />
nel caso del “ritorno alla classe<br />
media” è bene sintetizzato dal design<br />
prescelto per questa linea di<br />
apparecchi, che appare improntato<br />
a regole di contenimento di<br />
prezzo ma che fa l’occhiolino ad<br />
archetipi comuni nell’Hi-end, in<br />
primo luogo il minimalismo estetico<br />
che la caratterizza. La serie<br />
Stellar, infatti, esibisce un design<br />
tutto nuovo, molto semplificato<br />
nelle linee e nei processi produttivi<br />
che però ricalcano una certa<br />
filosofia aziendale che ha sempre<br />
dato ampio respiro all’innovazione<br />
e all’eleganza delle soluzioni<br />
costruttive, anche per quanto<br />
concerne l’imballaggio degli<br />
apparecchi.<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 67
SELECTOR<br />
PRO & CONTRO<br />
Se è discutibile il fatto che non ci sia una connessione<br />
di rete e che in catalogo non si possa<br />
collegare al momento nulla del genere, risulta<br />
interessante il concetto di “collettore di contenuti<br />
analogici e digitali”, abbastanza flessibile<br />
sebbene l’utilizzabilità sia in parte penalizzata<br />
dal fatto che la regolazione del trim dei vari ingressi<br />
e il loro editing avvenga da telecomando<br />
o con i pulsanti sul display. Molto indovinato il<br />
posizionamento merceologico nella fascia attorno<br />
ai 5.000 euro dove la coppa pre + DAC e<br />
finale si attesta in maniera vantaggiosa rispetto<br />
a gran parte della concorrenza, con il beneficio<br />
psicologico, a livello di marchio, di una ricaduta<br />
di immagine e di valore dalla provenienza dalla<br />
fascia alta, in generale, degli altri prodotti<br />
dell’azienda.<br />
GAIN CELL?<br />
Il progetto che prevede la realizzazione<br />
di un sistema completo composto<br />
però da componenti separati,<br />
evidenzia la necessità di affrontare un<br />
aspetto molto delicato legato principalmente<br />
al concetto di intercambiabilità<br />
dei vari componenti con apparecchi<br />
anche di altri marchi oppure di<br />
effettuare scelte molto specifiche per<br />
l’abbinamento dei vari componenti<br />
che pur ottimizzando le prestazioni<br />
reciproche, diminuirebbero però l’abbinabilità<br />
ad altri prodotto analoghi<br />
ma di altri marchi. Un dilemma dal<br />
quale è complesso oggi uscire in<br />
modo elegante anche in seguito al<br />
fatto che non son stati aggiornati<br />
quelli che erano gli standard dei parametri<br />
operativi degli apparecchi<br />
che un tempo erano più definiti e<br />
rispettati anche se con limiti importanti<br />
e oggi sono invece in gran parte<br />
disattesi. Inoltre diventa più complesso<br />
cercare soluzioni ad hoc in quanto<br />
si utilizzano sempre più frequentemente<br />
componenti integrati, oppure<br />
blocchi circuitali quasi del tutto stand<br />
alone. Molti chip DAC sono dotati già<br />
di un amplificatore in uscita che non<br />
avrebbe bisogno di altri componenti<br />
per funzionare; i moduli ICEPwer di<br />
potenza ad esempio, sono già dotati<br />
di buffer in ingresso per accettare<br />
segnali con livelli standard. Tuttavia,<br />
è proprio nella realizzazione degli<br />
stadi di uscita e nella trasmissione e<br />
ricezione del segnale analogico che<br />
si verificano una serie di fenomeni<br />
di disadattamento che peggiorano<br />
la qualità del suono ed è anche per<br />
questo motivo che molti costruttori<br />
scelgono di realizzare soluzioni ad<br />
hoc per l’elettronica tradizionale al<br />
contorno di quelle soluzioni “standard”.<br />
La serie Stellar Gain Cell di PS<br />
Audio adotta una soluzione proprio<br />
in questa direzione a partire dalla necessita<br />
di usare uno stadio di uscita<br />
nel pre dotato di un regolatore del<br />
livello con un approccio molto differente<br />
da quello di un attenutatore di<br />
Dice McGowan che lo sviluppo<br />
del design ha assorbito più di un<br />
anno di tempo per ottenere lo<br />
chassis base dello Stellar e, soprattutto,<br />
per rientrare nel budget<br />
stabilito. In effetti l’impostazione<br />
è molto lineare, elegante e<br />
robusta ma al contempo poco dispendiosa<br />
nella realizzazione: si<br />
tratta di una cornice di sostegno<br />
realizzata con lamiera ferrosa ripiegata<br />
e due coperchi in spessa<br />
lamiera di alluminio sagomata<br />
e piegata sul pannello frontale.<br />
Il pannello inferiore ha anche la<br />
funzione di sostegno dei componenti<br />
più pesanti e ingombranti<br />
livello inserito prima o dopo l’amplificazione<br />
linea, e di un amplificatore di<br />
buffer nel finale che segua la stesso<br />
approccio di quello impiegato nel pre.<br />
Infatti, lo scopo nel pre è stato quello<br />
di realizzare uno stadio di uscita con<br />
guadagno variabile agendo sui componenti<br />
esterni al circuiti di amplificazione<br />
tramite un complesso sistema<br />
di commutazione controllato da un<br />
microprocessore. In questo modo è<br />
stato possibile utilizzare uno stadio<br />
con pochi commenti nella sezione attiva<br />
e con un circuito molto semplice<br />
sul percorso del segnale. Inoltre, lo<br />
stadio di uscita raggiunge un livello<br />
del segnale molto alto, otre i 20Volt,<br />
anche perché lo stadio è alimentato<br />
a tensione molto più alta di quello<br />
relativo al massimo segnale in uscita.<br />
Anche lo stadio finale è pensato con<br />
la stessa impostazione ma con guadagno<br />
fisso, pertanto senza le complicazioni<br />
inerenti alla regolazione<br />
assistita del guadagno. Lo schema di<br />
amplificazione è del tipo no feedback,<br />
il che introduce anche dei valori di<br />
distorsione visibili alle misure ma<br />
che non sono cancellati dai circuiti di<br />
compensazione. La sensibilità invece<br />
del finale è di 1V in ingresso, simile a<br />
quella del modulo ICEPower e molto<br />
più alta rispetto al livello massimo di<br />
uscita del pre. Tuttavia, lo stadio di<br />
uscita del pre si rivela di conseguenza<br />
un eccellente amplificatore per cuffia<br />
anche in merito di una impedenza in<br />
uscita particolarmente bassa abbinata<br />
all’elevato livello del segnale in uscita.<br />
mentre quello superiore assolve<br />
la funzione di semplice copertura.<br />
I due coperchi sono avvitati<br />
sulla cornice in ferro con viti di<br />
grande diametro a vista sulla parte<br />
superiore e nessun segno sul<br />
pannello frontale. Ne consegue<br />
una linea molto pulita a tratti essenziale<br />
ma con una robustezza<br />
invidiabile e una accessibilità ai<br />
componenti interni immediata,<br />
con tempi di lavorazione per assemblaggio<br />
e controllo di qualità<br />
molto ridotti, in assoluto e in<br />
particolar modo se rapportati al<br />
DirectStreamer in cui crescono<br />
esponenzialmente. L’effetto<br />
estetico, inoltre, è molto gradevole<br />
anche in considerazione<br />
dello spessore contenuto e del<br />
sottile filo che separa ulteriormente<br />
la linea del frontale,<br />
effetto più marcato con la versione<br />
silver rispetto a quella<br />
nera anche se con il silver sono<br />
più evidenti le lavorazioni poco<br />
raffiniate di finitura dei pennelli<br />
in alluminio. Anche la scelta di<br />
proporre un sistema separato<br />
piuttosto che un amplificatore<br />
integrato è sintomatica del caratteristico<br />
operare di PS Audio<br />
che ha sempre preferito partire<br />
dal top della fascia di mercato<br />
prescelta per determinare un<br />
credito di alto livello nell’utenza<br />
di quel segmento perché, con<br />
le parole di McGowan, “È una<br />
formula che stabilisce uno standard<br />
a cui le persone possono<br />
fidarsi e quindi avere qualcosa<br />
per confrontare le versioni successive<br />
più convenienti quando<br />
arrivano”. D’altronde McGowan<br />
è tra i pochi costruttori Hi-Fi al<br />
mondo che, nel tempo, ha saputo<br />
anticipare e interpretare le grandi<br />
aspettative dell’appassionato,<br />
ed è forse per questo motivo che<br />
da oltre un ventennio sforna<br />
prodotti e soluzioni che se non<br />
di tendenza immediata lo diventano<br />
poco dopo. Affabulatore?<br />
Certamente ha il bisogno di comunicare<br />
ma le idee sono chiare<br />
e a volte un po’ troppo in anticipo<br />
sui tempi, tant’è che nel passato<br />
ha affrontato imprese forse troppo<br />
impegnative che non sono riuscite<br />
a decollare. E oggi, se Paul<br />
propone, anzi, si dedica alla realizzazione<br />
di una linea economica,<br />
cosa vorrà mai dire di nuovo o<br />
anticipare? È difficile essere nella<br />
testa di chi osserva la realtà a<br />
suo modo ma i fatti, in casi come<br />
questo, si raccontano da soli: il<br />
ritorno a una classe media di eccellenza<br />
e di gran soddisfazione<br />
sembra un bisogno da non sottovalutare<br />
anche per Paul!<br />
68 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
FORTE III<br />
THE GREAT VOICE OF KLIPSCH
SELECTOR<br />
di Nicola Candelli<br />
Primo integrato ibrido<br />
della casa, quando fu<br />
presentato nel 2017 il<br />
McIntosh MA252 fece pensare a<br />
una boutade della casa americana,<br />
senonché proprio il recente<br />
ingresso dell’MA352 conferma<br />
l’intenzione di sviluppare anche<br />
una linea di prodotti ibridi,<br />
con preamplificazione a valvole<br />
e finale a stato solido. Non si<br />
tratta delle uniche novità associate<br />
a questa linea di prodotti<br />
che, infatti, non utilizzano né il<br />
trasformatore d’uscita (quasi un<br />
marchio di fabbrica!) né i tradizionali<br />
“occhioni blu” (i VuMeter)<br />
mentre sono presenti il circuito<br />
di controllo Power-Guard<br />
e la specifica soluzione studiata<br />
dalla casa per l’uscita cuffia<br />
(Sentry Monitor) mutuati dalla<br />
recente produzione a stato solido.<br />
L’appartenenza alla famiglia<br />
McIntosh con il suo stile retrò<br />
è garantita da un telaio simile<br />
all’amplificatore a vuoto MC-275<br />
dove si sono integrate valvole e<br />
transistor con un effetto finale<br />
che ha soddisfatto la mia vista,<br />
anzi, più lo osservo e più mi piace!<br />
L’MA252 è telecomandabile<br />
nelle sue funzioni primarie, dispone<br />
di bilanciamento, controlli<br />
di tono e di una dotazione di<br />
ingressi più che sufficiente per<br />
un normale utilizzo. Sulla parte<br />
frontale un display Oled indica<br />
la percentuale del volume oltre<br />
allo stato del bilanciamento dei<br />
controlli dei toni e l’ingresso<br />
AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />
McIntosh MA252<br />
SUL CAMPO<br />
Prezzo: € 6.000,00<br />
Dimensioni: 30,50 x 19,40 x 45,70 cm (lxaxp)<br />
Peso: 12,7 Kg<br />
Distributore: MPI Electronic SRL<br />
Via De Amicis, 10/12 - 20010 Cornaredo (MI)<br />
Tel. 02 9361101 - Fax 02 93562336<br />
www.mpielectronic.com<br />
Tipo: stereo Tecnologia: ibrido Potenza: 2 x 100 W su 8<br />
Ohm Accessori e funzionalità aggiuntive: Ingresso cuffia<br />
Phono: MM ( mV/ KOhm) Ingressi analogici: 2 RCA 1 XLR<br />
Note: valvole 12AX7 (2) e 12AT7 (2).<br />
70 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
TEST<br />
selezionato; l’ingombro è abbastanza<br />
contenuto, il peso discreto<br />
a causa del trasformatore, il<br />
famoso Power-Guard, che nonostante<br />
le pressioni elevate a<br />
cui è stato sottoposto l’amplificatore<br />
durante l’utilizzo non è<br />
mai intervenuto, cosa che invece<br />
mi capitava tanti anni addietro<br />
con il finale MC2205 che pilotava<br />
una poco efficiente coppia di<br />
Dahlquist DQ 10: quando esageravo<br />
con il volume, il sovraccarico<br />
veniva prontamente corretto<br />
e segnalato con l’accensione<br />
delle due spie del power guard<br />
poste sul frontale dell’apparecchio,<br />
che si spegnevano quando<br />
l’amplificatore ripristinava le<br />
condizioni ottimali, sollevando<br />
i diffusori dal riprodurre segnali<br />
distorti causati dal clipping.<br />
Nell’MA252 l’intervento del<br />
power guard viene evidenziato<br />
attraverso il lampeggiare arancione<br />
dei led posti alla base delle<br />
valvole preamplificatrici che<br />
ritornano al loro colore verde<br />
quando il clipping è terminato.<br />
È ancora presente il Sentry Monitor,<br />
altro brevetto McIntosh<br />
che disattiva immediatamente<br />
l’alimentazione quando viene<br />
rilevato un cortocircuito sulle<br />
uscite degli altoparlanti. In sostanza,<br />
nonostante un prezzo<br />
da entry level per gli standard<br />
McIntosh (si tratta del più economico<br />
degli integrati della<br />
casa...) e a parte l’assenza dei<br />
VuMeter e degli autotrasformatori,<br />
l’apparecchio possiede<br />
tutte le soluzioni che hanno reso<br />
famoso questo marchio...<br />
Certo queste scelte potrebbero<br />
riverberarsi sulle qualità sonore<br />
e, dunque, il quesito più importante<br />
in merito all’apparecchio<br />
non può che essere: com’è il<br />
suono? La prima caratteristica<br />
percepibile durante l’utilizzo è<br />
che finalmente siamo di fronte<br />
a un amplificatore e che non ha<br />
bisogno di un lungo warm-up<br />
per andare a regime. Bastano<br />
infatti pochi minuti perché la<br />
macchina si stabilizzi sonicamente,<br />
aspetto molto positivo<br />
che rende da subito fruibile il<br />
MA252, che riesce a esprimere<br />
con prontezza il meglio delle<br />
sue prestazioni. Il basso è precisissimo,<br />
solido e potente con<br />
un grande controllo, forse non<br />
profondissimo ma sicuramente<br />
in grado di trasmettere emozioni.<br />
Poi una lieve sottolineatura<br />
della zona media consegna ai<br />
diffusori un tono caldo di buon<br />
spessore, mentre una notevole<br />
tridimensionalità e una grande<br />
fluidità avvantaggiano soprattutto<br />
le voci sia maschili che<br />
femminili, rendendole sicuramente<br />
più naturali e credibili.<br />
E non solo queste ne traggono<br />
giovamento, poiché anche nel<br />
jazz e soprattutto nella musica<br />
da camera e classica in generale,<br />
complice un estremo alto arioso<br />
e preciso ma leggermente calante,<br />
si viene a creare quel mix<br />
molto adatto a questa tipologia<br />
di musica, riuscendo sicuramente<br />
a soddisfare appieno<br />
l’ascoltatore. Non c’è traccia di<br />
fatica d’ascolto e anche dopo ore<br />
i brani si susseguono senza soluzione<br />
di continuità regalando<br />
all’ascolto piacevoli sensazioni.<br />
Alla fine della seduta ci si alza<br />
soddisfatti e il nostro orecchio<br />
ci ringrazia per non essere stato<br />
sottoposto a stress uditivo! Un<br />
elemento importante è che si<br />
può ascoltare a un certo livello<br />
qualitativo qualsiasi tipo di<br />
musica (anche in virtù di una<br />
buona riserva di potenza che<br />
questa macchina possiede) ma<br />
il suo carattere un po’ romantico<br />
e poco aggressivo rende l’apparecchio<br />
più vicino a queste tipologie<br />
di musica. Molto buono il<br />
fronte sonoro, abbastanza ampio<br />
e profondo, ottima soprattutto<br />
la capacità dell’MA252 di<br />
essere estremamente silenzioso<br />
riuscendo a ricreare quel buio<br />
necessario a collocare al meglio<br />
gli strumenti nel palcoscenico<br />
virtuale. Particolarmente<br />
coinvolgente la registrazione<br />
ad alta definizione “Sonate fur<br />
flote und basso continuo” di<br />
J.S. Bach effettuata nella chiesa<br />
di san Martino a Basilea.<br />
Gli strumenti, flauto, fagotto e<br />
clavicembalo danno spazio al<br />
252 di evidenziare le sue doti<br />
prima menzionate restituendo<br />
inoltre a ogni brano una credibile<br />
ricostruzione e grande senso<br />
di spazio ricreato dal luogo<br />
dove la registrazione è stata<br />
effettuata. E ancora: una brava<br />
Jannifer Warnes interpreta<br />
Ampia la superficie radiante necessaria agli otto transistor bipolari che, a ben vedere,<br />
sembrano gli stessi montati sull’MA 5300, un notevole trasformatore R-core, il<br />
famoso Power Guard, brevetto del produttore che protegge i diffusori da qualsiasi<br />
forma di distorsione.<br />
<strong>SUONO</strong> settembre 2019 71
SELECTOR<br />
le musiche di Leonard Cohen<br />
nell’album Famous Blue Raincoat<br />
restituendo le atmosfere<br />
intimiste create dall’artista,<br />
anche grazie al fatto che si tratta<br />
di un’ottima edizione dal punto<br />
di vista artistico e dell’incisione.<br />
Con una voce splendida e una<br />
ottima focalizzazione il risultato<br />
all’ascolto non si fa attendere.<br />
Il nostro ibrido interpreta in<br />
modo accurato ciò che gli viene<br />
trasmesso dalla sorgente,<br />
la voce è calda e coinvolgente<br />
e nessun accenno a qualsiasi<br />
sorta di asprezza, ottima la resa<br />
del basso e dei violini che la accompagnano<br />
nel brano Ballads<br />
of Runaway Horse. Perché non<br />
variare ulteriormente, ascoltando<br />
il bellissimo Shade of Chet,<br />
omaggio a Chet Baker da parte<br />
degli italianissimi Rava-Fresu e<br />
compagni? Le Sonorità vellutate<br />
emesse dalle trombe di Rava e<br />
Fresu risultano perfettamente<br />
controllate anche nei momenti<br />
di massima intensità e incontrano<br />
precisione e corpo nel pianoforte<br />
di Bollani e nel basso di<br />
Pietropaoli. Ancora un’ottima<br />
I tradizionali VuMeter vengono abbandonati a favore di un display OLED facilmente leggibile<br />
interpretazione riproposta da<br />
questa macchina...<br />
Da non dimenticare che<br />
l’MA252 possiede un ingresso<br />
fono MM che ho avuto modo<br />
di provare con un Rega Planar<br />
Tre ingressi linea di cui uno XLR, un ingresso fono MM, presenza gradita, oltre a una uscita<br />
(testina Exact) con risultati<br />
decisamente interessanti. Sicuramente<br />
non è stato inserito<br />
l’ingresso fono solo per soddisfare<br />
la moda del momento; lo<br />
stadio fono è indubbiamente<br />
in linea con la qualità della<br />
macchina e lo stesso dicasi<br />
dell’ingresso cuffia. Una nota<br />
a parte merita il telecomando<br />
in dotazione, piccolo ma con<br />
tutte le funzioni necessarie a<br />
comandare l’amplificatore.<br />
Simpatico, bello, lucido e finalmente<br />
non attaccaticcio come<br />
alcuni telecomandi di vecchia<br />
memoria! Non vi è dubbio che<br />
dal punto di vista sonoro questo<br />
apparecchio sia diverso dal<br />
mio MC-275 ma, si potrebbe<br />
obiettare: perché scimmiottare<br />
un suono che già esiste? L’importante<br />
è la qualità ottenibile<br />
e questo apparecchio mi soddisfa<br />
perché riesce a coniugare<br />
velocità dei transistor e dolcezza<br />
delle valvole. È un amplificatore<br />
fresco e veloce, al<br />
passo con i tempi e credo che i<br />
possessori di questa macchina<br />
ne saranno davvero soddisfatti,<br />
tenendo presente che se si<br />
riesce a strappare uno streetprice<br />
ci si porta a casa davvero<br />
un buon affare...<br />
72 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
SELECTOR<br />
di Carlo D’Ottavi<br />
ITraffic sono stati una band<br />
inglese tra le più innovative<br />
nell’epoca d’oro del rock,<br />
specie inglese a cavallo degli anni<br />
’60/’70 del secolo scorso. The Studio<br />
Albums 1967-1974 è il primo<br />
cofanetto in vinile che celebra<br />
il loro lavoro e include opere<br />
d’arte originali e un raro poster<br />
promozionale in fac-simile per<br />
ogni LP. Questa edizione serve<br />
a ricordare a fondo l’eclettismo<br />
singolare dei Traffic, la capacità<br />
di creare senza paura di incorrere<br />
in flop in un’epoca irripetibile<br />
dove gli artisti rischiavano anche<br />
grazie a produttori discografici a<br />
caccia di nuovi talenti capaci di<br />
creare nuovi spazi e, specie nel<br />
loro caso, di ottenere anche un<br />
grande successo commerciale.<br />
Il gruppo era formato da Steve<br />
Winwood alla voce, tastiere chitarre,<br />
il batterista Jim Capaldi,<br />
Chris Wood ai fiati e il polistrumentista<br />
Dave Mason, che si<br />
spartisce con Winwood tutto il<br />
resto, canto compreso. La collezione<br />
inizia con Mr. Fantasy,<br />
il disco di debutto della band<br />
uscito nel dicembre 1967 sulla<br />
scia del loro formidabile avvio<br />
con tre singoli, tutti tra i primi<br />
dieci delle classifiche britanniche:<br />
Paper Sun, Hole In My Shoe<br />
e Here We Go Round The Mulberry<br />
Bush. Nessuno di questi<br />
era incluso nell’LP, che apparve<br />
in America col titolo Heaven Is<br />
In Your Mind, ma presentava i<br />
successivi 45 giri dei Traffic, No<br />
Face, No Name, No Number.<br />
Il loro secondo album, Traffic,<br />
seguì nell’ottobre 1968, quando<br />
Dave Mason era tornato all’ovile<br />
dopo la sua partenza all’inizio di<br />
quell’anno stesso. Ha scritto o coscritto<br />
metà delle sue dieci canzoni,<br />
inclusa la celebre Feelin ‘Alright;<br />
anche gli altri componenti<br />
del gruppo, Steve Winwood, Jim<br />
Capaldi e Chris Wood scrissero<br />
testi e musiche degli altri pezzi<br />
e, in particolare, Forty Thousand<br />
Headmen di Winwood e Capaldi<br />
mise in mostra un giovanissimo<br />
Steve particolarmente ispirato<br />
alla voce. Erano gli anni della<br />
riscoperta del blues e della<br />
psichedelia nella cosiddetta<br />
swinging London, tra luci<br />
stroboscopiche, LSD e ribellione<br />
giovanile. John Barleycorn<br />
Must Die del luglio<br />
Traffic<br />
THE STUDIO ALBUM<br />
BOX SET 1967-1974<br />
Island Records - LDT49246<br />
6 LP 180 gr<br />
1970 è stato uno spostamento<br />
audace verso un suono più<br />
chiaramente influenzato dal<br />
progressive e il folk, molto<br />
ammirato in particolare per<br />
la sua canzone omonima, così<br />
come Glad e Empty Pages, dal<br />
pubblico statunitense. Alla fine<br />
del 1971 creano quello che rappresenta<br />
il loro punto più alto nel<br />
rock progressivo: The Low Spark<br />
Of High Heeled Boys, diventato<br />
un disco certificato platino in<br />
America, grazie al quale i Traffic<br />
diventarono uno dei gruppi preferiti<br />
della radio FM. Shoot Out<br />
At The Fantasy Factory lo ha<br />
seguito nella top ten statunitense<br />
nel 1973, prodotto esclusivamente<br />
come il suo predecessore<br />
da Winwood. I Traffic hanno<br />
completato la loro storia con l’album<br />
When The Eagle Flies del<br />
1974, prodotto questa volta dal<br />
fondatore dell’etichetta Island,<br />
Chris Blackwell, e risultato un<br />
altro successo tra i primi dieci<br />
negli Stati Uniti. I Traffic<br />
hanno traghettato il rock<br />
britannico dalla psichedelia al<br />
prog, fino a sviluppare un soft-<br />
-rock jazzato particolarmente<br />
efficace sul mercato americano<br />
e in grado di pubblicare pietre<br />
miliari del rock psichedelico e<br />
del rock progressivo. È curioso<br />
notare come la loro influenza,<br />
più che avere echi sul progressive<br />
britannico, abbia coinvolto<br />
gruppi emergenti americani<br />
nella seconda metà degli anni<br />
Settanta come Steely Dan,<br />
Doobie Brothers e molti altri<br />
esponenti della West Coast di<br />
quegli anni. Rimasterizzato dai<br />
nastri originali e presentato<br />
nella collezione “First” Island<br />
Pressing Form altamente fedele<br />
alle stampe originali.<br />
www.musicdirect.com/box-<br />
sets/Traffic-The-Studio-<br />
Albums-1967-74<br />
74 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
Amato mio LP<br />
Primo album del formidabile<br />
bassista della<br />
Florida, uscito nel 1976,<br />
è considerato il migliore, al pari<br />
del successivo Word of Mouth del<br />
1981. In mezzo c’è la straordinaria<br />
collaborazione con i Weather Report<br />
a segnare e allargare in modo<br />
enorme le possibilità di uno strumento<br />
come il basso elettrico,<br />
spesso confinato al ruolo di mero<br />
strumento d’accompagnamento,<br />
che diventa invece un protagonista,<br />
ricco di soluzioni tecniche<br />
e creative mai ascoltate prima e<br />
in tal misura. Fin da giovanissimo<br />
(classe 1951), John Francis<br />
“Jaco” Pastorius si appassiona a<br />
questo strumento del quale, ben<br />
presto, utilizza la versione senza<br />
tasti, detta fretless. Non è il primo<br />
in assoluto ad adottare questa<br />
soluzione, basti pensare a John<br />
Entwistle degli Who e John Paul<br />
Jones dei Led Zeppelin, quindi<br />
già negli anni Sessanta. Ma la<br />
sua fame di apprendere le varie<br />
tecniche per suonare il basso lo<br />
portarono a fine anni Sessanta a<br />
sentirsi ormai pronto per formare<br />
una band e cominciare a suonare<br />
per i jazz club in giro per gli Stati<br />
Uniti. Se i consensi furono mutevoli,<br />
nonostante gli alti e bassi,<br />
queste prime esperienze lo portarono<br />
in contatto con straordinari<br />
artisti come Pat Metheny e Herbie<br />
Hancock. L’album di debutto che<br />
porta il suo nome vede la collaborazione<br />
e la presenza in molte<br />
Jaco Pastorius<br />
JACO PASTORIUS<br />
Epic Records AL33949 1 LP<br />
tracce di Hancock insieme ad altri<br />
grandi musicisti. A venticinque<br />
anni Jaco si sente ormai maturo e<br />
in grado di osare, tanto da affermare<br />
che lui è il miglior bassista<br />
del mondo! Superbia, consapevolezza,<br />
sparata grossa per fare<br />
effetto? Forse un po’ tutto ma c’è<br />
di più, perché questo disco è uno<br />
di quelli fondamentali nella storia<br />
del genere Fusion, che metteva in<br />
contatto generi che prima si sfioravano<br />
soltanto ma mai si erano<br />
mischiati al punto da creare un<br />
nuovo genere. La, anzi le, tecniche<br />
utilizzate da Jaco sul suo basso ma<br />
anche le sue capacità compositive,<br />
per esempio nell’ultimo brano da<br />
lui scritto ma non suonato Forgotten<br />
Love, dimostrano un talento<br />
davvero fuori dal comune.<br />
L’album si apre con Donna Lee,<br />
di Miles Davis, e già è una sorpresa<br />
per come Pastorius in duetto<br />
con Don Alias alle congas affronta<br />
con un ritmo tribale e raffinato<br />
questo classico. Come On, Come<br />
Over è un brano funk nel quale<br />
compaiono le voci Sam & Dave,<br />
duo protagonista della prima<br />
scena disco, dove Jaco sostiene e<br />
trascina la band con i suoi pirotecnici<br />
virtuosismi. In Continuum,<br />
un brano frenetico, Pastorius<br />
è perfettamente a suo agio tra<br />
raffiche di note e momenti più<br />
delicati. Nel lungo pezzo Kuro/<br />
Speak Like a Child, compare alle<br />
tastiere Hancock, coautore del<br />
pezzo. È un momento spettacolare<br />
con tanto di orchestra d’archi,<br />
che lungi da coprire di melassa il<br />
pezzo, insegue i vorticosi virtuosismi<br />
di Jaco e Herbie, ricordando<br />
le atmosfere di certi polizieschi<br />
metropolitani e neri dei primi anni<br />
Settanta. La successiva Portrait<br />
of Tracy è una oasi di pace dopo<br />
tanta frenesia. Pastorius mette in<br />
mostra tutta la sua sapienza musicale<br />
tra armonici delicati, quasi<br />
pre ambient, in un pezzo dedicato<br />
alla sua prima moglie. Opus Pocus<br />
è un po’ misterioso e sembra<br />
preannunciare la prossima avventura<br />
con i Weather Report.<br />
Sulla stessa linea d’onda si muove<br />
Onkoko Y Trompa. Rientra nel<br />
jazz canonico la successiva (Used<br />
To Be A) Cha-cha, dove tra illustri<br />
ospiti agli archi ascoltiamo le<br />
pirotecniche soluzioni del basso,<br />
esplosivo ma anche soffice. Ancora<br />
gli archi protagonisti, questa<br />
volta in modo più rilassato, nella<br />
conclusiva Forgotten Love a<br />
chiudere questo fantastico album.<br />
Le successive ristampe, anche in<br />
CD, con due outtakes, hanno ricordato<br />
la grandezza di questo artista,<br />
scomparso prematuramente<br />
e in modo assurdo nel 1987. Il suo<br />
passaggio ha fortemente influenzato<br />
gli artisti che l’hanno seguito,<br />
vedi Marcus Miller o Stanley<br />
Clark, persino in ambiti inaspettati<br />
- si pensi alla grande ammirazione<br />
dichiarata da Robert Trujillo,<br />
bassista dei Metallica! Cercatelo<br />
nella rete.<br />
PILLOLE<br />
Genesis<br />
TRESPASS<br />
LP9021 1 LP 180 gr.<br />
L’album con il quale<br />
iniziò la favola dei<br />
Genesis con Peter<br />
Gabriel, fece la sua<br />
comparsa all’alba<br />
degli anni Settanta, tra le<br />
avanguardie del Prog inglese.<br />
Probabilmente è il successivo Nursery<br />
Crime il loro vero capolavoro<br />
ma Looking fo Someone e The<br />
Knife sono pezzi da conoscere per gli<br />
amanti del genere.<br />
www.soundandmusic.com<br />
Dire Straits<br />
LOVE OVER GOLD<br />
Dir. Bruno Walter CSO<br />
Warner – 1 LP 180 gr.<br />
Rimasterizzato da<br />
Bernie Grundman a<br />
partire dal nastro<br />
analogico originale,<br />
questo album<br />
allargò gli orizzonti e le ambizioni<br />
musicali del gruppo guidato da Mark<br />
Knopfler. I pezzi si dilatano, ci sono<br />
solo cinque tracce e il pop lascia<br />
sempre più spazio a un rock maturo,<br />
sempre gradevole e affascinante.<br />
www.soundandmusic.com<br />
Vladimir Horowitz<br />
THE STUDIO RECORDINGS<br />
NEW YORK 1985<br />
DG LDH75905 – 1 LP 180 gr.<br />
Definito il Liszt del<br />
ventesimo secolo,<br />
Horowitz è<br />
tutt’oggi<br />
considerato uno<br />
dei migliori interpreti della<br />
letteratura pianistica classica e<br />
romantica. In commemorazione del<br />
30° anniversario della sua morte (5<br />
novembre 2019), Deutsche<br />
Grammophon sta ristampando<br />
alcune delle leggendarie<br />
registrazioni di Horowitz su vinile da<br />
180 g, incluso il suo tre volte vincitore<br />
del Grammy Award, The Studio<br />
Recordings New York 1985.<br />
www.musicdirect.com/vinyl/Vladimir-<br />
Horowitz-The-Studio-Recordings-<br />
New-York-1985-%28180g-Vinyl-<br />
LP%29<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 75
SELECTOR<br />
di Antonio Gaudino<br />
PARTE I<br />
Le cover<br />
al tempo del rock<br />
Il vinile è stato il grande ritorno della seconda decade del terzo millennio ma è impossibile dimenticare le<br />
copertine che hanno contraddistinto i dischi anni ’60 e dei primi ’70, probabilmente il momento di massimo<br />
splendore di questa forma di illustrazione. Senza malinconie e nostalgie sdolcinate abbiamo quindi scelto<br />
alcune storie di quel periodo partendo dagli artwork, i designer e i fotografi di cover immortali.<br />
Bob Dylan<br />
HIGHWAY 61 REVISITED<br />
Sundazed Music Inc. (1965)<br />
Foto: Daniel Kramer<br />
Quando il fotografo Daniel Kramer<br />
disse a Bob Dylan che avrebbe<br />
voluto fotografarlo mentre il<br />
cantautore faceva le cose che era<br />
solito fare – scrivere, suonare la<br />
chitarra, etc. – Dylan disse che<br />
non avrebbe funzionato, perché<br />
non gli sarebbe piaciuta una<br />
foto di copertina che lo ritraeva<br />
alla macchina da scrivere.<br />
Stessa cosa vale per la chitarra:<br />
l’artista, infatti, non suonava<br />
quasi mai fuori dal palco o agli<br />
studi d’incisione. Kramer non<br />
voleva assolutamente alterare<br />
l’immagine di Dylan. Per la<br />
foto che è finita sulla copertina<br />
di Highway 61 Revisitated ci è<br />
voluto un giorno di lavoro e un<br />
centinaio di scatti. Le gambe<br />
dell’uomo che si possono vedere<br />
dietro al cantautore sono quelle<br />
di Bobby Neuwirth, e servivano<br />
a riempire uno spazio vuoto; la<br />
macchina fotografica che l’uomo<br />
tiene in mano, invece, è ovviamente<br />
di Kramer e serviva per<br />
dare il giusto equilibrio all’immagine.<br />
Fu lo stesso Dylan a<br />
scegliere questa foto tra le tante<br />
scattate.<br />
The Rolling Stones<br />
OUT OF OUR HEADS<br />
ABKCO (1965)<br />
Foto: Gered Mankowitz<br />
Se gli appassionati di musica<br />
e i musicisti stessi hanno un’ideale<br />
immaginario dei Rolling<br />
Stones come “guerrieri da strada”<br />
dall’aspetto dandy è anche<br />
grazie alla foto realizzata<br />
dall’inglese Gered Mankowitz<br />
per l’album Ou Of Our Heads.<br />
Mankowitz aveva appena 18<br />
anni quando venne contattato<br />
dal manager della band per<br />
fare lo scatto. In realtà qualche<br />
mese prima lo aveva chiamato<br />
Marianne Faithful per commissionargli<br />
la copertina di The<br />
Salisbury Pub. Probabilmente,<br />
vedendo la bellissima foto della<br />
Faithful, Andrew Oldham gli<br />
chiese di occuparsi della copertina<br />
dell’album degli Stones.<br />
Il risultato fu una foto in bianco<br />
e nero “ritoccata” attraverso un<br />
verde leggero che ritrae i nostri<br />
in uno spazio strettissimo che<br />
sembra essere un sottile passaggio<br />
fra due palazzi, un vicolo.<br />
Tutto questo nella versione<br />
UK mentre per quella USA,<br />
riprodotta a sinistra, Gered<br />
Mankowitz realizzò qualcosa di<br />
più diretto, scuro e con i volti in<br />
primo piano dove, stranamente,<br />
il frontman Mick Jagger è l’ultimo<br />
in fondo, quasi “disperso”<br />
fra gli altri esponenti della band.<br />
Mankowitz continuò a collaborare<br />
con i Rolling Stones fino al<br />
1967, quado la band ruppe con<br />
il manager Oldham. Negli anni<br />
’60, però, lavorò con altri grandissimi<br />
artisti come Jimi Hendrix,<br />
Traffic, The Yardbirds, Soft<br />
Machine e negli anni ’70 con<br />
Elton John, Kate Bush, Eurythmics,<br />
Duran Duran e altri ancora.<br />
Recentemente ha collaborato<br />
regolarmente con la rivista di<br />
musica Mojo e ha fotografato,<br />
fra gli altri, Oasis, Verve, Catatonia<br />
e Kula Shaker.<br />
The Rolling Stones<br />
AFTERMATH<br />
ABKCO (1966)<br />
Foto: David P. Bailey e Jerry<br />
Schatzberg<br />
Due immagini completamente<br />
diverse fra loro fanno da supporto<br />
visivo alle due uscite, statunitense<br />
e britannica, dell’album<br />
Aftermath. Per un titolo<br />
che significa letteralmente “periodo<br />
immediatamente seguente<br />
ad un avvenimento” la copertina<br />
pubblicata in America è quella<br />
che coglie meglio questo concetto.<br />
I Rolling Stones sono immortalati<br />
in una foto che li mostra<br />
sfumati, fuori fuoco, come se si<br />
fossero mossi durante lo scatto.<br />
E l’immagine potrebbe giusto<br />
esserne l’“aftermath”, il risultato.<br />
Tutti i componenti della band<br />
sono seduti in posa ma è come<br />
se non sapessero che il fotografo<br />
è pronto a scattare la foto, perché<br />
sembra che Keith Richards<br />
si stia addirittura grattando la<br />
guancia. Mentre la versione che<br />
vediamo sopra (UK) è quella più<br />
famosa e nota al pubblico: volti<br />
in primo piano e chiaroscuri<br />
giocati sul violetto. È forse un<br />
effetto creato in seguito durante<br />
la stampa ma di certo questa<br />
luce che contorna le sagome del-<br />
76 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
la band dà un effetto piacevole<br />
e caldo alla foto. La copertina<br />
virata sul viola è volutamente<br />
molto più scura e fa sembrare<br />
Mick Jagger e compagni dei<br />
veri ragazzi cattivi. Due mercati<br />
diversi, due copertine diverse.<br />
Una cosa che all’epoca si usava<br />
molto, anche per il piacere dei<br />
fan di possedere tutte e due le<br />
versioni.<br />
The Beatles<br />
SGT. PEPPER’S LONELY<br />
HEARTS CLUB BAND<br />
EMI (1967)<br />
Foto: Peter Blake<br />
Ovviamente Sgt. Pepper’s è finita<br />
tra le copertine più controverse<br />
di sempre ma è anche una delle<br />
immagini più famose della storia<br />
del rock. La foto è una matassa<br />
piena di riferimenti enigmatici e<br />
non: dietro ai Beatles appaiono<br />
personaggi – voluti dalla stessa<br />
band – che in una maniera o<br />
nell’altra avevano segnato il loro<br />
percorso musicale e personale.<br />
Tra questi il teorico dell’LSD Timoty<br />
Leary (tra l’altro l’album<br />
contiene la canzone Lucy In The<br />
Sky Of Diamond, una sorta di<br />
anagramma di LSD) e il padre<br />
del satanismo Aleister Crowley<br />
oltre a Marilyn Monroe, Marlon<br />
Brando e Marx. Vennero<br />
scartati dalla lista “ospiti” Gesù<br />
Cristo, Hitler e Ghandi: figure<br />
di uomini fortemente contrastanti<br />
l’uno con l’altro, nel<br />
“bene” (Cristo e Ghandi) e nel<br />
“male” (Hitler). Sgt. Pepper’s ha<br />
anche portato delle novità nella<br />
storia delle copertine: la stessa<br />
versione è uscita contemporaneamente<br />
in tutto il mondo (cosa<br />
rara per quei tempi) e il termine<br />
“album” nasce con questo disco<br />
visto che aveva la particolarità<br />
di aprirsi come un album fotografico.<br />
È stato anche il primo<br />
disco a mettere i testi sul retro<br />
della copertina.<br />
The Doors<br />
THE DOORS<br />
Wea (1967)<br />
Foto di copertina: Guy Webster<br />
Foto del retro copertina: Joel<br />
Brodsky<br />
Design e direzione artistica:<br />
William S. Harvey<br />
“Odio la copertina del nostro<br />
primo album, le nostre facce<br />
sono odiose ed inutili”, disse<br />
nel 1968 Jim Morrison a un<br />
quotidiano di Los Angeles. Effettivamente<br />
la foto che appare<br />
su The Doors raffigura il primo<br />
piano di Morrison in grande e<br />
gli altri componenti della band<br />
in piccolo, sovrapposti in parte<br />
sul viso del leader dei Doors.<br />
Lo sfondo scuro della fotografia<br />
scattata da Guy Webster rende<br />
ancora più luminoso il volto del<br />
cantante che, grazie a queste immagini<br />
che girarono per il mondo,<br />
divenne nel giro di breve tempo<br />
un sex symbol a tutti gli effetti.<br />
La particolarità di questa copertina,<br />
però, sta nel logo che avrebbe<br />
campeggiato da quel momento in<br />
poi su tutti i dischi dei Doors. Fu<br />
William S. Harvey a disegnarlo<br />
nel 1966, utilizzando per “Doors”<br />
un carattere arrotondato, con le<br />
“O” a “chicco di caffè” e la “S” a<br />
“farfalla”, e un carattere completamente<br />
diverso per “The”, dal<br />
sapore decisamente psichedelico.<br />
Big Brother & The Holding Company<br />
(feat. Janis Joplin)<br />
CHEAP THRILLS<br />
Columbia (1968)<br />
Copertina: Robert Crumb<br />
Tra i personaggi creati che hanno<br />
reso popolare il fumettista Robert<br />
Crumb ce ne sono tre in particolare:<br />
Mr. Natural, Devil Girl e Fritz<br />
The Cat. E poi c’è il disegno di copertina<br />
di Cheap Thrills. Crumb<br />
venne chiamato da Janis Joplin<br />
in persona, che gli commissionò<br />
questo lavoro da realizzare<br />
nell’arco di una notte. L’idea era<br />
quella di rappresentare i Big Brother<br />
and The Holding Company, e<br />
naturalmente Janis Joplin, in un<br />
fumetto. Il tutto condito con lo stile<br />
fantasioso dell’artista che cancella<br />
le inibizioni per dare spazio<br />
a movimento, ricerca del piacere,<br />
religiosità orientale e sarcasmo.<br />
Un esempio: la raffigurazione<br />
del chitarrista James Gurley (in<br />
basso a sinistra nella copertina)<br />
è quella di un santo, hippie, con<br />
un occhio da ciclope, che fuma.<br />
Un’idea straordinaria trasformata<br />
in una copertina audace, che nella<br />
versione giapponese riporta i<br />
dialoghi delle “nuvolette” nella<br />
lingua nipponica.<br />
Jimi Hendrix<br />
AXIS: BOLD AS LOVE<br />
MCA (1968)<br />
Disegno di copertina: David<br />
King e Roger Law<br />
Questa immagine che ritrae Jimi<br />
e i suoi compagni Noel Redding<br />
e Mitch Mitchell, realizzata da<br />
David King e Roger Law (che<br />
insieme hanno anche collaborato<br />
alla famosa copertina dei<br />
Who The Who Sell Out) contiene<br />
riferimenti specifici alla cultura<br />
religiosa indiana. I volti dei tre<br />
“Experience” sono disegnati sopra<br />
un poster religioso indiano.<br />
Hendrix non sembrò molto contento<br />
di questa particolare scelta<br />
stilistica, con la quale lui e la sua<br />
band non avevano niente a che<br />
fare. In un’intervista a una rivista<br />
britannica, l’artista disse: “Quando<br />
per la prima volta vidi il disegno<br />
pensai che fosse grandioso<br />
che avessero fatto un’illustrazione<br />
indiana di noi, ma forse<br />
sarebbe stato più indicato che si<br />
trattasse di indiani d’America”.<br />
Questo perché Hendrix aveva<br />
fatto un album decisamente “indiano<br />
d’America” ispirandosi alla<br />
cultura degli indiani d’America.<br />
Per quella particolare illustrazione,<br />
che non piaceva a Hendrix,<br />
vennero spese 3.000 sterline.<br />
The Jimi Hendrix Experience<br />
ELECTRIC LADYLAND<br />
MCA (1968)<br />
Foto: David MontgomeryDesign:<br />
David King<br />
Prevedibilmente la prima versione<br />
di questa ardita coperti-<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 77
SELECTOR<br />
na, che includeva donne nude,<br />
venne censurata negli Stati<br />
Uniti all’uscita dell’album.<br />
Fu quindi ristampata con un’altra<br />
immagine (quella raffigurata)<br />
e la versione originale fu<br />
disponibile solamente nell’assai<br />
più tollerante Vecchio<br />
Continente. In realtà pare che<br />
prima dell’uscita di Electric<br />
Ladyland Jimi Hendrix avesse<br />
dato disposizioni alla sua casa<br />
discografica sulla copertina in<br />
questione, mandando una foto<br />
(in cui compaiono lui e la band<br />
seduti in un parco circondati<br />
da bambini) e delle bozze,<br />
chiedendo che la frase “Letter<br />
to the room full of mirrors” venisse<br />
messa in copertina. Queste<br />
disposizioni non vennero<br />
prese in considerazione – il suo<br />
manager optò per la controversa<br />
copertina per preservare<br />
l’immagine dell’artista – ma<br />
che questo episodio sia vero<br />
è indicato anche dal fatto che<br />
all’interno di una riedizione<br />
di Electric Ladyland del 1997<br />
si trovi la scritta “Letter to the<br />
room full of mirrors”. Ad ogni<br />
modo, la copertina censurata<br />
fu un successo e fu copiata da<br />
molti: più recentemente da<br />
Kid Loco per un suo album di<br />
remix (Jesus Life for Children<br />
Under 12 Inches), fino a un<br />
celebrato servizio fotografico<br />
per Q fatto a Moby dopo l’uscita<br />
di 18.<br />
The Beatles<br />
ABBEY ROAD<br />
The Apple/Parlophone (1969)<br />
Foto: Iain Macmillan<br />
Design: Peter Blake<br />
Una “normale” foto che ha<br />
reso celebre una bella e alberata<br />
via a nord di Londra, per<br />
l’appunto “Abbey Road”. Alle<br />
spalle dei Beatles sorgono gli<br />
studi di registrazione omonimi<br />
alla via e all’album, dove i fab<br />
four escono per attraversare<br />
le famose strisce pedonali (da<br />
tempo ci sono due poltroncine<br />
in legno, alla fine del passaggio,<br />
per far sedere gli innumerevoli<br />
visitatori quotidiani che<br />
contemplano quel passaggio<br />
“cult”). La forza della copertina<br />
è nella “semplicità” stessa:<br />
quel loro stare in fila indiana<br />
rompe gli schemi, consente<br />
d’immaginare qualsiasi cosa,<br />
una volta attraversata la strada.<br />
Ritratti ognuno nel proprio<br />
abbigliamento, sottolinea bene<br />
le personalità normali o stravaganti<br />
dei quattro. Lennon in<br />
completo bianco e mani in tasca<br />
guida la coda, McCartney,<br />
in mezzo, attraversa scalzo<br />
e con una sigaretta in mano<br />
(particolare recentemente rimosso<br />
dalla compagnia dei<br />
poster americana per la gioia<br />
delle associazioni anti-fumo).<br />
Harrison e Star appaiono più<br />
sobri e distaccati. Lo scatto fu<br />
scelto da McCartney (tra le sei<br />
che fece il fotografo, il quale<br />
ebbe a disposizione solo dieci<br />
minuti). In seguito girò la voce<br />
che McCartney fosse morto in<br />
un incidente stradale prima di<br />
fare lo scatto e che nella foto<br />
fosse stato rimpiazzato da<br />
una persona che gli assomigliava.<br />
Questa diceria voleva<br />
che Lennon, nella sua veste<br />
bianca, simbolizzasse il sacerdote<br />
a capo della processione<br />
del funerale e che McCartney<br />
scalzo fosse la salma. Il fatto<br />
che tenesse la sigaretta nella<br />
mano destra, benché fosse<br />
mancino, dava adito a questa<br />
teoria. Abbey Road rimane ad<br />
oggi la copertina più “plagiata”<br />
di tutti tempi.<br />
Tim Buckley<br />
BLUE AFTERNOON<br />
Straight (1969)<br />
Foto: John Williams e Frank Bez<br />
Design: John Williams<br />
Guardando attentamente questa<br />
copertina, nel formato originale,<br />
si ha come la sensazione<br />
di udire quel senso di dolore<br />
intenso, forte e al tempo stesso<br />
“irrimediabile”, che l’artista<br />
“emana” nella sua espressione.<br />
Il volto di Tim Buckley, sfumato<br />
in un verde lattiginoso, viene<br />
colto di profilo, rivolto verso<br />
l’alto, mentre ad occhi chiusi<br />
sussurra versi durante una delle<br />
sue grandiose performance,<br />
o forse si “ricarica” attraverso<br />
un raggio di sole accecante.<br />
Frank Bez (noto fotografo di<br />
cantanti degli anni ’60, come<br />
Johnny Cash e i Byrds) e John<br />
Williams riescono a catturare<br />
“l’anima” inquieta di Tim Buckley,<br />
nel momento più alto e<br />
creativo della sua carriera. Bellissime<br />
anche le foto all’interno<br />
dell’album che presentano un<br />
Buckley più sereno mentre è appoggiato<br />
a un albero, o cammina<br />
sistemandosi il colletto della<br />
camicia, o mentre sorride alla<br />
camera in uno scatto in bianco<br />
e nero.<br />
The Doors<br />
STRANGE DAYS<br />
Wea (1969)<br />
Foto: Joel Brodsky<br />
Design, concetto, artwork e<br />
direzione artistica: William S.<br />
Harvey<br />
Per il secondo album dei<br />
Doors Jim Morrison voleva<br />
un’immagine che non contenesse<br />
affatto il suo viso,<br />
una richiesta decisamente in<br />
controtendenza con ciò che<br />
erano le regole del mercato<br />
discografico all’epoca. La<br />
band, piuttosto, voleva qualcosa<br />
che si ispirasse al film La<br />
strada di Federico Fellini,<br />
con personaggi caratteristici<br />
che dessero la sensazione di<br />
un’ambientazione totalmente<br />
surreale. Furono scelti un<br />
energumeno che lavorava in<br />
un circo e che per arrotondare<br />
lo stipendio faceva il buttafuori,<br />
un guidatore di taxi<br />
che nella foto veste i panni del<br />
trombettista, un nano scovato<br />
in un hotel residenziale di<br />
New York e dei giocolieri, tra<br />
cui Frank Kollegy, l’assistente<br />
del fotografo Joel Brodsky.<br />
Il gruppo si può vedere solo facendo<br />
molta attenzione, visto<br />
che compare su un manifesto<br />
attaccato al muro, con sotto un<br />
adesivo con la scritta “Strange<br />
Days”. La foto fu scattata<br />
a Sniffen Court, un quartiere<br />
di New York, e i Doors furono<br />
felicissimi di come Brodsky e<br />
Harvey interpretarono la loro<br />
richiesta, e di come riuscirono<br />
a dare l’impressione di un circo<br />
di strada e Ray Manzarek<br />
disse che era la copertina più<br />
bella di tutta la discografia dei<br />
Doors.<br />
78 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
SELECTOR<br />
de il Tremila<br />
Andrea Sartini<br />
BACH IN<br />
MY MIND<br />
<strong>SUONO</strong>records<br />
ANDREA SARTINI<br />
BACH ON MY MIND<br />
Odi Bach, visto da un’altra<br />
prospettiva… La parola<br />
“contaminazione” ben<br />
si attaglia all’operato di<br />
Andrea Sartini, musicista<br />
e soprattutto uomo<br />
di ampie vedute, poco fossilizzato su stilemi<br />
che, pure nel suo excursus professionale,<br />
avrebbero potuto prendere il sopravvento.<br />
Se così non fosse mai sarebbe potuto nascere<br />
Bach on My mind, rivisitazione delle arie<br />
di Bach in chiave jazzistica, l’ultimo nato della<br />
collana musicale <strong>SUONO</strong>musica.<br />
Pur provenendo dalla musica classica, Sartini<br />
si è poi avvicinato al jazz a metà dei suoi<br />
studi affascinato dal fatto che in questo genere<br />
di musica “si improvvisa, si rielabora,<br />
ogni volta che si suona si lascia una parte<br />
di sé nel brano”. Sintesi di questa visione<br />
della musica quanto accaduto poco dopo il<br />
diploma: “stavo preparando un concerto di<br />
musica classica e in tale occasione proposi<br />
di inserire qualche brano di Bach in versione<br />
moderna. Da lì fondai il gruppo, a cui si aggiunse<br />
un fidato contrabbasso e, di seguito,<br />
una lunga serie di irrequieti batteristi, molti<br />
di loro semplici mercenari...”. Perché Bach,<br />
per Sartini (e non solo per lui), è una sorta<br />
di Stella Polare: “La musica di Bach è un’enorme<br />
fonte di ispirazione per diversi motivi:<br />
innanzitutto lo spirito con cui si faceva<br />
musica nell’epoca barocca, sempre in parte<br />
improvvisata, pensata al momento con alcune<br />
tracce guida (si veda, ad esempio, il principio<br />
del basso continuo); tale libertà non<br />
era presente solo nella melodia, che poteva<br />
(anzi doveva) essere variata con l’aggiunta<br />
di abbellimenti, ma anche nell’assenza di<br />
segni di interpretazione: Bach scrive solo<br />
le note, non il modo in cui esse vanno suonate;<br />
era consuetudine, infine, utilizzare delle<br />
sigle numeriche per il basso continuo, come<br />
indicazioni armoniche, allo stesso modo in<br />
cui oggi nel jazz si suggeriscono le armonie<br />
sopra il tema principale”. Tutto ciò fa sì che<br />
vi sia un ponte storico-estetico tra Bach e il<br />
jazz dei giorni nostri, unico nel suo genere.<br />
Al tempo stesso, quasi in omaggio a una sorta<br />
di legge del contrappasso, in passato Sartini<br />
ha “investigato” il suo orizzonte musicale<br />
risciacquando la lingua… nel grande mainstream<br />
della canzone leggera, anche se di<br />
un certo spessore, con l’operazione “Battisti<br />
Jazzisti”, di cui <strong>SUONO</strong> curò i natali. Sulla<br />
base di questo esperimento è nata l’idea di<br />
trasporre la musica di Bach in un contesto<br />
differente, quello del jazz, appunto.<br />
Bach in My Mind è nato su Logic X ed è stato<br />
finalizzato con lo stesso software. Le potenzialità<br />
che offre il mondo attuale delle DAW<br />
e in generale del sound engineering sono talmente<br />
tante che a volte si corre il rischio di<br />
esagerare con la postproduzione e finire con<br />
lo snaturare il sound originale: si è quindi<br />
cercato di approcciarsi al lavoro di missaggio<br />
con molto rispetto non solo dei brani originali<br />
di Bach ma anche della nuova veste che<br />
gli era stata data dal musicista. La prima cosa<br />
da fare è stata valorizzare le personalità timbriche<br />
degli strumenti; per farlo sono state<br />
utilizzate emulazioni di equalizzatori vintage<br />
come il Pultec EQP 1-a, famoso per aggiungere<br />
calore e brillantezza al suono. Sono stati<br />
utilizzati anche equalizzatori dall’approccio<br />
decisamente più moderno come il FabFilter<br />
Pro-Q2, così preciso e intuitivo da consentire<br />
quasi di disegnare il suono. In una seconda<br />
fase ogni strumento o gruppo di strumenti<br />
(se pensiamo alla batteria o agli archi) è stato<br />
sottoposto a un lavoro di modesta compressione<br />
della dinamica utilizzando, anche in<br />
questo caso, le migliori emulazioni di compressori<br />
vintage per garantire a ogni parte<br />
di essere presente e corposa nella maniera<br />
più coerente con gli arrangiamenti. Infine è<br />
stato scelto un ambiente unico nel quale far<br />
suonare gli strumenti in modo da restituire<br />
all’ascoltatore la sensazione di una band che<br />
suona i brani dal vivo. I moderni reverberi<br />
a convoluzione permettono di scegliere tra<br />
centinaia di ambienti diversi, dalle sale da<br />
concerto ai teatri, dagli spazi aperti ai locali<br />
di qualunque dimensione. Così si è potuto<br />
intervenire ascoltando i brani in ambienti<br />
80 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
Classica<br />
diversi per poi trovare quello più consono.<br />
In definitiva sono stati effettuati degli interventi<br />
mirati in maniera piuttosto classica: la<br />
bellezza di questo progetto è nella musica<br />
scritta, non c’era bisogno di stupire con effetti<br />
speciali anche se lavorare con un mixer analogico<br />
come l’SSL4000G+ è stata la ciliegina<br />
sulla torta che ha dato quell’uniformità di<br />
suono necessaria, senza smarrire i dettagli.<br />
BACH ON MY MIND:<br />
Istruzioni per l’uso<br />
Allemanda<br />
L’Allemanda fa parte della più ampia Partita<br />
BWV 1013 che Bach. Il manoscritto è<br />
stato datato intorno al 1722 ma sembra che<br />
Bach lo scrisse quattro anni prima. Primo<br />
brano della raccolta, fu composto in stile<br />
francese, una tendenza musicale nei confronti<br />
della quale il compositore si sentiva<br />
particolarmente sensibile. La Partita è simile<br />
alla forma della Suite e nel nostro caso prevedeva<br />
un unico strumento solista: il flauto<br />
traverso. Il traversiere non va considerato<br />
una semplice evoluzione del flauto traverso<br />
odierno, basti solo pensare che il primo utilizza<br />
il complesso sistema di suoni naturali,<br />
complesso per i moderni ascoltatori, mentre<br />
il secondo adotta il sistema temperato, di<br />
cui il Clavicembalo “ben temperato” è uno<br />
straordinario esempio.<br />
Clavicembalo ben temperato<br />
Il temperamento equabile è una teoria matematico-musicale<br />
per la realizzazione di una<br />
scala musicale. Il principio del buon temperamento<br />
è quello di prendere un intervallo<br />
di 8ª, una distanza che rende i due suoni che<br />
la compongono molto simili, a tal punto che<br />
siamo portati a dare loro lo stesso nome: ad<br />
esempio Do grave e Do acuto. Tutti gli altri<br />
suoni rimanenti vengono distribuiti suddividendo<br />
in 12 parti uguali tale intervallo, facendo<br />
così coincidere i suoni alterati: il Do<br />
diesis con il Re bemolle, ecc. Il Clavicembalo<br />
ben temperato è una raccolta di preludi e<br />
fughe divisa in due libri, il primo fu scritto<br />
nel 1722 e il secondo vent’anni dopo, in tarda<br />
età, nel 1744. Raccoglie dunque 24 preludi<br />
e fughe, ciascuno in una tonalità diversa: 12<br />
tonalità maggiori, 12 tonalità minori. Poiché<br />
i libri sono due, parliamo di un totale di 48<br />
preludi associati a 48 fughe.<br />
Concerto per due violini e orchestra<br />
Il termine “concerto” nacque dall’uso di far<br />
contrapporre, e nello stesso tempo, legare<br />
insieme più strumenti diversi. Non più<br />
pochi, non più un unico timbro omogeneo,<br />
ma diverse voci, di cui alcuni addirittura in<br />
evidenza. La forma del concerto prevede<br />
tre brani separati, tre tempi che alternano<br />
andamenti e carattere contrastanti: Allegro,<br />
Adagio, Allegro. Nel caso specifico del<br />
concerto BWV 1043 ho elaborato esclusivamente<br />
il tema iniziale del primo tempo, il<br />
Vivace, un motivo esposto dai due strumenti<br />
solisti, i violini, e articolato quanto mai sul<br />
principio del dialogo tipico della forma del<br />
concerto. Bach, che studiò molto lo stile italiano,<br />
scrisse il concerto probabilmente tra<br />
il 1717 e il 1723.<br />
Concerto Brandeburghese<br />
Bach compose il Quinto Concerto Brandeburgo,<br />
donandolo al margravio del Brandeburgo,<br />
da cui il nome dell’intera raccolta.<br />
Questo concerto è tra i più importanti dei<br />
sei, per l’originalità delle scelte fatte dal compositore.<br />
Si tratta di un concerto grosso, per<br />
cui è un brano per orchestra, in cui spicca un<br />
piccolo gruppo di strumenti (detto concertino)<br />
che si alterna continuamente con l’intero<br />
organico; l’esigenza di alternare i due gruppi,<br />
il concertino e il tutti, era dovuta ovviamente<br />
a una necessità estetico-compositiva, tuttavia<br />
giustificata anche dal fatto che all’interno<br />
del piccolo gruppo v’erano i musicisti più<br />
bravi. Nel nostro caso gli strumenti solisti<br />
sono flauto e violino, accompagnati dal clavicembalo,<br />
anche se il ruolo di quest’ultimo<br />
strumento non era certo di tradizionale sostegno<br />
armonico, e qui infatti troviamo la<br />
prima grande intuizione di Bach, utilizzata<br />
in questo brano: il clavicembalo ha un largo<br />
spazio in cui è utilizzato come uno strumento<br />
solista, addirittura alla metà circa del primo<br />
tempo l’intera orchestra si ferma, lasciandogli<br />
tutta la scena.<br />
Siciliana<br />
La Siciliana è il secondo tempo della Sonata<br />
BWV 1031, per flauto e clavicembalo. Lo<br />
strumento a corde pizzicate non si limita ad<br />
accompagnare con un basso continuo semplice,<br />
al contrario l’autore ha voluto indicare<br />
dettagliatamente le note nella partitura, definendo<br />
oltretutto il ruolo del clavicembalo<br />
come “concertante”.<br />
Suite<br />
Bach scrisse le sue 4 suite per orchestra<br />
intorno tra il 1721 e il 1730. La suite n. 3<br />
è famosa per contenere l’Aria sulla quarta<br />
corda ma la n. 2 è probabilmente la più<br />
celebre; il suo organico prevede un flauto,<br />
trattato quasi da strumento solista, e un’orchestra<br />
d’archi, con l’aggiunta chiaramente<br />
di un clavicembalo per il basso continuo.<br />
Nel Cinquecento venne via via formandosi<br />
l’abitudine di accostare due danze di carattere<br />
piuttosto contrastante: lenta la<br />
prima, veloce la seconda, ritmo binario la<br />
prima, ternario la seconda. Tale struttura<br />
prevedeva 4 brani, tutti della medesima tonalità,<br />
tutti di origine geografica diversa e,<br />
come detto poc’anzi, di carattere e velocità<br />
contrastanti: allemanda (moderata, binaria,<br />
tedesca), corrente (brillante, ternaria,<br />
francese), sarabanda (molto lenta, ternaria,<br />
spagnola), giga (molto veloce, ternaria, italiana).<br />
Inoltre alcuni autori introducevano<br />
il tutto con un brano iniziale che poteva<br />
esser chiamato ouverture, preludio o sinfonia.<br />
La successione dei brani della nostra<br />
suite è la seguente: preludio, rondeau, sarabanda.<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 81
SELECTOR<br />
di Paolo Corciulo<br />
Leonard Cohen<br />
THANKS<br />
FOR THE<br />
DANCE<br />
Sony<br />
Un pianeta di<br />
nome Leonard<br />
Cohen: nove<br />
canzoni inedite<br />
per far risuonare<br />
la voce di Leonard<br />
Cohen.<br />
È di qualche<br />
giorno fa (22 novembre), infatti, l’uscita<br />
di Thanks for the Dance, album postumo<br />
che magari non aggiunge (e davvero non potrebbe,<br />
visto la smisurata produzione quasi<br />
tutta di altissimo livello dell’artista) molto<br />
alla sua vita di artista ma colma, almeno in<br />
minima parte, il peso della perdita di uno dei<br />
maggiori cantautori di ogni tempo incollandoti<br />
brano dopo brano all’ascolto. Un timbro<br />
che è un marchio di fabbrica come per Van<br />
Morrison, Dylan, Jagger e pochi altri eletti<br />
ma come loro e più di loro Cohen andrebbe<br />
catalogato alla voce generica (ma per<br />
questo omnicomprensiva) di poeta: Cohen<br />
è stato musicista, scrittore e poeta, prima<br />
di tutto poeta e non solo cronologicamente<br />
(nel 1957 con il titolo di Six Montreal Poets,<br />
otto poesie da lui recitate) ma per quella<br />
sua straordinaria capacità di regalare un<br />
punto di vista romantico e al tempo stesso<br />
scettico e critico. A cominciare da quell’inno<br />
all’amore, troppo veloce, troppo fugace,<br />
consumato nella splendida cornice dell’isola<br />
di Idra con Susanne e celebrato nell’omonima<br />
canzone. Poi, tutti gli altri capitoli (libri<br />
compresi) di una saga lunga quasi 50 anni<br />
(il debutto musicale con The Songs of Leonard<br />
Cohen nel 1967) interrotta dalla sua<br />
scomparsa nel novembre del 2016. I tre anni<br />
che separano dall’oggi non hanno scalfito<br />
la memoria della sua figura: un grande<br />
concerto evocativo, il riconoscimento del<br />
Canada al suo artista (non è da tutti apparire<br />
in una serie di francobolli commemorativi<br />
emessi in occasione di quello che<br />
sarebbe stato il suo 85mo compleanno) e<br />
ora questo Thanks for the Dance che ce ne<br />
ripropone vivida la voce, come se Cohen<br />
fosse ancora lì a scrutarci, con quella sua<br />
aria da crooner ironico e raffinato. Happens<br />
To The Heart apre l’album infatti in piena<br />
atmosfera “da Cohen”, quasi che il sottile<br />
trait d’union tra l’artista e il pubblico non si<br />
sia mai spezzato malgrado gli eventi. Dolce<br />
e struggente The Night Of Santiago, persino<br />
più essenziale grazie al solo accompagnamento<br />
alla chitarra (non ci sono note<br />
in merito ma suppongo sia a cura di Javier<br />
Mas, che ha assistito Cohen sul palco negli<br />
ultimi tour) e che sollecita pienamente<br />
le corde dell’emozione. Leggermente più<br />
“ricco” il brano che dà il nome all’album<br />
e che sembra (consapevolmente o meno)<br />
il suo vero testamento musicale, dove “la<br />
notte è appena iniziata” ma parte (l’ultima)<br />
ballata sotto un cielo dove “il blu è<br />
così blu”. E così via, con andamento lento e<br />
l’aurea teatrale che più di ogni altro Cohen<br />
saprebbe evocare, anche semplicemente<br />
leggendo l’elenco degli accessori disponibili<br />
per un’auto commerciale!<br />
D’altronde è la stessa genesi del disco ad aver<br />
suggerito una dimensione intimistica. Dalla<br />
precedente collaborazione per You Want<br />
82 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
Rock<br />
It Darker Adam Cohen aveva conservato<br />
alcuni materiali grezzi: poco più che bozzetti<br />
o, a volte, semplici tracce con la sola voce<br />
del padre. Lavorandoci su, cercando di<br />
aggiungere il meno possibile per mantenerne<br />
lo spirito originario, Adam Cohen ha chiamato<br />
a riempire rispettosamente i silenzi amici<br />
e colleghi suoi e del carismatico genitore: il<br />
canto di Damien Rice e Leslie Feist, Richard<br />
Reed Parry degli Arcade Fire al basso, Bryce<br />
Dessner dei The National alla chitarra, il compositore<br />
Dustin O’Halloran al piano. All’interno<br />
di una produzione globale (Montreal, Los<br />
Angeles, Berlino) hanno trovato posto anche<br />
le collaborazioni di Daniel Lanois con i suoi<br />
raffinati arrangiamenti e di Jennifer Warnes<br />
che ha registrato le secondi voci o di Beck che<br />
ha contribuito alla chitarra e all’arpa ebraica.<br />
Un ideale abbraccio sincero e probabilmente<br />
definitivo (solo momentaneamente<br />
allontanato) che nulla ha a che vedere<br />
con l’ipotesi e il rischio che Thanks for the<br />
Dance possa apparire come una raccolta<br />
di B-sides: ne traspare la forza, l’amore e<br />
l’energia in ogni brano, ognuno a ricordarci<br />
quanto sedimentato in noi ci sia di<br />
Leonard Cohen, un artista che ha ispirato<br />
oltre 3.000 cover version e la cui musica<br />
è stata utilizzata nelle colonne sonore di<br />
centinaia di film e serie televisive con un<br />
gradimento nemmeno tanto piccolo anche<br />
nel nostro Paese (I cento passi, La Meglio<br />
gioventù, Mia Madre…), primo nel<br />
rendergli omaggio (“Istruzioni per sopravvivere<br />
alla sconfitta - Una serata per<br />
Leonard Cohen” - Venerdì 4 ottobre 2019).<br />
Chansonnier universale Cohen, il più grande<br />
di tutti o (perlomeno) il più originale, visto il<br />
sedimentato intreccio tra produzione letteraria<br />
e composizione musicale. Così Thanks for<br />
the Dance è semplicemente indispensabile<br />
e non solo per la pochezza delle alternative<br />
sfornate attualmente. Un giudizio di parte,<br />
certo, ma non potrebbe essere che così da<br />
chi considera The Favourite Game uno dei<br />
principali romanzi formativi, Beautiful Losers<br />
come uno dei titoli più belli in assoluto<br />
(insieme a Chiedi alla polvere di John Fante)<br />
e Bird on the Wire l’inno più bello che si<br />
ricordi alla pace e alla libertà.<br />
Hasta siempre Leonard!<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 83
SELECTOR<br />
di Vittorio Pio<br />
È<br />
davvero un colpo al cuore<br />
quello che ufficialmente<br />
è stato presentato come<br />
l’ultimo brano della<br />
carriera di Franco Battiato,<br />
forse l’unico fra i nostri<br />
cantautori che possa fregiarsi per davvero<br />
del titolo di Maestro. Il titolo, Torneremo<br />
ancora, è eloquente, profetico,<br />
già malinconico, e dà il titolo alla raccolta<br />
dal vivo che comprende anche quattordici<br />
tra le vette assolute di una carriera che<br />
non teme confronti (da Povera Patria a<br />
La cura, da E ti vengo a cercare a I treni<br />
di Tozeur, tutte interpretate con una rapinosa<br />
e struggente carica emotiva). I brani<br />
sono stati registrati nel 2017, durante le<br />
prove di quello che sarebbe dovuto essere<br />
un tour, immediatamente sospeso per<br />
motivi di salute; tutto acquista un nuovo<br />
respiro grazie all’apporto della Royal<br />
Philharmonic Concert Orchestra, diretta<br />
da Carlo Guaitoli, fidatissimo sodale di<br />
Battiato. Al netto di speculazioni e sciacallaggi,<br />
visto che l’artista non appare pubblicamente<br />
per dei problemi che restano<br />
seri, alcuni dei quali riportati fedelmente<br />
dalle cronache di quello stesso periodo:<br />
c’è da fare i conti con una doppia frattura<br />
Franco Battiato<br />
TORNEREMO<br />
ANCORA<br />
Sony Legacy<br />
a femore e bacino, circostanza che all’età<br />
di 74 anni gli impedisce un completo recupero<br />
fisico. Quell’inedito che ti incenerisce<br />
il cuore, invece, è stato scritto e composto<br />
insieme a Juri Camisasca e Battiato,<br />
84 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
sebbene con una voce largamente compromessa,<br />
è ancora capace di inchiodarci<br />
al muro con parte dei nostri interrogativi<br />
sul tempo che abbiamo davanti: “La vita<br />
non finisce, è come il sonno; la nascita<br />
è come il risveglio, finché non saremo<br />
liberi”. “Sicuramente è un brano piuttosto<br />
intenso ma è nato discutendo sul<br />
problema dell’immigrazione”, sottolinea<br />
Camisasca, “Inizialmente si chiamava I<br />
migranti di Ganden; lo avevamo iniziato<br />
con l’intenzione di affrontare la questione<br />
ma poi ci siamo resi conto che sviluppare<br />
il concetto in forma politica non risuonava<br />
col nostro percorso artistico. Così<br />
lo abbiamo trasformato in un discorso<br />
sull’universalità della migrazione, delle<br />
anime e delle persone, del resto siamo<br />
tutti migranti fin quando non torneremo<br />
a casa alla nostra dimora ultima, come<br />
ci insegnano diverse religioni e discipline,<br />
a partire da quelle orientali. Testo e<br />
musica sono scritti in parti uguali, come<br />
sempre è successo quando io e Franco abbiamo<br />
lavorato insieme”. Pino “Pinaxa”<br />
Pischetola, da parecchi anni insostituibile<br />
sound-engineer di Battiato, ha cercato di<br />
delineare una situazione ingarbugliata in<br />
sede di conferenza stampa. “Franco non<br />
sta sufficientemente bene per essere qui<br />
con noi ma non posso nemmeno dire che<br />
sta male, se non altro perché l’ho sentito<br />
al telefono e mi dice che sta bene. Avevamo<br />
registrato la voce poco più di due anni fa e<br />
poi sulla sua stessa partitura è intervenuta<br />
la Royal Philarmonic Concert Orchestra,<br />
con il suo tipico timbro e colore che caratterizza<br />
l’intero l’album, sistemato definitivamente<br />
a casa sua, nell’home studio che<br />
ha allestito per comodità. Quando Franco<br />
ha sentito l’esito finale si è molto commosso”.<br />
E sulla sua malattia invece taglia corto:<br />
“In questi anni ne abbiamo sentite di tutti i<br />
colori ma l’unica cosa giusta è lasciarlo in<br />
pace. Non abbiamo mai voluto rispondere<br />
per non alimentare polemiche”. E mentre<br />
molti fan di Battiato sui social invocano<br />
quel rispetto che non sempre in questi due<br />
anni di silenzio è stato dimostrato, il suo<br />
manager Franco Cattini avverte: “Questo di<br />
Franco è il suo ultimo brano ufficiale, non<br />
abbiamo più suo materiale negli archivi”.<br />
Ma tutti noi speriamo romanticamente<br />
che sia un errore.
SELECTOR<br />
di Vittorio Pio<br />
Carla Marciano<br />
PSYCHOSIS<br />
Challenge<br />
Riprendendo il celeberrimo<br />
Lo Zen e l’arte della<br />
manutenzione della<br />
motocicletta di Robert<br />
M. Pirsig, c’è un passaggio<br />
che ben si adatta<br />
al recente omaggio a Bernard Herrmann<br />
firmato da Carla Marciano, Sassofonista<br />
di personalità e valore: con Psychosis<br />
la Marciano ha firmato una musica<br />
magmatica e circolare che andrebbe<br />
ascritta all’estetica classica, quella che<br />
secondo Pirsig allude a “uno stile personale,<br />
il cui scopo non è quello di ispirare<br />
direttamente emozioni ma di creare l’ordine<br />
dal caos: tutto è sotto controllo, e il<br />
suo valore si misura proprio in base alla<br />
continuità di questo controllo”. Un lavoro<br />
importante che prende le mosse simbolicamente<br />
da un evento accaduto qualche<br />
anno fa quando la Marciano, rivedendo<br />
Taxi driver, ne esamina in nuova luce<br />
le musiche (appunto di Hermann). Un<br />
lavoro particolarmente impegnativo,<br />
perché rielaborare, arrangiare e adattare<br />
dei brani, concepiti per orchestre sinfoniche<br />
e d’archi, per un quartetto jazz, è<br />
stato quasi come reinventarli. Un lavoro<br />
di vera e propria composizione, come sottolinea<br />
l’artista: “Ho voluto creare degli<br />
spazi improvvisativi totalmente originali,<br />
fatti su misura per il mio quartetto. Non è<br />
stato semplice nemmeno scegliere le tonalità;<br />
i temi suonati da un’orchestra hanno<br />
un’estensione molto ampia in termini di<br />
altezza musicale, quindi difficili da rendere<br />
per un unico strumento solista quale<br />
il sassofono. Ad ogni modo ho aspettato<br />
sempre l’ispirazione giusta, dettatami<br />
dalla musica originale, senza mai forzarla.<br />
In Taxi driver ho cambiato totalmente<br />
l’impianto armonico del brano; in Marnie,<br />
dopo lo sviluppo del tema, ci sono<br />
nuove parti che non hanno alcuna attinenza<br />
armonica con il brano originale;<br />
nella Scene d’amour di Vertigo ho inserito<br />
invece una struttura per improvvisare, simile<br />
a una piccola parte del tema, ma dilatata;<br />
in Twisted nerve e Psycho ho dato<br />
sfogo alla mia vena modale; nel Preludio<br />
di Vertigo, Alessandro La Corte ha arrangiato<br />
tenendo fede alla struttura armonica<br />
del brano, utilizzando sax e contrabbasso<br />
come ensemble ed inserendo degli<br />
elementi ritmici tipici del drum&bass. C’è<br />
poi una track intitolata From Marnie to<br />
Twisted nerve che è una mia composizione<br />
di concezione quasi free, che fa da ponte<br />
tra i due brani. Molto importante è stato<br />
poi l’inserimento dei sintetizzatori, direi<br />
fondamentale per lo sviluppo di alcune sonorità”.<br />
Tutte le musiche, in pratica, sono<br />
tratte da thriller psicologici in cui i protagonisti<br />
sono affetti da psicosi, nevrosi, ansie<br />
e fobie e il disco può essere anche inteso<br />
come l’invito a una riflessione di carattere<br />
sociale, un’attenzione particolare rivolta<br />
alle persone affette da disturbi psichici di<br />
diversa gravità, come conferma l’artista: “La<br />
mia speranza è che la società e le istituzioni<br />
possano accorgersi della presenza di tante<br />
persone ammalate e sfortunate, molte volte<br />
86 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
Jazz<br />
“invisibili”, e che possano tendere una mano<br />
a loro e ai loro familiari, troppo spesso abbandonati<br />
a se stessi”.<br />
Particolare è anche l’organizzazione del lavoro<br />
all’interno del quartetto, dove ha<br />
lavorato con Alessandro La Corte, in<br />
arte pianista e co-arrangiatore di questo<br />
quartetto, compagno, nella vita, di Carla<br />
Marciano: “In genere io compongo o arrangio<br />
al pianoforte, le mie idee prendono<br />
forma lì e poi si spostano sul sassofono.<br />
C’è poi una fase di confronto tra noi due,<br />
visto che anche lui è un fine arrangiatore.<br />
Quindi arriva il momento del lavoro di<br />
scrittura delle parti che, nel caso di questo<br />
disco, è stato davvero impegnativo:<br />
proprio Alessandro mi è stato di grande<br />
aiuto. Per alcuni brani è stato quasi come<br />
scrivere delle partiture di musica classica.<br />
Non è un caso, infatti, l’aver suscitato<br />
l’interesse della Challenge Records, che è<br />
anche un’etichetta di musica classica oltre<br />
che di jazz”. Su www.suono.it, disponibile<br />
l’intervista integrale all’artista.<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 87
SELECTOR<br />
di Daniele Camerlengo<br />
Giovanni Falzone Open Quartet<br />
L’ALBERO<br />
DELLE FATE<br />
Parco Della Musica Records<br />
Distesa brillante e spazio magico, un luogo che<br />
offre passaggi d’umore e favorisce il lento fluire<br />
di energie cosmiche dentro noi e le nostre fugaci<br />
vite. La grandezza della normalità che accoglie<br />
il libero pensiero creativo del trombettista Giovanni<br />
Falzone, quel delizioso paesaggio del Lago di Endine ha<br />
ispirato L’albero Delle Fate, il nuovo lavoro discografico licenziato<br />
dalla Parco Della Musica Records. Un suggestivo racconto<br />
sonoro delle sue escursioni d’animo accolto e avvalorato da un<br />
nobile quartetto che annovera Enrico Zanisi al piano, Jacopo<br />
Ferrazza al contrabbasso e l’illuminante Alessandro Rossi alla<br />
batteria. Cartoline fatte da idee melodiche e sentieri armonici<br />
carichi di purezza emozionale. La tromba di Falzone soffia bellezza<br />
e ne dipinge l’incanto, derimendo le sozzure e gli abbagli<br />
della virtualità contemporanea. Il ritmo pervade l’intero flusso<br />
compositivo che avvicenda al jazz la ricerca e le forme di scrittura<br />
che hanno caratterizzato il XX Secolo. Una piacevole ed<br />
errante indagine acustica che acuisce la già notevole discografia<br />
di Giovanni Falzone.<br />
Brian Lynch<br />
THE OMNI-AMERICAN<br />
BOOK CLUB /<br />
MY JOURNEY THROUGH<br />
LITERATURE IN MUSIC<br />
Hollistic MusicWorks<br />
Una ardente passione che cresce e si sedimenta nel<br />
sorriso luminoso degli occhi che scorrono parole e<br />
punteggiatura, un movimento che vibra ed alimenta<br />
la fame di storie e di pensiero umano e nella purezza<br />
della vicinanza di intenti si lega indissolubilmente al<br />
linguaggio di suoni e ai suoi costrutti estemporanei. Questo è stato il<br />
moto passionale che ha permesso a Brian Lynch, vincitore del prestigioso<br />
GRAMMY, di realizzare The Omni-American Book Club, nuovo lavoro<br />
discografico in due CD. Un progetto musicale per “Big band” composto<br />
e arrangiato da Lynch a cui partecipano numerose stelle del jazz: Regina<br />
Carter, Donald Harrison, Dave Liebman, Dafnis Prieto, Orlando “Maraca”<br />
Valle e Jim Snidero. The Omni-American Book Club, sottotitolato<br />
“My Journey Through Literature In Music”, è legato concettualmente al<br />
libro The Omni-Americans dello scrittore afroamericano Albert Murray,<br />
che Lynch lesse durante il liceo rimanendo folgorato dalla descrizione<br />
della società americana sostenuta nella sua evoluzione dalla coscienza<br />
sociale e culturale afroamericana. Lo scorrere compositivo offre una<br />
veduta d’insieme del mondo di Lynch come compositore, arrangiatore<br />
e solista nella sua prima esperienza da leader in una Big Band, rivelando<br />
all’interno della sua preziosa scrittura le influenze di musica latina, jazz,<br />
hip hop, trap e funk. Esempio della sagacia e brillantezza delle conturbanti<br />
idee musicali i coinvolgenti ritmi swing e latini accolti e arricchiti<br />
dal lavoro creativo del sax soprano del leggendario Dave Liebman in The<br />
Trouble With Elysium.<br />
88 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
SELECTOR<br />
Eric Hofbauer And Dylan Jack<br />
REMAINS OF<br />
ECHOES<br />
Creative Nation Music<br />
Un ideale mosaico di copertine belle e caratterizzanti, i<br />
dischi degli eroi musicali che hanno colonizzato molte<br />
adolescenze irrequiete e attraverso le loro canzoni ne<br />
hanno influenzato i momenti cruciali. Storie di suoni<br />
che grazie alla loro ricchezza narrativa hanno avuto<br />
una presa diretta e devastante nelle coscienze creative di Eric Hofbauer e<br />
Dylan Jack che con Remains Of Echoes, ultima fatica discografica licenziata<br />
dalla Creative Nation Music, hanno voluto ricordare il loro passato<br />
di ascolti e l’evoluzione temporale e cognitiva che ne ha permesso una<br />
nuova e brillante interpretazione. Il titolo di questo album ritorna concettualmente<br />
al pensiero scarno ed essenziale contenuto nel brano Up<br />
From the Skies di Jimi Hendrix, che si domanda se la musica non sia<br />
altro che i resti di vibrazioni ed echi di un passato remoto. Hofbauer e<br />
Jack destrutturano il reperto compositivo, ponendo l’attenzione sull’aspetto<br />
resiliente e ancestrale della scrittura e della nuova esposizione.<br />
Libertà d’intenzione nella rivisitazione dei temi e una scarna deposizione<br />
di ciò che rimane delle ammiccanti vibrazioni dei brani dei loro idoli,<br />
disegnando una linea immaginaria che va da Ellington a Charlie Parker,<br />
da Monk a Mingus, da Miles a Ornette e Don Cherry, giungendo fino a<br />
Hendrix e ai Police. La peculiarità che pervade l’intera esperienza d’ascolto<br />
è la circolarità emozionale che si respira nel dialogo strumentale<br />
tra gli improvvisatori dell’area di Boston, soprattutto il loro modo di<br />
cercarsi e incunearsi tra le cellule melodiche e ritmiche, nel tentativo<br />
di immaginare una vita altra della materia musicale.<br />
Aldo Mella<br />
UDITO<br />
Claudiana<br />
Il magazzino aurale di una vita impastata di suoni e contrabbasso,<br />
un percorso nato dal caso avverso ma ficcante nel<br />
suo sviluppo di crescita. Il succedaneo incedere del senso<br />
e dello straordinario racconto di ciò che è stata la propria<br />
esperienza musicale rendono questa opera discografica un<br />
ricco grimorio di vita vissuta. Aldo Mella regala agli appassionati di<br />
jazz e non solo Udito, un cofanetto composto da due CD, licenziato<br />
dalla prestigiosa Claudiana, nel quale propone una musica già<br />
sentita ma che racchiude le variegate influenze musicali che hanno<br />
caratterizzato la sua formazione di musicista. Un lavoro compositivo<br />
che nasce a seguito di un infortunio a un dito che ha costretto il<br />
contrabbassista di Pinerolo a non poter suonare il suo strumento per<br />
molti mesi e quindi a dedicarsi alla scrittura e agli arrangiamenti.<br />
Una mole di materiale che è stato condiviso con i compagni di sempre,<br />
ben 46 musicisti che hanno approvato, entusiasti, il progetto,<br />
colorando con le loro visioni creative i vibranti mondi di Mella che<br />
si aprivano ai loro strumenti. Il Jazz, le colonne sonore degli anni<br />
Settanta, le conturbanti musiche dei popoli ma soprattutto un favoloso<br />
interscambio di energia positiva ed emozioni che coinvolge già<br />
dalla prima traccia. Cari amici Udite e lasciatevi rapire dalla bellezza<br />
che le vostre orecchie accoglieranno ben volentieri.<br />
90 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
Molta strada<br />
ancora da fare…<br />
Per molti millennians la persona nella foto è un illustre sconosciuto, eppure<br />
è l’autore di un libro diventato icona di un movimento generazionale fondato<br />
su una sorta di perpetuo movimento e scandito da un nuovo tipo di musica<br />
fonte ispiratrice di un fenomeno culturale come il beat.<br />
Il continuo desiderio di migliorare, la necessità di non fermarsi alla superficie<br />
degli eventi sono anche la “cifra” dell’operare di <strong>SUONO</strong> e ne hanno determinato<br />
la lunga strada percorsa dal 1971 ad oggi. Molta strada è ancora da fare,<br />
sopratutto per andare oltre lo stato di fatto, i preconcetti e i luoghi comuni...<br />
: l’altro punto di vista<br />
SOLO SUL<br />
www.suono.it<br />
NOSTRO SITO<br />
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COLLEZIONE STORICA SFOGLIABILE<br />
PUBBLICAZIONI DIGITALI
CUT ‘N’ MIX CONCERTI | CINEMA | LIBRI | SOCIETÀ | ARTE<br />
Totalmente<br />
dentro la musica<br />
di Daniele Camerlengo<br />
Canta da quando ha iniziato a pronunciare le sue prime parole - “mia madre spesso cantava in casa<br />
e mi divertivo a farlo insieme a lei” - ma la consacrazione alla musica per Emma Frank è avvenuta<br />
verso i 20 anni ed è stata totalizzante, al punto da non poterne più fare a meno.<br />
Nelle visioni immateriali<br />
di dentro Emma<br />
Frank mette a nudo<br />
le sue idee di amore, lussuria,<br />
insicurezza, impegno e tristezza<br />
per avvicinare le intimità della<br />
sua mente a coloro che ascoltano<br />
la sua musica; canzoni che<br />
durante le loro vite fanno luce su<br />
alcuni aspetti esistenziali della<br />
cantante rimasti fino a quel momento<br />
nell’ombra, incorniciati<br />
da testi penetranti e dalla sua<br />
voce calda e sottile come la seta.<br />
Una carriera in evoluzione che<br />
già l’ha portata sui palcoscenici<br />
più prestigiosi di tutto il mondo.<br />
Ora, con Come Back, il nuovo e<br />
straordinario lavoro discografico,<br />
è pronta a entrare nei cuori<br />
e nelle orecchie di chi ancora<br />
non ha carezzato la sua bellezza<br />
creativa. Di questo e altro parla<br />
in esclusiva per <strong>SUONO</strong>...<br />
Raccontaci il tuo percorso<br />
di studi musicali.<br />
Ho preso qualche lezione di piano<br />
da bambina e ho iniziato a<br />
prendere lezioni di canto all’età<br />
di undici anni. Facevo parte di<br />
diverse formazioni corali e nel<br />
frattempo mi dedicavo molto<br />
al teatro musicale. Nell’ultimo<br />
anno di liceo, l’insegnante e direttrice<br />
della jazz band scolastica<br />
mi ha chiesto di farne parte,<br />
una fantastica esperienza che<br />
ha accresciuto il mio bagaglio<br />
di conoscenze e ha aperto molto<br />
la mia mente. Successivamente<br />
ho conseguito una laurea in<br />
letteratura al college ma è stato<br />
molto frustrante: non credo di<br />
aver capito quanto potesse essermi<br />
utile nel proseguo delle<br />
mie attività professionali. Ho<br />
trascorso tutto il mio tempo<br />
libero lavorando sulla musica<br />
- principalmente prendendo lezioni<br />
private di voce, pianoforte<br />
e teoria musicale, oltre a un paio<br />
di lezioni facoltative di coro jazz<br />
e storia della musica.<br />
L’Eroe o un periodo musicale<br />
che ti ha accompagnata<br />
durante la tua formazione?<br />
Non so se ho un eroe musicale<br />
al momento. Ci sono così tanti<br />
artisti formidabili là fuori che<br />
fanno musica eccezionale. Ho<br />
avuto alcuni mentori - Amanda<br />
Baisinger è stata la mia prima<br />
insegnante vocale e ha avuto<br />
una grande influenza su di me,<br />
Dominique Eade, con cui ho<br />
preso lezioni di canto per diversi<br />
anni, e Aaron Parks, che è stato<br />
una parte centrale della mia crescita<br />
artistica negli ultimi anni.<br />
Cosa vuol dire oggi essere<br />
una cantante di jazz?<br />
Difficile definirlo. Non sono sicura<br />
di identificarmi come una<br />
cantante jazz, anche se adoro<br />
improvvisare e mi piace usare<br />
la composizione come punto di<br />
partenza per l’improvvisazione.<br />
92 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
XXX XXX<br />
EMMA FRANK<br />
Come Back<br />
Justin Time Records<br />
Conosci il movimento<br />
musicale BAM?<br />
Si lo conosco e con loro ho un<br />
ottimo feeling.<br />
Le intenzioni di vita e il<br />
viaggio immateriale dei suoi<br />
pensieri sono le tematiche<br />
forti dell’album Come Back.<br />
Come nasce questa terza<br />
fatica discografica?<br />
Ho scritto alcune canzoni e poi<br />
le ho finalizzate con Aaron Parks<br />
e con il mio produttore Franky<br />
Rousseau. Le abbiamo registrate<br />
a Montreal e successivamente<br />
abbiamo trascorso molto tempo<br />
in post produzione, aggiungendo<br />
suoni e archi.<br />
Come prendono vita le tue<br />
composizioni?<br />
In genere scrivo, contemporaneamente,<br />
armonia, melodia<br />
e testi e dato che si tratta di<br />
un mole enorme di informazioni,<br />
trascorro molto tempo a<br />
riguardare tutto il lavoro fatto<br />
e a perfezionarlo.<br />
Che rapporto hai con<br />
l’improvvisazione?<br />
Adoro improvvisare, lo faccio<br />
da molto tempo e nel contesto<br />
giusto è una delle mie libertà<br />
preferite. Non amo improvvisare<br />
sugli standard o utilizzando<br />
il tipico linguaggio bebop. Non<br />
mi viene naturale farlo.<br />
Cosa racconti nel singolo<br />
I Thought?<br />
Il messaggio è qualsiasi cosa<br />
riesca a entrarti dentro. Mi<br />
piace quando una canzone è<br />
abbastanza vaga da consentire<br />
alle persone di interpretarla<br />
in base alle loro emozioni e<br />
necessità esistenziali. Attraverso<br />
questa canzone sono riuscita<br />
a scansionare le mie abitudini<br />
di pensiero e a riconoscere che<br />
le mie convinzioni non sono<br />
sempre vere.<br />
In una tua playlist ideale<br />
quali brani o compositori<br />
non mancherebbero mai?<br />
Sicuramente Becca Stevens,<br />
Hiatus Kaiyote, Blake Mills,<br />
Andy Shauf, Joni Mitchell,<br />
Nina Simone, Alice Coltrane,<br />
Big Thief.<br />
Cosa accadrà nel tuo futuro<br />
prossimo? E quando verrai<br />
in Italia?<br />
Sono appena tornata da un lungo<br />
e gratificante tour. Adesso<br />
che sono tornata a casa sono<br />
felice di iniziare nuovamente<br />
a scrivere. Dovrei tornare in<br />
Europa a settembre/ottobre<br />
del 2020!<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 93
CUT ‘N’ MIX<br />
LIBRI<br />
Chris Roberts<br />
ELTON JOHN\ ROCKET MAN<br />
Rizzoli Illlustrati 240 pp – 34,99 euro<br />
Testimonianza autorevole<br />
con ben 235 immagini,<br />
incluse fotografie<br />
rare e finora inedite di<br />
Reginald Dwight meglio<br />
conosciuto come<br />
Elton John, un ragazzo<br />
timido, cresciuto a Pinner,<br />
immediata periferia<br />
di Londra, con un<br />
talento naturale per il pianoforte che sognava<br />
di diventare una pop star nonostante il<br />
parere opposto dei genitori. Ma al destino<br />
non ci si può opporre: a ventitré anni, dopo<br />
una partenza a razzo in Inghilterra, quel tipo<br />
strampalato, che inforcava degli occhialini<br />
alla Buddy Holly, fece il suo debutto anche<br />
in America, di fronte a un pubblico inizialmente<br />
perplesso e poi totalmente avvinto: il<br />
nostro indossava una salopette giallo brillante,<br />
una maglietta disseminata di stelle luccicanti<br />
e degli stivali con le ali. Fu un trionfo e<br />
da quel momento in poi il mondo della musica<br />
non sarebbe più stato lo stesso. Sbalzato<br />
in un’altalena di emozioni che hanno contraddistinto<br />
il suo privato come la musica,<br />
ecco le vorticose immagini che ne hanno<br />
fatto il cantante inglese più popolare dai<br />
tempi dei Beatles. Al centro di tutto c’è ovviamente<br />
la musica: il prediletto pianoforte,<br />
i concerti che lo hanno consacrato all’olimpo<br />
del rock, proprio da quel primo show al Troubadour<br />
di Los Angeles, passando per i magici<br />
tour di Captain Fantastic che ne hanno<br />
costellato gli anni Settanta e proiettato di<br />
slancio negli anni Ottanta. Sullo sfondo le<br />
preziose amicizie con Lady Diana, Gianni Versace,<br />
John Lennon, Freddie Mercury e George<br />
Michael, fino alla creazione della Elton<br />
John AIDS Foundation e il recente Farewell<br />
Yellow Brick Road: più di 300 concerti attraverso<br />
cinque continenti per dare l’arrivederci<br />
alla musica e stare più con suo marito<br />
David e i piccoli che hanno adottato. Per<br />
condensare il racconto fotografico di una vita,<br />
tra sfarzi, scivoli e resurrezioni fra palco e<br />
realtà.<br />
Vittorio Pio<br />
Alberto Fiori<br />
SCRIVO RACCONTI PERCHÉ L’ATTENZIONE<br />
SCEMA<br />
L’Erudita 176 pp – 20,00 euro<br />
Il libro è una raccolta di<br />
trentuno storie dallo stile<br />
fluido che porta alle<br />
estreme conseguenze<br />
situazioni politiche e<br />
sociali negative. L’autore<br />
de Il capitolo che non c’era<br />
di Pinocchio, il musicista<br />
Alberto Fiori, si lancia<br />
nella sfida, attraverso<br />
una serie di racconti brevi,<br />
di attirare alla lettura<br />
anche chi non lo è. Fiori<br />
ha promosso il libro con dei reading con la sua<br />
band, I Merlatti, mischiando la narrazione alle<br />
atmosfere sonore che ha immaginato potessero<br />
supportarla.<br />
Agostino Bistarelli<br />
Francesco Faraci<br />
JOVA BEACH PARTY\CRONACHE DA UNA<br />
NUOVA ERA<br />
Rizzoli Electa 256 pp – 24,99 euro<br />
Arriva l’instant book di<br />
una delle tournèe più<br />
chiacchierate della storia,<br />
ovvero l’ardito beach<br />
party di Lorenzo Jovanotti<br />
in alcune delle più suggestive<br />
località italiane.<br />
Si è fatto un gran parlare,<br />
spesso a sproposito, di<br />
quello che è stato un<br />
happening unico e colorato,<br />
profondamente rispettoso dei luoghi in cui<br />
si è svolto e che ha unito un pubblico pacifico<br />
per quanto disomogeneo, riguardo ad estrazione<br />
e classe anagrafica, nel segno del teorema<br />
“godere senza distruggere”. In queste pagine<br />
Faraci sigilla un perfetto diario di ciò che è successo<br />
su e giù per l’Italia, da Lignano a Rimini,<br />
da Roccella Jonica a Fermo, con una ostica tappa<br />
in montagna nello stupendo scenario di Plan<br />
de Corones e l’ultimo bagno di folla a Linate. Un<br />
mare di facce che fuoriesce con la sequenza<br />
giusta negli scatti di Faraci, capace di intercettare<br />
quel salto di frequenza in cui Jovanotti e la<br />
sua gente si sono innescati vicendevolmente,<br />
con una carica di energia e vibrazioni positive<br />
che fanno categoria a sè: immagini potenti, liberatorie<br />
e quasi selvagge, dal momento che<br />
l’adunata iniziava nel primo pomeriggio sotto<br />
un sole cocente e vicino al mare, quindi complice<br />
di istantanee disinibizioni a colpi di beat a<br />
levare. Chi c’era lo sa e ve lo confermerà, gli altri<br />
invece potranno meditare su un progetto e un<br />
personaggio che, piaccia o meno, è stato coerente<br />
e coraggioso nel suscitare estasi (fra i suoi<br />
fan) e scontento (fra i perbenisti oltranzisti e<br />
decostruttivi), che ne hanno seguito morbosamente<br />
le gesta.<br />
Vittorio Pio<br />
Daryl Sanders<br />
BOB DYLAN<br />
UN SOTTILE SELVAGGIO <strong>SUONO</strong> MERCU-<br />
RIALE. BOB DYLAN, NASHVILLE E BLONDE<br />
ON BLONDE<br />
Jimenez 285 pp – 18,00 euro<br />
Una giovane e appassionata<br />
casa editrice svela i<br />
restroscena di Blonde on<br />
Blonde, pietra miliare dylaniana<br />
che ha molti motivi<br />
per essere analizzato<br />
con tale dovizia di particolari,<br />
rispetto alla frammentazione<br />
giunta sino<br />
a qui: intanto si tratta del<br />
primo album doppio della storia, capace di giocare<br />
d’anticipo di qualche settimana rispetto<br />
all’altrettanto seminale Freak Out di Frank Zappa.<br />
Dal quel momento in poi i 33 giri saliranno definitivamente<br />
di rango in barba al lungo regno<br />
dei 45, anche grazie all’introduzione della più<br />
cerebrale (e blasonata) definizione di conceptalbum.<br />
Siamo nel 1966, a pochi mesi dal clamore<br />
del festival di Newport e Dylan è più che mai<br />
intenzionato a proseguire nella sua svolta elettrica,<br />
prendendo le distanze da quegli accenti<br />
di protesta propri al folk-rock, per incendiare le<br />
sue liriche con riferimenti criptici e plumbei,<br />
visionari e allegorici, colti e illuminati che pescano<br />
da Shakespeare e Rimbaud come la musica<br />
al country e al tex-mex. Decide di approfondire<br />
temi fino a quel momento per lui inediti,<br />
come ad esempio lo straniante affresco sulla<br />
femminilità che è contenuto nella palpitante<br />
Visions of Johanna, anche se un pò in tutto l’al-<br />
94 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
XXX XXX<br />
bum troviamo una celebrazione, non sempre lusinghiera,<br />
della donna. Questo è l’accesso a quel<br />
backstage così tanto vagheggiato e sempre tenuto<br />
nascosto, con le testimonianze dirette, di cui non<br />
si aveva traccia esplicita, di molte delle figure che<br />
bazzicarono quello studio di registrazione alla ricerca<br />
di “quel sottile e selvaggio suono mercuriale”,<br />
secondo una dichiarazione resa in una celebre intervista,<br />
che portò il nostro uomo dalle fascinazioni<br />
newyorkesi all’essenzialità di Nashville. Dylan<br />
scelse musicisti del calibro di Robbie Robertson e<br />
Al Kooper (proprio l’organo è lo strumento che<br />
conferisce l’identità primaria al disco), nella gestazione<br />
di un capolavoro divenuto poi una magnifica<br />
ossessione anche per le generazioni a venire, come<br />
analizzato dallo stesso Sanders nella calzante traduzione<br />
di Alessandro Besselva Averame.<br />
Vittorio Pio<br />
Massimo Padalino<br />
STORIE DI ORDINARIA FOLLIA ROCK<br />
Giunti 192 pp – 16,90 euro<br />
Ventisette ritratti per altrettanti<br />
affacci sul baratro<br />
della follia. Ordinaria però,<br />
quindi ineluttabile, come<br />
se si dovesse agire in quello<br />
stato di estraniamento<br />
dalla realtà per arrivare ad<br />
essere realmente creativi.<br />
Superstar assolute come<br />
gli Stones, Elvis, Zappa,<br />
Bowie, Syd Barrett, Nick Drake, Captain Beefheart<br />
si danno idealmente la mano inseguendosi in<br />
una galleria di paranoici, bugiardi, depressi, maniaci,<br />
schizzati, narcisisti e tossici, di cui vengono<br />
offerti aneddoti, connessioni, percorsi e cadute,<br />
al netto della statura siderale di artisti e delle loro<br />
spesso conseguenti miserie umane. In fondo<br />
ognuno di loro dovrebbe essere considerato per<br />
quanto di straordinario è stato realizzato sul palco<br />
e molto meno per la parallela e spesso angosciosa<br />
dimensione umana, di cui a volte viene<br />
preso in rassegna un singolo episodio, mentre in<br />
altre occasioni si scandaglia il carattere e le sue<br />
pericolose reiterazioni che ne hanno afflitto tutto<br />
quello che circolava su e giù da un palco. Lo<br />
stile è asciutto, le considerazioni argute e lucide,<br />
e anche quando si dirotta verso icone del jazzsoul<br />
come Thelonious Monk, Sun Ra e Nina Simone,<br />
la lettura rimane avvincente e fluida.<br />
Vittorio Pio<br />
La bella gente<br />
della Terrazza Martini<br />
La prima fu inaugurata a Parigi nel 1948, a<br />
seguire Milano, Barcellona, Pessione, Bruxelles,<br />
San Paolo, Londra e Genova. A Pessione,<br />
la Terrazza nasce dove nel 1863 Alessandro<br />
Martini e Luigi Rossi diedero vita al celebre<br />
aperitivo e precisamente nella palazzina<br />
in cui lo stesso Luigi viveva con la propria<br />
famiglia. A Milano la terrazza era un riferimento<br />
di qualità nell’ambito musicale: una<br />
presentazione in quella cornice era sinonimo<br />
di qualità...<br />
All’inizio furono i “Grandi Concerti Radiofonici<br />
Martini & Rossi”, che nel 1936 (e fino<br />
al 1964, con 352 esecuzioni) davano il via<br />
a un’iniziativa del tutto innovativa: grazie<br />
a questi appuntamenti musicali, gli italiani<br />
potevano scoprire e apprezzare i più grandi<br />
nomi della lirica da Maria Callas a Beniamino<br />
Gigli. Un binomio, quello Martini – musica<br />
classica, che sarebbe continuato anche negli<br />
anni Ottanta con il ciclo di concerti dedicati<br />
a Mozart con il violinista Salvatore Accardo.<br />
Non solo classica però: alle Terrazze hanno<br />
fatto tappa i nomi più importanti della musica<br />
italiana e internazionale, del rock pop e jazz:<br />
Herbert Von Karajan, Luciano Pavarotti, Amalia<br />
Rodriguez, Miriam Makeba, Bill Haley, Cindy<br />
Lauper, Yves Montand Harry Belafonte (nella<br />
foto) e Charles Aznavour, per non parlare di<br />
veri e propri eventi fenomenali come quando<br />
i Rolling Stones a Bruxelles nel 1964 radunano<br />
ai piedi del grattacielo che ospita “la Terrazza”<br />
un tale numero di persone da rendere necessario<br />
l’intervento della polizia per dirigere il<br />
traffico ormai bloccato.<br />
Una storia non ancora sopita, magari con una<br />
minore allure che in passato ma ancora ricca di<br />
un portato invidiabile: nel 2019 la partnership<br />
con il Jova Beach Party ma soprattutto la mostra<br />
“Terrazze Martini. Uno sguardo sul mondo”<br />
che racconta l’intreccio tra Martini e la storia<br />
della musica documentato da oltre trecento<br />
immagini inedite: Iva Zanicchi, i Rockets, Domenico<br />
Modugno, Ray Charles, Dionne Warwick,<br />
Rocky Roberts, Nancy Sinatra, Dalida e<br />
Julio Iglesias solo per citarne alcuni...<br />
<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 95
CUT ‘N’ MIX<br />
Strategie<br />
vo’ cercando<br />
L’ultimo giorno dello scorso ottobre<br />
ha visto l’inaugurazione presso<br />
il centro vendita LMC (Legendary<br />
Music & Cinema) Home Entertainment<br />
di Scottsdale, in Arizona,<br />
del “Focal Powered By Naim<br />
store”, non solo un angolo di un HYDE PARK<br />
negozio dedicato a queste marche<br />
o al più un negozio all’interno di<br />
CORNER<br />
un negozio; si tratta, infatti, diuna struttura con un proprio ingresso,<br />
separato dal negozio principale di LMC, ed è stato progettato dal team di<br />
Focal Naim per offrire al visitatore una completa esperienza con l’offerta<br />
di prodotti Focal e Naim. Sento aleggiare un gigantesco “...e chissene frega?”<br />
ma, vi prego, trattenetelo per un momento e continuante a leggere.<br />
Le opportunità offerte agli appassionati da questa iniziativa presentano<br />
vari aspetti interessanti: dalla possibilità di provare tutta la gamma di<br />
cuffie Focal alimentate dagli ottimi amplificatori Naim all’occasione di<br />
poter ascoltare un sistema monstre come quello composto dal network<br />
player Naim ND 555, con alimentazione separata (555 PS) per ogni<br />
canale, la coppia pre e finale Statement sempre di Naim e i diffusori<br />
Grande Utopia EM, il tutto assemblato e tarato al meglio (o quantomeno<br />
secondo i dettami ufficiali), visto che gli staff originali di Focal e Naim<br />
hanno partecipato alla messa a punto e all’inaugurazione dell’evento.<br />
Da LMC il visitatore può anche ascoltare un raffinato sistema in wall o<br />
una configurazione top per l’home theater e così via, in una completa<br />
rappresentanza di quel che i due marchi hanno pensato, sviluppato,<br />
costruito… Perché Naim e Focal, i più attenti lo sanno, sono parte della<br />
stessa società, controllata da un Equity Found. È abbastanza logico<br />
supporre che oltre a essersi incontrati, i due partner si siano scelti: Focal<br />
utilizza Naim come partner sonoro nelle sue uscite pubbliche e viceversa;<br />
entrambi utilizzano sistemi di riferimento (nelle sale d’ascolto aziendali,<br />
nel centro ricerca). E non è balzano immaginare che in qualche modo<br />
i programmi, la progettazione e il panorama di prodotti offerto siano<br />
sinergici. Niente di straordinario, normale amministrazione potremmo<br />
dire, almeno per quel che riguarda buona parte dei gruppi pluri marchio,<br />
una realtà che si è andata consolidando in queso terzo millennio, in<br />
particolare nel segmento dell’Hi-end dove un gruppo con capitale anche<br />
italiano (McIntosh Group) è stato uno degli antesignani in tal senso.<br />
Peccato che tali sinergie si diluiscano in parte a causa di strategie di<br />
distribuzione sedimentate nel tempo prima delle “fusioni” che in molti<br />
casi (sia McIntosh Group che Focal - Naim sono tra questi), vedono<br />
polverizzati i marchi su più distributori, situazione che annienta certe<br />
strategie di marketing studiate alla fonte. A meno che, ed è la direzione<br />
verso cui molti gruppi globali si stanno muovendo, non si provveda a<br />
riunificare il tutto anche a livello di distribuzione. McIntosh Group aveva<br />
in animo di creare dei centri pilota in Italia dopo averlo fatto negli USA<br />
ma gli manca un tassello per farlo. Stesso discorso per Naim e Focal.<br />
A meno che… Perché a pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina.<br />
Copyright Giulio Andreotti.<br />
Il Tremila<br />
PILLOLE DA 3000 MCG<br />
E POI DICONO<br />
DEGLI AUDIOFILI!<br />
A Sciocola’, il Festival del Cioccolato che si<br />
tiene a Modena, il maestro cioccolatiere<br />
Mirco Della Vecchia come omaggio al 50°<br />
compleanno di Michael Schumacher ha<br />
realizzato una copia in grandezza naturale<br />
della Ferrari F2004, l’auto con la quale il<br />
campione conseguì il maggior numero di vittorie. Venticinque i quintali di cioccolato<br />
Callebaut, uno dei maggiori produttori di cioccolato in Italia. A quando i<br />
cavi di potenza in cioccolato?<br />
NOMADI DIGITALI,<br />
QUINDI CON LA MUSICA<br />
Uno dei mezzi di elezione per gli<br />
spostamenti nella grande epoca dei<br />
concerti (do you know Woodstock?), il<br />
Ford Transit era e rimane il camper per<br />
eccellenza, attrezzato o abborracciato<br />
da casa mobile. Certo, quello attuale ha<br />
poco a che fare con il modello iconico di<br />
tanti anni fa, ma il Wi-Fi a bordo consente di lavorare e accedere allo streaming di<br />
musica e video per dieci dispositivi con un raggio d’azione di 15 metri dal veicolo.<br />
A TREVISO<br />
NON SOLO PER IL PALLADIO<br />
Per tutto novembre e fino al 7 dicembre<br />
Treviso è la capitale mondiale<br />
della Musica a Cappella: cinque gli<br />
appuntamenti con grandi ospiti da<br />
tutto il mondo per l’edizione numero<br />
15 della kermesse internazionale<br />
VivaVoce Festival.<br />
96 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
COOP.GIORNALISTICA MONDO NUOVO<br />
Sede in: VIALE BRUNO BUOZZI, 72 - 00197 - ROMA (RM)<br />
Codice fiscale: 04028131003 Partita IVA: 04028131003<br />
Capitale sociale: Euro 1.500,00 Capitale versato: Euro 1.500,00<br />
Registro imprese di: Roma N. iscrizione reg. imprese: 04028131003<br />
N.Iscrizione R.E.A.: 727347<br />
Bilancio al 31/12/2018<br />
STATO PATRIMONIALE ATTIVO<br />
al 31/12/2018 al 31/12/2017<br />
B ) Immobilizzazioni, con separata indicazione di quelle<br />
concesse in locazione finanziaria:<br />
I ) Immobilizzazioni immateriali: 3.678 4.601<br />
II ) Immobilizzazioni materiali: 5.620 9.768<br />
TOTALE Immobilizzazioni, con separata indicazione<br />
di quelle concesse in locazione finanziaria:<br />
9.298 14.369<br />
C ) Attivo circolante:<br />
I ) Rimanenze: 985 983<br />
II ) Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce,<br />
degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo:<br />
Entro l’esercizio 433.545 470.807<br />
Oltre l’esercizio (3.000) (3.000)<br />
TOTALE Crediti, con separata indicazione, per<br />
430.545 467.807<br />
ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio<br />
successivo:<br />
III ) Attivita’ finanziarie che non costituiscono<br />
20.000 20.000<br />
immobilizzazioni:<br />
IV ) Disponibilita’ liquide: 20.335 64.048<br />
TOTALE Attivo circolante: 471.865 597.044<br />
D ) Ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio 20.316 177<br />
su prestiti:<br />
TOTALE ATTIVO 501.479 564.300<br />
STATO PATRIMONIALE PASSIVO<br />
A ) Patrimonio netto:<br />
I ) Capitale 1.500 1.500<br />
IV ) Riserva legale 604 604<br />
VII ) Altre riserve, distintamente indicate: 76.034 77.904<br />
IX ) Utile (perdita) dell’esercizio 179 (1.870)<br />
TOTALE Patrimonio netto: 78.317 78.138<br />
B ) Fondi per rischi ed oneri: 320 320<br />
C ) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato 3.422 -<br />
D ) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce,<br />
degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo:<br />
Entro l’esercizio 417.764 465.326<br />
Oltre l’esercizio 1.656 20.516<br />
TOTALE Debiti, con separata indicazione, per<br />
419.420 485.842<br />
ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio<br />
successivo:<br />
TOTALE PASSIVO 501.479 564.300<br />
CONTO ECONOMICO<br />
A ) Valore della produzione:<br />
1 ) Ricavi delle vendite e delle prestazioni 160.906 212.981<br />
2), 3) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di<br />
2 (142)<br />
lavorazione, semilavorati e finiti e dei lavori in corso su<br />
ordinazione<br />
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di<br />
2 (142)<br />
lavorazione, semilavorati e finiti<br />
5 ) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei<br />
contributi in conto esercizio:<br />
contributi in conto esercizio 16.280 166.826<br />
altri 57.694 6.422<br />
Totale altri ricavi e proventi 73.974 173.248<br />
TOTALE Valore della produzione: 234.882 329.628<br />
B ) Costi della produzione:<br />
6 ) Costi materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci 39.486 30.939<br />
7 ) Costi per servizi 105.538 220.485<br />
8 ) per godimento di beni di terzi: 206 1.897<br />
9 ) per il personale:<br />
a ) Salari e stipendi 46.419 5.594<br />
b ) Oneri sociali 14.288 1.708<br />
c), d), e) trattamento di fine rapporto, trattamento di<br />
3.422 1.176<br />
quiescenza, altri costi del personale<br />
c ) Trattamento di fine rapporto 3.422 1.176<br />
TOTALE per il personale: 64.129 8.478<br />
10 ) Ammortamento e svalutazioni:<br />
a), b), c) ammortamento delle immobilizzazioni<br />
9.127 10.241<br />
immateriali e materiali, altre svalutazioni<br />
delle immobilizzazioni<br />
a ) Ammortamento delle immobilizzazioni immateriali: 4.242 4.711<br />
b ) Ammortamento delle immobilizzazioni materiali: 4.885 5.530<br />
TOTALE Ammortamento e svalutazioni: 9.127 10.241<br />
14 ) Oneri diversi di gestione 10.429 46.979<br />
TOTALE Costi della produzione: 228.915 319.019<br />
Differenza tra Valore e Costi della produzione 5.967 10.609<br />
C ) Proventi e oneri finanziari:<br />
16 ) Altri proventi finanziari:<br />
d ) proventi diversi dai precedenti<br />
altri - -<br />
Totale proventi diversi dai precedenti - -<br />
TOTALE Altri proventi finanziari: - -<br />
17 ) interessi e altri oneri finanziari<br />
altri 3.003 7.797<br />
Totale interessi e altri oneri finanziari 3.003 7.797<br />
TOTALE Proventi e oneri finanziari: (3.003) (7.797)<br />
Risultato prima delle imposte (A - B + - C + - D) 2.964 2.812<br />
22 ) Imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite<br />
e anticipate<br />
imposte correnti 2.785 4.682<br />
Totale delle imposte sul reddito dell’esercizio,<br />
2.785 4.682<br />
correnti, differite e anticipate<br />
23) Utile (perdite) dell’esercizio 179 (1.870)<br />
Anno: 2018 DETTAGLIO RICAVI<br />
1 Vendita di copie: € 111.531,61<br />
2 Pubblicità: € 47.581,00<br />
- Diretta: € 47.581,00<br />
- Tramite concessionaria: € 0<br />
3 Ricavi da editoria on line: € 1.793,77<br />
4 Abbonamenti € 1.793,77<br />
5 Pubblicità € 0<br />
6 Ricavi da vendita informazioni e servizi : € 0<br />
7 Ricavi da altra attività editoriale: €<br />
8 Totale voci 01 + 02 + 05 + 06 + 07: € 160.906,38<br />
(1) Proventi per royalties, brevetti, marchi<br />
Il presente bilancio corrisponde al vero.<br />
Il Legale Rappresentante<br />
Marta Nicoletti
Dove trovarci<br />
Redazione<br />
Via di Villa Troili 4 - 00163 Roma<br />
(t) 06.44.70.26.11<br />
@ info@suono.it<br />
Amministrazione<br />
(t) 06.44.70.26.11 + 105<br />
@ amministrazione@suono.it<br />
Abbonamenti e arretrati<br />
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Copia singola: 4,75 euro<br />
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(t) 335.76.03.234<br />
@ mauriziomassarotti@suono.it<br />
Direttore responsabile<br />
Paolo Corciulo p.corciulo@suono.it<br />
Direttore tecnico<br />
Fabio Masia<br />
Art Director<br />
Tommaso Venettoni<br />
Content Reviewer<br />
Francesco Bonerba<br />
Hanno collaborato<br />
Agostino Bistarelli, Francesco Bonerba, Daniele Camerlengo, Nicola Candelli, Paolo Corciulo,<br />
Carlo D’Ottavi, Marco Fullone, Antonio Gaudino, Vittorio Pio, Roberto Salafia, Il Tremila.<br />
Abbonamenti: annuale Italia € 60,00 (all inclusive).<br />
Pagamenti: c/c postale n. 62394648 o bonifico (IBAN: IT04W0760103200000062394648)<br />
specificare sempre la causale - da intestare a: Cooperativa Giornalistica Mondo Nuovo.<br />
Per info vedi www.suono.it/La-rivista<br />
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€ 90,00; Africa € 100,00; Asia/America € 110,00; Oceania € 120,00. Payments by international<br />
check (to: Cooperativa Giornalistica Mondo Nuovo - Italy).<br />
Direttore responsabile Paolo Corciulo<br />
Reg. Trib. Roma N.130 del 14/3/95 - anno XLVIX numero <strong>540</strong><br />
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Manoscritti, foto e originali, anche se non pubblicati, non si restituiscono.<br />
È vietata la riproduzione anche parziale di testi, documenti e fotografie senza l’autorizzazione<br />
scritta dell’Editore.<br />
Suono è un periodico che ha percepito (già legge 7 agosto 1990 n. 250) e percepisce i contributi<br />
pubblici all’editoria ( legge 26 ottobre 2016 n. 198, d.lvo 15 maggio 2017 n. 70).<br />
Il presente numero di <strong>SUONO</strong> è stato finito di stampare nel mese di novembre 2019.<br />
Cooperativa Giornalistica Mondo Nuovo<br />
Direttore editoriale<br />
Paolo Corciulo<br />
Distributore per l’Italia<br />
Press-di Distribuzione Stampa e Multimedia S.r.l.<br />
20134 Milano<br />
Stampa<br />
Tiber S.p.A.<br />
Via Della Volta 179 - 25124 Brescia (BS)<br />
(t) 030.35.43.439<br />
(f) 030.34.98.05<br />
INDICE INSERZIONISTI<br />
Audio Azimuth 23<br />
Audio Reference<br />
II Cop.<br />
Audiogamma - b&w 11<br />
Audiogamma - Martin Logan 19<br />
Audiogamma - Anthem 35<br />
Audioplus 41<br />
Cooperativa Giornalistica Mondo Nuovo 5, 73, 89, 91<br />
Gammalta Group - Pmc 27<br />
Gammalta Group 14, 18<br />
High Fidelity Italia - Accuphase 9<br />
Il Centro Della Musica 15<br />
Laboratorium 17<br />
Lp Audio - Moon<br />
III Cop.<br />
Mpi Electronic - PS Audio 57<br />
Mpi Electronic - Klipsch 69<br />
Mpi Electronic - Sonus Faber<br />
IV Cop.<br />
Openitem - Carot One 85<br />
Stereo Box 7<br />
Tecnofuturo - Luxman 13<br />
Tecnofuturo - Gold Note 31<br />
Tecnofuturo 49<br />
Tx Media S.r.l. - TX Media 79<br />
98 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019
Natural Fidelity<br />
In a constant pursuit for evolution, we reinvent the<br />
collection that best serves the Sonus faber values:<br />
performance, natural sound and human touch.<br />
Olympica Nova balances decades of technological<br />
advancements with the elegance of a timeless design.<br />
It’s a tribute to Italian artisanal craftsmanship.<br />
Olympica Nova is Sonus faber.<br />
sonusfaber.com<br />
DISTRIBUTORE UFFICIALE<br />
mpi electronic - tel. 02.93.61.101 - info@mpielectronic.com - www.mpielectronic.com