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SUONO n° 540

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N. XXX<br />

Editoriale<br />

di Paolo Corciulo<br />

Anche i coccodrilli piangono<br />

Nel suo editoriale pubblicato da “La Repubblica” il 18 novembre<br />

di quest’anno, Eugenio Scalfari affronta l’argomento dei valori<br />

e degli ideali (e di come essi mutino in virtù delle prospettive)<br />

dalla prospettiva che gli è oggi più consona, quella di un vecchio<br />

saggio che sa bene come distinguere quelli più fallaci da quelli<br />

duraturi. Tra questi ultimi, un po’ a sorpresa, trova ampio spazio<br />

la musica: ascoltando ad esempio la Sonata a Kreutzer (musica di<br />

Beethoven, testo di Tolstoj) Scalfari afferma che “...non ci sono<br />

sentimenti più commoventi che mi sono capitati di riascoltare<br />

e rileggere”. Più avanti Scalfari ricorda anche come a lui, uno<br />

che piange di rado, questo sia accaduto per un perfetto estraneo<br />

alla notizia della morte di Louis Armstrong...<br />

La musica è il vero valore<br />

che ci aiuta a campare,<br />

afferma in sostanza Eugenio<br />

Scalfari, e molti come<br />

noi, spero tutti quelli che<br />

leggono questa rivista,<br />

possono comprendere<br />

come questo sia vero e<br />

condividerlo. Il potere<br />

evocativo della musica,<br />

non a caso Scalfari continua<br />

il suo editoriale parlando<br />

della melanconia, è<br />

una forza potentissima,<br />

un valore che può manifestarsi<br />

tanto in ambito<br />

pubblico quanto nel proprio<br />

privato.<br />

Quelle sette note e i mille<br />

modi di metterle insieme<br />

potrebbero essere il collante<br />

per edificare uno<br />

splendido percorso intimo<br />

e personale, plasmato<br />

nel tempo dalle proprie<br />

esperienze, dalle conoscenze e le emozioni; un ritratto di noi<br />

attraverso la nostra musica e il percorso con cui la proponiamo,<br />

condivisibile con gli altri.<br />

Eppure, quella musica, quel percorso, quell’edificio, alcuni di<br />

noi lo bistrattano ogni giorno rendendolo subalterno all’ultima<br />

trovata tecnologica ideata dagli uffici marketing e riproposta<br />

pedissequamente da certa stampa ossequiosa; quel portato culturale<br />

lo umiliamo rendendolo onanistica reiterazione (il cannone<br />

di Ouverture 1812) giustificata da un fine, scegliere il modo più<br />

perfetto di riproporlo, che confonde il ruolo del fine stesso e del<br />

mezzo per raggiungerlo. Spesso non cogliamo le opportunità di<br />

apparecchi che dovrebbero moltiplicare l’effetto di quel potere<br />

evocativo, relegando macchine meravigliose a pure icone del<br />

nostro approccio affetto da nozionismo tecnologico, rendendole<br />

strumenti intercambiabili o, al contrario, cambiati parossisticamente<br />

sempre in ossequio di un approccio distorto: qual è il<br />

mezzo e quale il fine? Non sorprende che così facendo si allontani<br />

la gente, i cittadini (visto che il termine è assai in voga di questi<br />

tempi), insomma quelle persone fatte di carne, sangue e anima,<br />

a cui preferiamo gli zombie, le anime in pena che non trovano<br />

pace né potranno trovarla, che cercano Godot ma se lo incontrano,<br />

insoddisfatti, ripartono con un altro Godot. E così da felice koinè,<br />

ruolo a cui la musica è destinata almeno secondo Pietro Ingrao<br />

(altro grande vecchio che lo raccontò a una rivista che dirigevo<br />

in un’altra vita), ci siamo ridotti a un piccolo enclave rinchiuso o<br />

prigioniero, nessuno lo sa, in un castello che ha forse le sembianze<br />

di una reggia ma di cui<br />

percepisco maggiormente<br />

il freddo delle mura, alte e<br />

irsute così come le abbiamo<br />

edificate.<br />

In una quotidianità dove<br />

molte ore sono dedicate<br />

all’Hi-Fi (perché finito il<br />

lavoro magari un po’ di<br />

musica continuo a “spararmela”)<br />

mi sento mio<br />

malgrado sempre più<br />

simile a Hiroo Onoda, il<br />

militare giapponese ritrovato<br />

nella giungla filippina<br />

dopo quasi 30 anni dalla<br />

fine della seconda guerra<br />

mondiale ma ancora convinto<br />

che il conflitto non<br />

fosse finito! Da altezzosi<br />

depositari di una verità<br />

che non riusciamo a trasmettere,<br />

non riusciamo<br />

a cogliere le occasioni che<br />

numerose fioriscono attorno<br />

a noi e dove la musica è ormai la colonna sonora della vita,<br />

anche se in forme diverse da quelle in cui idealmente l’abbiamo<br />

incanalata. Dobbiamo assolutamente farlo...<br />

Così, complice il tempo libero che il Natale e il fine anno ci metteranno<br />

a disposizione, il mio augurio a tutti voi è che possiate<br />

dedicarne parte alla musica; quella che aiuta a campare, quella<br />

che da koinè può trasmette un messaggio universale ai vostri cari.<br />

E poi questo numero di <strong>SUONO</strong> è l’ultimo numero dell’anno e<br />

precede l’arrivo del 2020 (doppio due e doppio zero, interessante<br />

per la cabala e per di più bisestile). Per primo arriverà l’ANNUA-<br />

RIO poi il <strong>SUONO</strong> del nuovo anno, ricco delle buone intenzioni<br />

e della consapevolezza delle difficoltà di questo mercato, da<br />

arginare, da superare...<br />

Che sia un buon anno per tutti noi!<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 3


Sommario<br />

N. <strong>540</strong><br />

DICEMBRE 2019<br />

EDITORIALE di Paolo Corciulo<br />

Anche i coccodrilli piangono? Pare di si ma non sposta la<br />

questione: la musica pervade la società, l’Hi-Fi si avvita in<br />

una nicchia. Propositi per un nuovo anno....<br />

3<br />

ANTENNA Prodotti, News, Storie<br />

Scouting tra le proposte del mercato: in un mare di offerta<br />

occorre orientarsi con una bussola!<br />

6<br />

SELECTOR TUTTO IL MEGLIO IN ARRIVO SUL MERCATO<br />

INSIDE DENTRO LA MUSICA<br />

IN PROVA<br />

GIRADISCHI<br />

Pro-Ject<br />

The Classic Evo<br />

a cura della redazione<br />

42<br />

SCOUTING: BRUNO PUTZEYS<br />

Il nuovo che avanza secondo Bruno<br />

di Paolo Corciulo<br />

“L’audio non dovrebbe essere considerato un’arte;<br />

fare musica lo è mentre portare la musica dal CD<br />

all’ascoltatore è solo un compito. Non dovrebbe<br />

essere questo il punto dell’alta fedeltà?”<br />

Parola di Bruno Putzey enfant prodige del<br />

digitale. Giovane, molto tecnico, molto<br />

innovativo, è il protagonista della seconda<br />

puntata del nostro scouting sui<br />

personaggi che hanno cambiato o<br />

possono cambiare l’alta fedeltà.20<br />

SUL CAMPO<br />

UNITÀ PHONO<br />

Audio Consulting<br />

Silver Rock<br />

di Paolo Corciulo<br />

46<br />

I BRACCI DI FIDELITY RESEARCH<br />

Il mondo magico di Ikeda San<br />

di Roberto Salafia<br />

In questo “nuovo mondo” di mp3, smartphone,<br />

globalizzazione e ascolto in cuffia, l’analogista<br />

convinto non può che rifugiarsi nel passato…<br />

E cosa può esserci di più classico di una ditta che<br />

ha costruito bracci analogici tra i più ricercati per il<br />

loro buon suono come la Fidelity Research?<br />

24<br />

IN PROVA<br />

CONVERTITORE<br />

Vincent DAC-7<br />

a cura della redazione<br />

50<br />

IN PROVA<br />

AMPLIFICATORE<br />

INTEGRATO<br />

Carot One Ernestolone Phono<br />

a cura della redazione<br />

54<br />

MATTEO MACCHIONI<br />

Una, nessuna, centomila<br />

di Francesco Bonerba<br />

Sono le voci di Matteo Macchioni, giovane<br />

tenore italiano che da quasi dieci anni interpreta<br />

i personaggi delle più celebri opere liriche, da<br />

Ernesto del Don Pasquale al Conte di Almaviva<br />

de Il Barbiere di Siviglia, da Don Ramiro in La<br />

Cenerentola a Don Ottavio nel Don Giovanni.<br />

Una carriera in divenire tra Italia e l’estero fatta di<br />

passione, sacrifici, soddisfazioni e l’Opera,<br />

raccontata da un punto di vista inedito. Ci<br />

ha raccontato questo e molto altro.28


VISITA ALLA PMC<br />

Cantano più degli uccellini<br />

di Paolo Corciulo<br />

Holme Court, Biggleswade SG18 9ST, United Kingdom:<br />

l’indirizzo si riferisce al paese di Biggleswade<br />

(15.383 abitanti) nella contea di Bedfordshire, a<br />

poco più di 30 km di distanza dall’aeroporto di<br />

Luton e a circa 60 da Londra. Nei dintorni della<br />

cittadina, nella campagna circostante, preceduto<br />

da un “invito” costituito da un lungo viale all’interno<br />

di un bosco, si apre l’ampia area di verde,<br />

oltre 20.000 mq, che costituisce Holme<br />

Court, una costruzione in stile georgiano del<br />

1860. Qui c’è la nuova sede di PMC.32<br />

Sommario<br />

MILES OKAZAKI<br />

Il suono della sorpresa<br />

di Vittorio Pio<br />

Se è vero che molti si possono cimentare con un<br />

brano di Thelonious Monk ma pochi possono<br />

arrivare in fondo con rispetto e originalità, Miles<br />

Okazaki, autorevolissima voce fuori dal coro del<br />

chitarrismo jazz mondiale per la sua narrativa<br />

melodica virtuosa e imprevedibile, ha sorpreso<br />

ulteriormente con un’impresa davvero temeraria,<br />

visto che ne ha registrato l’intero canzoniere<br />

con un ambizioso progetto che cullava fin<br />

ragazzo. Ne abbiamo parlato con lui...<br />

36da<br />

PER<br />

TUTTI<br />

I GUSTI<br />

VELOCE COME UN<br />

CLICK, PIACEVOLE<br />

COME IL FRUSCIO<br />

DELLA CARTA<br />

IN THE COURT OF THE CRIMSON KING<br />

Rivisitando il Re cremisi<br />

di Marco Fullone<br />

In The Court Of The Crimson King non è album<br />

che necessita di troppe presentazioni ma nel<br />

tempo ho compreso che si tratta di un lavoro<br />

straordinariamente ricco di spunti<br />

innovativi, ancora oggi in grado di suscitare<br />

stupore e, soprattutto, di non stancare mai.38<br />

12 MESI<br />

62<br />

a<br />

70 di<br />

IN PROVA<br />

PREAMPLIFICATORE<br />

PS Audio Stellar Gain Cell DAC<br />

AMPLIFICATORE FINALE<br />

PS Audio Stellar S300<br />

cura della redazione<br />

SUL CAMPO<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

McIntosh MA252<br />

Nicola Candelli<br />

58<br />

IN<br />

74<br />

76<br />

80<br />

82<br />

PROVA<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

Elac DS-A101<br />

a cura della redazione<br />

AMATO MIO LP<br />

di Carlo D’Ottavi<br />

LE COVER AL TEMPO DEL ROCK<br />

di Antonio Gaudino<br />

BACH IN MY MIND<br />

de Il Tremila<br />

LE RECENSIONI<br />

Classica - Rock - Jazz<br />

A.A.V.V.<br />

92CUT ‘N’ MIX CONCERTI | CINEMA | LIBRI | SOCIETÀ | ARTE<br />

€ 60,00<br />

6 MESI<br />

€ 30,00<br />

3 MESI<br />

€ 20,00<br />

L’incontro con Emma Frank - I libri per la fine dell’anno - Come eravamo: la storia<br />

di Terrazza Martini, palcoscenico dei grandi della musica - Convergenze e divergenze<br />

nell’ audio marketing dal pulpito di Hyde Park Corner - Le sconclusionate Pillole da 3000 CC<br />

Formule e offerte su:<br />

http://www.suono.it/E-Shop/<br />

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Con Kii non ti annoi mai<br />

Fondata ufficialmente nell’ottobre del 2014 ma operativa<br />

dal lancio al Monaco Hi-End del 2015, Kii Audio arriva ora<br />

in Italia: i visitatori del Milano Hi-End 2019 hanno potuto<br />

ascoltare per la prima volta il progetto rivoluzionario di<br />

Bruno Putzeys (vedi in altra parte di questo numero di<br />

<strong>SUONO</strong>) che insieme a Chris Reichardt, Bart van der Laan,<br />

Wim Weijers e Thomas Jansen ha dato vita a una start-up<br />

originale a partire dal nome. Che vuol dire, infatti, Kii? Lo<br />

abbiamo chiesto a Wim Weijers, il responsabile delle vedite<br />

per l’Europa: “Kii? Un buon nome se tutti chiedono che cosa<br />

vuol dire! E per questo non si dimentica… Kii proveniva<br />

da Key, inteso come “La chiave della buona musica” ma<br />

se scrivi “Key” non importa a nessuno, se scrivi “Kii” tutti<br />

se ne chiedono il significato!”...<br />

Per ora un unico prodotto Kii Three (già: chiamarlo One<br />

sarebbe stato banale…), un sistema di diffusori che accoppiato<br />

con una fonte diventa sistema: incorpora infatti l’amplificazione<br />

sviluppata da Putzey sulla base del suo modulo<br />

in Classe D e un DSP per il matching; la sezione digitale è<br />

stata disegnata da Bart van der Laan.<br />

A bordo anche la tecnologia Active Wave Focusing Technology<br />

sviluppata da Putzey per ottimizzare la direttività (controllata<br />

dal DSP) che è il frutto anche della precedente<br />

esperienza di Putzey con i diffusori attivi con Grimm Audio<br />

dove, appunto, il problema della direttività alle basse<br />

6 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


frequenze veniva risolto per via acustica.<br />

Compito dell’Active Wave Focusing Technology<br />

è ricercare un maggiore allineamento nel<br />

tempo anche intorno al diffusore in modo che<br />

l’emissione verso la parete posteriore minimizzi<br />

il suo impatto. Un suono maggiormente<br />

monitor, tant’è che un “clone” destinato al<br />

mercato del professionale si affianca a una<br />

unità separata per le basse frequenze nel<br />

catalogo della casa che pronette due ulteriori<br />

prodottti nel 2020. Di che si tratterà? Difficile<br />

stabilirlo anche alla luce delle dichiarazioni<br />

in merito rilasciateci da Wim Weijers: “Un<br />

pre? Perchè mai? Nel Kii Three c’è già tutto,<br />

manca solo una sorgente”.<br />

E, allora, cosa?<br />

Paolo Corciulo<br />

Diffusori Kii Three<br />

Prezzo: € 14.760,00<br />

Dimensioni: 20 x 40 x 40 cm (lxaxp)<br />

Peso: 15 Kg<br />

Distributore: Audio Graffiti S.r.l.<br />

Via degli Artigiani, 5 - 26025 Pandino (CR)<br />

Tel.0373-970485 - Fax 0373 1992044<br />

www.audiograffiti.com<br />

Tipo: da supporto N. vie: 3 Potenza (W):<br />

Diffusore attivo con 6 x 250 W Ncore per pilotare<br />

individualmente ogni altoparlante. Frequenze<br />

di crossover (Hz): filtro crossover<br />

(con messa a fuoco ad onda attiva) Risp. in<br />

freq (Hz): 30Hz a 25kHz +/- 0,5dB Altoparlanti:<br />

1 tweeter con guida d’onda da 2,54<br />

cm, 1 midrange da 12,7 cm , 4 woofer da 16<br />

cm. Note: DSP a bordo. Ingressi: analogico,<br />

AES / EBU, digitale XLR, ottico (24 bit/192<br />

kHz), coassiale (24 bit/192 kHz) e USB (24<br />

bit/384 kHz e DSD128). Collegamento CAT 5<br />

tra i due diffusori. Stand dedicati 1.000 euro.<br />

7


ANTENNA<br />

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MOON CON FORZA<br />

Punta forte sull’Europa il produttore<br />

canadese Moon che annuncia,<br />

quasi contemporaneamente,<br />

la nuova distribuzione in Italia<br />

(esordio al Milano Hi-End) e la<br />

creazione di una struttura, Moon<br />

International (operativa dai primi<br />

di gennaio 2020 in concomitanza<br />

con il quarantennale dell’azienda)<br />

con uffici in Francia e nel Regno<br />

Unito e un centro di distribuzione<br />

nei Paesi Bassi che si occuperà di<br />

promuovere e fornire la logistica in<br />

tutta Europa e in Asia. Una buona<br />

notizia visto le altalenanti strategie<br />

e disponibilità dei prodotti<br />

manifestata in precedenza. Moon,<br />

infatti, venne fondata nel 1980<br />

a St. Hubert nel Quebec dal tecnico<br />

del suono Victor Sima, sotto<br />

i tipi della Sima Electronique. Dieci<br />

anni dopo la prima riorganizzazione<br />

aziendale con il passaggio<br />

a Simaudio che qualche anno più<br />

tardi (1997) dà vita al marchio<br />

Moon caratterizzato da contenuti<br />

e aspetto espressamente tecnologici.<br />

Nel 2013, l’azienda viene<br />

ceduta agli ex dipendenti e dopo<br />

una attenta riorganizzazione (che<br />

punta soprattutto su affidabilità e<br />

funzionalità: ogni prodotto MOON<br />

è ingegnerizzato e costruito interamente<br />

in Canada e offre fino a<br />

dieci anni di garanzia) presenta<br />

oggi un catalogo di elettronica<br />

quasi sterminato (oltre 30 prodotti!)<br />

che comprende anche una<br />

ampia gamma di streamer, ben 6<br />

modelli, a partire dal primogenito<br />

180 Mind sviluppato nel 2013. Il<br />

390 è invece uno dei più recenti<br />

prodotti della gamma: si tratta<br />

di un pre-dac-network player,<br />

compatibile Roon, Tidal, Deezer<br />

e UPnP con architettura digitale a<br />

32/384 in grado di decodificare file<br />

PCM. L’apparecchio è anche dotato<br />

di connessioni HDMI e ingressi<br />

bilanciati e display OLED. Presto in<br />

prova su <strong>SUONO</strong>.<br />

Agostino Bistarelli<br />

Streaming Player Moon 390<br />

Prezzo: € 6.250,00<br />

Dimensioni: 42,90 x 8,90 x 33,30 cm (lxaxp)<br />

Peso: 10 Kg<br />

Distributore: LP Audio - www.lpaudio.it<br />

Formati audio compatibili: PCM, AIFF, WAV,<br />

FLAC Tipo: stereo Tecnologia: a stato solido<br />

Risp. in freq. (Hz): 10 - 200.000 -0.5 dB/-3<br />

dB THD (%): 0.0004 S/N (dB): 125 Ingressi<br />

analogici: 1 RCA 1 XLR Uscite analogiche:<br />

2 RCA 1 XLR Ingressi digitali: Ottico (1), Coassiale<br />

(1), USB High resolution (1), Ethernet<br />

(2) Ingresso Phono: MM ( mV/ KOhm) MC (<br />

mV/ Ohm) Convertitore D/A: ESS DAC PRO<br />

Sistema di conversione D/A: 32 bit - 384<br />

kHz Accessori e funzionalità aggiuntive:<br />

Ingresso cuffia Note: volume regolabile, PCM<br />

32/384 e DSD 256, circuitazione bilanciata, ingresso<br />

fono configurabile, 4+1 HDMI, 1 uscita<br />

variabile MQA e Roon ready. Bluetooth aptX.<br />

8 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


ANTENNA<br />

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New entry analogica<br />

Sempesonus TE2 è il giradischi con cui la<br />

ditta portoghese (che ha sede a Lisbona)<br />

ha esordito sul mercato (2017). Si tratta<br />

di un giradischi con trazione “epiciclica”:<br />

il motore (BLDC), attiva una puleggia in<br />

poliuretano fissata a una culla telescopica<br />

tramite anelli in sorbothane (per il disaccoppiamento<br />

delle vibrazioni) che ruota<br />

a contatto con il bordo interno del piatto.<br />

L’azienda sostiene che questa soluzione<br />

consenta performance simili a quelle di<br />

un giradischi a trazione diretta ma che<br />

la maggiore velocità del motore riduce il<br />

potenziale trasferimento delle vibrazioni al<br />

piatto. Per combattere le risonanze vengono<br />

utilizzare inoltre tecniche di costruzione<br />

composita: in particolare la base utilizza<br />

acrilico e MDF con un inserto a croce in<br />

acciaio. Tutti gli altri elementi - basetta<br />

del braccio, contenitore, elettronica - sono<br />

avvitati su punti di montaggio scelti in<br />

modo specifico. Anche il piatto, di peso<br />

medio (3,4 Kg), è costruito in modo particolare:<br />

è in alluminio con la massa maggiore<br />

posizionata sulla circonferenza per<br />

garantire un maggior momento d’inerzia; il<br />

lato inferiore è rivestito in gomma butilica.<br />

Il perno (cromato, temprato a induzione,<br />

da 16 mm) utilizza un disegno a cuscinetti<br />

invertiti, dove il peso è sostenuto da due<br />

sfere ceramiche gemelle. Il tappetino, infine,<br />

è in gomma/sughero a due strati,<br />

per un ulteriore isolamento. Disponibile<br />

come opzional il coperchio in acrilico trasparente<br />

mentre le fasce laterali realizzate<br />

in alcantara sono di serie nel colore nero<br />

e su richiesta è possibile personalizzarle<br />

con qualsiasi tipo di colore, con un sovrapprezzo<br />

di 150 euro.<br />

Il TE2 viene venduto privo di braccio e<br />

testina; in dotazione viene fornita una<br />

basetta adatta per ospitare un braccio a<br />

scelta dell’acquirente. Sempre su richiesta<br />

può essere fornito con qualsiasi braccio e<br />

testina in commercio. Un libretto di istruzioni<br />

in italiano, corredato di specifiche,<br />

foto e chiare istruzioni di montaggio, viene<br />

consegnato all’acquirente. La garanzia, 24<br />

mesi, avviene con assistenza diretta presso<br />

il laboratorio di Musica & Video.<br />

Agostino Bistarelli<br />

Giradischi Sempersonus TE2<br />

Prezzo: € 5.500,00<br />

Dimensioni: 52 x 12 x 41 cm (lxaxp)<br />

Peso: 17 Kg<br />

Distributore: Musica & Video - Vecchi Maurizio<br />

Via Piangipane, 311 - 48124 Piangipane (RA)<br />

Tel.3398794905 - Fax<br />

www.musicandvideo.it<br />

Tipo: senza braccio Telaio: composito acrilico MDF con inserto<br />

a croce in acciaio Trasmissione: epiciclica a puleggia Piatto: in<br />

alluminio da 3,4 kg Velocità (RPM): 33/45/78 Note: top rivestito<br />

in alluminio spazzolato, accetta bracci da 9” - 12”. Perno con doppio<br />

cuscinetto ceramico invertito, piedini regolabili in altezza. Coperchio<br />

opzionale euro 150.<br />

CAVI PER TUTTI<br />

Ricable, il produttore italiano di cavi realizzati artigianalmente, annuncia la nuova linea Primus che sostituisce<br />

Ultimate e Hi-End, con l’eccezione dei cavi HDMI. La nuova serie (segnale, potenza alimentazione, coassiale<br />

e cavo specifico per il sub) è una sintesi delle precedenti con un occhio a coloro che vogliono entrare nel<br />

mondo dell’Hi-Fi. I cavi Primus sono progettati e realizzati a mano in Italia e sono calibrati specificatamente<br />

per i sistemi entry level. Ricable offre la garanzia totale a vita su tutti i suoi prodotti per chi acquista direttamente<br />

dal sito e dà la possibilità di restituire gratuitamente ogni articolo che non soddisfa le aspettative,<br />

entro sessanta giorni. Se il cliente decide di tenere il prodotto, si attiva la speciale Garanzia Ricable su tutti i<br />

difetti di fabbricazione (il servizio di ritiro e riconsegna gratuito è a carico di Ricable).<br />

Il Tremila<br />

Distributore: Ricable - www.ricable.com<br />

10 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


ANTENNA<br />

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Un Chord<br />

popolare<br />

Con il nuovo stadio fono, comune nel form factor con il DAC Qutest, Chord immette<br />

sul mercato un prodotto economico ma versatile. Si chiama Huei (alla casa inglese<br />

l’immaginazione non manca), ed è il primo fono controllato da microprocessore che<br />

ne ottimizza le performance e garantisce la possibilità di memorizzare alcune funzioni.<br />

L’apparecchio (MM/MC) consente più opzioni per la regolazione dell’impedenza e<br />

del guadagno in funzione della testina utilizzata (7 differenti regolazioni); è realizzato<br />

in alluminio dal pieno con lo stesso form factor del DAC Qutest caratterizzato dalle<br />

sfere policromatiche che fungono da tasti - comando e l’ampia finestratura, sempre<br />

a sfera, da cui si accede per il settaggio dell’apparecchio. Dopo un primo tentativo di<br />

qualche anno fa, la casa inglese torna dunque convintamente a offrire una linea entry<br />

level e di dimensioni molto contenute che si arricchisce via via di nuovi elementi…<br />

Il Tremila<br />

Unità phono Chord Electronics Huei<br />

Prezzo: € 1.200,00<br />

Dimensioni: 16 x 7,2 x 4,3 cm (lxaxp)<br />

Peso: 0,77 Kg<br />

Distributore: GTO S.r.l.<br />

Via Petrarca 43/A - 40136 Bologna (BO)<br />

Tel. 051 6271447 - Fax 051 0337294<br />

www.gto.it<br />

Tipo: MM/MC Tecnologia: stato solido<br />

controllato da microprocessore Risp.<br />

in freq. (Hz): 12 - 25.000 Impedenza<br />

MM (kOhm): 47 Impedenza MC<br />

(Ohm): 30 – 47K<br />

TUTTO IN UNA MANO<br />

È in grado di riprodurre file nativi fino a PCM 384/32 PCM e DSD 11,2 grazie a S-master HX che permette anche di<br />

eseguire l’upscaling dei brani esistenti. È il Sony NW-ZX507, un DAP (digital audio player) di piccole dimensioni ma<br />

realizzato con criteri audiophile: il telaio è in alluminio con inserti di rame fresato; l’uscita cuffia è bilanciata. L’apparecchio<br />

dispone di un display FTP da 3,6” a touch controll, USB tipo CTM e slot per scheda micro SD (la memoria<br />

interna è di 64 GB), oltre a un serie di pulsanti fisici laterali, che semplificano l’utilizzo del dispositivo. La durata della<br />

batteria assicura una autonomia fino a 20 ore.<br />

Agostino Bistarelli<br />

Lettore digitale portatile Sony NW-ZX507<br />

Prezzo: € 830,00<br />

Dimensioni: 5,70 x 12,20 x 1,40 cm (lxaxp)<br />

Peso: 0,16 g<br />

Distributore: Sony Europe Limited - www.sony.it<br />

Tipo: lettore audio portatile Memoria: Flash Formati<br />

audio supportati: PCM 384/32 PCM e DSD 11,2 Tipo<br />

display: TFT 3,6 USB: si Note: Wireless, Tidal e AirPlay.<br />

Uscita cuffia bilanciata<br />

12 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


ANTENNA<br />

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Il più piccolo<br />

al mondo<br />

CON I BEATLES SEMPRE IN MENTE<br />

Sono state da poco archiviate le celebrazioni per<br />

il cinquantennario di Abey Road (vedi <strong>SUONO</strong><br />

539) e si torna a parlare di Beatles, né mai si<br />

smetterà. A farlo nel nostro settore è la Pro-Ject<br />

che nell’ambito della sua linea di giradischi Artist<br />

Collection propone con il “Single Turntable” un<br />

nuovo omaggio al gruppo di Liverpool. Si tratta<br />

di una versione del Debut III con alcuni aggiornamenti<br />

(il piatto è in acrilico pesante mentre il<br />

cambio elettronico di velocità è a 33/45/78 e<br />

il braccio è da 8,6” a forma di S in alluminio)<br />

con alcune importanti novità: l’apparecchio,<br />

infatti, viene fornito con due testine, una Ortofon<br />

realizzata appositamente per l’iniziativa<br />

per la riproduzione mono e una Ortofon 2M<br />

Red per la riproduzione stereo-record, più due<br />

portatestina SME, ciascuno con il proprio tridge<br />

pre-calibrato (è possibile cambiare facilmente i<br />

portatestina per passare dalla riproduzione con<br />

registrazione mono e stereo). La ragione è il fatto<br />

che il “Single Turntable” è stato introdotto in concomitanza<br />

con il lancio da parte di Apple Corps<br />

Ltd./Capitol/UMe del cofanetto da collezione<br />

dedicato ai singoli realizzati da John Lennon,<br />

Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr.<br />

I Beatles dal 1962 al 1970 pubblicarono infatti<br />

22 singoli inglesi; di questi 44 brani (A e B-side)<br />

29 non erano inclusi negli album britannici del<br />

gruppo all’epoca. Questi brani, più le versioni<br />

esclusive dei brani di metà degli anni ‘90 Free As<br />

A Bird e Real Love, sono stati recentemente realizzati<br />

in vinile partendo dai master tape originali<br />

mono e stereo da Sean Magee agli Abbey Road<br />

Studios. Il cofanetto in edizione limitata contiene<br />

46 tracce su 23 singoli in vinile da 7” e 180<br />

grammi i immagini internazionali fedelmente<br />

riprodotte, accompagnati da un libretto di 40<br />

pagine con foto e saggi dello storico di Beatles<br />

Kevin Howlett.<br />

Il Tremila<br />

Per info: Audiogamma – www.audiogamma.it<br />

Dimensioni davvero ridotte, che ne fanno il<br />

preamplificatore fono valvolare più piccolo al<br />

mondo per Augustolo, stadio fono di Carot-One<br />

sia MM che MC, caratterizzato dall’immancabile<br />

colore arancio metallescente, cifra stilistica del<br />

produttore che proprio della miniturizzazione<br />

ha una delle caratteristiche salienti (vedi in altra<br />

parte di questo numero di <strong>SUONO</strong>). Sul pannello<br />

posteriore l’ingresso fono e l’uscita linea.<br />

Il Tremila<br />

Unità phono Carot One Augustolo Tube<br />

Prezzo: € 269,00<br />

Dimensioni: 7,5 x 3,5 x 11 cm (lxaxp)<br />

Peso: 0.75 Kg<br />

Distributore: Openitem - www.openitem.it<br />

Tipo: MM/MC Tecnologia: a valvole Sensibilità<br />

(mV): 0,35 per 350mV out Impedenza<br />

MM (kOhm): 47 Note: alimentatore<br />

esterno a 12VDC<br />

NUOVA SERIE<br />

www.pmc-speakers.com<br />

Vieni ad ascoltarle a Torino da:<br />

Tanti marchi prestigiosi e una vasta offerta di<br />

usato per trattare al meglio la Vostra Musica.<br />

Show room in Corso San Maurizio 79, Torino<br />

Tel.: 011501039 - w ww.dptrade.it - info@dptrade.it<br />

14 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


ANTENNA<br />

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Si vive solo due volte?<br />

Fuori catalogo già da diversi anni, il DAC QB-9 a suo tempo destò<br />

molto scalpore nel settore, vendendo migliaia di pezzi in tutto il<br />

mondo. Giunge così a sorpresa l’upgrade chiamato Twenty, dedicato<br />

a questo apparecchio dalla Ayre. Un aggiornamento che non sarà<br />

indolore (si parla di oltre 1.500 euro) ma che potrebbe rappresentare<br />

un nuovo approccio di fidelizzazione dei clienti da parte del<br />

costruttore; qualcosa di non molto diverso da quanto fatto, da molti<br />

anni, da Linn, con il suo noto giradischi Sondek LP12, aggiornabile<br />

all’attuale versione partendo anche dei modelli più antichi risalenti<br />

agli anni Settanta. D’altronde anche il DAC QB-9, presentato nel 2009<br />

dalla casa americana di Boulder in Colorado, ha rappresentato un<br />

approccio insolito sul tema della conversione digitale-analogica, a<br />

partire dalla disponibilità di un unico ingresso digitale, del tipo USB<br />

asincrono. Due anni dopo l’apparecchio si è evoluto per raggiungere<br />

la risoluzione 24/192, diventando il prodotto di maggior successo<br />

di Ayre. Nel 2014 è arrivata la versione che oltre al PCM elaborava<br />

anche i segnali in DSD, a un costo decisamente superiore. Con<br />

l’upgrade il QB-9 può tornare in prima linea: si basa sul know-how<br />

che Ayre ha, nel frattempo, acquisito con lo sviluppo della serie 8.<br />

I miglioramenti includono il circuito d’uscita proprietario Diamond,<br />

uno stadio differenziale a JFET per ridurre il rumore, la regolazione<br />

del circuito AyreLock, un filtro per ridurre il rumore sulla linea AC,<br />

una USB asincrona personalizzata con uno stadio per eliminare lo<br />

jitter della USB stessa, il chip DAC della ESS per segnali in PCM fino<br />

a 384 kHz, in DSD 256 (4 fs) e con la codifica HDCD.<br />

Carlo D’Ottavi<br />

Per info: info@audionatali.com<br />

NON C’È DUE…<br />

Terzo modello di cuffia per Erzetich, noto per i<br />

suoi amplificatori per cuffia ma che annovera a<br />

catalogo anche due modelli di cuffia che hanno<br />

ottenuto il riconoscimento di artisti quali Bill<br />

Gould di Faith No More e Imogen Heap o il produttore<br />

Nile Rodgers. A questi si aggiunge ora Thalia,<br />

una cuffia che per design e peso è particolarmente<br />

indicata per la musica in movimento. Caratterizzata<br />

da un disegno originale dei padiglioni<br />

ottogonali realizzati in legno, disponibile in Tilla<br />

(un legno scuro pregiato) e Salvage (abete rosso<br />

chiaro e riciclato), la cuffia adotta alcune soluzioni<br />

di pregio come il cavo staccabile di buona qualità<br />

abbinato ad attacchi dorati.<br />

Agostino Bistarelli<br />

Cuffia Erzetich Thalia<br />

Prezzo: € 599,00<br />

Peso: 270 g<br />

Distributore: Erzetich - www.erzetich-audio.com<br />

Tipo: aperta Trasduttori: dinamici Impedenza<br />

(Ohm): 32 Cavo: rame argentato<br />

McIntosh sempre più Roon<br />

Sono ormai 14 i prodotti della casa americana compatibili con questo gestore di contenuti.<br />

Ecco l’elenco completo che include anche alcune new entry: preamplificatori C47, C49,<br />

C52, C53, C2600, C2700 e D1100; amplificatori integrati MA5300, MA7200, MA8900 e<br />

MA9000; sintoamplificatore MAC7200; amplificatore per cuffie MHA150; sistema<br />

completo MXA80.<br />

Il Tremila<br />

16 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


17


ANTENNA<br />

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Taga Harmony<br />

arricchisce la serie Platinum<br />

Il costruttore ha in catalogo un buon numero di diffusori raggruppati in due serie: la linea top Diamond e la<br />

Platinum, più affollata di modelli e meno costosa. Proprio quest’ultima è oggetto di un pesante aggiornamento:<br />

l’F-90 SLV V.2 ne preannuncia la svolta. Si tratta di un diffusore da pavimento alto e più stretto dei precedenti,<br />

grazie all’impiego di 4 woofer, dei quali uno passivo, di soli 13,3 cm di diametro; il tweeter è ora inglobato interamente<br />

nel frontale con una nuova flangia studiata per una più ampia dispersione orizzontale. Il sistema bass<br />

reflex utilizza, oltre al radiatore passivo anteriore, anche un’ampia porta posteriore e il cabinet è stato rinnovato<br />

con maggiori rinforzi interni, un deflettore inclinato e diverso materiale smorzante. Alla base del diffusore viene<br />

avvitata una piastra metallica, più ampia della sua pianta, per meglio stabilizzare la sottile torre con, agli angoli<br />

sporgenti, quattro piedini regolabili in altezza. Prezzo non dichiarato.<br />

Carlo D’Ottavi<br />

Diffusori Taga Harmony Platinum F-90 SL V.2<br />

Prezzo: € 1.580,00<br />

Dimensioni: 17 x 101,1 x 31 cm (lxaxp)<br />

Peso: 16 Kg<br />

Distributore: Suono e Comunicazione<br />

www.suonoecomunicazione.com<br />

Tipo: da pavimento Caricamento: bass reflex passivo<br />

e posteriore N. vie: 3 Potenza (W): 20-240<br />

Impedenza (Ohm): 4 Frequenze di crossover<br />

(Hz): 620 e 3.700 Risp. in freq (Hz): 31-40.000<br />

Sensibilità (dB): 91 Altoparlanti: 2 Wf 13,3cm<br />

TPACD-I, TRCS, 1 passivo 13,3cm TPAPR-I, TRCS,<br />

1 Tw 25 mm, TPTTD-I, TWG-I Rifinitura: vinile<br />

nero, wengè, rovere o noce Griglia: Metallica, magnetica<br />

Note: sistema reflex doppio con radiatore<br />

passivo frontale e porta posteriore. Morsetti doppi<br />

per bi wire o bi amp. Base metallica con piedini<br />

conici metallici regolabili in altezza.<br />

SEDUZIONI IN SCALA<br />

Heritage Groove è un wireless speaker portatile di ridottissime dimensioni (15 x<br />

12 x 6,7 cm per 1 kg di peso) che ripropone in scala lo spirito estetico della linea<br />

Heritage del marchio Klipsch. Un full range da 3” ad alta escursione viene controllato<br />

da DSP e amplificato con una potenza di 20W di pico. Tramite il Bluetooth può<br />

essere collegato a uno smartphone o al computer. Nel primo caso un microfono<br />

interno consente il vivavoce. L’autonomia è di 8 ore e la ricarica avviene tramite<br />

USB. È disponibile nei colori Walnut e Black Matte al prezzo di 199,00 €.<br />

Il Tremila<br />

Per info: Exhibo - www.exhibo.it<br />

NUOVA SERIE<br />

www.pmc-speakers.com<br />

Vieni ad ascoltarle a Cassano d’Adda da:<br />

Visconti Alta Fedeltà<br />

Se amate la musica,<br />

noi, possiamo fare molto per Voi.<br />

Piazzale Gobetti 20062 Cassano d’Adda (MI)<br />

Tel: +39 0363 361120<br />

info@viscontialtafedelta.it<br />

18 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


INSIDE DENTRO LA MUSICA<br />

di Paolo Corciulo<br />

CAP. 2:<br />

Il nuovo che avanza<br />

secondo Bruno<br />

Forse in omaggio a una ideale legge del contrappasso, forse semplicemente per non ripetere cliché simili, dopo<br />

aver reso omaggio a una delle figure storiche dell’Hi-Fi (italiana e non) mi è sembrato naturale focalizzarmi<br />

su una figura dalle caratteristiche diametralmente opposte. Giovane, molto tecnica, molto innovativa...<br />

Bruno Putzeys è del 1973, quasi un bambino dal mio punto di vista<br />

ormai distorto dalle molte primavere (nel 1973 mi apprestavo a<br />

scegliere la facoltà universitaria nella quale non mi sarei poi laureato!).<br />

Laureatosi con lode presso lo stesso istituto frequentato dal<br />

padre (Scuola Tecnica Nazionale belga per la Radio e il Cinema) con<br />

una tesi sugli stadi di potenza per il cambio di amplificatori audio,<br />

Putzeys ha lavorato dal 1995 per dieci anni presso il Philips Applied<br />

Technologies Lab di Leuven, in Belgio, dove ha sviluppato diversi<br />

amplificatori digitali e analogici in classe D, modulatori di rumore e<br />

metodi di modulazione. La svolta avviene quanto sviluppa il circuito<br />

“UcD” in classe D, “pensata” che lo induce, nel 2005, a mettersi in<br />

proprio cominciando una collaborazione con Hypex e, al contempo,<br />

dando vita a Grimm Audio; si tratta di una delle realtà più interessanti<br />

del tempo, a cavallo tra professionale e consumer, con il suo<br />

sistema di diffusori amplificati controllati da DSP e con convertitori<br />

A/D e D/A a bordo, oggi affiancato da uno streamer a completamento<br />

di un sistema Hi-Fi moderno ed essenziale.<br />

In gioventù il suo percorso nel mondo della riproduzione musicale<br />

è quello tipico degli appassionati: sotto l’impulso del genitore (che<br />

avrà larga parte anche nella decisione degli studi da intraprendere<br />

e che è un auto-costruttore) entra in contatto con l’Hi-Fi e all’età di<br />

16 anni, quando un amico del padre Raymond gli fa ascoltare un<br />

ampli valvolare basato sulle EL 84, comincia anche lui a progettare<br />

amplificatori. In quella permanente ricerca della perfezione che è il<br />

tarlo dell’audiofilo, si converte rapidamente allo stato solido: “Alla<br />

scuola di ingegneria si impara a usare i chip; non si imparano,<br />

però, le basi della progettazione. Anche se ora non considero più<br />

le valvole una seria alternativa per la riproduzione audio di alta<br />

qualità, conoscerle è stato per me uno stimolo importante...”. Ma<br />

è il periodo in Philips che lo formerà mettendone in luce la deter-<br />

20 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


SCOUTING: BRUNO PUTZEYS<br />

minazione: “Nel laboratorio Philips di Leuven ho realizzato la mia<br />

tesi di laurea sulla Classe D ma il compito che mi venne affidato<br />

consisteva nell’ottimizzare i costi per uno di quei brutti e neri sistemi<br />

stereo micro che tutti volevano realizzare negli anni ’90 e per i quali<br />

tutti usavano i moduli ibridi Sanyo in Classe B. Un lavoro che mi<br />

ha spezzato l’anima ma ho cercato di cogliere ogni occasione per<br />

parlare con il management della Classe D fino a quando finalmente<br />

qualcuno mi ha dato la possibilità di fare un progetto di questo<br />

tipo per i televisori!”. Al tempo il reparto TV di Philips non aveva<br />

ottenuto grandi risultati con i moduli in classe D su cui il laboratorio<br />

di ricerca di Eindhoven aveva lavorato per anni e accoglie Putzeys,<br />

che nel frattempo è riuscito a “infastidire tutti i manager” della real<br />

casa, tra lo scetticismo e quella ben conosciuta strategia per cui in<br />

risposta all’entusiasmo dei giovani gli si fornisce abbastanza corda<br />

per impiccarsi da soli! Una sfida, certamente: Putzeys ne parla<br />

come di “una pistola carica puntata alla mia tempia” ma Bruno ci<br />

mette tutto il suo impegno e a distanza di un mese dall’inizio del<br />

suo incarico presenta un piccolo amplificatore auto-oscillante da<br />

25 watt che poteva essere realizzato al costo di circa 5 dollari. I suoi<br />

primi progetti finirono in un televisore al plasma Philips e in altri<br />

prodotti a cui Philips fornisce tecnologia su base OEM: un sistema di<br />

altoparlanti attivi di Microsoft, un home theater di Marantz. I buoni<br />

risultati inducono i responsabili della ricerca Philips a non liberarsi<br />

di quel giovane nonostante rappresenti un osso di traverso nei modi<br />

e nei metodi: gli danno più tempo, nasce una versione in Classe D da<br />

100 watt e il tempo a sua disposizione aumenta notevolmente così<br />

come gli incarichi per realizzare qualcosa di nuovo. I suoi supervisori<br />

rimangono abbastanza impressionati da permettergli di continuare<br />

a lavorare su amplificatori in classe D.<br />

L’anno chiave è il 2001 quando George Aerts, un dirigente Philips,<br />

gli garantisce un budget significativo per la ricerca in modo da perfezionare<br />

ulteriormente il suo progetto di amplificatori in classe D,<br />

con l’obiettivo di realizzare un modulo che fosse facile da produrre<br />

e adatto a un’ampia varietà di applicazioni audio (dal mercato di<br />

massa all’Hi-end). Il sistema doveva inoltre essere compatto e avere<br />

la stessa impedenza d’uscita e gli stessi requisiti di alimentazione di<br />

un amplificatore convenzionale. Infine doveva essere molto economico<br />

e suonare bene per vincere le ritrosie del mercato, “Così non<br />

ci sarebbero state scuse per non usarlo!”. Ci vogliono otto mesi di<br />

lavoro e quattro generazioni di circuiti prima di arrivare a quella<br />

soddisfacente (la quinta); la cosa curiosa è che per le prime quattro<br />

Putzeys si limita ad analizzarne strumentalmente le performance<br />

senza raggiungere quello che voleva. La quinta è diversa, lo convince<br />

e assembla una coppia di amplificatori, se li porta a casa a ridosso<br />

del Natale e li collega ai diffusori del suo salotto. Per la cronaca il<br />

brano che lo convincerà di essere “andato in buca” è una canzone<br />

del compositore Juan Francés de Iribarren, Viendo que Jil, Hizo<br />

Rayo. Il risultato è che Putzeys progetta l’UcD (Universal classe-<br />

D), un modulo amplificatore in classe D compatto e versatile. Pur<br />

ottemperando ai vincoli di progetto - come accade sovente a progetti<br />

anche ingegnosi sviluppati in una grande azienda - l’UdC cade<br />

nel dimenticatoio tra mille altri (ho visitato il Nat Lab di Philips e<br />

posso garantire di persona che tantissima della ricerca pura svolta<br />

da Philips rimane... ricerca pura!). Lo “ripesca” da limbo il dinamico<br />

fondatore di Hypex, Jan-Peter van Amerongen, nel 2003; van<br />

Amerongen aveva fondato la Hypex Electronics nel 1996 per fornire<br />

amplificatori e altre apparecchiature ai produttori di diffusori attivi<br />

e agli studi di registrazione.<br />

La Hypex acquista la licenza dell’UdC e successivamente Putzeys,<br />

memore della sorte del padre (che da progettista si è trasformato<br />

senza soddisfazione in un venditore), segue van Amerongen con il<br />

ruolo di consulente e ampio margine d’azione. Negli anni successivi<br />

l’Universal classe-D evolverà in svariate versioni assimilabili a due<br />

grandi famiglie, quella dei sistemi economici e quella di quelli co-<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 21


INSIDE<br />

stosi, equipaggiando decine di amplificatori,<br />

dai più economici (come quelli<br />

prodotti da Channel Islands Audio,<br />

un’azienda che si ispira a quanto<br />

fatto da Audio Alchemy) a quelli<br />

molto costosi come i Mola Mola, di<br />

cui si è sempre detto un gran bene<br />

e che utilizzano la più recente serie<br />

del sistema, la Ncore. I moduli<br />

di Putzeys, in seguito prodotti su<br />

licenza dalla Hypex Electronics, andranno<br />

a ruba mentre gli amplificatori<br />

che li utilizzano riceveranno per lo<br />

più recensioni entusiastiche. Putzeys comincia<br />

così ad apparire un Re Mida (l’augurio è che non<br />

faccia la stessa fine!) sebbene il suo approccio alla vita<br />

più che regale sia quello del genietto freak! A meno di 30 anni<br />

Putzeys gode della massima libertà nelle sue scelte; così, coerente<br />

con la figura di guru del digitale, decide di diventare libero battitore<br />

ma anche imprenditore. Accanto alla consulenza per Hypex, infatti,<br />

è il co-fondatore, come accennato in precedenza, della start-up<br />

Grimm Audio. Tutto accade con grande semplicità: alla fine di un<br />

suo intervento sulla conversione A/D e D/A a una delle conferenze<br />

dell’Audio Engineering Society attira l’attenzione di “un paio di<br />

olandesi” che stavano cercando qualcosa di simile al suo progetto. Si<br />

tratta ancora di poco più di un’idea ma Eelco Grimm e Guido Tent<br />

vogliono utilizzare l’UdC per realizzare prodotti da studio. È l’inizio<br />

della Grimm Audio: “Abbiamo scelto quel nome perché suonava<br />

bene” e il loro primo prodotto sarà l’AD1, un convertitore analogicodigitale<br />

DSD completamente discreto basato su quel circuito a cui<br />

seguirà una coppa di diffusori attivi. Poi arriverà l’esperienza con<br />

Mola Mola (2012) e due anni più tardi Putzeys fonda con Bart van<br />

der Laan (esperto di software soprattutto in relazione all’utilizzo<br />

del DSP) e Chris Reichardt (commerciale)<br />

Kii Audio (il Kii Three,<br />

un diffusore attivo e controllato<br />

da DSP, è il primo risultato di<br />

questa joint venture). E non è<br />

ancora finita perché mentre il<br />

successo dei suoi moduli fornito<br />

in conto terzi continua (Bel<br />

Canto, Jeff Rowland...), è recente<br />

l’ultimo atto (almeno per ora) della<br />

sua epopea: si tratta di Purifi, una<br />

holding di brevetti audio (lo slogan è<br />

“Costruire un filo diretto verso l’anima<br />

della musica”) che ha riunito alcune delle<br />

menti più brillanti e titolari di brevetti dell’industria<br />

audio europea “con l’obiettivo di sviluppare<br />

e verificare accurati modelli matematici per risolvere i<br />

problemi di riproduzione del suono analogico e digitale, rimovendo<br />

le limitazioni tecniche nel godimento della musica riprodotta”.<br />

In realtà la società è stata fondata già nel 2014 da Peter Lyngdorf,<br />

Lars Risbo e Bruno Putzeys ma ha svolto un ruolo dormiente fino<br />

al recente Monaco Hi-End dove in maniera semi-ufficiale sono stati<br />

presentati i primi frutti del suo lavoro.<br />

Perennemente in movimento come capita alle anime libere, Bruno<br />

Putzeys è il principale fautore di una rivoluzione che solo in futuro<br />

manifesterà appieno le sue potenzialità; la classe D, una volta risolti<br />

i suoi principali limiti, le difficoltà di interfacciamento con il carico,<br />

rappresenta una soluzione ricca di vantaggi (applicabile con profitto<br />

in svariate soluzioni: multi-amplificazione, sistemi attivi, anche<br />

solo catene Hi-Fi dal costo contenuto) e non è improbabile che chi<br />

racconterà in futuro la storia dell’Hi-Fi più recente lo debba inserire<br />

tra gli elementi di maggior spicco di questo terzo millennio.<br />

Credo che Putzeys non se ne curi più di tanto; oggi vive e lavora<br />

con la massima libertà di movimento in un edificio a due piani nel<br />

pittoresco sobborgo di Lovanio nelle vicinanze di Bruxelles. Al primo<br />

piano il suo laboratorio che, a giudicare dalle foto, è molto simile<br />

al sogno di ogni audiofilo: disseminati qua e là i materiali su cui<br />

lavora (trasformatori toroidali, schede di alimentazione) e gli strumenti<br />

con cui lavora (multimetri, generatori di segnale, oscilloscopi<br />

e analizzatori di spettro...) abbondano. Poi, conservata sotto vetro,<br />

una collezione di valvole e qua e là prototipi e pezzi unici che utilizza<br />

per i confronti. Al piano di sopra lo spazio dove vive, relativamente<br />

frugale: una camera da letto, una piccola cucina e un ampio soggiorno<br />

con l’impianto audio principale e nessuna traccia di un televisore!<br />

Il tutto condito da una buona dose di autocritica: “L’audio non dovrebbe<br />

essere considerato un’arte; fare musica lo è mentre portare<br />

la musica dal CD all’ascoltatore è solo un compito”, racconta, “Non<br />

dovrebbe essere questo il punto dell’alta fedeltà? Capisco che una<br />

delle gioie della scrittura audio sia quella di usare una prosa barocca<br />

per descrivere i capricci sonori (o i piaceri) di prodotti progettati<br />

espressamente in modo che i recensori possano avere qualcosa di<br />

interessante da scrivere su di loro, ma come ingegnere non posso<br />

fare a meno di preferire un buon lavoro”.<br />

Un monito a noi che scriviamo ma anche a voi che ci leggete…<br />

22 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


INSIDE<br />

di Roberto Salafia<br />

Il mondo magico<br />

di Ikeda San<br />

In questo “nuovo mondo” di mp3, smartphone, globalizzazione e ascolto in cuffia, l’analogista convinto<br />

non può che rifugiarsi nel passato… E cosa può esserci di più classico di una ditta che ha costruito bracci<br />

analogici tra i più ricercati per il loro buon suono come la Fidelity Research?<br />

La Fidelity Research, la cui produzione nel tempo spazierà dalle<br />

testine ai bracci e ai trasformatori per testine MC a bassa uscita,<br />

nasce in Giappone nel 1964 a opera di alcuni tecnici tra cui Isamu<br />

Ikeda (Ikeda San). Il primo braccio prodotto è il modello FR.24 (nato nel<br />

1967), un ottimo braccio con attacco a giroscopio, lunghezza di 10,5” e<br />

massa media (ca. 17 gr.), quindi adattabile a una moltitudine di testine.<br />

Viene infatti fornito con tre differenti contrappesi intercambiabili (gr.<br />

10, 22, 40). Questo primo braccio attira l’attenzione nientemeno che dai<br />

tempi dell’Imperatore Hirohito, padre di Achihito, che recentemente<br />

ha abdicato per motivi di salute in favore del figlio. Fu Hirohito, nel<br />

1946, dopo la disfatta del Giappone, a dichiarare pubblicamente alla<br />

radio che la sua famiglia e la sua dinastia avevano origini umane. Amante<br />

della buona musica, l’imperatore era interessato ai bracci FR al punto<br />

da far diventare la Fidelity Research fornitore ufficiale della casa reale:<br />

d’altronde l’FR 24, abbinato alla testina MC FR1 mkII, suonava in modo<br />

divino malgrado non avesse il regolatore della forza centripeta (antiskating)<br />

che Ikeda considerava superfluo; probabilmente a causa delle<br />

insistenze dei clienti, Ikeda deciderà comunque di uscire nel 1970/71<br />

con una versione aggiornata del 24, il 24 mkII, identico al 24 ma con<br />

l’anti-skating.<br />

Il secondo braccio prodotto dalla FR (1968) è il 34: come il 24<br />

è un braccio bilanciato staticamente e viene creato per fare<br />

concorrenza allo SME 3009; prezzato moderatamente in<br />

Giappone, con uguale lunghezza di 9” ma sempre privo di antiskating<br />

(in questo caso non fu mai aggiornato, almeno stando<br />

alle informazioni disponibili). Sempre nel 1968, non sappiamo<br />

se su richiesta o in base a un’offerta di Ikeda, la<br />

24 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019<br />

Teac esce con due giradischi leggendari e oggi abbastanza introvabili, il<br />

Magnefloat Teac TS.80 e il TS.85. Si trattava di giradischi all’avanguardia<br />

per l’epoca in quanto il loro piatto molto pesante era sospeso per<br />

mezzo di due campi magnetici contrapposti che avevano la funzione<br />

di tenere sollevato il piatto quel tanto che bastava per evitarne l’attrito.<br />

Invece del solito cavo inserito nella base avevano gli attacchi RCA<br />

esterni e questo dava la possibilità di usare cavi a scelta dell’utente e,<br />

pensate, due alloggiamenti sul piano per due testine da poter cambiare<br />

velocemente. Il primo era venduto con il braccio FR.34S corredato di<br />

cartuccia Supex 700A; il secondo era completato dal braccio FR.24S<br />

mkII e con cartuccia FR.1 mkII. Essendo entrambe a bobina mobile, i<br />

bracci venivano forniti da FR montati su una vaschetta base che aveva<br />

sotto due piccoli trasformatori racchiusi in un involucro di spesso metallo<br />

- in alcuni casi la Teac li faceva marchiare come di sua produzione<br />

ma in realtà erano nientemeno che trasformatori Tamura. La vaschetta<br />

contemplava un interruttore che inseriva o escludeva i trasformatori e<br />

questo permetteva all’utente il cambiamento delle testine sia a bobina<br />

mobile (MC) che a magnete mobile (MM) adattandosi così all’entrata<br />

standard del Pre (47 kOhm).<br />

Nel mercato dell’usato si possono trovare<br />

Il Fidelity Research FR 24.


I BRACCI DI FIDELITY RESEARCH<br />

Lo snodo del braccio FR 24 nella versione MK II, dotata di antiskating.<br />

con notevole difficoltà i citati bracci 24 e 34 completi di trasformatori Tamura,<br />

non sappiamo se smontati da giradischi Teac non più operativi<br />

o se Fidelity Research li fornisse anche separatamente. Sembrerebbe<br />

comunque che la Teac fu obbligata a interrompere la produzione di detti<br />

giradischi in quanto il sistema a due campi magnetici era copiato dalla<br />

Magna Float senza permesso né per il sistema che per il nome. Magna<br />

Float portò la Teac in tribunale e vinse; la Teac dovette quindi ritirare<br />

i pezzi prodotti. In verità c’erano stati dei contatti tra Teac e Magna<br />

Float per l’uso del sistema ma senza arrivare a una conclusione. Questo<br />

spiegherebbe l’uso prematuro del nome...<br />

Nel 1971 la Fidelity Research introduce sul mercato un braccio economico<br />

da 10” ma di grandi caratteristiche: l’FR.54. In rete si dice che il 54 fosse<br />

la versione leggera del 64 ma non può essere vero in quanto il 54 è del ’71<br />

mentre il 64 è stato introdotto nel 1980! È vero probabilmente il contrario,<br />

cioè che il 64 è la versione sofisticata del 54. Molte delle misure sono<br />

uguali all’FR.64, compresa la distanza dal fulcro, ma la massa è molto<br />

diversa: 16 grammi per il 54, 35 per il 64. La differenza principale sta nel<br />

materiale usato, alluminio invece dell’acciaio. Il 54 ha l’antiskating ma<br />

senza regolazione fine, veniva infatti fornito con un pesino fisso di gr. 1,5<br />

non regolabile. Sapientemente Ikeda lo produce, come farà nel FR.14,<br />

con l’asta del braccio deviato (offset) subito dopo il fulcro, che dovrebbe<br />

sopperire alla mancanza di un’asta più lunga. Qualcuno suggerisce che<br />

questa soluzione serva a correggere la deriva dell’anti-skating ma è tutto<br />

da dimostrare.<br />

Passano svariati anni, siamo giunti al 1978, e vengono introdotti l’FR.12<br />

e il 14; sono bracci molto ben costruiti e molto difficili da trovare al di<br />

fuori del Giappone. Si tratta di uno sviluppo più moderno del 24 e 34<br />

ma sempre staticamente bilanciati. Il 12 è un 9” con una massa di gr.<br />

12 (il peso crea il modello) e una lunghezza di 230 mm; Il 14 è un 9.5”<br />

con una massa di gr. 14 e una lunghezza di 245 mm. Entrambi hanno<br />

l’anti-skating e vengono forniti anche con i fili interni in argento (segnato<br />

sulla scatola, come per i 64/66). Per permettere l’uso di testine<br />

pesanti, veniva inoltre fornito un contrappeso addizionale. Due anni più<br />

tardi (1980) Ikeda San mette sul mercato il suo gioiello più prestigioso<br />

l’FR.64, un 10” massiccio, con massa da 35 gr., creato per far suonare la<br />

Ortofon SPU. Per la prima volta il bilanciamento è dinamico. La forza<br />

di tracciamento viene comandata da una molla in tungsteno (o meglio:<br />

lega di acciaio e tungsteno) che ne aumenta notevolmente la durezza e<br />

la mancanza di ossidazione. Tale soluzione si è dimostrata di lunga durata<br />

nel tempo, tanto è vero che i bracci 64/66 venduti oggi nel mercato<br />

dell’usato non necessitano di sostituzione della molla.<br />

Per chi non conosce le caratteristiche di un braccio statico rispetto a uno<br />

IKEDA SAN<br />

Isamu Ikeda nasce nel 1929 nel<br />

distretto Koto di Tokyo. La sua<br />

leggenda ha inizio nel dopoguerra<br />

ma è nel 1964, mosso<br />

dall’insoddisfazione verso la<br />

produzione audio di allora, che<br />

decide di mettersi in proprio e<br />

fondare la Fidelity Research.<br />

La prima testina a bobina mobile<br />

giapponese è stata uno dei<br />

suoi sviluppi e molti dei produttori<br />

di testine giapponesi hanno<br />

fatto tesoro della sua guida. Dalla<br />

metà degli anni Sessanta ai<br />

primi anni Ottanta testine come<br />

la FR 1 e la MC 201 e bracci come<br />

l’FR 12, l’FR 14, l’FR 64 e l’FR 66<br />

della Fidelity Research hanno<br />

ottenuto successo internazionale. Isamu Ikeda è stato inoltre il pioniere dell’uso<br />

del filo d’argento, degli stili con peso ridotto, dell’attacco a giroscopio e dei<br />

magneti ad alta efficienza che rendono possibili bobine con un minor numero<br />

di avvolgimenti. Il suo spirito innovativo è continuato anche dopo la fine della<br />

Fidelity Research e con la società che porta il suo nome svilupperà la prima<br />

testina al mondo a bobina mobile senza cantilever, proprio come le testine a<br />

ferro mobile della londinese Decca. Una delle sue richieste nel momento in cui<br />

ha affidato i suoi prodotti alla IT Industries è stata che questi continuassero a<br />

essere prodotti a mano in Giappone.<br />

dinamico la spiegazione è la seguente e riguarda il modo di applicare<br />

la forza di tracciamento: nei bracci statici il bilanciamento e la forza<br />

di tracciamento sono comandati dal contrappeso; in quelli dinamici,<br />

invece, potrebbe esserci un contrappeso<br />

per il bilanciamento iniziale ma<br />

la forza di tracciamento è raggiunta attraverso<br />

una molla o un motore servo<br />

che imprime una deportanza, cioè una<br />

maggiore aderenza al braccio stesso,<br />

aumentando così la tracciabilità, specie<br />

nel caso di dischi ondulati. La preferenza<br />

per un sistema o l’altro è molto<br />

dibattuta in campo audio. Il vantaggio<br />

Il Fidelity Research FR 64.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 25


INSIDE<br />

I morsetti di collegamento dei bracci Fidelity research.<br />

I trasformatori Tamura posizionati nella vaschetta sottostante i bracci 24 e 34.<br />

avanzato da Ikeda verso i bracci bilanciati dinamicamente è che si sposano<br />

meglio con testine MC a bassa cedevolezza dove il cantilever è<br />

solitamente rigido e il braccio dinamico aiuta a seguire il solco nei punti<br />

più difficili. Un braccio bilanciato staticamente lavora invece meglio<br />

con testine ad alta cedevolezza e quindi bracci a bassa massa e cantilever<br />

conformi. Per entrambi i sistemi ci sono pro e contro: i pro del<br />

sistema dinamico sono molti mentre come contro vorrei citare la Trio/<br />

Kenwood che negli anni ’80 introdusse (probabilmente con l’aiuto di<br />

Micro Seiki) il famoso giradischi L-07D che può essere considerato assieme<br />

a pochi altri la quintessenza del giradischi, dotato di un braccio<br />

bilanciato staticamente. Altra caratteristica che diverge è il fatto che<br />

nei bracci statici la massa equivalente varia con il peso (anche se marginalmente)<br />

mentre questo non accade con i bracci dinamici (la massa<br />

non varia) e quindi la tracciabilità rimane influenzata dai cambiamenti<br />

delle forze gravitazionali. Torniamo però all’FR.64 per segnalarne le<br />

diverse versioni. In quella originale è in alluminio per poi cambiare in<br />

acciaio, entrambi con filo interno in argento. Poi viene l’FR. 64s (sempre<br />

1980), in acciaio inossidabile e creato per testine che richiedono bracci<br />

smorzati come la Ortofon SPU, la London Decca, la Fidelity Research<br />

Musa e le Koetsu. In contemporanea esce anche l’FR.64s silver, con<br />

filo interno in argento (etichetta sul braccio e sulla scatola); il materiale<br />

è sempre acciaio inossidabile e in alcuni Paesi il braccio viene fornito con<br />

cavo esterno in argento. Quarta release è l’FR.64fx (1981), realizzato in<br />

alluminio dipinto di nero, con massa di gr. 20 per testine più leggere. A<br />

seguire l’FR.64fx silver, come il precedente ma con filo interno in argento;<br />

anche questa versione subisce alcuni cambiamenti e miglioramenti<br />

prima con l’FR.64fc (35 gr. - 1982), poi con l’fxMK2 (1984 - 20 gr.) e<br />

infine con l’fxPRO (1985 - 20 gr.). A parte va considerato l’FR.66 (in<br />

alluminio) e l’FR.66s (in acciaio inossidabile), entrambi del 1981 e con<br />

braccio, non più da 10” ma da 12” e con una massa rispettivamente di<br />

24 e 38 gr. Furono realizzati per fare concorrenza allo SME 3012 (1970),<br />

allora molto apprezzato in Giappone. Per la serie 64/66 esistono due<br />

accessori degni di considerazione: l’N-60 Heavy fixing nut (un dado<br />

pesante di tenuta che aumenta la stabilità del braccio) e il B-60 Heavy<br />

VTA lifter, un sollevatore pesante per variare l’altezza del braccio (VTA)<br />

anche durante l’utilizzo (on the fly). In rete si trovano diversi commenti<br />

sulla serie 64/66; uno di questi riguarda la possibilità di risonanza da<br />

parte della molla del bilanciamento dinamico di questi bracci ma tutti i<br />

possessori, me compreso, non hanno riscontrato questo difetto. Un’altra<br />

caratteristica dei bracci Giapponesi in generale è che quasi tutti hanno la<br />

forma a doppia curvatura della canna. Questa preferenza racchiude in sé<br />

motivi teorici importanti. Nei bracci diritti o a una sola curvatura l’asse<br />

della testina-fulcro-contrappeso non è ottimale in quanto il peso della<br />

testina risulta abbastanza spostato rispetto all’asse del braccio. Questo<br />

non allineamento provoca una forza torcente sollecitante il vincolo del<br />

braccio, in particolare nei bracci unipivot (ma anche a quelli a lame<br />

di coltello o a cuscinetti) con conseguenti possibili problemi. L’unico<br />

braccio che evita questo inconveniente è quello a doppia curvatura che<br />

ripristina il baricentro dell’insieme testina-fulcro-contrappeso. Tutto<br />

questo è facilmente comprensibile ma nella pratica, date le basse forze<br />

in gioco, risulta sostanzialmente non udibile nella riproduzione né meccanicamente<br />

riscontrabile, con buona pace degli amanti degli unipivot<br />

e delle altre soluzioni in merito!<br />

Dopo un periodo di ampi successi (tanto che la società verrà quotata al<br />

Tokyo Stock Market), l’avvento del CD comporterà un ridimensionamento<br />

di tutto il comparto dedicato al vinile fino al momento in cui la<br />

Fidelity Reasearch dovrà chiudere i battenti nel 1985. Non si sa in che<br />

misura l’evento sia stato condizionato anche dal fatto che Ikeda San<br />

considerasse ormai eccessivamente consumer la società da lui creata ed<br />

era alla ricerca “di un luogo dove poter fare cose impossibili con una società<br />

di produzione di massa come era diventata la Fidelity Research”.<br />

Sta di fatto che nel 1986 fonda la Ikeda Sound Lab e con questo nuovo<br />

marchio comincia la produzione di due bracci sulla scia dell’FR.64 e 66:<br />

l’IT.345 e l’IT.407 che come prestazioni sono molto simili agli FR ma<br />

dove Ikeda ha cercato di diminuire le risonanze (se mai ce ne fossero) od<br />

ogni influenza esterna adottando forme rotonde (meno sensibili agli<br />

spostamenti d’aria) e utilizzando leghe di acciaio, ottone, bronzo, zinco,<br />

alluminio e rodio (per i contatti). Altra differenza è data dal fatto che<br />

in questi “nuovi” bracci il fulcro è supportato da entrambi i lati mentre<br />

negli FR il supporto era in un solo lato. Benché la progettazione fosse di<br />

Ikeda, la fabbricazione era eseguita da IT Industry Co. Ltd. che a partire<br />

dal 2011 rileva l’intera produzione Ikeda.<br />

Con l’occasione vorrei anche ricordare che il mitico Yoshiaki Sugano<br />

(fondatore della Koetsu) nelle prove delle Supex e delle Koetsu che lui<br />

produceva utilizzava bracci Fidelity Research (ad eccezione di quando<br />

utilizzava il suo braccio Koetsu SA 1100, che non aveva nella sua forma<br />

iniziale l’antiskating, poi aggiunto nelle versioni aggiornate MKII,<br />

MKIII). Originariamente Sugano produceva affilatissime spade usate<br />

nella tradizione Giapponese ma fu anche musicista e pittore. È morto<br />

a 95 anni nel 2002 ma fortunatamente il figlio Fumihiko continua la<br />

produzione di Koetsu. Isamu Ikeda è invece attualmente in pensione,<br />

avendo raggiunto la veneranda età di 90 anni…<br />

26 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


INSIDE<br />

di Francesco Bonerba<br />

Una,<br />

nessuna,<br />

centomila<br />

Sono le voci di Matteo Macchioni, giovane tenore italiano che da quasi dieci anni interpreta i personaggi<br />

delle più celebri opere liriche, da Ernesto del Don Pasquale al Conte di Almaviva de Il Barbiere di Siviglia, da<br />

Don Ramiro in La Cenerentola a Don Ottavio nel Don Giovanni. Una carriera in divenire tra Italia e l’estero<br />

fatta di passione, sacrifici, soddisfazioni e l’Opera, raccontata da un punto di vista inedito.<br />

Da quel periodo di confusione e incertezza che solitamente<br />

segue la laurea Matteo Macchioni, un passato da<br />

pianista, un’esperienza televisiva ad “Amici”, un lungo e<br />

prestigioso curriculum, ha tirato fuori, un po’ per scelta un po’<br />

per i casi della vita, la passione per il canto, senza riuscire più a<br />

separarsene. Ne è nato un sodalizio artistico che in dieci anni ha<br />

mietuto consensi in tutto il mondo e che quest’autunno stiamo<br />

avendo modo di apprezzare (anche) in Italia.<br />

Il tuo percorso artistico prende il via dai tasti del pianoforte<br />

con la laurea conseguita nel 2007 e solo in seconda<br />

battuta imbocca la diramazione del canto. Come hai coltivato<br />

questo talento?<br />

Già durante gli anni di conservatorio, quando studiavo pianoforte,<br />

mi era stato fatto notare che avevo una voce squillante. Lo studio<br />

e l’idea di dedicarmi seriamente al canto lirico sono arrivati,<br />

però, qualche anno dopo, a partire dal 2010, con le prime esperienze<br />

in teatro. A queste sono seguiti tanti concorsi, audizioni,<br />

fino al 2014, quando ho frequentato l’Opera Studio al teatro Carlo<br />

Felice di Genova. Il passaggio da un percorso all’altro è stato<br />

piuttosto lento perché di solito chi inizia una strada prosegue con<br />

quella. Le esperienze, gli eventi e la passione mi hanno portato a<br />

questo cambio di rotta, sebbene conservi ancora un grande amore<br />

per il pianoforte, al quale ho dedicato dieci anni della mia vita.<br />

L’esperienza con “Amici” di Maria De Filippi è stata determinante<br />

per l’inizio della tua carriera da tenore. Secondo<br />

te, ci saresti arrivato comunque attraverso altre vie o no?<br />

Ci sarei sicuramente arrivato anche se l’incontro con Daniel<br />

Oren, che mi notò grazie alla trasmissione e mi offrì un debutto a<br />

Palermo proprio nel 2010, è stato fondamentale. Mentre facevo la<br />

trasmissione non sapevo che strada avrei preso, ero un neolaureato<br />

in pianoforte con la passione per il canto; penso sia stata un’esperienza<br />

molto positiva proprio perché giunta in un momento<br />

in cui non avevo ancora le idee chiare su cosa fare nella mia vita.<br />

Come ti prepari all’interpretazione di un personaggio? E<br />

quali sono i ruoli che hai sentito nel corso degli anni più<br />

28 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


INTERVISTA MATTEO MACCHIONI<br />

e non perché abbia passato una notte brava ma semplicemente<br />

perché ho cambiato appartamento o camera d’albergo talmente<br />

velocemente da non rendermene neanche conto. È una brutta<br />

sensazione. Poi sono molto legato alla mia terra e alla mia città,<br />

Sassuolo, dove ho la mia famiglia, mentre la mia fidanzata è a sua<br />

volta cantante e quindi spesso in viaggio. Conciliare tutto è abbastanza<br />

difficile e stressante, specie per uno del segno del Toro!<br />

Quando posso cerco di farmi raggiungere da amici e familiari e<br />

non far passare troppo tempo senza vederli. Essere lontano da<br />

casa, a volte anche per cinque settimane, è un po’ il grande svantaggio<br />

di questo lavoro.<br />

vicini (o lontani) alla tua personalità?<br />

Il mio approccio alla preparazione è molto serio e il fatto di essere<br />

pianista mi aiuta molto: posso suonare tutto lo spartito nella riduzione<br />

per canto e pianoforte facilitandomi il lavoro. Poi ci vuole<br />

molta umiltà, bisogna mettersi in gioco per rimanere elastici e<br />

adattarsi di volta in volta alla visione del personaggio e dell’Opera<br />

proposta dal regista. Lo spartito e la musica sono sempre uguali<br />

ma di un ruolo si possono delineare infinite sfumature, emozioni,<br />

movimenti: si fa sempre la stessa cosa senza che sia mai identica,<br />

e questo significa una crescita continua per l’interprete. Ogni personaggio<br />

che ho interpretato e per il quale ho studiato mi ha dato<br />

grandi soddisfazioni, non ne ho mai vissuto qualcuno “male”. Sicuramente<br />

c’è un rapporto particolare con i ruoli che ho interpretato<br />

di più: il Conte di Almaviva dal Barbiere di Siviglia e Don<br />

Ramiro dalla Cenerentola, entrambe opere di Rossini.<br />

Nel mondo interconnesso di oggi, dove la comunicazione<br />

è spesso quasi più rilevante dei contenuti, pensi ci<br />

siano i presupposti per far tornare la musica lirica alla<br />

sua originale vocazione popolare, magari riavvicinandola<br />

ai giovani?<br />

Assolutamente si, deve essere così. L’Opera vive del pubblico, è<br />

un genere popolare, è un errore considerarla una nicchia, è uno<br />

stereotipo. Rinnovare gli spettatori, accendere l’interesse delle<br />

nuove generazioni affinché vivano il teatro come una forma di intrattenimento<br />

anche divertente è indispensabile per la sopravvi-<br />

Un regista che ti ha particolarmente colpito?<br />

Pur non avendoci lavorato tantissimo – anzi mi piacerebbe ci<br />

fossero nuove opportunità di collaborazione in futuro – ti direi<br />

Davide Livermore; con lui ho lavorato nel Billy Budd di Britten al<br />

Carlo Felice di Genova e mi ha colpito molto la sua grandissima<br />

energia.<br />

Messico, Germania, Austria, Danimarca, Inghilterra e<br />

Russia sono alcuni dei paesi nei quali ti sei esibito. Che<br />

differenze noti tra il pubblico straniero e quello italiano?<br />

Senza retorica, in tutti i Paesi nei quali ho portato la mia voce<br />

ho sempre trovato un pubblico molto caloroso, che ha grande rispetto<br />

e attenzione per ciò che vede. Quello che ho potuto notare<br />

è che all’estero, mediamente, gli spettatori sono più giovani. L’Opera<br />

lirica, poi, gode di grande rispetto ovunque e se ci pensiamo<br />

è uno dei pochi modi che fa parlare italiano nel mondo: nel dietro<br />

le quinte ti trovi a collaborare in inglese con persone di ogni nazionalità<br />

ma quando si è sul palco tutti cantano in italiano. È una<br />

cosa che mi rende molto orgoglioso.<br />

Come vivi il doverti continuamente spostare tra estero e<br />

Italia? È facile coniugare lavoro e vita privata?<br />

Qui tocchi un tasto dolente… È difficile per tanti motivi. Mi capita<br />

spesso di svegliarmi, guardare il soffitto e non sapere dove sono<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 29


INSIDE<br />

venza dell’Opera. All’estero mi è capitato di cantare in teatri sempre<br />

pieni, anche durante la settimana, magari grazie a biglietti<br />

proposti a prezzi abbordabili. Ben vengano anche altri contesti o<br />

supporti di riproduzione – festival all’aperto, ad esempio, o la televisione<br />

con dirette e registrazioni proposte in orari mainstream<br />

e non di notte – tutto può aiutare per far conoscere l’Opera a una<br />

platea più vasta e generare interesse.<br />

Quanto sono importanti lo studio e la determinazione in<br />

un percorso del genere?<br />

Per me fondamentali. Il perfezionamento, lo studio, la ricerca<br />

dell’eccellenza ti aiutano a essere competitivo sul mercato: ci si<br />

confronta sempre con cantanti di tutto il mondo ed essere italiani<br />

non significa avere un vantaggio sugli altri, il contesto è molto<br />

meritocratico per cui occorre studiare tanto. Essere tenaci è<br />

altrettanto importante, non mollare, non pensare mai di essere<br />

arrivati e se lo si pensa, forse è arrivato il momento di appendere<br />

l’ugola al chiodo! Personalmente continuo a mantenere il giusto<br />

timore reverenziale nei confronti del palcoscenico: non è paura<br />

ma rispetto, e penso che nel momento in cui manchi questo brivido,<br />

l’esibizione cessi di essere viva.<br />

Come ami ascoltare musica? Quali sono i tuoi ascolti ricorrenti<br />

e quali quelli imprescindibili?<br />

Ascolto assolutamente di tutto, amo il rock, in casa ascoltavamo i<br />

Queen, i Toto, i Dire Straits, mi piacciono il cantautorato italiano,<br />

la musica internazionale, gli esperimenti. Mi sono piaciuti molto<br />

diversi dischi dei Muse. I miei ascolti non sono legati solo al<br />

mio lavoro e non ho alcuno steccato culturale; questo mi consente<br />

di arricchire il mio approccio al canto e, laddove richiesto, di<br />

portare modernità nella partitura; essere cantante d’Opera non<br />

significa essere un fossile! Ascolto musica come la ascolta un Millennial,<br />

spesso in movimento, con cuffie Bluetooth e smartphone<br />

attraverso i canali a disposizione.<br />

Stai trascorrendo un autunno particolarmente “caldo”:<br />

a ottobre in Germania con il Don Giovanni, a novembre<br />

in Danimarca con Così fan tutte; a inizio dicembre, poi,<br />

di nuovo in Italia con Concerti di Natale, tour di musica<br />

sacra. Parlaci di questi progetti e del tuo più grande sogno<br />

nel cassetto.<br />

Fortunatamente le opere nelle quali ho lavorato a Friburgo e Copenaghen<br />

sono entrambe di Mozart, così non sono stato costretto<br />

a passare da un autore all’altro nel giro di qualche giorno! Dopo<br />

due mesi lontano dall’Italia, non vedo l’ora di tornare per questo<br />

bellissimo tour, una bella occasione per proporre musica sacra in<br />

diverse città italiane.<br />

Parlando con molta onestà, il mio sogno lo vivo tutti i giorni, potrei<br />

dirti un titolo piuttosto che un altro che mi piacerebbe interpretare<br />

in futuro ma si tratta in realtà di desideri non troppo<br />

lontani dall’essere realizzati. Mi piacerebbe semplicemente proseguire<br />

con la mia carriera internazionale e confrontarmi sempre<br />

con nuove esperienze, mi ritengo già molto fortunato nel poter<br />

fare ciò che mi piace, non è affatto scontato al giorno d’oggi!<br />

30 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


INSIDE<br />

di Paolo Corciulo<br />

Cantano più<br />

degli uccellini<br />

PMB è un’azienda che negli anni ha ottenuto un largo successo anche nell’ambito consumer ma non ha<br />

mutato il suo approccio produttivo, a cavallo tra artigianato e industria. Siamo andati a far visita alla nuova<br />

sede che si affianca a quella visitata sempre da <strong>SUONO</strong> nel 2014.<br />

Holme Court, Biggleswade SG18 9ST, United Kingdom: l’indirizzo<br />

si riferisce al paese di Biggleswade (15.383 abitanti)<br />

nella contea di Bedfordshire, a poco più di 30 km<br />

di distanza dall’aeroporto di Luton e a circa 60 da Londra. Nei<br />

dintorni della cittadina, nella campagna circostante, preceduto da<br />

un “invito” costituito da un lungo viale all’interno di un bosco, si<br />

apre l’ampia area di verde, oltre 20.000 mq, che costituisce Holme<br />

Court, una costruzione in stile georgiano del 1860. Se non bastasse<br />

il panorama mozzafiato che vi accoglie prima dell’ultima curva, è<br />

lo stesso palazzo che si erge “dopo” l’ultima curva quando si arriva,<br />

a lasciare senza fiato, con la sua maestosità, la tipica costruzione<br />

in mattoni a vista e il fatto che il fabbricato abbia conservato molte<br />

delle sue caratteristiche originali. È un luogo di pace dove si sentono<br />

cantare gli uccellini e nulla lascia trapelare quanto accade all’interno<br />

dell’edificio, anche perché in passato è stato utilizzato come scuola<br />

per ciechi e men che meno, immaginiamo, l’architetto avrebbe mai<br />

potuto immaginarne, tre secoli fa, l’uso odierno. Né avrebbe potuto<br />

immaginare che gli ampi spazi sul tetto sarebbero stati utilizzati<br />

per generare elettricità solare, scelta che invece è stata perorata nel<br />

corso della ristrutturazione effettuata da Peter Thomas, fondatore<br />

e proprietario dell’azienda.<br />

“Era mia intenzione fare di PMC un’azienda il più verde possibile”,<br />

racconta Thomas, “e così, date le questioni dei gas serra e del<br />

riscaldamento globale che circonda l’uso di combustibili fossili,<br />

l’installazione di un impianto solare è sembrato il primo passo<br />

logico”. A tal fine sono stati installati ben 36 pannelli solari sul<br />

tetto del magazzino e ogni pannello fornisce energia per 9,36 kW,<br />

sufficiente a ridurre significativamente la dipendenza dell’azienda<br />

dall’energia elettrica (prodotta da combustibili fossili) per gli uffici<br />

amministrativi, di ricerca e sviluppo e di marketing che trovano<br />

posto in questa antica magione…<br />

Per snaturarla il meno possibile, la presenza di PMC appare per il<br />

resto particolarmente discreta: solo una piccola targa all’ingresso<br />

chiarisce cosa ci si appresta a visitare. All’interno l’uso senza eccessive<br />

ridondanze del legno naturale mette in risalto quel che c’è,<br />

disposto con rigore quasi scandinavo: l’imponente scala centrale,<br />

la vezzosa pendola e le varie sale con soffitti alti. Una di queste,<br />

vicina all’entrata e particolarmente ampia, è stata riadattata a sala<br />

d’ascolto con un trattamento acustico discreto ma efficace: è qui<br />

che ho ascoltato in anteprima Fenestria (vedi <strong>SUONO</strong> 538) ed è<br />

qui che trova posto una parte, piccolissima, della collezione vintage<br />

di Peter Thomas, quella dedicata all’elettronica, mentre i numerosissimi<br />

modelli di diffusori (raccolti sia per diletto ma anche come<br />

riferimenti con i quali confrontare le proprie realizzazione) sono<br />

stati spostati dalla sede originaria (ancora attiva) in un ampio magazzino<br />

al piano superiore, in attesa di essere catalogati ed esposti.<br />

Le altre stanze al piano terreno vengono utilizzate per le varie fasi<br />

di assemblaggio dei Fenestria e per la realizzazione del complesso<br />

filtro di crossover (quello del crossover è una vera mania di Peter<br />

Thomas dove investe ingenti risorse). Trova posto una mini sala<br />

semi-anecoica dove sono stati effettuati in fase disviluppo i test<br />

sui Fenestria che hanno richiesto ampi esperimenti sulla scelta<br />

32 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


I BRACCI DI FIDELITY RESEARCH<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 33


INSIDE<br />

dei materiali. Al piano di sopra, invece, i vari uffici amministrativi,<br />

quelli di Peter Thomas e di Tim Ireland, il nuovo CEO di PMC che<br />

si è aggregato alla società dopo aver svolto lo stesso ruolo in Meridian<br />

e, precedentemente, quello di capo del product managment in<br />

B&W, dove l’ho incontrato per la prima volta. Ireland ha il compito<br />

di razionalizzare soprattutto il settore della distribuzione e delle<br />

vendite. È un tipo alla mano ma tosto, chiamato a mettere ordine<br />

nella gestione geniale ma naïve della famiglia Thomas dove Peter<br />

assume la carica di presidente e il figlio Oliver prende in mano la<br />

ricerca e lo sviluppo, soprattutto in merito alla scelta di nuovi materiali.<br />

Insomma Fenestria sembra solo la sintesi di una nuova fase<br />

di sviluppo di PMC da cui siamo autorizzati ad aspettarci ancora<br />

molti capitoli. Senza dimenticare il senso di pace e l’armonia con la<br />

mente che trasmette un posto come Holme Court...<br />

34 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


INSIDE<br />

di Vittorio Pio<br />

Il suono<br />

della sorpresa<br />

Se è vero che molti si possono cimentare con un brano di Thelonious Monk ma pochi possono arrivare in fondo<br />

con rispetto e originalità, Miles Okazaki, autorevolissima voce fuori dal coro del chitarrismo jazz mondiale<br />

per la sua narrativa melodica virtuosa e imprevedibile, ha sorpreso ulteriormente con un’impresa davvero<br />

temeraria, visto che ne ha registrato l’intero canzoniere con un ambizioso progetto che cullava fin da ragazzo.<br />

Il risultato è semplicemente Work, una testimonianza di una passione<br />

che consta di ben 300 minuti in un ipnotico solo in solitario che,<br />

viste le frequenti richieste di addetti ai lavori, cultori e appassionati,<br />

è stato stampato anche in un box autoprodotto di 6 CD dopo una prima<br />

diffusione “liquida”. Un lavoro certosino, simile quasi a quello dei cercatori<br />

d’oro, condotto costantemente sui temi ma senza effetti aggiunti,<br />

proprio per fare rilucere l’inesauribile bellezza di queste note scaturita<br />

dal genio monkiano. “La sua musica è come un cristallo”, ribadisce<br />

cordialmente, “possiede molti spigoli e angolazioni al suo interno: non<br />

è lineare, semmai tridimensionale, possiede anche il contrappunto ma<br />

dal punto di vista ritmico puoi sentire il battito dell’Africa”.<br />

Classe 1974, originario di Port Washington da una famiglia che lo ha<br />

costantemente stimolato verso la musica, Okazaki è stato al fianco della<br />

cantante Jane Monheit e poi (per circa dieci anni) membro dei portentosi<br />

Five Elements di Steve Coleman, documentando al contempo un interessante<br />

percorso solista con la Pi Recordings, nota per la sua predilezione<br />

avanguardista che la accomuna alla Auand di Marco Valente, per cui ha<br />

anche inciso un paio di dischi.<br />

Perché fare un altro album di tributo a Monk? O meglio, che<br />

senso ha avuto per te realizzarlo?<br />

Ho iniziato a suonare la chitarra da bambino con brani classici e canzoni<br />

popolari ma le cose sono cambiate nei primi anni dell’adolescenza,<br />

quando ho iniziato a esplorare i grandi improvvisatori della Black American<br />

Music: in quel momento sono rimasto affascinato dalla figura di<br />

Thelonious Monk. Tutto ciò che ha fatto mi ha influenzato a un livello<br />

così profondo da instradarmi in maniera irreversibile nella musica che<br />

suono o che mi interessa approfondire e Monk continua a essere una<br />

magnifica ossessione.<br />

Quando hai capito che era il momento giusto per farlo e che<br />

tipo di approccio hai usato?<br />

Penso a questo progetto da quando ero adolescente. Ci è voluto un bel<br />

po’ di tempo per avere l’esperienza e la fiducia per metterlo in pratica. Da<br />

giovane ho raccolto una dozzina di brani o giù di lì, ma a quel tempo non<br />

possedevo certamente il linguaggio necessario per approcciare questo<br />

tipo di materiale con autorità. A vent’anni ho acquisito più vocabolario<br />

ma la mia tecnica non era ancora all’altezza del compito. Ai 30 ero certamente<br />

più sicuro ma mi mancava una visione personale del progetto<br />

che andasse oltre la mera esecuzione e imitazione. Ora gli sto dando<br />

un’idea anche se forse, più in là, penserò che avrei dovuto aspettare fino<br />

ad avere sufficiente esperienza e maturità. Intanto l’ho fatto ed è una<br />

sfida, d’accordo; ma sono interessato a sfidare il materiale in generale:<br />

per quanto ne so, l’intero libro non era stato registrato su un singolo<br />

strumento solista, e questa cosa mi è sembrata una sfida interessante;<br />

la parte più difficile è di farlo in un modo che rispetti il materiale e il<br />

compositore. Mi sono approcciato cercando la giusta dose di umiltà e<br />

sperimentalismo. Per rispetto del materiale, ci sono alcune cose che non<br />

mi sono permesso di cambiare: la melodia, l’armonia, la forma. Invece<br />

ho agito molto sul ritmo proprio perché Monk è stato un Maestro di<br />

imprevedibilità, nel suo continuo rimescolamento di angoli e possibilità<br />

ritmiche. Alcuni brani hanno tempi molto diversi rispetto all’originale,<br />

perché mi sono posto come obiettivo quello di variare gli approcci ritmici<br />

a beneficio dell’ascoltatore.<br />

Hai anche tenuto a mente il famoso diktat che lo stesso Monk<br />

diede a Steve Lacy, ovvero: “Smettila di suonare tutte quelle<br />

note sballate: sono stronzate! Concentrati piuttosto sulla<br />

melodia...”?<br />

36 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


INTERVISTA MILES OKAZAKI<br />

Che strumentazione hai usato?<br />

Su ogni traccia usa lo stesso set-up minimalista, ovvero una Gibson<br />

ES 175 archtop modello Charlie Christian, amplificata da un Fender<br />

Twin senza effetti per lasciare il suono nudo in evidenza: trovare continuamente<br />

nuovi approcci è stata di gran lunga la sfida più grande di<br />

questo progetto. Fondamentale è stato il supporto del brillante chitarrista<br />

e ingegnere Liberty Ellman, che ha mixato e masterizzato i 70 brani,<br />

prestando la sua abilità nel fare emergere un bel tono di chitarra. Ho<br />

chiesto a Liberty di farla suonare come se ci fosse stato qualcuno nel<br />

salotto di casa pronto per un concerto solista: la sensazione riportata è<br />

stata esattamente quella.<br />

È più importante la teoria o il linguaggio nel jazz?<br />

Non sono molto a favore della teoria nel jazz, direi che l’approccio corretto<br />

in musica è lo stesso che si usa quando si impara una lingua. Credo che<br />

per imparare l’italiano, il giapponese o qualsiasi altra cosa sia necessario<br />

interiorizzarla facendo molto ascolto. Se non è precisamente nelle tue<br />

orecchie, o meglio se non l’hai assorbita a dovere, allora non suonerà<br />

bene. La teoria è utile, ma non è la fonte: in altre parole, la mappa non<br />

è il territorio.<br />

Si ,certo, ha rappresentato la chiave di accesso: ho avuto la possibilità di<br />

suonare con Lacy una volta nel 1994 e lui mi ha dato un suggerimento<br />

simile: “Basta attenersi a queste note, sono sufficienti”. Nelle composizioni<br />

di Monk c’è davvero molto materiale su cui lavorare: io ho cercato<br />

di svolgere un’improvvisazione dopo averne distillato la struttura. Detto<br />

questo, l’ascoltatore può sentire un sacco di “note strane” ma a volte<br />

l’ardire del momento porta su strade sconosciute, sono stato molto aiutato<br />

da alcune conversazioni che ho avuto con Steve Cardenas, amico<br />

chitarrista e profondo conoscitore dell’opera monkiana e di successivi<br />

confronti con Jerome Harris, Julian Lage, Rez Abbasi e Nels Cline, che<br />

mi hanno fatto pensare di più a quella che poteva essere una trasposizione<br />

chitarristica della sua musica che poi con pazienza, perseveranza,<br />

concentrazione e ricerca del suono giusto ho cercato di onorare.<br />

Adesso, invece, cosa stai ascoltando?<br />

Mi sono piaciute alcune cose recenti di Kris Davis, Bill Frisell, Darius<br />

Jones, Steve Lehman, Linda Oh. Ascolto ancora dischi che sono molto<br />

più vecchi. In questo momento sto ascoltando un disco di Jimmy<br />

Smith, The Boss.<br />

Prova a definire il suono che stai ancora cercando...<br />

È il suono della sorpresa, del mistero, dell’anima.<br />

E quando si è trattato di registrare, come hai fatto?<br />

Il mio processo è stato quello di lavorare su una canzone alla volta, trascorrendo<br />

il tempo necessario per arrivarne al cuore prima di registrarla.<br />

Questo ha comportato una prima revisione approfondita dei pezzi originali.<br />

Ho scoperto via via che avevo molte melodie ancora da imparare<br />

e che quelle che conoscevo avevano bisogno di molte correzioni. Quindi<br />

ho iniziato a fare dei piccoli concerti in trio per elaborare il materiale in<br />

pubblico. Altre contingenze mi hanno dato il tempo di sedermi e iniziare<br />

a lavorare: così mi sono immerso, e come per tutte le cose Monk la cosa<br />

si è fatta sempre più profonda. Ho registrato diverse takes, scegliendo la<br />

migliore: usando questo approccio c’è voluto circa un anno per arrivare<br />

a traguardo. Nelle registrazioni c’è tutto, esattamente come è successo,<br />

non ho tagliato alcuna frequenza né eliminato interferenze; a volumi più<br />

alti l’ascoltatore mi sentirà respirare o grugnire, ci saranno sedie cigolanti<br />

mentre batto i piedi, oppure passeranno le ambulanze di Brooklyn, e si<br />

sentirà sferragliare la mia vecchia chitarra attraverso l’amplificatore. La<br />

priorità era quella di portare a compimento una performance improvvisativa<br />

naturale e realistica, non un documento eccessivamente levigato.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019<br />

37


INSIDE<br />

di Marco Fullone<br />

Rivisitando<br />

il Re cremisi<br />

Quando ascoltai per la prima vota questo capolavoro del prog frequentavo ancora le scuole elementari,<br />

parliamo dei primi anni Settanta, e in quel periodo anche un ragazzino come me poteva assorbire un<br />

mondo di musica in uno dei periodi più ricchi ed eclettici sul piano artistico. Nonostante l’età io e i<br />

miei compagni di allora ascoltavamo questo disco apprezzandone l’originalità ma solo molti anni dopo<br />

abbiamo colto realmente la strepitosa complessità della produzione, le coraggiose soluzioni sperimentali<br />

tra rock, free jazz, folk e lo spessore dei testi.<br />

In The Court Of The Crimson King non è album che necessita<br />

di troppe presentazioni ma nel tempo ho compreso che si tratta<br />

di un lavoro straordinariamente ricco di spunti innovativi,<br />

ancora oggi è in grado di suscitare stupore e - soprattutto - di<br />

non stancare mai. Scandagliando la mia cospicua collezione di dischi ho<br />

scoperto di possedere 13 release di In The Court Of The Crimson King,<br />

un vero record da accumulatore seriale, ma a ben guardare quando<br />

un vero classico entra nel DNA della tua vita musicale difficilmente<br />

te ne separi, ne segui l’evoluzione e sei disposto a tutto pur di poterlo<br />

riascoltare con la speranza di cogliere qualche dettaglio in precedenza<br />

sconosciuto, magari nascosto da master di dubbia qualità o dall’usura<br />

del tempo che si insinua nei solchi di un vinile riprodotto chissà quante<br />

volte su un glorioso giradischi Lenco L 75/S. Però, diciamoci la verità,<br />

noi appassionati alla fine ci ricompriamo sempre gli stessi album, siamo<br />

il bancomat di tanti artisti che fortunatamente possono contare su<br />

uno zoccolo duro di pazzi che comprano e ricomprano nuove edizioni<br />

sempre più ricche, espanse, riviste e rielaborate parallelamente alle più<br />

sofisticare tecniche di remastering. Alla fine, per capire un po’ l’evoluzione<br />

discografica di In The Court Of The Crimson King, ho rispolverato<br />

le quattro copie in vinile (una rovinatissima stampa italiana originale<br />

dell’epoca con copertina apribile, una stampa inglese degli anni Ottanta<br />

con copertina a busta orrenda, non apribile), un picture disc degli anni<br />

2000 e la ristampa inglese del 2010 con l’original stereo mix del 1969<br />

rimasterizzato nel 2009 su vinile 200 grammi. Le copie CD sono di varie<br />

epoche ma le più belle sono giapponesi, soprattutto quattro edizioni<br />

splendidamente ristampate emulando la copertina in gatefold apribile<br />

come l’LP originale, compresa la versione del 2009 che conteneva due<br />

dischi, il CD con il mix stereo di Steven Wilson e il DVD Audio con il<br />

mix 5.1 e stereo di Wilson con risoluzione 24/96 (ovviamente fa parte<br />

della collezione anche la versione europea dello stesso prodotto ma non<br />

stampata in maniera maniacale come fanno i giapponesi). Tutte queste<br />

ristampe mi fanno ricordare che un numero simile di riedizioni le ho<br />

comprate anche per altri capolavori come Aqualung dei Jethro Tull, The<br />

Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd, Songs In The Key Of Life di<br />

Stevie Wonder oppure per gli album dei Genesis periodo Gabriel. Può<br />

sembrare maniacale agli occhi di qualcuno: davvero ha senso spendere<br />

tanti soldi per ricomprare essenzialmente le stesse canzoni? In effetti<br />

per i più pragmatici la musica nella sua essenza non cambia (In The<br />

Court Of The Crimson King per tanti rimane sempre lo stesso disco<br />

di cinquanta anni fa, come dar loro torto?) e questo atteggiamento<br />

38 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


IN THE COURT OF THE CRIMSON KING - 50TH ANNIVERSARY EDITION<br />

album alternativo completo comprendente mix del 2019 di Steven Wilson, inclusa<br />

una versione in duo molto estesa di I Talk to The Wind, una versione del 19<br />

giugno di In The Court of the Crimson King dell’ultimo giorno della band presso<br />

Morgan Studios nel giugno 1969, un versione di Epitaph dominante e una versione<br />

di Schizoid Man del 21° secolo che combina gli strumentali di Morgan con la<br />

voce di Greg Lake degli studi Wessex e sovraincisioni di agosto 2019 di Mel<br />

Collins e Jakko Jakszyk - questi ultimi due mixati da David Singleton. Un ulteriore<br />

album contiene materiale aggiuntivo tratto dallo studio e in gran parte mixato<br />

da Steven Wilson, inclusi estratti della cosiddetta “sessione del vento”. Il Blu-ray è<br />

completato da una serie di mix strumentali del 2019 e dal frammento video live<br />

finora inedito di riprese in bianco e nero di Hyde Park nel 1969. Tutto il materiale<br />

di questo set apparirà anche nelle prossime Complete 1969 Sessions (l’ottavo<br />

boxset della serie che documenta lo studio di King Crimson e le registrazioni dal<br />

vivo dal 1969 in poi, che uscirà presumibilmente nel 2020).<br />

King Crimson<br />

IN THE COURT OF THE CRIMSON KING - 50TH ANNIVERSARY EDITION<br />

Steven Wilson 2019 Remix, stereo e 5.1<br />

Edizione 3CD / Blu-ray: presentato in 2 gatefold apribili sul genere dei Mini LP<br />

Replica giapponesi contenenti i singoli CD più il libretto con le note redatte<br />

da Sid Smith.<br />

CD1: 2019 Steven Wilson stereo mix (approvato da Robert Fripp ) più la versione<br />

2019 mix strumentali (con Moonchild modificato per la lunghezza della canzone).<br />

CD2: Un’edizione estesa dell’album alternativo.<br />

CD3: L’edizione originale del mix del 1969 più tracce aggiuntive.<br />

Contenuti Blu-ray: Mix stereo e 5.1 2019 di Steven Wilson con risoluzione 24/96<br />

in DTS HD Master Audio e LPCM. Edizione originale del 1969 in stereo 24/96. Un<br />

Versione su vinile: doppio LP.<br />

LP1: remix 2019 di Steven Wilson (a suo debutto su vinile).<br />

LP2: selezione delle bonus track descritte in precedenza per il Blu-ray.<br />

Chi segue i King Crimson sa bene che nel 2009 Robert Fripp iniziò la sua collaborazione<br />

con Steven Wilson dei Porcupine Tree proprio con il box set di In<br />

The Court Of The Crimson King contenente 5 CD e il primo DVD Audio della serie<br />

di remaster. Si trattava del primissimo approccio a una massiva operazione<br />

discografica che nel decennio successivo ha portato Fripp a ristampare una mole<br />

enorme di album (molti nella versione CD + DVD Audio con il mix 5.1 e stereo in<br />

alta risoluzione), senza contare i mastodontici box set Sailors’ Tales (1970-1972)<br />

(contenente 27 dischi), Larks’ Tongues In Aspic - 40th Anniversary Edition (15<br />

dischi), On and Off The Road (19 dischi), Starless (27 dischi), The Road to Red (24<br />

dischi), Thrak (12 dischi), tutti in bellissime confezioni con memorabilia, CD e<br />

versioni HD sia su Blu-ray Audio che DVD Audio più un’infinità di registrazioni<br />

live inedite del periodo.<br />

potrebbe generare una più ampia riflessione sugli aspetti legati allo<br />

sfruttamento commerciale del repertorio musicale, cosa che voglio<br />

evitare più della peste. Diciamoci chiaramente, però, che molti lettori<br />

di <strong>SUONO</strong> saranno vittima come me delle riedizioni, ed è lecito immaginare<br />

che nella loro vita avranno cambiato/aggiornato/modificato il<br />

sistema Hi-Fi chissà quante volte, con l’intento di migliorare la propria<br />

esperienza di ascolto. Questo giro di parole per contestualizzare questa<br />

ennesima ristampa, soprattutto in considerazione del fatto che l’edizione<br />

del 2009 per il quarantennale sembrava realmente la versione definitiva.<br />

Qualche anno fa ebbi la fortuna di conoscere Steven Wilson nel backstage<br />

dell’Alcatraz a Milano dove si esibì in uno dei suoi ormai memorabili<br />

concerti. In quell’occasione chiesi a Wilson cosa si provasse a manipolare<br />

i nastri di album che fanno parte della storia della musica e lui mi disse<br />

che provava sempre un grande rispetto per questi lavori leggendari.<br />

“Avere il privilegio di lavorare su tali capolavori”, mi disse, “è qualcosa<br />

che ti responsabilizza, è richiesta umiltà di fronte a tanta bellezza. Poi<br />

subentra la tua capacità di dare, con la tecnologia a disposizione, una<br />

nuova veste sonora a qualcosa di unico”. Grazie all’esperienza accumulata<br />

per le rielaborazioni in 5.1 dei Porcupine Tree, Wilson ha aperto una<br />

nuova fase di grande importanza sul tema dei remaster partendo dai<br />

nastri originali multi traccia, un’esperienza che lo ha portato a diventare<br />

il guru dei remaster surround del mondo prog e rock grazie ai remix<br />

per Yes, Gentle Giant, Jethro Tull, Emerson Lake And Palmer, Caravan,<br />

Hakwind, XTC, Chicago e altri. A proposito di EL&P, per i quali Wilson<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 39


INSIDE<br />

ha prodotto il remix solo del loro primo album, gli chiesi come mai si<br />

fermò la collaborazione: “Diciamo che ci sono state vedute differenti<br />

su come rielaborare la loro musica per i nuovi formati in alta definizione”,<br />

ammise Stevan, “non voglio esprimermi più di tanto su questo,<br />

rispetto il loro punto di vista, il mio metodo lavoro evidentemente<br />

non andava bene”. Wilson in questo caso non si allargò più di tanto<br />

ma tra le righe ammise che dovette combattere con lo smisurato ego di<br />

musicisti leggendari. Ma quando parlai di Robert Fripp capii che era<br />

in completa sintonia con lui e che grazie ai King Crimson la sua reputazione<br />

nel settore dei remix era ormai diventata globale. “Con Fripp ci<br />

siamo trovati subito”, mi raccontò, “e poter rielaborare un capolavoro<br />

come In The Court Of The Crimson King e la straordinaria discografia<br />

dei King Crimson ha avuto per me un’importanza fondamentale, ho<br />

scoperto un mondo sensazionale di musica, musicisti incredibilmente<br />

dotati, tutte cose che hanno profondamente influenzato anche la mia<br />

produzione musicale”. Sicuramente in quell’occasione non immaginavo<br />

minimamente che qualche anno dopo Wilson avrebbe riaperto<br />

le sessioni di In The Court Of The Crimson King per una riedizione<br />

dedicata al cinquantennale dell’album. Nell’annunciare su Facebook,<br />

a ottobre 2019, l’uscita della nuova edizione, Fripp disse che avrebbe<br />

sistemato alcune imperfezioni presenti in quella del 2009, prodotta in<br />

un momento in cui non avevano ancora maturato l’esperienza che lui<br />

e Wilson hanno oggi, dopo dieci anni di remaster.<br />

Quando ascoltai per la prima volta il DVD Audio nel 2009, utilizzando<br />

il mio lettore SACD/DVD Esoteric DVD UX-1, ricordo che rimasi<br />

sconvolto: pur conoscendo a memoria il disco, non lo avevo mai sentito<br />

suonare così. Personalmente sono stato un fan del multicanale sin<br />

da subito; all’alba della diatriba tra Super Audio CD e DVD Audio ho<br />

amato indistintamente questi due sistemi ma per certi versi il DVD mi<br />

ha sempre convinto di più regalandomi un suono più caldo, quasi analogico,<br />

mentre il SACD ha una definizione notevolmente superiore. Può<br />

sembrare una sciocchezza ma anche gli stessi dischi ascoltati in stereo<br />

o nel mix 5.1 su SACD e DVD Audio suonano in maniera differente:<br />

posso portare molti esempi come Gaucho degli Steely Dan, Rumours dei<br />

Fleetwood Mac, così anche per altri lavori di Diana Krall, Elton John,<br />

etc. La versione DVD Audio ha un non so che di caldo, avvolgente, che<br />

il SACD non possiede, almeno per le mie orecchie. Per In The Court<br />

Of The Crimson King il confronto si può fare su due aspetti, quello<br />

dei due mix elaborati a distanza di dieci anni e sul piano tecnico tra il<br />

DVD Audio del 2009 e il Blu-ray Audio del 2019. All’epoca le macchine<br />

multiformato con SACD e DVD Audio erano molte e di grande qualità,<br />

oggi trovare un lettore Blu-ray con ambizioni audiofile è decisamente<br />

più difficile, soprattutto se dotato di uscite analogiche. Per questa prova<br />

ho usato un Oppo 105D che ritengo ancora un lettore di ottima qualità<br />

mentre per il DVD Audio ho ricollegato l’Esoteric DVD UX-1. Messo<br />

su il Blu-ray ho provato prima la traccia PCM 5.1 e poi quella DTS HD<br />

MA. Tra le due codifiche ho notato forse un po’ più di volume e impatto<br />

in quella DTS ma il PCM è a mio avviso più neutro. La mia curiosità,<br />

però, riguarda più scoprire cosa ci sia di diverso rispetto all’edizione<br />

di dieci anni fa. Ho dovuto ascoltare parecchie volte per essere sicuro<br />

delle differenze. Probabilmente in questa ultima (e speriamo definitiva)<br />

edizione c’è un’aria e una spazialità che forse manca al mix del 2009,<br />

tutto è più limpido, nitido. Alterno con il DVD Audio e nella “vecchia”<br />

edizione apprezzo comunque un punch che non ha il Blu-ray 2019;<br />

non so, la sensazione è che qui ci sia più calore, ad esempio la voce<br />

di Greg Lake esce dal Blu-ray straordinariamente presente, sul DVD<br />

Audio più corposa, profonda e calda. Sono dettagli ma il concept è abbastanza<br />

diverso, evidentemente l’approccio al remix digitale ha subìto<br />

modifiche sostanziali rispetto a dieci anni fa, sebbene il master multi<br />

traccia a 8 canali sia chiaramente lo stesso. Passando alla versione LP<br />

con il mix 2019 rimango piacevolmente colpito rispetto ai vecchi vinili<br />

della mia collezione, siamo su un altro mondo! Tutto è più intellegibile,<br />

perfettamente definito, senza distorsioni e suoni confusi. Non ho mai<br />

ascolto su LP la versione di Wilson del 2009 ma questa nuova, per chi<br />

volesse passare dalle vecchie stampe al nuovo millennio, qui avrà un<br />

bellissimo upgrade dei suoni.<br />

In definitiva, se la nuova versione non aggiunge forse nulla di eclatante<br />

sul piano sonoro rispetto al mix 2009, chi in questi anni ha fatto lo schizzinoso<br />

evitando di ascoltare In The Court Of The Crimson King in 5.1<br />

dovrebbe ricredersi perché l’esperienza sonora in surround è qualcosa<br />

di unico, coinvolgente, e questa nuova edizione su Blu-ray può essere<br />

una buona occasione per rimediare allo scetticismo. D’altronde quasi<br />

tutte le più grandi band del prog come Genesis, Jethro Tull, EL&P, Yes,<br />

Moody Blues, Pink Floyd e altre hanno ripubblicato gran parte della<br />

loro discografia in surround, un’occasione per riscoprire capolavori<br />

immortali.<br />

40 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


SELECTOR TUTTO IL MEGLIO IN ARRIVO SUL MERCATO<br />

a cura della redazione<br />

GIRADISCHI<br />

Pro-Ject The Classic Evo<br />

È possibile che Heinz<br />

Lichtenegger sia affetto da<br />

bulimia monotematica con<br />

indirizzo riferito al mondo<br />

dell’audio analogico? Di<br />

certo fin dalla tenera età<br />

si rivelò un ambasciatore<br />

del vinile, vendendoli alla<br />

pompa di benzina della<br />

madre. Risultato? In un<br />

paesino di circa duemila<br />

anime riuscì a piazzarne<br />

cinquanta con una invidiabile<br />

percentuale (2,5%)<br />

tra gli abitanti!<br />

Si trattava dei Thorens<br />

TD166 MkII e se è vero<br />

che “il primo amore non<br />

si scorda mai” non è così balzano<br />

il fatto che Lichtenegger,<br />

in occasione del 25mo anniversario<br />

della Pro-Ject, l’azienda<br />

da lui creata e condotta fin nei<br />

rassicuranti lidi in cui si trova<br />

(una fabbrica di proprietà in Cecoslovacchia,<br />

una sede modello<br />

in Austria), abbia voluto festeggiare<br />

con un omaggio alle antiche<br />

passioni. A vederlo, infatti,<br />

il Classic, presentato nel 2016, è<br />

un giradischi che esteticamente<br />

si allinea ai grandi classici degli<br />

anni ’60 e ’70: Linn, Ariston e,<br />

appunto, Thorens... Se ne è discusso<br />

tanto dalla presentazione<br />

ad oggi ma ben più dirompente<br />

è il fatto che questo omaggio<br />

rappresenti anche una sorta di<br />

rottura con la tradizionale immagine<br />

del marchio austriaco<br />

legata alla soluzione a telaio<br />

rigido, laddove invece il Classic<br />

abbraccia quella del telaio flottante,<br />

in linea, anche questa, con<br />

le soluzioni che andavano per la<br />

maggiore proprio negli anni ’70:<br />

Linn e Thorens, ancora, o anche<br />

Acoustic Research...<br />

Più prosaicamente è invece probabile<br />

che Lichtenegger, affetto<br />

per l’appunto da bulimia Hi-Fi,<br />

abbia semplicemente lo scopo di<br />

scandagliare e conqui- stare<br />

ogni aspetto<br />

del rinnovato<br />

mercato<br />

sull’analogico, mercato del cui<br />

rilancio per primo ha intuito le<br />

potenzialità e che oggi presidia<br />

in ogni aspetto. D’altronde<br />

sembrano reperti archeologici<br />

le controversie e le guerre sante<br />

di un tempo. Trazione diretta<br />

o trazione a cinghia? Valvole o<br />

transistor? Perché doversi necessariamente<br />

schierare su una<br />

bazzecola come il tipo di isolamento<br />

del corpo del giradischi,<br />

posto che ormai quasi sempre<br />

il motore viene comunque sospeso?<br />

Per l’appunto l’atteggiamento<br />

moderno delle aziende è<br />

quello di partire dalle necessità<br />

dell’utenza (a volte anche solo<br />

indotte dalla pubblicistica...) e<br />

se un costruttore può oggi superare<br />

il concetto di family sound<br />

proponendo modelli della<br />

stessa gamma che<br />

suonano palesemente<br />

in modo differente<br />

(a noi è capitato)<br />

perché non far<br />

convivere giradischi<br />

con telaio<br />

rigido e quelli<br />

che lo hanno<br />

flottante?<br />

In realtà il<br />

The Classic<br />

e le sue evoluzioni,<br />

il<br />

175 Wiener<br />

Philharmonic<br />

Recordplayer<br />

Prezzo: € 1.299,00<br />

Dimensioni: 46,2 x 13,1 x 35,1 cm (lxaxp)<br />

Peso: 10,5 kg<br />

Distributore: Audiogamma S.p.A.<br />

Via Pietro Calvi, 16 - 20129 Milano (MI)<br />

Tel.02.55.181.610 - Fax 02.55.181.961<br />

www.audiogamma.it<br />

GIRADISCHI PRO-JECT THE CLASSIC EVO<br />

Tipo: con braccio Telaio: subtelaio sospeso elasticamente dal<br />

telaio principale da elementi in TPE Trasmissione: a cinghia<br />

Piatto: alluminio e TPE Velocità (RPM): 33 1/3 e 45 Braccio:<br />

dritto da 9 Alzabraccio: si Wow & Flutter (%): ±0.1 % Rumble<br />

(dB): 70 Note: mobile in MDF con finitura noce e eucalipto, regolazione<br />

di azimuth e VTA<br />

42 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


TEST<br />

(VPR - un omaggio alla Vienna<br />

Philharmonic) e in seguito il The<br />

Classic Evo introdotto recentemente,<br />

oggetto di questo test e<br />

“sunto delle esperienze precedenti”,<br />

sembrano fare storia a<br />

sé all’interno di un catalogo che<br />

conta, per difetto, 13 linee ognuna<br />

con almeno due varianti... Il<br />

punto focale è costituito dal sistema<br />

di disaccoppiamento basato<br />

su sei palline in materiale<br />

gommoso (TPE - thermo plastic<br />

elastomers), l’equivalente delle<br />

molle utilizzate negli altolocati<br />

“apparecchi – riferimento” citati<br />

in precedenza e che trovano posto<br />

in altrettante sedi del telaio<br />

separandolo dal controtelaio.<br />

Questa soluzione, salvo errori<br />

o smentite, viene utilizzata solo<br />

nella linea The Classic e permane<br />

inalterata nelle varie versioni,<br />

inclusa quella recentemente<br />

implementata.<br />

Le variazioni fondamentali introdotte<br />

con la versione Evo<br />

dell’apparecchio sono di varia<br />

natura. Nuovo è il sistema di<br />

controllo elettronico della velocità<br />

che permette di passare da<br />

33 a 45 giri/min (e viceversa)<br />

tramite un pulsante invece che<br />

con la complicata operazione di<br />

passaggio della cinghia di trasmissione<br />

da una puleggia all’altra;<br />

è stata inoltre decisamente<br />

migliorata la qualità del contropiatto<br />

che nella versione precedente<br />

dell’apparecchio<br />

era in plastica<br />

(eccessivamente<br />

Il telaio poggia su quattro piedi in<br />

gomma fissati ad un elemento in<br />

alluminio che si avvita al fondo, su<br />

un giunto anch’esso in alluminio.<br />

L’ampia filettatura consente anche di<br />

regolare l’altezza e la messa in bolla<br />

del giradischi.<br />

economica, in verità) e ora, ereditando<br />

la soluzione utilizzata<br />

dal Wiener Philharmonic Record<br />

Player, è in alluminio lavorato<br />

con un taglio di precisione<br />

molto accurato. Anche il braccio<br />

ha subìto dei cambiamenti:<br />

il tubo è costituito da un sandwich<br />

di carbonio e alluminio,<br />

il cuscinetto è stato aggiornato e<br />

il contrappeso cambia di forma<br />

e incorpora il materiale smorzatore<br />

TPE utilizzato in altre parti<br />

del prodotto. Anche il sistema di<br />

compensazione dell’antiskating<br />

è stato modificato nel braccio<br />

che eredita sempre l’appellativo<br />

Evo: il contrappeso scorre su<br />

un perno in ottone solidale con<br />

il supporto di sostegno, abbandonando<br />

il vecchio sistema del<br />

filo in acciaio fissato alla base,<br />

dall’aria posticcia e provvisoria.<br />

La regolazione dell’azimut e del<br />

VTA, inoltre, sono state rese di<br />

facile accesso anche se nel The<br />

Classic la posizione della ghiera<br />

di sostegno in cui scorre il supporto<br />

del braccio è collocata in<br />

posizione leggermente incassata<br />

rispetto al piano, quindi è fornita<br />

una chiave esagonale a brugola<br />

con il braccio molto corto. La<br />

regolazione, una volta inserita la<br />

chiave apposita, è semplice in<br />

quanto basta allentare leggermente<br />

le due viti e il braccio<br />

scorre in verticale con un movimento<br />

sicuro e frizionato. Si<br />

tratta comunque di un’operazione<br />

da fare raramente e in fase di<br />

tuning della testina. Nell’ambito<br />

dell’approccio filosofico della<br />

casa austriaca alle problematiche<br />

connesse allo sviluppo del<br />

piatto (Pro-Ject non considera<br />

validi i piatti realizzati in fusione<br />

che sono molto pesanti, il che è<br />

un bene per la costanza di velocità<br />

e i bassi tassi di wow e flutter,<br />

ma se di metallo massiccio,<br />

soffrono degli effetti di ringing),<br />

quello utilizzato già sulla precedente<br />

versione è in una lega di<br />

alluminio tornita dal pieno, con<br />

una massa importante ma con<br />

una corona circolare esterna<br />

completamente riempita con un<br />

elemento viscolelastico TPE che<br />

ricorda molto le caratteristiche<br />

dello stesso TPE impiegato per<br />

il contrappeso del braccio. Nel<br />

The Classic Evo il cuscinetto<br />

utilizzato trae spunto da quanto<br />

messo a punto nel Vienna<br />

Philharmonic Recordplayer.<br />

Ulteriori upgrading, apparentemente<br />

di minore impatto, sono<br />

stati effettuati sullo chassis, reso<br />

maggiormente pesante e rigido e<br />

nell’isolamento della basetta del<br />

braccio dalle vibrazioni.<br />

La messa in opera del giradischi<br />

I cavi di segnale collegati alla testina<br />

sono saldati su due connettori RCA<br />

fissati su una basetta in metallo solidale<br />

al fondo del giradischi. Sul lato opposto,<br />

l’ingresso di alimentazione a 15VDC. Le<br />

cerniere di sostegno del coperchio sono<br />

le tipiche di Pro-Ject utilizzate in gran<br />

parte della produzione in cui si innesta<br />

la copertura trasparente.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 43


SELECTOR<br />

DATI RILEVATI<br />

BRACCIO<br />

lunghezza (“): 9.17<br />

ETL (mm): 233<br />

PTS (mm): 214,5<br />

OvH (mm): 18.5<br />

Peso sulla puntina senza contrappeso (gr): 26<br />

Contrappeso (gr): 125<br />

Il controllo elettronico della<br />

velocità è collocato al di sotto<br />

dei pulsanti di selezione fra 33<br />

e 45 giri, mentre il circuito di<br />

potenza che alimenta il motore è<br />

collegato a ridosso del connettore<br />

di alimentazione.<br />

PIATTO<br />

Diametro (mm): 300<br />

Massa totale rotante (gr): 2581<br />

Diametro perno (mm): 6<br />

Legenda<br />

ETL = effective tonearm lenght PTS = distanza<br />

tra gli assi OvH = overhang<br />

Il sistema di accoppiamento viscoelastico fra telaio e<br />

controtelaio impiega sei sfere in gomma posizionate<br />

in sedi cilindriche del telaio sule quali poggia il<br />

controtelaio. In prossimità della sede del perno è<br />

collocato un disco in neoprene che, aderendo alla<br />

sede del perno, attua una sorta di dissipatore per<br />

smorzare le seppur lievi oscillazioni del controtelaio.<br />

Il contropiatto è realizzato dalla tornitura di un<br />

elemento pieno di alluminio in cui è inserito a<br />

pressione l’asse.<br />

Il piatto è ottenuto dalla tornitura di un elemento in lega<br />

che poggia direttamente sulla corona circolare esterna del<br />

contropiatto. Nella parte interna sulla circonferenza è stata<br />

ricavata una gola che ha la funzione di aumentare il momento<br />

angolare con una massa ridotta del piatto e di smorzare le<br />

vibrazioni grazie all’utilizzo di un elastomero che riempie la gola.<br />

44 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


TEST PRO-JECT THE CLASSIC EVO<br />

PRO & CONTRO<br />

Il sistema di bloccaggio del braccio nella<br />

sede di riposto impiega due piccoli<br />

magneti in neodimio incassati nella<br />

sede e nel braccio: quando il braccio è<br />

vicino alla sede, la tenuta magnetica<br />

è molto potente.<br />

Fuori classe di nome e di fatto rispetto alla<br />

normale produzione della casa, il Classic Evo si<br />

differenzia non solo per essere l’unico con telaio<br />

flottante ma anche per il desiderio di scatenare<br />

un effetto iconico li dove, in generale, l’immagine<br />

del marchio è più legata all’idea di value for<br />

money. Si ripercorrono temi del passato senza<br />

scimmiottarli ma con un melange che fa tesoro<br />

delle cifre stilistiche proprie ma aggiunge un po<br />

di polvere di stelle al prodotto<br />

Lo shell è ricavato<br />

direttamente<br />

dalla formatura<br />

del tessuto in<br />

carbonio che<br />

costituisce la parte<br />

esterna della canna<br />

del braccio.<br />

La canna in alluminio rivestita in fibra di carbonio, si innesta nella sede<br />

del cuscinetto in cui è inserito anche il perno di sostegno del contrappeso,<br />

disassato verso il basso. L’antiskating, attutato dal peso, agisce su un perno<br />

in ottone e scorre su un altro solidale al sostegno del giunto. Il contrappeso<br />

è cavo e ingloba un materiale viscoelastico che lo isola dal braccio.<br />

è molto veloce: basta rimuovere<br />

le tre viti per il trasporto e l’apparecchio<br />

è pronto per l’uso. Si<br />

apprezza immediatamente la<br />

differente risposta del sistema<br />

alle sollecitazioni: il controtelaio,<br />

anche se non flottante, si<br />

rivela disaccoppiato dal resto<br />

del telaio con spostamenti<br />

minimi ma con marcato isolamento.<br />

Anche il telaio, o meglio<br />

tutto il sistema, continua a<br />

“flottare” sul piano di appoggio<br />

in quanto i piedi di appoggio<br />

sono gli stessi utilizzati in tutti<br />

L’alimentatore da 15VDC è del tipo<br />

universale a parete con le spine<br />

intercambiabili che accetta tensioni<br />

in ingresso da 100 a 240 VAC.<br />

gli altri sistemi, costituiti dal<br />

giunto in gomma che tende a<br />

far muovere il sistema in tutte<br />

le direzioni ammortizzando le<br />

vibrazioni sui tre piano ortogonali.<br />

In definitiva, siamo di<br />

fronte a un telaio flottante e un<br />

controtelaio anch’esso flottante.<br />

Se ne ammira il buon livello<br />

costruttivo - con l’eccezione del<br />

controtelaio che poteva essere<br />

rifinito in modo più raffinato<br />

- ma soprattutto è facile constatare<br />

fin da subito le qualità<br />

del The Classic Evo: il giradischi<br />

è abbastanza sordo e<br />

insensibile alle vibrazioni e la<br />

rotazione del piatto avviene<br />

con pochissimo se non alcun<br />

rumore e il minimo di inerzia.<br />

Anche il braccio appare molto<br />

ben fatto, con un movimento<br />

fluido, e si apprezza l’inusuale<br />

sistema di messa a riposo che<br />

utilizza un doppio magnete,<br />

adoperato in luogo del tipico<br />

sistema a clip. Semmai va notato<br />

che il contrappeso, pur di<br />

diametro abbastanza grande, è<br />

piuttosto leggero e nel caso di<br />

testine che richiedono una forza<br />

d’appoggio particolarmente<br />

elevata occorre utilizzarne uno<br />

più pesante offerto da Pro-Ject<br />

come accessorio.<br />

Tenendo a mente questo limite,<br />

la pletora di fonorivelatori<br />

utilizzati, ovviamente vari per<br />

prezzo e prestazioni, sembra<br />

trovare un tratto comune<br />

nell’esaltazione del dettaglio<br />

delle performance sonore<br />

indipendentemente<br />

dalla porzione di frequenze<br />

prese in esame. Caratteristica<br />

abbinata a una velocità negli<br />

attacchi e nei rilasci che appare<br />

migliore rispetto a giradischi<br />

competitor. In assoluto il Classic<br />

Evo contribuisce a performance<br />

sonore di grande gradimento,<br />

in omaggio alla classe<br />

media (e a una parvenza di microlusso<br />

nell’aspetto e nelle modalità<br />

d’uso) di appartenenza.<br />

Certo la versione evo costa<br />

sensibilmente di più del precedente<br />

Classic ma va anche<br />

detto, limitando la concorrenza<br />

a quanto offerto “in casa”,<br />

che quel gap risulta ben speso<br />

rispetto ad altri modelli della<br />

casa austriaca sotto i mille<br />

euro e, in assoluto, nella fascia<br />

di appartenenza ben pochi<br />

concorrenti, vuoi per una<br />

o per l’altra caratteristica (difficilmente<br />

per tutte insieme),<br />

possono effettivamente considerarsi<br />

un competitor.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 45


SELECTOR<br />

di Paolo Corciulo<br />

Dalle finestre la vista si perde sulle tranquille acque del lago Lemàno, anche conosciuto come lago<br />

di Ginevra (si tratta del maggiore lago della Svizzera), sulle cui sponde sorge la cittadina di Coppet.<br />

Non dovete addentrarvi nello splendido centro medioevale o nel maestoso castello per assaporare il<br />

profumo di Hi-Fi ma avvicinarvi alle case unifamiliari grandi e piccole sulla riva del lago, dove ricchi<br />

possidenti della zona e pendolari godono di momenti di pace e intimità...<br />

di Serge Schmidlin<br />

(villa con<br />

L’antro<br />

piscina), uno degli<br />

ultimi fautori in salute del tayloring<br />

in Hi-Fi, si trova proprio<br />

in questa zona; una dimensione<br />

tranquilla e quasi trascendentale<br />

che contribuisce all’immagine<br />

zen del produttore, anche<br />

se Schmidlin la coltiva dall’alta<br />

di una sicurezza finanziaria<br />

raggiunta con un incarico dirigenziale<br />

particolarmente redditizio<br />

in tutt’altro campo (ha<br />

un dottorato in biochimica e ha<br />

acquisito una vasta conoscenza<br />

della biofisica e della fisica).<br />

Solo “da grande” ha deciso di<br />

dedicarsi all’alta fedeltà con il<br />

desiderio di creare soluzioni<br />

non convenzionali, a cominciare<br />

dal dotare le sue creature<br />

di alimentazione a batterie per<br />

non dipendere direttamente<br />

dalla corrente di rete. Dal<br />

2009 Schmidlin ha cominciato<br />

a collaborare con Jean Hiraga<br />

e con la cinese Hanss Acoustics<br />

(costruisce giradischi) trasformando<br />

in professione la sua<br />

passione e creando la Audio<br />

Consulting con cui ha realizzato<br />

una serie di progetti eterogenei<br />

ma fedeli a una precisa filosofia<br />

(ampiamente illustrata sul<br />

sito della società): si tratta di<br />

UNITÀ PHONO<br />

Audio Consulting Silver Rock<br />

SUL CAMPO<br />

Prezzo: € 32.500,00<br />

Dimensioni: 42 x 28 x 25 cm (lxaxp)<br />

Peso: 20 Kg<br />

Distributore: Musica & Video - www.musicandvideo.it<br />

Tipo: MC Tecnologia: a stato solido Note: Trasformatori<br />

di ingresso Toroidal Silver Rock MC con cavo Cryo Silver,<br />

RIAA con resistenze e induttanze toroidali Silver Wire,<br />

trasformatori di uscita Toroidal Silver Rock tutti costruiti a mano.<br />

Guadagno: 70 dB, alimentazione a batteria interna.<br />

46 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


TEST<br />

produzioni in serie limitata,<br />

personalizzabili, caratterizzate<br />

dalla particolare cura sia<br />

nella progettazione che nella<br />

realizzazione artigianale, scelte<br />

attuate con lo scopo di raggiungere<br />

un suono “live” in grado<br />

di emozionare l’ascoltatore.<br />

Il legno è il materiale preferito<br />

da Schmidlin che assicura al<br />

suo potenziale utente prodotti<br />

esclusivi anche in termini di<br />

costi spesso fuori di testa ma<br />

che offrono prestazioni soniche<br />

davvero impressionanti così<br />

come, nel caso di chi scrive,<br />

è stato possibile verificare in<br />

occasione del Monaco Hi-End<br />

2015 quando si rivelò (perlomeno<br />

a noi); lo giudicammo<br />

il miglior impianto della fiera<br />

(vedi <strong>SUONO</strong> 498)!<br />

Sull’onda emotiva di quell’ascolto<br />

non mi è sfuggita tra le<br />

tante notizie di questo genere<br />

quella che annunciava la distribuzione<br />

in Italia dello stadio<br />

fono di Audio Consulting (un<br />

progetto che “regge” dal 2003)<br />

da parte di Musica & Video di<br />

Maurizio Vecchi, persona che<br />

stimo assai nel disarmante<br />

panorama offerto dall’Hi-Fi.<br />

In realtà per Audio Consulting<br />

si dovrebbe parlare di un<br />

ritorno, vista una precedente<br />

sfortunata esperienza distributiva<br />

nel 2007. E la curiosità<br />

è stata lo stimolo per recarmi,<br />

armi e bagagli, nel ravennate,<br />

dove Vecchi ha la sua sede/<br />

negozio, interpretazione di del<br />

binomio negozio-distributore<br />

o distributore-negozio fattasi<br />

strada nel recente passato. Una<br />

caratteristica di questo nuovo<br />

elemento lungo la filiera distributiva<br />

è quella, in genere,<br />

di distinguersi per la capacità<br />

di pescare nel panorama mondiale<br />

le eccellenze tra i marchi<br />

per così dire minori o dove la<br />

normale filiera distributiva<br />

risulterebbe troppo onerosa;<br />

un compito assai in linea con<br />

quell’attività di scouting di cui<br />

<strong>SUONO</strong> è fautore: proprio Vecchi,<br />

infatti, sarà nel breve futuro<br />

oggetto di un ritratto dedicato<br />

sulle pagine della rivista.<br />

Nella sede di Musica&Video ci<br />

sono un paio di classiche sale<br />

con esposizione statica e funzionante<br />

dei prodotti Hi-Fi e<br />

una sala d’ascolto che, invece,<br />

di classico non ha pressoché<br />

nulla: è di grandi dimensioni<br />

e, cosa che non guasta, ospita<br />

la collezione di registratori a<br />

bobine e i titoli su nastro di cui<br />

Vecchi è un fautore: si possono<br />

ascoltare o, come nel caso in<br />

oggetto, utilizzare come brani<br />

di riferimento. Due buone ragioni<br />

per ipotizzare che quanto<br />

verrà scritto da qui in avanti<br />

abbia un carattere abbastanza<br />

oggettivo: il fatto che in quella<br />

sala il livello qualitativo sia<br />

talmente discriminante da<br />

consentire l’identificazione di<br />

qualsiasi cosa non sia di pari<br />

livello e la possibilità, per qualsiasi<br />

appassionato, di concordare<br />

un test d’ascolto<br />

che Vecchi organizzerà<br />

volentieri.<br />

In altre<br />

parole: potete<br />

toccare con mano<br />

quando volete quel<br />

che proverò a descrivere<br />

e condividerlo o<br />

meno!<br />

Cominciamo dall’estetica<br />

dell’Audio Consulting<br />

Silver Rock che è tanto originale<br />

quanto discutibile e<br />

non può che essere<br />

catalogata con il<br />

classico “de gustibus”.<br />

In funzione<br />

delle richieste<br />

del cliente i frontali<br />

possono essere comunque<br />

personalizzati e presentano<br />

in genere una lastra di metallo<br />

su cui trovano posto i<br />

comandi, mentre un ulteriore<br />

inserto sul pannello superiore<br />

porta il logo del produttore.<br />

Che si tratti di un apparecchio<br />

estremo (un unico ingresso e<br />

un’unica uscita, nessun tipo di<br />

regolazione) appare chiaro fin<br />

dall’esame del frontale, dove<br />

svetta un unico pomello di<br />

grandi dimensioni (sviluppato<br />

soprattutto in lunghezza) e<br />

realizzato in legno di Cocoba:<br />

accende e spegne il dispositivo<br />

mentre un doppio diodo a<br />

emissione di luce visualizza lo<br />

stato di carica per ogni singolo<br />

canale. Niente Mute o altri comandi:<br />

guadagno e carico sono<br />

impostati automaticamente e<br />

anche la RIAA non è regolabile.<br />

Il mobile è realizzato in MDF,<br />

con la superficie colorata in<br />

un marrone molto scuro, frutto<br />

di un trattamento ad hoc:<br />

Schmidlin evita per scelta la<br />

lacca a favore di oli da passare<br />

a mano (sette strati, dicono);<br />

all’interno tutto lo chassis è<br />

rivestito in rame (compreso<br />

il coperchio) con una lamina<br />

sottile in modo che, alla fine,<br />

la struttura appaia ancora<br />

abbastanza leggera. Uno dei<br />

“credo” di Schmidlin, infatti,<br />

è la riduzione (perseguita a un<br />

livello quasi parossistico) dei<br />

disturbi generati dall’alimentazione<br />

(CA, EMI/RFI) ma anche<br />

A livello circuitale agli step-up segue un dispositivo attivo con crossover RIAA induttivo<br />

e il trasformatore di uscita. Nella metà di destra vengono ospitate due batterie da<br />

12V che possono alimentare il sistema per oltre una settimana visto che l’apparecchio<br />

è stato studiato in fase di progetto per consumare il meno possibile (in genere per<br />

arrivare con precisione alle tensioni richieste, Schmidlin realizza in proprio banchi<br />

di batterie al litio). Sulla sinistra i due trasformatori MC in argento: sono anch’essi<br />

personalizzati e avvolti a mano. L’elettronica, per quel che si vede, è limitata a una<br />

motherboard con quattro amplificatori operazionali e alcuni componenti con cablaggio<br />

in aria.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2019 47


SELECTOR<br />

IL SISTEMA UTILIZZATO<br />

Registratore a bobine Studer A<br />

812, Giradischi TW Acoustic Raven<br />

AC, Braccio Graham 2.2 Supreme 9<br />

pollici, Testina Lyra Etna, Pre Fono<br />

Audio Consulting Silver Rock Preamplificatore<br />

Spectral 30 SW Finale di<br />

potenza Alieno 250 LTD Diffusori<br />

Avalon Acoustic Saga Cavi Lyra Phono<br />

Pipe 5 pol per collegamento della<br />

testina - De Antoni Dotto per segnale<br />

e potenza Studer A 812.<br />

Sul retro una coppia RCA per ingresso e una per l’uscita, oltre a due prese per gli alimentatori che non sono studiati per alimentare<br />

il dispositivo, ma caricare solo le batterie integrate.<br />

quelli relativi al comportamento<br />

ferromagnetico e paramagnetico<br />

dei materiali.<br />

Disponendo di un guadagno<br />

di medio livello, l’apparecchio<br />

può essere interfacciato con<br />

una vasta pletora di testine<br />

MC anche se, per esperienza,<br />

di Vecchi il miglior matching è<br />

quello con la Lyra Etna ed è in<br />

questa configurazione che ho<br />

ascoltato l’apparecchio (vedi<br />

il box sulla catena d’ascolto<br />

utilizzata). Nelle intenzioni di<br />

Schmidlin questa potrebbe e<br />

dovrebbe essere l’unica deroga<br />

al concetto di integrazione<br />

verticale di un sistema, concetto<br />

che porta avanti avendo<br />

sviluppato sia un giradischi<br />

che un amplificatore e dei diffusori;<br />

credo, comunque, che<br />

non avrebbe da obiettare sulla<br />

catena Hi-Fi scelta e ascoltata<br />

in alternativa!<br />

Utilizzando come riferimento<br />

mnemonico i precedenti<br />

ascolti effettuati nella sala di<br />

Musica&Video (nella opinabile<br />

opera di stabilire con un minimo<br />

di dettaglio lo specifico<br />

contributo dell’Audio Consulting<br />

Silver Rock al risultato<br />

complessivo) mi ha colpito in<br />

maniera molto chiara la sua capacità<br />

nel riproporre un suono<br />

dalle caratteristiche spiccatamente<br />

live, dove il livello di trasparenza<br />

e la capacità dinamica<br />

sono evidenti, pur tenendo<br />

conto del fatto che la maggior<br />

parte del software utilizzato (le<br />

take su nastro a bobina di vari<br />

artisti) hanno dell’immediatezza<br />

una delle caratteristiche<br />

pregnanti. Questa sensazione<br />

di veridicità è contestualizzata<br />

in un quadro sonico generale<br />

che non rinuncia per questo<br />

a una raffinatezza inusuale e<br />

a quelle armonie che addolciscono<br />

il suono di norma (anche<br />

se in minima parte) a discapito<br />

del suo realismo. Ecco: qui<br />

questo scotto non si avverte, la<br />

coperta non appare mai corta e<br />

via via prende corpo un ascolto<br />

godibilissimo, davvero di assoluto<br />

livello, che si vorrebbe<br />

continuasse all’infinito!<br />

Al tempo stesso è chiaro che<br />

un prodotto come l’Audio Consulting<br />

Silver Rock non solo<br />

non è per tutti (e il prezzo,<br />

elevato, è solo una delle ragioni)<br />

ma risulta decisamente<br />

“per pochi iniziati” ai quali, in<br />

certa misura, viene suggerito<br />

di aderire alla filosofia di Schmidlin<br />

e cominciare un percorso<br />

oneroso (sia dal punto<br />

di vista economico che nelle<br />

aspettative e nelle abitudini<br />

assimilate nella qualità d’ascolto,<br />

dove è poi difficile fare<br />

marcia indietro). Attualmente<br />

ho sviluppato qualche anticorpo<br />

in merito ma la malattia è lì<br />

alla finestra in attesa del momento<br />

giusto…<br />

48 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

CONVERTITORE<br />

Vincent DAC-7<br />

Sembra ad un punto di<br />

svolta la storia del marchio<br />

Vincent soprattutto se<br />

il potenziale utente saprà<br />

avvicinarsi al prodotto e<br />

al marchio con occhi scevri<br />

dai pregiudizi e dall’immagine,<br />

frutto dell’impostazione<br />

originaria delle<br />

politiche di marketing che<br />

oggi non è più quella di un<br />

tempo...<br />

Che esista un peccato<br />

originale, nel caso di<br />

Vincent, è cosa nota,<br />

ma la storia dell’azienda formalmente<br />

si potrebbe anche<br />

rileggere cosi: Vincent, marchio<br />

del gruppo internazionale<br />

Sintron (specializzato nella<br />

progettazione, produzione e<br />

commercializzazione di prodotti<br />

elettronici di varia natura,<br />

dalla video sorveglianza<br />

alle autoradio ai miscelatori)<br />

è stata la prima o tra le prime<br />

(1995) aziende a intuire le potenzialità<br />

della formula “progettazione<br />

occidentale e produzione<br />

orientale” alla quale<br />

andrebbe aggiunta la fondamentale<br />

postilla “sotto controllo”<br />

riferita alla scelta e alla<br />

verifica qualitativa di quanto<br />

offerto sotto un marchio la cui<br />

scelta del nome rimane un mistero,<br />

se non un’assonanza con<br />

il latino e<br />

la fiera convinzione (vincere,<br />

vicisse, victurum esse) di<br />

poter conquistare<br />

un mercato,<br />

quello<br />

d e l<br />

v a -<br />

lue for<br />

money,<br />

dove<br />

gli inglesi, chi più chi<br />

meno, hanno fatto nel tempo<br />

harakiri. In questa luce Vincent<br />

è tra le prime testimonianze<br />

della new economy Hi-Fi,<br />

apripista di un trend che ancora<br />

oggi è in piena evoluzione.<br />

Così l’azienda, pur non avendo<br />

azzeccato al primo colpo la linea<br />

di prodotti (ma d’altronde<br />

solo chi non fa non sbaglia)<br />

caratterizzati in origine da un<br />

design che, per essere gentili,<br />

prendeva a spunto dai classici<br />

allora sul mercato, ha nel<br />

tempo ribaltato l’approccio: da<br />

cloni a clonati,<br />

visto che<br />

oggi sul mercato<br />

esistono, corum<br />

popoli, dei Vincent con<br />

qualcosa in meno (Cattylink<br />

e Shengya) e non il contrario!<br />

Elemento comune di molte se<br />

non tutte le realizzazioni, la<br />

scelta della soluzione ibrida<br />

che nel tempo è diventata il<br />

marchio di fabbrica di Vincent<br />

che si affida a una autorità<br />

in materia, il tedesco Frank<br />

Blöhbaum, già agli onori delle<br />

cronache specialistiche per lo<br />

sviluppo di un brevetto di amplificatore<br />

flottante bilanciato<br />

per Thorens (il preamplificatore<br />

TEP 3800 e il finaleTEM<br />

3200).<br />

Punto di svolta di una gamma<br />

che almeno in parte ancora si<br />

porta dietro la confusione stilistica<br />

degli inizi e, in generale,<br />

si impronta a un<br />

sano conservatorismo<br />

dove prevale<br />

la robustezza<br />

alla novità,<br />

il DAC-7<br />

più che un<br />

“personaggio<br />

in cerca d’autore”<br />

appare<br />

una delle prime<br />

Prezzo: € 1.780,00<br />

Dimensioni: 43 x 9,5 x 36 cm (lxaxp)<br />

Peso: 6,5 kg<br />

Distributore: Audio Living Design<br />

Via Pantanelli, 119 - 61025 Montelabbate (PU)<br />

Tel.0721.472.899 - Fax<br />

www.audiolivingdesign.it<br />

CONVERTITORE VINCENT DAC-7<br />

Sistema di conversione: AKM AK4490 Risp. in freq. (Hz): 20 -<br />

50.000 +/-2 dB THD (%): < 0.0004 Ingressi digitali: USB Hi-res,<br />

IIs, 2 coassiale, 2 ottica, 1 AES/EBU Uscite analogiche: 1 RCA,<br />

1 XLR, 1 cuffia S/N (dB): > 95 Note: USB a 32 / 384 e DSD 256.<br />

Uscita selezionabile a valvole con 1 x 6Z4, 2 x 12AU7<br />

50 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


TEST<br />

sorgenti con una identità ben<br />

definita in un catalogo che spazia<br />

fra molte di natura digitale,<br />

prevalentemente lettori CD,<br />

caratterizzate da meccaniche<br />

e impostazione ancora molto<br />

tradizionali ma con l’aggiornamento<br />

della sezione digitale<br />

attraverso la quale il lettore<br />

si è via via trasformato in hub<br />

digitale grazie all’inserimento<br />

anche di una connessione USB<br />

ad alta risoluzione.<br />

Il DAC-7 ha molto in comune<br />

dal punto di vista dell’amplificazione<br />

e delle soluzioni<br />

analogiche con il lettore CD<br />

CD-S7 anche se la sezione di<br />

conversione è fra le più aggiornate<br />

del catalogo e abbandona<br />

Burr Brown per AKM, anche<br />

in considerazione del fatto che<br />

il DAC, non più legato a filo<br />

stretto con il lettore CD, deve<br />

supportare formati al di sopra<br />

dei 44.100 kHz / 16 bit e anche<br />

DSD. In effetti, finora nessun<br />

prodotto della casa supportava<br />

il DSD e formati PCM al disopra<br />

dei 192 kHz, un po’ come<br />

se il tempo si fosse fermato al<br />

disco ottico solo CD al massimo<br />

HDCD su cui Vincent ha<br />

investito sfoggiando il supporto<br />

a tale variante del Red Book.<br />

In altri termini il DAC-7, nella<br />

sua totale abnegazione a una<br />

filosofia aziendale schierata<br />

nella tradizione e nelle soluzioni<br />

a tubi, fa comunque un<br />

passo avanti e abbraccia i formati<br />

ad alta risoluzione! L’impostazione<br />

tradizionalista del<br />

DAC-7 si apprezza anche per la<br />

realizzazione di altri tempi in<br />

cui i circuiti utilizzano componenti<br />

tradizionali, non SMD,<br />

ma con i reofori saldati direttamente<br />

sul PCB con piste di<br />

grandi dimensione e fori metallizzati.<br />

Il circuito dedicato al<br />

digitale, invece, utilizza componenti<br />

SMD e layout specializzato<br />

in quanto presenti oltre<br />

al chip DAC anche i circuiti di<br />

controllo e di elaborazione del<br />

segnale. A notare l’adozione<br />

di clock di precisione differenziati<br />

per i segnali con base<br />

44.1 kHz e 48 kHz e linee di<br />

alimentazione dedicate e stabilizzate<br />

per ognuno dei blocchi<br />

funzionali; insomma, una<br />

realizzazione che appartiene a<br />

ben pochi prodotti “moderni” e<br />

soprattutto appartenenti a una<br />

fascia ben al di sopra di quelle<br />

di appartenenza. Si aggiunga<br />

una versatilità fuori dal comune<br />

per un DAC e, come accennato,<br />

molto simile al concetto<br />

di hub digitale (senza regolazione<br />

del volume, però!).<br />

A dispetto della natura digitale<br />

dell’apparecchio, l’utilizzo e le<br />

impostazioni sono analogici e<br />

molto “manuali” in quanto il<br />

telecomando assolve esclusivamente<br />

alla funzione di selettore<br />

degli ingressi. Questo<br />

accade invero in modo molto<br />

comodo, potendo scegliere<br />

le sorgenti direttamente che,<br />

nel caso di sei scelte, diventa<br />

un’ottima opportunità, come<br />

per la selezione del mute,<br />

La valvola 6Z4 utilizzata nella liena di<br />

alimentazione dello stadio a valvole<br />

è collocata sul pannello anteriore<br />

visibile attraverso un oblò. Nella<br />

parte posteriore è stato inserito<br />

uno schermo in metallo lucido<br />

che ha anche la funzione di<br />

riflettere la debole luce emessa<br />

dal filamento di riscaldamento.<br />

Per accentuare il debole effetto<br />

luminoso, sono stati inseriti sei LED<br />

che emettono lo stesso colore del<br />

filamento incandescente. È possibile<br />

sceglie fra tre intensità luminose: quella<br />

più debole simula perfettamente l’effetto.<br />

funzione anch’essa spesso<br />

sottovalutata. Dal pannello<br />

frontale, invece, il tasto<br />

di accensione è meccanico e<br />

interrompe l’alimentazione<br />

dell’apparecchio e non è prevista<br />

una funzione di stand-by.<br />

Anche il tasto per la scelta della<br />

modalità di amplificazione<br />

a stato solido o a tubi è di tipo<br />

meccanico con commutatore<br />

interno. La selezione degli<br />

ingressi, invece, ha un unico<br />

tasto e dal pannello frontale<br />

avviene in modo sequenziale,<br />

il che potrebbe essere fastidioso<br />

soprattutto quando si<br />

vuole passare da una sorgente<br />

a un’altra disposte lontane fra<br />

loro. Infine, l’ultimo comando<br />

totalmente meccanico e analogico<br />

è quello relativo alla<br />

regolazione del volume della<br />

cuffia tramite un potenziometro<br />

a fianco del connettore jack<br />

da 6.3 mm. In effetti tramite il<br />

telecomando si accede a quelle<br />

che sono le funzioni primarie<br />

dell’apparecchio e quelle<br />

più utili quando si ascolta la<br />

sorgente dal punto di ascolto<br />

senza distrazioni e senza un<br />

approccio compulsivo. Forse<br />

sarebbe stata utile la regolazione<br />

del livello della cuffia<br />

anche se, nella maggioranza<br />

delle installazioni, il DAC risulterebbe<br />

troppo lontano dal<br />

punto di ascolto tanto che per<br />

quel tipo di utilizzo si opta per<br />

disposizioni ad hoc che alla<br />

fine non rendono necessario<br />

l’utilizzo di un telecomando in<br />

quanto l’apparecchio si trova a<br />

“tiro di braccio”.<br />

La possibilità di passare dalla<br />

modalità a stato solido a<br />

quella a tubi tramite telecomando<br />

avrebbe potuto essere<br />

un’opportunità: è piacevole<br />

poter scegliere tra le due ma<br />

La dotazione di ingressi rende<br />

l’apparecchio un Hub digitale a tutti gli<br />

effetti, soddisfacendo la maggior parte dei<br />

bisogni dell’utente: doppio collegamento<br />

coassiale, doppio collegamento ottico<br />

un ingresso AES/EBU tutti in grado di<br />

supportare PCM a 192/24 e la connessione<br />

USB che si spinge a 384/32 2 DSD 256.<br />

Le uscite analogiche sono disponibili sia<br />

nel formato single ended che bilanciato.<br />

È presente un selettore a quattro stadi<br />

per la regolazione dell’illuminazione della<br />

valvola frontale.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 51


SELECTOR<br />

Il segnale<br />

viene<br />

prelevato<br />

all’uscita<br />

del selettore<br />

stato solido/Tubi e inviato al buffer di<br />

amplificazione per la cuffia, realizzato<br />

su un PCB a ridosso del connettore jack<br />

da 6,3mm.<br />

A capo della<br />

elaborazione del<br />

segnale c’è un<br />

FPGA Altera<br />

Cyclone IV<br />

Il DAC è un Asahi Kasei<br />

AKM AK4490EQ che accetta<br />

segnali in ingresso PCM fino<br />

a 768kHz e DSD 11,2MHz.<br />

Lo stadio a valvole impiega due<br />

tubi ECC82 a doppio triodo, uno<br />

per ogni canale e una valvola<br />

6Z4 come rettificatrice nella<br />

linea di alimentazione.<br />

Il ricevitore<br />

USB è un XMOS<br />

U30870C10 che<br />

comunica direttamente<br />

con il DSP, mentre i segnali spdif<br />

passano per il ricevitore AK4118AEQ.<br />

Il filtro in uscita al DAC<br />

adotta amplificatori<br />

operazionali Burr<br />

Brown OPA2604<br />

che successivamente<br />

giunge ai due stadi di<br />

uscita, uno a valvole e<br />

l’altro a stato solido.<br />

la funzione sul telecomando<br />

potrebbe essere una tentazione<br />

molto forte, tale da scadere<br />

nel compulsivo e quindi<br />

sposiamo in pieno la scelta<br />

fatta, qualunque sia stata la<br />

motivazione di Vincent nel<br />

non fornire in remoto questa<br />

opzione. Dal pannello posteriore<br />

è possibile selezionare il<br />

livello di retro-illuminazione<br />

della valvola anteriore fra tre<br />

livelli e la posizione off. L’effetto<br />

di “realtà aumentata”<br />

della luce della valvola, sebbene<br />

artificioso, è abbastanza<br />

plausibile e, rispetto all’oblò<br />

totalmente spento, la prima<br />

posizione è d’effetto e richiama<br />

molto da vicino il filo rovente<br />

che affiora dalla griglia della<br />

valvola. Anche in questo caso<br />

si tratta di una scelta da fare<br />

un volta in quanto il selettore<br />

è poco accessibile dietro<br />

all’apparecchio.<br />

L’elemento che spicca maggiormente<br />

all’ascolto è la<br />

grande spazialità presente<br />

anche se a discapito, in certi<br />

casi, di un’accurata scansione<br />

dei piani sonori in termini<br />

52 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


TEST VINCENT DASC-7<br />

al banco di misura<br />

PRO & CONTRO<br />

Apparecchio molto valido dal punto di vista<br />

costruttivo con soluzioni mirate, ben realizzate<br />

e dimensionate. Anche i componenti utilizzati<br />

sono di livello e di qualità, con riscontri in certa<br />

misura anche dal punto di vista strumentale. La<br />

versatilità è ottima se non addirittura esuberante:<br />

l’uscita tubi, quella a stato solido e l’uscita<br />

cuffia abbinati alla possibilità di accettare in<br />

ingresso DSD e PCM ad alta risoluzione fanno<br />

del Vincent una macchina strategica. In più c’è<br />

la dotazione degli ingressi digitali: due ottici e<br />

due coassiali soddisfano gran parte delle possibili<br />

necessità.<br />

La risposta in frequenza dello stadio di uscita a tubi e di quello<br />

a stato solido mostrano un andamento pressoché sovrapponibile<br />

ma con un livello di uscita con una differenza di circa<br />

1dB; una tendenza controcorrente in quanto molto spesso si<br />

verifica il contrario. Si nota un filtro in uscita con una elevata<br />

pendenza che taglia a circa 50 Khz la banda, comune a tutti<br />

i formati riprodotti, sia PCM che DSD. L’alimentazione è realizzata<br />

con gran cura come anche le filtrature sulla sezione<br />

analogica di uscita. Il tappeto di rumore è bassissimo e non<br />

di profondità. La prospettiva<br />

scenica tende a migliorare (e<br />

ad allinearsi alle performance<br />

top di categoria) con i formati<br />

ad alta definizione. Tutto sommato<br />

modeste, più di quanto<br />

ci si sarebbe potuto aspettare,<br />

le differenze utilizzando i due<br />

differenti stadi di uscita: si può<br />

cambiare dall’uno all’altro con<br />

grande rapidità ma le differenze<br />

sono limitate a una leggera<br />

si apprezzano componenti spurie in banda e fuori banda.<br />

La distorsione in uscita dello stadio a tubi, seppur presente,<br />

mostra un decadimento armonico molto rapido con la prevalenza<br />

della seconda armonica e delle componenti simmetriche<br />

nell’intermodulazione, mentre nello stadio di uscita a stato<br />

solido, i valori di distorsioni non raggiungono livelli significativi.<br />

Lo spettro risulta molto più pulito e privo di interferenze per<br />

segnali che provengono dal collegamento USB rispetto a<br />

quelli spdif, con un effetti comunque di lieve entità.<br />

prevalenza di una maggiore<br />

dolcezza con i tubi e una percepibile<br />

maggior velocità nel<br />

caso dello stato solido, mentre<br />

gli altri parametri indice della<br />

qualità sonora rimangono<br />

sostanzialmente identici. In<br />

questo secondo caso si assiste<br />

anche a una sorta di “compattamento”<br />

delle atmosfere<br />

che appaiono da un lato maggiormente<br />

a fuoco, dall’altro<br />

più coese ma anche in qualche<br />

misura maggiormente<br />

compresse.<br />

Più che un chiaro indice gerarchico<br />

nella qualità una delle<br />

due modalità è preferibile in<br />

base al gusto dell’ascoltatore.<br />

In assoluto la performance<br />

sonora è abbastanza neutra<br />

sulla tavolozza sonora e coerente<br />

lungo l’intera gamma<br />

delle frequenze dal punto di<br />

vista tonale.<br />

Nel complesso, se si osserva il<br />

panorama offerto dal mercato<br />

in questo segmento di prezzo<br />

si noterà la presenza di una<br />

pletora di concorrenti che non<br />

supera la ventina di esemplari<br />

e che scende molto di più se si<br />

eliminano i prodotti residuali<br />

o a bassa concretezza. Tra quel<br />

che resta il Vincent DAC-7 si<br />

inserisce offrendo ingredienti<br />

non sempre condivisi dai concorrenti<br />

e che proiettano il<br />

prodotto in una classe di ben<br />

altro livello dove l’eventuale<br />

limite rispetto ad altolocate<br />

alternative sta proprio nella<br />

storia del marchio e nei suoi<br />

peccati originali. Basta, però,<br />

saper resistere alle bugiarde<br />

lusinghe del serpente...<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 53


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

Carot One Ernestolone Phono<br />

Va riconosciuto al costruttore<br />

senso della trasgressione<br />

e buona dose<br />

di ironia tali da irrompere<br />

nel paludato mondo degli<br />

audiofili con prodotti che<br />

portano nomi come Augustolo,<br />

Diegolo, Ernestolo<br />

ed Ernestolone (con piccola<br />

digressione alcolica<br />

per Doppio Rum e Titta),<br />

con un marchio, Carot<br />

One, che si legge carot uan<br />

in inglese ma carotone in<br />

italiano e, per giunta, che<br />

si ammanta di una livrea<br />

color... carota, se pur nobilitata<br />

dalla definizione<br />

di “arancio metallescente”.<br />

Qualora non bastasse<br />

un tasso provocatorio<br />

(almeno nei confronti<br />

dell’audiofilo tradizionale), si<br />

aggiunga che l’intera linea Carot<br />

One si sviluppa alla luce di un<br />

criterio ispiratore votato alla miniaturizzazione<br />

(altra bestia nera<br />

per l’audiofilo) e, così, come non<br />

convenire con il costruttore che<br />

definisce il marchio “un innovativo<br />

brand molto particolare, più<br />

unico che raro”? Eppure,<br />

seriamente,<br />

va<br />

dato atto<br />

a Openitem<br />

di aver<br />

sdoganato<br />

trami-<br />

te<br />

la formula “pro- gettati<br />

in Italia prodotti in Oriente”<br />

una nuova alchimia che ha fatto<br />

proseliti e cloni. Cloni si, perché<br />

i prodotti Carot One non mancano<br />

di originalità, per quanto è<br />

concesso pescando tra le proposte<br />

di qualche grande fabbrica<br />

cinese. L’intraprendenza italica,<br />

ha fatto il resto visto che i prodotti<br />

evidenziano soluzioni ad hoc<br />

con una scelta delle funzionalità<br />

e dell’usabilità abbastanza unica,<br />

come se il prodotto sia tutto frutto<br />

del committente e non delle<br />

proposte in genere “pre assemblate”<br />

che i fornitori orientali<br />

hanno a disposizione in catalogo<br />

e tendono a propinare la cliente.<br />

Anche in conseguenza di questa<br />

politica oggi di Carot One si parla<br />

non solo nel ristretto agone italiano<br />

ma nel mondo e proprio il<br />

mercato internazionale sembra<br />

aver dato un credito oltre<br />

misura all’impresa:<br />

così la solidità, il fattore<br />

di concretezza, è<br />

proprio l’elemento che<br />

differenzia il marchio<br />

da altri simili, clonati<br />

o clonatori...<br />

In particolare l’avventura<br />

di Ernestolo ha<br />

inizio al TopAudio 2010<br />

con un prodotto già di color<br />

arancione caratterizzato<br />

in fatto di originalità dal doppio<br />

telaio (frontale e retro tengono<br />

assemblati i due mobili separati)<br />

che contengono uno il pre a<br />

valvole e l’altro il finale in classe<br />

D. Lo stadio di amplificazione al<br />

tempo era un derivato del Tripath<br />

(il T-Amp per chi lo avesse<br />

dimenticato!) con pregi e difetti e<br />

soprattutto una potenza di uscita<br />

relativamente modesta. Nel 2015<br />

una sorta di revisione dà vita a<br />

una versione “energizzata” e di<br />

maggiori dimensioni del concetto,<br />

Ernestolone. Gli integrati<br />

Carot One classe Ernestolone in<br />

realtà sono due e si differenziano<br />

esclusivamente per una sezione<br />

all’interno del pre, una dedicata<br />

all’universo dell’analogico con<br />

il Phono MM a bordo e l’altra a<br />

quello del digitale, che integra un<br />

DAC; in sostanza manca un integrato<br />

Ernestolone con ingressi<br />

solo linea. In entrambi sono<br />

presenti comunque due ingressi<br />

linea, uno sul pannello posteriore<br />

e l’altro su quello anteriore che<br />

si commuta automaticamente<br />

all’introduzione di un mini jack<br />

da 3,5 mm. Nella versione DAC<br />

l’ingresso linea posteriore impiega<br />

una coppia di connettori RCA<br />

mentre nella versione analogica<br />

la coppia RCA è dedicata al giradischi<br />

e quella linea è solo mini<br />

jack: sicuramente poco audiophile<br />

ma più che sufficiente per<br />

godersi la musica.<br />

Come accennato questo piccolo<br />

integrato è in realtà costituito da<br />

due unità distinte e indipendenti<br />

fra loro: solo di profilo si apprezzano<br />

i due involucri del pre e del<br />

finale stereo accoppiati fra loro<br />

Prezzo: € 499,00<br />

Dimensioni: 7,50 x 13 x 14 cm (lxaxp)<br />

Peso: 0,45 kg<br />

Distributore: Openitem<br />

Viale Maria Cristina di Savoia, 19 - 80122 Napoli (NA)<br />

Tel.081-667086 - Fax<br />

www.openitem.it<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO CAROT ONE ERNESTOLONE PHONO<br />

Tipo: stereo Tecnologia: ibrida Potenza: 2 x 12 W su 8 Ohm (25<br />

W su 4 Ohm) in classe D Texas TPA 3106 Accessori e funzionalità<br />

aggiuntive: Ingresso cuffia Phono: MM ( mV/ KOhm) Ingressi<br />

analogici: 1 RCA Uscite analogiche: 1 RCA Note: stadio pre<br />

con 1x 6922, alimentazione esterna a 12 VDC<br />

54 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


TEST<br />

Lo stadio di potenza<br />

utilizza due integrati<br />

Texas TPA3106, uno<br />

per ogni canale in<br />

configurazione dual<br />

mono, con una potenza<br />

di uscita proporzionale<br />

alla tensione di<br />

alimentazione che va da<br />

10 VDC a 26 VDC e capace<br />

di 40 Wrms su 8 Ohm con<br />

una alimentazione di 25<br />

VDC.<br />

Le alimentazioni sono<br />

filtrate e stabilizzate a<br />

seconda dei punti in<br />

cui vengono utilizzate,<br />

sia per lo stadio di<br />

amplificazione ma anche<br />

per l’alimentazione<br />

del filamento del<br />

triodo a riscaldamento<br />

diretto, tramite circuiti<br />

integrati stabilizzatori e<br />

condensatori di filtro.<br />

L’apparecchio è suddiviso in due<br />

unità distinte e abbinate insieme<br />

tramite il pannello frontale e<br />

quello posteriore. Fra i due è stato<br />

realizzato un elemento di unione in<br />

cui passano i cavi di alimentazione<br />

e segnale che può essere<br />

bypassato con le connessioni<br />

esterne in ingresso sia dello stadio<br />

di potenza che dell’uscita del pre.<br />

La sezione pre adotta una serie di timer<br />

di accensione ritardata anti bump e per la<br />

commutazione degli ingressi. Un Texas NE5532<br />

è dedicato all’amplificazione del segnale fono<br />

e dell’equalizzazione RIAA, mentre un altro, in<br />

abbinamento al doppio triodo 6922, fa parte del<br />

circuito di preamplificazione linea.<br />

con quasi un centimetro di aria<br />

che li separa, a rimarcare la totale<br />

separazione fra i due dispositivi.<br />

In altre parole un doppio<br />

telaio con un solo ingresso per<br />

l’alimentazione. In realtà anche<br />

il segnale passa all’interno ma<br />

solo per comodità, in quanto è<br />

presente sia l’uscita preamplificata<br />

che l’ingresso per il finale,<br />

solo con connettori jack da 3,5<br />

che, appena inseriti, scollegano<br />

la connessione fra i due e si possono<br />

utilizzare separatamente<br />

e addirittura anche con più di<br />

un finale collegato in cascata,<br />

tramite opportuni adattatori.<br />

Anche il prodotto a se stante,<br />

però, offre un’opportunità decisamente<br />

unica sia per dimensioni<br />

e compattezza che per il fattore di<br />

forma, uno dei più azzeccati fra i<br />

mini componenti in commercio.<br />

Il piccolo pomello del volume,<br />

peraltro, a dispetto delle dimensioni<br />

ridotte offre una buona<br />

presa e un’ottima sensazione,<br />

con un movimento frizionato e<br />

molto fluido. L’accensione e lo<br />

spegnimento avvengono con il<br />

potenziometro a fine corsa. La<br />

commutazione fra fono e ingresso<br />

linea con una levetta piccola<br />

ma robusta.<br />

Dopo un breve periodo di warm<br />

up in cui un timer interno si occupa<br />

del mute, dell’accensione e<br />

del collegamento sequenziale antibump<br />

di pre e finali, l’apparecchio<br />

va “alla grande” anche dal<br />

punto di vista sonoro: Ernestolo<br />

si rivela una gradita sorpresa<br />

manifestando un equilibrio sonoro<br />

invidiabile in questo segmento<br />

di mercato e, soprattutto,<br />

una godibilità davvero elevata.<br />

La porzione delle alte frequenze<br />

risulta particolarmente gradevole<br />

pur mantenendo un elevato<br />

dettaglio mentre all’altro estremo<br />

della gamma le frequenze vengono<br />

riproposte appena arrotondate<br />

ma piacevoli e senza alcun<br />

accenno di gommosità. Buona la<br />

capacità dinamica, magari non<br />

esplosiva ma in grado, insieme<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 55


SELECTOR<br />

al banco di misura<br />

PRO & CONTRO<br />

Molti gli aspetti intriganti di questo progetto<br />

che individuano le aspettative del cliente appassionato<br />

e soddisfano in larga parte molte<br />

necessità “funzionali”. Ad esempio, l’impostazione<br />

a doppio telaio è un argomento forte<br />

e anche potenzialmente utile se si volesse<br />

espandere il sistema. L’ingresso fono è molto<br />

buono e fa presa, oltre a essere realizzato con<br />

buona componentistica. I circuiti sono disegnati<br />

ad hoc. Un evidente effetto di diafonia fra gli<br />

ingressi è probabilmente dovuto al guadagno<br />

del pre fono e alcune scelte che avrebbero potuto<br />

ancor di più magnificare lo stadio finale<br />

penalizzano in parte il prodotto. Le lavorazioni<br />

meccaniche e “l’orange style” sono comunque<br />

molto valide. L’illuminazione della valvolina è<br />

leggermente grossolana ma fa il suo effetto!<br />

La risposta in frequenza dell’apparecchio è caratterizzata<br />

sia dall’impostazione dello stadio di preamplificazione<br />

che da quello finale con alcuni effetti tipici delle due<br />

tecnologie utilizzate: l’estremo superiore della risposta<br />

mostra un andamento che è soggetto all’impedenza di<br />

carico, con variazioni di un certa rilevanza all’interno della<br />

banda audio. Tuttavia, anche in considerazione delle<br />

dimensioni modeste dello stadio di potenza, le variazioni,<br />

seppur evidenti, sono abbastanza contenute in rapporto<br />

ad altri prodotti della stessa categoria e che utilizzano uno<br />

stadio di uscita con la stessa tecnologia. La distorsione<br />

di seconda armonica invece è la diretta conseguenza<br />

delle scelte effettuate sullo stadio di preamplificazione.<br />

alla riproposizione di un palcoscenico<br />

sonoro appena compresso<br />

ma credibile e con i vari<br />

piani ben definiti, di offrire una<br />

rappresentazione credibile dell’evento<br />

sonoro. In buona sostanza<br />

Al centro si trovano i morsetti di<br />

potenza che accettano cavi terminati<br />

a banana o forcella ma anche spellati<br />

di piccolo diametro. Nella parte<br />

superiore i due ingressi RCA per il<br />

fono e l’ingresso linea, tramite jack<br />

stereo da 3,5mm. Anche l’uscita pre<br />

è disponibile con jack da 3,5mm. In<br />

basso è presente il l’ingresso linea per<br />

il finale e l’alimentazione generale<br />

a 12VDC.<br />

Prevale la componente di seconda armonica con un livello<br />

crescente in funzione della potenza di uscita, un livello<br />

che tuttavia mostra un decadimento armonico con una<br />

rapida riduzione delle armoniche superiori che tende<br />

a non avere un impatto prevalente sulla riproduzione.<br />

Considerata la THD molto alta e crescente, abbinata ad<br />

una leggera flessione della tensione di uscita in funzione<br />

del livello di ingresso, la potenza di uscita non si può<br />

calcolare con i parametri tradizionale, tuttavia si apprezza<br />

un clipping molto morbido e graduale che adotta una<br />

sorta di compressione progressiva del segnale in uscita,<br />

con una potenza crescente anche se con tassi di THD<br />

importanti.<br />

proprio l’ascolto è uno dei punti<br />

forti del piccoletto a prescindere<br />

da cavi, orpelli e spesso troppi<br />

dettagli di contorno. La stessa<br />

originalità delle forme potrebbe<br />

trarre in inganno: circuiti e<br />

scelte non sono poi così distanti<br />

dall’abituale seminato! L’unica<br />

vera critica che si può muovere<br />

all’apparecchio è riferita al fatto<br />

che lo stadio di potenza può essere<br />

alimentato ben oltre i 12 volt<br />

utilizzati dal costruttore. Certo<br />

gli alimentatori a 12V sono più<br />

diffusi di quelli a 24V e oltre ma,<br />

con uno sforzo in più, si sarebbe<br />

potuta raddoppiare la potenza<br />

di uscita, probabilmente senza<br />

aggravio ulteriore del circuito e<br />

con un effetto dirompente. Una<br />

ipotesi non così distante dal reale<br />

visto che nella coppia di finali<br />

monofonici Doppio Rum 70<br />

della stessa casa viene utilizzato<br />

un chip simile a quello dell’Ernestolone,<br />

dove l’alimentazione<br />

può essere da 12V a 24V...<br />

Rimane il fatto che se si ha in<br />

cantiere l’ipotesi di mettere in<br />

piedi un giradischi, la scelta<br />

dell’Ernestolone Phono garantisce<br />

una resistenza nel tempo<br />

elevata (quella di un pre fono è<br />

assolutamente imparagonabile<br />

a quella di un DAC). La dignità<br />

dell’ingresso fono non ha nulla<br />

da invidiare a quelli presenti in<br />

integrati di classe. Una catena costituita<br />

con un giradischi economico<br />

ma di razza e una coppia di<br />

diffusori della stessa natura consente<br />

con poco più di 1.000 euro<br />

di mettere in piedi una magnifica<br />

soluzione Hi-Fi analogica entry<br />

level. Al di là delle compatibilità<br />

estetiche, l’abbinamento poi con<br />

DAC esterno (anche qui abbiamo<br />

scelto un partner economico ma<br />

di qualità e con una scelta filosofica<br />

“dirompente”come lo Schiit<br />

Modi Multibit) apre orizzonti<br />

veramente ampi di connettività<br />

e versatilità.<br />

56 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

Elac DS-A101<br />

Per certi versi sul marchio<br />

Elac sembra appeso<br />

un perenne cartello con su<br />

scritto “lavori in corso”.<br />

Una proprietà orientale<br />

che rifulge gli onori della<br />

cronaca; un “mediatore”<br />

americano che detesta<br />

ancor più le luci della ribalta<br />

(ma ha il merito di<br />

aver trascinato nell’impresa<br />

Andrew Jones); un<br />

catalogo che è in perenne<br />

in divenire... Eppure, ciò<br />

malgrado o forse proprio<br />

per questo (taci e lavora!)<br />

il marchio di Kiel continua<br />

a sondare settori noti<br />

e quelli meno!<br />

A<br />

fronte di una significativa<br />

espansione del<br />

proprio catalogo di<br />

prodotti, Elac paga pegno con<br />

un affastellamento dell’offerta<br />

che spesso si sovrappone o nega<br />

oggi - è il caso del prodotto qui<br />

in prova - la direzione intrapresa<br />

ieri, che si associa a un atavico<br />

e “criminoso” utilizzo di sigle e<br />

nomi nel disegnare un universo<br />

ampio ma fin troppo variegato.<br />

Per far fronte all’accelerazione<br />

impressa negli ultimi anni, sostenuta<br />

anche con ampi investimenti,<br />

il marchio nella sua<br />

espansione si è affidato a consulenti,<br />

Andrew Jones certamente<br />

ma anche Peter<br />

Madnick (con<br />

la sua Audio Alchemy,<br />

oggi semplicemente Alchemy,<br />

rappresenta ancora una nebulosa<br />

nell’universo Elac) e fornitori<br />

terzi, in particolare per<br />

lo sviluppo del delicato settore<br />

dei new media, dove in molti<br />

hanno rischiato di bruciarsi<br />

le penne. Così anche Elac, che<br />

originalmente aveva annunciato<br />

uno streamer poi ritirato, ha<br />

ribadito il concetto con l’ampli<br />

integrato EA101-EQ (<strong>SUONO</strong><br />

513 - febbraio 2017) che non<br />

aveva collegamento di rete per<br />

lo streaming della musica per<br />

poi reintrodurlo nella serie<br />

Discovery (abbinati<br />

a diffusori<br />

amplificati<br />

con un<br />

sistema proprietario<br />

ma fornito da terza parte,<br />

specializzata nella progettazione<br />

e produzione di cosi del<br />

genere) e ribadire il concetto di<br />

streamer e media server con l’integrato<br />

DS-A101G qui in prova<br />

che adotta lo stesso modulo di<br />

comunicazione impiegato nella<br />

serie Discovery di cui fa parte<br />

nonostante la livrea e buona<br />

parte della circuitazione rimangano<br />

quelli dell’EA101-EQ (vedi<br />

sopra), che fa parte di una serie<br />

(EA Line) costituita da un solo<br />

elemento, questo, presumibilmente<br />

destinata all’oblio...<br />

Un attimo, tiriamo il fiato e ripartiamo.<br />

In Elac, a circa tre<br />

anni dalla sua introduzione,<br />

hanno ritenuto di dover/voler<br />

aggiornare un prodotto (EA101-<br />

EQ) che presumibilmente per il<br />

suo form factor e per il coacervo<br />

di funzioni offerte ha ottenuto<br />

un buon riscontro di mercato.<br />

La nuova versione (di versione<br />

parliamo perché parte dell’architettura<br />

rimane la stessa) utilizza<br />

lo stesso cabinet del precedente<br />

ma cambiano aspetti<br />

sostanziali, in linea con una<br />

tendenza che tra i new media<br />

destinati alla riproduzione della<br />

musica sta prendendo sempre<br />

più piede: viene implementata<br />

una sezione per lo streaming,<br />

scompare la USB e, un po’ a<br />

Prezzo: € 890,00<br />

Dimensioni: 21,26 x 5,38 x 29,51 cm (lxaxp)<br />

Peso: 2,18 kg<br />

Distributore: LP Audio<br />

www.lpaudio.it<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO ELAC DS-A101<br />

Tipo: stereo Tecnologia: a stato solido Potenza: 2 x 40 W su 8<br />

Ohm (80 W su 8 Ohm) in classe D Bash Accessori e funzionalità<br />

aggiuntive: Controlli di tono Risp. in freq. (Hz): 20 - 40.000 +/-<br />

1.8dB S/N (dB): 101 Ingressi analogici: 2 RCA Ingressi digitali:<br />

Ottico / RCA / Ethernet Note: Controllabile da app, Bluetooth<br />

e Wi-Fi, compatibile Roon, DNLA, AirPlay, Spotify. 1 uscita pre e 1<br />

subwoofer. Dolby Digital a bordo<br />

58 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


TEST<br />

ROON AL PRIMO COLPO<br />

La sezione di gestione e controllo<br />

dell’apparecchio consente di sfruttare<br />

le potenzialità del DSP a bordo (un<br />

Cirrus Logic CS47048C-CQZ più potente<br />

di quello utilizzato nel modello<br />

precedente EA101-EQ) e sopratutto<br />

di sfruttare l’apparecchio in rete con<br />

il supporto al DLNA. Inoltre, anche<br />

grazie al modulo di comunicazione<br />

prodotto dalla Variscite, è presente il<br />

supporto a Roon con una integrazione<br />

molto ben fatta e che consente<br />

la trasmissione in rete di formati ad<br />

alta risoluzione PCM fino a 192kHz<br />

anche se l’apparecchio, internamente,<br />

effettua un downsalmpling<br />

a 48kHz dei segnali digitali e una<br />

digitalizzazione di quelli analogici<br />

alla stessa frequenza di campionamento.<br />

La piattaforma Roon individua<br />

direttamente l’apparecchio e<br />

la configurazione avviene in modo<br />

quasi immediato anche con l’icona<br />

di identificazione del prodotto molto<br />

chiara e intuitiva. Tramite l’app<br />

fornita da ELAC invece è possibile<br />

effettuare i settaggi dell’apparecchio<br />

e utilizzarla come un telecomando<br />

sia per la scelta degli ingressi che per<br />

la configurazione iniziale.<br />

È presente il sistema di calibrazione<br />

automatico, ma in modalità ridotta<br />

rispetto al modello precedente,<br />

attivabile solo in presenza di un<br />

subwoofer collegato. Per l’utilizzo<br />

come DLNA renderer è necessario<br />

utilizzare app di terze parti quale<br />

player oppure trasmettere il segnale<br />

in Bluetooth direttamente dallo<br />

smartphone.<br />

sorpresa, l’uscita cuffia! La cuffia<br />

sta vivendo un momento di<br />

incredibile sviluppo e diffusione<br />

un po’ in tutti gli ambiti e forse<br />

un apparecchio dedicato o una<br />

soluzione ad hoc molto performante<br />

prevale su quelle che invece<br />

potrebbero essere proposte<br />

di genere. Chissà!<br />

Permane, invece, quella sensazione<br />

di apparente anonimato<br />

determinata dal layout del<br />

frontale basato su un piccolo ma<br />

molto valido display, due tasti a<br />

sfioramento, uno per l’accensione<br />

e l’altro per la selezione degli<br />

ingressi e da una manopola,<br />

sulla sinistra, che assolve esclusivamente<br />

alla funzione della regolazione<br />

del volume che viene<br />

visualizzata nel display in modo<br />

molto chiaro e visibile anche da<br />

lontano (o dai “vecchietti”, categoria<br />

a cui appartiene gran parte<br />

degli audiofili).<br />

Se con i prodotti della serie Discovery<br />

abbiamo potuto apprezzare<br />

le potenzialità di un sistema<br />

intrinsecamente connesso alla<br />

rete, per giunta beneficiando anche<br />

delle potenzialità di un sistema<br />

di altoparlanti amplificato, è<br />

un vero piacere poter disporre<br />

di un prodotto collegato in rete,<br />

addirittura con Roon e immediatamente<br />

pronto all’uso. In<br />

effetti, il sistema di gestione<br />

tramite app attraverso il collegamento<br />

Bluetooth BLE è ancora<br />

disponibile ma è sempre più<br />

frequente raggiungere in rete i<br />

prodotti che lo sono in quanto<br />

oggi smartphone e rete domestica<br />

viaggiano sempre più a<br />

braccetto ed è sempre più raro<br />

incontrare casi in cui non sia<br />

presente una rete locale. Ovvio<br />

che il tipo di collegamento<br />

BLE è molto utile e per certi<br />

versi un valore aggiunto da non<br />

sottovalutare ma nella nuova<br />

versione dell’ELAC DS A101G<br />

avviene un balzo in avanti per<br />

quanto riguarda l’usabilità e la<br />

piacevolezza.<br />

L’usabilità del DS A101 rimane<br />

comunque a livelli altissimi e di<br />

grande impatto, soprattutto ora<br />

che il sistema, sotto l’egida di<br />

Roon, aggiunge una semplicità<br />

di utilizzo unica nel suo genere.<br />

L’interfaccia di comunicazione,<br />

sostanzialmente inalterata rispetto<br />

alla precedente versione,<br />

risulta particolarmente amichevole:<br />

mentre tramite il pannello<br />

frontale la selezione degli<br />

ingressi avviene solo in modo<br />

Due ingressi analogici e due ingressi<br />

digitali, uno ottico e l’altro coassiale. È<br />

presente l’uscita pre linea e quello per<br />

la connessione di un subwoofer esterno<br />

con cui si può applicare il metodo di<br />

equalizzazione e di integrazione con i<br />

satelliti. L’ingresso USB cede il posto a<br />

quello di rete, sia wireless che con RJ-<br />

45. I morsetti di potenza accettano cavi<br />

terminata a banana o forcella e spellati<br />

di piccole dimensioni.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 59


SELECTOR<br />

Le sezioni attive di amplificazione e controllo sono<br />

realizzate dalla Canadese Sonavox che detiene il<br />

brevetto della tecnologia BASH per l’amplificazione.<br />

L’unità di comunicazione di rete e Bluetooth<br />

4.1/BLE, la stessa introdotta nella serie<br />

Discovery: è un modulo con processore Cortex<br />

A9 da 900Mhz realizzato da Variscite, partner<br />

di NXP Semiconductors, specializzata nella<br />

progettazione di SOM (System on Module).<br />

sequenziale (visto che è disponibile<br />

un solo pulsante!) tramite<br />

telecomando è possibile passare<br />

da un ingresso all’altro anche se<br />

non sono contigui, ognuno da un<br />

suo tasto, e l’operazione avviene<br />

con immediatezza mentre sul<br />

pannello si riscontra una certa<br />

latenza dell’intervento (anche<br />

nella regolazione del livello del<br />

volume). La comunicazione avviene<br />

in maniera bidirezionale:<br />

quando si regola il volume dalla<br />

manopola sul frontale si sposta<br />

all’unisono anche il cursore di<br />

regolazione dell’app e viceversa!<br />

Il nuovo integrato adotta lo stesso<br />

modulo di comunicazione<br />

impiegato nella serie Discovery,<br />

abbandonando alcune funzionalità<br />

come l’equalizzazione<br />

ambientale: non si sa se sarà<br />

mai implementata in futuro o<br />

rimarrà un add-on come adesso<br />

da usare in abbinamento ad alcuni<br />

subwoofer di una non ben<br />

specificata serie! Da sottolineare<br />

che il manuale di istruzioni non<br />

fa riferimento a tale “necessità”<br />

e la brochure recita nelle caratteristiche<br />

dichiarate: Room<br />

correction… ABC (Auto Blend<br />

& Calibrate).<br />

Dal punto di vista sonoro le performance<br />

risultano sostanzialmente<br />

inalterate e, in termini<br />

generali, l’apparecchio propone<br />

una rappresentazione sonora<br />

in certa misura esuberante in<br />

gamma medio-bassa anche se<br />

questa caratteristica non sembra<br />

condizionare l’ascolto che,<br />

in termini di ricostruzione della<br />

scena sonora e di correttezza tonale<br />

lungo l’arco delle frequenze,<br />

non presenta particolari con<br />

una particolare vocazione alla<br />

riproduzione delle voci.<br />

60 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


TEST ELAC DS-A101<br />

al banco di misura<br />

PRO & CONTRO<br />

L’architettura, sebbene oggi disponga del supporto<br />

allo streamer di rete e Roon end point,<br />

di fatto non è particolarmente evoluta rispetto<br />

al modello precedente e per certi versi si è<br />

perso qualcosina. Gli aspetti “compromettenti”<br />

riguardo ad accettazione e downsampling<br />

del segnale sono rimasti mentre controverso<br />

appare l’abbandono dell’uscita cuffia: nel modello<br />

passato sembrava un inutile oggetto in<br />

aggravio all’economica del prodotto ma oggi,<br />

che il settore appare in rilancio? L’esame dell’eventuale<br />

concorrenza è controverso: parliamo di<br />

Sonos che è un fuoriclasse ma, appunto, parliamo<br />

“solo” di Sonos!.<br />

La risposta in frequenza mostra una leggera attenuazione<br />

agli estremi banda, in particolar modo quello superiore icon<br />

il ricampionamento del segnale a 48kHz sia dei formati<br />

digitale che di quelli analogici in ingresso: la risposta si<br />

ferma poco prima dei 24kHz. La filtratura delle immagini<br />

fuori banda è ad alta pendenza tuttavia ma si apprezzano<br />

prodotti importanti di intermodulazione, dovuti alle caratteristiche<br />

dello stadio finale di potenza e all’innalzamento<br />

del rumore di fondo al di sopra della frequenza limite di<br />

campionamento. La risposta dello stadio d potenza non<br />

Bisogna anche considerare<br />

che, a differenza del predecessore,<br />

la sorgente con la qualità<br />

di riproduzione più tangibile è<br />

proprio quella di rete con un miglioramento<br />

costante di un po’<br />

tutti i parametri caratteristici,<br />

compresa la ricostruzione dello<br />

stage e la ricchezza timbrica. È<br />

come se il sistema abbia fatto<br />

un piccolo balzo evolutivo che<br />

mette in secondo piano le altre<br />

risente della presenza del carico mostrando curve praticamente<br />

sovrapposte per impedenza da 4 a 16 Ohm. La<br />

distorsione da intermodulazione mostra delle componenti<br />

simmetrica e un basso livello di quelle asimmetriche, mentre<br />

sono presenti componenti di una certa entità distribuite in<br />

tutta la banda utile con una prevalenza di quelle di ordine<br />

dispari che innalzano il valore complessivo della THD. La<br />

potenza raggiunge i 45 Wrms su 8R per un livello di THD+N<br />

fissato all1%, valore oltre il quale interviene il circuito di<br />

limitazione che fissa a 19V la tensione di uscita.<br />

soluzioni e soprattutto quella<br />

Bluetooth che, in precedenza,<br />

era l’unica per lo streaming di<br />

musica, ora marginale in quanto<br />

con Roon o con qualsiasi altro<br />

sistema di gestione dei contenuti<br />

DLNA la qualità e fruibilità è altra<br />

storia. In sintesi, l’Elac DS<br />

A101G appare come un sistema<br />

equilibrato, nel solco della media<br />

di categoria per la riproduzione<br />

della musica “normale”,<br />

mentre acquista diversi punti in<br />

più (anche in ragione della fascia<br />

di prezzo di appartenenza)<br />

nella riproduzione di file Hi-res.<br />

Durante il test non si sono verificate<br />

specifiche idiosincrasie e<br />

data l’apprezzabile insensibilità<br />

al carico è possibile collegare<br />

l’apparecchio con molte tipologie<br />

di diffusori determinando<br />

così una versatilità, intesa a tutto<br />

tondo, piuttosto elevata del<br />

DS A101G, a conferma di quanto<br />

citato e qui riportato tra virgolette<br />

per il predecessore che<br />

“apre un nuovo corso all’interno<br />

del quale l’EA 101EQ-G appare<br />

come un frutto ancora acerbo,<br />

le cui caratteristiche varieranno<br />

con gli aggiornamenti software<br />

e la consapevolezza di un potenziale<br />

notevolissimo”. Al netto di<br />

qualche confusione nel posizionamento<br />

di gamma, di nomi e<br />

sigle, di un aumento risibile del<br />

prezzo (100 euro in più del precedente,<br />

c’è Roon ma mancano<br />

l’uscita cuffia e il DSP per l’equalizzazione<br />

ambientale) un altro<br />

passettino verso il futuro è stato<br />

fatto, anche se attorno il resto<br />

dell’universo corre alla velocità<br />

della luce.<br />

La sfida sta tutta qui!<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 61


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

PREAMPLIFICATORE & AMPLIFICATORE FINALE<br />

PS Audio Stellar<br />

L’ultima svolta di PS Audio<br />

è indirizzata “all’audio<br />

dal prezzo ragionevole”<br />

ma nella lunga e intricata<br />

storia di Paul McGowan<br />

si tratta di un ritorno più<br />

che una novità visto che<br />

proprio a partire dai primi<br />

passi professionali di<br />

questo personaggio il desiderio<br />

e la necessità di costruire<br />

anche qualcosa di<br />

economico è ben radicata..<br />

Poco meno di 60 dollari: tanto<br />

costava al pubblico lo stadio fono<br />

che nel 1974 segna l’ingresso sul<br />

mercato di Paul McGowan e Stan<br />

Warren che con le iniziali dei loro<br />

nomi, PS, determinano parte del<br />

logo di una azienda nata mettendo<br />

mano al portafoglio (500<br />

dollari ciascuno) per un’esigenza<br />

specifica: l’emittente radio<br />

dove lavorava McGowan aveva<br />

bisogno di un pre fono visto che<br />

al tempo si trasmetteva musica<br />

dai dischi in vinile. Da allora Paul<br />

McGowan ha attraversato tempi<br />

belli e brutti, ha collaborato con<br />

personaggi di ogni risma (Arnie<br />

Nudell, uno su tutti). Ha lasciato<br />

e poi ripreso PS Audio che, nel<br />

frattempo (considerate che il<br />

lasso di tempo intercorso è notevole)<br />

è cambiata di mano, ha<br />

fallito, è risorta...<br />

Si aggiunga l’iperattivismo di<br />

McGowan, che tuttora anima<br />

DISTRIBUTORE: MPI ELECTRONIC SRL<br />

Via De Amicis, 10/12 - 20010 Cornaredo (MI)<br />

Tel.02.936.11.01 - Fax 02.93.56.23.36<br />

www.mpielectronic.com<br />

il suo<br />

blog<br />

quotidianamente,<br />

re-<br />

alizza<br />

podcast, video e ha trovato<br />

il tempo, oltre che per dirigere<br />

un’azienda insieme alla moglie,<br />

anche di fondare Copper, una<br />

e-zine. Poiché in questo settore,<br />

sebbene nessuno sia indispensabile,<br />

molto spesso le aziende<br />

riflettono la personalità del loro<br />

mentore, non è sbagliato definire<br />

PS Audio come una società particolarmente<br />

dinamica e mutevole,<br />

cosa questa forse poco gradita a<br />

una larga fetta del pubblico di settore,<br />

adulta, oltre gli “anta” e per<br />

ciò desiderosa di una certa stabilità<br />

che non è propria della casa<br />

di Boulder in Colorado, che potremmo<br />

definire “inquieta”. Così<br />

PS Audio nel tempo ha mostrato<br />

più facce predominanti di sé:<br />

prima<br />

quella dei lettori CD (con soluzioni<br />

proprietarie), poi quella<br />

dei condizionatori di rete, quella,<br />

recente, della conversione di rete<br />

e un ritorno alle unità di lettura<br />

con lo straordinario “lettore<br />

di tutto” Perfect Wave,<br />

ora abbandonato. E se<br />

la serie Stellar si propone, per<br />

prezzi e soluzioni intraprese,<br />

quale alfiere di una categoria di<br />

prodotti abbordabili, non è la<br />

prima volta visto che c’è il precedente,<br />

ben più radicalmente<br />

economico, dello Sprout (ampli<br />

integrato on DAC a bordo),<br />

progetto affidato interamente<br />

al figlio di McGowan, Scott. E<br />

se per ottenere questi risultati si<br />

ricorre all’amplificazione in Classe<br />

D, anche qui esiste un lontano<br />

precedente (PCA-2 e HCA-2 provati<br />

su <strong>SUONO</strong>, settembre 2003)<br />

che torneremo a citare in quanto<br />

inerenti il percorso di PS Audio<br />

e, per certi versi, lontani progenitori<br />

della serie Stellar. Serie al<br />

momento composta da quattro<br />

elementi: il pre con DAC a bordo<br />

e il finale oggetto di questa prova,<br />

una versione mono più potente e,<br />

new entry, uno stadio fono che<br />

almeno metaforicamente rappresenta<br />

una sorta di<br />

chiusura del cerchio<br />

con il ritorno<br />

agli esordi.<br />

La serie Stellar,<br />

d’altro canto,<br />

sembra proprio<br />

un ritorno alle<br />

origini, quando il<br />

prezzo aggressivo<br />

dei prodotti era<br />

una peculiarità<br />

che ha reso famoso<br />

il marchio e che<br />

poi ha dato la spinta<br />

per la produzione dei prodotti<br />

al vertice. Un po’ la vecchia<br />

storia in cui gli estremi, in quanto<br />

estremi, hanno bisogno gli<br />

uni degli altri per “esistere”! Più<br />

in generale il catalogo ha subìto<br />

un avvicendamento importante<br />

62 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


TEST<br />

dei prodotti e colpisce anche la<br />

scomparsa prematura del DirectStreamer<br />

Junior, che ha lasciato<br />

sguarnita la sezione deificata<br />

ai DAC, soprattutto quelli di<br />

fascia media. Lo Stellar sembra<br />

pertanto arrivare proprio per<br />

IN MERITO ALLA GUI<br />

Tramite il telecomando è possibile<br />

accedere alle funzioni di controllo diretto<br />

dell’apparecchio invero molto<br />

utili sopratutto quando si sceglie fra<br />

più di una sorgente specifica agendo<br />

direttamente sui tasti invece di<br />

impiegare un commutatore sequenziale.<br />

Attraverso il selettore posto sul<br />

pannello frontale è possibile acceder<br />

al menù di set up necessario<br />

per effettuare le selezioni di start<br />

up e l’aggiornamento software. Il<br />

display è molto leggibile anche da<br />

lontano ed è possibile scegliere fra<br />

vari livelli di intensità luminosa e la<br />

permanenza del display prima dello<br />

spegnimento automatico. Fra<br />

le funzioni più utili che c’è, quella<br />

di regolare il livello di ingresso in<br />

modalità fissa per abbinare il prodotto<br />

ad un sistema multicanale e<br />

audio video in modo da scegliere<br />

il miglior rapporto fra guadagno di<br />

ingresso e livello di uscita del preamplificatore<br />

multicanale a monte.<br />

Anche i settaggi sul livello di uscita<br />

della sezione cuffia personalizzabile<br />

è un plusvalore veramente raro che<br />

consente al preamplificatore di avere<br />

una regolazione del livello di uscita<br />

che non mostra eccessivi dislivelli fra<br />

modalità cuffia e quella con il finale<br />

di potenza.<br />

colmare questo vuoto e per ribadire<br />

che, soprattutto oggi, nella<br />

classe media non si può ragionare<br />

a componenti separati ma<br />

bisogna avere un obiettivo di scalabilità<br />

e sostenibilità efficiente,<br />

anche in funzione dell’evoluzione<br />

tecnologica dei prodotti. Ed ecco<br />

che il prodotto “chiave di volta”<br />

diventa il centro dell’impianto,<br />

costituito da un preamplificatore<br />

con DAC a bordo e ingressi analogici<br />

e digitali. Colpisce, però,<br />

l’assenza di un modulo di rete o<br />

altro tipo di sezione di trasmissione<br />

wireless; se in certi casi la<br />

cosa potrebbe essere considerata<br />

una grave mancanza, quando si<br />

tratta di PS Audio bisogna cercare<br />

di interpretare al meglio le<br />

intenzioni di chi ha dimostrato<br />

un occhio allenato per capire<br />

dove va la corrente. In effetti, la<br />

rincorsa delle tecnologie e delle<br />

mere prestazioni dei DAC ha portato<br />

a un rapidissimo collasso di<br />

settore che ha determinato da<br />

qualche tempo l’abbandono della<br />

connessione USB nelle sorgenti<br />

digitali multiple, demandando<br />

la riproduzione dei contenuti ad<br />

alta risoluzione alla trasmissione<br />

di rete. Ciò ha senso prevalentemente<br />

nei prodotti di fascia media<br />

e per un pubblico non incline<br />

all’utilizzo di un computer nella<br />

catena di riproduzione, anche se<br />

la riproduzione dei formati ad<br />

alta risoluzione avviene tramite<br />

USB oltre che da un modulo di<br />

rete opportunamente collegato<br />

al DAC (e per opportunamente<br />

si intende con un collegamento<br />

digitale “proprietario”, quindi<br />

raro, oppure tramite USB!).<br />

Per tornare sul McGowan pensiero,<br />

secondo lui, quindi, il cuore di<br />

un impianto diventa oggi il preamplificatore<br />

analogico, dotato<br />

di DAC interno e di connessione<br />

USB ad alta risoluzione alla quale<br />

ci si può collegare un computer<br />

o un altro streamer di rete come<br />

ce ne sono tanti in commercio,<br />

anche di costo molto basso. Da<br />

non sottovalutare, poi, che i formati<br />

ad alta risoluzione nello<br />

Stellar DAC possono transitare<br />

anche attraverso le connessioni<br />

standard e la I2S che, però, al<br />

momento, è orfana di una sorgente,<br />

visto che il DMP, anche se<br />

totalmente fuori target di prezzo,<br />

non è più in produzione: per<br />

poter usufruire di contenuti ad<br />

alta risoluzione con lo Stellar bisognerà<br />

aspettare le nuove “svolte”<br />

di PS Audio (già annunciate<br />

ma il timing in merito non è stato<br />

Ampia dotazione di ingressi digitali con<br />

due spdif coassiali, un toslink ottico,<br />

una USB e un I2S tramite connettore<br />

HDMI. Tre gli ingressi analogici Single<br />

ended e uno bilanciato XLR. Le uscite<br />

sono disponibili sia in SE che XLR,<br />

replicate sul finale nelle due modalità.<br />

Le connessioni di potenza impiegano<br />

due coppie di morsetti per canale per<br />

facilitare una eventuale soluzione in<br />

bi-wiring.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 63


SELECTOR<br />

Lo stadio di amplificazione impiega<br />

una coppia di transistor della ON<br />

Semiconductor, un BCP53-16T1G<br />

e il suo complementare BCP56-<br />

16T1, progettati espressamente<br />

per applicazioni audio e<br />

per dissipare alte correnti<br />

utilizzando come dissipatore<br />

il PCB sfruttando il montaggio<br />

superficiale.<br />

Sono presenti numerosi interventi<br />

di filtratura e isolamento galvanico<br />

implementato con trasformatori di<br />

isolamento considerando l’ampia<br />

eterogeneità delle connessioni e dei<br />

formati supportati.<br />

La regolazione del guadagno sfrutta<br />

dei commutatori a stato solido gestiti<br />

da un microcoltroller che agiscono<br />

su gruppi di resistori selezionati.<br />

L’alimentazione e del tipo<br />

lineare con un toridale<br />

ad alta potenza e basso<br />

profilo realizzato<br />

dalla inglese Noratel,<br />

dotato di uscita duale<br />

a tensione elevata dalla<br />

quale poi derivano tutte<br />

le altre per le varie sezioni<br />

sul PCB.<br />

Il DAC è un ESS Sabre ES9010K2M che,<br />

abbinato al FPGA Lattice LCMX02-256HC<br />

è in grado di gestire i segnali in ingresso<br />

sia DSD che PCM ed applicare le filtrature<br />

opportune, definite dal costruttore I clock<br />

di precisione sono dei TCXO dedicati alla<br />

conversione dei formati multipli interi<br />

delle classi a 44.1Khx e 48kHx e uno<br />

dedicato al sistema di ricezione<br />

USB..<br />

Prezzo: € 2.800,00<br />

Dimensioni: 43,2 x 7,7 x 30,5 cm (lxaxp)<br />

Peso: 6,2 kg<br />

PREAMPLIFICATORE PS AUDIO STELLAR GAIN CELL DAC<br />

Tecnologia: a stato solido Ingressi: digitali: I2S, USB, 2 coax S/PDIF RCA, Opt TosLink;<br />

analogici: 1 bilanciato XLR e 3 sbilan Uscite: analogiche RCA e bilanciate XLR fisse<br />

e variabili Controlli: volume analogico Gain Cell, bilanciamento, fase, telecomando<br />

Note: completamente bilanciato con supporto nativo DSD 2.8 e 5.6 MHz e PCM<br />

32/384, DAC 32 bit Sabre Hyperstream. Stadio d’ingresso Digital Lens. Stadio d’ingresso<br />

analogico con regolatori di tensione separati. HT mode con livelli regolabili<br />

64 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


TEST ELAC DS-A101<br />

al banco di misura<br />

rispettato), oppure occorre rivolgersi<br />

altrove!<br />

A prescindere da questa scelta<br />

aziendale, l’impostazione<br />

completamente analogica di un<br />

preamplificatore con uno stadio<br />

di uscita a guadagno regolabile<br />

sembra, almeno nella narrativa<br />

evocativa, un argomento che fa<br />

una certa presa nell’immaginario<br />

collettivo e, considerato che<br />

la missione del DAC è proprio<br />

quella di trasformare una segnale<br />

digitale in uno analogico,<br />

allora l’analogico la fa da padrone!<br />

A questa considerazione va<br />

aggiunto il lascito dell’esperienza<br />

che nel caso di McGowan si riallaccia<br />

al già citato pre PCA-2. In<br />

occasione di quel test o nei giorni<br />

immediatamente successivi capitò<br />

di incontrare il patron di PS<br />

Audio al quale esponemmo qualche<br />

remora proprio per la natura<br />

completamente digitale dell’apparecchio,<br />

in relazione alle avvertibili<br />

differenze di equilibrio sonoro<br />

ottenibili a differenti livelli<br />

del segnale. Sorprendentemente<br />

McGowan si dichiarò assolutamente<br />

concorde con la critica,<br />

dichiarando che non avrebbe<br />

La risposta in frequenza dello stadio analogico è molto<br />

estesa e senza alcuna variazione in funzione del livello<br />

di regolazione del volume e del carico offerto. Si apprezzano<br />

alcune componenti di distorsione armonica e da<br />

intermodulazione a livelli molto bassi considerando che<br />

il circuito è del tipo no feedback e senza compensazioni.<br />

Dal punto di vista digitale è presente una attenuazione<br />

comune a tutti i formati riprodotti che riduce di 3dB il<br />

livello a 50kHz. Sono apprezzabili componenti spurie in<br />

banda e fuori banda anche se il livello i rumore dell’apparecchio<br />

è molto basso ed è anche per questo motivo<br />

che si apprezzano le componenti spurie di basso livello.<br />

mai più utilizzato un “volume<br />

digitale”, e così è stato! Non a<br />

caso nello Stellar Gain Cell DAC<br />

viene ampiamente sottolineata<br />

l’implementazione per la gestione<br />

del volume della soluzione<br />

“Gain Cell”, da cui prende addirittura<br />

nome il prodotto in luogo<br />

di più abituali soluzioni utilizzate<br />

in special modo nei combinati<br />

DAC/preamplificatore, dove il<br />

controllo del volume è basato su<br />

tradizionale potenziometro, economico<br />

e facile da installare ma<br />

che interrompe il segnale audio<br />

e, secondo McGowan, aggiunge<br />

una certa colorazione al suono<br />

e causa un certo squilibrio tra i<br />

canali. Come altre “altisonanti<br />

tecnologie” di McGowan (Digital<br />

Lens, DirectStreamer...) Gain<br />

Cell si può definire perlomeno<br />

controversa: da un lato presenta<br />

aspetti più promozionali che di<br />

vera innovazione tecnologica;<br />

dall’altro... funziona e, quindi,<br />

chapeau! Tanto clamore mediatico,<br />

belle idee e un buono slancio<br />

imprenditoriale fanno parte del<br />

mélange offerto da McGowan e si<br />

sono associate in passato con una<br />

scarsa robustezza al contorno che<br />

in determinati casi ha deteriorato<br />

la concretezza del marchio e, soprattutto,<br />

della produzione.<br />

Colpisce, invece, come il finale<br />

abbracci una filosofia molto<br />

conservatrice nell’ambito delle<br />

soluzioni di potenza in quanto<br />

il modulo di amplificazione è un<br />

ICEPower al quale, però, è stato<br />

aggiunto uno stadio di amplificazione<br />

di ingresso che si interfaccia<br />

al meglio con quello di uscita<br />

del preamplificatore. Una sorta<br />

di fine tuning e better matching<br />

fra tecnologie molto differenti fra<br />

loro che hanno però bisogno delle<br />

contromisure più opportune per<br />

esprimere il meglio. In sostanza<br />

si tratta di un buffer a mosfet con<br />

ingresso differenziale alimentato<br />

con una sezione di tutto rispetto<br />

che filtra la tensione continua che<br />

proviene da ognuno dei due moduli<br />

ICEPower 300ASC.<br />

Nel complesso, va comunque<br />

rilevato come la dotazione degli<br />

ingressi e l’utilizzabilità dello<br />

Stellar Gain DAC collochino<br />

l’apparecchio fra i più versatili<br />

e immediati da utilizzare: tre<br />

ingressi analogici Single ended,<br />

una coppia XLR nel dominio<br />

analogico, mentre in quello digitale<br />

a fianco della USB ad alta<br />

risoluzione e di una I2S proprietaria<br />

si dispongono i due ingressi<br />

spdif coassiali e un solo ottico<br />

toslink. L’unica critica è che<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 65


SELECTOR<br />

I due moduli di potenza 300ASC sono<br />

realizzati da ICEPower. I moduli sono<br />

alimentati direttamente dalla rete e il circuito<br />

di livellamento fornisce anche tensioni di<br />

alimentazioni esterne a +/-12VDC, +5VDC e<br />

+54,5Vdc.<br />

Lo stadio di ingresso è realizzato con un<br />

circuito in classe A a Mosfet differenziale<br />

con componenti discreti e transistor con<br />

involucro TO-92. I due amplificatori sono<br />

implementati su un PCB ma con una<br />

configurazione totalmente Dual mono<br />

e le alimentazioni<br />

dirette<br />

dal modulo<br />

IcePower<br />

ulteriormente<br />

livellate e<br />

filtrate.<br />

Prezzo: € 2.450,00<br />

Dimensioni: 43,2 x 7,7 x 33,3 cm (lxaxp)<br />

Peso: 5,9 kg<br />

AMPLIFICATORE FINALE PS AUDIO STELLAR S300<br />

Tipo: stereo Tecnologia: stato solido dual mono con alimentazioni<br />

separate Potenza (W): 2 x 140 su 8, 2 x300 su 4 Fattore di smorzamento:<br />

>1100 su 8 Ohm e >550 su 4 Ohm Ingressi: bilanciato XLR e sbilanciato<br />

RCA Note: stadio d’ingresso Analog Cell a Mosfet completamente in bilanciato,<br />

in classe e zero FB, stadio finale in classe D basato su moduli Ice Power.<br />

66 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


TEST ELAC DS-A101<br />

al banco di misura<br />

Le prestazioni strumentale riflettono ampiamente le<br />

caratteristiche dei moduli di amplificazione IcePower<br />

300ASC. La risposta in frequenza è molto ampia e leggermente<br />

condizionata all’estremo superiore dal carico<br />

offerto che comporta una variazione del livello di lieve<br />

entità e comunque al di fuori della banda udibile. Il<br />

sarebbe utile disporre di più di<br />

un ingresso ottico per venire incontro<br />

alla gran varietà di uscite<br />

dei dispositivi di “seconda scelta”<br />

come potrebbero essere i decoder<br />

o le “macchine da gioco” che, anche<br />

se non puramente Hi-Fi nel<br />

pedigree, non sono sorgenti da<br />

sottovalutare per principio, anzi,<br />

a parità di contenuto riprodotto,<br />

sono una valida alternativa<br />

da prendere in considerazione.<br />

Sempre in termini di esperienza<br />

d’uso va rilevato come il display<br />

sul frontale sia molto ben organizzato<br />

e, soprattutto, leggibile<br />

anche da molto lontano. L’uso<br />

della manopola è immediato<br />

mentre l’accesso e la navigazione<br />

nei menu risultano un po’ più<br />

difficoltosi attraverso il pannello<br />

anteriore, meno utilizzando il<br />

telecomando. È presente anche<br />

l’ingresso HT che consente<br />

di bloccare il livello a un valore<br />

prestabilito per poter utilizzare<br />

la catena all’interno di un sistema<br />

multicanale in cui il volume<br />

master è regolato a monte. Tra le<br />

altre utility c’è una notevole uscita<br />

cuffia che si attiva quando si<br />

inserisce il connettore jack da 6,3<br />

mm sul pannello frontale e regola<br />

il volume a livelli di sicurezza<br />

sia dell’uscita cuffia che, quando<br />

rimosso il jack, dell’uscita pre,<br />

per evitare un eccessivo divario<br />

e danneggiare udito e/o diffusori.<br />

Lo Stellar Gain DAC si può configurare<br />

anche con l’uscita fissa<br />

per essere utilizzato come DAC<br />

stand alone ma, considerato che<br />

clipping giunge in modo repentino con una potenza di<br />

uscita di 130Wrms su 8R in linea con quanto dichiarato dal<br />

costruttore, raggiunto con un livello di ingresso intorno<br />

a 1Vrms. La distorsione armonica e da intermodulazione<br />

raggiungono livelli molto bassi e sono assenti spurie in<br />

banda e fuori banda.<br />

il volume non è di tipo digitale e<br />

che la regolazione avviene con un<br />

sistema che non ha impatto sulle<br />

prestazioni dello stadio di uscita<br />

linea, ci sembra un vero peccato<br />

non sfruttare al massimo le<br />

peculiarità di quello che più che<br />

un DAC è un convogliatore di<br />

contenuti analogici e digitali da<br />

collegare a un amplificatore.<br />

L’impostazione sonora della coppia<br />

riflette appieno la filosofia del<br />

costruttore con una impostazione<br />

del pre-DAC molto precisa,<br />

dettagliata e con una capacità di<br />

riproporre il ritmo delle partiture<br />

molto coinvolgente, comune<br />

a tutti gli ingressi sia analogici<br />

che digitali, come se non ci fosse<br />

distinzione fra gli universi; anche<br />

passando da un formato all’altro<br />

oppure scegliendo fra i quattro<br />

filtri digitali disponibili, il suono<br />

sembra beneficiare di una matrice<br />

comune molto piacevole<br />

che prevale su tutto il resto. Una<br />

impostazione che si mantiene costante<br />

ai vari livelli del segnale in<br />

modo che l’equilibrio tonale e le<br />

dimensioni dello stage vengano<br />

riproposte in maniera costante<br />

a prescindere del volume a cui si<br />

ascolta. Il finale di potenza, invece,<br />

ha un’impostazione caratterizzata<br />

dalla presenza dei moduli<br />

ICEPower con un punch notevole<br />

ma con un timbro molto armonico<br />

pur al tempo stesso un po’<br />

esile, come se mancasse il sustain<br />

nel tempo. Si tratta di una sensazione<br />

tipica di molti classe D e in<br />

particolare dei moduli ICEPower<br />

che nell’ampli S300 caratterizzano<br />

il suono, a differenza del pre<br />

che invece ha una sua anima.<br />

Anche l’uscita cuffia è molto godibile<br />

e particolarmente scevra<br />

di idiosincrasie di accoppiamenti<br />

o di livelli sostenibili: abbiamo<br />

collegato cuffie da 32 Ohm a 600<br />

Ohm senza alcun problema con<br />

livelli di pressione anche molto<br />

elevati.<br />

In sostanza, ancora una volta Paul<br />

McGowan propone con i suoi prodotti<br />

un punto di vista inedito che<br />

nel caso del “ritorno alla classe<br />

media” è bene sintetizzato dal design<br />

prescelto per questa linea di<br />

apparecchi, che appare improntato<br />

a regole di contenimento di<br />

prezzo ma che fa l’occhiolino ad<br />

archetipi comuni nell’Hi-end, in<br />

primo luogo il minimalismo estetico<br />

che la caratterizza. La serie<br />

Stellar, infatti, esibisce un design<br />

tutto nuovo, molto semplificato<br />

nelle linee e nei processi produttivi<br />

che però ricalcano una certa<br />

filosofia aziendale che ha sempre<br />

dato ampio respiro all’innovazione<br />

e all’eleganza delle soluzioni<br />

costruttive, anche per quanto<br />

concerne l’imballaggio degli<br />

apparecchi.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 67


SELECTOR<br />

PRO & CONTRO<br />

Se è discutibile il fatto che non ci sia una connessione<br />

di rete e che in catalogo non si possa<br />

collegare al momento nulla del genere, risulta<br />

interessante il concetto di “collettore di contenuti<br />

analogici e digitali”, abbastanza flessibile<br />

sebbene l’utilizzabilità sia in parte penalizzata<br />

dal fatto che la regolazione del trim dei vari ingressi<br />

e il loro editing avvenga da telecomando<br />

o con i pulsanti sul display. Molto indovinato il<br />

posizionamento merceologico nella fascia attorno<br />

ai 5.000 euro dove la coppa pre + DAC e<br />

finale si attesta in maniera vantaggiosa rispetto<br />

a gran parte della concorrenza, con il beneficio<br />

psicologico, a livello di marchio, di una ricaduta<br />

di immagine e di valore dalla provenienza dalla<br />

fascia alta, in generale, degli altri prodotti<br />

dell’azienda.<br />

GAIN CELL?<br />

Il progetto che prevede la realizzazione<br />

di un sistema completo composto<br />

però da componenti separati,<br />

evidenzia la necessità di affrontare un<br />

aspetto molto delicato legato principalmente<br />

al concetto di intercambiabilità<br />

dei vari componenti con apparecchi<br />

anche di altri marchi oppure di<br />

effettuare scelte molto specifiche per<br />

l’abbinamento dei vari componenti<br />

che pur ottimizzando le prestazioni<br />

reciproche, diminuirebbero però l’abbinabilità<br />

ad altri prodotto analoghi<br />

ma di altri marchi. Un dilemma dal<br />

quale è complesso oggi uscire in<br />

modo elegante anche in seguito al<br />

fatto che non son stati aggiornati<br />

quelli che erano gli standard dei parametri<br />

operativi degli apparecchi<br />

che un tempo erano più definiti e<br />

rispettati anche se con limiti importanti<br />

e oggi sono invece in gran parte<br />

disattesi. Inoltre diventa più complesso<br />

cercare soluzioni ad hoc in quanto<br />

si utilizzano sempre più frequentemente<br />

componenti integrati, oppure<br />

blocchi circuitali quasi del tutto stand<br />

alone. Molti chip DAC sono dotati già<br />

di un amplificatore in uscita che non<br />

avrebbe bisogno di altri componenti<br />

per funzionare; i moduli ICEPwer di<br />

potenza ad esempio, sono già dotati<br />

di buffer in ingresso per accettare<br />

segnali con livelli standard. Tuttavia,<br />

è proprio nella realizzazione degli<br />

stadi di uscita e nella trasmissione e<br />

ricezione del segnale analogico che<br />

si verificano una serie di fenomeni<br />

di disadattamento che peggiorano<br />

la qualità del suono ed è anche per<br />

questo motivo che molti costruttori<br />

scelgono di realizzare soluzioni ad<br />

hoc per l’elettronica tradizionale al<br />

contorno di quelle soluzioni “standard”.<br />

La serie Stellar Gain Cell di PS<br />

Audio adotta una soluzione proprio<br />

in questa direzione a partire dalla necessita<br />

di usare uno stadio di uscita<br />

nel pre dotato di un regolatore del<br />

livello con un approccio molto differente<br />

da quello di un attenutatore di<br />

Dice McGowan che lo sviluppo<br />

del design ha assorbito più di un<br />

anno di tempo per ottenere lo<br />

chassis base dello Stellar e, soprattutto,<br />

per rientrare nel budget<br />

stabilito. In effetti l’impostazione<br />

è molto lineare, elegante e<br />

robusta ma al contempo poco dispendiosa<br />

nella realizzazione: si<br />

tratta di una cornice di sostegno<br />

realizzata con lamiera ferrosa ripiegata<br />

e due coperchi in spessa<br />

lamiera di alluminio sagomata<br />

e piegata sul pannello frontale.<br />

Il pannello inferiore ha anche la<br />

funzione di sostegno dei componenti<br />

più pesanti e ingombranti<br />

livello inserito prima o dopo l’amplificazione<br />

linea, e di un amplificatore di<br />

buffer nel finale che segua la stesso<br />

approccio di quello impiegato nel pre.<br />

Infatti, lo scopo nel pre è stato quello<br />

di realizzare uno stadio di uscita con<br />

guadagno variabile agendo sui componenti<br />

esterni al circuiti di amplificazione<br />

tramite un complesso sistema<br />

di commutazione controllato da un<br />

microprocessore. In questo modo è<br />

stato possibile utilizzare uno stadio<br />

con pochi commenti nella sezione attiva<br />

e con un circuito molto semplice<br />

sul percorso del segnale. Inoltre, lo<br />

stadio di uscita raggiunge un livello<br />

del segnale molto alto, otre i 20Volt,<br />

anche perché lo stadio è alimentato<br />

a tensione molto più alta di quello<br />

relativo al massimo segnale in uscita.<br />

Anche lo stadio finale è pensato con<br />

la stessa impostazione ma con guadagno<br />

fisso, pertanto senza le complicazioni<br />

inerenti alla regolazione<br />

assistita del guadagno. Lo schema di<br />

amplificazione è del tipo no feedback,<br />

il che introduce anche dei valori di<br />

distorsione visibili alle misure ma<br />

che non sono cancellati dai circuiti di<br />

compensazione. La sensibilità invece<br />

del finale è di 1V in ingresso, simile a<br />

quella del modulo ICEPower e molto<br />

più alta rispetto al livello massimo di<br />

uscita del pre. Tuttavia, lo stadio di<br />

uscita del pre si rivela di conseguenza<br />

un eccellente amplificatore per cuffia<br />

anche in merito di una impedenza in<br />

uscita particolarmente bassa abbinata<br />

all’elevato livello del segnale in uscita.<br />

mentre quello superiore assolve<br />

la funzione di semplice copertura.<br />

I due coperchi sono avvitati<br />

sulla cornice in ferro con viti di<br />

grande diametro a vista sulla parte<br />

superiore e nessun segno sul<br />

pannello frontale. Ne consegue<br />

una linea molto pulita a tratti essenziale<br />

ma con una robustezza<br />

invidiabile e una accessibilità ai<br />

componenti interni immediata,<br />

con tempi di lavorazione per assemblaggio<br />

e controllo di qualità<br />

molto ridotti, in assoluto e in<br />

particolar modo se rapportati al<br />

DirectStreamer in cui crescono<br />

esponenzialmente. L’effetto<br />

estetico, inoltre, è molto gradevole<br />

anche in considerazione<br />

dello spessore contenuto e del<br />

sottile filo che separa ulteriormente<br />

la linea del frontale,<br />

effetto più marcato con la versione<br />

silver rispetto a quella<br />

nera anche se con il silver sono<br />

più evidenti le lavorazioni poco<br />

raffiniate di finitura dei pennelli<br />

in alluminio. Anche la scelta di<br />

proporre un sistema separato<br />

piuttosto che un amplificatore<br />

integrato è sintomatica del caratteristico<br />

operare di PS Audio<br />

che ha sempre preferito partire<br />

dal top della fascia di mercato<br />

prescelta per determinare un<br />

credito di alto livello nell’utenza<br />

di quel segmento perché, con<br />

le parole di McGowan, “È una<br />

formula che stabilisce uno standard<br />

a cui le persone possono<br />

fidarsi e quindi avere qualcosa<br />

per confrontare le versioni successive<br />

più convenienti quando<br />

arrivano”. D’altronde McGowan<br />

è tra i pochi costruttori Hi-Fi al<br />

mondo che, nel tempo, ha saputo<br />

anticipare e interpretare le grandi<br />

aspettative dell’appassionato,<br />

ed è forse per questo motivo che<br />

da oltre un ventennio sforna<br />

prodotti e soluzioni che se non<br />

di tendenza immediata lo diventano<br />

poco dopo. Affabulatore?<br />

Certamente ha il bisogno di comunicare<br />

ma le idee sono chiare<br />

e a volte un po’ troppo in anticipo<br />

sui tempi, tant’è che nel passato<br />

ha affrontato imprese forse troppo<br />

impegnative che non sono riuscite<br />

a decollare. E oggi, se Paul<br />

propone, anzi, si dedica alla realizzazione<br />

di una linea economica,<br />

cosa vorrà mai dire di nuovo o<br />

anticipare? È difficile essere nella<br />

testa di chi osserva la realtà a<br />

suo modo ma i fatti, in casi come<br />

questo, si raccontano da soli: il<br />

ritorno a una classe media di eccellenza<br />

e di gran soddisfazione<br />

sembra un bisogno da non sottovalutare<br />

anche per Paul!<br />

68 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


FORTE III<br />

THE GREAT VOICE OF KLIPSCH


SELECTOR<br />

di Nicola Candelli<br />

Primo integrato ibrido<br />

della casa, quando fu<br />

presentato nel 2017 il<br />

McIntosh MA252 fece pensare a<br />

una boutade della casa americana,<br />

senonché proprio il recente<br />

ingresso dell’MA352 conferma<br />

l’intenzione di sviluppare anche<br />

una linea di prodotti ibridi,<br />

con preamplificazione a valvole<br />

e finale a stato solido. Non si<br />

tratta delle uniche novità associate<br />

a questa linea di prodotti<br />

che, infatti, non utilizzano né il<br />

trasformatore d’uscita (quasi un<br />

marchio di fabbrica!) né i tradizionali<br />

“occhioni blu” (i VuMeter)<br />

mentre sono presenti il circuito<br />

di controllo Power-Guard<br />

e la specifica soluzione studiata<br />

dalla casa per l’uscita cuffia<br />

(Sentry Monitor) mutuati dalla<br />

recente produzione a stato solido.<br />

L’appartenenza alla famiglia<br />

McIntosh con il suo stile retrò<br />

è garantita da un telaio simile<br />

all’amplificatore a vuoto MC-275<br />

dove si sono integrate valvole e<br />

transistor con un effetto finale<br />

che ha soddisfatto la mia vista,<br />

anzi, più lo osservo e più mi piace!<br />

L’MA252 è telecomandabile<br />

nelle sue funzioni primarie, dispone<br />

di bilanciamento, controlli<br />

di tono e di una dotazione di<br />

ingressi più che sufficiente per<br />

un normale utilizzo. Sulla parte<br />

frontale un display Oled indica<br />

la percentuale del volume oltre<br />

allo stato del bilanciamento dei<br />

controlli dei toni e l’ingresso<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

McIntosh MA252<br />

SUL CAMPO<br />

Prezzo: € 6.000,00<br />

Dimensioni: 30,50 x 19,40 x 45,70 cm (lxaxp)<br />

Peso: 12,7 Kg<br />

Distributore: MPI Electronic SRL<br />

Via De Amicis, 10/12 - 20010 Cornaredo (MI)<br />

Tel. 02 9361101 - Fax 02 93562336<br />

www.mpielectronic.com<br />

Tipo: stereo Tecnologia: ibrido Potenza: 2 x 100 W su 8<br />

Ohm Accessori e funzionalità aggiuntive: Ingresso cuffia<br />

Phono: MM ( mV/ KOhm) Ingressi analogici: 2 RCA 1 XLR<br />

Note: valvole 12AX7 (2) e 12AT7 (2).<br />

70 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


TEST<br />

selezionato; l’ingombro è abbastanza<br />

contenuto, il peso discreto<br />

a causa del trasformatore, il<br />

famoso Power-Guard, che nonostante<br />

le pressioni elevate a<br />

cui è stato sottoposto l’amplificatore<br />

durante l’utilizzo non è<br />

mai intervenuto, cosa che invece<br />

mi capitava tanti anni addietro<br />

con il finale MC2205 che pilotava<br />

una poco efficiente coppia di<br />

Dahlquist DQ 10: quando esageravo<br />

con il volume, il sovraccarico<br />

veniva prontamente corretto<br />

e segnalato con l’accensione<br />

delle due spie del power guard<br />

poste sul frontale dell’apparecchio,<br />

che si spegnevano quando<br />

l’amplificatore ripristinava le<br />

condizioni ottimali, sollevando<br />

i diffusori dal riprodurre segnali<br />

distorti causati dal clipping.<br />

Nell’MA252 l’intervento del<br />

power guard viene evidenziato<br />

attraverso il lampeggiare arancione<br />

dei led posti alla base delle<br />

valvole preamplificatrici che<br />

ritornano al loro colore verde<br />

quando il clipping è terminato.<br />

È ancora presente il Sentry Monitor,<br />

altro brevetto McIntosh<br />

che disattiva immediatamente<br />

l’alimentazione quando viene<br />

rilevato un cortocircuito sulle<br />

uscite degli altoparlanti. In sostanza,<br />

nonostante un prezzo<br />

da entry level per gli standard<br />

McIntosh (si tratta del più economico<br />

degli integrati della<br />

casa...) e a parte l’assenza dei<br />

VuMeter e degli autotrasformatori,<br />

l’apparecchio possiede<br />

tutte le soluzioni che hanno reso<br />

famoso questo marchio...<br />

Certo queste scelte potrebbero<br />

riverberarsi sulle qualità sonore<br />

e, dunque, il quesito più importante<br />

in merito all’apparecchio<br />

non può che essere: com’è il<br />

suono? La prima caratteristica<br />

percepibile durante l’utilizzo è<br />

che finalmente siamo di fronte<br />

a un amplificatore e che non ha<br />

bisogno di un lungo warm-up<br />

per andare a regime. Bastano<br />

infatti pochi minuti perché la<br />

macchina si stabilizzi sonicamente,<br />

aspetto molto positivo<br />

che rende da subito fruibile il<br />

MA252, che riesce a esprimere<br />

con prontezza il meglio delle<br />

sue prestazioni. Il basso è precisissimo,<br />

solido e potente con<br />

un grande controllo, forse non<br />

profondissimo ma sicuramente<br />

in grado di trasmettere emozioni.<br />

Poi una lieve sottolineatura<br />

della zona media consegna ai<br />

diffusori un tono caldo di buon<br />

spessore, mentre una notevole<br />

tridimensionalità e una grande<br />

fluidità avvantaggiano soprattutto<br />

le voci sia maschili che<br />

femminili, rendendole sicuramente<br />

più naturali e credibili.<br />

E non solo queste ne traggono<br />

giovamento, poiché anche nel<br />

jazz e soprattutto nella musica<br />

da camera e classica in generale,<br />

complice un estremo alto arioso<br />

e preciso ma leggermente calante,<br />

si viene a creare quel mix<br />

molto adatto a questa tipologia<br />

di musica, riuscendo sicuramente<br />

a soddisfare appieno<br />

l’ascoltatore. Non c’è traccia di<br />

fatica d’ascolto e anche dopo ore<br />

i brani si susseguono senza soluzione<br />

di continuità regalando<br />

all’ascolto piacevoli sensazioni.<br />

Alla fine della seduta ci si alza<br />

soddisfatti e il nostro orecchio<br />

ci ringrazia per non essere stato<br />

sottoposto a stress uditivo! Un<br />

elemento importante è che si<br />

può ascoltare a un certo livello<br />

qualitativo qualsiasi tipo di<br />

musica (anche in virtù di una<br />

buona riserva di potenza che<br />

questa macchina possiede) ma<br />

il suo carattere un po’ romantico<br />

e poco aggressivo rende l’apparecchio<br />

più vicino a queste tipologie<br />

di musica. Molto buono il<br />

fronte sonoro, abbastanza ampio<br />

e profondo, ottima soprattutto<br />

la capacità dell’MA252 di<br />

essere estremamente silenzioso<br />

riuscendo a ricreare quel buio<br />

necessario a collocare al meglio<br />

gli strumenti nel palcoscenico<br />

virtuale. Particolarmente<br />

coinvolgente la registrazione<br />

ad alta definizione “Sonate fur<br />

flote und basso continuo” di<br />

J.S. Bach effettuata nella chiesa<br />

di san Martino a Basilea.<br />

Gli strumenti, flauto, fagotto e<br />

clavicembalo danno spazio al<br />

252 di evidenziare le sue doti<br />

prima menzionate restituendo<br />

inoltre a ogni brano una credibile<br />

ricostruzione e grande senso<br />

di spazio ricreato dal luogo<br />

dove la registrazione è stata<br />

effettuata. E ancora: una brava<br />

Jannifer Warnes interpreta<br />

Ampia la superficie radiante necessaria agli otto transistor bipolari che, a ben vedere,<br />

sembrano gli stessi montati sull’MA 5300, un notevole trasformatore R-core, il<br />

famoso Power Guard, brevetto del produttore che protegge i diffusori da qualsiasi<br />

forma di distorsione.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2019 71


SELECTOR<br />

le musiche di Leonard Cohen<br />

nell’album Famous Blue Raincoat<br />

restituendo le atmosfere<br />

intimiste create dall’artista,<br />

anche grazie al fatto che si tratta<br />

di un’ottima edizione dal punto<br />

di vista artistico e dell’incisione.<br />

Con una voce splendida e una<br />

ottima focalizzazione il risultato<br />

all’ascolto non si fa attendere.<br />

Il nostro ibrido interpreta in<br />

modo accurato ciò che gli viene<br />

trasmesso dalla sorgente,<br />

la voce è calda e coinvolgente<br />

e nessun accenno a qualsiasi<br />

sorta di asprezza, ottima la resa<br />

del basso e dei violini che la accompagnano<br />

nel brano Ballads<br />

of Runaway Horse. Perché non<br />

variare ulteriormente, ascoltando<br />

il bellissimo Shade of Chet,<br />

omaggio a Chet Baker da parte<br />

degli italianissimi Rava-Fresu e<br />

compagni? Le Sonorità vellutate<br />

emesse dalle trombe di Rava e<br />

Fresu risultano perfettamente<br />

controllate anche nei momenti<br />

di massima intensità e incontrano<br />

precisione e corpo nel pianoforte<br />

di Bollani e nel basso di<br />

Pietropaoli. Ancora un’ottima<br />

I tradizionali VuMeter vengono abbandonati a favore di un display OLED facilmente leggibile<br />

interpretazione riproposta da<br />

questa macchina...<br />

Da non dimenticare che<br />

l’MA252 possiede un ingresso<br />

fono MM che ho avuto modo<br />

di provare con un Rega Planar<br />

Tre ingressi linea di cui uno XLR, un ingresso fono MM, presenza gradita, oltre a una uscita<br />

(testina Exact) con risultati<br />

decisamente interessanti. Sicuramente<br />

non è stato inserito<br />

l’ingresso fono solo per soddisfare<br />

la moda del momento; lo<br />

stadio fono è indubbiamente<br />

in linea con la qualità della<br />

macchina e lo stesso dicasi<br />

dell’ingresso cuffia. Una nota<br />

a parte merita il telecomando<br />

in dotazione, piccolo ma con<br />

tutte le funzioni necessarie a<br />

comandare l’amplificatore.<br />

Simpatico, bello, lucido e finalmente<br />

non attaccaticcio come<br />

alcuni telecomandi di vecchia<br />

memoria! Non vi è dubbio che<br />

dal punto di vista sonoro questo<br />

apparecchio sia diverso dal<br />

mio MC-275 ma, si potrebbe<br />

obiettare: perché scimmiottare<br />

un suono che già esiste? L’importante<br />

è la qualità ottenibile<br />

e questo apparecchio mi soddisfa<br />

perché riesce a coniugare<br />

velocità dei transistor e dolcezza<br />

delle valvole. È un amplificatore<br />

fresco e veloce, al<br />

passo con i tempi e credo che i<br />

possessori di questa macchina<br />

ne saranno davvero soddisfatti,<br />

tenendo presente che se si<br />

riesce a strappare uno streetprice<br />

ci si porta a casa davvero<br />

un buon affare...<br />

72 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


SELECTOR<br />

di Carlo D’Ottavi<br />

ITraffic sono stati una band<br />

inglese tra le più innovative<br />

nell’epoca d’oro del rock,<br />

specie inglese a cavallo degli anni<br />

’60/’70 del secolo scorso. The Studio<br />

Albums 1967-1974 è il primo<br />

cofanetto in vinile che celebra<br />

il loro lavoro e include opere<br />

d’arte originali e un raro poster<br />

promozionale in fac-simile per<br />

ogni LP. Questa edizione serve<br />

a ricordare a fondo l’eclettismo<br />

singolare dei Traffic, la capacità<br />

di creare senza paura di incorrere<br />

in flop in un’epoca irripetibile<br />

dove gli artisti rischiavano anche<br />

grazie a produttori discografici a<br />

caccia di nuovi talenti capaci di<br />

creare nuovi spazi e, specie nel<br />

loro caso, di ottenere anche un<br />

grande successo commerciale.<br />

Il gruppo era formato da Steve<br />

Winwood alla voce, tastiere chitarre,<br />

il batterista Jim Capaldi,<br />

Chris Wood ai fiati e il polistrumentista<br />

Dave Mason, che si<br />

spartisce con Winwood tutto il<br />

resto, canto compreso. La collezione<br />

inizia con Mr. Fantasy,<br />

il disco di debutto della band<br />

uscito nel dicembre 1967 sulla<br />

scia del loro formidabile avvio<br />

con tre singoli, tutti tra i primi<br />

dieci delle classifiche britanniche:<br />

Paper Sun, Hole In My Shoe<br />

e Here We Go Round The Mulberry<br />

Bush. Nessuno di questi<br />

era incluso nell’LP, che apparve<br />

in America col titolo Heaven Is<br />

In Your Mind, ma presentava i<br />

successivi 45 giri dei Traffic, No<br />

Face, No Name, No Number.<br />

Il loro secondo album, Traffic,<br />

seguì nell’ottobre 1968, quando<br />

Dave Mason era tornato all’ovile<br />

dopo la sua partenza all’inizio di<br />

quell’anno stesso. Ha scritto o coscritto<br />

metà delle sue dieci canzoni,<br />

inclusa la celebre Feelin ‘Alright;<br />

anche gli altri componenti<br />

del gruppo, Steve Winwood, Jim<br />

Capaldi e Chris Wood scrissero<br />

testi e musiche degli altri pezzi<br />

e, in particolare, Forty Thousand<br />

Headmen di Winwood e Capaldi<br />

mise in mostra un giovanissimo<br />

Steve particolarmente ispirato<br />

alla voce. Erano gli anni della<br />

riscoperta del blues e della<br />

psichedelia nella cosiddetta<br />

swinging London, tra luci<br />

stroboscopiche, LSD e ribellione<br />

giovanile. John Barleycorn<br />

Must Die del luglio<br />

Traffic<br />

THE STUDIO ALBUM<br />

BOX SET 1967-1974<br />

Island Records - LDT49246<br />

6 LP 180 gr<br />

1970 è stato uno spostamento<br />

audace verso un suono più<br />

chiaramente influenzato dal<br />

progressive e il folk, molto<br />

ammirato in particolare per<br />

la sua canzone omonima, così<br />

come Glad e Empty Pages, dal<br />

pubblico statunitense. Alla fine<br />

del 1971 creano quello che rappresenta<br />

il loro punto più alto nel<br />

rock progressivo: The Low Spark<br />

Of High Heeled Boys, diventato<br />

un disco certificato platino in<br />

America, grazie al quale i Traffic<br />

diventarono uno dei gruppi preferiti<br />

della radio FM. Shoot Out<br />

At The Fantasy Factory lo ha<br />

seguito nella top ten statunitense<br />

nel 1973, prodotto esclusivamente<br />

come il suo predecessore<br />

da Winwood. I Traffic hanno<br />

completato la loro storia con l’album<br />

When The Eagle Flies del<br />

1974, prodotto questa volta dal<br />

fondatore dell’etichetta Island,<br />

Chris Blackwell, e risultato un<br />

altro successo tra i primi dieci<br />

negli Stati Uniti. I Traffic<br />

hanno traghettato il rock<br />

britannico dalla psichedelia al<br />

prog, fino a sviluppare un soft-<br />

-rock jazzato particolarmente<br />

efficace sul mercato americano<br />

e in grado di pubblicare pietre<br />

miliari del rock psichedelico e<br />

del rock progressivo. È curioso<br />

notare come la loro influenza,<br />

più che avere echi sul progressive<br />

britannico, abbia coinvolto<br />

gruppi emergenti americani<br />

nella seconda metà degli anni<br />

Settanta come Steely Dan,<br />

Doobie Brothers e molti altri<br />

esponenti della West Coast di<br />

quegli anni. Rimasterizzato dai<br />

nastri originali e presentato<br />

nella collezione “First” Island<br />

Pressing Form altamente fedele<br />

alle stampe originali.<br />

www.musicdirect.com/box-<br />

sets/Traffic-The-Studio-<br />

Albums-1967-74<br />

74 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


Amato mio LP<br />

Primo album del formidabile<br />

bassista della<br />

Florida, uscito nel 1976,<br />

è considerato il migliore, al pari<br />

del successivo Word of Mouth del<br />

1981. In mezzo c’è la straordinaria<br />

collaborazione con i Weather Report<br />

a segnare e allargare in modo<br />

enorme le possibilità di uno strumento<br />

come il basso elettrico,<br />

spesso confinato al ruolo di mero<br />

strumento d’accompagnamento,<br />

che diventa invece un protagonista,<br />

ricco di soluzioni tecniche<br />

e creative mai ascoltate prima e<br />

in tal misura. Fin da giovanissimo<br />

(classe 1951), John Francis<br />

“Jaco” Pastorius si appassiona a<br />

questo strumento del quale, ben<br />

presto, utilizza la versione senza<br />

tasti, detta fretless. Non è il primo<br />

in assoluto ad adottare questa<br />

soluzione, basti pensare a John<br />

Entwistle degli Who e John Paul<br />

Jones dei Led Zeppelin, quindi<br />

già negli anni Sessanta. Ma la<br />

sua fame di apprendere le varie<br />

tecniche per suonare il basso lo<br />

portarono a fine anni Sessanta a<br />

sentirsi ormai pronto per formare<br />

una band e cominciare a suonare<br />

per i jazz club in giro per gli Stati<br />

Uniti. Se i consensi furono mutevoli,<br />

nonostante gli alti e bassi,<br />

queste prime esperienze lo portarono<br />

in contatto con straordinari<br />

artisti come Pat Metheny e Herbie<br />

Hancock. L’album di debutto che<br />

porta il suo nome vede la collaborazione<br />

e la presenza in molte<br />

Jaco Pastorius<br />

JACO PASTORIUS<br />

Epic Records AL33949 1 LP<br />

tracce di Hancock insieme ad altri<br />

grandi musicisti. A venticinque<br />

anni Jaco si sente ormai maturo e<br />

in grado di osare, tanto da affermare<br />

che lui è il miglior bassista<br />

del mondo! Superbia, consapevolezza,<br />

sparata grossa per fare<br />

effetto? Forse un po’ tutto ma c’è<br />

di più, perché questo disco è uno<br />

di quelli fondamentali nella storia<br />

del genere Fusion, che metteva in<br />

contatto generi che prima si sfioravano<br />

soltanto ma mai si erano<br />

mischiati al punto da creare un<br />

nuovo genere. La, anzi le, tecniche<br />

utilizzate da Jaco sul suo basso ma<br />

anche le sue capacità compositive,<br />

per esempio nell’ultimo brano da<br />

lui scritto ma non suonato Forgotten<br />

Love, dimostrano un talento<br />

davvero fuori dal comune.<br />

L’album si apre con Donna Lee,<br />

di Miles Davis, e già è una sorpresa<br />

per come Pastorius in duetto<br />

con Don Alias alle congas affronta<br />

con un ritmo tribale e raffinato<br />

questo classico. Come On, Come<br />

Over è un brano funk nel quale<br />

compaiono le voci Sam & Dave,<br />

duo protagonista della prima<br />

scena disco, dove Jaco sostiene e<br />

trascina la band con i suoi pirotecnici<br />

virtuosismi. In Continuum,<br />

un brano frenetico, Pastorius<br />

è perfettamente a suo agio tra<br />

raffiche di note e momenti più<br />

delicati. Nel lungo pezzo Kuro/<br />

Speak Like a Child, compare alle<br />

tastiere Hancock, coautore del<br />

pezzo. È un momento spettacolare<br />

con tanto di orchestra d’archi,<br />

che lungi da coprire di melassa il<br />

pezzo, insegue i vorticosi virtuosismi<br />

di Jaco e Herbie, ricordando<br />

le atmosfere di certi polizieschi<br />

metropolitani e neri dei primi anni<br />

Settanta. La successiva Portrait<br />

of Tracy è una oasi di pace dopo<br />

tanta frenesia. Pastorius mette in<br />

mostra tutta la sua sapienza musicale<br />

tra armonici delicati, quasi<br />

pre ambient, in un pezzo dedicato<br />

alla sua prima moglie. Opus Pocus<br />

è un po’ misterioso e sembra<br />

preannunciare la prossima avventura<br />

con i Weather Report.<br />

Sulla stessa linea d’onda si muove<br />

Onkoko Y Trompa. Rientra nel<br />

jazz canonico la successiva (Used<br />

To Be A) Cha-cha, dove tra illustri<br />

ospiti agli archi ascoltiamo le<br />

pirotecniche soluzioni del basso,<br />

esplosivo ma anche soffice. Ancora<br />

gli archi protagonisti, questa<br />

volta in modo più rilassato, nella<br />

conclusiva Forgotten Love a<br />

chiudere questo fantastico album.<br />

Le successive ristampe, anche in<br />

CD, con due outtakes, hanno ricordato<br />

la grandezza di questo artista,<br />

scomparso prematuramente<br />

e in modo assurdo nel 1987. Il suo<br />

passaggio ha fortemente influenzato<br />

gli artisti che l’hanno seguito,<br />

vedi Marcus Miller o Stanley<br />

Clark, persino in ambiti inaspettati<br />

- si pensi alla grande ammirazione<br />

dichiarata da Robert Trujillo,<br />

bassista dei Metallica! Cercatelo<br />

nella rete.<br />

PILLOLE<br />

Genesis<br />

TRESPASS<br />

LP9021 1 LP 180 gr.<br />

L’album con il quale<br />

iniziò la favola dei<br />

Genesis con Peter<br />

Gabriel, fece la sua<br />

comparsa all’alba<br />

degli anni Settanta, tra le<br />

avanguardie del Prog inglese.<br />

Probabilmente è il successivo Nursery<br />

Crime il loro vero capolavoro<br />

ma Looking fo Someone e The<br />

Knife sono pezzi da conoscere per gli<br />

amanti del genere.<br />

www.soundandmusic.com<br />

Dire Straits<br />

LOVE OVER GOLD<br />

Dir. Bruno Walter CSO<br />

Warner – 1 LP 180 gr.<br />

Rimasterizzato da<br />

Bernie Grundman a<br />

partire dal nastro<br />

analogico originale,<br />

questo album<br />

allargò gli orizzonti e le ambizioni<br />

musicali del gruppo guidato da Mark<br />

Knopfler. I pezzi si dilatano, ci sono<br />

solo cinque tracce e il pop lascia<br />

sempre più spazio a un rock maturo,<br />

sempre gradevole e affascinante.<br />

www.soundandmusic.com<br />

Vladimir Horowitz<br />

THE STUDIO RECORDINGS<br />

NEW YORK 1985<br />

DG LDH75905 – 1 LP 180 gr.<br />

Definito il Liszt del<br />

ventesimo secolo,<br />

Horowitz è<br />

tutt’oggi<br />

considerato uno<br />

dei migliori interpreti della<br />

letteratura pianistica classica e<br />

romantica. In commemorazione del<br />

30° anniversario della sua morte (5<br />

novembre 2019), Deutsche<br />

Grammophon sta ristampando<br />

alcune delle leggendarie<br />

registrazioni di Horowitz su vinile da<br />

180 g, incluso il suo tre volte vincitore<br />

del Grammy Award, The Studio<br />

Recordings New York 1985.<br />

www.musicdirect.com/vinyl/Vladimir-<br />

Horowitz-The-Studio-Recordings-<br />

New-York-1985-%28180g-Vinyl-<br />

LP%29<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 75


SELECTOR<br />

di Antonio Gaudino<br />

PARTE I<br />

Le cover<br />

al tempo del rock<br />

Il vinile è stato il grande ritorno della seconda decade del terzo millennio ma è impossibile dimenticare le<br />

copertine che hanno contraddistinto i dischi anni ’60 e dei primi ’70, probabilmente il momento di massimo<br />

splendore di questa forma di illustrazione. Senza malinconie e nostalgie sdolcinate abbiamo quindi scelto<br />

alcune storie di quel periodo partendo dagli artwork, i designer e i fotografi di cover immortali.<br />

Bob Dylan<br />

HIGHWAY 61 REVISITED<br />

Sundazed Music Inc. (1965)<br />

Foto: Daniel Kramer<br />

Quando il fotografo Daniel Kramer<br />

disse a Bob Dylan che avrebbe<br />

voluto fotografarlo mentre il<br />

cantautore faceva le cose che era<br />

solito fare – scrivere, suonare la<br />

chitarra, etc. – Dylan disse che<br />

non avrebbe funzionato, perché<br />

non gli sarebbe piaciuta una<br />

foto di copertina che lo ritraeva<br />

alla macchina da scrivere.<br />

Stessa cosa vale per la chitarra:<br />

l’artista, infatti, non suonava<br />

quasi mai fuori dal palco o agli<br />

studi d’incisione. Kramer non<br />

voleva assolutamente alterare<br />

l’immagine di Dylan. Per la<br />

foto che è finita sulla copertina<br />

di Highway 61 Revisitated ci è<br />

voluto un giorno di lavoro e un<br />

centinaio di scatti. Le gambe<br />

dell’uomo che si possono vedere<br />

dietro al cantautore sono quelle<br />

di Bobby Neuwirth, e servivano<br />

a riempire uno spazio vuoto; la<br />

macchina fotografica che l’uomo<br />

tiene in mano, invece, è ovviamente<br />

di Kramer e serviva per<br />

dare il giusto equilibrio all’immagine.<br />

Fu lo stesso Dylan a<br />

scegliere questa foto tra le tante<br />

scattate.<br />

The Rolling Stones<br />

OUT OF OUR HEADS<br />

ABKCO (1965)<br />

Foto: Gered Mankowitz<br />

Se gli appassionati di musica<br />

e i musicisti stessi hanno un’ideale<br />

immaginario dei Rolling<br />

Stones come “guerrieri da strada”<br />

dall’aspetto dandy è anche<br />

grazie alla foto realizzata<br />

dall’inglese Gered Mankowitz<br />

per l’album Ou Of Our Heads.<br />

Mankowitz aveva appena 18<br />

anni quando venne contattato<br />

dal manager della band per<br />

fare lo scatto. In realtà qualche<br />

mese prima lo aveva chiamato<br />

Marianne Faithful per commissionargli<br />

la copertina di The<br />

Salisbury Pub. Probabilmente,<br />

vedendo la bellissima foto della<br />

Faithful, Andrew Oldham gli<br />

chiese di occuparsi della copertina<br />

dell’album degli Stones.<br />

Il risultato fu una foto in bianco<br />

e nero “ritoccata” attraverso un<br />

verde leggero che ritrae i nostri<br />

in uno spazio strettissimo che<br />

sembra essere un sottile passaggio<br />

fra due palazzi, un vicolo.<br />

Tutto questo nella versione<br />

UK mentre per quella USA,<br />

riprodotta a sinistra, Gered<br />

Mankowitz realizzò qualcosa di<br />

più diretto, scuro e con i volti in<br />

primo piano dove, stranamente,<br />

il frontman Mick Jagger è l’ultimo<br />

in fondo, quasi “disperso”<br />

fra gli altri esponenti della band.<br />

Mankowitz continuò a collaborare<br />

con i Rolling Stones fino al<br />

1967, quado la band ruppe con<br />

il manager Oldham. Negli anni<br />

’60, però, lavorò con altri grandissimi<br />

artisti come Jimi Hendrix,<br />

Traffic, The Yardbirds, Soft<br />

Machine e negli anni ’70 con<br />

Elton John, Kate Bush, Eurythmics,<br />

Duran Duran e altri ancora.<br />

Recentemente ha collaborato<br />

regolarmente con la rivista di<br />

musica Mojo e ha fotografato,<br />

fra gli altri, Oasis, Verve, Catatonia<br />

e Kula Shaker.<br />

The Rolling Stones<br />

AFTERMATH<br />

ABKCO (1966)<br />

Foto: David P. Bailey e Jerry<br />

Schatzberg<br />

Due immagini completamente<br />

diverse fra loro fanno da supporto<br />

visivo alle due uscite, statunitense<br />

e britannica, dell’album<br />

Aftermath. Per un titolo<br />

che significa letteralmente “periodo<br />

immediatamente seguente<br />

ad un avvenimento” la copertina<br />

pubblicata in America è quella<br />

che coglie meglio questo concetto.<br />

I Rolling Stones sono immortalati<br />

in una foto che li mostra<br />

sfumati, fuori fuoco, come se si<br />

fossero mossi durante lo scatto.<br />

E l’immagine potrebbe giusto<br />

esserne l’“aftermath”, il risultato.<br />

Tutti i componenti della band<br />

sono seduti in posa ma è come<br />

se non sapessero che il fotografo<br />

è pronto a scattare la foto, perché<br />

sembra che Keith Richards<br />

si stia addirittura grattando la<br />

guancia. Mentre la versione che<br />

vediamo sopra (UK) è quella più<br />

famosa e nota al pubblico: volti<br />

in primo piano e chiaroscuri<br />

giocati sul violetto. È forse un<br />

effetto creato in seguito durante<br />

la stampa ma di certo questa<br />

luce che contorna le sagome del-<br />

76 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


la band dà un effetto piacevole<br />

e caldo alla foto. La copertina<br />

virata sul viola è volutamente<br />

molto più scura e fa sembrare<br />

Mick Jagger e compagni dei<br />

veri ragazzi cattivi. Due mercati<br />

diversi, due copertine diverse.<br />

Una cosa che all’epoca si usava<br />

molto, anche per il piacere dei<br />

fan di possedere tutte e due le<br />

versioni.<br />

The Beatles<br />

SGT. PEPPER’S LONELY<br />

HEARTS CLUB BAND<br />

EMI (1967)<br />

Foto: Peter Blake<br />

Ovviamente Sgt. Pepper’s è finita<br />

tra le copertine più controverse<br />

di sempre ma è anche una delle<br />

immagini più famose della storia<br />

del rock. La foto è una matassa<br />

piena di riferimenti enigmatici e<br />

non: dietro ai Beatles appaiono<br />

personaggi – voluti dalla stessa<br />

band – che in una maniera o<br />

nell’altra avevano segnato il loro<br />

percorso musicale e personale.<br />

Tra questi il teorico dell’LSD Timoty<br />

Leary (tra l’altro l’album<br />

contiene la canzone Lucy In The<br />

Sky Of Diamond, una sorta di<br />

anagramma di LSD) e il padre<br />

del satanismo Aleister Crowley<br />

oltre a Marilyn Monroe, Marlon<br />

Brando e Marx. Vennero<br />

scartati dalla lista “ospiti” Gesù<br />

Cristo, Hitler e Ghandi: figure<br />

di uomini fortemente contrastanti<br />

l’uno con l’altro, nel<br />

“bene” (Cristo e Ghandi) e nel<br />

“male” (Hitler). Sgt. Pepper’s ha<br />

anche portato delle novità nella<br />

storia delle copertine: la stessa<br />

versione è uscita contemporaneamente<br />

in tutto il mondo (cosa<br />

rara per quei tempi) e il termine<br />

“album” nasce con questo disco<br />

visto che aveva la particolarità<br />

di aprirsi come un album fotografico.<br />

È stato anche il primo<br />

disco a mettere i testi sul retro<br />

della copertina.<br />

The Doors<br />

THE DOORS<br />

Wea (1967)<br />

Foto di copertina: Guy Webster<br />

Foto del retro copertina: Joel<br />

Brodsky<br />

Design e direzione artistica:<br />

William S. Harvey<br />

“Odio la copertina del nostro<br />

primo album, le nostre facce<br />

sono odiose ed inutili”, disse<br />

nel 1968 Jim Morrison a un<br />

quotidiano di Los Angeles. Effettivamente<br />

la foto che appare<br />

su The Doors raffigura il primo<br />

piano di Morrison in grande e<br />

gli altri componenti della band<br />

in piccolo, sovrapposti in parte<br />

sul viso del leader dei Doors.<br />

Lo sfondo scuro della fotografia<br />

scattata da Guy Webster rende<br />

ancora più luminoso il volto del<br />

cantante che, grazie a queste immagini<br />

che girarono per il mondo,<br />

divenne nel giro di breve tempo<br />

un sex symbol a tutti gli effetti.<br />

La particolarità di questa copertina,<br />

però, sta nel logo che avrebbe<br />

campeggiato da quel momento in<br />

poi su tutti i dischi dei Doors. Fu<br />

William S. Harvey a disegnarlo<br />

nel 1966, utilizzando per “Doors”<br />

un carattere arrotondato, con le<br />

“O” a “chicco di caffè” e la “S” a<br />

“farfalla”, e un carattere completamente<br />

diverso per “The”, dal<br />

sapore decisamente psichedelico.<br />

Big Brother & The Holding Company<br />

(feat. Janis Joplin)<br />

CHEAP THRILLS<br />

Columbia (1968)<br />

Copertina: Robert Crumb<br />

Tra i personaggi creati che hanno<br />

reso popolare il fumettista Robert<br />

Crumb ce ne sono tre in particolare:<br />

Mr. Natural, Devil Girl e Fritz<br />

The Cat. E poi c’è il disegno di copertina<br />

di Cheap Thrills. Crumb<br />

venne chiamato da Janis Joplin<br />

in persona, che gli commissionò<br />

questo lavoro da realizzare<br />

nell’arco di una notte. L’idea era<br />

quella di rappresentare i Big Brother<br />

and The Holding Company, e<br />

naturalmente Janis Joplin, in un<br />

fumetto. Il tutto condito con lo stile<br />

fantasioso dell’artista che cancella<br />

le inibizioni per dare spazio<br />

a movimento, ricerca del piacere,<br />

religiosità orientale e sarcasmo.<br />

Un esempio: la raffigurazione<br />

del chitarrista James Gurley (in<br />

basso a sinistra nella copertina)<br />

è quella di un santo, hippie, con<br />

un occhio da ciclope, che fuma.<br />

Un’idea straordinaria trasformata<br />

in una copertina audace, che nella<br />

versione giapponese riporta i<br />

dialoghi delle “nuvolette” nella<br />

lingua nipponica.<br />

Jimi Hendrix<br />

AXIS: BOLD AS LOVE<br />

MCA (1968)<br />

Disegno di copertina: David<br />

King e Roger Law<br />

Questa immagine che ritrae Jimi<br />

e i suoi compagni Noel Redding<br />

e Mitch Mitchell, realizzata da<br />

David King e Roger Law (che<br />

insieme hanno anche collaborato<br />

alla famosa copertina dei<br />

Who The Who Sell Out) contiene<br />

riferimenti specifici alla cultura<br />

religiosa indiana. I volti dei tre<br />

“Experience” sono disegnati sopra<br />

un poster religioso indiano.<br />

Hendrix non sembrò molto contento<br />

di questa particolare scelta<br />

stilistica, con la quale lui e la sua<br />

band non avevano niente a che<br />

fare. In un’intervista a una rivista<br />

britannica, l’artista disse: “Quando<br />

per la prima volta vidi il disegno<br />

pensai che fosse grandioso<br />

che avessero fatto un’illustrazione<br />

indiana di noi, ma forse<br />

sarebbe stato più indicato che si<br />

trattasse di indiani d’America”.<br />

Questo perché Hendrix aveva<br />

fatto un album decisamente “indiano<br />

d’America” ispirandosi alla<br />

cultura degli indiani d’America.<br />

Per quella particolare illustrazione,<br />

che non piaceva a Hendrix,<br />

vennero spese 3.000 sterline.<br />

The Jimi Hendrix Experience<br />

ELECTRIC LADYLAND<br />

MCA (1968)<br />

Foto: David MontgomeryDesign:<br />

David King<br />

Prevedibilmente la prima versione<br />

di questa ardita coperti-<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 77


SELECTOR<br />

na, che includeva donne nude,<br />

venne censurata negli Stati<br />

Uniti all’uscita dell’album.<br />

Fu quindi ristampata con un’altra<br />

immagine (quella raffigurata)<br />

e la versione originale fu<br />

disponibile solamente nell’assai<br />

più tollerante Vecchio<br />

Continente. In realtà pare che<br />

prima dell’uscita di Electric<br />

Ladyland Jimi Hendrix avesse<br />

dato disposizioni alla sua casa<br />

discografica sulla copertina in<br />

questione, mandando una foto<br />

(in cui compaiono lui e la band<br />

seduti in un parco circondati<br />

da bambini) e delle bozze,<br />

chiedendo che la frase “Letter<br />

to the room full of mirrors” venisse<br />

messa in copertina. Queste<br />

disposizioni non vennero<br />

prese in considerazione – il suo<br />

manager optò per la controversa<br />

copertina per preservare<br />

l’immagine dell’artista – ma<br />

che questo episodio sia vero<br />

è indicato anche dal fatto che<br />

all’interno di una riedizione<br />

di Electric Ladyland del 1997<br />

si trovi la scritta “Letter to the<br />

room full of mirrors”. Ad ogni<br />

modo, la copertina censurata<br />

fu un successo e fu copiata da<br />

molti: più recentemente da<br />

Kid Loco per un suo album di<br />

remix (Jesus Life for Children<br />

Under 12 Inches), fino a un<br />

celebrato servizio fotografico<br />

per Q fatto a Moby dopo l’uscita<br />

di 18.<br />

The Beatles<br />

ABBEY ROAD<br />

The Apple/Parlophone (1969)<br />

Foto: Iain Macmillan<br />

Design: Peter Blake<br />

Una “normale” foto che ha<br />

reso celebre una bella e alberata<br />

via a nord di Londra, per<br />

l’appunto “Abbey Road”. Alle<br />

spalle dei Beatles sorgono gli<br />

studi di registrazione omonimi<br />

alla via e all’album, dove i fab<br />

four escono per attraversare<br />

le famose strisce pedonali (da<br />

tempo ci sono due poltroncine<br />

in legno, alla fine del passaggio,<br />

per far sedere gli innumerevoli<br />

visitatori quotidiani che<br />

contemplano quel passaggio<br />

“cult”). La forza della copertina<br />

è nella “semplicità” stessa:<br />

quel loro stare in fila indiana<br />

rompe gli schemi, consente<br />

d’immaginare qualsiasi cosa,<br />

una volta attraversata la strada.<br />

Ritratti ognuno nel proprio<br />

abbigliamento, sottolinea bene<br />

le personalità normali o stravaganti<br />

dei quattro. Lennon in<br />

completo bianco e mani in tasca<br />

guida la coda, McCartney,<br />

in mezzo, attraversa scalzo<br />

e con una sigaretta in mano<br />

(particolare recentemente rimosso<br />

dalla compagnia dei<br />

poster americana per la gioia<br />

delle associazioni anti-fumo).<br />

Harrison e Star appaiono più<br />

sobri e distaccati. Lo scatto fu<br />

scelto da McCartney (tra le sei<br />

che fece il fotografo, il quale<br />

ebbe a disposizione solo dieci<br />

minuti). In seguito girò la voce<br />

che McCartney fosse morto in<br />

un incidente stradale prima di<br />

fare lo scatto e che nella foto<br />

fosse stato rimpiazzato da<br />

una persona che gli assomigliava.<br />

Questa diceria voleva<br />

che Lennon, nella sua veste<br />

bianca, simbolizzasse il sacerdote<br />

a capo della processione<br />

del funerale e che McCartney<br />

scalzo fosse la salma. Il fatto<br />

che tenesse la sigaretta nella<br />

mano destra, benché fosse<br />

mancino, dava adito a questa<br />

teoria. Abbey Road rimane ad<br />

oggi la copertina più “plagiata”<br />

di tutti tempi.<br />

Tim Buckley<br />

BLUE AFTERNOON<br />

Straight (1969)<br />

Foto: John Williams e Frank Bez<br />

Design: John Williams<br />

Guardando attentamente questa<br />

copertina, nel formato originale,<br />

si ha come la sensazione<br />

di udire quel senso di dolore<br />

intenso, forte e al tempo stesso<br />

“irrimediabile”, che l’artista<br />

“emana” nella sua espressione.<br />

Il volto di Tim Buckley, sfumato<br />

in un verde lattiginoso, viene<br />

colto di profilo, rivolto verso<br />

l’alto, mentre ad occhi chiusi<br />

sussurra versi durante una delle<br />

sue grandiose performance,<br />

o forse si “ricarica” attraverso<br />

un raggio di sole accecante.<br />

Frank Bez (noto fotografo di<br />

cantanti degli anni ’60, come<br />

Johnny Cash e i Byrds) e John<br />

Williams riescono a catturare<br />

“l’anima” inquieta di Tim Buckley,<br />

nel momento più alto e<br />

creativo della sua carriera. Bellissime<br />

anche le foto all’interno<br />

dell’album che presentano un<br />

Buckley più sereno mentre è appoggiato<br />

a un albero, o cammina<br />

sistemandosi il colletto della<br />

camicia, o mentre sorride alla<br />

camera in uno scatto in bianco<br />

e nero.<br />

The Doors<br />

STRANGE DAYS<br />

Wea (1969)<br />

Foto: Joel Brodsky<br />

Design, concetto, artwork e<br />

direzione artistica: William S.<br />

Harvey<br />

Per il secondo album dei<br />

Doors Jim Morrison voleva<br />

un’immagine che non contenesse<br />

affatto il suo viso,<br />

una richiesta decisamente in<br />

controtendenza con ciò che<br />

erano le regole del mercato<br />

discografico all’epoca. La<br />

band, piuttosto, voleva qualcosa<br />

che si ispirasse al film La<br />

strada di Federico Fellini,<br />

con personaggi caratteristici<br />

che dessero la sensazione di<br />

un’ambientazione totalmente<br />

surreale. Furono scelti un<br />

energumeno che lavorava in<br />

un circo e che per arrotondare<br />

lo stipendio faceva il buttafuori,<br />

un guidatore di taxi<br />

che nella foto veste i panni del<br />

trombettista, un nano scovato<br />

in un hotel residenziale di<br />

New York e dei giocolieri, tra<br />

cui Frank Kollegy, l’assistente<br />

del fotografo Joel Brodsky.<br />

Il gruppo si può vedere solo facendo<br />

molta attenzione, visto<br />

che compare su un manifesto<br />

attaccato al muro, con sotto un<br />

adesivo con la scritta “Strange<br />

Days”. La foto fu scattata<br />

a Sniffen Court, un quartiere<br />

di New York, e i Doors furono<br />

felicissimi di come Brodsky e<br />

Harvey interpretarono la loro<br />

richiesta, e di come riuscirono<br />

a dare l’impressione di un circo<br />

di strada e Ray Manzarek<br />

disse che era la copertina più<br />

bella di tutta la discografia dei<br />

Doors.<br />

78 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


SELECTOR<br />

de il Tremila<br />

Andrea Sartini<br />

BACH IN<br />

MY MIND<br />

<strong>SUONO</strong>records<br />

ANDREA SARTINI<br />

BACH ON MY MIND<br />

Odi Bach, visto da un’altra<br />

prospettiva… La parola<br />

“contaminazione” ben<br />

si attaglia all’operato di<br />

Andrea Sartini, musicista<br />

e soprattutto uomo<br />

di ampie vedute, poco fossilizzato su stilemi<br />

che, pure nel suo excursus professionale,<br />

avrebbero potuto prendere il sopravvento.<br />

Se così non fosse mai sarebbe potuto nascere<br />

Bach on My mind, rivisitazione delle arie<br />

di Bach in chiave jazzistica, l’ultimo nato della<br />

collana musicale <strong>SUONO</strong>musica.<br />

Pur provenendo dalla musica classica, Sartini<br />

si è poi avvicinato al jazz a metà dei suoi<br />

studi affascinato dal fatto che in questo genere<br />

di musica “si improvvisa, si rielabora,<br />

ogni volta che si suona si lascia una parte<br />

di sé nel brano”. Sintesi di questa visione<br />

della musica quanto accaduto poco dopo il<br />

diploma: “stavo preparando un concerto di<br />

musica classica e in tale occasione proposi<br />

di inserire qualche brano di Bach in versione<br />

moderna. Da lì fondai il gruppo, a cui si aggiunse<br />

un fidato contrabbasso e, di seguito,<br />

una lunga serie di irrequieti batteristi, molti<br />

di loro semplici mercenari...”. Perché Bach,<br />

per Sartini (e non solo per lui), è una sorta<br />

di Stella Polare: “La musica di Bach è un’enorme<br />

fonte di ispirazione per diversi motivi:<br />

innanzitutto lo spirito con cui si faceva<br />

musica nell’epoca barocca, sempre in parte<br />

improvvisata, pensata al momento con alcune<br />

tracce guida (si veda, ad esempio, il principio<br />

del basso continuo); tale libertà non<br />

era presente solo nella melodia, che poteva<br />

(anzi doveva) essere variata con l’aggiunta<br />

di abbellimenti, ma anche nell’assenza di<br />

segni di interpretazione: Bach scrive solo<br />

le note, non il modo in cui esse vanno suonate;<br />

era consuetudine, infine, utilizzare delle<br />

sigle numeriche per il basso continuo, come<br />

indicazioni armoniche, allo stesso modo in<br />

cui oggi nel jazz si suggeriscono le armonie<br />

sopra il tema principale”. Tutto ciò fa sì che<br />

vi sia un ponte storico-estetico tra Bach e il<br />

jazz dei giorni nostri, unico nel suo genere.<br />

Al tempo stesso, quasi in omaggio a una sorta<br />

di legge del contrappasso, in passato Sartini<br />

ha “investigato” il suo orizzonte musicale<br />

risciacquando la lingua… nel grande mainstream<br />

della canzone leggera, anche se di<br />

un certo spessore, con l’operazione “Battisti<br />

Jazzisti”, di cui <strong>SUONO</strong> curò i natali. Sulla<br />

base di questo esperimento è nata l’idea di<br />

trasporre la musica di Bach in un contesto<br />

differente, quello del jazz, appunto.<br />

Bach in My Mind è nato su Logic X ed è stato<br />

finalizzato con lo stesso software. Le potenzialità<br />

che offre il mondo attuale delle DAW<br />

e in generale del sound engineering sono talmente<br />

tante che a volte si corre il rischio di<br />

esagerare con la postproduzione e finire con<br />

lo snaturare il sound originale: si è quindi<br />

cercato di approcciarsi al lavoro di missaggio<br />

con molto rispetto non solo dei brani originali<br />

di Bach ma anche della nuova veste che<br />

gli era stata data dal musicista. La prima cosa<br />

da fare è stata valorizzare le personalità timbriche<br />

degli strumenti; per farlo sono state<br />

utilizzate emulazioni di equalizzatori vintage<br />

come il Pultec EQP 1-a, famoso per aggiungere<br />

calore e brillantezza al suono. Sono stati<br />

utilizzati anche equalizzatori dall’approccio<br />

decisamente più moderno come il FabFilter<br />

Pro-Q2, così preciso e intuitivo da consentire<br />

quasi di disegnare il suono. In una seconda<br />

fase ogni strumento o gruppo di strumenti<br />

(se pensiamo alla batteria o agli archi) è stato<br />

sottoposto a un lavoro di modesta compressione<br />

della dinamica utilizzando, anche in<br />

questo caso, le migliori emulazioni di compressori<br />

vintage per garantire a ogni parte<br />

di essere presente e corposa nella maniera<br />

più coerente con gli arrangiamenti. Infine è<br />

stato scelto un ambiente unico nel quale far<br />

suonare gli strumenti in modo da restituire<br />

all’ascoltatore la sensazione di una band che<br />

suona i brani dal vivo. I moderni reverberi<br />

a convoluzione permettono di scegliere tra<br />

centinaia di ambienti diversi, dalle sale da<br />

concerto ai teatri, dagli spazi aperti ai locali<br />

di qualunque dimensione. Così si è potuto<br />

intervenire ascoltando i brani in ambienti<br />

80 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


Classica<br />

diversi per poi trovare quello più consono.<br />

In definitiva sono stati effettuati degli interventi<br />

mirati in maniera piuttosto classica: la<br />

bellezza di questo progetto è nella musica<br />

scritta, non c’era bisogno di stupire con effetti<br />

speciali anche se lavorare con un mixer analogico<br />

come l’SSL4000G+ è stata la ciliegina<br />

sulla torta che ha dato quell’uniformità di<br />

suono necessaria, senza smarrire i dettagli.<br />

BACH ON MY MIND:<br />

Istruzioni per l’uso<br />

Allemanda<br />

L’Allemanda fa parte della più ampia Partita<br />

BWV 1013 che Bach. Il manoscritto è<br />

stato datato intorno al 1722 ma sembra che<br />

Bach lo scrisse quattro anni prima. Primo<br />

brano della raccolta, fu composto in stile<br />

francese, una tendenza musicale nei confronti<br />

della quale il compositore si sentiva<br />

particolarmente sensibile. La Partita è simile<br />

alla forma della Suite e nel nostro caso prevedeva<br />

un unico strumento solista: il flauto<br />

traverso. Il traversiere non va considerato<br />

una semplice evoluzione del flauto traverso<br />

odierno, basti solo pensare che il primo utilizza<br />

il complesso sistema di suoni naturali,<br />

complesso per i moderni ascoltatori, mentre<br />

il secondo adotta il sistema temperato, di<br />

cui il Clavicembalo “ben temperato” è uno<br />

straordinario esempio.<br />

Clavicembalo ben temperato<br />

Il temperamento equabile è una teoria matematico-musicale<br />

per la realizzazione di una<br />

scala musicale. Il principio del buon temperamento<br />

è quello di prendere un intervallo<br />

di 8ª, una distanza che rende i due suoni che<br />

la compongono molto simili, a tal punto che<br />

siamo portati a dare loro lo stesso nome: ad<br />

esempio Do grave e Do acuto. Tutti gli altri<br />

suoni rimanenti vengono distribuiti suddividendo<br />

in 12 parti uguali tale intervallo, facendo<br />

così coincidere i suoni alterati: il Do<br />

diesis con il Re bemolle, ecc. Il Clavicembalo<br />

ben temperato è una raccolta di preludi e<br />

fughe divisa in due libri, il primo fu scritto<br />

nel 1722 e il secondo vent’anni dopo, in tarda<br />

età, nel 1744. Raccoglie dunque 24 preludi<br />

e fughe, ciascuno in una tonalità diversa: 12<br />

tonalità maggiori, 12 tonalità minori. Poiché<br />

i libri sono due, parliamo di un totale di 48<br />

preludi associati a 48 fughe.<br />

Concerto per due violini e orchestra<br />

Il termine “concerto” nacque dall’uso di far<br />

contrapporre, e nello stesso tempo, legare<br />

insieme più strumenti diversi. Non più<br />

pochi, non più un unico timbro omogeneo,<br />

ma diverse voci, di cui alcuni addirittura in<br />

evidenza. La forma del concerto prevede<br />

tre brani separati, tre tempi che alternano<br />

andamenti e carattere contrastanti: Allegro,<br />

Adagio, Allegro. Nel caso specifico del<br />

concerto BWV 1043 ho elaborato esclusivamente<br />

il tema iniziale del primo tempo, il<br />

Vivace, un motivo esposto dai due strumenti<br />

solisti, i violini, e articolato quanto mai sul<br />

principio del dialogo tipico della forma del<br />

concerto. Bach, che studiò molto lo stile italiano,<br />

scrisse il concerto probabilmente tra<br />

il 1717 e il 1723.<br />

Concerto Brandeburghese<br />

Bach compose il Quinto Concerto Brandeburgo,<br />

donandolo al margravio del Brandeburgo,<br />

da cui il nome dell’intera raccolta.<br />

Questo concerto è tra i più importanti dei<br />

sei, per l’originalità delle scelte fatte dal compositore.<br />

Si tratta di un concerto grosso, per<br />

cui è un brano per orchestra, in cui spicca un<br />

piccolo gruppo di strumenti (detto concertino)<br />

che si alterna continuamente con l’intero<br />

organico; l’esigenza di alternare i due gruppi,<br />

il concertino e il tutti, era dovuta ovviamente<br />

a una necessità estetico-compositiva, tuttavia<br />

giustificata anche dal fatto che all’interno<br />

del piccolo gruppo v’erano i musicisti più<br />

bravi. Nel nostro caso gli strumenti solisti<br />

sono flauto e violino, accompagnati dal clavicembalo,<br />

anche se il ruolo di quest’ultimo<br />

strumento non era certo di tradizionale sostegno<br />

armonico, e qui infatti troviamo la<br />

prima grande intuizione di Bach, utilizzata<br />

in questo brano: il clavicembalo ha un largo<br />

spazio in cui è utilizzato come uno strumento<br />

solista, addirittura alla metà circa del primo<br />

tempo l’intera orchestra si ferma, lasciandogli<br />

tutta la scena.<br />

Siciliana<br />

La Siciliana è il secondo tempo della Sonata<br />

BWV 1031, per flauto e clavicembalo. Lo<br />

strumento a corde pizzicate non si limita ad<br />

accompagnare con un basso continuo semplice,<br />

al contrario l’autore ha voluto indicare<br />

dettagliatamente le note nella partitura, definendo<br />

oltretutto il ruolo del clavicembalo<br />

come “concertante”.<br />

Suite<br />

Bach scrisse le sue 4 suite per orchestra<br />

intorno tra il 1721 e il 1730. La suite n. 3<br />

è famosa per contenere l’Aria sulla quarta<br />

corda ma la n. 2 è probabilmente la più<br />

celebre; il suo organico prevede un flauto,<br />

trattato quasi da strumento solista, e un’orchestra<br />

d’archi, con l’aggiunta chiaramente<br />

di un clavicembalo per il basso continuo.<br />

Nel Cinquecento venne via via formandosi<br />

l’abitudine di accostare due danze di carattere<br />

piuttosto contrastante: lenta la<br />

prima, veloce la seconda, ritmo binario la<br />

prima, ternario la seconda. Tale struttura<br />

prevedeva 4 brani, tutti della medesima tonalità,<br />

tutti di origine geografica diversa e,<br />

come detto poc’anzi, di carattere e velocità<br />

contrastanti: allemanda (moderata, binaria,<br />

tedesca), corrente (brillante, ternaria,<br />

francese), sarabanda (molto lenta, ternaria,<br />

spagnola), giga (molto veloce, ternaria, italiana).<br />

Inoltre alcuni autori introducevano<br />

il tutto con un brano iniziale che poteva<br />

esser chiamato ouverture, preludio o sinfonia.<br />

La successione dei brani della nostra<br />

suite è la seguente: preludio, rondeau, sarabanda.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 81


SELECTOR<br />

di Paolo Corciulo<br />

Leonard Cohen<br />

THANKS<br />

FOR THE<br />

DANCE<br />

Sony<br />

Un pianeta di<br />

nome Leonard<br />

Cohen: nove<br />

canzoni inedite<br />

per far risuonare<br />

la voce di Leonard<br />

Cohen.<br />

È di qualche<br />

giorno fa (22 novembre), infatti, l’uscita<br />

di Thanks for the Dance, album postumo<br />

che magari non aggiunge (e davvero non potrebbe,<br />

visto la smisurata produzione quasi<br />

tutta di altissimo livello dell’artista) molto<br />

alla sua vita di artista ma colma, almeno in<br />

minima parte, il peso della perdita di uno dei<br />

maggiori cantautori di ogni tempo incollandoti<br />

brano dopo brano all’ascolto. Un timbro<br />

che è un marchio di fabbrica come per Van<br />

Morrison, Dylan, Jagger e pochi altri eletti<br />

ma come loro e più di loro Cohen andrebbe<br />

catalogato alla voce generica (ma per<br />

questo omnicomprensiva) di poeta: Cohen<br />

è stato musicista, scrittore e poeta, prima<br />

di tutto poeta e non solo cronologicamente<br />

(nel 1957 con il titolo di Six Montreal Poets,<br />

otto poesie da lui recitate) ma per quella<br />

sua straordinaria capacità di regalare un<br />

punto di vista romantico e al tempo stesso<br />

scettico e critico. A cominciare da quell’inno<br />

all’amore, troppo veloce, troppo fugace,<br />

consumato nella splendida cornice dell’isola<br />

di Idra con Susanne e celebrato nell’omonima<br />

canzone. Poi, tutti gli altri capitoli (libri<br />

compresi) di una saga lunga quasi 50 anni<br />

(il debutto musicale con The Songs of Leonard<br />

Cohen nel 1967) interrotta dalla sua<br />

scomparsa nel novembre del 2016. I tre anni<br />

che separano dall’oggi non hanno scalfito<br />

la memoria della sua figura: un grande<br />

concerto evocativo, il riconoscimento del<br />

Canada al suo artista (non è da tutti apparire<br />

in una serie di francobolli commemorativi<br />

emessi in occasione di quello che<br />

sarebbe stato il suo 85mo compleanno) e<br />

ora questo Thanks for the Dance che ce ne<br />

ripropone vivida la voce, come se Cohen<br />

fosse ancora lì a scrutarci, con quella sua<br />

aria da crooner ironico e raffinato. Happens<br />

To The Heart apre l’album infatti in piena<br />

atmosfera “da Cohen”, quasi che il sottile<br />

trait d’union tra l’artista e il pubblico non si<br />

sia mai spezzato malgrado gli eventi. Dolce<br />

e struggente The Night Of Santiago, persino<br />

più essenziale grazie al solo accompagnamento<br />

alla chitarra (non ci sono note<br />

in merito ma suppongo sia a cura di Javier<br />

Mas, che ha assistito Cohen sul palco negli<br />

ultimi tour) e che sollecita pienamente<br />

le corde dell’emozione. Leggermente più<br />

“ricco” il brano che dà il nome all’album<br />

e che sembra (consapevolmente o meno)<br />

il suo vero testamento musicale, dove “la<br />

notte è appena iniziata” ma parte (l’ultima)<br />

ballata sotto un cielo dove “il blu è<br />

così blu”. E così via, con andamento lento e<br />

l’aurea teatrale che più di ogni altro Cohen<br />

saprebbe evocare, anche semplicemente<br />

leggendo l’elenco degli accessori disponibili<br />

per un’auto commerciale!<br />

D’altronde è la stessa genesi del disco ad aver<br />

suggerito una dimensione intimistica. Dalla<br />

precedente collaborazione per You Want<br />

82 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


Rock<br />

It Darker Adam Cohen aveva conservato<br />

alcuni materiali grezzi: poco più che bozzetti<br />

o, a volte, semplici tracce con la sola voce<br />

del padre. Lavorandoci su, cercando di<br />

aggiungere il meno possibile per mantenerne<br />

lo spirito originario, Adam Cohen ha chiamato<br />

a riempire rispettosamente i silenzi amici<br />

e colleghi suoi e del carismatico genitore: il<br />

canto di Damien Rice e Leslie Feist, Richard<br />

Reed Parry degli Arcade Fire al basso, Bryce<br />

Dessner dei The National alla chitarra, il compositore<br />

Dustin O’Halloran al piano. All’interno<br />

di una produzione globale (Montreal, Los<br />

Angeles, Berlino) hanno trovato posto anche<br />

le collaborazioni di Daniel Lanois con i suoi<br />

raffinati arrangiamenti e di Jennifer Warnes<br />

che ha registrato le secondi voci o di Beck che<br />

ha contribuito alla chitarra e all’arpa ebraica.<br />

Un ideale abbraccio sincero e probabilmente<br />

definitivo (solo momentaneamente<br />

allontanato) che nulla ha a che vedere<br />

con l’ipotesi e il rischio che Thanks for the<br />

Dance possa apparire come una raccolta<br />

di B-sides: ne traspare la forza, l’amore e<br />

l’energia in ogni brano, ognuno a ricordarci<br />

quanto sedimentato in noi ci sia di<br />

Leonard Cohen, un artista che ha ispirato<br />

oltre 3.000 cover version e la cui musica<br />

è stata utilizzata nelle colonne sonore di<br />

centinaia di film e serie televisive con un<br />

gradimento nemmeno tanto piccolo anche<br />

nel nostro Paese (I cento passi, La Meglio<br />

gioventù, Mia Madre…), primo nel<br />

rendergli omaggio (“Istruzioni per sopravvivere<br />

alla sconfitta - Una serata per<br />

Leonard Cohen” - Venerdì 4 ottobre 2019).<br />

Chansonnier universale Cohen, il più grande<br />

di tutti o (perlomeno) il più originale, visto il<br />

sedimentato intreccio tra produzione letteraria<br />

e composizione musicale. Così Thanks for<br />

the Dance è semplicemente indispensabile<br />

e non solo per la pochezza delle alternative<br />

sfornate attualmente. Un giudizio di parte,<br />

certo, ma non potrebbe essere che così da<br />

chi considera The Favourite Game uno dei<br />

principali romanzi formativi, Beautiful Losers<br />

come uno dei titoli più belli in assoluto<br />

(insieme a Chiedi alla polvere di John Fante)<br />

e Bird on the Wire l’inno più bello che si<br />

ricordi alla pace e alla libertà.<br />

Hasta siempre Leonard!<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 83


SELECTOR<br />

di Vittorio Pio<br />

È<br />

davvero un colpo al cuore<br />

quello che ufficialmente<br />

è stato presentato come<br />

l’ultimo brano della<br />

carriera di Franco Battiato,<br />

forse l’unico fra i nostri<br />

cantautori che possa fregiarsi per davvero<br />

del titolo di Maestro. Il titolo, Torneremo<br />

ancora, è eloquente, profetico,<br />

già malinconico, e dà il titolo alla raccolta<br />

dal vivo che comprende anche quattordici<br />

tra le vette assolute di una carriera che<br />

non teme confronti (da Povera Patria a<br />

La cura, da E ti vengo a cercare a I treni<br />

di Tozeur, tutte interpretate con una rapinosa<br />

e struggente carica emotiva). I brani<br />

sono stati registrati nel 2017, durante le<br />

prove di quello che sarebbe dovuto essere<br />

un tour, immediatamente sospeso per<br />

motivi di salute; tutto acquista un nuovo<br />

respiro grazie all’apporto della Royal<br />

Philharmonic Concert Orchestra, diretta<br />

da Carlo Guaitoli, fidatissimo sodale di<br />

Battiato. Al netto di speculazioni e sciacallaggi,<br />

visto che l’artista non appare pubblicamente<br />

per dei problemi che restano<br />

seri, alcuni dei quali riportati fedelmente<br />

dalle cronache di quello stesso periodo:<br />

c’è da fare i conti con una doppia frattura<br />

Franco Battiato<br />

TORNEREMO<br />

ANCORA<br />

Sony Legacy<br />

a femore e bacino, circostanza che all’età<br />

di 74 anni gli impedisce un completo recupero<br />

fisico. Quell’inedito che ti incenerisce<br />

il cuore, invece, è stato scritto e composto<br />

insieme a Juri Camisasca e Battiato,<br />

84 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


sebbene con una voce largamente compromessa,<br />

è ancora capace di inchiodarci<br />

al muro con parte dei nostri interrogativi<br />

sul tempo che abbiamo davanti: “La vita<br />

non finisce, è come il sonno; la nascita<br />

è come il risveglio, finché non saremo<br />

liberi”. “Sicuramente è un brano piuttosto<br />

intenso ma è nato discutendo sul<br />

problema dell’immigrazione”, sottolinea<br />

Camisasca, “Inizialmente si chiamava I<br />

migranti di Ganden; lo avevamo iniziato<br />

con l’intenzione di affrontare la questione<br />

ma poi ci siamo resi conto che sviluppare<br />

il concetto in forma politica non risuonava<br />

col nostro percorso artistico. Così<br />

lo abbiamo trasformato in un discorso<br />

sull’universalità della migrazione, delle<br />

anime e delle persone, del resto siamo<br />

tutti migranti fin quando non torneremo<br />

a casa alla nostra dimora ultima, come<br />

ci insegnano diverse religioni e discipline,<br />

a partire da quelle orientali. Testo e<br />

musica sono scritti in parti uguali, come<br />

sempre è successo quando io e Franco abbiamo<br />

lavorato insieme”. Pino “Pinaxa”<br />

Pischetola, da parecchi anni insostituibile<br />

sound-engineer di Battiato, ha cercato di<br />

delineare una situazione ingarbugliata in<br />

sede di conferenza stampa. “Franco non<br />

sta sufficientemente bene per essere qui<br />

con noi ma non posso nemmeno dire che<br />

sta male, se non altro perché l’ho sentito<br />

al telefono e mi dice che sta bene. Avevamo<br />

registrato la voce poco più di due anni fa e<br />

poi sulla sua stessa partitura è intervenuta<br />

la Royal Philarmonic Concert Orchestra,<br />

con il suo tipico timbro e colore che caratterizza<br />

l’intero l’album, sistemato definitivamente<br />

a casa sua, nell’home studio che<br />

ha allestito per comodità. Quando Franco<br />

ha sentito l’esito finale si è molto commosso”.<br />

E sulla sua malattia invece taglia corto:<br />

“In questi anni ne abbiamo sentite di tutti i<br />

colori ma l’unica cosa giusta è lasciarlo in<br />

pace. Non abbiamo mai voluto rispondere<br />

per non alimentare polemiche”. E mentre<br />

molti fan di Battiato sui social invocano<br />

quel rispetto che non sempre in questi due<br />

anni di silenzio è stato dimostrato, il suo<br />

manager Franco Cattini avverte: “Questo di<br />

Franco è il suo ultimo brano ufficiale, non<br />

abbiamo più suo materiale negli archivi”.<br />

Ma tutti noi speriamo romanticamente<br />

che sia un errore.


SELECTOR<br />

di Vittorio Pio<br />

Carla Marciano<br />

PSYCHOSIS<br />

Challenge<br />

Riprendendo il celeberrimo<br />

Lo Zen e l’arte della<br />

manutenzione della<br />

motocicletta di Robert<br />

M. Pirsig, c’è un passaggio<br />

che ben si adatta<br />

al recente omaggio a Bernard Herrmann<br />

firmato da Carla Marciano, Sassofonista<br />

di personalità e valore: con Psychosis<br />

la Marciano ha firmato una musica<br />

magmatica e circolare che andrebbe<br />

ascritta all’estetica classica, quella che<br />

secondo Pirsig allude a “uno stile personale,<br />

il cui scopo non è quello di ispirare<br />

direttamente emozioni ma di creare l’ordine<br />

dal caos: tutto è sotto controllo, e il<br />

suo valore si misura proprio in base alla<br />

continuità di questo controllo”. Un lavoro<br />

importante che prende le mosse simbolicamente<br />

da un evento accaduto qualche<br />

anno fa quando la Marciano, rivedendo<br />

Taxi driver, ne esamina in nuova luce<br />

le musiche (appunto di Hermann). Un<br />

lavoro particolarmente impegnativo,<br />

perché rielaborare, arrangiare e adattare<br />

dei brani, concepiti per orchestre sinfoniche<br />

e d’archi, per un quartetto jazz, è<br />

stato quasi come reinventarli. Un lavoro<br />

di vera e propria composizione, come sottolinea<br />

l’artista: “Ho voluto creare degli<br />

spazi improvvisativi totalmente originali,<br />

fatti su misura per il mio quartetto. Non è<br />

stato semplice nemmeno scegliere le tonalità;<br />

i temi suonati da un’orchestra hanno<br />

un’estensione molto ampia in termini di<br />

altezza musicale, quindi difficili da rendere<br />

per un unico strumento solista quale<br />

il sassofono. Ad ogni modo ho aspettato<br />

sempre l’ispirazione giusta, dettatami<br />

dalla musica originale, senza mai forzarla.<br />

In Taxi driver ho cambiato totalmente<br />

l’impianto armonico del brano; in Marnie,<br />

dopo lo sviluppo del tema, ci sono<br />

nuove parti che non hanno alcuna attinenza<br />

armonica con il brano originale;<br />

nella Scene d’amour di Vertigo ho inserito<br />

invece una struttura per improvvisare, simile<br />

a una piccola parte del tema, ma dilatata;<br />

in Twisted nerve e Psycho ho dato<br />

sfogo alla mia vena modale; nel Preludio<br />

di Vertigo, Alessandro La Corte ha arrangiato<br />

tenendo fede alla struttura armonica<br />

del brano, utilizzando sax e contrabbasso<br />

come ensemble ed inserendo degli<br />

elementi ritmici tipici del drum&bass. C’è<br />

poi una track intitolata From Marnie to<br />

Twisted nerve che è una mia composizione<br />

di concezione quasi free, che fa da ponte<br />

tra i due brani. Molto importante è stato<br />

poi l’inserimento dei sintetizzatori, direi<br />

fondamentale per lo sviluppo di alcune sonorità”.<br />

Tutte le musiche, in pratica, sono<br />

tratte da thriller psicologici in cui i protagonisti<br />

sono affetti da psicosi, nevrosi, ansie<br />

e fobie e il disco può essere anche inteso<br />

come l’invito a una riflessione di carattere<br />

sociale, un’attenzione particolare rivolta<br />

alle persone affette da disturbi psichici di<br />

diversa gravità, come conferma l’artista: “La<br />

mia speranza è che la società e le istituzioni<br />

possano accorgersi della presenza di tante<br />

persone ammalate e sfortunate, molte volte<br />

86 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


Jazz<br />

“invisibili”, e che possano tendere una mano<br />

a loro e ai loro familiari, troppo spesso abbandonati<br />

a se stessi”.<br />

Particolare è anche l’organizzazione del lavoro<br />

all’interno del quartetto, dove ha<br />

lavorato con Alessandro La Corte, in<br />

arte pianista e co-arrangiatore di questo<br />

quartetto, compagno, nella vita, di Carla<br />

Marciano: “In genere io compongo o arrangio<br />

al pianoforte, le mie idee prendono<br />

forma lì e poi si spostano sul sassofono.<br />

C’è poi una fase di confronto tra noi due,<br />

visto che anche lui è un fine arrangiatore.<br />

Quindi arriva il momento del lavoro di<br />

scrittura delle parti che, nel caso di questo<br />

disco, è stato davvero impegnativo:<br />

proprio Alessandro mi è stato di grande<br />

aiuto. Per alcuni brani è stato quasi come<br />

scrivere delle partiture di musica classica.<br />

Non è un caso, infatti, l’aver suscitato<br />

l’interesse della Challenge Records, che è<br />

anche un’etichetta di musica classica oltre<br />

che di jazz”. Su www.suono.it, disponibile<br />

l’intervista integrale all’artista.<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 87


SELECTOR<br />

di Daniele Camerlengo<br />

Giovanni Falzone Open Quartet<br />

L’ALBERO<br />

DELLE FATE<br />

Parco Della Musica Records<br />

Distesa brillante e spazio magico, un luogo che<br />

offre passaggi d’umore e favorisce il lento fluire<br />

di energie cosmiche dentro noi e le nostre fugaci<br />

vite. La grandezza della normalità che accoglie<br />

il libero pensiero creativo del trombettista Giovanni<br />

Falzone, quel delizioso paesaggio del Lago di Endine ha<br />

ispirato L’albero Delle Fate, il nuovo lavoro discografico licenziato<br />

dalla Parco Della Musica Records. Un suggestivo racconto<br />

sonoro delle sue escursioni d’animo accolto e avvalorato da un<br />

nobile quartetto che annovera Enrico Zanisi al piano, Jacopo<br />

Ferrazza al contrabbasso e l’illuminante Alessandro Rossi alla<br />

batteria. Cartoline fatte da idee melodiche e sentieri armonici<br />

carichi di purezza emozionale. La tromba di Falzone soffia bellezza<br />

e ne dipinge l’incanto, derimendo le sozzure e gli abbagli<br />

della virtualità contemporanea. Il ritmo pervade l’intero flusso<br />

compositivo che avvicenda al jazz la ricerca e le forme di scrittura<br />

che hanno caratterizzato il XX Secolo. Una piacevole ed<br />

errante indagine acustica che acuisce la già notevole discografia<br />

di Giovanni Falzone.<br />

Brian Lynch<br />

THE OMNI-AMERICAN<br />

BOOK CLUB /<br />

MY JOURNEY THROUGH<br />

LITERATURE IN MUSIC<br />

Hollistic MusicWorks<br />

Una ardente passione che cresce e si sedimenta nel<br />

sorriso luminoso degli occhi che scorrono parole e<br />

punteggiatura, un movimento che vibra ed alimenta<br />

la fame di storie e di pensiero umano e nella purezza<br />

della vicinanza di intenti si lega indissolubilmente al<br />

linguaggio di suoni e ai suoi costrutti estemporanei. Questo è stato il<br />

moto passionale che ha permesso a Brian Lynch, vincitore del prestigioso<br />

GRAMMY, di realizzare The Omni-American Book Club, nuovo lavoro<br />

discografico in due CD. Un progetto musicale per “Big band” composto<br />

e arrangiato da Lynch a cui partecipano numerose stelle del jazz: Regina<br />

Carter, Donald Harrison, Dave Liebman, Dafnis Prieto, Orlando “Maraca”<br />

Valle e Jim Snidero. The Omni-American Book Club, sottotitolato<br />

“My Journey Through Literature In Music”, è legato concettualmente al<br />

libro The Omni-Americans dello scrittore afroamericano Albert Murray,<br />

che Lynch lesse durante il liceo rimanendo folgorato dalla descrizione<br />

della società americana sostenuta nella sua evoluzione dalla coscienza<br />

sociale e culturale afroamericana. Lo scorrere compositivo offre una<br />

veduta d’insieme del mondo di Lynch come compositore, arrangiatore<br />

e solista nella sua prima esperienza da leader in una Big Band, rivelando<br />

all’interno della sua preziosa scrittura le influenze di musica latina, jazz,<br />

hip hop, trap e funk. Esempio della sagacia e brillantezza delle conturbanti<br />

idee musicali i coinvolgenti ritmi swing e latini accolti e arricchiti<br />

dal lavoro creativo del sax soprano del leggendario Dave Liebman in The<br />

Trouble With Elysium.<br />

88 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


SELECTOR<br />

Eric Hofbauer And Dylan Jack<br />

REMAINS OF<br />

ECHOES<br />

Creative Nation Music<br />

Un ideale mosaico di copertine belle e caratterizzanti, i<br />

dischi degli eroi musicali che hanno colonizzato molte<br />

adolescenze irrequiete e attraverso le loro canzoni ne<br />

hanno influenzato i momenti cruciali. Storie di suoni<br />

che grazie alla loro ricchezza narrativa hanno avuto<br />

una presa diretta e devastante nelle coscienze creative di Eric Hofbauer e<br />

Dylan Jack che con Remains Of Echoes, ultima fatica discografica licenziata<br />

dalla Creative Nation Music, hanno voluto ricordare il loro passato<br />

di ascolti e l’evoluzione temporale e cognitiva che ne ha permesso una<br />

nuova e brillante interpretazione. Il titolo di questo album ritorna concettualmente<br />

al pensiero scarno ed essenziale contenuto nel brano Up<br />

From the Skies di Jimi Hendrix, che si domanda se la musica non sia<br />

altro che i resti di vibrazioni ed echi di un passato remoto. Hofbauer e<br />

Jack destrutturano il reperto compositivo, ponendo l’attenzione sull’aspetto<br />

resiliente e ancestrale della scrittura e della nuova esposizione.<br />

Libertà d’intenzione nella rivisitazione dei temi e una scarna deposizione<br />

di ciò che rimane delle ammiccanti vibrazioni dei brani dei loro idoli,<br />

disegnando una linea immaginaria che va da Ellington a Charlie Parker,<br />

da Monk a Mingus, da Miles a Ornette e Don Cherry, giungendo fino a<br />

Hendrix e ai Police. La peculiarità che pervade l’intera esperienza d’ascolto<br />

è la circolarità emozionale che si respira nel dialogo strumentale<br />

tra gli improvvisatori dell’area di Boston, soprattutto il loro modo di<br />

cercarsi e incunearsi tra le cellule melodiche e ritmiche, nel tentativo<br />

di immaginare una vita altra della materia musicale.<br />

Aldo Mella<br />

UDITO<br />

Claudiana<br />

Il magazzino aurale di una vita impastata di suoni e contrabbasso,<br />

un percorso nato dal caso avverso ma ficcante nel<br />

suo sviluppo di crescita. Il succedaneo incedere del senso<br />

e dello straordinario racconto di ciò che è stata la propria<br />

esperienza musicale rendono questa opera discografica un<br />

ricco grimorio di vita vissuta. Aldo Mella regala agli appassionati di<br />

jazz e non solo Udito, un cofanetto composto da due CD, licenziato<br />

dalla prestigiosa Claudiana, nel quale propone una musica già<br />

sentita ma che racchiude le variegate influenze musicali che hanno<br />

caratterizzato la sua formazione di musicista. Un lavoro compositivo<br />

che nasce a seguito di un infortunio a un dito che ha costretto il<br />

contrabbassista di Pinerolo a non poter suonare il suo strumento per<br />

molti mesi e quindi a dedicarsi alla scrittura e agli arrangiamenti.<br />

Una mole di materiale che è stato condiviso con i compagni di sempre,<br />

ben 46 musicisti che hanno approvato, entusiasti, il progetto,<br />

colorando con le loro visioni creative i vibranti mondi di Mella che<br />

si aprivano ai loro strumenti. Il Jazz, le colonne sonore degli anni<br />

Settanta, le conturbanti musiche dei popoli ma soprattutto un favoloso<br />

interscambio di energia positiva ed emozioni che coinvolge già<br />

dalla prima traccia. Cari amici Udite e lasciatevi rapire dalla bellezza<br />

che le vostre orecchie accoglieranno ben volentieri.<br />

90 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


Molta strada<br />

ancora da fare…<br />

Per molti millennians la persona nella foto è un illustre sconosciuto, eppure<br />

è l’autore di un libro diventato icona di un movimento generazionale fondato<br />

su una sorta di perpetuo movimento e scandito da un nuovo tipo di musica<br />

fonte ispiratrice di un fenomeno culturale come il beat.<br />

Il continuo desiderio di migliorare, la necessità di non fermarsi alla superficie<br />

degli eventi sono anche la “cifra” dell’operare di <strong>SUONO</strong> e ne hanno determinato<br />

la lunga strada percorsa dal 1971 ad oggi. Molta strada è ancora da fare,<br />

sopratutto per andare oltre lo stato di fatto, i preconcetti e i luoghi comuni...<br />

: l’altro punto di vista<br />

SOLO SUL<br />

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CUT ‘N’ MIX CONCERTI | CINEMA | LIBRI | SOCIETÀ | ARTE<br />

Totalmente<br />

dentro la musica<br />

di Daniele Camerlengo<br />

Canta da quando ha iniziato a pronunciare le sue prime parole - “mia madre spesso cantava in casa<br />

e mi divertivo a farlo insieme a lei” - ma la consacrazione alla musica per Emma Frank è avvenuta<br />

verso i 20 anni ed è stata totalizzante, al punto da non poterne più fare a meno.<br />

Nelle visioni immateriali<br />

di dentro Emma<br />

Frank mette a nudo<br />

le sue idee di amore, lussuria,<br />

insicurezza, impegno e tristezza<br />

per avvicinare le intimità della<br />

sua mente a coloro che ascoltano<br />

la sua musica; canzoni che<br />

durante le loro vite fanno luce su<br />

alcuni aspetti esistenziali della<br />

cantante rimasti fino a quel momento<br />

nell’ombra, incorniciati<br />

da testi penetranti e dalla sua<br />

voce calda e sottile come la seta.<br />

Una carriera in evoluzione che<br />

già l’ha portata sui palcoscenici<br />

più prestigiosi di tutto il mondo.<br />

Ora, con Come Back, il nuovo e<br />

straordinario lavoro discografico,<br />

è pronta a entrare nei cuori<br />

e nelle orecchie di chi ancora<br />

non ha carezzato la sua bellezza<br />

creativa. Di questo e altro parla<br />

in esclusiva per <strong>SUONO</strong>...<br />

Raccontaci il tuo percorso<br />

di studi musicali.<br />

Ho preso qualche lezione di piano<br />

da bambina e ho iniziato a<br />

prendere lezioni di canto all’età<br />

di undici anni. Facevo parte di<br />

diverse formazioni corali e nel<br />

frattempo mi dedicavo molto<br />

al teatro musicale. Nell’ultimo<br />

anno di liceo, l’insegnante e direttrice<br />

della jazz band scolastica<br />

mi ha chiesto di farne parte,<br />

una fantastica esperienza che<br />

ha accresciuto il mio bagaglio<br />

di conoscenze e ha aperto molto<br />

la mia mente. Successivamente<br />

ho conseguito una laurea in<br />

letteratura al college ma è stato<br />

molto frustrante: non credo di<br />

aver capito quanto potesse essermi<br />

utile nel proseguo delle<br />

mie attività professionali. Ho<br />

trascorso tutto il mio tempo<br />

libero lavorando sulla musica<br />

- principalmente prendendo lezioni<br />

private di voce, pianoforte<br />

e teoria musicale, oltre a un paio<br />

di lezioni facoltative di coro jazz<br />

e storia della musica.<br />

L’Eroe o un periodo musicale<br />

che ti ha accompagnata<br />

durante la tua formazione?<br />

Non so se ho un eroe musicale<br />

al momento. Ci sono così tanti<br />

artisti formidabili là fuori che<br />

fanno musica eccezionale. Ho<br />

avuto alcuni mentori - Amanda<br />

Baisinger è stata la mia prima<br />

insegnante vocale e ha avuto<br />

una grande influenza su di me,<br />

Dominique Eade, con cui ho<br />

preso lezioni di canto per diversi<br />

anni, e Aaron Parks, che è stato<br />

una parte centrale della mia crescita<br />

artistica negli ultimi anni.<br />

Cosa vuol dire oggi essere<br />

una cantante di jazz?<br />

Difficile definirlo. Non sono sicura<br />

di identificarmi come una<br />

cantante jazz, anche se adoro<br />

improvvisare e mi piace usare<br />

la composizione come punto di<br />

partenza per l’improvvisazione.<br />

92 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


XXX XXX<br />

EMMA FRANK<br />

Come Back<br />

Justin Time Records<br />

Conosci il movimento<br />

musicale BAM?<br />

Si lo conosco e con loro ho un<br />

ottimo feeling.<br />

Le intenzioni di vita e il<br />

viaggio immateriale dei suoi<br />

pensieri sono le tematiche<br />

forti dell’album Come Back.<br />

Come nasce questa terza<br />

fatica discografica?<br />

Ho scritto alcune canzoni e poi<br />

le ho finalizzate con Aaron Parks<br />

e con il mio produttore Franky<br />

Rousseau. Le abbiamo registrate<br />

a Montreal e successivamente<br />

abbiamo trascorso molto tempo<br />

in post produzione, aggiungendo<br />

suoni e archi.<br />

Come prendono vita le tue<br />

composizioni?<br />

In genere scrivo, contemporaneamente,<br />

armonia, melodia<br />

e testi e dato che si tratta di<br />

un mole enorme di informazioni,<br />

trascorro molto tempo a<br />

riguardare tutto il lavoro fatto<br />

e a perfezionarlo.<br />

Che rapporto hai con<br />

l’improvvisazione?<br />

Adoro improvvisare, lo faccio<br />

da molto tempo e nel contesto<br />

giusto è una delle mie libertà<br />

preferite. Non amo improvvisare<br />

sugli standard o utilizzando<br />

il tipico linguaggio bebop. Non<br />

mi viene naturale farlo.<br />

Cosa racconti nel singolo<br />

I Thought?<br />

Il messaggio è qualsiasi cosa<br />

riesca a entrarti dentro. Mi<br />

piace quando una canzone è<br />

abbastanza vaga da consentire<br />

alle persone di interpretarla<br />

in base alle loro emozioni e<br />

necessità esistenziali. Attraverso<br />

questa canzone sono riuscita<br />

a scansionare le mie abitudini<br />

di pensiero e a riconoscere che<br />

le mie convinzioni non sono<br />

sempre vere.<br />

In una tua playlist ideale<br />

quali brani o compositori<br />

non mancherebbero mai?<br />

Sicuramente Becca Stevens,<br />

Hiatus Kaiyote, Blake Mills,<br />

Andy Shauf, Joni Mitchell,<br />

Nina Simone, Alice Coltrane,<br />

Big Thief.<br />

Cosa accadrà nel tuo futuro<br />

prossimo? E quando verrai<br />

in Italia?<br />

Sono appena tornata da un lungo<br />

e gratificante tour. Adesso<br />

che sono tornata a casa sono<br />

felice di iniziare nuovamente<br />

a scrivere. Dovrei tornare in<br />

Europa a settembre/ottobre<br />

del 2020!<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 93


CUT ‘N’ MIX<br />

LIBRI<br />

Chris Roberts<br />

ELTON JOHN\ ROCKET MAN<br />

Rizzoli Illlustrati 240 pp – 34,99 euro<br />

Testimonianza autorevole<br />

con ben 235 immagini,<br />

incluse fotografie<br />

rare e finora inedite di<br />

Reginald Dwight meglio<br />

conosciuto come<br />

Elton John, un ragazzo<br />

timido, cresciuto a Pinner,<br />

immediata periferia<br />

di Londra, con un<br />

talento naturale per il pianoforte che sognava<br />

di diventare una pop star nonostante il<br />

parere opposto dei genitori. Ma al destino<br />

non ci si può opporre: a ventitré anni, dopo<br />

una partenza a razzo in Inghilterra, quel tipo<br />

strampalato, che inforcava degli occhialini<br />

alla Buddy Holly, fece il suo debutto anche<br />

in America, di fronte a un pubblico inizialmente<br />

perplesso e poi totalmente avvinto: il<br />

nostro indossava una salopette giallo brillante,<br />

una maglietta disseminata di stelle luccicanti<br />

e degli stivali con le ali. Fu un trionfo e<br />

da quel momento in poi il mondo della musica<br />

non sarebbe più stato lo stesso. Sbalzato<br />

in un’altalena di emozioni che hanno contraddistinto<br />

il suo privato come la musica,<br />

ecco le vorticose immagini che ne hanno<br />

fatto il cantante inglese più popolare dai<br />

tempi dei Beatles. Al centro di tutto c’è ovviamente<br />

la musica: il prediletto pianoforte,<br />

i concerti che lo hanno consacrato all’olimpo<br />

del rock, proprio da quel primo show al Troubadour<br />

di Los Angeles, passando per i magici<br />

tour di Captain Fantastic che ne hanno<br />

costellato gli anni Settanta e proiettato di<br />

slancio negli anni Ottanta. Sullo sfondo le<br />

preziose amicizie con Lady Diana, Gianni Versace,<br />

John Lennon, Freddie Mercury e George<br />

Michael, fino alla creazione della Elton<br />

John AIDS Foundation e il recente Farewell<br />

Yellow Brick Road: più di 300 concerti attraverso<br />

cinque continenti per dare l’arrivederci<br />

alla musica e stare più con suo marito<br />

David e i piccoli che hanno adottato. Per<br />

condensare il racconto fotografico di una vita,<br />

tra sfarzi, scivoli e resurrezioni fra palco e<br />

realtà.<br />

Vittorio Pio<br />

Alberto Fiori<br />

SCRIVO RACCONTI PERCHÉ L’ATTENZIONE<br />

SCEMA<br />

L’Erudita 176 pp – 20,00 euro<br />

Il libro è una raccolta di<br />

trentuno storie dallo stile<br />

fluido che porta alle<br />

estreme conseguenze<br />

situazioni politiche e<br />

sociali negative. L’autore<br />

de Il capitolo che non c’era<br />

di Pinocchio, il musicista<br />

Alberto Fiori, si lancia<br />

nella sfida, attraverso<br />

una serie di racconti brevi,<br />

di attirare alla lettura<br />

anche chi non lo è. Fiori<br />

ha promosso il libro con dei reading con la sua<br />

band, I Merlatti, mischiando la narrazione alle<br />

atmosfere sonore che ha immaginato potessero<br />

supportarla.<br />

Agostino Bistarelli<br />

Francesco Faraci<br />

JOVA BEACH PARTY\CRONACHE DA UNA<br />

NUOVA ERA<br />

Rizzoli Electa 256 pp – 24,99 euro<br />

Arriva l’instant book di<br />

una delle tournèe più<br />

chiacchierate della storia,<br />

ovvero l’ardito beach<br />

party di Lorenzo Jovanotti<br />

in alcune delle più suggestive<br />

località italiane.<br />

Si è fatto un gran parlare,<br />

spesso a sproposito, di<br />

quello che è stato un<br />

happening unico e colorato,<br />

profondamente rispettoso dei luoghi in cui<br />

si è svolto e che ha unito un pubblico pacifico<br />

per quanto disomogeneo, riguardo ad estrazione<br />

e classe anagrafica, nel segno del teorema<br />

“godere senza distruggere”. In queste pagine<br />

Faraci sigilla un perfetto diario di ciò che è successo<br />

su e giù per l’Italia, da Lignano a Rimini,<br />

da Roccella Jonica a Fermo, con una ostica tappa<br />

in montagna nello stupendo scenario di Plan<br />

de Corones e l’ultimo bagno di folla a Linate. Un<br />

mare di facce che fuoriesce con la sequenza<br />

giusta negli scatti di Faraci, capace di intercettare<br />

quel salto di frequenza in cui Jovanotti e la<br />

sua gente si sono innescati vicendevolmente,<br />

con una carica di energia e vibrazioni positive<br />

che fanno categoria a sè: immagini potenti, liberatorie<br />

e quasi selvagge, dal momento che<br />

l’adunata iniziava nel primo pomeriggio sotto<br />

un sole cocente e vicino al mare, quindi complice<br />

di istantanee disinibizioni a colpi di beat a<br />

levare. Chi c’era lo sa e ve lo confermerà, gli altri<br />

invece potranno meditare su un progetto e un<br />

personaggio che, piaccia o meno, è stato coerente<br />

e coraggioso nel suscitare estasi (fra i suoi<br />

fan) e scontento (fra i perbenisti oltranzisti e<br />

decostruttivi), che ne hanno seguito morbosamente<br />

le gesta.<br />

Vittorio Pio<br />

Daryl Sanders<br />

BOB DYLAN<br />

UN SOTTILE SELVAGGIO <strong>SUONO</strong> MERCU-<br />

RIALE. BOB DYLAN, NASHVILLE E BLONDE<br />

ON BLONDE<br />

Jimenez 285 pp – 18,00 euro<br />

Una giovane e appassionata<br />

casa editrice svela i<br />

restroscena di Blonde on<br />

Blonde, pietra miliare dylaniana<br />

che ha molti motivi<br />

per essere analizzato<br />

con tale dovizia di particolari,<br />

rispetto alla frammentazione<br />

giunta sino<br />

a qui: intanto si tratta del<br />

primo album doppio della storia, capace di giocare<br />

d’anticipo di qualche settimana rispetto<br />

all’altrettanto seminale Freak Out di Frank Zappa.<br />

Dal quel momento in poi i 33 giri saliranno definitivamente<br />

di rango in barba al lungo regno<br />

dei 45, anche grazie all’introduzione della più<br />

cerebrale (e blasonata) definizione di conceptalbum.<br />

Siamo nel 1966, a pochi mesi dal clamore<br />

del festival di Newport e Dylan è più che mai<br />

intenzionato a proseguire nella sua svolta elettrica,<br />

prendendo le distanze da quegli accenti<br />

di protesta propri al folk-rock, per incendiare le<br />

sue liriche con riferimenti criptici e plumbei,<br />

visionari e allegorici, colti e illuminati che pescano<br />

da Shakespeare e Rimbaud come la musica<br />

al country e al tex-mex. Decide di approfondire<br />

temi fino a quel momento per lui inediti,<br />

come ad esempio lo straniante affresco sulla<br />

femminilità che è contenuto nella palpitante<br />

Visions of Johanna, anche se un pò in tutto l’al-<br />

94 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


XXX XXX<br />

bum troviamo una celebrazione, non sempre lusinghiera,<br />

della donna. Questo è l’accesso a quel<br />

backstage così tanto vagheggiato e sempre tenuto<br />

nascosto, con le testimonianze dirette, di cui non<br />

si aveva traccia esplicita, di molte delle figure che<br />

bazzicarono quello studio di registrazione alla ricerca<br />

di “quel sottile e selvaggio suono mercuriale”,<br />

secondo una dichiarazione resa in una celebre intervista,<br />

che portò il nostro uomo dalle fascinazioni<br />

newyorkesi all’essenzialità di Nashville. Dylan<br />

scelse musicisti del calibro di Robbie Robertson e<br />

Al Kooper (proprio l’organo è lo strumento che<br />

conferisce l’identità primaria al disco), nella gestazione<br />

di un capolavoro divenuto poi una magnifica<br />

ossessione anche per le generazioni a venire, come<br />

analizzato dallo stesso Sanders nella calzante traduzione<br />

di Alessandro Besselva Averame.<br />

Vittorio Pio<br />

Massimo Padalino<br />

STORIE DI ORDINARIA FOLLIA ROCK<br />

Giunti 192 pp – 16,90 euro<br />

Ventisette ritratti per altrettanti<br />

affacci sul baratro<br />

della follia. Ordinaria però,<br />

quindi ineluttabile, come<br />

se si dovesse agire in quello<br />

stato di estraniamento<br />

dalla realtà per arrivare ad<br />

essere realmente creativi.<br />

Superstar assolute come<br />

gli Stones, Elvis, Zappa,<br />

Bowie, Syd Barrett, Nick Drake, Captain Beefheart<br />

si danno idealmente la mano inseguendosi in<br />

una galleria di paranoici, bugiardi, depressi, maniaci,<br />

schizzati, narcisisti e tossici, di cui vengono<br />

offerti aneddoti, connessioni, percorsi e cadute,<br />

al netto della statura siderale di artisti e delle loro<br />

spesso conseguenti miserie umane. In fondo<br />

ognuno di loro dovrebbe essere considerato per<br />

quanto di straordinario è stato realizzato sul palco<br />

e molto meno per la parallela e spesso angosciosa<br />

dimensione umana, di cui a volte viene<br />

preso in rassegna un singolo episodio, mentre in<br />

altre occasioni si scandaglia il carattere e le sue<br />

pericolose reiterazioni che ne hanno afflitto tutto<br />

quello che circolava su e giù da un palco. Lo<br />

stile è asciutto, le considerazioni argute e lucide,<br />

e anche quando si dirotta verso icone del jazzsoul<br />

come Thelonious Monk, Sun Ra e Nina Simone,<br />

la lettura rimane avvincente e fluida.<br />

Vittorio Pio<br />

La bella gente<br />

della Terrazza Martini<br />

La prima fu inaugurata a Parigi nel 1948, a<br />

seguire Milano, Barcellona, Pessione, Bruxelles,<br />

San Paolo, Londra e Genova. A Pessione,<br />

la Terrazza nasce dove nel 1863 Alessandro<br />

Martini e Luigi Rossi diedero vita al celebre<br />

aperitivo e precisamente nella palazzina<br />

in cui lo stesso Luigi viveva con la propria<br />

famiglia. A Milano la terrazza era un riferimento<br />

di qualità nell’ambito musicale: una<br />

presentazione in quella cornice era sinonimo<br />

di qualità...<br />

All’inizio furono i “Grandi Concerti Radiofonici<br />

Martini & Rossi”, che nel 1936 (e fino<br />

al 1964, con 352 esecuzioni) davano il via<br />

a un’iniziativa del tutto innovativa: grazie<br />

a questi appuntamenti musicali, gli italiani<br />

potevano scoprire e apprezzare i più grandi<br />

nomi della lirica da Maria Callas a Beniamino<br />

Gigli. Un binomio, quello Martini – musica<br />

classica, che sarebbe continuato anche negli<br />

anni Ottanta con il ciclo di concerti dedicati<br />

a Mozart con il violinista Salvatore Accardo.<br />

Non solo classica però: alle Terrazze hanno<br />

fatto tappa i nomi più importanti della musica<br />

italiana e internazionale, del rock pop e jazz:<br />

Herbert Von Karajan, Luciano Pavarotti, Amalia<br />

Rodriguez, Miriam Makeba, Bill Haley, Cindy<br />

Lauper, Yves Montand Harry Belafonte (nella<br />

foto) e Charles Aznavour, per non parlare di<br />

veri e propri eventi fenomenali come quando<br />

i Rolling Stones a Bruxelles nel 1964 radunano<br />

ai piedi del grattacielo che ospita “la Terrazza”<br />

un tale numero di persone da rendere necessario<br />

l’intervento della polizia per dirigere il<br />

traffico ormai bloccato.<br />

Una storia non ancora sopita, magari con una<br />

minore allure che in passato ma ancora ricca di<br />

un portato invidiabile: nel 2019 la partnership<br />

con il Jova Beach Party ma soprattutto la mostra<br />

“Terrazze Martini. Uno sguardo sul mondo”<br />

che racconta l’intreccio tra Martini e la storia<br />

della musica documentato da oltre trecento<br />

immagini inedite: Iva Zanicchi, i Rockets, Domenico<br />

Modugno, Ray Charles, Dionne Warwick,<br />

Rocky Roberts, Nancy Sinatra, Dalida e<br />

Julio Iglesias solo per citarne alcuni...<br />

<strong>SUONO</strong> dicembre 2019 95


CUT ‘N’ MIX<br />

Strategie<br />

vo’ cercando<br />

L’ultimo giorno dello scorso ottobre<br />

ha visto l’inaugurazione presso<br />

il centro vendita LMC (Legendary<br />

Music & Cinema) Home Entertainment<br />

di Scottsdale, in Arizona,<br />

del “Focal Powered By Naim<br />

store”, non solo un angolo di un HYDE PARK<br />

negozio dedicato a queste marche<br />

o al più un negozio all’interno di<br />

CORNER<br />

un negozio; si tratta, infatti, diuna struttura con un proprio ingresso,<br />

separato dal negozio principale di LMC, ed è stato progettato dal team di<br />

Focal Naim per offrire al visitatore una completa esperienza con l’offerta<br />

di prodotti Focal e Naim. Sento aleggiare un gigantesco “...e chissene frega?”<br />

ma, vi prego, trattenetelo per un momento e continuante a leggere.<br />

Le opportunità offerte agli appassionati da questa iniziativa presentano<br />

vari aspetti interessanti: dalla possibilità di provare tutta la gamma di<br />

cuffie Focal alimentate dagli ottimi amplificatori Naim all’occasione di<br />

poter ascoltare un sistema monstre come quello composto dal network<br />

player Naim ND 555, con alimentazione separata (555 PS) per ogni<br />

canale, la coppia pre e finale Statement sempre di Naim e i diffusori<br />

Grande Utopia EM, il tutto assemblato e tarato al meglio (o quantomeno<br />

secondo i dettami ufficiali), visto che gli staff originali di Focal e Naim<br />

hanno partecipato alla messa a punto e all’inaugurazione dell’evento.<br />

Da LMC il visitatore può anche ascoltare un raffinato sistema in wall o<br />

una configurazione top per l’home theater e così via, in una completa<br />

rappresentanza di quel che i due marchi hanno pensato, sviluppato,<br />

costruito… Perché Naim e Focal, i più attenti lo sanno, sono parte della<br />

stessa società, controllata da un Equity Found. È abbastanza logico<br />

supporre che oltre a essersi incontrati, i due partner si siano scelti: Focal<br />

utilizza Naim come partner sonoro nelle sue uscite pubbliche e viceversa;<br />

entrambi utilizzano sistemi di riferimento (nelle sale d’ascolto aziendali,<br />

nel centro ricerca). E non è balzano immaginare che in qualche modo<br />

i programmi, la progettazione e il panorama di prodotti offerto siano<br />

sinergici. Niente di straordinario, normale amministrazione potremmo<br />

dire, almeno per quel che riguarda buona parte dei gruppi pluri marchio,<br />

una realtà che si è andata consolidando in queso terzo millennio, in<br />

particolare nel segmento dell’Hi-end dove un gruppo con capitale anche<br />

italiano (McIntosh Group) è stato uno degli antesignani in tal senso.<br />

Peccato che tali sinergie si diluiscano in parte a causa di strategie di<br />

distribuzione sedimentate nel tempo prima delle “fusioni” che in molti<br />

casi (sia McIntosh Group che Focal - Naim sono tra questi), vedono<br />

polverizzati i marchi su più distributori, situazione che annienta certe<br />

strategie di marketing studiate alla fonte. A meno che, ed è la direzione<br />

verso cui molti gruppi globali si stanno muovendo, non si provveda a<br />

riunificare il tutto anche a livello di distribuzione. McIntosh Group aveva<br />

in animo di creare dei centri pilota in Italia dopo averlo fatto negli USA<br />

ma gli manca un tassello per farlo. Stesso discorso per Naim e Focal.<br />

A meno che… Perché a pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina.<br />

Copyright Giulio Andreotti.<br />

Il Tremila<br />

PILLOLE DA 3000 MCG<br />

E POI DICONO<br />

DEGLI AUDIOFILI!<br />

A Sciocola’, il Festival del Cioccolato che si<br />

tiene a Modena, il maestro cioccolatiere<br />

Mirco Della Vecchia come omaggio al 50°<br />

compleanno di Michael Schumacher ha<br />

realizzato una copia in grandezza naturale<br />

della Ferrari F2004, l’auto con la quale il<br />

campione conseguì il maggior numero di vittorie. Venticinque i quintali di cioccolato<br />

Callebaut, uno dei maggiori produttori di cioccolato in Italia. A quando i<br />

cavi di potenza in cioccolato?<br />

NOMADI DIGITALI,<br />

QUINDI CON LA MUSICA<br />

Uno dei mezzi di elezione per gli<br />

spostamenti nella grande epoca dei<br />

concerti (do you know Woodstock?), il<br />

Ford Transit era e rimane il camper per<br />

eccellenza, attrezzato o abborracciato<br />

da casa mobile. Certo, quello attuale ha<br />

poco a che fare con il modello iconico di<br />

tanti anni fa, ma il Wi-Fi a bordo consente di lavorare e accedere allo streaming di<br />

musica e video per dieci dispositivi con un raggio d’azione di 15 metri dal veicolo.<br />

A TREVISO<br />

NON SOLO PER IL PALLADIO<br />

Per tutto novembre e fino al 7 dicembre<br />

Treviso è la capitale mondiale<br />

della Musica a Cappella: cinque gli<br />

appuntamenti con grandi ospiti da<br />

tutto il mondo per l’edizione numero<br />

15 della kermesse internazionale<br />

VivaVoce Festival.<br />

96 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


COOP.GIORNALISTICA MONDO NUOVO<br />

Sede in: VIALE BRUNO BUOZZI, 72 - 00197 - ROMA (RM)<br />

Codice fiscale: 04028131003 Partita IVA: 04028131003<br />

Capitale sociale: Euro 1.500,00 Capitale versato: Euro 1.500,00<br />

Registro imprese di: Roma N. iscrizione reg. imprese: 04028131003<br />

N.Iscrizione R.E.A.: 727347<br />

Bilancio al 31/12/2018<br />

STATO PATRIMONIALE ATTIVO<br />

al 31/12/2018 al 31/12/2017<br />

B ) Immobilizzazioni, con separata indicazione di quelle<br />

concesse in locazione finanziaria:<br />

I ) Immobilizzazioni immateriali: 3.678 4.601<br />

II ) Immobilizzazioni materiali: 5.620 9.768<br />

TOTALE Immobilizzazioni, con separata indicazione<br />

di quelle concesse in locazione finanziaria:<br />

9.298 14.369<br />

C ) Attivo circolante:<br />

I ) Rimanenze: 985 983<br />

II ) Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce,<br />

degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo:<br />

Entro l’esercizio 433.545 470.807<br />

Oltre l’esercizio (3.000) (3.000)<br />

TOTALE Crediti, con separata indicazione, per<br />

430.545 467.807<br />

ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio<br />

successivo:<br />

III ) Attivita’ finanziarie che non costituiscono<br />

20.000 20.000<br />

immobilizzazioni:<br />

IV ) Disponibilita’ liquide: 20.335 64.048<br />

TOTALE Attivo circolante: 471.865 597.044<br />

D ) Ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio 20.316 177<br />

su prestiti:<br />

TOTALE ATTIVO 501.479 564.300<br />

STATO PATRIMONIALE PASSIVO<br />

A ) Patrimonio netto:<br />

I ) Capitale 1.500 1.500<br />

IV ) Riserva legale 604 604<br />

VII ) Altre riserve, distintamente indicate: 76.034 77.904<br />

IX ) Utile (perdita) dell’esercizio 179 (1.870)<br />

TOTALE Patrimonio netto: 78.317 78.138<br />

B ) Fondi per rischi ed oneri: 320 320<br />

C ) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato 3.422 -<br />

D ) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce,<br />

degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo:<br />

Entro l’esercizio 417.764 465.326<br />

Oltre l’esercizio 1.656 20.516<br />

TOTALE Debiti, con separata indicazione, per<br />

419.420 485.842<br />

ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio<br />

successivo:<br />

TOTALE PASSIVO 501.479 564.300<br />

CONTO ECONOMICO<br />

A ) Valore della produzione:<br />

1 ) Ricavi delle vendite e delle prestazioni 160.906 212.981<br />

2), 3) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di<br />

2 (142)<br />

lavorazione, semilavorati e finiti e dei lavori in corso su<br />

ordinazione<br />

2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di<br />

2 (142)<br />

lavorazione, semilavorati e finiti<br />

5 ) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei<br />

contributi in conto esercizio:<br />

contributi in conto esercizio 16.280 166.826<br />

altri 57.694 6.422<br />

Totale altri ricavi e proventi 73.974 173.248<br />

TOTALE Valore della produzione: 234.882 329.628<br />

B ) Costi della produzione:<br />

6 ) Costi materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci 39.486 30.939<br />

7 ) Costi per servizi 105.538 220.485<br />

8 ) per godimento di beni di terzi: 206 1.897<br />

9 ) per il personale:<br />

a ) Salari e stipendi 46.419 5.594<br />

b ) Oneri sociali 14.288 1.708<br />

c), d), e) trattamento di fine rapporto, trattamento di<br />

3.422 1.176<br />

quiescenza, altri costi del personale<br />

c ) Trattamento di fine rapporto 3.422 1.176<br />

TOTALE per il personale: 64.129 8.478<br />

10 ) Ammortamento e svalutazioni:<br />

a), b), c) ammortamento delle immobilizzazioni<br />

9.127 10.241<br />

immateriali e materiali, altre svalutazioni<br />

delle immobilizzazioni<br />

a ) Ammortamento delle immobilizzazioni immateriali: 4.242 4.711<br />

b ) Ammortamento delle immobilizzazioni materiali: 4.885 5.530<br />

TOTALE Ammortamento e svalutazioni: 9.127 10.241<br />

14 ) Oneri diversi di gestione 10.429 46.979<br />

TOTALE Costi della produzione: 228.915 319.019<br />

Differenza tra Valore e Costi della produzione 5.967 10.609<br />

C ) Proventi e oneri finanziari:<br />

16 ) Altri proventi finanziari:<br />

d ) proventi diversi dai precedenti<br />

altri - -<br />

Totale proventi diversi dai precedenti - -<br />

TOTALE Altri proventi finanziari: - -<br />

17 ) interessi e altri oneri finanziari<br />

altri 3.003 7.797<br />

Totale interessi e altri oneri finanziari 3.003 7.797<br />

TOTALE Proventi e oneri finanziari: (3.003) (7.797)<br />

Risultato prima delle imposte (A - B + - C + - D) 2.964 2.812<br />

22 ) Imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite<br />

e anticipate<br />

imposte correnti 2.785 4.682<br />

Totale delle imposte sul reddito dell’esercizio,<br />

2.785 4.682<br />

correnti, differite e anticipate<br />

23) Utile (perdite) dell’esercizio 179 (1.870)<br />

Anno: 2018 DETTAGLIO RICAVI<br />

1 Vendita di copie: € 111.531,61<br />

2 Pubblicità: € 47.581,00<br />

- Diretta: € 47.581,00<br />

- Tramite concessionaria: € 0<br />

3 Ricavi da editoria on line: € 1.793,77<br />

4 Abbonamenti € 1.793,77<br />

5 Pubblicità € 0<br />

6 Ricavi da vendita informazioni e servizi : € 0<br />

7 Ricavi da altra attività editoriale: €<br />

8 Totale voci 01 + 02 + 05 + 06 + 07: € 160.906,38<br />

(1) Proventi per royalties, brevetti, marchi<br />

Il presente bilancio corrisponde al vero.<br />

Il Legale Rappresentante<br />

Marta Nicoletti


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Via di Villa Troili 4 - 00163 Roma<br />

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Direttore responsabile<br />

Paolo Corciulo p.corciulo@suono.it<br />

Direttore tecnico<br />

Fabio Masia<br />

Art Director<br />

Tommaso Venettoni<br />

Content Reviewer<br />

Francesco Bonerba<br />

Hanno collaborato<br />

Agostino Bistarelli, Francesco Bonerba, Daniele Camerlengo, Nicola Candelli, Paolo Corciulo,<br />

Carlo D’Ottavi, Marco Fullone, Antonio Gaudino, Vittorio Pio, Roberto Salafia, Il Tremila.<br />

Abbonamenti: annuale Italia € 60,00 (all inclusive).<br />

Pagamenti: c/c postale n. 62394648 o bonifico (IBAN: IT04W0760103200000062394648)<br />

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€ 90,00; Africa € 100,00; Asia/America € 110,00; Oceania € 120,00. Payments by international<br />

check (to: Cooperativa Giornalistica Mondo Nuovo - Italy).<br />

Direttore responsabile Paolo Corciulo<br />

Reg. Trib. Roma N.130 del 14/3/95 - anno XLVIX numero <strong>540</strong><br />

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Manoscritti, foto e originali, anche se non pubblicati, non si restituiscono.<br />

È vietata la riproduzione anche parziale di testi, documenti e fotografie senza l’autorizzazione<br />

scritta dell’Editore.<br />

Suono è un periodico che ha percepito (già legge 7 agosto 1990 n. 250) e percepisce i contributi<br />

pubblici all’editoria ( legge 26 ottobre 2016 n. 198, d.lvo 15 maggio 2017 n. 70).<br />

Il presente numero di <strong>SUONO</strong> è stato finito di stampare nel mese di novembre 2019.<br />

Cooperativa Giornalistica Mondo Nuovo<br />

Direttore editoriale<br />

Paolo Corciulo<br />

Distributore per l’Italia<br />

Press-di Distribuzione Stampa e Multimedia S.r.l.<br />

20134 Milano<br />

Stampa<br />

Tiber S.p.A.<br />

Via Della Volta 179 - 25124 Brescia (BS)<br />

(t) 030.35.43.439<br />

(f) 030.34.98.05<br />

INDICE INSERZIONISTI<br />

Audio Azimuth 23<br />

Audio Reference<br />

II Cop.<br />

Audiogamma - b&w 11<br />

Audiogamma - Martin Logan 19<br />

Audiogamma - Anthem 35<br />

Audioplus 41<br />

Cooperativa Giornalistica Mondo Nuovo 5, 73, 89, 91<br />

Gammalta Group - Pmc 27<br />

Gammalta Group 14, 18<br />

High Fidelity Italia - Accuphase 9<br />

Il Centro Della Musica 15<br />

Laboratorium 17<br />

Lp Audio - Moon<br />

III Cop.<br />

Mpi Electronic - PS Audio 57<br />

Mpi Electronic - Klipsch 69<br />

Mpi Electronic - Sonus Faber<br />

IV Cop.<br />

Openitem - Carot One 85<br />

Stereo Box 7<br />

Tecnofuturo - Luxman 13<br />

Tecnofuturo - Gold Note 31<br />

Tecnofuturo 49<br />

Tx Media S.r.l. - TX Media 79<br />

98 <strong>SUONO</strong> dicembre 2019


Natural Fidelity<br />

In a constant pursuit for evolution, we reinvent the<br />

collection that best serves the Sonus faber values:<br />

performance, natural sound and human touch.<br />

Olympica Nova balances decades of technological<br />

advancements with the elegance of a timeless design.<br />

It’s a tribute to Italian artisanal craftsmanship.<br />

Olympica Nova is Sonus faber.<br />

sonusfaber.com<br />

DISTRIBUTORE UFFICIALE<br />

mpi electronic - tel. 02.93.61.101 - info@mpielectronic.com - www.mpielectronic.com

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