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- - - Feltrinelli - Matthew Stewart - Il cortigiano e l'eretico. Leibniz, Spinoza e il destino di Dio nel mondo moderno

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MATTHEW STEWART<br />

<strong>Il</strong> <strong>cortigiano</strong> e<br />

l'<strong>eretico</strong><br />

<strong>Leibniz</strong>, <strong>Spinoza</strong> e <strong>il</strong> <strong>destino</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong> <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> <strong>moderno</strong><br />

Traduzione <strong>di</strong> Francesco e Marta C. Sircana


Titolo dell'opera originale<br />

THE COURTIER AND THE HERETIC<br />

<strong>Leibniz</strong>, <strong>Spinoza</strong> an d the fate of God in the modern world<br />

© 2006 by <strong>Matthew</strong> <strong>Stewart</strong><br />

Traduzione dall'inglese <strong>di</strong><br />

FRANCESCO e MARTA C. SIRCANA<br />

© Giangiacomo <strong>Feltri<strong>nel</strong>li</strong> E<strong>di</strong>tore M<strong>il</strong>ano<br />

Prima e<strong>di</strong>zione in "Campi del sapere" ottobre 2007<br />

Prima e<strong>di</strong>zione <strong>nel</strong>l'"Universale Economica"- SAGGI<br />

ottobre 2013<br />

Seconda e<strong>di</strong>zione gennaio 2014<br />

Stampa Nuovo Istituto Italiano d'Arti Grafiche- BG<br />

ISBN 978-88-07-88277-7<br />

IJ<br />

FSC<br />

www.fsc.org<br />

MISTO<br />

Carta<br />

dafonligeslltaln<br />

maniera responsab<strong>il</strong>e<br />

FSC"C015216


A Ka therine e Sophia


l. L'Aja, novembre 1676<br />

Per nostra fortuna, viviamo in un'epoca in cui la f<strong>il</strong>osofia è<br />

considerata una faccenda innocua. All'approssimarsi dell'autunno<br />

del 1676, invece, Baruch de <strong>Spinoza</strong> aveva ottimi motivi <strong>di</strong> temere<br />

per la propria incolumità. Uno dei suoi amici era stato giustiziato<br />

<strong>di</strong> recente, e un altro era morto in prigione. I suoi sforzi<br />

per pubblicare la sua opera fondamentale, l'Etica, si erano conclusi<br />

tra le minacce <strong>di</strong> un processo penale. Un importante teologo<br />

francese lo aveva definito "l'uomo più empio e più pericoloso<br />

del secolo". Un potente vescovo lo aveva denunciato come "quell'uomo<br />

pazzo e malvagio che merita <strong>di</strong> essere coperto <strong>di</strong> catene<br />

e fustigato con una verga". Al grande pubblico, egli era noto semplicemente<br />

come "l'ebreo ateo".<br />

Tra coloro che sembravano desiderosi <strong>di</strong> consegnare alla giustizia<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo infedele, vi era un giovane <strong>cortigiano</strong>, un eru<strong>di</strong>to<br />

dalla cultura enciclope<strong>di</strong>ca, <strong>di</strong> nome Gottfried W<strong>il</strong>helm <strong>Leibniz</strong>.<br />

In una lettera privata in<strong>di</strong>rizzata a quello stesso importante<br />

teologo francese, <strong>Leibniz</strong> descriveva l'opera <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> come "orrib<strong>il</strong>e"<br />

e "terrificante". Rivolgendosi a un famoso professore, lo<br />

chiamò "intollerab<strong>il</strong>mente impudente". A un amico confidò: "Io<br />

deploro che un uomo <strong>di</strong> una tale evidente cultura sia potuto cadere<br />

così in basso".<br />

Tuttavia, <strong>nel</strong>l'intimità del suo stu<strong>di</strong>o, <strong>Leibniz</strong> riempiva i propri<br />

quaderni con meticolosi commenti degli scritti <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Scambiava segretamente lettere con la sua pubblica nemesi, chiamandolo<br />

"celebrato dottore e profondo f<strong>il</strong>osofo". Tramite comuni<br />

amici implorava la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> esaminare una copia manoscritta<br />

dell'Etica. E, <strong>il</strong> 18 novembre 1676 o giù <strong>di</strong> lì, si recò all'Aja<br />

per conoscere <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> persona.<br />

<strong>Leibniz</strong> giunse in Olanda su un brigantino. Aveva trent'anni e<br />

si avviava a riven<strong>di</strong>care <strong>il</strong> titolo <strong>di</strong> ultimo genio universale d'Europa.<br />

Aveva già scoperto <strong>il</strong> metodo matematico che noi chiamiamo<br />

"calcolo" (dopo Isaac Newton, ma in<strong>di</strong>pendentemente da lui).


lO<br />

IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

Portava <strong>nel</strong> bagaglio la sua macchina per <strong>il</strong> calcolo aritmetico ­<br />

una cassetta <strong>di</strong> legno tutta ingranaggi e scale graduate che può<br />

ben essere considerata uno dei primi antenati del <strong>moderno</strong> computer.<br />

Aveva già cominciato a stendere la lunga lista dei suoi contributi<br />

nei più svariati campi: chimica, cronometria, geologia, storio<br />

grafia, giurisprudenza, linguistica, ottica, f<strong>il</strong>osofia, fisica, poesia<br />

e teoria politica. "Quando uno [ ... ] confronta i propri modesti<br />

talenti a quelli <strong>di</strong> un <strong>Leibniz</strong>," scrisse Denis Diderot <strong>nel</strong>la Encyclopé<strong>di</strong>e<br />

, "è tentato <strong>di</strong> gettare via i propri libri e <strong>di</strong> andare a morire<br />

in pace <strong>nel</strong>le profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> qualche angolo buio."<br />

Aveva indossato la parrucca che costituiva <strong>il</strong> suo segno <strong>di</strong>stintivo,<br />

un elaborato soprabito da viaggio, e quell'abbigliamento ricercato,<br />

coulotte al ginocchio e calze <strong>di</strong> seta, che era all'ultima moda<br />

a Parigi. "È così raro che un intellettuale si vesta in maniera<br />

adeguata, che non puzzi e che capisca gli scherzi," osservò con tono<br />

<strong>di</strong> approvazione la duchessa d'Orléans. Era <strong>di</strong> corporatura minuta,<br />

con un naso i<strong>nel</strong>u<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e e sott<strong>il</strong>e, occhi scrutatori. Spingeva<br />

la testa molto avanti rispetto alle spalle curve, e non sapeva mai<br />

che fare delle braccia. Le sue mani deformi, si <strong>di</strong>ceva, erano uncinate<br />

e sgraziate come quelle <strong>di</strong> Caronte - <strong>il</strong> vecchio e suscettib<strong>il</strong>e<br />

traghettatore dei morti. Quando sbandava lungo i canali coperti <strong>di</strong><br />

foglie, con le vesti ricercate che svolazzavano al vento d'autunno,<br />

doveva apparire come un esotico dorato uccello predatore.<br />

Rime<strong>di</strong>ava a tutto ciò con l'eleganza della mente, o almeno<br />

così pensavano i suoi contemporanei. "È un uomo che, nonostante<br />

<strong>il</strong> suo insignificante aspetto esteriore, è in grado <strong>di</strong> mantenere<br />

ciò che promette," comunicava un barone tedesco al ministro<br />

degli Esteri <strong>di</strong> Luigi XIV. Incontrare <strong>Leibniz</strong> significava essere<br />

travolti in un flusso <strong>di</strong> coscienza. Gli scritti che fluivano dalla<br />

sua penna riempiono oltre 150.000 fogli negli archivi <strong>di</strong> Hannover,<br />

e ancora non sono stati e<strong>di</strong>ti completamente. Ma vi era in<br />

lui anche qualcosa <strong>di</strong> sfuggente - una lieve tonalità <strong>di</strong> irrequietezza<br />

che non era soltanto un passeggero amore giovan<strong>il</strong>e per i<br />

viaggi. Talvolta lasciava in chi lo ascoltava la sensazione che, dopo<br />

l'abbagliante esibizione verbale, rimanesse ancora qualcosa<br />

<strong>di</strong> inespresso. "Io adoro quest'uomo," <strong>di</strong>ceva una petulante principessa,<br />

"ma mi irrita che con me egli tratti ogni cosa con tanta<br />

superficialità."<br />

<strong>Spinoza</strong> viveva in una casa <strong>di</strong> mattoni rossi che si affacciava<br />

su un canale, <strong>il</strong> Pav<strong>il</strong>joensgracht, alla periferia settentrionale della<br />

città, a pochi passi da quei paesaggi pianeggianti, battuti dal<br />

vento, resi famosi dagli artisti olandesi dell'epoca. Aveva quarantaquattro<br />

anni e gli restavano tre mesi da vivere. Le opere su


I. L'AIA, NOVEMBRE 1676 11<br />

cui poggia la sua fama erano già ultimate. Con <strong>il</strong> suo Tractatus<br />

theologico-politicus, si era imposto come uno dei primi gran<strong>di</strong><br />

teorici dello stato <strong>moderno</strong>, laico, e come un precursore degli artefici<br />

della Costituzione degli Stati Uniti. Nell'Etica, anticipava i<br />

successivi sv<strong>il</strong>uppi f<strong>il</strong>osofici e scientifici <strong>di</strong> due e talora anche <strong>di</strong><br />

tre secoli. "Essere un seguace <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>," <strong>di</strong>sse una volta Hegel,<br />

"è l'inizio essenziale <strong>di</strong> ogni f<strong>il</strong>osofia." Alla domanda "Lei crede<br />

in <strong>Dio</strong>?", è rimasta famosa la risposta <strong>di</strong> Einstein: "Io credo <strong>nel</strong><br />

<strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>".<br />

Era <strong>di</strong> altezza me<strong>di</strong>a, <strong>il</strong> "corpo ben formato", <strong>il</strong> "viso bellissimo"<br />

dalla "fisionomia simpatica", come notarono molti osservatori.<br />

Tossiva <strong>di</strong> frequente ma non dava alcun altro segno della sua<br />

salute cagionevole. Aveva un colorito olivastro, capelli ricci, neri,<br />

lunghi fino alle spalle secondo la moda dell'epoca, baffi sott<strong>il</strong>i,<br />

sopracciglia lunghe, spesse e arcuate, e langui<strong>di</strong> occhi scuri -<br />

"così che ci si poteva fac<strong>il</strong>mente accorgere dal suo aspetto che<br />

egli era un <strong>di</strong>scendente <strong>di</strong> ebrei portoghesi," riporta un commentatore.<br />

<strong>Spinoza</strong> aveva preso in affitto una camera da un pittore e dalla<br />

sua chiassosa famiglia, che almeno in apparenza andava abbastanza<br />

d'accordo con l'inqu<strong>il</strong>ino ateo del piano <strong>di</strong> sopra. Di<br />

giorno, egli poliva lenti per microscopi e telescopi. Di notte, al lume<br />

<strong>di</strong> candela, levigava <strong>il</strong> proprio sistema <strong>di</strong> metafisica. Una volta<br />

restò <strong>nel</strong> suo alloggio per tre lunghi mesi, richiedendo, a orari<br />

bizzarri, pasti che invariab<strong>il</strong>mente consistevano in uva passa<br />

e farinata sem<strong>il</strong>iquida a base d'avena e latte. Secondo l'inventario<br />

redatto dopo la sua morte, egli possedeva esattamente due<br />

paia <strong>di</strong> pantaloni, sette camicie e cinque fazzoletti. <strong>Il</strong> suo unico<br />

lusso era un baldacchino con tende rosse, ere<strong>di</strong>tato dai genitori.<br />

Tuttavia, <strong>Spinoza</strong> non era così semplice come <strong>il</strong> suo st<strong>il</strong>e <strong>di</strong><br />

vita parrebbe suggerire. Amici e visitatori sovente trovavano in<br />

lui qualcosa <strong>di</strong> profondamente enigmatico, uno strano miscuglio<br />

<strong>di</strong> cautela e audacia, <strong>di</strong> modestia e arroganza, <strong>di</strong> logica glaciale<br />

e passione ribelle. Era un <strong>eretico</strong> con <strong>il</strong> carattere <strong>di</strong> un vero credente,<br />

un santo senza religione. Era dotato <strong>di</strong> un carisma capace<br />

<strong>di</strong> ispirare una devozione destinata a durare una vita intera;<br />

ma aveva anche un eccezionale talento <strong>nel</strong> farsi nemici.<br />

<strong>Spinoza</strong> non ha lasciato alcuna testimonianza dell'evento ­<br />

o, comunque, non ha lasciato niente che sia sopravvissuto agli<br />

sforzi dei suoi e<strong>di</strong>tori postumi, uno dei quali si dà <strong>il</strong> caso che, a<br />

quell'epoca, fosse proprio <strong>il</strong> principale contatto <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> in Olanda.<br />

<strong>Leibniz</strong>, nei quarant'anni che gli restarono da vivere, fece del<br />

suo meglio per schivare l'argomento.


12 IL CORTIGIANO E !.!ERETICO<br />

Messo alle strette, <strong>Leibniz</strong> asserì <strong>di</strong> aver fatto una breve visita<br />

al suo collega f<strong>il</strong>osofo mentre "passava" per L'Aja. Aggiunse che<br />

si erano incontrati per "poche ore" e si erano limitati a scambiarsi<br />

"aneddoti sulle vicende <strong>di</strong> quei giorni". Come per una f<strong>il</strong>osofia<br />

qualunque in cui si fosse imbattuto durante <strong>il</strong> viaggio, affermò<br />

<strong>di</strong> aver pensato che era tanto cattiva che "non c'era neanche bisogno<br />

<strong>di</strong> confutarla".<br />

Niente <strong>di</strong> tutto ciò è vero. In realtà, <strong>Leibniz</strong> si era recato all'Aja<br />

con <strong>il</strong> preciso intento <strong>di</strong> incontrarvi <strong>il</strong> più infame f<strong>il</strong>osofo <strong>di</strong><br />

quella città, e vi si era trattenuto almeno tre giorni. Per sua stessa<br />

ammissione, conversò con <strong>il</strong> suo ospite "svariate volte e molto<br />

a lungo". Le <strong>di</strong>scussioni spazi aro no ben oltre i limiti <strong>di</strong> una<br />

garbata conversazione sulle vicende contemporanee. L'unica prova<br />

<strong>di</strong>retta <strong>di</strong> quegli incontri consiste in un solo foglio scritto che,<br />

secondo un appunto a piè <strong>di</strong> pagina, <strong>Leibniz</strong> vergò in presenza<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> e poi gli lesse imme<strong>di</strong>atamente. Questo foglio reca una<br />

<strong>di</strong>mostrazione dell'esistenza <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>.<br />

Gli in<strong>di</strong>zi più importanti su ciò che accadde all'Aja, comunque,<br />

possono essere rintracciati tra le righe della f<strong>il</strong>osofia leibniziana.<br />

L'analisi degli scritti ine<strong>di</strong>ti chiarisce che, pochi giorni dopo<br />

<strong>il</strong> suo incontro con <strong>Spinoza</strong>, si verificò un mutamento decisivo<br />

<strong>nel</strong> tono e <strong>nel</strong>la sostanza delle sue riflessioni. Nel sistema metafisica<br />

che egli presentò al pubblico per la prima volta <strong>di</strong>eci anni<br />

dopo <strong>il</strong> suo ritorno dall'Olanda, inoltre, non vi è influenza più<br />

importante, più problematica, più stranamente bipolare e meno<br />

riconosciuta <strong>di</strong> quella esercitata da <strong>Spinoza</strong>.<br />

Approssimandosi ai sessant'anni, <strong>Leibniz</strong> finalmente sembrò<br />

lasciarsi sfuggire che <strong>il</strong> suo giovan<strong>il</strong>e interesse per <strong>Spinoza</strong> era<br />

stato ben più che accidentale. "Lei sa che una volta io mi spinsi<br />

un po' troppo oltre, e iniziai a propendere verso la parte degli spinozisti,"<br />

scrisse attribuendo queste parole a un immaginario portavoce<br />

in un <strong>di</strong>alogo che, alla fine, decise <strong>di</strong> non pubblicare. Ma<br />

anche questa tar<strong>di</strong>va e soffocata confessione sottovaluta la profon<strong>di</strong>tà,<br />

la complessità e la persistenza del rapporto che lo legò al<br />

suo collega f<strong>il</strong>osofo. In realtà, l'incontro con <strong>Spinoza</strong> fu l'evento<br />

determinante <strong>nel</strong>la vita <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. Tutto ciò che lo precede guarda<br />

verso <strong>di</strong> esso come alla sua soluzione; e tutto ciò che lo segue<br />

si volge in<strong>di</strong>etro verso <strong>di</strong> esso alla ricerca <strong>di</strong> una spiegazione.<br />

<strong>Il</strong> Seicento fu un'epoca <strong>di</strong> splendore e <strong>di</strong> conflitti, <strong>di</strong> risvegli<br />

spirituali seguiti da guerre religiose, da guerre civ<strong>il</strong>i, da rivoluzioni,<br />

invasioni e operazioni <strong>di</strong> pulizia etnica; fu un'epoca segnata<br />

dalla crescita esplosiva del commercio internazionale, dalla formazione<br />

<strong>di</strong> imperi planetari, dal rapido inurbamento <strong>nel</strong>le prin-


l. l:AJA, NOVEMBRE 1676 13<br />

ci pali capitali, accompagnato i<strong>nel</strong>uttab<strong>il</strong>mente da pest<strong>il</strong>enze e incen<strong>di</strong><br />

epici; e, almeno agli occhi <strong>di</strong> pochi eletti, fu l'epoca in cui<br />

un nuovo tipo <strong>di</strong> scienza sorgeva carica della promessa <strong>di</strong> un <strong>di</strong>o<br />

sonnolento. Gli storici lo hanno chiamato "<strong>il</strong> secolo del genio",<br />

ma a quel tempo l'opinione pubblica informata generalmente riteneva<br />

che fosse un'epoca <strong>di</strong> eccezionale cattiveria. Se è possib<strong>il</strong>e<br />

riconoscere un unico f<strong>il</strong>o che attraversa la ricca e caotica tessitura<br />

della vita <strong>nel</strong> Seicento, questa è certo un'epoca <strong>di</strong> transizione<br />

- <strong>il</strong> periodo in cui l'or<strong>di</strong>ne teocratico dell'età me<strong>di</strong>oevale cede<br />

<strong>il</strong> posto all'or<strong>di</strong>ne laico della modernità.<br />

<strong>Spinoza</strong> non inventò <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>moderno</strong>, ma forse fu <strong>il</strong> primo<br />

a osservarlo bene. Per primo tentò <strong>di</strong> rispondere alle antiche domande<br />

della f<strong>il</strong>osofia a partire da una prospettiva marcatamente<br />

moderna. Nel suo sistema f<strong>il</strong>osofico, propone una concezione<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong> che si ad<strong>di</strong>ce all'universo rivelato dalla scienza modernaun<br />

universo regolato solo dal nesso causa/effetto delle leggi naturali,<br />

senza finalità né progetto. Egli descrive cosa significa essere<br />

uomini dopo che la nostra pretesa <strong>di</strong> occupare un posto speciale<br />

<strong>nel</strong>la natura è stata infranta. Prescrive un mezzo per trovare<br />

felicità e virtù in un'epoca in cui le antiche teologie non hanno<br />

più alcuna cre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>ità. Sostiene un sistema <strong>di</strong> governo liberale,<br />

democratico, adatto a una società intimamente frammentata<br />

e varia. <strong>Spinoza</strong> costituisce <strong>il</strong> primo esempio, l'archetipo, della<br />

risposta attiva alla modernità - un'affermazione del <strong>mondo</strong> <strong>moderno</strong><br />

che noi oggi associamo soprattutto al liberalismo laico.<br />

<strong>Leibniz</strong> non era meno lungimirante del suo rivale, e non meno<br />

gran<strong>di</strong> erano le sue ambizioni. Anch'egli, inoltre, nutriva fiducia<br />

<strong>nel</strong>la guida della ragione, e proprio questa fede lo spinse a<br />

compiere <strong>il</strong> suo viaggio all'Aja. Ma i due uomini che si incontrarono<br />

in quel ventoso novembre appartenevano alla loro epoca in<br />

due mo<strong>di</strong> molto <strong>di</strong>fferenti. Quanto alle circostanze della nascita,<br />

alla posizione sociale, alle aspirazioni personali, alle abitu<strong>di</strong>ni<br />

alimentari, ai gusti <strong>nel</strong>la moda e a quell'infinità <strong>di</strong> piccole cose<br />

che costituiscono ciò che noi chiamiamo "carattere", l'affascinante<br />

eru<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Hannover e <strong>il</strong> santo rivoluzionario dell'Aja erano<br />

quasi perfettamente antitetici. E nessuno meglio <strong>di</strong> loro ha incarnato<br />

<strong>il</strong> detto: <strong>il</strong> carattere è la f<strong>il</strong>osofia.<br />

In larga parte come <strong>di</strong>retta conseguenza dell'incontro con <strong>Spinoza</strong>,<br />

<strong>Leibniz</strong> giunse a presentare la propria risposta, originale e<br />

antitetica, alle sfide dell'età moderna. Nelle sue opere f<strong>il</strong>osofiche,<br />

egli articola una strategia per recuperare alcune delle antiche idee<br />

su <strong>Dio</strong> e sull'uomo me<strong>di</strong>ante un'analisi dei limiti della ragione.<br />

Proclama <strong>di</strong> aver scoperto <strong>il</strong> significato e lo scopo della vita in<br />

tutto ciò che la modernità non riesce a comprendere. Presenta <strong>il</strong><br />

quadro <strong>di</strong> una società moderna unita per servire fini <strong>di</strong> giustizia


14 IL CORTIGIANO E I!ERETICO<br />

e <strong>di</strong> carità che trascendono l'interesse personale. <strong>Il</strong> suo sistema<br />

metafisica costituisce <strong>il</strong> para<strong>di</strong>gma <strong>di</strong> una risposta reattiva alla<br />

modernità - ovvero <strong>il</strong> para<strong>di</strong>gma <strong>di</strong> ciò che oggi noi associamo<br />

principalmente al conservatorismo religioso.<br />

Nelle più accre<strong>di</strong>tate versioni della storia della f<strong>il</strong>osofia, <strong>Spinoza</strong><br />

e <strong>Leibniz</strong> sono interpretati come esponenti <strong>di</strong> un programma<br />

metafisica speculativo che molto tempo fa dovette soccombere<br />

<strong>di</strong> fronte al progresso delle conoscenze. Di fatto, in una prospettiva<br />

più ampia, appare chiaro che i due maggiori f<strong>il</strong>osofi del<br />

Seicento restano insuperati, e che forse possono essere considerati<br />

i gemelli fondatori del pensiero <strong>moderno</strong>. Noi viviamo in un'epoca<br />

che si definisce sulla base della propria reazione a <strong>Spinoza</strong><br />

e a tutto ciò che egli registrava <strong>nel</strong>la sua f<strong>il</strong>osofia. E nessuna<br />

espressione <strong>di</strong> questa reazione è più avvincente della f<strong>il</strong>osofia che<br />

<strong>Leibniz</strong> sv<strong>il</strong>uppò nei lunghi anni successivi al suo ritorno dall'Olanda.<br />

Gli attuali <strong>di</strong>battiti sulla separazione tra èhiesa e stato, sullo<br />

scontro <strong>di</strong> civ<strong>il</strong>tà e sulla teoria della selezione naturale, per citare<br />

solo alcuni esempi, sono tutti sv<strong>il</strong>uppi della <strong>di</strong>scussione che<br />

prese avvio <strong>nel</strong> novembre 1676. Ancora oggi, i due uomini che si<br />

incontrarono all'Aja incarnano una scelta che tutti noi dobbiamo<br />

fare e che implicitamente abbiamo già fatto.<br />

Avvertenza al lettore<br />

Le tesi espresse in questo libro manifestano un grande debito<br />

nei confronti del lavoro <strong>di</strong> molti stu<strong>di</strong>osi moderni. Al tempo<br />

stesso, alcune delle mie conclusioni su <strong>Leibniz</strong>, su <strong>Spinoza</strong>, sul<br />

loro rapporto e sul suo significato per <strong>il</strong> pensiero <strong>moderno</strong> daranno<br />

luogo certamente a qualche <strong>di</strong>scussione. Allo scopo <strong>di</strong> centrare<br />

l'attenzione sugli argomenti principali, tuttavia, la <strong>di</strong>samina<br />

della letteratura secondaria è stata collocata quasi interamente<br />

in un'appen<strong>di</strong>ce bibliografica.


2. Bento<br />

Anche tra i f<strong>il</strong>osofi, le prime impressioni sono quelle che contano.<br />

Tre fatti sull'origine <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> e sulle circostanze della sua<br />

nascita sono <strong>di</strong> cruciale importanza per capire l'influsso che egli<br />

esercitò su <strong>Leibniz</strong>. Primo: era ebreo. Secondo: era stato espulso<br />

dalla comunità ebraica, all'età <strong>di</strong> ventiquattro anni, per le sue<br />

opinioni eretiche. Terzo: era nato e vissuto <strong>nel</strong> secolo d'oro della<br />

repubblica olandese. Per le menti ancora me<strong>di</strong>oevali dei contemporanei,<br />

le sue origini caratterizzavano <strong>Spinoza</strong> come una<br />

creatura aliena: "quel tipo <strong>di</strong> mostri che la nostra cara Olanda<br />

produce", scrisse un teologo scandalizzato. Per gli osservatori<br />

moderni, la storia della giovinezza <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è più adatta a tracciare<br />

l'immagine <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo straor<strong>di</strong>nario: quel tipo <strong>di</strong> persone<br />

che possono cambiare la storia. Per <strong>Leibniz</strong>, che rimase sempre<br />

intrappolato tra le due epoche, <strong>Spinoza</strong> poteva essere sia una<br />

rara anomalia sia una personalità della storia mon<strong>di</strong>ale - e qui<br />

risiede <strong>il</strong> problema che avrebbe determinato <strong>il</strong> corso del loro incontro<br />

e <strong>il</strong> successivo sv<strong>il</strong>uppo della f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>.<br />

Baruch de <strong>Spinoza</strong> nacque ad Amsterdam <strong>il</strong> 24 novembre<br />

1632. <strong>Il</strong> suo nome <strong>di</strong> battesimo in ebraico significa "<strong>il</strong> benedetto".<br />

<strong>Il</strong> giovane era conosciuto fam<strong>il</strong>iarmente con l'equivalente portoghese<br />

"Bento". In seguito, per fini scolastici, adottò <strong>il</strong> latino<br />

"Bene<strong>di</strong>ctus". Nei suoi Opera posthuma, fu identificato soltanto<br />

con le sue già famose iniziali "BdS". Per la gioia dei successivi<br />

detrattori del f<strong>il</strong>osofo, <strong>il</strong> cognome <strong>Spinoza</strong> (scritto anche <strong>nel</strong>le<br />

grafie Spinosa, Despinosa, d'Espinoza e in altre varianti) deriva<br />

dall'equivalente spagnolo <strong>di</strong> "spinoso".<br />

Le circostanze della nascita <strong>di</strong> Bento <strong>di</strong>pendono in modo sostanziale<br />

dagli atti crudeli e insensati compiuti dal re Fer<strong>di</strong>nando<br />

e dalla regina Isabella oltre un secolo prima. Nel 1492, i monarchi<br />

<strong>di</strong> Castiglia e <strong>di</strong> Aragona or<strong>di</strong>narono a tutti gli ebrei del<br />

regno <strong>di</strong> convertirsi al cristianesimo oppure <strong>di</strong> emigrare. All'epoca,<br />

la Spagna ospitava circa 800.000 ebrei, che, sebbene <strong>nel</strong><br />

corso dei secoli precedenti avessero patito sistematiche persecuzioni<br />

(incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> sinagoghe, delitti giu<strong>di</strong>ziari, conversioni forza-


16 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

te), e fossero stati persino venduti come schiavi, avevano recato<br />

un contributo sostanziale all'economia e alla cultura <strong>di</strong> quelle regioni.<br />

Numerosi ebrei spagnoli risposero al decreto <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando<br />

accettando Cristo come loro salvatore. Molti <strong>di</strong> questi "conversi",<br />

però, scoprirono ben presto che la conversione poteva assai<br />

poco contro i fuochi dell'intolleranza fanatica: migliaia furono<br />

arsi sul rogo dall'Inquisizione spagnola. Altri salparono sulle<br />

flotte allestite da Fer<strong>di</strong>nando e fecero rotta verso <strong>il</strong> Nord Africa,<br />

verso <strong>il</strong> Me<strong>di</strong>o Oriente, oppure verso l'Europa meri<strong>di</strong>onale. <strong>Il</strong><br />

gruppo più numeroso - forse 120.000 ebrei - emigrò <strong>nel</strong> vicino<br />

regno del Portogallo.<br />

L accoglienza riservata loro fu terrib<strong>il</strong>e: 20.000 bambini ebrei<br />

f-urono sottoposti a battesimo forzato, e 2000 ebrei vennero massacrati<br />

a Lisbona in un infame giorno del 1506. Ma, col tempo, i<br />

nuovi arrivati fondarono una prospera comunità mercant<strong>il</strong>e. Attorno<br />

alla metà del Cinquecento, comunque, <strong>il</strong> Vaticano annunciò<br />

che l'Inquisizione avrebbe operato "liberamente e senza ostacoli"<br />

anche in Portogallo. Dopo l'unione delle due monarchie iberiche<br />

sotto un'unica corona <strong>nel</strong> 1580, le autorità portoghesi mostrarono<br />

<strong>di</strong> saper superare perfino gli stessi spagnoli quanto a zelo<br />

<strong>nel</strong>l'esporre e <strong>nel</strong> bruciare i nemici della fede.<br />

Intorno al 1590, l'Inquisizione portoghese colpì la famiglia <strong>di</strong><br />

Isaac <strong>Spinoza</strong>, un mercante <strong>di</strong> Lisbona successivamente trasferitosi<br />

più a Sud, <strong>nel</strong>la citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Vi<strong>di</strong>gueira. Incerti sul futuro<br />

che li attendeva <strong>nel</strong>la penisola iberica, Isaac e suo fratello<br />

Abraham, riunite le loro famiglie, fuggirono verso nord - o, come<br />

riferiscono le fonti custo<strong>di</strong>te negli archivi dell'Inquisizione<br />

spagnola, "scapparono prima del perdono". I suoceri <strong>di</strong> Isaac, invece,<br />

scelsero <strong>di</strong> restare in Portogallo e <strong>di</strong> ricevere <strong>il</strong> perdono -<br />

che assunse la forma della prigionia e della tortura.<br />

Isaac e Abraham si stab<strong>il</strong>irono inizialmente in Francia, a Nantes,<br />

dove ripresero le loro attività <strong>nel</strong> commercio internazionale.<br />

Abraham si trasferì dapprima a Rotterdam e poi ad Amsterdam,<br />

dove ebbe una figlia <strong>di</strong> nome Rachel e partecipò alla fondazione<br />

della comunità ebraica. Isaac e la sua famiglia restarono a Nantes.<br />

Nella ni<strong>di</strong>ata <strong>di</strong> Isaac, c'era un figlioletto, Michael, nato <strong>nel</strong><br />

1587 o <strong>nel</strong> 1588 a Vi<strong>di</strong>gueira. Michael crebbe e <strong>di</strong>ventò mercante<br />

a Nantes, proprio come suo padre.<br />

All'età <strong>di</strong> trentaquattro anni circa, Michael raggiunse lo zio<br />

Abraham ad Amsterdam, molto probab<strong>il</strong>mente per prendere in<br />

sposa la figlia <strong>di</strong> Abraham, Rachel. Sfortunatamente Rachel morì<br />

senza dargli un figlio pochi anni dopo. Nel 1628, a quarant'anni,<br />

Michael si risposò con Hanna Deborah Senior. La madre <strong>di</strong> Hanna<br />

proveniva da Oporto, in Portogallo, dove molti suoi parenti<br />

erano caduti <strong>nel</strong>le mani dell'Inquisizione.


2. BENTO 17<br />

I Senior, come gli <strong>Spinoza</strong>, potevano ritenersi fortunati che i<br />

loro viaggi li avessero condotti infine <strong>nel</strong>la Repubblica olandese.<br />

La rivolta olandese contro la dominazione spagnola <strong>nel</strong> 1572 segnò<br />

l'inizio <strong>di</strong> un'epoca che può suscitare a ragione sia meraviglia<br />

per le capacità umane, sia <strong>di</strong>sappunto per quanto è carente<br />

<strong>il</strong> resto della storia. Nel volgere <strong>di</strong> un secolo appena, in una porzione<br />

<strong>di</strong> terra che giace per la maggior parte sotto <strong>il</strong> livello del<br />

mare e con una popolazione <strong>di</strong> due m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> persone, che ammontava<br />

a poco più <strong>di</strong> un errore <strong>di</strong> arrotondamento <strong>nel</strong>la popolazione<br />

del continente, gli olandesi e<strong>di</strong>ficarono un impero planetario,<br />

generarono un incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e numero <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> artisti, scienziati<br />

e f<strong>il</strong>osofi, ed elaborarono gli standard delle pratiche economiche<br />

e politiche destinate a modellare <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>moderno</strong>.<br />

La gloria del secolo d'oro olandese fiorì in special modo dove<br />

si concentrava <strong>il</strong> denaro: <strong>nel</strong>la città <strong>di</strong> Amsterdam. Tra <strong>il</strong> 1572<br />

e <strong>il</strong> 1640, Amsterdam quadruplicò la propria popolazione e <strong>di</strong>venne<br />

<strong>il</strong> centro in<strong>di</strong>scusso del commercio mon<strong>di</strong>ale. Le sue navi<br />

mercant<strong>il</strong>i scricchiolavano sotto <strong>il</strong> peso <strong>di</strong> generosi carichi <strong>di</strong> zucchero<br />

bras<strong>il</strong>iano, lana spagnola, sale portoghese, grano baltico,<br />

mohair turco, frutta e vino del bacino del Me<strong>di</strong>terraneo, spezie<br />

provenienti dalle In<strong>di</strong>e orientali, una selezione <strong>di</strong> prodotti artigianali<br />

olandesi, quali tessuti pregiati, tappezzerie, ceramiche,<br />

mob<strong>il</strong>i, pipe da tabacco e, ovviamente, i colori richiesti dai frenetici<br />

artisti della repubblica.<br />

Molti aspetti della vita ad Amsterdam sbalor<strong>di</strong>vano i viaggiatori<br />

del <strong>di</strong>ciassettesimo secolo. I visitatori si estasiavano <strong>di</strong><br />

fronte agli splen<strong>di</strong><strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici pubblici, alle eleganti <strong>di</strong>more private<br />

<strong>di</strong>sposte su tre f<strong>il</strong>e <strong>di</strong> canali, alla maniaca pulizia degli abitanti,<br />

ai bassi tassi <strong>di</strong> criminalità, agli ospedali bellissimi e ben attrezzati,<br />

alle innovazioni <strong>nel</strong>le tecniche m<strong>il</strong>itari, alle meraviglie<br />

scientifiche e tecnologiche, come i nuovissimi lampioni stradali,<br />

gli orologi, i telescopi e i microscopi, e, inevitab<strong>il</strong>mente, restavano<br />

stupefatti <strong>di</strong> fronte all'ossessione universale per la pittura. <strong>Il</strong><br />

primo biografo <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, Jean-Maxim<strong>il</strong>ian Lucas, <strong>nel</strong> 1677, definì<br />

Amsterdam "la più bella città d'Europa".<br />

Ma l'aspetto della vita degli olandesi che stupiva maggiormente<br />

chi si recava ad Amsterdam - a volte positivamente, ma<br />

per lo più negativamente - era la straor<strong>di</strong>naria libertà <strong>di</strong> cui godevano<br />

i suoi abitanti.<br />

Gli olandesi "non amano nient'altro più della propria libertà",<br />

scrisse scandalizzato un viaggiatore tedesco. "Le domestiche e le<br />

loro padrone vestono e si atteggiano in modo tanto sim<strong>il</strong>e," aggiunse,<br />

"da rendere <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e <strong>di</strong>stinguere le une dalle altre." Luigi<br />

XIV, che <strong>nel</strong>la libertà vedeva una sorta <strong>di</strong> volgarità, con tono derisorio<br />

definiva l'Olanda "una nazione <strong>di</strong> pescivendole e <strong>di</strong> com-


18 IL CORTIGIANO E I:ERETICO<br />

mercianti". Sir W<strong>il</strong>liam Tempie, ambasciatore inglese negli anni<br />

settanta <strong>di</strong> quel secolo, d'altro canto, ne ricavò un'immagine assai<br />

più luminosa:<br />

Diffic<strong>il</strong>mente si può immaginare come tutta la violenza e asprezza,<br />

che accompagna le <strong>di</strong>sparità <strong>di</strong> culto <strong>nel</strong>le altre nazioni, sembra essere<br />

placata o mitigata qui, dalla libertà generale <strong>di</strong> cui tutti godono<br />

... Gli uomini convivono come Citta<strong>di</strong>ni del Mondo, uniti dal comune<br />

vincolo dell'Umanità ... sotto l'imparziale tutela <strong>di</strong> leggi imparziali,<br />

con ... pari <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> Speculazione e <strong>di</strong> Ricerca.<br />

Lo stesso <strong>Leibniz</strong> non poteva che prendere atto <strong>di</strong> questo nuovo<br />

spirito <strong>di</strong> libertà olandese. "Questo simulacrum <strong>di</strong> libertà è uno<br />

dei p<strong>il</strong>astri fondamentali dello stato olandese", scrisse, un po' a<br />

malincuore, <strong>nel</strong> 1671, cinque anni prima <strong>di</strong> mettere piede <strong>nel</strong>la<br />

Repubblica. "È tale la maniera in cui le moltitu<strong>di</strong>ni trovano sod<strong>di</strong>sfazione<br />

<strong>nel</strong>la loro libertà <strong>di</strong> credo e <strong>di</strong> parola," aggiunse, "che<br />

<strong>il</strong> più miserab<strong>il</strong>e marinaio, <strong>nel</strong>la taverna in cui beve birra, crede<br />

<strong>di</strong> essere un re, anche se deve ancora sopportare <strong>il</strong> peso più gravoso<br />

per guadagnarsi da vivere." Ciò nonostante <strong>Leibniz</strong>, sempre<br />

ambivalente, non può fare a meno <strong>di</strong> ammettere che "questa libertà<br />

immaginaria ha in sé qualcosa <strong>di</strong> reale: poiché la giustizia<br />

è amministrata in una maniera del tutto encomiab<strong>il</strong>e, senza alcun<br />

riguardo al ceto o alle ricchezze".<br />

Questa stessa "libertà <strong>di</strong> speculazione e <strong>di</strong> ricerca", come <strong>di</strong>ce<br />

sir W<strong>il</strong>liam, fece del secolo d'oro olandese uno dei perio<strong>di</strong> più<br />

fecon<strong>di</strong> per la storia della scienza. Tra i pionieri <strong>di</strong> quell'epoca,<br />

Christiaan Huygens, <strong>il</strong> br<strong>il</strong>lante matematico e fisico che inventò<br />

l'orologio a pendolo e scoprì gli a<strong>nel</strong>li <strong>di</strong> Saturno, e Anton von<br />

Leeuwenhoeck, <strong>il</strong> microscopista auto<strong>di</strong>datta che scoprì i batteri<br />

ed effettuò osservazioni <strong>di</strong> prima mano sulla struttura dello sperma<br />

umano.<br />

La libertà ha lasciato <strong>il</strong> suo marchio anche sulle straor<strong>di</strong>narie<br />

conquiste artistiche <strong>di</strong> quell'epoca. I ritratti manieristici <strong>di</strong><br />

gran<strong>di</strong> principi in ambienti arca<strong>di</strong>ci non erano più <strong>di</strong> moda; le<br />

classi recentemente emancipate della società olandese richiedevano<br />

un nuovo tipo <strong>di</strong> arte. Centinaia <strong>di</strong> pittori si sottrassero alle<br />

attività quoti<strong>di</strong>ane, sempre più numerosi, per rispondere alla<br />

nuova domanda, e dalla combattiva moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> artigiani del<br />

pen<strong>nel</strong>lo emersero i nuovi maestri dei cieli nuvolosi, dei mari battuti<br />

dal vento, dei capelli scarmigliati, degli sguar<strong>di</strong> fuggitivi, dei<br />

rari momenti <strong>di</strong> introspezione e degli incontri ravvicinati con la<br />

<strong>di</strong>vinità sopra <strong>il</strong> tavolo da cucina.<br />

Agli occhi <strong>di</strong> molti visitatori, non vi era segno più chiaro <strong>di</strong><br />

questa libertà - né prova più sicura della depravazione olandese -


2. BENTO 19<br />

del modo in cui vivevano gli ebrei <strong>di</strong> Amsterdam. Questi ebrei<br />

portoghesi erano forse poco più <strong>di</strong> un migliaio, all'epoca in cui<br />

nacque Bento, e risiedevano principalmente sull'isola <strong>di</strong> Vlooienburg<br />

e attorno a essa, una zona <strong>di</strong> magazzini <strong>di</strong> legno allineati<br />

sull'Amstel e sullo Houtgracht. Diversamente dalla quasi totalità<br />

delle città europee, comunque, Amsterdam non confinò la popolazione<br />

ebraica in un ghetto. Un gran numero <strong>di</strong> ebrei - specie<br />

tra i più ricchi - si stab<strong>il</strong>irono <strong>nel</strong>le zone più eleganti della<br />

città. Viceversa, una parte della popolazione non ebraica - tra<br />

questi, in particolare, Rembrandt - abitava <strong>nel</strong> quartiere (prevalentemente)<br />

ebraico.<br />

Dietro la tolleranza degli olandesi verso i nuovi vicini si celava<br />

forse qualcosa <strong>di</strong> più duraturo dell'amore per la libertà, cioè<br />

una comprensione tutta <strong>il</strong>luministica del proprio interesse commerciale.<br />

Gli ebrei portoghesi avevano portato con sé un'ampia<br />

rete <strong>di</strong> contatti commerciali <strong>nel</strong>la penisola iberica e in Sud America<br />

- mercati che solo <strong>di</strong> recente si erano aperti ai mercanti olandesi.<br />

Verso la metà del secolo, la popolazione ebraica gestiva <strong>il</strong><br />

15 per cento del commercio estero <strong>di</strong> Amsterdam.<br />

<strong>Leibniz</strong>, anzitutto, capì perfettamente che la tolleranza olandese<br />

aveva un chiaro movente <strong>nel</strong> profitto, e che da essa <strong>di</strong>pendeva<br />

una parte ragguardevole della crescita economica del paese.<br />

Cinque anni prima <strong>di</strong> recarvisi, egli formulò una versione secentesca<br />

della teoria del melting pot:<br />

Dalla Spagna giungevano gli ebrei portoghesi; dalla Polonia, i sociniani<br />

espulsi per effetto degli ultimi e<strong>di</strong>tti; dall'Ingh<strong>il</strong>terra, gli es<strong>il</strong>iati<br />

della Restaurazione degli Stuart... [Ciascuno] portava con sé <strong>il</strong><br />

proprio sapere: le arti, <strong>il</strong> commercio, l'industria manifatturiera della<br />

sua nazione ... Ogni qual volta sorgono problemi in Germania e<br />

<strong>nel</strong> Belgio (come prima era successo in Francia), l'Olanda - rifugio<br />

universale delle sette e degli esuli - vede crescere la sua popolazione<br />

in numero e in ricchezze.<br />

Anche gli ebrei <strong>di</strong> Amsterdam vedono crescere la loro popolazione<br />

e le loro ricchezze attraverso la partecipazione al miracolo<br />

economico olandese. Un inglese in visita <strong>nel</strong>la città sull'Amstel<br />

scrisse che gli ebrei erano "ricchi mercanti, <strong>di</strong> non cattiva<br />

reputazione, che vivono <strong>nel</strong>la libertà, <strong>nel</strong> benessere e <strong>nel</strong>le<br />

como<strong>di</strong>tà". Col successo economico giunsero una nuova sinagoga,<br />

un efficace sistema educativo, un notevole rispetto da parte<br />

dei vicini, e un gran desiderio <strong>di</strong> partecipare, tra le altre caratteristiche<br />

olandesi, all'entusiasmo per l'arte.<br />

Michael <strong>Spinoza</strong>, proprio come <strong>il</strong> padre prima <strong>di</strong> lui, era un<br />

agiato mercante, che occupava un grado non eccezionale <strong>nel</strong>la<br />

scala gerarchica della nuova classe <strong>di</strong> commercianti ebrei por-


20 IL CORTIGIANO E l:ERETICO<br />

toghesi <strong>di</strong> Amsterdam. Viveva con la sua famiglia in una <strong>di</strong>mora<br />

rispettab<strong>il</strong>e, presa in affitto <strong>nel</strong> centro del quartiere ebraico,<br />

solo qualche porta dopo la casa <strong>di</strong> Rembrandt. Michael andava<br />

annoverato sicuramente tra i membri "altolocati" della comunità,<br />

perché servì per due perio<strong>di</strong> <strong>nel</strong> Consiglio della sinagoga.<br />

Commerciava zucchero proveniente dal Bras<strong>il</strong>e, zenzero can<strong>di</strong>to,<br />

uva e altra frutta secca. Indubbiamente, <strong>il</strong> patrimonio fam<strong>il</strong>iare<br />

era soggetto a continue osc<strong>il</strong>lazioni. Stretti <strong>nel</strong>la morsa tra<br />

i pirati e la Marina reale britannica desiderosa <strong>di</strong> complicare l'esistenza<br />

ai mercanti olandesi, i carichi <strong>di</strong> Michaelnon sempre<br />

arrivavano in porto; e quando invece accadeva, talvolta i prodotti<br />

risultavano deteriorati.<br />

Bento era <strong>il</strong> terzo <strong>di</strong> cinque figli (almeno per quanto ne possiamo<br />

sapere). La primogenita, Miriam, era nata <strong>nel</strong> 1629; <strong>il</strong> secondogenito,<br />

Isaac, aveva assunto <strong>il</strong> nome del nonno paterno. Dopo<br />

Bento, nacquero Gabriel e Rebecca (benché sussista qualche<br />

dubbio sulla collocazione <strong>di</strong> Rebecca <strong>nel</strong>l'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> nascita e persino<br />

sull'identità della madre). Quando Bento aveva sei anni, sua<br />

madre H anna morì, molto probab<strong>il</strong>mente a causa della stessa malattia<br />

polmonare cronica che avrebbe colpito anche lui, provocandone<br />

la morte. Due anni più tar<strong>di</strong>, Michael sposò Esther de<br />

Soliz, nativa <strong>di</strong> Lisbona, dalla quale (quasi certamente) non ebbe<br />

alcun figlio.<br />

A sette anni circa (l'anno dopo la morte della madre) Bento<br />

venne iscritto alla locale scuola ebraica, in cui si impartiva una<br />

educazione tanto profonda quanto angusta. I bambini - <strong>di</strong>stribuiti,<br />

in base all'età, in sei ampie stanze - perfezionavano l'appren<strong>di</strong>mento<br />

mnemonico della Bibbia, lo stu<strong>di</strong>o della lingua<br />

ebraica e la conoscenza dei costumi ebraici. Le lezioni mattutine<br />

duravano tre ore e così pure quelle pomeri<strong>di</strong>ane; <strong>nel</strong>l'intervallo<br />

fra le lezioni, durante le tre ore della pausa per <strong>il</strong> pranzo, la<br />

maggioranza dei bambini veniva istruita da istitutori privati pagati<br />

dalle famiglie.<br />

All'epoca in cui Bento vi si iscrisse, la scuola della comunità<br />

ebraica <strong>di</strong> Amsterdam aveva raggiunto fama internazionale. Uno<br />

studente polacco descrisse, ancora attonito, la propria visita alla<br />

scuola:<br />

Vi<strong>di</strong> giganti dell'eru<strong>di</strong>zione: fanciullini minuti come cavallette ... Ai<br />

miei occhi erano pro<strong>di</strong>gi per la loro inau<strong>di</strong>ta conoscenza <strong>di</strong> ogni parte<br />

della Bibbia e della scienza della grammatica. Erano capaci <strong>di</strong><br />

comporre poesie e poemi in versi e <strong>di</strong> parlare in puro ebraico.


2. BENTO 21<br />

Non v'è dubbio che Bento fosse una <strong>di</strong> queste precoci "cavallette".<br />

L: amico <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, Lucas, insieme a uno dei suoi primi<br />

biografi, Colerus, conferma ciò che comunque emergerebbe<br />

evidente dai risultati raggiunti successivamente dal f<strong>il</strong>osofo:<br />

era un allievo eccezionalmente dotato. "La natura gli fornì spirito<br />

vivo e pronta intelligenza," scrive Colerus. "Non aveva ancora<br />

quin<strong>di</strong>ci anni e già poneva quesiti che gli ebrei più colti<br />

trovavano <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e risolvere", aggiunge Lucas. L:esercizio giovan<strong>il</strong>e<br />

gli giovò per tutta la vita: <strong>Spinoza</strong> era un uomo <strong>di</strong> mezza<br />

età quando abbandonò temporaneamente la riflessione f<strong>il</strong>osofica<br />

per de<strong>di</strong>carsi alla composizione <strong>di</strong> una grammatica<br />

ebraica.<br />

Le sparse e frammentarie istantanee che ci restano <strong>di</strong> questo<br />

periodo della vita <strong>di</strong> Bento rivelano un giovane non solo intelligente<br />

in modo irritante, ma anche non privo <strong>di</strong> sicurezza <strong>nel</strong>le<br />

sue decisioni. Quando aveva circa <strong>di</strong>eci anni, narra la storia, <strong>il</strong><br />

padre lo mandò a riscuotere dei sol<strong>di</strong> presso un'anziana vedova.<br />

Bento chiamò la donna, e lei gli chiese <strong>di</strong> aspettare che finisse <strong>di</strong><br />

leggere la Bibbia. Dopo aver recitato le preghiere, la donna contò<br />

i sol<strong>di</strong> poggiati sul tavolo commentando a vanvera quanto fosse<br />

onesto <strong>il</strong> padre del ragazzo e come "non si fosse mai allontanato<br />

dalle leggi <strong>di</strong> Mosè". Quin<strong>di</strong> raccolse le monete e le fece cadere<br />

<strong>nel</strong>la borsa del ragazzo.<br />

Ma Bento aveva appreso dal padre a <strong>di</strong>stinguere la falsa pietà<br />

dalla genuina virtù; e, avvertendo la sensazione che la consultatrice<br />

ossessiva della Bibbia lo volesse imbrogliare, <strong>il</strong> giovinetto<br />

insistette, nonostante le artificiose obiezioni della donna, per contare<br />

egli stesso le monete. Effettivamente, scoprì <strong>di</strong> dover chiedere<br />

all'astuta megera altri due ducati, che lei aveva lasciato scivolare<br />

attraverso una fessura che si apriva <strong>nel</strong> piano del tavolo.<br />

A quella scoperta Bento esultò, e così anche suo padre che lo elogiò.<br />

L:episo<strong>di</strong>o, sembra, valse al ragazzo grande apprezzamento<br />

tra i membri della comunità.<br />

Ben presto <strong>il</strong> talento <strong>di</strong> Bento attirò l'attenzione dei capi della<br />

comunità ebraica, specie del rabbino Saul Morteira, una figura<br />

che sarebbe emersa in primo piano durante gli eventi del 1656.<br />

Lucas, forse riprendendo l'opinione ambivalente che <strong>Spinoza</strong> aveva<br />

del suo maestro, lo definiva "una celebrità tra gli ebrei, persino<br />

per <strong>il</strong> rabbino più ignorante". Nato a Venezia <strong>nel</strong> 1596, aveva<br />

stu<strong>di</strong>ato me<strong>di</strong>cina alla corte <strong>di</strong> Maria de' Me<strong>di</strong>ci, sotto la guida<br />

del dottor Montalto, un "marrano", un ebreo proveniente dalla<br />

Spagna. Alla morte del suo maestro, Morteira si era recato ad<br />

Amsterdam, portando con sé <strong>il</strong> corpo <strong>di</strong> Montalto da inumare,<br />

alcuni testi esoterici della comunità ebraica veneziana, e, si <strong>di</strong>ceva,<br />

"una certa inclinazione per la vita <strong>di</strong> corte". Nel periodo in


22 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

cui Bento entrò a scuola, Morteira era stato elevato recentemente<br />

al rango <strong>di</strong> rabbino anziano ad Amsterdam.<br />

Era un uomo capace <strong>di</strong> imporre una <strong>di</strong>sciplina ferrea, un vero<br />

autocrate della classe - quel tipo <strong>di</strong> insegnante la cui passione<br />

<strong>nel</strong> promuovere la buona sorte <strong>di</strong> quanti lo seguivano sul sentiero<br />

della verità era inferiore solo allo zelo <strong>nel</strong> perseguitare quanti<br />

avessero mancato <strong>di</strong> dare retta ai suoi insegnamenti. Gli studenti<br />

che proponevano argomenti inopportuni (per esempio la<br />

Trinità), li espelleva prontamente; e a quegli ebrei che non si erano<br />

fatti circoncidere riservava un <strong>destino</strong> ancora peggiore, ovvero<br />

<strong>il</strong> castigo eterno. Quando tra lui e un altro rabbino sorse una<br />

<strong>di</strong>sputa dottrinale, sulla garanzia che tutti gli ebrei entrassero in<br />

para<strong>di</strong>so (Morteira era del parere che non vi fosse alcuna garanzia),<br />

egli architettò una um<strong>il</strong>iante retrocessione per <strong>il</strong> suo rivale<br />

e non ebbe pace finché non riuscì a spe<strong>di</strong>re in Bras<strong>il</strong>e <strong>il</strong> rabbino<br />

colpevole.<br />

Morteira nutriva l'opinione che Bento fosse uno dei suoi seguaci,<br />

un ottimo seguace. "Egli ammirava la condotta e <strong>il</strong> genio<br />

del suo <strong>di</strong>scepolo," riferisce Lucas. Evidentemente, Morteira non<br />

era riuscito a comprendere che Bento non era quel tipo <strong>di</strong> ragazzo<br />

che si affida a un maestro. Con quel genere <strong>di</strong> autosufficienza<br />

che forse segna l'inizio <strong>di</strong> ogni viaggio f<strong>il</strong>osofico, <strong>il</strong> giovane<br />

fanciullo si propose <strong>di</strong> esaminare la Bibbia da solo, stab<strong>il</strong>endo<br />

che in' proposito non si sarebbe consultato con nessun altro<br />

ma solo con se stesso. Molto presto, sembra, scoprì <strong>di</strong> non aver<br />

bisogno dell'aiuto <strong>di</strong> Morteira per interpretare le Scritture.<br />

Proprio in quel periodo, Bento cominciò a destare qualche<br />

perplessità tra i suoi superiori ponendo domande alle quali essi<br />

non sapevano trovare risposta. Quando avvertiva che i suoi quesiti<br />

imbarazzavano l'insegnante, comunque, Bento - <strong>di</strong>mostrando<br />

quel sorprendente riserbo e quell'avversione allo scandalo che<br />

appariranno tanto evidenti <strong>nel</strong> seguito della sua esistenza - si limitava<br />

a scuotere la testa in segno <strong>di</strong> assenso e fingeva <strong>di</strong> essere<br />

particolarmente sod<strong>di</strong>sfatto delle risposte ricevute.<br />

Queste simulazioni apparentemente ebbero buon esito. Morteira,<br />

stando a Lucas, apprezzava in special modo <strong>il</strong> fatto che Bento<br />

non fosse "per niente vanitoso. [ ... ] Non capiva come un giovane<br />

<strong>di</strong> tale profon<strong>di</strong>tà potesse essere tanto modesto". Morteira<br />

- come altri in seguito - avrebbe imparato troppo tar<strong>di</strong> che l'origine<br />

<strong>di</strong> tale modestia non stava in una scarsa opinione <strong>di</strong> sé, ma<br />

piuttosto <strong>nel</strong> me<strong>di</strong>ocre valore che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo attribuiva ai pareri<br />

<strong>di</strong> quanti lo elogiavano.<br />

Negli ultimi anni della sua adolescenza, una serie <strong>di</strong> avversità<br />

alle fortune fam<strong>il</strong>iari impe<strong>di</strong>rono a <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> percorrere<br />

quella che sarebbe stata la strada più preve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e per un giovane


2. BENTO 23<br />

studente br<strong>il</strong>lante - <strong>di</strong>ventare rabbino - mo<strong>di</strong>ficando così <strong>il</strong> corso<br />

della storia della f<strong>il</strong>osofia occidentale. Nel 1649, quando Bento<br />

aveva <strong>di</strong>ciassette anni, morì Isaac, <strong>il</strong> fratello maggiore, e Bento<br />

fu chiamato a prenderne <strong>il</strong> posto al fianco del padre. Contemporaneamente,<br />

gli affari <strong>di</strong> Michael vac<strong>il</strong>lavano a causa <strong>di</strong> rovinose<br />

<strong>di</strong>sgrazie. Nel 1650, una nave carica <strong>di</strong> vino finì in m.ani inglesi.<br />

L'anno seguente, una partita <strong>di</strong> zucchero bras<strong>il</strong>iano andò<br />

persa anch'essa, caduta <strong>nel</strong>le mani della Marina reale britannica.<br />

Barbari pirati fuggirono con almeno altri trem<strong>il</strong>a fiorini olandesi<br />

<strong>di</strong> mercanzie, e ben presto i corsari mori depredarono anche<br />

altri carichi <strong>di</strong> Michael.<br />

Ai <strong>di</strong>sastri commerciali si aggiunsero le trage<strong>di</strong>e fam<strong>il</strong>iari. Nel<br />

1651, la sorella maggiore <strong>di</strong> Bento, Miriam, morì <strong>di</strong> parto. Due<br />

anni dopo, si spense anche la sua matrigna Esther. Michael, ormai<br />

tre volte vedovo, avrebbe sofferto ancora per cinque mesi prima<br />

<strong>di</strong> seguirla <strong>nel</strong>la tomba. All'età <strong>di</strong> ventun anni, Bento aveva<br />

perso la metà dei suoi più stretti fam<strong>il</strong>iari (i più anziani) ed era<br />

<strong>il</strong> titolare <strong>di</strong> un'impresa commerciale che stava rapidamente affondando<br />

<strong>nel</strong>la bancarotta.<br />

Assieme al fratello minore, <strong>il</strong> giovane f<strong>il</strong>osofo commerciava<br />

ora sotto l'insegna <strong>di</strong> Bento e Gabriel <strong>Spinoza</strong>. Considerando le<br />

nuove responsab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> cui era gravato, non sorprende che Bento<br />

non sia riuscito ad accedere ai corsi avanzati per <strong>di</strong>ventare rabbino.<br />

Sembra, comunque, che abbia continuato a stu<strong>di</strong>are informalmente<br />

in una yeshiva guidata dal rabbino Morteira.<br />

Fino a che punto l'uomo che era destinato a riscrivere la storia<br />

della f<strong>il</strong>osofia occidentale amasse commerciare uva e zucchero,<br />

non si sa. Le frammentarie testimonianze sulla sua attività<br />

in<strong>di</strong>cano che egli considerava seriamente i suoi doveri e che<br />

era in grado <strong>di</strong> perseguire gli interessi della famiglia attraverso i<br />

normali e legali canali commerciali. A ogni modo, l'esperienza<br />

mercant<strong>il</strong>e <strong>di</strong>ede effettivamente un importante contributo alla<br />

sua crescita come f<strong>il</strong>osofo, poiché lo fece conoscere a una comunità<br />

assai più ampia <strong>nel</strong>la sua città natale.<br />

In quanto mercante <strong>di</strong> Amsterdam, Bento frequentava la borsa<br />

merci della città, i magazzini e <strong>il</strong> porto. Lavorava fianco a fianco<br />

con me<strong>di</strong>atori, banchieri, altri mercanti suoi colleghi e comandanti<br />

<strong>di</strong> navi. Molte tra le persone gent<strong>il</strong>i, aperte e assetate<br />

<strong>di</strong> conoscenza che egli ebbe occasione <strong>di</strong> conoscere <strong>nel</strong>la sua attività<br />

commerciale restarono suoi amici per tutta la vita. Jarig<br />

Jelles, per esempio, che scrisse la prefazione delle opere postume<br />

del f<strong>il</strong>osofo, era un fortunato mercante <strong>di</strong> grano, che abbandonò<br />

<strong>il</strong> mestiere non appena entrò <strong>nel</strong>la mezza età, per cercare<br />

la vera saggezza.<br />

Durante una delle sue scorribande in città, <strong>il</strong> giovane mer-


24 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

cante fece la sua prima, fiduciosa visita a una libreria. Amsterdam,<br />

<strong>nel</strong> Seicento, era una città <strong>di</strong> librerie. All'epoca c'erano oltre<br />

quattrocento aziende impegnate a <strong>di</strong>ffondere la parola stampata.<br />

Sotto l'occhio tollerante delle autorità civ<strong>il</strong>i, autori <strong>di</strong> tutta<br />

Europa mandavano i loro manoscritti in Olanda affinché fossero<br />

pubblicati, pertanto gli e<strong>di</strong>tori olandesi stampavano in <strong>di</strong>verse<br />

lingue in luogo dei loro rivali continentali. Una parte importante<br />

dell'avventura degli intellettuali che si recavano ad Amsterdam,<br />

da <strong>Leibniz</strong> a John Locke, era la visita a una o più delle<br />

numerose librerie della città, dove non solo si aveva la possib<strong>il</strong>ità<br />

<strong>di</strong> curiosare tra gli scaffali alla ricerca <strong>di</strong> letteratura <strong>di</strong> contrabbando,<br />

ma si potevano anche fiutare idee nuove tra i bibliof<strong>il</strong>i<br />

liberi pensa tori, che con lo stimolo del caffè e delle pipe olandesi<br />

- perché fumare era <strong>di</strong>ventato un passatempo nazionale -<br />

avrebbero trascorso <strong>il</strong> pomeriggio <strong>di</strong>scutendo teorie insolite, tramando<br />

rivoluzioni, e chiacchierando scherzosamente sugli ultimi<br />

sv<strong>il</strong>uppi <strong>nel</strong>la repubblica delle lettere.<br />

In questa atmosfera <strong>di</strong> eccitazione intellettuale, densa <strong>di</strong> nicotina,<br />

Bento un giorno conobbe Frans van den Enden. Ven<strong>di</strong>tore<br />

<strong>di</strong> libri, latinista, me<strong>di</strong>co, attore drammatico per hobby, campione<br />

della democrazia ra<strong>di</strong>cale, esplicito fautore del libero amore<br />

(finché non fu colto in flagrante), ex gesuita (erronee credenze),<br />

autore dellapièce teatrale Cuore lussurioso (ban<strong>di</strong>ta dalle scene),<br />

accusato <strong>di</strong> "spargere i semi dell'ateismo" tra i giovani <strong>di</strong> Amsterdam<br />

(riconosciuto colpevole dell'accusa), Van den Enden era<br />

<strong>il</strong> bad boy del primo <strong>Il</strong>luminismo olandese. Un allievo, che in seguito<br />

si sarebbe pentito dei suoi errori giovan<strong>il</strong>i, lo descrisse come<br />

"totalmente senza <strong>Dio</strong>". Vedovo a cinquant'anni, allevò la sua<br />

ni<strong>di</strong>ata <strong>di</strong> bambini secondo i propri, non ortodossi, principi educativi.<br />

La figlia maggiore, Clara Maria, era tra le poche giovani<br />

donne europee che a quel tempo potessero vantarsi <strong>di</strong> possedere<br />

un'ottima conoscenza del latino, della musica, della pittura e del<br />

teatro. "Era abbastanza cagionevole <strong>di</strong> salute e deforme," <strong>di</strong>ce<br />

Colerus, "ma compensava con la mente acuta e la notevole cultura."<br />

Proprio quel tipo <strong>di</strong> ragazza che, forse, avrebbe potuto attrarre<br />

lo sguardo <strong>di</strong> un giovane f<strong>il</strong>osofo.<br />

Quando, alla fine degli anni quaranta, chiuse la libreria, Van<br />

den Enden decise <strong>di</strong> aprire <strong>nel</strong>la propria casa una scuola, in cui<br />

impartiva lezioni <strong>di</strong> latino, <strong>di</strong> greco e <strong>di</strong> altre materie. Nonostante<br />

avesse una reputazione riprovevole, Frans riusciva ad attirare studenti<br />

<strong>di</strong> buona famiglia, alcuni dei quali giungevano ad<strong>di</strong>rittura<br />

dalla lontana Germania. Per rinforzare lo spirito tespiano tra i<br />

suoi allievi, li faceva collaborare alla realizzazione <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>e<br />

latine e <strong>di</strong> altre rappresentazioni.<br />

Frans introdusse Bento in quell'affascinante <strong>mondo</strong> del sa-


2. BENTO 25<br />

pere che fino a quel momento aveva solo intravisto da lontano.<br />

Fu Frans, senza dubbio, a <strong>di</strong>re al ragazzo che "era un vero peccato<br />

che non conoscesse <strong>il</strong> greco e <strong>il</strong> latino". Bento, che aveva trascorso<br />

gran parte dell'infanzia intento allo stu<strong>di</strong>o della Bibbia<br />

ebraica, probab<strong>il</strong>mente si sentiva tagliato fuori dal tumultuoso<br />

progresso della più ampia repubblica delle lettere. L'aspirante allievo<br />

si iscrisse senza indugio alla scandalosa scuola dei Van den<br />

Enden, accettando che Clara Maria fosse la sua insegnante <strong>di</strong> latino.<br />

A un certo momento, appena ventenne, Bento si trasferì<br />

presso Frans e la sua famiglia. Ormai docente <strong>di</strong> latino a pieno<br />

titolo, impartiva lezioni in cambio dell'alloggio.<br />

Tutte le testimonianze sono concor<strong>di</strong>: Bento manifestò una<br />

passione accanita per lo stu<strong>di</strong>o. <strong>Il</strong> focus del suo intenso desiderio<br />

<strong>di</strong> apprendere era Descartes, <strong>il</strong> grande f<strong>il</strong>osofo francese le cui<br />

idee avevano scatenato controversie in tutto <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> intellettuale<br />

europeo. Descartes visse ad Amsterdam durante i due decenni<br />

precedenti la sua morte, avvenuta <strong>nel</strong> 1650, e probab<strong>il</strong>mente<br />

Bento vide <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo passeggiare lungo i canali. Basso <strong>di</strong><br />

statura, un viso eccezionalmente antipatico, <strong>il</strong> francese era una<br />

figura inconfon<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e <strong>nel</strong>la vita citta<strong>di</strong>na. A ogni modo, Bento acquisì<br />

rapidamente una solida fama <strong>di</strong> formidab<strong>il</strong>e interprete e<br />

critico della f<strong>il</strong>osofia cartesiana. Stando a Colerus, egli elevò a<br />

propria massima le parole del pensatore francese: "Niente deve<br />

essere ammesso come vero, a meno che non sia sorretto da buone<br />

e valide ragioni". Non impiegò molto tempo a concludere che<br />

questa massima minava alle fondamenta gran parte della Bibbia,<br />

per non parlare della stessa f<strong>il</strong>osofia cartesiana.<br />

<strong>Il</strong> giovane ra<strong>di</strong>cale si stava allontanando sempre più dalla comunità<br />

ebraica in cui era nato. Dall'altra parte dello Houtgracht<br />

si sparlava <strong>di</strong> lui. Alcuni dei pari <strong>di</strong> Bento iniziarono a mormorare<br />

che <strong>il</strong> mercante vagabondo andava <strong>di</strong>ffondendo alcune idee<br />

veramente esecrab<strong>il</strong>i. Dissero che credeva che i libri <strong>di</strong> Mosè fossero<br />

opera degli uomini, che l'anima morisse con <strong>il</strong> corpo, che<br />

<strong>Dio</strong> fosse una massa corporea. Per gli ebrei dell'epoca, proprio<br />

come per i cristiani, sim<strong>il</strong>i idee erano spaventose eresie.<br />

D'altronde, almeno in un certo senso, le voci erano vere. Nelle<br />

sue opere mature, <strong>Spinoza</strong> in effetti insinua che la Bibbia sia un'opera<br />

umana, per certi versi, e rigetta esplicitamente la dottrina dell'immortalità<br />

dell'anima in<strong>di</strong>viduale. Sebbene egli non affermi in<br />

nessun luogo che <strong>Dio</strong> faccia parte del <strong>mondo</strong> corporeo, peraltro<br />

asserisce che <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> corporeo è una parte <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> (per <strong>di</strong>rla volgarmente),<br />

e i mal<strong>di</strong>centi forse possono essere scusati per non essersi<br />

curati della <strong>di</strong>fferenza. Le testimonianze <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>i, soprattutto,<br />

spingono a ritenere che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo si sia formato queste pericolose<br />

convinzioni assai prima <strong>di</strong> metterle per iscritto per i po-


26 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

steri - e certamente prima del ventiquattresimo anno <strong>di</strong> età. Lucas<br />

conferma che <strong>Spinoza</strong> "non era ancora ventenne" quando concepì<br />

per la prima volta "<strong>il</strong> suo grande progetto".<br />

La crisi ebbe inizio con uno <strong>di</strong> quegli incontri che, per <strong>di</strong>rla<br />

alla maniera <strong>di</strong> Lucas, "non è corretto evitare, anche se spesso<br />

si rivelano pericolosi". Una coppia <strong>di</strong> giovani che si <strong>di</strong>chiaravano<br />

i suoi più intimi amici si avvicinarono a Bento e lo pregarono<br />

<strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre con loro <strong>il</strong> suo vero credo. Gli assicurarono<br />

che non aveva niente da temere poiché, quali che fossero<br />

le sue opinioni, le loro domande avevano l'unico scopo <strong>di</strong> giungere<br />

alla verità. Bento, sempre reticente in sim<strong>il</strong>i situazioni, inizialmente<br />

tacque. Poi, fingendo un sorriso, raccomandò loro <strong>di</strong><br />

riferirsi sempre alle leggi <strong>di</strong> Mosè e degli altri profeti per trovare<br />

risposte.<br />

Questa volta la simulazione non funzionò. I giovani insistevano<br />

con le domande. Se si legge la Bibbia con attenzione, <strong>di</strong>sse<br />

uno dei due, sembra che l'anima non sia immortale, che non ci<br />

siano angeli, e che <strong>Dio</strong> abbia un corpo. "Cosa ne pensi? <strong>Dio</strong> ha<br />

un corpo? I.:anima è immortale?" chiese quegli, a quanto attesta<br />

Lucas.<br />

Bento rispose con la franchezza che riservava sempre alle occasioni<br />

in cui si ritrovava tra coloro che credeva colleghi f<strong>il</strong>osofi.<br />

"Confesso," <strong>di</strong>sse,<br />

che, poiché <strong>nel</strong>la Bibbia non si può trovare niente <strong>di</strong> immateriale e<br />

<strong>di</strong> incorporeo, non c'è niente <strong>di</strong> reprensib<strong>il</strong>e <strong>nel</strong> ritenere che <strong>Dio</strong> sia<br />

una realtà corporea. Tanto più perché, come <strong>di</strong>ce <strong>il</strong> Profeta, (Salmi,<br />

48: l) grande è <strong>il</strong> Signore ed è impossib<strong>il</strong>e concepire la grandezza<br />

senza estensione e quin<strong>di</strong> senza corpo.<br />

Quanto agli spiriti, è certo che le Scritture non <strong>di</strong>cono che sono sostanze<br />

reali e durature, ma meri fantasmi.<br />

Per quanto concerne l'anima, dovunque <strong>nel</strong>le Scritture compaia questa<br />

parola, essa è ut<strong>il</strong>izzata semplicemente per esprimere la Vita, o<br />

qualunque cosa vivente. Sarebbe vano cercare passaggi che ne provino<br />

l'immortalità.<br />

Messe le proprie carte in tavola, Bento interruppe bruscamente<br />

<strong>il</strong> <strong>di</strong>alogo. I due amici lo lasciarono andare solo dopo che acconsentì<br />

a riprendere la conversazione in un secondo momento. Ma,<br />

<strong>di</strong>ffidando delle loro motivazioni, in seguito egli si rifiutò <strong>di</strong> tornare<br />

sull'argomento, e dopo un po' troncò ogni contatto con i due.<br />

Quando si accorsero che li evitava, i due giovani sv<strong>il</strong>upparono<br />

una profonda avversione nei suoi confronti e decisero <strong>di</strong> ottenere<br />

vendetta. Gironzolavano intorno alla comunità ripetendo<br />

e colorendo le asserzioni dello scolaro ribelle, mormorando che<br />

egli "non nutriva altro che o<strong>di</strong>o e <strong>di</strong>sprezzo per le leggi <strong>di</strong> Mosè",<br />

che <strong>il</strong> rabbino Morteira si sbagliava a ritenerlo pio e che, ben lun-


2. BENTO 27<br />

gi dall'essere uno dei p<strong>il</strong>astri su cui si reggeva la comunità, egli<br />

ne sarebbe stato <strong>il</strong> <strong>di</strong>struttore.<br />

Né aiutò a risolvere i problemi <strong>il</strong> fatto che poco dopo Bento<br />

avviasse un rapporto con Juan de Prado, un me<strong>di</strong>co più anziano<br />

<strong>di</strong> vent'anni, giunto ad Amsterdam <strong>nel</strong> 1655 con la non invi<strong>di</strong>ab<strong>il</strong>e<br />

reputazione <strong>di</strong> non essere in grado <strong>di</strong> trovare un accordo con<br />

i suoi compagni ebrei. Prado era alto, magro, con i capelli scuri,<br />

<strong>il</strong> naso camuso, e non sembra traesse alcun guadagno dalla sua<br />

attività <strong>di</strong> me<strong>di</strong>co. Al contrario, viveva a spese <strong>di</strong> una comunità<br />

sempre più restia, sospettosa che anch'egli seminasse eresie.<br />

In alcuni quartieri, durante questo periodo, si verificarono alcuni<br />

tentativi <strong>di</strong> omici<strong>di</strong>o, uno dei quali proprio contro la vita <strong>di</strong><br />

Bento. Appena uscito da un teatro (o probab<strong>il</strong>mente da una sinagoga<br />

-le fonti sono <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>), vide uno sconosciuto venirgli incontro.<br />

Scorse <strong>il</strong> bagliore <strong>di</strong> un coltello e si gettò all'in<strong>di</strong>etro proprio<br />

mentre la lama si abbatteva violentemente su <strong>di</strong> lui. <strong>Il</strong> coltello<br />

trapassò <strong>il</strong> suo soprabito, ma mancò <strong>il</strong> corpo. L'assalitore<br />

scomparve dalla scena. <strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo conservò <strong>il</strong> cappotto finché visse,<br />

senza riparare lo strappo: un souvenir dell'incidente e un monito<br />

sui pericoli della vita intellettuale.<br />

Questa non sarebbe stata l'ultima volta che egli avrebbe suscitato<br />

un o<strong>di</strong>o tanto estremo - ciò deve riflettere qualche aspetto del<br />

suo carattere, o del modo in cui si muoveva <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong>. Forse era<br />

un certo sguardo dei suoi occhi estremamente espressivi, forse era<br />

una smorfia <strong>di</strong> sdegno - non possiamo saperlo. I suoi scritti maturi<br />

rivelano un'agghiacciante franchezza <strong>di</strong> tono quando smembra<br />

le opinioni f<strong>il</strong>osofiche insod<strong>di</strong>sfacenti con un perentorio colpo<br />

della mannaia logica. Certamente, Bento era più trasparente <strong>di</strong><br />

quanto credesse; aveva un modo non del tutto consapevole <strong>di</strong> comunicare<br />

l'alterigia con cui trattava coloro che f<strong>il</strong>osoficamente gli<br />

erano inferiori. Trasudava una totale in<strong>di</strong>fferenza per i giu<strong>di</strong>zi altrui,<br />

ed era proprio quest'aria <strong>di</strong> inaccessib<strong>il</strong>ità, forse, ad alimentare<br />

continue deflagrazioni <strong>di</strong> avversione da parte <strong>di</strong> coloro che,<br />

molto probab<strong>il</strong>mente, avevano subito solo piccoli affronti.<br />

Gli ex amici <strong>di</strong> Bento, non contenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffondere pettegolezzi<br />

<strong>di</strong> porta in porta, sottoposero <strong>il</strong> caso alla sede centrale della comunità<br />

ebraica. In una calda giornata estiva del 1656, <strong>nel</strong> vecchio<br />

magazzino <strong>di</strong> legno che a quell'epoca fungeva da sinagoga,<br />

ripeterono <strong>di</strong>nanzi a un comitato <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ci le loro accuse non<br />

provate sulle eresie del giovane. I giu<strong>di</strong>ci ne furono orrip<strong>il</strong>ati. Accesi<br />

d'in<strong>di</strong>gnazione, si preparavano a scomunicare Bento senza<br />

alcuna esitazione. Dopo che si furono calmati, optarono per un<br />

approccio più pragmatico. Convocarono <strong>il</strong> deviante per un'u<strong>di</strong>enza,<br />

per offrirgli una possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> pentirsi o per vedere, almeno,<br />

se era <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e a una trattativa.


28 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

L'estrema ansietà e trepidazione dei capi della sinagoga erano<br />

comprensib<strong>il</strong>i. Era in gioco qualcosa <strong>di</strong> più della teologia:<br />

quando avevano permesso agli ebrei <strong>di</strong> vivere e <strong>di</strong> praticare <strong>il</strong><br />

loro culto ad Amsterdam, le autorità olandesi avevano posto la<br />

con<strong>di</strong>zione che i nuovi venuti si attenessero alle proprie credenze<br />

e non inquinassero l'atmosfera citta<strong>di</strong>na con nuove eresie.<br />

I capi della comunità ebraica sapevano che la sopravvivenza<br />

della loro comunità <strong>di</strong>pendeva dalla capacità <strong>di</strong> evitare ogni<br />

scandalo.<br />

Bento si recò "<strong>di</strong> buon animo" alla sinagoga, riferisce Lucas,<br />

certo in cuor suo <strong>di</strong> non aver fatto niente <strong>di</strong> male. Nell'improvvisata<br />

sala del luogo <strong>di</strong> culto della comunità ebraica, <strong>il</strong> giovane prese<br />

posto pacatamente davanti ai giurati incolleriti. Uno dopo l'altro,<br />

i testimoni furono interrogati <strong>di</strong>nanzi a lui e riferirono sulle<br />

sue abominevoli azioni e convinzioni.<br />

Mentre era in corso la requisitoria, forse durante una breve<br />

sospensione, uno degli anziani prese Bento accanto a sé <strong>nel</strong> tentativo<br />

<strong>di</strong> risolvere <strong>il</strong> problema in un modo completamente <strong>di</strong>verso:<br />

offrì al giovane un incentivo finanziario affinché rinunciasse<br />

pubblicamente alle sue concezioni eretiche. Stando a Colerus, <strong>il</strong><br />

f<strong>il</strong>osofo in seguito riferì che gli erano stati promessi m<strong>il</strong>le fiorini<br />

olandesi per <strong>il</strong> servizio - quanto bastava, a quel tempo, per commissionare<br />

una mezza dozzina <strong>di</strong> ritratti <strong>di</strong> Rembrandt.<br />

Bento rifiutò. Disse che nemmeno se gli avessero offerto <strong>di</strong>eci<br />

volte tanto, avrebbe accettato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare un impostore.<br />

Morteira, su tutte le furie per l'u<strong>di</strong>enza contro <strong>il</strong> suo <strong>di</strong>scepolo,<br />

corse alla sinagoga per vedere <strong>di</strong> persona, ancora profondamente<br />

convinto che Bento fosse destinato a <strong>di</strong>venire <strong>il</strong> suo erede<br />

spirituale. Facendosi largo a gomitate tra i giurati ma<strong>di</strong><strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

sudore, come riferisce Lucas, <strong>il</strong> rabbino domandò con fare austero<br />

a Bento se fosse memore del buon esempio che gli aveva<br />

impartito, se la sua ribellione fosse la ricompensa per le pene che<br />

egli si era preso per educarlo.<br />

Evidentemente, Morteira non riusciva a comprendere la natura<br />

del suo "<strong>di</strong>scepolo". Constatando che lo scontro era ormai<br />

inevitab<strong>il</strong>e, Bento abbandonò la falsa modestia e, se Lucas è atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e,<br />

rispose con un soffio <strong>di</strong> gelido sarcasmo. "Sono consapevole<br />

della gravità delle accuse," <strong>di</strong>sse, "e in cambio delle pene<br />

che avete sopportato per insegnarmi la lingua ebraica, sono<br />

desideroso <strong>di</strong> mostrarvi come scomunicarmi."<br />

Morteira restò annich<strong>il</strong>ito. La sua rabbia si moltiplicò per l'um<strong>il</strong>iazione<br />

<strong>di</strong> un sim<strong>il</strong>e tra<strong>di</strong>mento pubblico. Egli "riversò tutta<br />

la sua collera" sul giovane mostro per poi precipitarsi fuori dalla<br />

sinagoga affermando che non sarebbe più tornato "se non con<br />

un fulmine in mano".


2. BENTO 29<br />

<strong>Il</strong> "fulmine" <strong>di</strong> Morteira ci dà un'idea delle burrasche che a<br />

volte infuriavano nei resoconti <strong>di</strong> seconda mano, contenendo un<br />

brandello <strong>di</strong> verità, perché è ampiamente provato che fu più o<br />

meno un "fulmine" ciò che <strong>il</strong> rabbino scagliò. La scomunica <strong>di</strong><br />

Bento, conservata negli archivi <strong>di</strong> Amsterdam, fu una delle più<br />

dure mai emesse dalla sua comunità.<br />

<strong>Il</strong> 27 luglio 1656, <strong>il</strong> seguente verdetto fu letto <strong>di</strong>nanzi all'arca<br />

della sinagoga <strong>di</strong> Amsterdam:<br />

I signori della Mahamad [ . .. ] essendo da lungo tempo a conoscenza<br />

delle malvagie opinioni e azioni <strong>di</strong> Baruch de Espinoza, hanno cercato<br />

con vari mo<strong>di</strong> e promesse <strong>di</strong> allontanarlo dai suoi cattivi sentieri.<br />

Ma non essendo riusciti a riformarlo, e anzi, al contrario, ricevendo<br />

notizie ogni giorno più preoccupanti sulle abominevoli eresie<br />

che egli praticava e insegnava e sui mostruosi atti che egli compiva,<br />

e avendo per questo numerosi testimoni certamente fededegni che<br />

hanno deposto e prodotto testimonianze a questo scopo, in presenza<br />

del suddetto Espinoza, essi [ ... ] hanno deciso [ ... ] che <strong>il</strong> detto Espinoza<br />

debba essere scomunicato ed espulso dal popolo <strong>di</strong> Israele. [ ... ]<br />

Sia maledetto <strong>di</strong> giorno e sia maledetto <strong>di</strong> notte; sia maledetto quando<br />

si addormenta e sia maledetto quando si sveglia. Sia maledetto<br />

quando esce e sia maledetto quando entra. <strong>Il</strong> Signore non lo risparmi,<br />

ma la rabbia del Signore e <strong>il</strong> suo zelo ardano contro quest'uomo,<br />

e tutte le male<strong>di</strong>zioni che sono scritte in questo libro possano ricadere<br />

su <strong>di</strong> lui, e <strong>il</strong> Signore cancelli <strong>il</strong> suo nome da sotto <strong>il</strong> Cielo.<br />

<strong>Il</strong> veleno della scomunica si concentrava <strong>nel</strong>la sua coda. Essa<br />

vietava a tutti i membri della comunità ogni rapporto con <strong>il</strong> condannato,<br />

pena <strong>il</strong> medesimo trattamento. Nemmeno i parenti potevano<br />

dvolgergli la parola, intrattenere commercio o con<strong>di</strong>videre<br />

un pasto con lui. Per loro, a tutti gli effetti, egli era morto.<br />

La scomunica, o cherem., in quel periodo era una pratica dura<br />

ma non sconosciuta <strong>nel</strong>le comunità ebraiche <strong>di</strong> Amsterdam e<br />

altrove. In alcuni casi, era vista come un avvertimento più che<br />

come una punizione, destinata a durare un giorno o una settimana<br />

e reversib<strong>il</strong>e qualora si verificassero adeguate con<strong>di</strong>zioni e<br />

opportuni comportamenti. In altri casi, le intenzioni erano meno<br />

benevole.<br />

<strong>Il</strong> miglior metro <strong>di</strong> valutazione della gravità della situazione<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è la sorte del suo amico Juan de Prado. Prado fu scomunicato<br />

quello stesso anno, e sembra chiaro che, agli occhi dei<br />

rabbini, Prado e <strong>Spinoza</strong> erano emblemi dello stesso genere <strong>di</strong><br />

eresia. Uno dei sostenitori <strong>di</strong> Morteira, in seguito, lodò <strong>il</strong> rabbino<br />

per aver ripulito la sinagoga dalle spine (espinas) che ne jnfestavano<br />

i prati (prados).<br />

Comunque, <strong>il</strong> cherem. <strong>di</strong> Prado suonava <strong>di</strong>.gran lunga più mi-


30 IL CORTIGIANO E !.!ERETICO<br />

te rispetto a quello <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Per <strong>di</strong> più, mentre <strong>Spinoza</strong> sembrava<br />

aver offerto almeno un pretesto, Prado nemmeno quello.<br />

Chiaramente, agli occhi dei rabbini, <strong>il</strong> più giovane dei due era <strong>il</strong><br />

più pericoloso. Inoltre, mentre <strong>Spinoza</strong> non aveva fatto alcuno<br />

sforzo per ammansire i capi della sinagoga, Prad o in realtà abiurò<br />

pubblicamente. Nell'estate del 1656, <strong>di</strong>nanzi a un'assemblea <strong>di</strong><br />

giu<strong>di</strong>ci, egli confessò che "<strong>di</strong> mia spontanea volontà [ ... ] io ho<br />

peccato ed errato". Se <strong>Spinoza</strong> fosse stato <strong>di</strong>sposto a salire sulla<br />

tribuna della sinagoga per pronunciare una sim<strong>il</strong>e abiura, egli sarebbe<br />

tornato sulla via che conduceva al futuro per cui era stato<br />

educato. Ma sembra che l'aspirante f<strong>il</strong>osofo non avesse la minima<br />

intenzione <strong>di</strong> fare niente <strong>di</strong> sim<strong>il</strong>e.<br />

Invece, è provato, scrisse una Apologia. <strong>Il</strong> testo - successivamente<br />

perduto - quasi certamente non aveva niente a che fare<br />

con una richiesta <strong>di</strong> scuse. Al contrario, si trattava probab<strong>il</strong>mente<br />

<strong>di</strong> un'elaborazione e <strong>di</strong> una <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> quelle stesse opinioni per<br />

cui era stato scomunicato. <strong>Il</strong> titolo Apologia, in effetti, forse serviva<br />

soltanto a richiamare alla mente dei lettori i paralleli tra la<br />

sua scomunica e <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> Socrate, <strong>il</strong> cui infruttuoso tentativo <strong>di</strong><br />

rispondere alle accuse <strong>di</strong> empietà è messo in scena <strong>nel</strong>l'omonimo<br />

<strong>di</strong>alogo <strong>di</strong> Platone. Un contemporaneo che vide <strong>il</strong> documento<br />

riferisce che i suoi contenuti erano vicini a quelli del Tractatus<br />

theologico-politicus del 1670, in cui <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>spiega la sua eretica<br />

critica alla Bibbia e porta argomenti a sostegno dell'istituzione<br />

<strong>di</strong> uno stato secolare basato sul principio <strong>di</strong> tolleranza.<br />

<strong>Spinoza</strong> non tornò mai sui propri passi. Nei vent'anni che gli<br />

restavano da vivere, non accennò mai a un rimorso per le azioni<br />

che lo avevano portato a essere espulso dalla comunità ebraica<br />

<strong>di</strong> Amsterdam. All'epoca, quando fu informato del verdetto emanato<br />

contro <strong>di</strong> lui, secondo Lucas, si mostrò sereno. "Mi avvio volentieri<br />

lungo <strong>il</strong> sentiero che mi è stato aperto," <strong>di</strong>sse, "con la consolazione<br />

che la mia partenza sarà più innocente dell'esodo degli<br />

antichi ebrei dall'Egitto."<br />

La scomunica fu l'evento determinante <strong>nel</strong>la vita <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Decise, innanzitutto, le circostanze <strong>nel</strong>le quali sarebbe vissuto in<br />

seguito. Ou,ando attraversò per l'ultima volta <strong>il</strong> ponte sullo Houtgracht,<br />

<strong>Spinoza</strong> si affidò alla nuova tolleranza della società olandese.<br />

Egli non si percepì più come un ebreo, ma come un citta<strong>di</strong>no<br />

<strong>di</strong> una repubblica libera. La sua f<strong>il</strong>osofia matura <strong>di</strong>venne una<br />

celebrazione dello spirito <strong>di</strong> libertà che permeava <strong>il</strong> paese adottivo<br />

dei suoi genitori. La prima opera originale <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofia che egli<br />

pubblicò, <strong>il</strong> Tractatus theologico-politicus, si apre con una sorta <strong>di</strong><br />

lettera <strong>di</strong> ringraziamento in<strong>di</strong>rizzata al suo nuovo paese:


2. BENTO 31<br />

Poiché abbiamo la rara fortuna <strong>di</strong> vivere in una repubblica dove la<br />

libertà <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio è pienamente garantita al singolo citta<strong>di</strong>no, ed<br />

egli può venerare <strong>Dio</strong> <strong>nel</strong> modo che preferisce, e dove niente è stimato<br />

più caro e più prezioso della libertà, io ritengo che mi sobbarcherò<br />

un compito né ingrato né vano <strong>di</strong>mostrando che non solo<br />

questa libertà può essere garantita senza mettere a rischio la pietà<br />

e la pace della repubblica, ma che anzi la stessa pace della repubblica<br />

e la sua pietà <strong>di</strong>pendono da tale libertà.<br />

<strong>Il</strong> medesimo spirito <strong>di</strong> libertà emana dal cuore della metafisica<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. <strong>Dio</strong> - alfa e omega del suo pensiero - è "la sola<br />

causa libera"; e la più alta aspirazione del f<strong>il</strong>osofo è quella <strong>di</strong> partecipare<br />

alla libertà <strong>di</strong>vina: <strong>di</strong>ventare, secondo le sue stesse parole,<br />

"un uomo libero".<br />

Ciò nonostante, <strong>nel</strong>la sua nuova con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> ebreo apostata,<br />

<strong>Spinoza</strong> avrebbe saggiato ben presto i limiti <strong>di</strong> quella stessa<br />

libertà olandese che consentiva la sua soprawivenza. I vituperi<br />

dei rabbini sarebbero parsi miti ammonimenti al confronto del<br />

vetriolo che i teologi cristiani avevano in serbo per lui. Effettivamente,<br />

dopo la sua espulsione dalla comunità ebraica, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

si trovò doppiamente esule - era un reietto due volte estraneo.<br />

Per gli ebrei, era un <strong>eretico</strong>; per i cristiani, inoltre, era un ebreo.<br />

Henry Oldenburg - segretario della Royal Society <strong>di</strong> Londra,<br />

nonché uno dei principali corrispondenti <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> - espresse<br />

un atteggiamento tipico dell'epoca quando descrisse <strong>Spinoza</strong> come<br />

"quello strano f<strong>il</strong>osofo che vive in Olanda, ma non è olandese".<br />

Christiaan Huygens, fisico <strong>di</strong> sangue blu - che scambiava segreti<br />

dell'ottica con <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo - <strong>nel</strong>la propria corrispondenza privata<br />

si riferisce a <strong>Spinoza</strong> menzionandolo come "<strong>il</strong> nostro israelita"<br />

e "<strong>il</strong> nostro ebreo". Quando le autorità religiose dei Paesi<br />

Bassi ad<strong>di</strong>tavano <strong>Spinoza</strong> come "uno che si prende gioco <strong>di</strong> tutte<br />

le religioni" e lo paragonavano a una forma <strong>di</strong> "cancrena" <strong>nel</strong>la<br />

repubblica, raramente omettevano <strong>di</strong> specificare che, per <strong>di</strong><br />

più, era un ebreo. E <strong>Leibniz</strong>, con la sua inimitab<strong>il</strong>e finezza, lo<br />

chiamò "quell'ebreo perspicace".<br />

Anche questa con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> duplice es<strong>il</strong>io sarebbe <strong>di</strong>ventata<br />

parte dell'essenza stessa della f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Proprio perché<br />

<strong>il</strong> suo punto <strong>di</strong> vista era situato agli estremi margini della società,<br />

<strong>Spinoza</strong> poteva vedere chiaramente che <strong>il</strong> vecchio <strong>Dio</strong> stava<br />

morendo e che <strong>il</strong> suo dominio teocratico sulla terra si stava<br />

sbriciolando. Da questa posizione, inoltre, egli progettò <strong>il</strong> suo farmaco<br />

per la società moderna. Nella sua f<strong>il</strong>osofia politica, si ergeva<br />

come pala<strong>di</strong>no <strong>di</strong> una società tollerante, laica, <strong>nel</strong>la quale<br />

egli stesso non sarebbe stato più un esule. Nelle sue speculazioni<br />

metafisiche, scoprì una <strong>di</strong>vinità ben lontana dai dettami della<br />

tra<strong>di</strong>zione, dell'ortodossia, della superstizione, e da tutte le altre


32 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

fonti dell'opinione comune: un <strong>Dio</strong> espropriato del potere <strong>di</strong> emanare<br />

decreti arbitrari, e conforme esclusivamente al lume universale<br />

della mente, alla guida della ragione.<br />

Oltre a caratterizzare la sua f<strong>il</strong>osofia, la scomunica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

plasmò e mise in luce una personalità straor<strong>di</strong>naria - tanto rara<br />

quanto ricca <strong>di</strong> paradossi e <strong>di</strong> intuizioni. Essere espulso dalla<br />

propria comunità <strong>nel</strong> modo più aspro per le proprie opinioni, peraltro<br />

non rese pubbliche, all'età <strong>di</strong> ventitré anni appena, è un risultato<br />

insolito; continuare sulla stessa strada fino a essere riconosciuto<br />

come "l'uomo più empio del secolo" - e inoltre come<br />

uno dei f<strong>il</strong>osofi più influenti della storia - conferma che ciò non<br />

era accaduto per puro caso.<br />

<strong>Spinoza</strong> non perse mai l'innato senso <strong>di</strong> superiorità e <strong>il</strong> livello<br />

quasi patologico <strong>di</strong> presunzione che lo avevano portato allo<br />

scontro frontale con tutta la sua comunità. "Ve<strong>di</strong>amo quin<strong>di</strong> che<br />

tutti i pareri per mezzo dei quali le persone comuni sono solite<br />

spiegare la Natura altro non sono che meri mo<strong>di</strong> dell'immaginazione,"<br />

scrive con tipico <strong>di</strong>sprezzo <strong>nel</strong>l'Etica, "e non denotano la<br />

natura <strong>di</strong> alcunché, ma solo la costituzione dell'immaginazione."<br />

Quando un corrispondente ost<strong>il</strong>e gli chiese come potesse reputarsi<br />

tanto certo che la sua f<strong>il</strong>osofia fosse quella vera, egli replicò:<br />

"Lo so <strong>nel</strong>lo stesso modo in cui tu sai che i tre angoli <strong>di</strong> un triangolo<br />

equivalgono a due angoli retti". Sotto la quieta superficie<br />

delle sue argomentazioni ribolliva una passione ribelle - <strong>il</strong> fiero<br />

rifiuto <strong>di</strong> qualunque autorità non emanasse interamente dall'interno,<br />

forse persino una protesta contro quell'elemento <strong>di</strong> sottomissione<br />

a un potere esterno che sembra centrale in ogni esperienza<br />

religiosa.<br />

Eppure, quell'um<strong>il</strong>tà che <strong>il</strong> rabbino Morteira aveva saputo<br />

scorgere <strong>nel</strong> giovane Bento avrebbe continuato a impressionare<br />

amici e avversari per tutta la sua vita. Colerus afferma che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

era universalmente considerato "cortese e conc<strong>il</strong>iante" e<br />

"mai importuno". Saint-Évremond, un avventuriero <strong>di</strong> alto lignaggio<br />

e uno spirito libero del tempo che fece visita a <strong>Spinoza</strong><br />

verso la fine degli anni sessanta del Seicento, <strong>di</strong>chiara che "<strong>il</strong> suo<br />

sapere, la sua modestia e <strong>il</strong> suo altruismo avevano fatto sì che tutti<br />

gli intellettuali dell'Aja lo stimassero e cercassero <strong>di</strong> fare la sua<br />

conoscenza". Quando paragonava <strong>il</strong> proprio <strong>destino</strong> personale all'esodo<br />

degli ebrei dall'Egitto, inoltre, <strong>Spinoza</strong> chiaramente intendeva<br />

suggerire che egli era in qualche modo più fedele alla parola<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong> rispetto ai suoi antagonisti. Quando aveva intitolato<br />

Apologia la propria auto<strong>di</strong>fesa, sottolineava la convinzione che<br />

anch'egli, come Socrate, alla fine sarebbe stato assolto in nome<br />

<strong>di</strong> una superiore forma <strong>di</strong> giustizia. L'uomo più empio del secolo,<br />

è del tutto evidente, si considerava <strong>il</strong> più pio. Rigettava l'orto-


2. BENTO 33<br />

dossia del suo tempo non perché egli credesse meno fortemente,<br />

ma perché credeva <strong>di</strong> più.<br />

<strong>Il</strong> peculiare amalgama <strong>di</strong> um<strong>il</strong>tà e orgoglio, <strong>di</strong> prudenza e coraggio,<br />

<strong>di</strong> gelido razionalismo e zelante passione, la franchezza<br />

che aveva schiuso le porte ai suoi avversari e l'in<strong>di</strong>fferenza che rasentava<br />

la noncuranza che poteva spingerli all'estremo furore ­<br />

tutte queste sbalor<strong>di</strong>tive sfaccettature del suo carattere erano presenti<br />

già <strong>il</strong> giorno in cui <strong>Spinoza</strong> fu scomunicato, e lo avrebbero<br />

accompagnato per <strong>il</strong> resto della vita. Ancor oggi, <strong>il</strong> suo carattere<br />

rappresenta una sorta <strong>di</strong> enigma, un problema f<strong>il</strong>osofico più che<br />

biografico. Non meno della sua metafisica, solleva un inten-ogativo<br />

sulla possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> un <strong>destino</strong> in un <strong>mondo</strong> senza religione.<br />

<strong>Spinoza</strong> ha trovato un percorso laico verso la salvezza, oppure ha<br />

inventato soltanto una nuova forma <strong>di</strong> superstizione? È stato un<br />

incompreso, oppure era un <strong>di</strong>sadattato? Una rarità o una stranezza?<br />

Ai suoi tempi, solo pochi ingegni sott<strong>il</strong>i compresero <strong>il</strong> problema<br />

incarnato <strong>nel</strong> modo <strong>di</strong> essere <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Fra questi, come<br />

spesso accade, <strong>il</strong> migliore fu anche <strong>il</strong> primo: <strong>Leibniz</strong>.


3. Gottfried<br />

Mentre gli olandesi festeggiavano le nuove libertà della loro<br />

epoca d'oro, gli abitanti dell'Europa centrale erano impegnati a<br />

uccidersi l'un l'altro in un festino <strong>di</strong> violenza sacra destinato a<br />

passare alla storia come la guerra dei trent'anni. I problemi iniziarono<br />

in Boemia <strong>nel</strong> 1618, quando, per manifestare <strong>il</strong> loro <strong>di</strong>ssenso<br />

rispetto all'orientamento religioso delle autorità al potere,<br />

alcuni protestanti iracon<strong>di</strong> scaraventarono un paio <strong>di</strong> deputati<br />

cattolici dalle finestre <strong>di</strong> un ufficio governativo. La rivolta protestante<br />

in Boemia fu repressa ferocemente, ma non prima <strong>di</strong> aver<br />

innescato una serie <strong>di</strong> conflitti che si <strong>di</strong>ffusero dal Baltico sino al<br />

Po. La Guerra dei trent'anni si configurò in molti sensi come la<br />

prosecuzione m<strong>il</strong>itare della tensione tra la Riforma e la Controriforma<br />

iniziata <strong>nel</strong> secolo precedente; ma i moventi venali dei re<br />

e dei principi coinvolti non possono essere trascurati.<br />

Nel corso dei tre decenni <strong>di</strong> conflitto, la popolazione tedesca<br />

calò da ventuno a tre<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni - un tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione superiore<br />

persino a quello delle due guerre mon<strong>di</strong>ali combattute <strong>nel</strong><br />

Novecento. Nel suo romanzo Simplicius Simplicissimus, lo scrittore<br />

Grimmelshausen cataloga le atrocità della guerra, che, oltre<br />

alla consueta quota <strong>di</strong> stupri e omici<strong>di</strong>, includevano anche l'impiego<br />

<strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong> tortura con cui venivano stritolate le <strong>di</strong>ta dei<br />

condannati, la costrizione a cibarsi <strong>di</strong> feci e <strong>il</strong> rogo <strong>di</strong> interi paesi<br />

assieme alla loro popolazione. L'eccezionale messe <strong>di</strong> morti, comunque,<br />

fu soprattutto <strong>il</strong> risultato <strong>di</strong> danni collaterali: armate<br />

mercenarie <strong>di</strong>strussero i mezzi <strong>di</strong> sostentamento più delle vite<br />

umane, scatenandosi furiosamente per le campagne, e contribuirono<br />

a creare le con<strong>di</strong>zioni ideali per <strong>il</strong> <strong>di</strong>ffondersi della peste.<br />

Con <strong>il</strong> suo catastrofico fallimento <strong>nel</strong> controllare <strong>il</strong> corso del<br />

conflitto, <strong>il</strong> Sacro romano impero <strong>di</strong>mostrò inoppugnab<strong>il</strong>mente<br />

che <strong>il</strong> suo potere era ormai materia da romanzo storico. La Francia<br />

e la Svezia inglobarono vaste porzioni del territorio tedesco, e<br />

la sovranità della parte restante fu ripartita tra centinaia <strong>di</strong> principi<br />

e <strong>di</strong> vescovi, signori ciascuno <strong>di</strong> una regione, <strong>di</strong> una città o,<br />

almeno, <strong>di</strong> un castello. La guerra rappresentò una catastrofe an-


3. GOTTFRIED 35<br />

che per la vita intellettuale, nei territori tedeschi. Molti letterati<br />

fuggirono prima che la violenza esplodesse, e quelli che rimasero<br />

si ritirarono <strong>nel</strong>la sicurezza <strong>di</strong> uno ster<strong>il</strong>e conservatorismo. Un secolo<br />

intero sarebbe trascorso prima che la Germania riacquistasse<br />

<strong>il</strong> suo posto d'onore <strong>nel</strong>la repubblica delle lettere; durante quel<br />

lasso <strong>di</strong> tempo, come ha sottolineato lo storico Lewis White Beck,<br />

<strong>il</strong> solo <strong>Leibniz</strong> avrebbe fatto sventolare lo stendardo del sapere più<br />

alto dal suo malfermo trespolo a Hannover.<br />

Via via che la guerra procedeva verso una conclusione ingloriosa<br />

e insensata, la Germania scopriva dentro <strong>di</strong> sé una grande<br />

<strong>di</strong>fficoltà a tollerare le <strong>di</strong>fferenze religiose, un forte desiderio <strong>di</strong><br />

sicurezza e una convinzione sentita fin <strong>nel</strong> profondo del cuore che<br />

l'or<strong>di</strong>ne unificato del <strong>mondo</strong> me<strong>di</strong>oevale non era, in fondo, così<br />

negativo. Un celebre poema dell'epoca, composto dall'autore satirico-<strong>di</strong>dattico<br />

Johann Michael Moscherosch, riassumeva <strong>il</strong> pensiero<br />

politico del tempo già <strong>nel</strong> titolo: La Germania a<strong>nel</strong>ante la pace.<br />

Le ost<strong>il</strong>ità infine ebbero termine con la pace <strong>di</strong> Westfalia - nota<br />

ai contemporanei come la Pace <strong>di</strong> sfinimento.<br />

Fu <strong>nel</strong> mezzo <strong>di</strong> questa brama <strong>di</strong> sonni tranqu<strong>il</strong>li che, <strong>il</strong> primo<br />

luglio 1646, Gottfried W<strong>il</strong>helm <strong>Leibniz</strong> spalancò per la prima<br />

volta gli occhi al <strong>mondo</strong>. Le origini <strong>di</strong> Gottfried, non meno <strong>di</strong><br />

quelle <strong>di</strong> Bento, potrebbero servire a <strong>di</strong>mostrare che gran parte<br />

della f<strong>il</strong>osofia si forma prima della nascita, e che <strong>il</strong> resto si forma<br />

subito dopo. Ma <strong>il</strong> passato che <strong>Leibniz</strong> aveva ere<strong>di</strong>tato e <strong>il</strong> futuro<br />

verso <strong>il</strong> quale era nato <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente avrebbero potuto essere<br />

più <strong>di</strong>versi da quelli dell'uomo <strong>il</strong> cui cammino egli avrebbe incrociato<br />

a trentun anni. Quattor<strong>di</strong>ci anni più giovane del suo rivale,<br />

Gottfried si trovò calato in un <strong>mondo</strong> che per molti aspetti<br />

era assai più vecchio. Forse non superò mai <strong>il</strong> senso <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta<br />

che per <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> nascita spettava ai bambini della Guerra dei<br />

trent'anni, e non placò mai la sete <strong>di</strong> pace e <strong>di</strong> sicurezza che tormentava<br />

la sua epoca. Non deve sorprenderei che egli abbia de<strong>di</strong>cato<br />

la parte migliore della propria vita alla ricostruzione <strong>di</strong><br />

uno splen<strong>di</strong>do impero che sembrava essersi <strong>di</strong>ssolto prima della<br />

sua nascita.<br />

Gottfried fu fortunato almeno per quanto riguarda la città in<br />

cui nacque. Lipsia sfuggì agli eventi peggiori della Guerra dei<br />

trent'anni, e potrebbe persino aver tratto qualche profitto <strong>nel</strong> corso<br />

della guerra in quanto era riuscita a mantenere vivo, durante<br />

le ost<strong>il</strong>ità, <strong>il</strong> suo famoso mercato annuale. Non per una semplice<br />

coincidenza, forse, Lipsia era una città che nutriva ben pochi dubbi<br />

sulla propria identità religiosa; fin dall'epoca della Riforma, si<br />

crogiolava <strong>nel</strong>la fama <strong>di</strong> centro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> luterani.


36 IL CORTIGIANO E I:ERETICO<br />

<strong>Il</strong> padre <strong>di</strong> Gottfried, Friedrich <strong>Leibniz</strong>, occupava un posto<br />

prestigioso <strong>nel</strong>la struttura teologica della città. Era vicepreside<br />

della facoltà e docente <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofia morale all'Università <strong>di</strong> Lipsia.<br />

Sposato tre volte e già due volte vedovo al momento della nascita<br />

<strong>di</strong> Gottfried, Friedrich aveva un figlio e una figlia dal suo primo<br />

matrimonio. La sua ultima moglie, Catharina Schmuck, era<br />

forse <strong>di</strong> rango sociale più alto del marito, poiché era figlia <strong>di</strong> un<br />

avvocato <strong>di</strong> fama. Due anni dopo la nascita <strong>di</strong> Gottfried, <strong>di</strong>ede alla<br />

luce una bambina, Anna Catharina, <strong>il</strong> cui figlio sarebbe stato<br />

l'unico erede delle fortune che suo zio, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo, avrebbe accumulato<br />

<strong>nel</strong> corso <strong>di</strong> una carriera assai proficua.<br />

Gottfried si <strong>di</strong>stinse per la prima volta all'età <strong>di</strong> tre giorni, o almeno<br />

così si racconta. Durante <strong>il</strong> battesimo, "tra lo stupore degli<br />

astanti", <strong>il</strong> piccolo aprì gli occhi e sollevò la testa verso <strong>il</strong> prete officiante,<br />

quasi volesse dare <strong>il</strong> benvenuto sulla sua fronte all'acqua<br />

benedetta. Friedrich era in estasi. Quell'evento era "un chimissimo<br />

segno che questo mio figlio procederà per tutta la vita con gli<br />

occhi rivolti in alto verso <strong>il</strong> cielo", annotò <strong>nel</strong> suo <strong>di</strong>ario.<br />

Stando ad alcune ricostruzioni personali che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo stesso<br />

affidò a un quaderno, molto più avanti <strong>nel</strong> corso della sua vita,<br />

<strong>il</strong> ritmo del suo sv<strong>il</strong>uppo spirituale non avrebbe mai subito rallentamenti.<br />

Quando aveva due anni ed era "un gran birichino",<br />

un giorno, <strong>il</strong> futuro inventore del calcolo stava giocando su un<br />

tavolo alla presenza del padre e <strong>di</strong> una domestica. La serva cercò<br />

<strong>di</strong> agguantare <strong>il</strong> vivace bimbetto, ma questi in<strong>di</strong>etreggiò <strong>di</strong> un<br />

passo e cadde rovinosamente al suolo.<br />

"Mio padre e la serva lanciano un grido; poi guardano, e mi<br />

vedono ridere <strong>di</strong> loro, incolume."<br />

Ancora una volta, Friedrich riconobbe lo speciale favore dell'Onnipotente,<br />

e imme<strong>di</strong>atamente mandò un domestico in chiesa<br />

con un breve testo <strong>di</strong> ringraziamento. L'orgoglioso padrone <strong>di</strong><br />

casa si prese cura anche <strong>di</strong> far procedere lo sv<strong>il</strong>uppo intellettuale<br />

del proprio figliolo. Quando Gottfried aveva quattro anni,<br />

Friedrich gli <strong>di</strong>ede da leggere un libro <strong>di</strong> storia e de<strong>di</strong>cò <strong>il</strong> suo<br />

tempo a recitare egli stesso svariate parti del testo "con un risultato<br />

così propizio, da spingerlo a indulgere <strong>nel</strong>le più br<strong>il</strong>lanti<br />

aspettative per <strong>il</strong> mio progresso futuro".<br />

Purtroppo, l'amorevole padre morì all'età <strong>di</strong> cinquantacinque<br />

anni, quando Gottfried ne aveva solo sei. I.: affanno e la brama <strong>di</strong><br />

conseguire lo stesso successo del genitore sono ancora palpab<strong>il</strong>i<br />

<strong>nel</strong>le reminiscenze <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> molti anni dopo: "Mio padre [ ... ]<br />

coltivò per me aspirazioni così alte da esporsi alla gioiosa satira<br />

dei suoi amici. Sfortunatamente, comunque, io non ero destinato<br />

a godere a lungo della sua amorevole assistenza, né lui a rallegrarsi<br />

dei miei continui progressi".


3. GOTTFRJED 37<br />

Gottfried e la sorella furono allevati dalla madre. Le frammentarie<br />

testimonianze pervenuteci presentano Catharina come<br />

una donna intelligente e pia, la cui devozione verso i figli era ad<strong>di</strong>rittura<br />

superiore a quella del marito.<br />

A sette anni, Gottfried si iscrisse a una prestigiosa scuola <strong>di</strong><br />

Lipsia, e - proprio come Bento quattor<strong>di</strong>ci anni prima - imme<strong>di</strong>atamente<br />

abbagliò tutti con <strong>il</strong> suo ingegno. Mentre i compagni<br />

<strong>di</strong> classe arrancavano sui loro s<strong>il</strong>labari, Gottfried apprendeva <strong>il</strong><br />

latino da auto<strong>di</strong>datta, traducendo le <strong>di</strong>dascalie <strong>di</strong> un'e<strong>di</strong>zione <strong>il</strong>lustrata<br />

<strong>di</strong> Tito Livio. All'età <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci anni, possedeva un latino<br />

fluente e "balbettava" in greco. Era capace <strong>di</strong> comporre versi in<br />

latino "con tanta prontezza e felicità", scrisse più tar<strong>di</strong>, che una<br />

volta, a tre<strong>di</strong>ci anni, aveva composto un poema <strong>di</strong> trecento versi<br />

in perfetta rima, <strong>nel</strong> breve volgere <strong>di</strong> tre giorni appena. Quando<br />

lesse l'opera, prima <strong>di</strong> una riunione scolastica, sembra che i suoi<br />

professori siano andati in estasi. Cosa ne pensassero i suoi compagni<br />

<strong>di</strong> scuola, non ci è noto. Gottfried non era tipo da fare amicizie<br />

nei prati in cui i giovani giocano. "Ai giochi preferivo i libri,"<br />

spiegherà più tar<strong>di</strong>.<br />

Naturalmente, era già immerso in Aristotele. Le annotazioni<br />

che egli scrisse, a tre<strong>di</strong>ci anni, sulla f<strong>il</strong>osofia della logica aristotelica,<br />

ricorderà con tenerezza, "a volte ammutolivano i miei insegnanti.<br />

Non solo applicavo con fac<strong>il</strong>ità le regole della logica agli<br />

esempi -un'impresa che nessuno dei miei compagni osava - ma<br />

mi awenturavo anche a esprimere dubbi sui principi della scienza<br />

e avanzavo molte proposte originali che [ ... ] più tar<strong>di</strong> r<strong>il</strong>essi<br />

non senza un briciolo <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione".<br />

A quattor<strong>di</strong>ci anni, <strong>il</strong> pro<strong>di</strong>gio si immatricolò all'Università<br />

<strong>di</strong> Lipsia, dove continuò a stu<strong>di</strong>are intensamente Aristotele e la<br />

scolastica. La tesi che presentò all'età <strong>di</strong> <strong>di</strong>ciassette anni, Sul principio<br />

<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazion.e, accenna alcuni temi centrali della sua f<strong>il</strong>osofia<br />

matura, e include persino <strong>il</strong> termine "mona<strong>di</strong>co" - quel<br />

vocabolo che giocherà un ruolo tanto importante <strong>nel</strong>la sua produzione<br />

successiva.<br />

Non v'è dubbio, insomma, che l'astro <strong>di</strong> Gottfried splendesse<br />

tanto fulgido quanto quello <strong>di</strong> Bento, se non ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> più, nei<br />

primi anni <strong>di</strong> scuola. E tuttavia, pur <strong>nel</strong>le <strong>di</strong>stanti e parziali riflessioni<br />

su un passato perlopiù perduto, è fac<strong>il</strong>e constatare che essi<br />

rappresentavano due tipi assai <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> scolari pro<strong>di</strong>gio. Bento<br />

era riservato, preoccupato più <strong>di</strong> celare che <strong>di</strong> rivelare i propri pensieri<br />

- <strong>il</strong> tipo <strong>di</strong> ragazzo pro<strong>di</strong>gio che potrebbe passare inosservato,<br />

forse, se non fosse per un certo sfav<strong>il</strong>lio negli occhi e una parola<br />

pungente come una stoccata lasciata sfuggire qua e là. Gottfried,<br />

per parte sua, non mostrava alcuna inclinazione ad attutire<br />

l'impatto della sua suprema intelligenza sugli altri, né durante l'in-


38 IL CORTIGIANO E l!ERETTCO<br />

fanzia, né in seguito: "Ero sempre invariab<strong>il</strong>mente in prima f<strong>il</strong>a<br />

<strong>nel</strong>le <strong>di</strong>scussioni e <strong>nel</strong>le esercitazioni, sia pubbliche che private,<br />

come testimoniano non solo i miei insegnanti, ma anche le lo<strong>di</strong><br />

scritte e i carmina dei miei compagni <strong>di</strong> scuola".<br />

Mentre Bento era <strong>il</strong> tipico allievo che provoca un infarto ai<br />

professori, Gottfried era della specie che suscita in loro gioia per<br />

la professione che esercitano. All'Università <strong>di</strong> Lipsia, Gottfried<br />

strinse rapporti anzitutto con numerose personalità influenti, che<br />

in seguito avrebbero favorito la sua ascesa. Jacob Thomasius era<br />

un eminente professore <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofia che nutriva l'ambizione <strong>di</strong> far<br />

rivivere lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Aristotele in una forma coerente con la pratica<br />

dell'ortodossa teologia luterana. Le lettere <strong>di</strong> Gottfried al suo<br />

mentore potrebbero servire da modello per <strong>il</strong>lustrare <strong>il</strong> tipo <strong>di</strong><br />

feedback che ogni insegnante vorrebbe suscitare nei propri allievi.<br />

Per esempio:<br />

L'" assaggio" <strong>di</strong> storia della f<strong>il</strong>osofia che Lei ha scritto ci ha fatto venire<br />

l'acquolina in bocca in una maniera indescrivib<strong>il</strong>e. [ . .. ] Lei sa<br />

che io non sono un adulatore. Ma, veramente, ogniqualvolta sento<br />

persone esperte <strong>di</strong> questi argomenti parlare della sua opera, sono<br />

unanimi <strong>nel</strong>l'affermare che non vi è nessun altro dal quale possiamo<br />

meglio sperare una storia universale della f<strong>il</strong>osofia, se non da Lei.<br />

Si fatica a immaginare quanto sarebbe stata <strong>di</strong>versa la storia<br />

della f<strong>il</strong>osofia successiva se una sim<strong>il</strong>e lettera fosse stata in<strong>di</strong>rizzata<br />

da Bento al rabbino Morteira.<br />

<strong>Leibniz</strong> trascorse tutta la sua esistenza appoggiandosi su questa<br />

o su quella figura autorevole. Solitamente, si trattava <strong>di</strong> un<br />

duca o <strong>di</strong> un conte; talvolta era una regina oppure un imperatore.<br />

Non sarebbe fuori luogo supporre che egli andasse costantemente<br />

alla ricerca <strong>di</strong> quel tipo <strong>di</strong> protezione che aveva perduto<br />

alla morte del padre, in così tenera età; e che forse le occasionali<br />

osc<strong>il</strong>lazioni della sua bussola morale negli ultimi anni della sua<br />

vita fossero da attribuire a quel tragico evento. A ogni modo, i<br />

suoi tutori ricambiarono sempre i suoi complimenti con gli interessi.<br />

<strong>Il</strong> professar Thomasius, <strong>il</strong> suo primo grande campione,<br />

<strong>di</strong>chiarò che <strong>il</strong> giovane scolaro era "già pronto per l'indagine sulle<br />

più astruse e complicate controversie".<br />

Ancor prima <strong>di</strong> concludere <strong>il</strong> suo primo corso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> a<br />

Lipsia, Gottfried dovette scegliere una professione. Su consiglio<br />

dei docenti e dei parenti - tra cui alcuni insignì giuristi - optò per<br />

conseguire una laurea in giurisprudenza. Fu una scelta felice,<br />

considerando sia la sua successiva carriera sia i suoi talenti personali.<br />

Avrebbe <strong>di</strong>spiegato le proprie conoscenze giuri<strong>di</strong>che e la<br />

propria <strong>di</strong>sposizione mentale legalistica non solo <strong>nel</strong>la carriera


3. GOTTFRIED 39<br />

politica, ma anche <strong>nel</strong>le sue opere f<strong>il</strong>osofiche. Sarebbe <strong>di</strong>ventato<br />

"l'avvocato <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>", e avrebbe scritto memorie legali sotto forma<br />

<strong>di</strong> opere metafisiche volte a <strong>di</strong>fendere <strong>il</strong> suo onnipresente cliente<br />

dalle accuse <strong>di</strong> compiere <strong>il</strong> male.<br />

<strong>Il</strong> futuro giurista, sfortunatamente, ben presto fu chiamato ad<br />

applicare la sua esperienza legale a una questione molto più mondana.<br />

Quando aveva <strong>di</strong>ciotto anni, proprio mentre stava ultimando<br />

la laurea <strong>di</strong> secondo livello, sua madre morì. Uno zio, che con<strong>di</strong>videva<br />

interessi <strong>nel</strong>la proprietà fon<strong>di</strong>aria <strong>di</strong> lei, prontamente<br />

contestò i termini delle sue volontà testamentarie, e Gottfried decise<br />

<strong>di</strong> rappresentarsi personalmente <strong>nel</strong>la <strong>di</strong>sputa legale che ne<br />

derivò. Purtroppo, le autorità giu<strong>di</strong>ziarie non riuscirono a comprendere<br />

la saggezza dei suoi argomenti, e deliberarono a favore<br />

dello zio. I rapporti <strong>di</strong> Gottfried con <strong>il</strong> ramo materno della famiglia<br />

si <strong>di</strong>ssolsero <strong>nel</strong>l'acrimonia. Per colmo <strong>di</strong> sfortuna, a sua sorella<br />

restavano solo pochi anni <strong>di</strong> vita, e dai fratellastri sarebbe<br />

sempre rimasto <strong>di</strong>stante per età, geografia e interessi.<br />

Costretto ad aprirsi da solo la propria strada <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong>, <strong>il</strong><br />

giovane scolaro concentrò le sue sovrabbondanti energie <strong>nel</strong> tentativo<br />

<strong>di</strong> conseguire <strong>il</strong> dottorato in giurisprudenza. A questo scopo,<br />

produsse numerosi trattati <strong>di</strong> teoria legale, e in particolare <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ritto romano, <strong>di</strong> qualità e <strong>di</strong> interesse tali che pochi anni dopo<br />

furono pubblicati. Per tenersi aperta la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> una nomina<br />

presso la facoltà <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofia, elaborò anche un trattato De arte<br />

combinatoria, un testo notevole che in seguito egli avrebbe citato<br />

a riprova del fatto che le sue idee sul calcolo erano germinate<br />

<strong>nel</strong>la sua mente in giovanissima età. In questo saggio propose<br />

per la prima volta <strong>il</strong> sogno, che sempre nutrirà <strong>nel</strong> cuore, <strong>di</strong><br />

una "characteristica universalis" - una logica simbolica <strong>di</strong> tale<br />

universalità e chiarezza che un giorno avrebbe ridotto tutte le <strong>di</strong>spute<br />

f<strong>il</strong>osofiche a meri calcoli meccanici.<br />

Nel l666, Gottfried inoltrò domanda per ottenere <strong>il</strong> <strong>di</strong>ploma<br />

<strong>di</strong> dottorato dall'Università <strong>di</strong> Lipsia. Era questo <strong>il</strong> momento verso<br />

cui i vent'anni della sua vita avevano fatto rotta, era la sua opportunità<br />

<strong>di</strong> acquisire <strong>nel</strong>la comunità accademica locale una posizione<br />

degna del figlio <strong>di</strong> un suo chiarissimo docente. Confidava<br />

che <strong>il</strong> suo lavoro pionieristico negli ambiti della giurisprudenza<br />

e della matematica avrebbe sod<strong>di</strong>sfatto i necessari requisiti.<br />

La sua domanda fu respinta.<br />

Fu un rifiuto doloroso, e - considerata la natura innovativa<br />

del suo lavoro - largamente ingiusto. La colpa, accusò più tar<strong>di</strong>,<br />

è da attribuire ad alcuni studenti più anziani, che, gelosi del precoce<br />

successo del giovane rivale, persuasero la facoltà a sospendere<br />

l'approvazione a ogni domanda inoltrata dagli studenti più<br />

giovani. Stando alle osservazioni registrate dal suo fedele assi-


40 IL CORTIGIANO E llERETICO<br />

stente Eckhart, comunque, sembra che <strong>nel</strong> complotto potesse essere<br />

coinvolta la moglie del preside <strong>di</strong> facoltà. Per ragioni poco<br />

chiare, costei aveva maturato del risentimento verso l'aspirante<br />

dottore.<br />

I dettagli dell'episo<strong>di</strong>o sono andati perduti, ma lo schema degli<br />

eventi <strong>di</strong>venterà fin troppo fam<strong>il</strong>iare <strong>nel</strong> corso della lunga esistenza<br />

del f<strong>il</strong>osofo. Da una parte, <strong>Leibniz</strong> possedeva chiaramente<br />

un fascino <strong>di</strong>sinvolto e vincente, come ci confermano abbondantemente<br />

la sua ag<strong>il</strong>e ascesa al potere e le fruttuose relazioni<br />

che egli intratteneva letteralmente con centinaia <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui sparsi<br />

per tutto <strong>il</strong> continente. Eckhart <strong>di</strong>ce che legava bene con gente<br />

<strong>di</strong> ogni tipo e <strong>di</strong> qualunque origine, perché "negli altri cercava<br />

sempre <strong>il</strong> meglio". D'altra parte, possedeva uno speciale talento<br />

<strong>nel</strong> procurarsi nemici - un talento del quale sembra fosse largamente<br />

inconsapevole. Questo v<strong>il</strong>e attacco sferrato contro <strong>di</strong> lui a<br />

Lipsia non sarebbe stato l'ultimo: anche altre volte, in seguito,<br />

senza <strong>il</strong> minimo segno <strong>di</strong> avvertimento, un'improvvisa esplosione<br />

<strong>di</strong> ost<strong>il</strong>ità avrebbe ribaltato la felice pianificazione della vita<br />

del f<strong>il</strong>osofo.<br />

Di fronte a un sim<strong>il</strong>e rifiuto opposto dall'establishment della<br />

città natale, un altro si sarebbe ritirato in una fortezza <strong>di</strong> autosufficienza.<br />

Forse, si sarebbe volto alla f<strong>il</strong>osofia come consolazione.<br />

O, quanto meno, avrebbe atteso ancora qualche anno e<br />

avrebbe riformulato la propria richiesta quando la facoltà avesse<br />

ritenuto che fosse giunto <strong>il</strong> suo momento. Gottfried mostrò<br />

imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>verso. La mattina dopo la sua Waterloo<br />

privata, fece le valigie e partì alla ricerca <strong>di</strong> un futuro migliore.<br />

Per <strong>il</strong> resto della sua vita avrebbe vissuto <strong>di</strong> espe<strong>di</strong>enti, cercando<br />

ovunque <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> amici e persone influenti, accumulando<br />

successi e ansie in egual misura, sempre più <strong>di</strong>pendente<br />

dal favore degli altri e al contempo sempre più solo, impegnato<br />

senza tregua contro l'inevitab<strong>il</strong>e fiumana <strong>di</strong> imprevisti, pur senza<br />

mai abbandonare la speranza <strong>di</strong> riconquistare l'amore della<br />

città natale, che aveva ormai perduto.<br />

Fino alla fine dei suoi giorni, non ripensò mai a Lipsia se non<br />

colmo d'ira. Malgrado una tabella <strong>di</strong> viaggio che lo portava regolarmente<br />

da un capo all'altro della sua regione d'origine, evitò<br />

<strong>di</strong> far ritorno <strong>nel</strong>la città natale. <strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo sapeva celarla bene, ma<br />

la rabbia restava lì, <strong>di</strong>ffusa sullo sfondo della sua vita, impressa<br />

come un perenne tacito rimprovero contro le ingiustizie della vita.<br />

Come nota Eckhart, verso la servitù egli era "incline a eccessi<br />

<strong>di</strong> emotività, peraltro subito placati". In un singolare brano<br />

scritto in terza persona, <strong>Leibniz</strong> stesso fornisce un'analisi piuttosto<br />

ambivalente delle proprie inclinazioni personali, resa nei<br />

termini delle tra<strong>di</strong>zionali categorie me<strong>di</strong>che dell'epoca: "<strong>Il</strong> suo


3. GOTIFRIED 41<br />

temperamento sembra non sia stato né puramente sanguigno, né<br />

collerico, né flemmatico, né melanconico. [ ... ]Le tendenze colleriche,<br />

comunque, paiono avere la prevalenza".<br />

Un giorno d'inverno del l667, le colonne della comunità accademica<br />

delFUniversità <strong>di</strong> Norimberga si riunirono <strong>nel</strong>le sale della<br />

vicina Università <strong>di</strong> Altdorf. Di fronte alla commissione <strong>di</strong> esimi<br />

professori stava un ventenne miope dalla struttura minuta, braccia<br />

e gambe goffe, un naso fin troppo evidente: un damerino dai<br />

capelli scuri che si andavano già <strong>di</strong>radando. Erano trascorsi solo<br />

pochi mesi da quando <strong>il</strong> giovane si era immatricolato, proveniente<br />

da Lipsia, e già sfoderava la temerarietà <strong>di</strong> presentarsi per un<br />

dottorato. A giu<strong>di</strong>care soltanto dalle apparenze, non sarebbe parso<br />

un can<strong>di</strong>dato promettente - circostanza, questa, con cui <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

si sarebbe dovuto scontrare per tutta la vita.<br />

Con voce "vivace e chiara più che forte" - i suoi polmoni sarebbero<br />

sempre rimasti deboli - <strong>il</strong> can<strong>di</strong>dato cominciò a pronunciare<br />

in latino la <strong>di</strong>fesa della propria tesi. La sua prova fu<br />

- come egli stesso afferma - fuori dal comune:<br />

Espressi i miei pensieri così chiaramente e felicemente, che non solo<br />

gli ascoltatori rimasero esterrefatti da questo straor<strong>di</strong>nario e, specialmente<br />

per un giurista, inatteso grado <strong>di</strong> acutezza; ma persino i<br />

miei awersari si <strong>di</strong>chiararono estremamente sod<strong>di</strong>sfatti.<br />

Alla sua impeccab<strong>il</strong>e orazione fece seguire la recita <strong>di</strong> alcuni<br />

versi preparati per l'occasione. Quando giunse alla poesia, <strong>il</strong> miope<br />

scolaro dovette tenere <strong>il</strong> foglio vicino agli occhi, <strong>il</strong> che in qualche<br />

modo rallentò la sua esposizione. Aveva già consolidato l'abitu<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> scrivere in una grafia sott<strong>il</strong>e, indecifrab<strong>il</strong>e: <strong>il</strong> naso quasi<br />

toccava <strong>il</strong> foglio.<br />

Un paio <strong>di</strong> queruli esaminatori, stranamente insensib<strong>il</strong>i al manifesto<br />

genio del can<strong>di</strong>dato, lo interruppero fasti<strong>di</strong>osamente per<br />

chiedergli perché non si fosse preoccupato <strong>di</strong> imparare i versi a<br />

memoria, come sicuramente aveva fatto per <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso precedente.<br />

Al che, Gottfried li corresse: non aveva imparato a memoria<br />

<strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso, <strong>di</strong>sse, lo aveva improvvisato per intero.<br />

Seguì allora un imbarazzante esame pubblico del manoscritto<br />

sul quale si era basato <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso del can<strong>di</strong>dato. Dopo aver confrontato<br />

<strong>il</strong> manoscritto con quanto ricordavano del suo <strong>di</strong>scorso,<br />

tutte le parti convennero che <strong>il</strong> giovane aveva realmente parlato<br />

a braccio in un latino fluente quanto <strong>il</strong> fiume Tevere.<br />

Tra applausi estatici, <strong>il</strong> brutto scolaro dall'eloquio morbido<br />

fu proclamato dottore in Legge. Qualche tempo dopo la spetta-


42 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

colare prova, <strong>il</strong> ministro dell'Istruzione locale si awicinò a Herr<br />

Doctor <strong>Leibniz</strong> e gli bisbigliò all'orecchio che l'onore <strong>di</strong> una cattedra<br />

<strong>di</strong> professore all'università era suo, se solo lo avesse chiesto.<br />

Ma <strong>Leibniz</strong> declinò educatamente l'invito, perché aveva già<br />

concepito per sé aspettative più gran<strong>di</strong>ose. "I miei pensieri erano<br />

rivolti in una <strong>di</strong>rezione totalmente <strong>di</strong>versa," ebbe occasione<br />

<strong>di</strong> ricordare.<br />

<strong>Leibniz</strong> scoprì <strong>il</strong> proprio futuro grazie a una società <strong>di</strong> alchimisti<br />

<strong>di</strong> Norimberga. In seguito, scrisse un resoconto umoristico<br />

<strong>di</strong> come gli fosse accaduto <strong>di</strong> incappare in una tanto <strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>e<br />

compagnia. Stava stu<strong>di</strong>ando gli scritti <strong>di</strong> alcuni alchimisti locali,<br />

raccontò, ma era rimasto sconcertato dai loro bizzarri simboli<br />

e dai loro testi oscuri. Così, compose una paro<strong>di</strong>a dei loro<br />

sforzi, formulando incomprensib<strong>il</strong>i affermazioni per mezzo <strong>di</strong><br />

simboli inintelligib<strong>il</strong>i, e la fece pervenire al presidente della società.<br />

<strong>Il</strong> presidente, che evidentemente non comprese affatto la<br />

sua lettera, giunse all'owia conclusione che l'autore fosse un genio.<br />

Non solo invitò <strong>il</strong> nascente alchimista a entrare <strong>nel</strong>la società,<br />

ma gli offrì anche un posto retribuito come segretario, che <strong>Leibniz</strong><br />

accettò.<br />

Las t oria dello seri tto senza senso fu sfruttata successivamente<br />

dal f<strong>il</strong>osofo <strong>nel</strong> tentativo <strong>di</strong> prendere le <strong>di</strong>stanze dal pericoloso<br />

legame con l'alchimia. In privato, comunque, egli esibì per tutta<br />

la vita un avido interesse per la materia - come molti suoi contemporanei,<br />

tra i quali, per esempio, Isaac Newton. Era così<br />

profondamente persuaso che un giorno non lontano avrebbe scoperto<br />

<strong>il</strong> modo <strong>di</strong> trasformare <strong>il</strong> piombo in oro, che a un certo punto<br />

ad<strong>di</strong>rittura si crucciò perché la sovrapproduzione del metallo<br />

giallo che ne sarebbe risultata ne avrebbe abbassato decisamente<br />

<strong>il</strong> prezzo privandolo così dei suoi sudati profitti.<br />

A Norimberga, un altro valido motivo lo spinse a unirsi alla<br />

società degli alchimisti. Perché proprio tramite questa società<br />

egli ebbe occasione <strong>di</strong> conoscere l'uomo che si sarebbe pro<strong>di</strong>gato<br />

più <strong>di</strong> chiunque altro per favorire la sua carriera: <strong>il</strong> barone<br />

Johann Christian von Boineburg.<br />

Boineburg, che era stato (e ben presto sarebbe tornato a essere)<br />

primo ministro del potente elettore <strong>di</strong> Magonza, si era recentemente<br />

convertito al cattolicesimo; la sua mente brulicava <strong>di</strong><br />

così tanti progetti politici e religiosi, che avrebbe ben potuto tenere<br />

occupata la civ<strong>il</strong>tà europea per secoli se fosse riuscito a restare<br />

in carica per più <strong>di</strong> pochi anni alla volta. Sembra che fosse<br />

un uomo gregario, più intelligente che intellettuale, assiduo <strong>nel</strong>la<br />

cura delle proprie finanze, entusiasta anche se non sempre ben<br />

informato sulla religione appena adottata, e ambizioso senza attenuanti.<br />

Sin dalla prima conversazione con <strong>il</strong> giovane <strong>Leibniz</strong>, a


3. GOTTFR!ED 43<br />

pranzo in un albergo <strong>di</strong> Norimberga, <strong>il</strong> quarantacinquenne barone<br />

comprese che <strong>il</strong> giovane alchimista, destinato a <strong>di</strong>ventare suo<br />

protetto, possedeva pro<strong>di</strong>giose doti intellettuali. Boineburg presto<br />

avvertì i suoi colleghi: "è colto oltre ogni immaginazione", "dotato<br />

<strong>di</strong> eccellente facoltà <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio e <strong>di</strong> spaventosa capacità <strong>di</strong> lavoro",<br />

e "capace <strong>di</strong> grande resistenza", "poiché gli è fam<strong>il</strong>iare l'intera<br />

storia della f<strong>il</strong>osofia, egli è un buon me<strong>di</strong>atore tra i vecchi e<br />

i nuovi sistemi". <strong>Leibniz</strong>, per contro, vedeva <strong>nel</strong> barone un gancio<br />

d'oro sulla scivolosa pertica della vita. Verso la fi ne del 1667,<br />

<strong>il</strong> patto era stipulato, e <strong>il</strong> ventunenne accademico et <strong>cortigiano</strong> si<br />

trasferì <strong>nel</strong>la città natale <strong>di</strong> Boineburg, Francoforte, dove servì <strong>il</strong><br />

suo signore come segretario, bibliotecario e consigliere politico.<br />

Già prima <strong>di</strong> presentarsi in servizio da Boineburg, comunque,<br />

<strong>Leibniz</strong> aveva levato lo sguardo verso <strong>il</strong> datore <strong>di</strong> lavoro del<br />

proprio datore <strong>di</strong> lavoro, l'elettore <strong>di</strong> Magonza, Johann Ph<strong>il</strong>ipp<br />

von Schonborn. Durante <strong>il</strong> viaggio a Francoforte, produsse un libretto,<br />

Un nuovo metodo per apprendere e insegnare giurisprudenza,<br />

cui prepose una troppo enfatica de<strong>di</strong>ca all'elettore. In seguito<br />

presentò personalmente <strong>il</strong> testo a Sua Eccellenza, con i prescritti<br />

mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> auto mortificazione. Benché <strong>Leibniz</strong> lo avesse scritto<br />

su una carrozza, tra gli scossoni, oppure seduto alla tavola <strong>di</strong><br />

qualche osteria lungo la strada, senza <strong>il</strong> soccorso <strong>di</strong> libri da consultare,<br />

<strong>il</strong> saggio conteneva valide intuizioni sulla pratica giuri<strong>di</strong>ca<br />

del tempo accanto a molte ben ponderate proposte <strong>di</strong> riforma.<br />

Fu pubblicato imme<strong>di</strong>atamente tra gran<strong>di</strong> plausi, e poi rie<strong>di</strong>to<br />

mezzo secolo dopo.<br />

A Francoforte, <strong>il</strong> suo primo importante incarico introdusse<br />

<strong>Leibniz</strong> <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> dell'alta politica, dove sarebbe rimasto per<br />

l'intera durata della sua vita. <strong>Il</strong> re <strong>di</strong> Polonia aveva ab<strong>di</strong>cato e si<br />

poneva <strong>il</strong> problema della successione. Lo scaltro Boineburg progettava<br />

<strong>di</strong> inse<strong>di</strong>are sul trono polacco un pretendente tedesco, e<br />

assegnò a <strong>Leibniz</strong> <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> scrivere un trattato a sostegno del<br />

suo can<strong>di</strong>dato preferito. In questo, <strong>il</strong> primo <strong>di</strong> molti scritti politici<br />

sim<strong>il</strong>i, <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>mostrò quasi more geometrico che l'uomo <strong>di</strong><br />

Boineburg non soltanto aveva a suo favore le tavole genealogiche,<br />

ma inoltre aveva accumulato anche la saggezza dei più gran<strong>di</strong><br />

f<strong>il</strong>osofi della storia. Le argomentazioni a proposito della successione<br />

polacca sembra procedessero attraverso alcune dozzine<br />

<strong>di</strong> proposizioni rigorosamente dedotte, quali "un vero amico<br />

desidera <strong>il</strong> bene del proprio amico <strong>nel</strong> proprio interesse", che<br />

<strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>mostrava avvalendosi dell'aus<strong>il</strong>io <strong>di</strong> Platone, <strong>di</strong> Epicuro<br />

e <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong>. Questo stesso talento <strong>nel</strong>lo svelare legami tra le<br />

eterne verità f<strong>il</strong>osofiche e tal une proposte abbastanza terrene sarebbe<br />

<strong>di</strong>ventato un tratto caratteristico dello st<strong>il</strong>e maturo del <strong>di</strong>plomatico-f<strong>il</strong>osofo.


44 IL CORTIGIANO E l!ERETlCO<br />

<strong>Leibniz</strong> convenne con <strong>il</strong> suo mentore che <strong>il</strong> trattato sulla Polonia<br />

avrebbe sortito più fac<strong>il</strong>mente l'effetto desiderato se fosse<br />

stato ritenuto opera <strong>di</strong> un autore <strong>il</strong> cui nome suonasse meno tedesco.<br />

Così, rimaneggiando le sue vere iniziali, lo pubblicarono<br />

sotto <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Georgius Ulicovius Lithuanus. Per molti decenni,<br />

<strong>il</strong> <strong>mondo</strong> avrebbe ignorato che <strong>il</strong> signor Lithuanus, <strong>il</strong> cui nome<br />

suonava così baltico, era in effetti <strong>Leibniz</strong>; e non sarebbe stata<br />

l'ultima volta che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo avrebbe pubblicato un testo sotto<br />

falso nome.<br />

<strong>Il</strong> documento sulla Polonia non riuscì a raggiungere lo scopo<br />

sperato - alla fine, i polacchi scelsero come sovrano un polacco<br />

- ma <strong>Leibniz</strong> conseguì almeno in parte i propri obiettivi. Nob<strong>il</strong>i<br />

quali <strong>il</strong> principe <strong>di</strong> Durlach e <strong>il</strong> duca <strong>di</strong> Hannover conobbero<br />

l'acume politico del giovane e <strong>il</strong> suo buon senso, e lo scongiurarono<br />

<strong>di</strong> prendere posto <strong>nel</strong>le loro corti. Ma <strong>Leibniz</strong>- gli occhi volti<br />

verso <strong>il</strong> ben più nob<strong>il</strong>e elettore <strong>di</strong> Magonza -li respinse. <strong>Il</strong> giovane<br />

awocato sembra nutrisse scarsi dubbi sul proprio valore <strong>nel</strong><br />

mercato dei cortigiani. Quando fu presentato al duca <strong>di</strong> Hannover,<br />

<strong>il</strong> ventitreenne dottore in legge fresco <strong>di</strong> laurea - chi soffre <strong>di</strong><br />

falsa modestia non potrebbe mai aiutare un aristocratico <strong>nel</strong> bisogno<br />

- si offrì <strong>di</strong> scrivere lettere <strong>di</strong> raccomandazione per altri<br />

nob<strong>il</strong>i, a sostegno del quarantaseienne duca.<br />

L'incarico successivo che Boineburg commissionò al suo protetto<br />

segnò l'inizio del coinvolgimento <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> <strong>nel</strong>la politica<br />

ecclesiastica, che sarebbe durato per <strong>il</strong> resto della sua vita. Recentemente<br />

convertito al cattolicesimo, Boineburg si era trovato<br />

intrappolato dai teologi protestanti in controversie dottrinali che<br />

non era in grado <strong>di</strong> comprendere. Naturalmente, chiese al suo<br />

ab<strong>il</strong>e delegato <strong>di</strong> scendere <strong>nel</strong>l'arena dottrinaria in sua vece. <strong>Leibniz</strong><br />

se ne sentì obbligato. "Nella confusione <strong>di</strong> una taverna", ancora<br />

una volta, <strong>il</strong> letterato itinerante si sedette armato <strong>di</strong> carta e<br />

penna e stese una serie incompleta <strong>di</strong> saggi sotto <strong>il</strong> titolo <strong>di</strong> Dimostrazioni<br />

cattoliche, in cui <strong>di</strong>fendeva tesi dottrinarie tipicamente<br />

cattoliche, come la transustanziazione, la trinità, la resurrezione,<br />

l'incarnazione e l'immortalità dell'anima, dagli attacchi<br />

sfetTati da f<strong>il</strong>osofi e teologi ribelli.<br />

Nel 1670, finalmente l'elettore <strong>di</strong> Magonza invitò nuovamente<br />

Boineburg presso la sua corte, e nominò <strong>Leibniz</strong> consigliere<br />

privato <strong>di</strong> giustizia. Appena ventiquattrenne, <strong>Leibniz</strong> occupava<br />

uno dei più alti gra<strong>di</strong> civ<strong>il</strong>i in uno dei più potenti principati della<br />

Germania. Era <strong>di</strong>ventato <strong>il</strong> personaggio meglio inserito, la vera<br />

antitesi del doppiamente esule. A Magonza egli prese alloggio<br />

<strong>nel</strong>la casa <strong>di</strong> un altro <strong>cortigiano</strong> e imme<strong>di</strong>atamente si impegnò<br />

sulle più importanti questioni politiche del momento.<br />

<strong>Il</strong> principale problema della Germania, allora, era la Francia.


3. GOITFRJED 45<br />

La frammentazione successiva alla Guerra dei trent'anni aveva<br />

lasciato la Germania deplorevolmente esposta sulle sue frontiere<br />

occidentali, e Luigi XIV non aveva mostrato alcuna inclinazione<br />

a lasciarsi sfuggire questa debolezza. I tedeschi erano convinti<br />

che <strong>il</strong> <strong>di</strong>abolico piano del re Sole consistesse <strong>nel</strong>l'impadronirsi<br />

del loro territorio e <strong>di</strong>chiararsi signore dell'intera Europa. Nell'estate<br />

del 1670, l'elettore <strong>di</strong> Magonza e i suoi principali consiglieri<br />

convocarono un incontro per <strong>di</strong>scutere della minaccia francese<br />

con l'elettore <strong>di</strong> Treviri e <strong>il</strong> duca <strong>di</strong> Lorena <strong>nel</strong>la lussuosa e<br />

raffinata citta<strong>di</strong>na termale <strong>di</strong> Bad Schwalbach.<br />

<strong>Il</strong> duca <strong>di</strong> Lorena sosteneva che i tedeschi dovevano unirsi alla<br />

Triplice Alleanza <strong>di</strong> Ingh<strong>il</strong>telTa, Olanda e Svezia allo scopo <strong>di</strong><br />

fermare i famelici francesi. Ma <strong>Leibniz</strong>, a nome <strong>di</strong> Boineburg e<br />

dell'elettore <strong>di</strong> Magonza, produsse un pamphlet a sostegno <strong>di</strong> un<br />

<strong>di</strong>verso piano. Unirsi alla Triplice Alleanza, egli arringò, significava<br />

contrapporsi inut<strong>il</strong>mente alla Francia, e poteva condurre<br />

proprio a quell'invasione che tanto si temeva. Invece, i tedeschi<br />

avrebbero mantenuto un volto amichevole nei confronti dei loro<br />

nemici. Allo stesso tempo, mentre avrebbero avuto cura <strong>di</strong> evitare<br />

<strong>di</strong> accrescere i sospetti <strong>di</strong> Luigi XIV, i principi convenuti si sarebbero<br />

riuniti in una Lega e avrebbero mob<strong>il</strong>itato un esercito <strong>di</strong><br />

ventim<strong>il</strong>a uomini per <strong>di</strong>fendersi da ogni possib<strong>il</strong>e attacco. Era un<br />

piano audace e scaltro, alla luce della successiva storia tedesca,<br />

forse due secoli in anticipo sui tempi.<br />

Purtroppo, l'incontro si concluse senza alcun accordo, e i principi<br />

non si unirono alla Triplice Alleanza e non formarono neanche<br />

una Lega tedesca. Nel volgere <strong>di</strong> poche settimane, Luigi XIV<br />

avrebbe emanato <strong>il</strong> proprio verdetto in materia. Scatenò un esercito<br />

<strong>di</strong> ventim<strong>il</strong>a uomini in un violento saccheggio da un capo all'altro<br />

della Lorena. Rientrato a Magonza, <strong>Leibniz</strong> si rodeva che<br />

i rissosi principi e vescovi <strong>di</strong> Germania non riuscissero mai a unirsi<br />

per realizzare la pace e la prosperità sotto un'unica chiesa. La<br />

sua patria, egli temeva, "godeva <strong>di</strong> una libertà che presto sarebbe<br />

stata <strong>di</strong>strutta".<br />

In un soleggiato giomo d'autunno del 1671, <strong>il</strong> giovane consigliere<br />

privato <strong>di</strong> giustizia oziava sul ponte <strong>di</strong> un traghetto sul Reno.<br />

Rientrava da una visita a Strasburgo, dove aveva compiuto<br />

una missione per conto del figlio <strong>di</strong> Boineburg. Mentre fissava i<br />

verdeggianti argini del fiume più emblematico del suo paese, come<br />

scrisse più tar<strong>di</strong>, gli parve che "le colline stesse saltassero <strong>di</strong><br />

gioia come ag<strong>nel</strong>li [ . .. ] e le ninfe della Foresta nera danzassero<br />

felici le loro aeree danze". Al suono dell'acqua che sciabordava<br />

sulle fiancate del battello fluviale, <strong>il</strong> <strong>cortigiano</strong> elegantemente vestito<br />

rimuginava un piano altamente improbab<strong>il</strong>e, che avrebbe<br />

risolto tutti i problemi lasciati dalla guerra che si era conclusa


46 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

proprio quando egli era nato. L'intuizione era maturata <strong>nel</strong>la sua<br />

mente per svariati anni. Coinvolgeva Luigi XIV, l'intero esercito<br />

francese, e implicava una nuova crociata. Avrebbe sod<strong>di</strong>sfatto la<br />

brama <strong>di</strong> sicurezza della Germania, avrebbe unificato <strong>il</strong> resto dell'Europa,<br />

e avrebbe allestito <strong>il</strong> palcoscenico per una splen<strong>di</strong>da ripresa<br />

della civ<strong>il</strong>tà me<strong>di</strong>evale. Egli lo chiamava: <strong>il</strong> Piano Egitto.<br />

<strong>Leibniz</strong> aveva molta fiducia nei piani. Forse potremmo annoverarlo<br />

tra i più ab<strong>il</strong>i, <strong>nel</strong>la storia, <strong>nel</strong>lo svolgere svariate mansioni<br />

contemporaneamente, un maestro <strong>nel</strong> risolvere qualunque<br />

numero <strong>di</strong> problemi in un sol colpo. L'elasticità, l'energia e l'ottimismo<br />

quasi sfrenato che <strong>di</strong>mostrò nei suoi progetti politici giovan<strong>il</strong>i<br />

sarebbero rimasti la sua cifra per tutta la vita. Ma tutti i<br />

suoi piani, in un modo o <strong>nel</strong>l'altro, furono sempre legati a un problema:<br />

<strong>il</strong> suo problema - che forse cominciò a emergere durante<br />

<strong>il</strong> ventunesimo anno d'età, come conseguenza dello sconvolgente<br />

insuccesso all'Università <strong>di</strong> Lipsia.<br />

Per <strong>Leibniz</strong>, proprio come per <strong>Spinoza</strong>, la giovan<strong>il</strong>e esperienza<br />

<strong>di</strong> rigetto segnò una prova cruciale del carattere. Prima <strong>di</strong> quanto<br />

solitamente avvenga, egli fu costretto a domandarsi: come può<br />

essere tanto ingiusta la vita? Nelle sue opere successive, <strong>il</strong> medesimo<br />

interrogativo sarebbe stato trasfigurato <strong>nel</strong>la domanda a cui<br />

furono consacrate tutte le sue fatiche f<strong>il</strong>osofiche: perché esiste <strong>il</strong><br />

male? E le numerose risposte che <strong>Leibniz</strong> si <strong>di</strong>ede in seguito furono,<br />

in un certo senso, soltanto iterazioni della risposta che offrì<br />

quella mattina a Lipsia. Piuttosto che ritirarsi <strong>di</strong> buon animo<br />

in solitu<strong>di</strong>ne - come aveva fatto <strong>Spinoza</strong>, per esempio - egli si abbandonò<br />

<strong>di</strong> nuovo alla mercé della società, con un desiderio ancora<br />

più <strong>di</strong>sperato <strong>di</strong> successo. Non riuscendo a ottenere l'approvazione,<br />

si sforzava ancor più <strong>di</strong> piacere. Scoprendo <strong>il</strong> male,<br />

lavorava ancora più duramente per mostrare che esso faceva interamente<br />

parte del piano.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista del venticinquenne ormai saggio, <strong>Leibniz</strong><br />

ripensò alla propria decisione <strong>di</strong> lasciare Lipsia e la giustificò così:<br />

"Io ritenevo indegno <strong>di</strong> un giovane restare ra<strong>di</strong>cato in un posto<br />

come un palo conficcato <strong>nel</strong> terreno, e la mia anima ardeva<br />

del desiderio <strong>di</strong> conseguire una grande fama <strong>nel</strong>le scienze e <strong>di</strong> vedere<br />

<strong>il</strong> <strong>mondo</strong>". Ma la sua irrequietezza era qualcosa <strong>di</strong> più della<br />

passeggera ansia <strong>di</strong> viaggiare <strong>di</strong> un giovanotto. Per tutta la sua<br />

vita, <strong>Leibniz</strong> fu un uomo sempre in movimento, la sua esistenza<br />

non si legò a nessun punto del pianeta.<br />

Vi era qualcosa <strong>di</strong> eccezionale <strong>nel</strong>la cinetica f<strong>il</strong>osofia leibniziana<br />

della vita, una sfrenata passione per la conoscenza e per<br />

l'esperienza, degna <strong>di</strong> essere ammirata e <strong>di</strong> essere imitata; ma, in


3. GOITFRIED 47<br />

più <strong>di</strong> una occasione, potrebbe nascere <strong>il</strong> sospetto che tutto questo<br />

movimento fosse un'esuberante spuma senza alcuna sostanza;<br />

che l'uomo <strong>di</strong> ogni luogo fosse in realtà l'uomo senza alcun<br />

luogo; che egli stesse correndo soltanto lontano da se stesso, sempre<br />

intento a pianificare <strong>il</strong> domani solo per fuggire dall'oggi, alla<br />

<strong>di</strong>sperata ricerca <strong>di</strong> un riparo dal presente sulla via tra un futuro<br />

immaginario e un passato rielaborato.<br />

I.:ansia <strong>di</strong> affermazione e <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> sicurezza che <strong>Leibniz</strong><br />

manifestava da giovane non fecero che aumentare quando, <strong>nel</strong><br />

suo viaggiare per <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>, egli incontrò un successo ancora maggiore.<br />

Quando <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> iniziò ad amare <strong>Leibniz</strong>, a <strong>Leibniz</strong> non<br />

pareva mai abbastanza. Fu questo insaziab<strong>il</strong>e e umanissimo<br />

- forse sin troppo umano - bisogno che definì infine la sua f<strong>il</strong>osofia,<br />

e che la rese tanto rappresentativa del genere umano. E fu<br />

proprio questo bisogno a determinare la qualità dell'accoglienza<br />

che egli ricevette dall'uomo - e la sua successiva reazione all'uomo<br />

- che incontrò all'Aja <strong>nel</strong> novembre 1676.


4. Una vita della mente<br />

Alcuni f<strong>il</strong>osofi si limitano a <strong>di</strong>scutere la propria f<strong>il</strong>osofia. Quando<br />

terminano le <strong>di</strong>spute, essi appendono al chiodo gli attrezzi del<br />

mestiere, vanno a casa e si concedono i ben meritati piaceri della<br />

vita privata. Altri f<strong>il</strong>osofi vivono la propria f<strong>il</strong>osofia. Essi trattano<br />

come inut<strong>il</strong>e ogni f<strong>il</strong>osofia che non determini <strong>il</strong> modo in cui<br />

essi trascorrono le loro giornate, e considerano privo <strong>di</strong> senso<br />

ogni istante della vita che non abbia in sé f<strong>il</strong>osofia. Costoro non<br />

si riposano mai.<br />

<strong>Spinoza</strong> apparteneva inequivocab<strong>il</strong>mente a questo secondo<br />

gruppo. Quando attraversò <strong>il</strong> ponte sullo Houtgracht <strong>nel</strong> 1656,<br />

consacrò interamente la propria vita alla f<strong>il</strong>osofia. Dai giorni in<br />

cui Socrate camminava a passi misurati per l'agorà intento a rendere<br />

consapevoli i suoi amici che una vita senza me<strong>di</strong>tazione non<br />

è degna <strong>di</strong> essere vissuta, e <strong>Dio</strong>gene eleggeva a proprio domic<strong>il</strong>io<br />

una botte per assumere un <strong>di</strong>verso punto <strong>di</strong> vista sulla natura della<br />

vita buona, <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> non aveva mai visto un f<strong>il</strong>osofo tanto scrupoloso<br />

in questa ricerca come <strong>Spinoza</strong>.<br />

I cinque anni che seguirono alla sua drammatica espulsione<br />

dalla comunità ebraica sono chiamati talvolta "<strong>il</strong> periodo<br />

buio" della vita <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> - un'etichetta che si riferisce alla<br />

qualità della nostra conoscenza piuttosto che alla con<strong>di</strong>zione<br />

della sua mente. È molto verosim<strong>il</strong>e che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo rinnegato si<br />

fosse trasferito in una casa nei <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> Amsterdam, sebbene<br />

alcuni in<strong>di</strong>zi - come un accenno fatto da un visitatore inglese<br />

<strong>nel</strong> 1661 a un certo "ebreo che è un ateo impudente" - inducano<br />

a ritenere che egli avesse lasciato una certa impressione<br />

anche <strong>nel</strong>la città.<br />

Nonostante le incertezze biografiche, esiste un importante<br />

brano <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofia autobiografica che getta viva luce su questo periodo<br />

oscuro della vita <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. <strong>Il</strong> Tractatus de intellectus emendatione,<br />

che con tutta verosimiglianza è assegnab<strong>il</strong>e ai do<strong>di</strong>ci o<br />

ventiquattro mesi successivi alla sua scomunica, registra <strong>il</strong> primo<br />

tentativo compiuto da <strong>Spinoza</strong> per spiegare e giustificare la<br />

propria scelta <strong>di</strong> vita. Questo scritto presenta la "f<strong>il</strong>osofia della


4. UNA VITA DELLA MENTE 49<br />

f<strong>il</strong>osofia", per così <strong>di</strong>re, che lo avrebbe guidato per <strong>il</strong> resto dei<br />

suoi giorni.<br />

Si apre con una confessione intima:<br />

Dopo che l'esperienza mi ha insegnato che tutte le cose che frequentemente<br />

avvengono <strong>nel</strong>la vita quoti<strong>di</strong>ana sono vane e fut<strong>il</strong>i; vedendo<br />

che nessuno degli oggetti dei miei timori conteneva in sé niente<br />

né <strong>di</strong> buono né <strong>di</strong> cattivo, se non <strong>nel</strong>la misura in cui la mente ne<br />

era alterata, io decisi <strong>di</strong> ricercare infine se esistesse qualcosa che fosse<br />

<strong>il</strong> vero bene, che fosse comunicab<strong>il</strong>e, e dal quale soltanto, abbandonata<br />

ogni altra cosa, l'animo potesse essere colpito: se insomma<br />

esistesse qualcosa, trovata e raggiunta la quale, io potessi godere <strong>di</strong><br />

una continua, suprema e perenne felicità.<br />

Per <strong>Spinoza</strong>, la f<strong>il</strong>osofia trae origine da una personalissima<br />

esperienza <strong>di</strong> percezione della fut<strong>il</strong>ità della vita comune - un senso<br />

<strong>di</strong> vuoto che <strong>nel</strong>la tra<strong>di</strong>zione f<strong>il</strong>osofica ha meritato <strong>il</strong> raffinato<br />

nome <strong>di</strong> contemptus mun<strong>di</strong>, <strong>di</strong>sprezzo per le cose <strong>di</strong> questo<br />

<strong>mondo</strong>, o, meglio, vanitas. L'atto <strong>di</strong> accusa formulato in queste<br />

righe contro l'esistenza quoti<strong>di</strong>ana va oltre le sventure e le avversità<br />

per investire anche le cosiddette cose buone della vita. <strong>Spinoza</strong><br />

afferma che le cose buone non sono abbastanza buone - che<br />

<strong>il</strong> successo <strong>nel</strong>la vita è soltanto <strong>il</strong> rinvio del fallimento, che <strong>il</strong> piacere<br />

è soltanto una fugace tregua del dolore, e che, in generale,<br />

gli oggetti dei nostri sforzi sono vane <strong>il</strong>lusioni.<br />

Sul piacere dei sensi, per esempio, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo afferma: "La<br />

mente è tanto catturata in esso [ ... ] che esso le impe<strong>di</strong>sce completamente<br />

<strong>di</strong> pensare a qualunque altra cosa. Ma dopo che <strong>il</strong><br />

go<strong>di</strong>mento del piacere dei sensi è passato, fa seguito la più grande<br />

tristezza". Altrettanto fut<strong>il</strong>e, a suo avviso, è la brama <strong>di</strong> gloria<br />

che domina la vita <strong>di</strong> tanti: "L'onore ha questo grande svantaggio:<br />

che, per perseguirlo, noi dobbiamo <strong>di</strong>rigere la nostra vita<br />

secondo la capacità <strong>di</strong> comprensione degli altri uomini".<br />

Quanto al denaro: "Esistono molti esempi <strong>di</strong> uomini che hanno<br />

subito la persecuzione e persino la morte a causa delle loro<br />

ricchezze".<br />

<strong>Il</strong> senso <strong>di</strong> vanitas descritto da <strong>Spinoza</strong> non è soltanto una fugace<br />

sensazione <strong>di</strong> insod<strong>di</strong>sfazione. Esso va ben oltre quella sorta<br />

<strong>di</strong> depressione post-coitum a cui egli sembra alludere sopra, e<br />

va anche oltre i melanconici pensieri che spesso sopraggiungono<br />

quando finalmente abbiamo ottenuto ciò che avevamo sempre<br />

desiderato. Vanitas si eleva a f<strong>il</strong>osofia quando <strong>di</strong>viene intollerab<strong>il</strong>e<br />

- quando uno percepisce <strong>nel</strong>le proprie ossa, come lo percepì<br />

<strong>Spinoza</strong>, che sta "soffrendo <strong>di</strong> una malattia fatale [ ... ] che<br />

prevede morte certa a meno che egli non impieghi un rime<strong>di</strong>o<br />

[ .. .]". È un orrendo incontro con la prospettiva <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sce-


so<br />

IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

sa <strong>nel</strong> nulla assoluto, una vita senza significato che procede verso<br />

una fine senza senso.<br />

I.:esperienza che <strong>Spinoza</strong> descrive dettagliatamente <strong>nel</strong> suo<br />

primo trattato attribuisce un significato nuovo e molto più interessante<br />

alla definizione <strong>di</strong> "periodo buio" della sua vita. È<br />

un'esperienza davvero molto sim<strong>il</strong>e a quella che, in molte narrazioni<br />

spirituali più tra<strong>di</strong>zionali, è chiamata "la buia notte dell'anima"<br />

- quel momento <strong>di</strong> dubbio estremo, <strong>di</strong> paura e <strong>di</strong> incertezza<br />

che precede l'aurora della rivelazione. In verità, <strong>il</strong> viaggio<br />

attraverso <strong>il</strong> vuoto che <strong>Spinoza</strong> racconta è quello lungo <strong>il</strong><br />

quale si incamminarono poeti, f<strong>il</strong>osofi e teologi troppo numerosi<br />

perché si possa menzionarli tutti, i quali per m<strong>il</strong>lenni hanno<br />

dato voce a questa sensazione che la vita sia una passione<br />

inut<strong>il</strong>e, <strong>il</strong> ciclo <strong>di</strong> un'incessante contesa, una favola narrata da<br />

un i<strong>di</strong>ota, tutta rumore e furore, ma senza senso. Ma questo sentimento<br />

non è universale: non risalta affatto <strong>nel</strong>l'opera <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>,<br />

per citare un esempio.<br />

Nel caso <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, <strong>il</strong> senso <strong>di</strong> vanitas a quanto pare perdurò<br />

per un lungo periodo <strong>nel</strong>la sua mente prima che egli decidesse <strong>di</strong><br />

agire <strong>di</strong> conseguenza. "Perché sebbene io percepissi queste cose<br />

con tanta chiarezza <strong>nel</strong>la mia mente," egli scrive, "io ancora non<br />

potevo, in considerazione <strong>di</strong> ciò, mettere da parte ogni bramosia,<br />

desiderio <strong>di</strong> piacere dei sensi, e amore per la stima." Che <strong>Spinoza</strong><br />

abbia mai condotto davvero una vita <strong>di</strong>ssoluta de<strong>di</strong>ta alla<br />

lussuria e al guadagno è poco probab<strong>il</strong>e; e occorre tenere a mente<br />

che <strong>il</strong> suo trattato è un'opera letteraria, tesa a connotare un'esperienza<br />

interiore universale più che a verbalizzare la storia <strong>di</strong><br />

una vita. È verosim<strong>il</strong>e, piuttosto, che qui egli si riferisca al periodo<br />

imme<strong>di</strong>atamente precedente la scomunica, quando aspirava<br />

a una carriera <strong>nel</strong> commercio internazionale e almeno ufficialmente<br />

era un leale membro della comunità in cui era nato.<br />

La f<strong>il</strong>osofia che trae origine dalla vanitas, chiarisce <strong>Spinoza</strong>,<br />

mira <strong>di</strong>rettamente al suo opposto: la "suprema, continua e perenne<br />

felicità". Si tratta <strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> appagamento non comune,<br />

non fac<strong>il</strong>e da raggiungere. È altrettanto estrema quanto<br />

<strong>il</strong> timore da cui scaturisce, e <strong>Spinoza</strong> la definisce con termini<br />

tratti dall'esperienza religiosa tra<strong>di</strong>zionale: beatificazione o salvezza<br />

eterna. La f<strong>il</strong>osofia, come <strong>Spinoza</strong> la concepisce, non spaccia<br />

una passeggera allegrezza, modesti miglioramenti <strong>nel</strong> benessere,<br />

ovvero brodo <strong>di</strong> pollo per l'anima; la f<strong>il</strong>osofia ricerca e<br />

proclama <strong>di</strong> poter fornire una base per la felicità che sia assolutamente<br />

certa, permanente e <strong>di</strong>vina. <strong>Il</strong> principale, anzi l'unico,<br />

scopo della sua f<strong>il</strong>osofia matura, come è espressa <strong>nel</strong> suo capolavoro,<br />

l'Etica, è raggiungere questo tipo <strong>di</strong> beatificazione o<br />

<strong>di</strong> salvezza eterna.


4. UNA VITA DELLA MENTE 51<br />

Dopo aver stab<strong>il</strong>ito la con<strong>di</strong>zione archetipa <strong>di</strong> assoluta oscurità<br />

da cui tanta fi losofia origina e la finalità archetipa <strong>di</strong> sconfinata<br />

beatificazione per cui essa lotta, <strong>Spinoza</strong> si de<strong>di</strong>ca poi ai<br />

mezzi archetipi con cui la f<strong>il</strong>osofia si propone <strong>di</strong> realizzare <strong>il</strong> suo<br />

scopo, ovvero: la vita della mente, cioè la ricerca della saggezza<br />

in una vita <strong>di</strong> contemplazione. Su questo punto, i f<strong>il</strong>osofi e i teologi<br />

tra<strong>di</strong>zionalmente si <strong>di</strong>vidono. Laddove i pensatori religiosi<br />

trovano l'estremo rifugio <strong>nel</strong>la certezza assoluta della verità rivelata<br />

- trasmessa per verba dalla bocca <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> a noi, tramite le<br />

Scritture e i loro interpreti - i f<strong>il</strong>osofi come <strong>Spinoza</strong> danno per<br />

scontato che la certezza assoluta possa provenire esclusivamente<br />

dalle risorse interne <strong>di</strong> ciascuno. I f<strong>il</strong>osofi, inoltre, escludono<br />

la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> raggiungere questo tipo <strong>di</strong> certezza tramite l'esperienza<br />

delle cose <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> fisico, poiché esse per loro stessa<br />

natura sono soggette al <strong>di</strong>venire. Ciò che è indubitab<strong>il</strong>e, insistono<br />

<strong>Spinoza</strong> e i suoi antichi confratelli, deve risiedere <strong>nel</strong>l"'intimo",<br />

cioè a <strong>di</strong>re, <strong>nel</strong>la mente. Come Socrate, <strong>Spinoza</strong> afferma<br />

che la beatificazione proviene soltanto da un certo tipo <strong>di</strong> conoscenza<br />

- precisamente, dalla "conoscenza dell'unione della mente<br />

con l'intera Natura".<br />

Nel suo primo trattato, <strong>Spinoza</strong> formula un ulteriore, definitivo<br />

elemento dell'archetipo progetto f<strong>il</strong>osofico: che la vita contemplativa<br />

è, tra l'altro, una vita condotta entro un certo tipo <strong>di</strong><br />

comunità - per la precisione, un gruppo <strong>di</strong> "amici della mente".<br />

Come Socrate con la cerchia dei suoi interlocutori nei <strong>di</strong>aloghi,<br />

o come Epicuro <strong>nel</strong> suo giar<strong>di</strong>no con i compagni <strong>di</strong> esperienza<br />

intellettuale, così anche <strong>Spinoza</strong> immagina un futuro f<strong>il</strong>osofico<br />

in cui lui e altri uomini <strong>di</strong> ragione nutrano la propria saggezza<br />

attraverso un <strong>di</strong>alogo in continuo sv<strong>il</strong>uppo, che sia occasione <strong>di</strong><br />

<strong>il</strong>luminazione reciproca. Infatti, dopo aver raggiunto la beatificazione<br />

per se stesso, egli annuncia <strong>nel</strong> suo primo trattato, <strong>il</strong> suo<br />

primo passo sarà quello <strong>di</strong> "formare una comunità del tipo auspicab<strong>il</strong>e,<br />

così che quante più persone possib<strong>il</strong>e possano raggiungerla<br />

quanto più fac<strong>il</strong>mente e sicuramente possib<strong>il</strong>e". Giacché<br />

"<strong>il</strong> bene supremo", egli afferma, consiste <strong>nel</strong> raggiungere la<br />

salvezza insieme ad altri in<strong>di</strong>vidui "se possib<strong>il</strong>e".<br />

Anche se un in<strong>di</strong>viduo consacra la propria esistenza alla ricerca<br />

della continua, suprema e perenne felicità, ovviamente, come<br />

<strong>Spinoza</strong> stesso pone in r<strong>il</strong>ievo, "è necessario vivere". Pertanto<br />

egli arricchisce le sezioni introduttive del suo Tractatus de irztellectus<br />

emenda tione con la proposta <strong>di</strong> tre "norme <strong>di</strong> vita", che<br />

dovrebbero servire come guida pratica <strong>di</strong> vita per lui stesso e per<br />

i suoi colleghi f<strong>il</strong>osofi. La prima norma <strong>di</strong> vita impone, in breve,<br />

<strong>di</strong> andare d'accordo con <strong>il</strong> resto dell'umanità. Cioè, i compagni <strong>di</strong><br />

ricerca dovrebbero seguire le norme sociali comunemente ac-


52 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

cettate e comportarsi amichevolmente con la gente comune, e<br />

per <strong>il</strong> resto evitare guai che potrebbero mettere a repentaglio la<br />

fondamentale missione <strong>di</strong> raggiungere la beatificazione f<strong>il</strong>osofica.<br />

La seconda norma impone <strong>di</strong> godere dei piaceri dei sensi quanto<br />

basta per salvaguardare la salute, in funzione dell'importantissimo<br />

fine <strong>di</strong> condurre una vita della mente. La terza norma impone<br />

<strong>di</strong> ricercare <strong>il</strong> denaro e gli altri beni materiali solo <strong>nel</strong>la misura<br />

in cui essi sono necessari per conservare la vita e la salute ­<br />

ancora una volta, allo scopo <strong>di</strong> mantenere vigorosa la mente.<br />

Nell'estate del 1661, <strong>Spinoza</strong> riemerse dalla sua buia notte<br />

dell'anima e si stab<strong>il</strong>ì in una camera in affitto in un piccolo cottage<br />

nei <strong>di</strong>ntorni del v<strong>il</strong>laggio <strong>di</strong> Rijnsburg, circa sei miglia a ovest<br />

della città universitaria <strong>di</strong> Leida e trenta miglia a sud <strong>di</strong> Amsterdam.<br />

Gli restavano da vivere ancora se<strong>di</strong>ci anni. Tutte le testimonianze<br />

inducono a ritenere che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo rispettasse scrupolosamente<br />

le norme <strong>di</strong> vita che egli stesso aveva enunciato <strong>nel</strong> suo<br />

primo trattato.<br />

Nell'Etica, più ancora che <strong>nel</strong> precedente Tractatus, <strong>Spinoza</strong><br />

enfatizza <strong>il</strong> suo <strong>di</strong>sprezzo per <strong>il</strong> denaro e per quel genere <strong>di</strong><br />

persone che lo bramano. "Le masse non riescono a concepire<br />

un qualsiasi tipo <strong>di</strong> piacere che non sia accompagnato dall'idea<br />

del denaro come sua causa," osserva sdegnato. "Coloro che conoscono<br />

<strong>il</strong> vero valore del denaro pongono come limite della<br />

propria ricchezza esclusivamente i loro bisogni, e vivono paghi<br />

<strong>di</strong> poco."<br />

Egli teneva fede alle parole che pre<strong>di</strong>cava. Nello scegliere la<br />

propria <strong>di</strong>mora, per esempio, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo mostrava totale in<strong>di</strong>fferenza<br />

per <strong>il</strong> valore della proprietà fon<strong>di</strong>aria. A Rijnsburg dal 1661<br />

al 1663, a Voorburg dal 1663 al 1670, e all'Aja dal 1670 al 1677,<br />

egli stette sempre a pensione in camerette prese in affitto presso<br />

famiglie, sulla riva più economica dei canali.<br />

Anche quando si trattava <strong>di</strong> alimentare <strong>il</strong> corpo, inoltre, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

era estremamente parco. Colerus, che ebbe occasione <strong>di</strong><br />

esaminare alcune delle sue ricevute, riferisce che per un giorno<br />

intero egli mangiò soltanto "farinata sem<strong>il</strong>iquida d'avena con<br />

uva e burro". Sopravvisse per un'altra intera giornata con "minestra<br />

<strong>di</strong> latte e burro" innaffiata con "un boccale "<strong>di</strong> birra". (La<br />

birra era come l'acqua a quel tempo - bisogna <strong>di</strong>re che era molto<br />

acquosa, ed era una bevanda molto più salutare <strong>di</strong> quella robaccia<br />

che pompavano dai pozzi salmastri. Georg Hermann<br />

Schuller, amico <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> e suo contatto in Olanda, sia detto incidentalmente,<br />

è menzionato nei documenti superstiti per aver<br />

spe<strong>di</strong>to in dono a <strong>Spinoza</strong> un bar<strong>il</strong>otto <strong>di</strong> birra.) <strong>Il</strong> consumo <strong>di</strong>


4. UNA VITA DELLA MENTE 53<br />

vino da parte del f<strong>il</strong>osofo si limitava "appena" a due pinte e mezzo<br />

al mese. "È <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e credere quanto sobrio e frugale egli fosse<br />

in ogni circostanza," conclude Colerus. La sua unica debolezza<br />

era <strong>il</strong> tabacco, che, come molti olandesi dell'epoca, fumava<br />

avidamente con la pipa.<br />

<strong>Il</strong> suo entusiasmo per l'abbigliamento alla moda sembra sia<br />

stato altrettanto contenuto quanto quello per i piaceri del palato.<br />

Colerus afferma che egli "non vestiva meglio del più misero<br />

dei suoi concitta<strong>di</strong>ni". Forse Lucas è più cre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e quando asserisce<br />

che <strong>Spinoza</strong> era semplice ma non trascurato <strong>nel</strong> suo aspetto<br />

esteriore: "C'era qualcosa, <strong>nel</strong> suo modo <strong>di</strong> vestire, che <strong>di</strong> solito<br />

<strong>di</strong>stingue un gent<strong>il</strong>uomo da un v<strong>il</strong>lano," afferma, aggiungendo<br />

che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo si <strong>di</strong>ceva convinto che "un'affettata trascuratezza<br />

è segno <strong>di</strong> una mente inferiore". Linventario degli indumenti<br />

st<strong>il</strong>ato dopo la morte del f<strong>il</strong>osofo sembra confermare <strong>il</strong> resoconto<br />

fornito da Lucas: <strong>il</strong> guardaroba <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> era ridotto ed<br />

efficiente (le due paia <strong>di</strong> pantaloni e le sette camicie fanno pensare<br />

a una rigorosa pianificazione del bucato); e alcuni capi, almeno,<br />

erano <strong>di</strong> pregevole qualità (per esempio, le fibbie d'argento<br />

per le scarpe).<br />

<strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo non era nemmeno un grande risparmiatore. "I miei<br />

parenti non avranno da me alcuna ere<strong>di</strong>tà, proprio come niente<br />

hanno lasciato a me," affermò una volta. Dopo la sua morte, la<br />

sorella Rebecca - che con tutta probab<strong>il</strong>ità non vedeva <strong>il</strong> fratello<br />

da vent'anni - piombò all'Aja per accertarsi della situazione. Proprio<br />

come aveva promesso, egli lasciava un patrimonio <strong>di</strong> così<br />

scarso valore che, pagate le spese per <strong>il</strong> funerale e saldati alcuni<br />

altri debiti, per gli avi<strong>di</strong> parenti non restò niente. Rebecca si affrettò<br />

a rinunciare ai propri <strong>di</strong>ritti, <strong>nel</strong> timore <strong>di</strong> rimetterei ad<strong>di</strong>rittura<br />

lei stessa del denaro.<br />

Ovviamente, secondo le norme dettate <strong>nel</strong> primo trattato, un<br />

f<strong>il</strong>osofo deve procurarsi almeno <strong>il</strong> denaro sufficiente per mantenersi<br />

in buona salute. Durante <strong>il</strong> suo periodo buio, pertanto, <strong>Spinoza</strong><br />

aveva appreso un mestiere: molatore <strong>di</strong> lenti. Alla fine del<br />

Seicento, chi fabbricava lenti per telescopi e per microscopi era<br />

un artista più che un artigiano. <strong>Il</strong> molatore <strong>di</strong> lenti cominciava<br />

col collocare una lastra <strong>di</strong> vetro su un tornio azionato a pedale.<br />

Quin<strong>di</strong>, esercitando una pressione con <strong>il</strong> piede, applicava un panno<br />

abrasivo alla piastra rotante, mandando la polvere <strong>di</strong> vetro a<br />

fluttuare pertuttala stanza, ricoprendo la macchina, <strong>il</strong> pavimento,<br />

i suoi indumenti e i suoi stessi polmoni. Dopo aver raschiato la<br />

lente fino a ottenere con precisione m<strong>il</strong>limetrica la curvatura desiderata,<br />

lucidava vigorosamente la superficie scabra, allo scopo<br />

<strong>di</strong> ottenere una rifinitura trasparente. <strong>Il</strong> processo richiedeva pazienza,<br />

meticolosa attenzione al dettaglio e un certo gusto per <strong>il</strong>


54 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

lavoro solitario. Forse era perfettamente adeguato alle ab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>, al suo temperamento e alle sue necessità economiche.<br />

La costante esposizione alla polvere <strong>di</strong> vetro, tuttavia, molto probab<strong>il</strong>mente<br />

aggravò la malattia polmonare cronica che alla fine<br />

lo avrebbe strappato alla vita.<br />

Secondo tutti i resoconti, <strong>Spinoza</strong> era un eccezionale molatore<br />

<strong>di</strong> lenti. Lo stesso <strong>Leibniz</strong> fa riferimento più volte alla sua<br />

"fama" <strong>nel</strong> campo dell'ottica. Christiaan Huygens, egli stesso<br />

tutt'altro che profano <strong>di</strong> ottica, scrisse a suo fratello che 'Tisraelita<br />

ottiene un'eccellente rifinitura". Le lenti rinvenute tra gli averi<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> dopo la sua morte furono rivendute a caro prezzo,<br />

quando i suoi beni furono messi all'asta.<br />

Andando avanti con gli anni, <strong>Spinoza</strong> forse faceva maggiore<br />

affidamento su un'altra fonte <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to: la carità <strong>di</strong> amici f<strong>il</strong>osofi<br />

e ammiratori. <strong>Il</strong> benefattore più generoso era Simon de Vries,<br />

rampollo <strong>di</strong> una famiglia <strong>di</strong> mercanti e amico del f<strong>il</strong>osofo sin dai<br />

giorni in cui era commerciante ad Amsterdam. De Vries morì giovane<br />

<strong>nel</strong> 166 7, e <strong>nel</strong> suo testamento garantì al f<strong>il</strong>osofo un lascito<br />

annuale del valore <strong>di</strong> cinquecento fiorini olandesi. <strong>Spinoza</strong> rifiutò<br />

<strong>di</strong> accettare una somma tanto ingente; poiché, secondo Lucas<br />

e Colerus, non voleva si pensasse che egli viveva della pro<strong>di</strong>galità<br />

<strong>di</strong> un altro uomo. Invece, egli insistette affinché la sovvenzione<br />

fosse ridotta a trecento fiorini olandesi l'anno (o duecentocinquanta,<br />

a seconda della fonte). Non è del tutto certo che ogni<br />

anno, in seguito, egli abbia prelevato questa somma; <strong>nel</strong> 1676<br />

<strong>Leibniz</strong> si fece l'idea che <strong>il</strong> mecenate <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> fosse <strong>il</strong> mercante<br />

Jarig Jelles, un amico del f<strong>il</strong>osofo sin dagli anni <strong>di</strong> Amsterdam.<br />

In una curiosa lettera in<strong>di</strong>rizzata a Jelles, <strong>Spinoza</strong> si avvale<br />

<strong>di</strong> un aneddoto su Talete <strong>di</strong> M<strong>il</strong>eto per <strong>il</strong>lustrare <strong>il</strong> proprio atteggiamento<br />

verso <strong>il</strong> denaro. Stanco <strong>di</strong> sentirsi rimproverare dagli<br />

amici la sua povertà, a quanto si narra, l'antico f<strong>il</strong>osofo un giorno<br />

si servì delle proprie superiori conoscenze meteorologiche per<br />

realizzare un forte guadagno grazie alla compraven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> macine<br />

per le olive. Poi, questo dettaglio è certo, donò tutto <strong>il</strong> ricavato<br />

a beneficio <strong>di</strong> buone cause. La morale della storia è che "non<br />

per necessità, ma per scelta, <strong>il</strong> saggio non possiede ricchezze".<br />

Senza dubbio <strong>Spinoza</strong>, come Talete, nutriva ben poco interesse<br />

per <strong>il</strong> denaro.<br />

Così come aveva imparato a vivere con poco denaro, <strong>Spinoza</strong><br />

può essere riuscito a sopravvivere anche senza alcun amore.<br />

A quanto narra Colerus, <strong>il</strong> giovane f<strong>il</strong>osofo concepì una passione<br />

amorosa per la sua insegnante <strong>di</strong> latino, Clara Maria, la figlia<br />

maggiore <strong>di</strong> Frans van den End e n. Perdutamente innamorato del-


4. UNA VITA DELLA MENTE 55<br />

la ragazza, vivace ma deforme, afferma <strong>il</strong> biografo, <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>chiarò<br />

ripetutamente che intendeva sposarla.<br />

Un rivale ben presto oscurò la stella dell'amore del f<strong>il</strong>osofo.<br />

Thomas Kerkering, nativo <strong>di</strong> Amburgo e studente, come <strong>Spinoza</strong>,<br />

<strong>nel</strong>la scuola dei Van den Enden, soccombette anch'egli alle<br />

peculiari grazie <strong>di</strong> Clara Maria. <strong>Il</strong> giovane tedesco, a quanto pare,<br />

sapeva giocare meglio del f<strong>il</strong>osofo <strong>il</strong> gioco dell'amore. Egli corteggiò<br />

la nub<strong>il</strong>e latinista assiduamente, <strong>di</strong>mostrando ampiamente<br />

<strong>il</strong> proprio ardore con <strong>il</strong> dono <strong>di</strong> una collana <strong>di</strong> perle <strong>di</strong> grande valore.<br />

Clara Maria concesse <strong>il</strong> cuore e la mano - e, si presume, <strong>il</strong><br />

collo - a Kerkering, mentre <strong>Spinoza</strong> dovette assaporare <strong>il</strong> gusto<br />

amaro del rifiuto.<br />

La storia è perfettamente plausib<strong>il</strong>e, ma non è affatto al <strong>di</strong> sopra<br />

<strong>di</strong> ogni sospetto. Clara Maria fu in effetti l'insegnante <strong>di</strong> latino<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, e sposò un tale Thomas Kerkering, che aveva stu<strong>di</strong>ato<br />

<strong>nel</strong>la scuola dei Van den Enden. Le nozze avvennero <strong>nel</strong><br />

16 71, tuttavia, e in quella occasione la novella sposa fu censita come<br />

ventiseienne - ma allora lei avrebbe avuto tra i do<strong>di</strong>ci e i quattor<strong>di</strong>ci<br />

anni <strong>nel</strong> periodo in cui sarebbe avvenuto l'incontro con<br />

uno <strong>Spinoza</strong> tra i ventidue e i ventisei anni. È possib<strong>il</strong>e, ovviamente,<br />

che Clara Maria abbia mentito sulla propria età al momento<br />

delle nozze; ma è lecito avanzare <strong>il</strong> sospetto che i primi biografi<br />

<strong>di</strong>· <strong>Spinoza</strong>, dopo aver inarcato le sopracciglia <strong>di</strong> fronte alla<br />

strab<strong>il</strong>iante circostanza che <strong>il</strong> suo insegnante <strong>di</strong> latino fosse una<br />

ragazza, abbiano dato libero corso alla loro immaginazione per<br />

completare <strong>il</strong> resto della storia del suo amore non corrisposto.<br />

In ogni caso, che l'interesse <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> per Clara Maria andasse<br />

davvero oltre la formidab<strong>il</strong>e competenza della ragazza in<br />

latino oppure no, resta <strong>il</strong> fatto che, <strong>nel</strong> campo dell'amore romantico<br />

o passionale, la sua biografia non offre nient'altro a parte<br />

questa frustrata e probab<strong>il</strong>mente fittizia relazione, quand'era<br />

studente. Alcuni stu<strong>di</strong>osi moderni interpretano <strong>il</strong> suo rifiuto <strong>di</strong><br />

fornirci materiale per future realizzazioni cinematografiche come<br />

la prova che egli fosse un misogino, un omosessuale, o l'uno<br />

e l'altro, e che la sua f<strong>il</strong>osofia rappresenti quin<strong>di</strong> un rifugio iperrazionalistico<br />

dalle esigenze della sessualità. Comunque sia, non<br />

c'è alcuna prova significativa a sostegno <strong>di</strong> sim<strong>il</strong>i tesi.<br />

E, soprattutto, <strong>il</strong> fatto che <strong>Spinoza</strong> non sia riuscito a sposarsi<br />

- o almeno a !asciarci qualche informazione su una sua vita sessuale<br />

- sembra non abbia alcun legame profondo con <strong>il</strong> suo programma<br />

f<strong>il</strong>osofico. Nell'Etica egli <strong>di</strong>chiara che <strong>il</strong> matrimonio è "in<br />

armonia con la ragione". Lucas conferma che "<strong>il</strong> nostro f<strong>il</strong>osofo<br />

non era una <strong>di</strong> quelle persone austere che considerano <strong>il</strong> matrimonio<br />

come un ostacolo alle attività della mente". Se decise <strong>di</strong> rinunciare<br />

alle attrattive <strong>di</strong> Clara Maria o <strong>di</strong> qualunque altro pos-


56 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

sib<strong>il</strong>e oggetto d'amore fu, presumib<strong>il</strong>mente, perché non concepiva<br />

tali relazioni come <strong>il</strong> modo migliore per procedere <strong>nel</strong>la propria<br />

vita della mente. Dobbiamo ricordare inoltre che la sua scelta<br />

<strong>di</strong> uno st<strong>il</strong>e <strong>di</strong> vita così modesto, le sue malattie croniche e <strong>il</strong><br />

suo non invi<strong>di</strong>ab<strong>il</strong>e status sociale <strong>di</strong> ebreo apostata non potevano<br />

certo fare <strong>di</strong> lui un can<strong>di</strong>dato allettante per le ragazze olandesi.<br />

Più in generale, la posizione che <strong>Spinoza</strong> assume <strong>nel</strong>le sue<br />

opere f<strong>il</strong>osofiche verso <strong>il</strong> piacere dei sensi non è assolutamente<br />

quella tipica della tra<strong>di</strong>zione ascetica. Ben l ungi dal negare <strong>il</strong> valore<br />

del piacere, sessuale o altro, egli si spinge quasi a perorarne<br />

la massimizzazione. Nell'Etica, per esempio, scrive:<br />

... un vero saggio è chi si ristora e si rinfresca con cibi e bevande piacevoli,<br />

e anche con profumi, con la dolce bellezza delle piante che<br />

crescono, con <strong>il</strong> vestiario, con la musica, con svariate attività fisiche,<br />

con gli spettacoli teatrali e con altre cose sim<strong>il</strong>i, <strong>di</strong> cui ciascuno<br />

può avvalersi senza recare alcun danno al suo vicino. <strong>Il</strong> corpo<br />

umano, infatti, è composto da numerose parti <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa natura, che<br />

continuamente necessitano <strong>di</strong> nutrimento fresco e vario, in modo<br />

che l'intero organismo sia equamente capace <strong>di</strong> compiere tutte le<br />

azioni che <strong>di</strong>scendono necessariamente dalla sua natura, e affinché,<br />

<strong>di</strong> conseguenza, la mente possa essere, al pari delle altre parti, capace<br />

<strong>di</strong> comprendere molte cose simultaneamente.<br />

Qui <strong>Spinoza</strong> sembra effettivamente edonistico <strong>nel</strong> suo elenco<br />

celebrativo dei piaceri sensuali - finché non si avvicina alla<br />

fine del passo. Perché <strong>il</strong> punto centrale, come <strong>nel</strong> precedente<br />

Tractatus, è che <strong>il</strong> piacere dei sensi è del tutto buono, ma <strong>il</strong> suo<br />

vero scopo è quello <strong>di</strong> contribuire al cruciale progetto <strong>di</strong> sostenere<br />

la mente per una vita <strong>di</strong> contemplazione. Poche pagine dopo,<br />

<strong>Spinoza</strong> è ancora più esplicito: "Le cose sono buone soltanto<br />

<strong>nel</strong>la misura in cui esse aiutano un uomo ad assaporare la vita<br />

della mente".<br />

Vi è <strong>nel</strong> pensiero <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> a questo proposito un <strong>il</strong>luminante<br />

paradosso - che in definitiva getta luce su questioni f<strong>il</strong>osofiche<br />

più che biografiche. Da una parte, senza alcun dubbio <strong>Spinoza</strong><br />

visse una "vita della mente". Abbigliamento, musica, attività fisica<br />

e amore carnale occuparono sempre un posto subalterno rispetto<br />

ai suoi "stu<strong>di</strong>" (o meglio, rispetto ai suoi "stu<strong>di</strong> a tarda notte",<br />

come egli scrive in una lettera a De Vries, poiché la sua attività<br />

<strong>di</strong> molatore <strong>di</strong> lenti lo impegnava durante le ore del giorno).<br />

Come tanti f<strong>il</strong>osofi prima e dopo <strong>di</strong> lui, egli sembrava manifestare<br />

una certa estraneità alla confusione della vita <strong>di</strong> tutti i giorni,<br />

un certo <strong>di</strong>stacco dal corpo, un certo grado <strong>di</strong> oltre-mondanità.<br />

Seguendo Platone, saremmo tentati <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che egli viveva<br />

<strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> delle idee - un <strong>mondo</strong> che esiste al <strong>di</strong> fuori della ca-


4. UNA VITA DELLA MENTE 57<br />

verna <strong>nel</strong>la quale prende posto l'esperienza comune. Se la sua organizzazione<br />

domestica dovesse essere recensita su un qualunque<br />

giornale, oggigiorno, possiamo star certi che essa verrebbe<br />

presentata come "spirituale".<br />

D'altra parte, <strong>nel</strong> sistema f<strong>il</strong>osofico che emerse da quelle notti<br />

al lume <strong>di</strong> candela, non vi è posto per un "altro" <strong>mondo</strong>. Non<br />

vi sono spiriti, non vi è alcuna "mente"; non vi è niente al <strong>di</strong> fuori<br />

della caverna. Qualunque cosa noi possiamo considerare come<br />

un'operazione mentale, secondo la profonda convinzione <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> essa ha la sua base in un processo materiale, e tutte le<br />

nostre decisioni sono ra<strong>di</strong>cate nei nostri desideri. In effetti, con<br />

la sua <strong>di</strong>chiarazione che "<strong>il</strong> desiderio è l'essenza dell'uomo", egli<br />

articola i fondamenti <strong>di</strong> quella stessa struttura concettuale che i<br />

terapeuti dei nostri giorni, tra gli altri, possono ut<strong>il</strong>izzare per analizzare<br />

<strong>il</strong> suo st<strong>il</strong>e <strong>di</strong> vita come "represso". <strong>Il</strong> paradosso con cui i<br />

moderni interpreti devono confrontarsi, palesemente, è proprio<br />

quello che ass<strong>il</strong>lava <strong>Leibniz</strong>. Uno che nega l'esistenza stessa della<br />

mente, come può condurre una vita della mente? Ovvero, leggeremmo<br />

oggi su qualunque rivista, come può un materialista<br />

essere spirituale?<br />

Forse l'aspetto più complesso e gravido delle "norme <strong>di</strong> vita"<br />

che <strong>Spinoza</strong> adottò come giovane scomunicato era quello che riguardava<br />

i suoi rapporti con gli altri - con la società in generale<br />

e, soprattutto, con quegli amici che egli riteneva fossero i suoi<br />

colleghi f<strong>il</strong>osofi.<br />

A un primo sguardo, <strong>Spinoza</strong> sembra un f<strong>il</strong>osofo dello stampo<br />

<strong>di</strong> Eraclito, l'antico saggio che si era ritirato sulla vetta <strong>di</strong> una<br />

montagna per poter sfuggire alla contaminatrice presenza degli<br />

altri esseri umani. Lucas afferma che egli andò a Rijnsburg per<br />

"amore della solitu<strong>di</strong>ne", e che quando due anni dopo fuggì verso<br />

Voorburg, "si seppellì in una solitu<strong>di</strong>ne ancora più profonda".<br />

Jarig Jelles, <strong>nel</strong>la prefazione alle opere postume del f<strong>il</strong>osofo, racconta<br />

dettagliatamente che "una volta non uscì dai suoi alloggi<br />

per tre mesi interi". Anche quando faceva qualche passo fuori,<br />

aggiunge Lucas, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo "non usciva mai dalla propria solitu<strong>di</strong>ne<br />

se non per tornarvi subito dopo". Un consigliere in visita dal<br />

duca <strong>di</strong> Holstein, Greiffencrantz (<strong>il</strong> quale, non deve sorprenderci,<br />

era anche un corrispondente <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>), riferì che <strong>Spinoza</strong><br />

"pareva vivesse tutto per sé, sempre solitario, quasi fosse sepolto<br />

<strong>nel</strong> suo stu<strong>di</strong>o".<br />

Ma un esame più attento della vita <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> rivela un ben<br />

<strong>di</strong>verso aspetto del suo carattere sociale, per certi versi molto più<br />

sim<strong>il</strong>e all'indole socievole e compassionevole <strong>di</strong> Epicuro, l'anti-


58 IL CORTIGIANO E !.!ERETICO<br />

co guru che coltivava un tranqu<strong>il</strong>lo giar<strong>di</strong>no proprio allo scopo<br />

<strong>di</strong> intrattenervi i suoi colleghi f<strong>il</strong>osofi. <strong>Spinoza</strong> si era ritirato a<br />

Rijnsburg non perché non avesse amici, ma, come Lucas pone<br />

opportunamente in r<strong>il</strong>ievo, perché ne aveva troppi. E, anche quando<br />

viveva appartato <strong>nel</strong> suo cottage, scrive <strong>il</strong> biografo, "i suoi amici<br />

più intimi venivano a trovarlo <strong>di</strong> tanto in tanto e si allontanavano<br />

da lui solo con grande r<strong>il</strong>uttanza". Così, benché <strong>Spinoza</strong>, a<br />

quanto si <strong>di</strong>ce, si fosse recato a Voorburg per sottrarsi ai suoi amici,<br />

quegli stessi amici "non tardarono a rintracciarlo e a sommergerlo<br />

con le loro visite". Secondo Colerus, inoltre, <strong>Spinoza</strong><br />

aveva "tantissimi amici ... alcuni <strong>nel</strong>l'esercito, altri d'alto rango".<br />

All'Aja, si <strong>di</strong>ceva che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo ricevesse attenzioni anche da "f<strong>il</strong>les<br />

de qualité, che si vantavano <strong>di</strong> avere una mente superiore per<br />

<strong>il</strong> loro sesso". E non sempre erano gli amici <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> a sobbarcarsi<br />

la fatica: in molte delle lettere che ci restano, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

menziona viaggi progettati o realizzati ad Amsterdam, dove presumib<strong>il</strong>mente<br />

egli cercava la compagnia dei propri amici.<br />

Né si deve credere che <strong>Spinoza</strong> mancasse <strong>di</strong> ab<strong>il</strong>ità sociali.<br />

Secondo Colerus, molte persone <strong>di</strong>stinte "traggono un gran d<strong>il</strong>etto<br />

dal <strong>di</strong>alogo con lui". <strong>Il</strong> ritratto più avvincente, non ci sorprenda,<br />

viene dal suo ammiratore Lucas:<br />

La sua conversazione aveva una tale aria <strong>di</strong> genialità e i suoi paragoni<br />

erano così calzanti che egli induceva chiunque ad assumere inconsapevolmente<br />

le sue stesse opinioni. Era estremamente persuasivo,<br />

benché <strong>il</strong> suo st<strong>il</strong>e non fosse affettato, elegante o raffinato. Egli<br />

sapeva rendersi tanto comprensib<strong>il</strong>e, e i suoi <strong>di</strong>scorsi erano tanto<br />

pieni <strong>di</strong> buon senso, che chiunque lo ascoltasse ne traeva sod<strong>di</strong>sfazione.<br />

[ ... ] Aveva una mente assai penetrante e un'indole compiacente.<br />

Aveva un ingegno così ben allenato che i più garbati e i più<br />

severi vi trovavano un fascino particolare.<br />

I.:apparente tensione tra <strong>il</strong> lato eracliteo e <strong>il</strong> lato epicureo del<br />

carattere <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> ha caratterizzato i f<strong>il</strong>osofi sin dai tempi antichi.<br />

Da una parte, la f<strong>il</strong>osofia sembra un'attività essenzialmente<br />

solitaria, per sua stessa natura. È <strong>il</strong> viaggio che <strong>il</strong> singolo in<strong>di</strong>viduo<br />

conduce alla scoperta delle eterne verità del cosmo - un<br />

itinerario che parrebbe collocare colui che indaga a un livello<br />

sempre più alto <strong>di</strong> conoscenza e <strong>di</strong> astrazione, allontanandolo dal<br />

resto del genere umano. D'altra parte, in pratica, la f<strong>il</strong>osofia è<br />

un'attività eminentemente sociale. Implica <strong>di</strong>aloghi, <strong>di</strong>battiti,<br />

competizione per <strong>il</strong> riconoscimento, e la <strong>di</strong>sseminazione <strong>di</strong> saggezza<br />

al sempre in<strong>di</strong>gente genere umano.<br />

Gli scritti <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> incarnano qualcosa <strong>di</strong> questo antico paradosso<br />

della f<strong>il</strong>osofia. Da un lato, le sue opere suonano come <strong>il</strong><br />

monologo <strong>di</strong> un viaggiatore che si inoltra, solitario, <strong>nel</strong> cuore del-


4. UNA VITA DELLA MENTE 59<br />

le cose. Disprezza le citazioni, considerandole inut<strong>il</strong>i; la f<strong>il</strong>osofia,<br />

egli sottintende, non ha niente a che fare con gli errori altrui. D'altronde,<br />

le sue opere sono impregnate del più alto sapere. Purché<br />

si sappia dove cercare, si può trovare in esse una chiassosa conversazione<br />

con un intero <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> pensatori precedenti, dagli<br />

antichi stoici sino a Maimonide e a Descartes.<br />

Anche nei suoi rapporti con gli uomini in carne e ossa, <strong>Spinoza</strong><br />

praticava una socievolezza altrettanto ambivalente. Operava<br />

una netta <strong>di</strong>stinzione tra la gente comune e gli "amici della ragione".<br />

Con le folle, suggeriva, si deve essere eraclitei. Occorre tenerle<br />

a rispettosa <strong>di</strong>stanza, come si fa con una turbolenta mandria<br />

<strong>di</strong> bufali. In particolare, non si deve cercare <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre<br />

con loro opinioni f<strong>il</strong>osofiche che la gente comune non comprende<br />

e che potrebbero solo causare loro danno. "L'uomo libero che<br />

vive tra gli ignoranti si sforza, finché gli" è possib<strong>il</strong>e, <strong>di</strong> evitare <strong>di</strong><br />

ricevere favori da loro," consiglia. Quando <strong>di</strong>sdegna la ricerca<br />

dell'onore come una forma <strong>di</strong> servitù nei confronti delle "opinioni<br />

degli altri uomini", come fa <strong>nel</strong> suo primo Tractatus, gli "altri uomini"<br />

che <strong>Spinoza</strong> ha in mente sono in generale i membri comuni,<br />

ignoranti della specie.<br />

In presenza <strong>di</strong> colleghi f<strong>il</strong>osofi, invece, ci si può concedere <strong>di</strong><br />

essere esplicitamente epicurei. Occorre unirsi a sim<strong>il</strong>i in<strong>di</strong>vidui<br />

al fine <strong>di</strong> costituire un fronte comune <strong>nel</strong>la ricerca della verità e<br />

della virtù, poiché "niente in natura è più ut<strong>il</strong>e all'uomo <strong>di</strong> un uomo<br />

che vive secondo la guida della ragione". Aggiunge: "Homo<br />

homini deus est" - basandosi sul presupposto, ovviamente, che<br />

l'altro uomo in questione sia anch'egli un f<strong>il</strong>osofo. Occorrerebbe<br />

abbracciare i propri colleghi pensatori, dunque, come si potrebbe<br />

abbracciare un <strong>Dio</strong> proprio pari. Tra uomini <strong>di</strong> ragione, l"' onore"<br />

è nob<strong>il</strong>e quanto <strong>il</strong> suo nome. Nell'Etica, in singolare contrapposizione<br />

rispetto all'atteggiamento espresso <strong>nel</strong> precedente Tractatus,<br />

egli definisce l"'onore" come "<strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> stab<strong>il</strong>ire con<br />

gli altri rapporti <strong>di</strong> amicizia, un desiderio che caratterizza l'uomo<br />

che vive secondo la guida della ragione"; e definisce "onorevole"<br />

ciò che "è lodato dagli uomini che vivono secondo la guida<br />

della ragione".<br />

La linea <strong>di</strong> condotta <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> nei confronti delle masse, per<br />

lo meno, sembra funzionasse. Anche l'implacab<strong>il</strong>mente ost<strong>il</strong>e<br />

Pierre Bayle riferisce che gli abitanti dei v<strong>il</strong>laggi in cui viveva <strong>Spinoza</strong><br />

lo consideravano, senza alcuna eccezione, "un uomo piacevole<br />

da frequentare, affab<strong>il</strong>e, onesto, educato e dai costumi decorosissimi".<br />

Le relazioni tra <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo e <strong>il</strong> suo padrone <strong>di</strong> casa<br />

all'Aja, Hendrik van der Spyck, e famiglia, forniscono <strong>il</strong> più toccante<br />

esempio della sua capacità <strong>di</strong> legare con la gente comune.<br />

Quando sentiva la necessità <strong>di</strong> interrompere le proprie fatiche fi-


60 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

losofiche, sembra, l'ebreo apostata era solito scendere <strong>nel</strong> salotto<br />

e chiacchierare con i suoi coinqu<strong>il</strong>ini su eventi recenti e su altre<br />

banalità. Le conversazioni sovente vertevano sull'ultimo sermone<br />

del ministro della chiesa locale. All'occasione, <strong>il</strong> notorio<br />

iconoclasta si recava ad<strong>di</strong>rittura ad assistere al servizio religioso<br />

per poter meglio partecipare alle <strong>di</strong>scussioni.<br />

Una volta, Ida Margarete, la moglie <strong>di</strong> Hendrik, domandò a<br />

<strong>Spinoza</strong> se ritenesse che la sua religione non servisse a nulla.<br />

"La tua religione va benissimo," egli replicò. "Tu non devi cercarne<br />

un'altra per ottenere la salvezza, se ti dai a una vita tranqu<strong>il</strong>la<br />

e pia."<br />

La spinoziana ricerca <strong>di</strong> "onore" tra i suoi colleghi uomini <strong>di</strong><br />

ragione, non deve sorprenderei, risultò molto più <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e da gestire<br />

entro i confini della sua linea <strong>di</strong> condotta <strong>di</strong>chiarata. In effetti,<br />

la sua vita fornisce un ricco campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o sul complesso<br />

tema della comunione f<strong>il</strong>osofica, e forse vale ottimamente a <strong>di</strong>mostrare<br />

quanto sia <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e <strong>di</strong>stricare anche la più rarefatta amicizia<br />

f<strong>il</strong>osofica dai vincoli, istintivi, immaginativi e sovente deb<strong>il</strong>itanti,<br />

dell'amicizia comune.<br />

Forse <strong>Spinoza</strong> si avvicinò massimamente al proprio ideale <strong>di</strong><br />

comunità f<strong>il</strong>osofica con i suoi primi amici, quei mercanti che formavano<br />

un gruppo aperto <strong>di</strong> indaga tori ra<strong>di</strong>cali, uniti dal loro <strong>di</strong>sprezzo<br />

per l'ortodossia religiosa e dalla lor;o deferenza per le opere<br />

del maestro. Un saggio della vita <strong>di</strong> uno spinoziano della prim' o­<br />

ra è offerto da questa lettera <strong>di</strong> Simon de Vries, <strong>il</strong> grande benefattore<br />

del f<strong>il</strong>osofo:<br />

Quanto al nostro gruppo, <strong>il</strong> nostro modo <strong>di</strong> procedere è <strong>il</strong> seguente.<br />

Un membro (ciascuno a turno) legge <strong>il</strong> testo, spiega come lo interpreta,<br />

e poi procede a una completa <strong>di</strong>mostrazione, seguendo la sequenza<br />

e l'or<strong>di</strong>ne delle tue proposizioni. Poi, qualora non riusciamo<br />

a sod<strong>di</strong>sfarei reciprocamente, noi abbiamo ritenuto proficuo prenderne<br />

nota e scriverti affinché, se è possib<strong>il</strong>e, la cosa ci venga resa<br />

più chiara e possiamo, sotto la tua guida, sostenere la verità contro<br />

coloro che sono religiosi e cristiani in modo superstizioso, e possiamo<br />

opporci fermamente contro gli attacchi del <strong>mondo</strong> intero.<br />

Evidentemente, vi era una certa sensib<strong>il</strong>ità clandestina verso<br />

questo movimento. Possiamo immaginarci De Vries e compagni<br />

che chiudevano le tende, accendevano le candele, e poi si<br />

immergevano <strong>nel</strong>la lettura dei manoscritti inviati dalla loro guida,<br />

l'eremita ribelle, godendo per tutto <strong>il</strong> tempo delle loro libertà<br />

vagamente <strong>il</strong>lecite. Eppure, <strong>nel</strong> riferimento <strong>di</strong> De Vries a<br />

"coloro che sono [ ... ] cristiani in modo superstizioso" si può<br />

scorgere un imbarazzante bagliore <strong>di</strong> luce tra <strong>il</strong> maestro e i suoi<br />

seguaci. I simpatizzanti <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> per lo più erano membri <strong>di</strong>


4. UNA VITA DELLA MENTE 61<br />

sette protestanti liberali - <strong>di</strong> cui non v'era penuria né quanto al<br />

numero né quanto alla varietà, <strong>nel</strong>la repubblica olandese a quel<br />

tempo. Sovente costoro interpretavano le sue opinioni in termini<br />

profondamente religiosi, facendo ben poca <strong>di</strong>fferenza tra<br />

"la guida della ragione" e "la luce interna" del protestantesimo<br />

ra<strong>di</strong>cale. <strong>Spinoza</strong> mostrava notevole simpatia per alcuni aspetti<br />

del cristianesimo, e si spingeva persino ad affermare che Gesù<br />

fu forse <strong>il</strong> più grande f<strong>il</strong>osofo mai esistito; ma egli non giunse<br />

mai a <strong>di</strong>chiararsi cristiano.<br />

<strong>Il</strong> caso <strong>di</strong> W<strong>il</strong>lem van Blyenbergh offre un esempio del tutto<br />

<strong>di</strong>fferente e altamente premonitore delle conseguenze degli errori<br />

<strong>di</strong> persona tra presunti uomini <strong>di</strong> ragione. Blyenbergh, mercante<br />

<strong>di</strong> granaglie a Dordrecht, scrisse a <strong>Spinoza</strong> per la prima<br />

volta <strong>nel</strong> <strong>di</strong>cembre 1664 presentandosi come uno sconosciuto che<br />

si era imbattuto casualmente in una copia del suo libro sulla f<strong>il</strong>osofia<br />

<strong>di</strong> Descartes. Nella sua prima lettera, <strong>il</strong> mercante <strong>di</strong> granaglie<br />

chiede garbatamente al f<strong>il</strong>osofo <strong>di</strong> esprimersi sul problema<br />

se <strong>Dio</strong> sia la causa del male <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong>. A quanto aveva compreso<br />

della f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, egli afferma, era incappato in<br />

un'oscurità <strong>nel</strong> suo pensiero: 'Tatto proibito <strong>di</strong> Adamo, <strong>nel</strong>la misura<br />

in cui <strong>Dio</strong> non soltanto mosse la sua volontà ma la mosse<br />

anche in un determinato modo, non è malvagio in sé, oppure <strong>Dio</strong><br />

stesso sembra causare ciò che noi chiamiamo male".<br />

La risposta <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, cortese e istruttiva, chiaramente incoraggia<br />

a proseguire la corrispondenza.<br />

Io comprendo [ ... ] che Voi siete profondamente devoto alla verità, che<br />

costituisce l'unico obiettivo <strong>di</strong> tutti i vostri sforzi. Dal momento che<br />

anch'io ho esattamente <strong>il</strong> medesimo obiettivo, ciò mi ha indotto non<br />

soltanto a esau<strong>di</strong>re senza rispanniam1i la vostra richiesta [ ... ] ma anche<br />

a fare ogni cosa in mio potere che possa contribuire a promuovere<br />

la nostra conoscenza e la nostra sincera amicizia.<br />

Sembra che, agli occhi <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, un tale che asseriva <strong>di</strong> aver<br />

letto <strong>il</strong> suo libro su Descartes e poi gli proponeva un quesito f<strong>il</strong>osofico<br />

fosse, per definizione, un uomo <strong>di</strong> ragione come lui.<br />

Forse non dobbiamo biasimare <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo perché ignorava che<br />

Blyenbergh avesse già pubblicato un breve libro <strong>il</strong> cui lungo titolo<br />

inizia: La conoscenza <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> e la sua adorazione affermata contro<br />

gli oltraggi degli atei. Ma è lecito domandarsi come potesse non<br />

accorgersi che <strong>il</strong> quesito posto da Blyenbergh a proposito del male<br />

- formulato con copiosi riferimenti ad Adamo e alla sua mela -<br />

era motivato da interessi teologici perfettamente conformi all'<br />

ortodossia religiosa.<br />

Nella sua lettera successiva, comunque, l'uomo venuto da Dor-


62 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

drecht suggerisce quella che alla mente <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> deve essere<br />

apparsa un'enormità. Nel bel mezzo <strong>di</strong> una <strong>di</strong>scussione, per certi<br />

versi interessante, sul problema del male, Blyenbergh afferma<br />

che le tesi <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> non possono essere totalmente esatte poiché<br />

contrad<strong>di</strong>cono la Bibbia.<br />

<strong>Spinoza</strong> comprende allora che <strong>il</strong> suo mercante <strong>di</strong> granaglie<br />

non è realmente un uomo <strong>di</strong> ragione. Nella propria risposta raccomanda<br />

bruscamente che le loro strade si <strong>di</strong>vidano:<br />

Io stento a credere che la nostra conispondenza possa essere ut<strong>il</strong>e alla<br />

nostra reciproca istruzione. Poiché io vedo che nessuna prova, tuttavia,<br />

fermamente stab<strong>il</strong>ita secondo le leggi della logica, ha una qualche<br />

vali<strong>di</strong>tà ai vostri occhi se non collima con le [ ... ] Sacre Scritture.<br />

<strong>Il</strong> carattere manicheista delle prime due lettere <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> a<br />

Blyenbergh - <strong>nel</strong>la prima, <strong>il</strong> suo corrispondente è "profondamente<br />

devoto alla verità", mentre <strong>nel</strong>la seconda rappresenta essenzialmente<br />

una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tempo - mostra quanto fosse netta <strong>nel</strong>la<br />

mente <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> la <strong>di</strong>cotomia tra gli "uomini <strong>di</strong> ragione" e <strong>il</strong> resto<br />

dell'umanità. In questo caso, comunque, <strong>Spinoza</strong> evidentemente<br />

non seppe rinunciare al priv<strong>il</strong>egio <strong>di</strong> avere l'ultima parola<br />

con quell'interlocutore che <strong>di</strong>chiarava irragionevole. Dopo aver<br />

asserito che non vi è motivo per continuare la corrispondenza,<br />

egli si d<strong>il</strong>unga per svariate pagine <strong>nel</strong> chiarire le proprie tesi e <strong>nel</strong><br />

<strong>di</strong>fenderle dalle critiche <strong>di</strong> Blyenbergh.<br />

Ma Blyenbergh era come una verruca: più fac<strong>il</strong> procurarsela<br />

che liberarsene. Nella sua lettera successiva, si duole che la<br />

missiva <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> sia "cosparsa <strong>di</strong> taglienti rimproveri" e propone<br />

un incontro quando gli affari lo porteranno nuovamente<br />

dalle parti <strong>di</strong> Voorburg. <strong>Spinoza</strong> risponde garbatamente alla proposta,<br />

anche se forse accenna una certa impazienza quando insiste<br />

perché un eventuale incontro avvenga presto, prima che egli<br />

si rechi ad Amsterdam.<br />

Dalla successiva lettera <strong>di</strong> Blyenbergh, traspare evidente che<br />

<strong>il</strong> temuto incontro ha avuto luogo, poiché <strong>il</strong> mercante <strong>di</strong> granaglie<br />

lamenta che "quando io ho avuto l'onore <strong>di</strong> farle visita, purtroppo<br />

non ebbi <strong>il</strong> tempo <strong>di</strong> trattenermi più a lungo con Lei".<br />

Quin<strong>di</strong> pone una serie <strong>di</strong> domande, per rispondere alle quali <strong>Spinoza</strong><br />

evidentemente comprese che avrebbe dovuto esporgli l'intero<br />

contenuto dell'Etica, ancora ine<strong>di</strong>ta.<br />

A quel punto, <strong>Spinoza</strong> decise che ne aveva abbastanza. Presumib<strong>il</strong>mente,<br />

l'incontro aveva solo confermato ciò che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

aveva sospettato, e cioè che <strong>il</strong> mercante <strong>di</strong> granaglie non era<br />

affatto un membro della comunità <strong>di</strong> ragione. <strong>Spinoza</strong> lasciò<br />

languire la faccenda per due mesi, poi st<strong>il</strong>ò, r<strong>il</strong>uttante, l'equiva-


4. UNA VITA DELLA MENTE 63<br />

lente f<strong>il</strong>osofico <strong>di</strong> una lettera dal tono falsamente amichevole:<br />

"Spero che, quando avrà riflettuto sulla questione, vorrà spontaneamente<br />

desistere dalla Sua richiesta," conclude. Qui si chiude<br />

la corrispondenza.<br />

Ma Blyenbergh non desistette affatto. Nove anni dopo, in seguito<br />

alla pubblicazione del Iì-actatus theologico-politicus <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>,<br />

l'uomo <strong>di</strong> Dordrecht pubblicò un opuscolo <strong>di</strong> circa cinquecento<br />

pagine colme <strong>di</strong> in<strong>di</strong>gnazione: la versione abbreviata del titolo<br />

suona: La verità della religione cristiana e l'autorità delle Sacre<br />

Scritture affermate contro le argomentazioni degli empi, ovvero una<br />

confutazione del blasfemo libro intitolato Tractatus theologico-politicus.<br />

In questo mattone, Blyenbergh trova svariate centinaia <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong> per esprimere la sua singolare convinzione che l'opera del<br />

suo ex ospite sia "un libro colmo <strong>di</strong> ricercati abomini e un cumulo<br />

<strong>di</strong> opinioni che sono state forgiate <strong>nel</strong>l'inferno".<br />

Nove anni e cinquecento pagine sono numeri molto elevati <strong>nel</strong><br />

contesto <strong>di</strong> un rancore f<strong>il</strong>osofico. Eppure, questa era la natura della<br />

risposta che <strong>Spinoza</strong> suscitava tra i suoi contemporanei, non<br />

soltanto in questa occasione. C'era qualcosa <strong>nel</strong> modo in cui egli<br />

si rapportava a coloro che riteneva f<strong>il</strong>osoficamente inferiori - uno<br />

sguardo <strong>di</strong> sprezzante in<strong>di</strong>fferenza? un sogghigno? - che costoro<br />

non riuscivano a cancellare dalla memoria; qualcosa che colpì <strong>il</strong><br />

rabbino Morteira e i giovani amici del f<strong>il</strong>osofo che venivano dalla<br />

sinagoga; qualcosa che potrebbe rivelarsi significativo anche<br />

per valutare l'effetto che <strong>Spinoza</strong> fece su <strong>Leibniz</strong>.<br />

Tra gli inaspettatamente tormentosi incontri <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> con<br />

uomini <strong>di</strong> ragione, <strong>il</strong> più struggente coinvolse l'uomo che costituì<br />

<strong>il</strong> primo a<strong>nel</strong>lo <strong>di</strong> quella catena <strong>di</strong> eventi che avrebbe condotto<br />

infine al suo incontro con <strong>Leibniz</strong>. Henry Oldenburg, do<strong>di</strong>ci anni<br />

più grande <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, era nativo <strong>di</strong> Brema, in Germania. Era<br />

<strong>di</strong>ventato segretario della Royal Society <strong>di</strong> Londra <strong>nel</strong> 1661, e in<br />

tale veste egli corrispondeva con quasi tutti i più importanti scienziati<br />

e pensatori che all'epoca vivevano in Europa. Quando si risolse<br />

infine a pubblicare <strong>il</strong> proprio - già largamente <strong>di</strong>ffuso - epistolario,<br />

sotto <strong>il</strong> titolo <strong>di</strong> Ph<strong>il</strong>osophical Transactions, egli inventò<br />

in realtà <strong>il</strong> <strong>moderno</strong> giornale scientifico. Era un grande comunicatore<br />

e uno spirito liberale, almeno nei suoi anni giovan<strong>il</strong>i, ed<br />

era assetato <strong>di</strong> conoscenza scientifica. Nessuno lo considerava<br />

un pensatore originale, tuttavia, ed era piuttosto convenzionale<br />

<strong>nel</strong>le sue opinioni religiose.<br />

Nel 1661, durante <strong>il</strong> viaggio verso Londra, dove avrebbe assunto<br />

la sua nuova carica, Oldenburg passò per la città universitaria<br />

<strong>di</strong> Leida. Qui, qualcuno gli parlò del pro<strong>di</strong>gio f<strong>il</strong>osofico che<br />

viveva non lontano da Rijnsburg. <strong>Il</strong> ventottenne <strong>Spinoza</strong>, sia detto<br />

per inciso, all'epoca non aveva ancora pubblicato niente; la de-


64 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

cisione presa da Oldenburg <strong>di</strong> percorrere sei miglia in più per recarsi<br />

a fargli visita attesta <strong>il</strong> potente carisma del giovane f<strong>il</strong>osofo<br />

- e forse può essere ut<strong>il</strong>e per rammentarci quanto fosse <strong>di</strong>verso<br />

<strong>il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> allora.<br />

In un giorno d'estate del 1661, i due uomini si incontrarono<br />

<strong>nel</strong>la screziata luce del quieto giar<strong>di</strong>no antistante <strong>il</strong> cottage <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Per svariate ore conversarono su <strong>Dio</strong>, la sostanza, l'estensione,<br />

<strong>il</strong> pensiero, l'unione <strong>di</strong> anima e corpo, e su tutti gli altri misteri<br />

dell'imponente sistemametafisico <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. L um<strong>il</strong>e sapiente<br />

<strong>di</strong> Rijnsburg ipnotizzò lo stu<strong>di</strong>oso tedesco espatriato. Nella prima<br />

delle tante lettere che in<strong>di</strong>rizzò a <strong>Spinoza</strong>, Oldenburg scrive:<br />

Con tale r<strong>il</strong>uttanza recentemente mi sono separato dal vostro fianco<br />

quando vi ho fatto visita <strong>nel</strong> vostro ritiro <strong>di</strong> Rijnsburg, che non<br />

appena rientrato in Ingh<strong>il</strong>terra io tento già <strong>di</strong> riunirmi a voi. <strong>Il</strong> solido<br />

sapere, unito alla bontà e alla cortesia - tutte qualità <strong>di</strong> cui la natura<br />

e lo stu<strong>di</strong>o vi hanno dotato con tanta ampiezza - hanno un tale<br />

fascino da assicurarvi l'affetto <strong>di</strong> ogni uomo <strong>di</strong> qual<strong>il</strong>à e <strong>di</strong> educazione<br />

liberale.<br />

Come ad annunciare le successive incomprensioni, tuttavia,<br />

egli aggiunge: "Noi allora abbiamo parlato <strong>di</strong> argomenti così importanti<br />

come attraverso una grata e soltanto frettolosamente".<br />

In questa lettera e <strong>nel</strong>le successive, egli chiede a <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> chiarire<br />

le sue opinioni sulla sostanza et coetera. Inoltre, ripetutamente<br />

incita <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo a pubblicare la propria opera: "Io vi prego<br />

in tutti i mo<strong>di</strong> che voi non lesiniate agli stu<strong>di</strong>osi i dotti frutti<br />

della Vostra acuta intelligenza sia in f<strong>il</strong>osofia sia in teologia"; "Io<br />

vi raccomando in nome della nostra amicizia, in nome del vostro<br />

dovere, <strong>di</strong> promuovere e <strong>di</strong>ffondere la verità".<br />

Nelle sue riposte a Oldenburg, <strong>Spinoza</strong> premurosamente sv<strong>il</strong>uppa<br />

le proprie dottrine su <strong>Dio</strong> e sulla Natura, presumendo sempre<br />

che <strong>il</strong> suo corrispondente capisca tutto. Oldenburg, aveva deciso<br />

<strong>Spinoza</strong>, era un uomo <strong>di</strong> ragione. La grata parrebbe aver offuscato<br />

la vista anche a <strong>Spinoza</strong>. Rivolgendosi a un altro membro<br />

della Royal Society, Oldenburg scrisse, una volta, che <strong>Spinoza</strong><br />

"mi intrattiene con un suo <strong>di</strong>scorso sulla totalità e sulle parti<br />

[ ... ] che non è non-f<strong>il</strong>osofico, a mio avviso ... ". Ma egli non ritiene<br />

opportuno che <strong>il</strong> suo collega gli de<strong>di</strong>chi <strong>il</strong> tempo necessario<br />

per leggerlo. Altrove, si riferisce a <strong>Spinoza</strong> come a "un certo bizzarro<br />

f<strong>il</strong>osofo".<br />

Nel 1665, quattro anni e <strong>di</strong>ciotto lettere dopo <strong>il</strong> suo inizio, la<br />

corrispondenza tra Oldenburg e <strong>Spinoza</strong> bruscamente si interruppe.<br />

La causa iniziale può essere stata una crisi fam<strong>il</strong>iare <strong>di</strong><br />

Oldenburg - la donna che egli aveva sposato due anni prima era<br />

morta, !asciandogli un'ere<strong>di</strong>tà, ed egli si risposò con la sua pu-


4. UNA VITA DELLA MENTE 65<br />

p<strong>il</strong>la se<strong>di</strong>cenne: tutto ciò suscitò qualche pettegolezzo <strong>nel</strong>la società<br />

lon<strong>di</strong>nese. I.:anno seguente Londra bruciò, e successivamente,<br />

<strong>nel</strong>lo scompiglio politico del 1667, Oldenburg fu imprigionato<br />

per due mesi <strong>nel</strong>la Torre <strong>di</strong> Londra. Quando ne uscì era<br />

un uomo avv<strong>il</strong>ito, forse più attento <strong>di</strong> prima alle deviazioni dall'<br />

ortodossia religiosa. Ma la vera causa fu la pubblicazione del<br />

Tractatus theologico-politicus <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, <strong>nel</strong> 1670. Improvvisamente<br />

Oldenburg comprese <strong>il</strong> significato delle belle parole <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> su <strong>Dio</strong>, sul pensiero e sull'estensione. La grata si infranse<br />

in m<strong>il</strong>le pezzi, e Oldenburg evidentemente restò inorri<strong>di</strong>to<br />

da ciò che vide. Scagliò una lettera rabbiosa, che è andata perduta,<br />

<strong>nel</strong>la quale accusava <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> prefiggersi lo scopo <strong>di</strong><br />

"nuocere alla religione".<br />

Tuttavia, <strong>il</strong> caso Oldenburg non finisce qui. La corrispondenza<br />

riprese in un momento <strong>di</strong> grande pericolo per <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo. Poiché,<br />

a quanto pare, <strong>il</strong> vincolo personale stipulato <strong>nel</strong> giar<strong>di</strong>no del cottage<br />

a Rijnsburg in qualche modo sopravvisse - contro ogrii ragione,<br />

forse.<br />

I rapporti imperfetti che <strong>Spinoza</strong> intrattenne con i colleghi<br />

f<strong>il</strong>osofi sembrano confermare la semplice verità che, malgrado<br />

gli ideali dell'Etica, anche le amicizie più pure celano sempre un<br />

certo livello <strong>di</strong> conflitto. <strong>Il</strong> caso Oldenburg mostra forse che le<br />

migliori sono quelle che riescono a sopravvivere a esso. Entrambe<br />

queste lezioni, inoltre, si riveleranno ut<strong>il</strong>i per comprendere <strong>il</strong><br />

legame tra <strong>Spinoza</strong> e <strong>Leibniz</strong>, l'ultimo che egli conobbe e <strong>di</strong> gran<br />

lunga <strong>il</strong> più importante tra i suoi f<strong>il</strong>osofici visitatori.<br />

La vita <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, in conclusione, era quel tipo <strong>di</strong> vita in cui<br />

tutti i drammi avvengono <strong>nel</strong>la mente, dove l'inarcarsi <strong>di</strong> un sopracciglio<br />

costituisce uno dei più importanti sno<strong>di</strong> <strong>nel</strong>l'intreccio<br />

e dove i giorni cadono come tanti fogli <strong>di</strong> carta al vento. Era, per<br />

parlare con franchezza, materia ra<strong>di</strong>calmente ost<strong>il</strong>e alla narrazione<br />

letteraria - quel genere <strong>di</strong> vita che colma <strong>di</strong> terrore i biografi<br />

e i loro e<strong>di</strong>tori. Eppure, quando la fama <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> cominciò<br />

a echeggiare per tutto <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>, <strong>il</strong> semplice e modesto st<strong>il</strong>e<br />

<strong>di</strong> vita che egli aveva inaugurato a Rijnsburg, e che aveva seguito<br />

fino al termine dei suoi giorni, <strong>di</strong>venne oggetto <strong>di</strong> controversie<br />

sin nei paesi più remoti. lnterpretarne <strong>il</strong> significato <strong>di</strong>venne<br />

<strong>il</strong> cuore <strong>di</strong> uno dei più appassionanti drammi <strong>nel</strong>la repubblica<br />

europea delle lettere.<br />

Secondo la mentalità secentesca, un ateo era per definizione<br />

un decadente. Se non vi è <strong>Dio</strong> (o, quanto meno, <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> provvidenziale,<br />

che premia e punisce, del tipo adorato in tutte le religioni<br />

tra<strong>di</strong>zionali), si ragionava a quel tempo, allora tutto è per-


66 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

messo. Sicché Ci si attendeva che un non-credente dovesse abbandonarsi<br />

a ogni sorta <strong>di</strong> stimolazioni dei sensi, fornicare regolarmente<br />

con i partner meno appropriati, mentire, imbrogliare,<br />

rubare sfrenatamente, e infine soffrire una morte tra atroci<br />

agonie, una volta che l'Onnipotente lo avesse catturato, ma non<br />

prima <strong>di</strong> aver abiurato stucchevolmente dalle proprie eresie alla<br />

presenza <strong>di</strong> un chiocciante membro del clero.<br />

<strong>Spinoza</strong>, secondo tutti gli interpreti secenteschi, respingeva<br />

tutte le idee tra<strong>di</strong>zionali su <strong>Dio</strong>: in<strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>mente, era un <strong>eretico</strong>.<br />

Eppure, <strong>il</strong> suo st<strong>il</strong>e <strong>di</strong> vita era um<strong>il</strong>e ed evidentemente scevro<br />

da ogni vizio. Allora, come adesso, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo appariva un ossimoro<br />

vivente: era un sensualista ascetico, un materialista spirituale,<br />

un eremita socievole, un santo laico. Come poteva essere<br />

così buona la sua vita, si domandavano i critici, quando la sua f<strong>il</strong>osofia<br />

era così cattiva?<br />

Per complicare ulteriormente la faccenda, sembra che <strong>Spinoza</strong><br />

fosse acutamente consapevole del significato f<strong>il</strong>osofico della<br />

propria reputazione <strong>di</strong> uomo dall'integerrima vita spirituale.<br />

In risposta a un critico olandese che lo accusava <strong>di</strong> ateismo, per<br />

esempio, egli scrive: "Gli atei abitualmente sono smodatamente<br />

amanti <strong>di</strong> onori e <strong>di</strong> ricchezze, che io ho sempre <strong>di</strong>sdegnato, come<br />

è noto a tutti coloro che mi conoscono". Anche la biografia<br />

stesa da Lucas, che indubbiamente apprese molti dei suoi aneddoti<br />

dal maestro in persona, sembra inserirsi in un progetto volto<br />

a plasmare la sua immagine oltre la morte. <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>sdegnava<br />

onori e ricchezze perché sinceramente li <strong>di</strong>sprezzava - oppure<br />

cercava un tipo più alto <strong>di</strong> rinomanza e un <strong>di</strong>verso genere<br />

<strong>di</strong> profitto?<br />

I contemporanei <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, in generale, avevano a propria<br />

<strong>di</strong>sposizione un comodo strumento per risolvere le spinose <strong>di</strong>fficoltà<br />

poste dal suo st<strong>il</strong>e <strong>di</strong> vita tanto singolarmente virtuoso. Per<br />

la maggior parte, essi potevano semplicemente chiudere gli occhi<br />

ai fatti. Alcuni si spinsero sino a inventare nuove variazioni<br />

<strong>nel</strong>la storia, più appropriate per un racconto e<strong>di</strong>ficante. I.:ebreo<br />

ateo, insistevano costoro, in realtà era un pus<strong>il</strong>lanime, roso dai<br />

vermi, un sif<strong>il</strong>itico che pagava per la sua eresia in un'orrenda moneta.<br />

Giacché, ammettere che <strong>Spinoza</strong> conducesse una vita buona<br />

era come asserire che la fede in <strong>Dio</strong> non sia un elemento necessario<br />

della virtù.<br />

Tra i contemporanei <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, tuttavia, <strong>Leibniz</strong> per una<br />

volta si trovava in una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> svantaggio. In primo luogo,<br />

egli era troppo intelligente per accettare i semplici artifici<br />

dei suoi pari. E, soprattutto, <strong>nel</strong> novembre 1676, aveva potuto<br />

vedere ogni cosa con i propri occhi. Era stato ricevuto <strong>nel</strong>la minuscola<br />

stanza sottotetto, con <strong>il</strong> tornio per molare le lenti da un


4. UNA VITA DELLA MENTE 67<br />

lato e <strong>il</strong> vecchio letto a baldacchino, ere<strong>di</strong>tato, dall'altro. Aveva<br />

percepito l'odore del tabacco a poco prezzo. Doveva aver notato<br />

che <strong>il</strong> suo ospite indossava ogni giorno lo stesso paio <strong>di</strong> fibbie<br />

d'argento per le scarpè. Forse gli aveva offerto un piatto <strong>di</strong><br />

farinata d'avena fatta con uva e burro, oppure un boccale <strong>di</strong> birra<br />

acquosa da un bar<strong>il</strong>otto ricevuto in dono. In fondo, <strong>Leibniz</strong><br />

sapeva troppo.


5. L'avvocato <strong>di</strong> <strong>Dio</strong><br />

Nei primi vent'anni della sua vita, anche quando saliva i gra<strong>di</strong>ni<br />

del successo presso le corti <strong>di</strong> Francoforte e Magonza, <strong>Leibniz</strong><br />

in qualche modo trovò sempre <strong>il</strong> tempo <strong>di</strong> produrre un'impressionante<br />

sequela <strong>di</strong> scritti f<strong>il</strong>osofici: una lunga lettera sulla<br />

metafisica per <strong>il</strong> suo mentore Thomasius; le Dimostrazioni cattoliche<br />

composte su richiesta del barone von Boineburg; un paio<br />

<strong>di</strong> saggi sulla fisica del movimento inviati a Henry Oldenburg della<br />

Royal Society, e svariate altre lettere in<strong>di</strong>rizzate a notab<strong>il</strong>i oltre<br />

ai quaderni redatti <strong>nel</strong> corso degli stu<strong>di</strong> accademici. Questi<br />

primi esercizi anticipano quasi tutti i temi centrali <strong>di</strong> quello che<br />

sarà <strong>il</strong> maturo pensiero f<strong>il</strong>osofico <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, benché spesso in<br />

forma solo parziale o confusa e mescolati insieme a teorie che alla<br />

fine venanno eliminate.<br />

Più interessante dell'intreccio <strong>di</strong> dottrine presente in queste prime<br />

opere, tuttavia, è l'atteggiamento complessivo verso la f<strong>il</strong>osofia<br />

cui esse danno corpo. Nei suoi primi sforzi f<strong>il</strong>osofici, <strong>Leibniz</strong><br />

stab<strong>il</strong>isce la "f<strong>il</strong>osofia della f<strong>il</strong>osofia" che spiegherà, giustificherà<br />

e guiderà la sua attività durante l'intero corso della sua vita. È un<br />

approccio totalmente <strong>di</strong>fferente da quello dell'autore del Tractatus<br />

de intellectus emendatione.<br />

All'età <strong>di</strong> venticinque anni, <strong>Leibniz</strong> abbozzò un saggio a sostegno<br />

<strong>di</strong> una delle sue ambizioni più durature: fondare un'accademia<br />

volta a promuovere le arti e le scienze in Germania. Nel<br />

corso delle sue argomentazioni a sostegno <strong>di</strong> questo progetto, egli<br />

in<strong>di</strong>ca esattamente ciò che vorrebbe <strong>di</strong>ventare: un rector rerum<br />

publicarum, un <strong>di</strong>rettore, ovvero una guida degli affari pubblici.<br />

Giunge a descrivere in termini poetici l'operato <strong>di</strong> queste guide:<br />

Essi sono coloro che onorano <strong>Dio</strong> non solo con la preghiera e con <strong>il</strong><br />

ricordo, o con le parole e i pensieri, ma soprattutto con le opere buone.<br />

[ ... ] Essi sono coloro che applicano come meglio possono le pro<strong>di</strong>giose<br />

scoperte della natura e dell'arte alla me<strong>di</strong>cina, alla meccanica,<br />

alle como<strong>di</strong>tà della vita; per trovare lavoro e cibo per i poveri;<br />

per salvare la gente dai vizi e dall'ozio; per <strong>di</strong>spensare giustizia; per<br />

premiare e punire; per mantenere la pace comune; per la prosperità


5. L'AVVOCATO DI DIO 69<br />

e <strong>il</strong> progresso della patria; per sconfiggere le carestie, le pest<strong>il</strong>enze<br />

e le guerre per quanto è <strong>nel</strong> loro potere [ . .. ]; per <strong>di</strong>ffondere la vera<br />

religione e <strong>il</strong> timore <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> - in breve, per la più grande felicità del<br />

genere umano.<br />

<strong>Leibniz</strong> desiderava ardentemente fare del bene. Egli si de<strong>di</strong>cò<br />

alla f<strong>il</strong>osofia non per risolvere un problema <strong>di</strong> natura essenzialmente<br />

personale - come fece, per esempio, <strong>Spinoza</strong> - ma piuttosto<br />

per risolvere i problemi degli altri. Egli valutò i suoi risultati<br />

non nei termini della propria salvezza in<strong>di</strong>viduale ma piuttosto<br />

in base alla felicità generale del genere umano. Per lui, la f<strong>il</strong>osofia<br />

non era un modo <strong>di</strong> essere; era piuttosto uno dei molteplici<br />

strumenti <strong>di</strong> cui servirsi a vantaggio del bene generale. La massima<br />

che lo guidò durante tutta la sua vita, lunga e vivace - e che<br />

più tar<strong>di</strong> egli rese esplicita come <strong>il</strong> fondamento del suo intero sistema<br />

f<strong>il</strong>osofico - era: "La giustizia è la carità del saggio". Ambiva<br />

irrefrenab<strong>il</strong>mente a unire <strong>nel</strong>la propria prassi le virtù della saggezza,<br />

della giustizia e della carità. E se, com'era inevitab<strong>il</strong>e <strong>nel</strong><br />

corso <strong>di</strong> una vita così lunga e feconda, talora egli non sembrò all'altezza<br />

dei propri ideali, dovremmo sempre rammentare quanto<br />

era alto l'ostacolo che aveva posto <strong>di</strong>nanzi a sé.<br />

La lista leibniziana delle "buone azioni" da compiere era<br />

straor<strong>di</strong>nariamente lunga e dettagliata, ma vale la pena <strong>di</strong> soffermarsi<br />

anzitutto a esaminare la configurazione generale che <strong>il</strong><br />

suo lavoro f<strong>il</strong>osofico assunse, perché <strong>il</strong> principio <strong>di</strong> carità dettava<br />

non soltanto <strong>il</strong> contenuto, ma persino la forma stessa della sua<br />

f<strong>il</strong>osofia. F<strong>il</strong>osofi come <strong>Leibniz</strong> non rivolgono le proprie riflessioni<br />

a <strong>Dio</strong>, all'anima o alla comunità <strong>di</strong> ragione in generale - come<br />

fece <strong>Spinoza</strong>. Piuttosto, essi in<strong>di</strong>rizzano le loro opere a singoli<br />

in<strong>di</strong>vidui ben determinati - con nome e cognome (e, <strong>nel</strong> caso<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, spesso anche con titoli importanti, per giunta). I<br />

primi esercizi f<strong>il</strong>osofici <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, come anche la maggior parte<br />

delle sue opere successive, consistono principalmente in lettere<br />

scritte a personaggi altolocati, integrate dai saggi o dai trattati<br />

d'occasione commissionati da quelle stesse personalità <strong>il</strong>lustri. <strong>Il</strong><br />

suo scopo, come sempre, non era necessariamente rivelare la verità,<br />

ma fare qualcosa per mo<strong>di</strong>ficare le opinioni <strong>di</strong> qualcuno.<br />

<strong>Leibniz</strong>, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, era persuaso che la f<strong>il</strong>osofia consista<br />

essenzialmente <strong>nel</strong> guidare le opinioni degli altri.<br />

Gli altri in questione, per <strong>Leibniz</strong>, includevano non solo i destinatari<br />

delle sue lettere, ma anche i colleghi f<strong>il</strong>osofi e scrittori<br />

che egli <strong>di</strong>scute in quelle lettere. La prolissa missiva che inviò al<br />

proprio mentore Thomasius <strong>nel</strong>la primavera del 1669 è un esempio<br />

pertinente. In questo scritto, <strong>il</strong> giovane <strong>Leibniz</strong> avanza alcune<br />

delle proprie idee su una fiumana <strong>di</strong> nomi <strong>di</strong> autori. Tra quel-


70 IL CORTIGIANO E !.!ERETICO<br />

li che ci risultano ancora fam<strong>il</strong>iari, egli menziona: Aristotele, Averroè,<br />

Bacone, Boyle, Descartes, Epicuro, Gassen<strong>di</strong>, Hobbes, Hooke,<br />

e <strong>Spinoza</strong>. Fra coloro che in seguito sono stati estromessi dal canone,<br />

egli ne cita un numero anche maggiore: Andrae, Bo<strong>di</strong>n,<br />

Campa<strong>nel</strong>la, Clauberg, Clerke, Clerselier, Conring, Denores,<br />

Digby, Durr, Felden, G<strong>il</strong>bert, Guericke, du Hamel, Heerbord, Van<br />

Hoghelande, Marci, Piccart, Raey, Regius, Trew, Viotti, Weigel,<br />

White, Zarbella.<br />

Secondo <strong>Leibniz</strong>, a quanto pare, la f<strong>il</strong>osofia è come un gigantesco<br />

campo da gioco - uno "scenario" intellettuale, forse ­<br />

in cui tutti i partecipanti competono e collaborano a un grande<br />

progetto collettivo. I.: esercizio della f<strong>il</strong>osofia, egli sottintende, consiste<br />

in larga misura <strong>nel</strong> padroneggiare gli scritti <strong>di</strong> una vasta<br />

schiera <strong>di</strong> autori; e <strong>il</strong> suo scopo è fornire la sintesi dello schema<br />

generale del pensiero dell'epoca. Questa idea è per certi versi molto<br />

sim<strong>il</strong>e a quella sottesa alla attuale pratica accademica (e l'abitu<strong>di</strong>ne<br />

leibniziana <strong>di</strong> seminare qua e là nomi <strong>di</strong> autori che egli<br />

non poteva assolutamente conoscere a fondo avrebbe forse consentito<br />

al suo lavoro <strong>di</strong> passare inosservato <strong>nel</strong>le attuali facoltà<br />

<strong>di</strong> Lettere), ma fa stridente contrasto rispetto all'approccio spinoziano,<br />

per citare un esempio.<br />

All'interno del densamente popolato territorio f<strong>il</strong>osofico che<br />

contemplava, <strong>Leibniz</strong> aspirava a occupare una posizione davvero<br />

particolare. Egli non desiderava <strong>di</strong>ventare <strong>il</strong> <strong>di</strong>ttatore dei <strong>di</strong>ttatori,<br />

come era stato Aristotele, e nemmeno <strong>il</strong> d<strong>il</strong>eggiatore-incapo,<br />

come Democrito. Cercava, invece, <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare <strong>il</strong> Grande<br />

Pacificatore <strong>di</strong> Ogni Pensiero. Rimase sempre figlio della Guerra<br />

dei trent'anni, e per tutta la vita restò persuaso che soltanto la<br />

pace potesse suscitare una duratura prosperità intellettuale. Non<br />

appena superata l'adolescenza, egli assunse lo pseudonimo <strong>di</strong> Guglielmo<br />

Paci<strong>di</strong>us. "Paci<strong>di</strong>us" è un gioco <strong>di</strong> parole in latino su "Gottfried",<br />

e significa all'incirca "<strong>di</strong>o della pace" o anche "artefice <strong>di</strong><br />

pace". Guglielmo <strong>il</strong> Pacificatore voleva che tutti cessassero <strong>di</strong><br />

combattere; voleva unire tutti i nomi e tutte le definizioni della<br />

f<strong>il</strong>osofia in un "mantello senza cuciture", come scrive <strong>nel</strong>la lettera<br />

a Thomasius. Uno stu<strong>di</strong>oso contemporaneo lo chiama, opportunamente,<br />

"eclettico conc<strong>il</strong>iatore". Un osservatore settecentesco,<br />

molto meno generosamente, osserva che <strong>il</strong> suo approccio<br />

ecumenico ai colleghi f<strong>il</strong>osofi implicava che egli assumesse "i loro<br />

dogmi come suoi propri presupposti". Eckhart attribuisce questo<br />

approccio accomodante al suo st<strong>il</strong>e personale: "Negli altri, ha<br />

sempre cercato <strong>il</strong> meglio".<br />

Nei suoi ultimi scritti, <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>venta ancor più universalistico<br />

<strong>nel</strong> suo sincretismo irenico. Nei Nuovi saggi sull'intelletto<br />

umano, per esempio, dove si concede <strong>il</strong> lusso <strong>di</strong> commentare <strong>il</strong>


5. l!AWOCATO DI DIO 71<br />

proprio sistema f<strong>il</strong>osofico attraverso un immaginario portavoce,<br />

egli scrive:<br />

Sono rimasto sbalor<strong>di</strong>to da un nuovo sistema, <strong>di</strong> cui ho letto qualcosa<br />

nei giornali colti <strong>di</strong> Parigi, <strong>di</strong> Lipsia e dell'Olanda [ ... ] e da allora<br />

io credo <strong>di</strong> aver visto un volto nuovo all'interno delle cose. Questo<br />

sistema sembra conc<strong>il</strong>iare Platone con Democrito, Aristotele con<br />

Descartes, gli scolastici con i moderni, la teologia e la morale con la<br />

ragione. Esso sembra trarre <strong>il</strong> meglio da tutti i sistemi e dunque procedere<br />

più in là <strong>di</strong> qualunqu altro sinora.<br />

Durante gli ultimi anni della sua vita, <strong>Leibniz</strong> estese l'ambito<br />

della propria attività <strong>di</strong> conc<strong>il</strong>iazione oltre i confini del continente<br />

europeo, e cercò <strong>di</strong> includere anche <strong>il</strong> pensiero cinese. A<br />

un certo punto, valutò persino la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> costituire un fronte<br />

comune insieme agli extraterrestri, se mai costoro fossero stati<br />

scoperti.<br />

Nella sua ricerca della pace intellettuale, <strong>Leibniz</strong> insistette costantemente<br />

sulla virtù della "chiarezza". Se i f<strong>il</strong>osofi avessero<br />

scritto sempre e soltanto con chiarezza, affermava - indubbiamente<br />

parlando per conto <strong>di</strong> generazioni <strong>di</strong> studenti esasperati -<br />

avrebbero cessato <strong>di</strong> combattere gli uni contro gli altri. Così, <strong>Leibniz</strong><br />

inaugurava uno dei motivi conduttori della sua matura "f<strong>il</strong>osofia<br />

della f<strong>il</strong>osofia". Nella Dissertatio de arte combinatoria, un testo<br />

accademico scritto prima <strong>di</strong> raggiungere i vent'anni, <strong>il</strong> br<strong>il</strong>lante<br />

giovane stu<strong>di</strong>oso propose per la prima volta l'idea <strong>di</strong> una<br />

"characteristica universalis" - un linguaggio fatto <strong>di</strong> simboli logici<br />

così trasparenti da ridun-e ogni <strong>di</strong>sputa f<strong>il</strong>osofica alla manipolazione<br />

meccanica <strong>di</strong> alcuni segni. Con preveggenza forse inquietante<br />

sul futuro della tecnologia informatica, egli immaginò<br />

<strong>di</strong> co<strong>di</strong>ficare questo linguaggio logico in una "macchina aritmetica"<br />

che avrebbe posto fine ai <strong>di</strong>battiti f<strong>il</strong>osofici con la semplice<br />

pressione <strong>di</strong> un bottone. In futuro, scriveva con entusiasmo, i f<strong>il</strong>osofi<br />

che si fossero trovati <strong>di</strong> fronte a un punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>saccordo<br />

avrebbero esclamato con tono lieto: "Calculemus !". Un sim<strong>il</strong>e congegno,<br />

egli garantiva al proprio mecenate, <strong>il</strong> duca <strong>di</strong> Hannover,<br />

sarebbe stato "la madre <strong>di</strong> tutte le mie invenzioni".<br />

La characteristica universalis leibniziana, tuttavia, non giunse<br />

a essere mai niente più dell'idea <strong>di</strong> un'idea. Essa affascina non<br />

tanto perché abbia conseguito un qualche risultato, ma piuttosto<br />

come espressione <strong>di</strong> un certo tipo <strong>di</strong> aspirazione. <strong>Leibniz</strong>, come<br />

alcuni pensatori più vicini a noi, accarezzava l'idea che non<br />

esista nessun autentico conflitto f<strong>il</strong>osofico, ma che vi siano solo<br />

cattive grammatiche. Egli voleva credere soprattutto <strong>nel</strong>la "eleganza<br />

e armonia del <strong>mondo</strong>", e <strong>il</strong> suo sforzo <strong>di</strong> conc<strong>il</strong>iare tutte le<br />

posizioni f<strong>il</strong>osofiche nei placi<strong>di</strong> movimenti <strong>di</strong> una macchina cal-


72 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

colatrice impareggiab<strong>il</strong>mente barocca era in fondo un tentativo<br />

<strong>di</strong> confermare questa sua convinzione. La f<strong>il</strong>osofia, sembrava pensasse,<br />

non è un fine in sé; non è la gioiosa esperienza dell'unione<br />

della mente con <strong>Dio</strong>, come l'avrebbe interpretata <strong>Spinoza</strong>. No,<br />

la f<strong>il</strong>osofia è soltanto un ulteriore mezzo per determinare un tranqu<strong>il</strong>lo<br />

s<strong>il</strong>enzio. Nel <strong>mondo</strong> ideale leibniziano, insomma, la f<strong>il</strong>osofia<br />

si sarebbe potuta fac<strong>il</strong>mente affidare a una meravigliosa<br />

macchina. Forse avrebbe potuto girare anche mentre uno dorme,<br />

proprio come un computer.<br />

I progetti leibniziani per promuovere la pace e l'armonia universali,<br />

ovviamente, implicavano alcune ben precise e concrete<br />

"buone azioni". In una lettera in<strong>di</strong>rizzata successivamente al suo<br />

signore, <strong>il</strong> duca Johann Friedrich <strong>di</strong> Hannover, egli identifica la<br />

meta cui fu consacrata la maggior parte della sua f<strong>il</strong>osofia, dal<br />

principio alla fine della sua attività speculativa:<br />

A me sembra, come ho detto a Vostra Eccellenza in altre occasioni,<br />

che niente sia vantaggioso al bene generale più dell'autorità della<br />

chiesa universale che forma un solo corpo <strong>di</strong> tutti i cristiani uniti<br />

dai vincoli della carità e che può tenere in sacro rispetto le più gran<strong>di</strong><br />

potenze della terra. [ ... ] Ecco perché ogni uomo buono dovrebbe<br />

sperare che <strong>il</strong> lustro della chiesa sia ristab<strong>il</strong>ito ovunque.<br />

Coerentemente con <strong>il</strong> suo orientamento altruistico, la f<strong>il</strong>osofia<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> prende le mosse non da un programma personale, come<br />

quella <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, ma da un progetto politico. E <strong>il</strong> suo pensiero<br />

politico può essere riassunto in una parola: teocrazia. Lo biettivo<br />

che guidò la maggior parte della sua opera consistette <strong>nel</strong> riconc<strong>il</strong>iare<br />

la chiesa protestante e la chiesa cattolica. <strong>Il</strong> suo fine più<br />

generale era, come nota opportunamente un commentatore, instaurare<br />

"l'organizzazione religiosa del pianeta". Nella sua utopia,<br />

tutti i popoli sarebbero stati riuniti sotto un'unica chiesa in una sola<br />

respublica christiana - una repubblica cristiana.<br />

Eppure, <strong>nel</strong>la teoria politica che <strong>Leibniz</strong> comincia a elaborare<br />

nei suoi primi scritti, <strong>di</strong>versamente da quella <strong>di</strong> molti suoi contemporanei<br />

con la mente ancora rivolta verso <strong>il</strong> Me<strong>di</strong>oevo, la teocrazia<br />

è fondata sulla ragione. Ovvero, lo stato ideale deriva la propria<br />

legittimità non già dall'interpretazione delle Sacre Scritture,<br />

e nemmeno dal "<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>vino" dei re, ma dalle verità eterne stab<strong>il</strong>ite<br />

dalla f<strong>il</strong>osofia. La giustizia e l'intero sistema delle leggi, secondo<br />

<strong>Leibniz</strong>, trovano <strong>il</strong> loro fondamento <strong>nel</strong>la guida esercitata<br />

dalla ragione. Pertanto, <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> ideale <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, la respublica<br />

christiana si identifica con "l'impero della ragione".<br />

Limpero della ragione, viceversa, incarna <strong>il</strong> principio <strong>di</strong> carità<br />

che <strong>Leibniz</strong> assume come <strong>il</strong> car<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> una repubblica cri-


S. UAWOCATO DI DIO 73<br />

stiana. Di conseguenza, in questa prospettiva, lo stato ideale ha<br />

<strong>il</strong> compito non solo <strong>di</strong> preservare la pace e la sicurezza dei suoi<br />

citta<strong>di</strong>ni, ma anche <strong>di</strong> accrescerne <strong>il</strong> benessere morale e fisico attraverso<br />

atti caritatevoli. Lo stato, secondo <strong>Leibniz</strong>, è una forma<br />

istituzionalizzata <strong>di</strong> benevolenza. Egli afferma con chiarezza che<br />

i capi <strong>di</strong> governo devono farsi carico <strong>di</strong> alleviare la povertà e <strong>di</strong><br />

promuovere lo sv<strong>il</strong>uppo economico. Non sarebbe del tutto fuori<br />

luogo vedere <strong>nel</strong>la teoria politica leibniziana un primo tentativo<br />

<strong>di</strong> articolare le basi del <strong>moderno</strong> stato sociale.<br />

La gran<strong>di</strong>osa visione politica <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> lo mise <strong>di</strong> fronte a un<br />

monumentale compito f<strong>il</strong>osofico. Benché fosse un semplice <strong>cortigiano</strong>,<br />

poco più che ventenne, <strong>nel</strong>l'entroterra tedesco, egli ritenne<br />

che incombesse su <strong>di</strong> lui l'obbligo <strong>di</strong> fornire una sintesi tra<br />

ragione, giustizia e i dogmi della teologia cristiana dominante.<br />

Più precisamente, come primo passo, egli credette <strong>di</strong> dover elaborare<br />

i fondamenti razionali per una chiesa cristiana unita. Nelle<br />

Dimostrazioni cattoliche - che iniziò per impulso <strong>di</strong> Boineburg<br />

<strong>nel</strong> 1668, all'età <strong>di</strong> ventidue anni - <strong>di</strong>ede l'avvio proprio a questo<br />

progetto che lo avrebbe impegnato per tutta la vita. In questa prima<br />

e incompleta raccolta <strong>di</strong> saggi, tenta <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere una molteplicità<br />

<strong>di</strong> dottrine controverse, principalmente cattoliche, in un<br />

modo che egli spera possa renderle accettab<strong>il</strong>i a entrambi i fronti<br />

del principale scisma che lacera la chiesa occidentale.<br />

Focalizzando la propria attenzione su una dottrina particolarmente<br />

problematica, egli scrive: "Non vedo niente che sia più<br />

importante, ai fini della riconc<strong>il</strong>iazione, della capacità <strong>di</strong> rispondere<br />

alle evidenti assur<strong>di</strong>tà della transustanziazione. Perché tutti<br />

gli altri dogmi sono molto più conformi alla ragione". In questo<br />

stesso testo, egli riconosce che "la transustanziazione implica<br />

una contrad<strong>di</strong>zione, se la f<strong>il</strong>osofia dei moderni è vera". Con<br />

"moderni" egli si riferisce qui genericamente a tutti quei f<strong>il</strong>osofi<br />

che traggono ispirazione dalle teorie meccanicistiche della fisica<br />

cartesiana. La <strong>di</strong>fesa leibniziana della transustanziazione contro<br />

i v<strong>il</strong>i "moderni" è sott<strong>il</strong>e e ingegnosa; e, quel che più ci interessa,<br />

getta viva luce sulla sua soggiacente f<strong>il</strong>osofia della f<strong>il</strong>osofia.<br />

Nel valutare le <strong>di</strong>fficoltà presentate da questo dogma, <strong>Leibniz</strong>,<br />

con la consueta acutezza, colpisce <strong>nel</strong> segno: la transustanziazione<br />

implica, anzitutto, che una cosa che ha tutti gli attributi<br />

<strong>di</strong> un certo tipo <strong>di</strong> sostanza (per esempio, <strong>il</strong> pane) improvvisamente<br />

<strong>di</strong>venga un'altra sostanza (vale a <strong>di</strong>re, per la precisione, <strong>il</strong><br />

corpo <strong>di</strong> Cristo); e, in secondo luogo, che, a forza <strong>di</strong> celebrare tante<br />

funzioni religiose da un capo all'altro del continente, la medesima<br />

sostanza sembra si possa trovare in molti posti contemporaneamente.<br />

Non suscita grande meraviglia, dunque, che tale dottrina<br />

abbia incontrato qualche <strong>di</strong>fficoltà con i "moderni".


74 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

.Largomento contro i negatori della transustanziazione, in<br />

estrema sintesi, si sv<strong>il</strong>uppa approssimativamente così: anzitutto,<br />

le teorie fi siche meccanicistiche dei f<strong>il</strong>osofi moderni, afferma<br />

<strong>Leibniz</strong>, sono incoerenti. In particolare, non riescono a rendere<br />

conto adeguatamente del movimento, ovvero dell'origine dell'attività.<br />

Pertanto, egli afferma, allo scopo <strong>di</strong> spiegare <strong>il</strong> movimento,<br />

noi dobbiamo presumere che in ogni corpo vi sia qualche principio<br />

<strong>di</strong> attività incorporeo o non meccanico. Questo principio <strong>di</strong><br />

attività deve trovarsi incarnato in un'entità non meccanica, precisamente,<br />

in una "mente cooperante". Nel caso dei corpi umani,<br />

la mente in questione è quella consueta, cioè quella che abbiamo<br />

<strong>nel</strong>la testa. In tutti gli altri corpi, però, la mente cooperante<br />

appartiene a <strong>Dio</strong>. Poiché la sostanza ha quin<strong>di</strong> necessariamente<br />

in sé qualcosa <strong>di</strong> non fisico, ovvero <strong>di</strong> immateriale, egli<br />

conclude, essa è libera dai "moderni" vincoli <strong>di</strong> apparire ciò che<br />

è e <strong>di</strong> dover essere in un solo posto in un dato momento. (Per <strong>di</strong>rla<br />

crudamente: <strong>Dio</strong> è libero <strong>di</strong> cambiare idea, e, quando egli cambia<br />

idea, la sostanza <strong>di</strong> una cosa cambia con ciò stesso, anche se<br />

non mutano i suoi attributi fisici.) Ergo, la transustanziazione<br />

(insieme all'immortalità dell'anima e a qualche altra importante<br />

dottrina, come risulta) è quanto meno logicamente possib<strong>il</strong>e.<br />

Nella sua giovan<strong>il</strong>e <strong>di</strong>fesa della transustanziazione contro i<br />

moderni f<strong>il</strong>osofi meccanicisti, <strong>Leibniz</strong> eleva un principio <strong>di</strong> attività<br />

incorporeo, <strong>di</strong> tipo mentale, allo status <strong>di</strong> realtà primaria, alla<br />

pari con <strong>Dio</strong>. Ciò implica che la caratteristica che definisce l'essere<br />

umano - la mente - è in un certo senso un (o forse <strong>il</strong>) costituente<br />

essenziale <strong>di</strong> tutte le cose - che ogni cosa al <strong>mondo</strong> è "animata".<br />

Intrave<strong>di</strong>amo qui <strong>il</strong> primo cenno <strong>di</strong> quella che sarà la dottrina<br />

centrale della matura metafisica leibniziana: l'idea che l'essere<br />

umano - e più specificatamente la mente umana - occupi<br />

<strong>nel</strong>l'universo un posto davvero speciale, che esso sia l'atomo in<strong>di</strong>visib<strong>il</strong>e<br />

da cui tutte le cose sono create. Questa idea potrebbe<br />

metterlo in <strong>di</strong>saccordo con <strong>Spinoza</strong>, risolutamente contrario a<br />

ogni forma <strong>di</strong> antropocentrismo, e tuttavia, allo stesso tempo, paradossalmente,<br />

potrebbe fungere da ponte, totalmente inatteso,<br />

tra la sua f<strong>il</strong>osofia, teocratica, e la teoria che sta alla base del <strong>moderno</strong><br />

or<strong>di</strong>namento politico liberale sostenuto da <strong>Spinoza</strong>.<br />

A un primo sguardo, l'approccio leibniziano alla <strong>di</strong>fesa della<br />

transustanziazione manifesta la sua <strong>di</strong>chiarata intenzione <strong>di</strong> cercare<br />

la verità attraverso mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> argomentazione f<strong>il</strong>osofici. A <strong>di</strong>fferenza<br />

della stragrande maggioranza <strong>di</strong> quanti durante <strong>il</strong> Seicento<br />

affrontano questo tema e i problemi connessi, egli non cita<br />

mai né la Bibbia né la chiesa <strong>di</strong> Roma né alcuna altra autorità<br />

-salvo la ragione stessa - <strong>nel</strong> costruire la propria argomentazione.<br />

Uno dei suoi principali obiettivi <strong>di</strong>chiarati in questo testo, in-


5. l!AWOCATO DI DIO 75<br />

fatti, è quello <strong>di</strong> "provare che la f<strong>il</strong>osofia è un ut<strong>il</strong>e e necessario<br />

preliminare alla teologia".<br />

A uno sguardo più attento, tuttavia, potrebbe sembrare lecito<br />

nutrire qualche dubbio sulla sincerità dell'adesione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

alla ragione. Quando, parlando della transustanziazione, egli afferma<br />

che "tutti gli altri dogmi sono molto più conformi alla ragione",<br />

per esempio, è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e sfuggire alla conclusione che egli<br />

ritenga che nessuno <strong>di</strong> essi sia davvero molto conforme alla ragione<br />

- e la transustanziazione meno <strong>di</strong> tutti. <strong>Leibniz</strong> credeva veramente<br />

<strong>nel</strong> dogma che <strong>di</strong>fendeva, oppure semplicemente egli<br />

pensava che <strong>di</strong>fenderlo fosse necessario per <strong>il</strong> bene generale?<br />

In effetti, a <strong>Leibniz</strong>, <strong>di</strong> confessione luterana, era esplicitamente<br />

proibito aderire al dogma della transustanziazione, quanto<br />

meno <strong>nel</strong>la sua forma cattolica. Inoltre, sembra che <strong>Leibniz</strong><br />

non sia mai stato un grande luterano, e men che meno un cattolico.<br />

Eckhart riferisce che i v<strong>il</strong>lici e gli aristocratici <strong>di</strong> Hannover<br />

concordavano tutti su un punto: che <strong>Leibniz</strong> era un non-credente.<br />

Per lui, avevano coniato un soprannome: "Glaube-nix", che significa<br />

"che non crede in niente". Nei <strong>di</strong>ciannove anni durante i<br />

quali aveva lavorato accanto al f<strong>il</strong>osofo ad Hannover, aggiunge<br />

Eckhart, raramente lo aveva visto in chiesa, e non gli risulta che<br />

avesse mai preso la comunione. Apparentemente, <strong>il</strong> grande f<strong>il</strong>osofo<br />

non reputava importante consumare quel pane che pure, secondo<br />

le sue fini argomentazioni, avrebbe dovuto essere davvero<br />

<strong>il</strong> corpo <strong>di</strong> Cristo.<br />

Tuttavia, <strong>nel</strong>le Dimostrazioni cattoliche, come altrove, <strong>Leibniz</strong><br />

sembra eludere gli interrogativi sulla verità <strong>di</strong> dottrine quali la<br />

transustanziazione, per adottare invece un atteggiamento legalistico.<br />

Lo scopo <strong>di</strong>chiarato della sua argomentazione, in effetti, è<br />

quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare non già che la transustanziazione è vera,<br />

quanto piuttosto che alcune argomentazioni proposte contro <strong>di</strong><br />

essa sono fallaci. In altri termini, rispetto alla dottrina in questione,<br />

egli assume un atteggiamento del tipo "innocente-sino-aprova-contraria".<br />

Qui <strong>Leibniz</strong> sembra esercitare la f<strong>il</strong>osofia quasi<br />

come uno potrebbe esercitare l'avvocatura. Le argomentazioni<br />

f<strong>il</strong>osofiche sono l'equivalente morale <strong>di</strong> memorie legali: <strong>il</strong> loro<br />

scopo consiste <strong>nel</strong> tutelare gli interessi del cliente; e <strong>il</strong> loro valore<br />

si misura in termini <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>ità, non <strong>di</strong> credenza; conta,<br />

cioè, ciò che la giuria decide, e non necessariamente la verità.<br />

Lo scarto che comincia a manifestarsi qui tra <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo e le<br />

sue tesi non <strong>di</strong>minuirà mai <strong>nel</strong> corso della lunga carriera <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>.<br />

Frequentemente egli afferma, per esempio, <strong>di</strong> essere pervenuto<br />

in possesso <strong>di</strong> "alcune sorprendenti argomentazioni" in <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong><br />

svariate dottrine religiosamente o politicamente consigliab<strong>il</strong>i,<br />

quasi allo stesso modo in cui uno potrebbe commentare la for-


76 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

tuita scoperta <strong>di</strong> qualche pezzo <strong>di</strong> argenteria fine in un mercato<br />

delle pulci del proprio quartiere. Egli descrive più volentieri come<br />

"vantaggiose" e "ut<strong>il</strong>i" anziché come "vere" persino dottrine<br />

centrali per la sua stessa f<strong>il</strong>osofia, come l'immortalità dell'anima<br />

e la bontà <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Riducendo le argomentazioni f<strong>il</strong>osofiche allo<br />

status <strong>di</strong> strumenti da usare <strong>nel</strong> perseguimento del bene generale,<br />

parrebbe, <strong>Leibniz</strong> non poteva evitare <strong>di</strong> scavare un imbarazzante<br />

<strong>di</strong>vario tra se stesso e le proprie tesi f<strong>il</strong>osofiche.<br />

La <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> dalle proprie argomentazioni sembra<br />

particolarmente notevole se consideriamo che <strong>il</strong> <strong>cortigiano</strong>-f<strong>il</strong>osofo,<br />

come la maggior parte dei maniaci del lavoro, non aveva<br />

una vita al <strong>di</strong> fu ori della propria attività. Non vi era nessun altro<br />

sé dal quale <strong>il</strong> gioco delle argomentazioni f<strong>il</strong>osofiche potesse essere<br />

compreso come un gioco; nessun padre che si sforzasse <strong>di</strong><br />

procurare un'abitazione decente ai propri figli; nessun marito che<br />

brontolasse affettuosamente contro i colleghi f<strong>il</strong>osofi in ufficio;<br />

nessun membro del locale club degli scacchi; nessun appassionato<br />

della caccia o falegname d<strong>il</strong>ettante. <strong>Il</strong> gioco era tutto, per<br />

<strong>Leibniz</strong>. Egli non era niente, al <strong>di</strong> fuori del suo lavoro; e non si<br />

poteva <strong>di</strong>re neppure che egli fosse <strong>il</strong> suo lavoro.<br />

Forse la caratteristica più interessante della prima <strong>di</strong>fesa leibniziana<br />

della transustanziazione è la forma in cui egli presenta<br />

per la prima volta quella che risulterà essere la tesi centrale della<br />

sua f<strong>il</strong>osofia matura. Formalmente, la sua argomentazione resta<br />

una <strong>di</strong>mostrazione contro la f<strong>il</strong>osofia moderna, e non per una<br />

particolare dottrina metafisica. Cioè, in primo luogo, un'asserzione<br />

che la f<strong>il</strong>osofia moderna per un certo verso è incoerente<br />

(specificatamente, in questo caso, non riesce a rendere conto del<br />

movimento, e pertanto non riesce a smontare la transustanziazione).<br />

Se vogliamo parlare in termini contemporanei, l'argomentazione<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> segue lo schema <strong>di</strong> una "decostruzione",<br />

in cui si mostra che la f<strong>il</strong>osofia moderna non riesce a rendere conto<br />

proprio <strong>di</strong> ciò <strong>di</strong> cui promette <strong>di</strong> rendere conto. Dunque, in<br />

qualche modo - in un modo che richiederà ulteriori indagini e<br />

che anticipa gli errori <strong>di</strong> molti suoi attuali imitatori - <strong>Leibniz</strong> situa<br />

in questo fallimento della f<strong>il</strong>osofia moderna le fondamenta<br />

delle proprie dottrine, per così <strong>di</strong>re, antimoderne (o forse meglio<br />

"post-moderne"). Poiché la f<strong>il</strong>osofia moderna fallisce <strong>nel</strong> rendere<br />

conto del movimento, egli conclude che debba esistere un qualche<br />

principio incorporeo <strong>di</strong> attività, che egli a sua volta pone a<br />

fondamento delle proprie idee su tutto ciò che costituisce la peculiarità<br />

della mente umana.<br />

Questo repentino balzo dalla critica al dogma - o, più esplicitamente,<br />

questa confusione tra l'esposizione degli errori della<br />

f<strong>il</strong>osofia moderna da una parte e la <strong>di</strong>mostrazione della verità


5. l! AVVOCATO DI DIO 77<br />

della propria f<strong>il</strong>osofia dall'altra parte - è in un certo senso <strong>il</strong> gesto<br />

fondativo della riflessione metafisica leibniziana. In termini<br />

pratici, risulterà sempre più fac<strong>il</strong>e spiegare ciò cui <strong>Leibniz</strong> era<br />

avverso (cioè precisamente, la f<strong>il</strong>osofia moderna), anziché ciò cui<br />

<strong>Leibniz</strong> era favorevole. La f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> - proprio come<br />

quella dei suoi innumerevoli imitatori nei secoli successivi - è<br />

una f<strong>il</strong>osofia essenzialmente polemica. Essa è definita da - e non<br />

può esistere senza - ciò contro cui si oppone. Ciò contro cui si<br />

oppone può andare sotto svariate denominazioni - f<strong>il</strong>osofia moderna,<br />

meccanicismo, ateismo, metafisica occidentale e così via ­<br />

ma, come vedremo, un nome potrà bastare per tutti: <strong>Spinoza</strong>.<br />

Anche mentre perseguiva <strong>il</strong> bene generale negli astrattissimi<br />

regni della f<strong>il</strong>osofia e della teologia, <strong>Leibniz</strong> non trascurava <strong>di</strong><br />

avanzare le proprie riven<strong>di</strong>cazioni <strong>nel</strong>l'insi<strong>di</strong>oso <strong>mondo</strong> della politica<br />

internazionale. Nell'autunno del 1671, quando <strong>il</strong> traghetto<br />

lo portava oltre le ninfee che galleggiavano gioiose sulle verdeggianti<br />

rive del Reno, egli aveva messo a punto <strong>il</strong> piano che, pensava,<br />

avrebbe arrecato <strong>il</strong> massimo beneficio al genere umano <strong>nel</strong>l'imme<strong>di</strong>ato<br />

futuro: <strong>il</strong> Piano Egitto.<br />

L'idea era tanto inopinata quanto arcaica. Gli stati tedeschi<br />

avrebbero potuto liberarsi dalla minaccia francese, affermava<br />

<strong>Leibniz</strong>, persuadendo Luigi XIV a deviare i propri eserciti alla conquista<br />

dell'Egitto. Tale guerra sarebbe stata vantaggiosa non soltanto<br />

per i tedeschi, ma per tutti gli europei. Invece <strong>di</strong> uccidere<br />

altri cristiani - e in tal modo lastricare ai turchi la strada per Vi enna<br />

- i cristiani avrebbero ucciso gli infedeli. Gli europei, ovviamente,<br />

avevano alle proprie spalle una lunga e vivace storia <strong>di</strong> sim<strong>il</strong>i<br />

crociate; ma da qualche tempo (quattro secoli o giù <strong>di</strong> lì) nessuno<br />

aveva più pensato <strong>di</strong> proporne una nuova. Per eliminare<br />

qualsiasi ambiguità, <strong>Leibniz</strong> talvolta menziona la propria proposta<br />

come "<strong>il</strong> piano <strong>di</strong> una nuova guerra santa".<br />

<strong>Il</strong> barone von Boineburg si innamorò perdutamente del piano.<br />

Mise imme<strong>di</strong>atamente al lavoro <strong>il</strong> suo protetto ad abbozzare<br />

una prolissa elaborazione e <strong>di</strong>fesa della proposta. <strong>Leibniz</strong><br />

preparò duecento pagine <strong>di</strong> argomentazioni a sostegno della<br />

conquista del N<strong>il</strong>o. Confrontò l'idea, trovandola più vantaggiosa,<br />

con l'altra opzione che allora sembrava <strong>nel</strong> menu del re Sole,<br />

vale a <strong>di</strong>re la possib<strong>il</strong>e invasione dell'Olanda. Propose che i<br />

principi tedeschi inviassero una speciale ambasceria segreta a<br />

Parigi per presentare <strong>il</strong> piano in tutto <strong>il</strong> suo splendore a Luigi<br />

XIV in persona. Boineburg e <strong>Leibniz</strong>, ovviamente, avrebbero capeggiato<br />

la missione.<br />

I cospiratori si lanciarono con fervore a promuovere la loro


78 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

chiamata alla guerra santa. Boineburg organizzò un'altra conferenza<br />

segreta <strong>nel</strong>la città termale <strong>di</strong> Bad Schwalbach. L'entusiasmo<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> raggiunse tali vette che, in occasione della elevazione<br />

al soglio del successore del vescovo <strong>di</strong> Magonza, compose un prolisso<br />

componimento poetico per celebrare l'imminente crociata.<br />

Come attesta lo zelo con cui <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo e <strong>il</strong> suo mentore proseguivano<br />

<strong>nel</strong> loro viaggio verso Parigi, <strong>nel</strong> piano per indurre Luigi<br />

XIV a depredare un paese del tutto ignaro si celavano alcuni secon<strong>di</strong><br />

fi ni. La ragione per cui Boineburg voleva andare a Parigi,<br />

al <strong>di</strong> là e al <strong>di</strong> sopra del dovere patriottico, era semplice e chiara:<br />

egli traeva cospicue ren<strong>di</strong>te da alcune sue proprietà in Francia,<br />

ed era persuaso che l'unico modo per garantirsi <strong>il</strong> recupero del<br />

suo investimento fosse fare appello personalmente presso la corte<br />

<strong>di</strong> Luigi XIV. Anche <strong>Leibniz</strong> potrebbe aver avuto un motivo recon<strong>di</strong>to<br />

- una ragione ancora più strana per voler andare a Parigi<br />

a suggerire <strong>di</strong> muovere guerra contro gli infedeli.<br />

Al fine <strong>di</strong> promuovere <strong>il</strong> bene collettivo del genere umano (almeno<br />

come egli lo concepiva), <strong>Leibniz</strong> era convinto <strong>di</strong> dover perseguire<br />

- al tempo stesso - anche <strong>il</strong> suo bene personale. Al famoso<br />

teologo cattolico francese Antoine Arnauld, l'aspirante f<strong>il</strong>osofo<br />

venticinquenne r<strong>il</strong>ascia questa confessione:<br />

Non vi è niente, ritengo, su cui <strong>nel</strong> corso della mia vita, peraltro breve,<br />

io abbia scommesso più ardentemente che sul problema <strong>di</strong> garantirmi<br />

la sicurezza in futuro, e confesso che <strong>di</strong> gran lunga la ragione<br />

principale del mio f<strong>il</strong>osofare è stata la speranza <strong>di</strong> conseguire<br />

un premio che non deve essere <strong>di</strong>sdegnato - la pace della mente<br />

- e <strong>il</strong> talento <strong>di</strong> affermare che ho <strong>di</strong>mostrato alcune cose che sinora<br />

erano state semplicemente credute o ad<strong>di</strong>rittura, a <strong>di</strong>spetto della<br />

loro grande importanza, ignorate.<br />

<strong>Leibniz</strong>, non meno <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, era ansioso <strong>di</strong> conseguire<br />

l'"onore" f<strong>il</strong>osofico. Ma, laddove <strong>Spinoza</strong> andava alla ricerca <strong>di</strong><br />

quel genere <strong>di</strong> fama che viene ai capi delle rivoluzioni sotterranee,<br />

<strong>Leibniz</strong> cercava una forma <strong>di</strong> prestigio molto più visib<strong>il</strong>e.<br />

Imperturbab<strong>il</strong>mente desiderava tutto ciò che <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>sdegnava:<br />

titoli, riconoscimenti, salari, possessi. "Era grande <strong>il</strong> suo desiderio<br />

<strong>di</strong> br<strong>il</strong>lare," come notò un osservatore. E, a <strong>di</strong>re <strong>il</strong> vero,<br />

senza i segni esteriori della fama, pensava, non sarebbe mai stato<br />

<strong>nel</strong>la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> poter contribuire al bene collettivo del genere<br />

umano. Nella mente <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, la sua personale "sicurezza<br />

<strong>nel</strong> futuro" risultava a volte <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente <strong>di</strong>stinguib<strong>il</strong>e dal bene<br />

collettivo del genere umano.<br />

Nel momento stesso in cui fu elevato al rango <strong>di</strong> consigliere


S. L'AVVOCATO DI DIO 79<br />

privato <strong>di</strong> giustizia alla corte <strong>di</strong> Magonza, <strong>nel</strong>l'estate del 1670,<br />

<strong>Leibniz</strong> lanciò un'aggressiva campagna per farsi largo sulla ribalta<br />

della scena intellettuale paneuropea. La prima fase della<br />

sua campagna consistette in approcci epistolari alle figure dominanti<br />

della repubblica delle lettere. Benché occupasse una posizione<br />

politica abbastanza r<strong>il</strong>evante, <strong>il</strong> giovane <strong>di</strong>plomatico non<br />

aveva ancora affermato la sua reputazione <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> intellettuale;<br />

queste prime lettere erano, essenzialmente, offerte non richieste<br />

<strong>di</strong> collaborazione.<br />

Tra i primi destinatari <strong>di</strong> queste iniziali proposte <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>,<br />

vi era Thomas Hobbes, <strong>il</strong> vecchio e controverso f<strong>il</strong>osofo materialista,<br />

che all'epoca risiedeva a Londra. "Io non so <strong>di</strong> nessuno<br />

che abbia f<strong>il</strong>osofeggiato in maniera più esatta, più chiara ed elegante<br />

<strong>di</strong> Voi, senza fare eccezione neanche per quell'uomo dal genio<br />

<strong>di</strong>vino che fu lo stesso Descartes," <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>ce a Hobbes, appena<br />

prima <strong>di</strong> suggerire che forse <strong>il</strong> tanto oltraggiato materialista<br />

potesse desiderare <strong>di</strong> confutare con maggiore veemenza quanti<br />

affermano che egli non crede <strong>nel</strong>l'immortalità dell'anima. L'ottantenne<br />

Hobbes decise <strong>di</strong> non rispondere.<br />

Quin<strong>di</strong>, <strong>Leibniz</strong> avviò contatti con intellettuali <strong>di</strong> spicco in Olanda,<br />

in Italia e in Francia. De<strong>di</strong>cò particolare attenzione ad Antoine<br />

Arnauld, considerato allora <strong>il</strong> maggiore teologo cattolico e f<strong>il</strong>osofo<br />

cartesiano a Parigi. La sua lettera ad Arnauld si sv<strong>il</strong>uppa su<br />

un'ampiezza <strong>di</strong> seim<strong>il</strong>a parole e compen<strong>di</strong>a e affina molti concetti<br />

che aveva esaminato <strong>nel</strong>le precedenti lettere a Thomasius.<br />

In quella stessa estate del 1670, <strong>Leibniz</strong> intraprese anche una<br />

prolissa corrispondenza con Henry Oldenburg. "Voglia perdonare<br />

<strong>il</strong> fatto che uno sconosciuto si prenda la libertà <strong>di</strong> scrivere a una<br />

persona che certo non è sconosciuta," egli esor<strong>di</strong>sce, con una fioritura<br />

tipica barocca. <strong>Il</strong> nocciolo della corrispondenza <strong>di</strong>venta ben<br />

presto chiaro: <strong>Leibniz</strong> ha composto un paio <strong>di</strong> saggi sulla f<strong>il</strong>osofia<br />

del movimento, sotto <strong>il</strong> titolo Nuova ipotesi fisica, e desidera con<strong>di</strong>videre<br />

<strong>il</strong> proprio lavoro con i membri della Royal Society.<br />

I saggi <strong>di</strong> Lebniz sul movimento segnano un passo significativo<br />

<strong>nel</strong> suo sv<strong>il</strong>uppo f<strong>il</strong>osofico. Si aprono con alcune delle idee<br />

sul moto e sull'attività che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo aveva sv<strong>il</strong>uppato per la prima<br />

volta <strong>nel</strong> contesto del suo lavoro sulla metafisica della riunificazione<br />

delle chiese, e continuano sollevando per la prima volta<br />

<strong>il</strong> problema che <strong>Leibniz</strong> chiama "<strong>il</strong> labirinto del continuum":<br />

parlando in termini generali, <strong>il</strong> problema <strong>di</strong> spiegare come punti<br />

infinitamente piccoli possano unirsi a costituire una linea. I<br />

saggi stipulano dunque un legame tra le prime riflessioni teologiche<br />

leibniziane e la sua successiva metafisica. Intriga <strong>il</strong> fatto<br />

che accennino allo stu<strong>di</strong>o degli infinitesimali matematici, che<br />

presto lo condurrà alla sua epocale scoperta del calcolo.


80 IL CORTIGIANO E I:ERETICO<br />

I saggi offrono anche alcune speculazioni fisiche francamente<br />

bizzarre. "Le bolle sono i semi <strong>di</strong> ogni cosa," sostiene fiduciosamente<br />

<strong>il</strong> giovane stu<strong>di</strong>oso. L'acqua è una massa <strong>di</strong> innumerevoli<br />

bolle, aggiunge; l'aria altro non è che acqua rarefatta. E che <strong>di</strong>re<br />

della terra? "Non può esservi dubbio che anch'essa sia interamente<br />

costituita da bolle, perché la base della terra è <strong>il</strong> vetro, vetro<br />

in una bolla spessa."<br />

L'obiettivo imme<strong>di</strong>ato dei saggi era quello <strong>di</strong> inserire <strong>il</strong> loro<br />

autore <strong>nel</strong>le controversie che infuriavano tra alcune delle più<br />

gran<strong>di</strong> autorità intellettuali dell'epoca. La f<strong>il</strong>osofia del movimento<br />

era <strong>il</strong> campo <strong>di</strong> una battaglia tra titani come Christiaan Huygens,<br />

Christopher Wren e <strong>il</strong> fantasma <strong>di</strong> Cartesio. In questo modo, <strong>Leibniz</strong><br />

voleva attirare l'attenzione su <strong>di</strong> sé, per essere ammesso alla<br />

Royal Society <strong>di</strong> Londra, o alla Académie Royale <strong>di</strong> Parigi, o ad<strong>di</strong>rittura<br />

in entrambe. Compiendo un piccolo sforzo per mascherare<br />

la propria ambizione, egli de<strong>di</strong>cò un saggio rispettivamente<br />

a ciascuna <strong>di</strong> queste due auguste associazioni.<br />

Per coloro che ancora non avevano alcuna ragione <strong>di</strong> interessarsi<br />

allo sv<strong>il</strong>uppo f<strong>il</strong>osofico <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, sfortunatamente, i suoi<br />

saggi erano fonte soprattutto <strong>di</strong> perplessità. <strong>Leibniz</strong> mostrò una<br />

certa fac<strong>il</strong>ità <strong>nel</strong>le sue critiche a Cartesio, ma la sua <strong>di</strong>scussione,<br />

per altri aspetti, suggeriva che <strong>il</strong> suo tentativo <strong>di</strong> lanciarsi <strong>nel</strong>la<br />

profon<strong>di</strong>tà dei <strong>di</strong>battiti contemporanei era prematura. <strong>Il</strong> matematico<br />

inglese John Wallis recensì favorevolmente dei saggi, ma<br />

<strong>il</strong> litigioso Robert Hooke stroncò }"'opuscolo". Allora, come ora,<br />

l'accordo fu che meno si parlava della teoria delle bolle del <strong>mondo</strong>,<br />

meglio sarebbe stato. Una critica successiva descrisse i primi<br />

saggi <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> sulla fisica come <strong>il</strong> frutto <strong>di</strong> una " orgogliosa ignoranza".<br />

Nel suo desiderio <strong>di</strong> affermare la propria reputazione tra<br />

i membri della Royal Society, <strong>Leibniz</strong> arruffò, a quanto pare, un<br />

po' troppo le penne; ne sarebbero derivate <strong>di</strong>sastrose conseguenze<br />

alcuni decenni dopo, <strong>nel</strong>la <strong>di</strong>sputa con Newton sul calcolo.<br />

L'immenso e variegato quadro della "f<strong>il</strong>osofia della f<strong>il</strong>osofia"<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> prese corpo in una lettera che egli in<strong>di</strong>rizzò al suo futuro<br />

datore <strong>di</strong> lavoro, <strong>il</strong> duca Johann Friedrich <strong>di</strong> Hannover, <strong>nel</strong>l'autunno<br />

del 1671. Johann Friedrich era <strong>il</strong> brutto anatroccolo<br />

del casato <strong>di</strong> Brunswick. Secondo sua madre, era "orrib<strong>il</strong>mente<br />

grasso, e molto più basso degli altri". In effetti, si <strong>di</strong>ceva che fosse<br />

così obeso da muoversi <strong>di</strong> rado, e spesso preferiva reggere <strong>il</strong><br />

suo feudo dal suo letto ben equipaggiato. Durante un viaggio in<br />

Italia, intrapreso nei lunghi, interminab<strong>il</strong>i anni prima <strong>di</strong> salire al<br />

potere, si era convertito al cattolicesimo. Con grande costernazione<br />

della sua famiglia e dei suoi pari, la sua conversione sembrò<br />

essere motivata da una sincera fede <strong>nel</strong>la verità della sua nuo-


5. l!AVVOCATO DI DIO 81<br />

va religione. Egli aveva un debole per gli affari spirituali, per la<br />

speculazione f<strong>il</strong>osofica, e - ciò che più ci interessa - per lo stesso<br />

<strong>Leibniz</strong>. <strong>Il</strong> giovane f<strong>il</strong>osofo rivolse molte delle sue speranze <strong>di</strong><br />

futuro successo verso <strong>il</strong> conc<strong>il</strong>iante duca.<br />

Nelle prime pagine della sua lettera dell'ottobre 1671, <strong>Leibniz</strong><br />

informava Johann Friedrich delle proprie più importanti imprese<br />

in cui si era cimentato sino a quel momento, e tra queste<br />

enumerava:<br />

• La characteristica universalis. Se riuscirà a realizzare questa<br />

idea, afferma in questo brano, essa sarà "la madre <strong>di</strong> tutte le<br />

mie invenzioni".<br />

• La f<strong>il</strong>osofia del moto. "Nella f<strong>il</strong>osofia naturale, io sono forse<br />

<strong>il</strong> primo ad aver <strong>di</strong>mostrato completamente che ... esiste un<br />

vuoto, non me<strong>di</strong>ante esperimenti, ma per mezzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrazioni<br />

geometriche, poiché io ho provato talune proposizioni sulla<br />

natura del movimento che nessuno aveva pensato prima d'ora ...<br />

Uno stu<strong>di</strong>oso italiano mi ha scritto <strong>di</strong> non avere mai visto un'ipotesi<br />

che lo sod<strong>di</strong>sfacesse maggiormente. Dall'Ingh<strong>il</strong>terra ho ricevuto<br />

alcune recensioni abbastanza favorevoli."<br />

• Matematica e meccanica. "Io ho scoperto alcune cose che ...<br />

devono essere considerate <strong>di</strong> non poca importanza." Egli si riferisce<br />

qui a una sua idea per la realizzazione <strong>di</strong> una macchina calcolatrice,<br />

capace <strong>di</strong> operare le funzioni aritmetiche fondamentali.<br />

Propone, inoltre, un calcolatore sim<strong>il</strong>are per le funzioni trigonometriche.<br />

• Ottica. Elenca tre idee: una lente, che egli chiama "pandacale",<br />

un tubo cata<strong>di</strong>ottrico, e uno strumento per <strong>il</strong> r<strong>il</strong>evamento<br />

topografico in grado <strong>di</strong> misurare le <strong>di</strong>stanze da un singolo punto.<br />

Tutti questi congegni, egli afferma, sinora sono stati "tentati<br />

invano" da altri.<br />

• <strong>Il</strong> problema della longitu<strong>di</strong>ne. Sostiene <strong>di</strong> avere un'idea per risolvere<br />

<strong>il</strong> problema <strong>di</strong> determinare la longitu<strong>di</strong>ne durante la navigazione.<br />

Se i suoi esperimenti non fossero stati bloccati, egli ammonisce,<br />

<strong>il</strong> suo metodo ben presto si sarebbe <strong>di</strong>mostrato "<strong>il</strong> più accurato<br />

e universale tra tutti quelli che abbiamo attualmente".<br />

• Sottomarini. Egli afferma <strong>di</strong> avere "rifuso" l'idea soggiacente<br />

all'invenzione attribuita anzitutto a Cor<strong>nel</strong>ius van Drebbel e descritta<br />

da padre Marin Mersenne, un vascello capace <strong>di</strong> viaggiare<br />

sotto la superficie del mare.<br />

• Pneumatica. Egli ha progettato una macchina capace <strong>di</strong><br />

comprimere l'aria sino a m<strong>il</strong>le atmosfere - livelli "cui non vi è sinora<br />

niente <strong>di</strong> comparab<strong>il</strong>e al <strong>mondo</strong>" - per un possib<strong>il</strong>e uso come<br />

motore per battelli o per carrozze.<br />

• F<strong>il</strong>osofia morale e giurisprudenza. <strong>Il</strong> suo saggio dal titolo Ele-


82 IL CORTIGIANO E !.!ERETICO<br />

menta iuris naturalis è un'opera "breve", egli ammette, ma "<strong>di</strong> tale<br />

chiarezza e concisione" da avere già esercitato un profondo influsso<br />

sulla giurisprudenza contemporanea.<br />

• Te ologia naturale. Egli ha <strong>di</strong>mostrato che "deve esservi una<br />

ragione ultima per le cose ovvero per l'armonia universale, che è<br />

<strong>Dio</strong>"; inoltre, ha addotto prove per <strong>di</strong>mostrare che <strong>Dio</strong> non è la<br />

causa del male, e che la punizione delle colpe è parte dell'armonia<br />

universale, e che la mente è incorporea; inoltre, egli ha risolto<br />

<strong>il</strong> problema mente-corpo.<br />

• Teologia rivelata. Egli ha <strong>di</strong>feso i "misteri" della chiesa - come<br />

la transustanziazione - contro le "offese dei miscredenti e degli<br />

atei".<br />

Senza dubbio <strong>Leibniz</strong> era un genio universale - forse l'ultimo<br />

genio universale <strong>nel</strong>la storia moderna. "Così come gli antichi<br />

potevano condurre otto cavalli simultaneamente," scrive<br />

Fonte<strong>nel</strong>le <strong>nel</strong> suo elogio del grande pensatore, "<strong>Leibniz</strong> poteva<br />

padroneggiare simultaneamente tutte le scienze." Comunque,<br />

sarebbe i<strong>nel</strong>egante chiedersi se <strong>il</strong> venticinquenne che scrisse<br />

questa lettera faceva partecipare forse un po' troppi cavalli<br />

alla corsa. Fra tutte le stupefacenti invenzioni menzionate in<br />

questo elenco, una soltanto - la macchina calcolatrice aritmetica<br />

- più tar<strong>di</strong> assunse <strong>il</strong> carattere <strong>di</strong> una realtà fisica. Le altre<br />

restarono soltanto br<strong>il</strong>lanti idee. <strong>Il</strong> troppo pro<strong>di</strong>go autoelogio<br />

che pervade la lettera suscita, inoltre, una <strong>di</strong>fficoltà: davvero<br />

<strong>Leibniz</strong> era persuaso che gli inglesi si sarebbero perdutamente<br />

innamorati della sua fisica, che egli presentava come pionieristica?<br />

E davvero, inoltre, egli era sul punto <strong>di</strong> risolvere <strong>il</strong> secolare<br />

problema della longitu<strong>di</strong>ne, a parte <strong>il</strong> fatto che aveva già<br />

<strong>nel</strong> sacco <strong>il</strong> problema mente-corpo? Oppure stava solo in<strong>di</strong>rizzando<br />

verso <strong>il</strong> duca tutto ciò <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponeva, <strong>nel</strong>la <strong>di</strong>sperata<br />

speranza che qualcosa facesse presa?<br />

Fonte<strong>nel</strong>le, a quanto risulta, si sbagliava solo in un dettaglio:<br />

<strong>il</strong> numero <strong>di</strong> progetti che <strong>Leibniz</strong> gestiva contemporaneamente<br />

era quasi sempre maggiore <strong>di</strong> otto. Quando un'idea br<strong>il</strong>lava <strong>nel</strong>la<br />

sua mente ipercinetica, egli l'afferrava come una torcia e correva<br />

finché la successiva luce intensa non catturava i suoi occhi,<br />

dopo<strong>di</strong>ché aggiungeva anche questa al fascio che teneva tra le<br />

braccia, !asciandone cadere qualcuna <strong>nel</strong>la fretta e seminando<br />

così <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> sé una scia <strong>di</strong> intuizioni che covavano sotto la cenere.<br />

Nel materiale raccolto negli archivi <strong>Leibniz</strong>, equivalente a<br />

centoventi volumi, vi sono senza alcun dubbio centinaia <strong>di</strong> br<strong>il</strong>lanti<br />

invenzioni che ancora non sono state nemmeno catalogate,<br />

e tanto meno realizzate. Egli ha scritto su qualunque argomento,<br />

a chiunque, senza sosta. Se <strong>Spinoza</strong> era la quintessenza


5. l.!AWOCATO DI DlO 83<br />

del monomaniaco - che spietatamente comprime una vita <strong>di</strong><br />

profonde intuizioni in un singolo volume, adamantino - <strong>Leibniz</strong><br />

per parte sua può essere adeguatamente descritto come un<br />

"onnimaniaco".<br />

C'era in <strong>Leibniz</strong> un'energia <strong>il</strong>limitata, un entusiasmo per ogni<br />

cosa, e un amore appassionato per la vita che può solo suscitare<br />

meraviglia e ammirazione; ma c'era anche una certa avventatezza,<br />

e forse anche una strana mancanza <strong>di</strong> serietà. I risultati che<br />

<strong>Leibniz</strong> raggiunse risultano straor<strong>di</strong>nari secondo qualunque parametro,<br />

eppure sono ben magri al confronto dei suoi progetti.<br />

Come egli confessa successivamente a un suo corrispondente: "Io<br />

posso suggerire molto agli altri, ma non posso realizzare da solo<br />

tutto ciò che mi viene in mente; e sarei ben lieto <strong>di</strong> cedere agli<br />

altri la fama <strong>di</strong> molte delle mie invenzioni, se soltanto <strong>il</strong> benessere<br />

pubblico, <strong>il</strong> bene del genere umano e la gloria <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> in tal<br />

modo potessero esserne accresciuti".<br />

La lettera a Johann Friedrich non si conclude con la superba<br />

lista dei trionfi intellettuali del giovane <strong>Leibniz</strong>. Dopo aver riassunto<br />

i suoi reali o auspicati contributi allo sv<strong>il</strong>uppo delle scienze,<br />

<strong>il</strong> <strong>di</strong>plomatico-f<strong>il</strong>osofo passa al suo operato in campo politico.<br />

È evidente che <strong>il</strong> potenziamento dell'esercito francese finirà<br />

male, egli <strong>di</strong>ce al duca, preannunciando una "guerra universale"<br />

in cui moriranno centom<strong>il</strong>a uomini. Ma, sia lode a <strong>Dio</strong>, continua<br />

<strong>Leibniz</strong>, egli ha elaborato un piano. E presenta gli aspetti essenziali<br />

del suo progetto <strong>di</strong> una nuova guerra santa.<br />

Egli intende recarsi a Parigi per propagandare questo piano,<br />

afferma, e confida che le porte della capitale francese si schiuderanno<br />

<strong>di</strong> fronte a lui. Jean-Baptiste Colbert, l'onnipotente primo<br />

ministro <strong>di</strong> Luigi xrv, ha manifestato interesse per la sua macchina<br />

calcolatrice; ed egli ritiene <strong>di</strong> potersi presentare a Pomponne,<br />

<strong>il</strong> segretario <strong>di</strong> stato, in virtù della forza dei suoi legami<br />

con lo zio <strong>di</strong> Pomponne, <strong>il</strong> grande Arnauld.<br />

Infine, nei paragrafi conclusivi della lettera, <strong>Leibniz</strong> arriva al<br />

punto - perché, ogni volta che egli scriveva al duca <strong>di</strong> Hannover<br />

a proposito delle sue svariate realizzazioni, c'era sempre un punto.<br />

Desidera ottenere lettere <strong>di</strong> presentazione in<strong>di</strong>rizzate dal duca<br />

ai notab<strong>il</strong>i parigini, specialmente a personalità che potrebbero<br />

volere "incoraggiare attraverso l'elargizione <strong>di</strong> pensioni" giovani<br />

colti - proprio come <strong>Leibniz</strong>. Poiché, per promuovere <strong>il</strong> suo<br />

lavoro scientifico, egli non vede "una migliore opportunità" che<br />

soggiornare a Parigi.<br />

<strong>Il</strong> Piano Egitto, a quanto risulta, è un br<strong>il</strong>lante mezzo per favorire<br />

la carriera f<strong>il</strong>osofica <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. Parigi - <strong>Leibniz</strong> ne decanta<br />

le lo<strong>di</strong> - "è la più colta e la più potente città dell'universo". È la<br />

capitale della repubblica internazionale delle lettere, dove vivo-


84 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

no persone come Antoine Arnauld, Christiaan Huygens, Nicolas<br />

Male branche. Parigi fornirà al giovane <strong>cortigiano</strong> l'occasione <strong>di</strong><br />

incontrare i maggiori scienziati e f<strong>il</strong>osofi del suo tempo, e <strong>di</strong> collaborare<br />

con loro. E, per <strong>di</strong> più, gli offrirà l'opportunità <strong>di</strong> ottenere<br />

i titoli, i riconoscimenti e le aff<strong>il</strong>iazioni <strong>nel</strong>le società scientifiche;<br />

lo proietterà sul luminoso palcoscenico della storia mon<strong>di</strong>ale.<br />

Se vi è un'antitesi al sentimento <strong>di</strong> vanitas descritto da <strong>Spinoza</strong><br />

<strong>nel</strong> suo primo trattato, questa dovrebbe essere proprio <strong>il</strong><br />

senso <strong>di</strong> fervida anticipazione con cui <strong>il</strong> giovane <strong>Leibniz</strong> scorgeva<br />

<strong>il</strong> luccichio lontano, allettante della v<strong>il</strong>le lumière.<br />

Ovviamente, può sembrare strano che uno dei due più gran<strong>di</strong><br />

pensatori del Seicento si sia avvalso della proposta <strong>di</strong> una nuova<br />

guerra santa come mezzo per promuovere la propria carriera<br />

f<strong>il</strong>osofica. Ma questa circostanza piuttosto inverosim<strong>il</strong>e può valere<br />

anche come testimonianza delle epiche doti <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> come<br />

me<strong>di</strong>atore universale. Agli occhi <strong>di</strong> Guglielmo <strong>il</strong> Pacificatore, <strong>il</strong><br />

Piano Egitto risolveva tutti i problemi del <strong>mondo</strong> in un solo colpo:<br />

risolveva <strong>il</strong> problema della sicurezza tedesca; <strong>il</strong> problema del<br />

futuro dell'Europa come repubblica cristiana; <strong>il</strong> problema dell'Egitto<br />

(considerato che quegli egiziani che non fossero stati uccisi<br />

in questa operazione sarebbero <strong>di</strong>ventati cristiani); e, mirab<strong>il</strong>e<br />

<strong>di</strong>ctu, risolveva anche <strong>il</strong> problema <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, per giunta. E<br />

questa non sarebbe stata l'ultima volta che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo avrebbe scoperto,<br />

con sua grande sod<strong>di</strong>sfazione, una sim<strong>il</strong>e inattesa ma vantaggiosissima<br />

concordanza tra <strong>il</strong> bene generale e le sue ambizioni<br />

personali. Non vi è alcuna ragione <strong>di</strong> dubitare, inoltre, che,<br />

mentre tentava faticosamente <strong>di</strong> attuare <strong>il</strong> suo audace piano volto<br />

a ri<strong>di</strong>segnare <strong>il</strong> Me<strong>di</strong>o Oriente e a conquistare <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> del sapere<br />

in un colpo solo, <strong>Leibniz</strong> restasse convinto che l'intera, multiforme<br />

operazione fosse soltanto un'ulteriore prova della "eleganza<br />

e armonia del <strong>mondo</strong>".<br />

La f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> non era ancora pienamente sv<strong>il</strong>uppata;<br />

ma la sua "f<strong>il</strong>osofia della f<strong>il</strong>osofia" - <strong>il</strong> suo atteggiamento e <strong>il</strong><br />

suo approccio verso la f<strong>il</strong>osofia - era già perfettamente delineata<br />

quando egli compì venticinque anni. Lo scopo primario <strong>di</strong> contribuire<br />

al bene generale; l'adesione al bene primario consistente<br />

<strong>nel</strong> <strong>di</strong>fendere lo status quo teocratico (o, meglio, in vista del<br />

progetto <strong>di</strong> riunificazione: lo status quo ante); l'altruismo o, se<br />

preferiamo, l'orientamento verso l'altro della sua opera, quanto<br />

alla forma e quanto al contenuto; la concezione della f<strong>il</strong>osofia come<br />

uno "scenario"; l'aspirazione a farsi largo al centro della scena,<br />

a proporsi come <strong>il</strong> grande conc<strong>il</strong>iatore <strong>di</strong> ogni pensiero; l'accento<br />

posto sull'ut<strong>il</strong>ità delle dottrine f<strong>il</strong>osofiche, al <strong>di</strong> là della lo-


S. I.:AWOCATO DI DIO 85<br />

ro verità; l'approccio "decostruttivista" alla f<strong>il</strong>osofia moderna; l'identificazione<br />

del merito f<strong>il</strong>osofico con le ricompense e con i riconoscimenti<br />

offerti dalle autorità costituite del <strong>mondo</strong> intellettuale;<br />

e la "onnimania" - tutto ciò era presente già nei primi esercizi<br />

f<strong>il</strong>osofici <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, e tutto ciò lo avrebbe accompagnato sino<br />

al termine della sua lunga carriera.<br />

Era già evidente, inoltre, la forma inopinatamente moderna<br />

della mente <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. Nonostante <strong>il</strong> me<strong>di</strong>evalismo inerente al<br />

suo progetto ecclesiastico, <strong>il</strong> giovane f<strong>il</strong>osofo aveva già manifestato<br />

quell'adesione a una forma <strong>di</strong> umanesimo, allo stato sociale<br />

e alla supremazia della ragione che lega <strong>il</strong> suo pensiero alla<br />

modernità. Anche più efficace, forse, <strong>il</strong> pragmatismo - forse lo si<br />

potrebbe chiamare anche "relativismo" - che sembra alla ra<strong>di</strong>ce<br />

del suo approccio alla f<strong>il</strong>osofia e fa <strong>di</strong> lui una figura del presente<br />

piuttosto che del passato. "Noi dobbiamo sempre adattarci al<br />

<strong>mondo</strong>," <strong>di</strong>sse una volta <strong>Leibniz</strong>, "perché non sarà certo <strong>il</strong> <strong>mondo</strong><br />

ad adattarsi a noi." Nell'ideale politico che egli patrocinava,<br />

la ragione poteva anche costituire <strong>il</strong> fondamento dell'autorità; ma<br />

<strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> reale in cui egli viveva e agiva, come <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>mostrò<br />

ampiamente <strong>nel</strong>la pratica, la ragione era soltanto un'ulteriore<br />

espressione del potere, e "<strong>il</strong> bene" era soltanto un altro nome<br />

per "l'ut<strong>il</strong>e".<br />

Pe<strong>di</strong>nare <strong>Leibniz</strong> sin dai suoi esor<strong>di</strong>, inoltre, suscita alcuni<br />

degli interrogativi che inevitab<strong>il</strong>mente sorgono su chi adotta un<br />

sim<strong>il</strong>e approccio, quasi <strong>moderno</strong>, alla f<strong>il</strong>osofia: la preoccupazione<br />

che, <strong>nel</strong> suo incessante perseguimento del bene, forse egli abbia<br />

perso <strong>di</strong> vista la verità; e <strong>il</strong> sospetto che, <strong>nel</strong>la sua incapacità<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere chiaramente tra <strong>il</strong> bene generale e i suoi interessi<br />

personali, forse egli li abbia confusi.<br />

<strong>Il</strong> contrasto con <strong>Spinoza</strong>, come sempre, pare insanab<strong>il</strong>e. Possono<br />

esservi ben pochi dubbi sulla fermezza delle convinzioni che<br />

motivavano la monomaniacale ricerca spinoziana. Nel suo caso,<br />

l'enigma sta piuttosto <strong>nel</strong>la loro fonte. Perché si sentiva così sicuro?<br />

<strong>Leibniz</strong>, d'altra parte, ci pone <strong>di</strong> fronte a un rompicapo molto<br />

<strong>di</strong>verso. Quando tenta <strong>di</strong> sintetizzare posizioni inconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>i, quando<br />

sostiene con alterigia dottrine alle quali egli stesso molto verosim<strong>il</strong>mente<br />

non aderiva, e quando <strong>di</strong>spiega le sue attenzioni su ogni<br />

cosa con tanta leggerezza da sembrare superficiale, egli desta in<br />

noi quello stesso interrogativo che anche i v<strong>il</strong>lici e i nob<strong>il</strong>i <strong>di</strong> Hannover<br />

si ponevano: "C'era qualcosa in cui credesse?".<br />

Ed è anche più curioso <strong>il</strong> fatto che, esattamente <strong>nel</strong>lo stesso<br />

momento in cui stava levigando <strong>il</strong> Piano Egitto e stava lucidando<br />

le proprie credenziali per assumere la veste <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

ufficiale per una chiesa cristiana riunificata - anzi, ad<strong>di</strong>rittura<br />

<strong>nel</strong>lo stesso mese in cui re<strong>di</strong>geva la propria prolissa autoanali-


86 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

si a beneficio del duca <strong>di</strong> Hannover - <strong>Leibniz</strong> abbia avviato i<br />

suoi primi contatti segreti con <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo dell'Aja. Ma per comprendere<br />

<strong>il</strong> significato del suo sconcertante comportamento a<br />

questo proposito e per coglierne le molteplici implicazioni e ramificazioni,<br />

è necessario tornare anzitutto a <strong>Spinoza</strong> e alla tempesta<br />

che egli aveva appena scatenato sulla repubblica delle lettere<br />

- una tempesta <strong>di</strong> idee che avrebbe trasformato per sempre<br />

<strong>il</strong> paesaggio <strong>di</strong> quel <strong>mondo</strong> che <strong>il</strong> giovanotto venuto da Lipsia<br />

intendeva conquistare.


6. L'eroe del popolo<br />

Tommaso Aniello, un pescatore amalfitano, lasciò questa terra<br />

all'età <strong>di</strong> venticinque anni in una strana e violenta fiammata<br />

<strong>di</strong> gloria che durò <strong>di</strong>eci giorni roventi <strong>nel</strong>l'estate del 1647. Napoli<br />

a quel tempo era sottoposta al dominio della corona spagnola,<br />

che governava la città con la consueta miscela <strong>di</strong> avarizia, brutalità<br />

e incompetenza. Nella primavera del 1647 gli spagnoli imposero<br />

una nuova tassa sulla frutta, allungando ulteriormente la<br />

già fin troppo lunga lista <strong>di</strong> lagnanze dei citta<strong>di</strong>ni. <strong>Il</strong> 7 luglio 1647,<br />

i fTUttivendoli insorsero, la polizia scappò sotto una gragnuola <strong>di</strong><br />

arance, e <strong>il</strong> popolo si ribellò.<br />

Masaniello, è questo <strong>il</strong> nome con cui <strong>il</strong> giovane pescatore stava<br />

per <strong>di</strong>ventare famoso, portò in secco la propria barca e assunse<br />

la guida della rivolta. Con la sua rete da pesca legata sulle<br />

spalle, fece avanzare la folla sin dentro <strong>il</strong> palazzo reale ed espose<br />

le richieste popolari <strong>di</strong>nanzi al viceré spagnolo. Per sei giorni<br />

in quel caldo mese <strong>di</strong> luglio, Masaniello e <strong>il</strong> suo esercito <strong>di</strong> liberazione<br />

popolare mantennero <strong>il</strong> controllo delle strade <strong>di</strong> Napoli.<br />

Da un pa<strong>di</strong>glione <strong>di</strong> legno antistante la sua casa, <strong>il</strong> pescatore<br />

ribelle teneva corte, emanando e<strong>di</strong>tti per conto del popolo<br />

oppresso della città e <strong>di</strong>spensando giustizia agli amici e ai nemici<br />

della rivoluzione. <strong>Il</strong> settimo giorno, grazie alla me<strong>di</strong>azione<br />

del Vaticano, <strong>il</strong> viceré spagnolo prigioniero firmò una tregua, in<br />

virtù della quale Masaniello poté assumere <strong>il</strong> magnifico titolo <strong>di</strong><br />

capitano generale e i suoi seguaci ottennero lo sgravio fiscale<br />

che richiedevano.<br />

Gli eventi dei tre giorni successivi si perdono <strong>nel</strong>la foschia<br />

della rivoluzione. Qualcuno <strong>di</strong>ce che <strong>il</strong> giovane pescatore, schiacciato<br />

dalla sua repentina ascesa al potere, dovette soccombere alle<br />

proprie fantasie monomaniacali; altri affermano che <strong>il</strong> viceré<br />

fece versare del veleno <strong>nel</strong> suo bicchiere; altri riferiscono che egli<br />

fu tra<strong>di</strong>to dai suoi stessi seguaci. In ogni caso, <strong>il</strong> 16 luglio 1647,<br />

nove giorni dopo che i venti della fortuna lo avevano portato dal<br />

suo battello da pesca al pa<strong>di</strong>glione del popolo, Masaniello giaceva<br />

assassinato <strong>di</strong>nanzi a una chiesa. Gli elementi più rozzi della


88 IL CORTIGIANO E I!ERETICO<br />

folla lo decapitarono, conficcarono la sua testa in cima a una lancia<br />

e la presentarono al viceré come un trofeo.<br />

Pochi giorni dopo, i popolani furono colpiti dal rimorso per<br />

<strong>il</strong> loro folle gesto. Ricomposero <strong>il</strong> corpo d<strong>il</strong>aniato dell'eroe e lo<br />

seppellirono in pompa magna.<br />

La liberazione <strong>di</strong> Napoli fu tanto breve quanto caotica, ma<br />

Masaniello ascese sopra le nebbie della storia a riven<strong>di</strong>care una<br />

sorta <strong>di</strong> immortalità. "Chiunque stenterebbe a credere," scrisse<br />

senza fiato un commentatore dell'epoca, "che un giovanotto, un<br />

povero insignificante pescatore scalzo, abbia potuto trascinarsi<br />

<strong>di</strong>etro [ ... ] circa quarantam<strong>il</strong>a uomini armati, e agitando <strong>il</strong> suo<br />

cappello a cencio <strong>di</strong> lino, <strong>il</strong> panciotto blu e <strong>il</strong> berretto rosso, abbia<br />

potuto [ .. . ] comandare su tutta Napoli [ . .. ] come non aveva mai<br />

fatto nessun monarca." La leggenda <strong>di</strong> Masaniello ha ispirato poeti,<br />

drammaturghi e compositori da un capo all'altro del continente.<br />

L'icona che si impose sull'immaginario progressista fu quella<br />

<strong>di</strong> un combattente per la libertà - un uomo che aveva compiuto<br />

l'estremo sacrificio per liberare <strong>il</strong> suo popolo dal crudele e corrotto<br />

or<strong>di</strong>ne teocratico così perfettamente incarnato dalla monarchia<br />

cattolica <strong>di</strong> Spagna. Tra i pittori ra<strong>di</strong>cali, Masaniello <strong>di</strong>venne<br />

una figura ricorrente: rappresentato sempre con una camicia<br />

da pescatore, una rete legata sulle spalle e gli occhi ardenti<br />

del fervore <strong>di</strong> salvare gli oppressi <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>.<br />

Tra i pittori ispirati da Masaniello vi fu anche Baruch <strong>Spinoza</strong>.<br />

Che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo si sia de<strong>di</strong>cato alla pittura come passatempo<br />

forse non ha in sé niente <strong>di</strong> sorprendente. Gli olandesi, dopo tutto,<br />

impazzivano per l'arte, e negli ultimi do<strong>di</strong>ci anni della sua vita<br />

<strong>Spinoza</strong> aveva alloggiato presso due artisti - Daniel Tydeman<br />

a Voorburg e Hendrik van der Spyck all'Aja. <strong>Il</strong> suo biografo Colerus<br />

ebbe occasione <strong>di</strong> vedere una cartella <strong>di</strong> schizzi a carboncino<br />

e a inchiostro affidata a Van der Spyck, e <strong>di</strong>chiarò apertamente<br />

che egli eccelleva <strong>nel</strong> <strong>di</strong>segno. Realizzò soprattutto ritratti,<br />

presumib<strong>il</strong>mente <strong>di</strong> amici, tra cui molte importanti personalità<br />

dell'Aja.<br />

Lo schizzo <strong>di</strong> Masaniello, secondo Colerus, era conforme ai<br />

canoni dell'iconografia tra<strong>di</strong>zionale: la camicia, la rete e, possiamo<br />

presumere, lo sguardo focoso. Ovviamente, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo, come<br />

tanti altri, era rimasto ammaliato dal romanzo del pescatore rivoluzionario.<br />

Ma è molto più stupefacente che, secondo Colerus,<br />

<strong>il</strong> volto dell'eroe rivoluzionario non somigliasse affatto a quello<br />

<strong>di</strong> un pescatore napoletano. Somigliava molto <strong>di</strong> più a quello <strong>di</strong><br />

un ebreo portoghese. In effetti, afferma Colerus, l'uomo <strong>nel</strong> <strong>di</strong>pinto<br />

"somigliava sorprendentemente" allo stesso <strong>Spinoza</strong>. Hen-


6. l!EROE DEL POPOLO 89<br />

drick van der Spyck - che fu forse l'insegnante <strong>di</strong> pittura del f<strong>il</strong>osofo<br />

oltre che <strong>il</strong> suo padrone <strong>di</strong> casa, e che realizzò svariati ritratti<br />

del suo inqu<strong>il</strong>ino - affermava con decisione che, <strong>nel</strong> ruolo<br />

del pescatore ribelle, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo intendeva raffigurare se stesso.<br />

L(auto)ritratto <strong>di</strong> Masaniello segna una trasformazione sott<strong>il</strong>e<br />

ma decisiva sia <strong>nel</strong>l'immagine <strong>di</strong> sé sia <strong>nel</strong>l'immagine pubblica<br />

dell'uomo <strong>il</strong> cui viaggio verso la salvezza personale era cominciato<br />

<strong>nel</strong> sicuro ritiro <strong>di</strong> cottage isolati presso remoti v<strong>il</strong>laggi.<br />

Senza alcun dubbio, la passione per la libertà e la brama <strong>di</strong><br />

gloria avevano sempre albergato in lui; ma sino ad allora quegli<br />

impulsi erano stati ben sublimati <strong>nel</strong>le sue me<strong>di</strong>tazioni solitarie.<br />

Con la pubblicazione del Tractatus theologico-politicus <strong>nel</strong> 1670,<br />

l'um<strong>il</strong>e <strong>di</strong>voratore <strong>di</strong> uva passa dell'Aja mostrava con sbalor<strong>di</strong>tiva<br />

chiarezza <strong>di</strong> essere essenzialmente un pensatore politico. Con<br />

la penna e con <strong>il</strong> pen<strong>nel</strong>lo, egli aveva designato se stesso come <strong>il</strong><br />

leader spirituale <strong>di</strong> una rivoluzione mon<strong>di</strong>ale.<br />

<strong>Il</strong> primo segno dell'imminente metamorfosi apparve <strong>nel</strong> l665,<br />

quando <strong>nel</strong> v<strong>il</strong>laggio <strong>di</strong> Voorburg infuriò una tipica <strong>di</strong>sputa oziosa<br />

in merito alla scelta del nuovo pastore per la chiesa locale. I sostenitori<br />

del can<strong>di</strong>dato più conservatore, per perorare la propria<br />

causa, sottolinearono che tra i progressisti vi era un tale D ani el Tydeman,<br />

<strong>nel</strong>la cui casa alloggiava "un certo [ ... ] Spinosa, nato da genitori<br />

ebrei, che è ora (a quanto si <strong>di</strong>ce) un ateo, cioè un uomo che<br />

deride ogni religione ed è pertanto un pernicioso elemento in questa<br />

repubblica". <strong>Spinoza</strong> si sentì, come sempre, profondamente offeso<br />

dall'accusa <strong>di</strong> ateismo; eppure sembra che gli riuscisse impossib<strong>il</strong>e<br />

impe<strong>di</strong>re a quella parola <strong>di</strong> ledere la sua reputazione.<br />

<strong>Il</strong> putiferio scoppiato a Voorburg potrebbe aver spinto <strong>Spinoza</strong><br />

a de<strong>di</strong>care le sue energie a un nuovo progetto. Nell'ottobre<br />

<strong>di</strong> quello stesso anno, annunciò a Oldenburg l'intenzione <strong>di</strong> pubblicare<br />

un "trattato sulle mie tesi a proposito delle Scritture". Tre<br />

fattori lo motivano a procedere con <strong>il</strong> suo piano, spiega:<br />

l. I pregiu<strong>di</strong>zi dei teologi. Perché io so che questi sono i più<br />

gran<strong>di</strong> ostacoli che impe<strong>di</strong>scono agli uomini <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care le loro<br />

menti alla f<strong>il</strong>osofia.<br />

2. Lopinione che ha <strong>di</strong> me la gente comune, che mi accusa<br />

costantemente <strong>di</strong> ateismo. Io sono indotto a sviare da me questa<br />

accusa, per quanto posso.<br />

3. La libertà <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofare e <strong>di</strong> <strong>di</strong>re ciò che pensiamo. La voglio<br />

riven<strong>di</strong>care completamente, perché qui essa viene repressa<br />

in ogni maniera dall'autorità e dall'egoismo eccessivi dei pre<strong>di</strong>catori.


90 IL CORTIGIANO E l!ERETJCO<br />

In queste prime affermazioni del suo manifesto politico, possiamo<br />

già riconoscere barlumi della ra<strong>di</strong>cale politica <strong>di</strong> liberazione<br />

in cui <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo ben presto si impegnerà. Ma vi si percepisce<br />

anche che <strong>il</strong> suo obiettivo primario resta, come <strong>nel</strong> precedente<br />

Tractatus de intellectus emendatione, salvaguardare la sua ricerca<br />

f<strong>il</strong>osofica della salvezza da possib<strong>il</strong>i interferenze politiche - piuttosto<br />

che promuovere le interferenze f<strong>il</strong>osofiche sulla politica.<br />

Trascorsero tre anni, tuttavia, senza alcuna notizia sul trattato<br />

che <strong>Spinoza</strong> aveva promesso. Nel 1668, la tragica sorte <strong>di</strong><br />

due amici <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, i fratelli Koerbagh, molto probab<strong>il</strong>mente<br />

spinse <strong>il</strong> r<strong>il</strong>uttante rivoluzionario a de<strong>di</strong>carsi al progetto con rinnovato<br />

vigore. Adriaen Koerbagh e <strong>il</strong> fratello minore Johannes<br />

furono intrappolati in un turbine <strong>di</strong> idee che ruotavano intorno<br />

alla figura <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Dopo alcuni battibecchi con i teocrati del<br />

luogo, Adriaen pubblicò un'opera intitolata Un giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> tutti i<br />

tipi <strong>di</strong> bellezza senza dolore. Egli voleva <strong>il</strong>luminare la gente d'Olanda;<br />

voleva liberarla dall'imposizione oppressiva dei teologi, e<br />

pretendeva <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che <strong>Dio</strong> è una cosa sola: un ente eterno<br />

con infiniti attributi che non possono essere separati dalla sua<br />

creazione. Senza dubbio, Adriaen aveva de<strong>di</strong>cato molto tempo<br />

alla lettura del manoscritto <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, <strong>il</strong> Breve trattato su <strong>Dio</strong>,<br />

l'uomo e la sua felicità, che per qualche tempo aveva circolato<br />

clan<strong>destino</strong>.<br />

I teocrati vedevano ben poche cose belle e molte cose dolorose,<br />

<strong>nel</strong> giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Adriaen. Lo accusarono <strong>di</strong> empietà. <strong>Il</strong> giovane<br />

<strong>eretico</strong> si <strong>di</strong>ede alla macchia, e le autorità arrestarono Johannes,<br />

che era stato colto a fare proseliti per conto del fratello. Mentre<br />

Johannes languiva in cella, l'impenitente Adriaen scelse <strong>di</strong> reiterare<br />

<strong>il</strong> suo sacr<strong>il</strong>egio. Da una località segreta, pubblicò un altro<br />

libro, Una luce che br<strong>il</strong>la in luoghi oscuri. I luoghi oscuri in<br />

questione andavano ricercati principalmente <strong>nel</strong>la chiesa cattolica<br />

e <strong>nel</strong>la chiesa (insufficientemente) riformata, le cui dottrine<br />

irrazionali, sostiene Adriaen, sono inganni <strong>di</strong>spiegati dal clero<br />

per tenere <strong>il</strong> popolo in un'abietta sottomissione.<br />

Anche grazie a una ricompensa <strong>di</strong> m<strong>il</strong>lecinquecento fiorini<br />

olandesi, le autorità appresero che l'autore <strong>di</strong> Una luce poteva essere<br />

trovato con indosso una parrucca scura, intento a <strong>di</strong>sturbare<br />

la quiete pubblica per le strade <strong>di</strong> Leida. Prontamente localizzarono<br />

l'iconoclasta malamente travestito e lo consegnarono alla<br />

giustizia. Durante un processo che fu tanto breve sui fatti quanto<br />

lungo sulla virtuosa in<strong>di</strong>gnazione, gli accusatori costrinsero i<br />

giovani Koerbagh a rivelare quanto fossero stretti i loro rapporti<br />

con <strong>Spinoza</strong>. Ma i Koerbagh confessarono soltanto <strong>di</strong> aver incontrato<br />

qualche volta <strong>il</strong> tanto vituperato ateo, e negarono <strong>di</strong> aver<br />

mai <strong>di</strong>scorso con lui <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofia. I magistrati non si lasciarono


6. !!EROE DEL POPOLO 91<br />

ingannare, ma in assenza <strong>di</strong> ulteriori prove non insistettero sul<br />

legame con <strong>Spinoza</strong>. Alla fine, Adriaen fu condannato a <strong>di</strong>eci anni<br />

<strong>nel</strong>la pest<strong>il</strong>enziale prigione <strong>di</strong> Rasphius, e ad altri <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong><br />

es<strong>il</strong>io - "se fosse sopravvissuto".<br />

Ma non sopravvisse.<br />

Nel crudele autunno del 1669, dopo poche settimane trascorse<br />

<strong>nel</strong>la h-edda cella <strong>di</strong> un carcere, Adriaen morì <strong>di</strong> malattia. Johannes<br />

venne scarcerato, ma la sua sorte non fu più felice. Visse altri<br />

tre anni, malato, in<strong>di</strong>gente e solo.<br />

Forse commosso dalla tragica sorte dei suoi compagni <strong>di</strong> viaggio,<br />

<strong>Spinoza</strong> infine rese pubblico <strong>il</strong> suo Tractatus, <strong>nel</strong> 1670. Nel<br />

sottotitolo, esplicita l'argomento centrale del trattato "in cui si<br />

mostra non solo che la libertà <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofare può essere garantita<br />

senza danno per la pietà e per la pace civ<strong>il</strong>e, ma anche che tale<br />

libertà è possib<strong>il</strong>e solo quando si accompagna alla pietà e alla pace<br />

civ<strong>il</strong>e". Queste parole, oggi, ci sembrano innocenti, ma a quell'epoca<br />

erano scandalose. In lontananza, <strong>di</strong>etro l'argomentazione<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, appariva la visione <strong>di</strong> un or<strong>di</strong>ne politico completamente<br />

nuovo, chiaramente <strong>moderno</strong>, fondato sul principio <strong>di</strong><br />

tolleranza, secondo cui gli in<strong>di</strong>vidui hanno <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto inalienab<strong>il</strong>e<br />

<strong>di</strong> esprimere le proprie opinioni sui problemi <strong>di</strong> coscienza.<br />

<strong>Il</strong> grosso del Tractatus è de<strong>di</strong>cato a un'analisi della Bibbia.<br />

<strong>Spinoza</strong> si propone <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare, tra l'altro: che la Bibbia è piena<br />

<strong>di</strong> oscurità e <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni; che <strong>il</strong> Pentateuco chiaramente<br />

non viene dalla penna <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, <strong>di</strong> Mosè o <strong>di</strong> nessun altro singolo<br />

autore, ma è opera piuttosto <strong>di</strong> svariati scrittori umanissimi in<br />

un lungo arco temporale; che gli ebrei non erano <strong>il</strong> "popolo eletto"<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, se non <strong>nel</strong> senso che prosperarono in un particolare<br />

posto e molto tempo fa; che i miracoli riferiti <strong>nel</strong>la Bibbia sono<br />

sempre immaginari e sovente testimoniano scarsa informazione<br />

(Giosuè, per esempio, come ha potuto affermare che <strong>il</strong> sole si è<br />

fermato per un giorno, quando è la terra che si muove?); e che i<br />

profeti non avevano poteri speciali per prevedere <strong>il</strong> futuro, ma<br />

piuttosto avevano solo un talento per elaborare intuizioni morali<br />

in un linguaggio colorito adeguato ai preconcetti e ai pregiu<strong>di</strong>zi<br />

della gente comune. In breve, <strong>Spinoza</strong> offre una lettura delle<br />

Scritture totalmente laica e storicistica - niente <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario<br />

secondo gli standard moderni - secondo la quale la Bibbia è<br />

interamente opera <strong>di</strong> mani umane, e le verità che essa trasmette<br />

sono, principalmente, non fa ttuali ma morali.<br />

Ciò che non suona per niente straor<strong>di</strong>nario <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> che<br />

<strong>Spinoza</strong> ha contribuito a costruire, ovviamente, era sacr<strong>il</strong>egio <strong>nel</strong><br />

momento in cui questo nostro <strong>mondo</strong> cominciava a nascere, e<br />

<strong>Spinoza</strong> lo sapeva. Nel cuore della fredda esegesi che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

fornisce dei testi antichi si cela un'ardente passione politica - quel-


92 IL CORTIGIANO E l?ERETICO<br />

la stessa passione che aveva alimentato <strong>il</strong> conflitto <strong>di</strong> Bento con<br />

i rabbini <strong>nel</strong>la sinagoga. Nella prefazione al Tractatus, <strong>Spinoza</strong><br />

<strong>di</strong>ssimula appena <strong>il</strong> suo rivoluzionario programma:<br />

... <strong>il</strong> supremo mistero del <strong>di</strong>spotismo, <strong>il</strong> suo puntello e sostegno, consiste<br />

<strong>nel</strong> tenere gli uomini in uno stato <strong>di</strong> inganno, e sotto <strong>il</strong> pretestuoso<br />

nome <strong>di</strong> religione <strong>di</strong>ssimulare <strong>il</strong> timore me<strong>di</strong>ante <strong>il</strong> quale essi<br />

devono essere tenuti a bada, cosicché combatteranno per <strong>il</strong> proprio<br />

asservimento come se combattessero per la propria salvezza.<br />

In definitiva, quando priva la Bibbia del suo mistero, <strong>Spinoza</strong><br />

si propone <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere l'or<strong>di</strong>ne teocratico del suo tempo. La<br />

religione costituita, egli afferma, consiste <strong>di</strong> "reliquie dell'antica<br />

servitù dell'uomo", ed è usata da molti "con un'impudenza del<br />

tutto sfacciata" per usurpare i legittimi <strong>di</strong>ritti delle autorità civ<strong>il</strong>i<br />

e per opprimere <strong>il</strong> popolo. Successivamente, <strong>nel</strong>l'Etica , <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

riba<strong>di</strong>sce l'accusa: i teocrati denunciano quanti come lui negano<br />

i miracoli, perché "<strong>di</strong>ssipare l'ignoranza comporterebbe la<br />

scomparsa <strong>di</strong> quello stupore che è <strong>il</strong> solo e unico sostegno [ . .. ] a<br />

salvaguar<strong>di</strong>a della loro autorità".<br />

Qui e in alcune lettere private, <strong>Spinoza</strong> rende esplicita la sua<br />

concezione secondo cui la religione organizzata - specialmente<br />

ma non esclusivamente <strong>nel</strong>la forma della chiesa cattolica - in<br />

realtà è una frode pianificata. È un raggiro su grande scala, che<br />

sfrutta l'ignoranza e la paura per vivere sulle spalle delle masse<br />

superstiziose. <strong>Spinoza</strong> non si erge qui soltanto in <strong>di</strong>fesa dei peculiari<br />

interessi dei f<strong>il</strong>osofi, e non limita nemmeno la sua richiesta<br />

all'inclusione <strong>di</strong> un b<strong>il</strong>l of rights <strong>nel</strong>la carta costituzionale. Benché<br />

abbia cura <strong>di</strong> prendere posizione contro una rivoluzione violenta<br />

- che a suo giu<strong>di</strong>zio causa più problemi <strong>di</strong> quanti ne risolva<br />

- in realtà egli esige <strong>il</strong> rovesciamento <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> oppressione<br />

ingiusto e tirannico.<br />

Nelle sezioni finali del suo Tractatus, <strong>Spinoza</strong> tratteggia a gran<strong>di</strong><br />

linee una moderna teoria politica sintetica e ra<strong>di</strong>cale. <strong>Il</strong> suo intento<br />

fondamentale è sostituire la concezione teocratica dello stato,<br />

imperante, con una nuova concezione fondata su principi laici.<br />

Secondo i teocrati, lo stato è <strong>il</strong> rappresentante temporale <strong>di</strong> un<br />

or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>vino. <strong>Il</strong> fine dello stato, in altre parole, è servire <strong>Dio</strong>; e <strong>il</strong><br />

ruolo degli ecclesiastici è rivelare al popolo proprio ciò che <strong>Dio</strong><br />

vuole. <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>ce, in poche parole, che <strong>il</strong> fine dello stato è servire<br />

l'umanità; e tocca al popolo <strong>di</strong>re allo stato cosa vuole.<br />

<strong>Spinoza</strong>, come la maggior parte dei teorici moderni, fonda la<br />

legittimità dell'autorità politica sull'interesse personale degli in<strong>di</strong>vidui.<br />

Egli argomenta che ciascuno, e ciascuna cosa, a questo<br />

riguardo, è guidata dal proprio interesse personale, non solo, ma


6. L'EROE DEL POPOLO 93<br />

afferma anche che così deve essere. "Quanto più ogni uomo si<br />

sforza <strong>di</strong> cercare e riesce a trovare <strong>il</strong> proprio vantaggio, tanto più<br />

egli è forni t o <strong>di</strong> virtù," afferma <strong>nel</strong>l'Etica. "Agire in assoluta conformità<br />

con la virtù in noi altro non è che agire, vivere, preservare<br />

<strong>il</strong> proprio essere (queste tre azioni si identificano) sotto la guida<br />

della ragione sulla base della ricerca del proprio vantaggio."<br />

Ne consegue, ovviamente, che gli esseri umani spinti dal proprio<br />

interesse personale hanno molto da guadagnare dalla cooperazione.<br />

<strong>Spinoza</strong> sottolinea che gli esseri umani, in assenza <strong>di</strong><br />

una società or<strong>di</strong>nata, vivono in con<strong>di</strong>zioni miserab<strong>il</strong>i. Come già<br />

Thomas Hobbes prima <strong>di</strong> lui, egli immagina una sorta <strong>di</strong> "contratto<br />

sociale", secondo cui ciascun in<strong>di</strong>viduo cede i propri <strong>di</strong>ritti<br />

al sovrano collettivo allo scopo <strong>di</strong> acquisire <strong>il</strong> beneficio <strong>di</strong> vivere<br />

sotto <strong>il</strong> dominio della legge. La funzione dello stato, in questa<br />

prospettiva, consiste <strong>nel</strong> procurare quella pace e quella sicurezza<br />

che naturalmente consentono agli in<strong>di</strong>vidui liberi <strong>di</strong> cooperare<br />

reciprocamente e <strong>di</strong> realizzare così se stessi. <strong>Spinoza</strong>, con<br />

la concisione caratteristica della sua opera, condensa tutto ciò in<br />

una formula lapidaria: "Lo scopo dello stato è la libertà".<br />

A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Hobbes, tuttavia, <strong>Spinoza</strong> non presenta questo<br />

contratto sociale come un'unica e definitiva, assolutamente<br />

vincolante, cessione <strong>di</strong> tutti i <strong>di</strong>ritti dall'in<strong>di</strong>viduo allo stato.<br />

<strong>Spinoza</strong> afferma invece che <strong>il</strong> contratto è costantemente rinnoyato<br />

e che, qualora lo stato non riuscisse a realizzare <strong>il</strong> proprio<br />

fine contrattuale, i citta<strong>di</strong>ni hanno <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> revocare l'accordo.<br />

Inoltre, egli asserisce, vi sono alcuni <strong>di</strong>ritti che nessuno<br />

è autorizzato a cedere - come <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> pensare e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere<br />

le proprie opinioni, ovvero ciò che egli chiama "libertà <strong>di</strong> coscienza".<br />

Infine, laddove Hobbes conclude che i termini del contratto<br />

originale si realizzano meglio in una monarchia assolu-<br />

. ta, <strong>Spinoza</strong> conclude (quantunque con un gran numero <strong>di</strong> ammonimenti)<br />

che la giustizia si realizza <strong>nel</strong> modo più pieno in<br />

una democrazia, perché una democrazia è la forma <strong>di</strong> governo<br />

più adatta a esprimere quella volontà collettiva che in primo<br />

luogo legittima lo stato.<br />

La scelta spinoziana <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere la democrazia sulla base dei<br />

<strong>di</strong>ritti in<strong>di</strong>viduali era straor<strong>di</strong>nariamente audace per i suoi tempi,<br />

e qualifica <strong>Spinoza</strong> come <strong>il</strong> primo vero f<strong>il</strong>osofo <strong>moderno</strong> della<br />

politica. In<strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>mente, egli era <strong>il</strong> precursore <strong>di</strong> quei teorici<br />

che in seguito sottoscriveranno la Costituzione degli Stati Uniti,<br />

la rivoluzione francese e definiranno in ogni suo aspetto l'o<strong>di</strong>erno<br />

or<strong>di</strong>namento laico, liberale e democratico.<br />

<strong>Spinoza</strong> non ha inventato l'idea <strong>di</strong> uno stato laico fondato sull'interesse<br />

personale; piuttosto, egli lo ha osservato chiaramente<br />

per la prima volta. Nel corso del Seicento, la sconcertante mol-


94 l L CORTlGlANO E l!ERETlCO<br />

teplicità delle fe<strong>di</strong> religiose nate dalla Riforma, la varietà delle<br />

esperienze umane esibite <strong>nel</strong>la vita pubblica a causa dello sv<strong>il</strong>uppo<br />

economico e dell'urbanizzazione, e le qualità palesemente<br />

laiche dei presunti sovrani per <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>vino che emergevano<br />

al vertice dei governi nazionali- in altre parole, la medesima combinazione<br />

<strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppi che fece della vita stessa <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> un duplice<br />

es<strong>il</strong>io - aveva già reso obsoleto, ipso facto, gli antichi ideali<br />

teocratici. <strong>Il</strong> "problema dell'autorità" - ovvero, la fonte della legittimità<br />

del potere politico - era già <strong>di</strong>ventato oggetto <strong>di</strong> un intenso<br />

interesse tra pensa tori come Hobbes e Machiavelli. La mossa<br />

definitiva della f<strong>il</strong>osofia politica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> consistette <strong>nel</strong>l'affermare<br />

questo nuovo <strong>mondo</strong> del laico interesse personale. Egli<br />

abbracciò la modernità come fondazione <strong>di</strong> un nuovo tipo <strong>di</strong> ideale<br />

- l'ideale <strong>di</strong> una libera repubblica. I tratti tipici della modernità<br />

che molti consideravano allora e considerano tuttora come<br />

i suoi marchi perversi - la frammentazione sociale, la secolarizzazione<br />

e <strong>il</strong> trionfo dell'interesse personale - egli li custodì gelosamente<br />

come le virtù fondatrici del nuovo or<strong>di</strong>ne mon<strong>di</strong>ale. La<br />

sua f<strong>il</strong>osofia politica era, essenzialmente, una risposta attiva alle<br />

sfide della modernità.<br />

Un aspetto della libera repubblica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, tuttavia, è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente<br />

compatib<strong>il</strong>e con molte concezioni moderne dello stato<br />

secolarizzato. Secondo <strong>Spinoza</strong>, persuadere le moltitu<strong>di</strong>ni a<br />

comportarsi razionalmente non è un compito fac<strong>il</strong>e, considerato<br />

<strong>il</strong> dominio che la religione esercita sulla mentalità popolare.<br />

Un modo per tenere le masse sulla buona strada consiste <strong>nel</strong> consentire<br />

loro <strong>di</strong> deviare le proprie energie dalla religione verso <strong>il</strong><br />

commercio - cosicché siano troppo impegnate <strong>nel</strong> fare denaro,<br />

in altre parole, per cadere <strong>nel</strong>le trappole teocratiche. Laltro modo<br />

per assicurare l'or<strong>di</strong>ne universale consiste <strong>nel</strong>lo sv<strong>il</strong>uppare e<br />

<strong>nel</strong>l'offrire una religione popolare coerente con le esigenze dello<br />

stato. In realtà, <strong>di</strong>ce <strong>Spinoza</strong>, una "buona" religione popolare è<br />

molto salutare per una società ben funzionante. Ma questa religione<br />

popolare, egli insiste, deve essere posta sotto lo stretto controllo<br />

delle autorità civ<strong>il</strong>i (e non <strong>di</strong> quelle ecclesiastiche). Le sue<br />

dottrine devono essere proposte e i suoi uffici devono essere erogati<br />

dallo stato, e non da sacerdoti o da profeti.<br />

Agli occhi dei f<strong>il</strong>osofi, occorre sottolineare, questa religione<br />

<strong>di</strong> stato avrà pur sempre <strong>il</strong> carattere <strong>di</strong> una menzogna (o, <strong>nel</strong> migliore<br />

dei casi, <strong>di</strong> una mezza verità). In effetti, <strong>di</strong>ce <strong>Spinoza</strong>, è più<br />

prudente celare la piena verità all'uomo della strada: "Se egli sapesse<br />

che [le dottrine <strong>di</strong> fede] sono false, necessariamente <strong>di</strong>verrebbe<br />

un ribelle, perché uno che tenta <strong>di</strong> amare la giustizia e <strong>di</strong><br />

ubbi<strong>di</strong>re a <strong>Dio</strong> come potrebbe adorare come <strong>di</strong>vino ciò che egli<br />

sa essere estraneo alla natura <strong>di</strong>vina?".


6. L'EROE DEL POPOLO 95<br />

<strong>Spinoza</strong> implicitamente <strong>di</strong>stingue tra <strong>il</strong> volto essoterico e <strong>il</strong><br />

volto esoterico della f<strong>il</strong>osofia. <strong>Il</strong> messaggio essoterico della f<strong>il</strong>osofia<br />

è destinato al consumo pubblico. <strong>Il</strong> suo st<strong>il</strong>e è consono alla<br />

comprensione popolare, e i suoi contenuti sono quelli ritenuti<br />

più adeguati a causare risultati politici auspicab<strong>il</strong>i. <strong>Il</strong> messaggio<br />

esoterico, invece, è <strong>di</strong>retto esclusivamente agli amici della ragione.<br />

Esso rivela la verità.<br />

<strong>Il</strong> Tractatus theologico-politicus, inut<strong>il</strong>e <strong>di</strong>rlo, non migliorò<br />

certo la reputazione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Anzi, accese una conflagrazione<br />

<strong>di</strong> denunce come non se ne vedranno più fino al momento in cui<br />

Darwin pubblicherà L'origine delle specie, due secoli dopo. Sulle<br />

prime, la rabbia si rivolse solo contro <strong>il</strong> libro, poiché <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

aveva preso la precauzione <strong>di</strong> pubblicare la sua opera in forma<br />

anonima - e con una falsa in<strong>di</strong>cazione del luogo <strong>di</strong> e<strong>di</strong>zione (Amburgo).<br />

Ma non occorse molto tempo perché l'identità dell'autore<br />

fosse svelata, e ben presto gli attacchi si in<strong>di</strong>rizzarono contro<br />

la sua persona.<br />

I teologi <strong>di</strong> tutta l'Olanda si scatenarono per primi. Qualche<br />

settimana dopo la pubblicazione, gli sceriffi spirituali <strong>di</strong> Leida<br />

deplorarono "l'enormità, o meglio l'oscenità" del libro e domandarono<br />

pressantemente che "<strong>il</strong> medesimo fosse sequestrato<br />

e <strong>di</strong>strutto". Nel luglio l 6 70, un sin odo <strong>di</strong>chiarò che <strong>il</strong> Tractatus<br />

era "<strong>il</strong> libro più v<strong>il</strong>e e sacr<strong>il</strong>ego che fosse mai apparso al <strong>mondo</strong>".<br />

Un'altra assemblea <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>catori olandesi prontamente deliberò<br />

"<strong>di</strong> cercare insieme i mezzi più idonei per impe<strong>di</strong>re al suddetto<br />

<strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> continuare a <strong>di</strong>sseminare la sua empietà e <strong>il</strong><br />

suo ateismo da un capo all'altro <strong>di</strong> queste province". I loro confratelli<br />

<strong>nel</strong>l'Olanda meri<strong>di</strong>onale insistettero anch'essi sul bisogno<br />

<strong>di</strong> "rime<strong>di</strong> atti a fermare ed estirpare questa cancrena corrosiva".<br />

Decine <strong>di</strong> decreti sim<strong>il</strong>i si abbatterono come tuoni sulle<br />

parrocchie olandesi.<br />

Anche <strong>nel</strong> resto d'Europa, i <strong>di</strong>fensori della fede - <strong>di</strong> tutte le<br />

fe<strong>di</strong> - ben presto presero a gareggiare <strong>nel</strong> condannare <strong>Spinoza</strong> e<br />

<strong>il</strong> suo libro. Impulsi sa<strong>di</strong>ci spesso trovavano sfogo nei fulmini dell'ortodossia.<br />

A Parigi, per esempio, <strong>il</strong> vescovo Pierre Daniel Huet,<br />

amico <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, suggerì che <strong>Spinoza</strong> meritasse "<strong>di</strong> essere coperto<br />

<strong>di</strong> catene e fustigato con una verga". Le imprecazioni scatologiche,<br />

anch'esse, scorrevano a fiumi - Limborch (in seguito<br />

compagno <strong>di</strong> mensa <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>) rimproverava a <strong>Spinoza</strong> la sua<br />

"eru<strong>di</strong>zione defecata e critica rimasticata". Altre critiche tendevano<br />

a venire dall'estremità anteriore dell'apparato <strong>di</strong>gerente: <strong>Spinoza</strong><br />

è "<strong>il</strong> più empo, <strong>il</strong> più infame, e allo stesso tempo <strong>il</strong> più scaltro<br />

ateo che l'inferno abbia mai vomitato sulla terra", <strong>di</strong>ce uno.


96 IL CORTIGIANO E I!ERETJCO<br />

<strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo inglese Henry More, forse a corto <strong>di</strong> metafore evocative,<br />

semplicemente pestava i pie<strong>di</strong> e fumava: "Tu, <strong>il</strong> più impudente<br />

dei mortali [ ... ] tu, <strong>il</strong> più impudente impostore e ipocrita".<br />

Allo stesso tempo, com'è ovvio, un numero <strong>di</strong> persone tanto<br />

ampio da risultare imbarazzante si prese la briga <strong>di</strong> leggere <strong>il</strong> satanico<br />

trattato <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Benché potesse essere venduto solo<br />

sottobanco e con un certo rischio sia per <strong>il</strong> ven<strong>di</strong>tore sia per l'acquirente,<br />

<strong>il</strong> libro ebbe <strong>di</strong>verse ristampe e ben presto conobbe<br />

un'ampia <strong>di</strong>stribuzione in tutta Europa. <strong>Il</strong> prelato inglese St<strong>il</strong>lingfleet<br />

(che in seguito esercitò i suoi cannoni teologici contro<br />

<strong>il</strong> nefasto J oh n Locke) lamentò che l'opera <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> era "in gran<br />

voga tra molte persone". Bayle scrisse, con deliberato sarcasmo,<br />

che "tutti gli spiriti forti [esprits forts] si accalcavano verso <strong>di</strong> esso<br />

provenienti da ogni dove". Sebbene aperte <strong>di</strong>chiarazioni <strong>di</strong><br />

simpatia siano <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente reperib<strong>il</strong>i negli scritti dell'epoca, la<br />

semplice menzione <strong>di</strong> un'influenza <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> poteva servire ad<br />

alimentare le fiamme della sua fama sotterranea. L'abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

quell'epoca, in effetti, consisteva <strong>nel</strong>l'elogiare con una fiacca condanna.<br />

Tipico <strong>il</strong> commento fornito da Saint-Évremond, un uomo<br />

che fece visita a <strong>Spinoza</strong> e che si riteneva "avesse del tenero" per<br />

lo spinozismo:<br />

Nell'um<strong>il</strong>e e pensoso ritiro <strong>di</strong> [Rijnsburg] [ ... ] <strong>il</strong> libertinismo francese,<br />

che sino a ora è stato niente <strong>di</strong> più che un vago desiderio <strong>di</strong> essere<br />

liberi, un impaziente fasti<strong>di</strong>o per la norma, e una rivolta contro<br />

<strong>il</strong> dogma ... pensa <strong>di</strong> avere trovato l'apologeta che gli occorreva<br />

per la sua incredulità, l'uomo giusto per fornire una base logica e<br />

un'espressione formale alle mire che ha principalmente a cuore.<br />

Nel periodo imme<strong>di</strong>atamente successivo al suo debutto come<br />

rivoluzionario su scala planetaria, <strong>Spinoza</strong> si trovò a dover fronteggiare<br />

una minaccia <strong>di</strong> persecuzione estremamente concreta.<br />

Uno dei suoi critici olandesi, professore a Utrecht, quasi chiedeva<br />

<strong>di</strong> poter bere <strong>il</strong> suo sangue - "poiché non per niente [lo stato] reca<br />

<strong>nel</strong>le proprie mani la spada". La sorte dei fratelli Koerbagh pendeva<br />

come un funesto presagio sul futuro <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Lucas riferisce<br />

che, da quel momento in poi, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo "non poté più vivere<br />

sicuro, poiché aveva scoperto la chiave del santuario". (La chiave<br />

del santuario era <strong>il</strong> titolo della traduzione francese del Tractatus.)<br />

Nel proprio epistolario, <strong>Spinoza</strong> faceva uso <strong>di</strong> un a<strong>nel</strong>lo con un<br />

sig<strong>il</strong>lo che recava incisi l'immagine <strong>di</strong> una rosa spinosa e un motto<br />

consistente in una sola parola: Caute, cioè "fai attenzione". "La<br />

virtù <strong>di</strong> un uomo libero," egli spiega <strong>nel</strong>l'Etica, "si manifesta altrettanto<br />

grande <strong>nel</strong>l'evitare i pericoli quanto <strong>nel</strong> superarli." Talvolta,<br />

per lo meno, sembrava che egli vivesse in accordo con que-


6. t:EROE DEL POPOLO 97<br />

sta sua massima. Quando seppe <strong>di</strong> un tentativo <strong>di</strong> pubblicare una<br />

traduzione olandese del Tractatus, per esempio, lo bloccò <strong>nel</strong>la speranza<br />

<strong>di</strong> evitare l'accusa <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffondere l'empietà tra le masse non<br />

latinizzate. La stessa grande cautela sembra lo abbia guidato <strong>nel</strong>l'evitare<br />

anche successivamente che l'Etica fosse pubblicata.<br />

Se osserviamo <strong>il</strong> suo comportamento in una prospettiva più<br />

ampia, tuttavia, è evidente che <strong>il</strong> motto <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> "Caute" aveva<br />

un carattere prescrittivo piuttosto che descrittivo del suo reale<br />

comportamento. Egli era come uno sciatore che, durante una<br />

<strong>di</strong>scesa libera, rammenta a se stesso che non deve rompersi una<br />

gamba: non per questo cessa <strong>di</strong> sciare. In realtà, occorreva davvero<br />

un coraggio sbalor<strong>di</strong>tivo per pubblicare un'opera come <strong>il</strong><br />

Tractatus, <strong>nel</strong> 1670. Per comprendere l'audacia del comportamento<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, oggi, dovremmo forse immaginare un ebreo<br />

che propugna uno scetticismo come <strong>il</strong> suo relativamente ai testi<br />

sacri dall'interno <strong>di</strong> una <strong>di</strong> quelle teocrazie che ancora esistono<br />

<strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> <strong>moderno</strong> - e immaginare anche che non vi fosse alcun<br />

<strong>mondo</strong> esterno in cui egli potesse cercare as<strong>il</strong>o.<br />

Vi è una sorta <strong>di</strong> innocenza, inoltre, <strong>nel</strong>la fisionomia politica<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Retrospettivamente, le reazioni al Tractatus erano preve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>issime.<br />

Eppure, incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>mente, <strong>Spinoza</strong> immaginava che,<br />

pubblicando un libro in cui smantella i profeti, nega l'esistenza<br />

dei miracoli, e letteralmente <strong>di</strong>ssacra la parola del Signore, avrebbe<br />

potuto in qualche modo "evitare [la] accusa" <strong>di</strong> ateismo. Lo<br />

stesso pizzico <strong>di</strong> ingenuità è evidente <strong>nel</strong> fatto che egli presenta<br />

la verità "esoterica" circa la religione popolare <strong>nel</strong>la forma "essoterica"<br />

<strong>di</strong> un libro destinato a conoscere un'ampia <strong>di</strong>ffusione.<br />

Nonostante le sue sott<strong>il</strong>i analisi sulle debolezze dell'intelletto umano,<br />

e nonostante le sue sprezzanti affermazioni sull'incapacità<br />

delle masse <strong>di</strong> accedere al pensiero razionale, <strong>Spinoza</strong> sembra<br />

nutrisse la convinzione che nessuno avrebbe potuto trovare da<br />

ri<strong>di</strong>re sul suo conto, purché egli limitasse i suoi scritti a verità <strong>di</strong><br />

ragione e verità <strong>di</strong> fatto. Nelle sue risposte agli avvertimenti che<br />

gli giungono dagli amici riguardo al rischio che <strong>il</strong> suo modo d'agire<br />

comporta, <strong>Spinoza</strong> manifestava spesso una sorta <strong>di</strong> perplessità,<br />

come un bambino che <strong>di</strong>ce: "Ma io sto solo <strong>di</strong>cendo la verità!".<br />

Non riusciva a scrollarsi <strong>di</strong> dosso la convinzione che la verità<br />

avrebbe prevalso; e in ciò egli provava che non vi è eccezione<br />

alcuna alla regola secondo cui <strong>nel</strong> petto <strong>di</strong> ogni buon rivoluzionario<br />

batte <strong>il</strong> cuore <strong>di</strong> un idealista.<br />

<strong>Spinoza</strong> non faceva eccezione neanche alla legge secondo cui<br />

<strong>nel</strong> palpitante torace <strong>di</strong> ogni buon rivoluzionario c'è una certa<br />

brama <strong>di</strong> gloria. Nei suoi trattati precedenti, come sappiamo, <strong>il</strong><br />

f<strong>il</strong>osofo aveva <strong>di</strong>chiarato che l'onore ha valore solo tra uomini<br />

che vivono sotto la guida della ragione. Ma <strong>nel</strong>la rivoluzione che


98 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

tentava <strong>di</strong> causare, egli coinvolse i destini <strong>di</strong> molti in<strong>di</strong>vidui, non<br />

solo <strong>di</strong> pochi altri f<strong>il</strong>osofi. Propugnò l'ideale <strong>di</strong> una repubblica libera,<br />

e ne levò <strong>il</strong> vess<strong>il</strong>lo in nome <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> popolo. Si era inserito<br />

in un'imponente narrazione, sulla scena della storia mon<strong>di</strong>ale.<br />

Era <strong>di</strong>ventato, almeno ai propri occhi, <strong>il</strong> Masaniello <strong>di</strong> una lo t­<br />

ta per la libertà che coinvolgeva un'intera civ<strong>il</strong>tà.<br />

E a questo riguardo troviamo una versione ancora più profonda<br />

del paradosso che ci è ormai fam<strong>il</strong>iare a proposito <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Secondo l'autore dell'Etica, l'interesse personale è esso stesso la<br />

virtù. :Lor<strong>di</strong>ne politico che egli si proponeva <strong>di</strong> stab<strong>il</strong>ire è un or<strong>di</strong>ne<br />

in cui tutti i fini sociali sono laici, e dunque nessuno <strong>di</strong> essi<br />

può trascendere l'autorealizzazione dell'in<strong>di</strong>viduo. Nel suo opus<br />

magnum ha affermato esplicitamente che "non può essere concepita<br />

nessuna virtù superiore a questa, e cioè all'impulso a preservare<br />

se stessi". Eppure, indubbiamente, quando era uscito dal<br />

suo cottage a Voorburg tenendo tra le mani <strong>il</strong> Tractatus, <strong>Spinoza</strong><br />

aveva ampiamente superato la soglia che separa l'interesse personale<br />

dal bene comune. Come <strong>il</strong> suo idolo napoletano, egli era<br />

pronto a sacrificare la propria sopravvivenza allo scopo <strong>di</strong> procurare<br />

la libertà alla sua gente, e in cambio sperava <strong>di</strong> ottenere<br />

quel genere <strong>di</strong> gloria promesso agli eroi ribelli, la cui vita tende a<br />

concludersi con la testa decapitata esibita in cima a un bastone.<br />

Gli interrogativi che sorgono dalle azioni inesplicab<strong>il</strong>mente<br />

caritatevoli <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> costituiscono una sfida per i moderni teorici<br />

della politica. Ma devono aver rappresentato un d<strong>il</strong>emma particolarmente<br />

acuto per <strong>Leibniz</strong>, che, per la propria teoria politica,<br />

riven<strong>di</strong>cava una sorta <strong>di</strong> monopolio sul principio <strong>di</strong> carità.<br />

Come può, uno che patrocina un or<strong>di</strong>ne politico laico, impegnarsi<br />

per un fine politico che trascende la propria sopravvivenza? Come<br />

può, uno che crede soltanto <strong>nel</strong>la virtù del proprio interesse<br />

personale, agire sulla base <strong>di</strong> moventi apparentemente altruistici?<br />

Insomma: come può un liberale essere un eroe?


7. I molteplici volti <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

Nella <strong>di</strong>sseminata e litigiosa repubblica delle lettere della fine<br />

del Seicento europeo, <strong>Leibniz</strong> era quasi un'agenzia <strong>di</strong> spionaggio<br />

costituita da un solo uomo. Dagli agenti segreti sparsi per<br />

tutto <strong>il</strong> continente egli riceveva regolarmente <strong>di</strong>stinti pacchetti <strong>di</strong><br />

informazioni che, come un esperto capo <strong>di</strong> organizzazione spionistica,<br />

egli rimpacchettava e re<strong>di</strong>stribuiva alla rete come riteneva<br />

opportuno. Non stupisce che fosse stato tra i primi a ricevere<br />

gli allarmanti segnali che si irra<strong>di</strong>avano dall'Olanda a proposito<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

<strong>Il</strong> primo riferimento fatto da <strong>Leibniz</strong> al suo collega f<strong>il</strong>osofo<br />

precede la pubblicazione del Tractatus theologico-politicus. In una<br />

lettera a Thomasius dell'apr<strong>il</strong>e 1669, egli include <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

in una lista <strong>di</strong> numerosi <strong>di</strong>vulgatori della f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong><br />

Descartes. A quell'epoca, <strong>Spinoza</strong> aveva pubblicato soltanto i Principi<br />

<strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofia cartesiana, nei quali <strong>il</strong> suo obiettivo <strong>di</strong>chiarato era<br />

quello <strong>di</strong> esporre in forma logica le dottrine car<strong>di</strong>ne del pensiero<br />

del suo maestro. <strong>Il</strong> libro include alcuni importanti accenni alle<br />

opinioni personali del suo autore, tuttavia, e la sprezzante asserzione<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> secondo cui <strong>Spinoza</strong>, insieme agli altri <strong>di</strong>vulgatori,<br />

si era limitato a ripetere le argomentazioni <strong>di</strong> Cartesio<br />

appare davvero troppo sbrigativa. (In realtà, ci induce a credere<br />

che <strong>il</strong> giovane tedesco non avesse letto l'opera che cita - <strong>il</strong> che<br />

non è del tutto sorprendente: all'età <strong>di</strong> ventidue anni, <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente<br />

<strong>Leibniz</strong> avrebbe potuto padroneggiare le opere <strong>di</strong> tutti gli autori<br />

che menzionava <strong>nel</strong>la lettera a Thomasius.)<br />

Un anno dopo, <strong>Leibniz</strong> copiò <strong>il</strong> testo della sua lettera a Thomasius,<br />

quasi parola per parola, <strong>nel</strong>la prefazione a un altro libro.<br />

Tra le molteplici varianti minori: <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> scompare<br />

totalmente dal documento.<br />

L'emendazione è abbastanza fac<strong>il</strong>e da spiegare. Nel lasso <strong>di</strong><br />

tempo intercorso tra le due versioni del testo leibniziano, <strong>Spinoza</strong><br />

aveva pubblicato <strong>il</strong> suo Tractatus theologico-politicus. <strong>Il</strong> primo<br />

dei tanti che si scagliarono contro <strong>il</strong> libro recentemente e<strong>di</strong>to,<br />

scopriamo, fu niente meno che <strong>il</strong> professar Thomasius. L'"ano-


100 IL CORTIGIANO E l:ERETICO<br />

nimo trattato sulla libertà <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofare", inveisce <strong>nel</strong>la sua critica<br />

l'insegnante <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, è un'opera "senza <strong>Dio</strong>".<br />

<strong>Leibniz</strong> non esitò a rivelare <strong>il</strong> proprio vero carattere. Nel settembre<br />

1670, si congratula con Thomasius: "Avete trattato quest'<br />

opera <strong>di</strong> intollerab<strong>il</strong>e impudenza sulla libertà dei f<strong>il</strong>osofi proprio<br />

come merita".<br />

Da uno dei suoi agenti olandesi, ben presto <strong>Leibniz</strong> apprese<br />

- se non la conosceva già - l'identità dell'anonimo autore del<br />

Tractatus. Nell'apr<strong>il</strong>e del 1671, <strong>il</strong> professor Johann Georg Graevius<br />

dell'Università <strong>di</strong> Utrecht lo informa che:<br />

l'anno scorso è stato pubblicato un libro davvero pest<strong>il</strong>enziale, dal<br />

titolo Discursus TheologicoPoliticus [sic!] [ ... ] che spalanca le porte<br />

all'ateismo. Si <strong>di</strong>ce che l'autore sia un ebreo, <strong>di</strong> nome <strong>Spinoza</strong>, che<br />

è stato espulso dalla sinagoga a causa delle sue mostruose opinioni.<br />

<strong>Leibniz</strong> risponde prontamente:<br />

Ho letto <strong>il</strong> libro <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Deploro che un uomo <strong>di</strong> così evidente<br />

eru<strong>di</strong>zione sia potuto cadere tanto in basso. [ ... ] Scritti <strong>di</strong> questa risma<br />

tendono a sovvertire la religione cristiana, <strong>il</strong> cui e<strong>di</strong>ficio è stato<br />

consolidato dal prezioso sangue, dal sudore e dai pro<strong>di</strong>giosi sacrifici<br />

dei martiri.<br />

Evidentemente, <strong>Leibniz</strong> era desideroso <strong>di</strong> unirsi al coro delle<br />

opinioni informate su <strong>Spinoza</strong>. Ma in questa sua risposta a<br />

Graevius egli fa risuonare due note che sembrano leggermente<br />

stonate <strong>nel</strong>la sinfonia della denuncia. Diversamente dalla maggior<br />

parte dei suoi in<strong>di</strong>gnati colleghi, <strong>Leibniz</strong>, con frasi come "un<br />

uomo <strong>di</strong> così evidente eru<strong>di</strong>zione", mostra <strong>di</strong> nutrire grande stima<br />

per le doti intellettuali dell'autore del Tractatus. In secondo<br />

luogo, com'è sua abitu<strong>di</strong>ne, <strong>Leibniz</strong> focalizza la propria attenzione<br />

sugli effetti delle argomentazioni <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> (per esempio,<br />

sovvertire la religione cristiana), e non sulla loro veri<strong>di</strong>cità.<br />

<strong>Leibniz</strong> continuò <strong>il</strong> suo attacco contro <strong>Spinoza</strong> <strong>nel</strong>la corrispondenza<br />

che intratteneva con <strong>il</strong> grande teologo Antoine Arnauld.<br />

In una lettera dell'ottobre 1671, egli si lamenta <strong>di</strong> questo<br />

"terrificante scritto sulla libertà <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofare", <strong>di</strong> questo "orrib<strong>il</strong>e<br />

libro recentemente pubblicato sulla libertà <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofare" - entrambi<br />

riferimenti nient'affatto ambigui al Tractatus <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Come era suo solito, qui <strong>Leibniz</strong> solleva uno specchio verso <strong>il</strong> destinatario<br />

della sua missiva: Arnauld, come <strong>Leibniz</strong> poteva fac<strong>il</strong>mente<br />

immaginare, riteneva che <strong>il</strong> Tractatus fosse "uno dei libri<br />

più nefasti al <strong>mondo</strong>". È interessante notare che, <strong>nel</strong>la sua lettera,<br />

<strong>Leibniz</strong> procede con molta cautela circa <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Evidentemente, non voleva che <strong>il</strong> potente parigino sapesse che


7. l MOLTEPL!Cl VOL:fl D[ LEJBNIZ 101<br />

egli conosceva l'identità dell'anonimo autore del ripugnante tratta<br />

t o-sebbene i l professar G raevi us gli a v esse forni t o questa in fo r­<br />

mazione sei mesi prima.<br />

Non c'era niente <strong>di</strong> inusuale o inatteso <strong>nel</strong>le prime reazioni<br />

ufficiali <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> a <strong>Spinoza</strong> e al suo Tractatus. I due f<strong>il</strong>osofi, dopo<br />

tutto, altro non erano che due naturali nemici. I.: uno era <strong>il</strong> personaggio<br />

meglio inserito, l'altro era <strong>il</strong> doppiamente esule; l'uno<br />

era un luterano ortodosso proveniente dalla conservatrice Germania,<br />

l'altro era un ebreo apostata che veniva dalla licenziosa<br />

Olanda. Soprattutto, l'uno aveva giurato <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere proprio quel-·<br />

l'or<strong>di</strong>ne teocratico che l'altro cercava <strong>di</strong> demolire. Sarebbe stato<br />

davvero molto sorprendente se <strong>Leibniz</strong> non avesse <strong>di</strong>chiarato l'opera<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> "orrib<strong>il</strong>e" e "terrificante", come fece con Arnauld.<br />

Eppure, la successiva mossa <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> fu davvero sorprendente.<br />

Sei mesi dopo aver denunciato <strong>Spinoza</strong> a Graevius, e proprio<br />

<strong>nel</strong>lo stesso mese in cui egli scrisse ad Arnauld fingendo <strong>di</strong><br />

non aver mai saputo <strong>il</strong> nome dell'autore del Tractatus, <strong>Leibniz</strong> fece<br />

<strong>il</strong> primo passo dentro quel labirinto che ben presto avrebbe<br />

determinato la sua vita e la sua opera. <strong>Il</strong> 5 ottobre 1671 in<strong>di</strong>rizzò<br />

una lettera al "Signor <strong>Spinoza</strong>, celebre dottore e profondo f<strong>il</strong>osofo,<br />

ad Amsterdam". (Ignorava, a quanto sembra, che <strong>il</strong> rispettab<strong>il</strong>e<br />

sapiente viveva allora all'Aja.)<br />

"<strong>Il</strong>lustre e molto riverito Signore," egli scrive, "tra i molti vostri<br />

meriti, la cui fama si è <strong>di</strong>ffusa ovunque, odo elogiare la vostra<br />

notevole competenza in ottica." Si spinge sino a proporre<br />

qualche oscuro problema <strong>di</strong> teoria ottica, e acclude - affinché<br />

<strong>Spinoza</strong> formuli le sue considerazioni critiche - un recente trattato<br />

scritto <strong>di</strong> suo pugno sull'argomento. Chiede inoltre che <strong>Spinoza</strong><br />

invii qualunque risposta tramite un certo "signor Diemerbroek,<br />

avvocato" ad Amsterdam.<br />

·<br />

La risposta <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è pronta, cortese, ma non particolarmente<br />

incoraggiante circa i problemi <strong>di</strong> teoria ottica posti da<br />

<strong>Leibniz</strong>. In effetti, <strong>Spinoza</strong> sembra comprendere molto bene che<br />

la <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> ottica è soltanto un pretesto per stab<strong>il</strong>ire un<br />

contatto. Nel poscritto della sua risposta, egli viene al punto:<br />

<strong>Il</strong> Signor Dimerbruck [sic!] non vive qui, sicché io mi trovo costretto<br />

a dare questa lettera a un normale corriere. Non dubito che qui<br />

all'Aia lei conosca qualcuno che accetterebbe <strong>di</strong> prendersi cura della<br />

nostra corrispondenza. Desidererei sapere chi è, così che le nostre<br />

lettere possano essere spe<strong>di</strong>te in maniera più opportuna e sicura.<br />

Se <strong>il</strong> Tractatus theologico-politicus non le è ancora pervenuto, io<br />

gliene spe<strong>di</strong>rò una copia se lei tiene ad averlo.<br />

<strong>Spinoza</strong> qui si mostra <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e a condurre ogni futura corrispondenza<br />

in forma clandestina, conformemente ai desideri <strong>di</strong>


102 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

<strong>Leibniz</strong>, affinché entrambi possano evitare <strong>il</strong> rischio <strong>di</strong> palesare <strong>il</strong><br />

loro rapporto. È abbastanza evidente, inoltre, che <strong>Spinoza</strong> chiaramente<br />

presuppone che <strong>il</strong> suo corrispondente sia ben conscio del<br />

fatto che egli è l'autore del Tractatus, e che lo scopo del loro scambio<br />

epistolare è <strong>di</strong>scutere del suo contenuto, e non certo <strong>di</strong> ottica.<br />

<strong>Leibniz</strong> ben presto scrisse una o più lettere a <strong>Spinoza</strong>. In un successivo<br />

carteggio, <strong>il</strong> loro comune amico Georg Hermann Schuller<br />

rammenta a <strong>Spinoza</strong> che <strong>Leibniz</strong> "prestò grande attenzione al vostro<br />

Tractatus theologico-politicus e vi scrisse una lettera in proposito,<br />

se rammentate". (La lettera a noi pervenuta, ovviamente,<br />

non <strong>di</strong>ce niente a proposito del Tractatus.) In risposta, <strong>Spinoza</strong><br />

scrive: "Credo <strong>di</strong> conoscere <strong>Leibniz</strong> attraverso la corrispondenza<br />

intercorsa ... Per quanto posso <strong>di</strong>re sulla base delle sue lettere, egli<br />

mi sembra un uomo <strong>di</strong> spirito liberale e versato in tutte le scienze".<br />

In una corrispondenza successivamente andata <strong>di</strong>strutta, dunque,<br />

<strong>Leibniz</strong> a quanto sembra elogiava quello stesso libro che altrove<br />

aveva definito "intollerab<strong>il</strong>mente impudente" e riusciva a fare<br />

in modo che <strong>Spinoza</strong> lo ritenesse uno "spirito liberale". E faceva<br />

tutto questo attraverso un epistolario clan<strong>destino</strong>, cosicché<br />

nessun altro potesse scoprire lo scambio <strong>di</strong> missive.<br />

Curiosamente, l'unico tra i suoi colleghi che a quell'epoca sembra<br />

aver intuito qualcosa circa le segrete simpatie <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> fu <strong>il</strong><br />

suo compagno <strong>di</strong> avventure politiche, <strong>il</strong> barone von Boineburg.<br />

Sul retro <strong>di</strong> una copia del Tractatus recentemente rinvenuta compare,<br />

redatto <strong>di</strong> suo pugno da Boineburg, un elenco <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui<br />

<strong>di</strong>visi tra quelli schierati pro e contra Hobbes. Essere a favore <strong>di</strong><br />

Hobbes, a quell'epoca, significava essere un marginale: un libero<br />

pensatore, un materialista, e forse anche un <strong>eretico</strong> -proprio come<br />

<strong>Spinoza</strong>, in altre parole. A giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Boineburg, <strong>Leibniz</strong> era<br />

dalla parte dei pro.<br />

Con <strong>il</strong> professar Thomasius, <strong>Leibniz</strong> rimase molto più circospetto.<br />

Inesplicab<strong>il</strong>mente, egli attese <strong>di</strong>eci mesi dopo aver appreso<br />

l'identità dell'autore de1 1ì'actatus prima <strong>di</strong> girare la notizia al suo<br />

insegnante <strong>di</strong> un tempo. <strong>Il</strong> 31 gennaio 1672, finalmente scrisse a<br />

Thomasius:<br />

I: autore del libro [ . .. ] che avete presentato, <strong>nel</strong>la vostra breve ma elegante<br />

confutazione, è Benedetto <strong>Spinoza</strong>, un ebreo cacciato dalla sinagoga<br />

a causa delle sue mostruose opinioni, come mi scrivono dall'Olanda.<br />

Quanto al resto, [egli è] un uomo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssima dottrina,<br />

e soprattutto, un eminente ottico e realizzatore <strong>di</strong> eccezionali lenti.<br />

Qui <strong>Leibniz</strong> lascia intendere che l'identità dell'autore del Tractatus<br />

gli sia nota solo attraverso i suoi contatti in Olanda. Omette<br />

<strong>di</strong> menzionare al suo vecchio mentore che recentemente tale


7. I MOLTEPLICI VOLTI DI LEIBNIZ 103<br />

circostanza gli era stata confermata ad<strong>di</strong>rittura dall'autore in persona,<br />

<strong>il</strong> quale alcuni mesi prima si era offerto <strong>di</strong> spe<strong>di</strong>rgli una copia<br />

del proprio libro.<br />

<strong>Leibniz</strong> presentò tuttavia un'altra, ancora più parsimoniosa<br />

versione della verità su <strong>Spinoza</strong> ad Albert van Holten, anche lui<br />

un <strong>di</strong>fensore della fede. Verso la fine del 1671, Van Holten scrive:<br />

"L'ebreo <strong>Spinoza</strong>, che porta un nome assai <strong>di</strong> cattivo augurio<br />

[ . . . ] sarà sferzato dagli intellettuali, proprio come merita".<br />

Nella sua risposta, datata 27 febbraio 1672, <strong>Leibniz</strong> afferma:<br />

"Che <strong>Spinoza</strong> sia l'autore [del Tractatus], secondo me, non è certo".<br />

Ma, ovviamente, <strong>Leibniz</strong> - che scriveva questa missiva solo<br />

un mese dopo la sua ultima lettera a Thomasius e quattro mesi<br />

dopo aver appreso la notizia <strong>di</strong>rettamente da <strong>Spinoza</strong> - sapeva<br />

al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni dubbio che <strong>Spinoza</strong> era l'autore del Tractatus. Perché<br />

inaspettatamente <strong>di</strong>spiegò un altro sotterfugio, questa volta<br />

apparentemente teso a proteggere l'ateo dall'uomo che voleva<br />

vederlo "fustigato"?<br />

Una missiva inviata a un altro dei suoi amici smentisce prontamente<br />

la tesi che <strong>Leibniz</strong> desiderasse segretamente fare scudo<br />

al celebre e profondo f<strong>il</strong>osofo dell'Aja, <strong>di</strong>fendendolo dall'attacco.<br />

L'8 marzo 1672, pochi giorni dopo aver parato <strong>il</strong> colpo del fu stigatore,<br />

<strong>Leibniz</strong> scrive al professar Spitzel, un devoto calvinista,<br />

per sollecitarlo a stroncare <strong>il</strong> Tractatus:<br />

Senza dubbio avrà visto <strong>il</strong> libro pubblicato in Belgio, dal titolo: Libertas<br />

ph<strong>il</strong>osophan<strong>di</strong>. L'autore, si <strong>di</strong>ce, è un ebreo. Costui propone<br />

una critica, dotta, sicuramente, ma piena <strong>di</strong> veleno contro [ . .. ] l'autorità<br />

delle sacre Scritture. La pietà raccomanda che egli sia confutato<br />

da un uomo <strong>di</strong> solida dottrina <strong>nel</strong>le lettere orientali [cioè, <strong>nel</strong>l'Ebraico],<br />

come Lei ...<br />

Ancora una volta, l'inesatta citazione del titolo del libro <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>, così come l'allusione che <strong>Leibniz</strong> sappia che <strong>Spinoza</strong> è<br />

un ebreo soltanto perché "si <strong>di</strong>ce" che sia così, vuole suggerire<br />

che <strong>il</strong> rapporto tra l'estensore <strong>di</strong> questa missiva e l'ebreo in questione<br />

sia molto meno stretto <strong>di</strong> quanto è in realtà. Inoltre, ora<br />

sembra che <strong>Leibniz</strong> consideri la confutazione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> fornita<br />

da Thomasius non abbastanza "elegante" e per <strong>di</strong> più troppo "breve"<br />

- contrariamente a quanto egli stesso aveva precedentemente<br />

detto al proprio ex insegnante - giacché ora egli vuole che qualcun<br />

altro vibri l'accetta con maggior vigore. Spitzel, a quanto pare,<br />

non era interessato a svolgere questo compito; <strong>nel</strong>la sua risposta,<br />

rinvia <strong>Leibniz</strong> alla recensione <strong>di</strong> Thomasius.


104 IL CORTIGIANO E l!ERET!CO<br />

Perché <strong>Leibniz</strong> aveva scritto a <strong>Spinoza</strong>? Perché aveva messo<br />

a repentaglio <strong>il</strong> suo lavoro - e forse anche molto <strong>di</strong> più - in questo<br />

modo?<br />

In parte, <strong>Leibniz</strong> avvicinò <strong>Spinoza</strong> <strong>nel</strong>lo stesso spirito con cui<br />

precedentemente aveva contattato Hobbes, Arnauld, Oldenburg,<br />

e tutti gli altri luminari della repubblica delle lettere. Egli si era<br />

attribuito da sé solo la missione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare <strong>il</strong> grande conc<strong>il</strong>iatore<br />

dell'intero universo conosciuto del pensiero, <strong>il</strong> principale eru<strong>di</strong>to<br />

dell'intera Europa. <strong>Spinoza</strong>, qualunque cosa <strong>di</strong>cano i critici,<br />

improvvisamente era emerso come un'amplissima parte <strong>di</strong> tale<br />

universo, e <strong>Leibniz</strong> non poteva permettersi <strong>di</strong> rinunciare a stab<strong>il</strong>ire<br />

un contatto con la più recente supernova <strong>nel</strong> firmamento intellettuale.<br />

Non poteva fare a meno <strong>di</strong> considerare <strong>Spinoza</strong> in<br />

qualche modo un suo rivale <strong>nel</strong>la ricerca <strong>di</strong> riconoscimento. L a­<br />

pertura <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> verso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo dell'Aja, in breve, era stata frutto<br />

della sua ambizione e del suo arrivismo.<br />

Ma c'era <strong>di</strong> più. Abbiamo valide ragioni per sospettare che l'ostinata<br />

critica spinoziana della religione rivelata trovasse in <strong>Leibniz</strong><br />

un ascoltatore particolarmente ben <strong>di</strong>sposto. È degno <strong>di</strong> nota<br />

<strong>il</strong> fatto che, sebbene vivesse in un secolo famoso per aver martellato<br />

la Bibbia, raramente <strong>Leibniz</strong> si sia curato <strong>di</strong> citare le Scritture<br />

<strong>nel</strong>le sue opere f<strong>il</strong>osofiche. <strong>Il</strong> suo principale obiettivo, dopo<br />

tutto, era quello <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficare la respublica christiana sulla base<br />

della pura ragione, non sulla base dell'esegesi biblica. Secondo<br />

Eckhart, inoltre, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo sovente <strong>di</strong>chiarava <strong>di</strong> non vedere <strong>nel</strong><br />

Nuovo Testamento niente "che non sia semplicemente parte della<br />

morale", e frequentemente descriveva se stesso come un "sacerdote<br />

della natura" - sentimenti che sono chiaramente in sintonia<br />

con quelli dell'autore del Tractatus.<br />

Forse <strong>il</strong> nesso più intrigante che lega i due f<strong>il</strong>osofi può essere<br />

rintracciato in quelle sezioni del Tractatus <strong>nel</strong>le quali <strong>Spinoza</strong><br />

delinea i contenuti <strong>di</strong> un'auspicab<strong>il</strong>e "religione popolare". Lessenza<br />

del credo che <strong>Spinoza</strong> propone <strong>di</strong> smerciare alle masse è<br />

la credenza che "esiste un Essere Supremo che ama la giustizia<br />

e la carità e al quale tutti devono ubbi<strong>di</strong>re allo scopo <strong>di</strong> essere salvati,<br />

e che devono adorare mettendo in pratica carità e giustizia<br />

verso <strong>il</strong> prossimo". La religione essoterica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, a quanto<br />

risulta, mostra una notevole somiglianza con le dottrine teologiche<br />

su <strong>Dio</strong>, sulla giustizia e sulla carità che <strong>Leibniz</strong> tanto strenuamente<br />

patrocina <strong>nel</strong>la propria opera come "vantaggiose" e<br />

"ut<strong>il</strong>i" per l'umanità. In effetti, anche se <strong>Spinoza</strong> evita <strong>di</strong> fornire<br />

i dettagli, sarebbe abbastanza plausib<strong>il</strong>e congetturare che <strong>il</strong> dogma<br />

centrale della "religione" essoterica più idoneo a garantire un<br />

comportamento virtuoso entro uno stato conforme al <strong>moderno</strong><br />

ideale spinoziano <strong>di</strong> una libera repubblica possa essere proprio


7. l MOLTEPLICI VOLTI D! LEIBNIZ 105<br />

<strong>il</strong> principio <strong>di</strong> carità abbinato con la dottrina dell'in<strong>di</strong>vidualismo<br />

metafisica - cioè con la credenza <strong>nel</strong>la sacralità dell'in<strong>di</strong>viduo ­<br />

che sta al centro <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> pensiero leibniziano.<br />

Dietro gli inattesi paralleli essoterici, inoltre, si potrebbe intravedere<br />

qualche ulteriore legame, esoterico, tra i due f<strong>il</strong>osofi<br />

che si scambiarono le prime lettere <strong>nel</strong>l'autunno del 1671. <strong>Il</strong> suo<br />

modo <strong>di</strong> pensare - in particolare, la sua incrollab<strong>il</strong>e adesione alla<br />

guida della ragione - costringeva <strong>Leibniz</strong> ad abbracciare alcu- .<br />

ne delle tesi ra<strong>di</strong>cali espresse per la prima volta in<strong>di</strong>rettamente<br />

<strong>nel</strong> Tractatus. Nel maggio 1671 -lo stesso mese in cui informava<br />

<strong>il</strong> professar Graevius <strong>di</strong> aver letto <strong>il</strong> deprecab<strong>il</strong>e libro <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

- <strong>Leibniz</strong> scrisse una ponderata lettera a un amico, <strong>di</strong> nome<br />

Magnus Wedderkopf, intorno alla natura <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Se ammettiamo<br />

che <strong>Dio</strong> è onnisciente e onnipotente, egli scrive, allora siamo costretti<br />

a concludere che <strong>Dio</strong> "decide ogni cosa", cioè, che egli è<br />

"l'autore assoluto <strong>di</strong> tutto". Nel libro che <strong>Leibniz</strong> ha appena finito<br />

<strong>di</strong> leggere, <strong>Spinoza</strong> scrive che "qualunque cosa accada avviene<br />

in tal modo secondo l'eterno decreto <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>" e che pertanto "la<br />

Natura osserva un or<strong>di</strong>ne fisso e immutab<strong>il</strong>e" e "niente accade in<br />

Natura che non <strong>di</strong>scenda dalle sue leggi".<br />

Nel me<strong>di</strong>tare su questa falsariga evidentemente spinozistica,<br />

<strong>Leibniz</strong> riconosce <strong>di</strong> trovarsi <strong>di</strong>nanzi a una "conclusione gravosa":<br />

deve ammettere che le colpe <strong>di</strong> un peccatore - che egli chiama<br />

Ponzio P<strong>il</strong>ato - siano attribuib<strong>il</strong>i in ultima istanza a <strong>Dio</strong>:<br />

Poiché è necessario ricondurre ogni cosa a una qualche ragione, e<br />

poiché non possiamo fermarci prima <strong>di</strong> giungere a una causa prima<br />

- o altrimenti si dovrebbe ammettere che qualcosa possa esistere<br />

senza una ragione per la sua esistenza, e questa ammissione <strong>di</strong>strugge<br />

la <strong>di</strong>mostrazione dell'esistenza <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> e <strong>di</strong> molti teoremi f<strong>il</strong>osofici.<br />

Non vi è più chiara enunciazione <strong>di</strong> una delle fondamentali<br />

tesi leibniziane: <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> deve essere ragionevole, cioè, ogni cosa<br />

deve avere una ragione, e <strong>Dio</strong> stesso deve partecipare a questa<br />

catena <strong>di</strong> ragioni. <strong>Il</strong> principio <strong>di</strong> ragion sufficiente lega insieme<br />

ogni cosa in una catena <strong>di</strong> necessità; essa deve cominciare con<br />

<strong>Dio</strong> ,<br />

dev includere persino tutte quelle cose che noi chiamiamo<br />

male .<br />

Ma la medesima adesione alla ragione, intesa in un certo modo,<br />

costituisce <strong>il</strong> vero fondamento anche della f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

La sfida consistente <strong>nel</strong> mostrare che la sua concezione <strong>di</strong> <strong>Dio</strong><br />

non conduce <strong>di</strong>rettamente allo spinozismo finirà per dominare<br />

tutta la matura f<strong>il</strong>osofia leibniziana. Anche <strong>nel</strong>la lettera a Wedderkopf,<br />

egli mostra piena consapevolezza del pericolo cui va in-


106 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

contro. Nel paragrafo conclusivo, avverte l'amico: "Ma tieni queste<br />

cose per te; non vorrei che si sapessero in giro. Perché nessuno<br />

comprende nemmeno le più precise osservazioni". Molti anni<br />

dopo, forse <strong>nel</strong> timore che le sue precedenti considerazioni<br />

possano essere comprese troppo bene, <strong>Leibniz</strong> si prende <strong>il</strong> <strong>di</strong>sturbo<br />

<strong>di</strong> scovare quella lettera e scarabocchia sui suoi margini:<br />

"Successivamente lo corressi".<br />

<strong>Leibniz</strong> de<strong>di</strong>cò la propria vita al tentativo <strong>di</strong> correggere l'errore,<br />

eppure non riuscì mai a cancellare del tutto <strong>il</strong> sospetto che<br />

egli si limitasse a mettere in mostra <strong>il</strong> lato attraente <strong>di</strong> alcune orrib<strong>il</strong>i<br />

idee mutuate da un altro pensatore. Certo, sarebbe ingenuo<br />

immaginare che <strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong> si contrappongano nettamente<br />

e si presentino come, rispettivamente, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo essoterico e <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

esoterico della modernità. Ma, anche nei giorni del loro<br />

primo scambio epistolare, vi è già almeno un accenno alla possib<strong>il</strong>ità<br />

che, lungi dall'essere puri contrari, <strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong> fossero<br />

due facce assai <strong>di</strong>fferenti della medesima medaglia f<strong>il</strong>osofica:<br />

sempre rivolte in <strong>di</strong>rezioni opposte quando ruotano <strong>nel</strong>l'aria,<br />

toccano terra però sempre <strong>nel</strong>lo stesso posto.<br />

<strong>Il</strong> comportamento <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> all'epoca del suo primo contatto<br />

con <strong>Spinoza</strong> inevitab<strong>il</strong>mente ci costringe a domandarci quanto<br />

fosse grande la sua doppiezza. Che <strong>Leibniz</strong> fosse esperto in fro<strong>di</strong><br />

e raggiri sembra innegab<strong>il</strong>e. Quando egli ha elogiato <strong>il</strong> Tractatus<br />

con <strong>Spinoza</strong> e lo ha censurato con Arnauld, a qualcuno deve<br />

aver mentito. <strong>Leibniz</strong> era forse un caso patologico?<br />

Dobbiamo ammetterlo con franchezza: <strong>Leibniz</strong> è rimasto quasi<br />

ineguagliato, tra i gran<strong>di</strong> pensatori occidentali, quanto al grado<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ffidenza che ha saputo ispirare. Alcuni stu<strong>di</strong>osi sono giunti<br />

alla conclusione che egli fosse un perfetto mascalzone - un carrierista<br />

che tentava <strong>di</strong> farsi passare per uno dei gran<strong>di</strong> benefattori<br />

dell'umanità. Bertrand Russell, per esempio, lo accusa <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>ire<br />

<strong>il</strong> proprio genio <strong>nel</strong>la ricerca <strong>di</strong> "popolarità a buon mercato".<br />

La recente biografia curata da Eike Hirsch si apre con una deprimente<br />

confessione:<br />

Quanto più riuscivo a conoscere <strong>Leibniz</strong>, tanto più egli mi sembrava<br />

fin troppo umano, e mi inquietavo con lui. Perché sovente mi ha<br />

fatto l'impressione che fosse vanaglorioso, talvolta francamente meschino,<br />

e in quelle occasioni mi sembrava mosso dall'ambizione o<br />

ad<strong>di</strong>rittura maniaco del denaro e dei titoli nob<strong>il</strong>iari.<br />

Tali sospetti hanno afflitto non soltanto gli storiografi, ma anche<br />

alcuni contemporanei del f<strong>il</strong>osofo. <strong>Leibniz</strong> aveva un grande


7. I MOLTEPLICI VOLTI DI LEIBN!Z 107<br />

talento <strong>nel</strong> farsi nemici. Tra i suoi pari, molti (anche se certamente<br />

non tutti) ritenevano che in quest'uomo ci fosse qualcosa<br />

<strong>di</strong> losco.<br />

Di recente, tuttavia, una falange <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> si è levata<br />

in <strong>di</strong>fesa del f<strong>il</strong>osofo, rifiutando esplicitamente <strong>il</strong> ritratto che<br />

Russell e altri ne avevano tracciato. Quello stesso biografo che<br />

lamenta la crassa ambizione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, per esempio, pretende<br />

<strong>di</strong> scorgere <strong>nel</strong>le sue "debolezze" un modo per conoscere la sua<br />

"grandezza" come "visionario della verità". Ciò che Russell descrive<br />

come ruffianeria, Christia Mercer lo etichetta ora come<br />

"retorica dell'attrazione" - cioè <strong>il</strong> nob<strong>il</strong>e sforzo <strong>di</strong> adattare <strong>il</strong> proprio<br />

messaggio ai bisogni e alle capacità del proprio u<strong>di</strong>torio per<br />

"attrarlo" verso le opinioni vere. "È sempre rischioso congetturare<br />

sui moventi," conclude Nicholas Rescher, "ma a mio avviso<br />

senza alcun dubbio le aspirazioni che spingevano all'azione<br />

[<strong>Leibniz</strong>], per lo più, non erano egoistiche ma erano volte al pubblico<br />

interesse."<br />

Congetturare sui moventi, peraltro, non è solo rischioso, come<br />

afferma Rescher; in questo caso, rischieremmo <strong>di</strong> !asciarci<br />

sfuggire <strong>il</strong> punto più importante. Con <strong>Leibniz</strong>, c'erano sempre<br />

moventi ulteriori. Quasi mai egli ha reso esplicite tutte le ragioni<br />

<strong>di</strong> una qualunque sua azione. L'aspirazione a promuovere <strong>il</strong><br />

bene generale; <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> essere visto mentre promuoveva <strong>il</strong><br />

bene generale; la ricerca della verità; la brama <strong>di</strong> riconoscimento;<br />

l'amore per <strong>il</strong> denaro e per i titoli; la rivalità competitiva; e la<br />

pura, sfrenata curiosità - tutti questi impulsi e altri tipicamente<br />

mescolati <strong>nel</strong> retroscena <strong>di</strong> qualunque cosa <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>cesse<br />

che stava facendo in qualunque momento. Dietro alcuni dei suoi<br />

moventi apparentemente egoistici, sovente è possib<strong>il</strong>e scoprire<br />

qualche motivazione carica <strong>di</strong> senso civico; e viceversa, purtroppo.<br />

Eppure, quando uno sbuccia via ogni strato <strong>di</strong> finalità<br />

per giungere al successivo, cresce <strong>il</strong> sospetto che <strong>il</strong> processo non<br />

avrà mai fine - che non ci sia, cioè, un insieme coerente <strong>di</strong> intenzioni<br />

capace <strong>di</strong> rendere conto della complessa totalità del<br />

comportamento <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. La prospettiva davvero sconcertante<br />

è che, alla fine, non si troverà uno spirito "meschino": non si<br />

troverà nessuno spirito affatto.<br />

Ciò che allarma, <strong>nel</strong> caso <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, non è tanto che egli non<br />

sempre <strong>di</strong>cesse la verità, ma che fosse, in un certo senso, costituzionalmente<br />

- o forse metafisicamente - incapace <strong>di</strong> <strong>di</strong>re la verità.<br />

Nel modo in cui affronta <strong>il</strong> suo primo contatto con <strong>Spinoza</strong>,<br />

per citare l'esempio più pressante, ciò che noi r<strong>il</strong>eviamo non è<br />

pura e semplice doppiezza, ma un fenomeno molto più complesso<br />

che merita <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> molteplicità: <strong>Leibniz</strong> mostra una varietà <strong>di</strong><br />

volti collegati ma reciprocamente incompatib<strong>il</strong>i, nessuno dei qua-


108 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

li sembra godere del priv<strong>il</strong>egio <strong>di</strong> essere completamente "vero" o<br />

completamente "falso". Dalla corrispondenza multi<strong>di</strong>rezionale<br />

che <strong>Leibniz</strong> intrattiene a proposito <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, noi non possiamo<br />

concludere né che egli fosse un antispinoziano che si prefiggesse<br />

<strong>di</strong> attirare <strong>il</strong> saggio dell'Aja in una trappola, né che egli fosse<br />

un criptospinoziano che celasse la propria vera identità ai suoi<br />

colleghi ortodossi. Piuttosto, egli era - sempre, in un certo grado,<br />

in funzione del lettore, del contesto e delle particolari poste<br />

in gioco - una ingegnosa e indeterminata miscela <strong>di</strong> entrambi.<br />

Come ha affermato Lewis White Beck, egli era "ogni cosa per ogni<br />

uomo"; ma <strong>il</strong> prezzo che dovette pagare per una tale versat<strong>il</strong>ità<br />

fu che, per chiunque, egli non era nessuno.<br />

Lapparente inconsistenza <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> costituisce un problema<br />

f<strong>il</strong>osofico fondamentale, un d<strong>il</strong>emma che penetra sin <strong>nel</strong>le fondamenta<br />

del suo sistema f<strong>il</strong>osofico. Nella metafisica che successivamente<br />

presentò al <strong>mondo</strong>, <strong>Leibniz</strong> asserì che la sola cosa <strong>di</strong> cui noi<br />

tutti possiamo essere certi è l'unità, la permanenza, l'immaterialità,<br />

e l'assoluta immunità della mente in<strong>di</strong>viduale da ogni influenza<br />

esterna. Identificando la mente come una "monade" -parola greca<br />

che significa "unità" - egli si poneva in <strong>di</strong>retta contrapposizione<br />

rispetto a <strong>Spinoza</strong>, <strong>di</strong> cui risolutamente rigettava la f<strong>il</strong>osofia<br />

<strong>di</strong>chiaratamente materialistica della mente. Eppure, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

che considerava l'unità dell'in<strong>di</strong>viduo come principio fondamentale<br />

dell'universo era egli stesso incomparab<strong>il</strong>mente frammentato,<br />

molteplice, esposto all'influenza altrui, e impossib<strong>il</strong>e da<br />

definire con precisione. Come poteva essere tanto multiforme<br />

una monade, per non <strong>di</strong>re tanto informe?<br />

Mentre faceva giochi <strong>di</strong> prestigio con le sue molteplici prospettive<br />

sul caso <strong>Spinoza</strong>, allo stesso tempo l'indaffaratissimo<br />

<strong>Leibniz</strong> spingeva energicamente <strong>il</strong> Piano Egitto verso la sua logica<br />

conclusione. <strong>Il</strong> 20 gennaio 1672, <strong>il</strong> barone von Boineburg<br />

spedì una lettera al nipote <strong>di</strong> Arnauld, Pomponne, <strong>il</strong> ministro<br />

degli Esteri francese, manifestandogli <strong>il</strong> proprio desiderio <strong>di</strong><br />

consultarsi con Luigi XIV in persona a proposito <strong>di</strong> una proposta<br />

segreta dalle più gravi conseguenze. <strong>Il</strong> vero autore della lettera,<br />

ovviamente, era <strong>Leibniz</strong>. Badando bene <strong>di</strong> non rivelare <strong>il</strong><br />

suo misterioso piano, l'estensore stuzzica <strong>il</strong> sovrano francese<br />

con un elenco <strong>di</strong> ventidue incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i vantaggi che egli avrebbe<br />

tratto dal menzionato piano. (Per esempio: <strong>il</strong> piano farà <strong>di</strong> Luigi<br />

<strong>il</strong> "signore <strong>di</strong> tutti i mari"; e sod<strong>di</strong>sferà entrambe le chiese e<br />

tutte le nazioni d'Europa, con la significativa eccezione degli<br />

abominevoli olandesi.)<br />

<strong>Il</strong> 12 febbraio 1672, lo stupefatto Pomponne rispose con un'al-


7. l MOLTEPLICI VOI.:ff DI LEIBNJZ 109<br />

trettanto vaga espressione <strong>di</strong> interesse per qualunque cosa potesse<br />

attirare l'attenzione dei tedeschi.<br />

Non occorreva altro incoraggiamento. 11 4 marzo, Boineburg<br />

fece sapere all'elettore <strong>di</strong> Magonza che stava per inviare <strong>Leibniz</strong><br />

a Parigi. Boineburg sarebbe rimasto in<strong>di</strong>etro, per attendere ad<br />

alcune altre faccende. <strong>Il</strong> giovane consigliere privato <strong>di</strong> giustizia<br />

fece imme<strong>di</strong>atamente i preparativi per la sua missione segreta<br />

<strong>nel</strong>la capitale francese.<br />

La mattina del 19 marzo 1672, solo un<strong>di</strong>ci giorni dopo avere<br />

spe<strong>di</strong>to l'ultima della sua. iniziale raffica <strong>di</strong> lettere sul caso <strong>Spinoza</strong>,<br />

<strong>Leibniz</strong> aspettava con ansia la carrozza. I preparativi per<br />

<strong>il</strong> viaggio furono compiuti in tale segretezza che i suoi amici e la<br />

sua famiglia non furono informati del suo progetto <strong>di</strong> partire.<br />

Soltanto i cortigiani <strong>di</strong> più alto rango conoscevano lo scopo ufficiale<br />

della sua missione. E anche costoro sarebbero stati sorpresi<br />

<strong>nel</strong>l'apprendere <strong>il</strong> suo piano <strong>di</strong> lavoro non <strong>di</strong>chiarato: prendere<br />

d'assalto la cittadella della repubblica delle lettere.<br />

Poco prima <strong>di</strong> partire, <strong>Leibniz</strong> ebbe occasione <strong>di</strong> leggere l'ultima<br />

lettera scrittagli da sua sorella, Anna Catharina, che era morta<br />

poche settimane prima. Nella sua comunicazione postuma, ella<br />

awertiva <strong>il</strong> fratello che spiacevoli pettegolezzi circolavano su<br />

<strong>di</strong> lui a Lipsia. La gente <strong>di</strong>ceva che egli progettava un qualche tra<strong>di</strong>mento<br />

nei confronti dei luterani. O che forse era una spia al<br />

servizio <strong>di</strong> un sovrano straniero. Sinistri personaggi a Magonza<br />

erano in contatto con lui, mormoravano le malelingue. Dall'oltretomba,<br />

Anna Catharina temeva che i suoi nemici complottassero<br />

per eliminare suo fratello col veleno.<br />

Niente <strong>di</strong> tutto ciò aveva alcun fondamento <strong>di</strong> realtà, owiamente<br />

- almeno, per quanto ne sappiamo. Ma forse è meno sorprendente<br />

che qualcuno abbia potuto sperare che, mentre la sua<br />

carrozza sobbalzava lungo la strada per Parigi, <strong>il</strong> giovane venuto<br />

da Lipsia si portasse <strong>di</strong>etro le nubi <strong>di</strong> sospetti che sembravano<br />

seguirlo ovunque egli si recasse.


8. Amici <strong>di</strong> amici<br />

All'Aja, l'aria era più mite che ad Amsterdam, o almeno così<br />

<strong>di</strong>ceva <strong>Spinoza</strong>. Dominata dal palazzo reale che tutt'ora ne occupa<br />

<strong>il</strong> centro, la capitale ufficiale delle Province Unite d'Olanda<br />

era una piccola, ricca e sofisticata citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> trentam<strong>il</strong>a abitanti<br />

noti allora, come ancora oggi, per le loro aderenze politiche, m<strong>il</strong>itari<br />

e burocratiche più che per <strong>il</strong> loro acume commerciale. <strong>Il</strong><br />

viaggiatore inglese Edward Browne lo considerava "uno dei due<br />

maggiori v<strong>il</strong>laggi, o centri non fortificati, in Europa" . Samuel<br />

Pepys, che raccolse un gran numero <strong>di</strong> <strong>di</strong>pinti olandesi a prezzi<br />

stracciati durante la sua visita del l 660, osservava che "è un posto<br />

estremamente or<strong>di</strong>nato sotto ogni aspetto". Le signore vestivano<br />

particolarmente bene, egli notava con sod<strong>di</strong>sfazione, e quasi<br />

tutti parlavano francese.<br />

<strong>Spinoza</strong> trascorse all' Aja gli ultimi sei anni della sua vita, mentre<br />

lavorava all'Etica e tentava <strong>di</strong> curarsi la malattia polmonare,<br />

aggravata molto probab<strong>il</strong>mente dal vetro polverizzato che <strong>il</strong> suo<br />

tornio per molare le lenti sollevava <strong>nel</strong>l'aria, e cercava <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi<br />

dalle minacce che inevitab<strong>il</strong>mente incombevano su un ribelle<br />

che viveva sotto lo sguardo <strong>di</strong> tutti. La recente notorietà <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> causò qualche infelice riorganizzazione <strong>nel</strong>la cerchia dei<br />

suoi amici. Un certo numero dei suoi vecchi compagni lo abbandonò<br />

o fu ucciso in combattimento - vittime in un modo o<br />

<strong>nel</strong>l'altro della rivoluzione che si combatteva intorno all'autore<br />

del Tractatus. Incontrò nuovi amici, alcuni dei quali ben presto<br />

<strong>di</strong>mostrarono <strong>di</strong> non essere pienamente meritevoli della sua fiducia.<br />

Tra i nuovi compagni vi erano i due in<strong>di</strong>vidui che avrebbero<br />

organizzato <strong>il</strong> suo incontro con <strong>Leibniz</strong> <strong>nel</strong> 1676.<br />

Se <strong>Spinoza</strong> nutriva qualche speranza che la pubblicazione del<br />

suo trattato sulla libertà <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofare provocasse un aumento della<br />

tolleranza <strong>nel</strong>le Province Unite, ben presto tali speranze furono<br />

annich<strong>il</strong>ite dagli eserciti <strong>di</strong> Luigi xrv. L'invasione francese dell'Olanda<br />

<strong>nel</strong> 1672 fu particolarmente cruenta, e <strong>di</strong>ffuse morte e


8. AMICI DI AMICI 111<br />

fame in tutti i Paesi Bassi (per tacere delle gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> acque<br />

marine fangose, <strong>di</strong>ffuse <strong>nel</strong> tentativo <strong>di</strong> usare le <strong>di</strong>ghe come<br />

strumenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa).<br />

Di fronte al furibondo attacco francese, gli olandesi riuscirono<br />

a <strong>di</strong>fendere <strong>il</strong> loro territorio, ma non furono altrettanto fortunati<br />

per quanto riguarda la loro repubblica. Le folle addossarono<br />

la colpa dell'efferato atto <strong>di</strong> guerra compiuto da Luigi XIV ai<br />

capi della Repubblica, Johann de Witt e suo fratello Christian,<br />

che furono accusati (del tutto ingiustamente) <strong>di</strong> aver cospirato<br />

insieme ai francesi per saccheggiare la propria terra. In un pomeriggio<br />

<strong>di</strong> agosto del 1672, una folla tumultuante asse<strong>di</strong>ò i due<br />

fratelli <strong>nel</strong>la fortezza posta al centro dell'Aja. Questa marmaglia<br />

abbatté <strong>il</strong> portone, trascinò per strada i due De Witt, li denudò,<br />

li bastonò, li pugnalò, li legò, appese i loro corpi senza vita a testa<br />

in giù, e li d<strong>il</strong>aniò in "pezzi da due penny", secondo quanto<br />

riferisce un marinaio inglese <strong>di</strong> passaggio. Guglielmo d'Orange ­<br />

<strong>il</strong> capo della casa reale che aveva atteso <strong>nel</strong> limbo durante gli anni<br />

della Repubblica - assunse i poteri <strong>di</strong> un vero monarca, e l'epoca<br />

d'oro olandese cominciò a scivolare inesorab<strong>il</strong>mente nei libri<br />

<strong>di</strong> storia.<br />

L'evento quasi costò la vita a <strong>Spinoza</strong>, se dobbiamo credere a<br />

<strong>Leibniz</strong>. In uno dei rari, preziosi commenti che egli ci ha lasciato<br />

sul loro incontro all'Aja, <strong>Leibniz</strong> ci tramanda la vicenda:<br />

Egli mi ha detto che, <strong>il</strong> giorno del massacro dei De Witt, si preparava<br />

a uscire <strong>nel</strong> cuore della notte per affiggere vicino al luogo in cui<br />

si trovavano gli assassini un manifesto che <strong>di</strong>ceva: ultimi barbarorum<br />

[gli ultimi barbari]. Ma <strong>il</strong> suo padrone <strong>di</strong> casa lo aveva chiuso<br />

a chiave per impe<strong>di</strong>rgli <strong>di</strong> uscire, poiché altrimenti avrebbe rischiato<br />

<strong>di</strong> essere fatto a pezzi.<br />

È probab<strong>il</strong>e che <strong>Spinoza</strong> fosse persuaso <strong>di</strong> poter svolgere (lui,<br />

o almeno i suoi manifesti in latino) un ruolo concreto <strong>nel</strong>le vicende<br />

politiche contemporanee; sembra confermarlo la sua decisione<br />

<strong>di</strong> accettare l'invito del Gran Condé, <strong>il</strong> principe Luigi n <strong>di</strong><br />

Borbone, capo della forza <strong>di</strong> spe<strong>di</strong>zione francese, a visitarlo nei<br />

suoi quartieri provvisori a Utrecht, <strong>nel</strong> 1673.<br />

Benché impiegasse la maggior parte del suo tempo a sconfiggere<br />

v<strong>il</strong>laggi conta<strong>di</strong>ni inermi, <strong>il</strong> Gran Condé evidentemente<br />

era alquanto liberale in ambito f<strong>il</strong>osofico. Purtroppo, <strong>nel</strong> momento<br />

in cui <strong>Spinoza</strong> giunse a Utrecht, <strong>il</strong> generale era stato richiamato<br />

altrove dai suoi impegni, cosicché <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo ingannò <strong>il</strong><br />

tempo per tre settimane in compagnia <strong>di</strong> alcuni suoi consiglieri<br />

e <strong>di</strong> altri intellettuali del luogo. Tra gli altri, incontrò <strong>il</strong> professor<br />

Johann Georg Graevius - quello stesso che, due anni prima, aveva<br />

denunciato a <strong>Leibniz</strong> <strong>il</strong> Tractatus come "un libro davvero pe-


112 TL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

st<strong>il</strong>enziale". Graevius a quanto pare si trovò benissimo con l'ebreo<br />

ateo, e si conserva ancora oggi <strong>nel</strong>la corrispondenza <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

una breve lettera in cui <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo rammenta al suo nuovo<br />

amico <strong>di</strong> restituirgli un manoscritto cartesiano preso in prestito.<br />

Eppure, solo pochi anni dopo, Graevius avrebbe denunciato <strong>Spinoza</strong><br />

a <strong>Leibniz</strong> in termini ancor più feroci.<br />

A Utrecht, <strong>il</strong> visitatore <strong>eretico</strong> fu visto chiacchierare amab<strong>il</strong>mente<br />

anche con l'aiutante <strong>di</strong> Condé, <strong>il</strong> colon<strong>nel</strong>lo Stouppe. Proprio<br />

quello stesso Stouppe che aveva appena pubblicato un libro,<br />

La religione degli olandesi, in cui lamenta <strong>il</strong> declino delle pratiche<br />

religiose in Olanda e cita come una grande vergogna <strong>il</strong> fatto che<br />

gli olandesi abbiano tollerato l'esistenza <strong>di</strong> uno <strong>Spinoza</strong> - "pessimo<br />

ebreo e certo non miglior cristiano", la cui opera "mina le<br />

fondamenta <strong>di</strong> ogni religione".<br />

Lucas pensa ad amici come Graevius e Stouppe, presumib<strong>il</strong>mente,<br />

quando scrive: "Poiché niente è così fraudolento come <strong>il</strong><br />

cuore umano, in seguito apparve evidente che la maggior parte<br />

<strong>di</strong> questi amici erano insinceri, e proprio quanti nutrivano nei<br />

suoi confronti un debito maggiore lo trattarono <strong>nel</strong> modo più ingrato<br />

che si possa immaginare". <strong>Spinoza</strong> chiaramente aveva un<br />

talento <strong>nel</strong>l'attrarre falsi amici insieme agli amici veri - un fatto<br />

che indubbiamente testimonia una certa inesperienza o ingenuità<br />

da parte sua.<br />

Quando <strong>Spinoza</strong> tornò all'Aja, una folla infuriata si radunò<br />

<strong>di</strong>nanzi alle sue stanze sul Pav<strong>il</strong>joensgracht. I membri del comitato<br />

<strong>di</strong> vig<strong>il</strong>anza - freschi del loro raccapricciante massacro dei<br />

De Witt - strepitavano che <strong>Spinoza</strong> era colpevole <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>mento<br />

per i suoi tentativi <strong>di</strong> incontrare <strong>il</strong> generale francese.<br />

"Non abbia nessuna paura per me," si racconta che abbia detto<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo, senza scomporsi, al suo pavido affittacamere. "Vi<br />

sono non poche persone, e anche alcune tra le più importanti personalità<br />

dello stato, che sanno molto bene perché mi sono recato<br />

a Utrecht." Purtroppo, le personalità in questione non ci hanno<br />

lasciato testimonianze in proposito, sicché noi non abbiamo<br />

nessuna idea chiara del motivo per cui <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo si recò a Utrecht.<br />

Comunque, a <strong>Spinoza</strong> fu risparmiato un interrogatorio popolare,<br />

e la faccenda finì abbastanza bene.<br />

Proprio mentre acquisiva falsi amici, <strong>Spinoza</strong> ne perdette uno<br />

vero. Nel 1674, da Parigi giunse la notizia della tragica fine del<br />

suo mentore, Frans van den Enden. Tre anni prima, <strong>il</strong> vecchio<br />

maestro del f<strong>il</strong>osofo si era recato <strong>nel</strong>la capitale francese: egli asseriva,<br />

inverosim<strong>il</strong>mente, che gli era stato offerto un posto come<br />

consulente me<strong>di</strong>co presso la corte <strong>di</strong> Luigi XIV. In realtà, una volta<br />

a Parigi, Van den Enden si era unito a un gruppo <strong>di</strong> cospiratori<br />

che intendevano scatenare una ribellione <strong>nel</strong>le regioni set-


8. AMICI DI AMICI 113<br />

tentrionali della Francia, <strong>nel</strong>la speranza <strong>di</strong> istituire laggiù una repubblica<br />

democratica che offrisse a tutti libertà, giustizia e istruzione.<br />

<strong>Il</strong> notorio fautore del libero amore aveva deciso <strong>di</strong> mettere<br />

in pratica le proprie (e in un certo senso anche <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>) teorie<br />

politiche ra<strong>di</strong>cali. <strong>Il</strong> cavaliere <strong>di</strong> Rohan - un nob<strong>il</strong>uomo e veterano<br />

<strong>di</strong> guerra che testimonianze poco chiare <strong>di</strong> volta in volta<br />

presentano come oppositore e come sostenitore <strong>di</strong> Luigi XIV - assunse<br />

la guida della rivolta, e Van den Enden ne <strong>di</strong>venne <strong>il</strong> principale<br />

ideologo.<br />

La sera del 17 settembre 1674, Frans tornò a Parigi da un viaggio<br />

segreto a Bruxelles, dove aveva tentato <strong>di</strong> assicurare alla sommossa<br />

<strong>il</strong> sostegno della Spagna. Si era appena seduto a cena quando<br />

fu informato che <strong>il</strong> complotto era stato scoperto. <strong>Il</strong> Cavaliere<br />

<strong>di</strong> Rohan era stato arrestato a Versa<strong>il</strong>les sei giorni prima, <strong>nel</strong> bel<br />

mezzo <strong>di</strong> una cerimonia religiosa. Sembra che uno degli studenti<br />

<strong>di</strong> latino <strong>di</strong> Van den Enden, avendo notato che gli uffici del suo<br />

insegnante erano al centro <strong>di</strong> strani viavai, avesse avvertito della<br />

cospirazione le autorità <strong>di</strong> governo. Abbandonata sulla tavola la<br />

cena fumante, Frans si lanciò <strong>di</strong> corsa <strong>nel</strong>la notte, precedendo <strong>di</strong><br />

un passo la polizia del re. La mattina seguente, comunque, la polizia<br />

lo agguantò alla periferia <strong>di</strong> Parigi e lo trascinò alla Bastiglia.<br />

I cospiratori ebbero <strong>di</strong>ritto a un processo, ma <strong>il</strong> verdetto era<br />

scontato. Luigi XIV in persona assunse la <strong>di</strong>rezione delle indagini,<br />

in cui ben poche tecniche <strong>di</strong> interrogatorio furono lasciate<br />

intentate. Alle quattro in punto del pomeriggio <strong>di</strong> un giorno <strong>di</strong><br />

novembre del 1674, <strong>nel</strong> cort<strong>il</strong>e interno della Bastiglia, una folla<br />

poté assistere con tranqu<strong>il</strong>la sod<strong>di</strong>sfazione allo spettacolo <strong>di</strong> un<br />

gruppo <strong>di</strong> nob<strong>il</strong>uomini e <strong>di</strong> nob<strong>il</strong>donne decapitati l'uno dopo l'altro.<br />

L'ultimo era Frans van den Enden. In qualità <strong>di</strong> straniero e<br />

<strong>di</strong> non nob<strong>il</strong>e, egli fu reputato indegno della scure. E dunque fu<br />

impiccato.<br />

<strong>Leibniz</strong> era tra coloro che avevano seguito <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> Van den<br />

Enden. Proprio mentre stava complottando contro lo stato, la sorte<br />

volle che <strong>il</strong> maestro ra<strong>di</strong>cale avesse aperto un salotto letterario.<br />

Uno degli intellettuali suoi ospiti, sorprendentemente, fu <strong>il</strong><br />

teologo Antoine Arnauld; un altro, forse meno sorprendentemente,<br />

fu l'onnipresente <strong>Leibniz</strong>, che espresse un certo risentimento<br />

<strong>di</strong> fronte all'insolito successo <strong>di</strong> Frans <strong>nel</strong>l'attrarre l'attenzione<br />

del grande Arnauld. In seguito, <strong>nel</strong>la Te o<strong>di</strong>cea, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

tedesco sembra accogliere la notizia della fine <strong>di</strong> Frans con una<br />

complice alzata <strong>di</strong> spalle.<br />

La tragica fine <strong>di</strong> Van den Enden non può che avere rafforzato<br />

<strong>il</strong> messaggio trasmesso dalla plebaglia che aveva accolto <strong>Spinoza</strong><br />

al suo ritorno da Utrecht, l'anno precedente: era chiaro che<br />

egli doveva esercitare estrema cautela in tutti i suoi rapporti con


114 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

la Francia. E ciò può contribuire a spiegare la natura dell'accoglienza<br />

che riservò a <strong>Leibniz</strong> quando questi tentò <strong>di</strong> riprendere<br />

da Parigi lo scambio epistolare che era cominciato <strong>nel</strong> 1671. In<br />

effetti, sembra improbab<strong>il</strong>e che <strong>Spinoza</strong> avrebbe mai aperto la<br />

propria porta a <strong>Leibniz</strong>, se non per acquisire un nuovo amico.<br />

Alto, aristocratico, arrogante, caparbio e permaloso, Walther<br />

Ehrenfried von Tschirnhaus era un br<strong>il</strong>lante matematico con uno<br />

spiccato talento per la speculazione metafisica a ruota libera e<br />

con un grande desiderio <strong>di</strong> trattenersi lontano da casa quanto più<br />

a lungo possib<strong>il</strong>e. Figlio <strong>di</strong> un conte, Walther manifestò ben presto<br />

le sue capacità intellettuali e <strong>il</strong> suo gusto per l'avventura, sicché<br />

<strong>nel</strong> 1668, a <strong>di</strong>ciassette anni, fu spe<strong>di</strong>to in Olanda a stu<strong>di</strong>are<br />

presso la rinomata Università <strong>di</strong> Leida. Quando Luigi XIV sferrò<br />

la sua offensiva contro l'Olanda, <strong>nel</strong> 1672, <strong>il</strong> giovane tedesco si<br />

arruolò con gli olandesi <strong>nel</strong>la loro lotta <strong>di</strong> liberazione. Salì rapidamente<br />

in grado e si <strong>di</strong>stinse sul campo <strong>di</strong> battaglia. Due anni<br />

dopo, cessate le ost<strong>il</strong>ità, egli tornò all'università, dove stu<strong>di</strong>ò matematica,<br />

restò affascinato da Descartes e dalla sua f<strong>il</strong>osofia, e<br />

stab<strong>il</strong>ì un legame con Georg Hermann Schuller, un giovane studente<br />

<strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina.<br />

Sappiamo ben poco <strong>di</strong> Schuller, e quel pOco che sappiamo è<br />

quasi tutto negativo. Diceva <strong>di</strong> essere un me<strong>di</strong>co, ma non v'è alcuna<br />

prova che egli abbia completato gli stu<strong>di</strong>. Da quanto ci resta<br />

del suo epistolario, sembra che avesse una <strong>di</strong>screta conoscenza<br />

<strong>di</strong> molte lingue ma non fosse padrone <strong>di</strong> nessuna; e si <strong>di</strong>mostrò<br />

ab<strong>il</strong>issimo <strong>nel</strong>l'arte dello spendere i sol<strong>di</strong> altrui, per lo<br />

più <strong>nel</strong> perseguimento <strong>di</strong> sconsiderate macchinazioni alchemiche.<br />

Pieter van Gent, uno studente che per qualche tempo con<strong>di</strong>vise<br />

l'appartamento con Schuller, lo descrisse a Tschirnhaus<br />

come "un buono a nulla". "Se soltanto egli non avesse <strong>il</strong>luso la<br />

sua ragazza tanto vergognosamente!" aggiungeva V an Gent, purtroppo<br />

senza fornirci ulteriori dettagli. Un amico <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> in<br />

Germania avvertì <strong>il</strong> <strong>cortigiano</strong>: "Soprattutto, non confidarti con<br />

<strong>il</strong> Dr. Schuller ... Non riesce a tenere la bocca chiusa. Con le sue<br />

chiacchiere mi ha condotto sull'orlo della più grande sventura".<br />

Un altro si lamenta del fatto che "[Schuller] fu una grande seccatura<br />

per me e per altri, con i suoi falsi proce<strong>di</strong>menti". I "falsi<br />

proce<strong>di</strong>menti" in questione erano, ovviamente, proce<strong>di</strong>menti alchemici.<br />

<strong>Leibniz</strong>, tuttavia, non <strong>di</strong>ede ascolto agli avvertimenti<br />

degli amici. Intraprese con Schuller una bizzarra corrispondenza,<br />

in totale sessantasei lettere, molte delle quali a proposito<br />

del denaro che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo incautamente investì <strong>nel</strong>le sicure<br />

idee del buon dottore per far denaro.<br />

Ma per <strong>il</strong> momento ci importa soprattutto che Schuller era<br />

un entusiasta - benché non particolarmente capace e scrupolo-


8. AMICI DI AMICI 115<br />

so - ammiratore <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Tramite Schuller, Tschirnhaus cadde<br />

sotto l'incantesimo del f<strong>il</strong>osofo dell'Aja. Stu<strong>di</strong>ò gli scritti <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> che riuscì a procurarsi e scrisse al f<strong>il</strong>osofo ponendogli<br />

acute domande sui più importanti aspetti delle sue dottrine. A<br />

giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> molti stu<strong>di</strong>osi, <strong>il</strong> loro epistolario costituisce una delle<br />

parti più proficue <strong>di</strong> ciò che resta della corrispondenza <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Verso la fine del 1674, Tschirnhaus si recò all'Aja e incontrò<br />

<strong>il</strong> maestro in persona. Quest'incontro fu evidentemente un<br />

grande successo, giacché, come segno certo <strong>di</strong> fiducia e <strong>di</strong> rispetto,<br />

<strong>Spinoza</strong> ricompensò <strong>il</strong> suo giovane seguace con copie manoscritte<br />

<strong>di</strong> alcune delle sue opere ine<strong>di</strong>te - tra cui almeno un<br />

estratto dell'Etica. Tuttavia, <strong>Spinoza</strong> pregò Tschirnhaus <strong>di</strong> non<br />

rivelare a nessuno <strong>il</strong> contenuto degli scritti segreti senza <strong>il</strong> suo<br />

esplicito consenso.<br />

Che Tschirnhaus fosse un ricercatore della verità dotato <strong>di</strong> un<br />

genuino talento è chiaro; che fosse un uomo <strong>di</strong> parola, d'altro<br />

canto, è molto più <strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>e. La maggiore opera f<strong>il</strong>osofica che<br />

egli realizzò in seguito, Me<strong>di</strong>cina 1nentis et corporis, lascia trasparire<br />

assai considerevole l'influsso <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>; ma l'autore non<br />

riconosce in alcun luogo <strong>il</strong> proprio debito. Quando Christian Thomasius<br />

- <strong>il</strong> figlio del professore universitario <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> - scagliò<br />

contro <strong>di</strong> lui l'o<strong>di</strong>osa accusa <strong>di</strong> spinozismo, Tschirnhaus sostenne<br />

ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> non aver mai incontrato <strong>Spinoza</strong> - una <strong>di</strong>chiarazione<br />

che, purtroppo, era <strong>di</strong>rettamente contraddetta dalle lettere<br />

pubblicate <strong>nel</strong>le opere postume <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. A questa falsità,<br />

<strong>il</strong> capriccioso conte aggiunse quella che dobbiamo considerare<br />

come una <strong>di</strong>fesa raffinata e terrib<strong>il</strong>e: "Anche se io fossi seguace<br />

<strong>di</strong> un f<strong>il</strong>osofo che è ebreo, ciò è <strong>di</strong> nessuna importanza, poiché<br />

quasi tutti gli scolastici erano legati ad Aristotele, che certamente<br />

non era un cristiano". Come in matematica, dove tendeva apriv<strong>il</strong>egiare<br />

le prove basate sul bruto potere del calcolo algebrico,<br />

Tschirnhaus era un po' carente <strong>nel</strong>le importanti doti della generalizzazione,<br />

della sintesi e, soprattutto, della finezza <strong>di</strong> cui <strong>Leibniz</strong><br />

era così ampiamente dotato.<br />

All'inizio del 1675, con le idee <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> <strong>nel</strong>la mente e con i<br />

manoscritti <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> <strong>nel</strong>la valigia, Tschirnhaus lasciava l'Olanda<br />

per intraprendere un viaggio <strong>di</strong> scoperta, destinato a protrarsi<br />

per molti anni, che lo avrebbe condotto attraverso l'Ingh<strong>il</strong>terra,<br />

la Francia e l'Italia. Era ansioso <strong>di</strong> vedere <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>, ed<br />

era determinato a evitare <strong>di</strong> tornare in Germania, dove temeva<br />

che suo padre lo costringesse a prendere moglie e a adagiarsi <strong>nel</strong>la<br />

grigia vita del gent<strong>il</strong>uomo <strong>di</strong> campagna.<br />

La sua prima sosta fu Londra. Presumib<strong>il</strong>mente su consiglio<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, e forse con una sua lettera <strong>di</strong> presentazione, egli fece<br />

visita a Henry Oldenburg. Quando Tschirnhaus si mise a se-


116 IL CORTIGIANO E l!ERET!CO<br />

dere con <strong>il</strong> vecchio amico <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> nei <strong>di</strong>messi uffici del Gresham<br />

College, tuttavia, scoprì costernato che <strong>il</strong> segretario della<br />

Royal Society si era formato una "curiosa impressione" del carattere<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Dopo aver trascorso alcuni mesi <strong>nel</strong>la Torre<br />

<strong>di</strong> Londra per reati politici, <strong>nel</strong> 1667, Oldenburg era un uomo impaurito.<br />

Con <strong>il</strong> suo innato conservatorismo indurito dall'applicazione<br />

della frusta, ora egli vedeva in <strong>Spinoza</strong> forse <strong>il</strong> <strong>di</strong>avolo, e<br />

comunque una persona che era pericoloso conoscere.<br />

Con tutto l'entusiasmo del libero pensatore, Tschirnhaus persuase<br />

Oldenburg. Non soltanto riuscì a <strong>di</strong>ssolvere i tremen<strong>di</strong> pensieri<br />

del segretario a proposito <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, ma lo indusse ad<strong>di</strong>rittura<br />

"a ritornare a una opinione estremamente favorevole su<br />

<strong>di</strong> voi, a considerarvi nuovamente assai degno <strong>di</strong> fiducia, e persino<br />

a tenere in altissima stima <strong>il</strong> Tractatus theologico-politicus",<br />

come egli stesso riferiva a <strong>Spinoza</strong> tramite Schuller. Dopo aver<br />

comunicato la lieta notizia della riab<strong>il</strong>itazione riferitagli da<br />

Tschirnhaus, Schuller inserì un curioso commento tutto suo: "In<br />

considerazione delle vostre <strong>di</strong>rettive, io non oso informarvi <strong>di</strong><br />

ciò". È sottinteso che <strong>Spinoza</strong> aveva imposto a Tschirnhaus <strong>di</strong><br />

non <strong>di</strong>scutere della sua persona o della sua opera con Oldenburg<br />

(o con chiunque altro, forse). Tschirnhaus, forse malauguratamente,<br />

infranse la promessa - anche se in questo caso lo fece con<br />

risultati apparentemente buoni.<br />

Dietro le insistenze <strong>di</strong> Tschirnhaus, Oldenburg prese la penna<br />

e buttò giù un biglietto per quel suo amico che egli si era alienato<br />

all'Aja. Confessò a <strong>Spinoza</strong> che, in precedenza, aveva <strong>di</strong>sapprovato<br />

<strong>il</strong> Tractatus: "A quel tempo, alcune cose mi sembrava<br />

tendessero a mettere in pericolo la religione". Ora, egli afferma<br />

<strong>di</strong> ritenere che <strong>il</strong> suo precedente giu<strong>di</strong>zio fosse "prematuro". Ora<br />

comprende che "ben lungi dal nutrire l'intenzione <strong>di</strong> recare danno<br />

alla vera religione, al contrario, voi vi sforzate <strong>di</strong> lodare e affermare<br />

<strong>il</strong> vero scopo della religione cristiana, insieme alla <strong>di</strong>vina<br />

sublimità ed eccellenza <strong>di</strong> una feconda f<strong>il</strong>osofia". E domanda<br />

a <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> fargli sapere, in forma strettamente confidenziale,<br />

quali siano i suoi piani futuri per <strong>di</strong>ffondere la sua forma f<strong>il</strong>osofica<br />

<strong>di</strong> religione cristiana.<br />

<strong>Spinoza</strong> accolse con entusiasmo la proposta <strong>di</strong> rinnovare i<br />

rapporti d'amicizia, e scrisse a Oldenburg per <strong>di</strong>rgli che ora intendeva<br />

pubblicare un trattato in cinque parti - l'Etica lungamente<br />

attesa - che sperava <strong>di</strong> potergli spe<strong>di</strong>re molto presto. Evidentemente,<br />

lo scalpore destato dal Tractatus e la sorte <strong>di</strong> Van den<br />

Enden non avevano <strong>di</strong>ssuaso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo dal continuare a <strong>di</strong>ffondere<br />

le proprie esplosive opinioni.<br />

Ma ben presto fu evidente che quello non era più l'Oldenburg<br />

<strong>di</strong> un tempo. Dieci anni prima, <strong>il</strong> segretario aveva implorato Spi-


8. AMICI DI AMICI 117<br />

noza in nome dell'umanità affinché pubblicasse <strong>il</strong> suo libro. Ora<br />

lo implora <strong>di</strong> non pubblicare "niente che possa sembrare in qualche<br />

modo minare la pratica della virtù religiosa". Quanto all' offerta<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> inviargli alcune copie del suo nuovo libro, 01-<br />

denburg risponde cautamente: "Io non rifiuterò <strong>di</strong> ricevere qualche<br />

copia del suddetto Trattato"; ma insiste affinché gli siano spe<strong>di</strong>te<br />

<strong>di</strong> nascosto, in<strong>di</strong>rizzandole a una terza persona. "Non occorrerà<br />

menzionare <strong>il</strong> fatto che quei particolari libri siano stati<br />

inviati a me," aggiunge, per essere più chiaro.<br />

Verso la fine del luglio 1675, <strong>Spinoza</strong> viaggiava <strong>di</strong>retto ad Amsterdam<br />

con l'intenzione <strong>di</strong> sovrintendere alla pubblicazione della<br />

sua Etica. Nell'ultima lettera che scrive a Oldenburg, racconta<br />

benissimo la vicenda da sé:<br />

Mentre ero impegnato in questa faccenda, si <strong>di</strong>ffuse la voce che un<br />

certo mio libro su <strong>Dio</strong> fosse in corso <strong>di</strong> stampa, e che in esso io mi<br />

sforzassi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che <strong>Dio</strong> non esiste. Questa voce trovava cre<strong>di</strong>to<br />

presso molte persone. Sicché alcuni teologi, che potrebbero aver<br />

messo in circolazione queste voci, colsero l'occasione per lamentarsi<br />

<strong>di</strong> me presso <strong>il</strong> principe e presso i magistrati. Per <strong>di</strong> più, gli stupi<strong>di</strong><br />

cartesiani, per allontanare da sé questo sospetto poiché si ritiene che<br />

essi stiano dalla mia parte, denunciavano ovunque incessantemente<br />

le mie opinioni e i miei scritti, e continuano ancora a farlo. Avendo<br />

appreso questo da numerosi uomini degni <strong>di</strong> fiducia i quali affermavano<br />

inoltre che i teologi complottavano ovunque contro <strong>di</strong> me, io decisi<br />

<strong>di</strong> procrastinare la pubblicazione finché non potessi vedere che<br />

piega avrebbe preso la faccenda, intenzionatò a farvi sapere che strada<br />

avrei seguito. Ma la situazione sembra peggiorare <strong>di</strong> giorno in giorno,<br />

e io non so bene cosa sia più opportuno che io faccia.<br />

Le preoccupazioni <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, si dà <strong>il</strong> caso, erano fondate.<br />

Dagli archivi ecclesiastici dell'Aja risulta che, <strong>nel</strong>l'estate del 1675,<br />

<strong>il</strong> sacerdote del luogo aveva ricevuto l'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> "adoperarsi per<br />

scoprire con la massima esattezza possib<strong>il</strong>e lo stato della situazione<br />

riguardo [<strong>Spinoza</strong>], i suoi insegnamenti e <strong>il</strong> loro <strong>di</strong>ffondersi".<br />

Un teologo spedì una lettera a un collega, avvertendolo<br />

che <strong>Spinoza</strong> intendeva pubblicare un altro libro "ancor più pericoloso<br />

del primo" e raccomandandogli <strong>di</strong> "assicurarsi che questo<br />

libro non venisse pubblicato".<br />

Mentre era ad Amsterdam, <strong>Spinoza</strong> si riunì con alcuni amici<br />

per una cena privata. Tra gli ospiti vi era un conoscente <strong>di</strong> conoscenti,<br />

tale Ph<strong>il</strong>ip Limborch, stu<strong>di</strong>oso e teologo. Limborch aveva<br />

molti amici tra le persone <strong>il</strong>luminate della città, ma era congenitamente<br />

pio e conservatore in politica. Malauguratamente,<br />

egli aveva già <strong>di</strong>chiarato pubblicamente <strong>di</strong> riconoscere in <strong>Spinoza</strong><br />

la progenie <strong>di</strong> Satana.


118 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

Limborch rimase scioccato <strong>nel</strong> trovarsi seduto alla stessa tavola<br />

del grande miscredente. Durante la bene<strong>di</strong>zione che precedette<br />

<strong>il</strong> pasto, raccontò più tar<strong>di</strong> con orrore, <strong>Spinoza</strong> "esibiva <strong>il</strong><br />

suo carattere irreligioso con gesti <strong>di</strong> richiamo me<strong>di</strong>ante i quali<br />

egli voleva evidentemente mostrare a quanti fra noi stavano pregando<br />

la stupi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> quel che facevamo".<br />

Quali gesti faceva <strong>Spinoza</strong>? Roteava gli occhi durante la preghiera?<br />

Oppure Limborch si inventò questo fatto rielaborando le<br />

proprie ansie, e interpretò come sacr<strong>il</strong>egio uno sba<strong>di</strong>glio <strong>di</strong>stratto<br />

o l'abbassarsi spontaneo delle palpebre?<br />

Comunque sia, due cose sono certe. In primo luogo, <strong>Spinoza</strong><br />

non avrebbe mai dovuto accettare quell'invito a cena. Evidentemente,<br />

sbagliava <strong>nel</strong> giu<strong>di</strong>care i suoi commensali, proprio come<br />

aveva sbagliato <strong>nel</strong> giu<strong>di</strong>care Stouppe, Graevius, <strong>il</strong> commerciante<br />

<strong>di</strong> granaglie Blyenbergh, e precedentemente anche altri. In secondo<br />

luogo, l'evento, reale o immaginato, lasciò una traccia indeleb<strong>il</strong>e<br />

<strong>nel</strong>la mente <strong>di</strong> Limborch. Lo scandalizzato prelato raccontava<br />

questa storia sei anni dopo la cena all'inferno e poi la ripeteva<br />

a un visitatore ad<strong>di</strong>rittura ventotto anni dopo. Ancora una<br />

volta, la straziante espressione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> aveva scatenato una<br />

valanga <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o.<br />

Oldenburg era troppo lontano per vedere la faccia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>,<br />

ma anche <strong>il</strong> loro rapporto si <strong>di</strong>rigeva ora verso <strong>il</strong> momento<br />

della verità. Nella stessa lettera in cui riferisce la storia delle sue<br />

<strong>di</strong>savventure mentre tentava <strong>di</strong> pubblicare l'Etica, <strong>Spinoza</strong> ringrazia<br />

Oldenburg per <strong>il</strong> suo "amichevole avvertimento" <strong>di</strong> non<br />

pubblicare niente <strong>di</strong> eccentrico e gli domanda <strong>di</strong> comunicargli<br />

esplicitamente quali dottrine rechino offesa alla pratica della virtù<br />

religiosa. Invita inoltre <strong>il</strong> suo corrispondente a segnalargli qualunque<br />

passaggio particolarmente biasimevole <strong>nel</strong> Tractatus. È<br />

quasi incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e che <strong>Spinoza</strong> potesse nutrire qualche dubbio in<br />

proposito: un rabbioso branco <strong>di</strong> teologi, dopo tutto, aveva appena<br />

finito <strong>di</strong> <strong>di</strong>rgli cosa ritenevano sbagliato <strong>nel</strong>la sua opera.<br />

Non<strong>di</strong>meno, Oldenburg si sentì obbligato a esprimersi. I brani<br />

peggiori, rispose, sono quelli in cui <strong>Spinoza</strong> sembra confondere<br />

<strong>Dio</strong> con la Natura.<br />

"Comprendo infine cosa mi raccomandavate <strong>di</strong> non pubblicare",<br />

risponde <strong>Spinoza</strong>, come se pensasse <strong>di</strong> avere ottenuto una<br />

rivelazione. Tuttavia, osserva, "questo è <strong>il</strong> principale fondamento<br />

<strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> contenuto del trattato che io intendevo pubblicare".<br />

È ormai <strong>il</strong> mese <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre del 1675 - quattor<strong>di</strong>ci anni e ventotto<br />

lettere dopo che i due si erano incontrati per la prima volta<br />

<strong>nel</strong> giar<strong>di</strong>no della v<strong>il</strong>letta <strong>di</strong> Rijnsburg. <strong>Spinoza</strong> infine vede che<br />

Oldenburg non ha mai compreso pienamente le implicazioni della<br />

dottrina centrale del suo sistema f<strong>il</strong>osofico, e che ora che ci rie-


8. AMICI DI AMICI 119<br />

sce è totalmente sgomento - insomma, vede che Oldenburg non<br />

è affatto un "uomo <strong>di</strong> ragione".<br />

L'unica cosa che resta da fare ai due vecchi amici è chiarire<br />

<strong>il</strong> fatto che <strong>Spinoza</strong>, per parte sua, non è un cristiano: ed è proprio<br />

ciò che essi fanno. Oldenburg chiede chiarimenti sulle opinioni<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> intorno alla resurrezione. <strong>Spinoza</strong>, <strong>nel</strong>la sua ultima<br />

lettera a Oldenburg, risponde: "La morte e la sepoltura <strong>di</strong><br />

Cristo io le accetto alla lettera, ma la sua resurrezione io la intendo<br />

in un significato allegorico". Oldenburg quasi grida allarmato<br />

la sua replica: "Tentare <strong>di</strong> ridurla a un'allegoria è come se<br />

uno si accingesse a <strong>di</strong>struggere interamente la veri<strong>di</strong>cità del Vangelo".<br />

Oldenburg capisce come stanno le cose, finalmente.<br />

Qui termina ciò che resta della loro corrispondenza. Essa suona,<br />

col senno <strong>di</strong> poi, come uno stravolgimento degli ideali <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

a proposito dell'amicizia tra uomini <strong>di</strong> ragione. Perché chiaramente<br />

i due uomini sv<strong>il</strong>upparono un legame profondo, ma si<br />

trattava <strong>di</strong> un legame emotivo e immaginativo, basato su un ra<strong>di</strong>cale<br />

errore <strong>nel</strong>la percezione del rispettivo carattere e dei rispettivi<br />

moventi piuttosto che su una con<strong>di</strong>visa f<strong>il</strong>osofia della ragione.<br />

Eppure <strong>il</strong> collante dell'amicizia non si era ancora esaurito.<br />

Ancora una lettera sarebbe uscita dalla penna <strong>di</strong> Oldenburg.<br />

Ma egli avrebbe fatto lo sbaglio <strong>di</strong> affidarla a <strong>Leibniz</strong> perché gliela<br />

consegnasse personalmente.<br />

Mentre <strong>il</strong> legame <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> con Oldenburg si approssimava<br />

al suo commovente ep<strong>il</strong>ogo, <strong>il</strong> fedelissimo Tschimhaus preparava<br />

le valigie per lasciare Londra e recarsi a Parigi, la tappa successiva<br />

<strong>nel</strong> suo viaggio <strong>di</strong> scoperta. A quanto pare, egli aveva suscitato<br />

un'impressione favorevolissima in Oldenburg e nei suoi amici della<br />

Royal Society. Mentre <strong>il</strong> promettente matematico si preparava<br />

alla partenza, Oldenburg lo avvicinò e gli parlò <strong>di</strong> un altro giovane<br />

tedesco che risiedeva a Parigi, un ab<strong>il</strong>e stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> geometria<br />

membro della Royal Society, con cui forse Tschimhaus avrebbe<br />

avuto molto da <strong>di</strong>scutere. Così, Tschirnhaus attraversò la Manica,<br />

tenendo in una mano i manoscritti segreti <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> e <strong>nel</strong>l'altra<br />

una lettera <strong>di</strong> presentazione a <strong>Leibniz</strong>.


9. <strong>Leibniz</strong> innamorato<br />

All'incirca <strong>nel</strong>lo stesso periodo in cui <strong>Spinoza</strong> entrava <strong>nel</strong>la<br />

parte più buia del suo periodo buio, <strong>Leibniz</strong> giunse <strong>nel</strong>la v<strong>il</strong>le lumière.<br />

Dopo un viaggio <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci giorni, tutto scossoni, attraverso<br />

la campagna francese, scese dalla carrozza e si innamorò a<br />

prima vista - <strong>di</strong> Parigi. I quattro anni durante i quali visse sulle<br />

rive della Senna furono i suoi anni <strong>di</strong> gloria, <strong>il</strong> periodo in cui fece<br />

le sue scoperte matematiche e f<strong>il</strong>osofiche più durature. Nei salotti<br />

dorati della capitale francese, egli acquisì <strong>il</strong> proprio senso<br />

della moda e sv<strong>il</strong>uppò quello st<strong>il</strong>e personale a cui sarebbe rimasto<br />

affezionato anche molto dopo che era ormai caduto in <strong>di</strong>suso.<br />

La vicenda <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> a Parigi ci offre in<strong>di</strong>rettamente l' emozione<br />

<strong>di</strong> vedere una persona abbagliata dalla vita e perdutamente<br />

innamorata del futuro; ma fa risuonare anche una nota <strong>di</strong> malinconia,<br />

quando inesorab<strong>il</strong>mente giunge al termine, lasciando<br />

l'innamorato abbandonato con un desiderio sempre più acuto <strong>di</strong><br />

ricongiungimento.<br />

Parigi, <strong>nel</strong> Seicento, conosceva uno straor<strong>di</strong>nario sv<strong>il</strong>uppo.<br />

Dopo un lungo periodo <strong>di</strong> stagnazione durante <strong>il</strong> Me<strong>di</strong>oevo, la<br />

città triplicò la sua estensione territoriale e raddoppiò la sua popolazione,<br />

fino a raggiungere <strong>il</strong> m<strong>il</strong>ione <strong>di</strong> abitanti <strong>nel</strong> corso del<br />

Grand Siècle. La maggior parte della crescita si concentra durante<br />

la seconda metà del secolo, dopo l'ascesa al trono <strong>di</strong> Luigi XIV.<br />

Parigi, sotto <strong>il</strong> re Sole, conobbe un boom economico che le <strong>di</strong>ede<br />

notevole prosperità: "Qui tutto va <strong>di</strong> bene in meglio, ovunque<br />

tu volga lo sguardo; Parigi non è mai stata così bella ed elegante<br />

come oggigiorno," si esaltava un corrispondente <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, <strong>il</strong> famoso<br />

critico teatrale Samuel Chappuzeau. <strong>Il</strong> dottor Martin Lister,<br />

un viaggiatore inglese, <strong>nel</strong> 1698 riferì che Parigi era <strong>di</strong>ventata<br />

"una città nuova negli ultimi quarant'anni". Voltaire sottolineò,<br />

in seguito, che "c'è ben poco che non sia stato realizzato o<br />

restaurato al tempo [<strong>di</strong> Luigi XIv]".<br />

"Vanità", "opulenza" ed "eleganza" sono le parole che ricorrono<br />

più frequentemente <strong>nel</strong>le descrizioni della capitale francese rese<br />

dai viaggiatori secenteschi. <strong>Il</strong> dottor Lister - <strong>il</strong> cui sgomento sovrastava<br />

ogni riserva morale - chiamò Parigi "un vortice <strong>di</strong> lussu-


9. LEIBNIZ TNNAMORATO 121<br />

ria". A parte le nuove <strong>di</strong>more, palazzi, giar<strong>di</strong>ni e piazze, i visitatori<br />

potevano rallegrarsi gli occhi alla vista <strong>di</strong> uno stormo <strong>di</strong> cigni<br />

bianchi, che Luigi in persona aveva importato a caro prezzo per<br />

arrecare grazia e bellezza alle melmose sponde della Senna.<br />

Tra i più appariscenti (e rumorosi) segni del nuovo benessere,<br />

spiccavano le carrozze. È stato calcolato che in tutta Parigi ve<br />

ne fossero otto, <strong>nel</strong> 1594. Alla fine del Seicento, <strong>il</strong> loro numero<br />

era ormai cresciuto sino a ventim<strong>il</strong>a. I nuovi veicoli erano icone<br />

del progresso, non soltanto per <strong>il</strong> loro numero ma anche per la<br />

loro qualità. Voltaire notava entusiasta che i finestrini <strong>di</strong> vetro e<br />

<strong>il</strong> nuovo sistema <strong>di</strong> sospensione delle moderne carrozze rendevano<br />

obsoleti i modelli precedenti. Tra "la gente d'alto rango", <strong>il</strong><br />

giusto modello <strong>di</strong> carrozza <strong>di</strong>venne un agognato status symbol.<br />

<strong>Il</strong> nuovo criterio <strong>di</strong> eleggib<strong>il</strong>ità per un uomo in età da matrimonio<br />

era: che tipo <strong>di</strong> carrozza possiede?<br />

Mentre <strong>il</strong> re pensava a migliorare la città con cigni, monumenti<br />

e altri gesti che sapevano ancora <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>oevo, i suoi ministri<br />

più lungimiranti, guidati da Jean-Baptiste Colbert, iniziarono<br />

a prendere in esame le sfide della pianificazione urbanistica<br />

in un'ottica moderna. Raddoppiarono <strong>il</strong> numero delle fontane<br />

e ripristinarono i canali <strong>di</strong> drenaggio in cattive con<strong>di</strong>zioni. Per<br />

migliorare la circolazione <strong>nel</strong>le strade congestionate, investirono<br />

con larghezza <strong>nel</strong>la pavimentazione, e sulle arterie recentemente<br />

rinforzate inaugurarono una nuova fo.rma <strong>di</strong> trasporto<br />

pubblico: la carrozza pubblica, o omnibus. Nell'anno che prece-'<br />

dette l'arrivo <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, le autorità municipali iniziarono anche<br />

a installare lampioni, che <strong>di</strong>ffondevano luce e sicurezza <strong>nel</strong>la notte.<br />

Forse per la prima volta <strong>nel</strong>l'età moderna, un'équipe <strong>di</strong> professionisti<br />

affrontò in un'ottica sistematica i problemi della rete<br />

fognaria, delle risorse idriche, del trasporto, della sicurezza, della<br />

salute, dell'istruzione e dell'arredo urbano. Lo storico Pierre<br />

Lavedan fa risalire alla Parigi secentesca la nascita delle scienze<br />

urbanistiche.<br />

Nonostante i segni del progresso, la Parigi del Seicento non seppe<br />

uscire dal Me<strong>di</strong>oevo in modo or<strong>di</strong>nato e pulito. Henri Sauval,<br />

un cronista dell'epoca, riferisce che, sebbene nessuna città fosse<br />

pavimentata meglio <strong>di</strong> Parigi, nessuna era più fangosa. Non era<br />

comune fango: era "nero, schifoso, e <strong>di</strong> un fetore che risultava intollerab<strong>il</strong>e<br />

ai forestieri", e che si rivelava fac<strong>il</strong>mente percettib<strong>il</strong>e<br />

a <strong>di</strong>eci miglia <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Dopo ogni pioggia - e spesso, inesplicab<strong>il</strong>mente,<br />

anche senza alcun aiuto dal cielo - la melma maleodorante<br />

trasudava dai canali <strong>di</strong> scolo e si impadroniva delle strade<br />

citta<strong>di</strong>ne, paralizzando carrozze e pedoni. "Si attacca come <strong>il</strong><br />

fango <strong>di</strong> Parigi," si <strong>di</strong>ceva comunemente per descrivere qualunque<br />

cosa fosse impossib<strong>il</strong>e staccarsi <strong>di</strong> dosso.


122 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

Parigi puzzava, dunque, e non solo per l'alto contenuto solforico<br />

del suo inesorab<strong>il</strong>e fango. Le porc<strong>il</strong>aie, i mattatoi, le fabbriche<br />

<strong>di</strong> amido, persino i cimiteri poco curati <strong>nel</strong> centro della città,<br />

tutto contribuiva alle esalazioni. E certo non giovava l'abitu<strong>di</strong>ne,<br />

<strong>di</strong> molti parigini, <strong>di</strong> svuotare i pitali dalla finestra - pratica tanto<br />

<strong>il</strong>legale quanto universale, che, come lamentava una fonte <strong>di</strong><br />

polizia, avveniva soprattutto <strong>di</strong> notte, "quando non è fac<strong>il</strong>e vedere<br />

da dove viene la contravvenzione".<br />

Nelle tumultuose strade <strong>di</strong> Parigi, <strong>nel</strong> 1672, lo sguardo <strong>di</strong> uno<br />

storico onnisciente avrebbe potuto <strong>di</strong>scernere all'opera le forze<br />

s<strong>il</strong>enti che allestivano <strong>il</strong> palcoscenico per un tremendo scontro<br />

tra <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> me<strong>di</strong>oevale e <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>moderno</strong>, un conflitto destinato<br />

a trasformare ra<strong>di</strong>calmente <strong>il</strong> contesto entro <strong>il</strong> quale si colloca<br />

l'esperienza umana. Tali forze, tuttavia, non sempre erano<br />

riconosciute consapevolmente a quell'epoca, neanche tra i membri<br />

<strong>di</strong> quella nuova razza <strong>di</strong> <strong>di</strong>plomatici-f<strong>il</strong>osofi itineranti, che<br />

non<strong>di</strong>meno devono essere annoverati tra i più importanti agenti<br />

del mutamento.<br />

<strong>Leibniz</strong> si stab<strong>il</strong>ì sulla rive gauche, in Faubourg SL. Germain,<br />

dove risiedeva <strong>il</strong> nucleo della nuova classe degli habitués <strong>di</strong> teatro<br />

parigini. Durante i quattro anni che trascorse a Parigi, visse<br />

in locande frequentate soprattutto da giovani provenienti dall'estero<br />

- uomini d'affari, <strong>di</strong>plomatici, studenti e altre persone <strong>di</strong><br />

qualità in cerca <strong>di</strong> fortuna. L' Hotel des Romains in Rue Ste. Marguerite,<br />

residenza del f<strong>il</strong>osofo per circa due anni, aveva fama <strong>di</strong><br />

essere una colonia tedesca.<br />

Nella borsa da viaggio, <strong>il</strong> ventiseienne consigliere privato <strong>di</strong><br />

Magonza portava con sé <strong>il</strong> segretissimo Piano Egitto. E lì, ahimè,<br />

<strong>nel</strong>la sua borsa, <strong>il</strong> tanto decantato piano restò. Forse perché non<br />

aveva mai ricevuto l'epico documento <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, infatti, Luigi<br />

xrv aveva già deciso <strong>di</strong> invadere - invece del lontano Egitto - la<br />

vicina Olanda, dopo essersi garantito a questo scopo l'alleanza<br />

del monarca inglese. Ma Boineburg e <strong>Leibniz</strong> non intendevano<br />

lasciare che un così drammatico mutamento delle circostanze<br />

politiche fosse d'intralcio al loro ormai chiaro <strong>destino</strong>. <strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

emendò <strong>il</strong> proprio saggio in modo da presentare la conquista dell'Egitto<br />

non più come un'alternativa all'invasione dell'Olanda,<br />

bensì come <strong>il</strong> passo logicamente successivo: l'Olanda era soltanto<br />

lo stuzzichino, sosteneva ora <strong>Leibniz</strong>; l'Egitto è la pietanza<br />

principale.<br />

Per sei mesi <strong>Leibniz</strong> picchiò alla porta del ministero degli<br />

Esteri, <strong>nel</strong>la speranza <strong>di</strong> poter esporre le proprie tesi a favore <strong>di</strong><br />

una crociata contro gli infedeli; ma tutti i suoi approcci furono<br />

respinti. Decisi a far pervenire <strong>il</strong> loro messaggio al suo destinatario<br />

designato, <strong>Leibniz</strong> e Boineburg persuasero l'elettore <strong>di</strong> Ma-


9. LEIBNIZ INNAMORATO 123<br />

gonza a intervenire <strong>di</strong>rettamente con un appello al re <strong>di</strong> Francia.<br />

La risposta data da Luigi ci induce a ritenere che non del tutto<br />

immeritatamente egli riven<strong>di</strong>casse <strong>il</strong> titolo <strong>di</strong> re Sole:<br />

Quanto al progetto <strong>di</strong> guerra santa, non ho niente da <strong>di</strong>re. Ella ben sa<br />

che, dal tempo <strong>di</strong> Luigi <strong>il</strong> Pio, tali spe<strong>di</strong>zioni non sono più <strong>di</strong> moda.<br />

Luigi <strong>il</strong> Pio, sia detto per inciso, aveva regnato <strong>nel</strong> nono<br />

secolo.<br />

Restio a lasciare l'ultima parola al monarca assoluto, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

scrisse al duca <strong>di</strong> Hannover per assicurarsi <strong>il</strong> suo appoggio al fine<br />

<strong>di</strong> compiere un ulteriore sforzo per presentare <strong>il</strong> piano. Fornendo<br />

un esempio forse tipico della propria ab<strong>il</strong>ità <strong>nel</strong> manipolare i fatti,<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo omise <strong>di</strong> fare parola al duca che la proposta era già<br />

stata respinta per ben due volte. <strong>Il</strong> cortesissimo duca manifestò un<br />

certo interesse, ma <strong>il</strong> sovrano francese restò inflessib<strong>il</strong>e, e, per <strong>il</strong><br />

momento, l'Egitto fu risparmiato. L:intera faccenda era stata condotta<br />

in tale segretezza che né <strong>il</strong> piano né <strong>il</strong> coinvolgimento in esso<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> furono pubblicamente noti sinché Napoleone non invase<br />

l'Egitto, circa centotrenta anni dopo, e alcuni agenti della famiglia<br />

reale britannica aprirono <strong>il</strong> polveroso archivio <strong>di</strong> Hannover<br />

per indagare sulle <strong>di</strong>cerie secondo cui qualcuno aveva già suggerito<br />

l'idea all'aggressivo condottiero francese.<br />

Con <strong>il</strong> tracollo del Piano Egitto, andava in frantumi anche <strong>il</strong><br />

pretesto ufficiale <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> per restare a Parigi. Anziché ritornare<br />

a Magonza, tuttavia, <strong>il</strong> giovane <strong>di</strong>plomatico cominciò imme<strong>di</strong>atamente<br />

a guardarsi intorno cercando altre ragioni che giustificassero<br />

la sua permanenza <strong>nel</strong>la capitale della repubblica delle<br />

lettere. "Io credo che sarò sempre un anfibio", spiegava a un<br />

collega, intendendo <strong>di</strong>re che sperava <strong>di</strong> <strong>di</strong>videre <strong>il</strong> proprio tempo<br />

tra Francia e Germania. Ma, <strong>di</strong> fatto, <strong>il</strong> giovane <strong>cortigiano</strong> .aveva<br />

già deciso che preferiva <strong>di</strong> gran lunga <strong>il</strong> morbido terreno sulle<br />

rive della Senna al suolo asciutto della madrepatria.<br />

Era una <strong>di</strong> quelle epoche in cui gli uomini vestivano molto<br />

meglio delle donne. Gli uomini <strong>di</strong> qualità portavano cappelli piumati,<br />

lunghe casacche, foulard <strong>di</strong> seta, vestiti adorni, culatte o<br />

calzoni lunghi fino al ginocchio e fermati da un nastro, calze <strong>di</strong><br />

seta, stivali <strong>di</strong> pelle, abbondanti dosi <strong>di</strong> profumo e guanti tanto<br />

accuratamente lavorati che era davvero un delitto smarrirli. All'inizio<br />

degli anni settanta, proprio quando Luigi XIV cominciava<br />

a perdere i capelli, le parrucche <strong>di</strong>vennero <strong>di</strong> gran moda, e ben<br />

presto nessuna testa <strong>di</strong> buona con<strong>di</strong>zione sociale fu completa se n­<br />

za quei falsi riccioli che scendevano sino alle spalle o anche più


124 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

giù. <strong>Leibniz</strong> si trovava perfettamente a suo agio in questo abbigliamento.<br />

Lo si poteva fac<strong>il</strong>mente riconoscere dalla lunghissima<br />

parrucca nera che riscaldava sempre <strong>il</strong> suo cranio prematuramente<br />

calvo.<br />

Nei seducenti ma infi<strong>di</strong> salotti parigini, <strong>il</strong> giovane tedesco imparava<br />

anche le buone maniere. La superficialità era apprezzata,<br />

i toni frivoli erano de rigueur, e le <strong>di</strong>spute appassionate erano<br />

considerate un segno certo <strong>di</strong> inferiorità. <strong>Leibniz</strong> tentò persino<br />

<strong>di</strong> adottare <strong>nel</strong> suo francese una caratteristica cadenza parigina.<br />

"Io parlo con accento parigino, come ve<strong>di</strong>," scherzava con un suo<br />

corrispondente epistolare.<br />

L'aspetto sfav<strong>il</strong>lante del f<strong>il</strong>osofo, purtroppo, non poteva mascherare<br />

interamente <strong>il</strong> fatto che <strong>il</strong> suo corpo fosse alquanto inferiore<br />

all'ideale olimpico. I suoi arti, come sappiamo da Eckhart,<br />

turbinavano goffamente ogni volta che egli si muoveva. Aveva una<br />

prominenza sulla testa all'incirca delle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> un uovo <strong>di</strong><br />

quaglia, e forse aveva scelto la sua sontuosa pettinatura proprio<br />

per celare questa deformità. <strong>Il</strong> barone von Boineburg, che talvolta<br />

tendeva a essere schietto, si sentì in dovere <strong>di</strong> presentare <strong>il</strong><br />

proprio protetto al ministro degli Esteri francese con queste parole<br />

quasi <strong>di</strong> scusa: "È un uomo che, a <strong>di</strong>spetto del suo insignificante<br />

aspetto esteriore, è in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> mantenere ciò che promette".<br />

<strong>Leibniz</strong> stesso amava raccontare <strong>di</strong> quando, una volta, visitò<br />

una libreria parigina e fu ricevuto in modo ost<strong>il</strong>e dai commessi,<br />

che sulla base del suo aspetto non lo giu<strong>di</strong>carono degno<br />

delle loro attenzioni. Poi entrò un famoso e<strong>di</strong>tore suo conoscente,<br />

lo salutò, e parlò in modo estremamente favorevole del suo<br />

valore intellettuale al proprietario del negozio. I boriosi commessi<br />

<strong>di</strong>vennero improvvisamente molto servizievoli, e <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo ebbe<br />

occasione <strong>di</strong> riflettere sul fatto che gli esseri umani attribuiscono<br />

un'importanza tanto esorbitante alle caratteristiche puramente<br />

fisiche degli in<strong>di</strong>vidui .<br />

Dall'unico ritratto giovan<strong>il</strong>e (eseguito <strong>nel</strong> 1680, quando egli<br />

aveva trentaquattro anni) sembrerebbe che, quanto meno in questo<br />

periodo della sua vita, <strong>il</strong> grac<strong>il</strong>e <strong>Leibniz</strong> fosse ben nutrito. <strong>Il</strong><br />

suo secondo mento si estende generosamente sotto e attorno al<br />

primo e procede senza giunzioni sino alle guance rubiconde. I ritratti<br />

successivi, tutti assegnab<strong>il</strong>i al periodo in cui si avvicinava<br />

ai sessant'anni, tuttavia, mostrano che perdette peso con l'età ­<br />

conseguenza forse <strong>di</strong> sopravvenuti <strong>di</strong>sturbi <strong>di</strong>gestivi che ridussero<br />

la sua <strong>di</strong>eta quasi esclusivamente al latte. Eckhart, che lo conobbe<br />

negli ultimi due decenni della sua vita, lo descrive "più magro<br />

che grasso".<br />

Pur sensib<strong>il</strong>e all'impressione che suscitava negli altri, <strong>Leibniz</strong><br />

<strong>di</strong>mostrava davvero poco interesse per <strong>il</strong> proprio aspetto fi-


9. LEIBNIZ INNAMORATO 125<br />

sico. A giu<strong>di</strong>care dai suoi scritti, sensazioni puramente personali<br />

lo toccavano pochissimo. Aborriva dall'esercizio fisico e conduceva<br />

una vita sedentaria. "Non suda mai," scrisse una volta<br />

orgogliosamente parlando <strong>di</strong> sé in terza persona, beatamente<br />

ignaro del prezzo che negli ultimi anni della sua vita avrebbe dovuto<br />

pagare per questa negligenza. Gli bastava mangiare porridge,<br />

e prendeva a orari strani i suoi pasti, che spesso gli venivano<br />

serviti tra carte e libri, sulla scrivania. Generalmente evitava<br />

<strong>il</strong> vino, ma forse era <strong>di</strong> bocca dolce poiché, <strong>nel</strong>le rare occasioni<br />

in cui se lo concedeva, preferiva vino d<strong>il</strong>uito con acqua e<br />

zucchero. Secondo <strong>Leibniz</strong>, a quanto pare, <strong>il</strong> corpo non era molto<br />

più <strong>di</strong> un attaccapanni su cui appendere dei begli abiti; era<br />

molto più interessato a suscitare una sensazione piuttosto che a<br />

provarla.<br />

<strong>Leibniz</strong> fu un edonista sui generis - un edonista non del corpo,<br />

ma della mente. Una volta descrisse le sue passate abitu<strong>di</strong>ni<br />

<strong>di</strong> lettura come "spinte dall'istinto della delectatio [d<strong>il</strong>etto]".<br />

<strong>Il</strong> medesimo istinto guidò la sua cernita dei piaceri offerti dalla<br />

v<strong>il</strong>le lumière. A quell'epoca, Corne<strong>il</strong>le e Racine dominavano<br />

la scena. Molière morì <strong>nel</strong> 16 73, ma <strong>Leibniz</strong> poté assistere almeno<br />

a uno degli ultimi spettacoli del grande comme<strong>di</strong>ografo.<br />

In seguito, <strong>di</strong>sse che gli era piaciuta molto L'ombre de Molière,<br />

una commemorazione postuma, e una volta descrisse un promettente<br />

attore tedesco come "un secondo Molière". <strong>Il</strong> nuovo<br />

teatro dell'Opéra <strong>di</strong> Parigi aprì i suoi battenti <strong>nel</strong> 1672, per la<br />

gioia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> e per l'orrore <strong>di</strong> un gran numero <strong>di</strong> ecclesiastici<br />

con i quali in seguito egli avrebbe intrattenuto corrispondenza.<br />

<strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo reputava l'opera uno spettacolo raffinato e moralmente<br />

e<strong>di</strong>ficante, purché, ovviamente, gli intrecci non andassero<br />

oltre i limiti del decoro.<br />

<strong>Leibniz</strong> era tanto affascinato dagli spettacoli pubblici, infatti,<br />

che a un certo punto propose <strong>di</strong> fondare una società per <strong>di</strong>vertire<br />

ed e<strong>di</strong>ficare le masse con un nuovo genere <strong>di</strong> spettacolo ­<br />

una sorta <strong>di</strong> sintesi tra spettacolo <strong>di</strong> magia, fiaba scientifica e<br />

opera buffa. In uno stranissimo testo che scrisse a Parigi, per giustificare<br />

tale progetto egli formula una massima forse troppo rivelatrice:<br />

"E necessario prendere <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> in trappola, trarre vantaggio<br />

dalle sue debolezze e ingannar! o allo scopo <strong>di</strong> guarirlo".<br />

Di fronte agli sforzi compiuti da <strong>Leibniz</strong> per rendersi affascinante,<br />

e considerata anche l'attrazione che provava per la sua<br />

città adottiva, è legittimo domandarsi se per caso qualche amore<br />

carnale lo legasse alla capitale della Francia. A Parigi sotto Luigi<br />

XIV, dopo tutto, i corsetti erano fatti per essere slacciati, Molière<br />

riusciva a suscitare <strong>il</strong> riso descrivendo una donna sposata<br />

che non aveva corteggiatori, e le nuove carrozze spesso si tra-


126 IL CORTJG[ANO E l!ERETICO<br />

sformavano in ni<strong>di</strong> d'amore viaggianti, specialmente <strong>nel</strong>le gite<br />

verso <strong>il</strong> complice Bois de Boulogne.<br />

È deludente, ma dobbiamo ammettere che non vi è alcuna<br />

prova persuasiva che <strong>Leibniz</strong> abbia mai con<strong>di</strong>viso <strong>il</strong> proprio letto<br />

con un qualunque altro essere umano. Tra le quin<strong>di</strong>cim<strong>il</strong>a lettere<br />

che costituiscono quanto ci resta della sua corrispondenza,<br />

non una che possa essere qualificata come una lettera d'amore.<br />

Quando aveva quin<strong>di</strong>ci anni, a quanto si <strong>di</strong>ce, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo pronunciò<br />

una formale e tiepida proposta <strong>di</strong> matrimonio. La ricevente chiese<br />

un po' <strong>di</strong> tempo per ponderare l'offerta, tuttavia, e quel tempo<br />

fu più che sufficiente perché i pie<strong>di</strong> del pretendente si congelassero.<br />

Scritti successivi inducono a ritenere che <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>sapprovasse<br />

un aspetto della vita parigina: la licenza sessuale. Durante<br />

la crisi della successione spagnola, quando mette in guar<strong>di</strong>a<br />

gli iberici sui danni che avrebbero patito accettando un Borbone<br />

sul trono, <strong>Leibniz</strong> afferma: "Vi è in Francia una grande libertà,<br />

soprattutto riguardo al sesso, e c'è da temere che essi la<br />

portino con sé a tutto pregiu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> ogni buona morale".<br />

Consideriamo, tuttavia, lo strano caso <strong>di</strong> W<strong>il</strong>helm D<strong>il</strong>linger.<br />

Nell'ultimo decennio della sua vita, <strong>Leibniz</strong> prese come segretario<br />

un giovane pittore, D<strong>il</strong>linger, <strong>il</strong> quale con tutta evidenza <strong>di</strong>venne<br />

proprio un favorito del <strong>cortigiano</strong>. I due erano visti insieme in ogni<br />

circostanza, e <strong>il</strong> giovane accarezzava la speranza <strong>di</strong> ere<strong>di</strong>tare <strong>il</strong> patrimonio<br />

del suo padrone. Ma scoppiò un litigio, i buoni rapporti<br />

si incrinarono e W<strong>il</strong>helm andò via: non avrebbe più rivolto la parola<br />

a <strong>Leibniz</strong>. Un certo numero <strong>di</strong> contemporanei sottolineò che<br />

una straor<strong>di</strong>naria rassomiglianza legava i due uomini, e <strong>nel</strong> 1730<br />

qualcuno scrisse che W<strong>il</strong>helm era figlio <strong>il</strong>legittimo <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. Nel<br />

1789, un <strong>di</strong>scendente povero avanzò delle riven<strong>di</strong>cazioni sul patrimonio<br />

della famiglia <strong>Leibniz</strong> fondandole sulla tesi che D<strong>il</strong>linger<br />

fosse in effetti figlio <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. Tuttavia, W<strong>il</strong>helm era nato a Saarmund<br />

<strong>nel</strong> 1686, <strong>il</strong> che pone sua madre a una certa <strong>di</strong>stanza da <strong>Leibniz</strong><br />

quanto meno al momento del parto. Non si può escludere nemmeno<br />

che W<strong>il</strong>helm possa essere stato l'amante <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. Una sim<strong>il</strong>e<br />

teoria sull'orientamento sessuale del <strong>cortigiano</strong> potrebbe contribuire<br />

a spiegare <strong>il</strong> suo carattere taciturno e forse <strong>il</strong> persistente<br />

senso <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne che restava latente <strong>di</strong>etro l'aspetto socievole che<br />

egli mostrava al <strong>mondo</strong>. In assenza <strong>di</strong> altre prove, comunque, ogni<br />

congettura resta senza fondamento.<br />

Nonostante tutte le scampagnate, a Parigi <strong>Leibniz</strong> si de<strong>di</strong>cò<br />

soprattutto ai propri stu<strong>di</strong>. Spesso lavorava duramente sino a notte<br />

fonda per poi cadere addormentato sulla se<strong>di</strong>a. Tra i segreti del<br />

suo successo vi era <strong>il</strong> fatto che, come molti gran<strong>di</strong> realizzatori,<br />

egli non aveva bisogno <strong>di</strong> molto riposo - gli bastavano dalle quattro<br />

alle sei ore. Mantenne l'abitu<strong>di</strong>ne giovan<strong>il</strong>e <strong>di</strong> leggere e seri-


9. LEIBNIZ INNAMORATO 127<br />

vere mentre viaggiava in carrozza o quando sedeva al tavolo <strong>di</strong><br />

una locanda, perché non era per niente incline a piegarsi alla routine.<br />

Persino gli spettacoli e gli svaghi in città facevano parte integrante<br />

<strong>di</strong> un suo ingegnoso progetto: un modo per stimolare la<br />

propria mente e per garantirsi <strong>il</strong> riconoscimento e lo status necessari<br />

per proseguire i suoi stu<strong>di</strong>.<br />

Potremmo <strong>di</strong>re che <strong>Leibniz</strong> a Parigi, non meno <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> a<br />

Rijnsburg, conduceva una "vita della mente". Ma <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente i<br />

loro rispettivi st<strong>il</strong>i <strong>di</strong> vita avrebbero potuto risultare più <strong>di</strong>versi.<br />

<strong>Spinoza</strong> raccomandava un ragionevole grado <strong>di</strong> attività dei sensi<br />

(ma non ci è dato sapere se la realizzasse), come mezzo per nutrire<br />

<strong>il</strong> corpo, così che esso in cambio fornisse una sana <strong>di</strong>mora<br />

per la mente. La sua "vita della mente" non si definiva in totale<br />

opposizione rispetto a una "vita del corpo", bensì in contrapposizione<br />

rispetto alla vita degli altri - la <strong>di</strong>ssimulazione: una vita<br />

convenzionale de<strong>di</strong>ta al perseguimento della ricchezza e della fama.<br />

La vita della mente <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, d'altro canto, era veramente<br />

qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>scordante rispetto alla vita del corpo, che <strong>nel</strong> suo<br />

caso sembrava sfoggiare sempre un certo grado <strong>di</strong> irrealtà. E, soprattutto,<br />

la vita della mente <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> era tutta incentrata su altre<br />

persone. Era per definizione una vita <strong>di</strong> spettacoli e d<strong>il</strong>etti,<br />

fatta <strong>di</strong> vedere ed essere visti. Di conseguenza, si trattava veramente<br />

<strong>di</strong> una rispettab<strong>il</strong>e sottospecie del perseguimento della ricchezza<br />

e della fama. E, quando se ne presentò la necessità, non<br />

fu per niente incompatib<strong>il</strong>e con un certo elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssimulazione<br />

- ingannare <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> "per guarirlo".<br />

Gli altri <strong>di</strong> cui <strong>Leibniz</strong> si preoccupava tanto erano una razza<br />

molto speciale. I suoi rapporti con l'aristocrazia tedesca gli aprirono<br />

le porte delle più eleganti residenze <strong>di</strong> Parigi, e <strong>il</strong> <strong>cortigiano</strong><br />

azzimato non esitò ad attraversare quelle affascinanti soglie.<br />

Stab<strong>il</strong>ì un rapporto con <strong>il</strong> duca <strong>di</strong> Chevreuse, <strong>il</strong> genero <strong>di</strong> Colbert,<br />

che gli consentì <strong>di</strong> accedere al palazzo del secondo uomo più potente<br />

<strong>di</strong> Francia. Tramite Colbert egli incontrò molti altri <strong>di</strong>gnitari,<br />

tra i quali <strong>il</strong> famoso stu<strong>di</strong>oso Abbé Gallois e Pierre Daniel<br />

Huet, futuro vescovo <strong>di</strong> Avranches - un uomo <strong>di</strong> tale eru<strong>di</strong>zione<br />

che si <strong>di</strong>ceva che <strong>il</strong> suo appartamento parigino fosse crollato sotto<br />

<strong>il</strong> peso dei suoi libri. <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>scusse inoltre su temi f<strong>il</strong>osofici<br />

con <strong>il</strong> grande cartesiano Nicolas Malebranche e, ovviamente,<br />

con <strong>il</strong> suo idolo Antoine Arnauld, <strong>il</strong> quale a sua volta lo presentò<br />

a molti altri luminari parigini. I.: elenco delle persone che <strong>Leibniz</strong><br />

incontrò <strong>nel</strong>la capitale francese include inoltre: un famoso dottore,<br />

un rinomato architetto, un astronomo, un f<strong>il</strong>ologo, un e<strong>di</strong>tore,<br />

numerosi matematici e molti bibliotecari.


128 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

Uno dei più importanti contatti <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> durante <strong>il</strong> suo primo<br />

anno a Parigi fu Christiaan Huygens. Rampollo <strong>di</strong> una nob<strong>il</strong>e<br />

famiglia dell'Aja, Huygens era <strong>il</strong> capo della prestigiosa Académie<br />

royale cles sciences. Per grazia del re in persona, egli risiedeva in<br />

uno splen<strong>di</strong>do appartamento con giar<strong>di</strong>no presso la Bibliothèque<br />

royale. All'epoca in cui <strong>Leibniz</strong> si recò a fargli visita, Huygens aveva<br />

una quarantina d'anni, era un po' troppo rotondetto, con <strong>il</strong> mento<br />

un po' flaccido, e già sofferente <strong>di</strong> quei <strong>di</strong>sturbi respiratori che<br />

lo avrebbero costretto a lasciare Parigi per fare ritorno <strong>nel</strong> castello<br />

<strong>di</strong> famiglia, all'Aja. <strong>Leibniz</strong> donò a Huygens <strong>il</strong> suo progetto <strong>di</strong><br />

una macchina per <strong>il</strong> calcolo aritmetico, che stava realizzando proprio<br />

allora. Descrisse inoltre alcuni dei suoi più recenti lavori matematici.<br />

Huygens restò impressionato. Percepiva che, nonostante<br />

la mancanza <strong>di</strong> esercizio formale, <strong>il</strong> suo giovane visitatore era<br />

un eccezionale talento. Suggerì percorsi <strong>di</strong> ricerca che successivamente<br />

si sarebbero rivelati abbastanza fruttuosi per <strong>Leibniz</strong>. Potrebbe<br />

aver detto qualcosa anche a proposito <strong>di</strong> Spino?::.. Sebbene<br />

fosse incline a riferirsi al f<strong>il</strong>osofo chiamandolo sbrigativamente "<strong>il</strong><br />

nostro ebreo", Huygens aveva letto <strong>il</strong> Tractatus theologico-politicus<br />

e, a quanto si <strong>di</strong>ce, lo teneva in grande considerazione.<br />

All'inizio del 1673, Melchior von Schonborn, genero <strong>di</strong> Boineburg<br />

ed erede dell'elettore <strong>di</strong> Magonza, invitò <strong>Leibniz</strong> a unirsi a lui<br />

in una missione <strong>di</strong>plomatica presso la corte <strong>di</strong> Carlo n. Desideroso<br />

<strong>di</strong> estendere la sua rete <strong>di</strong> rapporti sino a Londra, l'altra grande<br />

capitale europea delle lettere, <strong>Leibniz</strong> colse al volo l'opportunità.<br />

Nelle sue valigie impacchettò la macchina per <strong>il</strong> calcolo aritmetico,<br />

che per <strong>il</strong> momento era ancora solo un prototipo.<br />

Dopo una tempestosa traversata della Manica, <strong>Leibniz</strong> corse<br />

al Gresham College e bussò alla porta del vecchio amico <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>,<br />

Henry Oldenburg, con <strong>il</strong> quale per tre anni aveva intrattenuto<br />

una corrispondenza epistolare. Oldenburg <strong>di</strong>ede un caldo<br />

benvenuto al suo giovane compatriota e organizzò per lui la presentazione<br />

della macchina calcolatrice ai membri della Royal<br />

Society. Pochi giorni dopo, i rappresentanti della Royal Society<br />

si riunirono in assemblea per vedere <strong>il</strong> congegno e per conoscerne<br />

l'inventore. Secondo <strong>il</strong> resoconto che <strong>Leibniz</strong> fornì al duca <strong>di</strong><br />

Hannover, <strong>il</strong> comitato dei più celebri scienziati d'Ingh<strong>il</strong>terra lo<br />

salutò con un "grande applauso" e riconobbe <strong>nel</strong>la sua macchina<br />

calcolatrice "una delle più notevoli invenzioni dell'epoca".<br />

Gli atti della Royal Society, d'altro canto, <strong>di</strong>pingono un quadro<br />

un po' <strong>di</strong>verso dell'evento. La macchina non era ancora ultimata<br />

ed era soggetta a guasti meccanici. Robert Hooke - <strong>il</strong> quale, senza<br />

dubbio, aveva fama <strong>di</strong> detestare chiunque e qualunque cosa - si<br />

mostrò apertamente sprezzante verso <strong>il</strong> congegno, e ancora più<br />

sgradevoli furono i commenti che fece sul giovane tedesco <strong>di</strong>etro


9. LEIBNIZ INNAMORATO 129<br />

le sue spalle. Alla fine dell'esibizione, Oldenburg ottenne da <strong>Leibniz</strong><br />

la promessa che avrebbe rime<strong>di</strong>ato ai <strong>di</strong>fetti della macchina e<br />

ne avrebbe spe<strong>di</strong>to entro l'anno una versione perfezionata.<br />

Al suo ritorno a Parigi, <strong>Leibniz</strong> ricevette da Oldenburg la notizia<br />

che la sua richiesta <strong>di</strong> essere accolto tra i membri della Royal<br />

Society era stata accettata in forza della sua promessa <strong>di</strong> fornire<br />

alla Society una versione definitiva della macchina calcolatrice.<br />

Nel tentativo <strong>di</strong> rassicurare <strong>il</strong> nuovo socio, Oldenburg poneva in<br />

r<strong>il</strong>ievo che Hooke si mostrava sempre così sgradevole con chiunque.<br />

(Effettivamente, in quel periodo Oldenburg e Hooke erano<br />

in perenne contrasto.) <strong>Leibniz</strong>, apparentemente ignaro che, secondo<br />

le consuetu<strong>di</strong>ni della Society, l'invito ad associarsi richiedeva<br />

una risposta formale in cui venissero dettagliati i propri progetti<br />

<strong>di</strong> ricerca scientifica, rispose con una sbrigativa lettera <strong>di</strong><br />

ringraziamento. Irritato da questa infrazione al protocollo, Oldenburg<br />

sollecitò <strong>il</strong> nuovo associato a produrre una più consona<br />

lettera <strong>di</strong> accettazione, che <strong>Leibniz</strong>, per quanto r<strong>il</strong>uttante, scrisse<br />

ben presto.<br />

Quando incontrarono <strong>di</strong> persona Oldenburg per la prima volta,<br />

<strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong> avevano quasi la stessa età: <strong>Spinoza</strong> aveva<br />

ventotto anni, <strong>Leibniz</strong> ne aveva ventisei. Ma le lettere <strong>di</strong> Oldenburg<br />

a <strong>Leibniz</strong> sembrano <strong>di</strong>rette a un interlocutore assai più giovane.<br />

Quando scrive al compatriota tedesco, Oldenburg adotta<br />

un tono paterno, a volte incoraggiando <strong>il</strong> giovane stu<strong>di</strong>oso, a volte<br />

rimproverandolo. Sembra che egli abbia preso a interessarsi a<br />

<strong>Leibniz</strong> almeno in parte per un sentimento <strong>di</strong> solidarietà nazionale.<br />

Non vi è segno dell'intimità, della soggezione, o dell'incomprensione<br />

con cui egli trattò <strong>Spinoza</strong>, e non vi è nemmeno<br />

in<strong>di</strong>cazione alcuna che egli si attendesse gran<strong>di</strong> cose da <strong>Leibniz</strong><br />

finché non si presentò la faccenda del calcolo. C'è, invece, qualche<br />

segno <strong>di</strong> irritazione. Quando, dopo oltre un anno dalla sua<br />

visita a Londra, <strong>Leibniz</strong> non aveva ancora inviato una versione<br />

migliorata della macchina calcolatrice, Oldenburg non riuscì a<br />

celare la propria esasperazione:<br />

Per favore, mi permetta <strong>di</strong> avvisarla che Ella è obbligata a spe<strong>di</strong>re<br />

alla Royal Society la sua macchina aritmetica, come io ho promesso<br />

per suo conto. Senza dubbio io spero che lei, come tedesco e come<br />

membro della Society, manterrà la sua parola, al più presto e al<br />

meglio, per sollevarmi da questa ansia per la reputazione <strong>di</strong> un compatriota,<br />

che mi ha causato non poca preoccupazione. Per <strong>il</strong> resto,<br />

stia bene e perdoni se mi sono preso questa libertà.<br />

Ciò nonostante, trascorsero ancora due anni prima che <strong>Leibniz</strong><br />

presentasse la sua macchina ai membri della Royal Society,<br />

e anche allora <strong>il</strong> congegno era ancora imperfetto.


130 IL CORTIGIANO E [!ERETICO<br />

<strong>Leibniz</strong> aveva un certo garbo con la gente. Come <strong>Spinoza</strong>, si<br />

faceva amici fac<strong>il</strong>mente, e anzi per la verità i due f<strong>il</strong>osofi avevano<br />

molti amici in comune. Anche <strong>Leibniz</strong> credeva che niente fosse<br />

tanto ut<strong>il</strong>e all'essere umano quanto un altro essere umano ­<br />

riteneva che "l'uomo è un <strong>Dio</strong> per l'uomo", "homo ho mini Deus",<br />

come <strong>di</strong>ceva <strong>Spinoza</strong>. Ma <strong>Leibniz</strong> evidentemente non con<strong>di</strong>videva<br />

l'opinione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> che i suoi amici dovessero essere "uomini<br />

<strong>di</strong> ragione". Al contrario, <strong>Leibniz</strong> si aspettava che i suoi amici<br />

fossero capaci <strong>di</strong> fare qualcosa per <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> (e forse anche per<br />

lui). <strong>Il</strong> potere - sia <strong>il</strong> bruto potere politico dei tanti duchi e principi<br />

che egli frequentava, sia <strong>il</strong> potere intellettuale dei suoi amici<br />

<strong>nel</strong>le accademie e <strong>nel</strong>le chiese - era la caratteristica che più<br />

spesso conquistava l'attaccamento <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>.<br />

Per <strong>il</strong> bene dell'umanità, in effetti, non poteva essere altrimenti.<br />

<strong>Leibniz</strong> spiega <strong>il</strong> perché al duca <strong>di</strong> Hannover: "Poiché ci<br />

si attende dai gran<strong>di</strong> principi i rime<strong>di</strong> ai mali della società e poiché<br />

essi sono i più potenti strumenti della benevolenza <strong>di</strong>vina,<br />

necessariamente essi sono amati da tutti coloro che nutrono sentimenti<br />

<strong>di</strong>sinteressati, che cercano non la felicità propria ma quella<br />

collettiva".<br />

La denominazione più adatta per quel tipo <strong>di</strong> persone che<br />

<strong>Leibniz</strong> desiderava incontrare è proprio quella che usava egli stesso:<br />

"personalità eccellenti". Personalità eccellenti erano sia quelle<br />

rese tali dalla nascita, sia coloro che erano <strong>di</strong>venute tali in virtù<br />

dei propri talenti e delle proprie qualità. Più eccellenti fra tutti,<br />

agli occhi <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, tendevano a essere coloro che combinavano<br />

un nob<strong>il</strong>e pe<strong>di</strong>gree con un grande intelletto - uomini come<br />

Antoine Arnauld, Christiaan Huygens, e, <strong>di</strong> lì a poco, Walther<br />

Ehrenfried von Tschirnhaus.<br />

Secondo <strong>il</strong> suo resoconto, i risultati raggiunti da <strong>Leibniz</strong> a Parigi<br />

furono davvero notevoli. "Mai vi era stato uno straniero [ . . . ]<br />

che avesse ricevuto più favorevole accoglienza dalle persone <strong>di</strong><br />

merito," egli afferma parlando <strong>di</strong> sé. In una lettera del gennaio<br />

1675 al duca <strong>di</strong> Hannover, fornisce una valutazione <strong>di</strong> sé tipicamente<br />

estatica:<br />

A Parigi è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e <strong>di</strong>stinguersi. Vi si trovano gli uomini più capaci<br />

in tutte le scienze, e per farsi una reputazione occorrono molto lavoro<br />

e una certa soli<strong>di</strong>tà. In breve, io non so come sono riuscito ad<br />

avere successo e a essere riconosciuto come un in<strong>di</strong>viduo capace <strong>di</strong><br />

fare qualcosa <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario.<br />

<strong>Leibniz</strong> non aveva bisogno <strong>di</strong> pretesti per darsi delle arie; ma<br />

in questo caso, come sempre con Johann Friedrich, egli aveva un


9. LEIBNIZ INNAMORATO 131<br />

piano preciso. Intendeva garantirsi <strong>il</strong> sostegno materiale per continuare<br />

a vivere a Parigi. Tuttavia, nonostante la straor<strong>di</strong>naria accoglienza<br />

che aveva ricevuto, gli sforzi <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> per restare <strong>nel</strong>la<br />

città più colta e più potente dell'universo non sarebbero giunti<br />

a buon fine.<br />

Durante <strong>il</strong> primo anno trascorso a Parigi, <strong>Leibniz</strong> ebbe la fortuna<br />

<strong>di</strong> essere sostenuto dal barone von Boineburg, un uomo che<br />

lo capiva bene e che con<strong>di</strong>videva i suoi stessi interessi. Boineburg<br />

incaricò <strong>il</strong> suo protetto <strong>di</strong> occuparsi dei suoi beni immob<strong>il</strong>i<br />

in pericolo, e così fornì a <strong>Leibniz</strong> un'ottima scusa per restare<br />

a Parigi. <strong>Il</strong> barone, tuttavia, morì relativamente giovane verso la<br />

fine del 1672, lasciando <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo privo <strong>di</strong> uno dei suoi più importanti<br />

protettori. Come una sorta <strong>di</strong> dono d'ad<strong>di</strong>o, in punto <strong>di</strong><br />

morte, Boineburg affidò a <strong>Leibniz</strong>, come allievo, <strong>il</strong> proprio figlio<br />

se<strong>di</strong>cenne.<br />

<strong>Leibniz</strong> colse al volo la propria missione pedagogica: pre<strong>di</strong>spose<br />

un energico piano <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> che avrebbe tenuto occupato <strong>il</strong><br />

<strong>di</strong>stinto adolescente dalle sei del mattino alle <strong>di</strong>eci <strong>di</strong> sera, ogni<br />

giorno, e insistette perché vivessero sotto lo stesso tetto. <strong>Il</strong> giovane<br />

Boineburg, purtroppo, ben presto si ribellò contro le draconiane<br />

richieste del suo precettore, preferendo invece coltivare<br />

la propria vir<strong>il</strong>ità in compagnia dei propri pari, <strong>di</strong> notte, in giro<br />

per la città. L'aristocratico allievo e <strong>il</strong> suo severissimo insegnante<br />

presero a detestarsi reciprocamente. La madre del giovanotto<br />

protestò per conto del figlio. <strong>Leibniz</strong> rispose dolendosi <strong>di</strong> non<br />

aver ricevuto un adeguato compenso dal casato <strong>di</strong> Boineburg per<br />

la sua opera passata e presente. Dopo una lunga guerra fredda<br />

che portò come conseguenza scarso insegnamento e nessuna ricompensa<br />

in denaro, Frau von Boineburg, <strong>nel</strong>l'autunno del 16 74,<br />

destituì <strong>il</strong> precettore privato.<br />

Al suo ritorno da Londra, <strong>Leibniz</strong> supplicò l'elettore <strong>di</strong> Magonza<br />

perché gli consentisse <strong>di</strong> restare a Parigi pur continuando<br />

a percepire <strong>il</strong> suo salario da Magonza. L'elettore gli concesse <strong>di</strong><br />

"restare per qualche tempo" in Francia, ma rifiutò <strong>di</strong> pagare <strong>Leibniz</strong>.<br />

L'elettore semplicemente non sapeva che farsene <strong>di</strong> un matematico<br />

<strong>di</strong>plomatico in una città straniera, e, come suo figlio dovette<br />

infine spiegare a <strong>Leibniz</strong>, "la liberalità dei principi non si<br />

spinge sino alla rovina dei loro stati".<br />

<strong>Leibniz</strong> si <strong>di</strong>ede allora alla giurisprudenza. La natura della<br />

sua attività legale risulta evidente <strong>nel</strong> caso del suo cliente più<br />

importante, <strong>il</strong> potente duca del Meclemburgo-Schwerin. Circa<br />

quin<strong>di</strong>ci anni prima, <strong>il</strong> duca aveva sposato una cugina - principalmente<br />

allo scopo <strong>di</strong> aggiungere le sue terre ai propri domini.<br />

Ben poco amore, tuttavia, albergava <strong>nel</strong> cuore del duca,<br />

che cominciò a maltrattare la moglie. Lei scappò da quelle ter-


132 IL CORTIGIANO E I:ERETICO<br />

re, e lui trovò rifugio presso la corte <strong>di</strong> Luigi XIV proprio mentre<br />

i suoi sud<strong>di</strong>ti si ribellavano contro <strong>il</strong> suo malgoverno. Ormai<br />

al sicuro nei propri appartamenti a Versa<strong>il</strong>les, <strong>il</strong> duca si convertì<br />

al cattolicesimo e fuggì con una nob<strong>il</strong>donna francese. Questa<br />

volta era vero amore - oppure lei era molto persuasiva - sicché,<br />

dopo la morte della sua prima moglie, <strong>il</strong> duca si prese la<br />

briga <strong>di</strong> risposarsi con la consorte francese in modo più formale.<br />

Ma quando <strong>il</strong> fiore dell'amore svanì dalla sua rosa francese,<br />

questo Enrico VIII in miniatura decise <strong>di</strong> <strong>di</strong>vorziare anche<br />

da lei. Preoccupato <strong>di</strong> garantire la legalità del proce<strong>di</strong>mento,<br />

egli prese al suo servizio <strong>Leibniz</strong> affinché in<strong>di</strong>viduasse le leggi<br />

religiose e civ<strong>il</strong>i pertinenti.<br />

I.: ab<strong>il</strong>e giovane giurista <strong>di</strong>mostrò che <strong>il</strong> matrimonio del duca<br />

con la prima moglie non si era propriamente concluso con un <strong>di</strong>vorzio,<br />

sicché <strong>il</strong> secondo matrimonio non era valido, e pertanto<br />

poteva essere annullato senza <strong>di</strong>vorzio. Tutto sembrava volgere<br />

al meglio per <strong>il</strong> duca, quando gli fu fatto notare che l'impeccab<strong>il</strong>e<br />

logica <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, malauguratamente, si applicava solo alle sue<br />

prime nozze con la seconda moglie, e non alle seconde nozze, avvenute<br />

dopo la morte della prima consorte. <strong>Leibniz</strong> si <strong>di</strong>chiarò<br />

sod<strong>di</strong>sfatto del risultato, ma <strong>il</strong> duca era seccatissimo, perché ora<br />

evidentemente non poteva più scrollarsi <strong>di</strong> dosso la moglie francese<br />

per tutta la vita. <strong>Il</strong> duca, presumib<strong>il</strong>mente calcolando che <strong>il</strong><br />

suo legale avesse ragione solo a metà, gli pagò solo la metà dell'onorario<br />

pattuito: <strong>Leibniz</strong> protestò in<strong>di</strong>gnato, ma senza sortire<br />

alcun effetto.<br />

Ancora a corto <strong>di</strong> denaro da spendere, per risolvere i suoi problemi<br />

materiali <strong>Leibniz</strong> contava ora sulla sua macchina calcolatrice.<br />

Nel 1675, era ormai in possesso <strong>di</strong> una versione migliorata,<br />

ma non ancora perfetta, <strong>di</strong> questo congegno. Anziché spe<strong>di</strong>rla<br />

alla Royal Society, come aveva promesso a Oldenburg, tuttavia,<br />

egli preferì inviarla al primo ministro Colbert, <strong>nel</strong>la speranza<br />

<strong>di</strong> riuscire a vendergliela. Colbert, che all'epoca tentava <strong>di</strong> ripianare<br />

gli spaventosi debiti contratti da Luigi XIV <strong>nel</strong>la realizzazione<br />

<strong>di</strong> Versa<strong>il</strong>les con progetti <strong>di</strong> riforma delle finanze francesi,<br />

ovviamente aveva bisogno <strong>di</strong> ogni aiuto <strong>nel</strong> suo ufficio contab<strong>il</strong>ità.<br />

Mise dunque a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> i servigi <strong>di</strong> alcuni<br />

suoi artigiani. Purtroppo, benché apprezzasse moltissimo l'idea<br />

su cui si basava l'invenzione, lo statista comprendeva che la<br />

sua materializzazione fisica non era ancora adeguata a un uso<br />

efficace, e si rifiutò <strong>di</strong> acquistarla.<br />

<strong>Leibniz</strong> affidò le sue più entusiastiche speranze <strong>di</strong> carriera alla<br />

Académie Royale <strong>di</strong> Parigi. I..:Accademia era la versione secentesca<br />

del nirvana intellettuale. I suoi se<strong>di</strong>ci membri beneficiavano<br />

<strong>di</strong> pensioni a vita, senza alcuna responsab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> inse-


9. LEIBNIZ INNAMORATO 133<br />

gnamento e con la sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> sapere che non v'era al <strong>mondo</strong><br />

istituzione culturale più prestigiosa. Le aspettative leibniziane<br />

<strong>di</strong> raggiungere una così beata con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> vita parvero sul<br />

punto <strong>di</strong> realizzarsi alla fine del 1675, quando uno degli <strong>il</strong>lustri<br />

accademici spirò. Le cose sembravano proprio volgere al meglio<br />

quando la sua can<strong>di</strong>datura ricevette l'avallo del suo amico, l'Ab bé<br />

Gallois. Ma poi, in un'altra <strong>di</strong> quelle inesplicab<strong>il</strong>i esplosioni <strong>di</strong><br />

ost<strong>il</strong>ità che anche altre volte hanno fatto improvvisamente irruzione<br />

<strong>nel</strong>la vita <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, Gallois negò clamorosamente <strong>il</strong> proprio<br />

appoggio, e la domanda fu respinta.<br />

<strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo ipotizzò, in seguito, che l'Accademia gli avesse negato<br />

un posto perché i suoi membri avevano l'impressione che, con<br />

l'olandese Huygens e l'astronomo italiano Gian Domenico Cassini<br />

già ingaggiati, vi fossero fin troppi stranieri tra gli accademici. Ma,<br />

forse, Gallois aveva voluto pareggiare i conti. A quanto sembra, un<br />

giorno, qJentre l'Abbé presentava una <strong>di</strong>ssertazione accademica,<br />

<strong>Leibniz</strong> non poté fare a meno <strong>di</strong> lasciarsi sfuggire un sorriso. L'ipersensib<strong>il</strong>e<br />

Gallois lo interpretò come una mancanza <strong>di</strong> rispetto,<br />

e decise <strong>di</strong> esigere l'adeguato livello <strong>di</strong> vendetta.<br />

<strong>Il</strong> <strong>di</strong>sperato bisogno che <strong>Leibniz</strong> sentiva <strong>di</strong> raggiungere la<br />

sicurezza materiale è evidente <strong>nel</strong>l'euforia con cui egli accarezzò<br />

quello che noi dobbiamo considerare come <strong>il</strong> meno verosim<strong>il</strong>e<br />

dei suoi progetti finanziari. In una lettera dell'ottobre<br />

1675 in<strong>di</strong>rizzata ai suoi parenti in Germania, egli chiede denaro<br />

per un'occasione <strong>di</strong> investimento come se ne presentano una<br />

volta sola <strong>nel</strong>la vita:<br />

Avendo, con <strong>il</strong> mio lavoro e con la grazia <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, accumulato un po'<br />

<strong>di</strong> denaro, io ho trovato un'occasione <strong>di</strong> investirlo in modo da trarne<br />

un red<strong>di</strong>to sicuro e costante. [ ... ] Alcune <strong>di</strong>stinte persone <strong>di</strong> rango,<br />

particolarmente ben <strong>di</strong>sposte nei miei confronti, mi hanno proposto<br />

<strong>di</strong> acquistare un tale ufficio, o carica, i cui proventi basterebbero,<br />

<strong>nel</strong> corso del tempo, a estinguere <strong>il</strong> piccolo debito che inizialmente<br />

dovrei contrarre. Queste persone; da cui in parte <strong>di</strong>pende la<br />

faccenda, serbano l'ufficio per me, e impe<strong>di</strong>scono che altri, i quali<br />

sono desiderosi <strong>di</strong> acquistarlo a più caro prezzo, mi precedano. [ ... ]<br />

Quanto a me, io posso solo pensare che le circostanze sono una <strong>di</strong>vina<br />

ricompensa e una chiamata da <strong>Dio</strong>, <strong>il</strong> quale fa sì che tutte le cose<br />

così pro<strong>di</strong>giosamente si armonizzino insieme.<br />

La carica per arricchire velocemente, che <strong>Dio</strong> tanto me<strong>di</strong>tatamente<br />

aveva riservato a <strong>Leibniz</strong>, doveva essere in definitiva un<br />

posto <strong>di</strong> esattore delle imposte, forse <strong>di</strong> quello stesso tipo che Luigi<br />

XIV era solito vendere ad aspiranti membri della borghesia come<br />

un mezzo per raccogliere fon<strong>di</strong> per le sue costose avventure<br />

m<strong>il</strong>itari. Avrebbe concesso a <strong>Leibniz</strong> <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> riscuotere, se-


134 IL CORTIGIANO E I!ERETICO<br />

condo le sue stime, ottocento talleri l'anno durante i primi anni,<br />

per salire fino a m<strong>il</strong>le talleri, e "anche oltre".<br />

I circa m<strong>il</strong>le talleri l'anno che <strong>Leibniz</strong> prevedeva <strong>di</strong> ricavare<br />

dalla sua occupazione ideale a Parigi verranno a essere circa la<br />

metà del livello <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to che alla fine egli raggiunse a Hannover<br />

dopo strenui sforzi per migliorare le proprie con<strong>di</strong>zioni economiche.<br />

Al tasso <strong>di</strong> cambio corrente all'epoca, duem<strong>il</strong>a talleri corrispondevano<br />

approssimativamente a trem<strong>il</strong>a trecento fiorini olandesi.<br />

<strong>Spinoza</strong>, per fare un paragone, si contentava <strong>di</strong> vivere con<br />

trecento fiorini l'anno circa (in Olanda, bisogna aggiungere, dove<br />

i prezzi erano significativamente più alti che in ogni altra parte<br />

del continente). Se noi definiamo una Unità del F<strong>il</strong>osofo come la<br />

somma che un dato f<strong>il</strong>osofo ritiene gli sia necessaria per mantenersi<br />

in buono spirito f<strong>il</strong>osofico, possiamo scrivere l'equazione:<br />

l Unità <strong>Leibniz</strong> =<br />

11 Unità <strong>Spinoza</strong><br />

Ovvero, puoi nutrire, alloggiare e vestire qualcosa più <strong>di</strong> un<strong>di</strong>ci<br />

<strong>Spinoza</strong> al prezzo <strong>di</strong> un <strong>Leibniz</strong>.<br />

È interessante anche r<strong>il</strong>evare che, <strong>nel</strong>la lettera ai parenti,<br />

<strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>chiari <strong>di</strong> avere già "accumulato un po' <strong>di</strong> denaro". I<br />

suoi risparmi risultavano inferiori alla somma richiesta per <strong>il</strong><br />

suo investimento, ma non erano così esigui da essere irr<strong>il</strong>evanti.<br />

Sembra verosim<strong>il</strong>e dunque che <strong>il</strong> giovane <strong>cortigiano</strong> fosse già<br />

in possesso <strong>di</strong> svariate centinaia <strong>di</strong> talleri - cioè <strong>di</strong> svariate Unità<br />

<strong>Spinoza</strong>. In altre parole, se egli si fosse contentato <strong>di</strong> vivere come<br />

era avvezzo <strong>Spinoza</strong> - cioè, se avesse preso in affitto una casa<br />

<strong>di</strong> campagna alla periferia <strong>di</strong> Parigi, se avesse mangiato uva<br />

passa a mezzogiorno e farinata sem<strong>il</strong>iquida d'avena e latte a cena,<br />

e se si fosse vestito come <strong>il</strong> farmacista del luogo - <strong>Leibniz</strong><br />

molto probab<strong>il</strong>mente possedeva già i mezzi per vivere a Parigi.<br />

Ma una sim<strong>il</strong>e eventualità era chiaramente impensab<strong>il</strong>e. <strong>Leibniz</strong><br />

dava per certo che la vita della mente è, anche, una vita <strong>di</strong><br />

status. Egli intendeva lasciare la propria impronta non in una<br />

qualche futura comunità <strong>di</strong> ragione, ma <strong>nel</strong>la scint<strong>il</strong>lante società<br />

del <strong>mondo</strong> presente, con le sue limitate risorse <strong>di</strong> onori,<br />

cariche e ricchezze.<br />

I piani <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> per la sicurezza economica <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, tuttavia,<br />

si rivelarono <strong>di</strong>fferenti da quel che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo si aspettava. Non<br />

avendo avuto notizie <strong>di</strong> Gottfried per qualche tempo, e restando<br />

ancora all'oscuro sui piani che lo avevano condotto a Parigi, i parenti<br />

in Germania rifiutarono <strong>di</strong> partecipare al suo progetto <strong>di</strong><br />

investire <strong>nel</strong>l'acquisto <strong>di</strong> una carica. Invece, essi rispolverarono<br />

la consueta nube <strong>di</strong> sospetti circa <strong>il</strong> suo patriottismo, la sua religiosità<br />

e <strong>il</strong> suo comportamento personale.


9. LEIBNIZ INNAMORATO 135<br />

Nel suo non troppo delicato messaggio del 1675 al duca <strong>di</strong><br />

Hannover, <strong>Leibniz</strong> sospira: "Un uomo come me non ha altra possib<strong>il</strong>ità<br />

che andare alla ricerca <strong>di</strong> un grande principe". Si strugge<br />

al pensiero del giorno in cui "io avrò condotto la mia nave in<br />

porto, e non sarò più costretto a correre <strong>di</strong>etro alla gente". Si <strong>di</strong>ce<br />

certo che la sicurezza economica gli offrirà una solida base<br />

dalla quale potrà realizzare <strong>il</strong> proprio <strong>destino</strong>: "Perché l'esperienza<br />

mi ha insegnato che tutti ti cercheranno con entusiasmo,<br />

quando tu non avrai più bisogno <strong>di</strong> andarli a cercare".<br />

Ma non era mai abbastanza. La nave <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> non giunse<br />

mai in porto. Anche quando ebbe accumulato cariche, titoli e risparmi<br />

a sufficienza per poter essere considerato un uomo molto<br />

ricco, egli non cessò mai <strong>di</strong> correre <strong>di</strong>etro alla gente <strong>nel</strong>l'affannosa<br />

ricerca <strong>di</strong> altro denaro e <strong>di</strong> maggiore sicurezza. La vita<br />

per <strong>Leibniz</strong> era una continua lotta contro i furti del <strong>mondo</strong> materiale,<br />

una ininterrotta lamentela contro la precarietà dell'esistenza<br />

- in curioso contrasto con la metafisica ottimistica che<br />

successivamente egli presentò al pubblico, secondo la quale tutto<br />

accade per <strong>il</strong> meglio e l'anima immateriale resta immune da<br />

ogni forza esterna.<br />

<strong>Leibniz</strong> non la considerò mai avi<strong>di</strong>tà; la considerava come<br />

una parte del proprio progetto <strong>di</strong> far progre<strong>di</strong>re le scienze e <strong>di</strong><br />

servire <strong>Dio</strong>. Sempre, quando questionava con un datore <strong>di</strong> lavoro<br />

dopo l'altro per reclamare quelle somme <strong>di</strong> denaro che egli riteneva<br />

gli appartenessero, manifestava autentica costernazione,<br />

come se assistesse non soltanto a un'offesa nei suoi confronti ma<br />

ad<strong>di</strong>rittura a un'ingiustizia verso l'umanità, che avrebbe inut<strong>il</strong>mente<br />

sofferto se uno dei suoi migliori f<strong>il</strong>osofi non fosse riuscito<br />

a garantirsi i mezzi economici necessari per liberarsi dalle<br />

preoccupazioni materiali. Tra i suoi contemporanei, tuttavia, sembra<br />

vi fossero ben pochi dubbi in proposito. Dice Eckhart, che<br />

pure generalmente vedeva le cose <strong>nel</strong> loro aspetto migliore: "<strong>Leibniz</strong><br />

nutriva un amore per <strong>il</strong> denaro che era pressoché sor<strong>di</strong>do".<br />

Per la sua permanenza a Parigi, in ogni caso, <strong>Leibniz</strong> aveva<br />

un piano <strong>di</strong> riserva, anche se la prospettiva <strong>di</strong> doversene avvalere<br />

non gli piaceva affatto. Sin dal 1673, <strong>il</strong> duca <strong>di</strong> Hannover gli<br />

aveva offerto un posto <strong>nel</strong>la sua corte - a Hannover. La proposta<br />

incombeva sul futuro <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> con tutta la tristezza <strong>di</strong> una casa<br />

tetra verso la quale un bambino sa <strong>di</strong> dover tornare prima del<br />

calar delle tenebre. Per tre anni, <strong>Leibniz</strong> trattò l'offerta, cercando<br />

<strong>di</strong> tenerla in vita senza però accettarla. La sua lettera del 16 7 5<br />

al duca sembra costituisca l'ultimo, eroico sforzo per tenere aperta<br />

la partita ancora più a lungo.


136 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

L'oggetto del contendere, ovviamente, era <strong>il</strong> lavoro. Nonostante<br />

le preoccupazioni finanziarie e le altre <strong>di</strong>strazioni, nei suoi<br />

anni parigini <strong>Leibniz</strong> perseguì la ricerca scientifica con <strong>il</strong> vigore<br />

<strong>di</strong> un'intera università. Era una macchina per apprendere. La sua<br />

capacità <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are e <strong>di</strong> scrivere sembrerebbe terrificante se non<br />

fosse tanto stupefacente. I centocinquantam<strong>il</strong>a fogli manoscritti<br />

conservati nei suoi archivi dovrebbero certamente collocarlo in<br />

cima (o quasi) all'elenco degli intellettuali più fecon<strong>di</strong> della storia,<br />

sia che misuriamo la sua produttività in termini <strong>di</strong> PPM (parole<br />

per minuto <strong>di</strong> vita), oppure in termini <strong>di</strong> IPM (idee per minuto),<br />

o secondo qualunque altra unità <strong>di</strong> misura.<br />

A prima vista, le indagini <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> a Parigi mostrano tutti i<br />

segni rivelatori della onnimania che caratterizzava le sue precedenti<br />

attività in Germania. All'elenco delle br<strong>il</strong>lanti idee che egli<br />

aveva menzionato <strong>nel</strong> 16 71 al duca <strong>di</strong> Hannover occorre aggiungere<br />

ora: un progetto per un nuovo tipo <strong>di</strong> orologio; nuove penetranti<br />

intuizioni su una molteplicità <strong>di</strong> problemi storiografici; e<br />

inoltre <strong>il</strong> progetto <strong>di</strong> tradurre alcuni testi antichi. Egli manifestò<br />

particolare interesse per le arti meccaniche. Visitò molti artigiani<br />

<strong>nel</strong>le loro botteghe, r<strong>il</strong>evando che "vi è qui [a Parigi] un'infinità<br />

<strong>di</strong> curiosità, <strong>nel</strong>l'oreficeria, <strong>nel</strong>la decorazione a smalto, <strong>nel</strong>la<br />

lavorazione del vetro, <strong>nel</strong>la fabbricazione <strong>di</strong> orologi, <strong>nel</strong>la conceria<br />

e <strong>nel</strong>la manifattura degli oggetti in peltro".<br />

Era irresistib<strong>il</strong>mente affascinato, inoltre, dai misteri più incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i.<br />

La sua ampia e <strong>di</strong>ffusa rete <strong>di</strong> agenti segreti lo teneva<br />

informato sulle più recenti bizzarrie, come un uomo che può<br />

mangiare <strong>il</strong> fuoco (apparentemente spalmandosi sulla lingua un<br />

certo tipo <strong>di</strong> resina), un gigante alto quasi due metri e venti, svariati<br />

<strong>di</strong>sastri naturali inesplicab<strong>il</strong>i, come una montagna che misteriosamente<br />

collassò su se stessa, e, ovviamente, le ultime scoperte<br />

<strong>nel</strong> campo dell'alchimia. Una volta, già avanti negli anni,<br />

gli giunse voce <strong>di</strong> un cane parlante, ed egli fece appositamente<br />

un viaggio per andare a vedere quella bestia soprannaturale. (Ne<br />

ritornò impressionato, ma non convinto che <strong>il</strong> caso giustificasse<br />

un qualche mutamento <strong>nel</strong>le sue opinioni f<strong>il</strong>osofiche sull'anima<br />

degli animali.) Non deve sorprenderei, dunque, che <strong>Leibniz</strong> si lamenti<br />

spesso <strong>di</strong> non avere <strong>il</strong> tempo per riuscire a fare tutto.<br />

Eppure, durante gli anni parigini <strong>Leibniz</strong> esibì un grado <strong>di</strong><br />

concentrazione negli stu<strong>di</strong> che resta eccezionale <strong>nel</strong>la sua lunga<br />

carriera. La sua passione intellettuale era focalizzata ora sulla<br />

matematica. Benché in Germania avesse ricevuto una formazione<br />

inadeguata, l'audace auto<strong>di</strong>datta ben presto si mise alla pari<br />

con i più importanti matematici parigini e cominciò a offrire personali<br />

contributi <strong>di</strong> grande r<strong>il</strong>ievo.<br />

Le indagini matematiche <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> inizialmente erano cen-


9. LEIBNJZ INNAMORATO 137<br />

trate sulla sommatoria <strong>di</strong> serie infinite. L'interesse per l'in<strong>di</strong>visib<strong>il</strong>ità<br />

e per l'infinitamente piccolo era legato, <strong>nel</strong>la sua mente, ad<br />

alcune fondamentali verità metafisiche sulla natura della sostanza,<br />

della materia e della mente. <strong>Il</strong> suo intuito gli <strong>di</strong>ceva che<br />

<strong>il</strong> problema del rapporto tra una linea e l'infinità dei punti che la<br />

costituiscono era un esempio del problema del rapporto tra le<br />

anime in<strong>di</strong>visib<strong>il</strong>i, puntiformi e <strong>il</strong> continuum del <strong>mondo</strong> materiale.<br />

All'incirca per la stessa ragione per cui nessun numero <strong>di</strong><br />

punti allineati congiuntamente potrebbe mai costituire una linea,<br />

egli riteneva che principi puramente fisici o materiali non<br />

possano rendere conto <strong>di</strong> alcunché <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> materiale, e che<br />

pertanto un principio incorporeo o "mentale" - la "sostanza" -<br />

fosse richiesto per spiegare l'unità e l'attività dei fenomeni. Egli<br />

chiamava questo complesso <strong>di</strong> idee "<strong>il</strong> labirinto del continuum".<br />

Procedendo da tali premesse verso un'estremità del labirinto, egli<br />

avrebbe scoperto <strong>il</strong> calcolo infinitesimale; andando <strong>nel</strong>la <strong>di</strong>rezione<br />

opposta, si sarebbe trovato <strong>di</strong> fronte a un <strong>mondo</strong> contenente<br />

soltanto un numero infinito <strong>di</strong> puntiformi anime immortali.<br />

Tutte le successive conquiste matematiche <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, e gran<br />

parte della sua metafisica, hanno origine <strong>nel</strong>le idee che egli concepì<br />

a Parigi prima <strong>di</strong> compiere trent'anni.<br />

Se i quattro anni trascorsi a Parigi furono <strong>il</strong> suo momento <strong>di</strong><br />

gloria, <strong>il</strong> suo trentesimo anno (l'ultimo che <strong>Leibniz</strong> trascorse <strong>nel</strong>la<br />

v<strong>il</strong>le lumière) fu <strong>il</strong> suo an nus mirab<strong>il</strong>is. Fu l'anno in cui inventò<br />

<strong>il</strong> calcolo e in cui le sue idee f<strong>il</strong>osofiche si trovavano <strong>nel</strong> loro stato<br />

più fluido e caoticamente produttivo. Nello stesso anno, inoltre,<br />

egli si trovò <strong>di</strong> fronte a <strong>Spinoza</strong>, prima come idea, poi <strong>di</strong> persona.<br />

Mai come in questo momento, i frenetici sforzi del <strong>cortigiano</strong><br />

errante per garantirsi una posizione sicura <strong>nel</strong>la vita coincisero<br />

effettivamente con l'interesse generale dell'umanità.<br />

L'an nus mirab<strong>il</strong>is cominciò verso la fine dell'agosto 16 7 5 con<br />

l'arrivo <strong>di</strong> Walther Ehrenfried von Tschirnhaus. Fresco del suo<br />

soggiorno a Londra, Tschirnhaus si presentò alla porta <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

all'Hotel des Romains con una lettera <strong>di</strong> presentazione consegnatagli<br />

da Henry Oldenburg. I due giovani tedeschi all'estero<br />

<strong>di</strong>vennero all'istante ottimi amici, e raggiunsero un grado <strong>di</strong> intimità<br />

raramente eguagliato <strong>nel</strong> corso della vita <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. <strong>Leibniz</strong><br />

era tanto sod<strong>di</strong>sfatto del suo nuovo amico da scrivere imme<strong>di</strong>atamente<br />

in risposta a Oldenburg:<br />

Mandarmi Tschirnhaus è stato un vero gesto <strong>di</strong> amicizia. Io provo<br />

molto piacere in sua compagnia, e riconosco in lui eccellenti doti,<br />

nonostante la sua giovane età. Le sue scoperte sono assai promet-


138 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

tenti, ed egli mi ha mostrato elegantissime <strong>di</strong>mostrazioni in analisi<br />

e in geometria.<br />

All'epoca <strong>di</strong> questa lettera Tschirnhaus aveva venticinque anni,<br />

e <strong>Leibniz</strong> ventinove.<br />

In un <strong>di</strong>alogo immaginario composto l'anno seguente, <strong>Leibniz</strong><br />

affida a Tschirnhaus un nwlo da protagonista <strong>nel</strong> personaggio<br />

<strong>di</strong> Charinus (quasi un anagramma del suo nome). "Venne un<br />

giovane <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinta famiglia," egli scrive, "che era ciò nonostante<br />

indagatore e perspicace <strong>nel</strong>l'apprendere, che si era arruolato <strong>nel</strong>l'esercito<br />

in tenera età, ed era <strong>di</strong>ventato famoso per i suoi straor<strong>di</strong>nari<br />

successi." (In questo <strong>di</strong>alogo, comunque, Charinus ha molto<br />

da imparare dal sapiente Paci<strong>di</strong>us, l'alter ego <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> <strong>il</strong> Pacificatore.)<br />

<strong>Il</strong> loro rapporto d'amicizia era abbastanza stretto da<br />

ammettere anche controversie. Walther aveva "l'abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> rubare<br />

le cose", fumava <strong>di</strong> rabbia Gottfried, qualche anno dopo, a<br />

proposito della <strong>di</strong>sputa sul calcolo, e i due non vollero parlarsi<br />

per molti anni, finché finalmente si rappacificarono.<br />

Nelle stanze dell'Hotel des Romains, i due focosi espatriati<br />

ingaggiarono accanite <strong>di</strong>scussioni matematiche. I loro scambi<br />

raggiunsero una intensità tale che sulle carte conservate nei dossier<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> si incrociano le grafie frettolose <strong>di</strong> entrambi. All'incirca<br />

in questo periodo <strong>Leibniz</strong> oltrepassò la soglia del calcolo.<br />

In un appunto del 29 ottobre 1675, due mesi dopo l'arrivo <strong>di</strong><br />

Tschirnhaus, <strong>Leibniz</strong> usò per la prima volta <strong>il</strong> simbolo [S] per<br />

rappresentare l'integrale, in luogo del precedente "omn" (per "omnes").<br />

Due settimane dopo, 1'1 1 novembre, usò per la prima volta<br />

"dx" per rappresentare <strong>il</strong> "<strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong> x". <strong>Leibniz</strong> riteneva<br />

ora <strong>di</strong> essere l'unico al <strong>mondo</strong> in possesso <strong>di</strong> quel metodo generale<br />

che noi chiamiamo calcolo o analisi infinitesimale. A un certo<br />

punto, egli rovesciò le sue nuove equazioni su Tschirnhaus. Ma<br />

<strong>il</strong> giovane guerriero - che assolutamente non poteva competere<br />

con l'uomo dall'occhio d'aqu<strong>il</strong>a che sedeva all'altro lato del tavolo<br />

-liquidò tutto ciò come un mero giocare con i simboli.<br />

Durante l'autunno del 1675 e la primavera del 1676, <strong>Leibniz</strong><br />

<strong>di</strong>ede or<strong>di</strong>ne e sistematicità alle proprie riflessioni sul calcolo.<br />

Non prima <strong>di</strong> aver annotato sulle proprie carte la notizia, appresa<br />

tramite Oldenburg, che un solitario docente <strong>di</strong> un collegio universitario<br />

<strong>di</strong> Cambridge, <strong>di</strong> nome Isaac Newton, era giunto sostanzialmente<br />

alla stessa scoperta <strong>di</strong>eci anni prima.<br />

Ma non solo la matematica riempiva le camere dell'Hotel des<br />

Romains in quei giorni cruciali in cui <strong>Leibniz</strong> scoprì <strong>il</strong> calcolo.<br />

Tschirnhaus non poteva evitare <strong>di</strong> suscitare lo spettro del suo f<strong>il</strong>osofo<br />

vivente più amato: <strong>Spinoza</strong>. Poco dopo l'arrivo <strong>di</strong><br />

Tschirnhaus a Parigi, <strong>Leibniz</strong> si immerse nuovamente <strong>nel</strong> Trae-


9. LEIBNIZ INNAMORATO 139<br />

tatus theologico-politicus. I suoi taccuini improvvisamente brulicano<br />

<strong>di</strong> citazioni tratte dal libro <strong>di</strong> quell'ateo notorio - per un<br />

totale <strong>di</strong> se<strong>di</strong>ci pagine, seguite da brevi annotazioni che, <strong>nel</strong><br />

complesso, appesantivano piuttosto che mitigare le affermazioni<br />

dell'autore. La critica spinoziana delle Scritture - proprio<br />

come ci saremmo aspettati - incontra ben poca resistenza da<br />

parte del giovane tedesco. Uno degli appunti parigini <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

sul Tractatus, tuttavia, mette in guar<strong>di</strong>a da ogni accostamento<br />

<strong>di</strong>retto. Dove <strong>Spinoza</strong> accenna alla propria dottrina secondo<br />

cui <strong>Dio</strong> è la Natura, <strong>Leibniz</strong> scrive esplicitamente: "Io<br />

non sono d'accordo su questo".<br />

I téte-à-téte con Tschirnhaus e le rinnovate letture del Tractatus<br />

risvegliano in <strong>Leibniz</strong> <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> stab<strong>il</strong>ire un contatto personale<br />

con <strong>il</strong> grande pensatore dell'Aja. Nella medesima settimana<br />

<strong>di</strong> novembre in cui introdusse <strong>il</strong> "dx" <strong>nel</strong> calcolo, <strong>Leibniz</strong> riavviò,<br />

in una forma stranamente in<strong>di</strong>retta, lo scambio con <strong>Spinoza</strong><br />

che era cominciato <strong>nel</strong> 16 71.<br />

<strong>Il</strong> 18 novembre 1675, Georg Hermann Schuller inviò una lettera<br />

a <strong>Spinoza</strong>, presumib<strong>il</strong>mente per conto del suo amico Tschirnhaus<br />

a Parigi. Schuller comincia col formulare i propri ringraziamenti<br />

a Tschirnhaus per avergli procurato una presentazione<br />

a Christiaan Huygens, che si è rivelato molto ut<strong>il</strong>e <strong>nel</strong> trovargli<br />

un lavoro come precettore del figlio <strong>di</strong> Colbert. Dopo la <strong>di</strong>scussione<br />

<strong>di</strong> una <strong>di</strong>fficoltà f<strong>il</strong>osofica causata principalmente da un <strong>di</strong>fetto<br />

<strong>nel</strong>la copia in possesso <strong>di</strong> Tschirnhaus delle proposizioni<br />

dell'Etica, Schuller passa allo scopo principale della lettera. Egli<br />

riferisce che a Parigi Tschirnhaus ha incontrato un certo <strong>Leibniz</strong><br />

e "ha stab<strong>il</strong>ito una stretta amicizia con lui".<br />

E prosegue descrivendo questa nuova conoscenza in termini<br />

tali da renderla interessante agli occhi <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Secondo<br />

Tschirnhaus, riferisce Schuller,.<strong>Leibniz</strong> è persona<br />

<strong>di</strong> notevole cultura, molto versato <strong>nel</strong>le varie scienze e libero dai comuni<br />

pregiu<strong>di</strong>zi teologici. [ ... ] In Etica [ ... ] <strong>Leibniz</strong> è molto esperto,<br />

e parla esclusivamente in base ai dettami della ragione [ ... ] [I]n fisica<br />

e specialmente negli stu<strong>di</strong> metafisici <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> e dell'Anima egli è<br />

molto versato. [ ... ] Questo stesso <strong>Leibniz</strong> tiene in grande considerazione<br />

<strong>il</strong> Tractatus theologico-politicus, a proposito del quale egli una<br />

volta vi scrisse una lettera, se rammentate.<br />

<strong>Leibniz</strong>, dunque, è uno spinoziano in nuce. Egli "tiene in grande<br />

considerazione" quella stessa opera che aveva descritto ad<br />

Antoine Arnauld come "orrib<strong>il</strong>e" e "terrificante". Dopo <strong>il</strong> panegirico,<br />

si giunge infine al punto: Tschirnhaus ritiene che <strong>Leibniz</strong><br />

sia "pronto per ricevere" gli scritti <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Schuller si affretta<br />

ad aggiungere che se <strong>Spinoza</strong> dovesse negare a Tschirnhaus <strong>il</strong>


140 IL CORTIGIANO E I:ERETICO<br />

permesso <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre le dottrine segrete, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo non deve<br />

avere alcun dubbio che Tschirnhaus "onorevolmente le avrebbe<br />

tenute segrete come aveva promesso, giacché in effetti egli non<br />

ha fatto <strong>il</strong> minimo cenno ad esse".<br />

Cosa Tschirnhaus possa aver inteso qui come "minimo cenno"<br />

resta materia <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione. <strong>Il</strong> riferimento <strong>di</strong> Schuller a una<br />

lettera precedentemente inviata da <strong>Leibniz</strong> a <strong>Spinoza</strong> induce fortemente<br />

a ritenere che lo stesso <strong>Leibniz</strong> fosse implicato <strong>nel</strong>la stesura<br />

<strong>di</strong> questa comunicazione a <strong>Spinoza</strong>. Altrimenti, in che modo<br />

Schuller e Tschirnhaus avrebbero potuto sapere qualcosa <strong>di</strong><br />

una lettera che <strong>Leibniz</strong> aveva spe<strong>di</strong>to a <strong>Spinoza</strong> svariati anni prima<br />

che sia l'uno sia l'altro incontrassero <strong>Spinoza</strong>? E se <strong>Leibniz</strong><br />

era implicato in questo particolare esercizio <strong>di</strong> persuasione, dunque<br />

egli doveva aver avuto qualche in<strong>di</strong>zio sul tesoro segreto <strong>di</strong><br />

cui Tschirnhaus era in possesso.<br />

In effetti, era ampiamente noto che <strong>Spinoza</strong> avesse elaborato<br />

una esposizione complessiva della propria f<strong>il</strong>osofia: Oldenburg<br />

ne era informato, come molti altri amici <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, per non citare<br />

alcuni teologi olandesi estremamente incolleriti. Lo scenario<br />

più verosim<strong>il</strong>e è che <strong>Leibniz</strong> fosse ben consapevole dell'esistenza<br />

del patrimonio <strong>di</strong> segreta saggezza che Tschirnhaus custo<strong>di</strong>va,<br />

e che fosse ansioso <strong>di</strong> averlo per mano. La comunicazione<br />

che Schuller trasmetteva da parte <strong>di</strong> Tschirnhaus era, in effetti,<br />

una richiesta rivolta da <strong>Leibniz</strong> a <strong>Spinoza</strong>.<br />

<strong>Spinoza</strong> evidentemente considerò molto importante tale richiesta,<br />

perché rispose <strong>il</strong> giorno stesso in cui ricevette la lettera<br />

<strong>di</strong> Schuller. Ma la risposta dev'essere atterrata a Parigi con un<br />

tonfo um<strong>il</strong>iante:<br />

Io credo <strong>di</strong> conoscere <strong>Leibniz</strong>, da ciò che egli scrive, attraverso la<br />

nostra corrispondenza, ma non capisco perché egli, un consigliere<br />

<strong>di</strong> Francoforte, sia andato in Francia. Per quanto io posso giu<strong>di</strong>care<br />

dalle sue lettere, egli mi sembra una persona <strong>di</strong> animo liberale e<br />

ben versata in ogni scienza. Tuttavia, ritengo imprudente affidargli<br />

i miei scritti tanto frettolosamente. Prima vorrei sapere cosa stia facendo<br />

in Francia, e sentire che opinione ha <strong>di</strong> lui <strong>il</strong> nostro amico<br />

Tschirnhaus, dopo una più lunga frequentazione e una più precisa<br />

conoscenza del suo carattere.<br />

Perché <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>sdegnò gli approcci <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>? Con tutta<br />

verosimiglianza, come sappiamo, i recenti sv<strong>il</strong>uppi - l' esecuzione<br />

<strong>di</strong> Van den Enden a Parigi e la minaccia <strong>di</strong> violenze della folla<br />

contro <strong>Spinoza</strong> all'Aja - lo avevano reso straor<strong>di</strong>nariamente<br />

cauto circa i contatti con Parigi. La domanda che egli poneva a<br />

Tschirnhaus era, effettivamente: <strong>Leibniz</strong> è una spia?<br />

Proprio mentre lottava per penetrare entro le <strong>di</strong>fese <strong>di</strong> Spi-


9. LEIBNIZ INNAMORATO 141<br />

noza, <strong>Leibniz</strong> subì un duro colpo ai suoi progetti <strong>di</strong> trattenersi a<br />

Parigi. <strong>Il</strong> giorno 11 gennaio 1676, mentre componeva i consueti<br />

auguri <strong>di</strong> felice anno nuovo per Johann Friedrich, egli ricevette<br />

formale notifica della sua nomina presso la corte del duca. <strong>Il</strong> significato<br />

era chiaro: prendere o lasciare. Non avendo in vista nessun<br />

altro impiego onorevole, <strong>Leibniz</strong> concluse i suoi saluti al duca<br />

per l'anno nuovo <strong>di</strong>chiarandosi felicissimo <strong>di</strong> accettare l'impiego.<br />

Quello stesso giorno, evidentemente impaurito dalla prospettiva<br />

<strong>di</strong> ritornare in quelle zone remote, spedì una lettera a<br />

Jean-Baptiste Colbert, supplicando ancora una volta che lo aiutasse<br />

a ottenere un posto alla Académie royale. Seguì una raffica<br />

<strong>di</strong> lettere ad altri notab<strong>il</strong>i a Parigi: tutte chiedevano aiuto per<br />

assicurargli un impiego che potesse salvarlo dall'orrore della vita<br />

a Hannover.<br />

Mentre manipolava al tempo stesso le sue prospettive <strong>di</strong> lavoro<br />

e <strong>il</strong> calcolo, tuttavia, <strong>Leibniz</strong> non si placò <strong>nel</strong>la sua ricerca<br />

della verità su <strong>Spinoza</strong>. <strong>Il</strong> rigetto della sua domanda <strong>di</strong> ammissione<br />

<strong>nel</strong> circolo <strong>di</strong> ammiratori <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, parrebbe, non agì<br />

minimamente da deterrente sul suo desiderio <strong>di</strong> scoprire la saggezza<br />

segreta del misterioso f<strong>il</strong>osofo del Nord. Non vi è alcuna<br />

prova che <strong>Spinoza</strong> abbia mai concesso <strong>il</strong> suo esplicito consenso<br />

alla richiesta formulata da Tschirnhaus <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre i s1,1oi<br />

scritti con <strong>Leibniz</strong>. Forse, <strong>il</strong> trio Schuller/Tschirnhaus/<strong>Leibniz</strong><br />

spedì un'altra richiesta al f<strong>il</strong>osofo dell'Aja durante le festività invernali,<br />

ricevette una sollecita risposta favorevole, e poi <strong>di</strong>strusse<br />

la prova. Ma ciò non sembra verosim<strong>il</strong>e. Esiste una chiara testimonianza,<br />

invece, che, qualche settimana dopo che gli era stato<br />

negato <strong>il</strong> permesso <strong>di</strong> farlo, Tschirnhaus con<strong>di</strong>vise ugualmente<br />

con <strong>Leibniz</strong> ciò che aveva saputo sul contenuto del capolavoro<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Su un pezzo <strong>di</strong> carta da lettere datato al principio <strong>di</strong> febbraio<br />

1676, <strong>Leibniz</strong> scrive le prime parole della storia che avrebbe con<strong>di</strong>zionato<br />

<strong>il</strong> seguito della sua vita: "Tschirnhaus mi ha parlato<br />

molto del libro del signor de Spinosa".


10. Una f<strong>il</strong>osofia segreta della totalità delle cose<br />

"<strong>Il</strong> libro <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> sarà su <strong>Dio</strong>, l'uomo e la felicità, ovvero<br />

sull'idea dell'uomo perfetto," annuncia <strong>Leibniz</strong> nei suoi appunti<br />

sulla <strong>di</strong>scussione con Tschirnhaus. Egli attribuisce poi a <strong>Spinoza</strong><br />

una serie <strong>di</strong> tesi che sembreranno oscure ai non iniziati: "<strong>Dio</strong><br />

solo è sostanza"; "tutte le creature non sono nient'altro che mo<strong>di</strong>";<br />

"la mente è l'idea stessa del corpo"; e "l'uomo non è affatto<br />

libero - anche se partecipa della libertà più degli altri corpi". Nei<br />

limiti <strong>di</strong> un singolo foglio <strong>di</strong> carta, a quanto risulta, <strong>Leibniz</strong> ricostruisce<br />

le dottrine che costituiscono la cifra della f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>.<br />

È un caso raro <strong>nel</strong>la storia della f<strong>il</strong>osofia che un astruso sistema<br />

<strong>di</strong> metafisica riesca a compen<strong>di</strong>are tutto ciò che ha importanza<br />

in un'epoca; ed è ancora più raro che esso preannunci<br />

una rivoluzione mon<strong>di</strong>ale. Questa era la natura del sistema che<br />

<strong>Leibniz</strong> ora contemplava, e <strong>di</strong> cui egli era <strong>il</strong> primo, probab<strong>il</strong>mente,<br />

a comprendere le implicazioni.<br />

"La gente comune comincia la f<strong>il</strong>osofia con le cose create,<br />

Descartes l'ha fatta iniziare con la mente, [<strong>Spinoza</strong>] comincia con<br />

<strong>Dio</strong>," continua <strong>Leibniz</strong>. Non può esservi esposizione più vera della<br />

f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> - salvo forse l'affermazione che "<strong>Spinoza</strong><br />

comincia e finisce con <strong>Dio</strong>". La parte I dell'Etica è intitolata "De<br />

Dea"; ma in realtà tutta la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> verte su <strong>Dio</strong>, l'argomento<br />

cui ci volgeremo ora.<br />

<strong>Dio</strong><br />

<strong>Dio</strong> era <strong>di</strong>ventato <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> un problema, <strong>nel</strong> Seicento. Indubbiamente,<br />

una pluralità <strong>di</strong> fattori storici aveva contribuito a<br />

questo esito inatteso. La sconcertante varietà delle fe<strong>di</strong> religiose<br />

nate dalla Riforma, per esempio, aveva prodotto una folla <strong>di</strong> nuove<br />

<strong>di</strong>vinità, nessuna delle quali sembrava particolarmente ben affiatata<br />

con le altre; e questo fatto a sua volta stimolava molte riflessioni<br />

a proposito delle loro somiglianze e delle loro <strong>di</strong>fferen-


IO. UNA FILOSOFlA SEGRETA DELLA TOTALITÀ DELLE COSE 143<br />

ze. <strong>Il</strong> tono sempre più profano della vita pubblica e della vita economica,<br />

inoltre, erodeva alcune delle tra<strong>di</strong>zionali prove su cui la<br />

fede spontaneamente si basava. In una ristretta élite <strong>di</strong> europei<br />

colti, tuttavia, era la scienza moderna a gettare la luce più inquietante<br />

sull'Onnipotente. Persone istruite non potevano trascurare<br />

<strong>il</strong> fatto che i recenti progressi della conoscenza umana<br />

rendevano in<strong>di</strong>fen<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i i racconti consacrati dalla Bibbia sulla<br />

genesi e sulla struttura del cosmo. Eppur si muove, le parole che<br />

Gal<strong>il</strong>eo avrebbe pronunciato dopo la conclusione del suo processo,<br />

erano <strong>di</strong>ventate lo slogan segreto dei nuovi pionieri del genere<br />

umano.<br />

Retrospettivamente, è ovvio, noi sappiamo che la scienza aveva<br />

davanti a sé ancora un lungo cammino da percorrere. Ma già<br />

a quel tempo, almeno due f<strong>il</strong>osofi lungimiranti riuscivano a vedere<br />

dove era <strong>di</strong>retta. L'indagine scientifica sulla natura, immaginavano<br />

i nostri, avrebbe potuto un giorno <strong>di</strong>stricare i misteri<br />

del <strong>mondo</strong> risolvendoli in una serie <strong>di</strong> cause efficienti. I miracoli<br />

si sarebbero <strong>di</strong>ssolti allora <strong>nel</strong>l'ignoranza, e <strong>il</strong> cosmo in tutto <strong>il</strong><br />

suo splendore sarebbe stato rivelato come una macchina, grande<br />

ma in definitiva autosufficiente. A quel punto, cosa sarebbe rimasto<br />

da fare a <strong>Dio</strong>? In tempi più recenti, <strong>il</strong> fisico Richard Feynman<br />

ha enunciato laconicamente lo stesso problema: quando compren<strong>di</strong>amo<br />

le leggi della fisica, ha notato, "la teoria secondo cui<br />

tutto è pre<strong>di</strong>sposto come un palcoscenico <strong>nel</strong> quale <strong>Dio</strong> possa osservare<br />

la lotta dell'uomo per <strong>il</strong> bene e <strong>il</strong> male sembra inadeguata".<br />

Oppure, come afferma <strong>il</strong> fisico Steven Weinberg: quanto più<br />

appren<strong>di</strong>amo sull'origine dell'universo, tanto più esso sembra<br />

senza senso.<br />

I f<strong>il</strong>osofi del Seicento non si interrogavano ancora sull'esistenza<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong> - nessuno degli scrittori dell'epoca, nemmeno <strong>Spinoza</strong>,<br />

la mise in dubbio esplicitamente - ma piuttosto sulla funzione<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Se la scienza fosse riuscita infine a spiegare ogni<br />

aspetto della natura in termini <strong>di</strong> principi meccanici, allora <strong>il</strong> <strong>Dio</strong><br />

provvidenziale d'un tempo, <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> che fa i miracoli, si sarebbe trovato<br />

senza lavoro. Scienza e religione - o <strong>Dio</strong> e Natura - sembravano<br />

avvinghiati in un insanab<strong>il</strong>e conflitto, o almeno i f<strong>il</strong>osofi<br />

del Seicento avevano questa sensazione.<br />

Nella sua Etica, <strong>Spinoza</strong> presenta la propria audace soluzione<br />

dell'apparente conflitto tra <strong>Dio</strong> e la Natura, una soluzione i<br />

cui aspetti essenziali indubbiamente erano chiari <strong>nel</strong>la sua mente<br />

già quando, ventiquattrenne, aveva affrontato l'espulsione dalla<br />

comunità ebraica. Secondo <strong>Spinoza</strong>, per <strong>di</strong>rlo con chhrezza,<br />

<strong>Dio</strong> e la Natura non sono e non saranno mai in conflitto per la<br />

semplice ragione che <strong>Dio</strong> è la Natura. "Io non <strong>di</strong>stinguo tra <strong>Dio</strong><br />

e la Natura <strong>nel</strong> modo in cui lo hanno fatto tutti quelli che cono-


144 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

sco," spiega <strong>Spinoza</strong> a Oldenburg. Nella parte rv dell'Etica, egli<br />

butta là una frase enigmatica che da allora in poi ha simboleggiato<br />

tutta la sua f<strong>il</strong>osofia: "Deus sive Natura" - che significa: "<strong>Dio</strong>,<br />

ovvero, ciò che è lo stesso, la Natura". Sulla base <strong>di</strong> questa ar<strong>di</strong>ta<br />

intuizione, <strong>Spinoza</strong> costmisce qualcosa che somiglia molto a<br />

una nuova forma <strong>di</strong> religione - che forse dovrebbe essere considerata<br />

la prima religione dell'età moderna. (Quantunque sarebbe<br />

vero anche <strong>di</strong>re che in un certo senso essa è la ripresa <strong>di</strong> una<br />

religione antica e a lungo <strong>di</strong>menticata.)<br />

La Natura in questione non è del tipo rigoglioso e ronzante<br />

(anche se avrebbe incluso anche questa). È più vicina alla "natura"<br />

in espressioni come "la natura della luce" oppure "la natura<br />

dell'uomo" - ossia la "natura" come oggetto <strong>di</strong> indagine razionale.<br />

Poiché <strong>Spinoza</strong> parla <strong>di</strong> Natura con la maiuscola, egli si<br />

riferisce a una generalizzazione <strong>di</strong> tutte queste "nature". È la Natura<br />

<strong>di</strong> ogni cosa, ovvero ciò che fa <strong>di</strong> tutte le altre nature ciò che<br />

esse sono. Si potrebbe anche pensare alla "natura" come "essenza".<br />

Natura, in questa accezione, è l'essenza del <strong>mondo</strong>, ovvero<br />

ciò che rende <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> ciò che esso è.<br />

La caratteristica più importante della Natura <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> - e,<br />

in un certo senso, <strong>il</strong> punto centrale della sua f<strong>il</strong>osofia - è che in<br />

linea <strong>di</strong> principio essa è intelligib<strong>il</strong>e cioè comprensib<strong>il</strong>e. La sua<br />

f<strong>il</strong>osofia è, a livello profondo, una <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> fiducia che in<br />

definitiva non vi è nulla <strong>di</strong> misterioso <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong>; che non vi sono<br />

imperscrutab<strong>il</strong>i <strong>di</strong>vinità che prendono decisioni arbitrarie, e<br />

che non vi sono fenomeni non sottoponib<strong>il</strong>i alla indagine razionale<br />

- anche se questa indagine, per la sua intrinseca natura, è<br />

senza fine; in breve, che non vi è nulla che non possa essere conosciuto<br />

- anche se, necessariamente, noi non possiamo conoscere<br />

ogni cosa.<br />

La teoria spinoziana del "Deus sive Natura" ha questo in comune<br />

con le più prosaiche concezioni della <strong>di</strong>vinità: che <strong>Dio</strong> è la<br />

causa <strong>di</strong> tutte le cose. Però, si affretta ad aggiungere <strong>Spinoza</strong>, <strong>Dio</strong><br />

"è la causa immanente delle cose, e non la causa transitiva". Una<br />

causa transitiva è situata "all'esterno" dei suoi effetti. Un orologiaio,<br />

per esempio, è la causa transitiva del suo orologio. Una causa<br />

"immanente" è in un certo senso "all'interno <strong>di</strong>" o "insieme a"<br />

ciò <strong>di</strong> cui è causa. La natura <strong>di</strong> un cerchio, per esempio, è la causa<br />

immanente della sua roton<strong>di</strong>tà. <strong>Spinoza</strong> nega che <strong>Dio</strong> stia all'<br />

esterno del <strong>mondo</strong> e lo crei; anzi, <strong>Dio</strong> esiste "all'interno del" <strong>mondo</strong><br />

e sussiste insieme a ciò che egli crea: "Tutte le cose, <strong>di</strong>co, sono<br />

in <strong>Dio</strong> e si muovono in <strong>Dio</strong>". In poche parole: <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

è immanente.<br />

<strong>Spinoza</strong> si riferisce inoltre al suo "Deus sive Natura" come a<br />

una "sostanza". Sostanza è, in termini molto generali, quella ro-


IO. UNA FILOSOFIA SEGRETA DELLA TOTALITÀ DELLE COSE 145<br />

ba cui gli "attributi" - le proprietà che rendono qualcosa ciò che<br />

esso è -ineriscono. Per aggirare gli arcani della metafisica aristotelica<br />

e me<strong>di</strong>oevale, si può considerare la "sostanza" come "ciò<br />

che realmente è", ovvero <strong>il</strong>/i costituente/i ultimo/i della realtà. L'aspetto<br />

più importante della sostanza è che nessuna sostanza può<br />

essere ridotta ad attributo <strong>di</strong> qualche altra sostanza (la quale costituirebbe,<br />

in tal caso, ovviamente, la "vera", "autentica" sostanza).<br />

La sostanza è là dove cessano i lavori <strong>di</strong> scavo -dove ogni<br />

indagine giunge al termine.<br />

Prima <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, solitamente si dava per scontato che <strong>nel</strong><br />

<strong>mondo</strong> vi fossero molte sostanze <strong>di</strong> questo genere. Con una catena<br />

<strong>di</strong> definizioni, assiomi e <strong>di</strong>mostrazioni, tuttavia, <strong>Spinoza</strong><br />

pretende <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare una volta per tutte che in realtà vi può essere<br />

solo una sostanza <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong>. Questa unica sostanza ha "infiniti<br />

attributi" ed è, in realtà, <strong>Dio</strong>. <strong>Leibniz</strong> lo riassume fedelmente:<br />

secondo <strong>Spinoza</strong>, egli nota, "<strong>Dio</strong> solo è sostanza, ovvero<br />

un ente sussistente <strong>di</strong> per sé, ovvero, tale che può essere concepito<br />

<strong>di</strong> per sé".<br />

Secondo <strong>Spinoza</strong>, inoltre, ogni cosa <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> è semplicemente<br />

un "modo" <strong>di</strong> un attributo <strong>di</strong> quest'unica sostanza, che è<br />

<strong>Dio</strong>. E i "mo<strong>di</strong>" (dal latino "modus") <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> sono appunto le "maniere"<br />

in cui la sostanza (cioè <strong>Dio</strong>, ovvero la Natura) manifesta<br />

la propria essenza eterna. Una volta <strong>di</strong> più, <strong>Leibniz</strong> coglie <strong>nel</strong> segno:<br />

"Tutte le creature non sono altro che mo<strong>di</strong>".<br />

A questo punto sarebbe abbastanza normale provare una certa<br />

<strong>di</strong>fficoltà a respirare, e non soltanto a causa dell'alto livello <strong>di</strong><br />

astrazione del pensiero <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. <strong>Il</strong> messaggio piuttosto sconvolgente<br />

del f<strong>il</strong>osofo è che ogni cosa al <strong>mondo</strong> - ogni essere umano,<br />

ogni pensiero o idea, ogni evento storico, <strong>il</strong> pianeta Terra, le<br />

stelle, le galassie, tutti gli spazi interstellari, la colazione <strong>di</strong> ieri,<br />

e anche questo libro - tutto ciò è in un certo senso solo un'altra<br />

parola per <strong>di</strong>re "<strong>Dio</strong>". L'essere stesso, in un certo senso, è la nuova<br />

<strong>di</strong>vinità. Non c'è da stupirsi, dunque, che lo scrittore tedesco<br />

Novalis abbia marchiato <strong>Spinoza</strong> come "l'uomo ebbro <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>".<br />

Hegel - che aveva una grande passione per le metafore et<strong>il</strong>iche -<br />

affermava che per f<strong>il</strong>osofare "uno deve prima bere dall'etere <strong>di</strong><br />

questa Unica sostanza". Forse Nietzsche si è avvicinato più <strong>di</strong><br />

chiunque altro allo spirito <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> quando ha detto: "Io ho <strong>di</strong>vinizzato<br />

<strong>il</strong> Tutto per trovare pace e felicità davanti a esso".<br />

<strong>Spinoza</strong> trae molte deduzioni da questa sua concezione <strong>di</strong><br />

<strong>Dio</strong>, ma una in particolare è degna <strong>di</strong> menzione per <strong>il</strong> ruolo centrale<br />

che occupa <strong>nel</strong>le controversie successive. Nel <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>,<br />

tutto ciò che accade, accade necessariamente. Una delle<br />

più note proposizioni dell'Etica afferma: "Le cose non potrebbero<br />

essere state prodotte da <strong>Dio</strong> in nessun modo o in nessun or-


146 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>fferente da quello in cui <strong>di</strong> fatto esistono". Questa è una<br />

logica conseguenza tratta dalla tesi secondo cui la relazione <strong>di</strong><br />

<strong>Dio</strong> con <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> è sim<strong>il</strong>e a quella <strong>di</strong> un'essenza con le sue proprietà:<br />

<strong>Dio</strong> non può decidere un giorno <strong>di</strong> fare le cose <strong>di</strong>versamente<br />

più <strong>di</strong> quanto un cerchio possa decidere <strong>di</strong> non essere rotondo,<br />

o una montagna possa rinunciare alla valle che forma al<br />

proprio fianco. La tesi secondo cui vi è un aspetto "necessario"<br />

delle cose può essere chiamata con <strong>il</strong> nome, non del tutto appropriato,<br />

<strong>di</strong> "determinismo".<br />

Ovviamente, <strong>Spinoza</strong> riconosce, <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> che ve<strong>di</strong>amo attorno<br />

a noi, molte cose che sembrano contingenti - o semplicemente<br />

possib<strong>il</strong>i, e non necessarie. Cioè, sembra che alcune cose<br />

non debbano essere inevitab<strong>il</strong>mente come sono: la Terra potrebbe<br />

non avere mai preso forma; questo libro potrebbe non essere<br />

mai stato pubblicato e così via. In realtà, <strong>Spinoza</strong> aggiunge, ciascuna<br />

singola cosa al <strong>mondo</strong> è contingente quando viene considerata<br />

unicamente per quanto riguarda la sua propria natura. In<br />

termini tecnici, egli <strong>di</strong>ce che !'"esistenza" non attiene all'essenza<br />

<strong>di</strong> niente - salvo <strong>Dio</strong>. Pertanto, a un certo livello, <strong>Spinoza</strong> rappresenta<br />

l'opposto della solita caricatura del determinista come<br />

riduttivista; perché, secondo questo in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong> pensiero, noi esseri<br />

umani non siamo mai in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> comprendere completamente<br />

la specifica catena <strong>di</strong> causalità che conferisce a ciascuna<br />

cosa <strong>il</strong> suo carattere necessario; <strong>di</strong> conseguenza, noi non<br />

saremo mai in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> ridurre tutti i fenomeni a una serie<br />

finita <strong>di</strong> cause intelligib<strong>il</strong>i, e tutte le cose devono sempre apparirci<br />

come se fossero, a un certo livello, ra<strong>di</strong>calmente libere. (In<br />

questo senso, incidentalmente, egli può essere considerato un<br />

empirista ra<strong>di</strong>cale.) In termini un po' meno tecnici, possiamo <strong>di</strong>re<br />

che, da un punto <strong>di</strong> vista umano, ogni cosa deve sempre sembrare<br />

contingente; ciò non<strong>di</strong>meno, da un punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>vino o<br />

f<strong>il</strong>osofico, ogni cosa è necessaria. Dal' punto <strong>di</strong> vista f<strong>il</strong>osofico<br />

-e soltanto dal punto <strong>di</strong> vista f<strong>il</strong>osofico - svanisce la <strong>di</strong>stinzione<br />

tra possib<strong>il</strong>ità e realtà: se qualcosa può esistere, esiste; se non può<br />

esistere, non esiste.<br />

<strong>Spinoza</strong> si premura <strong>di</strong> mostrare che <strong>il</strong> suo determinismo non<br />

limita la libertà <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Essere libero, secondo la sua definizione,<br />

significa essere capace <strong>di</strong> agire in accordo con la propria natura<br />

(anziché secondo la natura <strong>di</strong> qualcun altro). In altre parole, secondo<br />

<strong>Spinoza</strong> l'opposto della libertà è non la necessità, ma la<br />

costrizione ovvero la coercizione. Poiché <strong>Dio</strong> - e <strong>Dio</strong> soltanto -<br />

agisce puramente per la necessità della sua propria Natura, <strong>Dio</strong><br />

è assolutamente libero. <strong>Leibniz</strong> assim<strong>il</strong>a molto bene anche questo<br />

punto: "[<strong>Spinoza</strong>] ritiene che la libertà consista in questo, che<br />

un'azione o una decisione risulta non da un impulso estrinseco,


10. UNA FILOSOFIA SEGRETA DELLA TOTALITÀ DELLE COSE 147<br />

ma esclusivamente dalla natura dell'agente. In questo senso è giusto<br />

<strong>di</strong>re che <strong>Dio</strong> solo è libero".<br />

Se queste inebrianti teorie lasciano in noi ancora qualche incertezza<br />

su cosa <strong>Spinoza</strong> pensi che <strong>Dio</strong> sia, possono sussistere<br />

ben pochi dubbi a proposito <strong>di</strong> ciò che egli pensa che <strong>Dio</strong> non sia.<br />

(E l'intuizione che <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è più comprensib<strong>il</strong>e in negativo,<br />

come vedremo, risulterà avere implicazioni cruciali.) <strong>Il</strong><br />

<strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> non è <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> della scuola <strong>di</strong> catechismo e delle letture<br />

bibliche. Non è quel genere <strong>di</strong> essere soprannaturale che una<br />

mattina si sveglia, decide <strong>di</strong> creare <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>, e poi alla fine della<br />

settimana fa un passo in<strong>di</strong>etro per ammirare <strong>il</strong> risultato. In<br />

realtà, <strong>Dio</strong> non ha affatto "personalità": non è né maschio né femmina;<br />

non ha capelli, né simpatie o antipatie, non è destrimano<br />

o mancino; non dorme, non sogna, non o<strong>di</strong>a, non decide e non<br />

giu<strong>di</strong>ca; non ha "volontà" o "intelletto" <strong>nel</strong> senso che noi abitualmente<br />

attribuiamo a questi termini.<br />

Inoltre, non ha senso <strong>di</strong>re che <strong>Dio</strong> è "buono", secondo <strong>Spinoza</strong>.<br />

Poiché ogni cosa al <strong>mondo</strong> <strong>di</strong>scende <strong>di</strong> necessità dall'eterna<br />

essenza <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, anzi, dobbiamo desumere dunque che tutte<br />

quelle cose che noi chiamiamo "cattive" sono "in" <strong>Dio</strong> proprio come<br />

quelle che noi chiamiamo "buone". Ma, aggiunge <strong>Spinoza</strong>,<br />

niente è "buono" o "cattivo" in senso assoluto. Buono e cattivo<br />

sono nozioni relative - relative a noi e ai nostri particolari interessi<br />

e costumi. <strong>Il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> - o Natura, o Sostanza - può<br />

essere "perfetto", ma non è "buono".<br />

<strong>Il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> non interviene <strong>nel</strong> corso degli eventi - perché<br />

ciò significherebbe revocare i propri e<strong>di</strong>tti - e non fa miracoli<br />

- perché ciò significherebbe contrad<strong>di</strong>rsi. Soprattutto, <strong>Dio</strong><br />

non giu<strong>di</strong>ca gli in<strong>di</strong>vidui e non li manda in para<strong>di</strong>so o all'inferno:<br />

"<strong>Dio</strong> non detta leggi all'umanità così da premiare chi adempie<br />

e punire chi trasgre<strong>di</strong>sce; o, per <strong>di</strong>re le cose più chiaramente,<br />

le leggi <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> non sono <strong>di</strong> natura tale da poter essere trasgre<strong>di</strong>te".<br />

Tutte le tra<strong>di</strong>zionali concezioni <strong>di</strong> una <strong>di</strong>vinità barbuta che<br />

soffia <strong>il</strong> caldo e <strong>il</strong> freddo dai cieli, <strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, sono<br />

spregevoli esempi della pred<strong>il</strong>ezione umana per l'antropomorfismo.<br />

Infatua ti delle nostre sfrenate fantasie, noi esseri umani sovente<br />

attribuiamo a <strong>Dio</strong> tutto ciò che è desiderab<strong>il</strong>e in un uomo.<br />

Ma "ascrivere a <strong>Dio</strong> quegli attributi che rendono perfetto un uomo<br />

sarebbe altrettanto sbagliato quanto ascrivere a un uomo gli<br />

attributi che rendono perfetto un elefante o un asino", come <strong>Spinoza</strong><br />

scrive beffardamente a Blyenbergh. "Se un triangolo potesse<br />

parlare," egli aggiunge, "<strong>di</strong>rebbe che <strong>Dio</strong> è eminentemente<br />

triangolare."<br />

Nell'inflessib<strong>il</strong>e ripu<strong>di</strong>o spinoziano della concezione antro-


148 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

pomorfica <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> noi possiamo intravedere un legame molto<br />

profondo tra la sua metafisica e la sua politica. Secondo le analisi<br />

politiche che egli espone per la prima volta <strong>nel</strong> Tractatus, la<br />

convenzionale idea <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è uno dei p<strong>il</strong>astri della tirannide. I teologi,<br />

sostiene <strong>Spinoza</strong>, promuovono la fede in un <strong>di</strong>o spaventoso,<br />

che giu<strong>di</strong>ca e punisce, al fine <strong>di</strong> ottenere la rispettosa ubbi<strong>di</strong>enza<br />

dalle masse superstiziose. Un popolo che vive sotto <strong>il</strong> <strong>Dio</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, d'altra parte, può fac<strong>il</strong>mente ban<strong>di</strong>re l'oppressione tirannica.<br />

Costoro possono aver bisogno al massimo <strong>di</strong> un piccolo<br />

numero <strong>di</strong> scienziati e <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofi.<br />

La concezione spinoziana della <strong>di</strong>vinità è delineata tanto<br />

nettamente come l'antitesi della concezione teocratica che, in<br />

effetti, sorge spontanea la domanda se egli abbia inventato <strong>il</strong><br />

suo nuovo <strong>Dio</strong> per salvare se stesso oppure per <strong>di</strong>struggere l'or<strong>di</strong>ne<br />

politico regnante. Poiché <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è più fac<strong>il</strong>e da<br />

comprendere in termini negativi - cioè, nei termini <strong>di</strong> quel che<br />

egli non è: un <strong>di</strong>o persona, provvidenziale, creatore - anziché<br />

in termini positivi - quel che egli è - dunque in questa misura<br />

i suoi impegni politici sembrerebbero prioritari rispetto alla<br />

sua f<strong>il</strong>osofia. Cioè, la sua metafisica sarebbe intelligib<strong>il</strong>e principalmente<br />

come espressione del suo progetto politico: abbattere<br />

la teocrazia.<br />

Ci sono molte altre sottigliezze <strong>nel</strong>la concezione spinoziana<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, e <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo trae molte altre implicazioni oltre quelle che<br />

abbiamo elencato qui. La sua Etica è, a prima vista, uno spinoso<br />

ginepraio <strong>di</strong> termini arcaici e <strong>di</strong> scostanti astrazioni; ma sono<br />

gran<strong>di</strong> le ricompense per chi penetra oltre le barriere verbali. Non<br />

ultima attrattiva è l'esperienza estetica, perché l'intricata rete <strong>di</strong><br />

definizioni, assiomi e teoremi è per così <strong>di</strong>re un poema in prosa,<br />

un'abbagliante scultura intellettuale. Ma <strong>il</strong> punto decisivo da considerare<br />

qui è proprio <strong>il</strong> metodo che <strong>Spinoza</strong> afferma <strong>di</strong> seguire<br />

<strong>nel</strong>la sua esposizione della natura <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>.<br />

Incarnata in questo metodo vi è la più ambiziosa pretesa <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>. La sua concezione <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> non è un'intuizione o una rivelazione<br />

o un priv<strong>il</strong>egio, egli afferma; piuttosto, essa <strong>di</strong>scende<br />

con rigorosa necessità dalla guida della ragione. Egli <strong>di</strong>chiara<br />

apertamente <strong>di</strong> poter vedere <strong>Dio</strong> con la stessa chiarezza con cui<br />

può vedere i risultati <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mostrazione geometrica: "Io lo conosco<br />

<strong>nel</strong>lo stesso modo in cui so che la somma degli angoli interni<br />

<strong>di</strong> un triangolo è eguale a due retti", come egli splen<strong>di</strong>damente<br />

afferma. Sostiene inoltre che qualunque altra persona ragionevole<br />

vedrà <strong>il</strong> medesimo <strong>Dio</strong>.


IO. UNA FILOSOFIA SEGRETA DELLA TOTALITÀ DELLE COSE 149<br />

Mente<br />

Se essere <strong>Dio</strong> era un problema <strong>nel</strong> Seicento, essere uomini<br />

aveva <strong>il</strong> sapore <strong>di</strong> un completo errore. In quell'epoca cruciale, l'umanità<br />

europea subiva uno dei più gravi colpi alla propria autostima<br />

collettiva. Fino ad allora, si considerava evidente che la Terra<br />

occupasse <strong>il</strong> centro del cosmo, che l'Europa cristiana fosse la<br />

culla della civ<strong>il</strong>tà, e che gli esseri umani fossero <strong>il</strong> fine della creazione.<br />

Copernico e Gal<strong>il</strong>eo avevano cancellato la prima <strong>di</strong> queste<br />

verità, Cristoforo Colombo e i cinesi, tra gli altri, avevano cospirato<br />

per eliminare la seconda, e la terza restava penzoloni, abbastanza<br />

scomodamente, a mezz'aria. È vero, Darwin non era ancora<br />

neanche un sogno, e la maggioranza morale nutriva ben pochi<br />

dubbi sullo status unico dell'umanità tra le creazioni <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>.<br />

Ma f<strong>il</strong>osofi lungimiranti potevano intravedere le antiche domande<br />

preannunciare nuove minacce all'orizzonte: cosa significa essere<br />

uomini? Cosa, eventualmente, ci rende speciali?<br />

Descartes aveva offerto una risposta efficace per molti intellettuali<br />

dell'epoca (una risposta che esercita ancor oggi una considerevole<br />

influenza). Vi sono due classi ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>stinte <strong>di</strong><br />

enti, <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong>, afferma Descartes. Da un lato, ci sono le menti.<br />

Le menti pensano, esercitano <strong>il</strong> libero arbitrio, e vivono eternamente.<br />

Dall'altro lato, vi sono i corpi. I corpi rimbalzano tutt'intorno<br />

<strong>nel</strong>lo spazio secondo principi meccanici costanti (che Cartesio<br />

con profonda riflessione rese espliciti). Noi esseri umani<br />

siamo speciali perché solo noi abbiamo una mente. Solo noi siamo<br />

in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>re: "Io penso dunque sono". <strong>Il</strong> resto del <strong>mondo</strong><br />

- roq:e, stelle, gatti ecc. - è una gigantesca macchina, che gira attraverso<br />

una serie <strong>di</strong> stati con la ferrea necessità che caratterizza<br />

le leggi <strong>di</strong> natura.<br />

Nelle più accre<strong>di</strong>tate esposizioni della storia del pensiero, <strong>il</strong><br />

cosiddetto "dualismo" cartesiano è considerato spesso come una<br />

rivoluzione fondamentale <strong>nel</strong>le idee e <strong>il</strong> punto <strong>di</strong> partenza della<br />

f<strong>il</strong>osofia moderna. Nello st<strong>il</strong>e e <strong>nel</strong> metodo, la f<strong>il</strong>osofia cartesiana<br />

ha segnato effettivamente un importante passo avanti, che ebbe<br />

un'enorme influenza <strong>nel</strong>la cultura europea; ma in sostanza la<br />

sua opera si comprende forse più fac<strong>il</strong>mente come un tentativo<br />

<strong>di</strong> salvaguardare le antiche verità <strong>di</strong> fronte alle nuove minacce.<br />

<strong>Il</strong> suo dualismo era sostanzialmente un armistizio tra la religione<br />

costituita e la scienza emergente. Isolando la mente dal <strong>mondo</strong><br />

fisico, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo garantiva che molte delle dottrine centrali<br />

dell'ortodossia - immortalità dell'anima, libero arbitrio, e, in generale,<br />

status "speciale" del genere umano - fossero rese immuni<br />

da ogni possib<strong>il</strong>e trasgressione a opera dell'indagine scientifica<br />

del <strong>mondo</strong> fisico. Viceversa, la completa autosufficienza del


150 IL CORTIGIANO E !:ERETICO<br />

<strong>mondo</strong> materiale, <strong>nel</strong>la concezione meccanicistica, garantiva che<br />

la scienza fisica potesse procedere senza <strong>il</strong> timore <strong>di</strong>' entrare in<br />

contrad<strong>di</strong>zione con la religione rivelata.<br />

Non tutti erano sod<strong>di</strong>sfatti della soluzione offerta da Cartesio.<br />

Agli occhi <strong>di</strong> molti suoi critici, <strong>il</strong> grande f<strong>il</strong>osofo sembrava<br />

aver risolto un problema creandone un altro, e cioè: come è possib<strong>il</strong>e<br />

che la mente e <strong>il</strong> corpo interagiscano? <strong>Il</strong> fatto che interagiscano<br />

è ovvio ogni volta che noi solleviamo un braccio, facciamo<br />

colazione, oppure an<strong>di</strong>amo a dormire, per non parlare <strong>di</strong> quando<br />

si nasce e si muore. Eppure, secondo la teoria cartesiana, sembrerebbe<br />

impossib<strong>il</strong>e spiegare come una mente possa intervenire<br />

<strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> materiale senza violare i principi meccanici che governano<br />

<strong>il</strong> <strong>mondo</strong> - oppure sottoponendosi a quelle medesime<br />

leggi, e quin<strong>di</strong> riducendo se stessa a materia. Inoltre, se sim<strong>il</strong>i legami<br />

causali tra <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>-mente e <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>-macchina fossero<br />

scoperti, allora ciò aprirebbe la strada all'indagine scientifica della<br />

mente, che a sua volta metterebbe in pericolo proprio quelle<br />

verità religiose che <strong>il</strong> dualismo cartesiano era stato concepito per<br />

proteggere.<br />

<strong>Il</strong> problema mente-corpo si manifestava anche in altri mo<strong>di</strong><br />

che facevano perdere <strong>il</strong> sonno ai pensatori del Seicento. <strong>Il</strong> rigoroso<br />

dualismo cartesiano lasciava gli animali, per esempio, inchiodati<br />

ai corni del d<strong>il</strong>emma: i cani, per esempio, hanno una<br />

mente come noi oppure sono macchine? Dotare un cane <strong>di</strong> una<br />

mente, secondo la logica cartesiana, equivarrebbe a dargli un posto<br />

in para<strong>di</strong>so; sicché i cartesiani aderiscono alla posizione, teologicamente<br />

meno arrischiata, che gli animali sono effettivamente<br />

macchine. I loro avversari li costringono ad ammettere che ciò<br />

implica che bastonare un cane e in tal modo stimolarlo ad abbaiare,<br />

per esempio, equivale a percuotere una cornamusa e stimolarla<br />

a emettere <strong>il</strong> suo suono - una corbelleria f<strong>il</strong>osofica che<br />

a quell'epoca, proprio come adesso, sembrava al tempo stesso ripugnante<br />

e ovviamente falsa.<br />

Neonati, dormienti e sognatori ponevano tutti forme sim<strong>il</strong>i<br />

del problema corpo-mente. Dal momento che i neonati non sono<br />

in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>re "Penso dunque sono", essi sono privi <strong>di</strong> mente?<br />

La acquisiscono in seguito - per esempio, al tre<strong>di</strong>cesimo compleanno?<br />

Quando noi dormiamo, la nostra mente va in vacanza?<br />

Un uomo che sogna è in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>re "Penso dunque sono"? E<br />

se noi finalmente cadessimo in un sonno veramente profondo,<br />

senza sogni, cesseremmo forse <strong>di</strong> essere uomini per tutta la durata<br />

del sonno?<br />

L in<strong>di</strong>zio più evidente del fasti<strong>di</strong>o provocato dal problema corpo-mente<br />

tra gli osservatori secenteschi è proprio <strong>il</strong> carattere<br />

estremo delle soluzioni che per esso vengono proposte. Lo stes-


IO. UNA FILOSOFIA SEGRETA DELLA TOTALITÀ DELLE COSE 151<br />

so Descartes ha affermato talvolta che l'interazione tra mente e<br />

corpo era tanto complessa che solo <strong>Dio</strong> avrebbe potuto comprenderla.<br />

Numerosi critici lo consideravano semplicemente come<br />

una riformulazione del problema - come fa <strong>Dio</strong> a compiere<br />

ciò che è inconcepib<strong>il</strong>e? Altre volte, Descartes proponeva che la<br />

mente sia situata <strong>nel</strong>la ghiandola pineale, un organo dalla sensib<strong>il</strong>ità<br />

e dalla mot<strong>il</strong>ità assolutamente unico, le cui rapide e profonde<br />

giravolte servono a trasportare i desideri della mente verso tutte<br />

le altre parti del corpo, attraverso complessi percorsi meccanici.<br />

Questa teoria, però, non aveva alcuna base <strong>nel</strong>l'esperienza;<br />

non riusciva neanche ad affrontare <strong>il</strong> problema del rapporto corpo-mente<br />

che pretendeva <strong>di</strong> risolvere (come può la mente muovere<br />

la ghiandola pineale?); e, francamente parlando, era ri<strong>di</strong>cola.<br />

"Questa è l'opinione <strong>di</strong> un uomo insigne, un'opinione cui a<br />

stento io avrei creduto se non fosse stata così ingegnosa," <strong>di</strong>ce<br />

<strong>Spinoza</strong> con malcelato <strong>di</strong>sprezzo.<br />

L'opera del teologo Male branche esemplifica <strong>nel</strong> migliore dei<br />

mo<strong>di</strong> quanto i cartesiani si sentirono costretti a spingersi lontano<br />

per cercare <strong>di</strong> rattoppare l'imbarazzante lacuna <strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia<br />

del loro maestro. Malebranche era favorevole alla tesi secondo<br />

cui, ogni volta che una mente interagisce con <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> materiale,<br />

<strong>Dio</strong> interviene in tale "occasione" e attua <strong>il</strong> cambiamento<br />

desiderato. Quando la mente "vuole" friggere un uovo, per esempio,<br />

<strong>Dio</strong> prontamente giunge <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> fisico e mette un tegame<br />

sui for<strong>nel</strong>li. La teoria fu nob<strong>il</strong>itata ben presto con <strong>il</strong> nome <strong>di</strong><br />

"occasionalismo". Anche <strong>nel</strong> credulo Seicento, quasi tutti i più<br />

fanatici cartesiani potevano vedere che l' occasionalismo era solo<br />

una sorta <strong>di</strong> Deus ex machina su larga scala - <strong>il</strong> che significa<br />

che esso usava <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> solo per nascondere l'ignoranza.<br />

Le soluzioni erano così estreme, ovviamente, perché la posta<br />

in gioco era così alta. Nel querulo <strong>mondo</strong> della f<strong>il</strong>osofia secentesca,<br />

<strong>il</strong> problema del rapporto corpo-mente non era un rompicapo<br />

che si potesse tranqu<strong>il</strong>lamente relegare nei corsi universitari<br />

prespecialistici. Per uomini del calibro <strong>di</strong> Descartes, Male branche<br />

e <strong>Leibniz</strong>, come vedremo, risolvere <strong>il</strong> problema della relazione<br />

tra <strong>il</strong> corpo e la mente era vitale per proteggere l'or<strong>di</strong>ne politico<br />

e teologico ere<strong>di</strong>tato dal Me<strong>di</strong>oevo, e, più in generale, per salvaguardare<br />

la considerazione dell'uomo sull'uomo <strong>di</strong> fronte a un<br />

universo sempre più violento. Per <strong>Spinoza</strong>, d'altra parte, era<br />

un mezzo per <strong>di</strong>struggere quel medesimo or<strong>di</strong>ne e scoprire un<br />

nuovo fondamento del valore umano.<br />

Come regola generale, i f<strong>il</strong>osofi affrontano i loro "problemi"<br />

in uno <strong>di</strong> questi due mo<strong>di</strong>: o costruiscono una teoria per "risolvere"<br />

<strong>il</strong> problema così come esso si presenta; oppure fanno mancare<br />

al problema <strong>il</strong> terreno sotto i pie<strong>di</strong> - negano che sia effetti-


152 IL CORTIGIANO E I!ERETICO<br />

vamente un problema. Malebranche fornisce un buon esempio<br />

del primo approccio con la sua risposta "occasionalista" al problema<br />

cartesiano corpo-mente. <strong>Spinoza</strong> esemplifica <strong>il</strong> secondo<br />

approccio <strong>nel</strong>la sua risposta al medesimo problema. La soluzione<br />

offerta da <strong>Spinoza</strong> al problema corpo-mente segna una ra<strong>di</strong>cale<br />

<strong>di</strong>scontinuità <strong>nel</strong>la storia del pensiero - una rottura tanto<br />

profonda si presenta solo una volta ogni m<strong>il</strong>le o duem<strong>il</strong>a anni.<br />

La premessa cruciale della versione cartesiana del problema<br />

corpo-mente è che la mente è qualcosa <strong>di</strong> totalmente <strong>di</strong>stinto dal<br />

corpo, oppure, in termini più generali, che l'uomo occupa un posto<br />

assolutamente speciale <strong>nel</strong>la natura. Questa idea, ovviamente,<br />

appartiene non al solo Descartes, ma anche a tutti i suoi predecessori<br />

teologi. <strong>Spinoza</strong> esprime questa premessa in una formula<br />

elegante:<br />

Sembra che essi concepiscano l'uomo <strong>nel</strong>la Natura come un regno<br />

entro un regno.<br />

Proprio perché i cartesiani (e non solo loro) concepiscono la<br />

mente come qualcosa <strong>di</strong> totalmente incompatib<strong>il</strong>e con <strong>il</strong> corpo,<br />

essi incontrano un "problema" quando tentano <strong>di</strong> spiegare come<br />

la mente e <strong>il</strong> corpo possano in qualche modo interagire - cioè come<br />

un regno possa comunicare con l'altro. <strong>Spinoza</strong> rigetta nettamente<br />

questa premessa. La mente, egli afferma, non è esente<br />

dalle leggi <strong>di</strong> natura. Nel Breve trattato, che risale all'incirca alla<br />

fine del suo periodo oscuro, egli annuncia la propria convinzione<br />

centrale:<br />

L: uomo è parte della Natura e deve seguire le sue leggi, e questa soltanto<br />

è la vera virtù.<br />

Vi è un solo regno <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, <strong>il</strong> regno <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, o<br />

Natura; e gli esseri umani appartengono a questo regno allo stesso<br />

modo delle pietre, degli alberi e dei gatti. Con questa semplice<br />

asserzione, <strong>Spinoza</strong> conficca un palo <strong>nel</strong> cuore <strong>di</strong> due m<strong>il</strong>lenni<br />

<strong>di</strong> religione e <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofia, che quasi in ogni sua forma aveva<br />

posto come fondamentale premessa che l'esistenza umana è speciale<br />

e <strong>di</strong>stingue l'uomo dal resto della natura.<br />

<strong>Leibniz</strong> aveva un certo sentore della tesi <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> su questo<br />

punto, anche se dovette trascorrere del tempo prima che ne<br />

assim<strong>il</strong>asse le terrificanti conseguenze. Nei suoi appunti sulla <strong>di</strong>scussione<br />

con Tschirnhaus, egli osserva: "La mente, secondo [<strong>Spinoza</strong>],<br />

è in un certo modo parte <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>".<br />

Sebbene insista <strong>nel</strong>l'affermare che la mente è una parte della<br />

medesima natura <strong>di</strong> cui è parte anche <strong>il</strong> corpo, <strong>Spinoza</strong> non


10. UNA FILOSOFIA SEGRETA DELLA TOTALITÀ DELLE COSE 153<br />

nega che vi siano fenomeni mentali - idee, decisioni, anche "menti"<br />

in un certo senso. Così, dopo aver cancellato la premessa su<br />

cui si basa <strong>il</strong> problema cartesiano mente-corpo, ora egli si trova<br />

<strong>di</strong> fronte a una versione rovesciata del medesimo problema. Invece<br />

<strong>di</strong> dover spiegare come due classi <strong>di</strong> enti tanto <strong>di</strong>fferenti possano<br />

interagire reciprocamente, egli deve spiegare come una specie<br />

<strong>di</strong> enti possa manifestare se stessa in due mo<strong>di</strong> tanto <strong>di</strong>versi -<br />

prima <strong>nel</strong>la forma <strong>di</strong> fenomeni mentali, poi <strong>nel</strong>la forma <strong>di</strong> oggetti<br />

fisici.<br />

La risposta <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, in termini tecnici, consiste <strong>nel</strong>l'affermare<br />

che due degli infiniti attributi della sostanza - e, in effetti,<br />

gli unici due <strong>di</strong> cui noi abbiamo conoscenza - sono "pensiero" ed<br />

"estensione". Quando consideriamo la sostanza sotto l'attributo<br />

del pensiero, egli afferma, noi ve<strong>di</strong>amo menti, idee e decisioni;<br />

quando consideriamo la medesima sostanza sotto l'attributo dell'estensione,<br />

allora ve<strong>di</strong>amo corpi fisici in movimento. Come egli<br />

scrive:<br />

Sostanza pensante e sostanza estesa sono una e la stessa, compresa<br />

ora sotto questo attributo, ora sotto quello.<br />

In termini più concreti, ciò implica che ogni atto mentale ha<br />

un correlativo in qualche processo fisico, con <strong>il</strong> quale è effettivamente<br />

identico. Questo punto <strong>di</strong>venta chiaro <strong>nel</strong> brano seguente:<br />

La decisione mentale da un lato, l'appetito e lo stato fisico del corpo<br />

dall'altro, sono contemporanei per natura; o piuttosto, essi sono<br />

una sola e identica cosa che, quando la consideriamo sotto l'attributo<br />

del pensiero e la spieghiamo attraverso <strong>il</strong> pensiero, noi chiamiamo<br />

decisione, mentre quando la consideriamo sotto l'attributo<br />

dell'estensione e la deduciamo dalle leggi del movimento e della quiete,<br />

noi la chiamiamo stato fisico.<br />

La concezione formulata qui da <strong>Spinoza</strong> sarà denominata<br />

successivamente "parallelismo", perché asserisce che <strong>il</strong> <strong>mondo</strong><br />

mentale e <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> fisico operano in parallelo. La più sintetica e<br />

famosa espressione del parallelismo si trova <strong>nel</strong>la proposizione<br />

7 della parte n dell'Etica: "L'or<strong>di</strong>ne e la connessione delle idee è<br />

identico all'or<strong>di</strong>ne e alla connessione delle cose".<br />

Forse la caratteristica più notevole della risposta fornita da<br />

<strong>Spinoza</strong> al problema corpo-mente sono le domande, assolutamente<br />

ine<strong>di</strong>te, che egli formula sul corpo. Se, come afferma <strong>Spinoza</strong>,<br />

le decisioni mentali non sono niente più degli appetiti stessi,<br />

e variano secondo la <strong>di</strong>sposizione del corpo, allora ne consegue<br />

che <strong>il</strong> corpo è un congegno straor<strong>di</strong>nariamente complesso,<br />

capace <strong>di</strong> "incorporare" (letteralmente) ogni atto mentale con-


154 TL CORTTG!ANO E I!ERET!CO<br />

cepib<strong>il</strong>e. Anticipando la più comune obiezione alla sua teoria<br />

- che è inconcepib<strong>il</strong>e che un grumo <strong>di</strong> materia inanimata possa<br />

essere in grado <strong>di</strong> scrivere poesie, <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficare templi, <strong>di</strong> provare<br />

sentimenti amorosi, e che pertanto <strong>il</strong> corpo non può produrre la<br />

mente - <strong>Spinoza</strong> scrive:<br />

Nessuno fino a ora ha appreso dall'esperienza cosa <strong>il</strong> corpo può o<br />

non può fare ... esclusivamente per le leggi della sua natura in quanto<br />

esso è corporeo. Perché nessuno fino a ora conosce la struttura<br />

del corpo tanto accuratamente da spiegarne tutte le funzioni, senza<br />

<strong>di</strong>menticare che <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> animale troviamo molte cose che superano<br />

la sagacia umana, e che durante <strong>il</strong> sonno i sonnambuli fanno<br />

molte cose che non oserebbero quando sono svegli [ ... ] [<strong>il</strong> corpo umano]<br />

supera in ingegnosità tutte le costmzioni della perizia umana.<br />

Scritte tre secoli prima che le neuroscienze cominciassero a<br />

rivelare qualcosa delle straor<strong>di</strong>narie capacità del cervello umano,<br />

le parole <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, qui, possono solo incoraggiare i f<strong>il</strong>osofi<br />

che si trovano in dubbio circa <strong>il</strong> potere della ragione, da sola,<br />

<strong>di</strong> superare i comuni pregiu<strong>di</strong>zi.<br />

Rifiutando la premessa che la mente è ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>stinta<br />

dal corpo, <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>ssolve molti dei paradossi del cartesianesimo.<br />

Per esempio, si sbarazza dei d<strong>il</strong>emmi concernenti i casi limite<br />

- animali, neonati, dormienti e sognatori. "Nella proporzione<br />

in cui un corpo è più adatto degli altri corpi ad agire o a<br />

patire simultaneamente in molti mo<strong>di</strong>," egli afferma, "<strong>nel</strong>la stessa<br />

misura la sua mente è più adatta delle altre menti a percepire<br />

molte cose simultaneamente." In altre parole, vi è un continuum<br />

<strong>nel</strong>la capacità mentale, proprio come vi è un continuum <strong>nel</strong>la<br />

complessità dei corpi. Pertanto, <strong>Spinoza</strong> non ha <strong>di</strong>fficoltà ad ammettere<br />

ciò che l'esperienza ci <strong>di</strong>ce ogni giorno: che alcune menti<br />

sono superiori ad altre; che <strong>il</strong> medesimo in<strong>di</strong>viduo può pensare<br />

meglio in certi momenti piuttosto che in altri secondo che, come<br />

si <strong>di</strong>ce, quella mattina ha preso <strong>il</strong> caffè; che danni al cervello<br />

possono causare l'indebolimento o la riduzione delle funzioni<br />

mentali; che gli animali mostrano un certo grado <strong>di</strong> pensiero; e<br />

che coloro i quali dormono un sonno profondo, oppure sono privi<br />

<strong>di</strong> sensi, sono morti o non sono ancora nati, non possono pensare<br />

affatto.<br />

La f<strong>il</strong>osofia della mente <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, proprio come la sua concezione<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, in un certo qual modo è più agevole da comprendere<br />

in termini negativi - cioè, nei termini delle teorie che<br />

rigetta - anziché in termini positivi. Anzi, quando la si considera<br />

come una dottrina positiva, la sua f<strong>il</strong>osofia può dare origine<br />

ad alcune perplessità. Si potrebbe sostenere, per esempio, che la<br />

<strong>di</strong>visione della sostanza nei due attributi del pensiero e dell'e-


IO. UNA FILOSOFIA SEGRETA DELLA TOTALITÀ DELLE COSE 155<br />

stensione equivale soltanto all'asserzione che mente e corpo sono<br />

la stessa cosa, non alla spiegazione <strong>di</strong> come si verifica l'identità<br />

<strong>di</strong> queste due specie tanto <strong>di</strong>verse <strong>di</strong> fenomeni. In altre parole,<br />

la teoria <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, quando la consideriamo come una dottrina<br />

positiva, trasporta solo a un livello più alto <strong>il</strong> problema corpomente,<br />

dall'umanità a <strong>Dio</strong>. Inoltre sembra bizzarro - come fa notare,<br />

per esempio, Tschirnhaus in una delle sue lettere - che a<br />

<strong>Spinoza</strong> accada <strong>di</strong> menzionare soltanto due degli attributi <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>,<br />

che pure presume siano infiniti. Si potrebbe anche dubitare che<br />

questi due siano davvero attributi <strong>di</strong> pari <strong>di</strong>gnità. Perché, se un<br />

"attributo" è, secondo la definizione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, ciò che ''l'intelletto<br />

coglie come costituente l'essenza della sostanza", allora si<br />

può concludere che l'estensione è colta me<strong>di</strong>ante <strong>il</strong> pensiero, e<br />

dunque non la si può considerare come se avesse con la sostanza<br />

la stessa relazione che ha <strong>il</strong> pensiero.<br />

Ma nessun cav<strong>il</strong>lo <strong>di</strong> questo genere turba la nostra comprensione<br />

<strong>di</strong> ciò contro cui <strong>Spinoza</strong> intende opporsi con la sua teoria<br />

della mente. La maggior parte dei f<strong>il</strong>osofi da Platone in poi ha sostenuto<br />

che la mente è una "cosa" <strong>di</strong> un genere speciale, dotata<br />

<strong>di</strong> libero arbitrio e <strong>di</strong> immortalità, <strong>il</strong> cui possesso garantisce all'umanità<br />

una esenzione dall'or<strong>di</strong>ne della natura. E questo è <strong>il</strong><br />

credo che <strong>Spinoza</strong> intende <strong>di</strong>struggere. In realtà, la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>, se è vera, polverizza non solo le teorie dei f<strong>il</strong>osofi suoi<br />

predecessori, ma anche molte delle dottrine religiose che essi cercavano<br />

<strong>di</strong> proteggere - per non parlare delle interpretazioni comuni<br />

della vita mentale prevalenti ancor oggi. E <strong>Spinoza</strong> non esita<br />

a esplicitare queste implicazioni eretiche e controintuitive.<br />

Tanto per cominciare, dalla posizione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>scende<br />

che gli esseri umani non hanno "libero arbitrio" in senso assoluto.<br />

La nostra esperienza della libertà, <strong>di</strong>ce <strong>Spinoza</strong>, consiste<br />

soltanto in ciò: che noi siamo consapevoli dei nostri desideri<br />

ma ignari delle cause che li determinano. Se una pietra lanciata<br />

per aria acquisisse consapevolezza, egli sostiene in un brano<br />

famoso, immaginerebbe <strong>di</strong> volare liberamente. <strong>Leibniz</strong> coglie<br />

chiaramente <strong>il</strong> punto: "L'uomo è libero <strong>nel</strong>la misura in cui non<br />

è determinato da niente <strong>di</strong> esterno. Ma poiché questo non è <strong>il</strong><br />

caso in nessuno dei suoi atti, dunque l'uomo non è in alcun modo<br />

libero - anche se egli partecipa della libertà molto più <strong>di</strong> ogni<br />

altro corpo".<br />

Non sod<strong>di</strong>sfatto <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere l'idea <strong>di</strong> "libero arbitrio", <strong>Spinoza</strong><br />

giunge ad affermare che non vi è affatto "volontà", in un<br />

certo senso. Ciò significa che noi abbiamo particolari volizioni,<br />

certamente, ma che non esiste una facoltà del volere, in<strong>di</strong>pendente<br />

da queste particolari volizioni. Ciò che noi chiamiamo "volontà"<br />

è "solo un'idea del nostro volere questo o quello, dunque


156 TL CORTIGIANO E TJERETICO<br />

è soltanto un modo <strong>di</strong> pensare, un ente <strong>di</strong> ragione, non una cosa<br />

reale; niente può essere causato da essa".<br />

Non solo non vi è "volontà", secondo <strong>Spinoza</strong>; non vi è neanche<br />

"mente", <strong>nel</strong> significato usuale, cartesiano, <strong>di</strong> questo termine.<br />

Cioè, non vi è alcuna entità, alla quale ineriscano pensieri e<br />

desideri, che esista prima <strong>di</strong> o separatamente da quegli stessi pensieri<br />

e desideri. Per <strong>Spinoza</strong>, la "mente" - come la "volontà" - è<br />

soltanto un'astrazione tratta da una collezione <strong>di</strong> eventi mentali.<br />

È un'idea, non una cosa. Specificatamente, propone <strong>Spinoza</strong>,<br />

la mente è l'idea <strong>di</strong> un particolare corpo esistente. Perciò, è <strong>il</strong> corpo<br />

- cioè, <strong>il</strong> fatto che una collezione <strong>di</strong> pensieri e <strong>di</strong> desideri appartiene<br />

a un corpo particolare - a fornire l'unità e l'identità della<br />

mente, quale essa è. Ancora una volta, <strong>Leibniz</strong> coglie l'essenziale:<br />

"[<strong>Spinoza</strong>] pensa che la mente è l'idea stessa del corpo".<br />

Ovviamente, l'asserzione che la mente sia l'idea del corpo implica<br />

che la mente in realtà non possegga unità o autoidentità in<br />

senso assoluto. La mente non conosce se stessa, ragiona <strong>Spinoza</strong>,<br />

se non <strong>nel</strong>la misura in cui essa percepisce le idee delle mo<strong>di</strong>ficazioni<br />

del corpo; ma l'idea <strong>di</strong> ciascuna mo<strong>di</strong>ficazione del corpo<br />

non comporta una conoscenza adeguata del corpo stesso; dunque,<br />

"la mente umana [ ... ] ha una conoscenza non adeguata ma<br />

confusa e frammentaria <strong>di</strong> sé, del proprio corpo, e dei corpi esterni".<br />

Vale a <strong>di</strong>re, <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, la nostra conoscenza <strong>di</strong><br />

noi stessi, proprio come in generale la nostra conoscenza delle<br />

cose particolari, è me<strong>di</strong>ata attraverso <strong>il</strong> corpo stesso, e quin<strong>di</strong> è<br />

sempre imperfetta ovvero fallib<strong>il</strong>e e aperta a revisione. Pertanto,<br />

le menti sono altrettanto complesse e multiformi quanto i corpi<br />

<strong>di</strong> cui esse sono le idee. (È importante notare che la posizione <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> è molto prossima a quella che gli storici della f<strong>il</strong>osofia<br />

ascrivono agli empiristi ra<strong>di</strong>cali, come David Hume, e non è affatto<br />

coerente con <strong>il</strong> "razionalismo" con cui spesso ma inopportunamente<br />

egli viene identificato.)<br />

Si potrebbe r<strong>il</strong>evare che qui <strong>Spinoza</strong> dà origine all'idea <strong>di</strong><br />

"inconscio", anche se ciò significherebbe dare a una cattiva teoria<br />

un pe<strong>di</strong>gree migliore <strong>di</strong> quello che si merita. <strong>Spinoza</strong> non<br />

afferma che vi sia una misteriosa seconda mente "sepolta" sotto<br />

quella conscia e dotata <strong>di</strong> una volontà e <strong>di</strong> desideri suoi propri;<br />

piuttosto, egli asserisce che ogni mente è solo parzialmente<br />

conscia <strong>di</strong> se stessa. <strong>Il</strong> posto in cui andare a cercare la parte<br />

inconscia della mente, dunque, non è una immaginaria mente<br />

nascosta, ma è <strong>il</strong> <strong>di</strong>vario tra l'idea del corpo che costituisce la<br />

mente e <strong>il</strong> corpo stesso.<br />

Un'ultima (e, peri suoi contemporanei, tremenda) conseguenza<br />

della teoria spinoziana della mente è la negazione dell'immortalità<br />

personale. Poiché, <strong>nel</strong>la misura in cui gli atti mentali hanno


IO. UNA FILOSOFIA SEGRETA DELLA TOTALITÀ DELLE COSE 157<br />

sempre un correlato in stati fisici, dunque quando gli stati fisici<br />

volgono in cenere altrettanto accade alla mente.<br />

I.: inesorab<strong>il</strong>e annullamento dell'immortalità personale rivela<br />

ancora una volta quanto la metafisica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> sia legata alle<br />

sue tendenze politiche ra<strong>di</strong>cali. I teologi, afferma <strong>Spinoza</strong>, usano<br />

spudoratamente la prospettiva dell'eterna ricompensa e dell'eterna<br />

dannazione per intimorire le masse. Se <strong>Spinoza</strong> ha ragione,<br />

allora la f<strong>il</strong>osofia da Platone in poi non solo è sbagliata,<br />

ma è un abominio, una frode <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni planetarie volta a legittimare<br />

l'oppressione in questo <strong>mondo</strong> con la vuota promessa<br />

<strong>di</strong> una giustizia <strong>nel</strong>la vita dell'ald<strong>il</strong>à. In realtà, <strong>nel</strong>la misura in cui<br />

la "negativa" teoria spinoziana della mente risulta più fac<strong>il</strong>e da<br />

comprendere della sua teoria "positiva", in questa stessa misura<br />

i suoi impegni politici ancora una volta sembrano prevalere su<br />

quelli f<strong>il</strong>osofici.<br />

Insomma: alla domanda fondamentale - cosa ci rende speciali?<br />

- <strong>Spinoza</strong> offre una risposta chiara e sconvolgente: nulla.<br />

Eppure, possono esservi ben pochi dubbi che per <strong>Spinoza</strong> vi è<br />

qualcosa <strong>di</strong> speciale <strong>nel</strong>l'essere umano. O forse più precisamente,<br />

vi è qualche modo in cui l'essere umano può <strong>di</strong>ventare speciale.<br />

Questo è quanto egli ha attestato <strong>nel</strong> suo stesso st<strong>il</strong>e <strong>di</strong> vita,<br />

attraverso <strong>il</strong> suo risoluto impegno a vivere una "vita della mente".<br />

E, come accade soltanto con i f<strong>il</strong>osofi più acuti, è anche ciò<br />

che egli <strong>di</strong>chiara nei suoi scritti. <strong>Spinoza</strong> non aggre<strong>di</strong>sce <strong>il</strong> problema<br />

corpo-mente soltanto sv<strong>il</strong>uppando un'ipotesi più convincente<br />

per spiegare alcune sconcertanti osservazioni sui pensieri<br />

e sui cervelli; lo aggre<strong>di</strong>sce, come afferma <strong>nel</strong> suo Breve trattato,<br />

sul tema della "vera virtù", cioè del cammino verso la salvezza.<br />

Salvezza eterna<br />

E la felicità, anche, <strong>di</strong>venne un problema <strong>nel</strong> Seicento. Grande<br />

responsab<strong>il</strong>ità per questo sv<strong>il</strong>uppo, come al solito, deve essere<br />

attribuita alla Riforma del se<strong>di</strong>cesimo secolo. Finché vi fu una<br />

sola chiesa, la chiesa "cattolica", la domanda su come raggiungere<br />

la beatitu<strong>di</strong>ne restò <strong>nel</strong>le mani delle competenti autorità ecclesiastiche.<br />

Una volta che la chiesa perse la sua universalità, però,<br />

la questione della felicità cadde dalle mani <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> e cadde in grembo<br />

alla coscienza in<strong>di</strong>viduale. <strong>Il</strong> successo <strong>di</strong> tante nuove varietà<br />

<strong>di</strong> pratiche religiose, paradossalmente, rese evidente <strong>il</strong> carattere<br />

in<strong>di</strong>viduale della fede.<br />

<strong>Spinoza</strong> stesso traccia <strong>il</strong> punto: "Tu non potrai negare che in<br />

ogni chiesa vi sono molti uomini onorevoli che adorano <strong>Dio</strong> con<br />

giustizia e carità," scrive a un suo corrispondente. "Perché noi


158 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

abbiamo conosciuto molti <strong>di</strong> questi uomini tra i luterani, i riformati,<br />

i mennoniti e gli entusiasti, per non parlare <strong>di</strong> altri ... Tu devi<br />

pertanto riconoscere che la santità <strong>di</strong> vita è [ ... ] comune a tutti."<br />

<strong>Spinoza</strong> garbatamente evita <strong>di</strong> includere <strong>nel</strong>la lista <strong>il</strong> proprio<br />

status confessionale, che è quello <strong>di</strong> ebreo apostata - egli stesso<br />

forse la prova più evidente dell'esistenza <strong>di</strong> un itinerario completamente<br />

personale verso la salvezza.<br />

Nel momento stesso in cui la felicità <strong>di</strong>venta un problema personale,<br />

sembra <strong>di</strong>venga anche molto più <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e raggiungerla. In<br />

un <strong>mondo</strong> in cui <strong>Dio</strong> era sempre più lontano e in<strong>di</strong>fferente, in un<br />

<strong>mondo</strong> in cui <strong>il</strong> priv<strong>il</strong>egio dell'umanità <strong>nel</strong>l'or<strong>di</strong>ne delle cose sembrava<br />

minacciato, e dove nessun in<strong>di</strong>viduo razionale poteva accettare<br />

le cosmologie !asciateci in ere<strong>di</strong>tà dalle tra<strong>di</strong>zioni teologiche,<br />

non era fac<strong>il</strong>e procurarsi garanzie <strong>di</strong> salvezza. Nessuno più<br />

<strong>di</strong> Spii1oia, ovviamente, era persuaso che <strong>Dio</strong> fosse <strong>di</strong>ventato più<br />

in<strong>di</strong>fferente, e che <strong>il</strong> priv<strong>il</strong>egio dell'umanità fosse meno sicuro.<br />

La felicità era quin<strong>di</strong> <strong>il</strong> suo maggiore problema. Cioè, la massima<br />

sfida cui <strong>Spinoza</strong> si trovava <strong>di</strong> fronte consisteva <strong>nel</strong>lo spiegare<br />

come si può essere felici - e come si può essere virtuosi, che<br />

dal suo punto <strong>di</strong> vista era la stessa cosa - in un <strong>mondo</strong> ormai laico<br />

da cima a fondo. Nel suo Tractatus de intellectus emendatione,<br />

come sappiamo, <strong>Spinoza</strong> annunciava che <strong>il</strong> solo scopo della sua<br />

f<strong>il</strong>osofia è acquisire la "suprema, continua e perenne felicità".<br />

Nell'Etica egli afferma <strong>di</strong> aver fatto proprio questo.<br />

Felicità è libertà, <strong>di</strong>ce <strong>Spinoza</strong>. Essa giunge quando noi agiamo<br />

in conformità con la nostra natura più profonda - quando<br />

"realizziamo noi stessi", per così <strong>di</strong>re. Purtroppo, noi esseri umani<br />

raramente abbiamo <strong>il</strong> priv<strong>il</strong>egio <strong>di</strong> agire in conformità alla nostra<br />

natura più profonda, perché <strong>nel</strong>la nostra ignoranza <strong>di</strong> noi<br />

stessi e del <strong>mondo</strong> ci sottomettiamo alla guida <strong>di</strong> forze che stanno<br />

al <strong>di</strong> là del nostro controllo. Lumanità è sballottata sul mare<br />

delle emozioni, tuona <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo; noi siamo sballottati in un caos<br />

<strong>di</strong> speranza e <strong>di</strong> paura, <strong>di</strong> gioia e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione, <strong>di</strong> amore e <strong>di</strong><br />

o<strong>di</strong>o, siamo spinti lungo un corso aleatorio la cui unica destinazione<br />

certa è l'infelicità finale. La maggior parte degli in<strong>di</strong>vidui,<br />

<strong>il</strong> più delle volte, conclude <strong>Spinoza</strong>, sono passivi. Ma <strong>il</strong> senso della<br />

vita è essere attivi.<br />

<strong>Il</strong> primo passo <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> verso la libertà consiste <strong>nel</strong> trascinare<br />

le emozioni <strong>di</strong>nanzi al tribunale della ragione. "Io considererò<br />

le azioni e i desideri umani," egli scrive, "come se si trattasse<br />

<strong>di</strong> linee, <strong>di</strong> superfici e <strong>di</strong> soli<strong>di</strong>." Nell'Etica egli presenta una teoria<br />

secondo la quale tutte le emozioni che noi proviamo - amore<br />

e o<strong>di</strong>o, sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> sé e um<strong>il</strong>tà, stupore e sgomento ecc. - possono<br />

essere analizzate in termini <strong>di</strong> tre concetti bas<strong>il</strong>ari: piacere,<br />

dolore e conatus. <strong>Il</strong> conatus è un impulso o desiderio - in so-


10. UNA FILOSOFIA SEGRETA DELLA TOTALITÀ DELLE COSE 159<br />

stanza, <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> perdurare <strong>nel</strong>la propria esistenza. Ogni persona<br />

- anzi, per meglio <strong>di</strong>re, ogni roccia, ogni albero, ogni cosa<br />

al <strong>mondo</strong> - ha un conatus ad agire, a vivere, a proteggere se stessa,<br />

e a realizzarsi perseguendo <strong>il</strong> proprio interesse (o "vantaggio").<br />

<strong>Il</strong> "piacere" è lo stato che risulta da tutto ciò che contribuisce<br />

al <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> questo conatus, cioè ogni cosa che aumenta<br />

<strong>il</strong> potere o <strong>il</strong> livello <strong>di</strong> "perfezione" <strong>di</strong> una cosa; "dolore" è lo stato<br />

che risulta da tutto ciò che fa <strong>il</strong> contrario, owero <strong>di</strong>minuisce<br />

<strong>il</strong> potere <strong>di</strong> una cosa.<br />

Sulla base <strong>di</strong> questi tre concetti, <strong>Spinoza</strong> costruisce una ricca<br />

teoria delle emozioni. Alcune delle sue definizioni sono forse<br />

un po' troppo owie; altre sono stranamente appropriate e concise.<br />

Qualche esempio: l'amore, egli <strong>di</strong>ce, è piacere accompagnato<br />

dall'idea <strong>di</strong> un oggetto esterno come causa <strong>di</strong> esso. Autostima (o<br />

amore <strong>di</strong> sé) è piacere che scaturisce dalla contemplazione della<br />

propria capacità <strong>di</strong> agire. E l'orgoglio consiste <strong>nel</strong> nutrire un'opinione<br />

troppo alta <strong>di</strong> sé, a causa dell'amore <strong>di</strong> sé. <strong>Il</strong> punto centrale<br />

è che tutte le emozioni hanno <strong>il</strong> loro fondamento <strong>nel</strong> conatus<br />

dell'in<strong>di</strong>viduo: "Desiderio è l'essenza dell'uomo," come scrive<br />

<strong>Spinoza</strong>. Per essere chiari: questo desiderio è fondamentalmente<br />

egocentrico.<br />

Non c'è niente <strong>di</strong> sbagliato <strong>nel</strong>le emozioni per sé, dal punto <strong>di</strong><br />

vista <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, né in questo insaziab<strong>il</strong>e e chiaramente egoistico<br />

desiderio chiamato conatus. Anzi, egli afferma, <strong>il</strong> piacere - o<br />

la "massimizzazione" del conatus - è la fonte <strong>di</strong> ogni bene. Anzi,<br />

<strong>Spinoza</strong> indugia abbastanza a lungo per sferrare un altro colpo<br />

contro l'or<strong>di</strong>ne del giorno teocratico: "Solo la cupa e tetra superstizione<br />

vieta la gioia," egli afferma, alludendo all'ideale ascetico<br />

della chiesa regnante. "Nessuna <strong>di</strong>vinità, né alcun altro tranne gli<br />

invi<strong>di</strong>osi, prova piacere per la mia debolezza e la mia sventura,<br />

le nostre lacrime, i nostri singhiozzi, la nostra paura, e altre cose<br />

sim<strong>il</strong>i che sono <strong>il</strong> segno <strong>di</strong> uno spirito debole."<br />

<strong>Il</strong> problema a proposito delle emozioni, piuttosto, è che sovente<br />

esse non riescono a orientare esattamente <strong>il</strong> conatus verso<br />

la <strong>di</strong>rezione che conduce alla felicità. Le emozioni generalmente<br />

nascono dal richiamo <strong>di</strong> forze esterne e pertanto non sono centrate<br />

sul sé in modo perspicuo. A causa dell'ignoranza umana,<br />

noi temiamo cose che non esistono (come un <strong>Dio</strong> personale che<br />

può giu<strong>di</strong>carci); consentiamo che le esperienze presenti ci <strong>di</strong>straggano<br />

dal valore dei beni futuri; lasciamo che l'orgoglio ci <strong>di</strong>a<br />

alla testa; e arricchiamo quoti<strong>di</strong>anamente, nei mo<strong>di</strong> abituali, l'<strong>il</strong>limitato<br />

catalogo dell'umana follia. Per lo più le emozioni, conclùde<br />

<strong>Spinoza</strong>, sono basate su inadeguate concezioni delle cose.<br />

Esse sono "passive" - ecco perché le chiamiamo "passioni", dopo<br />

tutto.


160 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

<strong>Il</strong> primo contributo della ragione consiste <strong>nel</strong> mettere or<strong>di</strong>ne<br />

<strong>nel</strong>le nostre emozioni, così che noi possiamo comprendere come<br />

guidarle sotto la rubrica del nostro effettivo interesse personale.<br />

La ragione ci insegna, per esempio, a valutare i beni futuri in proporzione<br />

<strong>di</strong>retta rispetto ai beni presenti; ci insegna che l'orgoglio<br />

eccessivo è qualcosa <strong>di</strong> cattivo; che neanche l'um<strong>il</strong>tà è un bene<br />

(o, almeno, così afferma <strong>Spinoza</strong>) e così via. <strong>Spinoza</strong> chiama<br />

"virtù" l'or<strong>di</strong>nato stato delle emozioni che ne risulta. Rovesciando<br />

l'interpretazione tra<strong>di</strong>zionale del termine - che abitualmente<br />

è gravato <strong>di</strong> sgradevoli connotazioni <strong>di</strong> negazione <strong>di</strong> sé e astinenza<br />

- <strong>Spinoza</strong> insiste che più noi cerchiamo <strong>il</strong> nostro proprio<br />

interesse, più siamo virtuosi. Egli si spinge sino a respingere esplicitamente<br />

la consueta nozione <strong>di</strong> virtù:<br />

Da ciò noi compren<strong>di</strong>amo chiaramente quanto siano fuorviati dalla<br />

vera considerazione della virtù coloro che, non riuscendo a comprendere<br />

che la virtù stessa e <strong>il</strong> culto <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> sono la felicità stessa e<br />

la somma libertà, si aspettano che <strong>Dio</strong> <strong>di</strong>spensi loro la più alta ricompensa<br />

come contropartita per la loro virtù e le loro azioni meritorie<br />

come ricompensa per la più spregevole schiavitù.<br />

Anche se la virtù ha i suoi pie<strong>di</strong> saldamente piantati <strong>nel</strong>l'interesse<br />

personale (o, meglio, <strong>nel</strong>la realizzazione <strong>di</strong> sé), <strong>Spinoza</strong><br />

afferma che la virtù in realtà induce a un comportamento sociale<br />

totalmente <strong>di</strong>sinteressato. Come notavamo prima a proposito<br />

del suo pensiero politico, egli sostiene che gli uomini che vivono<br />

sotto la guida della ragione trattano sempre gli altri con rispetto,<br />

ripagano l'o<strong>di</strong>o con l'amore, e in generale si comportano come<br />

citta<strong>di</strong>ni modello e come "buoni cristiani".<br />

Ciò non<strong>di</strong>meno, <strong>Spinoza</strong> riconosce, perseguire <strong>il</strong> proprio interesse<br />

e raggiungerlo sono due cose ben <strong>di</strong>verse. Egli rimarca<br />

che gli esseri umani sono assai deboli al cospetto delle forze esterne<br />

schierate contro <strong>di</strong> loro, e che anche gli uomini più ragionevoli<br />

troveranno che gli oggetti della loro speranza e del loro timore<br />

sono posti generalmente al <strong>di</strong> fuori del loro controllo. <strong>Il</strong> secondo<br />

contributo che la guida della ragione ci fornisce è insegnarci<br />

a comprendere l'intima necessità delle cose, e quin<strong>di</strong> a non<br />

trovare l'infelicità in quella gran parte dell'esperienza umana sulla<br />

quale noi non abbiamo alcun controllo.<br />

Per quanto noi possiamo comprendere, non possiamo desiderare<br />

niente <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso da ciò che deve essere, e possiamo trovare appagamento<br />

soltanto <strong>nel</strong>la verità.<br />

Qui <strong>Spinoza</strong> esprime <strong>il</strong> classico sentimento <strong>di</strong> acquiescenza associato<br />

con <strong>il</strong> nome stesso della f<strong>il</strong>osofia almeno dal tempo degli


IO. UNA FILOSOFIA SEGRETA DELLA TOTALITÀ DELLE COSE 161<br />

antichi stoici. Nel descrivere l'atteggiamento tipico del f<strong>il</strong>osofo verso<br />

gli eventi che sfuggono al nostro controllo, tuttavia, egli non impiega<br />

termini come "rassegnazione" o "in<strong>di</strong>fferenza", ma piuttosto<br />

"desiderio" e "appagamento". Latteggiamento che egli adotta non<br />

è "fatalismo", ma qualcosa che somiglia molto <strong>di</strong> più a ciò che<br />

Nietzsche descrive come "amor fa ti" - l'amore del <strong>destino</strong>.<br />

Ovviamente, altro è <strong>di</strong>re "amore del <strong>destino</strong>", e altro è fa rlo .<br />

Gli esseri umani sono deboli non soltanto rispetto alle forze esterne,<br />

mette in guar<strong>di</strong>a <strong>Spinoza</strong>, ma anche rispetto ai demoni interiori.<br />

Le passioni sono tanto forti da poter agevolmente prevalere<br />

sulla mente e condurci "a seguire la <strong>di</strong>rezione peggiore anche<br />

quando conosciamo la migliore". Le emozioni, egli afferma, possono<br />

essere dominate soltanto con un tipo superiore <strong>di</strong> emozioni:<br />

bisogna combattere <strong>il</strong> fuoco con <strong>il</strong> fuoco. <strong>Spinoza</strong> si <strong>di</strong>stingue<br />

così dagli stoici, i quali asserivano che l'unica cosa da fare con la<br />

tumultuosa moltitu<strong>di</strong>ne delle umane emozioni è annullarle tutte.<br />

E ciò ci conduce all'ultimo, fondamentale contributo che la<br />

guida della ragione ci offre <strong>nel</strong>la ricerca della felicità. Perché la .<br />

ragione ci fornisce un'emozione sua propria, un'emozione più<br />

forte e più duratura <strong>di</strong> tutte le altre messe insieme. Si tratta <strong>di</strong><br />

un'emozione "attiva", a <strong>di</strong>fferenza delle passioni, poiché è basata<br />

su una "idea adeguata" anziché su una "idea inadeguata". <strong>Spinoza</strong><br />

la chiama "amore intellettuale <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>".<br />

Lamore intellettuale <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è identico alla conoscenza <strong>di</strong> <strong>Dio</strong><br />

menzionata <strong>nel</strong>la prima parte dell'Etica. <strong>Spinoza</strong> la classifica come<br />

"la terza specie <strong>di</strong> conoscenza", o "intuizione", allo scopo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stinguerla dall'esperienza sensib<strong>il</strong>e (''la prima specie") e dalla<br />

conoscenza riflessiva che proviene dall'analisi dell'esperienza (''la<br />

seconda specie"). Conoscere <strong>il</strong> proprio <strong>Dio</strong> in questo terzo modo,<br />

afferma <strong>Spinoza</strong>, è identico ad amare <strong>Dio</strong>. Inoltre, questo amore<br />

è più grande <strong>di</strong> ogni altro amore possib<strong>il</strong>e, e non vi si può mai<br />

rinunciare. Poiché l'in<strong>di</strong>viduo è solo un modo <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, l'amore intellettuale<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è <strong>il</strong> modo in cui <strong>Dio</strong> ama se stesso.<br />

A questo punto, quando raggiungiamo la lungamente attesa<br />

unione dell'uomo con <strong>Dio</strong> (o con la Natura), prosegue <strong>Spinoza</strong>,<br />

noi raggiungiamo una sorta <strong>di</strong> immortalità. Contrariamente a<br />

quanto sembra implicare <strong>nel</strong>la sua f<strong>il</strong>osofia della mente, <strong>Spinoza</strong><br />

ora asserisce che "la mente umana non può assolutamente essere<br />

<strong>di</strong>strutta insieme al corpo" . La parte eterna delle mente, si<br />

scopre, è "l'intelletto" - la facoltà con cui noi compren<strong>di</strong>amo le<br />

verità eterne della f<strong>il</strong>osofia. Limmortalità che <strong>Spinoza</strong> offre qui,<br />

tuttavia, non è <strong>di</strong> quel genere che darebbe molto conforto ai superstiziosi:<br />

non portiamo con noi ricor<strong>di</strong> personali <strong>di</strong> quel che<br />

eravamo o <strong>di</strong> quel che abbiamo fatto <strong>nel</strong> nostro viaggio verso le<br />

idee eterne, e non riceviamo premi se non quello che viene dal-


162 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

l'avere sim<strong>il</strong>i stupen<strong>di</strong> pensieri. In effetti, l'immortalità <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

non sopraggiunge realmente <strong>nel</strong>l'oltretomba; è molto più sim<strong>il</strong>e<br />

a una fuga interamente fuori dal tempo. Per immortalità,<br />

<strong>Spinoza</strong> intende qualcosa come l'unione della mente con idee che<br />

sono anch'esse senza tempo.<br />

<strong>Il</strong> punto d'approdo della f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> - l'amore intellettuale<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, ovvero la beatitu<strong>di</strong>ne - trasfigura tutto ciò che lo<br />

precede. Talvolta può suonare paradossale e persino mistico. Consiste<br />

<strong>nel</strong>l'unione tra l'in<strong>di</strong>viduo e <strong>il</strong> cosmo, tra la libertà e la necessità,<br />

tra l'attività e la passività, la mente e <strong>il</strong> corpo, l'interesse<br />

personale e la carità, la virtù e la conoscenza, la felicità e la virtù.<br />

Costituisce <strong>il</strong> luogo in cui tutto ciò che precedentemente in <strong>Spinoza</strong><br />

era relativizzato - <strong>il</strong> bene, che era relativo ai nostri desideri;<br />

la libertà, che era relativa alla nostra ignoranza; la conoscenza<br />

<strong>di</strong> sé, che era relativa alla nostra imperfetta percezione del corpo<br />

- improvvisamente ricompare <strong>nel</strong>la forma <strong>di</strong> enti assoluti -<br />

bene assoluto, libertà assoluta, conoscenza assoluta.<br />

Non deve sfuggirei che <strong>Spinoza</strong> assegna uno stupefacente onere<br />

alla facoltà razionale. Altro è <strong>di</strong>re che la ragione può aiutarci<br />

a mettere or<strong>di</strong>ne e accettazione <strong>nel</strong>la nostra vita emotiva; ben <strong>di</strong>verso<br />

è affermare che essa può condurci alla suprema, continua<br />

e perenne felicità in un'eterna unione con <strong>Dio</strong>. I..:ambizione che<br />

<strong>Spinoza</strong> nutriva nei confronti della f<strong>il</strong>osofia era, secondo ogni<br />

unità <strong>di</strong> misura, estrema.<br />

Questa presuntuosa ambizione ci riporta al paradosso che prima<br />

emergeva <strong>nel</strong>l'esame dell'inusuale comportamento del giovane<br />

Bento <strong>nel</strong> contesto della sua espulsione dalla comunità ebraica.<br />

Da una parte, la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> chiaramente rappresenta<br />

una "trasvalutazione" dei valori tra<strong>di</strong>zionali, per usare una locuzione<br />

nietzscheana. La religione dominante al tempo <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

- e forse la maggior parte delle religioni, in generale - promette<br />

la felicità in cambio <strong>di</strong> una virtù infelice. Ma <strong>Spinoza</strong> afferma<br />

che la felicità è la virtù. La religione generalmente fa della carità<br />

<strong>il</strong> bene più alto. <strong>Spinoza</strong>, però, designa l'interesse personale come<br />

l'unica fonte <strong>di</strong> valore, e riduce la carità a una delle sue conseguenze<br />

accidentali. La religione tende a riservare <strong>il</strong> suo più generoso<br />

encomio a coloro che negano a se stessi i piaceri del corpo.<br />

Ma <strong>Spinoza</strong> afferma che quanto più (vero) piacere noi abbiamo,<br />

tanto più siamo perfetti. La religione ci insegna che la felicità consegue<br />

dalla sottomissione a un'autorità esterna - se non a <strong>Dio</strong>,<br />

quanto meno ai suoi rappresentanti sulla Terra. <strong>Spinoza</strong> scommette<br />

la propria vita sull'affermazione che la felicità è libertà.<br />

D'altra parte, vi è chiaramente ben più <strong>di</strong> un po' <strong>di</strong> pietà <strong>nel</strong>l'iconoclastico<br />

itinerario spirituale presentato <strong>nel</strong>l'Etica. La smania<br />

<strong>di</strong> trascendere i limiti della con<strong>di</strong>zione umana e l'estremo ap-


IO. UNA FILOSOFIA SEGRETA DELLA TOTALITÀ DELLE COSE 163<br />

prodo a una sorta <strong>di</strong> immortalità e <strong>di</strong> unione con <strong>Dio</strong> - questi sono<br />

gli ingre<strong>di</strong>enti delle narrazioni religiose dall'inizio alla fine<br />

della storia. Molti commentatori, già a partire dal Seicento, si sono<br />

spinti ad<strong>di</strong>rittura a interpretare l'opera <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> come espressione<br />

<strong>di</strong> una posizione teologica tipicamente ebraica. <strong>Il</strong> suo monismo,<br />

affermano costoro, può essere fatto risalire al Deuteronomio<br />

("<strong>Il</strong> Signore nostro <strong>Dio</strong> è Uno"); e le sue tendenze apertamente<br />

mistiche lo legano alla Kabbalah.<br />

Se davvero è una religione - eventualità assai problematica ­<br />

allora la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è in ogni caso una <strong>di</strong> quelle religioni<br />

che si offrono solo a pochi eletti. Le ultime parole del f<strong>il</strong>osofo<br />

sulla strada maestra della salvezza sono: "Tutte le cose eccellenti<br />

sono tanto <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i quanto rare". Parte della rarità della sua vita,<br />

indubbiamente, scaturisce dal fatto che è molto <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e leggere<br />

testi come i suoi, scritti more geometrico e colmi <strong>di</strong> barbarismi<br />

me<strong>di</strong>oevali come "sostanza" e "attributi". Ma vi è anche un<br />

altro senso in cui la salvezza eterna non è un obiettivo fac<strong>il</strong>e.<br />

<strong>Il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è una cosa tremenda (per la verità, esso è<br />

ogni cosa), ed è obbligato a ispirare sgomento, stupore, soggezione,<br />

e forse in qualcuno anche amore. Ma <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> non<br />

è quel genere <strong>di</strong> cose che ricambierà <strong>il</strong> tuo amore.<br />

Non si può <strong>di</strong>re che <strong>Dio</strong> ami gli uomini molto meno <strong>di</strong> quanto egli<br />

dovrebbe amarli perché essi lo amano, o che dovrebbe o<strong>di</strong>arli perché<br />

essi lo o<strong>di</strong>ano.<br />

Colui che ama <strong>Dio</strong> non può pensare che <strong>Dio</strong>, in cambio, debba amarlo<br />

a sua volta.<br />

<strong>Il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, in altre parole, non farà eccezione alcuna<br />

alle sue leggi naturali a vostro vantaggio; non farà nessun miracolo<br />

per voi; non vi offrirà affetto, non mostrerà alcun segno <strong>di</strong><br />

interesse per <strong>il</strong> vostro benessere; in breve, non vi darà niente che<br />

voi non abbiate già. <strong>Il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è così in<strong>di</strong>fferente, infatti,<br />

che uno potrebbe ad<strong>di</strong>rittura domandarsi se sia ragionevole amarlo.<br />

Perché, se l'amore è piacere accompagnato dall'idea <strong>di</strong> un oggetto<br />

esterno come sua causa, secondo quanto afferma <strong>Spinoza</strong>,<br />

allora <strong>di</strong> quale piacere può essere considerato causa un <strong>Dio</strong> tanto<br />

inut<strong>il</strong>e? <strong>Spinoza</strong>, è vero, de<strong>di</strong>ca alcune delle sue intricate e ardue<br />

prove alla asserzione che amare <strong>Dio</strong> è la più elevata espressione<br />

della ragione. Ma le bellissime parole che egli sa <strong>di</strong>re su<br />

questo argomento non chiudono necessariamente lo squarcio che<br />

secondo alcuni può essere attraversato solo con un atto <strong>di</strong> fede.<br />

In ogni caso, possono sussistere ben pochi dubbi circa <strong>il</strong> fatto che<br />

la strada che egli percorse era <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e e rara.


164 IL CORTIGIANO E l! ERETICO<br />

<strong>Spinoza</strong> e la modernità<br />

"Gradualmente mi è <strong>di</strong>ventato chiaro che ogni grande f<strong>il</strong>osofia<br />

è," scrive Nietzsche, "una confessione personale del suo creatore<br />

e una sorta <strong>di</strong> involontaria e inavvertita memoria. A sostegno<br />

<strong>di</strong> questa tesi non si può addurre migliore prova <strong>di</strong> quelle pagine<br />

dell'Etica che esprimono con abbandono <strong>il</strong> carattere del suo<br />

autore." La modestia che incantò <strong>il</strong> rabbino Morteira, Henry<br />

Oldenburg e tanti altri si presenta in una visione in cui i singoli<br />

esseri umani svaniscono come meri effimeri <strong>nel</strong>l'immenso lavorio<br />

della natura. L'autostima che gli permise <strong>di</strong> correre straor<strong>di</strong>nari<br />

rischi <strong>nel</strong> corso della sua esistenza si manifesta <strong>nel</strong>la sua <strong>di</strong>chiarazione<br />

che <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>, o Natura, è intelligib<strong>il</strong>e, e che le verità<br />

stab<strong>il</strong>ite me<strong>di</strong>ante la ragione e l'osservazione non possono mai<br />

essere nocive. La spaventosa autosufficienza che lo rendeva sereno<br />

<strong>di</strong>nanzi alla collera della sua comunità incoraggia <strong>il</strong> maturo<br />

f<strong>il</strong>osofo a confrontarsi con <strong>il</strong> sistema dei valori <strong>di</strong> un'intera civ<strong>il</strong>tà.<br />

L'aureola <strong>di</strong> pietas che cingeva <strong>il</strong> capo del giovane apostata,<br />

inoltre, risplende nei peana alla virtù e alla salvezza che concludono<br />

<strong>il</strong> suo capolavoro.<br />

La grande f<strong>il</strong>osofia è anche, come <strong>di</strong>sse una volta Hegel, <strong>il</strong><br />

proprio tempo appreso in pensieri. Come la nottola <strong>di</strong> Minerva<br />

che si leva in volo al crepuscolo e vede tutto ciò che è avvenuto<br />

prima. L'epoca che <strong>Spinoza</strong> esaminava con i suoi occhi gran<strong>di</strong> e<br />

impietosi era un'età <strong>di</strong> importante transizione, un <strong>mondo</strong> che<br />

fluiva tra <strong>il</strong> Me<strong>di</strong>oevo e la modernità. Con un'acutezza che deve<br />

essere stata in parte innata e in parte conseguenza delle inusuali<br />

circostanze della sua vita, <strong>Spinoza</strong> percepiva la frag<strong>il</strong>ità dell'io,<br />

la precari età della libertà e l'irriducib<strong>il</strong>e <strong>di</strong>versità <strong>nel</strong>la nuova società<br />

che emergeva attorno a lui. Egli vedeva che <strong>il</strong> progresso<br />

della scienza si avviava a rendere obsoleto <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> della rivelazione;<br />

che aveva già scalzato l'uomo dalla sua speciale collocazione<br />

<strong>nel</strong>la natura; e che <strong>il</strong> problema della felicità era ora una faccenda<br />

della coscienza in<strong>di</strong>viduale. Egli comprese tutto ciò perché<br />

questi stessi sv<strong>il</strong>uppi determinavano la natura della sua propria<br />

esistenza come duplice es<strong>il</strong>io <strong>nel</strong>l'epoca d'oro della repubblica<br />

olandese.<br />

Poiché salì tanto in alto sopra la storia in un certo senso,<br />

inoltre, <strong>Spinoza</strong> seppe prevederne la <strong>di</strong>rezione generale con una<br />

prescienza che sovente inquieta. Egli descrisse un or<strong>di</strong>namento<br />

laico, liberale, democratico un buon secolo prima che <strong>il</strong> <strong>mondo</strong><br />

fornisse qualunque duraturo esempio in tal senso. Due secoli<br />

prima che Darwin proponesse una teoria per spiegare come <strong>il</strong><br />

grande piano della natura si evolva attraverso i processi naturali,<br />

senza alcun bisogno <strong>di</strong> un progettista, egli già annunciava che


lO. UNA FILOSOFIA SEGRETA DELLA TOTALITÀ DELLE COSE 165<br />

una sim<strong>il</strong>e spiegazione era inevitab<strong>il</strong>e. In un'epoca in cui generalmente<br />

si pensava che <strong>il</strong> cervello fosse complesso all'incirca<br />

come un vaso <strong>di</strong> crema pasticcera, egli anticipò intuizioni delle<br />

neuroscienze che sarebbero apparse solo tre secoli dopo. <strong>Il</strong> <strong>mondo</strong><br />

che egli descrive è, per molti versi, <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>moderno</strong> in cui<br />

noi viviamo.<br />

La cifra della f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> consiste <strong>nel</strong>l'abbracciare<br />

questa nuova realtà. La sua opera è un tentativo <strong>di</strong> fare del nuovo<br />

<strong>mondo</strong> che ha visto emergere attorno a sé <strong>il</strong> fondamento <strong>di</strong><br />

una nuova forma <strong>di</strong> culto - è un tentativo <strong>di</strong> realizzare un nuovo<br />

e chiaramente <strong>moderno</strong> tipo <strong>di</strong> sé. Mutuando dal lessico suo caratteristico,<br />

la sua f<strong>il</strong>osofia può essere opportunamente descritta<br />

come una forma attiva <strong>di</strong> modernità. Cioè, essa costituisce un<br />

tentativo <strong>di</strong> identificare quelle che egli ritiene siano le nuove verità<br />

del <strong>mondo</strong> che ci circonda con la fonte <strong>di</strong> tutto ciò che ha valore<br />

<strong>nel</strong>la vita.<br />

Da qualche parte sulla riva sinistra della Senna, un altro in<strong>di</strong>viduo<br />

cominciava a tracciare i contorni del nuovo <strong>mondo</strong>. Alla<br />

luce delle nuove idee che si irra<strong>di</strong>avano dall'Aja, due occhi<br />

perspicaci, scrutatori e davvero originali cominciavano a raccogliere<br />

le sfide della modernità. Era questa la mente che desiderava<br />

ardentemente vedere <strong>Dio</strong> con la stessa chiarezza con cui<br />

si può vedere un triangolo, che tentava inoltre <strong>di</strong> afferrare la <strong>di</strong>rezione<br />

generale della storia, e che cercava una risposta ai problemi<br />

della con<strong>di</strong>zione moderna. Ma era una mente con gusti e<br />

propensioni davvero peculiari. E dunque cominciava a formulare,<br />

seppure stentatamente, gli interrogativi che inevitab<strong>il</strong>mente<br />

devono sorgere da qualunque serio esame del pensiero<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

<strong>Spinoza</strong> riesce davvero a e<strong>di</strong>ficare una nuova teoria dell'essere<br />

umano, oppure <strong>di</strong>strugge soltanto la vecchia? Dimostra davvero<br />

che vi è un'unica sostanza - o che l'idea stessa <strong>di</strong> sostanza è<br />

incoerente? La sua forma espositiva è realmente un metodo, oppure<br />

è soltanto uno st<strong>il</strong>e? r.: "amore intellettuale" del suo <strong>Dio</strong>-Natura<br />

è davvero ragionevole?<br />

Gli interrogativi ruotano tutti attorno al punto in cui la f<strong>il</strong>osofia<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> ha inizio e si conclude: <strong>Dio</strong>. <strong>Spinoza</strong> afferma<br />

<strong>di</strong> rintracciare la <strong>di</strong>vinità <strong>nel</strong>la natura. Egli <strong>di</strong>chiara apertamente<br />

che <strong>Dio</strong> è in ogni cosa - <strong>nel</strong> qui e <strong>nel</strong>l'adesso. Ma, in tutta<br />

la storia umana, <strong>Dio</strong> è stato sempre compreso come qualcosa<br />

<strong>di</strong> sovrannaturale - come un ente esterno a ogni cosa, che risiede<br />

"<strong>nel</strong> prima e <strong>nel</strong>l'ald<strong>il</strong>à". <strong>Il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> davvero merita<br />

<strong>il</strong> nome <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>? Cioè, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo riesce <strong>nel</strong> suo progetto <strong>di</strong> dei-


166 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

ficare la Natura? Oppure egli semplicemente naturalizza - e<br />

dunque <strong>di</strong>strugge - <strong>Dio</strong>?<br />

Questi erano gli interrogativi che per la prima volta si presentavano<br />

a occhi moderni quando <strong>Leibniz</strong> risiedeva <strong>nel</strong>l'Hotel<br />

des Romains, durante l'inverno del 1676; e questi erano gli interrogativi<br />

cui cercava risposta l'instancab<strong>il</strong>e, avventato <strong>cortigiano</strong><br />

mentre viaggiava verso L'Aja <strong>nel</strong> novembre <strong>di</strong> quello stesso<br />

anno.


11. Verso <strong>Spinoza</strong><br />

In un appunto datato 11 febbraio 1676 - molto verosim<strong>il</strong>mente,<br />

proprio quello stesso giorno in cui Tschirnhaus gli aveva<br />

rivelato per la prima volta i segreti <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> - <strong>Leibniz</strong> proclama<br />

l'ambizione <strong>di</strong> scrivere una grande esposizione della propria<br />

f<strong>il</strong>osofia della totalità delle cose. Questa annotazione e quelle redatte<br />

<strong>nel</strong>le settimane e nei mesi successivi assumono un carattere<br />

tentennante, soggettivo, sperimentale, speculativo e altamente<br />

incoerente che le <strong>di</strong>stingue da tutti gli altri suoi scritti, precedenti<br />

e successivi. I frammenti, in realtà, né si approssimano a<br />

costituire una f<strong>il</strong>osofia complessiva del tutto, né ammettono una<br />

qualche interpretazione univoca, non ambigua; ciò che essi rivelano<br />

con la massima chiarezza è soltanto che <strong>Leibniz</strong> nutre la<br />

straor<strong>di</strong>naria ambizione <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppare un sistema f<strong>il</strong>osofico suo<br />

proprio che dovrebbe risolvere tutti gli eterni interrogativi su <strong>Dio</strong>,<br />

l'umanità e la salvezza eterna.<br />

L'influsso <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è evidente già <strong>nel</strong> titolo che <strong>Leibniz</strong> dà<br />

al capolavoro che non comporrà mai: Elementi <strong>di</strong> una f<strong>il</strong>osofia<br />

segreta della totalità delle cose, <strong>di</strong>mostrata geometricamente. Questo<br />

è proprio <strong>il</strong> titolo che ci si aspetterebbe che <strong>Leibniz</strong> desse all'Etica<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> (ancora ine<strong>di</strong>ta). Che l'opera <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> sia una<br />

"f<strong>il</strong>osofia segreta" è ovvio, è persino inut<strong>il</strong>e <strong>di</strong>rlo; come pure <strong>il</strong><br />

fatto che essa è "geometricamente <strong>di</strong>mostrata". La coincidenza<br />

più interessante, tuttavia, è offerta dalla locuzione "della totalità<br />

delle cose". In alcuni passi, <strong>Leibniz</strong> usa l'espressione "de summa<br />

rerum" per riferirsi alla "totalità delle cose" cioè all"'universo". In<br />

altri passi, però, egli si avvale <strong>di</strong> questa stessa formula per significare<br />

"la più alta fra tutte le cose", o semplicemente "<strong>Dio</strong>". "Me<strong>di</strong>tazioni<br />

su [<strong>Dio</strong>]," egli scrive, "possono essere intitolate Sui segreti<br />

del Sublime ovvero De summa rerum." In altre parole, <strong>Dio</strong> e<br />

l'universo - almeno dal punto <strong>di</strong> vista lessicale - sono in<strong>di</strong>stinguib<strong>il</strong>i.<br />

La <strong>di</strong>mostrazione che <strong>Dio</strong> e l'universo sono in<strong>di</strong>stinguib<strong>il</strong>i<br />

dal punto <strong>di</strong> vista metafisica, ovviamente, è <strong>il</strong> punto centrale<br />

dell'Etica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

<strong>Il</strong> titolo alternativo dell'eventuale libro <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, Sui segre-


168 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

ti del Sublime, conferisce al suo progetto un'aura sorprendentemente<br />

underground. Nella lettera che sette anni prima aveva inviato<br />

a Thomasius, <strong>Leibniz</strong> criticava aspramente un libro <strong>di</strong> Bo<strong>di</strong>n<br />

che recava proprio questo titolo. I..:autore <strong>di</strong> quel libro, egli<br />

affermava allora, è un "professore nemico della religione cristiana"<br />

e un criptoateo. Eppure, <strong>il</strong> titolo <strong>di</strong> Bo<strong>di</strong>n compare ora all'apice<br />

della sua stessa f<strong>il</strong>osofia "segreta".<br />

In quelle stesse pagine <strong>di</strong> appunti redatti <strong>il</strong> giorno 1 1 febbraio,<br />

manca un soffio a che <strong>Leibniz</strong> renda esplicito <strong>il</strong> proprio debito<br />

nei confronti della f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>:<br />

Sembra esservi... un qualche genere <strong>di</strong> mente perfetta al massimo<br />

grado, <strong>di</strong>vina. Questa mente esiste come un'anima intera <strong>nel</strong>l'intero<br />

corpo del <strong>mondo</strong>; per questa mente l'esistenza delle cose è dovuta<br />

... La ragione delle cose è l'aggregato <strong>di</strong> tutti i requisiti delle cose.<br />

La ragione <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è <strong>Dio</strong>. Una totalità infinita è unitaria.<br />

Lo spinozismo qui è ostentato. I..:identificazione <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> come<br />

"un'anima intera <strong>nel</strong>l'intero corpo del <strong>mondo</strong>" è, anzi, una caricatura<br />

dello spinozismo. (<strong>Spinoza</strong> non usa mai l'arcaico concetto <strong>di</strong><br />

"anima del <strong>mondo</strong>", benché egli affermi che <strong>il</strong> "corpo del <strong>mondo</strong>"<br />

è "in" <strong>Dio</strong>.) Più sott<strong>il</strong>e è l'implicita identificazione dell"' aggregato<br />

dei requisiti <strong>di</strong> tutte le cose" con "<strong>Dio</strong>": si tratta <strong>di</strong> una versione della<br />

dottrina spinoziana secondo cui <strong>Dio</strong> è la causa immanente <strong>di</strong><br />

tutte le cose. La formula leibniziana secondo cui "la ragione <strong>di</strong> <strong>Dio</strong><br />

è <strong>Dio</strong>" coglie br<strong>il</strong>lantemente l'essenza <strong>di</strong> ciò che <strong>di</strong>stingue <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> dalle concezioni <strong>di</strong> un <strong>Dio</strong> "intento a fare <strong>il</strong> bene" - in particolare,<br />

essa evidenzia che <strong>Dio</strong> è assolutamente autosufficiente e<br />

non risponde ad alcun principio esterno, come <strong>il</strong> principio del "fare<br />

<strong>il</strong> bene". "Una totalità infinita è unitaria" è un'adeguata resa poetica<br />

della concezione spinoziana <strong>di</strong> una sostanza che esprime se<br />

stessa attraverso infiniti attributi e mo<strong>di</strong>.<br />

Ma, pochi paragrafi dopo, sul medesimo frammento <strong>di</strong> carta<br />

da lettere, <strong>Leibniz</strong> improvvisamente ritratta:<br />

<strong>Dio</strong> non è qualcosa <strong>di</strong> metafisico, immaginario, incapace <strong>di</strong> pensiero,<br />

<strong>di</strong> volontà o <strong>di</strong> azione, come alcuni se lo rappresentano, così che<br />

sarebbe lo stesso se tu <strong>di</strong>cessi che <strong>Dio</strong> è natura, <strong>destino</strong>, fortuna, necessità,<br />

<strong>mondo</strong>. Piuttosto, <strong>Dio</strong> è una certa sostanza, una persona,<br />

una mente.<br />

<strong>Il</strong> bersaglio deliberato è, senza alcun dubbio, <strong>Spinoza</strong> - o forse<br />

la caduta <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> <strong>nel</strong>lo spinozismo appena pochi istanti prima.<br />

A questo punto, <strong>Leibniz</strong> intuisce quale grande pericolo incombe<br />

su <strong>di</strong> lui; ma percepisce solo approssimativamente i contorni<br />

della minaccia, e non <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> alcuna <strong>di</strong>fesa.


<strong>Il</strong>. VERSO SPINOZA 169<br />

Come se volesse proteggersi da ulteriori possib<strong>il</strong>i cadute, <strong>Leibniz</strong><br />

si assegna un compito: "Si deve <strong>di</strong>mostrare che <strong>Dio</strong> è una persona,<br />

cioè una sostanza intelligente". Qui e per <strong>il</strong> resto della sua<br />

carriera, <strong>Leibniz</strong> si attiene strettamente alla nozione che <strong>Dio</strong> deve<br />

essere un agente, un decisore che valuta svariate opzioni e compie<br />

alcune scelte. La frase "si deve <strong>di</strong>mostrare", inoltre, coglie un<br />

po' una costante dell'atteggiamento f<strong>il</strong>osofico <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. I.:imperativo<br />

morale a produrre la "corretta" f<strong>il</strong>osofia è predominante.<br />

Dietro questo "si deve <strong>di</strong>mostrare" giace una tipica ansietà leibniziana<br />

- un inespresso "altrimenti ... ". Altrimenti, cosa? Che accadrebbe<br />

se egli dovesse fallire <strong>nel</strong> suo tentativo <strong>di</strong> provare che<br />

<strong>Dio</strong> è una persona, e non "qualcosa <strong>di</strong> metafisica"?<br />

<strong>Il</strong> 24 febbraio, <strong>Leibniz</strong> e Tschirnhaus andavano a caccia <strong>di</strong> manoscritti<br />

cartesiani per le librerie <strong>di</strong> Parigi, forse <strong>nel</strong>la speranza <strong>di</strong><br />

rispondere alle domande che si ponevano su <strong>Spinoza</strong> con l'aiuto<br />

del suo <strong>il</strong>lustre predecessore. Nel polveroso retrobottega <strong>di</strong> un negozio,<br />

essi trovarono una miniera d'oro: svariate opere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />

Descartes. I due tedeschi si misero a sedere e trascrissero tutto ciò<br />

che poterono <strong>nel</strong> corso <strong>di</strong> un lungo pomeriggio.<br />

Immerso <strong>nel</strong>le sue indagini metafisiche, <strong>Leibniz</strong> sembrava essersi<br />

<strong>di</strong>menticato del suo impegno presso la corte <strong>di</strong> Hannover.<br />

Sei settimane erano ormai trascorse da quando egli aveva accettato<br />

l'offerta del duca, e in Germania, perplessi, non sapevano<br />

che pensare. In una lettera del 28 febbraio, <strong>il</strong> segretario del duca,<br />

coniugando ab<strong>il</strong>mente comando e benevolenza, promette al<br />

nuovo assunto che lo avrebbe fatto figurare <strong>nel</strong> libro paga sin dall'inizio<br />

dell'anno. <strong>Leibniz</strong> risponde con una cortese comunicazione<br />

per <strong>il</strong> duca: "Non ho altra ambizione se non quella <strong>di</strong> trovare<br />

un grande principe," egli afferma, e "io ho sempre creduto<br />

che <strong>nel</strong>le cose umane niente è più bello <strong>di</strong> una grande saggezza<br />

unita a un grande potere," ma <strong>di</strong>plomaticamente evita <strong>di</strong> fissare<br />

una data in cui progetta <strong>di</strong> lasciare Parigi per Hannover. <strong>Il</strong> 19<br />

marzo, <strong>il</strong> segretario del duca, esasperato, gli dà "quattor<strong>di</strong>ci giorni<br />

o al massimo tre settimane" per sistemare i suoi affari a Parigi<br />

e salire sulla carrozza che lo avrebbe portato a casa.<br />

Ma dopo marzo viene apr<strong>il</strong>e, e <strong>Leibniz</strong> rimane ancora <strong>nel</strong>la<br />

v<strong>il</strong>le lumière. Le annotazioni sul suo <strong>di</strong>ario sono quelle <strong>di</strong> un uomo<br />

ancora tutto immerso <strong>nel</strong> carosello della vita intellettuale parigina.<br />

Butta giù un po' <strong>di</strong> considerazioni ironiche su qualche nuova<br />

conoscenza; prende nota <strong>di</strong> alcuni segreti alchemici trasmessigli<br />

da un misterioso italiano; commenta le notizie che gli giungono<br />

da Tschirnhaus sull'incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e lavoro fatto con <strong>il</strong> microscopio<br />

da un uomo <strong>di</strong> Delft (chiaramente, Anthon von Leeuwenhoeck).<br />

Principalmente, però, egli procede con le sue vertiginose speculazioni<br />

metafisiche e matematiche.


170 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

Nei suoi appunti <strong>di</strong> apr<strong>il</strong>e, <strong>Leibniz</strong> si ribella ancora una volta<br />

contro gli insegnamenti <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. "Davvero, la mente è l'idea<br />

del corpo?" si domanda, chiaramente riferendosi alla dottrina<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. "Non può essere." Se la mente è l'idea del corpo,<br />

egli riflette, allora essa deve perire con <strong>il</strong> corpo; ma ciò contrad<strong>di</strong>ce<br />

la dottrina dell'immortalità in<strong>di</strong>viduale. Ritorna anche sull'idea<br />

<strong>di</strong> un'anima-<strong>mondo</strong> -l'idea che egli sembrava approvare in<br />

febbraio - e la rigetta esplicitamente. Non può esservi nessun'anima<br />

del <strong>mondo</strong>, conclude, perché le anime non possono formare<br />

un continuum - che è un altro modo per <strong>di</strong>re che <strong>il</strong> concetto <strong>di</strong><br />

anima-<strong>mondo</strong> sembra incompatib<strong>il</strong>e con l'esistenza <strong>di</strong> anime in<strong>di</strong>viduali,<br />

immortali. <strong>Leibniz</strong> comprende sempre più chiaramente<br />

che la concezione spinoziana <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è inestricab<strong>il</strong>mente legata alla<br />

sua teoria della mente, la quale a sua volta sembra minare l'idea<br />

ortodossa dell'anima - e l'ortodossia in generale.<br />

Tuttavia l'attrazione persiste. Nella stessa serie <strong>di</strong> note redatte<br />

<strong>nel</strong> mese <strong>di</strong> apr<strong>il</strong>e, <strong>Leibniz</strong> si trastulla con formulazioni come:<br />

"A me sembra che l'origine delle cose da <strong>Dio</strong> sia analoga all'origine<br />

delle proprietà da un'essenza" - un'idea che è impossib<strong>il</strong>e<br />

accordare con la precedente insistenza <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> sul fatto che<br />

<strong>Dio</strong> è una "persona". Se le cose originano da <strong>Dio</strong> <strong>nel</strong>lo stesso modo<br />

in cui le proprietà originano da un'essenza, ne segue che <strong>Dio</strong><br />

non "vuole" l'esistenza delle singole cose più <strong>di</strong> quanto un cerchio<br />

"voglia" essere rotondo; che tutte le cose hanno un carattere<br />

necessario; che la <strong>di</strong>stinzione tra <strong>Dio</strong> e le cose è soltanto apparente<br />

ovvero legata alla nostra prospettiva; e che <strong>Dio</strong>, insomma,<br />

è la sola sostanza o "essenza" al <strong>mondo</strong>. Ne segue inoltre che<br />

le anime in<strong>di</strong>viduali originano da <strong>Dio</strong> come le proprietà da un'essenza<br />

- e pertanto, parrebbe, sono solo "proprietà" <strong>di</strong> una cosa e<br />

non cose esse stesse. La destinazione logica delle idee <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

su un <strong>Dio</strong> "che ha la natura dell'essenza" è lo spinozismo, o almeno<br />

così parrebbe.<br />

Nell'apr<strong>il</strong>e 16 7 6, l'interesse <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> per <strong>Spinoza</strong> cominciava<br />

ad assumere <strong>il</strong> carattere <strong>di</strong> un'ossessione. Grazie al suo rapporto<br />

con Schuller, egli riuscì a prendere visione <strong>di</strong> una lettera<br />

che tre<strong>di</strong>ci anni prima <strong>Spinoza</strong> aveva scritto all'amico Lodewijk<br />

Meyer sulla natura dell'infinito e su altri argomenti. <strong>Leibniz</strong> copiò<br />

la lettera - lunga circa una dozzina <strong>di</strong> pagine - e aggiunse <strong>di</strong><br />

proprio pugno note a margine lunghe quanto <strong>il</strong> testo originale.<br />

Non ci sorprende affatto che apr<strong>il</strong>e non portasse <strong>Leibniz</strong> più<br />

vicino a Hannover. Possiamo solo presumere che egli trovasse irresistib<strong>il</strong>e<br />

Parigi in primavera. Ora che la scadenza <strong>di</strong> tre settimane<br />

era materia storica, <strong>il</strong> segretario del duca <strong>di</strong> Hannover accordava<br />

una d<strong>il</strong>azione. <strong>Il</strong> <strong>cortigiano</strong> assente aveva tempo fino al<br />

24 maggio per preparare i bagagli.


<strong>Il</strong>. VERSO SPINOZA 171<br />

Ancora una volta, <strong>Leibniz</strong> sentì <strong>il</strong> bisogno <strong>di</strong> prendere <strong>di</strong>rettamente<br />

contatto con <strong>Spinoza</strong> in persona. <strong>Il</strong> 2 maggio, una missiva<br />

salpò da Parigi sotto <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Tschirnhaus. La lettera interroga<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo dell'Aja su due punti. Primo, gli chiede se, a suo<br />

giu<strong>di</strong>zio, sia possib<strong>il</strong>e dedurre "figura e movimento" dalla "estensione,<br />

presa in un senso assoluto". Dagli scritti <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> degli<br />

anni settanta e dai suoi appunti parigini, sappiamo che l'impossib<strong>il</strong>ità<br />

<strong>di</strong> derivare <strong>il</strong> movimento dal concetto <strong>di</strong> estensione gli stava<br />

molto a cuore, giacché egli riteneva che giustificasse un gran<br />

numero <strong>di</strong> conclusioni metafisiche pertinenti alla natura dell'anima.<br />

La lettera chiede inoltre a <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> chiarire un punto alquanto<br />

oscuro <strong>nel</strong>la sua lettera riguardo all'infinito. <strong>Leibniz</strong> aveva<br />

posto <strong>il</strong> medesimo interrogativo, quasi parola per parola, <strong>nel</strong>le<br />

sue note a margine della lettera <strong>di</strong> Schuller. La lettera inviata<br />

a <strong>Spinoza</strong> da Tschirnhaus, insomma, in realtà è una lettera scritta<br />

da <strong>Leibniz</strong>.<br />

Nel paragrafo conclusivo della lettera, Tschirnhaus (o <strong>Leibniz</strong>)<br />

scrive:<br />

Inoltre, ho appreso dal Signor <strong>Leibniz</strong> che <strong>il</strong> precettore del Delfino<br />

<strong>di</strong> Francia, <strong>di</strong> nome Huet, uomo <strong>di</strong> eminente cultura, è in procinto<br />

<strong>di</strong> scrivere a proposito della verità delle religioni umane, e <strong>di</strong> confutare<br />

<strong>il</strong> vostro Tractatus theologico-politicus.<br />

<strong>Il</strong> rapporto <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> con Huet era molto importante per la<br />

sua carriera: Huet aveva fatto in modo che <strong>Leibniz</strong> avesse un lavoro<br />

<strong>di</strong> traduzione, e, come tutore del Delfino, si trovava <strong>nel</strong>la<br />

migliore posizione per influenzare molti aspetti della vita intellettuale<br />

in Francia-non ultimo, la scelta dei membri della Académie<br />

royale. Ma Huet, come <strong>Leibniz</strong> ben sapeva, riteneva che <strong>Spinoza</strong><br />

meritasse <strong>di</strong> essere messo "in catene e fustigato con una verga".<br />

Sorprendentemente, parrebbe che <strong>Leibniz</strong> tentasse <strong>il</strong> doppio<br />

gioco <strong>di</strong> allearsi con Huet per preavvertire <strong>Spinoza</strong> circa un possib<strong>il</strong>e<br />

pericolo.<br />

Gli e<strong>di</strong>tori delle opere postume <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> - tra cui Schuller ­<br />

evidentemente ritennero che ci fosse qualcosa <strong>di</strong> delicato qui; perché,<br />

<strong>nel</strong>l'e<strong>di</strong>zione latina del 1677, <strong>il</strong> paragrafo finale della lettera<br />

<strong>di</strong> Tschirnhaus è stato omesso. Nella versione olandese delle opere<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, però, <strong>il</strong> paragrafo ricompare - forse perché nessuno<br />

pensava che Huet leggesse l'olandese, o più probab<strong>il</strong>mente per<br />

errore.<br />

In luglio, sei mesi dopo la data in cui era atteso inizialmente<br />

a Hannover, inspiegab<strong>il</strong>mente <strong>Leibniz</strong> soggiornava ancora a Parigi.<br />

<strong>Il</strong> segretario del duca era ormai decisamente <strong>di</strong>sorientato, e<br />

si domandava apertamente se <strong>il</strong> nuovo incaricato intendesse as-


172 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

solvere i compiti richiesti dalla posizione per cui d'altronde era<br />

già stato pagato. I sospetti del segretario erano ben fondati. Appena<br />

una settimana prima, Leibriiz supplicava ancora una volta<br />

<strong>il</strong> suo amico Huygens <strong>di</strong> aiutarlo a ottenere un posto <strong>nel</strong>la Académie<br />

royale.<br />

In seguito, <strong>nel</strong>lo stesso mese, l'ambasciatore dello Hannover<br />

a Parigi implorava <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong> lasciare "imme<strong>di</strong>atamente" la<br />

città e <strong>di</strong> presentarsi al duca "quanto più presto potesse". Ma i<br />

roventi mesi estivi trascorsero rapidamente, e <strong>Leibniz</strong>, ancora<br />

legato alla speranza che l'Académie royale potesse salvarlo, non<br />

si mosse.<br />

<strong>Il</strong> 26 settembre, l'ambasciatore dello Hannover a Parigi scrisse<br />

a <strong>Leibniz</strong> un'ultima volta, per ammonirlo che <strong>il</strong> duca era "impaziente"<br />

e che urgeva che egli partisse "imme<strong>di</strong>atamente". <strong>Leibniz</strong><br />

aveva ormai esaurito ogni pretesto.<br />

La mattina del sabato 4 ottobre 1676, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo finalmente<br />

scrollava dai suoi stivali <strong>il</strong> fango <strong>di</strong> Parigi e saliva sulla carrozza<br />

postale per Calais. Vi giunse sei giorni dopo, perché aveva dovuto<br />

trascorrere cinque sgradevoli giornate in una locanda, <strong>nel</strong>l'attesa<br />

che cessasse una tempesta. Prese <strong>il</strong> primo battello che attraversava<br />

la Manica, rimase una notte a Dover, e raggiunse Londra<br />

<strong>nel</strong> pomeriggio del 18 ottobre.<br />

<strong>Il</strong> primo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> servizio, naturalmente, fu quello <strong>di</strong> recarsi<br />

da Henry Oldenburg. Negli uffici della Royal Society al<br />

Gresham College, <strong>il</strong> mattino del 19 ottobre, <strong>Leibniz</strong> donò al suo<br />

compatriota una nuova e perfezionata - benché ancora incompiuta<br />

- macchina calcolatrice. Oldenburg lo ricambiò consentendogli<br />

<strong>di</strong> ricopiare alcuni brani da uno dei quaderni <strong>di</strong> Newton<br />

- un fatto che successivamente sarebbe stato usato contro <strong>di</strong> lui<br />

(senza alcun fondamento) <strong>nel</strong>la <strong>di</strong>sputa sulla priorità <strong>nel</strong>la scoperta<br />

del calcolo.<br />

I.: argomento della conversazione deviò rapidamente verso l' ossessione<br />

dominante <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. <strong>Il</strong> <strong>cortigiano</strong> palesò <strong>il</strong> proprio progetto<br />

<strong>di</strong> rendere visita a <strong>Spinoza</strong> in persona durante <strong>il</strong> suo viaggio<br />

attraverso l'Olanda. Erano trascorsi quasi due anni da quando<br />

l'altro giovane tedesco, Tschirnhaus, era giunto a Londra in<br />

preda a un analogo entusiasmo per <strong>Spinoza</strong>, e quasi un anno era<br />

trascorso da quando la corrispondenza <strong>di</strong> Oldenburg con <strong>il</strong> saggio<br />

dell'Aja si era interrotta sotto i colpi della paura e dell'incomprensione.<br />

Evidentemente, i tizzoni dell'amicizia ardevano<br />

ancora <strong>nel</strong> cuore <strong>di</strong> Henry. Scrisse a <strong>Spinoza</strong> un'altra lettera, e la<br />

affidò a <strong>Leibniz</strong> affinché gliela consegnasse personalmente.<br />

Mentre <strong>il</strong> vecchio tedesco scarabocchiava la sua missiva, <strong>Leibniz</strong><br />

ricopiava tre lettere <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> a Oldenburg, che quest'ultimo<br />

gli aveva concesso <strong>di</strong> vedere. Com'era suo costume, <strong>il</strong> giova-


l l. VERSO SPINOZA 173<br />

ne f<strong>il</strong>osofo aggiunse subito note a margine più lunghe del testo<br />

originale.<br />

Successivamente, <strong>nel</strong> corso della settimana, <strong>Leibniz</strong> fece visita<br />

ai residenti tedeschi, <strong>di</strong>plomatici e aristocratici, tra i quali<br />

anche <strong>il</strong> principe Ruprecht von der Pfalz, fratello della principessa<br />

Sophia. <strong>Il</strong> principe accennò che stava per rimandare in<strong>di</strong>etro<br />

<strong>il</strong> suo brigantino, verso <strong>il</strong> continente, perché andasse a<br />

prendere alcuni dei suoi vini preferiti, e <strong>Leibniz</strong> colse al volo l'occasione<br />

<strong>di</strong> assicurarsi un passaggio gratis per l'Olanda.<br />

<strong>Il</strong> 29 ottobre, <strong>Leibniz</strong> si imbarcava sul brigantino del principe<br />

Ruprecht. Due giorni dopo, sotto <strong>il</strong> comando <strong>di</strong> un certo capitano<br />

Thomas Allen, <strong>il</strong> brigantino a palo risaliva l'estuario del<br />

Tamigi verso Gravesend, dove giunse quella sera stessa. Per quattro<br />

giorni, i marinai stivarono <strong>il</strong> carico. Poi fecero vela verso <strong>il</strong><br />

porto inglese <strong>di</strong> Sheerness - che pochi anni prima era stato teatro<br />

<strong>di</strong> una sbalor<strong>di</strong>tiva vittoria olandese sulla Marina reale britannica.<br />

A Sheerness un forte vento contrario costrinse <strong>il</strong> vascello<br />

in porto per sei te<strong>di</strong>osi giorni.<br />

Impossib<strong>il</strong>itato a muoversi, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo irrequieto compose un<br />

<strong>di</strong>alogo sul movimento - in cui compaiono come interpreti <strong>il</strong> suo<br />

alter ego Paci<strong>di</strong>us e uno zelante <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> nome Charinus. Nel<br />

<strong>di</strong>alogo, <strong>Leibniz</strong> ritorna su uno dei suoi temi preferiti, elegantemente<br />

incapsulato <strong>nel</strong>l'affermazione che "<strong>nel</strong> [movimento] si possono<br />

trovare taluni misteri metafisici <strong>di</strong> natura meramente spirituale".<br />

I misteri del movimento, come sappiamo, <strong>nel</strong>la mente<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> erano intimamente connessi con le sue idee intorno<br />

all'unicità dello status metafisica dell'in<strong>di</strong>viduo, all'immaterialità<br />

della mente e alla dottrina dell'immortalità in<strong>di</strong>viduale. Alla vig<strong>il</strong>ia<br />

del suo viaggio verso I.:Aja, sembrerebbe che <strong>il</strong> giovane f<strong>il</strong>osofo<br />

aderisse come sempre a dottrine teologiche alle quali <strong>Spinoza</strong><br />

si opponeva vigorosamente.<br />

Senza nessuno a bordo con cui poter conversare (salvo, presumib<strong>il</strong>mente,<br />

i marinai), <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo temporaneamente ridotto al<br />

s<strong>il</strong>enzio rivolse la propria attenzione anche verso "<strong>il</strong> mio antico<br />

progetto <strong>di</strong> una scrittura o <strong>di</strong> un linguaggio razionale" che potesse<br />

consentire "<strong>di</strong> afferrare non parole ma pensieri".<br />

<strong>Il</strong> giorno 11 novembre, <strong>il</strong> tempo infine migliorò, e l'equipaggio<br />

levò l'ancora. Con le vele ancora violentemente battute dal<br />

vento, la traversata richiese appena ventiquattro ore. <strong>Il</strong> brigantino<br />

attraccò a Rotterdam, dove <strong>Leibniz</strong> restò una notte. <strong>Il</strong> mattino<br />

seguente, egli corse a prendere <strong>il</strong> primo battello che risalisse<br />

<strong>il</strong> canale, trainato da buoi o da cavalli, <strong>di</strong>retto ad Amsterdam.<br />

Nella più bella città del <strong>mondo</strong>, i canali pullulavano <strong>di</strong> spinoziani.<br />

<strong>Leibniz</strong> fu sollecito <strong>nel</strong>l'incontrare tutti i più importanti.<br />

Fece visita a Georg Hermann Schuller, suo principale contatto


174 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

con <strong>Spinoza</strong>; a Johannes Hudde, uomo politico del luogo e matematico<br />

che aveva intrattenuto con <strong>Spinoza</strong> una corrispondenza<br />

su importanti argomenti f<strong>il</strong>osofici; a Lodewijk Meyer, me<strong>di</strong>co,<br />

uomo <strong>di</strong> teatro, f<strong>il</strong>osofo e curatore del libro <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> su<br />

Cartesio; e a Jarig Jelles, mercante in ritiro, che sarà <strong>il</strong> curatore<br />

delle opere postume <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, ed era uno dei .suoi più vecchi<br />

amici. Dai suoi nuovi conoscenti ad Amsterdam, <strong>Leibniz</strong> ottenne<br />

molte altre lettere <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, che ricopiò. Verosim<strong>il</strong>mente,<br />

lo scopo del suo viaggio ad Amsterdam era proprio quello <strong>di</strong> ottenere<br />

le lettere <strong>di</strong> presentazione che potevano essere necessarie<br />

per persuadere <strong>il</strong> prudentissimo saggio dell'Aja ad aprirgli la<br />

propria porta. Comunque, egli apprese notizie personali e voci<br />

che indubbiamente sarebbero servite a spianare la strada per<br />

uno scambio amichevole.<br />

Verso <strong>il</strong> 16 novembre, <strong>Leibniz</strong> tornò a sud, transitando per<br />

Haarlem, Leida, e Delft, <strong>il</strong> principale centro <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> piastrelle.<br />

In quest'ultima città egli trascorse alcune ore con Anthon<br />

von Leeuwenhoeck, le cui indagini microscopiche furono <strong>di</strong> grande<br />

ispirazione per <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo, che successivamente se ne servì a<br />

sostegno delle sue teorie metafisiche.<br />

Da qualche parte <strong>nel</strong> corso dei suoi viaggi, forse mentre era<br />

a bordo del brigantino del principe Ruprecht, <strong>Leibniz</strong> compose<br />

una bozza della tesi che presto sosterrà viva voce con <strong>Spinoza</strong>. <strong>Il</strong><br />

titolo: Quod ens perfectissimum existit (Che un essere perfettissimo<br />

esiste).<br />

"Io ritengo <strong>di</strong> aver scoperto che una <strong>di</strong>mostrazione dell'esistenza<br />

<strong>di</strong> un essere perfettissimo [ ... ] è possib<strong>il</strong>e," esor<strong>di</strong>sce <strong>Leibniz</strong>.<br />

Con "essere perfettissimo", ovviamente, egli intende <strong>Dio</strong>, che<br />

più avanti definisce come "colui che contiene ogni essenza, ovvero<br />

che possiede ogni qualità, o tutti gli attributi affermativi".<br />

Ma <strong>di</strong> chi è questo <strong>Dio</strong>? La risposta sembra giungere dalle<br />

precedenti annotazioni <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> sulla sua <strong>di</strong>scussione con<br />

Tschirnhaus: "[<strong>Spinoza</strong>] definisce <strong>Dio</strong> come·[ ... ] un essere che<br />

contiene tutte le perfezioni, cioè affermazioni, o realtà, o cose che<br />

possono essere pensate". Sembra, dunque, che <strong>Leibniz</strong> intenda<br />

<strong>di</strong>mostrare a <strong>Spinoza</strong> che <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è possib<strong>il</strong>e.<br />

<strong>Leibniz</strong> si propone <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare inoltre che un sim<strong>il</strong>e <strong>Dio</strong>,<br />

se è possib<strong>il</strong>e, necessariamente esiste. Egli argomenta che un sim<strong>il</strong>e<br />

<strong>Dio</strong>, se esiste, deve avere una ragione per esistere, e questa<br />

ragione deve provenire o dall'esterno o dall'interno <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Ma essa<br />

non può provenire dall'esterno, poiché egli ha appena provato<br />

che tutto ciò che può essere concepito deve essere concepito<br />

tramite <strong>Dio</strong>. Pertanto, la ragione dell'esistenza <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> deve pro-


11. VERSO SPINOZA 175<br />

venire da <strong>Dio</strong> stesso - o, come egli scrive <strong>nel</strong>l'appunto citato in<br />

precedenza, "la ragione <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è <strong>Dio</strong>".<br />

Ormai, la porta è spalancata allo spinozismo. Rimuginando<br />

questo concetto <strong>di</strong> un <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> ragione totalmente autosufficiente,<br />

<strong>Leibniz</strong> scrive:<br />

Può essere fac<strong>il</strong>mente <strong>di</strong>mostrato che tutte le cose sono <strong>di</strong>stinte, non<br />

come sostanze, bensì come . mo<strong>di</strong>. [Poi, sopra "sostanze", scrive "ra<strong>di</strong>calmente".]<br />

Ciò può essere <strong>di</strong>mostrato a partire dal fatto che le cose<br />

che sono ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>stinte possono essere comprese senza<br />

nessun'altra. Ma in verità non è questo <strong>il</strong> caso delle cose; perché, siccome<br />

la ragione ultima delle cose è unica, e contiene <strong>di</strong> per sé l'aggregato<br />

<strong>di</strong> tutti i requisiti <strong>di</strong> tutte le cose, è palese che i requisiti <strong>di</strong><br />

tutte le cose sono uno solo e <strong>il</strong> medesimo. E così pure la loro essenza,<br />

dato che un'essenza è l'aggregato <strong>di</strong> tutti i requisiti primari. Pertanto,<br />

l'essenza <strong>di</strong> ogni cosa è una sola e la medesima, e le cose <strong>di</strong>fferiscono<br />

solo quanto al modo, proprio come una città vista dall'alto<br />

<strong>di</strong>fferisce da una città vista dalla pianura.<br />

<strong>Il</strong> f<strong>il</strong>o del ragionamento qui duplica in forma sintetica le prime,<br />

cruciali proposizioni dell'Etica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>: le sostanze sono<br />

ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>stinte e possono essere comprese l'una senza l'altra;<br />

ma tutte le cose al <strong>mondo</strong> sono comprese tramite la ragione<br />

unica e ultima <strong>di</strong> ogni cosa; pertanto, non possono esservi due o<br />

più sostanze al <strong>mondo</strong>; dunque, vi è un'unica sostanza, e tutte le<br />

cose sono mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> questa unica sostanza. Dal momento che l'appunto<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> verte sul concetto <strong>di</strong> un <strong>Dio</strong> che è la ragione ultima<br />

<strong>di</strong> ogni cosa, inoltre, è evidente che· l'unica sostanza in questione<br />

è solo un altro nome <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Di fatto, l'argomentazione <strong>di</strong><br />

<strong>Leibniz</strong> esor<strong>di</strong>sce con la sua irrevocab<strong>il</strong>e adesione al principio <strong>di</strong><br />

ragion sufficiente - che per ogni cosa deve esservi una ragione -<br />

e si conclude con una <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> fede <strong>nel</strong>le dottrine centrali<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. <strong>Il</strong> brano è tanto più notevole in quanto <strong>Leibniz</strong><br />

afferma che tutto ciò "può essere fac<strong>il</strong>mente <strong>di</strong>mostrato" ed è<br />

"manifesto".<br />

Nel caso che ci fosse sfuggito l'essenziale, <strong>Leibniz</strong> salta dritto<br />

alla conclusione che tutte le cose sono una:<br />

Se sono realmente <strong>di</strong>fferenti solo quelle cose che possono essere separate,<br />

owero, che possono essere perfettamente comprese senza le<br />

altre, ne consegue che nessuna cosa <strong>di</strong>fferisce realmente da un'altra,<br />

ma bensì tutte le cose sono una sola, proprio come Platone afferma<br />

<strong>nel</strong> Parmenide.<br />

L'unica nota falsa, qui, è l'attribuzione <strong>di</strong> questa dottrina a<br />

Platone. "Proprio come <strong>Spinoza</strong> argomenta <strong>nel</strong>l'Etica" sarebbe


176 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

stato più onesto; perché <strong>il</strong> corso dei pensieri qui ha la medesima<br />

destinazione del battello su cui <strong>Leibniz</strong> navigava all'incirca <strong>nel</strong>lo<br />

stesso momento in cui scriveva queste righe: <strong>Spinoza</strong>.<br />

Indubbiamente, <strong>Leibniz</strong> sapeva molto bene in quale <strong>di</strong>rezione<br />

procedeva. Negli appunti che aveva preso in occasione dell'incontro<br />

con Tschirnhaus, in febbraio, egli attribuisce a <strong>Spinoza</strong><br />

l'affermazione che "<strong>Dio</strong> solo è sostanza [ ... ] e tutte le creature<br />

altro non sono che mo<strong>di</strong>". Anche più eloquente è un'annotazione<br />

che <strong>Leibniz</strong> rivolse a se stesso in una delle lettere a Oldenburg<br />

che egli aveva raccolto a Londra. Quando <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>ce: "Tutte le<br />

cose sono in <strong>Dio</strong> e muovono verso <strong>Dio</strong>", <strong>Leibniz</strong> scrive: "Si potrebbe<br />

<strong>di</strong>re: tutte le cose sono una, tutte le cose sono in <strong>Dio</strong> <strong>nel</strong>lo<br />

stesso modo in cui un effetto è interamente contenuto entro la<br />

propria causa e le proprietà <strong>di</strong> un soggetto sono insite <strong>nel</strong>l'essenza<br />

<strong>di</strong> quel medesimo soggetto". <strong>Leibniz</strong> qui implicitamente riconosce<br />

che le proprie speculazioni - in particolare, i suoi ripetuti<br />

accenni che le cose del <strong>mondo</strong> stanno a <strong>Dio</strong> come le proprietà<br />

stanno a un'essenza - sono rielaborazioni della dottrina centrale<br />

della f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

"Un attributo è un pre<strong>di</strong>cato che è concepito <strong>di</strong> per sé," continua<br />

<strong>Leibniz</strong> <strong>nel</strong> suo abbozzo scritto sul battello. (<strong>Spinoza</strong>, per parte<br />

sua, afferma: "Ciascun attributo ... deve essere concepito <strong>di</strong> per<br />

sé".) "Una essenza è ... " Improvvisamente, <strong>il</strong> manoscritto si interrompe<br />

a metà della parola, a metà della frase: "Essentia est pr ... "<br />

Qualcosa turba <strong>Leibniz</strong>; la sua penna trema; egli smette <strong>di</strong><br />

pensare a ciò che sta facendo. In<strong>di</strong>etreggia dalla f<strong>il</strong>osofia alla "f<strong>il</strong>osofia<br />

della f<strong>il</strong>osofia". Le righe imme<strong>di</strong>atamente successive sono<br />

forse le più rivelatrici che egli abbia mai affidato alle proprie<br />

carte:<br />

Una metafisica deve essere scritta con definizioni e <strong>di</strong>mostrazioni<br />

accurate. Ma niente deve essere <strong>di</strong>mostrato in essa a parte ciò che<br />

non confligge troppo violentemente con le opinioni comunemente<br />

ammesse. Perché in tal modo questa metafisica può essere accettata;<br />

e una volta che essa è stata approvata, allora, se la gente la esamina<br />

più profondamente in seguito, ne trarrà le necessarie conseguenze.<br />

Oltre a questa, uno può, come impegno in<strong>di</strong>viduale, mostrare<br />

a questa gente, in seguito, <strong>il</strong> modo <strong>di</strong> ragionare intorno a questi<br />

argomenti. In questa metafisica sarà ut<strong>il</strong>e aggiungere qua e là le<br />

autorevoli prese <strong>di</strong> posizione dei gran<strong>di</strong> uomini, che hanno ragionato<br />

in un modo analogo ...<br />

Poiché segue imme<strong>di</strong>atamente quella che sembra una riaffermazione<br />

delle dottrine centrali <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, ed è stato scarabocchiato<br />

molto verosim<strong>il</strong>mente a bordo <strong>di</strong> un vascello che proprio<br />

allora seguiva la propria rotta lungo le vie d'acqua dell'Aja,


<strong>Il</strong>. VERSO SPINOZA 177<br />

questo brano ci conduce inevitab<strong>il</strong>mente a una conclusione: <strong>Leibniz</strong><br />

era uno spinoziano - almeno in quel momento - e sapeva <strong>di</strong><br />

esserlo. La sua strategia sarebbe consistita <strong>nel</strong> <strong>di</strong>ssimulare le sue<br />

reali opinioni in tutti i casi in cui queste offendessero l'ortodossia,<br />

<strong>nel</strong> citare gran<strong>di</strong> pensatori come Platone e Parmenide come<br />

<strong>di</strong>versivo, e, in generale, <strong>nel</strong> lavorare in vista del giorno in cui lo<br />

spinozismo sarebbe potuto riemergere alla luce liberandosi dalla<br />

falsa accusa <strong>di</strong> eresia, per reclamare <strong>il</strong> proprio legittimo posto<br />

al sole. Nel frattempo, come questo stesso brano <strong>di</strong>mostra interrompendo<br />

le sue riflessioni spinoziane precedenti, <strong>Leibniz</strong> si sarebbe<br />

censurato. Anche <strong>nel</strong> privato della propria cabina sulla nave,<br />

egli non si sarebbe permesso <strong>di</strong> esprimere pensieri che <strong>il</strong> <strong>mondo</strong><br />

non era pronto a recepire.<br />

Trenta anni dopo, in uno scritto che all'ultimo momento ritirò<br />

dalla pubblicazione, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo ormai invecchiato sembrava<br />

confessare <strong>il</strong> proprio lapsus: "Tu sai che io mi sono spinto un po'<br />

troppo oltre, in altri tempi, e che cominciavo a tendere dalla parte<br />

degli spinoziani, che riconoscono a <strong>Dio</strong> soltanto una potenza<br />

infinita ... " .<br />

Eppure, solo pochi mesi erano trascorsi da quando egli aveva<br />

scritto gli appunti in cui insiste che "deve essere mostrato" che<br />

<strong>Dio</strong> non è "natura", ma bensì una "persona", e in cui egli rigetta<br />

la dottrina secondo cui "la mente è l'idea del corpo"; e solo pochi<br />

giorni sono trascorsi da quando egli ha composto <strong>il</strong> suo <strong>di</strong>alogo<br />

a-spinoziano sulla f<strong>il</strong>osofia del movimento. Non vi fu neanche,<br />

all'epoca, alcun segno <strong>di</strong> una <strong>di</strong>minuzione delle sue attività a favore<br />

<strong>di</strong> una costituzione teocratica, né <strong>di</strong> un qualche mutamento<br />

<strong>nel</strong>lo st<strong>il</strong>e <strong>di</strong> vita cortigianesco così assurdamente <strong>di</strong>scordante<br />

rispetto a quello dell'uomo che stava per recarsi a visitare. Come<br />

sempre, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo-<strong>di</strong>plomatico si mescolava così bene con chi<br />

gli stava intorno da poter attraversare <strong>il</strong> panorama eterogeneo<br />

del <strong>di</strong>ciassettesimo secolo senza che fosse mai chiaro <strong>di</strong> che colore<br />

egli fosse davvero. E certo non è una mera coincidenza che<br />

<strong>il</strong> grande camaleonte abbia prodotto i suoi scritti più spinoziani<br />

all'incirca negli stessi giorni in cui <strong>il</strong> suo brigantino scivolava <strong>nel</strong><br />

porto dell'Aja.<br />

L'unica certezza, in effetti, è che <strong>nel</strong>la testa <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> vi erano<br />

troppe idee perché potessero combinarsi tutte in un'unica concezione<br />

del <strong>mondo</strong>. Una parte <strong>di</strong> lui credeva <strong>nel</strong>lo spinoziano <strong>Dio</strong><br />

<strong>di</strong> ragione; un'altra parte <strong>di</strong> lui credeva <strong>nel</strong>la <strong>di</strong>vinità provvidenziale<br />

della ortodossia religiosa; e altre parti, indubbiamente, aderivano<br />

a una varietà ancora più ampia <strong>di</strong> opinioni incompatib<strong>il</strong>i.<br />

Anche quando si avvicinò al f<strong>il</strong>osofo dell'Aja, sembra, egli mantenne<br />

fermi quegli impegni che avrebbero reso impossib<strong>il</strong>e una<br />

vera comunione. <strong>Leibniz</strong> non solo non si trovò a concordare con


178 IL CORTIGIANO E llERETICO<br />

<strong>il</strong> suo ospite, ma anzi - forse con propria sorpresa - giunse a <strong>di</strong>ssentire<br />

da lui.<br />

<strong>Il</strong> 18 novembre 1676, o in una data assai prossima, comunque,<br />

dopo essersi <strong>di</strong>pinto con i colori del libero pensatore locale<br />

e dopo avere rammentato a se stesso <strong>di</strong> non esprimere alcuna<br />

idea che potesse confliggere troppo con le opinioni <strong>di</strong>ffuse, <strong>il</strong> trentenne<br />

inventore del calculus, l'ex consigliere privato dell'elettore<br />

<strong>di</strong> Magonza, recentemente investito dell'incarico <strong>di</strong> bibliotecario<br />

del duca <strong>di</strong> Hannover, sbarcò sulla terraferma e si <strong>di</strong>resse <strong>nel</strong>la<br />

sua andatura saltellante lungo i canali che conducevano verso la<br />

porta della casa in cui viveva <strong>Spinoza</strong>.


12. Punto <strong>di</strong> contatto<br />

Un pomeriggio nuvoloso f<strong>il</strong>tra attraverso i vetri tintinnanti<br />

della finestra. Fuori, le foglie d'autunno corrono <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente<br />

<strong>nel</strong> loro implacab<strong>il</strong>e assalto contro l'or<strong>di</strong>ne urbano. Dal piano <strong>di</strong><br />

sopra provengono rumori <strong>di</strong> bambini che str<strong>il</strong>lano sull'assito scricchiolante.<br />

<strong>Il</strong> tiepido aroma del brodo <strong>di</strong> pollo riempie l'aria. Nel<br />

salotto situato <strong>nel</strong>la parte anteriore della casa che si affaccia sul<br />

Pav<strong>il</strong>joensgracht, due uomini sono impegnati in un'accanita <strong>di</strong>scussione,<br />

seduti accanto a un tavolino <strong>di</strong> legno. Uno è giovane,<br />

pieno <strong>di</strong> energia, vestito alla moda; sulla sua fronte incombe la<br />

parrucca che costituisce <strong>il</strong> suo segno <strong>di</strong>stintivo, forse spinta un<br />

po' fuori rotta dai venti <strong>di</strong> novembre. L'altro è più avanti negli anni,<br />

indossa una semplice camicia, e tossisce troppo spesso in uno<br />

dei suoi cinque fazzoletti (quello a quadretti <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi colori).<br />

Era questa, presumib<strong>il</strong>mente, la scena quando <strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong><br />

si incontrarono all'Aja <strong>nel</strong> 1676.<br />

L'incontro tra i due maggiori f<strong>il</strong>osofi del <strong>di</strong>ciassettesimo secolo,<br />

in effetti, si protrasse per <strong>di</strong>versi giorni. Da una lettera che <strong>Leibniz</strong><br />

inviò dall'Olanda al segretario del duca <strong>di</strong> Hannover, è possib<strong>il</strong>e<br />

inferire che <strong>il</strong> <strong>cortigiano</strong> giunse all'Aja <strong>il</strong> 18 novembre o forse<br />

anche prima, e vi rimase almeno tre giorni o ad<strong>di</strong>rittura una settimana.<br />

Più tar<strong>di</strong>, <strong>Leibniz</strong> riferì al suo amico parigino Gallois <strong>di</strong> aver<br />

conversato con <strong>Spinoza</strong> "svariate volte e molto a lungo".<br />

Poco dopo uno dei loro incontri, <strong>Leibniz</strong> buttò giù, per sé, un<br />

appunto. "Ho trascorso tante ore con <strong>Spinoza</strong> dopo cena," annotò.<br />

<strong>Il</strong> suo ospite lo aveva intrattenuto piacevolmente, continuò,<br />

con la storia dei suoi gesti bizzarri in un'orrib<strong>il</strong>e notte in cui la<br />

folla fece dei fratelli De Witt (prima citati) carne da macello. Evidentemente,<br />

i sospetti con cui <strong>Spinoza</strong> aveva inizialmente salutato<br />

gli approcci <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> da Parigi si erano <strong>di</strong>ssolti. <strong>Leibniz</strong>,<br />

come sappiamo da Eckhart, possedeva l'ab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> andare d'accordo<br />

con ogni genere <strong>di</strong> persone, e <strong>Spinoza</strong>, secondo Lucas, sapeva<br />

essere un piacevole conversatore. Si può fac<strong>il</strong>mente immaginare,<br />

quin<strong>di</strong>, che non appena i due ebbero finito la loro farinata<br />

d'avena e latte e la birra annacquata, o qualunque altra co-


180 IL CORTIGIANO E !:ERETICO<br />

sa fosse <strong>nel</strong> menu, abbiano preso a conversare sul clima deprimente<br />

dei Paesi Bassi, sulle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute delle loro conoscenze<br />

comuni sparse per <strong>il</strong> continente, sull'igiene maniacale delle<br />

donne dell'Aja, sulla caparbia invasione dell'Olanda da parte<br />

<strong>di</strong> Luigi XIV, e su altri argomenti sim<strong>il</strong>i, che servono a spianare la<br />

strada per scambi amichevoli.<br />

Ben presto la <strong>di</strong>scussione si volse verso le eterne domande. Nella<br />

stessa annotazione stesa subito dopo cena, <strong>Leibniz</strong> continuò:<br />

<strong>Spinoza</strong> non vedeva con chiarezza gli errori <strong>nel</strong>le leggi del moto <strong>di</strong><br />

Monsieur Descartes; restò sorpreso quando io presi a mostrargli che<br />

esse violavano l'eguaglianza <strong>di</strong> causa ed effetto.<br />

La critica alla f<strong>il</strong>osofia cartesiana del movimento, ovviamente,<br />

era l'oggetto del <strong>di</strong>alogo che <strong>Leibniz</strong> aveva composto a Sheerness,<br />

mentre i venti lo costringevano dentro <strong>il</strong> porto. Lidea che<br />

<strong>Leibniz</strong> avesse la sensazione <strong>di</strong> aver scoperto qualche varco <strong>nel</strong>la<br />

corazza f<strong>il</strong>osofica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è avvincente, e sarebbe stata largamente<br />

amplificata nei suoi successivi commenti sul suo ospite<br />

<strong>di</strong> un tempo. Ma qui vi è anche un accenno all'eventualità che<br />

i due commensali potrebbero aver <strong>di</strong>scusso in precedenza sul loro<br />

<strong>il</strong>lustre predecessore. Lo scopo principale per cui <strong>Leibniz</strong> minava<br />

alle fondamenta la fisica cartesiana, va ricordato, era quello<br />

<strong>di</strong> ritagliare uno spazio a un principio <strong>di</strong> attività che egli identificava<br />

con la mente. <strong>Spinoza</strong> non fu mai restio <strong>nel</strong> criticare Cartesio,<br />

ma <strong>il</strong> suo obiettivo consisteva in sostanza <strong>nel</strong> <strong>di</strong>struggere<br />

proprio quella stessa idea <strong>di</strong> mente che <strong>Leibniz</strong> implicitamente<br />

sperava <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere.<br />

La fisica del movimento, comunque, fu solo un argomento<br />

entro la vasta gamma <strong>di</strong> problematiche f<strong>il</strong>osofiche su cui i due<br />

<strong>di</strong>scussero. Nella sua lettera a Gallois, <strong>Leibniz</strong> ammette in<strong>di</strong>rettamente<br />

che <strong>Spinoza</strong> gli presentò una varietà <strong>di</strong> "<strong>di</strong>mostrazioni<br />

metafisiche". È davvero <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e immaginare che due uomini come<br />

questi, le cui vite erano dominate dalla passione per la saggezza<br />

e le cui reputazioni erano fondate sull'acume f<strong>il</strong>osofico,<br />

possano aver fatto qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso dall'impegnarsi in scommesse<br />

metafisiche. Ma sarebbe altrettanto errato immaginare che<br />

tutto ciò che accadde in quei giorni all'Aja possa essere ridotto<br />

soltanto a uno scambio <strong>di</strong> astruse argomentazioni.<br />

Le prime impressioni, quelle decisive, si erano già formate.<br />

Nel caso <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, ovviamente, non posse<strong>di</strong>amo alcuna testimonianza<br />

<strong>di</strong>retta della sua reazione nei confronti <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>.<br />

Non ci è <strong>di</strong> alcuna ut<strong>il</strong>ità, tuttavia, che <strong>Spinoza</strong> avesse giu<strong>di</strong>cato<br />

Tschirnhaus un amico <strong>di</strong> grande valore, che Tschirnhaus a sua<br />

volta vedesse in <strong>Leibniz</strong> un uomo "alquanto dotto <strong>nel</strong>le varie


12. PUNTO DI CONTATTO 181<br />

scienze e scevro dai comuni pregiu<strong>di</strong>zi teologici", e che, tra i due<br />

entusiasti giovani tedeschi che vennero a fare visita al f<strong>il</strong>osofo<br />

dell'Aja, non ci fosse alcun dubbio su chi prevalesse in fatto <strong>di</strong><br />

talento ed esperienza. Nessuno degli ospiti <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> prima <strong>di</strong><br />

allora, se è per questo, poteva eguagliare <strong>Leibniz</strong> in eru<strong>di</strong>zione<br />

e vigore intellettuale.<br />

Dal canto suo, <strong>Leibniz</strong> non poté fare a meno <strong>di</strong> notare l'aspetto<br />

più ovvio: che <strong>Spinoza</strong> era ebreo. Molto tempo dopo, descrisse<br />

la sua prima impressione in un appunto particolarmente<br />

negativo: "'l famoso ebreo <strong>Spinoza</strong> aveva una carnagione olivastra<br />

e una certa aria spagnola nei tratti, perché era originario <strong>di</strong><br />

quella nazione. Era un f<strong>il</strong>osofo <strong>di</strong> professione e conduceva una<br />

vita calma e appartata, trascorrendo <strong>il</strong> suo tempo a levigare <strong>il</strong> vetro<br />

per realizzare lenti d'ingran<strong>di</strong>mento per occhiali e microscopi".<br />

Ma vi è motivo <strong>di</strong> ritenere che <strong>Leibniz</strong> si sia formato un'impressione<br />

assai più profonda del suo ospite, rispetto a quella tracciata<br />

in queste poche righe.<br />

Più che un ebreo, <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>venne successivamente, per <strong>Leibniz</strong>,<br />

"quell'ebreo perspicace". Sette anni dopo <strong>il</strong> loro incontro,<br />

perfino dopo che i suoi attacchi alle dottrine <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> si erano<br />

induriti in un riflesso metafisica, egli ammetteva che <strong>il</strong> suo ospite<br />

<strong>di</strong> un tempo era quel tipo <strong>di</strong> uomo che "<strong>di</strong>ce ciò che crede sia<br />

vero" e che crede (benché erroneamente) "<strong>di</strong> essere al servizio<br />

dell'intera umanità, liberandola da superstizioni infondate".<br />

Trent'anni dopo <strong>il</strong> loro incontro, <strong>Leibniz</strong> scriveva: "Io so bene che<br />

vi sono persone eccellenti per natura che non potrebbero mai essere<br />

spinte dalle [loro] dottrine a fare niente che sia indegno <strong>di</strong><br />

loro". Senza lasciare alcun dubbio sulla persona che egli aveva<br />

in mente, imme<strong>di</strong>atamente aggiungeva: "Si deve convenire che<br />

Epicuro e <strong>Spinoza</strong>, per esempio, condussero una vita del tutto<br />

esemplare". Poi continuava affermando che le idee <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> un<br />

giorno avrebbero appiccato fuoco ai quattro angoli della terra.<br />

Finché visse, <strong>Leibniz</strong> non si scrollò mai <strong>di</strong> dosso l'impressione<br />

che si era formato in quel novembre, che <strong>il</strong> suo grande avversario<br />

intellettuale - <strong>il</strong> fi losofo sulle cui spalle sarebbe ricaduta infine<br />

la colpa della catastrofe planetaria - fosse un uomo <strong>di</strong> irreprensib<strong>il</strong>e<br />

virtù.<br />

Dell'incontro all'Aja sopravvive una sola prova <strong>di</strong>retta. Pubblicato<br />

per la prima volta <strong>nel</strong> 1890, <strong>il</strong> documento in questione<br />

consiste in un Unico foglio, scritto <strong>di</strong> pugno da <strong>Leibniz</strong>, intitolato<br />

Quod ens perfectissimum existit. Esso fornisce una versione<br />

compen<strong>di</strong>ata dell'argomentazione che <strong>Leibniz</strong> preparava nei giorni<br />

precedenti l'incontro, allo scopo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che un ente do-


182 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

tato <strong>di</strong> ogni perfezione è possib<strong>il</strong>e, ovvero concepib<strong>il</strong>e, da cui consegue<br />

che un sim<strong>il</strong>e ente necessariamente esiste. In una nota in<br />

fondo al documento, <strong>Leibniz</strong> ne spiega la provenienza:<br />

Io ho presentato questa argomentazione, quando ero all'Aja, al signor<br />

Spinosa, che l'ha ritenuta valida. Poiché in un primo momento<br />

egli l'aveva contraddetta, io buttai giù <strong>di</strong> getto e . gli lessi questo<br />

-<br />

I.:annotazione è breve, eppure queste poche parole esprimono<br />

la natura dei due personaggi che si erano incontrati all'Aja e<br />

la <strong>di</strong>namica f<strong>il</strong>osofica che si era <strong>di</strong>panata tra <strong>di</strong> loro.<br />

La <strong>di</strong>sputa su <strong>Dio</strong> costituì un perfetto climax per l'incontro<br />

tra i due f<strong>il</strong>osofi. <strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong> avevano entrambi lo stesso<br />

pensiero dominante: <strong>Dio</strong>. Ma avevano in mente lo stesso <strong>Dio</strong>?<br />

I.:interrogativo centrale a cui <strong>Leibniz</strong> si trovava <strong>di</strong> fronte <strong>nel</strong> suo<br />

confronto con <strong>Spinoza</strong> era se lo spinoziano "Deus sive Natura"<br />

fosse veramente un <strong>Dio</strong> - cioè se una <strong>di</strong>vinità che è stata privata<br />

<strong>di</strong> attributi antropomorfici e che risiede esclusivamente <strong>nel</strong> qui<br />

e <strong>nel</strong>l'ora potesse ancora essere considerata <strong>di</strong>vina.<br />

Secondo un'interpretazione letterale della sua <strong>di</strong>mostrazione,<br />

ben poco separa ciò che <strong>Leibniz</strong> identifica come "<strong>il</strong> soggetto<br />

<strong>di</strong> ogni perfezione" da ciò che <strong>Spinoza</strong> definisce <strong>nel</strong>l'Etica come<br />

"sostanza consistente <strong>di</strong> infiniti attributi". Una parte <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

credeva <strong>nel</strong>lo spinoziano <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> ragione - un ente perfetto, infinito,<br />

la cui essenza e la cui esistenza avrebbe br<strong>il</strong>lato, dalle prove<br />

f<strong>il</strong>osofiche, con lo stesso splendore <strong>di</strong> un teorema sugli angoli<br />

del triangolo. Tuttavia, <strong>Leibniz</strong> era giunto all'Aja con più <strong>di</strong> un'idea<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong> <strong>nel</strong>la propria mente. Sembra molto verosim<strong>il</strong>e che èon<br />

<strong>il</strong> suo tono <strong>di</strong> voce, con la sua <strong>di</strong>sinvolta evocazione delle tra<strong>di</strong>zionali<br />

forme <strong>di</strong> devozione, e anche con <strong>il</strong> suo abbigliamento - <strong>il</strong><br />

perfetto abito dell'ortodossia-egli esprimesse la propria adesione<br />

alla <strong>di</strong>vinità provvidenziale dell'ortodossia religiosa. Egli aveva<br />

cucito indosso <strong>il</strong> proprio credo religioso.<br />

Dall'annotazione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, emerge con chiarezza che le <strong>di</strong>scussioni<br />

si avviarono per sua iniziativa. Con voce chiara e forte,<br />

<strong>nel</strong> suo latino impeccab<strong>il</strong>e pronunciato a braccio (se ben preparato),<br />

<strong>il</strong> giovane tedesco presentò la sua sott<strong>il</strong>e nuova argomentazione.<br />

Egli era da capo a pie<strong>di</strong> l'ex fanciullo pro<strong>di</strong>gio, lo<br />

studente modello e <strong>il</strong> can<strong>di</strong>dato al dottorato persuaso <strong>di</strong> <strong>di</strong>re esattamente<br />

ciò che i suoi insegnanti vogliono sentire. Ora come sempre,<br />

nutriva ben pochi dubbi sul valore del proprio lavoro e sulla<br />

propria importanza.<br />

<strong>Leibniz</strong>, si deve francamente riconoscere, era immensamente<br />

vanitoso. Nelle sue lettere in<strong>di</strong>rizzate a così tanti duchi, colme


.1 2. PUNTO DI CONTATTO 183<br />

<strong>di</strong> vanterie, <strong>di</strong> valutazioni estatiche dei suoi progressi a Parigi e<br />

<strong>di</strong> veneranti rimemorazioni dei suoi primi trionfi da studente, <strong>il</strong><br />

giovane giunto da Lipsia raramente lesinava <strong>nel</strong>la stima <strong>di</strong> sé. Nel<br />

sistema f<strong>il</strong>osofico che egli svelò al <strong>mondo</strong> <strong>di</strong>eci anni dopo essere<br />

partito dall'Aja, <strong>di</strong>pinse un quadro dell'universo e del proprio posto<br />

all'interno <strong>di</strong> esso che gronda autostima - un <strong>mondo</strong> in cui<br />

ogni cosa è or<strong>di</strong>nata per <strong>il</strong> meglio; in cui gli in<strong>di</strong>vidui, <strong>nel</strong>la forma<br />

<strong>di</strong> ciò che egli chiama "mona<strong>di</strong>", fioriscono in uno splen<strong>di</strong>do<br />

isolamento; e in cui <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo stesso riceve ringraziamenti da <strong>Dio</strong><br />

e dal genere umano per aver saputo rendere queste piacevoli verità<br />

in una splen<strong>di</strong>da prosa. Anche Eckhart, <strong>il</strong> fedele amanuense<br />

del f<strong>il</strong>osofo <strong>nel</strong> seguito della sua esistenza, dovette ammettere che<br />

"la sua stima <strong>di</strong> sé, che non ammetteva alcuna contrad<strong>di</strong>zione,<br />

anche quando egli stesso vedeva <strong>di</strong> essere in errore, era <strong>il</strong> suo<br />

maggiore <strong>di</strong>fetto".<br />

Ma <strong>Leibniz</strong> non costituiva un'eccezione alla regola secondo<br />

cui l'altra faccia dell'amore <strong>di</strong> sé è un sé <strong>di</strong>speratamente bisognoso<br />

d'amore. Nella sua inesausta arrampicata sociale volta ad<br />

assicurarsi la sicurezza economica, nei suoi continui sforzi per<br />

ingraziarsi personaggi autorevoli, <strong>nel</strong>la sua propensione a ricevere<br />

punizioni e <strong>nel</strong> continuare a riceverne, e <strong>nel</strong>la sua evidente<br />

incapacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere chiaramente le proprie opinioni da quelle<br />

con cui gli accadeva <strong>di</strong> essere impegnato in un dato momento,<br />

egli manifestava una <strong>di</strong>sperata ansia <strong>di</strong> piacere, un'insaziab<strong>il</strong>e<br />

brama <strong>di</strong> vedere le sue buone azioni tornargli in<strong>di</strong>etro riflesse<br />

<strong>nel</strong>l'altrui approvazione. E fu proprio questo secondo sé - l'immagine<br />

effigiata sull'altro lato del <strong>Leibniz</strong> innamorato <strong>di</strong> sé - che<br />

si espresse con la massima chiarezza <strong>nel</strong>la sua f<strong>il</strong>osofia matura,<br />

e che forse deve essere ritenuto <strong>il</strong> principale responsab<strong>il</strong>e del suo<br />

comportamento al cospetto <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, quando egli presentò la<br />

sua prova dell'esistenza <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Sarebbe stupefacente, se non fosse<br />

tanto caratteristico, che <strong>Leibniz</strong> abbia insistito <strong>nel</strong> registrare<br />

l'approvazione manifestata per la sua prova proprio da quello<br />

stesso f<strong>il</strong>osofo che precedentemente egli aveva chiamato "intollerab<strong>il</strong>mente<br />

impudente" e che in seguito avrebbe ritenuto responsab<strong>il</strong>e<br />

del declino della civ<strong>il</strong>tà occidentale.<br />

<strong>Spinoza</strong> giocava in casa. <strong>Dio</strong> era <strong>il</strong> suo territorio, <strong>il</strong> suo cantuccio<br />

<strong>nel</strong>la piazza del mercato f<strong>il</strong>osofico. Dall'appunto redatto<br />

da <strong>Leibniz</strong>, sembra chiaro che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo dell'Aja assunse prontamente<br />

<strong>il</strong> consueto atteggiamento. Bento era un bambino pro<strong>di</strong>gio,<br />

anch'egli, ma <strong>di</strong> un tipo molto <strong>di</strong>verso. Era <strong>il</strong> ribelle, <strong>il</strong> tipo<br />

che sceglie i propri amici tra gli ambienti meno convenzionali<br />

ai margini della società, quasi fosse un punto d'onore. Sin dalla<br />

più giovane età si era reso immune dall'influenza degli altri e aveva<br />

protetto la propria feliCità entro una suprema autosufficien-


184 IL CORTIGIANO E I:ERET!CO<br />

za. Alla presenza <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, come sempre, fu l'unico che restò<br />

del proprio avviso. Egli fu, possiamo star certi, simpaticamente<br />

modesto e insopportab<strong>il</strong>mente arrogante al tempo stesso, come<br />

un extraterrestre venuto a giu<strong>di</strong>care un indoc<strong>il</strong>e rappresentante<br />

dell'immaginazione umana.<br />

Così, a prima vista, a giu<strong>di</strong>care dall'annotazione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>,<br />

<strong>Spinoza</strong> non approvò l'argomentazione. Forse <strong>il</strong> vecchio scorse<br />

l'ombra della <strong>di</strong>vinità provvidenziale dell'ortodossia religiosa annidarsi<br />

<strong>di</strong>etro la prova elaborata dal suo giovane visitatore? È lecito<br />

chiedersi se una certa espressione sia passata negli occhi <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>, uno sguardo sim<strong>il</strong>e a quello che aveva fatto andare su<br />

tutte le furie i suoi pari <strong>nel</strong>la sinagoga, che indusse Blyenbergh<br />

a scrivere le sue cinquecento pagine polemiche, che restava conficcato<br />

come un ossicino <strong>nel</strong>la bocca <strong>di</strong> Limborch quasi trent'anni<br />

dopo la cena infernale.<br />

È fac<strong>il</strong>e immaginare la reazione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. Egli non era fatto<br />

per essere contraddetto; non riusciva a tollerare <strong>di</strong> essere contraddetto.<br />

La b<strong>il</strong>e gialla inevitab<strong>il</strong>mente eruttò dal suo intimo.<br />

Abbandonata ogni formalità, aguzzò furiosamente le proprie <strong>di</strong>stinzioni<br />

metafisiche, e buttò giù la sua prova. Poi balzò su dalla<br />

se<strong>di</strong>a e scandì ogni parola con violenta precisione. Esigeva dal<br />

suo ascoltatore approvazione incon<strong>di</strong>zionata.<br />

<strong>Il</strong> momento è una perfetta istantanea dei due f<strong>il</strong>osofi in azione:<br />

<strong>Spinoza</strong> seduto immob<strong>il</strong>e, profondamente in<strong>di</strong>fferente, forse<br />

s<strong>il</strong>enziosamente sdegnoso, autentica incarnazione del suo <strong>Dio</strong>­<br />

Natura; <strong>Leibniz</strong> che andava su e giù per la stanza, abbarbicato<br />

alla sua prova, gridando <strong>di</strong>speratamente le proprie domande, perfetto<br />

rappresentante <strong>di</strong> una umanità sempre in<strong>di</strong>gente.<br />

Questa volta tutto finì bene per <strong>Dio</strong> e per l'uomo, o almeno<br />

così <strong>Leibniz</strong> trionfalmente riferisce. <strong>Spinoza</strong> giu<strong>di</strong>cò che la sua<br />

prova fosse "valida". I.:appunto redatto da <strong>Leibniz</strong> è l'ultima parola<br />

<strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponiamo in proposito.<br />

Ma <strong>Spinoza</strong> approvò davvero?<br />

In assenza <strong>di</strong> ogni altra prova in materia, e in considerazione<br />

della gamma <strong>di</strong> altri sentimenti che possono aver baluginato<br />

negli occhi nero opale del f<strong>il</strong>osofo più spietatamente schietto dell'età<br />

moderna, forse sarebbe meglio lasciare aperta per <strong>il</strong> momento<br />

la questione: questo appunto costituisce una puntuale<br />

esposizione dei fatti o è piuttosto un'espressione dei bisogni del<br />

suo autore?


13. Sopravvivere a <strong>Spinoza</strong><br />

Hannover non era Parigi. Sulle sue strade non br<strong>il</strong>lavano luci;<br />

e, con soli <strong>di</strong>ecim<strong>il</strong>a abitanti, non era esattamente una grande<br />

città. L'intera popolazione della provincia circostante - centocinquantam<strong>il</strong>a<br />

persone, in maggioranza conta<strong>di</strong>ni - era meno<br />

<strong>di</strong> un terzo della popolazione della capitale francese. Anche al<br />

centro <strong>di</strong> Hannover, le mucche abitualmente erano più numerose<br />

dei pedoni. C'erano molti abbeveratoi per i visitatori a quattro<br />

zampe della città, ma neppure un caffè per i suoi solitari letterati.<br />

La gloria <strong>di</strong> questa metropoli era un antico convento che la famiglia<br />

del duca aveva rimesso a nuovo e aveva riven<strong>di</strong>cato come<br />

<strong>il</strong> proprio palazzo. Nell'enorme cappella dove un tempo pregavano<br />

le monache, <strong>il</strong> neo convertito Johann Friedrich teneva elaborate<br />

cerimonie, celebrate secondo <strong>il</strong> :rito romano, con profondo<br />

<strong>di</strong>sgusto dei suoi sud<strong>di</strong>ti prevalentemente protestanti. Verso<br />

<strong>il</strong> pomeriggio del 12 <strong>di</strong>cembre 1676, <strong>Leibniz</strong> scese dalla carrozza<br />

e mise piede sulla terra ghiacciata <strong>di</strong>nanzi al cancello della casa<br />

da cui per i quaranta anni successivi avrebbe continuamente<br />

cercato <strong>di</strong> allontanarsi.<br />

<strong>Il</strong> trentenne giovane <strong>cortigiano</strong> vuotò i suoi bauli e mise in or<strong>di</strong>ne<br />

la nuova abitazione che era stata ricavata per lui <strong>nel</strong>le antiche<br />

scuderie del convento, :ristrutturate. Lì gli erano stati assegnati<br />

un letto, una scrivania, e i trem<strong>il</strong>a libri che costituivano la biblioteca<br />

ducale. Era impaziente <strong>di</strong> cominciare a servire <strong>Dio</strong> e <strong>il</strong> duca.<br />

<strong>Il</strong> suo primo impegno professionale, tuttavia, consistette <strong>nel</strong> :rinegoziare<br />

i termini secondo cui avrebbe reso tale servizio.<br />

Durante le brevi, fredde giornate del gennaio 1677, <strong>il</strong> nuovo<br />

assunto sommerse <strong>il</strong> suo datore <strong>di</strong> lavoro con una mezza dozzina<br />

<strong>di</strong> missive sul tema dei propri mezzi <strong>di</strong> sostentamento. Non<br />

era sod<strong>di</strong>sfatto del titolo <strong>di</strong> bibliotecario, e desiderava essere promosso<br />

al grado <strong>di</strong> consigliere privato - <strong>il</strong> rango che aveva rivestito<br />

precedentemente presso la corte <strong>di</strong> Magonza. Inoltre, voleva<br />

recuperare <strong>il</strong> salario che gli era stato promesso per l'anno precedente<br />

- l'anno che aveva trascorso a Parigi cercando <strong>di</strong>speratamente<br />

altre occasioni <strong>di</strong> lavoro - più duecento talleri per co-


186 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

prire le spese del suo viaggio. ("Diversamente," si lamenta in<strong>di</strong>gnato<br />

"avrei fatto <strong>il</strong> viaggio a mie spese.") Inoltre, riteneva che i<br />

suoi sforzi valessero almeno cinquecento talleri l'anno, invece dei<br />

quattrocento concordati in precedenza.<br />

Nella sua spasmo<strong>di</strong>ca ricerca <strong>di</strong> uno status superiore e una<br />

remunerazione più elevata, <strong>Leibniz</strong> non lesinò sul patetico. :L ansia<br />

per <strong>il</strong> suo futuro che lo aveva condotto dai luccicanti salotti<br />

<strong>di</strong> Parigi alla tetra sicurezza <strong>di</strong> Hannover evidentemente non si<br />

era attenuata all'arrivo <strong>nel</strong>la sua terra natale:<br />

Ora non devo soltanto sognare <strong>di</strong> vivere, ma devo reintegrare le mie<br />

per<strong>di</strong>te e provvedere al futuro, così da non poter essere schiantato<br />

un giorno, dopo che <strong>il</strong> fiore della mia gioventù sarà svanito, se la<br />

sfortuna, i cambiamenti delle circostanze o la malattia ini impe<strong>di</strong>ssero<br />

<strong>di</strong> lavorare con lo stesso successo <strong>di</strong> ora oppure mi privassero<br />

<strong>di</strong> sostenitori e protettori. [ ... ]<br />

La campagna suscitò l'effetto desiderato. Sempre conc<strong>il</strong>iante,<br />

Johann Friedrich, che evidentemente aveva un cuore proporzionato<br />

al suo grande corpo, concesse a <strong>Leibniz</strong> un po' <strong>di</strong> alTetrati,<br />

un aumento salariale sino a cinquecento talleri, e la promozione<br />

a consigliere privato. La nuova posizione comportava<br />

onerosi obblighi <strong>di</strong> natura giu<strong>di</strong>ziaria e amministrativa, ma, come<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo <strong>di</strong>sse ai suoi amici, ne valeva davvero la pena. A<br />

Tschirnhaus egli confidò che "è un grande vantaggio" trascorrere<br />

<strong>il</strong> proprio tempo accanto a un sim<strong>il</strong>e principe "che ha sotto <strong>il</strong><br />

suo comando un'incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>ti e mostra intenzioni<br />

così favorevoli nei miei confronti".<br />

Ben presto, tuttavia, <strong>Leibniz</strong> scoprì che i suoi colleghi consiglieri<br />

privati a Magonza ricevevano seicento talleri l'anno per i<br />

loro servigi, e cadde nuovamente in uno stato <strong>di</strong> prostrazione.<br />

Dopo aver messo a nudo la propria autostima ferita in alcune<br />

nuove lettere al duca, egli ottenne un aumento <strong>di</strong> cento talleri.<br />

Per valutare la ricchezza e lo status <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> rispetto agli altri<br />

abitanti <strong>di</strong> Hannover, consideriamo che le cuoche <strong>nel</strong>la cucina<br />

del duca ricevevano nove talleri l'anno e <strong>il</strong> derattizzatore un<strong>di</strong>ci tal­<br />

Ieri (che consentivano, sia alle une che all'altro, <strong>di</strong> provvedere al<br />

proprio sostentamento); <strong>il</strong> <strong>cortigiano</strong> <strong>di</strong> rango più elevato, d'altronde,<br />

riceveva duem<strong>il</strong>a talleri <strong>di</strong> salario, oltre alla possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong><br />

incassare prebende per un valore <strong>di</strong> gran lunga superiore.<br />

Risolto <strong>il</strong> problema delle proprie <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità economiche<br />

(almeno per <strong>il</strong> momento), <strong>Leibniz</strong>, come al solito, si lanciò imme<strong>di</strong>atamente<br />

in varie decine <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezioni. Nella corrispondenza<br />

che intrattenne con <strong>il</strong> duca riguardo al suo compenso, egli si assegna<br />

un <strong>di</strong>sumano numero <strong>di</strong> incombenze, tra le quali: catalo-


13. SOPRAVVIVERE A SPINOZA 187<br />

gare tutte le dotazioni della biblioteca; acquisire molti altri volumi<br />

per la biblioteca; mantenere dotta corrispondenza con i suoi<br />

numerosi contatti in ogni parte d'Europa (egli ne elenca per nome<br />

più <strong>di</strong> trenta - tra cui <strong>Spinoza</strong>); allertare <strong>il</strong> duca sui recenti<br />

sv<strong>il</strong>uppi <strong>nel</strong>le arti e <strong>nel</strong>le scienze (per esempio: nuove me<strong>di</strong>cine,<br />

tecniche <strong>di</strong> lavorazione del ferro, tecniche minerarie, tecnologia<br />

antincen<strong>di</strong>o; oltre a una misteriosa invenzione per trasportare<br />

carichi pesanti); perseguire le sue personali scoperte e idee nei<br />

campi della teologia naturale, giurisprudenza, fisica, geometria<br />

e meccanica; e r<strong>il</strong>anciare <strong>il</strong> progetto <strong>di</strong> riunificazione della chiesa<br />

che aveva avviato quando era un giovane <strong>cortigiano</strong> a Magonza.<br />

Inoltre, a <strong>Leibniz</strong> non mancavano le idee sul modo in cui <strong>il</strong><br />

duca avrebbe dovuto impiegare <strong>il</strong> proprio tempo. In una serie<br />

<strong>di</strong> memoranda politici, <strong>il</strong> giovane <strong>cortigiano</strong> propone un elenco<br />

<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i iniziative per <strong>il</strong> governo locale, tra le quali: condurre<br />

una completa ricognizione demografica e geografica del principato<br />

al fine <strong>di</strong> censire la popolazione secondo occupazione,<br />

ricchezza e red<strong>di</strong>to e <strong>di</strong> inventariare risorse come legname, corsi<br />

d'acqua, e così via; fondare una Accademia del commercio e<br />

delle lingue, sul modello delle associazioni commerciali italiane<br />

(una vera e propria Camera <strong>di</strong> commercio); creare un bureau<br />

d'addresse, dove la gente potesse scoprire quali beni e servizi<br />

erano <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>i <strong>nel</strong> sistema economico, come trascorrere <strong>il</strong><br />

tempo libero, e così <strong>di</strong> seguito (una via <strong>di</strong> mezzo tra un ufficio<br />

informazioni turistiche e le pagine gialle); costruire supermercati<br />

che avrebbero venduto ogni sorta <strong>di</strong> merci a prezzi bassi,<br />

anzi bassissimi; finanziare un piano assicurativo per vedove e<br />

orfani; fondare una società denominata Ordre de la charité, un<br />

or<strong>di</strong>ne quasi-religioso sim<strong>il</strong>e alla Compagnia <strong>di</strong> Gesù, che avrebbe<br />

m<strong>il</strong>itato "contro gli atei" approfondendo lo stu<strong>di</strong>o della "gran<strong>di</strong>osa<br />

opera <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> e della natura"; costituire un archivio ducale<br />

per la raccolta <strong>di</strong> tutti i documenti amministrativi; designare<br />

quale <strong>di</strong>rettore del suddetto archivio <strong>Leibniz</strong> stesso; offrire<br />

incentivi ai co.nta<strong>di</strong>ni affinché adottassero le migliori tecniche<br />

e pratiche agricole; incoraggiare lo sv<strong>il</strong>uppo della musica e del<br />

ballo popolare per fare in modo che i conta<strong>di</strong>ni sentissero "leggero"<br />

<strong>il</strong> loro carico <strong>di</strong> lavoro; introdurre una "ottima birra" per<br />

farglielo sentire ancora più leggero; e fondare una Accademia<br />

delle scienze, sul modello della Royal Society <strong>di</strong> Londra e della<br />

Académie royale <strong>di</strong> Parigi.<br />

Nella mente <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, chiaramente, non c'era limite alle cose<br />

buone che lo stato poteva realizzare. In effetti, a suo modo <strong>di</strong><br />

vedere, lo stato aveva <strong>il</strong> dovere <strong>di</strong> istituzionalizzare la benevolenza<br />

attraverso la pianificazione razionale. Egli fu certamente <strong>il</strong><br />

primo apostolo del welfare state.


188 IL CORTIGIANO E :UERETICO<br />

Nella lista delle cose buone da fare preparata per <strong>il</strong> duca <strong>di</strong><br />

Hannover, <strong>il</strong> punto che a <strong>Leibniz</strong> stette sempre più a cuore <strong>di</strong> ogni<br />

altro - e l'unico che possiamo sicuramente affermare abbia trovato<br />

realizzazione, benché un quarto <strong>di</strong> secolo dopo e non a Hannover<br />

- era l'ultimo punto: l'Accademia delle scienze. Purtroppo,<br />

come <strong>Leibniz</strong> ben comprese, la generosità del duca <strong>di</strong> Hannover<br />

non si spingeva sino al punto <strong>di</strong> spendere denaro che non aveva<br />

per finanziare un gruppo <strong>di</strong> scienziati che per la maggior parte<br />

non esistevano ancora. <strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo, dunque, si assunse personalmente<br />

l'onere <strong>di</strong> raccogliere fon<strong>di</strong> per <strong>il</strong> progetto. Dal suo ormeggio<br />

<strong>nel</strong>le antiche scuderie <strong>di</strong> Hannover, egli perseguiva una<br />

vasta gamma <strong>di</strong> iniziative impren<strong>di</strong>toriali: la manifattura della<br />

lana, della seta, <strong>di</strong> tessuti ricamati in oro e in argento; la produzione<br />

<strong>di</strong> fosforo; la <strong>di</strong>st<strong>il</strong>lazione <strong>di</strong> brandy; <strong>il</strong> commercio <strong>di</strong> spezie<br />

dall'Estremo Oriente, e molti altri progetti. Nessuno <strong>di</strong> questi,<br />

purtroppo, fruttò un solo tallero a <strong>Leibniz</strong> o alla sua auspicata<br />

accademia.<br />

Mentre era ancora a Parigi, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo aveva contemplato la<br />

fantastica visione <strong>di</strong> una futura sicurezza materiale, che gli avrebbe<br />

consentito <strong>di</strong> finanziare la sua amata accademia e <strong>di</strong> garantirne<br />

l'in<strong>di</strong>pendenza economica. <strong>Il</strong> tesoro che finalmente avrebbe<br />

collocato <strong>il</strong> suo <strong>mondo</strong> su solide fondamenta, egli cominciava<br />

a credere, giaceva sepolto <strong>nel</strong>le brumose colline, coperte <strong>di</strong> foreste,<br />

della Bassa Sassonia - dove <strong>il</strong> dottor Faust, forse non a caso,<br />

aveva stipulato <strong>il</strong> proprio patto col <strong>di</strong>avolo. <strong>Il</strong> duca <strong>di</strong> Hannover,<br />

si dà <strong>il</strong> caso, deteneva una partecipazione <strong>di</strong> maggioranza<br />

in un'importante attività <strong>di</strong> estrazione dell'argento <strong>nel</strong> gran<strong>di</strong>oso<br />

scenario delle montagne dello Harz. Tuttavia, estrarre pirargirite<br />

era un'impresa ardua, soprattutto perché le miniere tendevano<br />

ad allagarsi. La grande idea <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> forniva un ulteriore<br />

esempio dell'eleganza e dell'armonia del <strong>mondo</strong>: egli propose<br />

<strong>di</strong> sfruttare l'energia eolica per pompare acqua dal terreno<br />

e così rendere accessib<strong>il</strong>e l'argento che si trovava <strong>nel</strong> sottosuolo.<br />

Ovviamente, l'inesaurib<strong>il</strong>e genio inventivo <strong>di</strong> Hannover non<br />

poteva accontentarsi <strong>di</strong> banali mulini a vento e <strong>di</strong> semplici pompe.<br />

Progettò, invece, un unico sistema che eliminava le ruote dentate<br />

interme<strong>di</strong>e, riducendo in tal modo l'attrito, e che era in grado<br />

<strong>di</strong> pompare acqua dalla profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> m<strong>il</strong>le pie<strong>di</strong> (o almeno<br />

così egli affermava). Se mai un'invenzione meccanica meritò <strong>di</strong><br />

essere tenuta segreta (in virtù della sua miracolosa red<strong>di</strong>tività),<br />

egli assicurò al duca, era proprio questa.<br />

Anche mentre si destreggiava tra i suoi numerosi progetti tesi<br />

a migliorare <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>, <strong>il</strong> ducato <strong>di</strong> Hannover, le miniere dello<br />

Harz, e se stesso, <strong>Leibniz</strong> continuava a perseguire un interesse a<br />

proposito del quale era piuttosto parco <strong>di</strong> informazioni con <strong>il</strong> suo


13. SOPRAVVIVERE A SPINOZA 189<br />

datore <strong>di</strong> lavoro. Ma ben presto <strong>di</strong>venne evidente che i suoi sentimenti<br />

in proposito erano mutati profondamente dopo <strong>il</strong> suo ritorno<br />

dall'Aja.<br />

<strong>Il</strong> primo segno <strong>di</strong> questo cambiamento appare in un appunto<br />

datato 12 <strong>di</strong>cembre 1676. La prima comunicazione ufficiale<br />

in<strong>di</strong>rizzata da <strong>Leibniz</strong> ai suoi colleghi cortigiani a Hannover reca<br />

la data del 13 <strong>di</strong>cembre, sicché l'appunto in questione deve essere<br />

considerato la prima cosa che egli scrisse al suo arrivo oppure<br />

l'ultima cosa che buttò giù sulla carrozza che lo riportava<br />

in<strong>di</strong>etro dall'Olanda. <strong>Leibniz</strong> scrive:<br />

Se tutti i possib<strong>il</strong>i dovessero esistere, non vi sarebbe bisogno <strong>di</strong> una<br />

ragione per esistere, e la m era possib<strong>il</strong>ità sarebbe sufficiente. Dunque<br />

non vi sarebbe un <strong>Dio</strong>, se non in quanto egli è possib<strong>il</strong>e. Ma un <strong>Dio</strong><br />

del tipo in cui credono i devoti non sarebbe possib<strong>il</strong>e, se fosse vera l'opinione<br />

<strong>di</strong> coloro i quali credono che tutti i possib<strong>il</strong>i esistano.<br />

"Coloro i quali credono che tutti i possib<strong>il</strong>i esistano" è <strong>il</strong> modo<br />

tortuoso <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> per <strong>di</strong>re "<strong>Spinoza</strong>". Se <strong>Spinoza</strong> ha ragione,<br />

conclude ora Leibriiz, allora "un <strong>Dio</strong> del tipo in cui credono<br />

i devoti" non esiste. Alcuni giorni - o forse solo pochi istanti - dopo<br />

l'incontro con <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo dell'Aja, sembra che d'improvviso<br />

<strong>Leibniz</strong> si sia pienamente convinto a proposito <strong>di</strong> un tema sul<br />

quale prima era indeciso: che <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è incompatib<strong>il</strong>e<br />

con l'ortodossia religiosa.<br />

Forse proprio durante quello stesso viaggio verso Hannover,<br />

tra gli scossoni, <strong>Leibniz</strong> potrebbe aver ripreso tra le mani le sue<br />

copie delle lettere <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> a Oldenburg e potrebbe aver aggiunto<br />

qualche ulteriore chiosa a margine. Con una grafia <strong>di</strong>versa,<br />

<strong>Leibniz</strong> annota un'intuizione che sembra <strong>di</strong>scendere dal pensiero<br />

formulato <strong>nel</strong> suo appunto del 12 <strong>di</strong>cembre. Dove <strong>Spinoza</strong><br />

scrive "tutte le cose seguono necessariamente dalla natura <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>",<br />

<strong>Leibniz</strong> commenta:<br />

Se tutte le cose emanano <strong>di</strong> necessità dalla natura <strong>di</strong>vina, allora tutte<br />

le cose possib<strong>il</strong>i esistono, purtroppo con pari fac<strong>il</strong>ità per <strong>il</strong> bene<br />

e per <strong>il</strong> male. Pertanto la f<strong>il</strong>osofia morale è <strong>di</strong>strutta.<br />

La posizione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, ancora una volta, improvvisamente<br />

sembra inequivocab<strong>il</strong>e. Ora gli risulta chiaro che la dottrina <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> sulla necessaria origine <strong>di</strong> tutte le cose in <strong>Dio</strong> - apparentemente<br />

quella medesima dottrina che egli aveva avallato solo<br />

pochi giorni prima, quando era ancOra a bordo del brigantino<br />

del principe Ruprecht - demolisce non soltanto <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> dell'orto-


190 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

dossia, ma ad<strong>di</strong>rittura niente meno che ogni moralità. Una nota<br />

<strong>di</strong> ansietà risuona qui sullo sfondo dei suoi commenti a <strong>Spinoza</strong><br />

-una nota cacofonica che crescerà in intensità sino a soverchiare<br />

tutte le altre <strong>nel</strong>la sinfonia leibniziana.<br />

Malgrado l'allarmante epifania a proposito delle eresie <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> (e sue proprie), l'ossessione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> per <strong>il</strong> suo rivale<br />

aumentava con pari intensità. Sul medesimo pezzo <strong>di</strong> carta<br />

su cui presentò a <strong>Spinoza</strong> la propria prova Quod ens perfectissimum<br />

existit, <strong>Leibniz</strong> aveva scarabocchiato: "Proposizioni <strong>di</strong><br />

cui si desidera la <strong>di</strong>mostrazione". Quin<strong>di</strong> procedeva a enumerare<br />

una mezza dozzina delle più cruciali proposizioni delle parti<br />

I e n dell'Etica. Evidentemente, <strong>Leibniz</strong> deteneva un elenco<br />

delle principali proposizioni quanto meno delle prime due parti<br />

del capolavoro ancora ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, ed era smanioso <strong>di</strong><br />

mettere le mani sulle parti mancanti del testo. Le proposizioni<br />

per la cui prova egli manifestava particolare interesse, non deve<br />

sorprenderei, sono quelle che risultano determinanti per <strong>di</strong>mostrare<br />

che <strong>Dio</strong> solo è la sostanza dalla cui natura tutte le cose<br />

seguono necessariamente.<br />

Imme<strong>di</strong>atamente dopo <strong>il</strong> suo arrivo a Hannover, <strong>Leibniz</strong> si accingeva<br />

a tentare <strong>di</strong> entrare in possesso <strong>di</strong> quelle agognate <strong>di</strong>mostrazioni<br />

rese da <strong>Spinoza</strong>. In una lettera poi perduta, egli chiese a<br />

Schuller <strong>di</strong> fomire la prova della proposizione 5 <strong>nel</strong>la parte I, secondo<br />

cui "non possono esservi due o più sostanze al <strong>mondo</strong>". Nella<br />

risposta del 6 febbraio 1677, Schuller trascrisse per <strong>Leibniz</strong> la<br />

prova mancante, facendo riferimento ad altre proposizioni solo<br />

me<strong>di</strong>ante <strong>il</strong> numero. Chiaramente, Schuller era al corrente del fatto<br />

che <strong>Leibniz</strong> possedeva un abbozzo numerato dell'Etica.<br />

All'incirca negli stessi giorni, <strong>Leibniz</strong> ricevette da Henry 01-<br />

denburg una lettera estremamente irosa. "Perché non hai consegnato<br />

la mia lettera a <strong>Spinoza</strong> - fumava <strong>di</strong> rabbia <strong>il</strong> segretario<br />

della Royal Society - io sinceramente non riesco proprio a<br />

spiegarmelo." Sfortunatamente, noi non abbiamo maggiori elementi<br />

rispetto a Oldenburg per comprendere come mai <strong>Leibniz</strong><br />

non avesse mostrato a <strong>Spinoza</strong> la lettera con cui era stato raccomandato<br />

a Londra. Comunque, Oldenburg non avrebbe arringato<br />

a lungo <strong>Leibniz</strong> in proposito; morì prima che finisse <strong>il</strong><br />

nuovo anno.<br />

Nella sua successiva lettera a Schuller - inviata pochi giorni<br />

dopo e anch'essa andata perduta-<strong>Leibniz</strong> presentava prontamente<br />

a Schuller una serie <strong>di</strong> obiezioni contro la prova della proposizione<br />

5, chiaramente <strong>nel</strong>la speranza <strong>di</strong> carpire una risposta da parte<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. <strong>Leibniz</strong>, parrebbe, coltivava <strong>il</strong> progetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere i<br />

contenuti dell'Etica con <strong>il</strong> suo autore, un po' per volta, attraverso<br />

la corrispondenza tramite una terza persona. Ma, <strong>nel</strong>la sua lette-


13. SOPRAWIVERE A SPINOZA 191<br />

ra del 6 febbraio, Schuller aveva già accennato a uno sv<strong>il</strong>uppo che<br />

ben presto avrebbe posto fine al progetto leibniziano <strong>di</strong> proseguire<br />

lo scambio con <strong>Spinoza</strong> attraverso canali riservati:<br />

Temo che [<strong>Spinoza</strong>] non resterà con noi ancora per molto, perché<br />

la sua malattia polmonare (che <strong>nel</strong>la sua famiglia è ere<strong>di</strong>taria) sembra<br />

peggiorare <strong>di</strong> giorno in giorno.<br />

A quanto afferma Colerus, <strong>il</strong> suo secondo biografo, <strong>il</strong> giorno<br />

prima <strong>di</strong> morire <strong>Spinoza</strong> era <strong>di</strong> buon umore. Nel pomeriggio, raggiunse<br />

<strong>il</strong> suo locatore, Hendrik van der Spyck, <strong>nel</strong> salotto della<br />

casa sul Pav<strong>il</strong>joensgracht. Accese una pipa, come era sua abitu<strong>di</strong>ne,<br />

e conversò per svariate ore con Hendrik a proposito dell'ultimo<br />

sermone del locale ministro del culto riformato.<br />

<strong>Il</strong> mattino seguente, <strong>il</strong> 21 febbraio 1677, riferisce Colerus, l'affab<strong>il</strong>e<br />

iconoclasta si intrattenne nuovamente a conversare con<br />

Hendrik e con sua moglie, Ida Margarete. <strong>Spinoza</strong> informò i Van<br />

der Spyck che, quel giorno, avrebbe ricevuto una visita da parte<br />

<strong>di</strong> un dottore. <strong>Il</strong> dottore, egli <strong>di</strong>sse, gli aveva or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> consumare<br />

brodo <strong>di</strong> gallina. Ida Margarete premurosamente spiumò<br />

un volat<strong>il</strong>e e lo mise a bollire con qualche cipolla e un pizzico <strong>di</strong><br />

sale. I Van der Spyck radunarono, quin<strong>di</strong>, i propri figli e si avviarono<br />

per <strong>il</strong> servizio religioso della domenica mattina.<br />

Quando ritornarono, trovarono <strong>Spinoza</strong> in salotto, intento<br />

a conversare con <strong>il</strong> dottore. <strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo beveva <strong>il</strong> brodo <strong>di</strong> buon<br />

appetito.<br />

A un tratto, Hendrik notò che <strong>di</strong>strattamente <strong>Spinoza</strong> aveva<br />

lasciato sulla tavola un ducatone d'oro, qualche spicciolo e un<br />

coltello d'argento. Hendrik non ci fece troppo caso, perché spesso<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo si mostrava così noncurante dei propri beni.<br />

Alle due in punto, i Van der Spyck radunarono ancora una<br />

volta la loro ni<strong>di</strong>ata e si avviarono, come d'abitu<strong>di</strong>ne, per <strong>il</strong> secondo<br />

servizio religioso della giornata.<br />

Alle quattro precise, quando varcarono <strong>il</strong> portone della chiesa,<br />

un vicino corse verso Hendrik e gli <strong>di</strong>ede la notizia.<br />

<strong>Spinoza</strong> era morto.<br />

Era morto esattamente alle tre, alla presenza del dottore giunto<br />

da Amsterdam.<br />

A quanto riferisce Colerus, i Van der Spyck restarono impietriti.<br />

Non avevano idea che le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> fossero così<br />

critiche. Aveva solo quarantaquattro anni. Non avrebbero mai immaginato<br />

che la sua malattia dovesse rivelarsi fatale tanto presto.<br />

Di ritorno <strong>nel</strong>la casa sul canale, i Van der Spyck trovarono <strong>il</strong><br />

dottore in salotto con la valigia già chiusa, pronto a partire. La<br />

salma del f<strong>il</strong>osofo giaceva composta su un piccolo letto, al piano


192 IL CORTIGIANO E J:ERETICO<br />

terra, <strong>nel</strong>l'anticamera. Heridrik e <strong>il</strong> dottore convennero <strong>di</strong> andare<br />

al piano <strong>di</strong> sopra per effettuare un inventario dei beni posseduti<br />

dal morto.<br />

Dopo aver frettolosamente comp<strong>il</strong>ato un elenco dei beni del<br />

f<strong>il</strong>osofo, <strong>il</strong> dottore presentò le sue scuse e uscì lentamente dalla<br />

porta principale. Voleva riuscire a prendere <strong>il</strong> battello della sera,<br />

che lo avrebbe riportato ad Amsterdam. La sua frettolosa partenza<br />

scandalizzò Hendrik e Ida Margarete, perché <strong>il</strong> corpo del<br />

f<strong>il</strong>osofo doveva ancora ricevere attenzioni adeguate. Ma <strong>il</strong> dottore<br />

era già andato via prima che essi potessero riprendersi e rimproverarlo.<br />

Quella sera stessa, quando gettò uno sguardo in salotto, Hendrik<br />

notò che <strong>il</strong> ducatone d'oro, gli spiccioli e <strong>il</strong> coltello d'argento<br />

che <strong>Spinoza</strong> aveva lasciato poggiati sulla tavola quella mattina<br />

erano scomparsi insieme al giovane dottore venuto da Amsterdam.<br />

Hendrik si assunse l'onere <strong>di</strong> organizzare <strong>il</strong> funerale. Si trattò,<br />

riferisce Colerus, <strong>di</strong> un evento impressionante. Sei carrozze <strong>di</strong><br />

stato aprirono la processione, e molte personalità <strong>di</strong> alto rango<br />

presenziarono insieme a numerosi ammiratori del f<strong>il</strong>osofo. A <strong>di</strong>spetto<br />

dei suoi mo<strong>di</strong> solitari e della sua pessima reputazione internazionale,<br />

a quanto pare, <strong>il</strong> saggio dell'Aja aveva acquisito un<br />

<strong>di</strong>screto seguito tra i suoi concitta<strong>di</strong>ni.<br />

<strong>Spinoza</strong> moriva senza aver fatto testamento, ma aveva formulato<br />

una strana richiesta, alcune settimane prima. Aveva chiesto<br />

che, alla sua morte, Hendrik imbarcasse <strong>il</strong> suo scrittoio per<br />

inviarlo a Rieuwertsz - <strong>il</strong> suo e<strong>di</strong>tore ad Amsterdam. Aveva insistito<br />

perché la cassa fosse priva <strong>di</strong> contrassegni, e perché <strong>il</strong> suo<br />

contenuto non venisse <strong>di</strong>chiarato alle autorità doganali. Chiuso<br />

a chiave all'interno dello scrittoio c'era <strong>il</strong> manoscritto dell'Etica,<br />

insieme ad altri manoscritti e alla sua corrispondenza.<br />

Dopo <strong>il</strong> funerale, V an der Spyck dette <strong>di</strong>sposizioni affinché lo<br />

scrittoio fosse trasportato - in incognito - ad Amsterdam. Come<br />

leggiamo in una lettera inviata da Rieuwertsz a Van der Spyck,<br />

spe<strong>di</strong>ta poche settimane dopo la morte del f<strong>il</strong>osofo, <strong>il</strong> prezioso<br />

carico giunse sano e salvo negli uffici dell'e<strong>di</strong>tore. Alcuni parenti<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> andarono a curiosare tra le banchine <strong>nel</strong>la speranza<br />

<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare lo scrittoio, aggiungeva Rieuwertsz, poiché erano<br />

convinti che contenesse ingenti ricchezze. Ma Van der Spyck<br />

aveva preso la precauzione <strong>di</strong> non apporre alcun marchio sulla<br />

cassa, e così, fortunatamente, <strong>il</strong> suo contenuto pervenne intatto<br />

all'e<strong>di</strong>tore. V an der Spyck svendette gli altri beni materiali del f<strong>il</strong>osofo,<br />

che fruttarono appena <strong>il</strong> denaro sufficiente per coprire le<br />

spese del funerale e per ripianare alcuni altri debiti.<br />

La morte del f<strong>il</strong>osofo, non meno della sua vita, ben presto <strong>di</strong>-


13. SOPRAVVIVERE A SPINOZA 193<br />

venne oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>cerie e <strong>di</strong> controversie. Tra i seguaci dell'ortodossia<br />

religiosa, molti asserirono che, <strong>nel</strong> mezzo <strong>di</strong> raccapriccianti<br />

estremi tormenti, l'o<strong>di</strong>oso <strong>eretico</strong> si fosse pentito della sua<br />

vita da ateo e avesse implorato in modo stucchevole <strong>di</strong> poter ricevere<br />

l'assoluzione da un ministro del culto. Altri affermarono<br />

che aveva assunto del veleno - oppio, o "succo <strong>di</strong> mandragola" ­<br />

per affrettare la propria miserab<strong>il</strong>e <strong>di</strong>scesa all'inferno. Altri ancora<br />

pretesero che avesse concluso i suoi giorni in una buia cella<br />

<strong>di</strong> prigione, a Parigi. La possib<strong>il</strong>ità che <strong>Spinoza</strong> fosse morto<br />

contento e impenitente, come tutti gli altri buoni citta<strong>di</strong>ni dell'Aja,<br />

alle menti del Seicento risultava altrettanto irritante quanto<br />

l'affermazione che egli avesse vissuto libero dai consueti vizi.<br />

Colerus si trovava <strong>nel</strong>le migliori con<strong>di</strong>zioni per fornire un resoconto<br />

atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e. Aveva avuto occasione <strong>di</strong> colloquiare con<br />

Hendrik van der Spyck e con altri che erano presenti in quegli<br />

istanti. Nella sua qualità <strong>di</strong> devoto ministro della chiesa Riformata,<br />

per <strong>di</strong> più, non poteva essere sospettato <strong>di</strong> nutrire preconcetti<br />

a favore del defunto. (In effetti, era persuaso che, mentre lui<br />

scriveva, l'argomento <strong>di</strong> cui scriveva arrostisse all'inferno.)<br />

Nel proprio resoconto, Colerus respinge nettamente le <strong>di</strong>cerie<br />

sulle ultime ore <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. I testimoni oculari confermavano inequivocab<strong>il</strong>mente,<br />

egli afferma, che non vi fu alcun segno <strong>di</strong> eccessiva<br />

sofferenza, né abiura sul letto <strong>di</strong> morte, né richieste <strong>di</strong> bene<strong>di</strong>zione<br />

in articulo martis. Colerus osserva, inoltre, che l'esame delle<br />

fatture, ormai ingiallite, del farmacista del luogo relativamente<br />

al periodo in cui <strong>Spinoza</strong> morì non ha fornito alcuna prova che<br />

egli avesse fatto uso <strong>di</strong> oppio o <strong>di</strong> qualche altra droga.<br />

Su un punto, tuttavia, <strong>il</strong> resoconto fornito da Colerus è certamente<br />

impreciso. Egli identifica <strong>il</strong> me<strong>di</strong>co che si prese cura <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> nei suoi ultimi istanti soltanto me<strong>di</strong>ante le iniziali "L. M.".<br />

Ciò è strano, poiché altrove <strong>il</strong> biografo non esita a menzionare<br />

esplicitamente i nomi. Per lo più, i commentatori successivi hanno<br />

ipotizzato che "L.M." stesse per Lodewijk Meyer. Meyer sarebbe<br />

stato certo una scelta degna per questo ruolo: era un me<strong>di</strong>co<br />

esperto, un f<strong>il</strong>osofo ra<strong>di</strong>cale egli stesso, e un fidato amico <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>. Ma, in realtà, forse Meyer sarebbe stato una scelta troppo<br />

degna per questo ruolo: da quanto sappiamo dei suoi scritti e<br />

del suo carattere, è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e immaginarlo che ruba qualche spicciolo<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> e che fugge via lasciando la sua salma priva <strong>di</strong><br />

adeguate attenzioni.<br />

In effetti, l'in<strong>di</strong>viduo che assistette <strong>Spinoza</strong> nei suoi ultimi<br />

istanti non era Lodewijk Meyer, bensì Georg Hermann Schuller<br />

-<strong>il</strong> maldestro, doppiogiochista, scre<strong>di</strong>tato, alchemico amico <strong>di</strong><br />

<strong>Leibniz</strong>. Schuller deve essere considerato, inoltre, l'unico in<strong>di</strong>ziato<br />

per <strong>il</strong> furto del ducatone d'oro, degli spiccioli e del coltello


194<br />

.<br />

IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

d'argento che <strong>Spinoza</strong> aveva lasciato poggiati sul tavolo prima <strong>di</strong><br />

morire.<br />

Sull'inventario redatto <strong>il</strong> giorno della morte <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, accanto<br />

alla firma <strong>di</strong> Hendrik van der Spyck, compaiono in latino<br />

i nomi - successivamente cancellati con un · tratto <strong>di</strong> penna - <strong>di</strong><br />

un testimone che assistette al proce<strong>di</strong>mento: "Georgius Hermanius".<br />

In una successiva lettera a <strong>Leibniz</strong>, Tschirnhaus riferisce<br />

che Schuller gli aveva scritto per comunicargli <strong>di</strong> essere stato effettivamente<br />

presente insieme con "<strong>il</strong> nostro amico all'Aja" durante<br />

<strong>il</strong> suo ultimo giorno <strong>di</strong> vita. "Dopo che ebbe dato a Schuller<br />

<strong>di</strong>sposizioni sul modo in cui i suoi manoscritti postumi dovevano<br />

essere trattati," racconta Tschirnhaus, "[<strong>Spinoza</strong>] spirò."<br />

Una successiva lettera scritta da Schuller a <strong>Leibniz</strong> sembra confermare<br />

<strong>il</strong> racconto:<br />

Sia prima sia dopo la morte [<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>] (resti fra noi) esaminai tutte<br />

le sue carte accuratamente una a una, e, <strong>di</strong>etro invito dei suoi amici<br />

e <strong>di</strong> lui stesso (me lo aveva chiesto quando era ancora in vita), io<br />

tolsi tutto ciò che aveva sentore <strong>di</strong> em<strong>di</strong>zione o <strong>di</strong> bizzarria.<br />

Schuller viveva con un entusiasta seguace <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, Pieter<br />

van Gent, <strong>il</strong> quale nutriva una grande avversione per <strong>il</strong> suo coinqu<strong>il</strong>ino:<br />

lo descriveva come un "buono a nulla" che si comportava<br />

come un mascalzone con la propria fidanzata. Da Schuller,<br />

presumib<strong>il</strong>mente, Van Gent aveva appreso qualcosa sulle circostanze<br />

relative alla morte <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Più tar<strong>di</strong>, egli scrisse al suo<br />

amico Tschirnhaus:<br />

Se <strong>Dio</strong> vuole, ti farò <strong>di</strong> persona un resoconto su ciò che accadde<br />

quando <strong>il</strong> tuo amico [<strong>Spinoza</strong>] morì, e allora ti <strong>di</strong>rò altre cose che ti<br />

lasceranno attonito e sbigottito.<br />

Purtroppo, la storia <strong>di</strong> Van Gent non ci è pervenuta in nessuna<br />

delle lettere superstiti.<br />

Perché <strong>Spinoza</strong> chiamò Schuller? Cosa avvenne esattamente<br />

<strong>il</strong> giorno in cui <strong>Spinoza</strong> morì? Perché Schuller, forse insieme a<br />

Tschirnhaus, Van Gent, <strong>Leibniz</strong>, e anche Colerus, complotta per<br />

nascondere <strong>il</strong> suo ruolo <strong>nel</strong>la faccenda? Quali interrogativi, da lasciare<br />

attoniti e sbigottiti, gravassero sulla morte <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> può<br />

essere solo materia <strong>di</strong> congettura. Soltanto due fatti in merito<br />

sembrano certi e r<strong>il</strong>evanti per noi: qualunque cosa sia accaduta<br />

<strong>il</strong> giorno in cui <strong>Spinoza</strong> morì, Schuller vi era implicato, e <strong>Leibniz</strong><br />

ne era a conoscenza.


13. SOPRAVVIVERE A SPINOZA 195<br />

<strong>Leibniz</strong> ricevette la notizia <strong>nel</strong> giro <strong>di</strong> pochi giorni. In una lettera<br />

datata 26 febbraio 1677, Schuller lo informa del decesso <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>, aggiungendo: "Sembra che la morte lo abbia colto tanto<br />

<strong>di</strong> sorpresa che egli non ha lasciato alcun testamento per in<strong>di</strong>care<br />

le sue ultime volontà". Subito dopo, <strong>il</strong> dottore <strong>di</strong> Amsterdam<br />

formula una proposta sorprendente:<br />

<strong>Il</strong> manoscritto dell'Etica, che era <strong>nel</strong>le mani dell'autore - quello stesso<br />

che tu hai visto a casa sua - è custo<strong>di</strong>to a casa <strong>di</strong> un amico. È in<br />

ven<strong>di</strong>ta, purché <strong>il</strong> prezzo (150 fiorini olandesi, credo) corrisponda<br />

alla <strong>di</strong>gnità dell'oggetto. Pensavo che, poiché nessuno meglio <strong>di</strong> te<br />

conosce <strong>il</strong> valore dell'opera, forse potresti convincere <strong>il</strong> tuo principe<br />

a comprarlo a sue spese.<br />

Schuller non spiega come avesse acquisito <strong>il</strong> controllo del manoscritto<br />

in questione. È impossib<strong>il</strong>e sapere se si riferisce alle carte<br />

chiuse <strong>nel</strong>la scrivania che Van der Spyck stava trasportando in<br />

battello a Rieuwertsz - <strong>il</strong> che implicherebbe che l'e<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

fosse l'"amico" che sperava <strong>di</strong> trarne guadagno - oppure a<br />

un manoscritto che si era procurato precedentemente in qualche<br />

altro modo.<br />

Se nutriva qualche scrupolo circa la legalità dell'offerta <strong>di</strong><br />

Schuller, <strong>Leibniz</strong> lo tenne ben nascosto. Ovviamente era più che<br />

desideroso <strong>di</strong> acquistare <strong>il</strong> prezioso documento, <strong>il</strong> cui valore, come<br />

Schuller sottolinea giustamente, egli comprendeva meglio <strong>di</strong><br />

chiunque altro. Naturalmente, aveva intenzione <strong>di</strong> prendere <strong>il</strong> denaro<br />

dal fondo della biblioteca del duca <strong>di</strong> Hannover; ma sembra<br />

che preferisse tenere all'oscuro <strong>il</strong> suo mecenate sulla possib<strong>il</strong>e<br />

acquisizione, almeno per <strong>il</strong> momento.<br />

Quattro settimane dopo aver avanzato la sua offerta, tuttavia,<br />

Schuller improvvisamente cambiò tono:<br />

Sono molto sollevato che tu non abbia detto niente al tuo principe<br />

a proposito dell'Etica, perché io ho ra<strong>di</strong>calmente cambiato idea, e<br />

non voglio essere responsab<strong>il</strong>e dello scambio (anche se <strong>il</strong> ven<strong>di</strong>tore<br />

ha alzato <strong>il</strong> prezzo). <strong>Il</strong> motivo è che sono riuscito a raccogliere <strong>il</strong> consenso<br />

dei suoi amici, che prima erano in grande <strong>di</strong>saccordo, per pubblicare<br />

a pubblico vantaggio non solo l'Etica, ma anche tutti i frammenti<br />

manoscritti (la maggior parte <strong>di</strong> quelli che erano [ ... ] <strong>nel</strong>le mani<br />

dell'autore sono ora in mio possesso).<br />

Qui Schuller si attribuisce <strong>il</strong> merito <strong>di</strong> una delle più gran<strong>di</strong><br />

avventure <strong>nel</strong>la storia dell'e<strong>di</strong>toria: la pubblicazione delle opere<br />

postume <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Eppure è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e sfuggire alla conclusione<br />

che egli riven<strong>di</strong>chi più cre<strong>di</strong>to <strong>di</strong> quanto effettivamente gli sia dovuto.<br />

Nell'intervallo tra le due lettere <strong>di</strong> Schuller a <strong>Leibniz</strong>,


196 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

Rieuwertsz aveva ricevuto i manoscritti <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> ad Amsterdam<br />

e aveva spe<strong>di</strong>to una lettera <strong>di</strong> ringraziamento a Van der<br />

Spyck. È molto più plausib<strong>il</strong>e che Schuller avesse perso <strong>il</strong> controllo<br />

del processo <strong>di</strong> pubblicazione a vantaggio <strong>di</strong> Rieuwertsz,<br />

ma preferisse presentare a <strong>Leibniz</strong> i nuovi sv<strong>il</strong>uppi come frutto<br />

dei propri sforzi personali.<br />

Ora che i quaderni <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> non si trovavano più <strong>nel</strong>le sue<br />

mani (e, presumib<strong>il</strong>mente, neanche in quelle <strong>di</strong> Schuller), <strong>Leibniz</strong><br />

era molto allarmato. Nell'apr<strong>il</strong>e del 1677, Tschirnhaus aveva<br />

già riferito la notizia ottenuta da Schuller che tra i quaderni del<br />

f<strong>il</strong>osofo morto c'era "uno scritto" <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. Lo "scritto" in questione<br />

era, molto verosim<strong>il</strong>mente, una delle lettere che <strong>Leibniz</strong><br />

aveva spe<strong>di</strong>to inizialmente a <strong>Spinoza</strong>. <strong>Leibniz</strong> era terrorizzato <strong>di</strong><br />

fronte alla prospettiva che la corrispondenza <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> potesse<br />

ora essere pubblicata integralmente. Gli e<strong>di</strong>tori avrebbero incluso<br />

le sue lettere all'infame ateo? La carriera <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, se non<br />

qualcosa <strong>di</strong> più, era in b<strong>il</strong>ico.<br />

Mentre era intento a seguire con preoccupazione gli incerti<br />

sv<strong>il</strong>uppi degli eventi ad Amsterdam, <strong>Leibniz</strong> d'improvviso scatenò<br />

un attacco su un altro fronte intellettuale. In una lettera <strong>nel</strong>la quale,<br />

ai primi <strong>di</strong> apr<strong>il</strong>e del 1677, egli si presenta a un professore <strong>di</strong><br />

f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> una citta<strong>di</strong>na vicina, <strong>Leibniz</strong> inaspettatamente esce<br />

dall'alveo della <strong>di</strong>scussione per sparare una brutale fuc<strong>il</strong>ata contro<br />

<strong>il</strong> defunto Descartes. L'attacco viene fuori dal nulla, eppure<br />

miete vittime da ambo le parti. Precedentemente, <strong>Leibniz</strong> aveva<br />

tessuto un breve e ano<strong>di</strong>no elogio dell'opera del grande f<strong>il</strong>osofo<br />

francese; eppure, appena un anno prima, egli andava a caccia <strong>di</strong><br />

manoscritti cartesiani insieme al suo amico Tschirnhaus, per le<br />

librerie <strong>di</strong> Parigi. Ora, a quanto pare, la f<strong>il</strong>osofia cartesiana è un<br />

catalogo <strong>di</strong> atroci errori. <strong>Leibniz</strong> stesso presenta la sua violenta<br />

critica come la conseguenza <strong>di</strong> una rivelazione. "Mi ha afflitto<br />

scoprire sim<strong>il</strong>i cose chez Monsieur des Cartes," afferma. "Ma non<br />

riesco a vedere alcun modo <strong>di</strong> scusarle."<br />

Le critiche <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> a Descartes hanno uno sgradevole taglio<br />

personale. Descartes ha "uno spirito abbastanza misero", egli<br />

scrive sprezzante. È ingiustamente "arrogante" nei confronti degli<br />

altri f<strong>il</strong>osofi. La sua ignoranza della chimica "fa pena", e "sarebbe<br />

meglio <strong>di</strong>menticare lo stupendo romanzo <strong>di</strong> fisica che egli<br />

ci ha lasciato". Le sue competenze come stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> matematica<br />

e <strong>di</strong> geometria non sono affatto quali si <strong>di</strong>ce. E i suoi ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

guerra sono artefatti. Ma soprattutto, sostiene <strong>Leibniz</strong>, la f<strong>il</strong>osofia<br />

proposta da Cartesio è "pericolosa".<br />

Ai lettori dell'epoca, l'attacco sferrato contro Cartesio deve es-


13. SOPRAWIVERE A SPINOZA 197<br />

sere apparso incauto e inesplicab<strong>il</strong>e, proprio come risultò al suo<br />

primo corrispondente su questo tema. "Sembra che <strong>il</strong> Signor Leibnits<br />

desideri fondare la propria reputazione sulle rovine <strong>di</strong> quella<br />

del Signor Descartes", lamentò uno scandalizzato recensore,<br />

quando la <strong>di</strong>sputa <strong>di</strong>venne pubblica. In questa iniziale <strong>di</strong>chiarazione<br />

<strong>di</strong> guerra dell'apr<strong>il</strong>e 1677, tuttavia, <strong>Leibniz</strong> ci offre, con tono<br />

molto circospetto, una chiave sulla genesi del conflitto. Nel<br />

catalogare alcuni degli errori <strong>di</strong> Descartes, egli scrive:<br />

e non approvo nemmeno la sua pericolosa idea, che la materia assuma<br />

tutte le forme <strong>di</strong> cui è capace, l'una dopo l'altra.<br />

Un lettore contemporaneo, ovviamente, non avrebbe avuto<br />

alcun modo <strong>di</strong> sapere che la dottrina che qui <strong>Leibniz</strong> attribuisce<br />

a Descartes (che la materia assuma tutte le forme <strong>di</strong> cui è capace)<br />

rassomiglia in modo sospetto a quella che egli stesso attribuisce<br />

a <strong>Spinoza</strong> (che tutte le cose possib<strong>il</strong>i esistano) sia <strong>nel</strong> suo<br />

appunto personale del 12 <strong>di</strong>cembre 1676, sia nei commenti apposti<br />

in margine alla lettera <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> in<strong>di</strong>rizzata a Oldenburg.<br />

Mentre, a Hannover, <strong>Leibniz</strong> ingaggiava questo torneo con <strong>il</strong><br />

fantasma - stranamente spinoziano - <strong>di</strong> Descartes, lungo i canali<br />

<strong>di</strong> Amsterdam fervevano le attività. Rieuwertsz, Jarig Jelles, lo<br />

stesso Schuller, e una piccola banda <strong>di</strong> anonimi eroi del primo <strong>Il</strong>luminismo<br />

facevano rapi<strong>di</strong> progressi <strong>nel</strong> loro sforzo clan<strong>destino</strong><br />

volto a pubblicare le opere postume <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. <strong>Il</strong> materiale che<br />

aveva viaggiato <strong>nel</strong>la cassa priva <strong>di</strong> contrassegni del f<strong>il</strong>osofo doveva<br />

essere trascritto in bella copia a uso dei tipografi. <strong>Il</strong> latino<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> richiedeva qualche correzione - talvolta, sembra, egli<br />

scivolava in costruzioni tipiche dello spagnolo o del portoghese -<br />

e le lettere scritte in olandese dovevano essere tradotte in latino.<br />

Per l'e<strong>di</strong>zione olandese, viceversa, occorreva tradurre tutti i testi<br />

dal latino. Inoltre, era necessario prendere cruciali decisioni e<strong>di</strong>toriali<br />

su ciò che doveva essere incluso. Molte delle lettere <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

furono giu<strong>di</strong>cate <strong>di</strong> interesse esclusivamente personale, e,<br />

senza riguardo per i gemiti degli storici successivi, vennero <strong>di</strong>strutte.<br />

Gli e<strong>di</strong>tori compivano <strong>il</strong> loro febbr<strong>il</strong>e lavoro <strong>nel</strong>le stanze più<br />

riparate <strong>di</strong> abitazioni private lungo i canali <strong>di</strong> Amsterdam. Essi<br />

violavano la legge e, per <strong>di</strong> più, si allontanavano da <strong>Dio</strong> - o, almeno,<br />

così <strong>di</strong>chiarava la Santa Sede. Poco tempo dopo la morte<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, <strong>il</strong> nipote del papa, <strong>il</strong> car<strong>di</strong>nale Francesco Barberini,<br />

ebbe sentore <strong>di</strong> questo sforzo e<strong>di</strong>toriale e convocò un incontro <strong>di</strong><br />

emergenza a Roma. <strong>Il</strong> comitato vaticano deliberò <strong>di</strong> non rispar-


198 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

miare alcuno sforzo <strong>nel</strong> soffocare questa rivolta. Fu allertato <strong>il</strong><br />

vicario della chiesa cattolica olandese, <strong>il</strong> quale assegnò <strong>il</strong> caso a<br />

un importante sacerdote, ad Amsterdam, <strong>il</strong> quale a sua volta invitò<br />

tutte le sette a fornire detective spirituali alla sua squadra.<br />

Sui canali <strong>di</strong> Amsterdam in quei giorni, parrebbe, un visitatore<br />

avrebbe potuto scorgere <strong>il</strong> proverbiale battello con un rabbino,<br />

un ministro protestante e un prete cattolico.<br />

Contemporaneamente, a Hannover, sembra che <strong>Leibniz</strong> stesso<br />

volesse gettarsi <strong>nel</strong>la mischia. Con <strong>il</strong> suo amico Johann Daniel<br />

Crafft, macchinò un viaggio segreto alla volta <strong>di</strong> Amsterdam, <strong>nel</strong>la<br />

speranza <strong>di</strong> analizzare i manoscritti postumi <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Senza<br />

alcun dubbio, i manoscritti che più lo interessavano erano<br />

quelli che egli stesso aveva redatto con la propria grafia. Ma i suoi<br />

impegni a Hannover gli impe<strong>di</strong>rono <strong>di</strong> compiere questa spe<strong>di</strong>zione,<br />

e così <strong>Leibniz</strong> rimase <strong>nel</strong>la sua biblioteca, in preda al panico,<br />

a scrivere lettere al suo uomo ad Amsterdam, Georg Herman<br />

Schuller.<br />

Frattanto, <strong>nel</strong>la più bella città del <strong>mondo</strong>, i sacerdotali detective<br />

vagavano furtivi per le vie d'acqua in cerca <strong>di</strong> preda, soffermandosi<br />

in molte delle centinaia <strong>di</strong> librerie e tipografie della<br />

città. Dopo alcuni mesi <strong>di</strong> ricerche senza sosta, <strong>il</strong> rabbino raccolse<br />

<strong>il</strong> primo in<strong>di</strong>zio. Forse grazie a una soffiata dell'irresponsab<strong>il</strong>e<br />

sorella del f<strong>il</strong>osofo, Rebecca, gli investigatori si presentarono<br />

alla porta <strong>di</strong> Rieuwertsz.<br />

Ma l'e<strong>di</strong>tore, imperturbab<strong>il</strong>e, <strong>di</strong>chiarò <strong>di</strong> non aver più intrattenuto<br />

nessun rapporto con l'autore dopo la pubblicazione del<br />

Tractatus del 1670. Finse <strong>di</strong> stupirsi che <strong>Spinoza</strong> avesse scritto altre<br />

opere. Sorprendentemente, i ministri del culto ci cascarono in<br />

pieno, e così persero l'opportunità <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re la pubblicazione<br />

dell'opera che uno dei loro colleghi, in seguito, avrebbe giu<strong>di</strong>cato<br />

<strong>il</strong> libro più abietto mai scritto "sin dall'inizio <strong>di</strong> tutti i tempi".<br />

Nei rari commenti su <strong>Spinoza</strong> esternati in questo periodo ai<br />

suoi corrispondenti, sparsi per l'Europa, <strong>Leibniz</strong> conserva un'aria<br />

<strong>di</strong> sereno <strong>di</strong>stacco. All'amico Gallois a Parigi, per esempio,<br />

egli scrive:<br />

<strong>Spinoza</strong> è morto quest'inverno. Io lo vi<strong>di</strong> mentre passavo per l'Olanda,<br />

e· parlai con lui svariate volte e molto a lungo. Aveva una strana<br />

metafisica, piena <strong>di</strong> paradossi. [ . .. ] Notai che alcune delle pretese<br />

<strong>di</strong>mostrazioni che mi mostrò non erano esatte. Non è fac<strong>il</strong>e come<br />

si pensa dare vere <strong>di</strong>mostrazioni in metafisica. Tuttavia, ve ne<br />

sono alcune, e anche davvero stupende.<br />

A beneficio del duca <strong>di</strong> Hannover, <strong>Leibniz</strong> trovò anche <strong>il</strong> tempo<br />

<strong>di</strong> analizzare la corrispondenza intercorsa tra <strong>Spinoza</strong> e


13. SOPRAVVIVERE A SP!NOZA 199<br />

Albert Burgh, un giovane amico che si era allontanato da lui, si<br />

era convertito al cattolicesimo e aveva accusato <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo <strong>di</strong> essere<br />

in combutta con <strong>il</strong> principe delle tenebre. Ovviamente, <strong>Leibniz</strong><br />

respinge la critica spinoziana della teologia rivelata, ma adotta<br />

una posizione sorprendentemente conc<strong>il</strong>iatrice nei confronti<br />

dell'adesione del f<strong>il</strong>osofo alla guida della ragione. "Ciò che <strong>Spinoza</strong><br />

afferma sulla certezza della f<strong>il</strong>osofia e delle <strong>di</strong>mostrazioni<br />

è buono e incontestab<strong>il</strong>e," <strong>di</strong>ce al duca.<br />

Al <strong>di</strong> là delle apparenze, tuttavia, <strong>Leibniz</strong> era tutt'altro che<br />

tranqu<strong>il</strong>lo circa <strong>il</strong> caso <strong>Spinoza</strong>. Faticava a celare la propria impazienza<br />

<strong>di</strong> mettere le mani sugli scritti del f<strong>il</strong>osofo. Soprattutto,<br />

lo tormentava l'eventualità che venisse resa pubblica la sua<br />

corrispondenza più antica. Ovviamente aveva rivelato i propri<br />

sentimenti a Schuller, poiché, in una risposta del novembre 16 77,<br />

quest'ultimo si prende la briga <strong>di</strong> placare l'insonne f<strong>il</strong>osofo, assicurandogli<br />

che <strong>il</strong> giorno stesso in cui <strong>Spinoza</strong> era morto egli aveva<br />

ripulito personalmente <strong>il</strong> suo archivio da qualunque cosa potesse<br />

nuocere ai vivi.<br />

È importante sottolineare che <strong>Leibniz</strong>, a questo punto, sarebbe<br />

stato in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> porre fine alla cospirazione <strong>di</strong> Amsterdam.<br />

Sapeva bene chi erano i rinnegati e<strong>di</strong>tori, poiché era in<br />

<strong>di</strong>retto contatto con uno <strong>di</strong> loro e aveva incontrato gli altri nei<br />

suoi viaggi in Olanda. Per <strong>di</strong> più, ora egli lavorava fianco a fianco<br />

con Niels Stensen - uno degli antagonisti epistolari <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>,<br />

uno zelante convertito al cattolicesimo che aveva contatti ai<br />

massimi livelli a Roma, dove lo chiamavano Niccolò Stenone.<br />

Una parola detta a Stenone, e gli scritti <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> - insieme ai<br />

loro e<strong>di</strong>tori - sarebbero andati in fumo, letteralmente. Ma <strong>Leibniz</strong><br />

restò in s<strong>il</strong>enzio.<br />

Negli ultimi giorni del 1677, gli Opera posthuma <strong>di</strong> BdS finalmente<br />

uscirono dalle segrete stamperie <strong>di</strong> Amsterdam. L'opera<br />

imme<strong>di</strong>atamente riattizzò <strong>il</strong> fuoco <strong>di</strong> denunce e <strong>di</strong> censure che<br />

era rimasto a covare sotto la cenere dopo la pubblicazione del<br />

Tractatus <strong>nel</strong> 1670. È "un libro che [ ... ] supera ogni altro in ateismo<br />

e che si sforza <strong>di</strong> abolire ogni religione e inse<strong>di</strong>a sul trono<br />

l'empietà", si afferma in una recensione tipica dell'epoca.<br />

<strong>Il</strong> 25 gennaio 1678, in gran fretta, Schuller riuscì a spe<strong>di</strong>re a<br />

<strong>Leibniz</strong> una copia degli Opera posthuma tramite un corriere segreto,<br />

che viene menzionato solo come "l'ebreo". Appena ricevette<br />

<strong>il</strong> pacco privo <strong>di</strong> contrassegni, <strong>Leibniz</strong> si chiuse <strong>nel</strong>la biblioteca<br />

del duca e febbr<strong>il</strong>mente esaminò le settecento pagine delle<br />

opere postume <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

In breve, fu assalito da quella sorta <strong>di</strong> angoscia che conoscono<br />

soltanto coloro che hanno visto le proprie parole stampate in<br />

un contesto totalmente inappropriato. In nero e bianco isabelli-


200 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

no c'era la sua lettera del 1671 in<strong>di</strong>rizzata al "celebrato e profondo<br />

f<strong>il</strong>osofo". Seguiva imme<strong>di</strong>atamente la cortese risposta <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>,<br />

che offriva a <strong>Leibniz</strong> una copia del suo Tractatus e lo invitava<br />

a intrattenere una corrispondenza clandestina. Voltate poche<br />

pagine, l'atterrito lettore si imbatté in una lettera del 1675 <strong>di</strong><br />

Schuller a <strong>Spinoza</strong>, in cui Tschirnhaus descrive <strong>Leibniz</strong> come "libero<br />

dai comuni pregiu<strong>di</strong>zi teologici" e "pronto a ricevere" i restanti<br />

scritti <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

<strong>Leibniz</strong> perse le staffe. Spedì una furiosa reprime n da (ora perduta)<br />

a Schuller. I.:alchimista <strong>di</strong> Amsterdam, secondo <strong>il</strong> suo st<strong>il</strong>e,<br />

si prostrò sino a terra. Nella sua risposta, si <strong>di</strong>chiara innocente<br />

affermando che non sapeva dell'inclusione della prima lettera <strong>di</strong><br />

<strong>Leibniz</strong> a <strong>Spinoza</strong>, e che in ogni caso "la lettera non è pericolosa<br />

per Voi, poiché riguarda solo la matematica". (In realtà, come<br />

sappiamo, trattava <strong>di</strong> ottica.) Schuller aveva una certezza, comunque:<br />

sapeva che <strong>Leibniz</strong> doveva considerarsi fortunato che<br />

non fossero comprese <strong>nel</strong> volume le altre sue presunte lettere, come<br />

quella in cui, a quanto si <strong>di</strong>ce, egli elogiava <strong>il</strong> Tractatus.<br />

<strong>Il</strong> 4 febbraio 1678 - cioè, <strong>di</strong>eci giorni dopo che Schuller gli<br />

aveva spe<strong>di</strong>to la sua copia e presumib<strong>il</strong>mente meno <strong>di</strong> una settimana<br />

dopo averla ricevuta - <strong>Leibniz</strong> aveva già <strong>di</strong>vorato per intero<br />

gli Opera posthuma . A questa data, egli espose <strong>il</strong> proprio<br />

giu<strong>di</strong>zio a Henri Justel, un amico <strong>di</strong> Parigi che aveva già fatto<br />

conoscere la sua opinione, secondo cui <strong>Spinoza</strong> era un <strong>di</strong>abolico<br />

ateo. Con Justel, <strong>Leibniz</strong> è misurato ma fermo <strong>nel</strong> proprio<br />

verdetto:<br />

Gli Opera posthuma del defunto signor <strong>Spinoza</strong> sono stati finalmente<br />

pubblicati. [ . .. ] Io vi trovo un gran numero <strong>di</strong> stupen<strong>di</strong> pensieri in<br />

accordo con i miei, come sanno alcuni miei amici che erano anche<br />

amici <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Ma vi sono altresì paradossi che io non trovo veri<br />

e nemmeno plausib<strong>il</strong>i.<br />

Si spinge sino a elencare le principali dottrine con cui non<br />

concorda, tra le quali: che <strong>Dio</strong> solo è sostanza; che tutte le creature<br />

sono soltanto mo<strong>di</strong> della sostanza; che <strong>Dio</strong> non ha né volontà<br />

né intelletto; che l'immortalità non implica memoria personale;<br />

e che la felicità è la paziente accettazione dell'inevitab<strong>il</strong>e.<br />

In altre parole, <strong>Spinoza</strong> sbaglia su tutti i punti, a partire proprio<br />

da quella teoria che quin<strong>di</strong>ci mesi prima <strong>Leibniz</strong> aveva <strong>di</strong>chiarato<br />

"fac<strong>il</strong>mente <strong>di</strong>mostrata": che <strong>Dio</strong> solo è sostanza. In una<br />

lettera spe<strong>di</strong>ta contemporaneamente a un altro corrispondente,<br />

<strong>Leibniz</strong> ripropone <strong>il</strong> medesimo elenco <strong>di</strong> dottrine inaccettab<strong>il</strong>i ed<br />

esclama: "Quanto sono <strong>di</strong> gran lunga migliori e più vere le dottrine<br />

cristiane!" . Rivolto a Justel, egli conclude: "Questo libro è


13. SOPRAVVIVERE A SPINOZA 201<br />

pericoloso per quanti vogliano prendersi la briga <strong>di</strong> leggerlo<br />

profon ,<br />

?amente. Gli altri non saranno in grado <strong>di</strong> comprenderlo<br />

affatto .<br />

A giu<strong>di</strong>care dall'ampiezza delle annotazioni che appose sulla<br />

sua copia personale degli Opera posthuma, <strong>Leibniz</strong> avrebbe dovuto<br />

annoverare anche se stesso tra coloro per i quali <strong>il</strong> libro era<br />

pericoloso. I suoi commenti all'Etica occupano ben quin<strong>di</strong>ci pagine.<br />

La maggior parte delle sue annotazioni si riferisce alla parte<br />

r, "De Deo", dove egli contrappone la propria replica quasi a<br />

ogni definizione e a ogni proposizione. Ma queste non sono le<br />

considerazioni occasionali <strong>di</strong> un lettore curioso: sono le annotazioni<br />

<strong>di</strong> un uomo che è risoluto a <strong>di</strong>ssentire con ciò che legge.<br />

I.:attacco comincia dalla seconda riga del testo <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> e<br />

investe da cima a fondo la parte r dell'Etica. <strong>Leibniz</strong> non fa prigionieri:<br />

<strong>Spinoza</strong> è in errore quasi su ogni punto. La critica spazia<br />

in lungo e in largo, ma <strong>Leibniz</strong> torna costantemente sull'affermazione<br />

che aveva formulato per la prima volta <strong>il</strong> 12 <strong>di</strong>cembre<br />

1676: la credenza <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> che tutte le cose possib<strong>il</strong>i esistono<br />

è incompatib<strong>il</strong>e con l'esistenza <strong>di</strong> un <strong>Dio</strong> "del tipo in cui<br />

credono i devoti".<br />

Forse <strong>il</strong> connotato più notevole del commento leibniziano è<br />

<strong>il</strong> suo tono palesemente personale. Egli deride la prova resa da<br />

<strong>Spinoza</strong> della proposizione 20 come un "vuoto, pretenzioso espe<strong>di</strong>ente<br />

per rigirare <strong>il</strong> tutto <strong>nel</strong>la forma <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mostrazione".<br />

Sulla proposizione successiva, <strong>Leibniz</strong> scarabocchia: "Egli lo<br />

<strong>di</strong>mostra in modo oscuro e prolisso, eppure è fac<strong>il</strong>e". Poi, sulle<br />

prove seguenti: "questa <strong>di</strong>mostrazione è fallace"; "questa prova<br />

non ha alcun peso"; "questa <strong>di</strong>mostrazione è oscura e sbrigativa,<br />

poiché è sv<strong>il</strong>uppata a partire dalle sbrigative, oscure e <strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>i<br />

proposizioni che l'hanno preceduta"; "egli lo prova in<br />

un modo oscuro, <strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>e e subdolo, com'è suo solito". Quando<br />

giunge alla proposizione 30, <strong>Leibniz</strong> è furioso: "Sembra che<br />

la mente del nostro autore fosse assai tortuosa: raramente egli<br />

procede in modo naturale e chiaro, anzi avanza sempre a passi<br />

precipitosi e contorti". Poiché erano destinati a un unico lettore,<br />

<strong>Leibniz</strong> stesso, questi appunti devono essere considerati<br />

più sinceri <strong>di</strong> qualunque altra cosa egli abbia mai scritto. E rendono<br />

del tutto chiaro che la luna <strong>di</strong> miele, se pure ve ne fu, era<br />

ormai finita.<br />

Per la verità, <strong>il</strong> <strong>di</strong>ssenso <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> verso <strong>Spinoza</strong> è ora tanto<br />

eclatante che potremmo persino essere indotti a dubitare che ci<br />

sia mai stata una luna <strong>di</strong> miele. Ma, all'incirca <strong>nel</strong>lo stesso periodo<br />

in cui annotava le proprie reazioni all'Etica, <strong>Leibniz</strong> stesso<br />

ci ha fornito la prova che cancella ogni dubbio in proposito. Nell'ine<strong>di</strong>to<br />

De libertate, datab<strong>il</strong>e al 1678 o al 1679, confessa:


202 IL CORTIGIANO E l:ERET!CO<br />

Quando ritenevo che niente avvenga per caso [ . .. ] e che niente esista<br />

senza che tal une con<strong>di</strong>zioni siano sod<strong>di</strong>sfatte, dall'insieme <strong>di</strong> tutte<br />

le quali <strong>di</strong>scende <strong>nel</strong>lo stesso tempo la sua esistenza, io mi trovavo<br />

molto vicino all'opinione <strong>di</strong> quanti ritengono che ogni cosa sia<br />

assolutamente necessaria. [ ... ] Ma io mi sono ritratto dall'orlo <strong>di</strong> questo<br />

precipizio, riflettendo su quelle cose possib<strong>il</strong>i che non sono né<br />

saranno né sono state.<br />

"Coloro che ritengono che ogni cosa sia assolutamente necessaria",<br />

com'è ovvio, significa nient'altri che "<strong>Spinoza</strong>". Qui,<br />

<strong>Leibniz</strong> conferma che <strong>il</strong> suo precedente riavvicinamento a <strong>Spinoza</strong><br />

era assolutamente reale.<br />

Forse è ancora più rivelatrice la metafora che <strong>Leibniz</strong> sceglie<br />

per descrivere la sua precedente caduta <strong>nel</strong>lo spinozismo. Un<br />

"precipizio" è quel tipo <strong>di</strong> pericolo che si può incontrare inaspettatamente<br />

<strong>nel</strong> mezzo <strong>di</strong> un viaggio e che si può evitare in un<br />

istante, semplicemente ritraendosi. Ma, soprattutto, questa parola<br />

evoca la paura <strong>di</strong> una "caduta" in un senso non solo fisico.<br />

Per ben venticinque anni <strong>Leibniz</strong> non si sentì pronto a rendere<br />

una sim<strong>il</strong>e confessione sul suo rapporto giovan<strong>il</strong>e con lo spinozismo.<br />

Eppure, in un luogo decisivo, <strong>nel</strong> famoso commento<br />

che egli fornisce negli ine<strong>di</strong>ti Nuovi saggi, <strong>Leibniz</strong> esprime quasi<br />

esattamente <strong>il</strong> medesimo pensiero: un tempo egli "pendeva verso<br />

la parte degli spinozisti", che specificatamente accusa <strong>di</strong> ritenere<br />

che ogni cosa sia assolutamente necessaria. In quel famoso<br />

brano, si spinge sino a <strong>di</strong>chiarare che:<br />

Queste nuove luci mi hanno risanato, e da allora io talvolta ho assunto<br />

<strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Teof<strong>il</strong>o.<br />

Chiaramente, la storia del morso fatale <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> alla mela<br />

spinozista, e della sua successiva guarigione da una caduta tanto<br />

orrib<strong>il</strong>e, segna un momento <strong>di</strong> svolta <strong>nel</strong> romanzo che egli costruisce<br />

della propria vita. <strong>Il</strong> tono <strong>di</strong> entrambe le confessioni è sim<strong>il</strong>e<br />

a quello <strong>di</strong> un peccatore pentito o <strong>di</strong> un et<strong>il</strong>ista guarito. Se<br />

(per impossib<strong>il</strong>e) ci fossero al <strong>mondo</strong> altre persone come <strong>Leibniz</strong>,<br />

potremmo immaginarli seduti in cerchio, in una sorta <strong>di</strong> Spinozisti<br />

Anonimi, intenti a con<strong>di</strong>videre le proprie esperienze, partecipare<br />

a conferenze sulla loro malattia, e <strong>di</strong>scutere sui do<strong>di</strong>ci passi<br />

che conducono alla guarigione.<br />

L'asserzione leibniziana secondo cui egli scelse <strong>il</strong> nome Teof<strong>il</strong>o<br />

soltanto dopo essersi ripreso dal morbo dello spinozismo intriga,<br />

e sembra alludere a un passo importante <strong>nel</strong> suo itinerario<br />

verso la guarigione. Effettivamente, nei suoi appunti ine<strong>di</strong>ti risalenti<br />

al 1678, l'anno in cui ricevette le opere postume <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>,<br />

un <strong>di</strong>alogo mette in scena un personaggio <strong>di</strong> fantasia che


13. SOPRAVVIVERE A SP!NOZA 203<br />

reca <strong>il</strong> nuovo pseudonimo <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. (Anche <strong>nel</strong> <strong>di</strong>alogo sul movimento<br />

che aveva scritto appena pochi giorni prima <strong>di</strong> fare visita<br />

a <strong>Spinoza</strong>, sia detto per inciso, <strong>Leibniz</strong> dà a uno dei partecipanti<br />

<strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Teof<strong>il</strong>o; ma in quel caso egli non si identifica con<br />

<strong>il</strong> personaggio in questione.) Teof<strong>il</strong>o, afferma ora <strong>Leibniz</strong>, "aveva<br />

un certo riserbo e una semplicità che davano ampia prova <strong>di</strong><br />

gran<strong>di</strong> risorse e <strong>di</strong> un animo tranqu<strong>il</strong>lo e <strong>il</strong>luminato". Egli è, chiaramente,<br />

tutto ciò che <strong>Leibniz</strong> voleva essere.<br />

L'interlocutore <strong>di</strong> Teof<strong>il</strong>o <strong>nel</strong> <strong>di</strong>alogo è un uomo <strong>di</strong> nome Polidoro,<br />

che rappresenta adeguatamente ciò che <strong>Leibniz</strong> non voleva<br />

essere. Polidoro soffre <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> vanitas per niente <strong>di</strong>ssim<strong>il</strong>e<br />

da quella dell'autore del Tractatus de intellectus emendatione:<br />

"Ora che ho ottenuto le cose che volevo," <strong>di</strong>ce, "io sono<br />

giunto a riconoscerne la vanità". Egli ban<strong>di</strong>sce la "presuntuosa"<br />

dottrina dell'immortalità personale, e sguazza <strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> una<br />

"anima del <strong>mondo</strong>". <strong>Dio</strong>, egli sembra pensare, altro non è che la<br />

natura, e la natura è crudele:<br />

L'infelice pecorella è sbranata dal lupo, <strong>il</strong> colombo cade preda dell'avvoltoio,<br />

le povere mosche sono esposte alla malizia dei ragni, e<br />

gli uomini stessi - quale tirannide essi esercitano sugli altri animali,<br />

e persino tra i membri della propria specie [ ... ] [noi] dobbiamo<br />

affermare che [<strong>Dio</strong>] non si cura affatto <strong>di</strong> ciò che noi chiamiamo<br />

giustizia e che egli trae piacere dalla <strong>di</strong>struzione. [ ... ] Gli in<strong>di</strong>vidui<br />

devono cedere <strong>il</strong> passo: c'è spazio solo per le specie.<br />

Polidoro, in altre parole, è <strong>Spinoza</strong> senza l'aura d'incanto metafisica.<br />

Naturalmente, Teof<strong>il</strong>o finisce per prevalere. Alla fine, convince<br />

Polidoro a riconoscere che <strong>Dio</strong> ha volontà e intelletto, che Egli<br />

attivamente pianifica ogni cosa per <strong>il</strong> meglio, che l'anima in<strong>di</strong>viduale<br />

è immortale, e che non esiste niente <strong>di</strong> sim<strong>il</strong>e a un'anima del<br />

<strong>mondo</strong>. In altre parole: che <strong>Spinoza</strong> è in errore su ogni punto. <strong>Il</strong><br />

<strong>di</strong>alogo si conclude con uno spettacolare passaggio in cui <strong>Leibniz</strong><br />

annuncia <strong>il</strong> credo che servirà a guidare tutta la sua vita:<br />

Io vedo che virtù e onore non sono chimere. Io riconosco che <strong>il</strong> generale<br />

lamento sulla miseria della vita avvelena la nostra gioia e stranamente<br />

ci inganna. Invece noi dobbiamo ricordare che siamo le<br />

più perfette e le più felici tra tutte le creature conosciute, o almeno<br />

che solo a noi è data la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventarlo. Benedetti coloro<br />

che conoscono <strong>il</strong> proprio <strong>di</strong>o. D'ora innanzi cessiamo <strong>di</strong> lamentarci<br />

della natura; amiamo dunque questo <strong>Dio</strong> che tanto ci ha amato, e<br />

appren<strong>di</strong>amo, una volta per tutte, la conoscenza delle gran<strong>di</strong> verità,<br />

l'esercizio dell'amore e della carità <strong>di</strong>vini, e gli sforzi che ciascuno<br />

può compiere in vista del bene comune - alleviando le malattie degli<br />

uomini, contribuendo alla felicità della vita, facendo progre<strong>di</strong>re


204 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

le scienze e le arti e tutto ciò che serve ad acquisire vera gloria e a<br />

rendere immortali se stessi attraverso le buone azioni - tutti questi<br />

sono sentieri sulla via della felicità, che ci conducono tanto lontano<br />

quanto siamo capaci <strong>di</strong> andare verso <strong>Dio</strong> e che possiamo percorrere<br />

come una sorta <strong>di</strong> apoteosi.<br />

Tra le migliaia <strong>di</strong> pagine che riempiono <strong>il</strong> <strong>Leibniz</strong> Archi v, questa<br />

rappresenta forse la più sincera <strong>di</strong>chiarazione dell'ambizione<br />

<strong>di</strong> questo grande f<strong>il</strong>osofo a servire <strong>il</strong> genere umano principalmente<br />

<strong>nel</strong> far progre<strong>di</strong>re le arti e le scienze, e sempre secondo la<br />

massima: la giustizia è la carità del saggio. Secondo gli e<strong>di</strong>tori <strong>di</strong><br />

questo manoscritto, la sua grafia si fa più ampia e più rotonda,<br />

col procedere del brano, e deborda oltre i margini del foglio. Chiaramente,<br />

era in uno stato <strong>di</strong> profonda esultanza mentre proclamava<br />

quella che considerava la sua più nob<strong>il</strong>e aspirazione.<br />

Ma non dobbiamo <strong>di</strong>menticare che <strong>il</strong> personaggio che proferisce<br />

questa conclusiva, trepida professione <strong>di</strong> fede non è <strong>il</strong> sereno<br />

Teof<strong>il</strong>o, ma Polidoro: lo spinoziano-risanato. <strong>Leibniz</strong>, parrebbe,<br />

era sia l'uno che l'altro. Teof<strong>il</strong>o può essere più opportunamente<br />

interpretato, forse, come l'idea che <strong>Leibniz</strong> aveva <strong>di</strong> sé<br />

- l'idea <strong>di</strong> cui egli fu sempre tanto innamorato. Ma forse Polidoro<br />

potrebbe essere considerato <strong>il</strong> suo altro sé, ben più reale - quel<br />

suo sé molteplice che provava un <strong>di</strong>sperato bisogno <strong>di</strong> affermazione,<br />

e forse segretamente ancora dubitava che al <strong>mondo</strong> non<br />

ci fosse abbastanza amore per tutti.<br />

In altri scritti del medesimo periodo, l'attacco sferrato da <strong>Leibniz</strong><br />

contro Descartes assume un carattere estremamente rivelatore:<br />

resta accanito e <strong>di</strong>ffuso, ma non è più inesplicab<strong>il</strong>e. <strong>Leibniz</strong><br />

reitera cento volte la critica contro quella "pericolosa" dottrina<br />

cartesiana che per la prima volta aveva attaccato <strong>nel</strong>l'apr<strong>il</strong>e del<br />

1677: la tesi secondo cui "la materia accoglie tutte le forme possib<strong>il</strong>i,<br />

l'una dopo l'altra". È curioso che <strong>Leibniz</strong> insista proprio su<br />

questo punto, che ad altri commentatori non sempre è parso tra<br />

i terni centrali della riflessione del f<strong>il</strong>osofo francese. Perché, allora,<br />

insistere proprio su questo aspetto? All'inizio del 1680, <strong>Leibniz</strong><br />

si concede <strong>di</strong> essere esplicito:<br />

Se la materia assume tutte le forme possib<strong>il</strong>i l'una dopo l'altra, allora<br />

ne consegue che uno non può immaginare niente <strong>di</strong> tanto assurdo<br />

o <strong>di</strong> tanto bizzarro o contrario a ciò che noi chiamiamo giustizia,<br />

che non sia avvenuto o che non avverrà un giorno. Sono proprio<br />

questi i pensieri che <strong>Spinoza</strong> ha reso con la massima chiarezza,<br />

e cioè che giustizia, bellezza e or<strong>di</strong>ne sono niente, si riferiscono<br />

solo a noi, che la perfezione <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> consiste <strong>nel</strong>la vastità della sua<br />

opera, che non è possib<strong>il</strong>e o concepib<strong>il</strong>e niente che egli non produca<br />

attualmente. [ ... ] Questo è, a mio avviso, <strong>il</strong> proton pseudos [la prima<br />

menzogna] e <strong>il</strong> fondamento della f<strong>il</strong>osofia ateistica.


13. SOPRAVVIVERE A SPJNOZA 205<br />

<strong>Il</strong> problema con Descartes, in una sola parola, è <strong>Spinoza</strong>. E <strong>il</strong><br />

problema con <strong>Spinoza</strong> è che lui è un ateo. Anzi, è <strong>il</strong> primo e <strong>il</strong> principale<br />

ateo al <strong>mondo</strong>, colui che meglio <strong>di</strong> ogni altro ha saputo formulare<br />

"la prima menzogna e <strong>il</strong> fondamento della f<strong>il</strong>osofia ateistica".<br />

Così, <strong>Leibniz</strong> annuncia la propria risposta definitiva all'unico<br />

fondamentale interrogativo che ci si deve porre a proposito della<br />

f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>: <strong>il</strong> suo <strong>Dio</strong> è realmente un <strong>Dio</strong>?<br />

L'uso che <strong>Leibniz</strong> fa qui del termine "ateismo" segna un momento<br />

cruciale <strong>nel</strong>la cultura europea. A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quasi tutti<br />

i suoi contemporanei, <strong>Leibniz</strong> non ha usato l'etichetta <strong>di</strong> "ateismo"<br />

per asserire che <strong>Spinoza</strong> conducesse una vita <strong>di</strong>ssoluta. Al<br />

contrario, <strong>Leibniz</strong> si spinge sino ad ammettere che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo dell'Aja<br />

era irreprensib<strong>il</strong>e quanto al suo st<strong>il</strong>e <strong>di</strong> vita. Piuttosto, forse<br />

per primo, <strong>Leibniz</strong> comprese che l'ateismo rappresentava un<br />

problema nuovo e completamente <strong>di</strong>verso, un latente, f<strong>il</strong>osofico,<br />

potenziale <strong>di</strong> modernità, una con<strong>di</strong>zione che colpiva specialmente<br />

quanti, come <strong>Spinoza</strong>, quasi non facevano altro che me<strong>di</strong>tare sull'esistenza<br />

e sulla natura <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>.<br />

È altrettanto importante sottolineare che, sebbene Descartes<br />

preceda <strong>Spinoza</strong>, in termini cronologici, <strong>il</strong> secondo f<strong>il</strong>osofo, <strong>nel</strong>la<br />

mente <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, deteneva la priorità logica rispetto al primo.<br />

La concezione cartesiana <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, secondo <strong>Leibniz</strong>, "altro non è<br />

che una chimera, e <strong>di</strong> conseguenza sarebbe necessario concepire<br />

<strong>Dio</strong> alla maniera <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, come un ente che non ha né intelletto<br />

né volontà ... ". E ancora: "Descartes pensa in un sussurro<br />

ciò che <strong>Spinoza</strong> afferma a squarciagola".<br />

In effetti, <strong>Leibniz</strong> è tanto certo che Descartes sia soltanto un<br />

fiacco pseudonimo <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> da spingersi ad<strong>di</strong>rittura a criticare<br />

<strong>il</strong> primo per tesi che più correttamente devono essere attribuite<br />

al secondo. Per esempio, egli condanna Descartes per la sua concezione<br />

dell'immortalità - una "immortalità senza memoria" che<br />

"non può consolarci in alcun modo" e che "<strong>di</strong>strugge ogni premio<br />

e ogni punizione". Ma la dottrina in questione, per l'esattezza,<br />

appartiene a <strong>Spinoza</strong>; Desçartes, in effetti, la rigetta esplicitamente.<br />

Questa non fu certo l'ultima volta che <strong>Leibniz</strong> si impegnò in<br />

un conflitto per procura contro le controfigure <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, come<br />

vedremo. Ma fu una delle ultime volte in cui egli manifestò tanto<br />

esplicitamente le proprie intenzioni. Descartes era <strong>di</strong>venuto<br />

ormai <strong>il</strong> nome sotto cui confluiva un nuovo tipo <strong>di</strong> ortodossia,<br />

<strong>nel</strong>le università europee. Non appena <strong>Leibniz</strong> lanciò <strong>il</strong> suo attacco,<br />

subito i cartesiani si scatenarono contro <strong>di</strong> lui, perché aveva<br />

osato affiancare <strong>il</strong> celebrato nome del loro maestro a quello dell'ateo<br />

dell'Aja. "Si spera che [<strong>Leibniz</strong>] ritorni presto agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

matematica, in cui egli eccelle, e non si impicci più <strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>oso-


206 IL CORTIGIANO E !.!ERETICO<br />

fia, dove non ha le stesse qualità", brontola un cartesiano arrabbiato<br />

sul pariginoloumal des Sçavans. Rimproverato tanto aspramente,<br />

<strong>Leibniz</strong> ammette <strong>il</strong> proprio errore. "Non avrei mai menzionato<br />

<strong>Spinoza</strong>," risponde, "se avessi immaginato che qualcuno<br />

avrebbe pubblicato ciò che io avevo scritto ... "<br />

<strong>Leibniz</strong> aveva scoperto a cosa era contrario, f<strong>il</strong>osoficamente<br />

parlando. Ma non aveva ancora ben chiaro a cosa era favorevole.<br />

Mentre lavorava alla propria spettacolare e inimitab<strong>il</strong>e risposta<br />

ai problemi f<strong>il</strong>osofici della sua e della nostra epoca, <strong>il</strong> grande<br />

<strong>cortigiano</strong> <strong>di</strong> Hannover finì sottoterra - letteralmente.<br />

Nell'ottobre del 1679, le estenuanti trattative <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> con <strong>il</strong><br />

duca Johann Friedrich sulle miniere dello Harz si concretizzarono<br />

<strong>nel</strong>la forma <strong>di</strong> un contratto. <strong>Il</strong> documento specifica che se, dopo un<br />

periodo <strong>di</strong> prova <strong>di</strong> un anno, l'invenzione del mulino a vento funzionerà<br />

come previsto, a <strong>Leibniz</strong> verrà corrisposta una pensione annua<br />

<strong>di</strong> m<strong>il</strong>leduecento talleri (sette Unità <strong>Spinoza</strong>) per tutto <strong>il</strong> resto<br />

della sua vita. Sebbene <strong>il</strong> progetto fosse inteso originariamente a finanziare<br />

una futura Accademia delle scienze, l'unico beneficiario<br />

del nuovo contratto, sembrerebbe, doveva essere <strong>Leibniz</strong> stesso. <strong>Il</strong><br />

f<strong>il</strong>osofo traboccava <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione: "Ho portato la faccenda del<br />

mulino a vento a un tale stato <strong>di</strong> perfezione, che sono certo che sod<strong>di</strong>sferà<br />

tutti meravigliosamente," <strong>di</strong>sse al duca.<br />

Un mese dopo aver firmato <strong>il</strong> contratto, purtroppo, <strong>il</strong> grande<br />

protettore <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, <strong>il</strong> duca Johann Friedrich, morì. <strong>Il</strong> nuovo duca,<br />

Emst August, era ben poco partecipe degli interessi spirituali e<br />

culturali del fratello e predecessore. Era un personaggio azzimato,<br />

noto tra i suoi pari principalmente per le sue doti <strong>di</strong> cacciatore. Apprezzava,<br />

certo, i preziosi doni intellettuali <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, ma i progetti<br />

f<strong>il</strong>osofici del <strong>cortigiano</strong> non lo ispiravano granché. Tuttavia, i<br />

due evidentemente riuscivano a parlare <strong>di</strong> denaro. <strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo promise<br />

a Emst August che <strong>il</strong> suo progetto minerario avrebbe fruttato<br />

quattrocentom<strong>il</strong>a talleri <strong>di</strong> maggior introito per <strong>il</strong> ducato, <strong>nel</strong>l'arco<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni, praticamente a costo zero, e <strong>il</strong> duca riaffermò<br />

l'impegno già assunto dal suo predecessore <strong>nel</strong>l'impresa.<br />

<strong>Il</strong> più grande f<strong>il</strong>osofo tedesco dell'epoca si trasformò imme<strong>di</strong>atamente<br />

in una sorta <strong>di</strong> consulente gestionale ante litteram.<br />

Dal 1680 al 1686, compì trentuno viaggi e trascorse la metà delle<br />

sue giornate e delle sue nottate - per un totale <strong>di</strong> centosessantacinque<br />

settimane - sulle montagne dello Harz. Centinaia <strong>di</strong> pagine<br />

dei suoi Opera omnia sono occupate dalla corrispondenza<br />

sul tema delle miniere dello Harz - molte più <strong>di</strong> quante egli ne<br />

abbia de<strong>di</strong>cato a qualunque suo progetto f<strong>il</strong>osofico o scientifico<br />

durante quello stesso periodo.


13. SOPRAWIVERE A SPINOZA 207<br />

Nel 1683, <strong>il</strong> progetto aveva accumulato due anni <strong>di</strong> ritardo<br />

rispetto ai tempi previsti e spese otto volte maggiori del finanziamento<br />

previsto. Non c'era nessun mulino a vento, e, tra gli<br />

abitanti delle montagne dello Harz, <strong>Leibniz</strong> era <strong>di</strong>venuto popolare<br />

quasi quanto la malattia del polmone nero, la pneumoconiosi<br />

del minatore. Le proteste degli ingegneri minerari suoneranno<br />

incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>mente fam<strong>il</strong>iari a chiunque abbia avuto esperienza<br />

<strong>di</strong> rapporti con consulenti gestionali, ai giorni nostri. In<br />

primo luogo, essi affermavano, colui che si era autonominato<br />

loro consulente aveva scarse conoscenze dei processi in cui erano<br />

impegnati. In secondo luogo, egli sembrava vittima dell'<strong>il</strong>lusione<br />

"che in quei lavori qualunque speculazione matematica<br />

potesse essere messa in pratica": In terzo luogo, <strong>il</strong> suo compenso<br />

era totalmente sproporzionato al servizio che forniva. Infine,<br />

egli andava alla ricerca soltanto del proprio "personale interesse,<br />

e non <strong>di</strong> quello delle miniere" e "si preoccupava soltanto<br />

<strong>di</strong> fare denaro per se stesso".<br />

Le informazioni in nostro possesso ci inducono a ritenere che<br />

i minatori arrabbiati potessero avere i loro buoni motivi. <strong>Il</strong> piano<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, per esempio, comportava la realizzazione <strong>di</strong> strutture<br />

sussi<strong>di</strong>arie per eseguire le nuove operazioni, e l'investimento<br />

richiesto era abbastanza cospicuo da rimettere in <strong>di</strong>scussione<br />

la vali<strong>di</strong>tà economica dell'intero progetto del mulino. Ma <strong>il</strong> <strong>cortigiano</strong><br />

affermava, infuriato, che quelle spese non erano specificate<br />

come parte del suo progetto <strong>nel</strong> contratto stipulato con <strong>il</strong> du<br />

ca, e che pertanto non dovevano essere computate.<br />

Inoltre, quanto a onestà, <strong>Leibniz</strong> perse molti punti <strong>di</strong>nanzi ai<br />

minatori. Benché egli avesse presentato <strong>il</strong> progetto del mulino a<br />

vento come un parto della propria mente, in effetti una versione<br />

dell'idea era stata proposta in un primo tempo da un ingegnere<br />

minerario, deceduto prima che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo desse avvio al progetto.<br />

<strong>Il</strong> defunto ingegnere aveva proposto anche che l'acqua pompata<br />

dai mulini a vento fosse immagazzinata in apposite cisterne,<br />

per essere ut<strong>il</strong>izzata all'occorrenza, tramite un sistema <strong>di</strong> pompe.<br />

In un primo tempo, quando i progetti dell'ingegnere furono<br />

proposti come un'alternativa al piano <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo li derise,<br />

affermando che quell'altro sistema non avrebbe funzionato.<br />

Ma poi, quando la realtà della vita <strong>di</strong> miniera gli <strong>di</strong>venne più fam<strong>il</strong>iare,<br />

<strong>Leibniz</strong> mutò parere e presentò come suo proprio <strong>il</strong> piano<br />

del defunto. I minatori, forse comprensib<strong>il</strong>mente, maturarono<br />

l'impressione che l'imparruccato <strong>cortigiano</strong> venuto da Hannover<br />

"fosse un uomo pericoloso e che fosse più prudente non<br />

averci a che fare".


208 IL CORTIGIANO E lfERETICO<br />

Mentre scavava in cerca d'argento <strong>nel</strong>le montagne dello Harz,<br />

<strong>Leibniz</strong>, fedele all'impegno preso con se stesso, solo raramente<br />

lasciava che <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> scivolasse dalla propria penna.<br />

Tuttavia, benché drasticamente ridotti <strong>di</strong> numero, i suoi accenni<br />

espliciti al rivale <strong>di</strong>ventavano sempre più rivelatori. Forse <strong>il</strong> caso<br />

più sbalor<strong>di</strong>tivo in proposito è la sua lettera al conte Ernst von<br />

Hessen-Rheinfels, datata 14 agosto 1683, che esprime nei termini<br />

più chiari la straor<strong>di</strong>naria e complessa trasformazione verificatasi,<br />

<strong>nel</strong>l'atteggiamento <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> verso <strong>Spinoza</strong>, durante i mesi<br />

e gli anni imme<strong>di</strong>atamente successivi al suo ritorno dall'Aja.<br />

Ernst si era convertito al cattolicesimo: interessatissimo al progetto<br />

leibniziano <strong>di</strong> riunificazione della chiesa, era anche più entusiasta<br />

della prospettiva <strong>di</strong> conquistare alla vera fede <strong>Leibniz</strong> e i<br />

suoi datori <strong>di</strong> lavoro. Nella lettera che scrisse al conte <strong>nel</strong> 1683,<br />

<strong>Leibniz</strong> porta <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso sul tema della punizione corporale comminata<br />

dalle autorità religiose - un argomento <strong>di</strong> notevole importanza<br />

per i protestanti, che avevano visto cosa erano capaci <strong>di</strong> fare<br />

gli inquisitori cattolici, con tizzoni ardenti e attrezzi metallici.<br />

<strong>Leibniz</strong> inizia, indulgente, con lo schierarsi contro i meto<strong>di</strong> "ferro<br />

e fuoco". La punizione corporale, egli afferma, dovrebbe essere riservata<br />

solo a quegli eretici le cui azioni sono esse stesse contrarie<br />

al <strong>di</strong>ritto naturale - per esempio, quelli che tentano <strong>di</strong> fomentare<br />

insurrezioni oppure <strong>di</strong> avvelenare un vescovo.<br />

Ma <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo/consulente gestionale improvvisamente ci ripensa.<br />

"Quanto a quegli atei che si preoccupano <strong>di</strong> reclutare seguaci,<br />

come Vanini e <strong>Spinoza</strong>, c'è qualche ulteriore motivo per<br />

dubitare" se convenga astenersi dall'infliggere la punizione corporale,<br />

afferma <strong>Leibniz</strong>. "La questione è <strong>di</strong>fferente; poiché, dal<br />

momento che costoro non hanno coscienza, che bisogno hanno<br />

<strong>di</strong> imparare?" Vanini, sia detto incidentalmente, era stato arso al<br />

rogo, come "ateo", a Tolosa <strong>nel</strong> 1619. Un'analoga applicazione <strong>di</strong><br />

giustizia correttiva, sembra suggerire <strong>Leibniz</strong>, potrebbe non essere<br />

inopportuna <strong>nel</strong> caso <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Dopo aver accatastato una metaforica pira sotto i pie<strong>di</strong> dell'uomo<br />

cui aveva fatto visita sette anni prima, <strong>Leibniz</strong> pensa quasi<br />

<strong>di</strong> gettare <strong>il</strong> fiammifero. Ma poi ci ripensa <strong>di</strong> nuovo:<br />

Ciò nonostante, quando io considero <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto naturale che uno ha <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>re ciò che crede sia la verità, e considero che essi [la gente come <strong>Spinoza</strong>]<br />

sono persuasi, come Epicuro, <strong>di</strong> rendere un grande servigio al<br />

genere umano liberandolo da infondate superstizioni, io non oso ancora<br />

decidere se si ha <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> condannarli alla pena capitale.<br />

<strong>Leibniz</strong> è ora completamente <strong>di</strong>viso. Da una parte, <strong>Spinoza</strong><br />

non ha coscienza: deve bruciare. D'altra parte, <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>ce ciò


13. SOPRAVVIVERE A SPINOZA 209<br />

che ritiene sia vero - cioè, ha una coscienza - sicché forse dovrebbe<br />

essere risparmiato. <strong>Leibniz</strong> sa cosa dovrebbe fare e nutre<br />

ben pochi dubbi su ciò che <strong>il</strong> conte si aspetta da lui; ma non riesce<br />

a cancellare dalla propria mente l'immagine dell'uomo che<br />

aveva incontrato all'Aja: un f<strong>il</strong>osofo raro, sincero, onesto, ispirato<br />

da nob<strong>il</strong>i ideali, e incapace <strong>di</strong> fare alcunché <strong>di</strong> indegno <strong>di</strong> sé.<br />

Ma alla fine si arma <strong>di</strong> coraggio per fare ciò che è inevitab<strong>il</strong>e.<br />

Forse <strong>nel</strong> tentativo <strong>di</strong> rendere più sopportab<strong>il</strong>e un verdetto severo,<br />

inveisce:<br />

A proposito <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, che <strong>il</strong> signor Arnauld ha definito l'uomo più<br />

empio e più pericoloso <strong>di</strong> questo secolo, egli era veramente ateo, cioè<br />

non ammetteva assolutamente nessuna Provvidenza <strong>di</strong>spensatrice<br />

<strong>di</strong> premi e punizioni secondo giustizia. [ ... ] <strong>Il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> cui egli fa sfoggio<br />

non è come <strong>il</strong> nostro: non ha né intelletto né volontà. Egli aveva<br />

un'amena concezione dell'immortalità dell'anima: pensava che l'idea<br />

platonica del nostro essere, che senza dubbio è eterna quanto<br />

quella <strong>di</strong> cerchio o <strong>di</strong> triangolo, costituisca la nostra vera immortalità.<br />

[ ... ] Egli era ben lungi dal padroneggiare l'arte della <strong>di</strong>mostrazione;<br />

e aveva soltanto una me<strong>di</strong>ocre conoscenza dell'analisi e della<br />

geometria; ciò che sapeva fare meglio era preparare lenti per microscopi.<br />

Io conversai con lui per alcune ore quando passai dall'Aja,<br />

e appresi <strong>il</strong> resto da alcuni suoi compagni <strong>di</strong> setta, con cui si dà <strong>il</strong><br />

caso che avessi fam<strong>il</strong>iarità. Uno <strong>di</strong> loro mi assicura inoltre che anche<br />

<strong>nel</strong> 1672, quando i francesi hanno preso Utrecht, alcuni personaggi<br />

d'alto lignaggio indussero <strong>Spinoza</strong> a recarsi a fare loro visita.<br />

Se ci atteniamo esclusivamente al significato letterale delle<br />

parole <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, naturalmente dovremmo concludere che <strong>Spinoza</strong>,<br />

a questo punto, non è degno per lui <strong>di</strong> alcun interesse f<strong>il</strong>osofico.<br />

<strong>Il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è solo una farsa, e la sua f<strong>il</strong>osofia <strong>nel</strong>la<br />

sua interezza è tanto palesemente cattiva che a stento vale la pena<br />

<strong>di</strong> confutarla. Peggio ancora, egli era un deviante - un agitatore<br />

politico che mirava a ottenere una speciosa forma <strong>di</strong> onore<br />

reclutando una setta <strong>di</strong> adepti. E, per <strong>di</strong> più, era dotato <strong>di</strong> me<strong>di</strong>ocre<br />

intelligenza. Con le sue pretese prove <strong>di</strong>mostrava niente<br />

più che la sua contorta volontà <strong>di</strong> potenza.<br />

Ma, <strong>di</strong>etro le argomentazioni liquidatorie, <strong>il</strong> tono dei commenti<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> sembra alludere a una ben <strong>di</strong>versa realtà. L'invettiva<br />

("<strong>il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> cui egli fa sfoggio"), <strong>il</strong> sarcasmo gratuito (''un'amena<br />

concezione dell'immortalità"), gli insulti (''ciò che sapeva<br />

fare meglio era preparare lenti"), e <strong>il</strong> fatto che la <strong>di</strong>gressione emerga<br />

<strong>nel</strong> contesto <strong>di</strong> un'analisi sull'eventualità <strong>di</strong> bruciare al rogo<br />

gli atei - tutto sembra in<strong>di</strong>care una profonda, intima, e costante<br />

ansietà circa <strong>il</strong> defunto f<strong>il</strong>osofo dell'Aja, un'ansietà che si esprime<br />

generalmente <strong>nel</strong>la forma dell'avversione, talvolta come ri-


210 T.L CORTJGT.ANO E l!ERETICO<br />

luttante ammirazione, e sempre con un grado <strong>di</strong> ossessione che<br />

può valere come sicuro in<strong>di</strong>zio che <strong>il</strong> problema <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> resta<br />

estremamente vivo <strong>nel</strong>la mente <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>.<br />

La lettera in<strong>di</strong>rizzata a Ernst chiarisce inoltre che <strong>il</strong> perdurante<br />

conflitto <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> con <strong>Spinoza</strong>, da quel momento, avverrà<br />

a un livello profondamente sotterraneo. La strategia del <strong>cortigiano</strong>-f<strong>il</strong>osofo,<br />

ora, non consiste semplicemente <strong>nel</strong>l'evitare <strong>di</strong><br />

menzionare <strong>il</strong> nome del suo rivale. Va ben oltre. Egli intende ad<strong>di</strong>rittura<br />

in vali dare i fatti, almeno per quanto concerne i suoi precedenti<br />

coinvolgimenti con <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo dell'Aja.<br />

La visita resa a <strong>Spinoza</strong>, egli afferma ora, era durata soltanto<br />

"poche ore" - benché <strong>nel</strong>la precedente lettera in<strong>di</strong>rizzata a Gallois<br />

<strong>di</strong>cesse che si erano incontrati "svariate volte e molto a lungo".<br />

Gli era capitato <strong>di</strong> vedere <strong>il</strong> suo collega f<strong>il</strong>osofo "<strong>di</strong> passaggio",<br />

<strong>di</strong>chiara ora fermamente <strong>Leibniz</strong> - benché le sue precipitose<br />

visite a Londra e ad Amsterdam, dove aveva raccolto qualche<br />

pagina della corrispondenza <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, inducano a ritenere che<br />

lo scopo principale del suo viaggio in Olanda fosse in effetti fare<br />

visita al suo f<strong>il</strong>osofo più famoso. Egli "aveva appreso <strong>il</strong> resto" della<br />

f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> da amici comuni, afferma - mentre invece,<br />

in effetti, come sappiamo, <strong>nel</strong>l'intimità della sua biblioteca<br />

egli ne aveva stu<strong>di</strong>ato assiduamente le opere. L'allusione fornmlata<br />

da <strong>Leibniz</strong> al fatto che <strong>il</strong> Gran Condé avesse invitato <strong>Spinoza</strong><br />

a Utrecht <strong>nel</strong> 1673 è forse <strong>il</strong> suo più <strong>di</strong>sperato tentativo <strong>di</strong> minimizzare<br />

<strong>il</strong> significato del proprio viaggio all'Aja: anche aristocratici<br />

famosi, egli sembrerebbe voler <strong>di</strong>re, ogni tanto trovano <strong>il</strong><br />

tempo <strong>di</strong> conversare con atei notori.<br />

<strong>Leibniz</strong> era anche meno <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e a dare informazioni sull'altro<br />

suo piccolo segreto relativo a <strong>Spinoza</strong> - la sua conoscenza<br />

delle circostanze attinenti alla morte del f<strong>il</strong>osofo. Georg Hermann<br />

Schuller era morto due anni dopo <strong>il</strong> fatto, all'età <strong>di</strong> ventinove<br />

anni, e <strong>Leibniz</strong> mantenne <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio in proposito per i restanti<br />

quaranta anni della sua vita. Nella Te o<strong>di</strong>cea del 1710, si<br />

prende <strong>il</strong> <strong>di</strong>sturbo <strong>di</strong> ricordare che aveva ricevuto una copia della<br />

biografia recentemente e<strong>di</strong>ta dal Colerus, in cui <strong>il</strong> dottore <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> è identificato come "L. M.". Si prende anche la briga <strong>di</strong><br />

aggiungere un dettaglio al resoconto fornito da Colerus: chiarisce<br />

che la donna identificata dal biografo come possib<strong>il</strong>e oggetto<br />

dell'interesse amoroso <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> altri non era che la figlia del<br />

famigerato Frans van den Enden - che, egli ci rammenta, era stato<br />

giustiziato a Parigi <strong>nel</strong> 1674. Ma <strong>Leibniz</strong> evidentemente non<br />

ritiene opportuno perdere <strong>il</strong> proprio tempo per rettificare le erronee<br />

impressioni che potremmo ricavare da Colerus sull'identità<br />

dell'ultimo uomo che aveva visto <strong>Spinoza</strong> vivo.<br />

In assenza <strong>di</strong> ogni altra prova, ovviamente, l'eventuale parte-


13. SOPRAVVIVERE A SPJNOZA 21 1<br />

cipazione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> all'occultamento dell'identità del me<strong>di</strong>co che<br />

accudì <strong>Spinoza</strong> sul letto <strong>di</strong> morte e altri interrogativi sulla manipolazione<br />

dei quaderni postumi del f<strong>il</strong>osofo possono solo essere<br />

oggetto <strong>di</strong> congettura. Ma vale la pena <strong>di</strong> sottolineare che, <strong>nel</strong>la<br />

sua breve vita, Georg Hermann Schuller acquisì un unico grande<br />

merito. Come sarebbe stato ovvio per qualunque lettore degli<br />

Opera posthuma <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> del 1678, Schuller era l'uomo che aveva<br />

organizzato l'incontro in cui <strong>Leibniz</strong> era stato presentato a <strong>Spinoza</strong>.<br />

E ritengo si possa affermare con certezza che l'ultimo sopravvissuto<br />

dei tre avrebbe avuto ben poco interesse a rendere<br />

noto che <strong>il</strong> proprio factotum in Olanda era proprio l'uomo che si<br />

era preso cura dell'infame ateo durante le sue ultime ore.<br />

Nel 1683, quando esaminava l'eventualità <strong>di</strong> bruciare sul rogo<br />

colui che era stato suo ospite, valutandone i pro e i contro, l'atteggiamento<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> nei confronti <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> aveva subito indubbiamente<br />

una ra<strong>di</strong>cale trasformazione rispetto a sette anni<br />

prima, quando si era accostato con tanto entusiasmo al f<strong>il</strong>osofo<br />

dell'Aja. Ma <strong>il</strong> medesimo mutamento <strong>di</strong> opinione è evidente già<br />

<strong>nel</strong> 1679, quando egli parla al passato della sua caduta <strong>nel</strong>lo spinozismo,<br />

e ancor prima <strong>nel</strong> 1678, quando formula <strong>il</strong> suo acido<br />

commento sugli Opera posthuma. E la critica fondamentale che<br />

egli scaglia contro <strong>Spinoza</strong> è evidente già <strong>nel</strong>l'improvviso attacco<br />

sferrato contro Descartes ai primi <strong>di</strong> apr<strong>il</strong>e del 1677, appena<br />

quattro mesi dopo <strong>il</strong> suo viaggio all'Aja. Inoltre, circostanza ancora<br />

più eloquente, l'idea che attraversa tutte le sue successive<br />

confutazioni <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> - l'asserzione che la credenza <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

<strong>nel</strong> carattere necessario <strong>di</strong> tutte le cose sia incompatib<strong>il</strong>e con<br />

l'esistenza della <strong>di</strong>vinità dell'ortodossia religiosa - è stab<strong>il</strong>ita per<br />

la prima volta definitivamente <strong>nel</strong>l'appunto datato 12 <strong>di</strong>cembre<br />

1676 - esattamente <strong>il</strong> giorno in cui <strong>Leibniz</strong> giunse a Hannover <strong>di</strong><br />

ritorno dal suo viaggio in Olanda.<br />

La conclusione che meglio collima con la scarsa documentazione<br />

<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e in proposito, dunque, è che <strong>Leibniz</strong> abbia cambiato<br />

parere su <strong>Spinoza</strong> proprio quando lo incontrò. Evidentemente,<br />

accadde qualcosa quando i due massimi f<strong>il</strong>osofi del Seicento<br />

sedettero <strong>nel</strong>la casa sul Pav<strong>il</strong>joensgracht - qualcosa <strong>di</strong> grave<br />

e probab<strong>il</strong>mente <strong>di</strong> spiacevole; qualcosa che, in ogni caso, mutò<br />

drammaticamente <strong>il</strong> corso della vita <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> - e della successiva<br />

storia della f<strong>il</strong>osofia.


14. L'antidoto allo spinozismo<br />

Sul versante soleggiato <strong>di</strong> una collina <strong>nel</strong>le montagne dello<br />

Harz, quando la primavera del l684 giunse con le sue vivaci sfumature<br />

<strong>di</strong> verde, <strong>il</strong> tanto atteso prototipo <strong>di</strong> mulino a vento finalmente<br />

vide la luce. Dopo aver supervisionato alla realizzazione<br />

della sua tanto decantata invenzione, <strong>Leibniz</strong> fece ritorno a<br />

Hannover in attesa dell'esito dei suoi primi tentativi.<br />

Non c'era vento.<br />

È sorprendente, ma l'inventore del calcolo non aveva notato<br />

che la regione montagnosa dove aveva immaginato <strong>di</strong> installare<br />

<strong>il</strong> suo progetto non offriva affatto i venti atti ad alimentare un<br />

mulino a vento. Le colline della Sassonia non avevano niente <strong>di</strong><br />

sim<strong>il</strong>e alle low lands olandesi. Finalmente, <strong>nel</strong> bel mezzo <strong>di</strong> una<br />

notte soffiò una folata <strong>di</strong> vento, e, secondo <strong>il</strong> resoconto piuttosto<br />

confuso <strong>di</strong> uno spettatore notturno, appena entrati in funzione i<br />

meccanismi si schiantarono. Restavano ben poche probab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong><br />

trovare l'argento in un breve volgere <strong>di</strong> tempo.<br />

<strong>Leibniz</strong> reagì all'imprevista battuta d'arresto inventando un<br />

nuovo tipo <strong>di</strong> mulino a vento - niente a che fare con quelli che<br />

punteggiavano la campagna olandese. Secondo <strong>il</strong> suo nuovo progetto,<br />

un complesso <strong>di</strong> pan<strong>nel</strong>li piatti avrebbe ruotato attorno a<br />

un asse verticale, come una giostra. Nell'estate del 1684, <strong>Leibniz</strong><br />

tornò sulle montagne per controllare la realizzazione della sua<br />

ultima invenzione. I risultati, tuttavia, non furono promettenti;<br />

e comunque non c'era ancora abbastanza vento.<br />

Gli ingegneri minerari erano <strong>di</strong>ventati ormai piuttosto <strong>di</strong>ffidenti.<br />

Persuasi che <strong>il</strong> piano del f<strong>il</strong>osofo/consulente gestionale si<br />

sarebbe risolto in un epico spreco <strong>di</strong> tempo e <strong>di</strong> denaro, proposero<br />

che <strong>Leibniz</strong> effettuasse un esperimento per determinare se<br />

i suoi mulini a vento fossero in qualche misura più efficienti delle<br />

preesistenti pompe idrauliche. <strong>Il</strong> <strong>cortigiano</strong> rispose con un saggio<br />

<strong>di</strong> cinquecento parole che metteva in mostra le sue ab<strong>il</strong>ità legali.<br />

<strong>Il</strong> suo contratto, insisteva, non menzionava affatto l'eventualità<br />

che egli dovesse <strong>di</strong>mostrare che i mulini a vento fossero<br />

più efficienti delle preesistenti pompe idrauliche, ma solo che


14. I!ANTIDOTO ALLO SPINOZISMO 213<br />

avrebbero estratto l'acqua. Ciò poteva essere corretto, da un punto<br />

<strong>di</strong> vista legale, ma non era un modo molto efficace per <strong>di</strong>mostrare<br />

che i suoi interessi personali, su questo punto, coincidessero<br />

perfettamente con quelli del duca, delle sue miniere, e del<br />

resto del genere umano.<br />

Nell'apr<strong>il</strong>e del 1685, <strong>il</strong> ducaErnstAugust comprese finalmente<br />

quale sarebbe stata l'inevitab<strong>il</strong>e conclusione, e or<strong>di</strong>nò l'imme<strong>di</strong>ata<br />

cessazione delle attività legate al progetto del mulino a vento.<br />

Ma con la Schadenfreude, la gioia per le altrui <strong>di</strong>sgrazie, che<br />

sprizzava dalle lingue a Hannover e senza aver servito ancora <strong>il</strong><br />

bene generale dell'umanità, <strong>Leibniz</strong> non poteva sopportare <strong>di</strong> allontanarsi<br />

dalle miniere. Per gran parte del 1685 e del 1686, egli<br />

restò sulle montagne escogitando ancora altre invenzioni per i<br />

minatori. Propose, per esempio, <strong>di</strong> installare una catena circolare<br />

<strong>di</strong> contenitori, così che le rocce estratte dalla superficie venissero<br />

ut<strong>il</strong>izzate per sollevare i carichi dai pozzi. Ma i minatori non<br />

gli prestavano alcuna attenzione. <strong>Leibniz</strong> si lamentò con un collega<br />

<strong>cortigiano</strong> che gli ingegneri un giorno ascoltavano educatamente<br />

le sue proposte, ma <strong>il</strong> giorno seguente se ne scordavano<br />

del tutto, quasi soffrissero <strong>di</strong> amnesia.<br />

<strong>Il</strong> periodo <strong>di</strong> lavoro <strong>nel</strong>le miniere, come tante altre avventure<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, si concluse lasciando irrisolti alcuni interrogativi<br />

sul carattere effettivamente altruistico delle sue più profonde motivazioni.<br />

Non solo le sue fatiche <strong>nel</strong>le montagne dello Harz non<br />

recavano alcun beneficio ai minatori, al duca, all'economia tedesca<br />

o a una futura eventuale Accademia delle scienze, ma soprattutto<br />

<strong>il</strong> comportamento del f<strong>il</strong>osofo <strong>nel</strong>l'esercizio <strong>di</strong> questa<br />

attività non consente affatto <strong>di</strong> comprendere se, <strong>nel</strong>la sua mente,<br />

gli interessi <strong>di</strong> qualcuno fra questi potenziali beneficiari abbiano<br />

mai prevalso sul suo schiacciante bisogno <strong>di</strong> garantirsi la<br />

sicurezza economica.<br />

Ma forse i dubbi possono essere fugati se consideriamo l'avventura<br />

in una prospettiva più ampia. Nel <strong>di</strong>segno globale della<br />

sua storia, a volte accade che la f<strong>il</strong>osofia progre<strong>di</strong>sca per vie sotterranee.<br />

Come un complesso minerario allagato, la sua avanzata<br />

può <strong>di</strong>pendere dal lento sgombrarsi dei passaggi inondati, a<br />

uno auno, in un modo apparentemente casuale e imperscrutab<strong>il</strong>e,<br />

finché alla fine tutte le camere sono interconnesse e l'impresa<br />

respira, vitale.<br />

Per ragioni che giacciono sepolte per sempre <strong>nel</strong>le montagne<br />

dello Harz, gli anni che <strong>Leibniz</strong> trascorse giostrando con i mulini<br />

a vento furono quelli in cui finalmente egli sod<strong>di</strong>sfò l'ambizione,<br />

che aveva annunciato <strong>nel</strong> febbraio del 1676, <strong>di</strong> sintetizzare<br />

"una f<strong>il</strong>osofia segreta della totalità delle cose". Con <strong>il</strong> senno <strong>di</strong><br />

poi, ovviamente, è possib<strong>il</strong>e esaminare attentamente le annota-


214 IL CORTIGIANO E !:ERETICO<br />

zioni <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> durante quegli anni e ricostruire, <strong>nel</strong>la forma <strong>di</strong><br />

una narrazione, <strong>il</strong> modo in cui tutte le connessioni si sono aperte<br />

- e conferire così un'<strong>il</strong>lusione <strong>di</strong> preve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>ità all'intero processo.<br />

Ma, in prospettiva, la f<strong>il</strong>osofia è assai meno suscettib<strong>il</strong>e <strong>di</strong><br />

essere programmata rispetto a quanto sim<strong>il</strong>i ricostruzioni tendano<br />

a suggerire.<br />

Nel gelido febbraio del 1686, una bufera <strong>di</strong> neve investì la Germania<br />

centrale. Per due intere settimane, <strong>il</strong> <strong>cortigiano</strong> ipercinetico<br />

restò ghiacciato sul posto. Mentre i cumuli <strong>di</strong> neve si ammassavano<br />

per le strade, finalmente trovò <strong>il</strong> tempo <strong>di</strong> annotare<br />

le sue risposte agli eterni interrogativi. Ne nacque <strong>il</strong> Discorso <strong>di</strong><br />

metafisica, in cui <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>spiegò tutti i dogmi centrali della sua<br />

metafisica matura. In seguito, ebbe occasione <strong>di</strong> affermare che<br />

soltanto a partire da quel momento si era sentito sod<strong>di</strong>sfatto della<br />

propria metafisica. I suoi successivi sforzi volti a raffinare e<br />

riformulare i propri pensieri offrono alcune interessanti variazioni<br />

<strong>nel</strong> tono e <strong>nel</strong>l'enfasi, ma nessuna mo<strong>di</strong>fica <strong>nel</strong>la sostanza.<br />

<strong>Il</strong> Discorso nacque con l'esplicito proposito <strong>di</strong> promuovere <strong>il</strong><br />

progetto <strong>di</strong> una riunificazione delle chiese. Nelle Dimostrazioni<br />

cattoliche, abbozzate fin dal 1671, <strong>Leibniz</strong> annunciava <strong>il</strong> proposito<br />

<strong>di</strong> fornire le basi f<strong>il</strong>osofiche per la religione <strong>di</strong> una chiesa riunificata.<br />

Con <strong>il</strong> Discorso, sperava, avrebbe finalmente tenuto fede<br />

alla promessa. Mentre lavorava sul prezioso manoscritto, <strong>nel</strong><br />

suo ritiro nevoso, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo teneva coscientemente in mente un<br />

preciso lettore: Antoine Arnauld, <strong>il</strong> decano della teologia parigina.<br />

<strong>Leibniz</strong> era sicuro che, se la sua f<strong>il</strong>osofia avesse ottenuto l'approvazione<br />

<strong>di</strong> Arnauld, allora sarebbe stata accettata sia dai cattolici<br />

sia dai protestanti come base per una gloriosa riunìficazione<br />

della chiesa cristiana dell'Occidente.<br />

Ma un'attenta lettura mostra che <strong>Leibniz</strong>, quando scrisse <strong>il</strong><br />

suo Discorso, aveva in mente un altro, forse più profondo, piano<br />

<strong>di</strong> lavoro, e forse anche un altro lettore. Nella versione del testo<br />

che infine spedì ad Arnauld, e che da allora sarebbe <strong>di</strong>ventata la<br />

stesura standard, <strong>Leibniz</strong> descrive la sua nuova f<strong>il</strong>osofia, <strong>nel</strong> secondo<br />

paragrafo, come l'antidoto per la visione "che a me sembra<br />

estremamente pericolosa e si approssima molto a quella dei<br />

più recenti innovatori per i quali la bellezza dell'universo e la <strong>di</strong>vinità<br />

che noi ascriviamo alle opere <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> altro non sono che chimere<br />

<strong>di</strong> uomini che riflettono su <strong>di</strong> esso nei medesimi termini in<br />

cui parlano <strong>di</strong> se stessi". Ma <strong>nel</strong>la stesura precedente, in cui i suoi<br />

censori interni forse soffrirono <strong>di</strong> un momentaneo allentamento,<br />

la frase "i più recenti innovatori" suonava semplicemente "gli<br />

spinozisti". <strong>Il</strong> sistema metafisica <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, a quanto pare, era<br />

come un nuovo complesso <strong>di</strong> mulini a vento - per niente sim<strong>il</strong>e<br />

al modello olandese. Con lo stesso spirito e la medesima energia


14. !.:ANTIDOTO ALLO SPINOZISMO 215<br />

con cui aveva preso a svuotare dall'acqua le miniere dello Harz,<br />

ora egli assumeva su <strong>di</strong> sé <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> ripulire da un capo all'altro<br />

<strong>il</strong> campo del pensiero europeo dalla apparentemente onnipresente<br />

sostanza <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

<strong>Dio</strong><br />

La modernità riduce la creazione <strong>di</strong>vina a un s<strong>il</strong>enzioso <strong>mondo</strong><br />

incolore, inodore, <strong>di</strong> pesi e misure - una macchina inut<strong>il</strong>e, priva<br />

<strong>di</strong> senso - o almeno così è apparsa a molti stu<strong>di</strong>osi. <strong>Spinoza</strong><br />

abbraccia questo nuovo <strong>mondo</strong> - anzi, con la sua dottrina che<br />

<strong>Dio</strong> è Natura, tenta ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> deificarlo. Ma <strong>Leibniz</strong> non crede<br />

<strong>nel</strong>la nuova deità <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. E proprio <strong>il</strong> suo rifiuto del <strong>Dio</strong><br />

spinoziano rappresenta <strong>il</strong> primo principio della f<strong>il</strong>osofia matura<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> e <strong>il</strong> punto d'avvio della sua personale, unica, risposta<br />

alla modernità.<br />

Qualunque <strong>Dio</strong> degno <strong>di</strong> questo nome, afferma <strong>Leibniz</strong>, deve<br />

essere in grado <strong>di</strong> operare delle scelte. Cioè, <strong>Dio</strong> deve possedere<br />

un intelletto con cui prendere in esame le varie possib<strong>il</strong>ità,<br />

e una volontà con cui affermare le proprie decisioni. <strong>Dio</strong> deve<br />

avere una scelta, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, perché altrimenti non<br />

avrebbe la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> essere buono. Vale a <strong>di</strong>re, <strong>Dio</strong> deve prendere<br />

le sue decisioni partendo dal presupposto che sta facendo<br />

qualcosa che merita <strong>di</strong> essere apprezzato. Ma <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

non prende decisioni. Non è dotato né <strong>di</strong> volontà né <strong>di</strong> intelletto,<br />

almeno <strong>nel</strong>la comune accezione <strong>di</strong> questi termini. Nel <strong>mondo</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>, soprattutto, "buono" è solo un termine relativo ai bisogni<br />

e alle limitazioni degli uomini, non più applicab<strong>il</strong>e a <strong>Dio</strong> <strong>di</strong><br />

quanto lo siano, <strong>di</strong>ciamo, "delizioso", "arancio", o, per restare in<br />

tema, "malvagio". <strong>Il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, conclude <strong>Leibniz</strong>, non è affatto<br />

un <strong>Dio</strong>. Come egli <strong>di</strong>sse al conte von Hessen-Rheinfels, <strong>Spinoza</strong><br />

era "veramente ateo".<br />

Gli interrogativi che <strong>Leibniz</strong> solleva qui sulla dottrina spinoziana<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong> sono vali<strong>di</strong>, e devono .essere presi in esame da tutti<br />

coloro che sperano <strong>di</strong> penetrare <strong>nel</strong> nucleo del pensiero <strong>di</strong> entrambi<br />

i f<strong>il</strong>osofi. Secondo <strong>Spinoza</strong> <strong>Dio</strong>, o Natura, "causa" le cose<br />

del <strong>mondo</strong> allo stesso modo in cui la natura <strong>di</strong> un caffè, per<br />

esempio, "causa" <strong>il</strong> suo colore nero. Ma solitamente noi non <strong>di</strong>ciamo<br />

che la natura del caffè è <strong>di</strong>vina, dunque perché mai dovremmo<br />

<strong>di</strong>re che la Natura è <strong>Dio</strong>? Nell'Etica, è un dato <strong>di</strong> fatto,<br />

si può sostituire <strong>Dio</strong> con la parola Natura (oppure con sostanza,<br />

o anche semplicemente con una x) ovunque, e la logica dell'argomentazione<br />

cambia ben poco, o non cambia affatto. Dunque,<br />

perché usare <strong>il</strong> termine "<strong>Dio</strong>"? Cosa aggiunge <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> - ec-


216 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

cetto, forse, un po' delle antiquate e, per <strong>Spinoza</strong>, intollerab<strong>il</strong>i<br />

connotazioni <strong>di</strong> un <strong>di</strong>vino decisore che, <strong>di</strong>ciamo, sceglie <strong>di</strong> fare<br />

<strong>il</strong> caffè nero anziché rosa? I.:intuizione che motiva la posizione<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, qui, potrebbe essere enunciata in questa forma: ciò<br />

che è <strong>di</strong>vino deve essere in qualche misura oltre o prima rispetto<br />

a ciò che è naturale, altrimenti non è affatto <strong>di</strong>vino.<br />

Nell'affermare che <strong>Dio</strong> deve essere "buono", <strong>Leibniz</strong> punta<br />

<strong>il</strong> suo in<strong>di</strong>ce verso un paradosso collegato a questo aspetto, <strong>nel</strong><br />

pensiero <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Affermare che la Natura è <strong>di</strong>vina significa<br />

in qualche modo giu<strong>di</strong>care <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> - solitamente, significa implicare<br />

che <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> come totalità sia buono. Nietzsche - le cui<br />

caratteristiche <strong>di</strong> spinoziano non sono state riconosciute adeguatamente,<br />

neanche da lui stesso - sostiene la medesima tesi<br />

quando asserisce <strong>di</strong> avere "deificato <strong>il</strong> Tutto" per "affermare" <strong>il</strong><br />

<strong>mondo</strong>. Lo stesso <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>ce che <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> è "perfetto". Ma,<br />

secondo la peculiare logica spinoziana, la totalità delle cose giace<br />

al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni giu<strong>di</strong>zio umano. Non è né buona né malvagia.<br />

Ora, <strong>di</strong>ce <strong>Leibniz</strong>, se <strong>Spinoza</strong> non può affermare che <strong>il</strong> <strong>mondo</strong><br />

è buono, certamente non può affermare nemmeno che è perfetto,<br />

se non <strong>nel</strong> senso più astratto del termine, vale a <strong>di</strong>re "completo"<br />

in quanto "totalità <strong>di</strong> ciò che esiste". Egli non può giu<strong>di</strong>care<br />

o "affermare" come dovrebbe poter fare chi sostiene che è<br />

<strong>di</strong>vino. Quin<strong>di</strong> non gli è lecito chiamare la Natura "<strong>Dio</strong>", come<br />

pure pretende <strong>di</strong> fare.<br />

Pur respingendo la nozione spinoziana <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, <strong>Leibniz</strong> riba<strong>di</strong>sce<br />

la sua profonda adesione alla guida della ragione. Non meno<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, egli trova intollerab<strong>il</strong>e l'idea <strong>di</strong> un <strong>Dio</strong> privo <strong>di</strong> ragione,<br />

cioè <strong>di</strong> un <strong>Dio</strong> che costruisce le ragioni in itinere, un <strong>Dio</strong><br />

dotato del potere arbitrario <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarare che due più due fa quattro<br />

un giorno, per poi cambiare idea <strong>il</strong> giorno dopo. Come <strong>Spinoza</strong>,<br />

<strong>Leibniz</strong> è ora <strong>di</strong> fronte a uno dei problemi tipici della modernità,<br />

vale a <strong>di</strong>re, come gestire <strong>il</strong> conflitto potenzialmente <strong>di</strong>struttivo<br />

tra <strong>Dio</strong> e la Natura, ovvero tra la fede <strong>nel</strong>la <strong>di</strong>vinità e <strong>il</strong><br />

circuito <strong>di</strong> potere della conoscenza scientifica in continua espansione.<br />

A <strong>di</strong>fferenza dei suoi contemporanei più conformi all'ortodossia,<br />

<strong>Leibniz</strong> è troppo onesto per ignorare le pretese della ragione.<br />

Al contrario <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, tuttavia, non può trovare in se<br />

stesso l'esigenza <strong>di</strong> deificarla. <strong>Il</strong> suo problema, allora, è quello <strong>di</strong><br />

scoprire un <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> ragione - come <strong>di</strong>re, un <strong>Dio</strong> che risponda alle<br />

prove f<strong>il</strong>osofiche e la cui esistenza sia compatib<strong>il</strong>e con le scoperte<br />

scientifiche - un <strong>Dio</strong> che, ciò non<strong>di</strong>meno, eviti la trappola spinoziana<br />

<strong>di</strong> perdere la propria <strong>di</strong>vinità tutta intera.<br />

Nel Discorso, <strong>Leibniz</strong> formula per la prima volta la sua risposta<br />

a questo problema in un modo chiaro e perspicuo. "<strong>Dio</strong><br />

ha scelto quel <strong>mondo</strong>, che è <strong>il</strong> più perfetto", scrive. In altre pa-


14. !!ANTIDOTO ALLO SPINOZISMO 217<br />

role, <strong>Dio</strong> è quell'essere che sceglie "<strong>il</strong> migliore fra tutti i mon<strong>di</strong><br />

possib<strong>il</strong>i".<br />

Nei suoi scritti successivi, in cui si concede una licenza poetica<br />

che elabora in visioni ben congegnate, <strong>Leibniz</strong> presenta una<br />

più vivida rappresentazione <strong>di</strong> questa idea <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Nelle ultime pagine<br />

della Teo<strong>di</strong>cea, un personaggio <strong>di</strong> nome Teodoro (l'alter ego<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> in questo <strong>di</strong>alogo) si addormenta all'interno <strong>di</strong> un tempio<br />

e comincia a sognare. Nella sua réverie, visita "un palazzo <strong>di</strong><br />

inimmaginab<strong>il</strong>e splendore e <strong>di</strong> pro<strong>di</strong>giose <strong>di</strong>mensioni" -un e<strong>di</strong>ficio<br />

che, si dà <strong>il</strong> caso, appartiene a <strong>Dio</strong>. Le sale del palazzo rappresentano<br />

mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i. Aggirandosi per questa magnifica costruzione,<br />

Teodoro viaggia attraverso una varietà <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> in cui<br />

le cose sono avvenute in maniera assai <strong>di</strong>fferente dal nostro.<br />

Gli appartamenti costituivano una piramide, e procedendo verso la<br />

sommità <strong>di</strong>ventavano sempre più belli, e rappresentavano mon<strong>di</strong><br />

sempre più belli. Raggiungono infine <strong>il</strong> più alto, che completava la<br />

piramide, e che era <strong>il</strong> più bello <strong>di</strong> tutti: infatti, la piramide aveva una<br />

sommità, ma non aveva alcuna base; cresceva all'infinito. Ciò [ ... ]<br />

perché tra un infinito numero <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i vi è <strong>il</strong> migliore <strong>di</strong><br />

tutti, altrimenti <strong>Dio</strong> non sarebbe determinato a crearne alcuno.<br />

<strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> al vertice, <strong>il</strong> migliore dei mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i, si scopre,<br />

è <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> reale, quello in cui viviamo.<br />

La visione è inequivocab<strong>il</strong>mente barocca. Probab<strong>il</strong>mente è<br />

una rappresentazione adeguata <strong>di</strong> come potrebbe sentirsi chi si<br />

perde a Versa<strong>il</strong>les, e forse la possiamo leggere meglio con la musica<br />

dell'epoca <strong>nel</strong> sottofondo della nostra mente. (Handel, sia<br />

detto per inciso, era <strong>cortigiano</strong> a Hannover, proprio come <strong>Leibniz</strong>,<br />

<strong>nel</strong>l'anno in cui fu pubblicata la Teo<strong>di</strong>cea.) <strong>Il</strong> brano è intriso<br />

<strong>di</strong> quello stesso ottimismo che indurrà Voltaire a satireggiare<br />

<strong>Leibniz</strong> <strong>nel</strong>la figura del dottor Pangloss. Dopo tutto, molti avrebbero<br />

immaginato che <strong>il</strong> nostro <strong>mondo</strong> si trovasse uno o due livelli<br />

sotto la sommità della piramide, quanto meno.<br />

Comunque, la caratteristica nuova e cruciale <strong>nel</strong> resoconto<br />

fornito da <strong>Leibniz</strong> è la sua rappresentazione della scelta <strong>di</strong> <strong>Dio</strong><br />

in termini <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i - anziché in termini <strong>di</strong> cose possib<strong>il</strong>i.<br />

Secondo <strong>Leibniz</strong>, <strong>Dio</strong> non sceglie, per esempio, tra permettere<br />

a Adamo <strong>di</strong> mangiare la mela oppure no, ma tra mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i<br />

che includono o non includono un Adamo che mangia una<br />

mela. <strong>Leibniz</strong> considera questo sv<strong>il</strong>uppo una delle sue conquiste<br />

decisive nei <strong>di</strong>eci anni successivi al suo viaggio all'Aia. Negli scritti<br />

precedenti, l'incrollab<strong>il</strong>e adesione al principio <strong>di</strong> ragion sufficiente<br />

gli aveva reso <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e concepire cose possib<strong>il</strong>i. Infatti, dal<br />

momento che ogni cosa accade per una ragione, non vi sono incidenti<br />

isolati o eventi casuali <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> - ogni cosa


218 IL CORTIGIANO E I!ERETICO<br />

è parte <strong>di</strong> un'unica trama causale. "A causa dell'interconnessione<br />

tra le cose," ammette <strong>Leibniz</strong> <strong>nel</strong> periodo in cui scrive <strong>il</strong> suo<br />

Discorso "l'universo con tutte le sue parti sarebbe stato totalmente<br />

<strong>di</strong>fferente fin dal principio se <strong>il</strong> minimo evento in esso fosse accaduto<br />

<strong>di</strong>versamente". Elevando la scelta <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> al livello dei mon<strong>di</strong><br />

possib<strong>il</strong>i, comunque, <strong>Leibniz</strong> può affermare <strong>il</strong> suo principio <strong>di</strong><br />

ragion sufficiente e anche rimangiarselo, in un certo senso: cioè,<br />

egli può concedere che tutte le cose all'interno del nostro <strong>mondo</strong><br />

siano unite in un modo necessario, pur sostenendo al tempo stesso<br />

che <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nel</strong> suo complesso non debba essere necessariamente<br />

quale si presenta. "Le ragioni del <strong>mondo</strong>," <strong>di</strong>ce, "risiedono<br />

in qualcosa <strong>di</strong> oltremondano."<br />

La nozione <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i, secondo l'ottica <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, risolve<br />

in modo eccellente anche la questione della <strong>di</strong>vinità <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>.<br />

Poiché non sceglie singole cose, <strong>Dio</strong> non sceglie cose malvagie;<br />

piuttosto, sceglie un <strong>mondo</strong> che, per qualche ragione, deve contenere<br />

<strong>il</strong> male al suo interno. La ragione <strong>di</strong> questo <strong>mondo</strong> è <strong>il</strong> principio<br />

del meglio, che <strong>Dio</strong> applica con assoluta precisione; e se ci<br />

sembra che questo <strong>mondo</strong> includa entità che meritano <strong>il</strong> nome<br />

<strong>di</strong> "male", noi dobbiamo comunque essere sicuri che <strong>Dio</strong> non<br />

avrebbe potuto compiere una scelta migliore.<br />

Per consolidare la conclusione che <strong>Dio</strong> deve operare una scelta,<br />

<strong>Leibniz</strong> si ingegna <strong>di</strong> stab<strong>il</strong>ire una <strong>di</strong>stinzione tra necessità<br />

"morale" e necessità "metafisica". La decisione <strong>di</strong>vina <strong>di</strong> creare<br />

<strong>il</strong> migliore dei mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i, egli assicura, esibisce una sorta<br />

<strong>di</strong> necessità morale. Cioè, se <strong>Dio</strong> desidera essere buono, deve applicare<br />

<strong>il</strong> principio del meglio <strong>nel</strong>la sua scelta tra i mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i.<br />

Ma la scelta <strong>di</strong>vina non implica alcuna necessità metafisica.<br />

Cioè, <strong>Dio</strong> è teoreticamente in grado <strong>di</strong> regolare un <strong>mondo</strong> meno<br />

che ideale, oppure anche nessun <strong>mondo</strong> assolutamente, se fosse<br />

inclinato in tal senso.<br />

A questo punto, <strong>il</strong> contrasto con la concezione spinoziana <strong>di</strong><br />

<strong>Dio</strong> <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente potrebbe essere più aspro - e questo è proprio<br />

<strong>il</strong> punto al <strong>di</strong> là del campo visivo. La <strong>di</strong>fferenza risale a quella domanda<br />

dal suono così semplice: <strong>Dio</strong> ha una scelta? <strong>Spinoza</strong> lo<br />

nega; <strong>Leibniz</strong> lo afferma. <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>ce che <strong>Dio</strong> può scegliere un<br />

solo <strong>mondo</strong>, vale a <strong>di</strong>re quello che consegue i<strong>nel</strong>uttab<strong>il</strong>mente dalla<br />

sua propria Natura. <strong>Leibniz</strong> ribatte che <strong>Dio</strong> ha pur sempre la<br />

possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> non creare <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>, e, quando decide <strong>di</strong> andare<br />

avanti con <strong>il</strong> suo progetto, <strong>Dio</strong> si pone <strong>di</strong>nanzi alla scelta tra un<br />

infinito numero <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i. <strong>Il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> non ha bisogno<br />

<strong>di</strong> caratteristiche antropomorfe come una volontà o un intelletto,<br />

perché non ha scelte da prendere in esame e non ha risoluzioni<br />

da affermare. <strong>Il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, d'altro canto, assomiglia<br />

molto <strong>di</strong> più a te e a me: deve avere una capacità <strong>di</strong> pensie-


14. L'ANTIDOTO ALLO SPINOZISMO 219<br />

ro e <strong>di</strong> azione, per operare le proprie scelte. Infine, mentre la sostanza<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è ben al <strong>di</strong> là delle categorie meramente umane<br />

<strong>di</strong> buono e <strong>di</strong> malvagio, <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> è <strong>il</strong> massimo benefattore,<br />

poiché fruga tra tutti i mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i <strong>nel</strong>la speranza <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduare "<strong>il</strong> migliore".<br />

In conclusione, <strong>Spinoza</strong> crede in un <strong>Dio</strong> "immanente"; <strong>Leibniz</strong><br />

propende per un <strong>Dio</strong> "trascendente". <strong>Il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è la<br />

causa immanente delle cose: crea <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> allo stesso modo in<br />

cui una essenza " crea" le proprie proprietà - cioè, allo stesso modo<br />

in cui la natura <strong>di</strong> un cerchio lo rende rotondo. È rzel <strong>mondo</strong><br />

(proprio perché <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> è irz esso), e quin<strong>di</strong> non può plausib<strong>il</strong>mente<br />

essere associato a un altro <strong>mondo</strong> qualunque o a nessun<br />

<strong>mondo</strong> assolutamente. Un <strong>Dio</strong> trascendente, d'altro canto, è la<br />

causa "transitiva" delle cose. Egli crea <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> allo stesso mo- ·<br />

do in cui un orologiaio fa un orologio. Egli sta fuori dal <strong>mondo</strong><br />

e sarebbe ancora <strong>Dio</strong> sia che optasse per creare questo <strong>mondo</strong>,<br />

oppure un altro <strong>mondo</strong>, oppure nessun <strong>mondo</strong> affatto. Egli ha<br />

un certo grado <strong>di</strong> personalità (è questo <strong>il</strong> motivo per cui noi ten<strong>di</strong>amo<br />

a chiamarlo "Egli", in ossequio alla tra<strong>di</strong>zione). Talvolta,<br />

per descrivere <strong>il</strong> suo <strong>Dio</strong> trascendente, <strong>Leibniz</strong> ricorre alla definizione<br />

"intelligenza oltremondana". Se preferiamo, potremmo<br />

<strong>di</strong>re semplicemente che la <strong>di</strong>vinità <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è quella che abita<br />

"<strong>nel</strong> qui e <strong>nel</strong>l'ora", mentre quella <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> risiede "<strong>nel</strong> prima<br />

e <strong>nel</strong>l'oltre".<br />

<strong>Il</strong> confronto tra la concezione leibniziana e quella spinoziana<br />

della <strong>di</strong>vinità, sia detto per inciso, continua a caratterizzare<br />

ancor oggi le <strong>di</strong>scussioni specialmente <strong>nel</strong>l'ambito della cosmologia<br />

(per tacere del campo pressoché immutab<strong>il</strong>e della teologia).<br />

Tra i fisici contemporanei, per esempio, alcuni asseriscono che<br />

le leggi <strong>di</strong> natura sono intrinsecamente arbitrarie. Secondo la loro<br />

visione, alquanto leibniziana, <strong>Dio</strong> (o forse <strong>il</strong> Grande Architetto)<br />

sceglie tra un'infinita gamma <strong>di</strong> parametri le leggi della natura,<br />

e ogni altra cosa <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> quin<strong>di</strong> si <strong>di</strong>spiega entro <strong>il</strong> regime<br />

scelto. Secondo altri fisici, tuttavia, i parametri che definiscono<br />

le leggi della fisica sono determinati in definitiva dalle leggi<br />

stesse, cosicché la natura rende conto <strong>di</strong> se stessa in un modo<br />

completamente autosufficiente. Potremmo <strong>di</strong>re che questi teorici<br />

propendono per <strong>il</strong> punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Nel Seicento, chiaramente, la <strong>di</strong>fferenza tra la concezione<br />

leibniziana e quella spinoziana della <strong>di</strong>vinità era largamente - e<br />

forse essenzialmente - politica. <strong>Spinoza</strong>, come sappiamo, afferma<br />

che la <strong>di</strong>vinità della superstizione popolare è un puntello per<br />

la tirannide teocratica. Ma ciò che <strong>Spinoza</strong> chiama oppressione<br />

teocratica secondo <strong>Leibniz</strong> costituisce <strong>il</strong> migliore tra i sistemi <strong>di</strong><br />

governo possib<strong>il</strong>i. Dunque, <strong>Leibniz</strong> ribalta le posizioni e chiama


220 IL CORTIGIANO E !.!ERETICO<br />

la concezione spinoziana <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> "cattiva" e "pericolosa", in base<br />

al fatto che essa condurrà soltanto a una "completa anarchia".<br />

La sua concezione <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, invece, ci assicura <strong>Leibniz</strong>, proteggerà<br />

la civ<strong>il</strong>tà - essa servirà davvero come base per una repubblica cristiana<br />

unita sotto un'unica chiesa.<br />

L'insistenza <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> sulle implicazioni politiche della metafisica<br />

della <strong>di</strong>vinità è tanto energica da sollevare la domanda se<br />

la sua intera f<strong>il</strong>osofia, come forse anche quella <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, non<br />

fosse essenzialmente un progetto politico. Perché, dal momento<br />

che l'universale fede <strong>nel</strong>la bontà <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> porta come conseguenza<br />

gli auspicati fini politici dell'unità, della stab<strong>il</strong>ità e della carità,<br />

dunque la realtà dei fatti in questione - se <strong>Dio</strong> effettivamente<br />

prenda decisioni e sia buono - non ha alcuna importanza. La f<strong>il</strong>osofia,<br />

sulla base <strong>di</strong> questi presupposti, non è la <strong>di</strong>sinteressata<br />

ricerca della verità su <strong>Dio</strong>, ma è piuttosto una forma altamente<br />

sofisticata <strong>di</strong> retorica politica.<br />

Mente<br />

La modernità detronizza <strong>il</strong> genere umano. Riduce tutti i nostri<br />

pensieri, i nostri propositi e le nostre speranze a mero oggetto<br />

<strong>di</strong> indagine scientifica. Fa <strong>di</strong> noi tutti nient'altro che topi<br />

<strong>di</strong> laboratorio. <strong>Spinoza</strong> abbraccia attivamente questo collasso<br />

dell'umano <strong>nel</strong>la mera natura. <strong>Leibniz</strong> aborre da esso. Anche<br />

più <strong>di</strong> quanto desideri convincerci che <strong>Dio</strong> è buono, <strong>Leibniz</strong> intende<br />

<strong>di</strong>mostrare che noi siamo i più speciali tra tutti gli esseri<br />

in natura. Nell'intero universo, afferma, niente è più reale o<br />

più permanente o più meritevole <strong>di</strong> amore dell'anima umana<br />

in<strong>di</strong>viduale. Noi apparteniamo alla più intima realtà delle cose.<br />

L'essere umano è <strong>il</strong> nuovo <strong>Dio</strong>, egli annuncia: ciascuno <strong>di</strong><br />

noi è "una piccola <strong>di</strong>vinità ed eminentemente un universo: <strong>Dio</strong><br />

in ectipo e l'universo in prototipo". Questa è l'idea che definisce<br />

la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> e che spiega l'enorme, anche se misconosciuta,<br />

influenza che <strong>il</strong> suo pensiero ha esercitato negli ultimi<br />

tre secoli della storia umana.<br />

<strong>Il</strong> più grande ostacolo contro cui <strong>Leibniz</strong> si scontra, <strong>nel</strong> suo<br />

tentativo <strong>di</strong> deificare l'essere umano, è la teoria spinoziana della<br />

mente. Secondo <strong>Spinoza</strong>, la mente non è niente <strong>di</strong> reale: è una<br />

mera astrazione costmita sulla base dei processi materiali del<br />

corpo. Ma, ribatte <strong>Leibniz</strong>, <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> materiale, niente dura in<br />

eterno; ogni cosa è alla mercé <strong>di</strong> forze impersonali; ciò che passa<br />

per "unità" è una mera aggregazione temporanea; e la "identità"<br />

è una chimera <strong>nel</strong> flusso senza fine del <strong>di</strong>venire e del trascorrere.<br />

Se <strong>Spinoza</strong> ha ragione, conclude <strong>Leibniz</strong>, allora anche


14. !!ANTIDOTO ALLO SPINOZJSMO 221<br />

l'essere umano è solo una pagliuzza che vola al soffio dei s<strong>il</strong>enziosi<br />

venti della natura.<br />

La metafisica <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, pertanto, risulta più comprensib<strong>il</strong>e<br />

come un tentativo volto a <strong>di</strong>mostrare, contro <strong>Spinoza</strong>, che c'è un<br />

altro <strong>mondo</strong> che precede <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> materiale, e lo costituisce; che<br />

tale realtà più autentica consiste <strong>di</strong> in<strong>di</strong>struttib<strong>il</strong>i unità identiche<br />

a se stesse; e che noi stessi - poiché posse<strong>di</strong>amo la nostra mente -<br />

siamo i costituenti immateriali <strong>di</strong> questo <strong>mondo</strong> più-che-reale.<br />

Ovviamente, in qualità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fensore della mente immateriale, <strong>Leibniz</strong><br />

si trova ora faccia a faccia con <strong>il</strong> problema cartesiano del rapporto<br />

mente-corpo <strong>nel</strong>la sua gloria più piena: deve spiegare come<br />

accade che la mente immateriale quanto meno sembri interagire<br />

con <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> materiale meno-che-reale. Perciò, più precisamente,<br />

la sua metafisica deve essere intesa come un tentativo<br />

<strong>di</strong> risolvere <strong>il</strong> problema cartesiano del rapporto mente-corpo senza<br />

ricadere <strong>nel</strong>l'eresia spinoziana.<br />

Per liberare <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> dalla teoria spinoziana della mente,<br />

<strong>Leibniz</strong> deve anzitutto annientare l'idea spinoziana <strong>di</strong> sostanza.<br />

Poiché, <strong>di</strong>chiarando che <strong>Dio</strong> solo è sostanza, <strong>Spinoza</strong> riduce gli<br />

esseri umani a meri mo<strong>di</strong> della sostanza, e pertanto rende materiali<br />

e mortali le nostre menti. La strategia leibniziana consiste<br />

quin<strong>di</strong> <strong>nel</strong> rimpiazzare la dottrina secondo cui <strong>Dio</strong> solo è sostanza<br />

con l'asserzione che <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> vi è una pluralità <strong>di</strong> sostanze. Facendo<br />

coincidere la mente con queste nuove sostanze, <strong>Leibniz</strong> intende<br />

assicurare al genere umano un grado <strong>di</strong> in<strong>di</strong>struttib<strong>il</strong>ità, <strong>di</strong><br />

potere e <strong>di</strong> libertà che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo suo rivale attribuisce solo a <strong>Dio</strong>.<br />

In uno dei rari commenti su <strong>Spinoza</strong> resi in tarda età, <strong>Leibniz</strong><br />

riassume con grande precisione la <strong>di</strong>fferenza tra i due f<strong>il</strong>osofi su<br />

questo punto fondamentale. L'autore dell'Etica, come sappiamo,<br />

si fa beffe <strong>di</strong> coloro che guardano alla mente umana come a "un<br />

regno dentro un altro regno", perché, <strong>nel</strong>la sua ottica, c'è solo un<br />

reame della Natura, una sola sostanza. A ciò, <strong>Leibniz</strong> risponde:<br />

"La mia idea è che ogni sostanza <strong>di</strong> qualsiasi sorta è un regno<br />

dentro un altro regno".<br />

L'intuizione che <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> consista <strong>di</strong> una pluralità <strong>di</strong> sostanze<br />

appare già in alcuni dei primi scritti leibniziani. Nel contesto<br />

della sua lettura delle opere <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> dopo <strong>il</strong> suo ritorno dall'Aia,<br />

comunque, egli formula la propria visione in maniera trasparente.<br />

Nelle annotazioni che appone sia sulle lettere in<strong>di</strong>rizzate<br />

da <strong>Spinoza</strong> a Oldenburg sia sulla propria copia degli Opera<br />

posthuma, <strong>Leibniz</strong> respinge esplicitamente la definizione spinoziana<br />

della "sostanza" come ciò che "è in sé" e "è concepita attraverso<br />

se stessa". La seconda parte della definizione, egli affer-


222 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

ma ora, non è esatta. Una sostanza deve essere "in sé", ma non è<br />

necessario che sia "concepita per sé". Piuttosto, potrebbe essere<br />

"concepita tramite <strong>Dio</strong>".<br />

Un punto oscuro, parrebbe; eppure, se è vero, esso <strong>di</strong>strugge<br />

la prova della proposizione 5 <strong>nel</strong>la parte I dell'Etica, secondo cui<br />

non possono esserci due o più sostanze <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong>. Poiché questa<br />

prova <strong>di</strong>pende dall'asserzione che due sostanze che siano "concepite<br />

tramite se stesse" non possono avere niente in comune e<br />

quin<strong>di</strong> non possono far parte del medesimo universo. Non è una<br />

semplice coincidenza, allora, che la proposizione dell'Etica <strong>di</strong> cui<br />

<strong>Leibniz</strong> cerca la prova <strong>nel</strong>la sua prima lettera a Schuller, al ritorno<br />

a Hannover, sia proprio la proposizione 5 della parte I dell'Etica.<br />

Se riuscirà a trovare <strong>il</strong> punto debole <strong>nel</strong>la prova spinoziana,<br />

pensa <strong>Leibniz</strong>, aprirà l'allettante possib<strong>il</strong>ità che <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong><br />

ci sia non una sola sostanza, bensì una pluralità <strong>di</strong> sostanze.<br />

Inoltre, inferisce - sulla base <strong>di</strong> argomenti quasi matematici che<br />

solo attraverso la stesura <strong>di</strong> numerosi altri libri sarebbe possib<strong>il</strong>e<br />

delucidare - che <strong>il</strong> numero <strong>di</strong> tali sostanze debba essere infinito<br />

grosso modo per la stessa ragione per cui è infinito <strong>il</strong> numero<br />

dei punti che costituisce una linea. Non importa quanto sia<br />

piccola la fetta dell'universo che tu pren<strong>di</strong>, <strong>di</strong>ce, essa conterrà un<br />

numero infinito <strong>di</strong> sostanze. In alcuni scritti assegnab<strong>il</strong>i cronologicamente<br />

all'ultimo decennio del Seicento, egli battezza queste<br />

sostanze con un nome tratto dal termine greco che significa<br />

"unità", un termine che Giordano Bruno aveva usato per la prima<br />

volta, e che <strong>Leibniz</strong> ha reso famoso: mona<strong>di</strong>.<br />

I.: asserzione che la realtà consiste <strong>di</strong> un infinito numero <strong>di</strong> mona<strong>di</strong><br />

implica alcune stupefacenti conseguenze, e <strong>Leibniz</strong> le trae<br />

senza alcuna remora. In quanto sostanze, per esempio, le mona<strong>di</strong><br />

devono essere interamente in<strong>di</strong>pendenti. Cioè, non <strong>di</strong>pendono<br />

da nient'altro per essere ciò che sono. La più importante implicazione<br />

che ne deriva è questa: le mona<strong>di</strong> non possono interagire<br />

reciprocamente in alcun modo - perché, se interagissero, una<br />

monade potrebbe plausib<strong>il</strong>mente alterare la natura <strong>di</strong> un'altra monade,<br />

e ciò implicherebbe che la sua natura <strong>di</strong>penda dall'attività<br />

<strong>di</strong> qualche altra sostanza, <strong>il</strong> che, per la definizione stessa <strong>di</strong> sostanza,<br />

è inammissib<strong>il</strong>e. Pertanto, le mona<strong>di</strong> - <strong>nel</strong> poeticissimo<br />

linguaggio in cui si esprime <strong>Leibniz</strong> - "non hanno finestre". Esse<br />

non possono vedere fuori, e tu non puoi guardare dentro.<br />

Ne <strong>di</strong>scende anche che le mona<strong>di</strong> sono immortali - esse sono<br />

sempre ciò che erano e ciò che saranno, vale a <strong>di</strong>re, sono sempre<br />

identiche a se stesse. Non hanno inizio né fine. Per fare spazio<br />

a <strong>Dio</strong>, forse, <strong>Leibniz</strong> consente abbastanza misteriosamente<br />

che, al momento della creazione, tutte le mona<strong>di</strong> abbiano iniziato<br />

a esistere contemporaneamente, in un solo "lampo", e che, se de-


14. <strong>Il</strong> ANTIDOTO ALLO SPfNOZfSMO 223<br />

vono scomparire, esse svaniranno tutte insieme in un analogo<br />

"lampo" <strong>di</strong> annientamento.<br />

Tuttavia, malgrado la loro evidente persistenza e autoidentità,<br />

le mona<strong>di</strong> sperimentano un certo tipo <strong>di</strong> mutamento, poiché<br />

posseggono la capacità <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppare ovvero "realizzare" se<br />

stesse secondo principi puramente interni. Nella poetica terminologia<br />

leibniziana, esse sono "grosse [<strong>nel</strong> senso <strong>di</strong> 'gravide'] del<br />

futuro". Possono esistere <strong>nel</strong>la forma <strong>di</strong> "germi", suggerisce <strong>Leibniz</strong>,<br />

come quelli osservati <strong>nel</strong> seme umano da scienziati quali Jan<br />

Swammerdam e Anthon von Leeuwenhoeck (<strong>Leibniz</strong> li incontrò<br />

entrambi durante <strong>il</strong> suo viaggio in Olanda).<br />

Qui <strong>Leibniz</strong> fa appello alle scoperte scientifiche contemporanee<br />

in una maniera che inevitab<strong>il</strong>mente ci ricorda l'abitu<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> quei f<strong>il</strong>osofi dei nostri giorni che analogamente cercano <strong>di</strong> sostanziare<br />

le loro asserzioni metafisiche facendo riferimento a recenti<br />

scoperte scientifiche (<strong>nel</strong>la nostra epoca, abitualmente la<br />

meccanica quantistica). La scienza trainante al tempo <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

era la microscopia. L'opera dei pionieri olandesi in questo campo,<br />

<strong>di</strong>ce <strong>Leibniz</strong>, <strong>di</strong>mostra l'esistenza <strong>di</strong> piccoli animaletti ovunque<br />

- animali dentro gli animali - non importa quanto sia piccola<br />

la scala <strong>di</strong> riferimento. Quin<strong>di</strong>, egli conclude, è abbastanza<br />

plausib<strong>il</strong>e - anzi, è praticamente certo - che se questi animaletti<br />

avessero microscopi, anch'essi troverebbero altri animali più piccoli<br />

<strong>di</strong> loro, e così via <strong>di</strong> seguito all'infinito.<br />

Sebbene tutte le mona<strong>di</strong> esistano eternamente, non<strong>di</strong>meno<br />

esse sembrano perdurare <strong>nel</strong> contesto <strong>di</strong> strutture molto <strong>di</strong>verse<br />

<strong>di</strong> "mona<strong>di</strong> compagne", <strong>nel</strong> corso del tempo. La monade-<strong>Leibniz</strong>,<br />

per esempio, esisteva in forma <strong>di</strong> seme sin dall'inizio dei tempi.<br />

Contrariamente al pregiu<strong>di</strong>zio popolare, ciò che essa acquisì <strong>il</strong><br />

primo luglio 1646 fu soltanto l'unificazione delle mona<strong>di</strong> compagne<br />

che compongono <strong>il</strong> suo corpo esteriore. (<strong>Il</strong> fatto che <strong>Leibniz</strong><br />

avesse due genitori ha tormentato i seguaci del f<strong>il</strong>osofo - chi<br />

possedeva la monade, mamma o papà? -ma costoro hanno fatto<br />

del loro meglio per superare <strong>il</strong> "problema del sesso".) Inoltre,<br />

poiché gli scienziati hanno mostrato che anche tra le fiamme piccole<br />

particelle <strong>di</strong> cenere sopravvivono <strong>nel</strong> fumo, risulta evidente<br />

che la monade-<strong>Leibniz</strong> continuerà a esistere infinitamente in forma<br />

microscopica - forse fluttuando su un frammento <strong>di</strong> polvere<br />

attorno alla sua città preferita, Parigi, dove si godrà i ricor<strong>di</strong> dei<br />

giorni più lieti e riceverà da <strong>Dio</strong> premi e punizioni, conformemente<br />

alle proprie azioni.<br />

Una delle più singolari e controverse inferenze che <strong>Leibniz</strong><br />

trae dalla natura sostanziale delle mona<strong>di</strong> è questa: <strong>il</strong> futuro <strong>di</strong><br />

una monade è scritto <strong>nel</strong>la sua essenza sin dall'inizio dei tempi.<br />

Egli esprime questa sorprendente dottrina in termini sia logici


224 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

sia metafisici. <strong>Il</strong> concetto "completo" <strong>di</strong> una sostanza, afferma,<br />

deve contenere tutti i pre<strong>di</strong>cati che sempre sono stati e sempre<br />

saranno veri a proposito <strong>di</strong> essa. Per esempio - e qui egli suscita<br />

molta irritazione tra i suoi critici - <strong>il</strong> concetto completo <strong>di</strong> "Cesare"<br />

include sempre e in ogni tempo <strong>il</strong> pre<strong>di</strong>cato "ha passato <strong>il</strong><br />

Rubicone", proprio come <strong>il</strong> concetto completo <strong>di</strong> "<strong>Leibniz</strong>", presumib<strong>il</strong>mente,<br />

include sempre e in ogni tempo <strong>il</strong> pre<strong>di</strong>cato "ha<br />

visitato <strong>Spinoza</strong> all'Aja". Una monade, si potrebbe <strong>di</strong>re, è <strong>il</strong> soggetto<br />

ideale per una biografia: l'intera storia della sua vita si <strong>di</strong>spiega,<br />

con assoluta necessità logica, dalla sua essenza singolare;<br />

sicché <strong>il</strong> biografo deve soltanto in<strong>di</strong>viduare tale essenza per<br />

stab<strong>il</strong>ire una trama e uno schema dei capitoli adeguati.<br />

La vita <strong>di</strong> una monade non sembra tanto solitaria quanto<br />

effettivamente è. Ciascuna monade, secondo <strong>Leibniz</strong>, ha in sé<br />

uno "specchio" dell'intero universo - un quadro <strong>di</strong> ciò che accade<br />

ovunque in tutti i tempi e <strong>di</strong> come le sue proprie attività<br />

si inseriscono in esso. Così, le mona<strong>di</strong> sono essenzialmente affini-alla-mente.<br />

Cioè, esse hanno una facoltà percettiva che costruisce<br />

per loro un quadro del <strong>mondo</strong> "esterno", e una facoltà<br />

appercettiva che registra la consapevolezza <strong>di</strong> questo stesso processo<br />

<strong>di</strong> percezione.<br />

Me<strong>di</strong>ante questi "specchi" <strong>di</strong> coscienza, ogni monade replica,<br />

all'interno <strong>di</strong> se stessa, l'intero universo delle mona<strong>di</strong>, e dunque<br />

ogni monade è un "universo in prototipo". <strong>Leibniz</strong> fa riferimento<br />

a questa strana visione <strong>di</strong> mon<strong>di</strong>-entro-mon<strong>di</strong> come al<br />

"principio del macrocosmo e del microcosmo" - volendo significare<br />

che <strong>il</strong> microcosmo contiene e replica <strong>il</strong> macrocosmo giù giù<br />

fino all'infinitamente piccolo. Egli esprime la medesima idea<br />

quando afferma che l'antica dottrina secondo cui "Tutto è Uno"<br />

deve essere integrata dal non meno importante corollario secondo<br />

cui "Uno è Tutto".<br />

Se <strong>Leibniz</strong> avesse scritto <strong>nel</strong>l'era delle tecnologie dell'informazione,<br />

sia detto per inciso, molto probab<strong>il</strong>mente avrebbe sostituito<br />

le mona<strong>di</strong>-specchio con computer portat<strong>il</strong>i su cui avrebbe<br />

fatto girare programmi interattivi <strong>di</strong> realtà virtuale. Una sim<strong>il</strong>e<br />

metafora forse <strong>il</strong>lustra meglio in che senso le mona<strong>di</strong> interagiscono<br />

con un universo più ampio solo internamente, in modo<br />

"virtuale", dato che esse non possono avere alcun contatto reale<br />

con <strong>il</strong> resto dell'universo.<br />

Le mona<strong>di</strong> specchio, comunque, sono un po' graffiate e <strong>di</strong>fettose<br />

- indubbiamente proprio come gli specchi con <strong>il</strong> retro argentato<br />

che possono aver attratto lo sguardo del f<strong>il</strong>osofo a Parigi.<br />

(Oppure, si potrebbe <strong>di</strong>re, gli schermi <strong>di</strong> realtà virtuale hanno<br />

una bassa risoluzione; oppure, <strong>il</strong> software ha ancora molti <strong>di</strong>fetti<br />

<strong>di</strong> programmazione.) Sicché, tutte le mona<strong>di</strong> hanno una per-


14. !!ANTIDOTO ALLO SPINOZISMO 225<br />

cezione confusa del <strong>mondo</strong> circostante. (Salvo <strong>Dio</strong>, ovviamente,<br />

la cui versione <strong>di</strong> "Windows" è perfetta.)<br />

La logica del suo sistema - e non un capriccio arbitrario e<br />

neppure una teoria nata dall'inconscio, come qualcuno ha voluto<br />

suggerire - costringe <strong>Leibniz</strong> a graffiare gli specchi delle sue<br />

mona<strong>di</strong>. Le imprecisioni <strong>nel</strong>le percezioni delle mona<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduali<br />

giocano un ruolo chiave <strong>nel</strong> <strong>di</strong>stinguere una monade dall'altra,<br />

perché proprio la prospettiva parziale <strong>di</strong> ciascuna monade<br />

sulla totalità fa <strong>di</strong> essa un in<strong>di</strong>viduo unico con, per così <strong>di</strong>re,<br />

un suo proprio "punto <strong>di</strong> vista". Ecco cosa <strong>Leibniz</strong> intende quando<br />

afferma che una monade sussiste "in se stessa" ma non necessariamente<br />

è "concepita tramite se stessa". Altrimenti detto:<br />

due mona<strong>di</strong> con una conoscenza assolutamente perspicua dell'intero<br />

universo sarebbero in<strong>di</strong>stinguib<strong>il</strong>i - in effetti, esse sarebbero<br />

entrambe <strong>Dio</strong>, ovvero ciò tramite cui tutte le sostanze sono<br />

concepite.<br />

Non meno importante, la presenza <strong>di</strong> macchie sugli specchi<br />

crea <strong>nel</strong>le mona<strong>di</strong> la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> "libero arbitrio", o almeno così<br />

<strong>Leibniz</strong> asserisce. Sebbene l'intero passato e l'intero futuro <strong>di</strong><br />

una monade sia incastonato <strong>nel</strong> suo concetto completo, ciò non<strong>di</strong>meno,<br />

a causa dell'ottica <strong>di</strong> scarsa qualità, una monade non<br />

può comprendere la propria essenza in modo pienamente perspicuo.<br />

Poiché non conosce <strong>il</strong> proprio futuro (che <strong>Dio</strong>, invece, conosce),<br />

la monade è costretta a prendere decisioni e si comporta<br />

come se fosse libera. Così, per esempio, <strong>Dio</strong> sapeva sin dall'eternità<br />

che <strong>Leibniz</strong> si sarebbe recato a visitare <strong>Spinoza</strong> all'Aja; ma,<br />

quando scese dal battello, <strong>Leibniz</strong> si trovò <strong>di</strong> fronte alla scelta tra<br />

camminare verso <strong>il</strong> Pav<strong>il</strong>joensgracht oppure fermarsi per tutto <strong>il</strong><br />

pomeriggio in un caffè.<br />

L'oscurità <strong>nel</strong>le mona<strong>di</strong>-specchio, infine, ci consente <strong>di</strong> spiegare<br />

le <strong>di</strong>fferenze cruciali che sussistono tra i <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> mona<strong>di</strong>.<br />

Sebbene in ultima analisi le mona<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferiscano per grado<br />

e non per specie, tuttavia esse ricadono approssimativamente in<br />

tre gruppi, corrispondenti a ciò che noi siamo soliti considerare<br />

rocce, animali e persone. Tutte le mona<strong>di</strong> sono in qualche misura<br />

affini alla mente, ma soltanto le mona<strong>di</strong> tipo-persona hanno<br />

una "mente" <strong>nel</strong> significato proprio del termine. Cioè, i loro specchi<br />

- le loro facoltà percettiva e appercettiva - sono sv<strong>il</strong>uppati al<br />

punto che esse hanno memoria e autocoscienza. Le mona<strong>di</strong> animali<br />

hanno un'anima, ma non hanno una mente, a rigor <strong>di</strong> termini,<br />

perché la loro "appercezione", cioè la loro autocoscienza,<br />

tende a essere carente (<strong>Leibniz</strong> è un po' vago su questo punto,<br />

ma, in ogni caso, è importante notare che, in confronto ai cartesiani<br />

che picchiavano i cani, egli era praticamente un attivista<br />

che lottava per i <strong>di</strong>ritti degli animali, poiché insisteva che è ri-


226 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

pugnante considerare gli animali come mere macchine). Le marra<strong>di</strong><br />

tipo-pietra sono estremamente passive, e dunque <strong>Leibniz</strong> ha<br />

ben poco da <strong>di</strong>re su <strong>di</strong> esse. Si noti, tuttavia, che ciò che noi consideriamo<br />

un essere umano in<strong>di</strong>viduale consiste <strong>di</strong> una monademente<br />

che domina su un infinito agglomerato turbinoso <strong>di</strong> mona<strong>di</strong>-corpo<br />

tipo-pietra.<br />

Con questa ultima osservazione, iniziamo a cogliere <strong>il</strong> punto<br />

principale della strana favola delle mona<strong>di</strong>. <strong>Leibniz</strong> si propone<br />

<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sporre <strong>il</strong> contesto entro <strong>il</strong> quale <strong>il</strong> problema cartesiano<br />

del rapporto mente-corpo possa essere risolto e l'immaterialità<br />

della mente possa essere preservata contro la sostanza spinoziana<br />

annich<strong>il</strong>atrice-della-mente. Nel nuovo lessico monadologico,<br />

<strong>il</strong> problema del rapporto mente-corpo potrebbe essere riformulato<br />

in questi termini: come fanno le mona<strong>di</strong>-mente a coor<strong>di</strong>nare<br />

le loro attività con le marra<strong>di</strong>-corpo in modo da lavorare tutte<br />

insieme per realizzare un universo coerente <strong>nel</strong> quale le menti e<br />

i corpi paiono interagire? Per esempio: come avviene che, quando<br />

la monade-mente <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> decide <strong>di</strong> incontrare <strong>Spinoza</strong> all'Aja,<br />

le sue marra<strong>di</strong>-corpo lo fanno salire a bordo <strong>di</strong> un brigantino,<br />

lo trasportano lungo i canali e bussano alla porta del suo collega<br />

f<strong>il</strong>osofo? E come avviene che l'altrettanto in<strong>di</strong>pendente monade-<strong>Spinoza</strong><br />

organizzi le proprie mona<strong>di</strong>-corpo in modo da aprire<br />

la porta al suo visitatore?<br />

Ora, formulato in questi termini, è evidente che, entro <strong>il</strong> sistema<br />

leibniziano, <strong>il</strong> problema del rapporto corpo-mente non si<br />

riferisce più a qualcosa che è logicamente impossib<strong>il</strong>e, ma soltanto<br />

a qualcosa che sembra grottescamente improbab<strong>il</strong>e. Cioè,<br />

<strong>Leibniz</strong> non deve spiegare come due classi <strong>di</strong> enti ra<strong>di</strong>calmente<br />

<strong>di</strong>versi - menti e corpi - possano interagire reciprocamente; egli<br />

semplicemente assume come un dato <strong>di</strong> fatto che tutte le sostanze<br />

siano della medesima natura mentale e che non interagiscano affatto<br />

reciprocamente. Resta solo un problema: sembra altamente<br />

improbab<strong>il</strong>e, a <strong>di</strong>r poco, che tutte queste mona<strong>di</strong> possano coor<strong>di</strong>nare<br />

le loro attività, guidate dall'interno, in modo tale da produrre<br />

un <strong>mondo</strong> coerente - che la monade-mente-<strong>Leibniz</strong> non<br />

possa decidere <strong>di</strong> fare visita a <strong>Spinoza</strong>, per esempio, mentre <strong>il</strong> resto<br />

<strong>di</strong> lui si beve una tazza <strong>di</strong> caffè.<br />

Questa interpretazione del problema prepara la strada a quello<br />

che <strong>Leibniz</strong> presenta come <strong>il</strong> suo splen<strong>di</strong>do lascito all'umanità:<br />

la dottrina della "armonia prestab<strong>il</strong>ita". Benché ciascuna morrade<br />

agisca secondo leggi <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo sue proprie, puramente interne,<br />

<strong>Leibniz</strong> asserisce, ciascuna è progettata in modo tale che<br />

<strong>il</strong> <strong>mondo</strong> entro cui essa si percepisce agire è perfettamente coerente<br />

con <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> entro cui tutte le altre marra<strong>di</strong> percepiscono<br />

se stesse patire gli effetti <strong>di</strong> quelle stesse azioni. Così, per esem-


14. !.!ANTIDOTO ALLO SP!NOZ!SMO 227<br />

pio, quando la monade-mente-<strong>Leibniz</strong> decide <strong>di</strong> fare visita a <strong>Spinoza</strong>,<br />

le mona<strong>di</strong>-corpo-<strong>Leibniz</strong> programmano anch'esse una passeggiata<br />

verso <strong>il</strong> Pav<strong>il</strong>joensgracht.<br />

La scelta leibniziana <strong>di</strong> una metafora musicale per descrivere<br />

la coor<strong>di</strong>nazione delle attività delle mona<strong>di</strong> sembra molto in<br />

sintonia con la sua epoca. Alla fine del Seicento, le gioie della musica<br />

<strong>di</strong> contrappunto furono largamente celebrate, le gran<strong>di</strong> opere<br />

architettoniche erano elogiate come "musica congelata", e anche<br />

le orbite dei pianeti attorno al sole si <strong>di</strong>ceva avessero gradevoli<br />

proprietà musicali.<br />

A volte, però, <strong>Leibniz</strong> ricorre a una metafora <strong>di</strong>versa, tratta<br />

da un'altra meraviglia della sua epoca: l'orologio. Mente e corpo,<br />

egli <strong>di</strong>ce, sono come una coppia <strong>di</strong> orologi perfettamente costruiti<br />

e perfettamente sincronizzati. Dicono la medesima ora<br />

per tutta l'eternità, non perché essi siano legati l'uno all'altro da<br />

un vincolo causale, e neanche perché qualcuno intervenga per<br />

regolare l'uno sulla base dell'altro, bensì perché ciascuno <strong>di</strong> essi<br />

in<strong>di</strong>pendentemente procede attraverso la medesima serie <strong>di</strong><br />

secon<strong>di</strong> in virtù dei propri congegni. (È interessante sottolineare<br />

che al tempo <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> gli orologi erano notoriamente imprecisi<br />

e tendevano a <strong>di</strong>vergere sensib<strong>il</strong>mente l'uno dall'altro verso<br />

la fine <strong>di</strong> ogni giornata <strong>di</strong> lavoro; ma si faceva a gara <strong>nel</strong> tentativo<br />

<strong>di</strong> realizzarne uno abbastanza affidab<strong>il</strong>e da poter essere<br />

ut<strong>il</strong>izzato per misurare la longitu<strong>di</strong>ne delle navi in mare.) Nell'epoca<br />

della tecnologia dell'informazione, noi probab<strong>il</strong>mente<br />

propenderemmo per una metafora <strong>di</strong>versa: sebbene ogni monade<br />

faccia girare <strong>il</strong> proprio software <strong>di</strong> "realtà virtuale" su una<br />

base in<strong>di</strong>pendente, non collegata in rete, potremmo <strong>di</strong>re, la realtà<br />

virtuale <strong>di</strong> ogni monade è perfettamente coerente con le realtà<br />

virtuali <strong>di</strong> tutte le altre mona<strong>di</strong>.<br />

Non c'è bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo, lo straor<strong>di</strong>nario grado <strong>di</strong> compatib<strong>il</strong>ità<br />

reciproca tra le mona<strong>di</strong> è molto maggiore <strong>di</strong> quello che si<br />

potrebbe mai attribuire a qualunque orologio meramente umano<br />

o persino a qualunque immortale industria <strong>di</strong> software. In effetti,<br />

afferma <strong>Leibniz</strong>, l'armonia prestab<strong>il</strong>ita è palesemente opera<br />

artigianale <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Quando crea l'infinita infinità delle mona<strong>di</strong><br />

<strong>nel</strong> big flash, l'Onnipotente progetta ciascuna in modo tale che<br />

<strong>il</strong> suo principio interno <strong>di</strong> attività si armonizzi perfettamente con<br />

quelli <strong>di</strong> tutte le altre. La dottrina dell'armonia prestab<strong>il</strong>ita potrebbe<br />

anche essere interpretata come una versione generalizzata<br />

e forse più elegante dell'"occasionalismo" <strong>di</strong> Malebranche. Secondo<br />

quest'ultimo, <strong>Dio</strong> interviene in ogni occasione in cui si verifica<br />

un'interazione tra mente e corpo, in una serie interminab<strong>il</strong>e<br />

<strong>di</strong> miracoli compiuti in tempo reale. Nel <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>,<br />

<strong>Dio</strong> interviene una volta soltanto, al momento della creazione, in


228 IL CORTIGIANO E l!ERETTCO<br />

un miracolo originale <strong>nel</strong> quale egli programma l'infinita infinità<br />

delle mona<strong>di</strong> con un'ab<strong>il</strong>ità tanto sbalor<strong>di</strong>tiva da fare sì che esse<br />

cantino in armonia per tutta l'eternità.<br />

Inoltre, l'armonia prestab<strong>il</strong>ita si pone nettamente come evidente<br />

sostituto della dottrina spinoziana del parallelismo. <strong>Spinoza</strong>,<br />

dobbiamo ricordare, asserisce che mente e corpo operano<br />

in parallelo perché sono realmente la stessa cosa vista da due <strong>di</strong>verse<br />

angolazioni, come due facce della stessa medaglia. <strong>Leibniz</strong><br />

implicitamente ammette che mente e corpo sembrano operare in<br />

parallelo, come due orologi che emettono <strong>il</strong> loro ticchettio l'uno<br />

accanto all'altro; ma, a suo avviso, essi lo fanno soltanto in grazia<br />

dell'impeccab<strong>il</strong>e ab<strong>il</strong>ità artigiana <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, poiché in se stessi<br />

sono ra<strong>di</strong>calmente in<strong>di</strong>pendenti l'uno dall'altro.<br />

Lintervento <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> sul problema mente-corpo è così meraviglioso,<br />

aggiunge <strong>Leibniz</strong>, da corrispondere a un'ulteriore prova<br />

della sua esistenza e della sua bontà. La prova appartiene all'antica<br />

tra<strong>di</strong>zione teologica, essa <strong>di</strong>vampava <strong>nel</strong> Seicento ma ha sempre<br />

bruciato da qualche parte <strong>nel</strong> cuore dell'immaginazione umana.<br />

Linterrogativo leibniziano - com'è che tutte le mona<strong>di</strong> riescono<br />

ad accordarsi così bene? - è una generalizzazione <strong>di</strong> alcune<br />

più semplici domande che sono state poste molte volte precedentemente:<br />

com'è che le mele sono proprio della misura giusta<br />

per le nostre bocche? Come accade che l'acqua <strong>di</strong> cui abbiamo<br />

bisogno per vivere cada abbondantemente dal cielo? Con qualche<br />

modesta variazione terminologica, sim<strong>il</strong>i domande possono<br />

essere u<strong>di</strong>te frequentemente ancora oggi: com'è che i parametri<br />

apparentemente arbitrari delle leggi fisiche dell'universo, si chiedono<br />

alcuni, sono fissati precisamente su quei valori che rendono<br />

possib<strong>il</strong>e la vita <strong>nel</strong>l'universo? Come possono fenomeni così<br />

complessi come i processi della vita intelligente essere <strong>il</strong> risultato<br />

<strong>di</strong> un processo evolutivo senza scopo né progettista? La tesi<br />

che solo <strong>Dio</strong> possa rendere conto <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppi tanto improbab<strong>il</strong>i<br />

come mele <strong>di</strong>mensionate per <strong>il</strong> nostro morso, costanti cosmologiche<br />

congeniali, la vita intelligente e l'armonia prestab<strong>il</strong>ita, è generalmente<br />

definita "l'argomento fisico-teleologico". <strong>Spinoza</strong>,<br />

Hume, Kant, e molti altri f<strong>il</strong>osofi hanno posto in risalto da molto<br />

tempo che la logica <strong>di</strong> questa prova non è affatto cogente: essa<br />

stab<strong>il</strong>isce una probab<strong>il</strong>ità, non una certezza; e la probab<strong>il</strong>ità<br />

<strong>di</strong> un evento per sua natura assolutamente unico risulta in ogni<br />

caso indefinib<strong>il</strong>e. Ma, come <strong>Leibniz</strong> ben comprese, meri cav<strong>il</strong>li<br />

logici possono assai poco contro <strong>il</strong> duraturo richiamo <strong>di</strong> questa<br />

argomentazione.<br />

La storia delle mona<strong>di</strong> e dell'armonia prestab<strong>il</strong>ita chiaramente<br />

rafforza - ed è tesa a rafforzare - la visione politica <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>.<br />

Alla respublica christiana e all'impero della ragione, <strong>Leibniz</strong> ag-


14. l!ANTIDOTO ALLO SPINOZ!SMO 229<br />

giunge ora un terzo nome per <strong>il</strong> suo ideale politico: la città <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>.<br />

I citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> questa metropoli celeste, egli afferma, sono le mona<strong>di</strong><br />

pensanti del <strong>mondo</strong> - cioè tutta la gente - e l'armonia che<br />

esibiscono è un riflesso della gloria <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Un p<strong>il</strong>astro dell'or<strong>di</strong>ne<br />

teocratico rappresentato <strong>nel</strong>la città <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è la dottrina dell'immortalità<br />

personale, co<strong>di</strong>ficata <strong>nel</strong>la monadologia. <strong>Leibniz</strong> sostiene,<br />

infatti, che senza la credenza universale nei premi e <strong>nel</strong>le<br />

punizioni della vita oltremondana, la gente si comporterebbe molto<br />

peggio e l'anarchia <strong>di</strong>vorerebbe la società. Pertanto, la posta in<br />

gioco <strong>nel</strong>la sua confutazione della teoria spinoziana della mente<br />

è precisamente la salvaguar<strong>di</strong>a della civ<strong>il</strong>tà cristiana.<br />

Eppure, nonostante <strong>il</strong> suono me<strong>di</strong>oevale del pensiero politico<br />

del loro creatore, le mona<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> hanno anche un taglio<br />

curiosamente <strong>moderno</strong>. La città <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è una monarchia, certamente,<br />

<strong>di</strong> cui <strong>Dio</strong> è <strong>il</strong> re. Ma, tra i suoi abitanti terreni, regna una<br />

sorta <strong>di</strong> egualitarismo. Tutte le mona<strong>di</strong> sono create uguali; ciascuna<br />

monade incarna <strong>il</strong> Tutto, e ciascuna riflette la piena gloria<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong>; e pertanto ogni monade ha taluni fondamentali <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong><br />

citta<strong>di</strong>nanza. Infatti, <strong>Leibniz</strong> si oppone esplicitamente alla schiavitù,<br />

per esempio, sulla base dell'eguaglianza tra le mona<strong>di</strong>. L'universale<br />

eguaglianza delle mona<strong>di</strong> trova espressione anche <strong>nel</strong><br />

risoluto cosmopolitismo <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>:<br />

Giustizia è ciò che è ut<strong>il</strong>e alla comunità, e <strong>il</strong> bene pubblico è la suprema<br />

legge - una comunità, tuttavia, occorre rammentare, non <strong>di</strong><br />

pochi, non <strong>di</strong> una particolare nazione, bensì <strong>di</strong> tutti coloro che fanno<br />

parte della città <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> e, per così <strong>di</strong>re, dello stato dell'universo.<br />

Anche se, in seguito, i tedeschi anuolarono forzatamente l'ere<strong>di</strong>tà<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> <strong>nel</strong> nome dell'e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> uno stato nazionale,<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo non mostrò mai la minima esitazione sull'universalità<br />

del suo ideale. In occasione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>verbio tra le varie<br />

accademie europee, per esempio, egli scrive:<br />

Purché si realizzi qualcosa <strong>di</strong> r<strong>il</strong>evante, mi risulta in<strong>di</strong>fferente che<br />

lo si faccia in Germania oppure in Francia, poiché io cerco <strong>il</strong> bene<br />

del genere umano. Io non sono né un f<strong>il</strong>-elleno né un f<strong>il</strong>o-romano,<br />

ma bensì un f<strong>il</strong>-antropo.<br />

<strong>Leibniz</strong> era davvero un f<strong>il</strong>antropo, e forse era questo sia <strong>il</strong><br />

messaggio centrale racchiuso <strong>nel</strong>la sua monadologia sia <strong>il</strong> principale<br />

punto <strong>di</strong> contrasto con <strong>il</strong> vituperato <strong>Spinoza</strong>. Poiché, secondo<br />

quest'ultimo, l'essere umano non è niente <strong>di</strong> eccezionale,<br />

e solo l'ignoranza e la vanità conducono l'umanità a immaginare<br />

che noi "siamo la massima parte della natura". Ma, secondo<br />

<strong>Leibniz</strong>, l'essere umano è tutto - <strong>il</strong> fine e la sostanza del <strong>mondo</strong>.


230 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

<strong>Il</strong> <strong>moderno</strong> stato laico, se lo osserviamo in una prospettiva globale,<br />

somiglia alla repubblica libera <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> molto più che alla<br />

leibniziana città <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>; eppure, paradossalmente, molte delle<br />

credenze che guidano gli in<strong>di</strong>vidui <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> <strong>moderno</strong> -la fede<br />

<strong>nel</strong>la sacralità dell'in<strong>di</strong>viduo, l'ideale <strong>di</strong> carità, e che <strong>il</strong> genere umano<br />

tenda verso un unico fine - sembrerebbero <strong>di</strong>scendere <strong>di</strong>rettamente<br />

dal progetto teocratico leibniziano, essenzialmente contrario<br />

alla modernità.<br />

Uno dei tratti più interessanti della concezione monadologica<br />

leibniziana è anche <strong>il</strong> più ovvio <strong>di</strong> tutti: la monadologia sembra<br />

descrivere un ideale. La città <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> appare agli occhi <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

come una visione: realizzarla costituisce l'obiettivo <strong>di</strong> tutti i<br />

suoi sforzi (e degli sforzi degli in<strong>di</strong>vidui capaci <strong>di</strong> pensiero). In<br />

alcuni passi, <strong>Leibniz</strong> rende esplicita questa nozione, alquanto moderna,<br />

<strong>di</strong> progresso: "Dobbiamo riconoscere inoltre che l'intero<br />

universo è coinvolto in un perpetuo e massimamente libero progresso,<br />

sicché procede sempre verso una maggiore cultura". Eppure,<br />

a rigor <strong>di</strong> termini, la città <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è una rappresentazione del<br />

<strong>mondo</strong> reale, non <strong>di</strong> un <strong>mondo</strong> ideale. Noi siamo mona<strong>di</strong>, dopo<br />

tutto; noi siamo già immortali e necessariamente viviamo in base<br />

alle leggi dell'armonia prestab<strong>il</strong>ita. Questa fusione <strong>di</strong> - o forse<br />

confusione tra - raffigurazioni del reale e descrizioni dell'ideale<br />

è un connotato fondamentale della metafisica leibniziana,<br />

e forse suscita anche la domanda se l'intero sistema delle mona<strong>di</strong><br />

e delle armonie non fosse una sorta <strong>di</strong> utopia visionaria, anziché<br />

una rappresentazione della vita come la conosciamo.<br />

"Tutto questo, mi avvedo, non lo comprendo per niente," scrisse<br />

Samuel Clarke in risposta al tentativo leibniziano <strong>di</strong> spiegare<br />

le proprie idee sulle sostanze e sull'armonia prestab<strong>il</strong>ita, e non<br />

dobbiamo vergognarci <strong>di</strong> ammetterlo anche noi, oggi che ci è presentato<br />

<strong>nel</strong>le sue linee essenziali con la f<strong>il</strong>osofia monadologica.<br />

Russell confessa francamente che, a prima vista, la metafisica<br />

leibniziana lo colpì come "un'affascinante fiaba, coerente, forse,<br />

ma del tutto arbitraria". Probab<strong>il</strong>mente Hegel fornisce la più ut<strong>il</strong>e<br />

guida al riguardo: "La f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> appare come una sequenza<br />

<strong>di</strong> asserzioni arbitrarie, che si susseguono l'una dopo l'altra<br />

come un romanzo metafisica," egli riconosce. "Solo quando<br />

ve<strong>di</strong>amo cosa egli scelse <strong>di</strong> escludere da essa, noi impariamo ad<br />

apprezzarne <strong>il</strong> valore."<br />

C'è solo un f<strong>il</strong>o, infatti, che può condurci con sicurezza attraverso<br />

<strong>il</strong> labirinto della monadologia. Le stupefacenti e bizzarre caratteristiche<br />

delle mona<strong>di</strong> - l'assenza <strong>di</strong> finestre, le gravidanze, gli<br />

specchi chiazzati, le infinite copie dell'universo infinito e l'armo-


14. l!ANTIDOTO ALLO SPINOZJSMO 231<br />

nia prestab<strong>il</strong>ita - conseguono tutte con mirab<strong>il</strong>e rigore logico dalla<br />

premessa che la sostanzialità (cioè, l'unità assoluta, l'autoidentità,<br />

la libertà e la permanenza) sia una qualità delle menti degli<br />

in<strong>di</strong>vidui, e non della natura <strong>nel</strong> suo complesso. Ciò a cui <strong>Leibniz</strong><br />

è favorevole, spesso è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e da comprendere; ma ciò cui egli è<br />

contrario si riassume in una sola parola: <strong>Spinoza</strong>.<br />

Salvezza eterna<br />

<strong>Leibniz</strong>, come <strong>Spinoza</strong>, trova la felicità <strong>nel</strong>l'amore <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Ma,<br />

poiché i due f<strong>il</strong>osofi hanno idee assai <strong>di</strong>fferenti sulla natura sia<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong> sia dell'amore, inevitab<strong>il</strong>mente essi approdano a destinazioni<br />

molto <strong>di</strong>fferenti, nei loro rispettivi viaggi verso la salvezza.<br />

Secondo <strong>Spinoza</strong>, come sappiamo, la virtù è premio a se<br />

stessa. Quin<strong>di</strong> l'interrogativo sull'immortalità della persona può<br />

non avere alcun rapporto con la nostra salvezza, poiché l'uomo<br />

saggio non ha bisogno <strong>di</strong> altri premi in una presunta vita oltremondana<br />

per giustificare la virtù in questa vita. <strong>Leibniz</strong>, d'altro<br />

canto, si attiene alla più consueta opinione che, almeno in<br />

questa vita, la virtù spesso non viene premiata e <strong>il</strong> male sovente<br />

resta impunito. La credenza <strong>nel</strong>l'immortalità dell'anima, egli<br />

argomenta, è quin<strong>di</strong> essenziale se dobbiamo confidare che <strong>il</strong><br />

computo dei premi e delle punizioni <strong>nel</strong>l'universo corrisponderà<br />

un giorno a giustizia. La dottrina dell'immortalità personale,<br />

pertanto, è vitale per la nostra felicità. In verità, <strong>di</strong>ce <strong>Leibniz</strong>,<br />

l'attacco che <strong>Spinoza</strong> sferra contro la dottrina dell'immortalità<br />

personale, se ha successo, può servire solo a portare grande<br />

miseria al genere umano. (È curioso notare ancora una volta<br />

che, secondo la logica delle argomentazioni leibniziane, ciò<br />

che conta per la nostra felicità è la credenza <strong>nel</strong>la - e non <strong>il</strong> fa t­<br />

to della - immortalità. Anche se l'anima fosse mortale, noi potremmo<br />

ancora provare una beatitu<strong>di</strong>ne leibniziana, purché fossimo<br />

capaci <strong>di</strong> convincerci del contrario.)<br />

La <strong>di</strong>fferenza tra <strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong> sul tema della felicità, come<br />

su ogni altro argomento, <strong>di</strong>scende dai loro <strong>di</strong>fferenti atteggiamenti<br />

nei confronti <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Per <strong>Spinoza</strong>, l'amore intellettuale<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è la più alta forma <strong>di</strong> ragione. Ma, come sappiamo, questo<br />

amore intellettuale non è del tipo che può essere ricambiato.<br />

La sostanza spinoziana è totalmente in<strong>di</strong>fferente alle vicende urnane.<br />

Per <strong>Leibniz</strong>, d'altro canto, l'unico amore degno <strong>di</strong> questo nome<br />

è quello che promette puntuale e copioso contraccambio. Lo<br />

spinoziano amore <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> non ricambiato, afferma <strong>Leibniz</strong>, è <strong>di</strong><br />

fatto irragionevole.


232 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

<strong>Spinoza</strong> pensa che la mente possa essere largamente rinvigorita se<br />

comprende che quanto avviene accade per necessità. Ma l'animo del<br />

sofferente non è sod<strong>di</strong>sfatto dalla sua pulsione, né sente i mali in misura<br />

minore per questo motivo. L'anima è felice se comprende che<br />

<strong>il</strong> bene <strong>di</strong>scende dal male, e che quanto accade è orientato verso <strong>il</strong><br />

meglio, se siamo saggi.<br />

Nella Teo<strong>di</strong>cea, egli aggiunge che i dogmi spinoziani riguardo<br />

alla "brutale" necessità degli eventi "<strong>di</strong>struggono la fiducia in<br />

<strong>Dio</strong> che ci dona serenità, l'amore <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> che fa la nostra felicità".<br />

Le sue dottrine, al contrario, garantiscono che <strong>Dio</strong> agisce tenendo<br />

sempre in mente <strong>il</strong> nostro bene, e così ci danno la felicità e la<br />

tranqu<strong>il</strong>lità <strong>di</strong> cui abbiamo bisogno. La <strong>di</strong>fferenza cruciale tra i<br />

due f<strong>il</strong>osofi consiste proprio in questo: <strong>Spinoza</strong> trova la felicità<br />

amando <strong>Dio</strong>; <strong>Leibniz</strong> la trova <strong>nel</strong>l'amore con cui <strong>Dio</strong> ci contraccambia.<br />

(O, più precisamente, <strong>Leibniz</strong> trova la felicità <strong>nel</strong> convincimento<br />

che <strong>Dio</strong> ricambi <strong>il</strong> nostro amore.)<br />

La metafisica <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, non meno <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, è<br />

una confessione personale e un'involontaria autobiografia - una<br />

sorta <strong>di</strong> ologramma antologico del carattere del suo creatore. Con<br />

la sua ag<strong>il</strong>e sintesi <strong>di</strong> una straor<strong>di</strong>naria gamma <strong>di</strong> questioni e <strong>di</strong><br />

idee f<strong>il</strong>osofiche, ri flette le più alte aspirazioni <strong>di</strong> Guglielmo Paci<strong>di</strong>us,<br />

<strong>il</strong> Grande Pacificatore <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> pensiero. Nei suoi momenti<br />

fantastici e poetici, essa cattura qualcosa della ricchezza<br />

della vita immaginaria dell'uomo che aveva ideato <strong>il</strong> Piano Egitto<br />

e si era battuto contro i mulini a vento. Con l'intricatissima organizzazione<br />

delle sue numerose parti mob<strong>il</strong>i, essa incarna l'incomparab<strong>il</strong>e<br />

ingegno dell'inventore della più avanzata macchina<br />

<strong>di</strong> calcolo aritmetico dei suoi tempi. Nel suo eccesso <strong>di</strong> ingenuità<br />

- perché non si può sottovalutare che <strong>il</strong> sistema era a volte troppo<br />

ingegnoso - essa riflette qualcosa dell'insopprimib<strong>il</strong>e vanità<br />

del f<strong>il</strong>osofo. La sua estrema eccentricità suona come una firma ­<br />

<strong>il</strong> modo in cui <strong>Leibniz</strong> ricordava al <strong>mondo</strong> che questo era <strong>il</strong> suo<br />

sistema.<br />

Si ravvisa <strong>nel</strong>la monadologia, inoltre, qualcosa <strong>di</strong> quella sensib<strong>il</strong>ità<br />

legalistica - la strana <strong>di</strong>stanza interposta tra l'autore e i<br />

suoi stessi argomenti, così caratteristica <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> fin dalle sue<br />

prime opere. Come sempre, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo si mostra sorpreso e compiaciuto<br />

dei suoi stessi ragionamenti; parole come "vantaggioso",<br />

"ut<strong>il</strong>e" e "piacevole" sgorgano fac<strong>il</strong>mente dalla sua bocca. In<br />

tutte le sue ricerche f<strong>il</strong>osofiche, egli non scopre mai quel genere<br />

<strong>di</strong> cosa che altri definirebbero una "verità spiacevole". È sempre<br />

l'uomo <strong>di</strong> legge - un raffinatissimo, politicamente ben attrezza-


14. l!ANTIDOTO ALLO SPINOZISMO 233<br />

to, <strong>di</strong>fensore civico, dotato <strong>di</strong> una fortissima presenza scenica e<br />

<strong>di</strong> un'ab<strong>il</strong>ità innata per l'analisi della colpevolezza attraverso<br />

un'infinità <strong>di</strong> raffinate <strong>di</strong>stinzioni. Non lascia alcun dubbio nei<br />

suoi interlocutori su ciò <strong>di</strong> cui vorrebbe si convincessero. Ciò nonostante,<br />

non riesce mai a evitare completamente <strong>di</strong> suscitare <strong>il</strong><br />

fasti<strong>di</strong>oso interrogativo se davvero egli creda in ciò che <strong>di</strong>ce.<br />

<strong>Leibniz</strong> credeva davvero, <strong>nel</strong> profondo del suo cuore, che la<br />

realtà consistesse in un'infinità <strong>di</strong> sostanze, gravide, senza finestre?<br />

Oppure stava solo mettendo insieme frettolosamente una<br />

teoria ad hoc, che avrebbe salvato <strong>Dio</strong> dal verdetto <strong>di</strong> negligenza<br />

che appariva inevitab<strong>il</strong>e?<br />

Se lo credesse o no, è impossib<strong>il</strong>e determinarlo; ma sembra<br />

abbastanza certo che gli sarebbe piaciuto credere <strong>nel</strong> suo <strong>mondo</strong><br />

<strong>di</strong> mona<strong>di</strong>. La f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> esprime soprattutto l'in<strong>di</strong>genza<br />

del suo creatore. La sua è essenzialmente una metafisica del<br />

conforto, tesa a rafforzare in noi le rassicuranti convinzioni che<br />

<strong>Dio</strong> si preoccupa <strong>di</strong> noi, che non moriremo mai e che tutto è in<strong>di</strong>rizzato<br />

verso <strong>il</strong> meglio, <strong>nel</strong> migliore dei mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i. A un<br />

certo livello, certamente questa f<strong>il</strong>osofia rappresenta la risposta<br />

matura del f<strong>il</strong>osofo all'ardente desiderio <strong>di</strong> sicurezza e alla brama<br />

<strong>di</strong> una guida paterna che per la prima volta aveva rivelato al<br />

<strong>mondo</strong> quando era ancora uno scolaro. E proprio questo grido,<br />

sin troppo umano, che prorompe dal cuore ha dato al suo operato<br />

una <strong>di</strong>ffusione tanto universale, <strong>nel</strong>la storia della f<strong>il</strong>osofia<br />

successiva.<br />

<strong>Leibniz</strong>, forse solo con <strong>Spinoza</strong>, intese la <strong>di</strong>rezione generale<br />

della storia moderna. Ma, <strong>di</strong>versamente dal suo rivale terrib<strong>il</strong>mente<br />

autosufficiente, lo preoccupava moltissimo <strong>il</strong> prezzo che<br />

l'umanità avrebbe dovuto pagare in cambio del progresso. Egli<br />

comprese che quanto più la scienza ci <strong>di</strong>ce come è ogni cosa, tanto<br />

meno essa sembra chiarirci perché; e che la tecnologia, mentre<br />

ci rivela l'ut<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> ogni cosa, pare non trovi uno scopo in niente;<br />

e che l'umanità, mentre estende senza limiti <strong>il</strong> proprio potere,<br />

perde la fede <strong>nel</strong> valore <strong>di</strong> quegli stessi esseri che esercitano<br />

tale potere; e che, facendo dell'interesse personale <strong>il</strong> fondamento<br />

della società, l'umanità moderna si ritrova ad a<strong>nel</strong>are alle mete<br />

trascendenti che danno alla vita un qualunque interesse. <strong>Leibniz</strong><br />

vide la modernità anzitutto come una minaccia piuttosto che<br />

come un'opportunità. In tutte le sue opere f<strong>il</strong>osofiche, mirava a<br />

tutelare da questa minaccia la nostra percezione del fine e la nostra<br />

autostima, voleva salvaguardare un antico nucleo <strong>di</strong> valori<br />

dalla depredazione da parte dei nuovi. E nessun esponente del<br />

nuovo era più pericoloso e più influente <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

La matura metafisica leibniziana, in breve, era un braccio <strong>di</strong><br />

ferro con la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> quell'uomo che egli aveva incontrato


234 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

all'Aja. Ma <strong>Leibniz</strong> non consolidò la propria concezione matura<br />

prima che fossero trascorsi <strong>di</strong>eci anni da quell'incontro. I.:artificio<br />

spettacolare della monadologia fu <strong>il</strong> frutto <strong>di</strong> un <strong>di</strong>battito tutto<br />

interno alla sua mente con un interlocutore morto da tanto<br />

tempo. Essa riflette ciò che egli avrebbe desiderato che fosse avvenuto<br />

<strong>nel</strong>la casa sul Pav<strong>il</strong>joensgracht, forse, ma non ciò che effettivamente<br />

era accaduto. Infatti, suona come <strong>il</strong> monologo interiore<br />

<strong>di</strong> chi continuasse a rivivere un certo istante, rivedendo l'evento<br />

da <strong>di</strong>versi angoli visuali, provando e riprovando le proprie<br />

risposte, aggiungendo <strong>il</strong> commento <strong>di</strong> una voce fuori campo, rettificando<br />

lentamente i propri ricor<strong>di</strong> ed e<strong>di</strong>tando passaggi chiave<br />

sinché alla fine, <strong>nel</strong>l'ultimo replay, ottiene la vittoria che tanto<br />

a lungo aveva ritenuto gli spettasse <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto.


15. Una presenza ossessi va<br />

"Non riesco a <strong>di</strong>rti che vita <strong>di</strong>stratta sto conducendo," confidò<br />

<strong>Leibniz</strong> a un amico sul finire della mezza età. "Io ho così tante<br />

cose nuove <strong>di</strong> matematica, così tanti pensieri <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofia, così<br />

tante riflessioni letterarie <strong>di</strong> altro genere, che non voglio perdere,<br />

che sovente mi trovo in imbarazzo su cosa fare anzitutto ... "<br />

La prima voce <strong>nel</strong>l'elenco delle sue <strong>di</strong>strazioni era una genealogia.<br />

Dopo l'implosione della sua avventura mineraria, <strong>Leibniz</strong><br />

aveva bisogno <strong>di</strong> un nuovo sostegno su cui poggiare le proprie<br />

speranze <strong>di</strong> sicurezza professionale. Suggerì pertanto al duca<br />

Ernst August che una minuziosa storia dei Brunswick avrebbe<br />

accresciuto <strong>il</strong> prestigio del ducato <strong>di</strong> Hannover, e <strong>il</strong> duca fu felice<br />

<strong>di</strong> nominarlo storiografo <strong>di</strong> famiglia. In cambio, propose <strong>Leibniz</strong>,<br />

<strong>il</strong> duca gli avrebbe raddoppiato <strong>il</strong> salario. Di fatto, egli si accordò<br />

perché <strong>il</strong> suo attuale salario fosse convertito in una pensione<br />

a vita.<br />

L'affare si rivelò meno vantaggioso <strong>di</strong> quanto <strong>Leibniz</strong> probab<strong>il</strong>mente<br />

avesse sperato. Dopo quaranta anni trascorsi a fare<br />

rotolare questa pietra genealogica sulla collina solo per vederla<br />

ricadergli addosso, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo era in grado <strong>di</strong> ricostruire<br />

la storia del casato dei Brunswick soltanto fino all'un<strong>di</strong>cesimo<br />

secolo. Ma <strong>il</strong> progetto offrì un vantaggio immenso: fornì a <strong>Leibniz</strong><br />

<strong>il</strong> pretesto per lasciare Hannover. A quarantun anni, egli<br />

partì per quello che ai suoi datori <strong>di</strong> lavoro aveva promesso che<br />

sarebbe stato un viaggio <strong>di</strong> due mesi e mezzo allo scopo <strong>di</strong> raccogliere<br />

dati genealogici dai casati regnanti in Germania e in<br />

Italia. Fece sosta in decine <strong>di</strong> piccole e gran<strong>di</strong> città lungo tutto<br />

<strong>il</strong> percorso sino a Napoli; osservò rinomate collezioni <strong>di</strong> monete,<br />

foss<strong>il</strong>i e bruchi; assistette a rappresentazioni private <strong>di</strong> opere<br />

liriche; visitò tutte le principali biblioteche; incontrò i maggiori<br />

esperti della Cina, della Kabbalah, della tecnologia mineraria,<br />

della chimica, della matematica e dell'anatomia; e ritornò<br />

a casa due anni e mezzo dopo con un conto, st<strong>il</strong>ato puntigliosamente,<br />

<strong>di</strong> duem<strong>il</strong>atrecento talleri <strong>di</strong> spese e con un pugno <strong>di</strong><br />

lettere dal suono alquanto <strong>di</strong>fensivo <strong>nel</strong>le quali egli asseriva <strong>di</strong>


236 IL CORTIGIANO E l!ERETI.CO<br />

avere svolto, durante i suoi viaggi, un lavoro non trascurab<strong>il</strong>e a<br />

vantaggio del duca <strong>di</strong> Hannover.<br />

Le attività politiche <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, anch'esse, esaurirono molte<br />

delle sue energie negli anni dell'abbondanza. All'età <strong>di</strong> cinquant'anni,<br />

in riconoscimento dei suoi vali<strong>di</strong> consigli in materia<br />

<strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pubblico, egli fu elevato al rango <strong>di</strong> consigliere privato<br />

<strong>di</strong> giustizia: in or<strong>di</strong>ne gerarchico, <strong>il</strong> secondo grado civ<strong>il</strong>e <strong>nel</strong> paese.<br />

Le sue incessanti richieste <strong>di</strong> aumenti salariali cominciavano<br />

a riscuotere occasionali successi. Inclusi i proventi tratti dal secondo<br />

lavoro svolto in nero per i principati confinanti, <strong>il</strong> suo red<strong>di</strong>to<br />

era salito alla vertiginosa cifra <strong>di</strong> duem<strong>il</strong>a talleri l'anno - un<strong>di</strong>ci<br />

Unità <strong>Spinoza</strong>. Quando infine egli ottenne che fosse fondata<br />

l'Accademia delle Scienze <strong>di</strong> Berlino, cominciò a ricavare da<br />

quella fonte altri seicento talleri l'anno. Per gli standard dell'epoca,<br />

era <strong>di</strong>ventato un uomo molto ricco.<br />

Negli ultimi anni <strong>di</strong> vita, <strong>il</strong> grande f<strong>il</strong>osofo de<strong>di</strong>cò molto tempo<br />

anche a coltivare le sue amicizie con le dame <strong>di</strong> corte, principalmente<br />

con la duchessa (più tar<strong>di</strong> elettrice) Sophia e con la figlia,<br />

Sophia Charlotte, che <strong>di</strong>venne la prima regina <strong>di</strong> Prussia.<br />

Sophia aveva due pregi <strong>di</strong> cui suo marito, <strong>il</strong> duca Ernst August,<br />

con tutta evidenza era carente: uno spiccato senso dell'umorismo<br />

e un notevole interesse per la f<strong>il</strong>osofia. Mentre leggeva <strong>il</strong> Tractatus<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> <strong>nel</strong> 1679, per esempio, ella lo proclamò "mirab<strong>il</strong>e"<br />

e "completamente in accordo con la ragione". Era entusiasta<br />

del suo giovane figlio Friedrich August che "conosce Descartes e<br />

<strong>Spinoza</strong> quasi a memoria" e, quanto al suo primogenito, Georg<br />

Ludwig - <strong>il</strong> futuro re Giorgio r d'Ingh<strong>il</strong>terra - lo considerava un<br />

testone per via della sua mancanza <strong>di</strong> interesse per la metafisica.<br />

Quando apprese la notizia della morte <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, ella ribatté che<br />

doveva averlo avvelenato un ecclesiastico, perché "la maggior parte<br />

del genere umano vive <strong>di</strong> falsità" .<br />

<strong>Leibniz</strong> affermò, in seguito, che la sua Te o<strong>di</strong>cea era <strong>il</strong> (Tutto<br />

<strong>di</strong> conversazioni che egli aveva intrattenuto con la figlia <strong>di</strong> Sophia,<br />

Sophia Charlotte, nei giar<strong>di</strong>ni della residenza estiva della famiglia.<br />

Sophia Charlotte, a quanto pare, aveva un carattere anche<br />

più <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e della madre. "C'è una lettera <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>," <strong>di</strong>ce imbronciata<br />

a un amico. "Io adoro quest'uomo; ma mi irrita che con<br />

me egli tratti ogni cosa con tanta superficialità." Sul suo letto <strong>di</strong><br />

morte, secondo la leggenda tramandata dal nipote, Federico <strong>il</strong><br />

Grande, si racconta che la ancora vivace regina abbia detto ai<br />

prelati che le ronzavano intorno:<br />

Non tormentatemi, perché ora io vado a sod<strong>di</strong>sfare la mia curiosità<br />

sul principio delle cose che <strong>Leibniz</strong> non è mai stato in grado <strong>di</strong> spiegarmi;<br />

sullo spazio, l'infinito, l'essere e <strong>il</strong> nulla. E preparo per mio


15. UNA PRESENZA OSSESSJVA 237<br />

marito <strong>il</strong> re lo spettacolo <strong>di</strong> un funerale, in cui egli avrà una nuova<br />

opportunità <strong>di</strong> ostentare la propria magnificenza.<br />

<strong>Leibniz</strong> si trovava tanto a suo agio in compagnia <strong>di</strong> aristocratici<br />

che, a un certo punto, sembra abbia deciso <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare<br />

anch'egli uno <strong>di</strong> loro. Cominciò a firmare le proprie lettere con<br />

un piccolo e <strong>il</strong>leggib<strong>il</strong>e ghirigoro interposto tra i suoi nomi e <strong>il</strong><br />

cognome -uno svolazzo che prese sempre più fiducia in se stesso<br />

sinché inequivocab<strong>il</strong>mente rappresentò una "v", come in: Gottfried<br />

W<strong>il</strong>helm von <strong>Leibniz</strong>. Ma <strong>il</strong> <strong>cortigiano</strong> non fu mai nob<strong>il</strong>itato,<br />

e non vi è alcuna prova che egli si sia mai persuaso a separarsi<br />

dal denaro che sarebbe stato necessario per acquistare un<br />

sim<strong>il</strong>e segno <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione. Alla fine, lo svolazzo nob<strong>il</strong>i tante svanì<br />

dalle sue lettere, così misteriosamente come vi era comparso.<br />

Nonostante <strong>il</strong> viaggio, <strong>il</strong> lavoro da scribacchino, le principesse<br />

chiacchierone, e tutti gli altri impegni che <strong>di</strong>voravano <strong>il</strong> suo<br />

tempo, durante gli anni successivi <strong>Leibniz</strong> non rallentò mai l'eroico<br />

ritmo della sua attività intellettuale. Sfornava centinaia <strong>di</strong><br />

lettere ogni anno, in<strong>di</strong>rizzate a dotti corrispondenti; preparava<br />

trattati sulla chimica, sull'ottica, sull'economia e sulle "vere leggi<br />

della materia"; abbozzava nuovi problemi e nuove soluzioni <strong>nel</strong>la<br />

" scienza degli infiniti" (cioè <strong>nel</strong> calcolo); conduceva esperimenti<br />

mentali sulla characteristica universalis; eseguiva intricate analisi<br />

dei problemi teologici in gioco <strong>nel</strong>la riunificazione della chiesa;<br />

revisionava l'intero sistema legislativo tedesco; componeva migliaia<br />

<strong>di</strong> versi in latino con metro e ritmo perfetti; e armeggiava<br />

con la propria macchina calcolatrice aritmetica, che - ne era sicuro<br />

- un giorno sarebbe stata pronta per un uso pratico.<br />

La curiosità incauta, l'instancab<strong>il</strong>e passione per i passatempi<br />

colti, <strong>il</strong> piacere per l'argomentare sott<strong>il</strong>e, i molteplici e costantemente<br />

mutevoli livelli delle sue motivazioni, l'insaziab<strong>il</strong>e brama <strong>di</strong><br />

sicurezza, la nostalgia <strong>di</strong> Parigi o qualcosa <strong>di</strong> sim<strong>il</strong>e, l'arrivismo e<br />

l'attivismo politico interessato, l'incessante danzare lungo la linea<br />

che separa l'or<strong>di</strong>ne dal caos, e tutto <strong>il</strong> resto dell'abbagliante, annimaniacale<br />

spettacolo leibniziano continuò senza interruzione per<br />

gli ultimi trent'anni della vita del f<strong>il</strong>osofo. Via via che procedeva<br />

negli anni, <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>ventava sempre più <strong>Leibniz</strong>.<br />

Un giorno, qualche anno dopo, un giovane nob<strong>il</strong>uomo visitò<br />

l'ultimo grande dotto onnisciente rimasto al <strong>mondo</strong>, e ci lasciò<br />

un ritratto privato del f<strong>il</strong>osofo <strong>nel</strong>la propria casa durante gli anni<br />

della maturità:<br />

Benché abbia superato i sessant'anni anni d'età, e si presenti stranamente<br />

abbigliato con calzettoni <strong>di</strong> pelliccia, una veste da camera<br />

foderata con lo stesso materiale, grosse calze <strong>di</strong> feltro, invece delle


238 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

pantofole, e una lunga parrucca, dall'aspetto assai singolare, ciò non<strong>di</strong>meno<br />

egli è una persona assai raffinata e affab<strong>il</strong>issima, e ci intrattenne<br />

con considerazioni sulla politica e su vari argomenti letterari.<br />

Io riuscii infine a interrompere la conversazione per domandargli<br />

se volesse mostrarmi la sua biblioteca. [ . .. ] Ma, come alcuni<br />

conoscenti mi avevano preannunciato, egli rifiutò cortesemente. [ . .. ]<br />

Altre persone mi garantirono, tuttavia, che i libri <strong>nel</strong>la sua biblioteca<br />

erano molto numerosi e <strong>di</strong> grande pregio; ma mi spiegarono questa<br />

peculiarità <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, che egli preferiva introdurvisi da solo. Neppure<br />

l'elettore in persona, pertanto, aveva avuto modo <strong>di</strong> vederla: <strong>il</strong><br />

signor consigliere privato asseriva sempre che non era stato messo<br />

tutto in or<strong>di</strong>ne.<br />

Gli scritti composti in seguito da <strong>Leibniz</strong> stesso <strong>di</strong>pingono<br />

in gran parte <strong>il</strong> medesimo ritratto <strong>di</strong> un ciarliero, eccentrico, e<br />

talvolta incoerente anziano statista della repubblica delle lettere.<br />

Essi sembrano tracciare <strong>il</strong> programma <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o per un'intera<br />

università, scritto con <strong>il</strong> gusto della rivista <strong>di</strong> costume. Rivelano<br />

una mente affollata <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> persone, luoghi e idee,<br />

infiammata da un mai attenuato delirio <strong>di</strong> conoscere, e colma<br />

della più alta cultura, <strong>di</strong> banalità politiche, <strong>di</strong> questioni scottanti<br />

e <strong>di</strong> innocenti bugie.<br />

<strong>Il</strong> bizzarro costume <strong>di</strong> pelliccia e <strong>di</strong> feltro, sia detto per inciso,<br />

era una concessione resa da <strong>Leibniz</strong> all'età. Da quando aveva<br />

circa cinquant'anni, soffriva sempre più <strong>di</strong> una fasti<strong>di</strong>osa forma<br />

<strong>di</strong> artrite. Abbastanza sensatamente, tuttavia, egli evitò i me<strong>di</strong>ci<br />

del suo tempo - i quali, con le loro sanguisughe, i loro bisturi e<br />

le loro repellenti pozioni facevano molto più danno della malattia<br />

che asserivano <strong>di</strong> curare - e preferì seguire invece una terapia<br />

sartoriale <strong>di</strong> sua personale concezione.<br />

Con <strong>Leibniz</strong>, inevitab<strong>il</strong>mente, come con quasi tutti i f<strong>il</strong>osofi<br />

che invecchiano, si instaura anche una certa dose <strong>di</strong> sclerosi intellettuale.<br />

Via via che trascorrevano gli anni, gli elementi del sistema<br />

metafisico che per la prima volta egli aveva delineato <strong>nel</strong><br />

Discorso apparvero tanto evidenti, ai suoi occhi, che sovente non<br />

ravvisava <strong>il</strong> bisogno <strong>di</strong> argomentare a loro sostegno. Divennero<br />

una parte immutab<strong>il</strong>e della sua realtà, e <strong>il</strong> suo più profondo piacere<br />

f<strong>il</strong>osofico proveniva non tanto dal formulare le proprie tesi<br />

quanto piuttosto dal vedere la loro verità riflessa verso <strong>di</strong> sé <strong>nel</strong>le<br />

<strong>di</strong>chiarazioni e <strong>nel</strong>le attività altrui.<br />

Coloro che hanno osservato da lontano lo spettacolo del comportamento<br />

del f<strong>il</strong>osofo possono aver immaginato che l'incontro<br />

avvenuto all'Aja appartenesse ormai alla parte morta della sua<br />

storia personale, che fosse soltanto un'altra scena da lungo tempo<br />

<strong>di</strong>menticata <strong>nel</strong>l'incessante spettacolo <strong>di</strong> varietà della sua vita.<br />

All'epoca della Teo<strong>di</strong>cea, <strong>nel</strong> 1710, in effetti, <strong>Leibniz</strong> espunse


15. UNA PRESENZA OSSESSIVA 239<br />

virtualmente dalla propria esistenza quel poco che ancora restava<br />

dell'incontro <strong>nel</strong>la lettera che aveva in<strong>di</strong>rizzato al conte Ernst <strong>nel</strong><br />

1683. <strong>Il</strong> rendez-vous con <strong>Spinoza</strong> era considerato ora come l'equivalente<br />

<strong>di</strong> un casuale incontro in mare:<br />

Io vi<strong>di</strong> Monsieur de la Court e vi<strong>di</strong> anche <strong>Spinoza</strong> mentre tornavo<br />

dalla Francia passando attraverso l'Ingh<strong>il</strong>terra e l'Olanda, e appresi<br />

da loro alcuni interessanti aneddoti sulle vicende <strong>di</strong> quel periodo.<br />

Quanto alla sua precedente corrispondenza con <strong>Spinoza</strong>,<br />

<strong>Leibniz</strong> sembra voler chiudere la faccenda con una noncurante<br />

menzogna:<br />

Gli scrissi una volta una lettera sull'ottica, ora inclusa <strong>nel</strong>le sue opere<br />

[postume].<br />

L'affermazione secondo cui egli aveva scritto all'um<strong>il</strong>e molatore<br />

<strong>di</strong> lenti "una volta", ovviamente, è <strong>di</strong>rettamente contraddetta<br />

dalla prova contenuta proprio in quello stesso volume delle<br />

opere postume <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Nei suoi successivi scritti f<strong>il</strong>osofici, <strong>di</strong> regola, <strong>Leibniz</strong> cita <strong>il</strong><br />

nome <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> soltanto con un intento caricaturale. <strong>Il</strong> "famoso<br />

ebreo" è quasi sempre gemellato con Hobbes, quell'altro malfattore<br />

del <strong>moderno</strong> ateismo materialistico, ed è presentato fondatamente<br />

come <strong>il</strong> portavoce <strong>di</strong> una metafisica della "bruta necessità",<br />

palesemente assurda. "Non c'è bisogno <strong>di</strong> confutare una<br />

tesi così cattiva", egli afferma in un suo tipico commento sulla<br />

dottrina spinoziana secondo cui <strong>Dio</strong> solo è sostanza. Descrive la<br />

f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, in generale, come "penosa e incomprensib<strong>il</strong>e"<br />

e non mostra alcun interesse ad attaccare le argomentazioni<br />

del rivale in modo <strong>di</strong>retto o dettagliato. Anno dopo anno, la sua<br />

posizione ufficiale su <strong>Spinoza</strong> si calcificava come le giunture <strong>nel</strong><br />

suo corpo che andava irrigidendosi.<br />

Ma, <strong>di</strong>etro gli altalenanti atteggiamenti pubblici <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>,<br />

<strong>il</strong> fantasma <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> era ben lungi dall'aver lasciato in pace <strong>il</strong><br />

f<strong>il</strong>osofo-<strong>cortigiano</strong>. Nel profondo degli inquieti sforzi <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

si celava una permanente ansietà. Un'ansietà che si esprimeva in<br />

una stupefacente varietà <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>: <strong>nel</strong>la convulsa ricerca <strong>di</strong> sicurezza<br />

economica e <strong>di</strong> status sociale, <strong>nel</strong> terrore del provincialismo<br />

<strong>di</strong> Hannover, nei <strong>di</strong>sperati piani per riunificare una chiesa<br />

lacerata, nei timori <strong>di</strong> una rivoluzione politica, e nei frenetici attacchi<br />

contro una serie <strong>di</strong> colleghi f<strong>il</strong>osofi, da Descartes a Locke<br />

e a Newton. Ma era, in fondo, sempre la medesima ansietà. E, infine,<br />

giunse ad assumere un nome, che in<strong>di</strong>cava tutto ciò che,<br />

dentro <strong>di</strong> sé, <strong>Leibniz</strong> non poteva tollerare. Nei quarant'anni tra-


240 IL CORTIGIANO E l:ERETICO<br />

scorsi da quando aveva lasciato L'Aja, <strong>Leibniz</strong> aveva corso sempre;<br />

ma aveva corso in tondo, senza mai riuscire a <strong>di</strong>stricarsi dall'orbita<br />

dell'uomo che aveva incontrato <strong>nel</strong> novembre del 1676.<br />

La riunificazione della chiesa<br />

Quando <strong>Leibniz</strong> sottopose una versione compen<strong>di</strong>ata del proprio<br />

Discorso <strong>di</strong> metafisica ad Antoine Amauld, <strong>nel</strong> 1686, nutriva<br />

gran<strong>di</strong> speranze che protestanti e cattolici ben presto potessero<br />

prendere la comunione insieme, in una chiesa universale.<br />

Ma Arnauld inflisse a <strong>Leibniz</strong> un'um<strong>il</strong>iante battuta d'arresto. Al<br />

conte Ernst von Hessen-Rheinfels, che [·ungeva da me<strong>di</strong>atore <strong>nel</strong>la<br />

<strong>di</strong>scussione, <strong>il</strong> teologo offTì questa valutazione della metafisica<br />

leibniziana:<br />

Io trovo in questi pensieri così tante cose che mi terrorizzano, e che<br />

ogni uomo, se non mi inganno, troverà altrettanto spaventose, che<br />

io non vedo <strong>di</strong> quale ut<strong>il</strong>ità possa essere un sim<strong>il</strong>e scritto, che tutto<br />

<strong>il</strong> <strong>mondo</strong> rigetterà.<br />

La prima, fondamentale, preoccupazione <strong>di</strong> Arnauld verteva<br />

sulla concezione leibniziana del libero arbitrio, o meglio della<br />

mancanza <strong>di</strong> esso. Se "aver mangiato la mela" è un pre<strong>di</strong>cato necessario<br />

<strong>di</strong> "Adamo" per tutta l'eternità, rifletteva Amauld, allora<br />

Adamo non era realmente libero; e se non era libero, non ha<br />

peccato; e se egli non ha peccato, non vi è alcuna chiesa.<br />

<strong>Leibniz</strong> scrisse imme<strong>di</strong>atamente una risposta per <strong>di</strong>fendersi<br />

da accuse tanto terrib<strong>il</strong>i. La corrispondenza si protrasse per altre<br />

quattro lettere da una parte e dall'altra, durante <strong>il</strong> 1686 e <strong>il</strong><br />

1687, finché Arnauld ne invocò la cessazione. Due anni dopo che<br />

Amauld aveva interrotto i contatti con lui, l'insistente f<strong>il</strong>osofo gli<br />

scrisse ancora un'altra lettera, chiaramente <strong>nel</strong>la speranza <strong>di</strong> riprendere<br />

la <strong>di</strong>scussione. Ma Amauld morì quattro anni dopo, senza<br />

aver risposto.<br />

L'epistolario <strong>Leibniz</strong>-Amauld offre una ricca messe <strong>di</strong> informazioni<br />

sui problemi centrali della f<strong>il</strong>osofia monadologica. A un<br />

certo punto, <strong>Leibniz</strong> valutò persino l'eventualità <strong>di</strong> pubblicare <strong>il</strong><br />

carteggio, e gli stu<strong>di</strong>osi generalmente lo hanno considerato una<br />

delle più importanti opere del f<strong>il</strong>osofo. Inoltre, essi si compiacciono<br />

<strong>di</strong> sottolineare che <strong>il</strong> loro uomo fosse riuscito infine a ottenere<br />

la r<strong>il</strong>uttante ammissione che forse, dopo tutto, egli non negava<br />

<strong>il</strong> libero arbitrio, sicché forse, alla fine, aveva prevalso.<br />

In realtà, l'unico punto che Arnauld riuscì a stab<strong>il</strong>ire con vera<br />

sod<strong>di</strong>sfazione fu che <strong>Leibniz</strong> non era un <strong>eretico</strong> e che, quanto


15. UNA PRESENZA OSSESSIVA 241<br />

meno, era animato da buone intenzioni. In una lettera in<strong>di</strong>rizzata<br />

successivamente al conte Ernst, dopo aver deciso <strong>di</strong> troncare<br />

la conversazione, Arnauld esprime con brutale franchezza <strong>il</strong><br />

proprio giu<strong>di</strong>zio su <strong>Leibniz</strong> e sulla sua metafisica:<br />

Egli nutre alcune opinioni sulla fisica che sono veramente strane, e<br />

che non sembrano affatto sostenib<strong>il</strong>i. Ma io sono stato attento apresentargli<br />

i miei pensieri in una forma che non lo ferisse. Sarebbe<br />

molto meglio se egli cessasse, almeno per qualche tempo, questo genere<br />

<strong>di</strong> speculazioni per de<strong>di</strong>carsi al compito più grande che ci possa<br />

essere, e cioè alla scelta della vera religione.<br />

Evidentemente, a parere <strong>di</strong> Arnauld, la grande sintesi intellettuale<br />

realizzata da <strong>Leibniz</strong> non avrebbe potuto dare nessun<br />

contributo al progetto <strong>di</strong> riunificazione. È evidente, inoltre, che<br />

<strong>il</strong> teologo accettò quello scambio <strong>di</strong> lettere, peraltro infruttuoso,<br />

poiché era ansioso <strong>di</strong> convertire <strong>Leibniz</strong> al cattolicesimo. Nella<br />

successiva lettera a <strong>Leibniz</strong>, anche <strong>il</strong> conte Ernst chiede insistentemente<br />

al f<strong>il</strong>osofo <strong>di</strong> passare all'unica vera chiesa. I due ardenti<br />

cattolici, a quanto risulta, vedevano l'eventuale conversione<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> come un modo per giungere al suo datore <strong>di</strong> lavoro,<br />

<strong>il</strong> duca <strong>di</strong> Hannove1 e alla moglie Sophia, che rimanevano<br />

sfrontatamente protestanti. <strong>Il</strong> gran <strong>di</strong>scorrere <strong>di</strong> metafisica della<br />

riunificazione delle chiese, a quanto pare, era solo una forma<br />

in<strong>di</strong>retta <strong>di</strong> politica religiosa, come al solito.<br />

Non per questo <strong>Leibniz</strong> si sentì affatto <strong>di</strong>ssuaso dal procedere<br />

con <strong>il</strong> progetto <strong>di</strong> riunificazione. Respinto da Arnauld, egli levò<br />

<strong>il</strong> proprio sguardo verso una delle personalità più potenti <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong><br />

cattolico dell'epoca, Jacques-Benigne Bossuet, vescovo <strong>di</strong><br />

Meaux. Bossuet era <strong>il</strong> principale consigliere spirituale <strong>di</strong> Luigi XIV.<br />

Era austero, severo, e per niente alieno né avverso ai piaceri che<br />

vengono dall'esercitare un immenso potere politico. Proprio allora<br />

era intento a formulare i fondamenti ideologici per l'espulsione<br />

degli Ugonotti, per effetto dei quali centinaia <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong><br />

protestanti francesi furono torturati, stuprati, assassinati, e indotti<br />

in svariati altri mo<strong>di</strong> ad abbandonare le proprie case, con<br />

costi enormi per l'economia e per la società francese, ma con<br />

profonda sod<strong>di</strong>sfazione del re e del suo consigliere, i quali finalmente<br />

potevano vedere la loro nazione unita sotto una sola chiesa.<br />

Tra i contributi intellettuali resi da Bossuet al suo paese, va<br />

annoverato un libro in cui, con ampio uso <strong>di</strong> citazioni tratte dal<br />

Nuovo Testamento, <strong>di</strong>mostrava che <strong>il</strong> dominio <strong>di</strong> Luigi XIV era<br />

stato or<strong>di</strong>nato da <strong>Dio</strong>. Negli intervalli tra le azioni <strong>di</strong> pulizia etnica<br />

e gli impegni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, <strong>il</strong> vescovo trovò <strong>il</strong> tempo <strong>di</strong> condurre<br />

una campagna contro la nuova Opéra <strong>di</strong> Parigi - una forma <strong>di</strong>


242 IL CORTJGIANO E l:ERETICO<br />

spettacolo in cui, egli ne era convinto, si mettevano in musica le<br />

parole <strong>di</strong> Satana.<br />

Poiché Bossuet era sempre impegnatissimo, <strong>Leibniz</strong> corrispondeva<br />

soprattutto con la ristretta cerchia delle personalità più<br />

vicine al vescovo: <strong>il</strong> teologo Pelisson, che aveva pubblicato una<br />

tesi a favore dell'infallib<strong>il</strong>ità del papa, la badessa <strong>di</strong> Maubuisson,<br />

sorella della principessa Sophia, e Marie de Brinon, che era stata<br />

insegnante e segretaria della badessa. A giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Sophia,<br />

Brinon era straor<strong>di</strong>nariamente eloquente - perché non smetteva<br />

mai <strong>di</strong> parlare.<br />

<strong>Il</strong> tema del giorno era l'eresia. In particolar modo, <strong>Leibniz</strong><br />

aveva bisogno <strong>di</strong> sapere se i cattolici intendessero attenersi al decreto<br />

emanato dal Conc<strong>il</strong>io <strong>di</strong> Trento <strong>nel</strong> se<strong>di</strong>cesimo secolo, e volessero<br />

riba<strong>di</strong>re che i protestanti erano eretici. Sette anni <strong>di</strong> corrispondenza<br />

e un gran numero <strong>di</strong> prolissi documenti programmatici<br />

sulla natura dell'eresia sgorgarono dalla penna <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

prima che egli comprendesse che i suoi interlocutori non avevano<br />

alcun interesse a negoziare <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto della chiesa cattolica a<br />

emettere sentenze infallib<strong>il</strong>i su chi dovesse essere considerato<br />

<strong>eretico</strong> e chi invece no. Bossuet era incrollab<strong>il</strong>e <strong>nel</strong>le sue convinzioni<br />

in materia. "E così noi conseguiamo una chiara idea dell'autentico<br />

significato profondo delle parole cattolico e <strong>eretico</strong>,"<br />

egli <strong>di</strong>chiara, pontificando con fermezza. "Un <strong>eretico</strong> è un in<strong>di</strong>viduo<br />

che ha opinioni sue proprie. Che significa avere un'opinione?<br />

Significa seguire le proprie idee, i propri capricci personali."<br />

Bisognerebbe forse ricordare, a favore <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, che Bossuet<br />

alla fine si sentì costretto a chiamarlo "caparbio <strong>nel</strong>le proprie<br />

opinioni" ed "<strong>eretico</strong>".<br />

Verso la fine dello scambio epistolare, <strong>Leibniz</strong> finalmente<br />

andò in collera. Dalla sua penna sprizzò una sarcastica lettera in<strong>di</strong>rizzata<br />

a Marie de Brinon:<br />

Io ammiro la saldezza del vostro giu<strong>di</strong>zio [ ... ] quando non mi parlate<br />

<strong>di</strong> spe<strong>di</strong>re all'inferno tutto ciò che non è romano. [ . .. ] Tenetevi,<br />

se volete, <strong>il</strong> purgatorio, la transustanziazione, e tutti i vostri sette<br />

sacramenti; tenetevi anche <strong>il</strong> papa con tutto <strong>il</strong> suo clero, noi non<br />

ci opporremo. Astenetevi soltanto da due cose, e cioè: dal nuocere<br />

all'onore <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> venerando semplici creature, <strong>il</strong> che suscita una<br />

cattiva impressione in molte persone, e dall'offendere la carità che<br />

ciascuno deve agli altri uomini, manifestando uno spirito settario<br />

e <strong>di</strong> condanna.<br />

<strong>Il</strong> sarcasmo del commento su "tutti i vostri sette sacramenti"<br />

depone qui nettamente a sostegno della tesi secondo cui <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo,<br />

in realtà, non aveva mai attribuito molto cre<strong>di</strong>to alle dottrine<br />

religiose che egli si era proposto <strong>di</strong> provare per la prima vol-


15. UNA PRESENZA OSSESSfVA 243<br />

ta quando era ancora ventiduenne. La transustanziazione e gli<br />

altri paraphernalia dell'ortodossia, parrebbe, erano cavalli ormai<br />

esausti che potevano essere barattati a beneficio <strong>di</strong> un fine superiore:<br />

riunificare la chiesa. L'unica dottrina che davvero stava<br />

a cuore a <strong>Leibniz</strong> era <strong>il</strong> principio <strong>di</strong> carità, che costituisce <strong>il</strong> fondamento<br />

<strong>di</strong> ogni religione razionale. Purtroppo, non sapremo mai<br />

cosa la loquace maestra avrebbe risposto all'improvviso attacco<br />

<strong>di</strong> onestà <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, poiché sembra che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo non abbia mai<br />

inoltrato questa lettera. Invece, egli richiuse la propria in<strong>di</strong>gnazione<br />

<strong>nel</strong> cassetto della scrivania e spedì una risposta molto più<br />

<strong>di</strong>plomatica.<br />

Retrospettivamente, è curioso che Bossuet e i suoi sostenitori<br />

possano aver intrattenuto una qualche corrispondenza con<br />

<strong>Leibniz</strong>. Dopo tutto, proprio in quel momento Bossuet offriva al<br />

<strong>mondo</strong> un chiarissimo esempio del suo metodo preferito <strong>nel</strong> procedere<br />

alla riunificazione delle chiese, con <strong>il</strong> suo raccapricciante<br />

piano per estirpare gli ugonotti dalla Francia. Alla fine, tutto<br />

si chiarì in una lettera che Sophia ricevette dalla segretaria <strong>di</strong> sua<br />

sorella. Brinon, a quanto pare, pregava da sempre per la conversione<br />

<strong>di</strong> Sophia. Contemporaneamente, Pellison, <strong>il</strong> cui scritto sull'infallib<strong>il</strong>ità<br />

papale aveva dato inizio all'intero scambio, faceva<br />

la propria parte pregando per la conversione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. Proprio<br />

come accadde con Arnauld e con <strong>il</strong> conte Ernst, sembrerebbe,<br />

mentre <strong>Leibniz</strong> produceva dotti argomenti a sostegno della pace<br />

universale, le sue controparti erano interessate soprattutto ad assicurarsi<br />

la sua personale resa incon<strong>di</strong>zionata.<br />

La sua palese incapacità <strong>di</strong> accettare che i suoi interlocutori<br />

cattolici fossero molto più interessati allo status confessionale<br />

dei suoi datori <strong>di</strong> lavoro piuttosto che alla sua metafisica ci mostra<br />

un <strong>Leibniz</strong> stranamente avulso dalla realtà. Anche più surreale<br />

era la sua evidente convinzione <strong>di</strong> poter suscitare, con sott<strong>il</strong>i<br />

ragionamenti sull'infinita infinità delle mona<strong>di</strong>, qualche simpatia<br />

per i rinnegati praticanti delle chiese del Nord tra persone<br />

come Arnauld - o ad<strong>di</strong>rittura tra denigratori dell'Opéra e uccisori<br />

<strong>di</strong> protestanti come Bossuet e la sua cricca <strong>di</strong> fanatici. In effetti,<br />

<strong>Leibniz</strong> aveva perso i contatti con la realtà - ma solo perché<br />

era troppo in anticipo rispetto ai suoi tempi. Le sue controparti<br />

teologiche non intuivano la minaccia costituita da <strong>Spinoza</strong>, poiché<br />

non comprendevano ancora la natura del <strong>mondo</strong> <strong>moderno</strong><br />

che emergeva intorno a loro. Ai loro occhi, <strong>Leibniz</strong> poteva solo<br />

sembrare leggermente squ<strong>il</strong>ibrato, un uomo che spe<strong>di</strong>va immaginarie<br />

falangi <strong>di</strong> mona<strong>di</strong> a combattere contro invisib<strong>il</strong>i, suoi personali<br />

demoni. Agli occhi <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, d'altro canto, i suoi compagni<br />

entusiasti della riunificazione erano ciechi <strong>di</strong> fronte all'incombente<br />

crisi del nuovo secolo. Essi vedevano la riunificazione


244 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

come poco più <strong>di</strong> una rinegoziazione dei decreti dei conc<strong>il</strong>i me<strong>di</strong>evali.<br />

Non comprendevano, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, che si trattava<br />

solo <strong>di</strong> un fronte <strong>nel</strong> conflitto cosmico tra due forme della<br />

modernità: la forma sua propria, e quella del suo titanico e apparentemente<br />

onnipresente rivale.<br />

Fermare Locke<br />

Nel 1689, più o meno mentre <strong>Leibniz</strong> andava in giro per <strong>il</strong><br />

Canal Grande a Venezia, John Locke tornava in Ingh<strong>il</strong>terra dall'es<strong>il</strong>io<br />

in Olanda, sulla scia della Glorious Revolution, a bordo<br />

dello stesso vascello che traghettava verso lo scettro dell'isola<br />

un nuovo monarca, Guglielmo d'Grange. In valigia, Locke trasportava<br />

<strong>il</strong> manoscritto del proprio Essay Conceming Human<br />

Understan<strong>di</strong>ng. Quando infine fu pubblicata, sotto <strong>il</strong> regime inglese<br />

nuovamente tollerante, l'opera <strong>di</strong> Locke destò scalpore <strong>nel</strong>la<br />

repubblica europea delle lettere. Con <strong>il</strong> munifico avvallo <strong>di</strong><br />

Voltaire, questo testo <strong>di</strong>venne un classico dell'<strong>Il</strong>luminismo, e<br />

esercitò un'influenza <strong>di</strong>retta sugli estensori della Costituzione<br />

degli Stati Uniti. Oggi, l'Essay Conceming Human Understan<strong>di</strong>ng<br />

è considerato generalmente l'opera fondatrice della moderna<br />

f<strong>il</strong>osofia empiristica.<br />

<strong>Leibniz</strong> ne fu turbato e intimorito. Dopo che, <strong>nel</strong> 1700, apparve<br />

una traduzione francese (<strong>il</strong> suo inglese non era granché), egli si<br />

mise all'opera per realizzare, punto per punto, una energica risposta.<br />

I Nouveaux essais sur l'entendement humain sono <strong>il</strong> testo<br />

più lungo <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> e in qualche modo costituiscono la sua maggiore<br />

opera f<strong>il</strong>osofica. Si sv<strong>il</strong>uppano <strong>nel</strong>la forma <strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo tra<br />

F<strong>il</strong>alete, un francese che cortesemente cita a memoria brani <strong>di</strong><br />

Locke, e Teof<strong>il</strong>o, l'alter ego pred<strong>il</strong>etto <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. Neanche a <strong>di</strong>rlo,<br />

Teof<strong>il</strong>o finisce per prevalere <strong>nel</strong>la <strong>di</strong>scussione, ma non prima che<br />

F<strong>il</strong>alete riesca a proporre qualche interessante questione.<br />

Come tutta la sua vita in generale, <strong>il</strong> libro <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> appare<br />

a prima vista ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>sorganizzato. Tenta <strong>di</strong> aderire alla<br />

struttura dell'Essay <strong>di</strong> Locke, che è esso stesso uno sforzo piuttosto<br />

farraginoso, ma <strong>il</strong> suo entusiasmo prevale continuamente,<br />

e lo trascina in svariate pittoresche <strong>di</strong>gressioni - sulle pratiche<br />

me<strong>di</strong>che dell'epoca, sul modo in cui trattare con gli extraterrestri,<br />

su personalità interessanti che egli aveva incontrato, e così<br />

via. Come ci si poteva attendere, tuttavia, l'opera rivela al nostro<br />

sguardo un aspetto profondamente unitario.<br />

<strong>Leibniz</strong> ritorna ossessivamente su un tema che Locke aveva<br />

sollevato in un preciso paragrafo dell'Essay . <strong>Il</strong> brano che aveva<br />

scandalizzato <strong>Leibniz</strong> recita così:


15. UNA PRESENZA OSSESSIVA 245<br />

Noi abbiamo le Idee <strong>di</strong> Materia e Pensiero, ma forse non saremo mai<br />

in grado <strong>di</strong> sapere se qualche Essere meramente materiale pensi, oppure<br />

no; risulta impossib<strong>il</strong>e per noi, me<strong>di</strong>ante la contemplazione<br />

delle nostre proprie Idee, senza una rivelazione, scoprire se l'Onnipotenza<br />

non abbia forse dato a qualche Sistema <strong>di</strong> Materia, opportunamente<br />

<strong>di</strong>sposto, <strong>il</strong> potere <strong>di</strong> percepire e <strong>di</strong> pensare.<br />

"La f<strong>il</strong>osofia dell'autore," tuona <strong>Leibniz</strong> <strong>nel</strong>la sua replica "<strong>di</strong>strugge<br />

quello che mi sembra <strong>il</strong> punto più importante: che l'anima<br />

è imperitura." Le puntualizzazioni del testo <strong>di</strong> Locke, ovviamente,<br />

rendono esplicito che la sua proposta è solo congetturale<br />

o ipotetica: fo rse la materia può pensare, egli <strong>di</strong>ce; noi proprio<br />

non possiamo saperlo. Ma <strong>Leibniz</strong> trascura totalmente <strong>il</strong> carattere<br />

ipotetico dell'asserto <strong>di</strong> Locke. A suo avviso, la terrib<strong>il</strong>e catena<br />

<strong>di</strong> inferenze è ovvia: Locke afferma che la mente può essere<br />

una cosa materiale; pertanto, non vi è ragione <strong>di</strong> pensare che la<br />

mente non sia una cosa materiale; dunque, l'anima può essere<br />

considerata una cosa materiale, anch'essa; quin<strong>di</strong>, per quanto ne<br />

sappiamo, l'anima è peritura. In effetti, <strong>nel</strong>le cinquecento pagine<br />

dei Nouveaux essais sur l'entendement humain, <strong>Leibniz</strong> mira a<br />

confutare Locke proprio su questo punto. <strong>Il</strong> mio saggio è "quasi<br />

ultimato", <strong>di</strong>ce a un amico. "Mi preoccupa soprattutto <strong>di</strong>fendere<br />

l'immaterialità dell'anima che <strong>il</strong> Signor Locke mette in dubbio."<br />

Secondo <strong>Leibniz</strong>, la negazione lockeana dell'immaterialità<br />

della mente è strettamente legata a un'altra eresia, anche più tortuosa.<br />

Se la materia ha <strong>il</strong> potere <strong>di</strong> pensare, egli arguisce, allora<br />

la materia e <strong>il</strong> pensiero possono ben essere visti come due attributi<br />

della medesima sostanza. Infatti, Lady Masham, figlia del f<strong>il</strong>osofo<br />

Ralph Cudworth e arnica <strong>di</strong> Locke, scrive a <strong>Leibniz</strong> argomentando<br />

da un punto <strong>di</strong> vista lockeano: "<strong>Il</strong> mio dubbio in proposito<br />

sarebbe questo: mi chiedo se <strong>Dio</strong> non avrebbe potuto [ ... ]<br />

creare una sostanza inestesa, e poi unirla a una sostanza estesa .. .<br />

non vedo contrad<strong>di</strong>zione alcuna <strong>nel</strong>la coesistenza <strong>di</strong> pensiero e<br />

soli<strong>di</strong>tà <strong>nel</strong>la medesima sostanza". Nella mente <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, ovviamente,<br />

<strong>il</strong> tentativo un po' confuso della Lady <strong>di</strong> presentare pensiero<br />

ed estensione come attributi della medesima sostanza è assolutamente<br />

scandaloso, e può condurre soltanto alla conclusione<br />

che <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> consiste esclusivamente <strong>di</strong> una sostanza. <strong>Leibniz</strong><br />

è sicuro che lo stesso Locke sia colpevole <strong>di</strong> aderire alla teoria<br />

monistica della sostanza: ne è tanto convinto che, <strong>nel</strong>la prefazione<br />

ai N ouveaux essais sur l 'entendement humain, egli si prende<br />

<strong>il</strong> <strong>di</strong>sturbo <strong>di</strong> sferrare un violento attacco (sotto altri aspetti,<br />

un mistificante attacco) contro la dottrina dell'anima del <strong>mondo</strong>,<br />

"un'opinione la cui impossib<strong>il</strong>ità è chiaramente mostrata soltanto<br />

dal mio sistema, forse".


246 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

La vaga congettura lockeana che la materia possa essere in<br />

grado <strong>di</strong> pensare, ovviamente, è una esplicita dottrina spinoziana.<br />

:Linferenza secondo cui la materialità della mente implica la<br />

mortalità dell'anima - un'inferenza che Locke rigetta - è esplicitamente<br />

confermata da <strong>Spinoza</strong>. E l'idea che "pensiero e soli<strong>di</strong>tà"<br />

possano ben essere attributi della medesima sostanza è semplicemente<br />

un precursore logico della dottrina <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> secondo<br />

cui <strong>Dio</strong> solo è sostanza. La magistrale confutazione che <strong>Leibniz</strong><br />

fornisce del fondatore dell'empirismo inglese, insomma, è un velato<br />

attacco contro l'uomo che egli aveva incontrato <strong>nel</strong> 1676.<br />

Inoltre, Locke - come Descartes prima <strong>di</strong> lui - in realtà è soltanto<br />

una debole imitazione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>: egli "mette in dubbio" ciò<br />

che <strong>il</strong> suo tenebroso maestro <strong>di</strong>stntgge spietatamente.<br />

Nel 1704, proprio mentre stava rivedendo le ultime bozze dei<br />

Nouveaux essais, <strong>Leibniz</strong> ricevette la notizia che John Locke era<br />

morto. Decise <strong>di</strong> rinunciare a dare alle stampe la propria opera,<br />

perché era restio a pubblicare una critica <strong>di</strong> un uomo che non<br />

poteva più ergersi a propria <strong>di</strong>fesa, o almeno così <strong>di</strong>sse. I Nouveaux<br />

essais sur l'entendement humain non uscirono a stampa fino<br />

al 1765.<br />

Limplicita intuizione leibniziana che per certi aspetti Locke<br />

fosse vicino allo spinozismo, sia detto per inciso, probab<strong>il</strong>mente<br />

è più perspicace <strong>di</strong> quanto generalmente oggi ammettano gli stu<strong>di</strong>osi<br />

dell'opera del grande pensatore empirista. Locke scrisse<br />

gran parte del suo Essay durante l'es<strong>il</strong>io in Olanda, dal 1683 al<br />

1688, proprio <strong>nel</strong>lo stesso periodo in cui si procurava tutte le opere<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> e si introduceva in ambienti nei quali erano presenti<br />

alcuni in<strong>di</strong>vidui sospetti <strong>di</strong> essere liberi pensatori. Inoltre,<br />

i paralleli tra la sua opera e quella <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> vanno ben oltre gli<br />

aspetti in<strong>di</strong>viduati da <strong>Leibniz</strong>. Certo, è vero che Locke, conc<strong>il</strong>iante<br />

membro del clero cristiano, moderava i toni oppure offuscava<br />

alcune delle implicazioni più ra<strong>di</strong>cali del suo spinozismo<br />

-un compito per <strong>il</strong> quale era particolarmente in<strong>di</strong>cata la sua prosa<br />

inimitab<strong>il</strong>mente titubante.<br />

La grande politica<br />

Dalla successione polacca del 1669 alla successione inglese<br />

del 1714, <strong>Leibniz</strong> si lanciò in tutte le maggiori (e anche in molte<br />

delle minori) vicende politiche della sua epoca. In superficie, molto<br />

del suo lavoro sembra fosse volto a servire scopi particolari,<br />

locali - abitualmente quelli del suo datore <strong>di</strong> lavoro in quel particolare<br />

momento, che <strong>nel</strong>la maggior parte dei casi era <strong>il</strong> duca<br />

(poi elettore) <strong>di</strong> Hannover. Ma, in una prospettiva più ampia, ap-


15. UNA PRESENZA OSSESSIVA 247<br />

pare evidente che le attività politiche <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> in effetti erano<br />

guidate (ove possib<strong>il</strong>e) da una gran<strong>di</strong>osa visione del futuro della<br />

civ<strong>il</strong>tà occidentale - e da un'opprimente ansietà circa l'effettiva<br />

<strong>di</strong>rezione verso cui procedeva <strong>il</strong> corso della storia.<br />

Limperativo specifico e più pressante della strategia geopolitica<br />

leibniziana era quello <strong>di</strong> contenere Luigi XIV. Già <strong>il</strong> principale<br />

progetto politico del f<strong>il</strong>osofo, <strong>il</strong> Piano Egitto, era stato concepito<br />

in questa prospettiva. Nel 1683, <strong>Leibniz</strong> derideva apertamente<br />

<strong>il</strong> re Sole in una caustica pièce <strong>di</strong> satira politica, Mars christianissimus.<br />

Luigi sarebbe potuto essere una delle "delizie del genere<br />

umano", scrive in quell'opera, ma era <strong>di</strong>ventato invece "<strong>il</strong> flagello<br />

d'Europa".<br />

La strategia leibniziana <strong>di</strong> contenimento raggiunse la sua migliore<br />

espressione <strong>nel</strong> contesto delle due crisi <strong>di</strong> successione, collegate,<br />

che sconvolsero la scena politica europea all'alba del Settecento.<br />

Con l'approssimarsi della morte del malaticcio re Carlo<br />

II <strong>di</strong> Spagna, Luigi XIV manovrava per collocare <strong>il</strong> proprio nipote<br />

sul trono spagnolo. Gli altri sovrani d'Europa, e non ultimi gli<br />

Asburgo, ovviamente, nutrivano ben altre speranze per <strong>il</strong> futuro<br />

della Spagna. Quando Carlo II morì, <strong>nel</strong> 1700, Luigi XIV e <strong>il</strong> casato<br />

dei Borbone reclamarono, ciò nonostante, la corona spagnola;<br />

ne seguì una complessa serie <strong>di</strong> conflitti che coinvolsero tutte<br />

le maggiori potenze europee e portarono alla morte <strong>di</strong> centinaia<br />

<strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> persone, da un capo all'altro del continente.<br />

Contemporaneamente, lassù in Ingh<strong>il</strong>terra, la regina Anna<br />

(sorella <strong>di</strong> Maria e sorellastra <strong>di</strong> Guglielmo) non aveva fortuna<br />

nei suoi tentativi <strong>di</strong> generare un erede al trono. Luigi XIV, come<br />

ci si poteva aspettare, tramava per collocare sul trono d'Ingh<strong>il</strong>terra<br />

uno degli Stuart cattolici. Molti temevano che, in tal caso,<br />

l'Ingh<strong>il</strong>terra sarebbe stata ridotta al rango <strong>di</strong> stato vassallo della<br />

Francia. Per uno spettacolare caso <strong>di</strong> buona sorte genealogica,<br />

l'antagonista <strong>nel</strong>la corsa al trono altri non era che l'amica e patrocinatrice<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, Sophia, l'elettrice <strong>di</strong> Hannover, che era la<br />

nipote <strong>di</strong> Carlo I e la più regale dei restanti Stuart non cattolici.<br />

Per <strong>Leibniz</strong>, la prospettiva che la Francia potesse dominare<br />

sui due più potenti paesi contigui rappresentava un tremendo pericolo<br />

per la civ<strong>il</strong>tà. Nelle crisi <strong>di</strong> successione, egli si schierò dalla<br />

parte <strong>di</strong> tutti coloro che si opponevano a Luigi XIV. Con <strong>il</strong> suo<br />

Manifesto per la tutela dei <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> Carlo m e con altri scritti, sperava<br />

<strong>di</strong> persuadere gli spagnoli a respingere gli sforzi del re Sole<br />

per riven<strong>di</strong>care <strong>il</strong> loro trono. Con le Considerazioni sul problema<br />

della successione inglese, come anche in molte sue lettere, egli<br />

lottò per promuovere la causa degli Hannover in Ingh<strong>il</strong>terra.<br />

Lost<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> verso Luigi XIV rappresenta un interessante<br />

paradosso <strong>nel</strong> suo pensiero politico. Nei suoi scritti teore-


248 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

tici, <strong>Leibniz</strong> si propone come pala<strong>di</strong>no dell'idea <strong>di</strong> una respublica<br />

christiana che si estenda sull'intero continente europeo, sotto<br />

l'autorità <strong>di</strong> un solo monarca. Dato che Luigi XIV era un monarca<br />

che ambiva a riunire l'intera Europa sotto un'unica chiesa, ci<br />

potremmo domandare perché <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo lo considerasse un così<br />

grave flagello. Non si trattava soltanto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere la Germania<br />

dal suo più potente vicino, a quanto pare; né <strong>Leibniz</strong> era mosso<br />

esclusivamente dal desiderio <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>are sul trono <strong>di</strong> Ingh<strong>il</strong>terra<br />

<strong>il</strong> proprio datore <strong>di</strong> lavoro. (Anche se aveva reso nota la propria<br />

<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità a recarsi a Londra - con eccessivo entusiasmo,<br />

a giu<strong>di</strong>zio dei suoi colleghi cortigiani - qualora gli Hannover avessero<br />

richiesto i suoi servigi laggiù.) In effetti, <strong>Leibniz</strong> si opponeva<br />

visceralmente a Luigi XIV in quanto egli riteneva che <strong>il</strong> tipo <strong>di</strong><br />

monarchia assoluta del re Sole rappresentasse una forma <strong>di</strong> decadenza<br />

laica: una corruzione in cui sia la ragione sia la religione<br />

erano ridotte a m era retorica al servizio <strong>di</strong> una élite dominante<br />

completamente irreligiosa, subdola, e guidata solo dal proprio<br />

interesse.<br />

Nella sua polemica contro la successione dei Borbone al trono<br />

<strong>di</strong> Spagna, per esempio, egli <strong>di</strong>pinge un quadro agghiacciante<br />

della vita in Francia:<br />

La gente è calpestata senza pietà e ridotta a pane e acqua da tributi,<br />

tasse, imposte [ ... ] e tutto ciò per servire l'insaziab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> una Corte<br />

che non si cura affatto dei sud<strong>di</strong>ti che ha già, e cerca soltanto <strong>di</strong><br />

aumentare <strong>il</strong> numero <strong>di</strong> persone miserab<strong>il</strong>i ampliando i propri domini.<br />

Nel presentare a suo modo <strong>il</strong> catalogo degli orrori dell'ancien<br />

régime, <strong>Leibniz</strong> sembra raggiungere un climax quando <strong>di</strong>chiara<br />

che accogliere in Spagna <strong>il</strong> re francese significherebbe "aprire la<br />

porta alla <strong>di</strong>ssolutezza e al libertinaggio". Infine, egli rivela ciò<br />

che più teme <strong>di</strong> Luigi XIV:<br />

La cosa peggiore <strong>di</strong> tutte è che l'ateismo oggigiorno cammina a testa<br />

alta in Francia, che presunti gran<strong>di</strong> ingegni vi sono <strong>di</strong> moda, e<br />

che la pietà è volta in ri<strong>di</strong>colo.<br />

Lo spirito ateistico della Francia, egli tuona, è un "veleno" cui<br />

nessuno può resistere. Ovunque <strong>il</strong> re Sole poggi i suoi pie<strong>di</strong>, sparge<br />

<strong>il</strong> veleno. La tossina a cui <strong>Leibniz</strong> si riferisce qui, ovviamente,<br />

consiste <strong>nel</strong>le idee moderne, materialistiche e atee - idee alle quali<br />

egli stesso era stato esposto durante gli anni trascorsi a Parigi.<br />

Possono esservi ben pochi dubbi su chi, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>,<br />

abbia fabbricato per primo queste idee velenose. Nei Nouveaux<br />

essais sur l'entendement humain, egli dà infine un nome al


15. UNA PRESENZA OSSESSIVA 249<br />

responsab<strong>il</strong>e. <strong>Spinoza</strong>, egli ammette, condusse una vita esemplare.<br />

Ma i suoi seguaci sono capaci <strong>di</strong> "appiccare fuoco ai quattro<br />

angoli della Terra" . Le peggiori <strong>di</strong> tutte sono quelle orrib<strong>il</strong>i<br />

idee che emanano dall'Aja:<br />

Io trovo che sim<strong>il</strong>i idee stanno penetrando a poco a poco <strong>nel</strong>le menti<br />

<strong>di</strong> uomini d'alto rango, che governano gli altri e dai quali molto<br />

<strong>di</strong>pende, e strisciano dentro libri alla moda, e stanno spingendo lentamente<br />

ogni cosa verso quella rivoluzione universale da cui è minacciata<br />

l'Europa.<br />

Nello scenario da incubo che <strong>Leibniz</strong> ci presenta, dunque, <strong>il</strong><br />

corrotto dominio <strong>di</strong> Luigi xrv prepara le basi su cui gli striscianti<br />

Spinozisti prospereranno, e questi serpenti del materialismo<br />

spargeranno allora le loro idee annich<strong>il</strong>atrici dell'anima e causeranno<br />

una rivoluzione globale in cui la civ<strong>il</strong>tà occidentale collasserà<br />

<strong>nel</strong>l'anarchia. <strong>Il</strong> programma centrale <strong>di</strong> tutte le attività<br />

politiche <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, durante tutta la sua carriera, può essere compen<strong>di</strong>ato<br />

in un solo slogan: fermare <strong>Spinoza</strong>.<br />

La repellente legge newtoniana <strong>di</strong> attrazione<br />

Isaac Newton concepì i fondamenti della propria versione del<br />

calcolo durante i suoi anni m.irab<strong>il</strong>es del 1664-66, quando aveva<br />

appena compiuto vent'anni. Per i venti anni successivi, egli tenne<br />

quasi interamente per sé la scoperta. Non gli risultò affatto<br />

<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e: viveva da solo a Cambridge, in una casa dove tutti i mob<strong>il</strong>i<br />

erano rossi, pasteggiava da solo (quando si ricordava <strong>di</strong> mangiare),<br />

e impartiva <strong>di</strong>sciplinatamente le proprie lezioni universitarie<br />

in aule quasi vuote.<br />

Quando concepì i fondamenti della propria versione del calcolo,<br />

<strong>nel</strong>l'autunno del 1675, <strong>Leibniz</strong> ignorava che Newton avesse<br />

già raggiunto sostanzialmente <strong>il</strong> medesimo risultato, <strong>di</strong>eci anni<br />

prima. Nell'estate del 1676, tramite Henry Oldenburg, Newton<br />

comunicò a <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong> aver elaborato un metodo in grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare<br />

i requisiti del calcolo (senza peraltro fornire i dettagli).<br />

<strong>Leibniz</strong> rispose comunicando a Newton i ru<strong>di</strong>menti del proprio<br />

metodo. Poi entrambi tacquero per otto anni ancora. Nel 1684,<br />

infuriato <strong>nel</strong>l'apprendere che <strong>il</strong> suo vecchio amico Tschirnhaus<br />

aveva cercato <strong>di</strong> lasciar trapelare qualcosa a proposito del calcolo<br />

(e <strong>di</strong> attribuirsene <strong>il</strong> merito), <strong>Leibniz</strong> pubblicò un abbozzo del<br />

proprio metodo <strong>nel</strong> famoso articolo apparso sugli "Acta Eru<strong>di</strong>torum",<br />

A New Method of Maxim.a and Minima and also Ta ngents,<br />

and a Singular Kind of Calculus far Them..


250 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

Molti esperti matematici in tutta Europa compresero <strong>il</strong> significato<br />

della scoperta leibniziana, e ben presto <strong>il</strong> <strong>cortigiano</strong> <strong>di</strong><br />

Hannover, che, in termini <strong>di</strong> rapporti umani, era esattamente <strong>il</strong><br />

contrario del docente <strong>di</strong> Cambridge, capitanava una frenetica rete<br />

<strong>di</strong> aficionados del calcolo, <strong>di</strong>ffusa in Germania, Francia, Svizzera<br />

e Olanda.<br />

Nel 1687, Newton pubblicò i Principia mathematica, considerati<br />

generalmente una delle due o tre opere più importanti <strong>nel</strong>la<br />

storia della scienza. In quest'opera, egli riven<strong>di</strong>ca la propria<br />

scoperta in<strong>di</strong>pendente del calcolo (anche se non fornisce i dettagli<br />

del proprio metodo). Rivela inoltre che <strong>di</strong>eci anni prima aveva<br />

informato della propria scoperta "l'ab<strong>il</strong>issimo stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> geometria<br />

G.W. <strong>Leibniz</strong>" e che "quel famoso personaggio rispose che<br />

anch'egli aveva elaborato un metodo del genere, e mi comunicò<br />

<strong>il</strong> suo metodo, che <strong>di</strong>fferiva ben poco dal mio, a parte la terminologia<br />

e la notazione". <strong>Leibniz</strong> non oppose alcuna obiezione a<br />

questa riven<strong>di</strong>cazione, anzi scrisse a Newton raccomandando caldamente<br />

"a Voi, che siete un perfetto cultore della geometria, <strong>di</strong><br />

·continuare come avete cominciato" e <strong>di</strong> pubblicare i dettagli del<br />

suo metodo.<br />

Qui la vicenda avrebbe potuto concludersi. In fondo, era un<br />

caso <strong>di</strong> splen<strong>di</strong>de menti che elaboravano riflessioni sim<strong>il</strong>i e <strong>di</strong> alberi<br />

che cadevano in una foresta dove non c'era nessuno a sentirli,<br />

cui seguiva a tempo debito l'opportuno riconoscimento reciproco<br />

<strong>di</strong> aver raggiunto i propri risultati in<strong>di</strong>pendentemente l'uno<br />

dall'altro. La faccenda cominciò a invelenirsi con l'intervento<br />

<strong>di</strong> Nicolas Fatio de Du<strong>il</strong>lier, un giovane, br<strong>il</strong>lante ed eccitab<strong>il</strong>e<br />

matematico svizzero che raggiunse un grado <strong>di</strong> intimità personale<br />

con Newton mai eguagliato da nessun altro mortale e che<br />

ha fatto inarcare più <strong>di</strong> un sopracciglio. Oltre <strong>di</strong>eci anni dopo la<br />

pubblicazione dei Principia, Fatio asserì che Newton era stato <strong>il</strong><br />

"primo" inventore del calcolo. "Se <strong>Leibniz</strong>, <strong>il</strong> suo secondo inventore,<br />

abbia mutuato qualcosa da lui - aggiunse - preferisco !asciarlo<br />

giu<strong>di</strong>care a quanti hanno visto le lettere <strong>di</strong> Newton e gli<br />

altri quaderni manoscritti [ ... ] che io stesso ho esaminato."<br />

<strong>Il</strong> conflitto covò per un decennio, durante <strong>il</strong> quale gli antagonisti<br />

e i loro secon<strong>di</strong> si limitarono a sgradevoli insinuazioni.<br />

La guerra aperta scoppiò <strong>nel</strong> 171 O, quando un autore inglese pubblicò<br />

un articolo in cui accusava esplicitamente <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong> plagio.<br />

Comprensib<strong>il</strong>mente offeso, <strong>Leibniz</strong> pretese che la Royal Society<br />

istruisse un'indagine in<strong>di</strong>pendente. Nel 1712, la Royal<br />

Society organizzò debitamente una commissione, che emise <strong>il</strong> proprio<br />

verdetto: l'accusa <strong>di</strong> plagio regge. Colui che de facto presiedette<br />

l'indagine e stese la relazione su <strong>Leibniz</strong> era Isaac Newton.<br />

Sulla stampa tedesca apparve allora un articolo anonimo che


15. UNA PRESENZA OSSESSIVA 251<br />

<strong>di</strong>fendeva <strong>Leibniz</strong> e ribaltava l'accusa: Newton, affermava l'anonimo<br />

autore, aveva plagiato <strong>Leibniz</strong>. <strong>Leibniz</strong> fu costretto a sconfessare<br />

l'articolo, sostenendo che era stato <strong>di</strong>ffuso da uno "zelante<br />

amico". Ma ben presto <strong>di</strong>venne chiaro a tutti che lo "zelante amico"<br />

in questione altri non era che lo stesso <strong>Leibniz</strong>. In Ingh<strong>il</strong>terra,<br />

frattanto, apparve un anonimo resoconto della <strong>di</strong>sputa, secondo<br />

cui Newton era la vittima innocente degli imbrogli <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>.<br />

L'"anonimo" autore risulterà essere lo stesso Newton.<br />

La <strong>di</strong>sputa sulla priorità <strong>nel</strong>la scoperta del calcolo sopravvisse<br />

ai suoi due chiassosi protagonisti, e fu messa definitivamente<br />

a riposo solo <strong>nel</strong> Novecento, quando gli stu<strong>di</strong>osi si decisero a rior<strong>di</strong>nare<br />

onestamente la documentazione. A prima vista, l'intera<br />

penosa faccenda sembra rappresentare un caso <strong>di</strong> ego sovra<strong>di</strong>mensionati<br />

con scrupoli sotto<strong>di</strong>mensionati, in conflitto <strong>nel</strong> contesto<br />

<strong>di</strong> surriscaldate rivalità nazionali e <strong>di</strong> non eccellenti pratiche<br />

<strong>di</strong> pubblicazione. Era tutte queste cose, certamente, ma era<br />

anche qualcos'altro.<br />

Fin dal momento in cui i Principia apparvero, <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>mostrò<br />

per la fisica <strong>di</strong> Newton molta più apprensione che per la sua<br />

matematica. Nel febbraio del 1689, poco dopo aver letto l'opera<br />

<strong>di</strong> Newton, <strong>Leibniz</strong> pubblicò sugli "Acta Eru<strong>di</strong>torum" un articolo<br />

in cui argomentava che i moti dei pianeti possono essere spiegati<br />

nei termini <strong>di</strong> un vortice complesso, invisib<strong>il</strong>e e fluido centrato<br />

sul sole. Questa tesi veniva proposta con l'evidente intenzione<br />

<strong>di</strong> offrire un'alternativa alla fisica newtoniana, secondo la<br />

quale i moti planetari sono la conseguenza della legge <strong>di</strong> attrazione<br />

gravitazionale. Per far sì che le sue affermazioni apparissero<br />

prive <strong>di</strong> qualunque rapporto con Newton e anzi precedenti<br />

rispetto alla sua opera, <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>chiarava, en passant, che la sua<br />

conoscenza dei Principia era soltanto <strong>di</strong> seconda mano. Come<br />

Newton successivamente intuì, tuttavia, <strong>Leibniz</strong> mentiva: le annotazioni<br />

apposte sulla sua personale copia dei Principia sono<br />

precedenti all'epoca in cui egli scrisse l'articolo.<br />

Durante i due decenni successivi, <strong>Leibniz</strong> sferrò rei teratamente<br />

violenti attacchi contro la ripugnante legge newtoniana <strong>di</strong> gravità.<br />

Nel 1710, egli rimarcava, con tono minaccioso, che <strong>il</strong> teologicamente<br />

sospetto John Locke traeva grande conforto dall'idea newtoniana<br />

<strong>di</strong> attrazione a <strong>di</strong>stanza. Nel 1715, Locke e Newton si<br />

confondevano non poco <strong>nel</strong>la mente <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. Nella sua battaglia<br />

epistolare con Samuel Clarke - che, era chiaro a tutti, agiva<br />

in rappresentanza <strong>di</strong> Newton, suo amico e vicino - <strong>Leibniz</strong> aprì<br />

l'attacco contro <strong>il</strong> suo antagonista <strong>nel</strong>la <strong>di</strong>sputa sulla priorità con<br />

la strana considerazione che "la religione naturale sembra essere<br />

molto in declino in Ingh<strong>il</strong>terra. [ . . . ] Alcuni considerano corporee<br />

le anime, altri considerano corporeo <strong>Dio</strong> stesso: <strong>il</strong> Signor


252 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

Locke e i suoi seguaci sono quanto meno in dubbio sul fatto che<br />

le anime non siano materiali né <strong>di</strong> natura corruttib<strong>il</strong>e".<br />

Perché <strong>Leibniz</strong> trovava tanto ripugnante la legge newtoniana<br />

<strong>di</strong> attrazione? E perché la metteva in rapporto con le congetture<br />

<strong>di</strong> Locke circa la materialità della mente? In una lettera in<strong>di</strong>rizzata<br />

a uno dei suoi alleati francesi, <strong>Leibniz</strong> ammette con franchezza<br />

l'ansia che sta al fondo <strong>di</strong> tutti i suoi rapporti con Newton:<br />

Dopo [aver ammesso la legge <strong>di</strong> attrazione], sarà consentito immaginare<br />

tutte le imposture che si voglia; si potrà attribuire alla materia<br />

<strong>il</strong> potere <strong>di</strong> pensare, e <strong>di</strong>struggere l'immaterialità dell'anima, che<br />

è uno dei principali fondamenti della Teologia Naturale. Quin<strong>di</strong> si<br />

può vedere che <strong>il</strong> signor Locke, <strong>il</strong> quale non è molto persuaso <strong>di</strong> questa<br />

immaterialità, si getta avidamente sull'idea del signor Newton.<br />

Secondo <strong>il</strong> modo <strong>di</strong> pensare <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, la catena delle inferenze<br />

è così ovvia che quasi non occorre renderla esplicita: la newtoniana<br />

legge <strong>di</strong> gravità implica che la materia può muoversi da<br />

sé, senza bisogno <strong>di</strong> alcun principio mentale <strong>di</strong> attività. Ma da ciò<br />

consegue che la materia può acquisire la forza <strong>di</strong> pensare. E, come<br />

mostra <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> Locke, anche soltanto ipotizzare che la materia<br />

possa pensare significa ipso facto <strong>di</strong>stmggere l'immortalità<br />

dell'anima. La fisica newtoniana, insomma, è un cavallo <strong>di</strong> Troia:<br />

essa cela in sé un'orda <strong>di</strong> idee ateistiche che, se sarà consentito loro<br />

<strong>di</strong> entrare, devasteranno la cittadella della civ<strong>il</strong>tà europea.<br />

Lattribuzione da parte <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong> progetti tanto o<strong>di</strong>osi a<br />

Newton è, a <strong>di</strong>r poco, altamente problematica. <strong>Il</strong> grande fisico<br />

de<strong>di</strong>cò molto del suo tempo proprio a <strong>di</strong>mostrare quelle stesse<br />

dottrine teologiche che <strong>Leibniz</strong> lo accusava <strong>di</strong> sovvertire. A <strong>di</strong>re<br />

<strong>il</strong> vero, le eresie che <strong>Leibniz</strong> tentava <strong>di</strong> attribuire al suo rivale <strong>nel</strong>la<br />

<strong>di</strong>sputa sulla priorità - che la materia può muoversi da sé; che<br />

la materia può pensare; che l'anima è materiale; che l'anima è<br />

mortale - appartengono, senza dubbio, a un altro f<strong>il</strong>osofo. Quando<br />

<strong>Leibniz</strong> guardava Newton - proprio come quando guardava<br />

Descartes e Locke - vedeva <strong>Spinoza</strong>. E questo fatto, oltre alla solita<br />

questione degli ego ipertrofici che si fTonteggiavano da una<br />

sponda all'altra della Manica, aiuta a comprendere la strana intensità,<br />

se non l'origine, della <strong>di</strong>sputa più ingloriosa <strong>di</strong> tutta la<br />

storia della matematica.<br />

<strong>Il</strong> pericolo giallo<br />

In un'Europa <strong>il</strong> cui eurocentrismo toccava allora l'apice, la grande<br />

attenzione che <strong>Leibniz</strong> nutriva per la storia, la religione e la fi-


15. UNA PRESENZA OSSESSIVA 253<br />

losofia dei cinesi testimonia l'ampiezza dei suoi interessi intellettuali<br />

e documenta la sincerità del suo desiderio <strong>di</strong> ticonc<strong>il</strong>iare tutta<br />

l'umanità in un'unica Città <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Qualcuno ha affermato che la<br />

parola "Cina" compare nei suoi scritti più frequentemente <strong>di</strong> "monade"<br />

o <strong>di</strong> qualunque altro termine della sua metafisica.<br />

<strong>Il</strong> fascino che l'Impero <strong>di</strong> Mezzo esercitava su <strong>Leibniz</strong> risale<br />

almeno ai tempi del suo epico viaggio in Italia, dove aveva incontrato<br />

<strong>il</strong> gesuita Clau<strong>di</strong>o Grimal<strong>di</strong> (1638-1712), che aveva trascorso<br />

<strong>di</strong>ciassette anni come missionario a Pechino. <strong>Il</strong> principale<br />

argomento <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione tra i sinologi europei, all'epoca, era<br />

come gestire <strong>il</strong> proselitismo della religione cristiana in Cina. I riti<br />

locali associati al confucianesimo dovevano essere considerati<br />

laici, e quin<strong>di</strong> compatib<strong>il</strong>i con <strong>il</strong> cristianesimo? Oppure sono<br />

effettivamente rituali pagani, e meritevoli come tali <strong>di</strong> severa repressione?<br />

La religione cinese implica concezioni compatib<strong>il</strong>i con<br />

<strong>il</strong> <strong>Dio</strong> cristiano e con l'immortalità dell'anima? Oppure essa è paganesimo<br />

- o, peggio ancora, ateismo?<br />

Conformemente al proprio atteggiamento <strong>di</strong> pacificatore,<br />

<strong>Leibniz</strong> assunse una posizione estremamente conc<strong>il</strong>iatoria. Nei<br />

suoi scritti sulla Cina, sostiene che i missionari non devono tentare<br />

<strong>di</strong> cancellare le tra<strong>di</strong>zioni locali, ma devono piuttosto fagocitare<br />

tutti quei riti che non contrad<strong>di</strong>cano <strong>di</strong>rettamente <strong>il</strong> messaggio<br />

cristiano. Per <strong>di</strong> più, egli offre una valutazione altamente<br />

positiva della f<strong>il</strong>osofia soggiacente a gran parte della teologia cinese.<br />

<strong>Il</strong> suo assunto, sinteticamente, è che la f<strong>il</strong>osofia cinese, specialmente<br />

<strong>nel</strong>la sua forma antica, somiglia molto alla sua propria<br />

f<strong>il</strong>osofia; e, dal momento che egli è un buon cristiano, anche i cinesi<br />

lo sono.<br />

In particolare, <strong>Leibniz</strong> asserisce che la maggioranza dei pensatori<br />

religiosi cinesi ammette una "intelligenza oltremondana";<br />

che alcuni, i più sagaci, hanno scoperto !"'anima"; e che forse occorrerebbe<br />

soltanto informarli sui più recenti sv<strong>il</strong>uppi in Europa<br />

- "rendendoli edotti sui veri sistemi del Macrocosmo e del Microcosmo"<br />

- per assorbirli entro una chiesa cristiana universale.<br />

Accenna ad<strong>di</strong>rittura che i cinesi più raffinati possono essere considerati<br />

già al suo interno. <strong>Il</strong> principio del Li - un concetto fondamentale<br />

in gran parte del pensiero cinese - può essere letto non<br />

soltanto come l'affermazione che Tutto è Uno, <strong>di</strong>ce <strong>Leibniz</strong>, ma<br />

anche come la <strong>di</strong>chiarazione che Uno è Tutto. Ciò, ovviamente,<br />

lo renderebbe una versione della sua propria monadologia, <strong>il</strong> miglior<br />

esempio mai concepito <strong>di</strong> metafisica cristiana.<br />

Ma, ahimè, osserva con costernazione <strong>il</strong> melanconico monadologo,<br />

una "cattiva" versione della f<strong>il</strong>osofia si sta <strong>di</strong>ffondendo<br />

in Cina. Questa cattiva f<strong>il</strong>osofia è quasi interamente opera <strong>di</strong> moderni<br />

pensatori cinesi - "eru<strong>di</strong>ti eterodossi e atei [...] cui in Cina


254 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

è consentito <strong>di</strong> proferire le loro empietà impunemente, almeno<br />

a voce " .<br />

Questi malevoli miscredenti, <strong>di</strong>ce <strong>Leibniz</strong>, manovrano per <strong>di</strong>storcere<br />

<strong>il</strong> vero significato del principio del Li. Essi tortuosamente<br />

tentano <strong>di</strong> presentare <strong>il</strong> Li come "l'anima delle cose, quasi che costituisse<br />

la loro essenza" - cioè, quasi che fosse un sorta <strong>di</strong> sostanza<br />

universale. Essi propongono <strong>il</strong> peccaminoso dogma secondo<br />

cui ogni cosa avviene per "brutale necessità" e non vi sono<br />

"sostanze spirituali". Questi cattivi f<strong>il</strong>osofi cinesi, in altre parole,<br />

espongono dettagliatamente proprio quelle esecrab<strong>il</strong>i idee<br />

che altrove <strong>Leibniz</strong> attribuisce a un infame ateo europeo. E, proprio<br />

riel ricapitolare la sua arringa contro i devianti dell'Impero<br />

<strong>di</strong> Mezzo prodotti in loco, <strong>Leibniz</strong> identifica infine <strong>il</strong> reale oggetto<br />

del suo interesse:<br />

Si potrebbe forse affermare che [ . .. ] è lecito concepirlo [<strong>il</strong> Li] come<br />

la forma principale, cioè, come l'Anima del Mondo, della quale le<br />

anime in<strong>di</strong>viduali sarebbero soltanto mo<strong>di</strong>ficazioni. Ciò sarebbe<br />

conforme alle opinioni <strong>di</strong> alcuni antichi f<strong>il</strong>osofi, gli averroisti, e in<br />

certo senso persino alle opinioni <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Altrove, <strong>Leibniz</strong> descrive Averroè [<strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo arabo Ibn Rush'd]<br />

come se fosse stato essenzialmente uno spinoziano ante litteram; ne<br />

possiamo inferire che i cinesi cattivi sono tutti spinoziani.<br />

"Se per <strong>di</strong>sgrazia l'ateismo dovesse prevalere in Europa e <strong>di</strong>ventasse<br />

la dottrina delle persone più colte" proprio come è avvenuto<br />

in Cina, continua <strong>Leibniz</strong>, allora i missionari provenienti<br />

dalla Cina avrebbero <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> esaminare gli antichi testi in<br />

Europa e <strong>di</strong> "schernire lo scherno" degli atei. Perché, nonostante<br />

tutto <strong>il</strong> suo interesse per la Cina, a quanto pare, <strong>Leibniz</strong> non<br />

riusciva mai a togliersi dalla mente l'Europa. La Cina, in ultima<br />

analisi, era una specie <strong>di</strong> esperienza <strong>di</strong> laboratorio sulla modernizzazione,<br />

un esempio premonitore <strong>di</strong> ciò che sarebbe potuto<br />

accadere qui a casa nostra, se <strong>Spinoza</strong> avesse prevalso.<br />

Cura te ipsum<br />

La paranoia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> nei confronti dello spinozismo era una<br />

caratteristica generale dell'epoca in cui egli viveva. L'impulso universale<br />

a smascherare complotti spinozistici aveva un po' l'aria<br />

<strong>di</strong> una caccia alle streghe intellettuale (ed è interessante sottolineare<br />

che all'epoca andava molto <strong>di</strong> moda anche la varietà truculenta).<br />

Più recentemente, <strong>nel</strong> Novecento, si può trovare qualcosa<br />

<strong>di</strong> analogo <strong>nel</strong>le crociate anticomuniste condotte alla metà


15. UNA PRESENZA OSSESSlVA 255<br />

degli anni venti. È caratteristico <strong>di</strong> queste situazioni, comunque,<br />

che le accuse alla fine si ritorcono proprio contro gli stessi accusatori.<br />

<strong>Il</strong> caso <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> non fece eccezione alla regola.<br />

Nel 1712, un professore olandese <strong>di</strong> nome Ruardus Andala<br />

pubblicò un opuscolo in cui accusava <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong> avere plagiato<br />

<strong>Spinoza</strong>. Uno dei <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Andala gli fece eco con un altro libro<br />

che formulava sostanzialmente la medesima accusa. Nel 1723,<br />

alcuni anni dopo la morte <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, <strong>il</strong> teologo Lange asserì che<br />

l'intero sistema dell'armonia prestab<strong>il</strong>ita altro non era che la fi ­<br />

losofia spinoziana sotto un nuovo nome. (Per onestà, tuttavia,<br />

dobbiamo segnalare che Lange era <strong>il</strong> tipico personaggio convinto<br />

che la causa remota <strong>di</strong> ogni f<strong>il</strong>osofia fosse Satana in persona.)<br />

La supposizione che <strong>Leibniz</strong> nutrisse un profondo e inconsapevole<br />

attaccamento allo spinozismo si propagò ben presto oltre<br />

i bastioni dell'ortodossia. Lessing, lo stu<strong>di</strong>oso settecentesco la<br />

cui lettura <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> giocò un ruolo cruciale <strong>nel</strong> far rivivere la<br />

fama del f<strong>il</strong>osofo, <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>: "Io temo che egli stesso fosse<br />

uno spinoziano, in cuor suo". Herder, che assennatamente declinava<br />

ogni accesso all'imperscrutab<strong>il</strong>e interiorità del soggetto, <strong>di</strong>chiarò:<br />

"Cosa <strong>Leibniz</strong> fosse in cuor suo io non posso saperlo; ma<br />

la sua Teo<strong>di</strong>cea, come anche molte tra le sue lettere, mostrano che<br />

egli escogitò <strong>il</strong> proprio sistema precisamente allo scopo <strong>di</strong> non<br />

essere uno spinoziano". Più <strong>di</strong> recente, Bertrand Russell, analizzando<br />

uno degli appunti redatti dal f<strong>il</strong>osofo, ha affermato: "Qui,<br />

come altrove, <strong>Leibniz</strong> è caduto <strong>nel</strong>lo spinozismo ogniqualvolta si<br />

è concesso <strong>di</strong> essere logico; <strong>nel</strong>le opere che pubblicò, <strong>di</strong> conseguenza,<br />

egli ebbe cura <strong>di</strong> essere <strong>il</strong>logico".<br />

:Lipotesi che la matura f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> conservi qualche<br />

inespresso legame con lo spinozismo, tuttavia, invariab<strong>il</strong>mente<br />

suscita controversie tra coloro che si interessano a questi problemi<br />

- com'è ovvio. Nella sua metafisica matura, dopo tutto,<br />

<strong>Leibniz</strong> contrad<strong>di</strong>ce tutte le dottrine centrali della f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>,<br />

e nei commenti resi in pubblico e in privato su un gran numero<br />

<strong>di</strong> altri argomenti, egli è sempre impegnato in un'incessante,<br />

sebbene occulta, guerra contro lo spinozismo in tutte le<br />

sue forme. Se questo è ovvio, dunque, ci si potrebbe domandare:<br />

su quali basi è possib<strong>il</strong>e sospettare un rapporto occulto tra <strong>Leibniz</strong><br />

e la sua nemesi?<br />

Per un caso fortunato, <strong>Leibniz</strong> ebbe occasione <strong>di</strong> rispondere<br />

a queste accuse. Nel 1714, uno dei corrispondenti <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> gli<br />

domandò cortesemente se potesse esservi qualche traccia <strong>di</strong> spinozismo<br />

<strong>nel</strong>le dottrine della monadologia. <strong>Leibniz</strong> rispose:<br />

Al contrario, proprio me<strong>di</strong>ante le mona<strong>di</strong> lo spinozismo è <strong>di</strong>strutto.<br />

Perché vi sono tante vere sostanze - tanti specchi viventi dell'Uni-


256 IL CORTIGIANO E !JERETICO<br />

verso, eternamente sussistenti, per così <strong>di</strong>re, owero Universi concentrati<br />

- quante sono le Mona<strong>di</strong>; laddove, secondo <strong>Spinoza</strong>, esiste<br />

esclusivamente una sola sostanza. Se non esistessero le Mona<strong>di</strong>, egli<br />

avrebbe ragione.<br />

A una prima, superficiale lettura, <strong>il</strong> significato delle parole <strong>di</strong><br />

<strong>Leibniz</strong> risulta abbastanza chiaro: egli rigetta inequivocab<strong>il</strong>mente<br />

la f<strong>il</strong>osofia spinoziana. A una seconda lettura, però, abbiamo la<br />

sensazione <strong>di</strong> entrare nuovamente <strong>nel</strong> labirinto. Qui <strong>Leibniz</strong> trae<br />

un'inferenza che forse risulta ovvia da un esame del suo sistema<br />

metafisica ma che tuttavia deve suonare inquietante per tutti coloro<br />

- e sono tanti - che non si sentono persuasi della veri<strong>di</strong>cità<br />

della monadologia. Perché, come ora egli rende esplicito, se non<br />

esistono le innumerevoli sostanze, senza <strong>di</strong>mensioni, senza finestre,<br />

reciprocamente armonizzate, delle quali egli scrive, allora<br />

<strong>Spinoza</strong> ha ragione. Non scrive che sia lui sia <strong>Spinoza</strong> possano<br />

essere in errore; no: scrive che, se egli è in errore, allora <strong>Spinoza</strong><br />

ha ragione. Come minimo, ciò rappresenta una spettacolare promozione<br />

per <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo dell'Aja. Dopo aver trascorso quarant'anni<br />

evitando persino, per quanto possib<strong>il</strong>e, <strong>di</strong> menzionarne <strong>il</strong> nome<br />

e avendo cura <strong>di</strong> archiviarne pubblicamente la f<strong>il</strong>osofia come<br />

tanto cattiva da non meritare nemmeno <strong>di</strong> essere confutata, improvvisamente<br />

<strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>chiara che <strong>Spinoza</strong> - e non Platone, Aristotele,<br />

Epicuro o qualunque altro grande f<strong>il</strong>osofo del passato ­<br />

offre l'unica reale alternativa alla sua propria f<strong>il</strong>osofia.<br />

Perfino <strong>nel</strong>la sua replica all'accusa <strong>di</strong> spinozismo, a quanto<br />

pare, <strong>Leibniz</strong> non riuscì a scrollarsi <strong>di</strong> dosso l'ossessione che continuamente<br />

tornava alla carica. Egli aveva già percepito la presenza<br />

del suo rivale nei luoghi più inattesi - <strong>nel</strong>l'Essay <strong>di</strong> Locke,<br />

<strong>nel</strong>la fisica <strong>di</strong> Newton, <strong>nel</strong>la metafisica <strong>di</strong> Cartesio, <strong>nel</strong>la politica<br />

<strong>di</strong> Luigi XIV, <strong>nel</strong>la storia della f<strong>il</strong>osofia cinese - e ora lo vedeva celarsi<br />

persino <strong>nel</strong>l'ombra del suo stesso sistema f<strong>il</strong>osofico, deciso<br />

a mandarlo in m<strong>il</strong>le pezzi se le sue stesse argomentazioni non<br />

fossero riuscite a <strong>di</strong>struggerlo. La strana ubiquità <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> <strong>nel</strong><br />

<strong>mondo</strong> <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, in effetti, ci costringe a ritenere possib<strong>il</strong>e che<br />

la sua insonne vig<strong>il</strong>anza in proposito <strong>di</strong>scendesse forse da una<br />

vaga consapevolezza <strong>di</strong> quanto egli stesso era stato vicino a soccombere<br />

al pericolo; che egli temesse così tanto lo spinozismo<br />

perché pensava che potesse essere vero; e che, per così <strong>di</strong>re, egli<br />

percepisse ovunque l'influenza del suo rivale perché aveva scambiato<br />

un riverbero nei propri occhiali per un aspetto oscuro del<br />

<strong>mondo</strong> esterno.


16. <strong>Il</strong> ritorno del rimosso<br />

Immagina due amici che ritornano separatamente da viaggi<br />

all'estero; ognuno <strong>di</strong> loro descrive la sua città preferita, <strong>di</strong> cui ha<br />

<strong>di</strong>menticato <strong>il</strong> nome impronunciab<strong>il</strong>e. I tuoi amici sono molto<br />

<strong>di</strong>versi per carattere, background e sensib<strong>il</strong>ità estetica, sicché non<br />

sorprende che possano aver provato interesse per città molto <strong>di</strong>verse.<br />

Poiché i tuoi amici sono piuttosto competitivi, per <strong>di</strong> più,<br />

ben presto prendono a criticare ognuno le scelte dell'altro. Ciascuno<br />

celebra i pregi della propria città contrapponendoli ai presunti<br />

<strong>di</strong>fetti della città dell'altro. A mano a mano che la <strong>di</strong>scussione<br />

procede, tuttavia, tu cominci a sospettare che stiano parlando<br />

entrambi della medesima città. In effetti, in ciò che <strong>di</strong>cono<br />

non senti niente che possa confermare che essi non stiano parlando<br />

della medesima città. Eppure, indubbiamente la città in<br />

questione significa qualcosa <strong>di</strong> molto <strong>di</strong>verso per ciascuno dei<br />

tuoi amici; indubbiamente i due hanno visto cose molto <strong>di</strong>verse<br />

nei loro viaggi. Immagina ora che i tuoi amici si chiamino <strong>Leibniz</strong><br />

e <strong>Spinoza</strong>, e che stiano <strong>di</strong>scutendo non <strong>di</strong> una particolare<br />

città, bensì della natura dell'universo. Quin<strong>di</strong>, la domanda è: essi<br />

con<strong>di</strong>vidono la medesima f<strong>il</strong>osofia? Ovvero, in altri termini, la<br />

f<strong>il</strong>osofia concerne ciò che ve<strong>di</strong>, oppure <strong>il</strong> modo in cui lo ve<strong>di</strong>?<br />

<strong>Dio</strong><br />

È un dato <strong>di</strong> fatto sorprendente che <strong>Spinoza</strong> avesse preso in<br />

esame e avesse rigettato qualcosa <strong>di</strong> molto sim<strong>il</strong>e alla concezione<br />

leibniziana, trascendente, <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, ancor prima che i due f<strong>il</strong>osofi<br />

si incontrassero. In una lettera che risale al 1674, <strong>Spinoza</strong><br />

scrive:<br />

Colui che afferma che <strong>Dio</strong> avrebbe potuto trattenersi dal creare <strong>il</strong><br />

<strong>mondo</strong> <strong>di</strong>chiara in<strong>di</strong>rettamente che esso fu creato per caso, poiché<br />

procedette da un atto <strong>di</strong> volontà che avrebbe potuto non verificarsi.<br />

Poiché questa credenza e questa opinione è completamente assur-


258 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

da, viene comunemente e unanimemente ammesso che la volontà<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è eterna e non è mai stata in<strong>di</strong>fferente.<br />

L'idea che <strong>Dio</strong> avrebbe potuto scegliere <strong>di</strong> non creare <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>,<br />

oVviamente, è un tratto <strong>di</strong>stintivo della concezione leibniziana<br />

della <strong>di</strong>vinità. La critica spinoziana <strong>di</strong> questa tesi prende<br />

le mosse da una premessa con la quale <strong>Leibniz</strong> deve convenire:<br />

che <strong>Dio</strong> deve avere delle ragioni per fare ciò che fa. Quando <strong>Dio</strong><br />

crea <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>, ne inferisce <strong>Spinoza</strong>, egli non può farlo per capriccio<br />

o per accidente, ma piuttosto perché una qualche ragione<br />

lo obbliga a fare così. Poiché tale ragione è sempre presente<br />

- è "eterna" - dunque è "completamente assurdo", come<br />

asserisce <strong>Spinoza</strong>, parlare <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> come se potesse scegliere <strong>di</strong><br />

non creare <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>.<br />

Le riflessioni che qui <strong>Spinoza</strong> propone su una concezione protoleibniziana<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong> anticipano una serie <strong>di</strong> critiche che successivamente<br />

altri formuleranno in <strong>di</strong>retta risposta a <strong>Leibniz</strong>. La<br />

controversia si riduce a una semplice domanda: <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

può davvero scegliere? Molti hanno sostenuto che egli non può.<br />

<strong>Leibniz</strong> sembra voglia gettare benzina sul fuoco che ha sotto i<br />

suoi stessi pie<strong>di</strong> quando formula considerazioni come questa:<br />

"ogni cosa [è] <strong>di</strong>sposta in anticipo"; e, "<strong>il</strong> decreto <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> [<strong>di</strong> realizzare<br />

<strong>il</strong> migliore dei mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i] è immutab<strong>il</strong>e".<br />

Una versione della critica suona così: come possiamo sapere<br />

che questo è <strong>il</strong> migliore dei mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i? Certamente, non perché<br />

noi possiamo constatare che è così - giacché passare al setaccio<br />

tutti i mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i e <strong>di</strong>sporli secondo i loro meriti richiede<br />

quel genere <strong>di</strong> onniscienza che solo <strong>Dio</strong> ha. Dunque, deve<br />

essere perché la scelta del migliore tra i mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i <strong>di</strong>scende<br />

dalla natura <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. In altre parole, <strong>Dio</strong> sceglie <strong>il</strong> migliore<br />

fra tutti i mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i perché è <strong>nel</strong>la sua natura essere buono.<br />

<strong>Dio</strong> non può fare <strong>di</strong>versamente perché se facesse <strong>di</strong>versamente<br />

egli non sarebbe buono, e conseguentemente egli non sarebbe<br />

<strong>Dio</strong>. Ma ciò implica che <strong>Dio</strong> non possa affatto scegliere. Egli deve<br />

creare questo <strong>mondo</strong>, esattamente com'è, se vuole essere degno<br />

del nome <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>.<br />

A questo punto dell'argomentazione, ovviamente, <strong>il</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

maturo concederebbe che un <strong>Dio</strong> trascendente deve avere una<br />

ragione sufficiente per le proprie azioni. Ma, aggiungerebbe l'autore<br />

della Te o<strong>di</strong>cea, la ragione per questo <strong>mondo</strong> è una ragione<br />

"morale" e non una ragione "metafisica"; per la precisione, questa<br />

ragione è <strong>il</strong> "principio del meglio", a cui <strong>Dio</strong> fa appello per<br />

giustificare la propria decisione <strong>di</strong> creare <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>. Purtroppo<br />

per <strong>Leibniz</strong>, <strong>Spinoza</strong> ha già anticipato questa risposta. Gente come<br />

<strong>Leibniz</strong>, ironizza <strong>nel</strong>l'Etica,


16. IL RITORNO DEL RIMOSSO 259<br />

sembra presupporre qualcosa <strong>di</strong> esterno a <strong>Dio</strong> e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendente da<br />

lui, qualcosa a cui <strong>Dio</strong> quando agisce guarda come a un modello, o<br />

a cui egli tende, come se fosse un obiettivo prefissato. Ciò significa<br />

certamente sottomettere <strong>Dio</strong> al <strong>destino</strong>; e suggerimento più assurdo<br />

non si potrebbe dare su <strong>Dio</strong>, che abbiamo mostrato essere la prima<br />

e l'unica causa libera sia dell'essenza sia dell'esistenza delle cose.<br />

Sicché non devo impiegare altro tempo <strong>nel</strong> confutare questa assur<strong>di</strong>tà.<br />

<strong>Il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, secondo <strong>Spinoza</strong>, non è un agente libero,<br />

bensì egli contempla una qualche idea preconcetta sul bene - "un<br />

obiettivo prefissato". In termini più generali, <strong>Spinoza</strong> afferma che<br />

<strong>il</strong> <strong>Dio</strong> trascendente <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> non è un <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> ragione, poiché deve<br />

agire in un modo arbitrario, sulla base <strong>di</strong> criteri a lui esterni,<br />

sui quali non detiene alcun controllo. L'unica via d'uscita per<br />

quanti credono in un <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> ragione, sottintende <strong>Spinoza</strong>, è considerare<br />

<strong>il</strong> "bene" a cui <strong>Dio</strong> presumib<strong>il</strong>mente mira come qualcosa<br />

<strong>di</strong> interno alla natura propria <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Ma ciò, ovviamente, significherebbe<br />

accettare una versione della concezione spinoziana<br />

<strong>di</strong> una <strong>di</strong>vinità immanente e rigettare l'idea stessa che <strong>Dio</strong> scelga<br />

tra mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i.<br />

L'implicita critica spinoziana alla <strong>di</strong>stinzione tra "necessità<br />

morale" e "necessità metafisica" fu resa completamente esplicita<br />

dai successivi critici <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. Nella sua corrispondenza con<br />

<strong>Leibniz</strong>, per esempio, Samuel Clarke asserisce che "necessità, <strong>nel</strong>le<br />

questioni f<strong>il</strong>osofiche, significa sempre necessità assoluta; necessità<br />

ipotetica e necessità morale sono soltanto mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>re traslati".<br />

Nel Novecento, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Lovejoy è anche più schietto:<br />

La <strong>di</strong>stinzione che <strong>Leibniz</strong> tenta <strong>di</strong> istituire qui [tra necessità morale<br />

e bruta necessità metafisica] è manifestamente priva <strong>di</strong> qualunque<br />

fondamento logico; ciò è tanto evidente che risulta impossib<strong>il</strong>e<br />

credere che un pensatore della sua forza possa non essersene<br />

accorto.<br />

Ma qui <strong>il</strong> problema va ben oltre un semplice errore logico: ne<br />

è prova <strong>il</strong> fatto che la letteratura non manca <strong>di</strong> seguaci desiderosi<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere la <strong>di</strong>stinzione sostenuta da <strong>Leibniz</strong>.<br />

La <strong>di</strong>fficoltà posta dal <strong>Dio</strong> trascendente leibniziano, espressa<br />

nei termini più generali, concerne la vera natura della scelta<br />

che secondo <strong>Leibniz</strong> <strong>Dio</strong> deve compiere. Sovente <strong>Leibniz</strong> sembra<br />

implicare che la scelta <strong>di</strong>vina sia qualcosa <strong>di</strong> sim<strong>il</strong>e alla scelta <strong>di</strong><br />

una pietanza da un menu. Ma, in effetti, la natura della scelta che<br />

<strong>Dio</strong> compie è ben <strong>di</strong>versa da quella cui si trova <strong>di</strong> fronte <strong>il</strong> padrone<br />

<strong>di</strong> un ristorante. Non si tratta <strong>di</strong> una scelta tra questo e<br />

quello, bensì tra qualcosa e niente - o, più precisamente, tra as-


260 IL CORTIGIANO E IIERETICO<br />

solutamente qualcosa e assolutamente niente. La scelta <strong>di</strong>vina<br />

deve aver luogo esteriormente, precedentemente, o al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> questo<br />

(o ogni altro possib<strong>il</strong>e) <strong>mondo</strong>. E tuttavia deve essere una scelta<br />

razionale; cioè, deve implicare la comparazione tra le opzioni<br />

possib<strong>il</strong>i e la massimizzazione delle preferenze. <strong>Il</strong> problema che<br />

affligge i più acuti critici <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> è: una sim<strong>il</strong>e scelta trascendentale<br />

è concepib<strong>il</strong>e? È possib<strong>il</strong>e immaginare che una scelta abbia<br />

luogo senza immaginare al tempo stesso un <strong>mondo</strong> entro <strong>il</strong><br />

quale essa accada? Ci riesci?<br />

<strong>Leibniz</strong>, a quanto pare, non ci riusciva. Infatti, <strong>nel</strong>la Teo<strong>di</strong>cea,<br />

si prende l9- briga <strong>di</strong> fornire una dettagliata descrizione del<br />

<strong>mondo</strong> "superiore" entro <strong>il</strong> quale si presume sia compiuta la <strong>di</strong>vina<br />

scelta trascendentale - ovvero, <strong>il</strong> favoloso palazzo piramidale<br />

<strong>di</strong> tutti i mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i. Noi potremmo preferire un'ambientazione<br />

<strong>di</strong>fferente -per esempio, potremmo immaginare <strong>Dio</strong><br />

che mescola le carte in un impegnativo gioco <strong>di</strong> solitario cosmico,<br />

oppure che si ferma per una festa in un ristorante<br />

cosmico. <strong>Spinoza</strong>, quanto a lui, avrebbe immaginato <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Leibniz</strong> intento a scolpire una statua sulla base <strong>di</strong> un modello<br />

oppure impegnato a lanciare freccette contro un bersaglio. In<br />

ogni caso, sembra impossib<strong>il</strong>e non immaginare una qualche sorta<br />

<strong>di</strong> scenario entro <strong>il</strong> quale avvenga la <strong>di</strong>vina scelta trascendentale.<br />

Sorge allora la domanda: chi ha creato questo <strong>mondo</strong><br />

superiore? Chi ha costruito questa splen<strong>di</strong>da piramide barocca,<br />

<strong>il</strong> tavolo da gioco <strong>di</strong> panno verde, l'arco e le frecce, ovvero tutte<br />

le restrizioni, le norme e le priorità i'n base alle quali tutti i mon<strong>di</strong><br />

possib<strong>il</strong>i sono definiti e valutati?<br />

Se noi affermiamo che questo <strong>mondo</strong> superiore è creazione<br />

<strong>di</strong>vina, inoltre, parremmo <strong>di</strong>sposti ad ammettere che vi è solo un<br />

<strong>mondo</strong> possib<strong>il</strong>e a partire dal quale <strong>Dio</strong> può scegliere - ovvero,<br />

questo <strong>mondo</strong> superiore - e tutti i cosiddetti "mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i"<br />

non sono realmente "mon<strong>di</strong>", ma sono soltanto aspetti dell'unico<br />

vero <strong>mondo</strong> creato da <strong>Dio</strong>, come i blocchi <strong>di</strong> una piramide. Alla<br />

fine <strong>di</strong> questa strada si trova lo spinozismo. Se noi affermiamo<br />

che questo <strong>mondo</strong> superiore c'è sempre stato ed è sempre stato<br />

così com'è, d'altronde, allora noi ren<strong>di</strong>amo <strong>Dio</strong> una delle sue<br />

creature e sottoponiamo <strong>Dio</strong> alle sue stesse norme, e dunque egli<br />

agisce in modo non libero, cioè secondo la natura <strong>di</strong> tale <strong>mondo</strong><br />

e non secondo la sua propria natura. In un certo senso, <strong>Dio</strong> non<br />

è più <strong>Dio</strong>, ma soltanto un operatore logico entro lo schema <strong>di</strong> una<br />

natura preesistente. Alla fine <strong>di</strong> questa strada si trova l'ateismo ­<br />

oppure, si potrebbe <strong>di</strong>re, una forma <strong>di</strong> spinozismo privo della fede<br />

che <strong>Spinoza</strong> nutriva <strong>nel</strong> carattere <strong>di</strong>vino della natura.<br />

Ed è proprio questa l'accusa che <strong>Spinoza</strong> implicitamente rivolge<br />

a <strong>Leibniz</strong>. I.:accusa <strong>di</strong> "fatalismo" che <strong>Spinoza</strong> scaglia con-


16. IL RITORNO DEL RIMOSSO 261<br />

tro (la gente come) <strong>Leibniz</strong>, paradossalmente, è proprio quella<br />

stessa che <strong>Leibniz</strong> scaglia su <strong>Spinoza</strong> <strong>nel</strong>le sue ultime opere. Se<br />

<strong>Spinoza</strong> fosse vissuto abbastanza a lungo, forse avrebbe potuto<br />

accusare <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong> essere uno spinoziano senza <strong>Dio</strong> - dopo aver<br />

chiarito che egli personalmente non lo era affatto. Forse l'aspetto<br />

più curioso della critica implicita <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> a <strong>Leibniz</strong>, tuttavia,<br />

è <strong>il</strong> suo tono. <strong>Il</strong> rifiuto da parte <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> una concezione<br />

proto-leibniziana <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> come totalmente assurda, inoltre, induce<br />

a ritenere che da parte sua ci fosse ben poca <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità<br />

al negoziato. Anzi, <strong>il</strong> suo atteggiamento sprezzante verso questa<br />

idea offre un interessante in<strong>di</strong>zio del modo in cui egli può avere<br />

risposto se e quando <strong>Leibniz</strong> si lasciò sfuggire la sua adesione a<br />

essa in occasione del loro incontro <strong>nel</strong> 1676.<br />

Mente<br />

Qualcuno potrebbe sperare che la teoria leibniziana della mente,<br />

così come è formulata <strong>nel</strong>la sua monadologia, possa condurci<br />

in salvo fuori da questo labirinto popolato da numerosi <strong>Leibniz</strong><br />

spinoziani e da tanti <strong>Spinoza</strong> leibniziani. Le mona<strong>di</strong>, dopo<br />

tutto, si trovano sulla linea <strong>di</strong> confine che <strong>Leibniz</strong> traccia sulla<br />

sabbia: "<strong>Spinoza</strong> avrebbe ragione, se non ci fossero le mona<strong>di</strong>".<br />

Ma questa linea tracciata sulla sabbia risulta essere qualcosa come<br />

un miraggio, anch'essa.<br />

I lettori <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> hanno lamentato sovente che le mona<strong>di</strong><br />

appartengono a un cosmo rigorosamente deterministico, in cui<br />

la storia si <strong>di</strong>pana come una tela <strong>di</strong> seconda mano, per tutta l'eternità.<br />

Arnauld - stranamente, riecheggiando <strong>Spinoza</strong> - accusa<br />

<strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong> proporre una concezione "più che fatalistica". "Una<br />

volta che [<strong>Dio</strong>] ha operato la sua scelta," ammette <strong>Leibniz</strong>, ancora<br />

una volta gettando benzina sul fuoco, "si deve concedere che<br />

tutto è incluso <strong>nel</strong>la sua scelta, e che niente potrà essere mutato."<br />

La vita <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, concretamente, sembrerebbe<br />

in<strong>di</strong>stinguib<strong>il</strong>e dalla vita <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

<strong>Leibniz</strong>, ovviamente, risponde che l'ignoranza in cui le mona<strong>di</strong><br />

versano sulla propria autentica natura impone che esse agiscano<br />

come se fossero libere. Come <strong>di</strong>re, <strong>Dio</strong> sa che Cesare attraverserà<br />

<strong>il</strong> Rubicone, ma Cesare, quando si presenta sulla sponda<br />

del fiume, si trova <strong>di</strong> fronte a una grave decisione. Pertanto,<br />

Cesare, come tutti noi, ha <strong>il</strong> libero arbitrio. La migliore ragione<br />

per pensare che questo argomento <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> a favore del libero<br />

arbitrio sia così cattivo come sembra è questa: esso è in<strong>di</strong>stinguib<strong>il</strong>e<br />

dall'argomento proposto da <strong>Spinoza</strong> contro <strong>il</strong> libero arbitrio.<br />

Questa sorprendente coincidenza è evidente in un momen-


262 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

to in cui <strong>Leibniz</strong> abbassa la guar<strong>di</strong>a e parla con franchezza. La<br />

volontà, egli afferma, "ha le sue cause, ma dal momento che noi<br />

siamo ignari <strong>di</strong> esse e sovente esse sono nascoste, noi cre<strong>di</strong>amo<br />

<strong>di</strong> essere in<strong>di</strong>pendenti. [ ... ] È questa chimera <strong>di</strong> un'immaginaria<br />

in<strong>di</strong>pendenza che ci spinge a ribellarci contro l'accettazione del<br />

determinismo, e che ci induce a ritenere che vi siano <strong>di</strong>fficoltà là<br />

dove non ve ne è alcuna". Queste parole potrebbero ben essere<br />

tratte dall'Etica, dove <strong>Spinoza</strong> scrive che "gli uomini credono <strong>di</strong><br />

essere liberi [ ... ] perché sono consapevoli delle loro volizioni e dei<br />

loro desideri, ma sono ignari delle cause che li hanno determinati<br />

a desiderare e a volere". <strong>Leibniz</strong> era - e, almeno <strong>nel</strong>l'intimità<br />

dei propri taccuini personali, egli stesso capiva <strong>di</strong> essere - un determinista.<br />

Ovviamente, è possib<strong>il</strong>e essere un determinista pur senza essere<br />

uno spinoziano, e, a prima vista, sembra che <strong>Leibniz</strong> voglia<br />

occupare proprio questa nicchia. <strong>Il</strong> determinismo <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> è<br />

strettamente collegato alla sua dottrina del parallelismo, secondo<br />

la quale mente e corpo seguono percorsi paralleli per tutta la<br />

vita perché sono la medesima cosa vista da due <strong>di</strong>verse prospettive.<br />

<strong>Il</strong> determinismo <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, in altre parole, si traduce <strong>nel</strong>l'affermazione<br />

che tutti i nostri atti mentali possono essere ricondotti,<br />

in ultima istanza, a processi fisici, i quali a loro volta<br />

operano necessariamente secondo le leggi <strong>di</strong> causa ed effetto. <strong>Il</strong><br />

determinismo <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, d'altra parte, scaturisce dall'interno della<br />

mente stessa, e non dall'interazione tra mente e corpo, poiché<br />

egli non ammette tale interazione. Cioè, proprio perché tutti i<br />

pre<strong>di</strong>cati sono contenuti entro <strong>il</strong> concetto <strong>di</strong> una monade, essa<br />

segue un percorso predeterminato durante tutta la vita. Secondo<br />

la dottrina dell'armonia prestab<strong>il</strong>ita, mente e corpo si muovono<br />

in parallelo solo perché <strong>Dio</strong> ha ritenuto opportuno armonizzare<br />

le attività predeterminate <strong>di</strong> sostanze-mente e <strong>di</strong> sostanze-corpo<br />

in<strong>di</strong>pendenti, e non perché questi siano due attributi<br />

della medesima sostanza.<br />

Sebbene la <strong>di</strong>fferenza teoretica tra <strong>il</strong> parallelismo <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

e l'armonia prestab<strong>il</strong>ita <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> sia fac<strong>il</strong>e da comprendere, tuttavia<br />

è molto più <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e coglierne le implicazioni pratiche. Ci si<br />

potrebbe domandare, infatti, come un osservatore neutrale può<br />

<strong>di</strong>scernere se si trova a vivere in un universo leibniziano piuttosto<br />

che in un universo spinoziano? In entrambi i casi, dopo tutto,<br />

ogni atto mentale accade senza eccezione insieme a un corrispondente<br />

evento fisico. In linea <strong>di</strong> principio, non vi sarebbe modo<br />

<strong>di</strong> stab<strong>il</strong>ire me<strong>di</strong>ante l'esperienza se questa evidente unità <strong>di</strong><br />

mente e corpo sia la conseguenza <strong>di</strong> una identità soggiacente, come<br />

<strong>Spinoza</strong> suggerisce, oppure una sorprendente coincidenza,<br />

come argomenta <strong>Leibniz</strong>. Già <strong>nel</strong> 1712, e poi ancora negli anni


16. IL RITORNO DEL RJMOSSO 263<br />

venti del Settecento, gli avversari <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> negano recisamente<br />

che vi sia modo <strong>di</strong> cogliere la <strong>di</strong>fferenza. In effetti, asseriscono<br />

costoro, la leibniziana armonia prestab<strong>il</strong>ita è un plagio della dottrina<br />

spinoziana del parallelismo.<br />

<strong>Leibniz</strong>, ovviamente, continua a insistere che la sua forma <strong>di</strong><br />

parallelismo è <strong>di</strong>fferente perché, che noi possiamo osservarlo o<br />

no, avviene per volontà <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, non attraverso la comune identità<br />

<strong>di</strong> mente e corpo in un'unica sostanza. Ma, purtroppo, questo approccio<br />

non previene a lungo <strong>il</strong> collasso <strong>nel</strong>lo spinozismo. L'armonia<br />

prestab<strong>il</strong>ita è <strong>il</strong> primo esempio <strong>di</strong> una scelta che, secondo<br />

<strong>Leibniz</strong>, è necessaria "moralmente" ma non "metafisicamente".<br />

<strong>Dio</strong> ha la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> scelta metafisica, sottintende <strong>Leibniz</strong>, <strong>di</strong><br />

creare un universo <strong>di</strong>sarmonico, benché moralmente gli incomba<br />

l'obbligo <strong>di</strong> accordare la preferenza a un universo armonioso.<br />

Se, tuttavia, la <strong>di</strong>stinzione leibniziana tra necessità "morale" e<br />

necessità "metafisica" è speciosa, allora noi dovremmo concludere<br />

che l'armonia prestab<strong>il</strong>ita consegue necessariamente (tout<br />

court) dalla natura <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, e che <strong>il</strong> parallelismo <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

non è meno logicamente necessario <strong>di</strong> quello che sussiste <strong>nel</strong><br />

<strong>mondo</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Ammesso che noi conce<strong>di</strong>amo a <strong>Leibniz</strong> la <strong>di</strong>stinzione tra necessità<br />

morale e necessità metafisica, resta <strong>il</strong> problema: un universo<br />

"<strong>di</strong>sarmonico" è metafisicamente possib<strong>il</strong>e, come egli sottintende?<br />

Per <strong>il</strong> principio leibniziano secondo cui "Uno è Tutto",<br />

ciascuna monade in<strong>di</strong>viduale implica l'intero universo esistente<br />

delle mona<strong>di</strong>, <strong>nel</strong> senso che <strong>il</strong> suo "specchio" interno replica le<br />

attività <strong>di</strong> tutte le altre mona<strong>di</strong>, per quanto numerose e per quanto<br />

lontane. Scegli una monade, in altre parole, e con ciò stesso tu<br />

scegli l'intero universo. In un universo <strong>di</strong>sarmonico, invece, !'"universo"<br />

all'interno <strong>di</strong> ciascuna monade non avrebbe niente a che<br />

fare con !'"universo" all'esterno. Una monade-mente può essere<br />

a Parigi, per esempio, mentre <strong>il</strong> corpo che essa pensa <strong>di</strong> avere è<br />

realmente a Hannover (o, meglio, in nessun luogo affatto - perché<br />

proprio non si capisce in che senso <strong>il</strong> corpo che una monade<br />

pensa <strong>di</strong> avere potrebbe riferirsi a una qualche monade esterna).<br />

Scegli due o più mona<strong>di</strong>, in altre parole, e con ciò stesso tu<br />

scegli due o più universi che non hanno niente a che fare l'uno<br />

con l'altro. Ma, se appartengono a universi che non hanno niente<br />

a che fare l'uno con l'altro, allora le mona<strong>di</strong> non possono essere<br />

pensate come appartenenti al medesimo universo. Nemmeno<br />

<strong>Dio</strong>, tramite <strong>il</strong> quale tutte le sostanze devono essere pensate,<br />

sarebbe in grado <strong>di</strong> raffigurarsi sostanze tanto <strong>di</strong>sparate come facenti<br />

parte, in un qualche senso, del medesimo universo. Ma se<br />

mona<strong>di</strong> <strong>di</strong>sarmoniche non appartengono al medesimo universo,<br />

allora un universo <strong>di</strong>sarmonico non è possib<strong>il</strong>e. E se un univer-


264 !L CORTJGIANO E !!ERETJCO<br />

so <strong>di</strong>sarmonico non è possib<strong>il</strong>e, allora <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> può scegliere<br />

soltanto tra universi armoniosi possib<strong>il</strong>i, <strong>il</strong> che significa<br />

che in tutti gli universi possib<strong>il</strong>i mente e corpo sono armoniosi,<br />

ma ciò significa che <strong>il</strong> parallelismo <strong>di</strong> mente e corpo mostra altrettanta<br />

necessità logica sia <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> sia in quello<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

La pericolosa e inattesa convergenza delle tesi <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> sulla<br />

relazione mente-corpo con le opinioni <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> pone inoltre<br />

una preoccupante sfida alla sua dottrina dell'immortalità personale.<br />

D'accordo, <strong>Leibniz</strong> proclama incessantemente la propria fede<br />

<strong>nel</strong>l'immortalità personale, e ripetutamente rimprovera <strong>Spinoza</strong><br />

e i suoi per la loro credenza in "una immortalità senza memoria".<br />

Tuttavia, come conseguenza della sua adesione a una forma<br />

<strong>di</strong> paral lelismo, <strong>Leibniz</strong> è costretto ad ammettere che, anche<br />

<strong>nel</strong>la sua pre-vita e <strong>nel</strong>la sua post-vita, la monade-mente resti legata<br />

a una qualche manifestazione parallela delle mona<strong>di</strong>-corpo.<br />

Prima della vita, in poche parole, noi siamo qualcosa come semi;<br />

dopo la vita, risie<strong>di</strong>amo in forma microscopica da qualche parte<br />

<strong>nel</strong>le ceneri, per esempio. Come ulteriore conseguenza del proprio<br />

parallelismo, <strong>Leibniz</strong> è costretto ad ammettere che le nostre<br />

facoltà percettive sono notevolmente influenzate dai tipi <strong>di</strong> mona<strong>di</strong>-corpo<br />

da cui noi siamo circondati. Si affretta ad aggiungere<br />

che anche una monade-mente sepolta in un gra<strong>nel</strong>lo <strong>di</strong> cenere<br />

controllerà un gruppo <strong>di</strong> mona<strong>di</strong>-corpo subor<strong>di</strong>nate, formando<br />

perciò una struttura organica. Ma, nonostante le assicurazioni<br />

fornite da <strong>Leibniz</strong> sulle proprietà <strong>di</strong> resistenza al fuoco delle<br />

mona<strong>di</strong>, molti hanno trovato <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e credere che l'immortalità<br />

come cenere fosse proprio come egli affermava. Forse comprensib<strong>il</strong>mente,<br />

gli scettici mettono in dubbio che le facoltà percettive<br />

<strong>di</strong> un comune gra<strong>nel</strong>lo <strong>di</strong> cenere possano raggiungere un grado<br />

<strong>di</strong> acutezza sufficiente a consentirgli <strong>di</strong> bearsi <strong>nel</strong> premio o <strong>di</strong><br />

patire le pene che, <strong>Leibniz</strong> insiste, deve incontrare <strong>nel</strong> corso della<br />

sua vita eterna <strong>nel</strong>l'ald<strong>il</strong>à.<br />

L'implosione della dottrina dell'immortalità riflette una crisi<br />

ancor più profonda <strong>nel</strong> pensiero leibniziano riguardo all'idea stessa<br />

<strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualità. Nel suo sforzo <strong>di</strong> garantire l'assoluta permanenza<br />

e unità dell'anima in<strong>di</strong>viduale contro ogni influenza esterna,<br />

<strong>Leibniz</strong> è costretto a rappresentare <strong>il</strong> corpo e tutte le sue attività<br />

come <strong>il</strong> lavorio <strong>di</strong> un'infinità <strong>di</strong> mona<strong>di</strong> esterne alla monade-mente<br />

in<strong>di</strong>viduale. Sorge spontanea allora la domanda: perché<br />

non attribuire a questa esterna infinità <strong>di</strong> mona<strong>di</strong> tutti gli attributi<br />

che noi usiamo per definire la nostra identità - a partire<br />

dall'altezza e dal peso, ma senza trascurare i nostri ricor<strong>di</strong>, le nostre<br />

preferenze e le nostre passioni? Anziché preservare la sacralità<br />

dell'in<strong>di</strong>viduo, <strong>Leibniz</strong> potrebbe essersi inavvertitamente im-


16. IL RITORNO DEL RIMOSSO 265<br />

pegnato in una decostruzione dell'in<strong>di</strong>vidualità stessa - che, ovviamente,<br />

è proprio ciò che <strong>Spinoza</strong> effettua <strong>nel</strong> proprio sistema.<br />

Tutti gli in<strong>di</strong>zi che <strong>Leibniz</strong> sia una sorta <strong>di</strong> spinoziano possono<br />

essere ricondotti all'asserzione che le mona<strong>di</strong> non sono vere<br />

sostanze, come sostiene <strong>Leibniz</strong>, bensì qualcosa <strong>di</strong> molto sim<strong>il</strong>e<br />

a mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> una singola sostanza. Lo stesso <strong>Leibniz</strong> ammette<br />

la centralità del problema quando <strong>di</strong>ce che <strong>Spinoza</strong> avrebbe ragione,<br />

se non vi fossero le mona<strong>di</strong>. Tutte le sfide alla sostanzialità<br />

delle mona<strong>di</strong>, per contro, conducono a un interrogativo sulla<br />

relazione tra le mona<strong>di</strong> e <strong>Dio</strong>.<br />

Nel suo sistema metafisico, <strong>Leibniz</strong> si sforza <strong>di</strong> mantenere<br />

un delicato equ<strong>il</strong>ibrio tra <strong>Dio</strong> e le mona<strong>di</strong>. Per esempio, egli asserisce<br />

che le mona<strong>di</strong> sono eterne e in<strong>di</strong>struttib<strong>il</strong>i - proprio come<br />

devono essere le sostanze - ma poi inverte la rotta e ammette<br />

che <strong>Dio</strong> può crearle o annich<strong>il</strong>irle tutte in un lampo. Egli<br />

garantisce alle mona<strong>di</strong> la libertà ai loro propri occhi - quale dovrebbe<br />

essere per tutte le sostanze - ma poi sembra negare la<br />

loro libertà agli occhi <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Queste e altre tensioni <strong>nel</strong>la città<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong> conducono in definitiva a una semplice domanda: <strong>Dio</strong> è<br />

una monade?<br />

Sembrerebbe un quesito <strong>di</strong>retto, proprio quel tipo <strong>di</strong> domande<br />

a cui <strong>il</strong> grande monadologo dovrebbe avere una risposta pronta.<br />

Eppure <strong>Leibniz</strong> è sorprendentemente r<strong>il</strong>uttante in proposito. <strong>Il</strong><br />

suo accenno più chiaro emerge <strong>nel</strong>la frase che <strong>Dio</strong> è la "monade<br />

delle mona<strong>di</strong>". Si potrebbe pensare che, dopo tre secoli <strong>di</strong> sforzi,<br />

gli stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> abbiano raggiunto un pieno consenso su<br />

cosa <strong>Leibniz</strong> intenda quando <strong>di</strong>ce "la monade delle mona<strong>di</strong>". E<br />

invece no. Alcuni asseriscono che <strong>Dio</strong> deve essere una monade,<br />

altri che non può esserlo. In effetti, non vi è risposta che funzioni<br />

entro i vincoli del sistema leibniziano.<br />

Esaminiamo la possib<strong>il</strong>ità che <strong>Dio</strong> non sia una monade. Ha<br />

senso: poiché <strong>Dio</strong> sceglie <strong>di</strong> "scagliare in un lampo" le mona<strong>di</strong><br />

verso l'esistenza, egli deve esistere prima del "lampo". In tal caso,<br />

tuttavia, ne consegue che le mona<strong>di</strong> esistono e hanno le loro<br />

proprietà solo in virtù delle proprietà e/o degli atti <strong>di</strong> questa lampeggiante,<br />

non-mona<strong>di</strong>ca entità. Ma se le mona<strong>di</strong> <strong>di</strong>pendono da<br />

qualche altra entità in questo modo, allora esse non sono sostanze,<br />

perché una sostanza per definizione non <strong>di</strong>pende da<br />

nient'altro per essere ciò che è. Piuttosto, le cosiddette mona<strong>di</strong><br />

devono essere considerate in realtà soltanto "mo<strong>di</strong>" della sostanza.<br />

E poiché <strong>Dio</strong> è l'unica entità che non <strong>di</strong>pende da nessun'altra entità<br />

per essere ciò che è, dunque <strong>Dio</strong> solo è sostanza. Come riassume<br />

bene Hegel: "Qui è presente una contrad<strong>di</strong>zione. Se la monade<br />

delle mona<strong>di</strong>, <strong>Dio</strong>, è la sostanza assoluta, e le mona<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduali<br />

sono create per sua volontà, la loro sostanzialità viene a


266 IL CORTIGIANO E l?ERETICO<br />

mancare". Se <strong>Dio</strong> non è una monade, in breve, allora <strong>Leibniz</strong> è<br />

uno spinoziano.<br />

Inut<strong>il</strong>e <strong>di</strong>rlo, <strong>Leibniz</strong> si precipiterebbe ora ad aprire l'altra<br />

porta. Dunque, valutiamo l'eventualità che la "monade delle mona<strong>di</strong>"<br />

sia dawero una monade. Ma, se <strong>Dio</strong> è una monade, allora<br />

per definizione non può interagire con le altre mona<strong>di</strong>, poiché<br />

altrimenti egli determinerebbe la loro essenza ed esse determinerebbero<br />

la sua. Se non può interagire con loro, egli non può<br />

crearle. In quanto monade, in effetti, <strong>Dio</strong> può intrattenere rapporti<br />

con le sue cosiddette creature esclusivamente in modo "virtuale",<br />

per mezzo dell'armonia prestab<strong>il</strong>ita. Se <strong>Dio</strong> agisce esclusivamente<br />

attraverso l'armonia prestab<strong>il</strong>ita, allora non si può <strong>di</strong>re<br />

che egli crei anche questa. E, qualunque cosa <strong>Dio</strong> faccia - ammesso<br />

che gli resti qualcosa da fare - tutto consegue con assoluta<br />

necessità logica dalla sua essenza mona<strong>di</strong>ca. Cioè, <strong>il</strong> fatto che<br />

egli voglia "creare" questo particolare universo (se può) è già contenuto<br />

entro <strong>il</strong> suo concetto, proprio come "attraversa <strong>il</strong> Rubicone'"<br />

è un pre<strong>di</strong>cato necessario <strong>di</strong> "Cesare". Anzi, dato <strong>il</strong> lemma<br />

secondo cui scegliere una monade è scegliere <strong>il</strong> suo intero universo,<br />

ne segue che, una volta che <strong>Dio</strong> esiste, allora l'universo ­<br />

quale esso è-esiste con rigorosa necessità. Sicché <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente<br />

si può sostenere che <strong>Dio</strong> abbia una qualunque possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> scelta<br />

- se non <strong>nel</strong>la misura in cui, come Cesare, anch'egli ignori la<br />

sua vera natura. In breve, se <strong>Dio</strong> è una monade, egli non è affatto<br />

<strong>Dio</strong>: è solo un altro <strong>di</strong> noi. Russell allude a questa eventualità<br />

quando afferma che <strong>il</strong> mona<strong>di</strong>smo leibniziano "avrebbe dovuto<br />

spinger! o verso un'eresia ancora maggiore dello spinozismo". Per<br />

<strong>di</strong>rlo con parole crude: se <strong>Dio</strong> è una monade, <strong>Leibniz</strong> è un ateo.<br />

Salvezza eterna<br />

Quanti ancora sperano in una netta e ferma <strong>di</strong>stinzione tra<br />

la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> e quella <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> potrebbero aspettarsi<br />

<strong>di</strong> tracciare questo steccato lungo <strong>il</strong> cammino che conduce verso<br />

la salvezza eterna. Dopo tutto, sembra fin troppo owio, a giu<strong>di</strong>care<br />

dai loro ben <strong>di</strong>versi st<strong>il</strong>i <strong>di</strong> vita, se non altro, che i due f<strong>il</strong>osofi<br />

rappresentano idee ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>ssim<strong>il</strong>i circa la natura<br />

della felicità umana. Purtroppo, le <strong>di</strong>fferenze tra i due sul tema<br />

della salvezza eterna si rivelano non meno elusive delle presunte<br />

<strong>di</strong>fferenze tra mona<strong>di</strong> e mo<strong>di</strong>.<br />

<strong>Il</strong> determinismo <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> inevitab<strong>il</strong>mente lo trascina molto<br />

vicino alle posizioni etiche <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> - e lo apre persino all'attacco<br />

proveniente dai medesimi antagonisti, fautori dell'ortodossia.<br />

Per esempio, visto che la decisione <strong>di</strong>vina <strong>di</strong> creare <strong>il</strong> mi-


16. IL RITORNO DEL RIMOSSO 267<br />

gli ore dei mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i è "immutab<strong>il</strong>e", così la reputa <strong>Leibniz</strong>,<br />

dunque sembrerebbe inut<strong>il</strong>e rivolgergli preghiere, proprio come<br />

è inut<strong>il</strong>e rivolgere preghiere al <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> <strong>nel</strong>la speranza <strong>di</strong><br />

ottenere qualche sequenza alternativa <strong>di</strong> eventi. Poiché ciò che<br />

ogni monade fa è contenuto già da sempre entro <strong>il</strong> suo concetto,<br />

inoltre, occorrerebbe una mente giuri<strong>di</strong>ca straor<strong>di</strong>nariamente potente<br />

per <strong>di</strong>mostrare che le mona<strong>di</strong> commettono peccati <strong>di</strong> loro<br />

propria libera volontà. Russell si spinge sino ad accusare <strong>Leibniz</strong><br />

<strong>di</strong> "indegni sotterfugi" nei suoi sforzi volti a <strong>di</strong>ssimulare <strong>il</strong> fatto<br />

che ogni peccato per lui è "<strong>il</strong> peccato originale, la finitu<strong>di</strong>ne<br />

inerente a ogni monade creata".<br />

<strong>Leibniz</strong> tenta <strong>di</strong> sott<strong>il</strong>izzare sul problema insinuando, per<br />

esempio, che le mona<strong>di</strong> possano scegliere <strong>di</strong> fare <strong>il</strong> bene in quanto<br />

<strong>di</strong>rigono i propri sforzi conformemente alla "volontà presuntiva"<br />

<strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Cosa sia esattamente questa volontà presuntiva <strong>di</strong><br />

<strong>Dio</strong>, <strong>Leibniz</strong> lo lascia per certi versi poco chiaro; ma indubbiamente<br />

uno spinoziano avrebbe inferito che la "volontà <strong>di</strong>vina presunti<br />

va" è un modo metaforico per alludere alla realizzazione della<br />

natura propria essenziale e intrinsecamente finita <strong>di</strong> ciascuno<br />

<strong>di</strong> noi, poiché proprio questo è ciò che costituisce <strong>il</strong> nostro contributo<br />

alla realizzazione del piano <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> per l'intero universo.<br />

Ma questa massimizzazione del conatus in<strong>di</strong>viduale, ovviamente,<br />

è esattamente <strong>il</strong> percorso che <strong>Spinoza</strong> propone <strong>di</strong> prendere<br />

<strong>nel</strong>la sua Etica.<br />

La tendenza <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> verso una sorta <strong>di</strong> spinozismo <strong>nel</strong>l'Etica<br />

va ben oltre la sua adesione a una qualche forma <strong>di</strong> determinismo<br />

e penetra persino <strong>nel</strong>la sua idea <strong>di</strong> autorealizzazione, o felicità.<br />

Poiché ha in sé un conatus, un impulso, ciascuna monade vuole<br />

"<strong>di</strong>ventare ciò che è", per così <strong>di</strong>re; e tutto ciò che contribuisce<br />

a questo progetto <strong>di</strong> perfezionare <strong>il</strong> sé conta come piacere, laddove<br />

tutto ciò che lo limita è dolore. "<strong>Il</strong> piacere altro non è che <strong>il</strong> sentimento<br />

<strong>di</strong> un incremento <strong>nel</strong>la perfezione", spiega <strong>Leibniz</strong>. Ma<br />

queste parole potrebbero fac<strong>il</strong>mente essere tratte dall'Etica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Quanto più una monade è "attiva" - cioè, quanto più essa<br />

realizza la propria natura, ovvero rifiuta <strong>di</strong> sottomettersi passivamente<br />

al dominio <strong>di</strong> altre mona<strong>di</strong> - tanto più essa è felice. "Noi saremo<br />

tanto più felici quanto più chiara è la nostra comprensione<br />

delle cose e quanto più noi agiamo in accordo con la nostra propria<br />

natura, cioè con la ragione," chiarisce <strong>Leibniz</strong>. "Solo <strong>nel</strong>la misura<br />

in cui i nostri ragionamenti sono esatti, noi siamo liberi e esenti<br />

dalle passioni che i corpi circostanti imprimono su <strong>di</strong> noi." Brani<br />

come questo - che, anch'esso, potrebbe essere stato semplicemente<br />

trascritto dall'Etica - inducono Russell a <strong>di</strong>chiarare che, <strong>nel</strong>la<br />

sua riflessione sull'Etica, "<strong>Leibniz</strong> non mostra grande originalità,<br />

ma, con lievi mo<strong>di</strong>fiche terminologiche, tende ad assumere


268 IL CORTIGIANO E I:ERETICO<br />

(senza ammetterlo) le opinioni del tanto denigrato <strong>Spinoza</strong>". In effetti,<br />

la costante adesione alla guida della ragione inesorab<strong>il</strong>mente<br />

conduce <strong>Leibniz</strong> verso quella identificazione <strong>di</strong> libertà e felicità<br />

che costituisce <strong>il</strong> tratto <strong>di</strong>stintivo dell'Etica spinoziana.<br />

Nei resoconti che forniscono sui loro viaggi <strong>nel</strong> cuore delle<br />

cose, <strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong> a prima vista sembra descrivano universi<br />

ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>fferenti. I.:uno scopre un'orda innumerevole <strong>di</strong><br />

sostanze animate, l'altro un'unica massa <strong>di</strong> sostanza in<strong>di</strong>fferenziata;<br />

l'uno trova anime che non muoiono mai, l'altro non trova<br />

nessun'anima affatto; l'uno vede un <strong>mondo</strong> in cui ogni cosa accade<br />

per una ragione, l'altro vede un <strong>mondo</strong> in cui ogni cosa semplicemente<br />

accade.<br />

Eppure, quando noi cerchiamo effetti osservab<strong>il</strong>i e conseguenze<br />

pratiche che possano servire a <strong>di</strong>stinguere i due mon<strong>di</strong> in<br />

questione, le <strong>di</strong>screpanze sembrano volat<strong>il</strong>izzarsi. <strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> secondo<br />

<strong>Leibniz</strong> è un universo ragionevole; è quel cosmo regolato<br />

da leggi stab<strong>il</strong>i, onnideterminanti, che costituisce l'oggetto dell'indagine<br />

scientHica, un <strong>mondo</strong> su cui non grava nessuna imperscrutab<strong>il</strong>e<br />

<strong>di</strong>vinità, un <strong>mondo</strong> in cui, per tutti i fini pratici,<br />

l'in<strong>di</strong>viduo resta alla mercé <strong>di</strong> forze esterne, e <strong>nel</strong> quale noi abbiamo<br />

la responsab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> cercare la felicità realizzando noi stessi.<br />

<strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> che <strong>Leibniz</strong> descrive, in breve, è proprio quel <strong>mondo</strong><br />

che <strong>Spinoza</strong> aveva osservato per primo.<br />

In definitiva, le <strong>di</strong>fferenze tra le due f<strong>il</strong>osofie attengono non<br />

tanto alla natura del <strong>mondo</strong> come ciascuno dei due lo vede, quanto<br />

piuttosto al significato o al valore che ciascuno dei due gli attribuisce.<br />

<strong>Spinoza</strong> identifica con <strong>Dio</strong> quella natura regolata da leggi<br />

stab<strong>il</strong>i, onnideterminanti, che costituisce l'oggetto dell'indagine<br />

scientifica. <strong>Leibniz</strong> non compie tale identificazione. Anzi, la f<strong>il</strong>osofia<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> risulta più chiara e più sincera <strong>nel</strong>la sua forma negativa.<br />

<strong>Il</strong> suo principio fondatore resta: la Natura non è <strong>Dio</strong>; cioè,<br />

un Essere che non compie scelte e che non può essere chiamato<br />

buono non merita <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Le m o n a<strong>di</strong> esistono all'unico scopo<br />

<strong>di</strong> sostenere questa negazione, che resta in pie<strong>di</strong> proprio mentre<br />

<strong>il</strong> resto della f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> collassa in qualcosa che, dal<br />

punto <strong>di</strong> vista dell'osservazione, è in<strong>di</strong>stinguib<strong>il</strong>e dallo spinozismo.<br />

In ciò si rivela qualcosa <strong>di</strong> essenziale sulla natura della f<strong>il</strong>osofia<br />

leibniziana e sul peculiare rapporto che essa intrattiene con<br />

quella <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. La monadologia si comprende meglio come un<br />

tentativo <strong>di</strong> mostrare che è possib<strong>il</strong>e ammettere l'esistenza <strong>di</strong> un<br />

universo perfettamente in<strong>di</strong>stinguib<strong>il</strong>e da quello che <strong>Spinoza</strong> descrive<br />

e al tempo stesso restare avvinghiati alle antiche speranze<br />

in <strong>Dio</strong> e <strong>nel</strong>l'immortalità, poiché queste materie tra valicano i limiti


16. IL RITORNO DEL RIMOSSO 269<br />

<strong>di</strong> ciò che può essere osservato o provato da <strong>Spinoza</strong> e da quelli<br />

come lui. Quella che <strong>Leibniz</strong> presenta come la propria prova dell'immaterialità<br />

della mente, in realtà è soltanto la <strong>di</strong>chiarazione<br />

che <strong>il</strong> materialismo <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> non può escludere la possib<strong>il</strong>ità che<br />

una forza spirituale non in<strong>di</strong>viduab<strong>il</strong>e sia all'opera <strong>di</strong>etro tutte le<br />

azioni apparentemente meccaniche; la sua prova dell'armonia prestab<strong>il</strong>ita<br />

è soltanto la <strong>di</strong>chiarazione che non potrà mai essere definitivamente<br />

provato che <strong>il</strong> parallelismo r<strong>il</strong>evato da <strong>Spinoza</strong> sia <strong>il</strong><br />

risultato <strong>di</strong> un'identità, piuttosto che una m era coincidenza; la sua<br />

prova che <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> è progettato da un artefice è soltanto la <strong>di</strong>chiarazione<br />

che <strong>Spinoza</strong> non riesce a provare inconfutab<strong>il</strong>mente<br />

che non ve n'è nessuno; e la sua prova dell'esistenza <strong>di</strong> un <strong>Dio</strong> trascendente<br />

in realtà è soltanto la <strong>di</strong>chiarazione che un <strong>Dio</strong> immanente<br />

non è un <strong>Dio</strong>. La f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> segue interamente lo<br />

schema che egli aveva istituito, da giovane, <strong>nel</strong>la sua prima <strong>di</strong>fesa<br />

della transustanziazione. In ultima analisi, egli ci lascia non già<br />

con un insieme <strong>di</strong> dottrine positive, bensì con una serie <strong>di</strong> negazioni.<br />

<strong>Il</strong> suo lavoro consiste in una decostruziorie della f<strong>il</strong>osofia moderna<br />

in generale e dello spinozismo in particolare. Esso è definito<br />

da - e non può esistere senza - ciò cui essa si contrappone. È,<br />

<strong>nel</strong>la sua essenza, una f<strong>il</strong>osofia reattiva.<br />

Forse <strong>il</strong> modo migliore per compen<strong>di</strong>are la posizione problematicamente<br />

autosovvertitrice <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> è <strong>di</strong>re che egli era<br />

uno spinoziano che non credeva <strong>nel</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Un esito logico<br />

<strong>di</strong> una tale posizione, ovviamente, è precisamente quello verso<br />

cui <strong>Leibniz</strong> tendeva ogni volta che tentava <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziarsi da<br />

<strong>Spinoza</strong>: ovvero, che non esiste nessun <strong>Dio</strong>. L'autore del sistema<br />

dell'armonia prestab<strong>il</strong>ita ha passato una vita intera a bollare come<br />

ateo l'autore dell'Etica; ma era proprio <strong>Leibniz</strong> colui che veleggiava<br />

molto più vicino ai venti dell'incredulità.<br />

Tutto ciò ci pone in una posizione più adeguata per comprendere<br />

in termini generali cosa possa essere accaduto in quei<br />

giorni ventosi del novembre 1676 - anche se i dettagli dell'evento<br />

sono destinati a sfuggirei. In senso sia f<strong>il</strong>osofico sia letterale,<br />

<strong>Spinoza</strong> aprì una porta a <strong>Leibniz</strong>. Rivelò al suo visitatore una<br />

realtà che, per tutti i fini pratici, <strong>il</strong> giovane pensatore riconobbe<br />

come <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> entro <strong>il</strong> quale egli situava la propria f<strong>il</strong>osofia. Con<br />

un linguaggio franco e talvolta duro, <strong>Spinoza</strong> ha mostrato a <strong>Leibniz</strong><br />

cosa significa essere un f<strong>il</strong>osofo <strong>moderno</strong>. Ma <strong>Leibniz</strong> non vide<br />

quella realtà <strong>nel</strong>lo stesso modo in cui la vedeva <strong>Spinoza</strong>. Quando<br />

guardò dentro gli occhi nero opale del suo ospite, egli non<br />

trovò una nuova <strong>di</strong>vinità. Vide, invece, la morte <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. La sua f<strong>il</strong>osofia<br />

fu per molti aspetti un tentativo <strong>di</strong> chiudere quella porta<br />

che egli avrebbe voluto non fosse mai stata aperta. Ma ormai era<br />

troppo tar<strong>di</strong>: egli era già dall'altra parte.


l 7. La fine <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

Le nuvole cominciavano ad addensarsi sulla carriera politica<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, all'approssimarsi del Settecento, qualche tempo<br />

dopo la morte del suo secondo mecenate del casato degli<br />

Hannover, l'elettore Ernst August. Georg Ludwig, figlio e successore<br />

dell'elettore, mostrava scarso apprezzamento per l'eru<strong>di</strong>to<br />

<strong>di</strong> corte. Derideva <strong>il</strong> senescente f<strong>il</strong>osofo chiamandolo " <strong>di</strong>zionario<br />

vivente" e "reperto archeologico". <strong>Leibniz</strong>, veniamo a<br />

sapere, compariva ancora in pubblico indossando l'enorme parrucca<br />

e <strong>il</strong> costume barocco della sua dorata gioventù parigina.<br />

Non aveva notato che col trascorrere dei decenni <strong>il</strong> suo st<strong>il</strong>e ormai<br />

da lungo tempo era passato. Agli occhi dei giovani nob<strong>il</strong>i<br />

<strong>di</strong> corte, l'agghindato modaiolo era <strong>di</strong>ventato un professore<br />

stravagante.<br />

Soprattutto, Georg Ludwig si lamentava dei "libri invisib<strong>il</strong>i"<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. Erano trascorsi ormai alcuni decenni da quando <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

si era assunto la responsab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> ricostruire la genealogia<br />

del casato dei Brunswick, ma per <strong>il</strong> momento egli aveva realizzato<br />

un solo volume sull'argomento. Probab<strong>il</strong>mente non fu<br />

d'aiuto che, quando Georg Ludwig aveva posto <strong>il</strong> problema dei<br />

libri mancanti, <strong>Leibniz</strong> avesse deviato <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso e avesse detto<br />

che si sarebbe ingegnato <strong>di</strong> più a trovare tempo per <strong>il</strong> progetto<br />

se, magari, avesse ricevuto una pensione annua <strong>di</strong> duem<strong>il</strong>a talleri<br />

per vivere. <strong>Leibniz</strong> espresse anche la convinzione che sarebbe<br />

stato opportuno elevarlo al rango <strong>di</strong> vicecancelliere - <strong>il</strong> grado civ<strong>il</strong>e<br />

più alto in quel paese.<br />

Georg Ludwig non si era <strong>di</strong>vertito affatto. Irritato dall'abitu<strong>di</strong>ne<br />

del f<strong>il</strong>osofo <strong>di</strong> scomparire per lunghi e inspiegab<strong>il</strong>i viaggi,<br />

egli decretò che <strong>il</strong> suo <strong>di</strong>zionario vivente da allora in poi avrebbe<br />

dovuto chiedere <strong>il</strong> suo permesso personale per lasciare Hannover.<br />

Lelettore in seguito trasse grande piacere dal respingere<br />

le reiterate richieste, formulate da <strong>Leibniz</strong>, <strong>di</strong> potersi allontanare<br />

per qualche viaggio. Dopo un po', <strong>il</strong> <strong>di</strong>vertimento venne a cessare,<br />

e, per risparmiarsi <strong>il</strong> fasti<strong>di</strong>o <strong>di</strong> dover rigettare le incessanti<br />

petizioni del suo lacchè, l'elettore mise <strong>Leibniz</strong> agli arresti do-


17. LA FINE DI LEIBNIZ 271<br />

mic<strong>il</strong>iari sinché non avesse ultimato la promessa storia del casato<br />

dei Brunswick.<br />

Ma l'astuto f<strong>il</strong>osofo riuscì a eluderli. A sessantadue anni, intraprese<br />

un viaggio segreto verso Vienna. Là incontrò, tra gli altri,<br />

l'ambasciatore che veniva dalla corte <strong>di</strong> Pietro <strong>il</strong> Grande, e<br />

con lui <strong>di</strong>scusse un progetto per promuovere lo sv<strong>il</strong>uppo delle<br />

scienze in Russia. In alcune missive inviate da Vienna a Sophia<br />

e all'elettore, tuttavia, egli affermava <strong>di</strong> trovarsi <strong>nel</strong>la città termale<br />

<strong>di</strong> Karlsbad, per prendersi cura del proprio cagionevole stato<br />

<strong>di</strong> salute. Da Vienna, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo errante si avviò verso Berlino,<br />

in compagnia dell'ambasciatore russo. Nelle lettere inviate a Hannover,<br />

tuttavia, rif<strong>il</strong>ava un fantasioso racconto: poiché le acque<br />

minerali <strong>di</strong> Karlsbad lo avevano ringiovanito, <strong>di</strong>ceva, ora si era<br />

recato in una remota e inaccessib<strong>il</strong>e università della Sassonia allo<br />

scopo <strong>di</strong> compiere alcune ricerche per la sua opera storiografica.<br />

A Berlino, <strong>Leibniz</strong> pranzò con tutti i personaggi dell'alta società,<br />

ma evitò accuratamente ogni contatto con l'ambasciatore<br />

<strong>di</strong> Hannover. Sfortunatamente, un membro dell'ambasciata russa<br />

<strong>di</strong>spettosamente riferì a un membro dell'ambasciata <strong>di</strong> Hannover<br />

che <strong>il</strong> grande f<strong>il</strong>osofo era stato visto tutto intento a <strong>di</strong>vertirsi<br />

immensamente a Vienna.<br />

Georg andò su tutte le furie. Sophia scrisse a <strong>Leibniz</strong>, con tono<br />

un po' aspro, che suo fratello ora offriva una ricompensa a chiunque<br />

glielo avesse riportato. <strong>Il</strong> <strong>cortigiano</strong> castigato ritornò precipitosamente<br />

al suo posto <strong>di</strong> lavoro, dove l'elettore lo rimproverò personalmente.<br />

<strong>Leibniz</strong> non sembra abbia preso troppo a cuore <strong>il</strong> messaggio,<br />

poiché in una lunga risposta scritta all'elettore imbastiva<br />

già un'altra storia sul suo viaggio (stavolta affermava <strong>di</strong> essersi imbattuto<br />

a Karlsbad <strong>nel</strong>l'imperatrice, che lo aveva trascinato suo<br />

malgrado a Vienna). Inoltre, lamentava energicamente che l'atteggiamento<br />

dell'elettore nei suoi confronti fosse molto duro, e avvertiva<br />

<strong>il</strong> suo datore <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> un fatto che egli giu<strong>di</strong>cava scandaloso:<br />

lo storiografo della casa <strong>di</strong> Brandeburgo riceveva per le sue<br />

fatiche una pensione <strong>di</strong> trem<strong>il</strong>a talleri - più del doppio <strong>di</strong> quanto i<br />

Brunswick assicuravano al loro genealogista.<br />

Mentre entrambe le parti della vertenza <strong>di</strong> lavoro a Hannover<br />

traboccavano <strong>di</strong> b<strong>il</strong>e, <strong>Leibniz</strong> subì un altro duro colpo alla sua<br />

carriera. Nel 1710, i membri della Società delle Scienze <strong>di</strong> Berlino<br />

si riunirono in assenza del loro simbolico presidente e, inspiegab<strong>il</strong>mente,<br />

elessero un nuovo <strong>di</strong>rettore. La "cabala", come<br />

<strong>Leibniz</strong> la chiamò, trascurò <strong>di</strong> comunicargli se ciò significasse<br />

che egli non era più <strong>il</strong> presidente. Quando la Società tenne la sua<br />

grande inaugurazione ufficiale a Berlino, <strong>il</strong> 19 gennaio 1711, in<br />

ogni caso, l'uomo che aveva de<strong>di</strong>cato tanta parte della sua vita a<br />

renderne possib<strong>il</strong>e l'esistenza non era tra i presenti.


272 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

Infelice a Hannover e indesiderato a Berlino, <strong>Leibniz</strong> faceva<br />

vigorosi sforzi per trovare lavoro altrove. Parigi era ancora in cima<br />

alla sua lista, e Londra saliva rapidamente con la prospettiva<br />

<strong>di</strong> una successione del casato <strong>di</strong> Hannover, ma <strong>nel</strong>l'imme<strong>di</strong>ato le<br />

opportunità più promettenti si offrivano a Vienna. Verso la fine<br />

del l712, <strong>Leibniz</strong> partiva verso la capitale del Sacro romano impero<br />

alla ricerca del favore imperiale, spargendo lungo la propria<br />

scia la consueta varietà <strong>di</strong> falsi alibi.<br />

Sophia scongiurò <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo <strong>di</strong>sertore perché tornasse. Ma<br />

<strong>Leibniz</strong> le rispe<strong>di</strong>va in<strong>di</strong>etro una scusa dopo l'altra. Dapprima,<br />

addusse come pretesto la peste a Vienna. Se avesse lasciato la<br />

città, si lagnava, avrebbe corso <strong>il</strong> rischio <strong>di</strong> essere accolto in modo<br />

ost<strong>il</strong>e dai conta<strong>di</strong>ni residenti <strong>nel</strong>le aree rurali immuni dalla<br />

pest<strong>il</strong>enza. (Sophia spiritosamente rispose che sembrava preferisse<br />

l'aria pest<strong>il</strong>enziale <strong>di</strong> Vienna all'aria stantia <strong>di</strong> Hannover.)<br />

Poi, portò come scusante <strong>il</strong> suo stato <strong>di</strong> salute. (Eckhart, che finì<br />

per fare gran parte del lavoro <strong>di</strong> gambe richiesto dalla Storia del<br />

casato <strong>di</strong> Brunswick, non ci credette: "La gotta è solo una scusa".<br />

<strong>Leibniz</strong> non avrebbe mai portato a termine <strong>il</strong> progetto, egli pre<strong>di</strong>sse,<br />

poiché "è troppo <strong>di</strong>stratto, tenta <strong>di</strong> fare qualunque cosa, e<br />

vuole farsi coinvolgere in ogni cosa".) Con gran dolore <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>,<br />

Sophia morì improvvisamente <strong>nel</strong>l'estate del l713; ma i suoi<br />

funerali non furono sufficienti a strapparlo dalla capitale imperiale.<br />

Verso la fine del l 713, ora che la madre non era più lì a p lacare<br />

la sua ira, Georg Ludwig perse la pazienza. Sospese l'erogazione<br />

dello stipen<strong>di</strong>o al vagabondo monadologo.<br />

La severa mossa non sortì l'effetto atteso. Sembra che in quel<br />

momento <strong>Leibniz</strong> avesse ottenuto un posto a Vienna come consigliere<br />

privato imperiale e percepisse un cospicuo stipen<strong>di</strong>o dall'imperatore<br />

del Sacro romano impero. Ciò nonostante, all'inizio<br />

del l 714 scrisse una risposta in cui prometteva che niente lo avrebbe<br />

trattenuto dal fare ritorno a Hannover quell'estate stessa. Ma<br />

l'estate del l 714 trovò <strong>Leibniz</strong> ancora a Vi enna, al lavoro per fondare<br />

una Società imperiale delle scienze.<br />

Poi, <strong>nel</strong>l'agosto del 1714 giunse la notizia lungamente attesa:<br />

la regina Anna <strong>di</strong> Ingh<strong>il</strong>terra era morta. La corona <strong>di</strong> Ingh<strong>il</strong>terra<br />

passava a re Giorgio r - noto anche come Georg Ludwig, elettore<br />

<strong>di</strong> Hannover. Nessuna pest<strong>il</strong>enza e nessuna imperatrice avrebbe<br />

potuto trattenere ora <strong>Leibniz</strong> dal tomare a precipizio a Hannover.<br />

Egli comunicò ai propri corrispondenti che avrebbero potuto<br />

fargli pervenire la posta presso la Corte <strong>di</strong> San Giacomo, a<br />

Londra. Giunse ansante a Hannover <strong>il</strong> l4 settembre, impaziente<br />

<strong>di</strong> continuare <strong>il</strong> viaggio verso la capitale inglese.<br />

Ma <strong>il</strong> palazzo <strong>di</strong> Hannover era vuoto <strong>di</strong> ogni forma <strong>di</strong> vita. Fu<br />

acuto <strong>il</strong> <strong>di</strong>sappunto <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, quando egli apprese che re Gior-


17. LA FINE DI LEIBNIZ 273<br />

gio era partito tre giorni prima per riven<strong>di</strong>care <strong>il</strong> suo nuovo regno.<br />

Peggio, <strong>il</strong> nuovo monarca aveva lasciato istruzioni affinché,<br />

qualora lo storiografo <strong>di</strong> famiglia fosse stato localizzato, gli fosse<br />

chiesto <strong>di</strong> restare per <strong>il</strong> momento a Hannover. Ancora poco<br />

propenso a prendere Giorgio alla lettera, <strong>Leibniz</strong> si rivolse imme<strong>di</strong>atamente<br />

a Caroline, la nuova principessa <strong>di</strong> Galles, e le chiese<br />

se poteva andare a Londra con lei. Ma la principessa e <strong>il</strong> suo<br />

seguito partirono, senza <strong>di</strong> lui, <strong>il</strong> 12 ottobre.<br />

Frattanto, <strong>il</strong> ministro del re, avendo ricevuto a Londra corrispondenze<br />

in cui lo si informava del comportamento del f<strong>il</strong>osofo,<br />

scrisse una severa lettera or<strong>di</strong>nandogli <strong>di</strong> restare in Germania finché<br />

non fosse ultimata la Storia del casato <strong>di</strong> Brunswick. <strong>Leibniz</strong><br />

rispose domandando se non potesse, invece, recarsi a Londra e servire<br />

lì come storiografo d'Ingh<strong>il</strong>terra. A quanto riferisce Caroline,<br />

<strong>il</strong> re replicò bruscamente: "Prima deve mostrarmi che sa scrivere<br />

<strong>di</strong> storia; mi <strong>di</strong>cono che è d<strong>il</strong>igente". A quell'epoca, presumib<strong>il</strong>mente,<br />

Giorgio 1 aveva già scoperto che l'antagonista <strong>di</strong> Newton<br />

<strong>nel</strong>la <strong>di</strong>sputa sulla priorità <strong>nel</strong>la scoperta dell'analisi era popolare,<br />

tra i suoi nuovi sud<strong>di</strong>ti, più o meno quanto <strong>il</strong> vaiolo. La Corte <strong>di</strong><br />

San Giacomo pronunciò la sua ultima parola: a <strong>Leibniz</strong> fu impe<strong>di</strong>ta<br />

la partenza. Non gli sarebbe stato consentito <strong>di</strong> lasciare Hannover<br />

sinché non avesse completato la sua opera storiografica.<br />

Brutte notizie provenienti da Berlino ben presto si aggiunsero<br />

ai guai e alle tribolazioni che giungevano da Londra. Nei cinque<br />

anni trascorsi da quando era stato, senza troppe cerimonie,<br />

retrocesso a presidente-senza-portafoglio della Società delle<br />

scienze, <strong>Leibniz</strong> aveva continuato a percepire <strong>il</strong> suo stipen<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

seicento talleri. Nel 1715, i contab<strong>il</strong>i finalmente si organizzarono,<br />

e la Società gli sospese lo stipen<strong>di</strong>o. <strong>Leibniz</strong> urlò <strong>di</strong> in<strong>di</strong>gnazione,<br />

ma, come i nuovi responsab<strong>il</strong>i della Società fecero r<strong>il</strong>evare,<br />

<strong>il</strong> denaro avrebbe dovuto coprire le sue spese, e poiché egli<br />

non si era fatto vivo a nessuna riunione durante i quattro anni<br />

precedenti e non aveva fatto assolutamente niente per loro, risultava<br />

<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e comprendere come potesse avanzare riven<strong>di</strong>cazioni<br />

economiche.<br />

<strong>Leibniz</strong> trascorse <strong>il</strong> settantesimo e ultimo anno della sua vita<br />

non meno pro<strong>di</strong>giosamente <strong>di</strong> tutti quelli che l'avevano preceduto.<br />

Nella corrispondenza che intratteneva con i maggiori<br />

matematici d'Europa, esplorava nuovi approcci al calcolo e si<br />

<strong>di</strong>fendeva dalle accuse <strong>di</strong> plagio che gli venivano in<strong>di</strong>rizzare dai<br />

sostenitori <strong>di</strong> Newton. Discuteva <strong>di</strong> teologia naturale con Samuel<br />

Clarke. Scriveva un <strong>di</strong>scorso sulla teologia cinese. Coltivava<br />

un nuovo rapporto <strong>di</strong> amicizia con un gesuita francese,<br />

<strong>nel</strong>la speranza <strong>di</strong> poter essere chiamato finalmente a occupare<br />

un posto a Parigi.


274 [L CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

Sebbene non trasparisse dal suo ritmo <strong>di</strong> lavoro, la salute <strong>di</strong><br />

<strong>Leibniz</strong> andava rapidamente deteriorandosi. Ora l'artrite gli provocava<br />

dolori lancinanti a ogni minimo movimento. <strong>Il</strong> suo personale<br />

programma <strong>di</strong> cure casalinghe prevedeva che <strong>il</strong> <strong>cortigiano</strong><br />

sofferente, a volte, si stendesse su un basso asse per alcuni<br />

giorni <strong>di</strong> f<strong>il</strong>a. Lamentava dolori ai reni, e sv<strong>il</strong>uppò un tumore alla<br />

gamba destra. Ma reagì a tutto come si ad<strong>di</strong>ce a un f<strong>il</strong>osofo:<br />

"Provo dolori ai pie<strong>di</strong>, <strong>di</strong> tanto in tanto," <strong>di</strong>sse a un amico. "A volte<br />

la malattia si irra<strong>di</strong>a alle mie mani; ma la testa e lo stomaco,<br />

grazie a <strong>Dio</strong>, fanno ancora <strong>il</strong> loro lavoro."<br />

Nel maggio 1716, re Giorgio fece ritorno a Hannover per godersi<br />

una vacanza all'insegna della caccia. Forse perché lo splen<strong>di</strong>do<br />

tempo estivo giovava al suo umore, lasciò che si placasse un<br />

po' la sua ira nei confronti del suo capriccioso storiografo. Garantì<br />

a <strong>Leibniz</strong> un aumento del salario, che era stato tenuto in sospeso<br />

per i due anni e mezzo precedenti. Purtroppo, <strong>il</strong> guadagno<br />

fu controb<strong>il</strong>anciato da un danno equivalente, quando a settembre<br />

l'imperatore del Sacro romano impero decise che gli esattori<br />

viennesi non ottenevano abbastanza denaro dal consigliere privato,<br />

che fu messo agli arresti domic<strong>il</strong>iari a Hannover.<br />

Mentre l'estate del 1716 cedeva <strong>il</strong> passo all'autunno, <strong>Leibniz</strong><br />

rimaneva confinato <strong>nel</strong>la città che aveva tentato <strong>di</strong> lasciare durante<br />

i precedenti quarant'anni della sua vita. Ingiuriato a Londra,<br />

<strong>di</strong>sprezzato a Berlino, ignorato a Vienna e a Parigi, egli cominciava<br />

l'ultimo giro <strong>nel</strong>la corsa della sua vita in quella con<strong>di</strong>zione<br />

abbastanza misera che un giorno o l'altro inevitab<strong>il</strong>mente<br />

si abbatte su quanti vivono del favore altrui.<br />

Però, anche se lq. pioggia continuava a scrosciare implacab<strong>il</strong>e<br />

sulla carriera personale <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, <strong>il</strong> sole non cessava mai <strong>di</strong><br />

risplendere sui suoi scritti metafisici. Nella terra delle mona<strong>di</strong> -<br />

<strong>il</strong> migliore <strong>di</strong> tutti i mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i - era sempre mezzogiorno.<br />

All'età <strong>di</strong> sessantotto anni, <strong>Leibniz</strong> compose un paio <strong>di</strong> saggi sulle<br />

dottrine centrali della propria metafisica: la Monadologia e i<br />

Principi della Grazia. Presentò quest'ultimo testo al principe-guerriero<br />

Eugenio <strong>di</strong> Savoia, <strong>il</strong> quale, persuaso che gli scritti del f<strong>il</strong>osofo<br />

fossero preziosi come <strong>di</strong>amanti, chiuse al sicuro <strong>il</strong> br<strong>il</strong>lante<br />

manoscritto in una cassaforte per gioielli, dove rimase per alcuni<br />

anni dopo la morte dell'autore. Agli ultimi saggi <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, più<br />

che a ogni altra sua opera, si deve l'impressione che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

fosse un po' un poeta antologico o forse persino un narratore.<br />

Negli scritti composti al tramonto della sua vita, <strong>Leibniz</strong> non<br />

cerca più <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere le proprie opinioni. Le proposizioni più strane<br />

si susseguono come i versi <strong>di</strong> una ballata metafisica o come la


17. LA FINE DI LEIBNlZ 275<br />

trascrizione <strong>di</strong> una seduta psicoanalitica. Le ultime me<strong>di</strong>tazioni<br />

del monadologo hanno suscitato, <strong>il</strong> più delle volte, un senso <strong>di</strong> stupore<br />

nei lettori. Esse sono "una sorta <strong>di</strong> telescopio, che mi ha mostrato<br />

un altro universo, che mi ha presentato una prospettiva incantevole<br />

[ ... ] quasi magica", <strong>di</strong>ceva Charles Bonnet <strong>nel</strong> 1748. Anche<br />

Herder riteneva che, con la sua "poesia riflessiva", <strong>Leibniz</strong> ci<br />

avesse presentato "un altro <strong>mondo</strong>". Dove alcuni vedevano un paese<br />

delle meraviglie, tuttavia, altri lamentavano la vecchia superficialità<br />

o incoerenza - quel vuoto che a volte sembrava occupare<br />

<strong>il</strong> posto del cuore <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. Federico <strong>il</strong> Grande chiamò sprezzantemente<br />

Monadenpoeme <strong>il</strong> capolavoro <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>. "In questa<br />

f<strong>il</strong>osofia tutto è spirito, fantasma e <strong>il</strong>lusione", affermò <strong>il</strong> grande<br />

matematico settecentesco Leonhard Euler.<br />

È strano soprattutto che talvolta lo stesso <strong>Leibniz</strong> sembri accennare<br />

<strong>nel</strong> più sott<strong>il</strong>e dei mo<strong>di</strong> al carattere surreale e probab<strong>il</strong>mente<br />

<strong>il</strong>lusorio del proprio pensiero. In un brano rimasto ine<strong>di</strong>to<br />

sino al 1948, per esempio, sembra quasi che stia salmo<strong>di</strong>ando<br />

quando scrive che ogni monade contiene:<br />

l'intero passato, e anche tutto l'infinitamente infinito futuro, poiché<br />

ciascun momento contiene un'infinità <strong>di</strong> cose ciascuna delle quali<br />

ne racchiude un'infinità, e poiché c'è un'infinità <strong>di</strong> momenti in ogni<br />

ora o in qualunque altra parte <strong>di</strong> tempo, e un'infinità <strong>di</strong> ore, <strong>di</strong> anni,<br />

<strong>di</strong> secoli, <strong>di</strong> eoni <strong>nel</strong>la totalità dell'eternità futura. Che infinito<br />

numero <strong>di</strong> infinità infinitamente replicate, che <strong>mondo</strong>, che universo,<br />

percettib<strong>il</strong>e in qualunque corpuscolo si voglia considerare.<br />

Ovviamente, secondo <strong>il</strong> significato letterale <strong>di</strong> questo testo<br />

- <strong>nel</strong> quale si attribuiscono proposizioni ai f<strong>il</strong>osofi <strong>nel</strong>lo stesso<br />

modo in cui si appongono attributi alle sostanze - <strong>Leibniz</strong> qui afferma<br />

che, secondo <strong>il</strong> più recente sapere scientifico, l'universo in<br />

cui viviamo ha alcune sorprendenti proprietà logiche. "What a<br />

wonderful world!" egli canta, come un Louis Armstrong della metafisica<br />

secentesca. Questo è <strong>il</strong> <strong>Leibniz</strong> che veste i panni del grande<br />

ottimista, che procede impettito, con lo sguardo sempre rivolto<br />

verso l'aspetto positivo delle creazioni <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, e incappa alla<br />

cieca <strong>nel</strong>la tagliola satirica <strong>di</strong> Voltaire.<br />

Ma secondo un'altra interpretazione, più avvincente, <strong>il</strong> <strong>mondo</strong><br />

che <strong>Leibniz</strong> ci chiede <strong>di</strong> celebrare sembra non quello reale,<br />

ma un <strong>mondo</strong> immaginario - <strong>il</strong> paese delle fiabe delle mona<strong>di</strong><br />

gravide, senza finestre. Guarda le mie mona<strong>di</strong>, sembra <strong>di</strong>re <strong>Leibniz</strong>.<br />

Non sono stupende? Non sarebbe bello se <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> reale fosse<br />

così intricato, così ben articolato, così armonioso con i nostri<br />

bisogni e desideri più riposti? La città <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, quale essa appare<br />

negli ultimi scritti <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, risplende sempre più come un ideale,<br />

come un luogo situato subito dopo la collina successiva, an-


276 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

ziché come una descrizione del <strong>mondo</strong> in cui viviamo. E forse<br />

non sarebbe eccessivo supporre che a un certo punto, <strong>nel</strong>l'ultima<br />

parte della sua vita <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo sia giunto ad accettare che questo<br />

ideale fosse irraggiungib<strong>il</strong>e - estremo limite della fantasia piuttosto<br />

che dell'agire.<br />

In effetti, lo splendore delle visioni metafisiche <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

crebbe in proporzione <strong>di</strong>retta all'accentuarsi della sua sempre più<br />

profonda depressione sul futuro della civ<strong>il</strong>tà uropea. All'epoca<br />

delle sue ultime, entusiastiche riflessioni sulle mona<strong>di</strong>, egli <strong>di</strong>sperava<br />

che l'Europa fosse ormai caduta vittima <strong>di</strong> una "epidemia<br />

spirituale". Prevedeva anarchia e rivoluzione. E comprendeva<br />

che la sua visione <strong>di</strong> una repubblica cristiana unita apparteneva<br />

al passato, non al futuro. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>vario tra <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> che egli<br />

descriveva <strong>nel</strong>le sue opere monadologiche e <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> cui faceva<br />

esperienza crebbe incessantemente con <strong>il</strong> trascorrere del<br />

tempo, sinché alla fine forse neppure lo stesso <strong>Leibniz</strong> riusciva<br />

più a dominarlo interamente.<br />

C'era un'ombra <strong>di</strong> tristezza <strong>nel</strong> suo sapere, un retrogusto più<br />

malinconico che amaro. Quando, negli ultimi anni della sua vita,<br />

venne a conoscenza del piano utopistico con cui l'idealista<br />

abate <strong>di</strong> St. Pierre voleva instaurare la pace perpetua me<strong>di</strong>ante<br />

un federalismo continentale, per esempio, <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>sse a un amico<br />

che una migliore alternativa sarebbe stata restituire alla chiesa<br />

<strong>il</strong> suo ruolo me<strong>di</strong>oevale <strong>di</strong> potere centrale in Europa:<br />

Ma sarebbe necessario che contemporaneamente gli ecclesiastici recuperassero<br />

la loro antica autorità e un'inter<strong>di</strong>zione o una scomunica<br />

facesse tremare i re, come al tempo <strong>di</strong> Nicola I o <strong>di</strong> Gregorio<br />

vrr. Ecco un piano che avrà successo altrettanto fac<strong>il</strong>mente quanto<br />

quello <strong>di</strong> Monsieur l'abbé de St. Pierre; ma, poiché è consentito scrivere<br />

romanzi, perché mai dovremmo condannare la finzione che ci<br />

ricondurrebbe l'età dell'oro?<br />

<strong>Il</strong> migliore <strong>di</strong> tutti i mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i, a quanto pare, non ha<br />

oro al suo interno; la nostra è un'età <strong>di</strong> piombo. <strong>Il</strong> grande progetto<br />

<strong>di</strong> riunificare le chiese - <strong>il</strong> compito che aveva consumato la<br />

maggior parte delle sue fatiche durante i cinquant'anni della sua<br />

vita lavorativa - qui, <strong>Leibniz</strong> lo riduce a poco più <strong>di</strong> un piacevole<br />

<strong>di</strong>versivo, un esercizio <strong>di</strong> scrittura creativa. L'impressione che<br />

<strong>il</strong> grande monadologista fosse un ottimista panglossiano si rivela<br />

sott<strong>il</strong>e quanto uno strato d'argento sul retro <strong>di</strong> uno specchio.<br />

In realtà, egli era uno dei gran<strong>di</strong> pessimisti della storia.<br />

La f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, in ultima analisi, non era <strong>di</strong> questo<br />

<strong>mondo</strong>; era un miraggio che fungeva da limite estremo, sempre<br />

sfuggente, della sua incessante attività: un'<strong>il</strong>lusione <strong>di</strong> quiete che<br />

appariva, come per magia, dal moto perpetuo. <strong>Leibniz</strong> era quel-


17. LA FINE DI LEIBN!Z 277<br />

la parte <strong>di</strong> noi che lotta sempre, l'elemento del desiderio <strong>di</strong> qualcosa<br />

<strong>di</strong> nuovo, <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> meglio rispetto a ciò che abbiamo<br />

- qualcosa che abitualmente finisce per apparire come un ologramma<br />

del passato, l'immaginario id<strong>il</strong>lio <strong>di</strong> una giovinezza che<br />

non è mai esistita. Egli era <strong>il</strong> Grande Gatsby dei suoi tempi, sempre<br />

proiettato verso la luce verde in lontananza, verso la meta - che<br />

sempre si sottrae - <strong>di</strong> tutti i nostri sforzi. Forse soltanto negli ultimi<br />

anni della sua vita egli comprese che la fine era una finzione,<br />

e che <strong>il</strong> prezzo pagato per vivere troppo a lungo nei propri sogni<br />

era una sorta <strong>di</strong> vacuità <strong>nel</strong> presente.<br />

<strong>Leibniz</strong> non visse mai <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> delle mona<strong>di</strong>; aspirò soltanto<br />

a vivere in esso. Nell'universo delle mona<strong>di</strong>, niente è più<br />

permanente, niente è più certo della propria identità, e niente è<br />

al sicuro dalle depredazioni materiali più del sé in<strong>di</strong>viduale. Nello<br />

sporco <strong>mondo</strong> in cui <strong>il</strong> monadologista combatteva per la propria<br />

sopravvivenza fisica e politica, tuttavia, niente più <strong>di</strong> quello<br />

stesso sé era frag<strong>il</strong>e e insicuro della propria identità. <strong>Il</strong> grande<br />

<strong>cortigiano</strong> <strong>di</strong> Hannover trascorse quasi un intero decennio sottoterra,<br />

<strong>nel</strong>le montagne dello Harz; assunse compiti degni <strong>di</strong> Sisifo,<br />

come andare alla ricerca della genealogia <strong>di</strong> un'eterna famiglia<br />

<strong>di</strong> aristocratici; e insistette freneticamente per ottenere<br />

nuovi posti <strong>di</strong> lavoro e salari più elevati, con una passione che gli<br />

altri potevano descrivere solo come avi<strong>di</strong>tà - tutto ciò perché egli<br />

non credeva che <strong>il</strong> sé potesse resistere agli spietati assalti delle<br />

forze materiali. Desiderava ardentemente essere elogiato, non tollerava<br />

<strong>di</strong> essere contraddetto, e tendeva a esplodere spontaneamente<br />

in una sorta <strong>di</strong> esuberante autocompiacimento che gli altri<br />

potevano vedere soltanto come <strong>il</strong> segno <strong>di</strong> una straor<strong>di</strong>naria<br />

vanità - perché, entro certi livelli, non credeva che <strong>il</strong> sé potesse<br />

preservare altrimenti la propria precaria identità in un <strong>mondo</strong><br />

in<strong>di</strong>fferente. Non risparmiò gli sforzi per proteggersi dalle opinioni<br />

f<strong>il</strong>osofiche "pericolose" - prime fra tutte, quelle <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

- perché non credeva che <strong>il</strong> sé potesse restare sempre identico<br />

a se stesso.<br />

Nell'impero della ragione che <strong>Leibniz</strong> patrocina <strong>nel</strong>la sua teoria<br />

politica, la verità assoluta è assisa in trono; anche <strong>Dio</strong> deve rispondere<br />

alle immutab<strong>il</strong>i leggi della giustizia, della bellezza e della<br />

ragione. Ma <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> politico in cui <strong>Leibniz</strong> abitava durante<br />

le ore <strong>di</strong> lavoro, niente si rivelava meno efficace della nuda verità.<br />

Quando tentò <strong>di</strong> abbindolare i polacchi perché accettassero<br />

un re tedesco <strong>nel</strong> 1669, quando voleva abbagliare Luigi XIV con<br />

la prospettiva della gloria in Egitto <strong>nel</strong> 1672, quando tentò con<br />

l'astuzia <strong>di</strong> fare elevare a un rango superiore <strong>il</strong> casato <strong>di</strong> Hannover<br />

me<strong>di</strong>ante un intervento apparentemente <strong>di</strong>sinteressato presso<br />

l'imperatore del Sacro romano impero <strong>nel</strong> 1692, quando tentò


278 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

<strong>di</strong> influire sulla successione inglese me<strong>di</strong>ante pamphlet anonimi<br />

poi ripu<strong>di</strong>ati <strong>nel</strong> 1704, non vi fu quasi stratagemma <strong>di</strong> cui <strong>Leibniz</strong><br />

si sia avvalso <strong>nel</strong>la sua lunga e pittoresca carriera politica che<br />

non si fondasse sull'uso dell'inganno. E questa stessa mancanza<br />

<strong>di</strong> fiducia <strong>nel</strong>l'efficacia della verità pura e semplice sembra sia<br />

penetrata sin <strong>nel</strong> cuore della sua opera f<strong>il</strong>osofica e teologica. Nella<br />

sua impazienza <strong>di</strong> riunificare un <strong>mondo</strong> religioso lacerato,<br />

<strong>Leibniz</strong> non si fece scrupolo <strong>di</strong> porre a fondamento della futura<br />

chiesa un certo numero <strong>di</strong> dottrine <strong>nel</strong>la cui verità è del tutto implausib<strong>il</strong>e<br />

sostenere che egli abbia creduto.<br />

Nella città <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> che <strong>Leibniz</strong> glorifica <strong>nel</strong>la sua f<strong>il</strong>osofia, <strong>il</strong><br />

principio <strong>di</strong> carità regna supremo. Ma a Parigi, a Hannover e<br />

<strong>nel</strong>le altre città in cui egli risedette, <strong>Leibniz</strong> sembra sia partito<br />

dal presupposto che <strong>il</strong> tornaconto personale è l'unico movente<br />

affidab<strong>il</strong>e degli esseri umani. Se davvero <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo ponesse <strong>il</strong><br />

proprio bene personale al <strong>di</strong> sopra del bene pubblico è forse un<br />

interrogativo che, per ragioni epistemologiche, non dovremmo<br />

affTontare; che egli abbia operato sulla base del presupposto che<br />

gli altri, <strong>di</strong> regola, fossero inclini a farlo, tuttavia, sembra fuori<br />

<strong>di</strong>scussione. <strong>Leibniz</strong> non si fidava <strong>di</strong> nessuno. Intimamente persuaso<br />

che gli altri non avrebbero mai sostenuto ricerche umanitarie<br />

come le sue, si sentì costretto a <strong>di</strong>strarre enormi quantità<br />

<strong>di</strong> tempo proprio da quelle stesse ricerche, al fine <strong>di</strong> garantirsi<br />

<strong>il</strong> denaro e <strong>il</strong> potere necessario per perseguirle. È tanto vero<br />

che gli esseri umani sono mossi esclusivamente dall'interesse<br />

personale, insinuava, che senza la promessa <strong>di</strong> una ricompensa<br />

personale e la minaccia <strong>di</strong> punizioni <strong>nel</strong>l'ald<strong>il</strong>à, <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente<br />

potremmo sperare da loro un sostegno per <strong>il</strong> bene comune,<br />

in questa vita.<br />

<strong>Il</strong> palcoscenico su cui <strong>Leibniz</strong> recitava la propria vita apparteneva<br />

a un altro f<strong>il</strong>osofo. :Lidea <strong>di</strong> "sé" che egli presupponeva<br />

<strong>nel</strong> proprio agire non era la permanente unità affermata<br />

dalla sua monadologia, ma la frag<strong>il</strong>e collezione <strong>di</strong> passioni che<br />

emerge dalla teoria spinoziana della mente. :Lambito politico<br />

entro <strong>il</strong> quale egli cercava lavoro non era l'impero della ragione,<br />

ma quell'or<strong>di</strong>namento laico che le opere <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> rappresentano,<br />

secondo cui <strong>il</strong> potere è la prima lingua della politica,<br />

e la verità viene detta solo raramente, e generalmente per scherzo.<br />

E la premessa della sua esistenza quoti<strong>di</strong>ana non era <strong>il</strong> principio<br />

<strong>di</strong> carità, ma la dottrina spinoziana secondo cui tutti, persone<br />

e cose, agiscono anzitutto e principalmente sotto la spinta<br />

del proprio interesse personale. Come <strong>il</strong> suo <strong>Dio</strong>, <strong>Leibniz</strong> voleva<br />

vivere soltanto <strong>nel</strong> prima e <strong>nel</strong>l'oltre; ma, come tutti noi,<br />

egli non abbandonò mai <strong>il</strong> presente. La verità profonda del multiforme<br />

modo <strong>di</strong> essere del grande <strong>cortigiano</strong> è proprio questa:


17. LA FINE DI LEIBNJZ 279<br />

<strong>Leibniz</strong> si comportava come uno spinozista - eppure non somigliava<br />

affatto a <strong>Spinoza</strong>.<br />

E in ciò sta la chiave finale per comprendere quanto accadde<br />

<strong>nel</strong> novembre 1676. Quando <strong>Leibniz</strong> sedette con <strong>Spinoza</strong> <strong>nel</strong>la<br />

casa sul Pav<strong>il</strong>joensgracht, egli acquisì ciò che i f<strong>il</strong>osofi andavano<br />

cercando e per cui possono soltanto - <strong>nel</strong>la pienezza dei<br />

tempi - essere grati: una forma <strong>di</strong> consapevolezza <strong>di</strong> sé. <strong>Spinoza</strong><br />

gli mostrò chi era; gli mostrò cosa era. Per <strong>Leibniz</strong>, fu un'ardua<br />

esperienza. Occorsero quarant'anni <strong>di</strong> vita perché penetrasse lentamente<br />

attraverso tutto <strong>il</strong> suo essere, sinché alla fine si espresse<br />

in una sorta <strong>di</strong> accettazione. <strong>Leibniz</strong> era uno dei gran<strong>di</strong> realizzatori,<br />

un maestro <strong>nel</strong> gestire percezioni, <strong>nel</strong> sostenere lo specchio<br />

attraverso cui possiamo adulare noi stessi mentre aduliamo<br />

lui. Se, poco prima <strong>di</strong> quest'ultimo inchino, la parrucca cadesse<br />

dal suo supporto, scoprendo, al <strong>di</strong> sotto, qualcosa dell'artista, allora<br />

dovremmo immaginare che serbasse per noi un furtivo cenno<br />

d'intesa e un debole sorriso <strong>di</strong> congedo, finalmente a suo agio<br />

<strong>nel</strong> ruolo che doveva interpretare.<br />

All'inizio del novembre 1716, le mani e le spalle del f<strong>il</strong>osofo<br />

si bloccarono. Trascorse otto giorni a letto, accu<strong>di</strong>to dal segretario<br />

e dal cocchiere, rifiutando violentemente <strong>di</strong> farsi visitare da<br />

un dottore. <strong>Il</strong> nono giorno, egli apprese che un tale famoso me<strong>di</strong>co,<br />

che precedentemente aveva incontrato in un centro termale<br />

e che era noto per aver fornito competenti cure ad alcuni aristocratici<br />

del posto, si trovava casualmente a Hannover. Poiché<br />

cominciava a delirare, accettò <strong>di</strong> farsi visitare.<br />

<strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo <strong>di</strong>ede <strong>il</strong> benvenuto al dottore con una lunga conferenza<br />

sulla natura e sull'origine dei suoi <strong>di</strong>sturbi. La sua <strong>di</strong>ssertazione<br />

<strong>di</strong>venne accalorata e incoerente. Cominciò a usare strani<br />

termini mutuati dall'alchimia, e si lanciò in lunghe <strong>di</strong>gressioni<br />

sui recenti successi <strong>di</strong> un certo fiorentino <strong>nel</strong> convertire un<br />

paio <strong>di</strong> centimetri <strong>di</strong> ferro in oro. "<strong>Il</strong> paziente ha raccontato ... una<br />

fantasia febbr<strong>il</strong>e sulla fabbricazione dell'oro," registrò con tono<br />

grave <strong>il</strong> dottore nei suoi appunti.<br />

<strong>Il</strong> dottore scambiò qualche sguardo con <strong>il</strong> segretario, prescrisse<br />

alcune pozioni, e andò via. <strong>Il</strong> segretario, che in seguito lasciò per<br />

iscritto la propria versione degli eventi, suggerì al moribondo che<br />

un pastore venisse a impartirgli gli ultimi sacramenti.<br />

"Sciocco, cosa vuoi che confessi?" lo derise <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo. "Io non<br />

ho rubato né sottratto niente a nessuno."<br />

<strong>Il</strong> segretario rammentò al suo padrone che ben presto sarebbe<br />

passato a miglior vita.<br />

"Anche gli altri uomini sono mortali."


280 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

<strong>Il</strong> segretario si congedò dal suo padrone per la sera.<br />

La sera successiva, <strong>il</strong> segretario udì del baccano provenire dalla<br />

camera del f<strong>il</strong>osofo. Vi entrò <strong>di</strong> corsa e trovò <strong>il</strong> malato intento<br />

a bruciare alcuni quaderni alla fiamma <strong>di</strong> una candela. <strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

esausto chiuse gli occhi e si accasciò tra le braccia del suo segretario.<br />

<strong>Il</strong> segretario lo supplicò ancora una volta <strong>di</strong> accettare i sacramenti.<br />

<strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo spalancò gli occhi ma non <strong>di</strong>sse niente.<br />

"<strong>Il</strong> mio signore mi riconosce?" chiese, spaventato, l'assistente.<br />

<strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo spalancò gli occhi ancora <strong>di</strong> più. "Ti riconosco benissimo,"<br />

rispose con calma. Domandò la camicia da notte, e <strong>il</strong><br />

segretario gridò al cocchiere <strong>di</strong> portargliela.<br />

Mentre <strong>il</strong> segretario tentava <strong>di</strong> sistemare la vestaglia sul corpo<br />

anch<strong>il</strong>osato del suo padrone, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo r<strong>il</strong>asciò una malsana<br />

nube <strong>di</strong> gas. L'odore era così cattivo che <strong>il</strong> segretario provò un<br />

acuto dolore alla testa. Alla fine <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo si r<strong>il</strong>assò, chiuse gli occhi,<br />

e cadde in un dolce sonno.<br />

<strong>Leibniz</strong> morì un'ora dopo, alle <strong>di</strong>eci <strong>di</strong> sera <strong>di</strong> sabato 14 novembre<br />

1716.<br />

L'unico erede <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, <strong>il</strong> nipote Friedrich Simon Loeffler,<br />

giunse do<strong>di</strong>ci giorni dopo, appena in tempo per l'inchiesta ufficiale.<br />

Gli ispettori trovarono tra i beni del defunto un gran numero <strong>di</strong><br />

libri <strong>di</strong> valore, un tesoro <strong>di</strong> manoscritti e lettere, la macchina calcolatrice<br />

aritmetica, e una cassetta nera. Dentro la cassa trovarono<br />

contante e titoli per un valore <strong>di</strong> oltre do<strong>di</strong>cim<strong>il</strong>a talleri - più <strong>di</strong><br />

settanta Unità <strong>Spinoza</strong>. Quando la moglie <strong>di</strong> Loeffler apprese la<br />

notizia, restò tanto sbalor<strong>di</strong>ta per l'improvvisa buona sorte che stramazzò<br />

al suolo in preda a un'agitazione frenetica e, letteralmente,<br />

morì dalla gioia.<br />

Eckhart si fece carico dei preparativi per <strong>il</strong> funerale. Commissionò<br />

un'elaborata cassa da morto e spedì inviti all'intera corte<br />

<strong>di</strong> Hannover per le esequie del 14 <strong>di</strong>cembre. Re Giorgio e i suoi<br />

amici, si dà <strong>il</strong> caso, trascorrevano un periodo <strong>di</strong> vacanze in un<br />

pa<strong>di</strong>glione <strong>di</strong> caccia, non lontano dal cimitero.<br />

Ma nessuno presenziò alle esequie. Senza alcun dubbio, <strong>il</strong> fatto<br />

che <strong>Leibniz</strong> fosse caduto in <strong>di</strong>sgrazia presso <strong>il</strong> re tenne lontani<br />

molti cortigiani. Secondo Eckhart, tuttavia, essi rifiutarono <strong>di</strong><br />

intervenire perché avevano cominciato a considerare <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

un miscredente. L'assenza <strong>di</strong> ogni segno <strong>di</strong> ortodossia religiosa<br />

<strong>nel</strong>le sue ultime ore, a quanto pare, non costituiva una novità rispetto<br />

al suo comportamento durante i decenni precedenti. Leib-


17. LA FINE DI LEIBNIZ 281<br />

niz non andava mai in chiesa, <strong>di</strong>ce Eckhart, benché regolarmente<br />

sollecitato in tal senso dai ministri del luogo.<br />

Poiché né la corte né <strong>il</strong> ricco, e appena <strong>di</strong>venuto vedovo, erede<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> ritennero opportuno prendersi l'incomodo <strong>di</strong> commemorare<br />

l'ateo morto, i suoi resti furono interrati senza tante<br />

cerimonie in una tomba priva <strong>di</strong> contrassegni. (In seguito, si rime<strong>di</strong>ò<br />

all'omissione con una semplice lastra <strong>di</strong> rame, che recava<br />

l'iscrizione: Ossa Leibnitii [Le ossa <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>].) Non vi furono sei<br />

carrozze <strong>di</strong> stato né moltitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> seguaci come quelle che accompagnarono<br />

<strong>Spinoza</strong> all'Aja. Secondo un giovane conoscente<br />

scozzese che per caso si trovava allora a Hannove1 i riti funebri<br />

furono tanto modesti che "avresti potuto credere che stessero seppellendo<br />

un criminale, anziché un uomo che aveva dato lustro al<br />

suo paese".<br />

La Società berlinese delle scienze lasciò che la morte del suo<br />

fondatore passasse inosservata, e cosÌ pure la Royal Society <strong>di</strong><br />

Londra. Alla fine, l'Académie royale <strong>di</strong> Parigi, per le insistenze<br />

della duchessa d'Orléans, ospitò Fonte<strong>nel</strong>le che pronunciò <strong>il</strong> tar<strong>di</strong>vo<br />

panegirico del grande f<strong>il</strong>osofo.<br />

<strong>Leibniz</strong> influenzò centinaia <strong>di</strong> vite durante i suoi settant'anni;<br />

e anche <strong>il</strong> più severo giu<strong>di</strong>zio sulla sua carriera deve ammettere<br />

che la sua attività <strong>di</strong> promozione delle scienze e delle arti ha<br />

recato in<strong>di</strong>rettamente beneficio a innumerevoli altri m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong><br />

persone. Eppure, a giu<strong>di</strong>care dal suo funerale, sembrerebbe che<br />

egli sia morto, come una monade senza finestre, senza aver mai<br />

toccato nessuno abbastanza profondamente.


18. Conclusioni<br />

La giustizia non è garantita <strong>nel</strong>la storia del pensiero più che<br />

negli altri campi dell'umana esperienza. Durante i cruciali cinquant'anni<br />

imme<strong>di</strong>atamente successivi alla sua morte - anni che<br />

possiamo considerare <strong>il</strong> crogiolo della modernità - <strong>Spinoza</strong> fu<br />

forse <strong>il</strong> più importante f<strong>il</strong>osofo al <strong>mondo</strong>. Tuttavia, la sua influenza<br />

fu in gran parte negativa e quasi sempre misconosciuta.<br />

L'incalcolab<strong>il</strong>e influsso che egli esercitò su <strong>Leibniz</strong> è solo un esempio,<br />

benché <strong>il</strong> più importante, del potere immenso ma pressoché<br />

invisib<strong>il</strong>e che <strong>Spinoza</strong> esercitò sui propri contemporanei.<br />

Infine, com'è ovvio, <strong>il</strong> corso della storia volse a favore <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>, e le idee che egli aveva espresso per la prima volta <strong>nel</strong><br />

Tractatus theologico-politicus e negli Opera posthuma <strong>di</strong>vennero<br />

improvvisamente ubiquitarie, come l'acqua. Altri scrittori, ciò nonostante,<br />

inevitab<strong>il</strong>mente guadarono lo stesso torrente, e riven<strong>di</strong>carono<br />

<strong>il</strong> merito <strong>di</strong> aver scoperto l'oceano. Presto, le antiche<br />

controversie furono <strong>di</strong>menticate, e i nuovi storiografi fraintesero<br />

la precedente, maligna censura esercitata su <strong>Spinoza</strong> scambiandola<br />

per una forma <strong>di</strong> benigno oblio. <strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo dell'Aja, conclusero<br />

costoro, era svanito dalla storia poco dopo <strong>il</strong> suo decesso,<br />

la sua opera era stata letta da pochi e quasi nessuno l'aveva<br />

compresa. Persino l'onnipresente <strong>Leibniz</strong>, notarono, aveva ben<br />

poco da <strong>di</strong>re sul collega f<strong>il</strong>osofo con cui aveva avuto <strong>il</strong> piacere <strong>di</strong><br />

conversare per alcuni giorni <strong>nel</strong> novembre del l676.<br />

<strong>Leibniz</strong> non ebbe miglior sorte postuma del suo rivale. Negli<br />

anni imme<strong>di</strong>atamente successivi alla scomparsa del grande autore<br />

della monadologia, un giovane professore <strong>di</strong> matematica, <strong>di</strong><br />

nome Christian Wolff, incontrò <strong>il</strong> favore del pubblico, in Germania,<br />

grazie a una serie <strong>di</strong> opere ispirate, si <strong>di</strong>ceva, a <strong>Leibniz</strong>, e tanto<br />

pesanti da imbarcare gli scaffali <strong>di</strong> qualunque libreria. Purtroppo,<br />

la f<strong>il</strong>osofia leibniziano-wolffiana, così fu denominata,<br />

servì soprattutto a fornire ampie prove a sostegno della lapalissiana<br />

verità secondo cui nessuno può causare alla reputazione <strong>di</strong><br />

un f<strong>il</strong>osofo un danno più grave <strong>di</strong> quello arrecato dai suoi stessi<br />

seguaci. Le opere f<strong>il</strong>osofiche <strong>di</strong> Wolff, come i tedeschi compre-


18. CONCLUSIONI 283<br />

sero un po' dopo gli altri europei, avevano una particolare caratteristica:<br />

la loro banalità superava persino la loro mole. Wolff riuscì<br />

a replicare la maggior parte delle assur<strong>di</strong>tà del sistema dell'<br />

armonia prestab<strong>il</strong>ita, annullando completamente l'eleganza e la<br />

vivacità intellettuale del suo primo autore.<br />

Nei primi anni dell'<strong>Il</strong>luminismo, <strong>Leibniz</strong> si impose come <strong>il</strong><br />

portavoce <strong>di</strong> una versione attenuata della nuova fede <strong>nel</strong>la ragione.<br />

Agli occhi <strong>di</strong> molti, specialmente la sua Te o<strong>di</strong>cea sembrava<br />

promettere una propizia terza via tra le dure verità della scienza<br />

e le dottrine, apparentemente antiquate, dell'ortodossia religiosa.<br />

Sfortunatamente, la celebrità <strong>di</strong>ede luogo a un esame minuzioso,<br />

e <strong>il</strong> minuzioso esame ben presto si risolse in derisione.<br />

Con <strong>Spinoza</strong> ormai quasi completamente caduto <strong>nel</strong>l'oblio e con<br />

la profonda natura della sfida che egli rappresentava ancora scarsamente<br />

compresa, <strong>il</strong> sistema metafisica <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> sconcertò la<br />

maggior parte dei suoi lettori. Come un <strong>di</strong>alogo da cui sia stata<br />

eliminata una riga sì e una no, la monadologia restò esposta all'incomprensione<br />

e al ri<strong>di</strong>colo, che prontamente la investirono<br />

in misura immeritata ed eccessiva. In Ingh<strong>il</strong>terra, dove era ancora<br />

vivo <strong>il</strong> rancore per la <strong>di</strong>sputa con Newton sulla priorità <strong>nel</strong>la<br />

scoperta dell'analisi, <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>venne <strong>il</strong> bersaglio della satira<br />

<strong>di</strong> ingegni acuti come Jonathan Swift. Le frecciate più crudeli,<br />

comunque, provenivano dalla Francia. "Davvero puoi sostenere<br />

che una goccia <strong>di</strong> urina è un'infinità <strong>di</strong> mona<strong>di</strong>, e che ciascuna<br />

<strong>di</strong> queste ha idee, per quanto oscure, dell'intero universo?" ironizzava<br />

Voltaire.<br />

Mentre l'<strong>Il</strong>luminismo procedeva a tentoni tra rivoluzione e<br />

reazione, <strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong> emersero dall'oscurità in nuove, strane<br />

incarnazioni. La raffigurazione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> più <strong>di</strong>ffusa e più<br />

duratura risale a una sera del 1765, quando Lessing scovò una<br />

copia polverosa degli Opera posthuma e tra le sue pieghe scoprì<br />

un panteista mistico. <strong>Il</strong> più infame ateo del Seicento <strong>di</strong>venne ''l'uomo<br />

ebbro <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>" <strong>di</strong> cui parla Novalis. Ancor oggi, <strong>nel</strong>la rappresentazione<br />

pubblica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> prevale lo spiritualista sognatore<br />

e solitario. <strong>Il</strong> politico rivoluzionario che cercava <strong>di</strong> rovesciare<br />

la tirannide teologica e <strong>di</strong> smantellare l'idea stessa <strong>di</strong> spiritualità<br />

è stato a lungo <strong>di</strong>menticato.<br />

Anche <strong>il</strong> maltrattato fantasma <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> trovava nuova vita,<br />

in un paio <strong>di</strong> incarnazioni <strong>di</strong>fferenti e, curiosamente, incompatib<strong>il</strong>i.<br />

Da un lato, l'autore della Monadologia venne celebrato come<br />

un f<strong>il</strong>osofo "letterato", l'inventore dell"'inconscio", e l'artefice<br />

<strong>di</strong> una visione magica e romantica che potrebbe condurci ben<br />

oltre i limiti della razionalità scientifica. D'altro canto, un po' più<br />

tar<strong>di</strong>, <strong>Leibniz</strong> fu acclamato come un pioniere <strong>nel</strong>l'ambito della<br />

logica. Russell e altri, che tentavano <strong>di</strong> porre lo stu<strong>di</strong>o della logi-


284 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

ca alla base della f<strong>il</strong>osofia, pretesero <strong>di</strong> vedere <strong>nel</strong>la metafisica<br />

leibniziana un'applicazione sorprendentemente preveggente e<br />

coerente dei principi fondamentali della logica.<br />

Nelle storie della f<strong>il</strong>osofia che dominano sul mercato, fu Immanuel<br />

Kant colui che suggellò <strong>il</strong> <strong>destino</strong> dei due massimi f<strong>il</strong>osofi<br />

del Seicento. Nel suo sforzo volto ad addomesticare la f<strong>il</strong>osofia,<br />

per trasformarla in una <strong>di</strong>sciplina adatta alla cultura moderna,<br />

Kant soffermò la propria attenzione sui meto<strong>di</strong> me<strong>di</strong>ante<br />

i quali i <strong>di</strong>versi f<strong>il</strong>osofi pretendevano <strong>di</strong> legittimare la loro pretesa<br />

<strong>di</strong> conoscere. Egli <strong>di</strong>vise i suoi imme<strong>di</strong>ati predecessori in due<br />

gruppi: gli empiristi, che <strong>di</strong>chiaravano <strong>di</strong> fondare la loro ambizione<br />

conoscitiva sull'esperienza sensib<strong>il</strong>e, e i razionalisti, che affermavano<br />

<strong>di</strong> derivare le proprie verità dalla pura ragione. Secondo<br />

<strong>il</strong> peculiare schema kantiano, <strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong> finiscono<br />

per trovarsi schierati l'uno accanto all'altro, <strong>nel</strong>la storia della f<strong>il</strong>osofia.<br />

Insieme a Descartes -l'uomo che <strong>Leibniz</strong> detestava e che<br />

<strong>Spinoza</strong> considerava gravemente confuso - essi <strong>di</strong>vennero i tre<br />

"razionalisti". A guidare <strong>il</strong> fronte contrapposto troviamo John<br />

Locke - quello stesso pensatore che <strong>Leibniz</strong> considerava un titubante<br />

criptospinoziano. Al suo fianco, Berkeley - la cui tesi secondo<br />

cui gli oggetti fisici sarebbero solo idee <strong>nel</strong>la mente colpisce<br />

la maggior parte dei lettori come marcatamente contraria all'esperienza<br />

- e David Hume -le cui idee sulla mente e sulla causalità<br />

somigliano molto a quelle <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Hegel, che amava molto vedere la storia procedere per tria<strong>di</strong>,<br />

propugnò energicamente la versione kantiana degli eventi; e<br />

gli inglesi, sod<strong>di</strong>sfatti <strong>nel</strong> vedere un terzetto dei loro più gran<strong>di</strong><br />

f<strong>il</strong>osofi dell'epoca schierati contro i tre moschettieri continentali,<br />

erano più che felici <strong>di</strong> continuare a proporre anch'essi la stessa<br />

storia. E fu così che, negli attuali corsi <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofia, dove l'ironia<br />

comunque scarseggia, <strong>Spinoza</strong> e l'uomo che ha de<strong>di</strong>cato la<br />

propria vita a espungere <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> dalla memoria del<br />

<strong>mondo</strong> vengono presentati come buoni alleati sullo stesso fronte<br />

<strong>di</strong> una <strong>di</strong>sputa intorno ai fondamenti epistemologici della f<strong>il</strong>osofia<br />

accademica. Solo molto recentemente gli stu<strong>di</strong>osi hanno<br />

cominciato a liberare <strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong> dagli schemi revisionistici<br />

dei loro epigoni f<strong>il</strong>osofici.<br />

Nelle più <strong>di</strong>ffuse storie della f<strong>il</strong>osofia, <strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong> cadono<br />

vittime, in definitiva, non tanto del progresso quanto piuttosto<br />

dell'idea <strong>di</strong> progresso - un'idea che cominciò ad acquistare<br />

cre<strong>di</strong>to verso la fine del Settecento e che da allora è stata riproposta<br />

volentieri da tutti coloro che hanno un qualche interesse a<br />

presentare la f<strong>il</strong>osofia come una <strong>di</strong>sciplina rispettab<strong>il</strong>e, quasi<br />

scientifica. Se mettiamo da parte le ricostruzioni storiografiche<br />

sospette, tuttavia, <strong>di</strong>venta chiaro che, ben lungi dall'essere stati<br />

---....__


18. CONCLUSIONI 285<br />

sopravanzati dai loro attuali seguaci, <strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong> restano<br />

tutt'oggi insuperati come rappresentanti della risposta ra<strong>di</strong>calmente<br />

lacerata che l'umanità ha dato a quell'insieme <strong>di</strong> esperienze<br />

che noi chiamiamo modernità. Gran parte del pensiero <strong>moderno</strong><br />

semplicemente vaga <strong>nel</strong>lo spazio tra i due estremi rappresentati<br />

dai due uomini che si incontrarono all'Aja <strong>nel</strong> 1676.<br />

La risposta attiva alla modernità inaugurata da <strong>Spinoza</strong> ha<br />

fornito sia la teoria che sta alla base del <strong>moderno</strong> or<strong>di</strong>namento<br />

politico liberale, sia i supporti della scienza moderna. <strong>Il</strong> suo intento<br />

è mostrarci come possiamo essere virtuosi in una società<br />

laica, e come possiamo andare alla ricerca della saggezza in un<br />

<strong>mondo</strong> in cui non vi è niente <strong>di</strong> certo. Nei suoi momenti religiosi<br />

o mistici, essa costituisce l'esperienza <strong>di</strong> un nuovo tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>vinità<br />

- o forse la rinascita <strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>vinità che era scomparso<br />

dal <strong>mondo</strong> occidentale durante <strong>il</strong> periodo del dominio teocratico.<br />

I suoi effetti sono chiaramente riconoscib<strong>il</strong>i anche in pensatori<br />

che pubblicamente schernirono <strong>Spinoza</strong> - Locke, Hume,<br />

Voltaire e Nietzsche, per citarne solo alcuni.<br />

Eppure, anche se <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> in cui noi viviamo è descritto forse<br />

meglio e con maggiore originalità da <strong>Spinoza</strong>, quella forma <strong>di</strong><br />

reazione alla modernità che ha avuto inizio con <strong>Leibniz</strong> è <strong>di</strong>ventata<br />

in effetti dominante <strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia moderna. Inquieta per<br />

l'apparente insensatezza del <strong>mondo</strong> rivelata dalla scienza moderna;<br />

amareggiata per <strong>il</strong> minacciato declassamento del genere<br />

umano dal posto speciale che occupava <strong>nel</strong>la natura; alienatasi<br />

da una società che sembra non riconoscere mete trascendenti; e<br />

r<strong>il</strong>uttante ad assumere responsab<strong>il</strong>ità personali <strong>nel</strong>la ricerca della<br />

felicità - un'umanità in<strong>di</strong>gente ha reinventato con grande trasporto,<br />

negli ultimi tre secoli, la f<strong>il</strong>osofia leibniziana.<br />

<strong>Il</strong> tentativo kantiano <strong>di</strong> provare l'esistenza <strong>di</strong> un <strong>mondo</strong> "noumenico"<br />

<strong>di</strong> puri sé e cose in sé sulla base <strong>di</strong> una critica della ragion<br />

pura; <strong>il</strong> lungo sforzo ottocentesco, iniziato con Hegel, volto<br />

a riconc<strong>il</strong>iare la teologia con <strong>il</strong> meccanicismo; la pretesa bergsoniana<br />

<strong>di</strong> aver scoperto un <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> forze vitali immune dall'abbraccio<br />

analitico della scienza moderna; l'invito <strong>di</strong> Heidegger a<br />

rovesciare la metafisica occidentale al fine <strong>di</strong> riscoprire la verità<br />

intorno all'Essere; e l'intero progetto "post<strong>moderno</strong>" <strong>di</strong> decostruire<br />

la tra<strong>di</strong>zione fallogocentrica del pensiero occidentale - tutte queste<br />

<strong>di</strong>verse tendenze del pensiero <strong>moderno</strong> hanno qualcosa in comune:<br />

sono tutte, in fondo, forme <strong>di</strong> quella reazione alla modernità<br />

cui per primo <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong>ede inizio.<br />

Tutte procedono dalla convinzione che vi sia un qualche aspetto<br />

vitale dell'esperienza, che sfugge al pensiero <strong>moderno</strong>. Tutte<br />

sostengono che lo scopo della vita comincia là dove termina la<br />

modernità. Tutte affermano <strong>di</strong> scoprire <strong>il</strong> particolare e sfuggen-


286 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

te significato dell'esistenza attraverso un'analisi ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>fferente<br />

dei presunti fallimenti del pensiero <strong>moderno</strong>. E tutte restano<br />

in<strong>di</strong>ssolub<strong>il</strong>mente vincolate proprio a ciò cui si contrappongono.<br />

I leibniziani dei nostri giorni chiamano <strong>il</strong> mistero extra<strong>moderno</strong><br />

che sta <strong>nel</strong> nocciolo dell'esistenza con ogni sorta <strong>di</strong> nomi:<br />

Essere, Divenire, Vita, l'Assoluto, la Volontà, razionalità non-lineare<br />

eccetera. Ma, in linea <strong>di</strong> principio, ciò non <strong>di</strong>fferisce affatto<br />

da quello che <strong>Leibniz</strong> chiamava "principio <strong>di</strong> attività", "anima<br />

immortale", e, infine, "monade". I moderni leibniziani forniscono<br />

una serie altrettanto varia <strong>di</strong> etichette per ciò cui si contrappongono:<br />

meccanicismo, ragione strumentale, <strong>il</strong>luminismo, metafisica<br />

occidentale, fallogocentrismo e così via. Ma le loro nemesi<br />

sono in definitiva proprio ciò che <strong>Leibniz</strong> chiamava materialismo,<br />

f<strong>il</strong>osofia dei moderni, "le opinioni <strong>di</strong> taluni recenti innovatori",<br />

oppure, nei momenti <strong>di</strong> chiarezza, spinozismo.<br />

Come tutti i buoni f<strong>il</strong>osofi, <strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong> alla fine devono<br />

fermarsi da qualche parte all'esterno della storia. I due uomini<br />

che si incontrarono <strong>nel</strong> l676 rappresentano, in effetti, due tipi<br />

<strong>di</strong> personalità f<strong>il</strong>osofica che sono stati sempre parte dell' esperienza<br />

umana. <strong>Spinoza</strong> parla a nome <strong>di</strong> quanti sono persuasi che<br />

felicità e virtù siano possib<strong>il</strong>i con ciò che noi abbiamo <strong>nel</strong>le nostre<br />

mani, e niente <strong>di</strong> più. <strong>Leibniz</strong> rappresenta quanti sono convinti<br />

che felicità e virtù <strong>di</strong>pendano da qualcosa che sta al <strong>di</strong> là.<br />

<strong>Spinoza</strong> raccomanda calma sollecitu<strong>di</strong>ne verso <strong>il</strong> nostro bene più<br />

alto. <strong>Leibniz</strong> manifesta l'irrefrenab<strong>il</strong>e brama <strong>di</strong> vedere le nostre<br />

buone opere tornare riflesse verso <strong>di</strong> noi <strong>nel</strong>l'approvazione altrui.<br />

<strong>Spinoza</strong> è tutto ciò che, all'interno <strong>di</strong> noi, afferma la totalità delle<br />

cose quale essa è. <strong>Leibniz</strong> è quella parte <strong>di</strong> noi che incessantemente<br />

lotta per renderei qualcosa più <strong>di</strong> quel che siamo. Senza<br />

dubbio, in ciascuno <strong>di</strong> noi c'è una piccola parte <strong>di</strong> entrambi; ed<br />

è altrettanto certo che, a volte, occorre fare una scelta.<br />

In <strong>Leibniz</strong>, i <strong>di</strong>fetti erano scritti in grande, come d'altronde<br />

anche le sue smisurate virtù. Ma proprio la sua avi<strong>di</strong>tà, la sua vanità,<br />

e soprattutto la sua insaziab<strong>il</strong>e, sin troppo umana, in<strong>di</strong>genza<br />

hanno reso la sua opera tanto emblematica per la nostra specie.<br />

Con la promessa che la crudele superficie dell'esperienza <strong>di</strong>ssimula<br />

una più piacevole e più bella verità, un <strong>mondo</strong> in cui ogni<br />

cosa accade per una ragione e tutto è in<strong>di</strong>rizzato verso <strong>il</strong> meglio,<br />

l'affascinante <strong>cortigiano</strong> <strong>di</strong> Hannover seppe trasformarsi <strong>nel</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

dell'uomo comune. Se <strong>Spinoza</strong> è stato <strong>il</strong> primo grande pensatore<br />

dell'era moderna, <strong>Leibniz</strong> può essere considerato forse <strong>il</strong><br />

primo essere umano <strong>di</strong> questa nostra era.


18. CONCLUSIONI 287<br />

<strong>Spinoza</strong>, d'altra parte, fu ad<strong>di</strong>tato sin dall'inizio come una rara<br />

avis. Data la sua inquietante autosufficienza, la sua <strong>di</strong>sumana<br />

virtù e <strong>il</strong> suo <strong>di</strong>sprezzo per le masse, l'esito non poteva essere <strong>di</strong>verso.<br />

Eppure la sua f<strong>il</strong>osofia non ci <strong>di</strong>ce che noi sappiamo tutto<br />

ciò che c'è da sapere; ci <strong>di</strong>ce piuttosto che non vi è niente che<br />

non possa essere conosciuto. <strong>Spinoza</strong> ci insegna che <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong><br />

non c'è alcun insondab<strong>il</strong>e mistero; nessun oltre<strong>mondo</strong> accessi"<br />

b<strong>il</strong>e solo grazie a una rivelazione o a un'epifania; nessun·potere<br />

occulto che possa giu<strong>di</strong>carci o sanzionarci; nessuna verità segreta<br />

sulla totalità delle cose. Al contrario, vi è solo <strong>il</strong> lento e costante<br />

accumulo <strong>di</strong> molte piccole verità, e tra queste la più importante<br />

ci insegna che, per trovare la felicità in questo <strong>mondo</strong>, non dobbiamo<br />

attenderci niente più <strong>di</strong> ciò che già abbiamo. La sua è una<br />

f<strong>il</strong>osofia per veri f<strong>il</strong>osofi, che oggi come ieri sono uomini rari.


Note<br />

Per le fonti citate in queste note, le in<strong>di</strong>cazioni bibliografiche complete sono<br />

reperib<strong>il</strong>i generalmente <strong>nel</strong>la sezione successiva.<br />

Per gli elenchi delle abbreviazioni usate per le fonti primarie, si vedano le<br />

pagine 306-307. Per esempio, <strong>nel</strong>la prima nota che segue, la fonte è Gottfried<br />

<strong>Leibniz</strong>: Sdmtliche Schriften und Briefe ("A"), serie II, volume l, pagina 535.<br />

l. L'Aja, novembre 1676<br />

9 "l'uomo più empio e più pericoloso ...": Antoine Arnauld, citato da <strong>Leibniz</strong><br />

in A <strong>Il</strong>. i. 535.<br />

9 "quell'uomo pazzo e malvagio ...": vescovo Pierre-Daniel . Huet, citato in<br />

Friedmann, p. 204.<br />

9 "orrib<strong>il</strong>e" e "terrificante": A II.i.l72.<br />

9 "intollerab<strong>il</strong>mente impudente": lettera al Thomasius, A II.i.66.<br />

9 "Io deploro che un uomo ...": A I.i.l48.<br />

10 "Quando uno ... confronta i propri modesti talenti ...": Diderot, Encyclopé<strong>di</strong>e.<br />

lO "È così raro che un intellettuale ...": Orléans, p. 282.<br />

lO le sue mani, si <strong>di</strong>ceva: per questa e per altre colorite descrizioni dell'aspetto<br />

fisico <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, ve<strong>di</strong> Guhraue1 specialmente l'ultimo capitolo.<br />

IO "È un uomo che, nonostante ...": Klopp ii, 125; Mi<strong>il</strong>ler, pp. 27 sgg.<br />

lO "Io adoro quest'uomo ...": Sophia Charlotte, citata in Guhrauer I, p. 248.<br />

11 "Essere un seguace <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> ...": Hegel, III, p. 257.<br />

11 È rimasta famosa la risposta <strong>di</strong> Einstein: "Io credo <strong>nel</strong> <strong>Dio</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>":<br />

Clark, pp. 413 sgg.<br />

11 "<strong>il</strong> corpo ben formato": Freudenthal, p. 3.<br />

11 "<strong>il</strong> viso bellissimo": Freudenthal, p. 59.<br />

11 "la fisionomia simpatica": Freudenthal, p. 237; ve<strong>di</strong> anche Nadler (1999),<br />

p. I S5.<br />

<strong>Il</strong> "così che ci si poteva fac<strong>il</strong>mente accorgere ...": Freudenthal, p. 59.<br />

12 "poche ore": lettera al Conte Ernst von Hessen-Rheinfels, A II.i.535.<br />

12 "aneddoti sulle vicende <strong>di</strong> quei giorni": Teo<strong>di</strong>cea, sezione 376.<br />

12 "non c'era neanche bisogno <strong>di</strong> confutarla": Teo<strong>di</strong>cea, sezione 173.<br />

12 "svariate volte e molto a lungo": lettera a Gallois, A II.i.379.<br />

12 "Lei sa che una volta io mi spinsi un po' troppo oltre": A.VI.vi.73.


290 IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

2. Bento<br />

1S "quel tipo <strong>di</strong> mostri ...'': Limborch, citato in Meinsma (1909), p. S32.<br />

1S Per la storia degli ebrei in Spagna e in Portogallo, ve<strong>di</strong> Nadler (2003) e<br />

Raphael.<br />

16 "liberamente e senza ostacoli": sull'Inquisizione portoghese, ve<strong>di</strong> Nadler<br />

(1999) e (2003).<br />

16 I suoceri <strong>di</strong> Isaac: per la storia della famiglia <strong>Spinoza</strong>, ve<strong>di</strong> soprattutto Gullan-Whur.<br />

17 "la più bella città d'Europa": Freudenthal, p. 3.<br />

17 "non amano nient'altro più della propria libertà": Israel (199S), pp. l sgg.<br />

18 "Diffic<strong>il</strong>mente si può immaginare ...": Tempie, p. 106.<br />

18 "Questo sùnulacrum <strong>di</strong> libertà ...": A IV.i.3S7 sgg.<br />

19 "Dalla Spagna giungevano gli ebrei portoghesi ... " :A IV.i.3S8, 3S7.<br />

19 "ricchi mercanti, <strong>di</strong> non cattiva reputazione ...": Gullan-Whur, p. 8.<br />

20 "Vi<strong>di</strong> giganti dell'eru<strong>di</strong>zione ...": Nadler (1999), p. 61 .<br />

21 "La natura gli fornì ...": Freudenthal, p. 36.<br />

21 "Non aveva ancora quin<strong>di</strong>ci anni...": Freudenthal, p. 24.<br />

21 Quando aveva circa <strong>di</strong>eci anni: Freudenthal, p. 20.<br />

21 "una celebrità tra gli ebrei ...": Freudenthal, p. 4.<br />

22 finché non riuscì a spe<strong>di</strong>re in Bras<strong>il</strong>e <strong>il</strong> rabbino colpevole: per interessanti<br />

dettagli su Morteira e sulla comunità ebraica <strong>di</strong> Amsterdam, ve<strong>di</strong> Nadler<br />

(1999) e (2003).<br />

22 "Egli ammirava la condotta ...": Freudenthal, p. 4.<br />

22 "per niente vanitoso ...": Freudenthal, p. 4.<br />

24 quattrocento aziende: Durant e Durant.<br />

24 "Era abbastanza cagionevole <strong>di</strong> salute ...": Freudenthal, p. 37.<br />

2S "era un vero peccato ...": Freudenthal, p. 9.<br />

2S "Niente deve essere ammesso ...": Freudenthal, p. 39.<br />

26 "non era ancora ventenne": Freudenthal, p. 4.<br />

26 "non è corretto evitare ...": Freudenthal, p. S.<br />

26 "Cosa ne pensi? ...": Freudenthal, p. S.<br />

26 "non nutriva altro che o<strong>di</strong>o ...": Freudenthal, p. 6.<br />

27 si verificarono alcuni tentativi: Freudenthal, pp. 29 sgg., 41.<br />

28 se fosse memore ...: parafrasi <strong>di</strong> Freudenthal, p. 8.<br />

28 "Sono consapevole ...": Freudenthal, p. 8.<br />

29 "I signori della Mahamad ...": Freudenthal, pp. 11S sgg.<br />

30 "Mi awio volentieri ...": Freudenthal, p. 8.<br />

31 "Poiché abbiamo la rara fortuna ...": TTP Prefazione.<br />

31 "quello strano f<strong>il</strong>osofo ...": Oldenburg, 2, p. S49.<br />

31 Su Christiaan Huygens, fisico dal sangue blu: Freudenthal, p. 191.<br />

32 " ... tutti i pareri per mezzo dei quali ...": E I Ap; ve<strong>di</strong> anche TTP, 6.<br />

32 "Lo so <strong>nel</strong>lo stesso modo ...": L 76.<br />

32 "cortese e conc<strong>il</strong>iante": Freudenthal, p. 60.<br />

32 "<strong>il</strong> suo sapere, la sua modestia e <strong>il</strong> suo altmismo": Freudenthal, p. 237.


NOTE<br />

291<br />

3. Gottfried<br />

35 come ha sottolineato lo storico Lewis White Beck: Beck, pp. 196 sgg.<br />

36 Gott[Tied si <strong>di</strong>stinse per la prima volta all'età <strong>di</strong> tre giorni: per questa citazione<br />

e per le successive, tratte dalle raccolte personali <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, ve<strong>di</strong><br />

Guhrauer, XII, appen<strong>di</strong>ce.<br />

37 "Ai giochi preferivo i libri": Mi.<strong>il</strong>ler, pp. 6 sgg.<br />

38 'T'assaggio' <strong>di</strong> storia della 61osofia ...": A, II, l, 14.<br />

38 "già pronto per l'indagine sulle più astruse e complicate controversie ...":<br />

A VI.i.S.<br />

41 "Espressi i miei pensieri ...": <strong>il</strong> lettore troverà questi ricor<strong>di</strong> in Guhrauer,<br />

II, Appen<strong>di</strong>ce.<br />

43 "Poiché gli è fam<strong>il</strong>iare l'intera storia della f<strong>il</strong>osofia ... ": Mt<strong>il</strong>ler, p. 13; A l.i.8.<br />

43 "Un vero amico desidera <strong>il</strong> bene del proprio amico ...": A IV.i.34.<br />

45 "le colline stesse saltassero <strong>di</strong> gioia come ag<strong>nel</strong>li ...": A Vl.iii. 152 sgg.<br />

46 "Io ritenevo indegno ...": ve<strong>di</strong> Fischer, p. 46.<br />

4. Una vita della mente<br />

48 "ebreo che è un ateo impudente": Nadler (1999), p. 158.<br />

52 "Le masse non riescono a concepire ...": E IV Ap 28.<br />

52 "Coloro che conoscono <strong>il</strong> vero valore del denaro ...": E IV Ap 29.<br />

52 "farinata sem<strong>il</strong>iquida d'avena ...": Freudenthal, p. 58.<br />

53 "che <strong>di</strong> solito <strong>di</strong>stingue ...": Freudenthal, p. 17.<br />

53 "un'affe ttata trascuratezza ...": Freudenthal, p. 17.<br />

53 "I miei parenti non avranno da me alcuna ere<strong>di</strong>tà ...": Freudenthal, p. 59.<br />

54 'Tisraelita ottiene un'eccellente rifinitura": Freudenthal, p. 191.<br />

54 "non per necessità .. ": L 44.<br />

55 "in armonia con la ragione ...": E IV Ap 20.<br />

55 "<strong>il</strong> nostro f<strong>il</strong>osofo non era ...": Freudenthal, p. 23.<br />

56 "un vero saggio è chi si ristora ...": E IV P45 C2 Sch.<br />

56 "Le cose sono buone soltanto <strong>nel</strong>la misura in cui ...": E IV A p S.<br />

56 "stu<strong>di</strong> a tarda notte": L 9.<br />

57 "amore della solitu<strong>di</strong>ne": Freudenthal, p. 16.<br />

57 "non usciva mai dalla propria solitu<strong>di</strong>ne ...": Freudenthal, p. 16.<br />

58 "i suoi amici più intimi ...": Freudenthal, p. 12.<br />

58 "tantissimi amici ...": Freudenthal, p. 57.<br />

58 "fìlles de qualité ... ": Freudenthal, p. 195.<br />

58 "La sua conversazione aveva una tale ...": Freudenthal, pp. 22 sgg.<br />

59 'T uomo libero che vive tra gli ignoranti. ..": E IV P70.<br />

59 "niente in natura è più ut<strong>il</strong>e all'uomo ...": E IV P35 C2 Sch.<br />

59 "Homo hornini deus est": E IV P35 Cl.<br />

59 definisce "onorevole": E IV P37 Schl.<br />

59 "un uomo piacevole da frequentare ...": Freudenthal, p. 31.<br />

60 "La tua religione va benissimo ...": Freudenthal, p. 61.<br />

60 "Quanto al nostro gruppo ...": L 8.<br />

61 'Tatto proibito <strong>di</strong> Adamo ...": L 18.<br />

61 "Io comprendo [...] che Voi siete profondamente devoto": L 19.


292 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

62 "Io stento a credere che la nostra corrispondenza ...": L 21.<br />

63 "Spero che, quando avrà riflettuto sulla questione ...": L 27.<br />

63 "un libro colmo <strong>di</strong> ricercati abomini ...": Freudenthal, p. 75.<br />

64 "Con tale r<strong>il</strong>uttanza recentemente mi sono separato ...": L l.<br />

64 "Io vi prego in tutti i mo<strong>di</strong> ...": L 7; L 11.<br />

64 "mi intrattiene con un suo <strong>di</strong>scorso ...": Oldenburg 2, 549.<br />

64 ''un certo bizzarro f<strong>il</strong>osofo": Freudenthal, p. 190.<br />

66 "Gli atei abitualmente sono smodatamente ...": L 43.<br />

5. L'avvocato <strong>di</strong> <strong>Dio</strong><br />

68 "Essi sono coloro che onorano <strong>Dio</strong> ...": A IV, i, 535 sgg. Sull'interpretazione<br />

del pensiero politico leibniziano, sottolineo <strong>il</strong> mio debito nei confTonti<br />

<strong>di</strong> R<strong>il</strong>ey, del quale ho parafrasato, riassumendo] e, alcune argomentazioni.<br />

70 "eclettico conc<strong>il</strong>iatore": Mercer, pp. 23 sgg.<br />

71 "Sono rimasto sbalor<strong>di</strong>to da un nuovo sistema ...": New Essays, G V. 64.<br />

71 "la madre <strong>di</strong> tutte le mie invenzioni": A II.i.160.<br />

"A mc sembra, come ho detto a Vostra Eccellenza ...": A II.i.489.<br />

si identifica con "l'impero della ragione": ve<strong>di</strong> PW, p. 107.<br />

73 "Non vedo niente che sia più importante ...": A I.iii.273.<br />

"Non vi è niente, ritengo ...": A II.i.72.<br />

79 "Io non so <strong>di</strong> nessuno che abbia f<strong>il</strong>osofeggiato ...": A II.i.58.<br />

79 "Voglia perdonare <strong>il</strong> fatto che uno sconosciuto ...": A II.i.59.<br />

80 "Le bolle sono i semi ...": G IV.18 sgg.<br />

80 <strong>il</strong> [Tutto <strong>di</strong> una "orgogliosa ignoranza": ve<strong>di</strong> Hofmann, pp. 24 sgg., e Loemke1<br />

80 una lettera che egli in<strong>di</strong>rizzò al suo futuro datore <strong>di</strong> ]avom: A II.i.159 sgg.<br />

80 così obeso da muoversi <strong>di</strong> rado: ve<strong>di</strong> Hirsch, pp. 104, 1 19.<br />

83 "Io posso suggerire molto agli altri ...": lettera a Placcius, 5 settembre 1695,<br />

citata in Guhrauer.<br />

83 "è la più colta e la più potente città dell'universo": A l.vii.638.<br />

85 "Noi dobbiamo sempre adattarci ...": Klopp vi. 188.<br />

72<br />

72<br />

78<br />

6. L'eroe del popolo<br />

88 "Chiunque stenterebbe a credere ...": James Howell, Prefazione a Giraffi.<br />

88 una cartella <strong>di</strong> schizzi: Freudenthal, p. 56.<br />

89 "un certo [ ... ] <strong>Spinoza</strong>, nato da genitori ebrei . .. ": Freudenthal, pp. 1 18 sgg.<br />

89 "l pregiu<strong>di</strong>zi dei teologi. ..": L 30.<br />

90 i fratelli Koerbagh: per interessantissimi dettagli sulla loro vicenda, ve<strong>di</strong><br />

Meisma e specialmente Israel (2001); ve<strong>di</strong> anche Freudenthal, pp. 119 sgg.<br />

92 "<strong>il</strong> supremo mistero del <strong>di</strong>spotismo ...": TTP Pr.<br />

92 "<strong>di</strong>ssipare l'ignoranza comporterebbe ...": E I Ap.<br />

93 "Quanto più ogni uomo si sforza <strong>di</strong> cercare e riesce ...": E IV P20.<br />

93 "Agire in assoluta conformità con la virtù ...": E IV P24.<br />

94 "Se egli sapesse che [le dotttine <strong>di</strong> fede] sono false ...": TTP 14.<br />

95 "<strong>il</strong> medesimo fosse sequestrato e <strong>di</strong>strutto ...": per l'analisi <strong>di</strong> questa citazione<br />

e della successiva, si veda soprattutto Israel (2001 ), pp. 276, 278, 284.<br />

95 "<strong>il</strong> libro più v<strong>il</strong>e e sacr<strong>il</strong>ego ...": Freudenthal, p. 122.


NOTE<br />

293<br />

95 "meritasse <strong>di</strong> essere coperto ...": per questa citazione e per la successiva,<br />

ve<strong>di</strong> Friedmann, p. 204.<br />

96 "era in gran voga tra molte persone": ve<strong>di</strong> Israel (2001), p. 284.<br />

96 "tutti gli spiriti forti ...": Freudenthal, p. 30.<br />

96 "Nell'um<strong>il</strong>e e pensoso ritiro ...": citato in Hazard (1953), p. 127.<br />

96 "poiché non per niente ...": Reynier van Mansvelt, Adversus anonymum<br />

theologico-politicum (1674), citato in Friedmann.<br />

96 "non poté più vivere sicuro ...": Freudenthal, pp. 22 sgg.<br />

96 "La virtù <strong>di</strong> un uomo libero ...": E IV P69.<br />

98 "non può essere concepita nessuna virtù superiore ...": E IV P22.<br />

7. I molteplici volti <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

100 "Avete trattato quest'opera <strong>di</strong> intollerab<strong>il</strong>e impudenza ...": A II.i.66.<br />

100 "l'anno scorso è stato pubblicato un libro davvero pest<strong>il</strong>enziale ...":<br />

A I.i.142.<br />

100 "Ho letto <strong>il</strong> libro <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> ...": A l.i.148.<br />

100 "ten·ificante scritto ...": A II.i.l72 sgg.<br />

101 "Signor <strong>Spinoza</strong>, celebre dottore e profondo f<strong>il</strong>osofo, ad Amsterdam":<br />

L 45.<br />

101 "<strong>Il</strong> Signor Dimerbruck [sic!] non vive qui ...": L 46.<br />

102 "prestò grande attenzione al vostro ...": L 70.<br />

102 "Credo <strong>di</strong> conoscere <strong>Leibniz</strong> attraverso la corrispondenza ...": L 72.<br />

102 Sul retro <strong>di</strong> una copia del Tì-actatus recentemente scoperta: <strong>il</strong> testo è stato<br />

presentato da Ursula Goldenbaum alla Young <strong>Leibniz</strong> Conference,<br />

Rice University, apr<strong>il</strong>e 2003.<br />

102 "I.:autore del libro ...": A II.i.205.<br />

103 "Lebreo <strong>Spinoza</strong>, che porta ...": A II.i.193.<br />

103 "Che <strong>Spinoza</strong> sia l'autore ...": A II.i.208.<br />

l 03 "Senza dubbio avrà visto <strong>il</strong> libro ...": A l.i.l93.<br />

104 "esiste un Essere Supremo che ama ...": TTP 14.<br />

l 05 lettera a un amico <strong>di</strong> nome Magnus Wedderkopf: A II.i.l 17.<br />

105 "qualunque cosa accada avviene in tal modo secondo l'eterno decreto cii<br />

<strong>Dio</strong>": TTP 6.<br />

105 "Poiché è necessario ...": A.II.i.ll7.<br />

106 "Quanto più riuscivo a conoscere <strong>Leibniz</strong> ...": Hirsch, p. 11.<br />

107 Congetturare sui moventi ...: Rescher, p.l60.<br />

l 07 un fenomeno molto più complesso che merita <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> molteplicità: così<br />

suggerisce Friedmann.<br />

108 "ogni cosa per ogni uomo": Beck, p. 240.<br />

108 <strong>Il</strong> vero autore della lettera, ovviamente, era <strong>Leibniz</strong>: A I.i.251 sgg.<br />

8. Amici <strong>di</strong> amici<br />

110 "è un posto estremamente or<strong>di</strong>nato sotto ogni aspetto": Samuel Pepys,<br />

Diarjes, University of California Press, Berkeley 1970, vol. l, 14 maggio<br />

1660.<br />

111 "in pezzi da due penny": ve<strong>di</strong> Gullan-Whur, p. 248.


294 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

111 "Egli mi ha detto che, <strong>il</strong> giorno ...": Freudenthal, p. 201.<br />

112 <strong>il</strong> visitatore <strong>eretico</strong> fu visto chiacchierare: Freudenthal, p. 30.<br />

112 "pessimo ebreo e certo non miglior cristiano": Freudenthal, p. 195.<br />

112 "Poiché niente è così fraudolento come <strong>il</strong> cuore umano ...": Freudenthal,<br />

p. 22.<br />

l 12 "Non abbia nessuna paura per me ...": Freudenthal, p. 65.<br />

114 Sappiamo ben poco <strong>di</strong> Schuller . Per informazioni <strong>di</strong> dettaglio su Schuller,<br />

ve<strong>di</strong> Steenbakkers, pp. 51 sgg.<br />

115 "Anche se io fossi seguace <strong>di</strong> un [ìlosofo ...": ve<strong>di</strong> Nadler (l 999), p. 329 e<br />

"Stu<strong>di</strong>a Leibnitiana" (1981), pp. 61-75.<br />

l 16 "curiosa impressione": L 63.<br />

ll6 "a ritornare a una opinione estremamente favorevole ...": L 63.<br />

116 "A quel tempo, alcune cose mi sembrava tendessero; ..": L 61.<br />

117 "niente che possa sembrare in qualche modo ...": L 62.<br />

117 "Mentre ero impegnato in questa faccenda ...": L 68.<br />

117 "adoperarsi per scoprire con la massima esattezza possib<strong>il</strong>e ...": Freuclenthal,<br />

pp. 148, 152.<br />

118 "esibiva <strong>il</strong> suo carattere irreligioso ... ": Meinsma, p. 532.<br />

118 "Comprendo infine ... ": L 75.<br />

119 "La morte e la sepoltura <strong>di</strong> Cristo ... ": L 78.<br />

119 "Tentare eli riclurla ... ": L 79.<br />

9. <strong>Leibniz</strong> innamorato<br />

120 Parigi, <strong>nel</strong> Seicento, conosceva uno straor<strong>di</strong>nario sv<strong>il</strong>uppo: ve<strong>di</strong> Bernm-cl<br />

(1970), Sauval (1 724), Lister (1698), e Lough (1995).<br />

121 "nero, schifoso, e <strong>di</strong> un fetore che risultava intollerab<strong>il</strong>e ai forestieri": per<br />

questa descrizione <strong>di</strong> Parigi, e per la successiva, ve<strong>di</strong> Bernard, p. 197.<br />

123 "Io credo che sarò sempre un anfibio ...": A I.i.445.<br />

123 Era una <strong>di</strong> quelle epoche: ve<strong>di</strong> Durant e Durant.<br />

124 "Io parlo con accento parigino, come ve<strong>di</strong>": A I.i.397.<br />

124 "È un uomo che ...": K.lopp ii.l25; Mùller pp. 27 sgg.<br />

125 "spinte dall'istinto della delectatio": G 1.57.<br />

125 "È necessario prendere <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> in trappola ...": A IV.i.567.<br />

126 "Vi è in Francia una grande libertà ... ": PW, p. 157.<br />

128 lo salutò con un "grande applauso": A II.i.230.<br />

129 "Per favore, mi permetta <strong>di</strong> avvisarla ...": A III.i.533 sgg.<br />

130 "Poiché ci si attende dai gran<strong>di</strong> principi. .. ": A l.i.504.<br />

130 "personalità eccellenti": A II.i.230.<br />

130 "Mai vi era stato uno straniero": Friedmann, p. 193.<br />

130 "A Parigi è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e <strong>di</strong>stinguersi ...": A l.i.491.<br />

131 "la liberalità dei principi. ..": A l.i.400 sgg.<br />

133 "Avendo, con <strong>il</strong> mio lavoro e con la grazia <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> ... ": A l.i.428.<br />

135 "Un uomo come me ... ": A l.i.492_.<br />

136 "vi è qui [a Parigi] un'infinità . ..": A I.i.417.<br />

137 una lettera <strong>di</strong> presentazione consegnatagli da Henry Oldenburg: A<br />

<strong>Il</strong>l.i.275.<br />

137 "Mandarmi Tschirnhaus ... ": A III.i.327 sgg.<br />

138 "Venne un giovane ... ": LoC, p. 131.


NOTE 295<br />

138 "l'abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> rubare ...": GM ii. 51,130, 233.<br />

138 liquidò tutto ciò come un mero giocare con i simboli: GM i.375.<br />

139 "ha stab<strong>il</strong>ito una stretta amicizia ...": L 70.<br />

140 "Io credo <strong>di</strong> conoscere <strong>Leibniz</strong> ...": L 72.<br />

141 spedì una lettera a Jean-Baptiste Colbert: A I.i.505.<br />

141 ''Tschirnhaus mi ha parlato ...": A VI.iii.384; LoC, p. 40.<br />

l O. Una f<strong>il</strong>osofia segreta della totalità delle cose<br />

142 "<strong>Il</strong> libro <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> sarà su <strong>Dio</strong> ...": A VI.iii.384; LoC, p. 40.<br />

142 Nei limiti <strong>di</strong> un singolo foglio <strong>di</strong> carta: Friedmann <strong>di</strong>ssente. Sostiene che<br />

<strong>il</strong> resoconto fornito qui da <strong>Leibniz</strong> dello <strong>Spinoza</strong> propostogli da<br />

Tschirnhaus mostra che <strong>Leibniz</strong> aveva capito ben poco del pensiero <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>. Penso che Friedmann, su questo punto, si sbagli decisamente.<br />

143 "la teoria secondo cui tutto è pre<strong>di</strong>sposto ...": citato da Steven Weinberg,<br />

"The New York Review of Books", 21 ottobre 1999.<br />

143 "Io non <strong>di</strong>stinguo tra <strong>Dio</strong> e la Natura ...": L 6.<br />

144 "è la causa immanente delle cose ...": L 73; E I P18.<br />

144 "Tutte le cose, <strong>di</strong>co, sono in <strong>Dio</strong> ...": L 73; cf. E I P15.<br />

145 "Io ho <strong>di</strong>vinizzato <strong>il</strong> Tu tto ..." Nietzsche, iii.512.<br />

145 "Le cose non potrebbero essere state prodotte ...": E I P33.<br />

147 "<strong>Dio</strong> non detta leggi all'umanità ...": ST ii.24.<br />

147 "ascrivere a <strong>Dio</strong> quegli attributi ...": L 23.<br />

147 "Se un triangolo potesse parlare ...": L 56.<br />

148 "Io lo conosco <strong>nel</strong>lo stesso modo in cui so ...": L 76.<br />

151 "Questa è l'opinione <strong>di</strong> un uomo insigne .. .": E V Pref.<br />

152 "Sembra che essi concepiscano ...": E III Pref.; ve<strong>di</strong> anche TP ii.6.<br />

152 "L'uomo è parte della Natura ...": ST ii.18.<br />

153 "Sostanza pensante e sostanza estesa ...": E II P7 Sch.<br />

153 "La decisione mentale da un lato ...": E III P2 Sch.<br />

154 "Nessuno fino a ora ha appreso ...": E III P2 Sch.<br />

154 "Nella proporzione in cui un corpo ...": E II P13 C Sch.<br />

155 Se una pietra lanciata per aria: E I Ap; L 58.<br />

155 noi abbiamo particolari volizioni: E II P49.<br />

155 "solo un'idea del nostro volere ...": ST ii.16.<br />

156 La mente non conosce se stessa: E II P23.<br />

156 l'idea <strong>di</strong> ciascuna mo<strong>di</strong>ficazione del corpo: E II P27.<br />

156 "la mente umana ... ha una conoscenza non adeguata ...": E II P29.<br />

157 "Tu non potrai negare ...": L 76.<br />

158 "Io considererò le azioni e i desideri umani ...": E III Pref.<br />

159 "piacere" è lo stato: E III P1 1.<br />

159 "Solo la cupa e tetra superstizione ...": E IV P45 Sch.<br />

160 più noi cerchiamo <strong>il</strong> nostro proprio interesse: E IV P20.<br />

160 "Da ciò noi compren<strong>di</strong>amo chiaramente ...": E II P49 Sch.<br />

160 "Per quanto noi possiamo comprendere ...": E IV Ap32.<br />

161 "la mente umana non può assolutamente essere <strong>di</strong>strutta ...": E V P33.<br />

163 "Non si può <strong>di</strong>re che <strong>Dio</strong> ami gli uomini ...": ST II.24.<br />

163 "Colui che ama <strong>Dio</strong> non può pensare . . . ": E V P19.<br />

164 "Gradualmente mi è <strong>di</strong>ventato chiaro ...": Nietzsche, Werke, iii.571 (Al <strong>di</strong><br />

là del bene e del male, i.6).


296 !L CORTlGfANO E l!ERETfCO<br />

11. Verso <strong>Spinoza</strong><br />

167 Elementi <strong>di</strong> una f<strong>il</strong>osofia segreta: A VI.iii.473; DSR, p. 22.<br />

168 "Sembra esservi . . . ": A VI.3.474; DSR, p. 24.<br />

168 "<strong>Dio</strong> non.è qualcosa <strong>di</strong> metafisica ...": A VI.iii.474; DSR, p. 26.<br />

169 In una lettera del 28 febbraio, <strong>il</strong> segretario del duca: A I.i.510.<br />

169 "quattor<strong>di</strong>ci giorni ...": A I.i.512.<br />

170 "Davvero, la mente è l'idea del corpo?": A VI.iii.518; DSR, p. 74; ve<strong>di</strong> anche<br />

A VI.iii.510; DSR, p. 60.<br />

170 "A me sembra che l'origine delle cose ...": A VI.iii.518; DSR, p. 76.<br />

171 "figura e movimento" dalla "esteJisione, presa in un senso assoluto": L<br />

82.<br />

171 <strong>Il</strong> segretario del duca era ormai decisamente <strong>di</strong>sorientato: A I.i.SlS sgg.<br />

172 <strong>Il</strong> 26 settembre, l'ambasciatore dello Hannover: A I.i.516 sgg.; A I.ii.3.<br />

173 "taluni misteri metafisici ...": A VI.iii.570; LoC, p. 219.<br />

173 "<strong>il</strong> mio antico progetto <strong>di</strong> una scrittura o <strong>di</strong> un linguaggio razionale ...":<br />

citato in Friedmann, p. 78.<br />

174 "Io ritengo <strong>di</strong> aver scoperto ...": A VI.iii.572 sgg.; DSR, pp. 90 sgg.<br />

174 "[<strong>Spinoza</strong>] definisce <strong>Dio</strong> ...": A VI.iii.384.<br />

175 "Può essere fac<strong>il</strong>mente ...": A VI.iii.S73.<br />

175 "Se sono realmente <strong>di</strong>fferenti solo quelle cose ...": A VI.iii.573.<br />

176 "Si potrebbe <strong>di</strong>re: tutte le cose sono una ...": G i. 129.<br />

176 "Una metafisica deve ...": A VI.iii.S73 sgg.<br />

177 "Tu sai che io mi sono spinto un po' troppo oltre ...": A VI.vi.73.<br />

12. Punto <strong>di</strong> contatto<br />

179 "svariate volte e molto a lungo": lettera a Gallois, A II.i.379.<br />

180 "<strong>Spinoza</strong> non vedeva con chiarezza ...": Freudenthal, p. 201.<br />

181 "<strong>Il</strong> famoso ebreo <strong>Spinoza</strong> ...": Freudenthal, p. 220.<br />

181 "quell'ebreo perspicace": A VI.vi.455.<br />

181 "<strong>di</strong>ce ciò che crede sia vero": A II.i.535.<br />

181 "Io so bene che vi sono persone ...": A VI.vi.462.<br />

181 "Si deve convenire ...": A VI.vi.462.<br />

181 Quod ens perfèctissimum existit: A II.i.271 sgg.; A VI.iii.578 sgg.; DSR, p.<br />

100.<br />

13. Sopravvivere a <strong>Spinoza</strong><br />

186 "avrei fatto <strong>il</strong> viaggio a mie spese ...": A I.ii.lO.<br />

186 "Ora non devo soltanlo sognare <strong>di</strong> vivere . . .": A I.ii.13.<br />

186 <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo <strong>di</strong>sse ai suoi amici ...: A II.i.378.<br />

186 A Tschirnhaus egli confidò: citato in Mi<strong>il</strong>ler, p. 51.<br />

187 a <strong>Leibniz</strong> non mancavano le idee: A l.ii.74 sgg.<br />

188 Progettò, invece, un unico sistema: ve<strong>di</strong> A I.iii.35-45, 47-48.<br />

189 "Se tutti i possib<strong>il</strong>i dovessero esistere ...": A VI.iii.581 sgg.; DSR, pp. 102<br />

sgg.<br />

189 "potrebbe aver aggiunto qualche ulteriore chiosa a margine ..": per quan-


NOTE 297<br />

to ne sappiamo, le due serie <strong>di</strong> note (redatte con <strong>di</strong>verso inchiostro) non<br />

sono state datate; pertanto, solo congetturalmente io colloco la seconda<br />

serie dopo <strong>il</strong> mese <strong>di</strong> novembre.<br />

189 "Se tutte le cose emanano <strong>di</strong> necessità ...": G i.l24.<br />

190 risposta del 6 febbraio 1677: A II.i.303 sgg.<br />

190 "Perché non hai consegnato ...": Freudenthal, p. 202.<br />

191 "Temo che [<strong>Spinoza</strong>] non resterà con noi ancora per molto ...": A II.i.303.<br />

194 "Dopo che ebbe dato [...] <strong>di</strong>sposizioni ...": ve<strong>di</strong> Steenbakkers, p. 58.<br />

194 "Sia pt-ima sia dopo la morte [<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>] ...": A II.i.382.<br />

194 "Se <strong>Dio</strong> vuole ...": ve<strong>di</strong> Steenbakkers, p. 60.<br />

195 "Sembra che la morte ...": A II.i.304.<br />

195 "Sono molto sollevato ...": A II.i.304.<br />

196 "Mi ha afflitto scoprire ...": citato in Friedmann, p. 139.<br />

196 "uno spirito abbastanza misero": A II.i.SOO.<br />

197 "Sembra che <strong>il</strong> Signor Leibnits desideri ...": G iv.333.<br />

197 "e non approvo nemmeno la sua pericolosa idea ...": A II.i.306.<br />

197 "Gli e<strong>di</strong>tori compivano <strong>il</strong> loro febbr<strong>il</strong>e lavoro ...": per maggiori dettagli,<br />

ve<strong>di</strong> Israel (2001 ).<br />

198 "macchinò un viaggio segreto alla volta <strong>di</strong> Amsterdam ...": A.I.ii.272; A<br />

III.ii. ll8; Mi<strong>il</strong>ler, p. 49.<br />

198 "<strong>Spinoza</strong> è morto quest'inverno ...": A II.i.379.<br />

199 "Ciò che <strong>Spinoza</strong> afferma sulla certezza della f<strong>il</strong>osofia ...": A II.i.301.<br />

199 "si prende la briga <strong>di</strong> placare ...": A II.i.382.<br />

200 "la lettera non è pericolosa per Voi ...": A II.i.405.<br />

200 "Gli Opera Posthuma del defunto Signor Spinosa ...":A II.i.393.<br />

200 "Quanto sono <strong>di</strong> gran lunga migliori e più vere le dottrine cristiane!": A<br />

II.i.394.<br />

201 "vuoto, pretenzioso espe<strong>di</strong>ente": per le glosse marginali all'Etica, ve<strong>di</strong> G<br />

i.122 sgg.<br />

202 "Quando ritenevo ...": PPL pp. 404 sgg.<br />

202 "Queste nuove luci ...": A VI.vi.73.<br />

203 "aveva un certo riserbo ...": per questa citazione e per la seguente, ve<strong>di</strong><br />

PPL, p. 338.<br />

204 "Se la materia assume tutte le forme possib<strong>il</strong>i l'una dopo l'altra ...": A<br />

<strong>Il</strong>.i.SOS sgg.<br />

205 "altro non è che una chimera ...": A II.!. SOl.<br />

205 "Descartes pensa in un sussurro ...": Friedmann, p. 118. Ve<strong>di</strong> anche G<br />

iv.346: la f<strong>il</strong>osofia cartesiana "conduce dritto dritto alle opinioni <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

,,<br />

205 "immortalità senza memoria ...": A II.i.502.<br />

205 "Si spera che [<strong>Leibniz</strong>] ritorni ...": G iv.333.<br />

206 "Non avrei mai menzionato <strong>Spinoza</strong> ...": G iv.341.<br />

206 una pensione annua <strong>di</strong> m<strong>il</strong>leduecento talleri: A I.ii.200-3.<br />

206 "Ho portato la faccenda del mulino a vento ...": A I.ii.188.<br />

206 <strong>Il</strong> f<strong>il</strong>osofo promise a Ernst August: A I.iii.44.<br />

206 Dal 1680 al 1686: A I.iii.xix.<br />

207 "che in quei lavori qualunque speculazione matematica ...": A I.iii.xxxix.<br />

207 "personale interesse, e non <strong>di</strong> quello delle miniere ...": A I.iii.109.<br />

207 "fosse un uomo pericoloso ...": A I.iii.66-80; Hirsch, p. 151.<br />

208 lettera al conte Ernst von Hessen-Rheinfels, datata 14 agosto 1683: A<br />

II.ii.535.


298 IL CORTIGIANO E L'ERETICO<br />

14. L'antidoto allo spinozismo<br />

212 <strong>Il</strong> suo contratto, insisteva, non menzionava affatto: A I.iv.xl sgg.;176 sgg.<br />

213 <strong>Leibniz</strong> si lamentò: A I.iv.259 sgg.<br />

216 "<strong>Dio</strong> ha scelto quel <strong>mondo</strong>, che è <strong>il</strong> più perfetto",: Discours de Métaphysique<br />

6; PPL, p. 470.<br />

217 "Gli appartamenti costituivano una piramide ...": Te o<strong>di</strong>cea, sezione 416.<br />

218 "A causa dell'interconnessione ...": G ii.42.<br />

218 "Le ragioni del <strong>mondo</strong> risiedono in qualcosa <strong>di</strong> oltremondano": PPL, p.<br />

790.<br />

220 "una piccola <strong>di</strong>vinità ed eminentemente un universo ...": TI ii.554; Citato<br />

in R<strong>il</strong>ey.<br />

221 "La mia idea è che ogni sostanza ...": PE, p. 280; Friedmann, p. 175.<br />

224 "principio del macrocosmo e del microcosmo": WoC, p. 117.<br />

229 "Giustizia è ciò che è ut<strong>il</strong>e alla comunità ...": citato in R<strong>il</strong>ey, p. 260<br />

229 "Purché si realizzi qualcosa <strong>di</strong> r<strong>il</strong>evante ...": G vii.456.<br />

229 noi "siamo la massima parte della natura": TTP 6.<br />

230 "Dobbiamo riconoscere inoltre che ...": PPL, p. 797.<br />

230 "Tutto questo, mi avvedo ...": LCC, p. 109.<br />

230 "un'affascinante fiaba ...": Russell, p. xvii.<br />

230 "La f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> appare come una sequenza ...": Hegel, iii.330.<br />

232 "<strong>Spinoza</strong> pensa che la mente ...": PE, p. 280.<br />

232 "<strong>di</strong>struggono la fiducia in <strong>Dio</strong> ...": Te o<strong>di</strong>cea, sezione 177.<br />

15. Una presenza ossessiva<br />

235 "Non riesco a <strong>di</strong>rti che vita <strong>di</strong>stratta ...": lettera a Placcius, 5 settembre<br />

1695, citata in Guhrauer.<br />

236 "mirab<strong>il</strong>e" e "completamente in accordo con la ragione": Israel (2001),<br />

p. 84.<br />

236 "la maggior parte del genere umano ...": Israel (200 1), p. 84.<br />

236 "Non tormentatemi ...": Aiton, p. 266; citato in Schnath, p. 572.<br />

237 <strong>Leibniz</strong> si trovava tanto a suo agio: ve<strong>di</strong> Hirsch, p. 415.<br />

237 "Benché abbia superato i sessant'anni anni ...": citato in Guhrauer.<br />

239 "Io vi<strong>di</strong> Monsieur de la Court. . .": Te o<strong>di</strong>cea, sezione 376.<br />

239 "Gli scrissi una volta una lettera sull'ottica ...": Freudenthal, p. 220.<br />

240 "Io trovo in questi pensieri ...": G ii.15.<br />

241 "Egli nutre alcune opinioni sulla fisica ...": A I.iv.443; G ii.110.<br />

242 "E così noi conseguiamo una chiara idea ...": citato in Hazard, p. 199.<br />

242 "Io ammiro la saldezza del vostro giu<strong>di</strong>zio ...": A I.xiv.741; citato anche<br />

in R<strong>il</strong>ey (1996), p. 239.<br />

245 "Noi abbiamo le Idee <strong>di</strong> Materia ...": Locke, E'ssay Concerning Human<br />

Understan<strong>di</strong>ng, IV.iii.6.<br />

245 "... <strong>di</strong>strugge quello che mi sembra ...": A VI.vi.48n.<br />

245 "Mi preoccupa soprattutto ...": G iii.473; citato anche in Jolley (1984),<br />

p.1 02. Jolley fornisce vali<strong>di</strong> motivi per ritenere che l'obiettivo centrale <strong>di</strong><br />

<strong>Leibniz</strong> nei Noveaux essais consistesse <strong>nel</strong> <strong>di</strong>fendere la dottrina dell'anima<br />

immateriale, dotata <strong>di</strong> una natura immortale. A quanto sostenuto da<br />

Jolley, io aggiungo soltanto che l'attacco dal quale egli intendeva <strong>di</strong>fendere<br />

questa dottrina era sferrato essenzialmente dagli spinoziani.


NOTE 299<br />

245 "<strong>Il</strong> mio dubbio in proposito ...": G iii.360.<br />

245 "un'opinione la cui impossib<strong>il</strong>ità ...": A VI.vi.59.<br />

247 "delizie del genere umano": PW. pp. 121 sgg.<br />

247 la causa degli Hannover in Ingh<strong>il</strong>tetTa: ve<strong>di</strong> Klopp viii.250 sgg.<br />

248 "La gente è calpestata senza pietà ...": PW, p. 159.<br />

248 "La cosa peggiore <strong>di</strong> tutte ...": PW, p. 158.<br />

249 "Io trovo che sim<strong>il</strong>i idee ...": A VI.vi.455.<br />

250 "a Voi, che siete un perfetto cultore della geometria ...": .<br />

Hall (1980), p.<br />

1.<br />

250 "Se <strong>Leibniz</strong>, <strong>il</strong> suo secondo inventore ...": per ulteriori dettagli sulla <strong>di</strong>sputa<br />

tra Newton e <strong>Leibniz</strong>, ve<strong>di</strong> Hall e Hofmann.<br />

251 Come Newton successivamente intuì: Hall (1992), p. 259.<br />

252 "Dopo [aver ammesso la legge <strong>di</strong> attrazione]. ..": lettera <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> a Hugony,<br />

1714, citata in Jolley (1984), p. 65.<br />

253 la parola "Cina": ve<strong>di</strong> WoC, Introduzione.<br />

253 "rendendoli edotti sui veri sistemi. ..": WoC, p. 116.<br />

253 "eru<strong>di</strong>ti eterodossi e atei ... ": WoC, p. 127.<br />

254 "brutale necessità": WoC, p. 128.<br />

254 "sostanze spirituali": WoC, p. 114.<br />

254 "Si potrebbe forse affermare che ...": WoC, p. 96.<br />

254 Altrove, <strong>Leibniz</strong> descrive Averroè: Te o<strong>di</strong>cea, sezioni 9-10.<br />

254 "schernire lo scherno": WoC, p. 84.<br />

255 Ruardus Andala: per i primi resoconti del rapporto tra <strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong>,<br />

ve<strong>di</strong> Stein, pp. 3 sgg.<br />

255 "Qui, come altrove, <strong>Leibniz</strong> è caduto ...": Russell, p. xi.<br />

255 "Al contrario, proprio ...": G iii.575; PPL, p. 1077.<br />

16. <strong>Il</strong> ritorno del rimosso<br />

257 "Colui che afferma che <strong>Dio</strong> ...": L 54.<br />

258 "ogni cosa [è] <strong>di</strong>sposta in anticipo": G vi. 107 sgg., 131.<br />

258 "<strong>il</strong> decreto <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è immutab<strong>il</strong>e": G vi .445, vi. l31, vi.390; GM iii.2, iii.534.<br />

259 "sembra presuppotTe qualcosa <strong>di</strong> esterno ...": E I P33 Sch 2.<br />

259 "necessità, <strong>nel</strong>le questioni f<strong>il</strong>osofiche ...": LCC, p. 99.<br />

259 "La <strong>di</strong>stinzione che <strong>Leibniz</strong> tenta <strong>di</strong> istituire qui. ..": Lovejoy in Frankfurt,<br />

p. 320.<br />

262 "ha le sue cause, ma dal momento che ...": TI II.482; citato anche in R<strong>il</strong>ey,<br />

p. 77.<br />

262 "gli uomini credono <strong>di</strong> essre liberi ...": E I Ap.<br />

265 "Qui è presente una contrad<strong>di</strong>zione ....": Hegel, iii.342.<br />

266 Russell allude a questa eventualità: Russell, pp. 38, 172.<br />

267 "<strong>Il</strong> piacere altro non è ...": PPL, p. 335.<br />

267 "Noi saremo tanto più felici ...": PPL, p. 43 1.<br />

267 "<strong>Leibniz</strong> non mostra grande originalità ...": Russell, p. 5.


300 IL CORTIGIANO E l! ERETICO<br />

17. La fine <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

270 "<strong>di</strong>zionario vivente" e "reperto archeologico": Mi.<strong>il</strong>ler, p. 186.<br />

272 Sophia spiritosamente rispose: Klopp ix.41 5.<br />

272 "La gotta è solo una scusa ... farsi coinvolgere in ogni cosa": Ml<strong>il</strong>ler, p.<br />

343.<br />

274 "Provo dolori ai pie<strong>di</strong>, <strong>di</strong> tanto in tanto ...": Du v.428.<br />

275 "una sorta <strong>di</strong> telescopio ...": Jolley (1995), p. 467.<br />

275 "l n questa f<strong>il</strong>osofia ...": Euler, Opera Omnia, xi.305.<br />

275 "l'intero passato, e anche ...": TI ii.553.<br />

276 "Ma sarebbe necessario ...": PW, p. 184.<br />

279 "<strong>Il</strong> paziente ha raccontato ...": citato in Guhrauer e in Ritter (1916).<br />

279 <strong>Il</strong> segretario, che in seguito lasciò per iscritto la propria versione degli<br />

eventi: per la citazione integrale, ve<strong>di</strong> Hirsch.<br />

18. Conclusioni<br />

283 "Davvero puoi sostenere ...": Voltai re, CEuvres, xxii.434.<br />

284 Solo molto recentemente gli stu<strong>di</strong>osi: ve<strong>di</strong> specialmente Israel (2001).


Nota sulle fonti<br />

Per la mia interpretazione della f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> non riven<strong>di</strong>co<br />

alcuna originalità, ma <strong>il</strong> lettore deve sapere che, rispetto<br />

all'opinione più <strong>di</strong>ffusa, ho introdotto un mutamento d'accento.<br />

<strong>Spinoza</strong> tende a essere presentato anzitutto e soprattutto come<br />

un metafisica, come l'e<strong>di</strong>ficatore <strong>di</strong> un sistema metafisica. Io l'ho<br />

presentato principalmente come un f<strong>il</strong>osofo della morale e della<br />

politica - un pensatore che si è de<strong>di</strong>cato all'e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> un sistema<br />

metafisica soprattutto come una modalità espressiva piuttosto<br />

che come un fine in sé. Nelle storie della f<strong>il</strong>osofia composte<br />

sin dal tempo <strong>di</strong> Immanuel Kant (compresa la sua, sia detto<br />

per inciso), <strong>Spinoza</strong> è classificato tipicamente come un "razionalista"<br />

(cioè, come un f<strong>il</strong>osofo persuaso che la conoscenza derivi<br />

principalmente dalla pura ragione, in quanto contrapposta<br />

all'esperienza sensib<strong>il</strong>e). Insieme ad alcuni recenti interpreti (come<br />

Mason, per esempio), io reputo questa etichetta inut<strong>il</strong>e, anzi<br />

ad<strong>di</strong>rittura dannosa. <strong>Spinoza</strong> fu più vicino, semmai, alle posizioni<br />

dell'empirismo ra<strong>di</strong>cale. Nelle sue incarnazioni più <strong>di</strong>ffuse,<br />

<strong>Spinoza</strong> appare come una figura oltremondana, un mistico, un<br />

"uomo intossicato da <strong>Dio</strong>", secondo la formula coniata da Novalis.<br />

Questa prospettiva coglie un aspetto essenziale del personaggio,<br />

lo ammetto, ma ritengo che a essa sfugga interamente la<br />

lezione centrale della sua f<strong>il</strong>osofia.<br />

Secondo le più accre<strong>di</strong>tate versioni della storia della cultura,<br />

<strong>Spinoza</strong> cadde <strong>nel</strong>l'oblio subito dopo la sua morte, e si riprese a<br />

leggerlo soltanto verso la fine del Settecento. Io affermo che <strong>Spinoza</strong><br />

rimase vividamente impresso <strong>nel</strong>la mente dei suoi contemporanei<br />

(non ultimo <strong>Leibniz</strong>) e, sebbene in forma clandestina, li<br />

influenzò fortemente. Su questo punto, devo <strong>di</strong>chiarare <strong>il</strong> grande<br />

debito che nutro nei confronti del recente stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Jonathan<br />

Israel, Ra<strong>di</strong>cal Enlightenment, che non raccomanderò mai abbastanza<br />

a quanti vogliano conoscere meglio quel periodo storico.<br />

Anche <strong>Leibniz</strong>, tra<strong>di</strong>zionalmente, è stato classificato come un<br />

"razionalista" ed è stato, quin<strong>di</strong>, affiancato a <strong>Spinoza</strong>. I.:etichetta<br />

non risulta molto più <strong>il</strong>luminante neanche in questo caso, e


302 IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

anzi già la sola idea che i due f<strong>il</strong>osofi possano essere accomunati<br />

sotto la medesima etichetta appare particolarmente perversa.<br />

Nelle storie della f<strong>il</strong>osofia, generalmente, <strong>Leibniz</strong> non riesce a<br />

sfuggire alla rappresentazione satirica che Voltaire ne fornisce in<br />

Can<strong>di</strong>do, quando lo presenta nei panni del dottor Pangloss, <strong>il</strong> raggiante<br />

ottimista che, <strong>di</strong> fronte ai terremoti e alle altre calamità,<br />

insiste che tutto va per <strong>il</strong> meglio <strong>nel</strong> migliore dei mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i.<br />

Ho <strong>di</strong>mostrato che questa caricatura <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> come una sorta<br />

<strong>di</strong> Polyanna metafisica è totalmente superficiale.<br />

La domanda cruciale, per qualunque interpretazione della f<strong>il</strong>osofia<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, considerata in<strong>di</strong>pendentemente da quella <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>,<br />

è se egli debba essere considerato come uno dei primi "moderni"<br />

oppure come un "me<strong>di</strong>oevale" molto in ritardo. Io <strong>di</strong>fendo<br />

a spada tratta l'opinione che <strong>il</strong> pensiero leibniziano debba essere<br />

considerato, da cima a fondo, <strong>moderno</strong>. Ciò detto, voglio sottolineare<br />

che la sua opera rappresenta quella forma del pensiero <strong>moderno</strong><br />

che può essere più opportunamente descritta come "reattiva",<br />

in quanto implica un caratteristico ripu<strong>di</strong>o, <strong>moderno</strong>, della modernità,<br />

in nome <strong>di</strong> valori che esso immagina si siano realizzati meglio<br />

in altri contesti storici e, tra l'altro, <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong> me<strong>di</strong>oevale.<br />

Quanto all'interpretazione della f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, <strong>il</strong> punto<br />

cruciale su cui mi <strong>di</strong>scosto dalla maggior parte (ma non dalla<br />

totalità) degli interpreti è, ovviamente, l'importanza che io assegno<br />

al rapporto con <strong>Spinoza</strong>. Tra gli stu<strong>di</strong>osi, <strong>il</strong> rapporto <strong>di</strong><br />

<strong>Leibniz</strong> con <strong>Spinoza</strong> è un tema particolarmente <strong>di</strong>scusso, e probab<strong>il</strong>mente<br />

è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e formulare al riguardo una qualunque proposizione<br />

significativa senza sollevare qualche vivace protesta.<br />

Molti atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>issimi stu<strong>di</strong>osi affermano che <strong>Leibniz</strong> era già<br />

<strong>Leibniz</strong> ben prima <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are o <strong>di</strong> incontrare <strong>Spinoza</strong>, e che restò<br />

tale anche successivamente, sicché <strong>il</strong> legame tra i due è totalmente<br />

privo <strong>di</strong> conseguenze f<strong>il</strong>osofiche. Forse la maggioranza<br />

degli specialisti ammette che <strong>Leibniz</strong> attraversò una fase in<br />

cui simpatizzava con <strong>Spinoza</strong>, per quanto attiene a un particolare<br />

insieme <strong>di</strong> questioni, dopo<strong>di</strong>ché egli intraprese <strong>il</strong> proprio<br />

personale cammino, del tutto in<strong>di</strong>pendente. Io appartengo a quella<br />

minoranza secondo cui <strong>Spinoza</strong> esercitò un'influenza predominante<br />

sulla matura opera leibniziana - anche se mi premuro<br />

<strong>di</strong> aggiungere che a mio avviso tale influenza fu prevalentemente<br />

(benché problematicamente) negativa, e che <strong>il</strong> tardo <strong>Leibniz</strong> certamente<br />

non fu mai uno "spinoziano" <strong>nel</strong> significato consueto<br />

del termine. Ritengo <strong>di</strong> essere l'unico ad affermare che l'incontro<br />

fisico dei due f<strong>il</strong>osofi segna la svolta decisiva <strong>nel</strong>lo sv<strong>il</strong>uppo<br />

del pensiero leibniziano, anche se non sono l'unico a collocare<br />

un importante punto nodale <strong>nel</strong> periodo <strong>di</strong> tre anni che ha inizio<br />

con quell'incontro.


NOTA SULLE FONTI 303<br />

<strong>Il</strong> <strong>di</strong>battito contemporaneo sul rapporto tra <strong>Leibniz</strong> e <strong>Spinoza</strong><br />

comincia, a rigor <strong>di</strong> termini, con Stein (1890). Negli anni che<br />

precedettero la sua visita all'Aja, afferma Stein, <strong>Leibniz</strong> concordava<br />

con <strong>Spinoza</strong> su tutti i punti essenziali della sua f<strong>il</strong>osofia. Nel<br />

periodo <strong>di</strong> due o tre anni successivo al loro incontro all'Aja, continua<br />

Stein, <strong>Leibniz</strong> cominciò a <strong>di</strong>stanziarsi lentamente dal suo<br />

mentore, pur restando "f<strong>il</strong>ospinoziano". Non prima del 1684, egli<br />

sostiene, <strong>Leibniz</strong> elaborò la propria f<strong>il</strong>osofia matura e dovette riconoscere<br />

che non poteva tollerare <strong>Spinoza</strong>.<br />

L analisi fornita da Stein ha incontrato una grande fortuna, ed<br />

è citata con favore, tra gli altri, da Russell. Purtroppo, Stein non<br />

ebbe a <strong>di</strong>sposizione una raccolta esauriente delle opere <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>,<br />

e alcune delle sue conclusioni scoloriscono alla luce della documentazione<br />

attualmente <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e. Anche se <strong>Leibniz</strong> chiaramente<br />

giu<strong>di</strong>cava per taluni aspetti molto interessante <strong>il</strong> pensiero <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

durante <strong>il</strong> periodo che precedette <strong>il</strong> loro incontro, non è affatto<br />

vero che i due f<strong>il</strong>osofi concordassero pienamente sulle principali<br />

questioni f<strong>il</strong>osofiche. E tanto meno è vero che <strong>Leibniz</strong> avesse<br />

aspettato sino ai trentotto anni prima <strong>di</strong> approdare a qualche<br />

concetto fondamentale della propria f<strong>il</strong>osofia matura. La descrizione<br />

resa da Stein del periodo 1677-1679 come "f<strong>il</strong>ospinoziano"<br />

sembra particolarmente inadeguata: proprio in quel periodo, <strong>Leibniz</strong><br />

descriveva <strong>Spinoza</strong> come "tortuoso" e "oscuro", tra l'altro, senza<br />

contare ciò che scrisse <strong>nel</strong>la sua corrispondenza.<br />

Friedmann (1946, 1962) corresse molti degli errori presenti<br />

<strong>nel</strong> resoconto fornito da Stein e sistemò la questione in termini<br />

che la maggioranza degli stu<strong>di</strong>osi ha ritenuto sod<strong>di</strong>sfacenti. Friedmann<br />

asserisce che <strong>Leibniz</strong> sv<strong>il</strong>uppò le tesi centrali della propria<br />

f<strong>il</strong>osofia prima <strong>di</strong> aver incontrato <strong>Spinoza</strong>, e sostiene che egli vedesse<br />

<strong>Spinoza</strong> principalmente attraverso <strong>il</strong> prisma <strong>di</strong>storcente dei<br />

suoi propri interessi e preconcetti. <strong>Il</strong> legame tra i due, conclude<br />

pertanto Friedmann, è privo <strong>di</strong> qualunque conseguenza: <strong>Leibniz</strong><br />

"non fu mai uno spinoziano". Recentemente, Christia Mercer è<br />

giunta per altre vie alle medesime conclusioni. Sulla base <strong>di</strong> uno<br />

stu<strong>di</strong>o esaustivo delle prime opere f<strong>il</strong>osofiche <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, conclude<br />

che <strong>il</strong> suo sistema f<strong>il</strong>osofico esisteva in prototipo ben prima<br />

che egli avesse qualunque contatto con <strong>Spinoza</strong> o con i suoi<br />

scritti; pertanto, afferma Mercer, <strong>Spinoza</strong> non può avere esercitato<br />

alcuna influenza sul suo pensiero.<br />

Un grave problema, per la tra<strong>di</strong>zione interpretativa inaugurata<br />

da Friedmann (cui aderisce, per estensione, anche la Mercer),<br />

consiste <strong>nel</strong> fatto che <strong>Leibniz</strong> stesso sembra in <strong>di</strong>saccordo<br />

con loro. Nel famoso commento che formula nei Nuovi Saggi, dopo<br />

tutto, Teof<strong>il</strong>o, <strong>il</strong> personaggio che fa da portavoce a <strong>Leibniz</strong>,<br />

confessa che "una volta io mi spinsi un po' troppo oltre, e iniziai


304 IL CORTIGIANO E !.!ERETICO<br />

a propendere verso la parte degli spinozisti". Di fronte a questa<br />

imbarazzante testimonianza, Friedmann replica che <strong>Leibniz</strong> intendeva<br />

attribuire a Teof<strong>il</strong>o, puro personaggio letterario, un passato<br />

f<strong>il</strong>osofico che non era <strong>il</strong> suo proprio. Ma questa tesi semplicemente<br />

non regge: <strong>nel</strong>la prefazione ai Nuovi Saggi, <strong>Leibniz</strong> afferma<br />

esplicitamente <strong>di</strong> voler dare voce alle proprie tesi attraverso<br />

Teof<strong>il</strong>o; e già da lungo tempo, d'altronde, <strong>Leibniz</strong> era solito<br />

ut<strong>il</strong>izzare personaggi letterari per esprimere tesi che egli stesso<br />

con<strong>di</strong>videva senza riserve. Nella sua ansia <strong>di</strong> confutare Stein,<br />

a quanto pare, Friedmann passa <strong>il</strong> segno, e così non riesce a spiegare<br />

come lo stesso <strong>Leibniz</strong> fosse persuaso <strong>di</strong> essere stato pericolosamente<br />

vicino al punto <strong>di</strong> cadere <strong>nel</strong>lo spinozismo.<br />

A mio avviso, Friedmann effettivamente corregge alcuni importanti<br />

problemi <strong>nel</strong> resoconto fornito da Stein; ma la sua ricostruzione<br />

è inadeguata perché egli non mette in <strong>di</strong>scussione alcuni<br />

presupposti f<strong>il</strong>osofici che, per ironia della sorte, con<strong>di</strong>vide<br />

con Stein. Entrambi gli stu<strong>di</strong>osi affermano, per <strong>di</strong>rla in un modo<br />

un po' criptico, che la f<strong>il</strong>osofia leibniziana è ben <strong>di</strong>versa da<br />

quella spinoziana. In altre parole, essi ritengono che <strong>il</strong> sistema<br />

f<strong>il</strong>osofico <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> sia una sostanza semplice, identica a se stessa,<br />

come un composto chimico, e che sia molto <strong>di</strong>fferente dalla<br />

sostanza <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Sia che abbia preso a esistere prima dell'incontro<br />

con <strong>Spinoza</strong>, <strong>nel</strong> qual caso non avrebbe niente a che<br />

fare con lo spinozismo, come sostiene Friedmann, sia che, invece,<br />

sia sopraggiunta in seguito, <strong>nel</strong> qual caso vi è la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong><br />

un influsso, come afferma Stein.<br />

Ma, in realtà, la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> non fu mai unitaria e coerente.<br />

Essa era un paniere <strong>di</strong> posizioni, <strong>di</strong> tropi e <strong>di</strong> reazioni stereotipate<br />

che evolvevano <strong>nel</strong> corso del tempo. Non è una mancanza<br />

<strong>di</strong> riguardo verso <strong>il</strong> grande f<strong>il</strong>osofo - né costituisce un'adesione<br />

alla <strong>di</strong>alettica idealistica - ammettere che <strong>il</strong> suo "sistema"<br />

f<strong>il</strong>osofico non era né semplice né interamente identico a se<br />

stesso. Ciò era vero soprattutto <strong>nel</strong>la sua prima produzione. Molte<br />

tra le dottrine centrali della matura f<strong>il</strong>osofia leibniziana - formulate<br />

in termini molto astratti, come <strong>il</strong> principio <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualità,<br />

<strong>il</strong> principio dell'armonia e via <strong>di</strong> seguito - possono essere in<strong>di</strong>viduate<br />

in forma embrionale <strong>nel</strong>le sue prime opere. Ma <strong>nel</strong>la<br />

prima produzione leibniziana sono reperib<strong>il</strong>i anche moltissimi<br />

altri embrioni. In realtà, se <strong>Leibniz</strong>, privato delle sue prerogative<br />

<strong>di</strong> <strong>cortigiano</strong>, fosse <strong>di</strong>ventato negli ultimi anni della sua vita<br />

uno spinoziano amareggiato, senza dubbio gli stu<strong>di</strong>osi sarebbero<br />

riusciti a <strong>di</strong>mostrare che lo era stato anche prima <strong>di</strong> incontrare<br />

<strong>Spinoza</strong>. Non vi è una coerente sintesi complessiva delle posizioni<br />

f<strong>il</strong>osofiche <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>, tra i suoi primi scritti, per la semplice<br />

ragione che <strong>nel</strong>la sua mente una sim<strong>il</strong>e sintesi non esiste-


NOTA SULLE FONT! 305<br />

va. Per <strong>di</strong> più, nemmeno la sua opera matura è interamente autosufficiente,<br />

e senza una vig<strong>il</strong>anza costante tende a scivolare verso<br />

posizioni quasi spinoziane.<br />

Proprio questa mancanza <strong>di</strong> unità, intimamente costitutiva<br />

del pensiero leibniziano è, a mio avviso, la chiave per comprendere<br />

<strong>il</strong> suo rapporto con <strong>Spinoza</strong> oltre <strong>il</strong> livello dell'analisi resa<br />

da Stein e Friedmann. È troppo semplicistico affermare, con<br />

Stein, che <strong>Leibniz</strong> fu uno spinoziano, oppure negare, con Friedmann,<br />

che egli sia mai stato uno spinoziano. La verità è che, già<br />

prima che conoscesse alcunché <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, <strong>Leibniz</strong> si opponeva<br />

a <strong>Spinoza</strong>, eppure, allo stesso tempo, aveva anche un lato spinoziano.<br />

I.:incontro con <strong>Spinoza</strong> fu cruciale per <strong>il</strong> suo sv<strong>il</strong>uppo f<strong>il</strong>osofico,<br />

poiché lo costrinse a confrontarsi con questa scissione<br />

all'interno del suo stesso pensiero. <strong>Spinoza</strong> gli presentò un problema<br />

al quale egli consacrò le proprie fatiche f<strong>il</strong>osofiche, e cioè<br />

come cancellare <strong>il</strong> pericolo spinoziano all'interno <strong>di</strong> sé. In assenza<br />

<strong>di</strong> questo complesso rapporto con <strong>Spinoza</strong>, <strong>Leibniz</strong> sarebbe restato<br />

un pensatore conservatore; ma non sarebbe mai stato un<br />

pensatore essenzialmente <strong>moderno</strong>, e la sua f<strong>il</strong>osofia non avrebbe<br />

dato origine alla forma reattiva della modernità. Se vogliamo<br />

esaminare la vicenda in tutta la sua complessità, dunque, è abbastanza<br />

plausib<strong>il</strong>e affermare che prima, durante e dopo <strong>il</strong> loro<br />

incontro, <strong>Leibniz</strong> fosse profondamente antispinoziano, superficialmente<br />

antispinoziano e profondamente spinoziano al tempo<br />

stesso. I.:unica tesi che non è possib<strong>il</strong>e sostenere, a mio avviso, è<br />

che <strong>Spinoza</strong> non abbia contato niente per <strong>Leibniz</strong>.<br />

Mi resta da <strong>di</strong>chiarare <strong>il</strong> mio debito nei confronti delle fonti<br />

per quanto attiene alla vita <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Tutte le biografie <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> cominciano con una nota dolente su quanto poco sappiamo<br />

a proposito della sua vita. <strong>Il</strong> punto è stato toccato tanto<br />

frequentemente che, in questa sede, mi limito a ripetere che la<br />

vita <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> ci è in gran parte sconosciuta. Virtualmente tutte<br />

le fonti originali per ogni biografia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> - comprese le<br />

opere <strong>di</strong> Lucas, Colerus e Bayle - sono raccolte <strong>di</strong> un solo volume:<br />

Freudenthal (1899). Tra le opere recenti, Nadler (1999) fornisce<br />

la biografia <strong>di</strong> riferimento. Nadler (2003) offre inoltre un<br />

affascinante squarcio della vita <strong>nel</strong>la comunità ebraica <strong>di</strong> Amsterdam<br />

che ha generato <strong>Spinoza</strong>.


Bibliografia<br />

Fonti primarie<br />

Ho citato le opere <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> secondo le abbreviazioni standard. <strong>Il</strong><br />

significato <strong>di</strong> tali abbreviazioni risulta ovvio a chiunque conosca <strong>il</strong> contenuto<br />

dei suoi Opera omnia (ad esempio, "TTP" significa Tractatus theologico-politicus<br />

e "E I P 16" si riferisce a Ethica, parte I, proposizione 16).<br />

Si noti che L in<strong>di</strong>ca le sue Lettere.<br />

Opera: a cura <strong>di</strong> Cari Gebhart, 4 voli., C. Winters, Heidelberg 1972<br />

(e<strong>di</strong>zione originale, Heidelberger Akademie, Heidelberg 1925)<br />

<strong>Spinoza</strong>: The Collected Works, a cura <strong>di</strong> Edwin Curley, vol. l, Princeton<br />

University Press, Princeton 1985.<br />

<strong>Spinoza</strong>, Complete Works, a cura <strong>di</strong> Michael Morgan, trad. <strong>di</strong> Samuel<br />

Shirley, Hackett, In<strong>di</strong>anapolis 2002.<br />

I.:e<strong>di</strong>zione standard degli Opera omnia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> è quella dell'Accademia<br />

<strong>di</strong> Berlino. Ma poiché presumib<strong>il</strong>mente l'Accademia impiegherà<br />

ancora circa un secolo per completare <strong>il</strong> proprio lavoro, per <strong>il</strong> momento<br />

gli stu<strong>di</strong>osi devono avvalersi anche <strong>di</strong> altre e<strong>di</strong>zioni delle opere <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>.<br />

Nelle note, ho usato le seguenti abbreviazioni:<br />

A Gottfried W<strong>il</strong>helm <strong>Leibniz</strong>: Samtliche Schriften und Briefe, a cura<br />

della Akademie der Wissenschaften, Akademie Verlag, Berlin<br />

1923-.<br />

Du Opera omnia, a cura <strong>di</strong> L. Dutens, 6 voll., Ginevra 1768, ristampa<br />

anastatica, Olms, H<strong>il</strong>desheim 1989.<br />

G Die ph<strong>il</strong>osophischen Schriften von <strong>Leibniz</strong>, a cura <strong>di</strong> C. I. Gerhardt.<br />

7 voli. Berlino 1875-1890, ristampa, Olms, H<strong>il</strong>desheim 1965.<br />

GM Mathematische Schriften, a cura <strong>di</strong> C. l. Gerhardt. 7 voli., ristampa,<br />

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Klopp Die Werke von <strong>Leibniz</strong>, a cura <strong>di</strong> O. Klopp. 11 voli., ristampa,<br />

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TI Textes iné<strong>di</strong>ts, a cura <strong>di</strong> Gaston Grua. 2 voli. Parigi 1948, ristampa,<br />

Garland, New York 1985.<br />

Sono <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>i anche alcune ut<strong>il</strong>i traduzioni inglesi delle opere <strong>di</strong><br />

<strong>Leibniz</strong>. Nel testo, mi sono avvalso delle seguenti abbreviazioni:


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Zumthor, Paul, La vie quoti<strong>di</strong>enne e11 Holland, au temps de Rembrandt,<br />

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Ringraziamenti<br />

Desidero ringraziare <strong>il</strong> personale degli istituti <strong>di</strong> ricerca su<br />

cui ho fatto affidamento durante la preparazione <strong>di</strong> questo libro,<br />

comprese le biblioteche della New York University, la New York<br />

Public Library, la Burke Library of the Union Theological Seminary,<br />

la Library of Congress, la British Library, la London Library,<br />

e la Royal Library dell'Aja. Desidero ringraziare anche i numerosi<br />

partecipanti alla Young <strong>Leibniz</strong> Conference svoltasi alla Rice<br />

University <strong>nel</strong>l'apr<strong>il</strong>e 2003, cui ho partecipato. Infine, ho un debito<br />

<strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne verso Alane Manson, la mia e<strong>di</strong>tor, per le sue<br />

minuziose e acute osservazioni e per <strong>il</strong> suo entusiasmo riguardo<br />

l'argomento; Andrew <strong>Stewart</strong>, <strong>il</strong> mio agente, che ha dato <strong>il</strong> suo<br />

pieno appoggio al progetto quando ancora occupava solo lo spazio<br />

<strong>di</strong> una mezza pagina; Richard Kaye per i suoi ut<strong>il</strong>i commenti<br />

alle prime bozze; Charles G<strong>il</strong>lespie per le sue parole <strong>di</strong> saggezza;<br />

e Katherine, mia moglie, in egual misura per le sue osservazioni<br />

sul testo e per la sua pazienza.


In<strong>di</strong>ce analitico<br />

Académie Royale <strong>di</strong> Parigi 80, 128,<br />

132, 171, 281<br />

Accademia delle scienze, proposta<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> per una 187-188,<br />

206, 213<br />

"Acta Eru<strong>di</strong>torum" 249, 251<br />

alchimia 42, 114, 279<br />

Altdorf, Università <strong>di</strong> 41<br />

amicizia 59<br />

amore del <strong>destino</strong>, concetto nietzscheano<br />

<strong>di</strong> 161<br />

amore intellettuale <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, nozione<br />

spinoziana dell' 161, 162,<br />

165<br />

amore, <strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 159<br />

Amsterdam l 7<br />

comunità ebraica <strong>di</strong> - 19-20,<br />

27-30<br />

<strong>Leibniz</strong> a - 173-174<br />

librerie <strong>di</strong> - 24<br />

trasferimento della famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> a - 16<br />

Andala, Ruardus 255<br />

Ani ello, Tommaso (Masaniello) 87-<br />

88<br />

anima del <strong>mondo</strong>, concetto in<br />

<strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong> 168, 170, 203, 245<br />

anima, nozione leibniziana <strong>di</strong> 245<br />

animali, e problema corpo-mente<br />

150<br />

Anna Stuart, regina d'Ingh<strong>il</strong>terra<br />

247, 272<br />

antropomorfismo 14 7-148<br />

Apologia (<strong>Spinoza</strong>) 30, 32<br />

argomento fisico-teleologico 228<br />

Aristotele 37-38, 70, 71, 145, 256<br />

armonia prestab<strong>il</strong>ita, dottrina leibnizianadell'<br />

226-230, 255,262-<br />

263, 266, 269<br />

Arnauld, Antoine 78-79, 83, 84,<br />

100-101, 104, 106, 108, 113,<br />

127, 130, 139, 209, 214, 240-<br />

241, 243, 261<br />

arte combinatoria, De (<strong>Leibniz</strong>) 39,<br />

71<br />

arte <strong>nel</strong>la repubblica olandese 18,<br />

19, 88<br />

arti meccaniche, interesse <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

verso le 81, 136<br />

Asburgo, famiglia 247<br />

ateismo<br />

- e f<strong>il</strong>osofia cinese, 254<br />

-e pensiero <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, 65-66,<br />

89, 95, 97, 204, 205, 208-<br />

209, 215, 252, 260<br />

- in Francia, <strong>Leibniz</strong> relativamente<br />

all' 248<br />

punizione corporale per-208-<br />

209<br />

tendenze ateistiche <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

269<br />

attività minerarie, progetti <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>per<br />

le 188, 206-207, 212-213<br />

attività, principio <strong>di</strong> - <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

74, 76, 252<br />

autorità, <strong>il</strong> rapporto <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> con<br />

l' 94<br />

autostima (amore <strong>di</strong> sé)<br />

-<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 182-183<br />

-<strong>nel</strong> pensiero <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 159<br />

Averroè (Ibn Rush'd) 70, 254<br />

Barberini, Francesco 197<br />

Bayle, Pierre 59<br />

beatitu<strong>di</strong>ne, concezione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

161-162


316<br />

IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

Beck, Lewis White 35, 108<br />

bene/buono<br />

-<strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 69,<br />

85, 2 18-219<br />

-<strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 51,<br />

56, 147, 159, 162, 216<br />

Bergson, Henry 285<br />

Berkeley, George 284<br />

Bibbia<br />

critica spinoziana della - 25,<br />

26, 30, 91<br />

<strong>Leibniz</strong> e - l 04<br />

menzione <strong>di</strong> Blyenbergh <strong>di</strong> -<br />

61-62<br />

Blyenbergh, W<strong>il</strong>lem van 61-63,<br />

119, 147, 184<br />

Bo<strong>di</strong>n, Jean 168<br />

Boineburg, Johann Christian von<br />

43-45, 68, 73, 77-78, 102, 108-<br />

109, 122, 124, 128, 131<br />

Bonnet, Charles 275<br />

Borbone, famiglia 247-248<br />

Bossuet, Jacques-Benigne 24 1-243<br />

Breve trattato su <strong>Dio</strong>, l'uomo e la<br />

sua felicità (<strong>Spinoza</strong>) 90, 152,<br />

157<br />

Brinon, Marie de 242<br />

Browne, Edward 110<br />

Bruno, Giordano 222<br />

Bnmswick, famiglia 270-271<br />

Burgh, Albert 198-199<br />

calcolo<br />

<strong>Leibniz</strong> vs Newton sul - 80,<br />

172, 250-252<br />

versione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> del - 9, 39,<br />

79, 136-138, 237, 249<br />

versione <strong>di</strong> Newton del - 249,<br />

250<br />

carità<br />

-<strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 69,<br />

72, 98, 104, 242, 278<br />

- <strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 98,<br />

162<br />

Carlo I, re <strong>di</strong> Spagna 24 7<br />

Carlo n, re <strong>di</strong> Spagna 128, 247<br />

Caroline W<strong>il</strong>helmina d'Anspach,<br />

principessa del Galles 273<br />

Cassini, Gian Domenico 133<br />

Castel, Charles-Irénée, abate <strong>di</strong><br />

Saint-Pierre 276<br />

cattolicesimo<br />

critica <strong>di</strong> Koerbagh del - 90<br />

critica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> del - 92<br />

-e Guerra dei trent'anni 34<br />

- e pubblicazione delle opere<br />

postume <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 197-<br />

198<br />

<strong>Leibniz</strong> e -44, 73, 241 -244<br />

causa immanente, nozione spinoziana<br />

<strong>di</strong> 144, 168, 219<br />

causa transitiva, nozione spinoziana<br />

<strong>di</strong> 144<br />

causalità <strong>nel</strong>la metafisica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

144, 146, 218-219<br />

Chappuzeau, Samuel 120<br />

"characteristica universalis", concetto<br />

leibniziano <strong>di</strong> 39, 71, 81<br />

Chevreuse, duca <strong>di</strong> 127<br />

chiarezza, <strong>Leibniz</strong> sulla 71<br />

chiesa Riformata, critica <strong>di</strong> Koerbagh<br />

alla 90<br />

Cina 252-254<br />

Città <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> 229, 230<br />

Clarke, Samuel 230, 251, 259, 273<br />

Colbert, Jean-Baptiste 83, 121,<br />

127, 132, 139, 141<br />

Colerus, Johannes 21, 24, 25, 28,<br />

32, 52-53, 54-55, 58, 88<br />

-e morte <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 191- 194,<br />

210<br />

commercio estero <strong>nel</strong>la repubblica<br />

olandese 19<br />

commercio <strong>nel</strong>la teoria politica <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> 94<br />

comunità ebraica<br />

-<strong>di</strong> Amsterdam 19-2 1<br />

emarginazione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> dalla<br />

- 25-27<br />

-in Spagna e Portogallo 15-16<br />

scomunica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> ad opera<br />

della - 27-30<br />

conatus 158-159, 267<br />

conoscenza <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> e la sua adorazione<br />

affermata contro gli oltraggi<br />

degli atei, La (Blyenbergh) 61<br />

conoscenza <strong>di</strong> sé, <strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> 162<br />

conoscenza, <strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

51, 161, 162<br />

Considerazioni sul problema della


INDICE ANALITICO<br />

317<br />

successione inglese (<strong>Leibniz</strong>)<br />

247<br />

contemplazione 51, 56<br />

contemptus mun<strong>di</strong> 49<br />

contingenza, <strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

146<br />

contratto sociale 93<br />

"conversi" 16<br />

Copernico, Niccolò 149<br />

Corbe<strong>il</strong>le, Pierre 125<br />

corpo<br />

- <strong>nel</strong> pensiero <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> l 70,<br />

177<br />

- <strong>nel</strong>la metafisica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

142, 153-156<br />

teoria <strong>di</strong> Descartes sul - 149<br />

ve<strong>di</strong> anche problema corpomente<br />

coscienza, libertà <strong>di</strong>, 91, 93<br />

cosmologia 219<br />

Crafft, Johann Daniel 198<br />

creature, <strong>nel</strong>la metafisica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

142<br />

cristianesimo<br />

atteggiamento <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> nei<br />

confronti del - 61<br />

sostegno <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> al - 72-73<br />

Cudworth, Ralph 245<br />

decostruzione 76, 285<br />

democrazia, sostegno <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

alla 13, 93<br />

Democrito 70, 71<br />

Descartes, René (Cartesio) 25, 59,<br />

61, 70-71, 79-80, 99, 142, 149-<br />

152, 154, 169, 174, 180, 196-<br />

197, 204-205, 211, 236, 239,<br />

246, 252, 256, 284<br />

determinismo 146, 261, 262, 266<br />

Diderot, Denis 11<br />

D<strong>il</strong>linger, W<strong>il</strong>helm 126<br />

Dimostrazioni cattoliche (<strong>Leibniz</strong>)<br />

44, 68, 73, 75, 214<br />

<strong>Dio</strong><br />

concetto leibniziano <strong>di</strong> - 12,<br />

13, 74, 76, 82, 104-105,<br />

167, 168-169, 170, 174-<br />

177, 181-182, 183, 189,<br />

203, 214-220, 227-228,<br />

231-232, 258-260, 265-269<br />

concetto spinoziano <strong>di</strong> - 13,<br />

25, 31, 32, 61, 65-66, 105,<br />

139, 142-148, 161-163,<br />

165, 170, 182, 183, 189,<br />

200, 204-205, 209, 214,<br />

215, 218-219, 23 1, 257-<br />

259, 260, 267, 268<br />

- <strong>nel</strong> sistema <strong>di</strong> Malebranche<br />

151<br />

nozione <strong>di</strong> Koerbagh <strong>di</strong> - 90<br />

prova dell'esistenza <strong>di</strong> - 228<br />

teoria cartesiana <strong>di</strong> - 205<br />

<strong>Dio</strong> trascendente, concetto leibniziano<br />

<strong>di</strong> 219<br />

<strong>di</strong>ritti in<strong>di</strong>viduali, <strong>nel</strong>la teoria politica<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 93<br />

Discorso <strong>di</strong> Metafìsica (<strong>Leibniz</strong>)<br />

214, 216, 240<br />

dolore 158, 159, 267<br />

Drebbel, Cor<strong>nel</strong>ius van 81<br />

dualismo 149, 150; ve<strong>di</strong> anche problema<br />

corpo-mente<br />

Eckhart, Johann Georg von 40, 70,<br />

75, 104, 124, 135, 179, 183,<br />

272, 280-281<br />

egualitarismo, teoria leibniziana<br />

dell' 229<br />

Elementa Iuris Naturalis (<strong>Leibniz</strong>)<br />

81-82<br />

Elementi <strong>di</strong> una f<strong>il</strong>osofìa segreta della<br />

totalità delle cose, <strong>di</strong>mostrata<br />

geometricamente (<strong>Leibniz</strong>)<br />

167<br />

emozioni, teoria spinoziana delle<br />

158-161<br />

empirismo 284<br />

-e <strong>Leibniz</strong> 244-245<br />

-e <strong>Spinoza</strong> 146, 156<br />

empirismo ra<strong>di</strong>cale 156<br />

Enden, Clara Maria van den 24-25,<br />

54-55<br />

Enden, Frans van den 24-25, 54-<br />

55, 112-1 13, 116, 140, 210<br />

Epicuro 43, 51, 57, 58, 70, 181,208,<br />

256<br />

epistemologia ve<strong>di</strong> conoscenza<br />

Eraclito 57, 58<br />

esistenza 146<br />

esperienza sensib<strong>il</strong>e 161


318<br />

IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

Essay Concerning Human Understan<strong>di</strong>ng<br />

(Locke) 244, 246<br />

essere, <strong>nel</strong> sistema <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 145<br />

essere umano<br />

-in quanto finalità della creazione<br />

149<br />

-<strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 15 7,<br />

229<br />

<strong>Leibniz</strong> a proposito <strong>di</strong> - 220,<br />

229<br />

ve<strong>di</strong> anche problema corpomente<br />

estensione 153, 154-155, 171<br />

Etica (<strong>Spinoza</strong>) 11, 32, 50, 52, 55,<br />

56, 59, 92, 96-97, 98, 116, 117,<br />

142, 162, 164, 258, 262<br />

-e pensiero <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 167,<br />

175-176, 190, 201, 222<br />

<strong>di</strong>sposizioni circa <strong>il</strong> manoscritto<br />

dopo la morte <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> 192, 195-196<br />

emozioni <strong>nel</strong>l'- 158-161<br />

felicità <strong>nel</strong>l'- 158<br />

parallelismo <strong>il</strong>lustrato <strong>nel</strong>l'-<br />

153<br />

stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> <strong>nel</strong>l'- 143-144,<br />

145-146, 148, 161, 182,<br />

215, 267<br />

etica, <strong>nel</strong> sistema <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 26 7-<br />

268<br />

Eugenio <strong>di</strong> Savoia, principe 274<br />

Euler, Leonhard 275<br />

fallogocentrismo 285<br />

fatalismo 260<br />

Fatio de Du<strong>il</strong>lier, Nicolas 250<br />

Federico n <strong>il</strong> Grande, re <strong>di</strong> Prussia<br />

236, 275<br />

felicità<br />

-<strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 231,<br />

232, 267, 286<br />

-<strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 50,<br />

51, 157-162, 164, 200, 231-<br />

232, 286<br />

Fer<strong>di</strong>nando n <strong>di</strong> Aragona, re <strong>di</strong><br />

Spagna 15-16<br />

Feynman, Richard 143<br />

F<strong>il</strong>alete 244<br />

f<strong>il</strong>osofia cartesiana ve<strong>di</strong> Descartes,<br />

Re né<br />

f<strong>il</strong>osofia della f<strong>il</strong>osofia<br />

-<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 68, 71, 84-85, 176<br />

- <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 48-49<br />

f<strong>il</strong>osofia esoterica ed essoterica,<br />

<strong>nel</strong>la teoria politica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

95, 97<br />

f<strong>il</strong>osofia leibniziano-wolffiana<br />

282-283<br />

f<strong>il</strong>osofia morale, stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

sulla 81-82<br />

f<strong>il</strong>osofia, pratica della 58, 70<br />

fisica, leggi della 219<br />

Fonte<strong>nel</strong>le, Bernard le Bouyer de<br />

82, 281<br />

Francia<br />

- e attività politica <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

247-248<br />

- e Germania 44-45<br />

invasione francese dell'Olanda<br />

110-1 11<br />

Francoforte, trasferimento <strong>di</strong><br />

<strong>Leibniz</strong> a 43<br />

Gal<strong>il</strong>ei, Gal<strong>il</strong>eo 149<br />

Gallois, Abbé 127, 133, 179-180,<br />

198, 210<br />

Gassen<strong>di</strong> (Pierre Gassend) 43, 70<br />

Gent, Pieter van 114, 194<br />

Germania 34-35, 44-45<br />

giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> tutti i tipi <strong>di</strong> bellezza senza<br />

dolore, Un (Koerbagh) 90<br />

Giorgio I <strong>di</strong> Hannover, re d'Ingh<strong>il</strong>terra<br />

241, 270-274, 280<br />

giurisprudenza, <strong>Leibniz</strong> e 38, 39,<br />

43, 72, 81-82, 131-132<br />

giustizia<br />

-<strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 68,<br />

69, 72, 73, 204, 229<br />

- <strong>nel</strong>la teoria politica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

93<br />

Graevius, Johann Georg 100-101,<br />

105, 111-113, 119<br />

gravità, legge <strong>di</strong> 251, 252<br />

Greiffencrantz, Christoph Joachim<br />

Nicolai yon 57<br />

Grimal<strong>di</strong>, Clau<strong>di</strong>o 253<br />

Grimmelshausen, Hans Jakob<br />

Christoffel von 34<br />

Guerra dei trent'anni 34-35


INDICE ANALlTICO<br />

319<br />

Guglielmo III d'Orange, re d'Ingh<strong>il</strong>terra<br />

111, 244, 247<br />

Handel, George Friedric 217<br />

Hannover, casato <strong>di</strong> 185, 235, 247-<br />

248, 277<br />

Hannover, Ernst August, duca e<br />

elettore <strong>di</strong> 206, 212, 235-236,<br />

270<br />

Hannover, Friedrich August <strong>di</strong> 236<br />

Hannove1 Georg Ludwig, duca e<br />

elettore <strong>di</strong> ve<strong>di</strong> Giorgio I<br />

Hannover, Johann Friedrich, duca<br />

<strong>di</strong> 44, 71-72, 80-81,83, 86, 123,<br />

128, 130, 135-136, 141, 170,<br />

172, 178, 179, 185, 188, 195<br />

Hannover, Sophia von der Pfalz,<br />

duchessa ed elettrice <strong>di</strong> 173,<br />

236, 241-243, 247, 271-272<br />

Hegel, Georg W<strong>il</strong>helm Friedrich<br />

11, 145, 164, 230, 265, 284, 285<br />

Heidegger, Martin 285<br />

Herder, Johann Gottfried 255, 275<br />

Hessen-Rheinfels, Emst von 208,<br />

210, 215, 239, 240-241, 243<br />

Hirsch, Eike 106<br />

Hobbes, Thomas 70, 79, 93, 94,<br />

102, 104, 239<br />

Hollan<strong>di</strong>ne, Louise, badessa <strong>di</strong><br />

Maubuisson 242<br />

Holten, Albert van 103<br />

Hooke, Robert 70, 80, 128-129<br />

Hudde, Johannes 174<br />

Huet, Bishop Pierre Daniel 95, 127,<br />

171<br />

Hume, David 156, 228, 284, 285<br />

Huygens, Christiaan 18, 31, 54, 80,<br />

84, 128, 130, 133, 139, 172<br />

immortalità<br />

argomentazione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> a<br />

favore dell'- 76, 170, 173,<br />

203, 229, 231, 264, 268<br />

- e fisica newtoniana 252<br />

-<strong>nel</strong> pensiero <strong>di</strong> Descartes 149<br />

nozione spinoziana <strong>di</strong>-25, 26, 155,<br />

156, 161-162, 163, 200, 205,<br />

209, 231<br />

Impero della Ragione, nozione<br />

leibniziana <strong>di</strong> 72-73<br />

inconscio, idea dell'- in <strong>Spinoza</strong><br />

156<br />

indagini matematiche <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

136-1 37, 138<br />

in<strong>di</strong>vidualità, idea leibniziana <strong>di</strong><br />

105, 264-265<br />

Inquisizione portoghese 16<br />

Inquisizione spagnola 16<br />

intelletto, <strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

161<br />

interesse personale<br />

interpretazione leibniziana<br />

dell'- 233, 278<br />

- <strong>nel</strong>la teoria politica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

92-94, 98, 160, 162<br />

intuizione, <strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

161<br />

Isabella 1 <strong>di</strong> Castiglia, regina <strong>di</strong><br />

Spagna 15<br />

Jelles, Jarig 23, 54, 57, 174, 197<br />

Justel, Henri 200<br />

Kabbalah, legame <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> con<br />

la 163<br />

Kant, Immanuel 228, 284, 285<br />

Kerkering, Thomas 55<br />

Koerbagh, Adriaen 90-91, 96<br />

Koerbagh, Johannes 90-91, 96<br />

"labirinto del continuum", concetto<br />

leibniziano <strong>di</strong> 79, 137<br />

L'Aja, 52, 58, 59, 88, 110, 112<br />

Lange, Joachim 255<br />

Lavedan, Pierre 121<br />

Leeuwenhoeck, Anthon von 18,<br />

169, 174, 223<br />

leggi <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, <strong>nel</strong> pensiero <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

147<br />

leggi naturali 13<br />

<strong>Leibniz</strong>, Anna Catharina 36-37, 39,<br />

109<br />

<strong>Leibniz</strong>, Friedrich 36<br />

<strong>Leibniz</strong>, Gottfried W<strong>il</strong>helm<br />

alchimia e-42, 114, 279<br />

amicizie <strong>di</strong> - 130, 236<br />

aspetto <strong>di</strong> - 10, 124, 237-238,<br />

270<br />

atteggiamento legalistico <strong>di</strong> -<br />

75, 232


320<br />

IL CORTTGTANO E !!ERETICO<br />

autovalutazioni <strong>di</strong> - 81-82, 83,<br />

130<br />

capacità <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e lavoro <strong>di</strong><br />

- 136, 237<br />

carattere polemico della f<strong>il</strong>osofia<br />

<strong>di</strong> - 77, 269<br />

credo <strong>di</strong> - 203-204<br />

Descartes, attacco contro -<br />

196-197<br />

<strong>di</strong>ffidenza <strong>di</strong> - l 06-107, l 09<br />

educazione e sv<strong>il</strong>uppo intellettuale<br />

<strong>di</strong> - 36-38, 41<br />

famiglia <strong>di</strong> - 36-39<br />

finalità e ambizioni <strong>di</strong> - 69, 70,<br />

80, 167<br />

influenze <strong>di</strong> - 282-284<br />

interessi finanziari <strong>di</strong> - 133-<br />

135, 185-188, 212-213,<br />

235, 236, 239, 270, 271-<br />

273, 277, 280<br />

invenzioni <strong>di</strong> -71, 81, 82, 188<br />

-a Amsterdam 173-174<br />

-a Berlino 271<br />

-a Francoforte 43<br />

- a Hannover 185<br />

-a Londra 128-129, 172-173<br />

-a Magonza 44, 78-79<br />

- a Parigi 109, 120, 121-141,<br />

169-172<br />

-a Vienna 271-272<br />

- come edonista della mente<br />

125<br />

-come fautore <strong>di</strong> Hobbes 102<br />

- come genio universale 82<br />

-come "onnimaniaco" 82-83,<br />

237<br />

- e "f<strong>il</strong>osofia segreta della totalità<br />

delle cose" 213<br />

- e attrazione verso i misteri<br />

136<br />

-e f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> ve<strong>di</strong> spinozismo,<br />

f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong>,<br />

paragoni con lo<br />

- e genealogia del casato <strong>di</strong><br />

Brunswick 235, 270<br />

- e <strong>il</strong> caso van den Enden 113<br />

-e l'aristocrazia 237<br />

- e morte <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 194-196<br />

-e Oldenburg 128, 129<br />

- e opere postume <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

195-196, 198, 199-200<br />

- e pubblici intrattenimenti<br />

125<br />

-e ricerca <strong>di</strong> prestigio 78<br />

-e Tséhirnhaus 137-138<br />

-e vita della mente 127<br />

- sugli interessi economici in<br />

Olanda 19<br />

-sulla libertà in Olanda 18<br />

- su <strong>Spinoza</strong> come ebreo 31,<br />

181<br />

-su <strong>Spinoza</strong> come molatore <strong>di</strong><br />

lenti 54<br />

molteplicità <strong>di</strong> - 107-108<br />

morte, funerale e sepoltura <strong>di</strong><br />

- 279-281<br />

moventi ulteriori <strong>di</strong> - l 07<br />

nascita e battesimo <strong>di</strong> - 35-36<br />

ottimismo <strong>di</strong> - 217, 275, 276-<br />

277<br />

personalità e carattere <strong>di</strong> - 40,<br />

46, 47, 179, 182-183, 184,<br />

232, 233, 277, 286<br />

pessimismo <strong>di</strong> - 276<br />

plagi attribuiti a - 250, 255,<br />

263<br />

politiche religiose <strong>di</strong> - 44, 72<br />

pseudonimi <strong>di</strong> - 44, 70<br />

rapporti <strong>di</strong> - con <strong>Spinoza</strong> ve<strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>, Baruch de<br />

salute e malattie <strong>di</strong> - 238, 274<br />

scritti <strong>di</strong> - 10, 68<br />

sessualità <strong>di</strong> - 126<br />

sincretismo eclettico <strong>di</strong> - 70-<br />

71<br />

stu<strong>di</strong> matematici <strong>di</strong> - 136-137,<br />

138<br />

viaggi <strong>di</strong> - 235<br />

Lessing, Gotthold Ephraim 255,<br />

283<br />

li, principio del 253<br />

liberalismo, <strong>di</strong>fesa spinoziana del<br />

13, 89<br />

libero arbitrio<br />

- <strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

155-156, 261<br />

-<strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> Descartes 149<br />

concetto leibniziano <strong>di</strong> - 155,<br />

225, 240, 261-262<br />

libertà<br />

-<strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 90,<br />

93, 142, 146, 158, 160, 162


INDICE ANALITICO<br />

321<br />

-<strong>nel</strong>la repubblica olandese 17-<br />

19, 31<br />

libertade, De (<strong>Leibniz</strong>) 201-202<br />

Limborch, Ph<strong>il</strong>ip 95, 117-1 18, 184<br />

Lipsia 35, 39-40<br />

Lipsia, Università <strong>di</strong> 36, 37-38, 39-<br />

40<br />

Lister, Martin 120<br />

Lithuanus Georgius Ulicovius,<br />

pseudonimo <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 44<br />

Locke, John 24, 96, 239, 244-246,<br />

251-252, 256, 284, 285<br />

Loeffler, Friedrich Simon 280<br />

logica, principi della 284<br />

Londra, <strong>Leibniz</strong> a 128-129, 172-<br />

173<br />

longitu<strong>di</strong>ne, soluzione leibniziana<br />

al problema della determinazione<br />

della 81, 82<br />

Lovejoy, Arthur 259<br />

Lucas, Jean-Maxim<strong>il</strong>ien 21-22, 26,<br />

28, 30, 53, 54, 55, 56-57, 66, 96,<br />

112, 179<br />

-su Amsterdam 17<br />

luce che br<strong>il</strong>la in luoghi oscuri, Una<br />

(Koerbagh) 90<br />

Luigi II <strong>di</strong> Borbone, principe 111<br />

Luigi xrv, re <strong>di</strong> Francia 11, 17, 45-<br />

46, 77, 83, 108, 110-1 11, 112-<br />

113, 114, 120- 123, 125, 132,<br />

241, 247-249, 256, 277<br />

luteranesimo 35, 38<br />

<strong>Leibniz</strong> e <strong>il</strong> - 75<br />

"macchina aritmetica" ve<strong>di</strong> macchina<br />

calcolatrice <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

macchina calcolatrice <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

71, 81, 82, 83, 128-129, 132,<br />

172, 237, 280<br />

Machiavelli, Niccolò 94<br />

macrocosmo e microcosmo, principio<br />

leibniziano <strong>di</strong> 224<br />

Maimonidel, Mosè 59<br />

male<br />

domanda <strong>di</strong> Blyenbergh sull'origine<br />

del - 61<br />

- <strong>nel</strong> pensiero <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 46,<br />

105, 218<br />

- <strong>nel</strong> pensiero <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 14 7<br />

Malebranche, Nicolas 84, 127, 151-<br />

152, 227<br />

Manifesto per la tutela dei <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong><br />

Carlo m (<strong>Leibniz</strong>) 247<br />

Maria n Stuart, regina d'Ingh<strong>il</strong>terra<br />

247<br />

Mars christianissimus (<strong>Leibniz</strong>)<br />

247<br />

Masham Cudworth Damaris, lady<br />

245<br />

materia<br />

-come attributo 245-246<br />

-e legge <strong>di</strong> gravità 252<br />

-<strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> Descartes 197,<br />

204<br />

materialismo 57, 286<br />

matrimonio, atteggiamento <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

riguardo al 55-56<br />

Meclemburgo-Schwerin, Herzog<br />

Christian Louis, duca <strong>di</strong> 131-<br />

132<br />

Me<strong>di</strong>ci, Maria de' 21<br />

Me<strong>di</strong>cina Mentis et Corporis 115<br />

mente<br />

-<strong>nel</strong> sistema <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 74, 76,<br />

168, 170, 173, 177, 221,<br />

245, 261, 262, 269<br />

- <strong>nel</strong> sistema <strong>di</strong> Malebranche<br />

151<br />

- <strong>nel</strong>la metafisica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

142, 149-157, 161-162,<br />

170, 180, 220<br />

teoria cartesiana della - 149<br />

ve<strong>di</strong> anche problema corpomente<br />

mente cooperante, teoria leibniziana<br />

della 7 4<br />

Mercer, Christia l 07<br />

Mersenne, Marin 81<br />

metafisica, ve<strong>di</strong> concetti specifici e<br />

voci corrispondenti<br />

metafora dell'orologio, uso leibniziano<br />

della 227<br />

metafora musicale, uso leibniziano<br />

della 227<br />

Meyer, Lodewijk 170, 174, 193<br />

microscopio 223<br />

miracoli, interpretazione spinoziana<br />

dei 14 7<br />

modernità 12-13


322<br />

IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

<strong>Dio</strong> e-215, 216<br />

risposta <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> alla - 13,<br />

14, 76, 77, 85, 106, 165,<br />

215, 216, 220, 233, 243-<br />

244, 285<br />

risposta <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> alla - 13,<br />

14, 94, 106, 164-165, 215,<br />

220, 285<br />

modo<br />

- <strong>nel</strong>la metafisica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

142, 145, 176, 200<br />

- <strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 175,<br />

265<br />

Molière (Jean-Baptiste Poquelin)<br />

125<br />

Monadologia (<strong>Leibniz</strong>) 27 4<br />

monadologia, <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 37, 108,<br />

183, 222-231, 232, 234, 240,<br />

255-256, 261-269, 274, 275,<br />

277, 283<br />

-e f<strong>il</strong>osofia cinese 253-254<br />

mon<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i, scelta <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> dei<br />

- <strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 217-<br />

219, 258, 259-260<br />

monismo, <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 163<br />

moralità, e dottrina spinoziana<br />

della necessità 189-190<br />

More, Henry 96<br />

Morteira, Saul 21-23, 26, 28-29,<br />

32, 38, 63, 164<br />

Moscherosch, Johann Michael 35<br />

movimenti planetari 251<br />

movimento, f<strong>il</strong>osofia leibniziana<br />

del 68, 74, 76, 79-80, 81, 171,<br />

173, 180<br />

mulini a vento, invenzione leibniziana<br />

<strong>di</strong> 188, 206-207, 212-2 13<br />

Napoleone Bonaparte 123<br />

Napoli, insurrezione <strong>di</strong> ( 1647) 87-<br />

88<br />

Natura, concetto spinoziano <strong>di</strong><br />

144, 165, 215-2 16<br />

necessità<br />

-ed esistenza <strong>di</strong> ogni possib<strong>il</strong>e<br />

cosa 197, 202<br />

-<strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 170,<br />

174, 182, 189, 218, 259,<br />

263, 266<br />

- <strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

145-147, 189, 197, 202,<br />

211, 232<br />

necessità metafisica, <strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong><br />

<strong>Leibniz</strong> 218, 259, 263<br />

necessità morale, <strong>nel</strong> pensiero <strong>di</strong><br />

<strong>Leibniz</strong> 218, 259, 263<br />

New Method of Maxima and Minima<br />

and also Ta ngents, and a<br />

Singular Kind of Calculus for<br />

Them, A (<strong>Leibniz</strong>) 249<br />

Newton, Isaac 9, 43, 138, 172, 239,<br />

249-252, 256, 273, 283<br />

Nietzsche, Friedrich W. 145, 161,<br />

164, 216, 285<br />

norme <strong>di</strong> vita, <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 51-52<br />

Nouveaux essais sur l'entendement<br />

humain (<strong>Leibniz</strong>) 70, 202, 244-<br />

246, 248<br />

Novalis (Friedrich von Hardenberg)<br />

145, 283<br />

Nuova ipotesi fisica (<strong>Leibniz</strong>) 87<br />

nuovo metodo per apprendere e insegnare<br />

giurisprudenza, Un<br />

(<strong>Leibniz</strong>) 43<br />

occasionalismo 151, 152, 227<br />

Oldenburg, Henry 31, 63-65, 68,<br />

79, 89, 104, 115-1 19, 128-129,<br />

132, 137-138, 140, 144, 164,<br />

172, 176, 189-190, 197, 221,<br />

249<br />

onore<br />

desiderio <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> - 97<br />

nozione spinoziana <strong>di</strong> - 59, 60<br />

Opera posthuma <strong>di</strong> BdS (<strong>Spinoza</strong>)<br />

199, 200, 211, 282, 283<br />

orgoglio, <strong>nel</strong> pensiero <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

159, 160<br />

Orléans, Carlotta Elisabetta <strong>di</strong> Baviera,<br />

duchessa d' 11, 281<br />

ottica<br />

lavoro <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> <strong>nel</strong> campo<br />

dell'- 53-54<br />

realizzazioni <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> <strong>nel</strong><br />

campo dell'- 81<br />

pace <strong>di</strong> Westfalia 35<br />

pace, <strong>Leibniz</strong> relativamente alla<br />

70, 276<br />

Paci<strong>di</strong>us, Guglielmo, pseudonimo<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 70, 138, 173, 232<br />

panteismo, <strong>nel</strong>l'interpretazione<br />

postuma <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 283


INDICE ANALITICO<br />

323<br />

parallelismo<br />

- <strong>nel</strong> sistema <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 264<br />

teoria spinoziana del - 153,<br />

228, 262-264, 269<br />

Parigi 120-122<br />

<strong>Leibniz</strong> a - 109, 120, 121-141,<br />

169-172<br />

Parmenide (Platone) 175, 177<br />

passioni, <strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

159, 161<br />

peccato, <strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

267<br />

pensiero<br />

-come attributo, 245, 246<br />

- <strong>nel</strong>la metafisica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

153, 155<br />

Pepys, Samuel 110<br />

Pfalz, Ruprecht von der 173, 174,<br />

189<br />

Ph<strong>il</strong>osophical Tra nsactions ( Oldenburg)<br />

63<br />

piacere<br />

- <strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 26 7<br />

-<strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 158,<br />

159, 162<br />

piacere dei sensi 49, 52, 56<br />

Piano Egitto (<strong>Leibniz</strong>) 46, 77, 83,<br />

84, 108, 123, 247<br />

"Piano per una nuova guerra santa"<br />

ve<strong>di</strong> Piano Egitto<br />

Pietro <strong>il</strong> Grande, zar <strong>di</strong> Russia 271<br />

Platone 43, 56, 71, 175, 177, 256<br />

pneumatica, lavoro <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> <strong>nel</strong><br />

campo della 81<br />

Polidoro 203-204<br />

Pomponne, Simon Arnauld de 83,<br />

108<br />

Prado, Juan de 27, 29-30<br />

Principi della Grazia (<strong>Leibniz</strong>) 274<br />

Principi <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofia cartesiana (<strong>Spinoza</strong>)<br />

99<br />

Principia Mathematica (Newton)<br />

250, 251<br />

probab<strong>il</strong>ità, e argomento fisico-teleologico<br />

228<br />

problema corpo-mente<br />

- <strong>nel</strong> pensiero <strong>di</strong> Descartes<br />

149-152<br />

soluzione leibniziana al - 82, 151,<br />

221, 226, 227, 262-264,<br />

soluzione spinoziana al - 151-15 7,<br />

228, 262, 263, 264<br />

problema uno-molti<br />

-<strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 175<br />

- <strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 145<br />

progresso 284<br />

nozione leibniziana <strong>di</strong> - 230<br />

protestantesimo 35, 38, 61, 75, 90<br />

-e Guerra dei trent'anni 34<br />

punizione corporale 208<br />

Quod ens perfectissimum existit<br />

(Che un essere perfettissimo esiste)<br />

(<strong>Leibniz</strong>) 174, 181, 190<br />

ragione<br />

-<strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 13,<br />

72, 74-75, 85, 105, 174,<br />

175, 216, 218, 283<br />

-<strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 105,<br />

160- 163<br />

ragione sufficiente, principio leibniziano<br />

<strong>di</strong> 217-2 18<br />

razionalismo 156, 284<br />

r:ector rerum publicarum, concetto<br />

leibniziano <strong>di</strong> 68<br />

relativismo, <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 85<br />

religione degli olandesi, La (Stouppe)<br />

112<br />

religione e stato (religione popolare),<br />

<strong>nel</strong>la teoria politica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

94, 97, 104<br />

religione e teologia<br />

analisi critica spinoziana <strong>di</strong> -<br />

91-92, 104, 155, 157-158,<br />

162, 163, 199<br />

- <strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> Descartes<br />

149<br />

<strong>Leibniz</strong> e - l 04<br />

religione popolare, concetto spinoziano<br />

<strong>di</strong> ve<strong>di</strong> religione e stato<br />

Rembrandt, Harmenszoon van<br />

Rijn 19, 20, 28<br />

repubblica olandese 17-19<br />

invasione francese della- 1 10-<br />

111<br />

Rescher, Nicholas l 07<br />

resurrezione, opinione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

sulla 119<br />

"retorica dell'attrazione" l 07


324<br />

IL CORTIGIANO E !!ERETICO<br />

Rieuwertsz, Jan 192, 195, 197-198<br />

Riforma 142, 157<br />

riunificazione delle chiese cattolica<br />

e protestante, progetto <strong>di</strong><br />

<strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong> 72-73, 208, 214, 220,<br />

237, 240-244, 276, 278<br />

Rohan, cavaliere <strong>di</strong> 113<br />

Royal Society <strong>di</strong> Londra 63, 80,<br />

128, 129, 172, 250, 281<br />

Russell, Bertrand 106-107, 230,<br />

255, 266-267, 283<br />

saggezza, <strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

69<br />

Saint-Évremond, Charles de 32, 96<br />

salvezza eterna<br />

-<strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 231,<br />

266<br />

- <strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

157-163, 266<br />

Sauval, Henri 121<br />

Schmuck, Catharina 36<br />

Schonborn, Johann Ph<strong>il</strong>ipp von<br />

43-45<br />

Schonborn, Melchior von 128<br />

Schuller, Georg Hermann 52, 102,<br />

114- 116, 139-141, 170-171,<br />

173, 1 90-191, 193-196, 197-<br />

200<br />

- e la morte <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 193-<br />

196, 199, 200, 210, 211<br />

scienza<br />

-e fede in <strong>Dio</strong> 143, 164<br />

- e f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> Descartes 149-<br />

150<br />

- e f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 233<br />

-<strong>nel</strong>la repubblica olandese 18<br />

Senior, Hanna Deborah 16-17, 20<br />

serie infinite, indagine leibniziana<br />

sulle 137<br />

Simplicius Simplicissimus (Grimmelshausen)<br />

34<br />

Socrate 32, 48, 49<br />

Soliz, Esther de 20, 23<br />

Sophia Charlotte <strong>di</strong> Hannover, regina<br />

<strong>di</strong> Prussia 236<br />

sostanza<br />

concetto leibniziano <strong>di</strong> - 74,<br />

137, 175-176, 221-222,<br />

224, 265<br />

concetto spinoziano <strong>di</strong> - 142,<br />

144-145, 153, 154-155,<br />

165, 168, 175-176, 200,<br />

219, 221-222, 231, 246<br />

sottomarino, idea <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong> 81<br />

<strong>Spinoza</strong>, Abraham 16-17<br />

<strong>Spinoza</strong>, Baruch de<br />

-aspetto <strong>di</strong> 11, 53<br />

- all'Aja, 52, 58, 59-60, 88, 1 10,<br />

112,<br />

-a Rijnsburg 52, 57, 65,<br />

-a Voorburg, 52, 58, 88, 89<br />

- come molatore <strong>di</strong> lenti, 53-<br />

54<br />

- come monomaniaco 83<br />

- come uomo d'affari 23<br />

-e <strong>il</strong> massacro de Witt 111, 179<br />

- e insegnamenti ebraici, 25-<br />

26, 163<br />

-e teorie <strong>di</strong> Leibinz, ve<strong>di</strong> Spinozismo,<br />

confronto con la<br />

f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

-e vita della mente, 127, 157<br />

-ost<strong>il</strong>ità nei confronti <strong>di</strong>, 9, 26-<br />

27, 63, 95-96, 111-1 12,254<br />

attentato alla vita <strong>di</strong> - 27<br />

autoritratto <strong>di</strong> - 88-89<br />

carattere e personalità <strong>di</strong> - 32-<br />

33, 179, 184<br />

"caute" (''fai attenzione"), motto<br />

<strong>di</strong> - 96-97<br />

consacrazione alla f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong><br />

-48<br />

corrispondenza con <strong>Leibniz</strong> <strong>di</strong><br />

- 101-102, 104, 114, 139,<br />

171, 196, 199-200, 239<br />

denaro e beni materiali, opinione<br />

su - 52, 53, 54<br />

educazione e capacità intellettive<br />

<strong>di</strong> - 20-22, 24-25<br />

famiglia <strong>di</strong> - 16, 19-20, 23<br />

influenze <strong>di</strong> - 282-285<br />

interesse <strong>di</strong> Sophia per ..,.. 236<br />

interesse <strong>di</strong> Tschirnhaus per -<br />

115-1 16<br />

lavori postumi <strong>di</strong> - 197-199<br />

Locke e -246<br />

<strong>mondo</strong> <strong>moderno</strong> e - 13<br />

morte e funerali <strong>di</strong> - 191-195,<br />

211<br />

nascita <strong>di</strong> - 15


INDICE ANALITICO<br />

325<br />

Oldenburg e -63-65, 1 16-119,<br />

128<br />

opinione <strong>di</strong> Huet su - 171<br />

opinione <strong>di</strong> Huygens su - 128<br />

periodo buio <strong>nel</strong>la vita <strong>di</strong> - 48-<br />

52<br />

pittura come passatempo <strong>di</strong> -<br />

88-89<br />

propensione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> verso<br />

- 9, 12, 99-101, 102-104,<br />

141, 167-170, 174-177,<br />

255-256, 267-268, 278-279<br />

raccomandazione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> a<br />

- 139-140<br />

ricerca della fama <strong>di</strong> - 7 8<br />

riferimenti <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> a - 99-<br />

101, 102-103, 141, 238-<br />

239, 248-249<br />

scomunica <strong>di</strong> - 27-30, 32, 162<br />

sessualità <strong>di</strong> - 54-55,<br />

situazione finanziaria <strong>di</strong> - 134<br />

st<strong>il</strong>e <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> - 11, 52-53, 66<br />

visita <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> a -9, 11-12,<br />

13, 66-67, 111, 166, 178-<br />

184, 210, 211, 238-239,<br />

269, 279<br />

vita sociale e amicizie <strong>di</strong> - 57-<br />

60, 65, 130<br />

<strong>Spinoza</strong>, Gabriel 20, 23<br />

<strong>Spinoza</strong>, Isaac 16-17, 19-20<br />

<strong>Spinoza</strong>, Isaac Jr. 20, 23<br />

<strong>Spinoza</strong>, Michael 16-17, 19-20, 23<br />

<strong>Spinoza</strong>, Miriam 20, 23<br />

<strong>Spinoza</strong>, Rachel 16<br />

<strong>Spinoza</strong>, Rebecca 20, 53, 198<br />

spinozismo, confronto con la f<strong>il</strong>osofia<br />

<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 85, 101, 267-<br />

268<br />

-su <strong>Dio</strong> 142-148, 175-177, 182,<br />

200-203, 204-205, 209,<br />

215-2 16, 218-220, 239,<br />

246, 257-258, 259, 267<br />

- sul libero arbitrio 155-156<br />

- sul problema corpo-mente<br />

228<br />

- sull'immortalità 203, 231<br />

-sulla felicità 231-232<br />

-sulla mente 74, 151-154, 156,<br />

220-221<br />

-sulla necessità 189, 202, 211,<br />

218<br />

- sulla salvezza eterna 231<br />

- sulla sostanza 221-222, 239,<br />

246<br />

Spitzel, Gottlieb 103<br />

Spyck, Hendrik van der 59-60, 88-<br />

89, 191-194<br />

Spyck, Ida Margarete van der 60,<br />

191-192<br />

stato laico<br />

-e fede in <strong>Dio</strong> 143<br />

- e teoria politica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

93-94, 230<br />

stato sociale, impegno <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

<strong>nel</strong>la prospettiva dello 73, 85<br />

187<br />

Stensen, Niels (Niccolò Stesone)<br />

199<br />

St<strong>il</strong>lingfleet, Edward 96<br />

stoici 161<br />

Storia del casato <strong>di</strong> Brunswick<br />

(<strong>Leibniz</strong>) 272<br />

Stouppe, Jean-Baptiste 112, 118<br />

successione inglese, controversia<br />

sulla 24 7, 248<br />

successione polacca 43-44<br />

successione spagnola, crisi per la<br />

247, 248<br />

Sul principio <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione<br />

(<strong>Leibniz</strong>) 37<br />

Swammerdam, Jan 223<br />

Swift, Jonathan 283<br />

Talete <strong>di</strong> M<strong>il</strong>eto 54<br />

Temple, sir W<strong>il</strong>liam 18<br />

teocrazia<br />

- come fine ultimo per <strong>Leibniz</strong><br />

72-73<br />

critica spinoziana della - 92,<br />

94<br />

Te o<strong>di</strong>cea (<strong>Leibniz</strong>) 113, 210, 217,<br />

232, 236, 255, 258, 260, 283<br />

teologi, condanna <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> da<br />

parte dei 95-96<br />

teologia ve<strong>di</strong> religione e teologia<br />

teologia naturale, lavori <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

sulla 82<br />

teologia rivelata, elaborazioni <strong>di</strong><br />

<strong>Leibniz</strong> sulla 82<br />

teoria delle bolle del <strong>mondo</strong> 80<br />

teorie e attività politiche


326<br />

IL CORTIGIANO E l!ERETICO<br />

-<strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 43, 72-73, 77, 83,<br />

85, 108-109, 122-123, 219-<br />

220, 229, 236, 246-249,<br />

270, 277-278<br />

-<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 31, 89-90, 91-98,<br />

148, 157, 160, 219-220<br />

Thomasius, Christian 115<br />

Thomasius, Jacob 38, 68, 69-70, 79,<br />

99-100, 102-103, 115, 168<br />

Tito Livio 37<br />

tolleranza<br />

-in Germania, 35<br />

-<strong>nel</strong>la f<strong>il</strong>osofia politica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

91<br />

totalità delle cose, nozione leibniziana<br />

<strong>di</strong> 167<br />

Tractatus de intellecto emendatione<br />

(<strong>Spinoza</strong>) 48, 51, 59, 90, 158<br />

Tractatus theologico-politicus<br />

(<strong>Leibniz</strong>) 11, 30-31, 63, 65, 89,<br />

91-92, 95-96, 99-103, 104, 116-<br />

117, 139, 282<br />

lettura <strong>di</strong> Sophia del - 236<br />

riflessione su <strong>Dio</strong> <strong>nel</strong> - 148<br />

transustanziazione 73-76<br />

Trento, Conc<strong>il</strong>io <strong>di</strong> 242<br />

Triplice Alleanza 45<br />

Tschirnhaus, Walther Ehrenfried<br />

von 114-116, 119, 130, 137-<br />

141, 142, 152, 155, 167-169,<br />

171, 172, 174, 176, 180, 186<br />

- e morte <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 194-196<br />

"Tutto è Uno", principio del 253<br />

Tydeman, Daniel 88-89<br />

umanesimo, adesione <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

all' 85<br />

um<strong>il</strong>tà, <strong>nel</strong> pensiero <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 160<br />

universo, <strong>Dio</strong> e 167, 168<br />

"Uno è Tutto", principio del 253,<br />

263<br />

Urbano VIII (Maffeo Barberini), papa<br />

197<br />

Vanini, Luc<strong>il</strong>io 208<br />

vanitas, <strong>Spinoza</strong> a proposito della<br />

49-50<br />

verità<br />

- <strong>nel</strong>la teoria politica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

94, 95, 97<br />

ricerca leibniziana della - 74,<br />

85<br />

teoria spinoziana della - biblica<br />

91<br />

verità della religione cristiana e<br />

l'autorità delle Sacre Scritture<br />

affermate contro le argomentazioni<br />

degli empi, ovvero una<br />

confutazione del blasfemo libro<br />

intitolato Tractatus theologico-politicus,<br />

La (Blyenbergh)<br />

63<br />

Vienna, <strong>Leibniz</strong> a 271-272<br />

virtù<br />

- <strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong> 231,<br />

286<br />

- <strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 98,<br />

160, 162, 231, 286<br />

volontà<br />

-<strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> Descartes, 149<br />

-<strong>nel</strong>la teoria <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, 155<br />

ve<strong>di</strong> anche libero arbitrio<br />

Voltaire (François-Marie Arouet)<br />

283, 285<br />

Vries, Simon de 54, 56, 60<br />

Wallis, John 80<br />

Wedderkopf, Magnus 105-106<br />

Weinberg, Steven 143<br />

Witt, Christian de 111, 113, 179<br />

Witt, Johann de 111, 113<br />

Wolff, Christian 282-283<br />

Wren, Christopher 80


In<strong>di</strong>ce<br />

9 l. L'Aja, novembre 1676<br />

15 2. Bento<br />

34 3. Gottfried<br />

48 4. Una vita della mente<br />

68 5. L'avvocato <strong>di</strong> <strong>Dio</strong><br />

87 6. L'eroe del popolo<br />

99 7. I molteplici volti <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

110 8. Amici <strong>di</strong> amici<br />

120 9. <strong>Leibniz</strong> innamorato<br />

142 10. Una f<strong>il</strong>osofia segreta della totalità delle cose<br />

167 11. Verso <strong>Spinoza</strong><br />

179 12. Punto <strong>di</strong> contatto<br />

185 13. Sopravvivere a <strong>Spinoza</strong><br />

212 14. L'antidoto allo spinozismo<br />

235 15. Una presenza ossessiva<br />

257 16. <strong>Il</strong> ritorno del rimosso<br />

270 17. La fine <strong>di</strong> <strong>Leibniz</strong><br />

282 18. Conclusioni<br />

289 Note<br />

301 Nota sulle fonti<br />

306 Bibliografia<br />

313 Ringraziamenti<br />

315 In<strong>di</strong>ce analitico


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Carlo Maria Martini, Verso Gerusalemme<br />

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