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PORTAVOCE DI SAN LEOPOLDO MANDIC - giugno 2019

Portavoce di san Leopoldo Mandic (Dal 1961, a Padova, la rivista del santuario di padre Leopoldo, francescano cappuccino, il santo della misericordia e dell'ecumenismo spirirituale)

Portavoce di san Leopoldo Mandic (Dal 1961, a Padova, la rivista del santuario di padre Leopoldo, francescano cappuccino, il santo della misericordia e dell'ecumenismo spirirituale)

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Carla Capuano e Carmela Di Lauro,<br />

ogni giorno tra i bambini ammalati<br />

pa totalmente alla fede e chi, invece,<br />

la rifiuta. Ci sono famiglie che credono<br />

fino in fondo. È tenero vedere<br />

genitori che fanno dire la preghiera<br />

della sera al bambino e cercano di<br />

mantenere le abitudini quotidiane».<br />

Carla, quanto è importante la fede<br />

nel tuo lavoro?<br />

«La fede mi aiuta tanto. Certo, in determinati<br />

momenti mi pongo delle<br />

domande. Alcuni giorni dico a Dio:<br />

“Io sono arrivata fin qui, adesso io<br />

non so più che fare”. Nei momenti<br />

brutti la fede è una consolazione,<br />

perché posso affidarmi a Qualcuno<br />

di più grande. A volte vedi sofferenze<br />

grandissime, genitori sollevati<br />

dall’arrivo della morte. La perdita<br />

c’è, il dolore non è descrivibile, ma<br />

è anche un sollievo la fine di certe<br />

atroci sofferenze. La fede mi fa continuare<br />

a stare nel reparto, perché<br />

tutto non finisce con la morte».<br />

Incontriamo anche una donna<br />

che da un maggior numero di anni<br />

si trova qui. Carmela Di Lauro,<br />

anch’essa laureata in Scienze infermieristiche<br />

presso Università Cattolica,<br />

lavora nel reparto di Oncologia<br />

Pediatrica dal 1997.<br />

Carmela, come sei approdata<br />

a questo reparto?<br />

«Sono stata “chiamata”. Mi voleva la<br />

suora responsabile: forse aveva colto<br />

in me alcune caratteristiche...».<br />

E quali caratteristiche servono<br />

per lavorare qui?<br />

«Devi essere disponibile con gli altri,<br />

saper cogliere… Una cosa importante<br />

è l’empatia. Io mi chiedo sempre:<br />

“Se ci fossi io lì?”».<br />

C’è qualcuno che suggerisce<br />

di essere distaccati...<br />

«No, non siamo macchine. Sono<br />

infermiera e persona. Non posso<br />

andare a casa e dimenticarmi assolutamente<br />

dei bambini che ci sono<br />

in corsia».<br />

Hai mai pensato di cambiare<br />

reparto?<br />

«Ricordo che durante il periodo<br />

della gravidanza avevo pensato di<br />

non ritornare. Poi, però, prima che<br />

scadesse il termine, mi richiamò la<br />

suora perché era andata via una collega.<br />

Così sono rientrata. La stessa<br />

suora mi disse: “Tu non devi essere<br />

qui per i bambini: loro hanno già<br />

la mamma. Tu devi stare qui per le<br />

mamme”».<br />

Qual è l’atteggiamento che occorre<br />

assumere nei confronti dei<br />

genitori?<br />

«È importante saperli ascoltare, senza<br />

essere pietosi. Non vogliono pietà.<br />

Quando si può, qualche deroga<br />

alle regole la devi concedere, perché<br />

non è una situazione normale<br />

avere figli malati. Se si potesse, io<br />

metterei stanze singole con tutti e<br />

due i genitori, perché alla sera vedere<br />

andare via un genitore è brutto.<br />

Una delle cose che mi riempie<br />

il cuore è vedere che le mamme,<br />

quando arrivo per la notte, sono<br />

contente che ci sei».<br />

Mi hai raccontato di provenire da<br />

una famiglia con principi religiosi.<br />

Che evoluzione ha avuto la tua<br />

fede nel corso di questi anni?<br />

«Devo ammettere che la mia fede<br />

è stata messa molto in crisi. Vedo<br />

le preghiere di tante mamme e mi<br />

chiedo perché non vengano esaudite.<br />

Se esiste un mondo superiore,<br />

chi potrà superare questi bambini<br />

che hanno sofferto così tanto? Questi<br />

bambini sono delle creature meravigliose…<br />

Un’altra cosa che mette<br />

in crisi sono le preghiere mnemoniche,<br />

quelle che ci hanno insegnato a<br />

recitare. Mi chiedo a cosa servano?<br />

Io non riesco più a pregare così. Mi<br />

pare vano pregare, per me è più significativa<br />

la vicinanza o un gesto di<br />

affetto. Non voglio annullare tutto<br />

quello che mi hanno insegnato, ma<br />

questa esperienza ha sbaragliato le<br />

idee religiose tradizionali. A volte<br />

senti tante “parolone” anche nelle<br />

prediche. Bisogna essere semplici,<br />

veri. In ogni caso, io credo che ci<br />

deve essere Qualcuno di superiore<br />

a darci supporto per fare le manovre<br />

giuste e a darci le parole giuste».<br />

E cosa hai potuto intuire della fede<br />

dei genitori?<br />

«Prima vedevo molti che moltiplicavano<br />

le preghiere. Ora, in chi è<br />

credente, vedo una fede più consapevole<br />

e matura».<br />

Ricordi un’esperienza che ti ha<br />

segnato particolarmente?<br />

«Uno dei primi anni, morì una bambina<br />

alla quale ero molto affezionata.<br />

Proprio non accettavo quella<br />

morte. Da lì ho iniziato a prendere<br />

un po’ le distanze. Quando vedo<br />

che le cose si mettono male, cerco<br />

di non ripetere quel dolore».<br />

Cosa pensi del dibattito sul come<br />

affrontare la malattia quando non<br />

ci sono quasi più speranze? Come<br />

porsi tra accanimento terapeutico<br />

ed eutanasia?<br />

«Oggi abbiamo dei sistemi molto<br />

avanzati per la “terapia del dolore”.<br />

Sono d’accordo di accompagnare i<br />

malati (terminali, ndr), ma senza<br />

portarli avanti con terapie inutili<br />

che hanno solo il risultato di prolungare<br />

la sofferenza. Questo sarebbe<br />

davvero un accanimento terapeutico.<br />

Non so come facciano quelli che<br />

praticano l’eutanasia. Per noi, anche<br />

quando sono morti, staccare le<br />

macchine è una sensazione brutta.<br />

Credo che accompagnarli fino alla<br />

fine sia l’ideale. E per quanto possiamo,<br />

cerchiamo di farli sorridere<br />

e stare sereni». P<br />

GIUGNO <strong>2019</strong> | <strong>PORTAVOCE</strong> | 15

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