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syndicom rivista N.11

Da molto tempo ci impegniamo per i diritti dei lavoratori della logistica, delle telecomunicazioni e dei media. Le buone condizioni di lavoro sono, e sono sempre state, il risultato di successi raggiunti insieme. Entra anche tu nel nostro movimento e crea il tuo futuro insieme a noi. L''unione fa la forza!

Da molto tempo ci impegniamo per i diritti dei lavoratori della logistica, delle telecomunicazioni e dei media. Le buone condizioni di lavoro sono, e sono sempre state, il risultato di successi raggiunti insieme. Entra anche tu nel nostro movimento e crea il tuo futuro insieme a noi. L''unione fa la forza!

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<strong>syndicom</strong><br />

N. 11 Maggio-Giugno 2019<br />

<strong>rivista</strong><br />

Tutte in<br />

piazza il<br />

14 giugno!


Pubblicità<br />

Realizzazione grafica: Agnes Weber<br />

DONNE* IN SCIOPERO<br />

il 14 giugno 2019<br />

PIÙ TEMPO.<br />

PIÙ SALARIO.<br />

RISPETTO.<br />

www.<strong>syndicom</strong>.ch /


Sommario<br />

4 Team vincenti<br />

5 Brevi ma utili<br />

6 Dalla parte degli altri<br />

7 L’ospite<br />

8 Dossier: parità<br />

16 Dalle professioni<br />

21 Moratoria subito!<br />

22 Politica<br />

25 Domande sul 14 giugno<br />

26 Idee<br />

27 Mille parole<br />

28 Eventi<br />

30 Un lavoro, una vita<br />

31 Cruciverba<br />

32 Perché scioperiamo<br />

Tutte e tutti dobbiamo combattere la disparità!<br />

Una cosa è certa: gli ambienti economici aspettano<br />

di vedere quante donne si mobiliteranno il<br />

14 giugno prossimo per decidere se è giunta l’ora<br />

di rimettersi in discussione o se continuare<br />

come hanno sempre fatto.<br />

Proprio per questo dobbiamo esprimere tutte e<br />

tutti massicciamente la nostra rabbia. No, non<br />

è normale che dei settori dove si versano dei<br />

bei salari non utilizzino questo denaro per ridurre<br />

le inspiegabili disparità tra uomini e donne.<br />

Non è normale che le donne, oggigiorno con una<br />

buona formazione, percepiscano per la maggior<br />

parte dei bassi salari, al punto di guadagnare<br />

nel settore privato il 19,6% in meno che gli uomini.<br />

Per non parlare della loro doppia giornata:<br />

non è normale che le madri svolgano ancora<br />

53 ore di lavoro domestico alla settimana,<br />

contro le 29 dei papà.<br />

Queste disparità toccano tutti, perché dei soldi<br />

che mancano nei salari delle donne, delle rendite<br />

delle pensionate del 37% inferiori, è la società<br />

intera che ne paga il prezzo. Dovendo poi versare<br />

degli aiuti sociali. Dovendo rinunciare ai contributi<br />

di queste cittadine. Dovendo indennizzare<br />

le vittime di violenze, che sono donne nel 70%<br />

dei casi.<br />

Come sindacato, è nostro compito perseguire<br />

l’uguaglianza. Nella società. E introducendo delle<br />

prescrizioni specifiche nei CCL, rivendicando<br />

che siano dichiarati di obbligatorietà generale.<br />

Affinché nessun settore possa più sottrarvisi.<br />

4<br />

8<br />

22<br />

Sylvie Fischer<br />

caporedattrice <strong>rivista</strong> <strong>syndicom</strong>


4<br />

Team vincenti<br />

Gruppo di lavoro AutoPostale<br />

Anita von Gunten (39 anni)<br />

Prima di passare ad AutoPostale,<br />

quest’autista dell’Oberland bernese nel<br />

2012 faceva la conducente di TIR presso<br />

il vecchio servizio di trasporto della<br />

Posta a Härkingen. La sua corsa abituale<br />

è da Spiez ad Aeschried. Iscritta<br />

a <strong>syndicom</strong> dal 2001. È presidentessa<br />

della CoPe e membro della delegazione<br />

per i negoziati sul lavoro gratuito.<br />

Antoine Dussez (51 anni)<br />

Prima di diventare conducente di autopostale<br />

guidava un TIR. Oggi Dussez<br />

trasporta gli abitanti di Arolla e Les<br />

Haudères a Sion e al ritorno i turisti<br />

verso questi due paesi di montagna del<br />

Vallese. È iscritto a <strong>syndicom</strong> (e ai sindacati<br />

predecessori) da quasi vent’anni.<br />

Presidente CoPe, ha fatto parte della<br />

delegazione nelle trattative sul<br />

lavoro gratuito.<br />

Patrick Pflumm (47 anni)<br />

Prima di diventare conducente presso<br />

AutoPostale, questo ticinese gestiva<br />

un’impresa di TIR. Socio di <strong>syndicom</strong> da<br />

sette anni, Pflumm fa parte della delegazione<br />

negoziale per l’accordo LDL.<br />

Ricopre anche l’incarico di presidente<br />

CoPe della regione di Lugano.<br />

Testo: Basil Weingartner<br />

Foto: Alexander Egger<br />

Misure efficaci contro<br />

il lavoro gratuito<br />

L’atmosfera tra i conducenti di Auto-<br />

Postale in molti posti era funesta, soprattutto<br />

per le condizioni di lavoro.<br />

Per esempio i dipendenti non avevano<br />

quasi nessuna voce in capitolo riguardo<br />

alla pianificazione dei turni –<br />

nonostante la legge sulla durata del<br />

lavoro (LDL) lo preveda e la fissazione<br />

dei turni si rifletta enormemente<br />

sulle nostre vite private. Tanto malumore<br />

era prodotto anche dal lavoro<br />

gratuito che eravamo costretti a prestare.<br />

Tutto questo andava cambiato:<br />

ecco perché ci siamo impegnati. Ma<br />

senza il sostegno dei sindacati<br />

avremmo raggiunto ben poco. Ci<br />

hanno coperto le spalle e ci hanno<br />

appoggiati con il know-how necessario.<br />

Nonostante questo supporto,<br />

all’inizio la direzione di AutoPostale<br />

ha ignorato le nostre richieste. Noi<br />

delle commissioni del personale siamo<br />

tornati a casa a mani vuote un<br />

sacco di volte. Non è stato per nulla<br />

facile.<br />

Per fortuna negli ultimi sei mesi<br />

le cose sono cambiate, grazie a diversi<br />

fattori. Intanto abbiamo fatto pressione,<br />

anche mediatica, con una petizione<br />

firmata da 1.300 conducenti.<br />

In più, in molti cantoni gli autisti e le<br />

autiste si sono rifiutati di firmare<br />

l’accordo LDL sottoposto dal datore<br />

di lavoro. Questi accordi erano poco<br />

trasparenti e a unico vantaggio dei<br />

datori di lavoro. A causa dello scandalo<br />

di AutoPostale poi allo stesso<br />

tempo è cambiata la direzione aziendale.<br />

La nuova dirigenza ha finalmente<br />

ascoltato la nostra delegazione<br />

negoziale composta da dodici<br />

persone. Insieme siamo riusciti a<br />

creare un clima di fiducia.<br />

Abbiamo concordato con Auto-<br />

Postale degli importanti miglioramenti.<br />

Sono state prese misure efficaci<br />

contro il lavoro gratuito. Inoltre,<br />

abbiamo ottenuto che pure i colleghi<br />

assunti dagli imprenditori di autopostale<br />

privati possano presentare le<br />

loro richieste direttamente al committente.<br />

E la cosa fondamentale è<br />

che abbiamo elaborato un accordo<br />

nazionale LDL che rispetta le disposizioni<br />

della legge sul lavoro. D’ora in<br />

poi tutti potranno dire la loro riguardo<br />

alla pianificazione dei turni. La<br />

concretizzazione dei risultati dei negoziati<br />

è complessa e sarà realizzata<br />

con il cambio di orari di dicembre.<br />

Fino ad allora, i conducenti di Auto-<br />

Postale riceveranno a titolo di compensazione<br />

sei giorni di riposo supplementare<br />

o un versamento unico<br />

di 1.000 franchi.


Brevi ma utili<br />

Autista Uber riconosciuto come dipendente \ 10mila firme<br />

contro le spese dei conti PostFinance \ Un piano sociale<br />

per chi consegna i giornali \ La Confederazione introduce<br />

una rendita-ponte \ Ticino, una piattaforma per lo sciopero<br />

5<br />

Autista Uber riconosciuto<br />

come dipendente<br />

Il Tribunale del lavoro di Losanna ha riconosciuto<br />

un autista conducente per la<br />

società Uberpop suo dipendente a tutti<br />

gli effetti. Ha ritenuto che il rapporto<br />

professionale fra Uber e i suoi autisti è<br />

paragonabile a un contratto di lavoro<br />

stipulato fra le compagnie di taxi e i<br />

propri dipendenti. <strong>syndicom</strong> accoglie<br />

con soddisfazione questa importante<br />

decisione. Uber deve rivedere il suo sistema<br />

commerciale, rispettare la legge<br />

e assumersi la responsabilità sociale.<br />

10mila firme contro le spese<br />

dei conti PostFinance<br />

Lo scorso 29 marzo <strong>syndicom</strong> ha consegnato<br />

alla Posta una petizione che è<br />

stata firmata da 10mila dipendenti ed ex<br />

dipendenti della Posta. Essi chiedono<br />

che la Posta ritiri la sua decisione d’incassare<br />

delle spese dai conti postali dei<br />

dipendenti della Posta. Questi ultimi,<br />

come da tradizione, tengono il loro conto<br />

salario da sempre presso PostFinance.<br />

All’improvviso vengono richieste<br />

spese di gestione per contribuire al<br />

risanamento degli utili di PostFinance.<br />

I 10mila postini firmatari ritengono questa<br />

un’ingiusta misura e hanno voluto<br />

dare un segnale forte. Ma la direzione di<br />

PostFinance ha fatto sapere che non asseconderà<br />

questa richiesta. <strong>syndicom</strong><br />

continuerà a sostenere questa rivendicazione<br />

e la farà confluire anche nelle<br />

prossime trattative salariali.<br />

Un piano sociale per<br />

chi consegna i giornali<br />

Con la chiusura della Zentralschweiz am<br />

Sonntag, l’ultimo dei domenicali regionali<br />

assieme con l’Ostschweiz am Sonntag,<br />

la cui cessazione è stata sempre<br />

decisa dal gruppo CH Media, su<br />

450 fattorini incombe la minaccia di<br />

licenziamento. Sostenuti da <strong>syndicom</strong>,<br />

esigono un piano sociale equo, e delle<br />

soluzioni per i casi di rigore, da parte<br />

dell’azienda Presto Presse-Vertrieb SA<br />

di Emmenbrücke (LU). Ricordiamo che<br />

Presto è una filiale della Posta.<br />

La Confederazione introduce<br />

una rendita-ponte<br />

L’USS ha appena pubblicato un interessante<br />

dossier sui lavoratori in età<br />

avanzata. Ne risulta che le telecomunicazioni,<br />

La Posta e la logistica, l’informatica<br />

e il settore farmaceutico tra il<br />

2017 e il 2018 hanno conosciuto un aumento<br />

degli iscritti alla disoccupazione.<br />

L’USS raccomanda di introdurre nel<br />

Codice delle obbligazioni una protezione<br />

contro il licenziamento del personale<br />

di lunga data con un’età sopra ai 50<br />

anni, il divieto di discriminazione e una<br />

rendita-ponte per le persone che stanno<br />

finendo il diritto alle indennità. La<br />

Confederazione ha annunciato che introdurrà<br />

quest’ultima misura, assieme<br />

ad altri aiuti alla reintegrazione. Tuttavia<br />

l’USS deplora che questa rendita-ponte<br />

non si applichi a partire dai<br />

58 anni.<br />

Ticino, una piattaforma<br />

per lo sciopero<br />

Il Coordinamento Donne della sinistra e<br />

il Gruppo donne USS Ticino hanno lanciato<br />

un sito internet per promuovere<br />

le azioni di sciopero in Ticino, raccogliere<br />

le impressioni e le riflessioni<br />

delle partecipanti allo sciopero, diventando<br />

una piattaforma aperta e informativa.<br />

Particolarmente utile la mappa<br />

interattiva con tutte le iniziative sul<br />

territorio cantonale.<br />

www.nateil14giugno.ch.<br />

Contatti<br />

Segretariato <strong>syndicom</strong> Ticino e Moesano<br />

e-mail: info@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

via Genzana 2, 6900 Massagno<br />

Orari: lu e gio 8.00-12.00<br />

ma-me-ve 13.30-17.30<br />

Tel. 058 817 19 61, Fax 058 817 19 66<br />

Gruppo Pensionati Ticino e Moesano<br />

http://ig.<strong>syndicom</strong>.ch/it/pensionati/<br />

gruppo-regionale.<br />

e-mail: ernesto.fenner@bluewin.ch<br />

Agenda<br />

Giugno<br />

fino al 23<br />

Pompei Today.<br />

The End of Capitalism<br />

Como, Galleria Ramo, via Natta 31<br />

Opere di Patrizia Pfenninger<br />

Da mercoledì a venerdì, 10.00-18.00<br />

sabato 10.00-19.00 o su appuntamento<br />

www.galleriaramo.com<br />

fino al 30<br />

Swiss Press Photo 19<br />

World Press Photo 2019<br />

Zurigo, Landesmuseum<br />

www.nationalmuseum.ch<br />

14<br />

Sciopero delle donne<br />

Diverse manifestazioni in tutto il Paese.<br />

www.frauenstreik2019.ch<br />

16<br />

Gita annuale <strong>syndicom</strong> Ticino<br />

Visita alla Forgia di Crema.<br />

Iscrizione obbligatoria entro<br />

il 30 maggio a info@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

22<br />

Assemblea delegati <strong>syndicom</strong><br />

Berna, Stade de Suisse, ore 10.00<br />

Agosto<br />

7-17<br />

Locarno Festival<br />

La sezione Open Doors è dedicata a<br />

film del Sud del mondo.<br />

www.pardo.ch<br />

Settembre<br />

19<br />

Visita alla miniera d’oro di Sessa<br />

Organizzata dal G.I. Pensionati Ticino e<br />

Moesano. Iscrizione entro il 6/9 al<br />

segretariato o mail: info@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/agenda


6 Dalla parte<br />

Milo Stössel<br />

degli altri<br />

Nato nel 1979, ha studiato diritto a San Gallo. Nel 2013, alla<br />

scomparsa del padre, ha ripreso la direzione del gruppo MS<br />

Direct, attivo nella gestione della clientela e dell´e-commerce<br />

1<br />

Quali i motivi per concludere un contratto<br />

collettivo di lavoro aziendale<br />

separato per questa parte d’impresa?<br />

Un contratto collettivo di lavoro apporta<br />

fairness in tutto il settore e<br />

standard minimi vincolanti che tutti<br />

devono rispettare. Così creiamo le<br />

stesse condizioni per tutti nel settore<br />

dei call center. Inoltre, il contratto<br />

collettivo di lavoro contribuisce a migliorare<br />

l’immagine mostrando alla<br />

collettività una correttezza oggettiva.<br />

2<br />

Che cosa significa un contratto<br />

collettivo di lavoro per i dipendenti in<br />

questo ambito di attività?<br />

Con un contratto collettivo di lavoro<br />

il mercato del lavoro viene reso più<br />

trasparente. I dipendenti vengono tutelati<br />

contro il dumping salariale, ricevono<br />

garanzie giuridiche e approfittano<br />

di regole obbligatorie e standardizzate<br />

che valgono per l’intero<br />

settore. In più hanno la possibilità di<br />

far influire e rappresentare i propri<br />

interessi nelle regolari trattative tra la<br />

rappresentanza padronale e la rappresentanza<br />

dei lavoratori.<br />

3<br />

È possibile prevedere lo sviluppo<br />

delle condizioni di lavoro e dei salari<br />

nei prossimi anni?<br />

Per dare un segnale vogliamo creare<br />

condizioni di lavoro trasparenti, giuste<br />

e vincolanti. Ciò nonostante i datori<br />

di lavoro subiscono un continuo<br />

aumento di pressione sui prezzi. Soprattutto<br />

i cambiamenti tecnologici<br />

accresceranno questa pressione.<br />

Ogni anno aumenta anche la pressione<br />

del mercato a fornire tutto in maniera<br />

sempre più veloce ed economica.<br />

Questi sviluppi avranno un<br />

influsso sulle condizioni di lavoro.<br />

Di conseguenza, avranno sempre più<br />

importanza le condizioni quadro di<br />

un CCL.<br />

4<br />

Questo nuovo contratto potrebbe<br />

avere un effetto di richiamo per le<br />

altre aziende di questo settore?<br />

Obiettivo del contratto collettivo di<br />

lavoro era l’obbligatorietà generale,<br />

in quanto solo così si può garantire<br />

che i dipendenti di tutto il settore godano<br />

di condizioni eque e trasparenti.<br />

Dal momento che adesso al CCL è<br />

stata conferita l’obbligatorietà generale,<br />

tutte le aziende devono rispettarne<br />

le disposizioni.<br />

Testo: Giorgio Pardini<br />

Foto: MS Direct AG<br />

5<br />

Quali le sfide del settore?<br />

Ci si deve confrontare con la concorrenza<br />

estera. Diventa sempre più difficile<br />

giustificare la presenza di un<br />

call center gestito in Svizzera. Questo<br />

lo decide il consumatore. Qualora<br />

non verrà considerato più importante<br />

parlare con un agente di un call center<br />

straniero anziché di uno svizzero,<br />

allora gli impieghi in Svizzera saranno<br />

seriamente a rischio. Quest’appello<br />

vale anche per il legislatore: vanno<br />

create delle condizioni generali concorrenziali<br />

relative al diritto del lavoro<br />

per poter sopravvivere in un contesto<br />

internazionale.<br />

6<br />

Quali le ripercussioni della digitalizzazione<br />

nei contact e call center?<br />

La digitalizzazione cambierà drasticamente<br />

l’industria dei contact center.<br />

L’elaborazione in massa sarà trasferita<br />

a sistemi d’assistenza virtuali,<br />

chatbots e intelligenze artificiali. Ma<br />

gli agenti serviranno sempre. Saranno<br />

richiesti più servizi di consulenza<br />

e agenti specializzati in grado di fornirli,<br />

che diventeranno dunque dei<br />

veri specialisti nei singoli ambiti. In<br />

questo senso vediamo anche molte<br />

cose positive: il lavoro dei singoli<br />

agenti diventerà più interessante e<br />

verrà più valorizzato.


L’ospite<br />

Da quando sono stato eletto al<br />

Consiglio nazionale nel 2011 non ho mai smesso<br />

di impegnarmi a favore della parità tra donne e<br />

uomini: ho già depositato una decina di interventi<br />

per lottare contro le molestie sessuali per<br />

strada o sul lavoro. Finora il Parlamento e il Consiglio<br />

federale si sono rifiutati di prendere misure<br />

contro questo fenomeno. Tuttavia è nella<br />

responsabilità di noi tutti/e impegnarci contro<br />

le violenze sessiste e le molestie. Nel novembre<br />

2017 ho depositato un’iniziativa parlamentare<br />

per alleggerire l’onere della prova per le vittime<br />

di molestie sessuali sul posto di lavoro. Visto lo<br />

squilibrio attuale, questa modifica della legge<br />

sulla parità è una necessità. Infatti, questo onere<br />

attualmente incombe totalmente sulla querelante,<br />

la cui parola viene considerata molto raramente.<br />

Vista la difficoltà di provare le molestie<br />

oggetto della denuncia, l’82,8 % delle denunce<br />

finiscono nel vuoto, come rivela un recente<br />

studio dell’Università di Ginevra effettuato su<br />

incarico dell’Ufficio federale per l’uguaglianza<br />

(UFU). Questo non incoraggia certo le vittime a<br />

parlare. La mia proposta, già una realtà in Germania,<br />

negli Stati Uniti e in Francia, chiede un<br />

alleggerimento dell’onere della prova. Questo<br />

principio esiste già in Svizzera per certe discriminazioni,<br />

per esempio riguardo la remunerazione.<br />

In concreto, la querelante deve rendere<br />

verosimile l’esistenza di una discriminazione<br />

apportando degli indizi oggettivi. Poi è il datore<br />

di lavoro che deve produrre la prova del contrario,<br />

rendendo la situazione più equilibrata. La<br />

Commissione degli affari giuridici del Consiglio<br />

nazionale ha seccamente bocciato la proposta a<br />

inizio anno e il dibattito si annuncia assai difficile<br />

alla prossima sessione del Parlamento. Ma<br />

siccome una donna su tre è vittima di molestie<br />

sessuali nella sua carriera lavorativa, sarebbe<br />

davvero ora che il mondo politico si svegliasse e<br />

prendesse sul serio questo fenomeno.<br />

Combattere le molestie<br />

sul luogo di lavoro<br />

Mathias Reynard è insegnante presso il<br />

Cycle d’Orientation de Savièse (VS) e<br />

titolare di un Master in Lettere all’Università<br />

di Losanna (francese, storia,<br />

filosofia). Dopo essere stato presidente<br />

dei giovani socialisti del Vallese romando<br />

dal 2005 al 2009 e poi redattore capo<br />

presso il Peuple valaisan, giornale del<br />

PS del Vallese romando, è stato eletto<br />

come deputato PS al Gran Consiglio vallesano<br />

e in seguito al Consiglio nazionale<br />

nel 2011, a soli 24 anni. Egli presiede<br />

l’Unione sindacale vallesana.<br />

7


Dossier<br />

Tollerare la<br />

la società


I settori dove regna l’inspiegabile disparità salariale<br />

Le pioniere della valle di Joux e i loro salari congelati<br />

Industria grafica, quando a calare sono i compensi degli uomini<br />

Il pessimo bilancio della Svizzera nel confronto internazionale<br />

9<br />

disparità<br />

compromette<br />

intera


10 Dossier<br />

Crescono le disuguaglianze senza motivo.<br />

L’intera società deve opporsi.<br />

Fra il 2010 e il 2016, la parte inspiegabile<br />

delle differenze salariali tra donne e uomini<br />

è aumentata, passando in media dal 37,6 al<br />

42,9%. Questo scarto risulta ancora maggiore<br />

nella stampa, dove raggiunge ormai il 65,6%.<br />

Testo: Sylvie Fischer<br />

Foto: Tom Kawara<br />

È un esempio che incarna la mancanza di volontà nel cambiare<br />

le cose. Fra gli orologiai della valle di Joux, nel canton<br />

Vaud, da dove è partito lo sciopero delle donne nel<br />

1991, Camille Golay, segretaria sindacale di Unia, è disillusa:<br />

«Il CCL afferma che ogni regione orologiera ha la<br />

possibilità di negoziare i salari minimi. Nel 1991 era di<br />

3.500 franchi. Ad oggi è di 3.670 franchi. Il problema è rimasto<br />

e si è pure aggravato». Mentre la regione vede una<br />

grande concentrazione di marchi di alta gamma e, fra il<br />

2010 e il 2016, l’industria orologiera ha beneficiato di graziosi<br />

aumenti del salario mediano del 6,7%, è nelle fabbriche<br />

che troviamo i salari più bassi.<br />

Nel 2019 esistono ancora orologiaie e capireparto<br />

Presso gli orologiai della valle, chi lavora come operaio è<br />

per la maggior parte donna e i capireparto sono invece<br />

quasi tutti uomini. Un fatto che non riflette altro se non lo<br />

stato della società svizzera, dove il 71,8% dei posti remunerati<br />

con più di 8.000 franchi lordi sono occupati da uomini,<br />

mentre il 62% dei posti pagati meno di 4.000 franchi<br />

lordi sono lasciati alle donne, sovrarappresentate fra i salari<br />

bassi. «L’anno scorso abbiamo fatto un’inchiesta, vedevamo<br />

che le donne erano generalmente meno pagate<br />

degli uomini, abbiamo invitato un gruppo di donne dell’orologeria<br />

a stilare una lista di rivendicazioni. Ma come volete<br />

che sia utilizzata la legge sull’uguaglianza se certe<br />

aziende vietano nel contratto di lavoro di parlare del proprio<br />

stipendio o minacciano di licenziare coloro che lo<br />

fanno?», denuncia la sindacalista.<br />

Ciò che risulta particolarmente inquietante, è che la<br />

parte inspiegabile delle disuguaglianze salariali tra donne<br />

e uomini, cioè quella parte che non si giustifica con delle<br />

differenze di formazione o di condizioni professionali, è<br />

cresciuta negli ultimi anni, passando dal 37,6% nel 2010<br />

al 42,9% nel 2016. Nella stampa e riproduzione, nello stesso<br />

anno, la differenza salariale media tra stipendio femminile<br />

e maschile era di 1.282 franchi, dei quali il 65,6%,<br />

quindi 842 franchi, non trovava spiegazioni concrete. È indubbio<br />

che questo settore stia conoscendo delle difficoltà<br />

economiche. Ma sono le donne a pagarne il prezzo?<br />

Differenze inspiegabili anche dove i salari aumentano<br />

Ma come spiegare che anche dei settori che hanno conosciuto<br />

degli importanti aumenti salariali negli ultimi<br />

anni, come le assicurazioni (+13,7% d’aumento del salario<br />

mediano fra il 2010 e il 2016), l’industria farmaceutica<br />

(+10%) o i servizi finanziari (+5,8%) non abbiano in questo<br />

modo colto l’occasione per sradicare queste scioccanti disparità?<br />

In effetti, nell’industria chimica e farmaceutica,<br />

la differenza salariale tra donne e uomini rappresentava<br />

mediamente il 10% nel 2016, cioè 1.140 franchi, ma il 56%<br />

di questo divario, ossia 649 franchi, restava un mistero. Lo<br />

stesso per quel che riguarda le attività finanziarie e d’assicurazione<br />

raggruppate in un solo settore, caratterizzate lo<br />

stesso anno da una differenza del 33,3%, ossia 4.243 franchi<br />

tra il salario delle donne e quello degli uomini, dei<br />

quali il 30,6%, cioè 1.297 franchi in meno, non si spiegava.<br />

Un risultato giudicato «incomprensibile dal punto di vista<br />

pratico» dall’ASA (Associazione Svizzera d’Assicurazioni).<br />

Le giornaliste guadagnano 1.100 franchi in meno rispetto ai colleghi uomini<br />

Un compito della stampa, si sa, è denunciare le ingiustizie.<br />

In questo senso è quasi curioso che non si riesca a sapere<br />

quasi nulla (e che trapeli poco) sulle ingiustizie che regnano<br />

nelle redazioni dei giornali. Come per esempio il fatto che le<br />

donne ai piani alti dei media sono ancora più sottorappresentate<br />

che altrove. E che a tutti i livelli gerarchici esse guadagnano<br />

assai meno dei loro colleghi maschi.<br />

Secondo una ricerca dell’Università di Scienze applicate<br />

a Zurigo (ZHaW) le giornaliste a inizio carriera percepiscono<br />

in media 700 franchi in meno dei giornalisti: le redattrici<br />

guadagnano 4.400 franchi per un impiego a tempo pieno,<br />

mentre gli uomini ricevono 5.100 franchi nei primi sei anni di<br />

attività giornalistica. Entrambi i salari si collocano dunque<br />

ben al di sotto del salario mediano svizzero di 6.502 franchi<br />

al mese.<br />

La cosa si fa ancor più drammatica quando si confrontano<br />

gli stipendi su tutti i livelli di gerarchia e di età: con 5.100<br />

franchi, le donne mese dopo mese guadagnano 1.100 franchi<br />

in meno degli uomini, che con i loro 6.200 franchi rimangono<br />

comunque sempre indietro di 300 franchi rispetto al salario<br />

mediano.<br />

E più aumenta l’esperienza, più scarseggia l’ossigeno per<br />

le giornaliste. Con l’aumentare degli anni di professione sale<br />

anche la quota maschile nelle redazioni. Se le donne a inizio<br />

della loro carriera giornalistica con un 54% erano ancora in<br />

maggioranza, ai piani alti gli uomini (con il 73%) regnano praticamente<br />

da soli. A quelle poche donne rimaste nel settore,<br />

la carriera non conviene nemmeno dal punto di vista finanziario.<br />

Secondo le statistiche, come caporedattrici guadagnano<br />

ancora quanto un responsabile di settore, ovvero<br />

7.200 franchi in media, mentre i signori capi redattori maschi<br />

in media portano a casa 8.600 franchi.<br />

Questi salari più bassi si ripercuotono ben al di là della<br />

vita lavorativa: infatti le donne riceveranno un quarto in<br />

meno di pensione, perché nel corso della loro attività professionale<br />

hanno potuto versare meno contributi nel 2° pilastro.<br />

Ed è nota anche l’ingiusta distribuzione tematica nelle<br />

redazioni: sport, politica ed economia sono delle vere roccaforti<br />

maschili. Nonostante la cultura dominante maschile, lo<br />

svantaggio economico e le cattive prospettive di carriera, le<br />

donne che rimangono lo stesso nel giornalismo in genere<br />

devono accontentarsi delle tematiche culturali, sociali ed<br />

educative-formative. Inutile ricordare che gli stipendi di<br />

questi settori giornalistici si collocano nuovamente parecchio<br />

al di sotto della media (anche per gli uomini).<br />

Nina Scheu


L’associazione-mantello nel settore dell’assicurazione<br />

privata si basa su uno studio interno del 2017 per affermare<br />

che le differenze salariali non spiegabili tra uomini e<br />

donne si situano, nel settore dell’assicurazione, al di sopra<br />

della soglia del 5% fissata dalla Confederazione.<br />

Questo apparente paradosso non sorprende Katja<br />

Branger, responsabile delle statistiche sull’uguaglianza<br />

fra donne e uomini all’Ufficio federale di statistica. «Ci<br />

sono ancora dei settori molto reticenti nel ridurre queste<br />

disparità salariali. Non tutti le considerano un problema,<br />

soprattutto nei settori caratterizzati da salari importanti».<br />

Da notare, secondo <strong>syndicom</strong>, la non trascurabile differenza<br />

salariale tra uomini e donne nei settori dell’informazione<br />

e della comunicazione (22%, ossia 2.197 franchi,<br />

di cui 800 franchi – 36,4% – senza giustificazione). Ormai<br />

da 15 anni, il settore è senza contratto collettivo di lavoro<br />

(CCL) in Svizzera tedesca e in Ticino.<br />

CCL, garanti della non disparità di trattamento<br />

Per il nostro sindacato, uno dei modi per garantire la parità<br />

salariale fra donne e uomini è quello di stipulare un<br />

maggior numero di CCL, poiché le norme salariali vi si applicano<br />

indistintamente ai due generi. Per esempio, alla<br />

Posta, il sistema remunerativo si basa sulla valutazione<br />

delle funzioni e della forchetta salariale per regione, ciò<br />

che dovrebbe fondamentalmente garantire la parità salariale.<br />

Pertanto, nel 2008, La Posta aveva delle differenze<br />

salariali tra uomini e donne dell’8,4%, e il 2,7% delle disparità<br />

inspiegabile, mentre il settore pubblico si situava al<br />

16,6%, con rispettivamente il 6,9% di differenze inspiegabili.<br />

La Posta ha nuovamente verificato il rispetto dell’uguaglianza<br />

dei salari fra donne e uomini nel 2017 utilizzando<br />

l’apposito strumento di controllo della<br />

Confederazione (Logib). Purtroppo questo rapporto non è<br />

stato pubblicato poiché comprendeva i salari dei quadri,<br />

ma non quelli delle formazioni più alte, «ciò ha fatto sì che<br />

non soddisfacessimo al 100% i requisiti Logib», spiega<br />

Martin Camenisch, responsabile della gestione del personale<br />

della Posta. Nel frattempo questi dati sono stati introdotti,<br />

ciò che permetterà alla prossima analisi, realizzata<br />

attualmente sulla base dei salari 2018 in collaborazione<br />

con l’ufficio BASS, di essere effettuata conformemente<br />

alle prescrizioni Logib.<br />

Anche se alla Posta la quota di donne nei posti direttivi<br />

è aumentata, passando dal 20,2% nel 2008 al 23,5% nel<br />

Alcuni settori<br />

sono<br />

reticenti<br />

a ridurre<br />

le disparità


12<br />

Dossier<br />

2016, e se la parte di donne nei quadri superiori è cresciuta<br />

dal 7,7% nel 2008 al 12,3 nel 2016, La Posta ammette di<br />

avere ancora parecchio lavoro da fare, poiché si contano<br />

comunque sempre più uomini nelle funzioni dirigenti che<br />

donne, e le persone a tempo pieno in media sono promosse<br />

più frequentemente. Ogni due anni, si continuerà a effettuare<br />

un’analisi della parità salariale. Da ritenere che<br />

essa non riguarda i lavoratori temporanei, che non hanno<br />

un contratto di assunzione con La Posta.<br />

Swisscom, migliorare la rappresentanza nel management<br />

Stesso discorso per Swisscom, il cui sistema salariale previsto<br />

dal CCL mira a versare degli stipendi identici alle<br />

persone con funzioni simili. L’azienda verifica se esistono<br />

delle disparità tra i salari degli uomini e quelli delle donne<br />

all’interno di ognuna delle unità organizzative e, se necessario,<br />

le corregge. Swisscom utilizza lo strumento di autocontrollo<br />

della Confederazione per la parità salariale (Logib)<br />

al fine di verificare periodicamente la struttura<br />

salariale e individuare le differenze tra uomini e donne.<br />

Fino a oggi, le indagini effettuate (ultima inchiesta realizzata<br />

nel 2016) non hanno rilevato che delle piccole differenze,<br />

che si situano nettamente al di sotto della soglia di<br />

tolleranza del 5%. Ciò non toglie che restano da fare degli<br />

ulteriori sforzi per quel che riguarda la rappresentanza<br />

delle donne nel management intermedio (357 donne e<br />

2.644 uomini nel 2018) per non parlare dei vertici manageriali<br />

(5 donne e 75 uomini). Swisscom ha quindi fissato<br />

a medio termine l’obiettivo di far progredire la proporzione<br />

di donne in seno al management al 20% (oggi 11,7%,<br />

meno che nel 2016, quando era ancora 12,3%). Per fare<br />

questo, si è affiliata a un programma dell’Università di<br />

San Gallo il cui scopo è quello di facilitare il rientro delle<br />

donne nella vita attiva (vedi link sotto).<br />

Il progetto Women Back to Business<br />

https://bit.ly/2UYKKE4<br />

Industria grafica: grave ritardo da recuperare<br />

Con una differenza salariale tra uomini e donne che ha raggiunto<br />

il 16,4% nel 2016, l’industria grafica è in grave ritardo<br />

e ha molto da recuperare. Questo settore in difficoltà ha inoltre<br />

visto una diminuzione dei salari mediani del 4,2% fra il<br />

2010 e il 2016.<br />

Nel 2010, nelle tipografie, il salario mensile lordo si situava a<br />

5.164 franchi per le donne e a 6.418 per gli uomini non aventi<br />

funzioni dirigenziali, ossia una differenza del 19,5%.Questa<br />

disparità è passata dal 17,9% nel 2012 al 14,4% nel 2014, per<br />

stabilirsi al 14,8% nel 2016, con dei salari mensili lordi di<br />

5.120 franchi per le donne e 6.011 per gli uomini. La riduzione<br />

delle disuguaglianze deriva piuttosto dal fatto che i salari<br />

degli uomini si sono ridotti: le donne guadagnando 44 franchi<br />

in meno che nel 2010, ma gli uomini prendendone addirittura<br />

407 in meno. Ciò può essere spiegato con il rinnovamento<br />

del personale o anche nel caso del cambiamento di<br />

azienda. Non essendo il CCL di obbligatorietà generale, alcune<br />

aziende arrivano dunque a offrire dei salari inferiori. Inoltre,<br />

da sempre le trattative salariali sono intraprese a livello<br />

aziendale e non su scala nazionale fra parti sociali, ai lavoratori<br />

in questo modo non rimangono che le briciole.<br />

Le differenze salariali sono ancora più evidenti per i quadri<br />

superiori e medi. E a questo livello sono unicamente le donne<br />

che hanno pagato lo scotto delle riduzioni. Se nel 2010<br />

guadagnavano ancora 7.111 franchi contro gli 8.763 lordi<br />

mensili degli uomini, nel 2016 esse non guadagnavano più di<br />

6.931 franchi contro i 9.109 degli uomini. Per l’insieme dei<br />

dirigenti, la differenza si è ridotta dal 22% del 2010 al 16,4%<br />

del 2016. Per questo le parti sociali hanno sottoscritto il 4 dicembre<br />

scorso l’impegno a promuovere la parità salariale,<br />

favorendo l’utilizzo dei programmi di autocontrollo Logib e<br />

Argib. L’obiettivo è che di qui alla fine del 2021 almeno 30<br />

aziende viscom si sottomettano a tale verifica. Un rapporto<br />

fungerà da bilancio delle misure da prendere.


Dossier<br />

Discriminare le donne<br />

nuoce a tutta la società<br />

13<br />

La parità di trattamento è questione di giustizia.<br />

Per questo non è soltanto una preoccupazione<br />

femminile, ma un dovere del sindacato.<br />

Testo: Oliver Fahrni<br />

La disparità salariale è illegale e incostituzionale. Ma se le<br />

donne nel 2019 ancora non ricevono (come sarebbe ovvio)<br />

lo stesso salario per lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore<br />

dei loro colleghi maschi, questa è una forma di violenza<br />

sociale. Non esiste infatti ragionevole motivo per questa<br />

subalternità delle donne, rinnovata a ogni nuova<br />

assunzione discriminatoria, facendo astrazione dell’assurda<br />

«razionalità» del capitale di pagare meno salario<br />

possibile per il lavoro vivo.<br />

L’uomo che segretamente fraintende la discriminazione<br />

della donna della scrivania accanto con un maggior apprezzamento<br />

del proprio lavoro dovrebbe domandarsi se<br />

il suo stipendio copre davvero tutta la sua prestazione lavorativa.<br />

O davvero ignora che in questo sistema economico<br />

il proprietario, ovvero l’azionista, confisca una parte<br />

del valore creato dai lavoratori?<br />

Il datore di lavoro paga giusto il salario a cui lo costringono<br />

i rapporti di forza tra lavoro e capitale. La logica imporrebbe<br />

dunque a quell’uomo di riconoscere che la donna<br />

che gli lavora accanto è solo peggio retribuita perché lui<br />

e la società partecipano a questa discriminazione.<br />

Fino al femminicidio<br />

Ecco come mai un salario disuguale è espressione di un<br />

rapporto di violenza, che va ben oltre il confronto tra i portafogli.<br />

La discriminazione salariale è relativamente trasparente<br />

e per questo attaccabile. Tuttavia, essa rappresenta<br />

un diffuso modello del rapportarsi tra i due sessi. Se<br />

l’uomo allargasse i suoi orizzonti, incluso il «papà moderno»<br />

che talvolta spinge la carrozzina dal panettiere bio, e<br />

facesse un attento esame di ciò che lo circonda, osserverebbe<br />

che sono più le donne che gli uomini a svolgere lavori<br />

part-time e che sono più le donne a essere costrette a<br />

dei lavori precari. E che sono sempre le donne a prestare<br />

il grosso del lavoro non retribuito (complessivamente un<br />

volume lavorativo che equivale al PIL ufficiale). E allora<br />

non sarà difficile nemmeno per lui capire quanto poco si<br />

faccia in Svizzera per la conciliabilità tra lavoro e famiglia<br />

o per incentivare una carriera al di là del genere dei candidati<br />

o delle candidate. E che generalmente è l’uomo a<br />

commettere violenze domestiche, fino al femminicidio.<br />

Lo sciopero delle donne del 14 giugno parla anche di<br />

queste cose. Discriminazione, modelli di ruolo, rapporto<br />

tra i sessi, formazione della famiglia e riproduzione sono<br />

altri argomenti esplosivi e in continua mutazione. Quello<br />

che a prima vista sembra attenere al privato, in realtà è un<br />

affare pubblico. Addirittura le presunte forme eterne di<br />

amore e famiglia si stanno adeguando all’attuale modello<br />

dominante del fare economia, come dimostrano sociologi<br />

e storici: il moderno piccolo nucleo familiare è diventato<br />

normale soltanto con la società industriale sviluppata.<br />

Oggi assistiamo a una disintegrazione di questa forma domestica<br />

(sempre più famiglie monoparentali, genitori elicottero,<br />

famiglie patchwork, genitori gay ecc.) che va di<br />

pari passo con la fine delle carriere a vita nella stessa<br />

azienda, con la sparizione di impieghi relativamente sicuri<br />

e con il dissolvimento delle garanzie sociali nella società<br />

post-industriale.<br />

Ma noi vogliamo vederci ancora meglio: cosa c’entra la<br />

discriminazione delle donne con noi tutti? E perché la lotta<br />

per l’uguaglianza rappresenta una tematica centrale<br />

per il sindacato?<br />

Nessun essere umano mira all’uniformizzazione. Le<br />

diversità sono il sale della vita. Ma esse sono fonte di creatività<br />

e ricchezza soltanto finché non legittimano gravi<br />

disparità tra gruppi o singoli individui. Un accesso ineguale<br />

al sapere e alla formazione, al cibo, all’assistenza sanitaria<br />

e ai servizi pubblici, le disparità nel reddito, nelle<br />

assicurazioni sociali, nell’incolumità fisica e gli svantaggi<br />

La Svizzera si situa<br />

solo al 20° posto<br />

in materia di parità


14<br />

Dossier<br />

Dovremo aspettare<br />

108 anni prima che<br />

la parità globale<br />

venga raggiunta<br />

nello sviluppo professionale ecc. riducono le opportunità<br />

per potersi gestire e godere di una vita autonoma. In questo<br />

senso queste disparità nuocciono anche alla coesione<br />

sociale.<br />

Ecco perché le società non ugualitarie sono più povere,<br />

più pericolose, più criminali, più malate e psicotiche di<br />

quelle che praticano l’uguaglianza. Ciò è stato dimostrato<br />

da decenni di intense ricerche e la raccolta di milioni di<br />

dati eseguite dai ricercatori Richard Wilkinson e Kate<br />

Pickett. Basti pensare che l’aspettativa di vita negli USA,<br />

paese discriminatorio per eccellenza, è di molti anni più<br />

corta rispetto all’ugualitario Giappone.<br />

I neoliberali affermano che la disuguaglianza, che essi<br />

organizzano in maniera mirata con la loro politica di ridistribuzione<br />

dal basso verso l’alto, crea una dinamica economica,<br />

in quanto gli svantaggiati poi si sforzerebbero di<br />

più. Peccato che nemmeno questo corrisponda alla realtà.<br />

I paesi che s’impegnano per una sicurezza sociale, per delle<br />

imposte eque e a favore della parità salariale sono anche<br />

economicamente più dinamici.<br />

Torna alla ribalta la questione sociale<br />

Ciò non meraviglia affatto noi del sindacato. Sono 200<br />

anni che ci battiamo per la giustizia e per la solidarietà,<br />

perché sappiamo quanto la felicità di ognuno dipenda<br />

dalla giustizia e dal benessere collettivo. Oggi questo vale<br />

più che mai. Una ricerca recente dell’OCSE documenta<br />

che i redditi del 60% delle persone nei paesi capitalistici<br />

sono diminuiti negli ultimi 30 anni. E anche la speranza<br />

di vita è distribuita in maniera più ingiusta. La questione<br />

sociale è urgente, insieme al problema ecologico che colpisce<br />

per primi i più svantaggiati. Per questo è urgentemente<br />

richiesta la forza di noi sindacati in qualità di maggior<br />

attore sociale organizzato. Una consapevolezza ci farà<br />

da guida: non esiste gerarchia tra le ingiustizie. Quando<br />

una parte della società viene discriminata, queste ingiustizie<br />

colpiscono sempre tutti. Figuriamoci quando a essere<br />

discriminata è metà della collettività. Ecco perché la<br />

parità delle donne riguarda noi tutti.<br />

Secondo la Banca mondiale solo in sei nazioni (Svezia,<br />

Belgio, Danimarca, Francia, Lettonia e Lussemburgo) le<br />

donne sono totalmente equiparate per legge. In Svizzera<br />

no. Nell’ultimo rapporto del Forum economico mondiale<br />

WEF sulla parità nel mondo («Global Gender Gap Report<br />

2018»), la Svizzera si posiziona al ventesimo posto, molto<br />

indietro rispetto ai paesi scandinavi ma anche dietro a Stati<br />

come il Ruanda. Negli ambiti della «salute e sopravvivenza»<br />

ci collochiamo addirittura al 108° posto. Nelle opportunità<br />

economiche al rango 34 e quanto a livello<br />

d’istruzione il WEF ci condanna a un gravissimo 80° posto.<br />

Un disastro.<br />

La parità procede lentamente in tutto il mondo. A questo<br />

ritmo da lumaca, il WEF pronostica un’uguaglianza<br />

globale fra… 108 anni! In Europa occidentale fra 61 anni,<br />

negli USA fra 165. Secondo quasi tutte le rilevazioni e statistiche<br />

(Onu, UE, WEF e altre organizzazioni private) i paesi<br />

leader nella parità sono quelli del Nord: Islanda, Norvegia,<br />

Svezia, Finlandia. La Svezia, che si vanta di avere «il<br />

primo governo femminista al mondo», l’anno scorso ha<br />

inaugurato a Göteborg un’autorità per la parità delle donne.<br />

La ministra delle donne, Åsa Regnér, una socialdemocratica,<br />

annuncia già il prossimo passo logico di questo<br />

«lavoro di lunga data mirato: il governo vuole che donne e<br />

uomini abbiano le stesse opportunità». Ma torniamo al<br />

Nord. La metà del governo svedese è formato da donne e<br />

al Parlamento esse rappresentano il 44%. Nell’economia<br />

occupano quattro posizioni dirigenziali su dieci. Lì molte<br />

più persone lavorano part-time, non solo le donne. Ai genitori<br />

spettano 480 giorni di congedo parentale. Nove uomini<br />

su dieci ne approfittano. Quand’è che il nostro Consiglio<br />

federale farà una «gita scolastica» a Stoccolma?<br />

Global Gender Gap Report<br />

https://bit.ly/2VCfvAi<br />

Fotoreportage<br />

Il fotografo Tom Kawara ha illustrato il dossier sulla parità<br />

con immagini scattate durante il corteo dello scorso Primo<br />

Maggio a Zurigo. La foto della doppia pagina (8-9) che apre il<br />

dossier e quella di pagina 11, così come quella a fianco del<br />

sommario e quella di copertina, provengono da quella manifestazione.<br />

Nato a Liestal nel 1963, Tom Kawara è cresciuto in Svizzera e<br />

Giappone. Dopo la maturità a Davos, nel 1987 ha conseguito<br />

un diploma al Politecnico di Zurigo in biologia comportamentale.<br />

Da allora, lavora come fotografo freelance, collaborando<br />

da più di 30 anni con il Tages-Anzeiger. Parallelamente, ha<br />

seguito progetti di lunga durata. Ora sta lavorando a un libro<br />

su Sternenberg. È inoltre collaboratore regolare della <strong>rivista</strong><br />

<strong>syndicom</strong>.


15<br />

Svizzera messa peggio dei suoi vicini<br />

Piazzamento della Svizzera nell’indice di parità del Forum<br />

economico mondiale. Tutti i fattori insieme fanno risultare il<br />

numero indice. Il numero 1 equivale alla parità totale.<br />

Lavoratrici con salari molto bassi<br />

Distribuzione salariale secondo le classi salariali e il sesso.<br />

Stipendio mensile netto in franchi, settore pubblico e privato<br />

insieme, 2016.<br />

25%<br />

Uomini<br />

Donne<br />

20%<br />

15 %<br />

10 %<br />

2.<br />

Norvegia<br />

1. 3.<br />

Svezia<br />

Islanda<br />

5%<br />

0%<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20<br />

Finlandia: 0,821<br />

Svizzera: 0,755<br />

Svezia: 0,822 Gran Bretagna: 0,774<br />

Norvegia: 0,835<br />

Germania: 0,776<br />

Islanda: 0,858<br />

Francia: 0,779<br />

Fonte: Global Gender Gap Report 2018, Top 10 of Global Gender Gap Index, Western Europe<br />

Differenze salariali uomo/donna a settore<br />

La differenza salariale inspiegabile è rappresentata dal campo<br />

tratteggiato, in franchi.<br />

Economia privata totale<br />

657<br />

Commercio al dettaglio<br />

702 1074<br />

Banche, assicurazioni<br />

Fonte: Settore privato, Svizzera 2016. Rilevazione struttura dei salari, calcolata dal Département<br />

d′économie quantitative, Università di Fribourgo e Ufficio BASS, Berna<br />

Fonte: UST<br />

1532<br />

Informazione, comunicazione<br />

Settore gastronomico e alberghiero<br />

327 407<br />

Industria alimentare<br />

856<br />

Industria grafica<br />

1251<br />

1282<br />

Industria tessile, abbigliamento<br />

1503<br />

Chimica, farmaceutica<br />

649 1140<br />

Industria meccanica e attrezzature<br />

1834<br />

2197<br />

4243<br />

53ore<br />

Le madri prestano in media<br />

53 ore lavorative a settimane<br />

per le faccende domestiche e<br />

l’accudimento dei bambini –<br />

i padri solo 29 ore.<br />

0–1000<br />

1001–2000<br />

2001–3000<br />

3001–4000<br />

4001–5000<br />

5001–6000<br />

Fonte: UST 2018, Rilevazione della struttura dei salari<br />

Grado d’occupazione 2018<br />

41%<br />

Solo poco più di quattro su<br />

dieci dipendenti donne<br />

hanno un impiego a tempo<br />

pieno (dal 90 al 100%),<br />

Ma oltre otto su dieci uomini (82%). Al contrario,<br />

solo il 7% degli uomini impiegati lavorano con un<br />

grado d’occupazione al di sotto del 50%. Per le<br />

donne questa quota ammonta al 24%.<br />

70%<br />

60%<br />

50%<br />

40%<br />

30%<br />

20%<br />

10%<br />

Uomini<br />

62,4%<br />

37,6%<br />

Donne<br />

Lavoro a tempo pieno<br />

Tempo parziale 50–80%<br />

11%<br />

Tempo parziale sotto il 50%<br />

7%<br />

Differenze salariali inspiegabili<br />

Nell’economia privata aumentano le differenze salariali non<br />

spiegabili tra uomini e donne<br />

59,1%<br />

40,9%<br />

24%<br />

35%<br />

60,9%<br />

39,1%<br />

41%<br />

2010 2012 2014 2016<br />

Fonte: Rilevazione della struttura dei salari in Svizzera. Calcolata dal Département d′économie quantitative,<br />

Università di Fribourgo e l’Ufficio BASS, Berna<br />

6001–7000<br />

Fonte: UST, Rilevazione sulle forze di lavoro in Svizzera (RIFOS)<br />

57,1%<br />

42,9%<br />

7001–8000<br />

8001–9000<br />

9001–10000<br />

10001–11000<br />

11001–12000<br />

82%<br />

Differenze salariali<br />

spiegabili<br />

12001–13000<br />

Differenze salariali non<br />

spiegabili


16<br />

Dalle<br />

professioni<br />

Tutte allo sciopero<br />

del 14 giugno!<br />

Fra circa due settimane, il 14 giugno,<br />

ci sarà lo sciopero delle donne. Diamo<br />

a questa data la stessa forza e impatto<br />

che ha avuto lo sciopero di 28 anni fa<br />

quando hanno incrociato le braccia<br />

mezzo milione di donne. Andiamoci a<br />

prendere quello che ci spetta ormai da<br />

troppo tempo! Partecipiamo numerose<br />

allo sciopero delle donne 2019! Sul<br />

posto di lavoro, in piazza!<br />

Partecipa anche tu! Dai un segnale<br />

nella tua azienda. Hai una bella idea e<br />

un paio di colleghe pronte ad appoggiarti?<br />

O ti servono ancora idee per<br />

un’azione? O magari vuoi contribuire<br />

a un evento nella tua regione? Fantastico!<br />

Allora scrivi subito una mail a<br />

gleichstellung@<strong>syndicom</strong>.ch.<br />

I gadget per lo sciopero delle donne<br />

(foulard, spille, bandiere e volantini)<br />

possono essere ordinati al sito<br />

www.<strong>syndicom</strong>.ch/frauenstreik. Fatti<br />

un selfie con il foulard e caricalo su Facebook,<br />

Twitter e Instagram con l’hashtag<br />

#<strong>syndicom</strong>_scioperodelledonne19,<br />

aggiungendo il motivo per cui<br />

andrai a scioperare.<br />

Ci vediamo il 14 giugno!<br />

Patrizia Mordini<br />

Membro del comitato direttore<br />

Un selfie per far sì che il 14 giugno sia una data storica per la parità fra donne e uomini. (© Demir Sönmez)<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/frauenstreik<br />

Più tempo. Per tutti.<br />

La Svizzera è il paese del part-time. In<br />

un primo momento potrebbe sembrare<br />

fantastico. Ma spesso si dimentica<br />

che questo comporta meno diritti<br />

nell’assicurazione AVS, nella cassa<br />

pensione, nelle rendite d’invalidità e<br />

anche presso la cassa disoccupazione.<br />

Inoltre, chi lavora a tempo parziale<br />

spesso ha meno chance di fare carriera<br />

e meno prospettive di ottenere posizioni<br />

dirigenziali e decisionali, il che<br />

si riflette di nuovo nel potere d’acquisto<br />

e nei diritti alle assicurazioni sociali.<br />

Nettamente ci sono più donne a<br />

svolgere un lavoro a tempo parziale,<br />

quasi sempre per motivi familiari. In<br />

una società con ruoli ben distinti, esse<br />

svolgono ancora il grosso del lavoro<br />

educativo, delle faccende domestiche<br />

e di assistenza. Ma anche gli uomini<br />

vogliono impegnarsi per la famiglia,<br />

dunque è indispensabile ripensare il<br />

rapporto «normale» di lavoro. Bisogna<br />

cambiare il vecchio modello secondo<br />

cui il maschio lavora a tempo pieno.<br />

Tutti approfitterebbero di durate<br />

più corte del lavoro a pari salario. E un<br />

tempo di lavoro ridotto offrirebbe<br />

l’opportunità di ribaltare i vecchi stereotipi,<br />

se questa riduzione viene affiancata<br />

da un processo di sensibilizzazione.<br />

Infine, una riduzione del<br />

tempo di lavoro è una richiesta più che<br />

legittima se guardiamo all’aumento di<br />

produttività lavorativa degli ultimi<br />

anni.<br />

Miriam Berger,<br />

segretaria specializzata settore ITC


«Anche nel settore ICT, le donne occupano i posti con<br />

i livelli più bassi e meno retribuiti» Miriam Berger<br />

17<br />

Parità: anche nel settore ICT<br />

bisogna intervenire ancora<br />

Lo conferma un sondaggio condotto fra 399 impiegati nel<br />

settore dell’Information & Communication Technology (ICT),<br />

di cui il 79% donne e il 21% uomini. Tutti insieme chiedono<br />

misure concrete per la parità sul luogo di lavoro.<br />

Il settore ICT è dominato dagli uomini:<br />

le donne rappresentano soltanto il<br />

23% dei dipendenti. Mentre nei settori<br />

cosiddetti femminili spesso regnano<br />

condizioni salariali e lavorative meno<br />

buone, nei settori dei maschi accade il<br />

contrario. E anche il settore ICT conferma<br />

questa tendenza: gli stipendi<br />

per esempio sono notevolmente più<br />

alti rispetto ad altri settori. Ma quali<br />

sono le condizioni all’interno del settore,<br />

ed esistono eventuali differenze<br />

tra i vari gruppi di dipendenti? È con<br />

questo interrogativo e in vista dello<br />

sciopero delle donne del 14 giugno<br />

che a marzo abbiamo condotto un<br />

sondaggio online nel settore ICT. La<br />

nostra attenzione è stata rivolta soprattutto<br />

alle seguenti tematiche: conciliabilità<br />

tra famiglia e lavoro, distribuzione<br />

del lavoro a tempo parziale,<br />

donne in posizioni dirigenziali e decisionali,<br />

parità salariale, molestie e discriminazione.<br />

Una conferma dalle cifre<br />

Per le donne nel settore ICT le cose<br />

sono ben lontane dall’essere apposto.<br />

Oltre due terzi delle intervistate trovano<br />

difficile conciliare la vita familiare<br />

e lavorativa, senza trascurarne una<br />

delle due. A questo si aggiunge il fatto<br />

che sono più le donne a lavorare<br />

part-time che gli uomini. Questa specificità<br />

relativa al sesso trapela anche<br />

dalle risposte. E come è stato provato,<br />

questo è da ricondurre al fatto che le<br />

donne spesso riducono la propria percentuale<br />

lavorativa per occuparsi dei<br />

figli, per prestare lavoro di assistenza<br />

e svolgere le faccende domestiche.<br />

Se paragoniamo le risposte sulla<br />

conciliabilità tra famiglia e lavoro con<br />

quelle sulla disparità salariale, riscontriamo<br />

un’incidenza ancor maggiore<br />

delle seconde: mentre il 69% conferma<br />

il problema della conciliabilità tra lavoro<br />

e famiglia, la domanda sulla disparità<br />

salariale ottiene una percentuale<br />

ancora più alta. L’82% delle<br />

intervistate trova irritante o molto irritante<br />

che le donne di tutti i settori guadagnino<br />

un 20% in meno degli uomini.<br />

Molestie, risultati spaventosi<br />

Hanno spaventato i risultati sulle molestie:<br />

oltre il 60% delle partecipanti<br />

ha già subito molestie sessuali. Dunque,<br />

un buon clima di lavoro e una<br />

buona cultura aziendale sarebbero ancora<br />

più fondamentali quando un<br />

gruppo è sottorappresentato. Particolarmente<br />

dannosa e un incentivo per<br />

le molestie sessuali può essere la sottorappresentanza<br />

delle donne all’interno<br />

delle strutture dirigenziali e la<br />

discriminazione nei rapporti di potere.<br />

Quando le molestie vengono perpetrate<br />

da collaboratori gerarchicamente<br />

più alti, le donne rischiano anche<br />

svantaggi nella quotidianità lavorativa.<br />

Ai piani alti, il soffitto di vetro<br />

In questo ambito va menzionato il fenomeno<br />

del cosiddetto «soffitto di vetro»,<br />

che non solo porta con sé gli effetti<br />

appena nominati ma che alla fine<br />

esercita anche pressione sulla disparità<br />

salariale e sul consolidamento di<br />

vecchi ruoli stereotipati. Il 55% delle<br />

intervistate percepisce questo soffitto<br />

di vetro anche nella loro azienda, e la<br />

maggioranza tra esse lo trova fastidioso.<br />

Quando ai piani alti del settore non<br />

si trova una proporzione di donne corrispondente<br />

alla popolazione complessiva<br />

del settore, le cose non stanno<br />

funzionando.<br />

Richieste forti e chiare<br />

Anche all’interno del settore ICT le<br />

donne si collocano piuttosto in posizioni<br />

più basse e in ambiti meno retribuiti.<br />

Le richieste delle donne sono<br />

uscite forti e chiare dal sondaggio.<br />

Adesso è molto importante che le donne<br />

e i sostenitori della parità nel settore<br />

partecipino anche allo sciopero<br />

delle donne del 14 giugno, per dare<br />

maggior peso a queste rivendicazioni.<br />

Perché alla fine sarà l’intera società ad<br />

approfittare dell’uguaglianza tra i sessi<br />

e della rottura degli stereotipati, vecchi<br />

ruoli sociali.<br />

Miriam Berger<br />

segretaria specializzata settore ICT<br />

https://ig.<strong>syndicom</strong>.ch/it/donne/<br />

Sondaggio sulla parità nel settore ICT<br />

La differenza di remunerazione tra uomo e donna (Gender Gap<br />

Pay) è del 20%. Per te è una cifra impressionante?<br />

«Conciliare famiglia e lavoro non è per nulla facile»:<br />

quanto sei d’accordo con questa affermazione?<br />

11317654z 36331786z<br />

Sì 82 % Sì 69 %<br />

Per nulla 11 %<br />

Non troppo 3 %<br />

Un po’ 17 %<br />

Molto 65 %<br />

Nessuna risposta 4%<br />

Pienamente d’accordo 36%<br />

Piuttosto d’accordo 33 %<br />

Poco d’accordo 17 %<br />

Per niente d’accordo 8 %<br />

Nessuna risposta 6%


18<br />

Dalle<br />

professioni<br />

«Bisogna tagliare alla base la tendenza alla flessibilizzazione<br />

con regole ancora più rigide nel prossimo CCL» Matthias Loosli<br />

Postini ancora<br />

sotto pressione<br />

Primo incontro tra<br />

<strong>syndicom</strong> e PostMail<br />

La petizione ha portato i suoi frutti. (© <strong>syndicom</strong>)<br />

Lo scorso 14 febbraio <strong>syndicom</strong> aveva<br />

depositato presso la direzione generale<br />

di PostMail a Neuchâtel una petizione<br />

con oltre 300 firme. Essa chiedeva<br />

l’immediato avvio di trattative sulle<br />

condizioni di lavoro dei postini nell’Arco<br />

giurassiano. Infatti, queste sono diventate<br />

insopportabili: i postini e le<br />

postine prestano straordinari pressoché<br />

illimitati e a condizioni nocive per<br />

la loro salute. Un sondaggio effettuato<br />

da <strong>syndicom</strong> nel 2018 presso circa mille<br />

postini lo ha confermato. Il 94% dei<br />

partecipanti alla fine del 2017 aveva<br />

un saldo delle ore straordinarie positivo.<br />

Dunque, il problema esiste in tutta<br />

la Svizzera, e il motivo è la carenza di<br />

personale.<br />

Stesse rivendicazioni ovunque<br />

La petizione nell’Arco giurassiano ha<br />

avuto effetto: a marzo si è tenuto un<br />

primo incontro tra <strong>syndicom</strong> e Post-<br />

Mail. PostMail ha assicurato che fino<br />

al prossimo incontro avrebbe finito di<br />

indagare sui fatti. Su questa base poi si<br />

cercheranno delle soluzioni. <strong>syndicom</strong><br />

sta già raccogliendo firme in altre<br />

regioni della Romandia con le stesse<br />

rivendicazioni (nelle regioni distributive<br />

Renens, Yverdon o La Côte).<br />

Matthias Loosli<br />

Nessun lavoro su chiamata<br />

a PostLogistics!<br />

I datori di lavoro cercano di spostare il rischio aziendale sui loro<br />

dipendenti. Un pessimo esempio dal gruppo della Posta.<br />

A metà aprile i media della Svizzera tedesca<br />

hanno riferito di un progetto di<br />

PostLogistics. I dipendenti della base<br />

di distribuzione di Mägenwil (Argovia)<br />

avrebbero dovuto essere informati<br />

dell’orario di inizio del recapito serale<br />

con poche ore di anticipo. Quotidianamente,<br />

all’ora di pranzo, i postini<br />

avrebbero dovuto informarsi tramite<br />

un’app sull’orario in cui presentarsi al<br />

lavoro. Avrebbero poi potuto essere richiamati<br />

alle 14.30, ma anche essere<br />

pronti alle 16.30: un classico caso di<br />

lavoro a chiamata. L’introduzione di<br />

questo sistema è inammissibile e incompatibile<br />

con le disposizioni previste<br />

nel contratto collettivo di lavoro<br />

(CCL).<br />

Sempre più flessibilità<br />

Il CCL stabilisce chiaramente che i<br />

piani di lavoro debbano essere comunicati<br />

con 14 giorni di anticipo. Uno<br />

dei primi atti ufficiali di Roberto Cirillo,<br />

nuovo direttore generale della Posta,<br />

è stato quello di comparire davanti<br />

ai media e fermare il progetto. Da<br />

anni il gruppo della Posta punta a una<br />

maggiore flessibilità nell’occupazione<br />

dei propri collaboratori. Lo si può<br />

vedere in diverse forme di lavoro a<br />

chiamata: ad esempio nel caso dei servizi<br />

di riserva per AutoPostale, nel caso<br />

sopra descritto dell’inizio flessibile<br />

del lavoro per PostLogistics o in caso<br />

di modifiche a breve termine degli orari<br />

presso PostMail.<br />

Un’incertezza dannosa alla salute<br />

Un’indagine condotta da <strong>syndicom</strong> tra<br />

i postini di PostMail nel 2018 ha confermato<br />

che l’incertezza nella pianificazione<br />

è in aumento. Uno su quattro<br />

ha dichiarato di ricevere i piani di intervento<br />

solo con una settimana di anticipo<br />

o addirittura durante la stessa<br />

settimana di impiego. Questo porta a<br />

conflitti per le persone con obblighi<br />

familiari. E per i dipendenti part-time<br />

è difficile trovare un secondo lavoro.<br />

In definitiva, l’incertezza nella pianificazione<br />

è causa di stress negativo ed è<br />

dannosa per la salute.<br />

La pressione competitiva nel settore<br />

logistico è talmente elevata che i datori<br />

di lavoro con incarichi di lavoro<br />

flessibili cercano di spostare il rischio<br />

aziendale sui propri dipendenti. Questo<br />

sviluppo unilaterale a spese dei dipendenti<br />

deve essere fermato dai sindacati.<br />

Per quanto riguarda il gruppo<br />

della Posta e i suoi subappaltatori,<br />

<strong>syndicom</strong> cercherà, nelle prossime<br />

trattative sul nuovo contratto collettivo<br />

di lavoro, di frenare queste tendenze<br />

attraverso regole ancora più vincolanti.<br />

Matthias Loosli<br />

Il CCL esige che i piani di lavoro debbano essere annunciati due settimane prima. (© La Posta)<br />

Le sfide di Roberto Cirillo<br />

https://bit.ly/2VkDaDX


«Chiediamo più tempo e denaro per il lavoro di cura» Patrizia Mordini<br />

19<br />

Il nostro impegno e le richieste<br />

per lo sciopero delle donne<br />

Una mostra itinerante partirà dalla Posta di Berna. Il 14 giugno,<br />

le dipendenti agli sportelli porteranno il foulard e il badge.<br />

Al 14 giugno mancano poche settimane<br />

e siamo nel bel mezzo dei preparativi.<br />

Ma lo sciopero delle donne ha avuto<br />

il suo battesimo sindacale lo scorso<br />

8 marzo con la Giornata internazionale<br />

della donna. Berna ha visto la presenza<br />

di circa 200 donne all’evento cinematografico<br />

e al successivo corteo<br />

verso la terrazza di Palazzo federale.<br />

Due giorni dopo, il 10 marzo, oltre<br />

500 donne si sono riunite nella Casa<br />

del popolo di Bienne per inaugurare a<br />

livello nazionale tutti i comitati regionali<br />

e le diverse organizzazioni e per<br />

approvare insieme il manifesto comune<br />

(disponibile sul sito www.frauenstreik2019.ch).<br />

Le rivendicazioni di <strong>syndicom</strong><br />

Sulla base dello slogan dell’USS per lo<br />

sciopero delle donne, «Più salario,<br />

tempo e rispetto!», <strong>syndicom</strong> ha formulato<br />

anche delle richieste proprie.<br />

Noi chiediamo salari equi e parità salariale,<br />

affinché tutte le donne ricevano<br />

lo stipendio che spetta loro. Chiediamo<br />

più tempo e denaro per il lavoro<br />

d’assistenza. Quasi sempre le donne<br />

sono costrette a lavorare a tempo parziale,<br />

ma anch’esse hanno diritto a<br />

buone chance di carriera. Per questo<br />

servono misure per conciliare meglio<br />

la vita privata e quella lavorativa. Chiediamo<br />

rispetto sul posto di lavoro e<br />

non tolleriamo né molestie sessuali né<br />

mobbing.<br />

Azioni specifiche nei diversi settori<br />

Nei nostri settori verranno pianificate<br />

e organizzate diverse attività. È già stata<br />

ufficialmente definita la mostra<br />

«Pietre miliari della parità e rivendicazioni<br />

attuali» presso la Posta. Questa<br />

esposizione itinerante verrà inaugurata<br />

una settimana prima del 14 giugno<br />

nell’atrio della centrale della Posta a<br />

Berna Wankdorf. Poi si sposterà in altre<br />

sedi. Il 14 giugno le dipendenti postali<br />

potranno portare il nuovo foulard<br />

<strong>syndicom</strong> e la spilla, anche allo sportello<br />

sulla divisa.<br />

Nel settore ICT è stato effettuato<br />

un sondaggio sulla parità per poter affrontare<br />

i problemi più acuti a medio e<br />

lungo termine (vedi a pagina 17). Nel<br />

settore dei media, si sta lavorando a un<br />

manifesto sull’uguaglianza per i professionisti<br />

della stampa e saranno organizzate<br />

delle attività, anche nelle librerie.<br />

Eventi regionali in tutto il paese<br />

Gli eventi regionali del 14 giugno organizzati<br />

dai relativi comitati sono tutti<br />

consultabili al sito www.frauenstreik2019.ch.<br />

Ecco una breve panoramica:<br />

Berna: da mezzogiorno in Piazza<br />

federale, alle ore 17.00 corteo (bancarelle,<br />

concerti ecc.). Zurigo: da mezzogiorno<br />

sull’Helvetiaplatz, alle ore<br />

17.00 manifestazione Landesmuseum<br />

– Helvetiaplatz (bancarelle, concerti).<br />

Neuchâtel: serata con cena e musica.<br />

Losanna: ore 18.00 grande manifestazione<br />

Place St. François. Basilea: prenotato<br />

il Theaterplatz, verrà riscaldata<br />

la fontana «zur faulen Magd». Burgdorf:<br />

ore 17.00, dettagli seguiranno.<br />

In programma ci sono altre azioni<br />

ad Aarau, Friborgo, Svitto, Appenzello<br />

Interno ed Esterno e in Ticino.<br />

Patrizia Mordini<br />

Programma del 14 giugno<br />

sull’esempio della Posta<br />

di Wankdorf<br />

Ore 11.00<br />

«Pausa di protesta» in tutta la Svizzera<br />

con le tue colleghe (ritrovo in<br />

mensa, fare rumore, distribuire volantini,<br />

indossare foulard e spilla)<br />

Mezzogiorno<br />

Pranzo in mensa<br />

Ore 15.30<br />

Attività specifica in azienda:<br />

visita della mostra «Meilensteine<br />

der Gleichstellung und aktuelle<br />

Forderungen»<br />

Ore 16.45<br />

Ritrovo e azione all’evento<br />

regionale: festa con corteo sulla<br />

Piazza federale<br />

www.frauenstreik2019.ch<br />

www.nateil14giugno.ch<br />

Vecchi modelli superati<br />

Stephanie Vonarburg è vicepresidente di <strong>syndicom</strong><br />

e responsabile settore Stampa e media elettronici<br />

Quando i giornalisti osservano, descrivono<br />

e indagano su politica ed economia,<br />

lo fanno per informare l’opinione<br />

pubblica e per controllare i<br />

potenti. Ahimè, però sono gli stessi<br />

media potenti che tendono a riprodurre,<br />

rafforzare e dunque a perpetrare le<br />

strutture maschili esistenti. Talvolta<br />

con il rullo compressore dei media e<br />

senza la minima considerazione della<br />

violazione dei diritti della persona. Basta<br />

dare uno sguardo alla «normalità»:<br />

durante le elezioni, le candidate donne<br />

sono ancora svantaggiate. Ricevono<br />

meno spazio e attenzione, stessa<br />

cosa quando la stampa scrive di scienza<br />

o cultura. Questa sotto-rappresentazione<br />

delle donne cementa le strutture<br />

dominanti del potere. Ancora più<br />

sottile e difficile da combattere è la discriminazione<br />

per mezzo di raffigurazioni<br />

stereotipate come il sesso debole,<br />

esposto alle emozioni. Ma anche gli<br />

uomini mal sopportano i cliché che li<br />

confrontano con ruoli tradizionali nei<br />

quali s’identificano sempre meno. La<br />

società si svilupperà solo qualora supererà<br />

i classici ruoli binari. Come sindacato<br />

ci impegniamo per un mondo<br />

del lavoro più giusto e per una società<br />

più degna di essere vissuta. La nostra<br />

guida per una rappresentazione meno<br />

sessista nei media fornisce consigli<br />

pratici su come uscire dall’ingiusta e<br />

banale trappola discriminatoria.<br />

Stephanie Vonarburg<br />

Guida redazionale per la parità di genere<br />

https://bit.ly/2Dv8BFJ


20<br />

Dalle<br />

professioni<br />

«Non voglio vivere in una società che tratta (e considera)<br />

in maniera diversa gli uomini e le donne» Dominik Fitze<br />

Dalla parte degli uomini<br />

In occasione dello sciopero delle donne, si mobilitano anche<br />

gruppi maschili. Ad esempio, accudendo ai figli di chi manifesta.<br />

Spesso mi chiedono se come giovane<br />

sindacalista sostengo il prossimo<br />

sciopero delle donne. E la mia risposta<br />

è sempre un sì, senza riserva alcuna.<br />

Come (giovane) uomo ho dei buoni<br />

motivi per questo sì: non voglio continuare<br />

a vivere in una società che tratta<br />

in maniera diversa gli uomini e le donne.<br />

Perché ne soffriamo anche noi uomini.<br />

Fermi agli Anni Cinquanta<br />

In molte tematiche sulla parità la Svizzera<br />

è rimasta agli Anni Cinquanta. Le<br />

donne guadagnano meno, gli uomini<br />

alla nascita di un figlio ricevono uno o<br />

due giorni liberi e dopo continuano a<br />

lavorare full-time mentre le donne rimangono<br />

a casa. Certo, sono stati fatti<br />

anche dei progressi: ci sono dei contratti<br />

collettivi di lavoro che prevedono<br />

due o quattro settimane di congedo<br />

di paternità e pian piano spunta anche<br />

qualche misura contro la disparità salariale.<br />

Molte coppie provano a crescere<br />

i propri figli in maniera paritaria.<br />

Ma presto si scontrano con la realtà: se<br />

il bambino si ammala, raramente rimane<br />

a casa il papà (il capo non gradirebbe).<br />

Le donne riducono il loro monte<br />

ore, mentre gli uomini che lavorano<br />

al 90% si compiacciono come se avessero<br />

appena rinunciato a un seggio nel<br />

Consiglio federale per concederlo ad<br />

una donna. Ed è ovvio: l’uomo guadagna<br />

di più. L’educazione dei bambini<br />

tocca alle donne. E poi cosa volete: si è<br />

sempre fatto così.<br />

Ci sono ancora molti esempi su<br />

cosa non funziona. Perché? Perché la<br />

nostra società ha aspettative molto diverse<br />

nei confronti delle donne e degli<br />

uomini, che costringono le prime al<br />

ruolo di madre di famiglia e i secondi<br />

a uomini in carriera.<br />

Al segretariato<br />

centrale di <strong>syndicom</strong> a<br />

Berna, in sostegno allo<br />

sciopero. (© <strong>syndicom</strong>)<br />

Qualcosa deve cambiare<br />

Ebbene: non voglio più vivere in una<br />

società così ingiusta. Non voglio che<br />

mi venga affibbiato questo ruolo di sostentatore<br />

principale quando avrò dei<br />

figli. È assolutamente inaccettabile<br />

che le donne guadagnino meno per lo<br />

stesso lavoro. Anche per questo <strong>syndicom</strong><br />

s’impegna per lo sciopero delle<br />

donne, lotta per dei CCL moderni e ha<br />

già acconsentito a una riduzione del<br />

monte ore di dipendenti maschi per<br />

l’accudimento dei propri figli.<br />

Ecco perché sostengo lo sciopero<br />

delle donne, con tutte le mie forze.<br />

Perché noi uomini non dobbiamo dimenticare<br />

che il 14 giugno non si tratta<br />

di noi, si tratta delle donne e delle<br />

loro rivendicazioni. Ma che se queste<br />

vengono realizzate, ne approfitta l’intera<br />

società. Anche noi uomini.<br />

Come possiamo sostenere lo sciopero<br />

delle donne? Possiamo mostrarci<br />

solidali e smetterla di dubitare che lo<br />

sciopero porti qualcosa o smetterla di<br />

combattere alcune richieste (come<br />

tanti dei miei amici attualmente fanno<br />

in segreto).<br />

E possiamo dare una mano dove<br />

serve. Per esempio, occupandoci dei<br />

bambini il 14 giugno, oppure invitando<br />

i loro amichetti per far partecipare<br />

allo sciopero anche le loro madri. Oppure<br />

dando una mano. In alcuni luoghi<br />

sono già nati dei gruppi maschili<br />

solidali. Se vuoi dare un contributo<br />

concreto, nella regione di Berna puoi<br />

rivolgerti a soli@frauen-streiken.ch e<br />

nella regione di Zurigo a 14.juni-unterstuetzen-zh@immerda.ch,<br />

in Ticino<br />

a donneinsciopero@gmail.com.<br />

Oppure direttamente a me alla mail<br />

gleichstellung@<strong>syndicom</strong>.ch.<br />

Dominik Fitze<br />

In Romandia: frauenstreik2019.ch/wp-content/uploads/2019/04/hommesolidaires.pdf<br />

Salt minaccia e riduce<br />

i salari: chi non accetta<br />

rischia il licenziamento<br />

La pressione sul personale di vendita<br />

dei negozi Salt era già alta. Accanto<br />

allo stipendio fisso si aggiungeva una<br />

componente variabile che dipendeva<br />

dal volume venduto. In questo modo<br />

nei negozi Salt ben frequentati i dipendenti<br />

potevano arrivare a guadagnare<br />

anche 4.600 franchi. Ma a Salt<br />

questo già sembrava troppo, tant’è<br />

che poco prima di Pasqua ha presentato<br />

al personale di vendita dei nuovi<br />

contratti da firmare. Chi non vuole firmare,<br />

rischia il licenziamento. Ecco le<br />

belle parole usate nella lettera con cui<br />

veniva comunicata ai dipendenti la disdetta<br />

causata da modifica del contratto.<br />

D’ora in poi, i dipendenti riceveranno<br />

una maggior quota fissa di<br />

4000 franchi, ma la componente variabile<br />

adesso è impostata in modo da<br />

procurare ai dipendenti una notevole<br />

perdita di salario. A questo si aggiunge<br />

un altro cambiamento: gli obiettivi<br />

non possono più essere raggiunti nel<br />

team ma soltanto da ogni singolo.<br />

Questo equivale ad avvelenare il clima.<br />

Quando non conta più la prestazione<br />

collettiva di tutto il team, sale la pressione<br />

sui singoli. Invece di lavorare insieme,<br />

si apre la guerra del tutti contro<br />

tutti. Ma quello che disturba di più è il<br />

modo. Prima la minaccia di licenziamento.<br />

Poi la disdetta abbozzata alla<br />

carlona. Salt ha fissato come termine<br />

di disdetta il 31 luglio 2018 (!). Un errore<br />

evidente che salta agli occhi a ogni<br />

lettore attento. E come se non bastasse,<br />

Salt cerca addirittura di aggirare le<br />

norme a svantaggio dei dipendenti. Almeno<br />

durante il termine di disdetta,<br />

Salt dovrebbe attenersi alle disposizioni<br />

attualmente vigenti. Le nuove<br />

norme possono infatti essere introdotte<br />

soltanto dopo la scadenza del<br />

termine di disdetta. Salt non si è voluta<br />

attenere alle disposizioni vigenti, e<br />

ha tentato di introdurre il nuovo modello<br />

da subito. <strong>syndicom</strong> è in contatto<br />

con i dipendenti coinvolti e pianificherà<br />

i prossimi passi insieme a loro.<br />

Questo esempio dimostra quanto necessario<br />

sia un CCL a Salt.<br />

Christian Capacoel


«I criteri di redditività non devono guidare le aziende pubbliche.<br />

L’obiettivo deve essere dare un servizio all’utenza» Graziano Pestoni<br />

21<br />

Moratoria per la chiusura degli<br />

uffici postali, si va all’offensiva<br />

«Fermare la diminuzione dei servizi postali, la soppressione<br />

dei posti di lavoro e il peggioramento delle condizioni di lavoro!».<br />

Con un appello alla nuova direttrice del DATEC, Simonetta<br />

Sommaruga, il personale di RetePostale Ticino chiede una<br />

moratoria immediata per la chiusura degli uffici postali.<br />

Riorganizzazioni, richieste di sempre<br />

maggiore flessibilità, incertezze sul<br />

futuro. Il personale di RetePostale<br />

continua a lavorare in condizioni di<br />

stress. Sulla testa pende, come una<br />

spada di Damocle, il rischio di perdere<br />

il posto di lavoro. E con la situazione<br />

economica in Ticino, questo significa<br />

disoccupazione e magari assistenza.<br />

Fino a oggi sono stati chiusi 15 dei 48<br />

uffici postali pianificati entro il 2020,<br />

altri 33 sono minacciati di chiusura<br />

entro l’anno prossimo.<br />

La Posta gioca sporco<br />

Finora l’emorragia di uffici postali in<br />

Ticino è stata parzialmente arrestata<br />

dai cittadini, che con le loro petizioni<br />

hanno dimostrato l’attaccamento al<br />

servizio postale, uno dei simboli della<br />

Svizzera, e dalla volontà dei Comuni,<br />

che si sono opposti alle chiusure. Ma<br />

questa resistenza non basta. «La Posta<br />

gioca sporco», hanno detto gli stessi<br />

lavoratori di RetePostale riuniti in assemblea<br />

lo scorso aprile. La strategia<br />

aziendale è quella di depotenziare gli<br />

uffici postali. Al personale vengono<br />

date direttive allo scopo di spingere i<br />

clienti verso l’online. Molti prodotti<br />

non vengono più venduti allo sportello.<br />

In questo modo, si demotivano i<br />

cittadini a frequentare gli uffici postali.<br />

Moratoria subito<br />

È ora di passare all’offensiva. Perciò i<br />

rappresentanti di RetePostale in Ticino<br />

hanno rivolto un appello alla nuova<br />

direttrice del DATEC (Dipartimento<br />

federale dell’ambiente, dei trasporti,<br />

dell’energia e delle comunicazioni),<br />

Simonetta Sommaruga, affinché intervenga<br />

con una moratoria immediata<br />

riguardante tutte le decisioni che<br />

comportano una diminuzione dei servizi<br />

postali, la soppressione dei posti<br />

di lavoro e il peggioramento delle condizioni<br />

di lavoro. E sperano di trovare<br />

in Simonetta Sommaruga un’interlocutrice<br />

attenta ai problemi dei lavoratori<br />

e alle esigenze dei cittadini.<br />

Il ruolo della politica<br />

Confrontata ai cambiamenti epocali<br />

della digitalizzazione, la politica deve<br />

intervenire. E ridefinire il concetto di<br />

servizio pubblico, anche nel campo<br />

della salute, dell’energia, dell’informazione,<br />

dell’istruzione, delle telecomunicazioni.<br />

Questo è un problema di<br />

democrazia. Proprio di servizio pubblico<br />

si è parlato a metà maggio, in un<br />

incontro fra una delegazione USS Ticino<br />

(tra cui, i rappresentanti <strong>syndicom</strong>)<br />

e il nuovo presidente USS, Pierre-Yves<br />

Maillard. Obiettivi: sospendere la<br />

chiusura degli uffici postali e lanciare<br />

un referendum sul ripristino delle<br />

regie federali, come sostiene Graziano<br />

Pestoni, presidente USS Ticino e Moesa,<br />

autore di studi sulle privatizzazioni<br />

nelle aziende pubbliche. In seguito<br />

alla richiesta di moratoria, da Berna la<br />

Posta ha infine proposto un incontro<br />

con i dipendenti e <strong>syndicom</strong>, che si<br />

terrà il 13 giugno.<br />

Giovanni Valerio<br />

L’incontro USS Ticino e Maillard<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/it/attualita/<br />

Al corteo del 1° maggio, <strong>syndicom</strong> ha ribadito il<br />

no alle chiusure degli uffici postali. (© <strong>syndicom</strong>)<br />

<strong>syndicom</strong> sostiene<br />

un ambiente di lavoro<br />

inclusivo per i trans<br />

<strong>syndicom</strong> è sostenitore di «trans welcome».<br />

Al nostro sindacato le persone<br />

transessuali sono benvenute. Noi puntiamo<br />

alla diversità e la vogliamo vivere,<br />

perché siamo convinti che l’inclusione<br />

delle persone diverse costituisca<br />

un valore aggiunto.<br />

Si parla di persona trans quando<br />

l’identità di genere di un individuo<br />

non concorda con il sesso assegnatogli<br />

alla nascita. Altri termini in uso<br />

sono transgender, transidentità o<br />

quello più obsoleto della transessualità.<br />

Le persone trans vivono in modi diversi<br />

il sesso che percepiscono come<br />

proprio, indipendentemente dal chiaro<br />

aspetto maschile, femminile o dal<br />

fatto che siano operate – infatti non<br />

vengono considerate persone trans<br />

solo quelle che si sottopongono alle<br />

operazioni di adeguamento alla propria<br />

identità di genere.<br />

Il portale online «trans welcome»<br />

sostiene le persone trans con informazioni<br />

e servizi utili per la quotidianità<br />

lavorativa, crea la consapevolezza per<br />

un ambiente di lavoro favorevole alle<br />

persone trans e le premesse per dei<br />

processi di coming out di successo.<br />

L’Ufficio federale per l’uguaglianza<br />

fra donna e uomo sostiene questo progetto<br />

del Transgender Network Switzerland<br />

(TGNS) con degli aiuti finanziari<br />

previsti dalla legge sulla parità<br />

dei sessi. Invitiamo le persone trans a<br />

contattarci a gleichstellung@<strong>syndicom</strong>.ch.<br />

<strong>syndicom</strong> fa anche parte della<br />

commissione LGBT dell’USS.<br />

Patrizia Mordini<br />

www.transwelcome.ch/de


22 Politica<br />

Le trasformazioni<br />

del lavoro e la necessità<br />

di un’azione collettiva<br />

La tendenza a risolvere le tensioni<br />

e i conflitti legati al lavoro<br />

con dei compromessi e<br />

degli accordi individuali deve<br />

essere affrontata tramite delle<br />

istanze collettive, pronte a<br />

operare al servizio di tutti/e.<br />

In questo senso, lo sciopero<br />

delle donne è un esempio da<br />

seguire.<br />

Testo: Jean-Michel Bonvin,<br />

Università di Ginevra<br />

Jean-Michel Bonvin è specialista di politiche<br />

sociali e del lavoro e insegna all’università di<br />

Ginevra. Questo articolo è una sintesi della conferenza<br />

che ha tenuto nell’ambito del 40° anniversario<br />

del Collège du Travail, organo che si<br />

impegna per preservare la memoria del mondo<br />

del lavoro, contribuire alla sua storia e riflettere<br />

sulle sfide con le quali sono oggi confrontati/e i<br />

salariati e le salariate.<br />

La realizzazione sui luoghi di lavoro<br />

e attraverso il lavoro si basa sulla<br />

presa in considerazione di tre dimensioni<br />

complementari. Dapprima,<br />

una dimensione strumentale<br />

nella quale il lavoro procura i mezzi<br />

di autosostentamento indispensabili<br />

per condurre una vita dignitosa; il<br />

lavoro è in questo caso valorizzato in<br />

un’ottica salariale, ciò che permette<br />

di evolvere al di fuori di esso. Segue<br />

una dimensione espressiva per la<br />

quale è importante svolgere un lavoro<br />

interessante la cui utilità sia riconosciuta<br />

socialmente; la qualità del<br />

lavoro diventa in questo caso essenziale<br />

e sta alla base del legittimo orgoglio<br />

che il lavoratore prova verso il<br />

risultato della sua attività. Infine,<br />

una dimensione politica che include<br />

la contrattazione collettiva delle<br />

condizioni di lavoro e implica la<br />

possibilità di dibattere sulle forme<br />

del lavoro, la loro equità, la loro efficacia<br />

e così via, per giungere a delle<br />

norme comuni accettate da tutte e<br />

tutti, e non imposte unilateralmente<br />

dal datore di lavoro. Le trasformazioni<br />

attuali del mondo del lavoro<br />

pongono delle sfide legate a ciascuna<br />

di queste dimensioni.<br />

Rischio trasferito sui salariati<br />

La condizione<br />

delle donne<br />

poco qualificate<br />

è particolarmente<br />

indebolita<br />

Il contesto di globalizzazione economica<br />

e finanziaria mette fortemente<br />

in concorrenza le aziende, ciò che<br />

precarizza la relazione di lavoro e le<br />

incita a trasferire il rischio economico<br />

sulle spalle dei/delle salariati/e.<br />

Si tratta, per esempio, di adeguare il<br />

personale dell’impresa in funzione<br />

delle proprie possibilità economiche,<br />

cosa che può portare a dei<br />

licenziamenti, o ad assumere del<br />

personale temporaneo del quale ci<br />

si può disfare più facilmente. L’esigenza<br />

di flessibilità può manifestarsi<br />

anche sul piano salariale, con degli<br />

appelli alla moderazione<br />

nell’ottica di preservare i posti di<br />

lavoro o una maggiore personalizzazione<br />

dei salari in funzione del merito.<br />

In tal modo si lascia spazio a<br />

un’ampia considerazione della performance<br />

individuale. Da una parte<br />

accedere al lavoro diventa più difficile,<br />

dall’altra la sicurezza del posto<br />

di lavoro e dei salari è invece indebolita.<br />

Queste circostanze non toccano<br />

però tutti/e i/le salariati/e allo<br />

stesso modo: esiste in effetti il rischio<br />

di una divisione del mercato<br />

del lavoro, nel quale i/le più qualificati/e<br />

ne escono meglio poiché le<br />

loro competenze sono più difficilmente<br />

rimpiazzabili, mentre i/le<br />

meno qualificati/e possono essere<br />

comodamente sostituiti/e con manodopera<br />

meno costosa o con delle<br />

macchine automatizzate. Il contesto<br />

attuale d’altronde non favorisce la<br />

riduzione delle disuguaglianze,<br />

come dimostra il persistere delle<br />

differenze salariali tra donne e uomini<br />

in Svizzera. La condizione delle<br />

donne poco qualificate risulta<br />

quindi particolarmente indebolita.<br />

La deriva della partecipazione<br />

Il contesto attuale del lavoro tende a<br />

intensificare la volontà di far partecipare<br />

e implicare i/le salariati/e<br />

piuttosto che considerarli/e dei<br />

semplici esecutori. Questi sviluppi<br />

in direzione di un management più<br />

partecipativo sembrano favorevoli a<br />

una migliore considerazione della<br />

dimensione espressiva del lavoro.<br />

Essi non concernono però l’insieme<br />

dei/elle salariati/e in quanto l’approccio<br />

taylorista del lavoratore visto<br />

come esecutore è lungi dall’essere<br />

superato. Occorre segnalare due<br />

derive possibili: dapprima, la partecipazione<br />

spesso verte sui mezzi per<br />

migliorare la prestazione più che sul<br />

senso del lavoro, i dipendenti possono<br />

allora essere incitati a consacrarsi<br />

anima e corpo a un’attività che


23<br />

per loro non ha senso. In questo<br />

caso, la preoccupazione del rendimento<br />

prende il sopravvento. Quindi,<br />

la richiesta di partecipazione può<br />

sfociare in forme di intensificazione<br />

del lavoro e in un aumento delle<br />

aspettative riguardo alla disponibilità.<br />

La digitalizzazione del lavoro,<br />

che rende i confini tra lavoro e<br />

non-lavoro più sottili (ci si può portare<br />

il lavoro appresso e non smettere<br />

mai di lavorare), aumenta il rischio<br />

di ipersollecitazione e la<br />

difficoltà di conciliare lavoro e altre<br />

attività. In tale contesto, le donne<br />

sono spesso penalizzate, nella misura<br />

che le attività fuori dal lavoro incombono<br />

spesso loro, cosa che può<br />

piazzarle davanti a due alternative<br />

ugualmente insoddisfacenti: sia<br />

non partecipare alle attività professionali<br />

nella percentuale sperata e<br />

quindi sacrificare le proprie ambizioni,<br />

sia sottomettersi agli sforzi di<br />

una doppia giornata di lavoro. La<br />

posta in gioco è duplice e verte sul<br />

senso del lavoro e sulla possibilità<br />

di delimitarne i confini in modo di<br />

lasciare del tempo e dello spazio per<br />

altre attività.<br />

Le sollecitazioni<br />

dovute alla<br />

digitalizzazione<br />

penalizzano<br />

ancora le donne<br />

Flessibilizzazione del lavoro<br />

L’aumento dell’individualismo nelle<br />

relazioni professionali si traduce<br />

in due modalità: da una parte, la<br />

tendenza a risolvere le tensioni e i<br />

conflitti legati al lavoro attraverso<br />

dei compromessi e degli accordi<br />

personali piuttosto che con la contrattazione<br />

collettiva, ciò che corrisponde<br />

alla volontà di flessibilizzare<br />

la relazione professionale ma porta<br />

anche a una spoliticizzazione del lavoro.<br />

Dall’altro lato, la partecipazione<br />

auspicata da parte dei/elle salariati/e<br />

è spesso intesa in termini di<br />

implicazione e motivazione anziché<br />

di una gestione collettiva delle condizioni<br />

di lavoro e di impiego. La<br />

partecipazione risulta così chiaramente<br />

limitata e le questioni strategiche<br />

legate per esempio alle risorse<br />

umane, alla gestione delle competenze,<br />

eccetera, restano prerogativa<br />

del datore di lavoro.<br />

Sciopero delle donne, un modello<br />

In futuro<br />

sarà decisivo<br />

riuscire a rendere<br />

il lavoro<br />

un tema politico<br />

La sfida consiste nel formare (o rafforzare)<br />

un soggetto collettivo suscettibile<br />

di incarnare la dimensione<br />

politica del lavoro in un contesto<br />

nel quale le relazioni professionali<br />

sono viepiù individualizzate. Questo<br />

aspetto è fondamentale, nella misura<br />

in cui questo attore collettivo<br />

deve farsi carico anche delle dimensioni<br />

strumentale ed espressiva del<br />

lavoro al fine di renderle al servizio<br />

di tutte e tutti e non solo di coloro<br />

che sono più capaci a negoziare dei<br />

compromessi o degli accordi individuali.<br />

In questo senso, lo sciopero<br />

delle donne è un esempio da seguire.<br />

Le sfide future<br />

Per concludere, i cambiamenti<br />

attuali presentano delle sfide per<br />

ognuna delle dimensioni del lavoro.<br />

Sul piano strumentale, gli aspetti<br />

principali concernono l’accessibilità<br />

al lavoro, la sicurezza dell’impiego<br />

e dei salari. A livello espressivo, il<br />

senso del lavoro e la capacità di delimitarne<br />

i confini saranno cruciali<br />

per il futuro della relazione professionale.<br />

Sul piano politico, conterà<br />

la capacità di formare un soggetto<br />

collettivo suscettibile di farsi carico<br />

della contrattazione delle implicazioni<br />

legate al lavoro, decisivo sarà<br />

riuscire a rendere il lavoro un tema<br />

politico. È fondamentale affrontare<br />

insieme queste tre dimensioni del<br />

lavoro e non lasciare che si arrivi a<br />

mercanteggiare o a tenere conto soltanto<br />

di una di esse a detrimento<br />

delle altre.<br />

Lo scorso 10 marzo, a Bienne per la preparazione allo sciopero, le donne si scaldano per la protesta.<br />

www.collegedutravail.ch


24<br />

La lunga strada verso<br />

lo sciopero delle donne<br />

Nel 1991 nel settore dei libri<br />

addirittura il CCL prevedeva<br />

ancora dei salari femminili<br />

più bassi. Poi c’è stato un<br />

processo e le donne l’hanno<br />

vinto. Ed è stato solo l’inizio.<br />

Testo: Patrizia Mordini<br />

Foto: Adrian Flükiger<br />

Il 14 giugno 1991 mezzo milione di<br />

donne di tutta la Svizzera sono scese<br />

in strada per scioperare. Lo slogan<br />

dello sciopero era «Wenn frau will,<br />

steht alles still» (Quando le donne<br />

vogliono, tutto si ferma). Lo sciopero<br />

era stato proclamato dall’Unione<br />

Sindacale Svizzera come protesta<br />

contro una realizzazione troppo lenta<br />

dell’articolo costituzionale del<br />

1981 sulla parità e contro le persistenti<br />

disuguaglianze in numerosi<br />

ambiti sociali, economici e politici.<br />

Christiane Brunner ne è stata una<br />

figura centrale, integrata nel movimento<br />

femminile e nei sindacati.<br />

Una delle rivendicazioni principali<br />

era quella della parità salariale: le<br />

prime idee riguardo uno sciopero<br />

delle donne vennero partorite dalle<br />

lavoratrici dell’industria orologiaia<br />

nella Vallée de Joux. Con le più svariate<br />

azioni di protesta e manifestazioni,<br />

le donne di allora espressero<br />

la loro grande (e giusta) frustrazione.<br />

Richieste verso il direttore generale<br />

La delegazione delle donne dell’Unione PTT incontra il direttore generale Jean-Noël Rey.<br />

Il gruppo di lavoro femminile dell’Unione<br />

PTT il 14 giugno elaborò<br />

un elenco di rivendicazioni in occasione<br />

del suo evento formativo che<br />

vide la partecipazione di 270 donne.<br />

Questo elenco comprendeva misure<br />

per permettere alle donne l’accesso<br />

a posizioni più alte come anche al<br />

tempo parziale, dei modelli lavorativi<br />

che conciliassero vita familiare e<br />

lavorativa, asili nido, incentivazione<br />

di un ritorno alla vita lavorativa e<br />

chiedeva che le ripercussioni di<br />

nuove tecnologie e ristrutturazioni<br />

avessero un occhio di riguardo verso<br />

il personale femminile. Una delegazione<br />

di 12 colleghe consegnò il<br />

catalogo di rivendicazioni all’allora<br />

direttore generale Jean-Noël Rey.<br />

L’azione giudiziaria delle donne SLC<br />

Un altro fatto importante risalente<br />

al 1991 riguarda il nostro sindacato<br />

pre-predecessore Sindacato del libro<br />

e della carta (SLC). Allora fu negoziato<br />

un nuovo Contratto Collettivo<br />

di Lavoro (CCL) per i rilegatori tra<br />

il SLC e i datori di lavoro rappresentati<br />

della Società delle legatorie svizzere.<br />

Riguardo ai salari era stata inserita<br />

una clausola con stipendi più<br />

bassi per le donne, per la precisione<br />

2.250 franchi lordi per le manovali<br />

delle legatorie mentre per gli uomini<br />

con lo stesso livello di qualifica<br />

erano 2.684 franchi. Non potendolo<br />

accettare, le donne del SLC hanno<br />

adito le vie legali e hanno intentato<br />

un processo contro il proprio sindacato,<br />

con la giustificazione che questa<br />

disparità salariale violava l’articolo<br />

costituzionale. Così è successo<br />

che il SLC non poté firmare l’ultimo<br />

contratto per gli anni 1991-1995. Il<br />

processo si è tenuto nel febbraio del<br />

1994 e le donne hanno ottenuto ragione.<br />

Per questo successo sono stati<br />

centrali la grande solidarietà tra le<br />

donne e la pressione dall’esterno.<br />

Erika Trepp ha ricoperto un ruolo<br />

fondamentale in questa battaglia. Il<br />

Gruppo d’Interesse Donne l’ha rintracciata<br />

e ha organizzato insieme a<br />

lei un evento celebrativo a Zurigo lo<br />

scorso 29 aprile.<br />

Efficacia dello sciopero delle donne<br />

Lo sciopero delle donne del 1991 ha<br />

avuto un enorme effetto per una<br />

maggiore parità, anche se non immediato.<br />

Alcuni esempi: nel 1995 le<br />

Camere hanno approvato la legge<br />

sulla parità dei sessi, con delle regole<br />

per l‘applicazione dell’articolo<br />

sulla parità e un divieto di molestie<br />

sessuali sul posto di lavoro. Allora<br />

questo significava un enorme passo<br />

avanti. Nel 2004, dopo tre tentativi<br />

falliti, il popolo ha approvato un<br />

progetto sull’assicurazione maternità<br />

con cui è stato finalmente attuato<br />

un articolo costituzionale del lontano<br />

1945. Inoltre, in molti luoghi<br />

sono stati creati degli impieghi par<br />

condicio e negli incarichi politici<br />

sono state elette più donne. Un effetto<br />

che è entrato nella storia come<br />

«effetto Brunner», basta vedere poi<br />

le elezioni suppletive per il Consiglio<br />

federale nel marzo 1993. La non<br />

elezione della candidata ufficiale PS<br />

Christiane Brunner ha suscitato l’indignazione<br />

di migliaia di donne che<br />

hanno ben espresso questo sentimento<br />

in Piazza federale. Il largo<br />

movimento di protesta, che si è diffuso<br />

ancor più nei giorni successivi,<br />

è stato reso possibile anche grazie al<br />

networking che c’era stato in occasione<br />

dell’organizzazione dello sciopero<br />

delle donne. La strategia conservatrice<br />

per evitare l’elezione di<br />

una consigliera federale PS non ha<br />

funzionato: una settimana dopo infatti<br />

è stata eletta Ruth Dreifuss.


<strong>syndicom</strong> ti sostiene nello sciopero delle donne!<br />

25<br />

Più grande il movimento e lo sciopero, più forza e sicurezza sprigionano. I sindacati sostengono<br />

i lavoratori che scioperano. Chi ha in mente delle azioni sul posto di lavoro o vuole scioperare,<br />

dovrebbe assolutamente mettersi in contatto con il suo sindacato.<br />

Ecco tre risposte alle domande più frequenti.<br />

Lo sciopero delle donne è uno sciopero<br />

classico?<br />

La maggioranza delle colleghe vuole<br />

scioperare il 14 giugno. Come ci tuteliamo?<br />

Siamo un piccolo gruppo che vuole<br />

scioperare. Come possiamo partecipare<br />

allo sciopero e tutelarci?<br />

Rispondono <strong>syndicom</strong> e USS<br />

In effetti, si tratta di uno sciopero sui generis. Gli scioperanti<br />

sostengono rivendicazioni che riguardano sia il<br />

lavoro retribuito come anche quello domestico e non<br />

pagato. Questa giornata di sciopero e azione si indirizza<br />

sia alla società, alla politica e alle autorità ma sindacalmente<br />

anche ai datori di lavoro. La parità è sancita nella<br />

Costituzione federale dal lontano 1981, ma non è mai<br />

stata realizzata. Per questo già nel 1991 ci fu un grosso<br />

sciopero delle donne. Dal 1996 in Svizzera esiste una<br />

legge sulla parità dei sessi, che stabilisce l’uguaglianza<br />

tra donne e uomini nel mondo del lavoro. Ciò nonostante,<br />

le disparità sul lavoro continuano e mancano all’appello<br />

delle misure politiche concrete, benché le donne non abbiano<br />

lasciato nulla d’intentato. Adesso le donne dicono<br />

basta e vogliono essere ascoltate con lo sciopero. L’USS ha<br />

ribadito la legittimità dello sciopero delle donne 2019.<br />

Con le sue rivendicazioni sociali e sul diritto del lavoro, lo<br />

sciopero delle donne è allo stesso tempo una manifestazione<br />

politica, garantita dalla Costituzione federale, ma<br />

anche un conflitto di lavoro. Tuttavia, la partecipazione a<br />

una manifestazione politica da sola non giustifica uno<br />

sciopero. Una partecipazione legittima allo sciopero delle<br />

donne presuppone la soddisfazione di alcuni criteri. In<br />

special modo, le richieste riguardo al miglioramento delle<br />

condizioni di lavoro vanno rivolte ai datori di lavoro e,<br />

rispettivamente, all’organizzazione padronale e fatte<br />

confluire nei negoziati. Inoltre, i sindacati aderenti devono<br />

sostenere lo sciopero e questo non deve violare un<br />

eventuale obbligo di pace esistente. Il tutto va preparato<br />

con cura e <strong>syndicom</strong> ti può aiutare.<br />

Discutete la vostra partecipazione con il datore di lavoro.<br />

Se il vostro datore di lavoro non vi dispensa dal lavoro,<br />

contattate <strong>syndicom</strong>. Il sindacato verificherà se sussistono<br />

le condizioni per uno sciopero legittimo e vi aiuterà.<br />

Ma non fate assolutamente scioperi selvaggi, ovvero<br />

azioni libere senza il sostegno sindacale. Potreste rischiare<br />

delle sanzioni dal punto di vista del diritto del<br />

lavoro. Contatta il tuo segretariato regionale. Saremo lieti<br />

di appoggiarti con idee e know-how.


26 Rubriche<br />

Idee<br />

Corsi su misura e su richiesta<br />

Quante volte abbiamo visto un corso<br />

di formazione che ci interessava<br />

però le date non si combinavano<br />

con la nostra agenda? Quante volte<br />

abbiamo dovuto rinunciare a un<br />

momento importante di crescita<br />

professionale perché eravamo di<br />

turno al lavoro o c’erano altri appuntamenti<br />

privati irrinunciabili?<br />

Proprio per avvicinarsi sempre di<br />

più alle esigenze dei lavoratori (e dei<br />

tempi veloci che ci tocca vivere), il<br />

programma di perfezionamento<br />

professionale di Helias è stato affinato<br />

anno dopo anno. Già dal 2018 è<br />

stata introdotta la novità dei corsi<br />

Smart, caratterizzati da breve durata,<br />

con un focus specifico sul tema<br />

trattato, oltre a un costo ridotto. Da<br />

quest’anno, Helias propone anche<br />

corsi su richiesta, organizzati in<br />

date da stabilire, una volta raggiunto<br />

il numero minimo di soli quattro<br />

interessati. Le date verranno quindi<br />

concordate in seguito con i vari partecipanti.<br />

In fondo, basta un calendario<br />

«doodle» condiviso per trovare<br />

le date che vadano bene per tutti!<br />

Un’altra modalità è rappresentata<br />

dai corsi specifici per un’azienda<br />

che vuol tenersi al passo nel settore<br />

mediatico, dell’industria grafica e<br />

della comunicazione visiva. Helias<br />

mette a disposizione la competenza<br />

dei suoi docenti per organizzare corsi<br />

aziendali. Ad esempio, negli scorsi<br />

mesi si è tenuto un corso di infografica<br />

per alcuni dipendenti di un<br />

quotidiano ticinese. Helias invita<br />

quindi i lavoratori (e anche le aziende)<br />

a segnalare i corsi ai quali sono<br />

interessati attraverso il modulo di<br />

iscrizione sul sito internet o prendendo<br />

contatto con il sindacato.<br />

Una volta raggiunto il numero minimo<br />

di interessati, verrete contattati<br />

per concordare le date di svolgimento<br />

del corso. Si può inoltre sempre<br />

richiedere l’organizzazione di corsi<br />

tenutisi gli anni precedenti. (Red)<br />

La lista e i formulari di iscrizione ai corsi<br />

Helias si trovano su www.helias.ch<br />

Dove soffia il vento<br />

Negli Anni Settanta la classe operaia<br />

era al centro del dibattito politico e<br />

sociale, perfino culturale. Il sogno<br />

era di liberare sé stessi per liberare<br />

l’umanità intera. Invece, oggi la<br />

classe operaia non va in paradiso<br />

(come titolava cinicamente un film<br />

con Gian Maria Volonté) ma è piombata<br />

in un incubo. Non esiste più il<br />

«sol dell’avvenire». Anzi, il futuro<br />

non si riesce neppure più a immaginarlo,<br />

in un panorama industriale<br />

in piena crisi, tra robotizzazione e<br />

delocalizzazioni, precarietà e sfruttamento.<br />

Ce lo racconta l’ultimo reportage<br />

di Loris Campetti, storica<br />

firma del quotidiano italiano il manifesto,<br />

noto anche alle nostre latitudini<br />

per la collaborazione con area.<br />

Con il consueto stile colloquiale, lasciando<br />

parlare i protagonisti, Campetti<br />

percorre l’Italia del Nord di inizio<br />

millennio, dalla fabbrica di<br />

elicotteri Agusta alle cooperative di<br />

Reggio Emilia (ex roccaforte «rossa»)<br />

fino ai ciclo-fattorini di Foodora.<br />

L’istantanea è desolante. Salari<br />

in caduta libera, accesso all’istruzione<br />

sempre più difficile, ascensore<br />

sociale bloccato al piano zero. Neppure<br />

gli operai si considerano più<br />

«classe». Le moderne tecnologie<br />

spingono verso l’individualismo e la<br />

competizione. E nascono lotte tra<br />

poveri, sempre contro gli ultimi: i<br />

«bangla» dei cantieri navali, i «pipistrelli»<br />

del turno di notte. Che fare?<br />

Colmare il fossato tra lavoratori e<br />

politica. Non facile. Ma forse il vento,<br />

quel vento che soffia ancora,<br />

come nella canzone di Bertoli, verrà<br />

dal basso. (Gio.Vi.)<br />

Loris Campetti, Ma come fanno gli operai,<br />

160 pagine, 14 euro, www.mannieditori.it<br />

Per un pugno di minuti in più<br />

In fondo, cosa sono sette minuti? Il<br />

tempo di una sigaretta, di una telefonata,<br />

di un caffè. Una manciata di<br />

minuti, che spesso scorrono senza<br />

neppure accorgercene, nel flusso<br />

quotidiano di lavoro-spostamenti-incontri-vita<br />

sociale (e anche sui<br />

social). Eppure, sette minuti sono<br />

fondamentali nel film con lo stesso<br />

titolo, co-prodotto da RSI e dalla ticinese<br />

Ventura Film nel 2016. Sette<br />

minuti sono infatti quelli richiesti<br />

dalla nuova proprietà a 300 operaie<br />

di una fabbrica tessile. Non ci saranno<br />

licenziamenti, ma dovranno rinunciare<br />

a sette minuti di pausa.<br />

Che saranno mai, sette minuti, in<br />

una giornata lavorativa di otto ore?<br />

Che saranno mai, sette minuti, in<br />

cambio del mantenimento del posto<br />

di lavoro? Dovrà decidere il consiglio<br />

di fabbrica, formato da undici<br />

donne, diversissime tra loro, dalla<br />

ventenne neoassunta alla veterana.<br />

La discussione (che ricorda nel classico<br />

del cinema La parola ai giurati)<br />

avviene in una stanza, proprio come<br />

a teatro: il film è infatti tratto da una<br />

pièce di Stefano Massini. E mette<br />

tutte contro: italiane contro immigrate,<br />

impiegate contro operaie, giovani<br />

contro anziane. Quei sette minuti,<br />

all’apparenza insignificanti,<br />

diventano l’emblema della dignità<br />

delle lavoratrici, un altro pezzetto di<br />

quei diritti che sono stati cancellati<br />

uno dopo l’altro. Il regista Michele<br />

Placido ha il merito di indagare su<br />

ciò che accade nelle fabbriche, tra<br />

licenziamenti e delocalizzazioni.<br />

Giovanni Valerio<br />

7 minuti è disponibile su DVD:<br />

www.filmcoopi.ch/it/movie/7-minuti<br />

© FILMCOOPI


1000 parole<br />

La matita di Ruedi Widmer<br />

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28 Eventi Istantanee dal Primo Maggio 2019<br />

Il tema dominante dei cortei della Festa del lavoro in tutta la Svizzera è stato<br />

quello della parità, in occasione dell’imminente sciopero delle donne.<br />

Per ricordare a tutti un principio sancito dalla Costituzione fin dal 1981!<br />

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1, 2. «Ora basta!»: a Ginevra, più di 2.500 persone hanno rivendicato più<br />

uguaglianza, giustizia sociale e misure per il clima. (© Demir Sönmez)<br />

3. A Zurigo, la più grande manifestazione nel paese ha riunito circa<br />

16mila persone. (© Nina Scheu)<br />

4. In Piazza Grande a Locarno, le donne hanno addirittura cantato per<br />

ottenere giustizia! (© Giovanni Valerio)<br />

5. A Thun, il dibattito sul clima e le speranze dei giovani erano al centro<br />

dei discorsi ufficiali. (© Fabrizio D’Orazio)<br />

6. A Zurigo, anche le libraie hanno chiesto migliori salari e orari di<br />

lavoro. (© Dominik Dietrich)<br />

7, 8. A Losanna, tutte le generazioni hanno rivendicato la parità tra<br />

donne e uomini. (© Sylvie Fischer)<br />

9. «Parità salariale, punto e basta!»: questo il tema della festa<br />

organizzata a Biel/Bienne. (© Stefanie Fürst)<br />

10. A Basilea, un coloratissimo patchwork annuncia l’imminente sciopero<br />

delle donne del 14 giugno. (© Frantisek Matous)<br />

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Un lavoro,<br />

una vita<br />

Femminismo è partecipazione<br />

Dopo dieci anni alla redazione di Cooperazione,<br />

Isabella Visetti (1968) dal<br />

2013 lavora come giornalista alla RSI,<br />

dove su Rete Uno attualmente conduce<br />

la trasmissione La consulenza e il corso<br />

di dialetto radiofonico Dialett in sacocia<br />

nella parte dell’allieva «gnüca».<br />

È iscritta al sindacato da vent’anni, ha<br />

tre figli e siede nel comitato della Federazione<br />

delle associazioni femminili<br />

Ticino (FAFTPlus).<br />

Testo: Valeria Camia<br />

Foto: Flavia Leuenberger Ceppi<br />

Le pari opportunità<br />

sono un vantaggio per<br />

l’intera società<br />

Sensibile alle tematiche di parità di<br />

genere, lo sono sempre stata. Ben<br />

prima di entrare a far parte della<br />

Commissione delle donne a Berna;<br />

ancor prima di iscrivermi al sindacato<br />

Comedia e schierarmi per i diritti<br />

delle lavoratrici, alla fine degli Anni<br />

Novanta. Direi che l’incontro con<br />

femministe «radicali» nella Svizzera<br />

tedesca e con Barbara Bassi (l’allora<br />

Segretaria politica del sindacato Comedia,<br />

diventato poi <strong>syndicom</strong>) è stato<br />

fondamentale per dare un nome a<br />

quel disagio che già molto tempo prima<br />

avevo provato, e che non mi aveva<br />

mai più abbandonata. Avevo nove<br />

anni. Venivo a trovare mia nonna a<br />

Lugano e con lei andavo a messa,<br />

dove vedevo bambine nel servizio<br />

all’altare. Una cosa impensabile nelle<br />

chiese della Valsolda, dove abitavo.<br />

Sembra ieri l’incontro voluto dal<br />

parroco della mia parrocchia con i<br />

miei genitori, per dissuadermi da<br />

quella rivoluzionaria idea di fare la<br />

chierichetta. La mia lotta per la parità<br />

tra uomo e donna nasce lì.<br />

Più avanti la mia battaglia si sarebbe<br />

spostata sulla parità salariale,<br />

sulla conciliabilità famiglia–lavoro,<br />

sui diritti delle madri lavoratrici, sul<br />

part-time solo al femminile. «Come<br />

farai a organizzarti, tra impegni lavorativi<br />

e cura di tuo figlio?». La mia<br />

fortuna è stata di aver vissuto a Berna<br />

e Basilea, dove ho lavorato per il settimanale<br />

Cooperazione. Mi sono trasferita<br />

in Svizzera interna quando il<br />

mio primogenito aveva poco più di<br />

un anno: ho trovato un clima meno<br />

stereotipato per quel che riguarda la<br />

genitorialità, rispetto al Ticino, forse<br />

anche per un modello familiare<br />

meno influenzato dal patriarcato.<br />

Mi affascina e rispetto il femminismo<br />

pungente e apertamente critico<br />

del fare maschile; ma credo in un<br />

femminismo più inclusivo (senza che<br />

questo comporti avere posizioni più<br />

«soft» in materia di diritti e parità).<br />

Certo, essere femministe vuol dire,<br />

inevitabilmente, dare fastidio, perché<br />

a denunciare la scarsa presenza<br />

delle donne nelle stanze dei bottoni<br />

o nei media, ad esempio, si finisce in<br />

collisione con il mondo maschile. Il<br />

femminismo del quale mi faccio portavoce<br />

è però rivolto alla società tutta,<br />

vuole rendere tutti più felici.<br />

Sono femminista perché credo<br />

che le pari opportunità siano un diritto<br />

fondamentale, ma anche perché<br />

le pari opportunità offrono un vantaggio<br />

competitivo alla società intera:<br />

davvero vogliamo rinunciare alle<br />

competenze, ai talenti, alle risorse, al<br />

punto di vista delle donne?<br />

Sono orgogliosa del lavoro svolto<br />

da FAFTPlus e dei risultati ottenuti<br />

dalla campagna #iovotodonna alle<br />

scorse elezioni cantonali, il cui successo<br />

non va misurato solo in numero<br />

di seggi. È una sfida importante e<br />

ancora tutta aperta, quella della sensibilizzazione<br />

al tema della parità di<br />

genere come misura della salute di<br />

una democrazia.<br />

faftplus.ch


Impressum<br />

Redazione: Sylvie Fischer, Oliver Fahrni, Giovanni<br />

Valerio, Marie Chevalley<br />

Tel. 058 817 18 18, redazione@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

Traduzioni: Barbara Iori, Alleva-Translations,<br />

Petra Demarchi<br />

Illustrazioni: Katja Leudolph<br />

Foto senza copyright: © zVg<br />

Layout e correzione: Stämpfli SA, Berna<br />

Stampa: Stämpfli SA, Wölflistrasse 1, 3001 Berna<br />

Notifica cambi di indirizzo: <strong>syndicom</strong>, Adressverwaltung,<br />

Monbijoustrasse 33, CP, 3001 Berna<br />

Tel. 058 817 18 18, Fax 058 817 18 17<br />

Inserzioni: priska.zuercher@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

Abbonamenti: info@<strong>syndicom</strong>.com<br />

Gratis per i soci. Per gli altri: Fr. 50.– (estero: 70.–)<br />

Editore: <strong>syndicom</strong> – sindacato dei media<br />

e della comunicazione, Monbijoustrasse 33,<br />

CP, 3001 Berna<br />

La <strong>rivista</strong> <strong>syndicom</strong> esce sei volte l’anno.<br />

Il prossimo numero uscirà il 30 agosto 2019<br />

Chiusura redazionale: 22 luglio 2019<br />

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Il cruciverba di <strong>syndicom</strong><br />

In palio un buono Coop. La soluzione<br />

sarà pubblicata sul prossimo numero<br />

insieme al nome del vincitore. Non è<br />

previsto alcuno scambio di corrispondenza<br />

sul concorso. Sono escluse<br />

le vie legali. Inviare la soluzione<br />

entro il 22 luglio a <strong>syndicom</strong>,<br />

via Genzana 2, 6900 Massagno.<br />

La soluzione del cruciverba dello scorso<br />

numero è REDDITO. Il vincitore è Fabrizio<br />

Bellorno di Soazza, a cui va il premio di<br />

una tessera Hotelcard. Congratulazioni!<br />

Pubblicità<br />

«Voglio una<br />

vita migliore.»<br />

La sua donazione aiuta a far uscire<br />

le persone da povertà e disagio<br />

Fare la cosa giusta<br />

Aiutare ora via SMS e donare 10 franchi: «POVERTÀ 10» al 227


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Le ragioni della<br />

protesta<br />

Perché scioperiamo il 14 giugno<br />

Gloria Casas, 34 anni,<br />

assistente universitaria<br />

«Andrò a scioperare perché le donne<br />

lavorano il doppio degli uomini ma<br />

guadagnano la metà, subiscono<br />

violenze machiste al lavoro, a casa<br />

e negli spazi pubblici. Vogliamo che<br />

tutto questo cambi per ottenere<br />

un’uguaglianza reale»<br />

Annick, 62 anni,<br />

infermiera pediatrica<br />

«Voglio lottare per la parità, per le<br />

giovani e le bambine, perché nulla<br />

è scontato, e in solidarietà con le<br />

donne di tutto il mondo»<br />

Talissa Rodriguez, 31 anni,<br />

assistente sociale<br />

«Per riconoscere il lavoro<br />

invisibile e non retribuito che<br />

si prendono a carico le donne,<br />

un lavoro enorme»<br />

Maude Rampazzo, 35 anni,<br />

badante<br />

«Per abolire i privilegi<br />

dell’uomo bianco cinquantenne,<br />

in generale»<br />

Regina Frei, 24 anni,<br />

libraia<br />

«Per me, lavoratrice in un settore<br />

a bassi salari, lo sciopero<br />

delle donne rappresenta l’opportunità<br />

di attirare l’attenzione<br />

su questa situazione e di<br />

solidarizzare con altre donne»<br />

Elisa Turtschi, 30 anni,<br />

consulente giuridica<br />

«Andrò a scioperare per le<br />

stesse ragioni per cui lo<br />

ha fatto già mia madre<br />

nel 1991: perché nulla è<br />

cambiato»<br />

Schira Netser, 36 anni,<br />

libraia<br />

«Trovo sia incredibilmente<br />

incoraggiante potersi impegnare<br />

a fianco di altre donne per<br />

buone condizioni di lavoro e per<br />

la parità fra uomini e donne»<br />

Brigitte Hürlimann,<br />

56 anni, giornalista<br />

«Il 14 giugno andrò in strada<br />

per rendere visibili le donne<br />

per far sì che vengano<br />

ascoltate. Per mostrare che<br />

la parità è lontana dall’essere<br />

realizzata. Purtroppo»<br />

Denise Geraci, 50 anni,<br />

impiegata La Posta<br />

«Sarò in piazza il 14 giugno<br />

perché voglio che le donne<br />

siano presenti là dove sono<br />

prese le decisioni importanti<br />

per la nostra società»<br />

Maria Luisa Gardoni, 48 anni,<br />

consulente clienti PostShop<br />

«Partecipo allo sciopero perché ancora<br />

oggi, quando parla una donna,<br />

non ha lo stesso valore di quando<br />

parla un uomo. Inoltre, dobbiamo<br />

essere la voce e il volto di quelle<br />

donne che nel mondo non possono<br />

esprimersi liberamente e vengono<br />

perseguitate solo perché sono<br />

donne»

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