PORTAVOCE DI SAN LEOPOLDO MANDIC - maggio 2019

Portavoce di san Leopoldo Mandic (Dal 1961, a Padova, la rivista del santuario di padre Leopoldo, francescano cappuccino, il santo della misericordia e dell'ecumenismo spirirituale) Portavoce di san Leopoldo Mandic (Dal 1961, a Padova, la rivista del santuario di padre Leopoldo, francescano cappuccino, il santo della misericordia e dell'ecumenismo spirirituale)

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10.05.2019 Views

Portavoce N. 4 - MAGGIO 2019 di san Leopoldo Mandić Mensile - anno 59 - n. 4 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD DAL 3 AL 12 MAGGIO 2019 NOVENA E FESTA DI SAN LEOPOLDO CON IL VICARIATO DI CRESPANO DEL GRAPPA

Portavoce<br />

N. 4 - MAGGIO <strong>2019</strong><br />

di san Leopoldo Mandić<br />

Mensile - anno 59 - n. 4 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD<br />

DAL 3 AL 12 MAGGIO <strong>2019</strong><br />

NOVENA E FESTA<br />

<strong>DI</strong> <strong>SAN</strong> <strong>LEOPOLDO</strong><br />

CON IL VICARIATO<br />

<strong>DI</strong> CRESPANO DEL GRAPPA


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Portavoce<br />

di san Leopoldo Mandić<br />

Periodico di cultura religiosa<br />

dell’Associazione «Amici di San Leopoldo»<br />

Direzione, Redazione, Amministrazione<br />

Associazione «Amici di San Leopoldo»<br />

Santuario san Leopoldo Mandić<br />

Piazzale Santa Croce, 44 - 35123 Padova<br />

Sito internet<br />

www.leopoldomandic.it<br />

Direttore e Redattore<br />

Giovanni Lazzara<br />

Dir. Responsabile<br />

Luciano Pastorello<br />

Hanno collaborato a questo numero<br />

Massimo E. Putano, Flaviano G. Gusella,<br />

Gianfranco Tinello, Gianluigi Pasquale,<br />

Giovanni Marcadella, Ugo Suman,<br />

Marco Roveroni e Fabio Camillo<br />

Impaginazione<br />

Barbara Callegarin<br />

Stampa<br />

Stampe Violato - Bagnoli di Sopra (PD)<br />

Editore<br />

Associazione «Amici di san Leopoldo»<br />

Spedizione in abbonamento postale<br />

Pubblicazione registrata presso il Tribunale<br />

di Padova il 18 ottobre 1961, n. 209 e al R.O.C.,<br />

n. 13870. Con approvazione ecclesiastica<br />

e dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini<br />

Garanzia di riservatezza<br />

Nel rispetto del D.L. n. 196/2003 Portavoce di san<br />

Leopoldo Mandić garantisce che i dati personali<br />

relativi agli associati sono custoditi nel proprio<br />

archivio elettronico con le opportune misure di<br />

sicurezza. Tali dati sono trattati conformemente<br />

alla normativa vigente, non possono essere<br />

ceduti ad altri soggetti senza espresso consenso<br />

dell’interessato e sono utilizzati esclusivamente per<br />

l’invio della Rivista e iniziative connesse<br />

In copertina: il santuario con il monumento<br />

di san Leopoldo<br />

Le foto, ove non espressamente indicato, hanno<br />

valore puramente illustrativo<br />

Questa testata non fruisce di contributi statali<br />

Chiuso in prestampa il 19 marzo <strong>2019</strong><br />

e consegnato a Poste Italiane<br />

tra il 15 e il 19 aprile <strong>2019</strong><br />

■ versamento su conto corrente postale<br />

n. 68943901, intestato a<br />

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riservato ai titolari di un conto Bancoposta<br />

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da qualsiasi mese dell’anno. Il cambio di indirizzo è gratuito:<br />

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Direttore Portavoce di san Leopoldo M.<br />

Santuario san Leopoldo Mandić<br />

Piazzale S. Croce, 44 - 35123 Padova<br />

Rettore del santuario<br />

Fra Flaviano Giovanni Gusella<br />

Santuario san Leopoldo Mandić<br />

Piazzale S. Croce, 44 - 35123 Padova


AI LETTORI<br />

Un angelo con il bastone<br />

Questa è la storia di una conversione.<br />

Un cambiamento interiore, tanto inatteso<br />

e rapido da essere scambiato per una<br />

malattia. È la storia anche di un “angelo”<br />

singolare, diverso da quelli, bellissimi, che<br />

s’immaginano vestiti di bianco e muniti di ampie<br />

ali piumate.<br />

Tutto ha inizio a Monselice, la città alle pendici<br />

dei Colli Euganei tra Padova e Rovigo.<br />

La guerra è passata da qualche anno, ma s’è<br />

portata via tante persone buone. Come la mamma e<br />

il papà del piccolo Olivo Ramin, che a sette anni viene<br />

accolto nel collegio Solarium Cini delle Suore della<br />

Misericordia. Le religiose sono amorevoli con Olivo e<br />

gli altri bambini: insegnano a volersi bene e a volerne<br />

a Maria, la Mamma del cielo. Raccontano storie che<br />

danno speranza. In particolare, parlano spesso di<br />

padre Leopoldo, morto solo pochi anni prima. Un frate,<br />

dicono, la cui vita santa calamitava a Padova un fiume<br />

di persone.<br />

Suor Angela lo descrive con tratti vivi: piccolo,<br />

barba bianca lunga, pugno chiuso e col bastone in<br />

mano. «Quanto mi piacerebbe conoscerlo!», fantastica<br />

Olivo. «Ogni giorno andavo nel boschetto e, davanti<br />

alla riproduzione della grotta di Lourdes, pregavo<br />

la Madonna perché mi facesse incontrare padre<br />

Leopoldo».<br />

Terminata la scuola elementare, però, Olivo è<br />

costretto a lasciare quel collegio e tante persone a<br />

cui s’era affezionato. È come diventasse orfano una<br />

seconda volta, a undici anni.<br />

L’approdo al nuovo orfanotrofio comporta nuova<br />

sofferenza. E l’adolescenza significa nuove domande<br />

senza risposta. Olivo cresce, guarda i coetanei e le loro<br />

famiglie. «Perché non sono come loro? Perché questa<br />

ingiustizia?». Comincia a prendersela con Dio e con<br />

la Chiesa. Sembrano così lontani i giorni felici tra le<br />

suore, le preghiere con gli amichetti, le passeggiate<br />

a Monselice su per l’acciottolato che unisce le sette<br />

chiesette del santuario. Quanto avara è stata la vita con<br />

me, pensa. Le giornate sembrano tenute insieme da<br />

bestemmie, cattiverie e tanti, troppi bicchieri di vino.<br />

È soprannominato “Fra eresie”.<br />

Finalmente arriva Antonietta, la donna di cui<br />

s’innamora e sposa. È un dono del cielo, ma Olivo<br />

ancora non lo sa. Educata, gentile e cristiana,<br />

Antonietta manda giù tanti bocconi amari. Ama<br />

davvero Olivo: non gli piacciono molti tratti del suo<br />

comportamento, ma non lo lascia mai. Continua a<br />

pregare perché, ritrovando la fede, si ravveda e cambi.<br />

Olivo fa lo scalpellino. Gli strumenti di lavoro sono<br />

pochi e pesanti. Le mani callose e inaridite dalla<br />

polvere della pietra. Per qualche giorno si trova a<br />

lavorare anche in una cappella del Cimitero Maggiore<br />

di Padova. Durante la pausa pranzo, «anziché andare<br />

al bar con gli altri operai», ricorda, «andavo alla tomba<br />

di padre Leopoldo, ricordando la serena infanzia a<br />

Monselice». Intanto la vita continua, con le sue fatiche<br />

e scarse soddisfazioni.<br />

Un giorno, è il 2 gennaio 1995, Olivo va a letto,<br />

stanco morto. Come il suo solito, il pensiero di tante<br />

cose storte diventa occasione per bestemmie e altri<br />

pensieri innominabili. Prende sonno, ma verso l’una<br />

di notte accade qualcosa.<br />

«In sogno, mi vedo davanti quel vecchietto con la<br />

barba bianca, il pugno chiuso e nella mano il bastone.<br />

Camminava a fianco del mio letto e mi diceva: “Olivo,<br />

torna ai sette anni. Volevi vedermi: ora sono qui. Devi<br />

volere tanto bene alla Madonna, devi pregare tanto e<br />

dire un rosario al giorno. Ora ti benedico”».<br />

Olivo, che sta ancora sognando, incredulo fissa il<br />

frate. Quasi a rassicurarlo, padre Leopoldo aggiunge:<br />

«Non vedi che cammino vicino al tuo letto? Toccami<br />

pure, sono veramente padre Leopoldo!».<br />

<br />

MAGGIO <strong>2019</strong> | <strong>PORTAVOCE</strong> | 3


LA FOTO RACCONTA<br />

PADRE <strong>LEOPOLDO</strong> A LOURDES<br />

Nel luglio 1934 padre Leopoldo prese parte a un pellegrinaggio al santuario mariano di Lourdes in Francia.<br />

Nella foto è ritratto con un gruppo di pellegrini della parrocchia di Santa Croce in Padova.<br />

Scrive il suo biografo: «Passò giorni di paradiso, confessando e pregando ininterrottamente.<br />

Celebrò la santa messa sull’altare della grotta e, in quel momento, ebbe dalla Madonna<br />

grazie straordinarie» (P. Bernardi). Il primo a sin., nella fila centrale, è Rinaldo Pietrogrande,<br />

all’epoca presidente degli uomini di Azione Cattolica di Padova, tra i fondatori del Partito Popolare.<br />

Avvocato originario di Este (Padova), si spostò a Lendinara (Rovigo) e, a causa delle minacce dei fascisti<br />

(che gli devastarono lo studio bruciando tutti gli incartamenti e pratiche del lavoro), a Padova.<br />

(foto cortesemente messa a disposizione dalla figlia, Mariolina Pietrogrande Giorio)<br />

Il mattino seguente, la moglie Antonietta si accorge<br />

che è capitato qualcosa a Olivo. Rassegnata a sentire<br />

le prime maledizioni o bestemmie della giornata,<br />

ritrova invece il marito come ammutolito. Si spaventa<br />

e pensa che qualche malattia l’abbia colpito.<br />

Quando rincasa, alla sera, Olivo trova la moglie<br />

e i due figli ancora preoccupati per il suo cambiamento.<br />

Finalmente a cena racconta il sogno fatto, lasciando<br />

tutti sbalorditi.<br />

Da quel giorno, «io, che avevo bestemmiato e<br />

oltraggiato il Signore e i santi per 45 anni, ho cambiato<br />

vita. Non sono più lo stesso, non più una bestemmia!».<br />

Poco dopo, una signora sconosciuta, di ritorno da<br />

Medjugorje, consegna a Olivo una coroncina del<br />

rosario. Come se l’avesse mandata padre Leopoldo!<br />

Confida Olivo: «Molte persone mi chiedono di<br />

pregare per le loro sofferenze e io tengo fede alle<br />

promesse fatte... La grazia dell’Eucaristia con la santa<br />

messa quotidiana serale in parrocchia mi dà una vita<br />

serena, calma… Sono sempre pronto a raccontare il<br />

mio modo di vita e la mia conversione, senza alcuna<br />

vergogna. Grazie a san Leopoldo e alla Vergine santa!».<br />

Come ogni anno, il 12 di questo mese di <strong>maggio</strong><br />

festeggiamo padre Leopoldo, l’angelo con il bastone,<br />

che scese a recuperare Olivo. P<br />

Giovanni Lazzara, direttore<br />

4 | <strong>PORTAVOCE</strong> | MAGGIO <strong>2019</strong>


Sommario<br />

N. 4 MAGGIO <strong>2019</strong> ANNO 59<br />

3<br />

10<br />

12<br />

15<br />

20<br />

21<br />

Editoriali<br />

UN ANGELO CON IL BASTONE / AI LETTORI / di Giovanni Lazzara<br />

«NON POSSIAMO PERDERE L’ANIMA!» / LA VOCE DEL <strong>SAN</strong>TUARIO / di Flaviano G. Gusella<br />

Attualità ecclesiale<br />

IO, ME<strong>DI</strong>CO, TRA I PICCOLI PAZIENTI / INTERVISTA / di Gianfranco Tinello<br />

IL “FEMMINILE” NELLA CHIESA. LE INNOVAZIONI <strong>DI</strong> PAPA FRANCESCO /<br />

di Gianluigi Pasquale<br />

Speciale novena<br />

NOVENA E FESTA <strong>DI</strong> <strong>SAN</strong> <strong>LEOPOLDO</strong> 3-12 MAGGIO / IL PROGRAMMA<br />

DOVE LA PEDEMONTANA VENETA GUARDA A PADOVA. IL VICARIATO <strong>DI</strong> CRESPANO<br />

DEL GRAPPA / di Giovanni Marcadella e parroci del vicariato<br />

30<br />

38<br />

San Leopoldo ieri e oggi<br />

HO CONOSCIUTO UN <strong>SAN</strong>TO / di Ugo Suman<br />

IL CUORE AL <strong>DI</strong> LÀ DEL MARE / UNA CREATURA NASCOSTA > 4 / FUMETTO /<br />

di Marco Roveroni<br />

4<br />

6<br />

32<br />

34<br />

36<br />

Rubriche<br />

LA FOTO RACCONTA<br />

LETTERE A <strong>PORTAVOCE</strong> / di Massimo Ezio Putano<br />

GRAZIE, <strong>SAN</strong> <strong>LEOPOLDO</strong> / a cura della Redazione<br />

VITA DEL <strong>SAN</strong>TUARIO / a cura della Redazione<br />

CALENDARIO LITURGICO / di Gianfranco Tinello<br />

MAGGIO <strong>2019</strong> | <strong>PORTAVOCE</strong> | 5


ATTUALITÀ ECCLESIALE<br />

Io, medico<br />

tra i piccoli pazienti<br />

Intervista al prof. Antonio Ruggiero, direttore<br />

dell’Oncologia pediatrica del Policlinico Gemelli<br />

di Roma. L’importanza dell’alleanza tra ricerca<br />

scientifica e umanità a beneficio dei bambini<br />

affetti da tumore<br />

d i G i a n f r a n c o Ti n e l l o<br />

Il prof. Antonio Ruggiero è responsabile<br />

dell’Unità di Oncologia<br />

pediatrica del Policlinico<br />

Gemelli e professore associato<br />

di Pediatria generale e specialistica<br />

presso l’Università cattolica del<br />

Sacro Cuore, sempre a Roma. Gli abbiamo<br />

rivolto qualche domanda per<br />

conoscere qualche aspetto professionale<br />

e umano del suo lavoro quotidiano<br />

a contatto con tanti pazienti.<br />

Prof. Ruggiero, come è approdato<br />

a questo reparto?<br />

«Quasi per caso. Da specializzando<br />

in pediatria, tra le rotazioni era prevista<br />

la pratica in Oncologia pediatrica,<br />

per quattro mesi. Al termine<br />

del servizio, il responsabile, prof.<br />

Riccardi, mi offrì la possibilità di<br />

poter continuare la mia formazione<br />

con lui attraverso una tesi di specialità<br />

di Oncologia pediatrica. Correva<br />

l’anno 1995, da allora sono ancora<br />

qui. Dopo la specializzazione di<br />

Pediatria generale, iniziai ad avere<br />

qualche borsa di studio e, nel frattempo,<br />

ottenni una seconda specializzazione<br />

in Ematologia ed Oncologia<br />

pediatrica. Nel 2005 mi recai a<br />

Liverpool, in Inghilterra, per approfondimenti<br />

in Oncologia pediatrica.<br />

Dal novembre 2017 sono responsabile<br />

dell’Unità, qui a Roma».<br />

Le malattie oncologiche<br />

colpiscono anche i bambini?<br />

«La situazione è molto complessa.<br />

Anzitutto, occorre dire che i tumori<br />

dei bambini sono più rari che negli<br />

adulti. In Italia la patologia oncologica<br />

negli adulti conta circa 380.000<br />

nuovi casi all’anno. Mentre per i<br />

bambini si registrano circa 1.500-<br />

1.600 casi nuovi all’anno. Inoltre<br />

i tumori che colpiscono i bambini<br />

sono diversi. Gli adulti soffrono prevalentemente<br />

di tumore al polmone,<br />

alla mammella, al colon-retto e alla<br />

prostata. Nel bambino, invece, sono<br />

più frequenti i tumori cerebrali e le<br />

leucemie acute».<br />

Quali cure si prestano loro?<br />

«I farmaci che si usano per i bambini<br />

derivano dal mondo degli adulti.<br />

Dobbiamo però far funzionare un<br />

farmaco per una patologia diversa,<br />

perché il tumore per cui si usa<br />

nell’adulto è diverso da quello del<br />

bambino. E c’è un problema: poiché<br />

sono necessarie sperimentazioni<br />

per immettere un farmaco in<br />

commercio, le aziende farmaceutiche<br />

hanno poco interesse a sviluppare<br />

chemioterapici per il bambino,<br />

considerata la bassa frequenza della<br />

patologia oncologica pediatrica. Le<br />

stesse, poi, temono che la sperimentazione<br />

clinica nei bambini sia<br />

limitata da potenziali effetti collaterali<br />

a cui il bambino può essere più<br />

esposto per la sua giovane età».<br />

Quali conseguenze hanno<br />

queste “politiche” dell’industria<br />

farmaceutica?<br />

«Affinché un farmaco chemioterapico<br />

con un’indicazione terapeutica<br />

per gli adulti possa essere utilizzato<br />

per un bambino occorrono mediamente<br />

6-8 anni, molti dei quali spesi<br />

per completare gli studi sperimentali<br />

nel bambino. Per rispondere a<br />

questa emergenza, negli Usa ed in<br />

Europa dal punto di vista legislativo<br />

è stato proposto un incentivo: se<br />

l’azienda farmaceutica porta avanti<br />

la sperimentazione di un farmaco<br />

non solo nell’adulto, ma contempo-<br />

12 | <strong>PORTAVOCE</strong> | MAGGIO <strong>2019</strong>


aneamente anche nel bambino, il<br />

brevetto per il farmaco viene prolungato<br />

di cinque anni, ricevendone<br />

quindi un ritorno economico. Si<br />

pensi che lo sviluppo di un farmaco<br />

costa diversi milioni di euro: occorre,<br />

quindi, che il farmaco funzioni e<br />

abbia mercato».<br />

Che ne pensa<br />

delle cure alternative?<br />

«Anche nell’ambito della cura del<br />

tumore, sempre più spesso si sente<br />

parlare di “cure alternative”. Penso<br />

che bisogna essere chiari nelle cose.<br />

Il medico deve essere bene informato<br />

sulla medicina tradizionale, ma<br />

anche su quella alternativa. Deve<br />

saper comunicare i pro e i contro,<br />

in modo che i genitori e i familiari<br />

del paziente abbiano coscienza dei<br />

rischi delle medicine alternative».<br />

Con quale spirito opera come<br />

medico nella ricerca e nella cura<br />

della malattia oncologica<br />

che colpisce i bambini?<br />

«Mi spinge il desiderio di fare qualcosa<br />

che aiuti questi bambini. Ci sono<br />

tante sconfitte, ma anche tante vittorie.<br />

In altri ospedali, i bambini affetti<br />

da tumore sono accolti e trattati<br />

assieme agli altri bambini. Io credo,<br />

invece, che serva uno spazio riservato<br />

ai bambini oncologici, uno spazio<br />

che tenga conto delle loro necessità<br />

e che rispetti le loro particolarità e<br />

fragilità. Inoltre, un reparto dedicato<br />

come il nostro, qui all’ospedale<br />

Gemelli, dà la possibilità di un supporto<br />

per le famiglie. Sappiamo che<br />

per ogni bambino ammalato, tra<br />

genitori, parenti e amici ci sono 60-<br />

100 persone coinvolte».<br />

Quanto è importante<br />

la comunicazione<br />

con i pazienti e le famiglie?<br />

«Ricordo che molti anni fa neppure<br />

si nominava il tumore, anche perché<br />

la possibilità di guarire era bassissima<br />

e corta l’aspettativa di vita. Ora<br />

c’è più attenzione al tema dell’informazione,<br />

che non è solo un obbligo<br />

etico e morale derivante dal Giuramento<br />

di Ippocrate (il codice fondamentale<br />

di comportamento di ogni<br />

medico, ndr), ma anche un dovere<br />

legislativo. Oggi si risponde alla necessità<br />

di coinvolgere il bambino e la<br />

famiglia. Soprattutto gli adolescenti<br />

e i ragazzi vogliono la verità, altrimenti<br />

la fiducia viene meno. Quando<br />

parliamo con loro diciamo che<br />

saranno sottoposti a chemioterapie,<br />

trasfusioni, che si perderanno i capelli,<br />

ma che a fronte di questo c’è<br />

la possibilità di guarire. Con i più<br />

piccoli è diverso. Il bambino piccolo<br />

non ha la cognizione del futuro, vissuto<br />

in maniera inconsapevole. Per<br />

questo, per i loro genitori è un sollievo<br />

che il bambino non capisca».<br />

Insomma, occorre molta<br />

umanità e tempo…<br />

«Sì, la fase di informazione sulle cure<br />

e sulle complicanze richiede tempo.<br />

In un colloquio, tutto ciò che è detto<br />

dopo la parola “tumore” non viene<br />

ricordato, per questo servono dei<br />

colloqui successivi. Una buona abitudine<br />

è di non dare comunicazioni<br />

importanti in corridoio o in stanze<br />

disturbate da altri che lavorano. In<br />

Inghilterra a questo scopo ci sono<br />

delle Quiet room (stanza tranquilla)<br />

dedicate esclusivamente ai colloqui<br />

e alle comunicazioni. Il medico<br />

deve avere tempo a disposizione –<br />

anche 1 o 2 ore – per dare la giusta<br />

importanza alle notizie fornite alla<br />

famiglia. Sappiamo che la qualità<br />

della comunicazione influenza in<br />

maniera significativa la qualità della<br />

terapia, oltre ad agevolare anche<br />

MAGGIO <strong>2019</strong> | <strong>PORTAVOCE</strong> | 13


IO, ME<strong>DI</strong>CO TRA I PICCOLI PAZIENTI<br />

l’accettazione di un eventuale peggioramento<br />

del quadro clinico».<br />

I giovani e giovanissimi pazienti<br />

devono trascorrere tante ore<br />

in ospedale. Cosa si fa per loro?<br />

«Nel nostro reparto abbiamo spazi<br />

dedicati alla scuola, all’attività ludica<br />

come la sala-giochi, ma desideriamo<br />

realizzare un’area solo per<br />

gli adolescenti. Inoltre desideriamo<br />

allungare il limite della fascia “pediatrica”<br />

fino ai 21 anni, perché abbiamo<br />

evidenza che, per una stessa<br />

patologia oncologica, i risultati<br />

delle terapie sono migliori quando<br />

i pazienti vengono trattati con protocolli<br />

sviluppati per l’età pediatrica<br />

piuttosto che con quelli utilizzati<br />

per l’età adulta».<br />

Il vostro reparto si presenta<br />

bene: ordinato e simpatico.<br />

Come si mantiene dal punto<br />

di vista economico?<br />

«Il finanziamento deriva dal budget<br />

dell’ospedale, ma anche da fonti<br />

esterne, come associazioni di genitori<br />

o fondazioni con finalità di supporto<br />

medico. Abbiamo bisogno di<br />

questi ulteriori aiuti per migliorare<br />

continuamente non solo l’assistenza,<br />

ma anche la sistemazione alberghiera<br />

di un reparto modellato sul<br />

bambino e sulla sua famiglia».<br />

Quale spazio ha la fede<br />

nella sua professione?<br />

«Io vengo dal mondo cattolico e, nel<br />

corso della mia formazione scolastica,<br />

ho frequentato le scuole benedettine.<br />

Anche grazie a questa formazione,<br />

ritengo che la forza della<br />

fede sia fondamentale».<br />

Alcuni atleti della Nazionale italiana<br />

rugby in visita all’Oncologia pediatrica<br />

del Gemelli<br />

A proposito della fede:<br />

la malattia la mette alla prova...<br />

«I genitori hanno bisogno di credere<br />

in qualcosa. La situazione di estrema<br />

sofferenza fa rinsaldare le fedi<br />

vacillanti, nella <strong>maggio</strong>r parte dei<br />

casi. Altri vivono con rabbia verso<br />

Dio il fatto che il figlio si sia ammalato.<br />

Tuttavia, la fede è un pilastro<br />

su cui fondare e riporre le proprie<br />

speranze per i buoni risultati dei figli.<br />

Vediamo una sorta di conversione<br />

delle famiglie. Famiglie che non<br />

frequentavano la comunità religiosa<br />

ora vanno in pellegrinaggio a Lourdes.<br />

Vedo la mia esperienza di fede<br />

come uno scudo in più nelle situazioni<br />

difficili. In ogni caso, quando<br />

i bambini stanno male, la fede della<br />

famiglia e di chi li cura è messa a dura<br />

prova».<br />

«Perché?» ci si chiede di fronte<br />

alla sofferenza. Ha provato<br />

a dare una risposta?<br />

«Talvolta rispondiamo che la sofferenza<br />

colpisce la loro famiglia<br />

forse perché la famiglia è così ben<br />

strutturata e può reggere quel peso.<br />

Qualche genitore afferma che questa<br />

sofferenza è un dono ricevuto dal Signore,<br />

perché riscopre il legame con<br />

Dio che riconduce alla fede, anche<br />

quando il bambino non c’è più. Altri<br />

dicono che era qualcosa che doveva<br />

accadere per riscoprire la bellezza e<br />

l’importanza dei legami all’interno<br />

della famiglia. Ci sono genitori che<br />

tornano a trovarci a distanza di anni,<br />

pur nella sofferenza: sono sereni<br />

e parlano dell’esperienza di essersi<br />

riavvicinati alla fede». P<br />

14 | <strong>PORTAVOCE</strong> | MAGGIO <strong>2019</strong>


SPECIALE NOVENA<br />

Dove la Pedemontana<br />

veneta guarda a Padova<br />

Il Vicariato<br />

di Crespano del Grappa<br />

d i G i o v a n n i M a r c a d e l l a<br />

Il Vicariato di Crespano si estende su un territorio<br />

molto particolare ed è per questo un vicariato con<br />

caratteristiche proprie. Si allunga ai piedi del massiccio<br />

del Monte Grappa a occupare tutta la falda<br />

che, dopo una discesa ripida, quasi a precipizio,<br />

s’infrange sulla schiena di dolci e aggraziate colline. Valli<br />

aspre come fenditure si insinuano nel grembo della montagna<br />

e lo risalgono arcigne fin quasi a toccare il cielo. Ma<br />

al piede, dove l’asprezza si scioglie in gradazioni intense<br />

e tenui, luminose e opache, il verde che domina lascia la<br />

pennellata forte e diventa un riposante pastello, disseminato<br />

di contrade bianche di sasso. Tutto questo fino a Romano,<br />

tracciando l’asta lunga di una L, che s’interrompe<br />

all’improvviso e si spinge verso il piano ad angolo retto,<br />

superando la linea delle dolci colline fino a perdersi nella<br />

campagna. Lambisce anche Bassano del Grappa, che quasi<br />

respinge, mentre la conurbazione vorrebbe ingoiarlo.<br />

Questo è il Vicariato, descritto con penna volutamente<br />

poetica. Se lo merita. Ma naturalmente non è tutto<br />

qui. Il suo territorio abbraccia nove parrocchie, distribuite<br />

su quattro comuni divisi tra le provincie<br />

di Vicenza e Treviso. Non vi è coincidenza tra le circoscrizioni<br />

religiose e quelle amministrative civili. Tutta la<br />

sua gente, per interessi e per attività, gravita su Bassano<br />

del Grappa, salvo che in quegli ambiti, come la sanità,<br />

per i quali l’assetto politico ha stabilito propri vincoli,<br />

cose che un tempo definivamo sovrastrutture.<br />

È evidente che una situazione così particolare genera<br />

una serie di contraddizioni e di conseguenti problemi,<br />

anche nei rapporti di Vicariato. Due parrocchie di un<br />

medesimo comune sono confluite in vicariati diversi.<br />

E altri casi ancora stanno accadendo e potranno verificarsi<br />

a causa del processo di aggregazione di più comuni,<br />

per ragioni di miglioria dei servizi pubblici e di<br />

economicità di gestione. Sotto il profilo economico, produttivo,<br />

commerciale, dunque, l’area vicariale gravita su<br />

MAGGIO <strong>2019</strong> | <strong>PORTAVOCE</strong> | 21


SPECIALE NOVENA<br />

Bassano, città di riferimento sotto il profilo culturale e<br />

scolastico, anche se nel territorio sono presenti istituti<br />

scolastici privati di livello superiore, che vantano una<br />

lunga e rinomata tradizione.<br />

Il territorio è molto ricco di storia, che dissemina<br />

le sue testimonianze un po’ ovunque. Degni di nota i siti<br />

antichissimi di Crespano, ascritti al Neolitico, e quelli di<br />

presenza protoligure installati sulle splendide conoidi di<br />

deiezione più esposte alla carezza del sole. Di <strong>maggio</strong>r<br />

rilevanza sono i reperti archeologici di epoca romana.<br />

A Sant’Eulalia, dove si conserva un sarcofago funerario<br />

con dedica a Caio Vettonio, si menzionano feste rituali<br />

pagane come i floralia e i vindemialia. A Romano d’Ezzelino,<br />

in quella parte che più s’inoltra nella campagna, vi<br />

sono tracce evidenti della centuriazione romana di epoca<br />

imperiale. E sulle colline, celate in profondità sotto<br />

strutture più tarde, emergono testimonianze di devozione<br />

paleocristiana.<br />

L’impronta più forte, documentata peraltro soprattutto<br />

da fonti archivistiche, l’ha lasciata il Medioevo. Un<br />

colle di Romano d’Ezzelino fu culla del dominio feudale<br />

degli Ezzelini. In alcuni versi della sua Divina Commedia,<br />

Dante cita «quella parte della terra prava», ove «sorge<br />

un colle e non surge molt’alto, donde scese una facella<br />

che fece alla contrada grande assalto» (Paradiso, canto<br />

IX). È noto che la «facella» (fiamma) è Ezzelino III da Romano,<br />

signore della Marca Trevigiana nella prima metà<br />

del Duecento. Ci sono altri siti interessanti: ad esempio<br />

in Valle Santa Felicita, legata fortemente ad antiche presenze<br />

eremitiche e a un più tardo monastero dipendente<br />

da Santa Giustina di Padova; legata, ancora, a uno dei<br />

più antichi mercati del Veneto, citato in un documento<br />

imperiale dell’anno 1000 e finito, insieme ad altri beni<br />

e cappelle, tra le proprietà del monastero di Santa Eufemia,<br />

in territorio padovano, nel 1085. Testimonianze<br />

medioevali sono distribuite in oratori collinari e pedemontani,<br />

che portavano nomi di dedicazione paleocristiana,<br />

come San Cassiano, San Martino, San Pancrazio<br />

o, più tardi, Santa Maria e Santa Eulalia, che fu antichissima<br />

pieve di tutto il territorio, e pure in altri luoghi strategici,<br />

ove gli scavi archeologici hanno fatto emergere<br />

resti di strutture fortificate, come torri e castelli.<br />

Con la fine della signoria degli Ezzelini il territorio entrò<br />

in area politica trevigiana, tant’è che Romano, al suo<br />

limite occidentale, assunse funzione di area fortificata<br />

di confine e fu per questo zona di battaglie e di presidio<br />

militare. Appartenne per secoli alla podesteria di Asolo.<br />

Solo dopo la caduta della Serenissima Repubblica di Venezia<br />

– nel nuovo assetto amministrativo che la regione<br />

ebbe dal governo napoleonico, prima, e asburgico, poi –<br />

la direttrice politica cambiò, e Bassano divenne il nuovo<br />

fulcro di riferimento.<br />

Nei secoli di governo veneziano, i vari paesi della<br />

zona avevano conosciuto un discreto progresso<br />

economico e sociale. Lo attestano, tra l’altro, l’organizzazione<br />

degli insediamenti abitativi, le belle chiese edificate,<br />

la presenza (ancor viva) di colture importanti e<br />

produttive (ulivo, vite, castagno), e gli edifici proto-industriali,<br />

quali mulini, magli e fornaci.<br />

Purtroppo l’Ottocento, soprattutto la seconda metà,<br />

ha segnato un sofferto periodo di decadenza, sfociato<br />

nella forte emigrazione, nella crisi demografica, nella<br />

povertà più nera e diffusa. Il colpo di grazia è arrivato<br />

con lo scoppio della Prima guerra mondiale, quando<br />

tutta la zona divenne l’immediata retrovia di una linea<br />

del fronte bellico che attraversava le sue stesse montagne.<br />

In verità, questo accadde durante la fase estrema<br />

del conflitto, che per il sentimento nazionale fu anche<br />

la fase della riscossa dopo la catastrofe di Caporetto e di<br />

vittoria, ma che per questo territorio segnò uno sconvolgimento<br />

terribile nel paesaggio, nelle figure sociali, negli<br />

animi collettivi e dei singoli.<br />

Oggi resta, ancora forte, il segno di tanto dramma nelle<br />

piccole comunità, non tanto per i pur importanti monumenti,<br />

trincee rinnovate e mausolei che punteggiano<br />

la montagna del Grappa, quanto per un sentimento che<br />

non si cancella. Un sentimento fatto di rispetto, tenacia,<br />

grinta, mai disgiunte da un filo di devozione e da<br />

una inconsapevole, sottile ironia che viene da lontano e<br />

che sdrammatizza i problemi di tutti i giorni. P<br />

22 | <strong>PORTAVOCE</strong> | MAGGIO <strong>2019</strong>


ROMANO D’EZZELINO<br />

Notizie storiche relative alla chiesa di Romano si hanno<br />

a partire dal 1085. Essa viene eretta sul colle Bastia come<br />

una piccola pieve di campagna dedicata alla Madonna:<br />

Santa Maria di Romano. Conosce molte vicissitudini,<br />

non ultima quella di divenire cappella del castello che<br />

nell’aprile del 1164 diede i natali a Ezzelino III.<br />

Occorre aspettare il 1815 perché essa, ampliata nel<br />

corso del tempo, venga elevata ad arcipretale per opera<br />

del vescovo Francesco Scipione Dondi dell’Orologio.<br />

Verso la fine dell’Ottocento la chiesa risulta malconcia.<br />

Fu così che all’arciprete di allora venne l’idea di edificarne<br />

una in un luogo più comodo e accessibile ai fedeli,<br />

ai piedi del colle. I lavori iniziarono nel 1880 e si conclusero<br />

nel 1900. A navata unica in stile romanico, dedicata<br />

alla “Purificazione della B.V. Maria”, fu inaugurata<br />

l’8 dicembre 1903 e consacrata nel 1939. L’ultimo intervento<br />

è del 1981, con lo spostamento dell’altare <strong>maggio</strong>re<br />

verso l’aula e la collocazione della vasca battesimale<br />

nella zona del presbiterio. Nel monumentale altare<br />

privilegiato e negli affreschi sulle pareti del presbiterio,<br />

che rappresentano il miracolo della mula e l’incontro di<br />

sant’Antonio con il tiranno Ezzelino III, è documentata la<br />

devozione verso il Santo di Padova. Della vecchia chiesa<br />

rimane traccia nel cimitero, dove l’antico presbiterio<br />

ne è diventato cappella. Il campanile venne inaugurato<br />

nel 1955 e negli anni Ottanta il centro parrocchiale. Dal<br />

vasto territorio parrocchiale, nel 1894 fu smembrato<br />

Chiesa parrocchiale di Semonzo. A sinistra, Romano d’Ezzelino.<br />

A pag. 21, il Cima Grappa con il Sacrario militare<br />

quello della nuova parrocchia di Fellette e, nel 1930,<br />

quello che andò a costituire l’allora curazia autonoma<br />

di San Giacomo. In parrocchia opera una Scuola dell’Infanzia<br />

paritaria, è attivo il Centro parrocchiale animato<br />

dai volontari dell’Associazione NOI ed è presente una<br />

Casa di riposo per anziani di proprietà dell’Istituto dei<br />

Fatebenefratelli.<br />

SEMONZO<br />

Semonzo ha origini molto antiche. Compare, infatti, con<br />

leggere variazioni nel nome, Submontio o Semoncio, per<br />

la prima volta in un documento di donazione del 29<br />

aprile 1085. Nella decima papale del 1297 si parla di una<br />

chiesa di San Severo de Casale, in diocesi di Padova, soggetta<br />

alla pieve di Sant’Eulalia. La prima visita pastorale<br />

documentata risale al 25 settembre 1488 da parte del<br />

vescovo Barozzi. Nel 1519 l’arcivescovo Girolamo de Santi<br />

(suffraganeo di Marco Corner) consacrò l’altare della<br />

«capella magna... de novo fabricata...»; allora la chiesa<br />

risultava intitolata a san Severo e a santa Brigida. Tra il<br />

1750 e il 1756 fu ricostruita a una sola navata in stile ionico<br />

e consacrata nel 1842 dal vescovo di Mindo, Giovanni<br />

Battista Sartori Canova. Nel 1907 fu inaugurato il nuovo<br />

campanile in cotto alto quaranta metri.<br />

All’interno della chiesa di Semonzo, sull’altare dedicato<br />

a sant’Antonio di Padova è collocata una tela raffigurante<br />

il santo assieme a san Giuseppe e san Giacomo<br />

<strong>maggio</strong>re, opera settecentesca di Pietro Argentini. Sempre<br />

del 18° secolo è il dipinto di<br />

ambito veneto con Maria che visita<br />

santa Elisabetta, mentre è attribuita<br />

al veneziano Antonio Zucchi la<br />

serie di affreschi con gli evangelisti<br />

collocati nella controfacciata. Il<br />

presbiterio presenta due dipinti<br />

ottocenteschi, tra cui un’Ultima<br />

Cena di Giuseppe Puppin.<br />

Oggi la parrocchia è attiva con il<br />

suo Centro Parrocchiale intitolato<br />

alla “Madonna del buon volo” (nei<br />

dintorni ci sono i punti di lancio<br />

e i campi di atterraggio per gli appassionati<br />

sportivi di parapendio)<br />

e con la Scuola dell’Infanzia. Nel<br />

territorio di Semonzo si trovano<br />

altri edifici religiosi: il Sacello della<br />

Madonna del Buonconsiglio in<br />

Valle Santa Felicita (prima menzione<br />

nel 1404), l’Oratorio di San<br />

Giovanni Battista (menzionato nel<br />

1698), l’Oratorio di Sant’Orsola<br />

(menzionato nel 1694).<br />

MAGGIO <strong>2019</strong> | <strong>PORTAVOCE</strong> | 23


SPECIALE NOVENA<br />

LIEDOLO<br />

Unica parrocchia padovana del comune trevigiano di<br />

San Zenone degli Ezzelini, Liedolo compare per la prima<br />

volta in un documento storico nel 1223, quando Ezzelino<br />

II il Monaco spartì i suoi beni tra i figli Ezzelino<br />

III e Alberico. Ampliata nel Settecento, la chiesa è stata<br />

oggetto di ripetuti cantieri lungo gli ultimi secoli. Dedicata<br />

a san Lorenzo, con il suo rettore Guibellino, è elencata<br />

nella decima papale del 1297 tra quelle della pieve<br />

di Santa Eulalia. La visita pastorale del 1519 la descrive<br />

situata sopra un colle, con il campanile, tre altari e il<br />

cimitero intorno. Nel 1746 il cardinale Rezzonico la trovò<br />

esigua per l’accresciuto numero di abitanti, e ne suggerì<br />

l’ampliamento. Le sue disposizioni furono accolte, tanto<br />

che nel 1816 il vescovo Dondi dell’Orologio trovò la chiesa<br />

edificata da poco e non ancora consacrata.<br />

Ulteriori ampliamenti e ristrutturazioni furono eseguiti<br />

a fine Ottocento e all’inizio del Novecento, con il restauro<br />

della facciata e del campaniletto che fa corpo con<br />

la chiesa. Successivamente fu edificato un nuovo campanile,<br />

staccato, che venne inaugurato il 5 settembre 1932.<br />

Nove anni dopo, il 19 luglio 1941, fu consacrata la chiesa.<br />

<strong>SAN</strong>TA EULALIA<br />

Sant’Eulalia di Borso del Grappa (TV) è una piccola ma<br />

antichissima comunità ai piedi del Monte Grappa. Affonda<br />

le sue origini già nell’epoca romana, quando a<br />

Caio Vettonio Massimo della tribù Fabia (III sec.), veterano<br />

nella Legione Iberica, vennero offerte le terre pedemontane<br />

tra il Piave e il Brenta, come compenso al<br />

termine del servizio prestato presso l’esercito imperiale.<br />

Il “pago” romano prese il nome di Misquile. Molti resti<br />

romani sono stati trovati nei pressi del luogo dove sorge<br />

l’attuale chiesa plebaniale.<br />

La Pieve matrice – la più antica entità ecclesiastica<br />

della pedemontana – estendeva la sua influenza su tutti<br />

i paesi limitrofi e diede origine alle parrocchie di Romano,<br />

Semonzo, Liedolo, San Zenone, Mussolente, Borso e<br />

Crespano del Grappa. Per il rilievo storico di Santa Eulalia,<br />

il suo parroco porta il titolo di “pievano”, unico caso<br />

nella diocesi patavina, alla quale Santa Eulalia appartiene.<br />

Inoltre, dal 1909, per diritto pontificio di Pio X, ha<br />

la concessione all’uso del rocchetto, abito ecclesiastico<br />

che caratterizza la dignità canonicale ed episcopale.<br />

L’attuale chiesa plebaniale fu realizzata tra il 1773 e<br />

il 1794 su disegno di Antonio Gaidon (1738-1829). È di<br />

imponenti proporzioni architettoniche, sia all’esterno<br />

che all’interno. Il prospetto si erge su quattro colonne<br />

di stile corinzio, tra le quali vi sono semplici decorazioni<br />

con il simbolo della santa martire, titolare della pieve.<br />

L’interno, sempre di impostazione classica, ha il presbiterio<br />

decorato con stucchi originali di fattura veneziana.<br />

Liedolo<br />

La Pieve custodisce al suo interno opere pittoriche del<br />

Tiepolo, Ricci, Jacopo Bassano e Parmigianino (scuola),<br />

un prezioso altare <strong>maggio</strong>re opera di Francesco Bonazza<br />

e due immagini di santi di Orazio Marinali. L’organo,<br />

costruito da Gaetano Antonio Callido (1727-1813), dono<br />

di mons. Sartori Canova (fratellastro di Antonio Canova),<br />

in seguito all’abbattimento della vecchia parrocchiale di<br />

San Teonisto di Possagno che cedeva il posto all’attuale<br />

Tempio, è stato messo in opera il 1° Agosto 1797.<br />

La “Saletta del Sarcofago” custodisce il sarcofago del<br />

già citato veterano Caio Vettonio Massimo. Nel 1968,<br />

durante i lavori per la costruzione dell’attuale campo<br />

sportivo di Santa Eulalia, sono venute alla luce le fondamenta<br />

della chiesa di San Cassiano, di cui si conserva,<br />

a Padova, l’atto di riconsacrazione del 29 <strong>maggio</strong> 1210.<br />

Tale chiesa venne completamente abbattuta tra il 1774<br />

e il 1794, periodo durante il quale si stava costruendo la<br />

Pieve attuale.<br />

CRESPANO DEL GRAPPA<br />

Crespano del Grappa è una delle più popolose e ridenti<br />

località della Pedemontana meridionale del Grappa.<br />

Centro geografico in posizione dominante, si estende<br />

dai 300 m s.l.m. dell’abitato storico ai 1.774 di Cima<br />

Grappa, ed è adagiato lungo un conoide alle pendici<br />

del massiccio. Il paese è conosciuto per il suo aspetto<br />

di piccola cittadina (4.511 abitanti nel 2018), con i segni<br />

evidenti di un «Settecento industrioso e culturalmente<br />

illuminato», luogo rinomato per la salubrità dell’aria e<br />

le bellezze paesaggistiche, dotato di un complesso di<br />

servizi sanitari e sociali, commerciali e istituzionali cui<br />

fa riferimento tutta la zona circostante. Itinerari escursionistici<br />

e mete ricreative rendono il paese attraente e<br />

ospitale in tutte le stagioni dell’anno.<br />

Crespano ha conosciuto una fase di forte crescita<br />

economico-sociale fra il Cinquecento e il Settecento, soprattutto<br />

per le sue attività artigianali nel campo della<br />

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Santa Eulalia<br />

Crespano del Grappa<br />

Crespano del Grappa, antica chiesa di San Pancrazio<br />

produzione tessile e laniera. A partire dalla<br />

seconda metà dell’Ottocento e per tutto<br />

il Novecento, fino al secondo Dopoguerra,<br />

è stata invece, con gli altri paesi pedemontani,<br />

un’area di forte emigrazione e decadenza<br />

socio-economica. Tendenza che si<br />

è invertita dagli anni ‘90 del Novecento<br />

con l’arrivo di immigrati non comunitari<br />

che hanno fortemente frenato la tendenza<br />

al decremento demografico. Il paese<br />

offre tuttora discrete possibilità di impiego<br />

specie in campo socio-sanitario e nella<br />

piccola e media impresa: vi operano 261<br />

imprese, di cui 111 artigiane.<br />

Rilevanti sono a Crespano i luoghi di<br />

storia e di arte minore (il Duomo settecentesco,<br />

gli itinerari storici e architettonici<br />

delle ville e delle chiese minori), le sue<br />

istituzioni culturali e museali (il Centro<br />

Documentazione sul Grappa, il Museo<br />

della Grande Guerra, la Biblioteca di Palazzo<br />

Reale, diversi lasciti documentari), il<br />

centro di pellegrinaggio religioso del santuario<br />

del Covolo (vedi a pag 28), il centro<br />

naturalistico-scientifico di Casa don Bosco,<br />

il giardino vegetazionale dell’ex Vivaio<br />

Astego, il Museo storico e il complesso<br />

monumentale di Cima Grappa legato agli<br />

eventi bellici del Novecento (vedi a pag. 29).<br />

Crespano del Grappa, col referendum<br />

di qualche mese fa, è diventato frazione<br />

del nuovo comune di Pieve del Grappa,<br />

frutto della fusione dei precedenti comuni<br />

di Crespano del Grappa e Paderno del<br />

Grappa (in diocesi di Treviso). Quest’ultimo<br />

comprendeva anche la frazione Fietta.<br />

BORSO DEL GRAPPA<br />

Si ritiene che a Borso la diffusione del cristianesimo<br />

risalga già al IV secolo. Le origini<br />

della chiesa risalgono, tuttavia, agli inizi<br />

del 1700, se non prima. La vecchia chiesa,<br />

opera dell’arch. Antonio Gaidon, venne<br />

abbattuta agli inizi del Novecento, mentre<br />

l’attuale edificio si presume sia stato eretto<br />

tra il 1910 e il 1929. La chiesa possiede<br />

opere d’arte di grande pregio, tra le quali<br />

un grazioso tabernacolo, le statue ai lati di<br />

San Zenone e del Battista, alcune sculture<br />

del Bonazza e la pala di Jacopo da Ponte.<br />

Nel territorio parrocchiale sono degni<br />

di menzione alcuni interessanti luoghi di<br />

MAGGIO <strong>2019</strong> | <strong>PORTAVOCE</strong> | 25


SPECIALE NOVENA<br />

culto minori: tra questi il sacello dedicato a San Pio X, in<br />

località Campocroce, luogo in cui, nel 1901, l’allora papa<br />

Sarto sostò per poi salire sul Grappa. Tale sacello – nei<br />

mesi di luglio e agosto meta di culto e di preghiera per<br />

molti fedeli – si può raggiungere percorrendo la strada<br />

Gen. Giardino che conduce a Cima Grappa.<br />

Varie figure religiose sono state presenti nella parrocchia.<br />

Per 22 anni, dal 1967 al 1988, le Suore Dimesse di<br />

Padova hanno prestato la loro opera nell’ambito della<br />

Scuola Materna, ma non solo. Tra i sacerdoti succedutisi<br />

nel tempo si ricordano mons. Oliviero Licini, parroco<br />

per 35 anni (1947-1982), il cappellano don Italo Girardi,<br />

giunto a Borso nel 1960 e scomparso tragicamente dieci<br />

anni dopo.<br />

Borso è stata (e si spera lo sia ancora) terra di vocazioni.<br />

Don Giuseppe Giacomelli divenne sacerdote nel 1940,<br />

anche se nel 1945 rimase ferito mortalmente a Santa<br />

Giustina in Colle (PD), durante un rastrellamento. Negli<br />

anni Sessanta, vennero consacrati presbiteri don Giacinto<br />

Brion, don Giancarlo Ferraro e don Ottavio Vellandi,<br />

più recentemente vennero consacrati padre Domenico<br />

Fabbian, padre Gian Domenico Ziliotto ed emise i voti<br />

religiosi suor Maria Giovanna Parolin. Il 7 aprile 2018, è<br />

stato ordinato sacerdote don Gianluca Fabbian, anch’egli<br />

originario di Borso.<br />

Attualmente, nella parrocchia (che conta circa 2.500<br />

anime) operano vari gruppi, come il Consiglio pastorale<br />

parrocchiale, il Consiglio per gli affari economici, il<br />

Gruppo catechisti e accompagnatori dei genitori (nel<br />

nuovo percorso dell’Iniziazione Cristiana voluto dalla<br />

Chiesa di Padova), questi ultimi chiamati a rivitalizzare<br />

un cammino di fede per adulti. C’è anche la Schola Cantorum,<br />

sempre attenta nel curare le principali celebrazioni<br />

liturgiche e il piccolo coro Edelweiss (fondato nel<br />

1966), che nel tempo ha assunto dimensioni e notorietà<br />

considerevoli. Sempre molto operativi, poi, i vari comitati<br />

che si attivano nell’organizzazione delle sagre e il<br />

benemerito gruppo Caritas.<br />

<strong>SAN</strong> GIACOMO <strong>DI</strong> ROMANO<br />

Il primo documento ufficiale su San Giacomo e sulla sua<br />

chiesa è un atto del 1395 con il quale viene affittato un<br />

campo su cui giaceva la chiesa di San Giacomo di Torre,<br />

un piccolo oratorio, senza la presenza di un prete. Inizialmente<br />

tutta la zona dipendeva dalla pieve di Santa<br />

Eulalia, poi San Giacomo fu legato a Bassano, infine a<br />

Romano. Molto probabilmente ciò dipese agli incerti<br />

confini tra la diocesi di Padova e quella di Vicenza. Tra<br />

i territori delle diverse diocesi correva da sempre una<br />

striscia di terra lungo la quale i rispettivi vescovi potevano<br />

transitare senza dover pagare il pedaggio.<br />

Nel 1875 la chiesetta di San Giacomo, che ebbe come<br />

secondo titolo anche “Madonna dei Boschi”, fu ampliata.<br />

Il suo primo curato giunse solamente nel 1911, e la chiesetta<br />

ottenne il titolo di curazia nel 1913. Nel 1944 divenne<br />

parrocchia, e nel 1946 arrivò il primo parroco. Lo stesso<br />

anno venne posta la prima pietra della nuova chiesa,<br />

l’attuale. Da allora la parrocchia si è molto ingrandita, e<br />

conta oggi quasi 6.000 abitanti. Posta alle pendici del<br />

Monte Grappa e in periferia di Bassano, è molto attiva<br />

Borso del Grappa<br />

26 | <strong>PORTAVOCE</strong> | MAGGIO <strong>2019</strong>


nel volontariato e propone una Scuola dell’Infanzia bilingue.<br />

Tra le opere d’arte presenti nella chiesa, degna<br />

di nota una scultura lignea raffigurante la Madonna col<br />

Bambino, realizzata da maestranze venete negli anni a<br />

cavallo tra Sei e Settecento. Nell’antica parrocchiale tale<br />

scultura era collocata nel presbiterio, dietro l’altare<br />

<strong>maggio</strong>re, e l’appellativo “Madonna dei boschi” ne ricorda<br />

l’originaria titolazione. La chiesa è decorata con una<br />

serie di affreschi novecenteschi, opera dell’artista locale,<br />

il salesiano Luigi Zonta. I soggetti rappresentati sono la<br />

Pentecoste, l’Annunciazione, la Visitazione, le Nozze di Cana,<br />

l’Adorazione dei pastori, la Crocefissione e un gruppo<br />

di Angeli. All’esterno, la lunetta sopra il portale reca un<br />

affresco di Giovanni Luigi Bizzotto (1958), raffigurante il<br />

santo patrono, l’apostolo Giacomo minore.<br />

SACRO CUORE <strong>DI</strong> ROMANO<br />

È una frazione del comune di Romano d’Ezzelino con<br />

una popolazione di 1.266 persone di provenienza dai<br />

territori limitrofi, in particolare dai comuni di Cassola,<br />

Mussolente, Rosà e Bassano. È la frazione “più giovane”<br />

del comune. Anche la parrocchia, dedicata al Sacro Cuo-<br />

Da sinistra: mons. Gaetano Borgo (parroco di Crespano<br />

del Grappa), don Gianni Baccega (sacerdote residente<br />

a Crespano), don Teresio Baù (parroco di Fellette e Sacro<br />

Cuore di Romano d’Ezzelino), mons. Manuel Fabris,<br />

(parroco di S. Eulalia, Liedolo e Semonzo); don Cesarino<br />

Bordignon (parroco di Romano d’Ezzelino); don Fabrizio<br />

Tessarolo (parroco di Borso del Grappa) don Moreno<br />

Nalesso (parroco di S. Giacomo di Romano d’Ezzelino<br />

e vicario foraneo)<br />

re di Gesù, è piuttosto recente. L’iniziativa della sua costituzione<br />

venne direttamente dalla “base”. Il 7 giugno<br />

1955 i capifamiglia della località Lanzarini incontrarono<br />

il vicario generale della diocesi per prospettargli, vista la<br />

lontananza e la scomodità dalla parrocchiale di Fellette,<br />

la necessità di costruire una chiesa, sede di una nuova<br />

parrocchia.<br />

Nel 1961 venne allestita una cappella provvisoria al<br />

pianterreno della canonica; nel settembre 1963 giunse<br />

il sacerdote preposto alla guida della nuova comunità,<br />

cooperatore a Fellette. La prima pietra della nuova chiesa<br />

fu benedetta il 15 luglio 1964, anche se i lavori erano<br />

già iniziati, grazie alla collaborazione di tanti volontari<br />

che andavano fino al fiume Brenta per raccogliere pietre<br />

per la costruzione. La chiesa, inaugurata il 27 giugno<br />

1965 e, solo due mesi dopo, elevata a parrocchia, è stata<br />

consacrata il 3 <strong>maggio</strong> 1975 dal vescovo mons. Girolamo<br />

Bortignon. Gli ultimi lavori più importanti hanno interessato<br />

la ristrutturazione esterna e la ricomposizione<br />

architettonica della facciata della chiesa, che oggi presenta<br />

un grande bassorilievo in ceramica raffigurante<br />

Gesù Cristo che annuncia il vangelo (1974), opera dell’artista<br />

bassanese Amedeo Fiorese.<br />

Sono attivi la Scuola dell’Infanzia e il Centro parrocchiale<br />

“Giuseppe Gnoato” inaugurato nel 1987, che sta<br />

cercando di venire valorizzato, per la sua sala teatro, come<br />

punto di riferimento culturale per il territorio.<br />

San Giacomo di Romano<br />

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SPECIALE NOVENA<br />

Fellette e, a sinistra, Sacro Cuore di Romano<br />

FELLETTE <strong>DI</strong> ROMANO<br />

Tale comunità cristiana nasce come parrocchia col titolo<br />

di SS. Redentore nel 1896, distaccandosi da quella della<br />

Purificazione di Maria di Romano d’Ezzelino.<br />

Gli atti della visita pastorale del 1669 di san Gregorio<br />

Barbarigo citano un oratorio dedicato a san Lorenzo<br />

a Ca’ Bellegno presso Fellette, borgata più antica della<br />

parrocchia di Romano d’Ezzelino. All’epoca vi si celebrava<br />

la messa domenicale e si insegnava il catechismo.<br />

Un secolo dopo nell’oratorio, nel frattempo intitolato ai<br />

santi Rocco e Sebastiano e di proprietà dei nobili Erizzo,<br />

si officiava ogni giorno. Nel 1778 divenne curazia sussidiaria<br />

di Romano d’Ezzelino con sacerdote proprio.<br />

L’edificio sacro fu ingrandito e abbellito prima del<br />

1816, quando il vescovo Dondi dell’Orologio in visita lo<br />

trovò più ampio e con l’altare <strong>maggio</strong>re dedicato al SS.<br />

Redentore, da allora titolare definitivo della chiesa, consacrata<br />

nel 1832 ed elevata a parrocchia nel 1896.<br />

La chiesa attuale, con pianta a tre navate, fu costruita<br />

negli anni 1923-1925 in seguito a un voto che i fedeli<br />

avevano fatto nel 1917 per non essere costretti a lasciare<br />

le proprie case a causa della guerra. Venne consacrata<br />

dal vescovo mons. Elia Dalla Costa nel 1931. A metà degli<br />

anni ’90 del secolo scorso è stata aggiunta una cappella<br />

mariana, e nel 2000 è stato restaurato il presbiterio.<br />

È attivo il Centro parrocchiale dedicato a mons. Girolamo<br />

Bortignon, vescovo di Padova e nato a Fellette: dal<br />

2004 è il secondo polmone della comunità parrocchiale.<br />

La parrocchia offre a tutti indistintamente anche il servizio<br />

della Scuola dell’Infanzia.<br />

Dal punto di vista sociale, nel territorio della parrocchia<br />

di Fellette, frazione del comune di Romano d’Ezzelino<br />

e periferia della città di Bassano del Grappa, vivono<br />

circa 1.500 famiglie, per un totale di 4.060 persone. La<br />

presenza di famiglie di nazionalità straniera, extra-continentale<br />

o europea, è abbastanza numerosa. Anche l’appartenenza<br />

religiosa è varia: cristiani cattolici, cristiani<br />

ortodossi, cristiani delle chiese riformate, musulmani,<br />

fedeli di religioni orientali, Testimoni di Geova, oltre a<br />

tanti battezzati che si qualificano “agnostici”. In alcune<br />

famiglie è ancora vivo il ricordo di padre Leopoldo che,<br />

venendo da Bassano per la questua, si racconta, compì<br />

anche un miracolo di guarigione per un fanciullo malato.<br />

La devozione a san Leopoldo è tenuta viva anche per<br />

la presenza di un oratorio, situato in Via Redipuglia, di<br />

proprietà della famiglia Lessio, dove ogni anno si celebra<br />

la santa messa il 12 <strong>maggio</strong>.<br />

IL <strong>SAN</strong>TUARIO MARIANO<br />

DEL COVOLO<br />

Il luogo, tra i più cari al culto della Vergine Maria di tutto<br />

il Pedemonte e della stessa regione Veneto, secondo una<br />

pia tradizione risale alla metà del XII sec., quando un<br />

capitello e poi una chiesa, sarebbero stati eretti sul luogo<br />

(grotta, “covo”, da cui il nome) dove la Vergine Maria<br />

guarì una pastorella sordomuta dell’antica famiglia dei<br />

Vaccari di Crespano. Tuttavia la sua ambientazione naturale<br />

lo fanno risalire a epoche precedenti l’era cristiana,<br />

addirittura al periodo del paleoveneto.<br />

Rifacimenti successivi e modifiche strutturali, legate<br />

soprattutto al terremoto di Santa Costanza del 1695,<br />

portarono alla costruzione attuale che si deve al disegno<br />

di Antonio Canova, la cui madre era di Crespano.<br />

L’insigne artista, iscritto alla Confraternita della B.V. del<br />

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Il santuario della Madonna del Covolo a Crespano del Grappa<br />

Covolo, ne affidò la costruzione e l’esecuzione al cugino<br />

e collaboratore GioBatta Zardo detto Fantolin, fra il<br />

1804 e il 1809. La forma architettonica attuale si ispira<br />

al Pantheon di Roma e anticipa quella più imponente e<br />

complessa del Tempio di Possagno, eretto dal Canova<br />

un decennio dopo. Sul frontone del tempietto crespanese,<br />

sopra la porta d’ingresso si legge: «HIC ABITABO<br />

QUONIAM ELEGI EAM» (cioè «Qui abiterò perché l’ho<br />

scelta come mia dimora»). L’altare <strong>maggio</strong>re è sovrastato<br />

dalla statua originale della Vergine, intatta dopo un<br />

crollo del 1845. Le decorazioni dell’interno si devono a<br />

Demetrio Alpago. Una via carrozzabile, lunga due chilometri,<br />

è stata realizzata verso la metà del 1800, mentre il<br />

campanile verrà costruito negli anni ‘30 del Novecento.<br />

Durante la Grande Guerra il piazzale antistante fu<br />

occupato da un incrocio di teleferiche utilizzate per il<br />

trasporto di materiali al fronte di Cima Grappa, mentre<br />

l’interno della chiesa venne adibito a infermeria per i<br />

feriti che scendevano dal massiccio. Oggi il santuario è<br />

uno dei luoghi di culto più frequentati della regione.<br />

MONTE GRAPPA. DOVE NATURA<br />

E STORIA S’INCONTRANO<br />

Fino agli ultimi anni dell’Ottocento, il territorio del massiccio<br />

del Grappa era un ambiente naturale intatto, la<br />

montagna pressoché ignorata dalla storia, i luoghi conosciuti<br />

e frequentati quasi esclusivamente per lavoro<br />

dagli abitanti dei paesi pedemontani. Verso la fine di<br />

quel secolo, il Grappa comincia a essere frequentato<br />

da alcuni naturalisti attratti dalle sue specie vegetali e<br />

faunistiche. La storia fa la sua comparsa sul Grappa con<br />

la costruzione di Capanna Bassano, nel 1897, su iniziativa<br />

del Club Alpino di Bassano, formato soprattutto da<br />

pionieri ed escursionisti della borghesia cittadina. La<br />

passione per la montagna sarà prontamente colta dalla<br />

gerarchia ecclesiastica italiana che, al chiudersi del XIX<br />

secolo e in vista dell’Anno Santo del 1900, su suggerimento<br />

del Patriarca di Venezia, card. Giuseppe Sarto (il<br />

futuro papa san Pio X) promosse la costruzione di un<br />

sacello sulla parte sommitale della Cima, a poche decine<br />

di metri da Capanna Bassano. L’edificio sacro, dedicato<br />

alla Madonna Ausiliatrice, fu benedetto il 4 agosto 1901.<br />

Tutta l’Italia conobbe il Grappa durante la Grande<br />

Guerra, soprattutto dopo la rotta di Caporetto, nel novembre<br />

1917. Concluso il conflitto con decine di migliaia<br />

di caduti lungo tutto il fronte fino al Piave, venne eretto<br />

sulla sommità del monte un Sacrario Militare dove sono<br />

custoditi i resti di 12.315 caduti italiani e 10.295 austroungarici.<br />

Anche la Seconda guerra mondiale interessò<br />

la zona del Grappa: nel settembre 1944, un tragico e<br />

sanguinoso rastrellamento nazifascista causò nuovi lutti<br />

e nuove stragi fra le popolazioni del territorio. Tra gli<br />

anni ’60-’70 del Novecento, sulla parte sommitale venne<br />

installata una base missilistica. Tale base venne abbandonata<br />

verso la fine degli anni ’70.<br />

Oggi la Cima del Grappa è meta di pellegrinaggi e luogo<br />

di cerimonie religioso-patriottiche che hanno il loro<br />

momento culminante, ogni anno, nella cerimonia della<br />

prima domenica di agosto, quando autorità e popolo<br />

rendono o<strong>maggio</strong> ai caduti di tutte le guerre e di tutti gli<br />

eserciti affrontatisi sul monte. P<br />

Per i testi hanno collaborato i parroci delle varie parrocchie. Per<br />

le notizie storiche, cf. anche: Atlante delle parrocchie, ed. La Difesa<br />

del popolo, Padova 2009-2010.<br />

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GRAZIE, <strong>SAN</strong> <strong>LEOPOLDO</strong><br />

Una storia d’amore<br />

e d’intercessione<br />

Tutto ha inizio il 1° agosto 2015. Renato, mio<br />

marito, sente una fitta che si irradia a barra<br />

dallo stomaco all’addome. Il dolore non passa,<br />

così chiamiamo nostra figlia Chiara (medico<br />

anestesista) e insieme lo portiamo al Pronto<br />

Soccorso. Qui, il medico di guardia ci informa che,<br />

verosimilmente, delle metastasi compromettono la<br />

funzionalità del fegato di mio marito. Bam! La nostra<br />

vita cambia in un secondo!<br />

Grazie alla disponibilità del meraviglioso prof.<br />

Gringeri, Renato viene immediatamente ricoverato<br />

per accertamenti: bisognava individuare con sicurezza<br />

la sede del tumore primitivo. Dopo una settimana la<br />

diagnosi è: tumore al colon destro con diffuse metastasi<br />

epatiche. Prognosi: un anno di vita al massimo!<br />

Mia figlia Chiara contatta subito il prof. Brandi,<br />

responsabile del reparto oncologico dell’Ospedale<br />

Malpighi-Sant’Orsola di Bologna, centro all’avanguardia<br />

per questo tipo di malattia. Conosciuto per la sua<br />

ottima preparazione e la sua genialità, il medico ci<br />

consiglia una cura sperimentale che prevede alcuni<br />

cicli di chemioterapia (per cercare di arginare la<br />

progressione della malattia) con successiva rimozione<br />

del tumore primitivo e trapianto di fegato, nel caso<br />

fosse andato tutto liscio. Ci spiega che sarebbe stata<br />

durissima ma che, al tempo stesso, non c’erano altre<br />

possibilità. Poco tempo prima della “bomba”, la notizia<br />

della malattia di mio marito, avevo avuto modo di<br />

conoscere san Leopoldo e il suo santuario. Cosi, Renato<br />

e io, iniziamo a pregare questo frate misericordioso,<br />

affinché lo aiuti a sopportare con coraggio le cure.<br />

Sicuramente gli sta accanto perché non avviene la<br />

tanto temuta caduta dei capelli (che avrebbe dovuto<br />

iniziare alla prima chemioterapia) e non avverte<br />

né nausea né vomito. L’unico inconveniente risulta<br />

essere la perdita del gusto ma, nonostante ciò, mangia<br />

sempre tutto. Dopo il primo ciclo di otto chemio, il<br />

controllo TAC mostra notevoli miglioramenti, perciò<br />

il prof. Brandi decide di farci conoscere il prof. Pinna,<br />

responsabile del reparto di Chirurgia Epatobiliare<br />

dello stesso nosocomio. Egli, dopo avere visionato la<br />

documentazione di mio marito, programma il primo<br />

intervento: rimozione del tumore al colon. Prospetta<br />

il posizionamento di una colostomia di protezione<br />

(una specie di sacchetto esterno per la raccolta delle<br />

feci) che avrebbe dovuto tenere per circa un anno.<br />

Affranto, Renato accetta pur di aver salva la vita. Il<br />

giorno dell’operazione entra in sala sereno, perché sa<br />

di non essere solo: qualcuno gli è vicino e lo protegge.<br />

Io, fuori, aspetto e prego Maria e san Leopoldo affinché<br />

lo aiutino. Dopo qualche ora, il chirurgo raggiunge me<br />

e mia figlia. Ascoltando le sue parole, ci guardiamo<br />

incredule: non era stato necessario il confezionamento<br />

della colostomia dato che la chemioterapia non aveva<br />

leso l’intestino! Ancora una volta il Padre Santo era<br />

venuto in nostro soccorso. Si procede: altre sei chemio<br />

prima del trapianto di fegato. Ma c’è un problema:<br />

dopo l’ultima terapia, ci sarebbe stato solo un mese<br />

di tempo per trovare un fegato compatibile, prima<br />

che sopraggiungessero altre metastasi. E qui entro in<br />

gioco io. Quindici anni fa mi era stata diagnosticata<br />

una “gammopatia monoclonale” che, con stupore dei<br />

medici, dopo dieci anni, non ha più dato segni di sé (in<br />

letteratura i casi di remissione sono rarissimi). Inoltre<br />

ho scoperto che da piccola ero venuta a contatto con<br />

il virus dell’epatite B senza però sviluppare la malattia<br />

(allora non esisteva il vaccino).<br />

Vengo al dunque: il prof. Pinna ci chiede se<br />

Chiara o uno dei fratelli di Renato sarebbero stati<br />

disposti a donare parte del fegato. Mio marito rifiuta<br />

categoricamente che sua figlia si sottoponga a un<br />

32 | <strong>PORTAVOCE</strong> | MAGGIO <strong>2019</strong>


intervento così rischioso, mentre ai fratelli non vuole<br />

venga chiesto. Così mi faccio avanti io in qualità di<br />

possibile donatrice. Il prof. acconsente e, dopo quattro<br />

mesi di esami impegnativi e approfonditi, risulto<br />

essere oltre che in salute, molto più compatibile di<br />

Chiara e dei fratelli. Sbalordito, anche il chirurgo inizia<br />

a pensare che si tratti di un miracolo… Ancora san<br />

Leopoldo? A questo punto prima di dare il nulla osta<br />

all’intervento, Pinna mi spiega che avrei dovuto donare<br />

due terzi del fegato, che però presentava anatomia<br />

molto complessa per un’anomalia delle vene sovra<br />

epatiche. Insomma, io rischiavo la vita! Intanto vado<br />

in tribunale a firmare un documento che attesta la<br />

consapevolezza che avrei potuto non farcela e che,<br />

se qualcosa fosse andato storto, la mia famiglia non<br />

avrebbe potuto sporgere denuncia.<br />

15 novembre 2016: il giorno del trapianto. Renato e io<br />

ci salutiamo prima di entrare in sala operatoria. Dopo<br />

la nascita di mia figlia, è il momento più felice della mia<br />

esistenza: avrei donato la vita all’uomo che amo più<br />

di me stessa. Gli unici disperati erano Chiara e i miei<br />

genitori novantenni. Mentre Renato era sotto i ferri, io<br />

aspettavo il mio turno. Ero calmissima, certa che ne<br />

saremo usciti vivi. Sentivo la vicinanza dei nostri cari<br />

e di san Leopoldo, che ci vegliano dall’alto. Percepivo<br />

la loro carezza rassicurante. Ebbene, da quel blocco<br />

operatorio siamo usciti: tutto è andato meglio del<br />

previsto, anche se, durante l’intervento, la mia anomalia<br />

anatomica ha fatto disperate il prof. (che ha vissuto<br />

nel terrore di gravi complicanze per i primi giorni post<br />

operatori). Sono certa che insieme a lui ci fosse anche<br />

san Leopoldo, che ha continuato ad accarezzarmi per<br />

tutta la durata della degenza in ospedale.<br />

Dopo quasi tre anni, Renato sta bene, conduce<br />

una vita normale, anche se con numerosi controlli.<br />

Ha rimosso un’altra piccola metastasi al polmone,<br />

ma è ancora vivo, felice ogni giorno di più, grato<br />

a san Leopoldo per il suo aiuto (anche lui lo sente<br />

vicinissimo).<br />

Questa storia, apparentemente terribile,<br />

si è trasformata in un amore immenso e in una fede<br />

incrollabile verso Gesù. Qualsiasi cosa ci attenda<br />

nel futuro.<br />

Rosanna Schiavon e Roberto Zuin, Padova, 9.5.2018<br />

L’arrivo di Angelo<br />

Carissimo padre Leopoldo, sei sempre stato vicino<br />

alla mia famiglia, che da tanto tempo è devota a te. Ti<br />

scrivo per ringraziarti di cuore per l’arrivo di Angelo:<br />

un bimbo dolcissimo, vivace e pieno di vita. Grazie,<br />

padre Leopoldo, perché Angelo ci riempie le giornate<br />

di amore, gioia e vitalità. Mi affido a te perché sono<br />

nell’ultimo mese di gravidanza e porto in grembo una<br />

bambina che abbiamo deciso di chiamare Diletta. Ti<br />

affido questa piccola creatura: fa che nasca e cresca<br />

sana e forte. Confido in te e prego per tutti i bambini<br />

del mondo, perché possano trovare pace e serenità.<br />

Silvia Bigardi, San Pietro di Morubio (VR), 5.5.2018<br />

In breve<br />

Il 10 gennaio 2018 vi avevo chiesto preghiere per<br />

Silvano, che non respirava più autonomamente. Si<br />

trovava in rianimazione. A sua insaputa, ho invocato<br />

san Leopoldo e ora è rientrato a casa. Oggi le sue<br />

condizioni sono decisamente migliorate: il suo<br />

polmone lacerato si è cicatrizzato senza interventi<br />

chirurgici. Sono convinta che san Leopoldo sia stato<br />

determinante.<br />

Giovanna Columbano, Calangianus (SS), 5.3.2018<br />

Ringrazio san Leopoldo che nel 1983 mi ha aiutato<br />

a superare un intervento di plastica esofagea. Ero<br />

arrivata a pesare 38 chilogrammi, non riuscivo a<br />

mangiare niente: pensavo di morire. E a casa avevo<br />

un bambino di soli 15 mesi. Grazie di cuore, caro san<br />

Leopoldo. Quando trovo un po’ di tempo, ti prego<br />

sempre con la novena, che ho fatto conoscere<br />

anche ad altri.<br />

Mariarosa Biemmi, Rezzato (BS) 8.3.2018<br />

Nell’agosto del 2017 mi avevano diagnosticato un<br />

tumore maligno. Ho pregato tanto padre Leopoldo.<br />

Oggi la malattia è in via di guarigione dopo l’opportuno<br />

trattamento medico.<br />

Paride Boato, San Donà di Piave (VE), 22.4.2018<br />

Ho firmato la petizione “san Leopoldo patrono<br />

dei malati di tumore” perché nell’anno 2017 sono stato<br />

operato d’urgenza per tumore maligno al rene.<br />

Ho pregato la novena e tutto è andato bene. Tutt’oggi<br />

sto bene.<br />

Giovanni Scapinello, Torino, aprile 2018<br />

Scriveteci e inviateci testimonianze e racconti su<br />

grazie ricevute, esperienze umane e spirituali che<br />

riguardano il vostro rapporto con p. Leopoldo.<br />

Redazione Portavoce di san Leopoldo Mandić<br />

Piazzale Santa Croce, 44 – 35123 Padova<br />

email: direttore@leopoldomandic.it<br />

MAGGIO <strong>2019</strong> | <strong>PORTAVOCE</strong> | 33


ORARI DEL <strong>SAN</strong>TUARIO<br />

APERTURA<br />

Chiesa<br />

ore 6.00-12.00 / 15.00-19.00<br />

Cappella del santo<br />

ore 7.00-12.00 / 15.00-19.00<br />

PENITENZIERIA<br />

Festivo<br />

ore 6.15-12.00 / 15.00-19.00<br />

Feriale<br />

ore 7.00-12.00 / 15.00-19.00<br />

Il lunedì pomeriggio i frati sono<br />

impegnati in comunità, pertanto<br />

non sono disponibili<br />

per le confessioni<br />

Come ha affrontato, san Leopoldo, i limiti personali e le malattie<br />

che lo affliggevano? Perché mostrava tanta compassione per le persone<br />

povere e malate? Il libretto risponde a queste domande e, attraverso<br />

il racconto di oltre trenta testimonianze, spiega la sua potente<br />

intercessione in favore di quanti si rivolgono a lui.<br />

Giovanni Lazzara (a cura), Per grazia ricevuta. San Leopoldo e i malati di tumore.<br />

Testimonianze, Edizioni San Leopoldo, 2018, pp. 48, euro 2,00<br />

<strong>SAN</strong>TO ROSARIO<br />

CON PROCESSIONE «AUX FLAMBEAUX»<br />

<strong>SAN</strong>TE MESSE<br />

Festivo<br />

ore 6.30, 7.45, 9.00, 10.15,<br />

11.30, 16.00, 18.00<br />

Sabato pomeriggio e vigilia<br />

delle feste sante messe festive<br />

ore 16.00, 18.00<br />

Feriale<br />

ore 7.00, 8.30, 10.00, 18.00<br />

PREGARE CON I FRATI<br />

Al mattino ore 6.20:<br />

celebrazioni delle Lodi,<br />

meditazione e s. messa.<br />

Alla sera ore 19.00:<br />

recita del santo rosario<br />

e Vespri (giovedì: adorazione<br />

eucaristica e Vespri)<br />

SABATO 4, 11, 18, 25 MAGGIO, ORE 21<br />

PELLEGRINAGGI<br />

Per informazioni o prenotazioni,<br />

telefonare al numero<br />

049 8802727 (orario di ufficio),<br />

email: info@leopoldomandic.it<br />

Chiediamo di indicare il numero<br />

dei pellegrini, la data e l’ora prevista<br />

dell’arrivo, la necessità di una<br />

presentazione del santuario,<br />

l’intenzione di celebrare la santa<br />

messa con un sacerdote del gruppo.<br />

Ricordiamo che il santuario<br />

rimane chiuso dalle 12 alle 15<br />

I<br />

IN CASO <strong>DI</strong> MANCATO RECAPITO, RINVIARE ALL’UFFICIO POSTALE <strong>DI</strong> PADOVA C.M.P., DETENTORE<br />

DEL CONTO, PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA

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