PORTAVOCE DI SAN LEOPOLDO MANDIC - aprile 2019
Portavoce di san Leopoldo Mandic (Dal 1961, a Padova, la rivista del santuario di padre Leopoldo, francescano cappuccino, il santo della misericordia e dell'ecumenismo spirirituale)
Portavoce di san Leopoldo Mandic (Dal 1961, a Padova, la rivista del santuario di padre Leopoldo, francescano cappuccino, il santo della misericordia e dell'ecumenismo spirirituale)
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Portavoce<br />
di san Leopoldo Mandić N. 3 - APRILE <strong>2019</strong><br />
Mensile - anno 59 - n. 3 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD<br />
<strong>SAN</strong>TA PASQUA<br />
APRIAMOCI ALLA LUCE<br />
DEL RISORTO
LA FOTO RACCONTA<br />
Devozione a san Leopoldo,<br />
chiesa dei cappuccini, Syros, Grecia<br />
<strong>SAN</strong> <strong>LEOPOLDO</strong><br />
CONFESSORE<br />
Le mani mi offri<br />
e mi sostieni<br />
lungo il precipizio<br />
delle mie colpe.<br />
Le unisci a coppa<br />
per raccogliere<br />
le mie lacrime<br />
e farle diventare<br />
gocce di rugiada.<br />
Le tendi come ali<br />
per darmi l’ombra<br />
del sollievo.<br />
E mi benedici<br />
per insegnarmi<br />
la dolcezza<br />
di un cuore<br />
pentito e perdonato.<br />
(Ofelia Cestaro)
Sommario<br />
N. 3 APRILE <strong>2019</strong> ANNO 59<br />
3<br />
8<br />
10<br />
12<br />
13<br />
18<br />
20<br />
22<br />
22<br />
24<br />
26<br />
38<br />
32<br />
Editoriali<br />
FARE VERITÀ DENTRO SE STESSI / AI LETTORI / di Giovanni Lazzara<br />
COME VA IL CAMMINO ECUMENICO? / LA VOCE DEL <strong>SAN</strong>TUARIO / di Flaviano G. Gusella<br />
Attualità ecclesiale<br />
APRIAMOCI ALLA LUCE DEL RISORTO / di papa Francesco<br />
PERISCOPIO CATTOLICO / a cura di Giovanni Lazzara<br />
IL “FEMMINILE” NELLA CHIESA. LE INNOVAZIONI <strong>DI</strong> PAPA FRANCESCO /<br />
di Gianluigi Pasquale<br />
TESTIMONI <strong>DI</strong> VICINANZA E UMANITÀ / di Gianfranco Tinello<br />
Fede & vita<br />
IL POPOLO <strong>DI</strong> ISRAELE, VIGNA <strong>DI</strong> <strong>DI</strong>O / SIMBOLI BIBLICI > 22 / di Roberto Tadiello<br />
San Leopoldo ieri e oggi<br />
LA MISERICOR<strong>DI</strong>A INFINITA <strong>DI</strong> NOSTRO SIGNORE / LETTERA / di p. Leopoldo<br />
I <strong>SAN</strong>TI E LA CHIAMATA ALLA (NOSTRA) <strong>SAN</strong>TITÀ / di Giovanni Voltan<br />
L’AMATO AMA, IL PERDONATO PERDONA / di Giampaolo Dianin<br />
LA PRESENTAZIONE <strong>DI</strong> MARIA AL TEMPIO / ARTE IN <strong>SAN</strong>TUARIO / di Anna B. Artmann<br />
UN FRATE POVERO E LIETO / UNA CREATURA NASCOSTA > 3 / FUMETTO /<br />
di Marco Roveroni<br />
Spiritualità<br />
<strong>SAN</strong>TA ELISABETTA <strong>DI</strong> RUSSIA. LA GRANDUCHESSA MARTIRE (2) /<br />
TESTIMONI DELLO SPIRITO / di Paolo Cocco<br />
Rubriche<br />
4<br />
6<br />
28<br />
30<br />
36<br />
LA FOTO RACCONTA<br />
LETTERE A <strong>PORTAVOCE</strong> / di Massimo Ezio Putano e Alessandro Carollo<br />
GRAZIE, <strong>SAN</strong> <strong>LEOPOLDO</strong> / a cura della Redazione<br />
VITA DEL <strong>SAN</strong>TUARIO / a cura della Redazione<br />
CALENDARIO LITURGICO / di Gianfranco Tinello<br />
APRILE <strong>2019</strong> | <strong>PORTAVOCE</strong> | 5
ATTUALITÀ ECCLESIALE<br />
Apriamoci alla luce del Risorto<br />
«<br />
Pietro corse al sepolcro»<br />
(Lc 24,12). Quali pensieri<br />
potevano agitare la mente<br />
e il cuore di Pietro durante<br />
quella corsa? Il Vangelo<br />
ci dice che gli Undici, tra cui Pietro,<br />
non avevano creduto alla testimonianza<br />
delle donne, al loro annuncio<br />
pasquale. Anzi, «quelle parole parvero<br />
a loro come un vaneggiamento»<br />
(v. 11). Nel cuore di Pietro c’era<br />
pertanto il dubbio, accompagnato<br />
da tanti pensieri negativi: la tristezza<br />
per la morte del Maestro amato e la<br />
delusione per averlo rinnegato tre<br />
volte durante la Passione.<br />
C’è però un particolare che segna<br />
la sua svolta: Pietro, dopo aver<br />
ascoltato le donne e non aver creduto<br />
loro, «tuttavia si alzò» (v. 12).<br />
Non rimase seduto a pensare, non<br />
restò chiuso in casa come gli altri.<br />
Non si lasciò intrappolare dall’atmosfera<br />
cupa di quei giorni, né travolgere<br />
dai suoi dubbi; non si fece<br />
assorbire dai rimorsi, dalla paura e<br />
dalle chiacchiere continue che non<br />
portano a nulla. Cercò Gesù, non se<br />
stesso. Preferì la via dell’incontro e<br />
della fiducia e, così com’era, si alzò<br />
e corse verso il sepolcro, da dove<br />
poi ritornò «pieno di stupore» (v. 12).<br />
Questo è stato l’inizio della “risurrezione”<br />
di Pietro, la risurrezione del<br />
suo cuore. Senza cedere alla tristezza<br />
e all’oscurità, ha dato spazio alla<br />
voce della speranza: ha lasciato<br />
che la luce di Dio gli entrasse<br />
nel cuore, senza soffocarla.<br />
Anche le donne, che erano uscite<br />
al mattino presto per compiere<br />
un’opera di misericordia, per portare<br />
gli aromi alla tomba, avevano<br />
vissuto la stessa esperienza. Erano<br />
Con papa Francesco, meditiamo sulla Pasqua di<br />
Risurrezione. «Anche noi, come Pietro e le donne,<br />
non possiamo trovare la vita restando tristi e senza<br />
speranza e rimanendo imprigionati in noi stessi»<br />
«impaurite e con il volto chinato a<br />
terra», ma furono scosse all’udire le<br />
parole degli angeli: «Perché cercate<br />
tra i morti colui che è vivo?» (cf. v. 5).<br />
Anche noi, come Pietro e le donne,<br />
non possiamo trovare la vita<br />
restando tristi e senza speranza<br />
e rimanendo imprigionati in noi<br />
stessi. Ma apriamo al Signore i nostri<br />
sepolcri sigillati - ognuno di<br />
noi li conosce -, perché Gesù entri<br />
e dia vita; portiamo a Lui le pietre<br />
dei rancori e i macigni del passato,<br />
i pesanti massi delle debolezze e<br />
delle cadute. Egli desidera venire e<br />
prenderci per mano, per trarci fuori<br />
dall’angoscia. Ma questa è la prima<br />
pietra da far rotolare via questa notte:<br />
la mancanza di speranza che ci<br />
chiude in noi stessi. Che il Signore<br />
ci liberi da questa terribile trappola,<br />
dall’essere cristiani senza speranza,<br />
che vivono come se il Signore non<br />
fosse risorto e il centro della vita<br />
fossero i nostri problemi.<br />
Vediamo e vedremo continuamente<br />
dei problemi vicino a noi e<br />
dentro di noi. Ci saranno sempre,<br />
ma questa notte occorre illuminare<br />
tali problemi con la luce del Risorto,<br />
in certo senso “evangelizzarli”. Evangelizzare<br />
i problemi. Le oscurità e le<br />
paure non devono attirare lo sguardo<br />
dell’anima e prendere possesso<br />
del cuore, ma ascoltiamo la parola<br />
dell’Angelo: il Signore «non è qui,<br />
è risorto!» (v. 6); Egli è la nostra<br />
gioia più grande, è sempre al nostro<br />
fianco e non ci deluderà mai.<br />
Questo è il fondamento della<br />
speranza, che non è semplice ottimismo,<br />
e nemmeno un atteggiamento<br />
psicologico o un buon invito<br />
a farsi coraggio. La speranza cristiana<br />
è un dono che Dio ci fa, se usciamo<br />
da noi stessi e ci apriamo a Lui.<br />
Questa speranza non delude perché<br />
lo Spirito Santo è stato effuso nei<br />
nostri cuori (cf. Rm 5,5). Il Consolatore<br />
non fa apparire tutto bello, non<br />
elimina il male con la bacchetta magica,<br />
ma infonde la vera forza della<br />
vita, che non è l’assenza di problemi,<br />
ma la certezza di essere amati e perdonati<br />
sempre da Cristo, che per noi<br />
ha vinto il peccato, ha vinto la morte,<br />
ha vinto la paura. [La Pasqua] è<br />
la festa della nostra speranza, la<br />
celebrazione di questa certezza:<br />
niente e nessuno potranno mai separarci<br />
dal suo amore (cf. Rm 8,39).<br />
Il Signore è vivo e vuole essere<br />
cercato tra i vivi. Dopo averlo incontrato,<br />
ciascuno viene inviato<br />
da Lui a portare l’annuncio di<br />
Pasqua, a suscitare e risuscitare<br />
la speranza nei cuori appesantiti<br />
dalla tristezza, in chi fatica a trovare<br />
la luce della vita. Ce n’è tanto<br />
bisogno oggi. Dimentichi di noi stessi,<br />
come servi gioiosi della speranza,<br />
siamo chiamati ad annunciare il Risorto<br />
con la vita e mediante l’amore;<br />
altrimenti saremmo una struttura<br />
10 | <strong>PORTAVOCE</strong> | APRILE <strong>2019</strong>
LA RISURREZIONE<br />
<strong>DI</strong> CRISTO È UN<br />
AVVENIMENTO<br />
Risurrezione, Mathias Grünewald, Colmar (Francia), particolare<br />
internazionale con un grande numero<br />
di adepti e delle buone regole,<br />
ma incapace di donare la speranza<br />
di cui il mondo è assetato.<br />
Come possiamo nutrire la nostra<br />
speranza? La Liturgia di questa<br />
notte [Veglia Pasquale, ndr] ci dà<br />
un buon consiglio. Ci insegna a fare<br />
memoria delle opere di Dio. Le<br />
letture ci hanno narrato, infatti, la<br />
sua fedeltà, la storia del suo amore<br />
verso di noi. La Parola di Dio viva<br />
è capace di coinvolgerci in questa<br />
storia di amore, alimentando la speranza<br />
e ravvivando la gioia. Ce lo ricorda<br />
anche il Vangelo che abbiamo<br />
ascoltato: gli angeli, per infondere<br />
speranza alle donne, dicono: «Ricordatevi<br />
come [Gesù] vi parlò» (v. 6).<br />
Fare memoria delle parole di Gesù,<br />
fare memoria di tutto quello che<br />
Lui ha fatto nella nostra vita. Non dimentichiamo<br />
la sua Parola e le sue<br />
opere, altrimenti perderemo la speranza<br />
e diventeremo cristiani senza<br />
speranza; facciamo invece memoria<br />
del Signore, della sua bontà e delle<br />
sue parole di vita che ci hanno toccato;<br />
ricordiamole e facciamole nostre,<br />
per essere sentinelle del mattino che<br />
sanno scorgere i segni del Risorto.<br />
Cari fratelli e sorelle, Cristo è risorto!<br />
E noi abbiamo la possibilità<br />
di aprirci e ricevere il suo dono di<br />
speranza. Apriamoci alla speranza e<br />
mettiamoci in cammino; la memoria<br />
delle sue opere e delle sue parole sia<br />
luce sfolgorante, che orienta i nostri<br />
passi nella fiducia, verso quella Pasqua<br />
che non avrà fine. P<br />
papa Francesco<br />
(Omelia, 26.3.2016 – © L.E.V.)<br />
Il mattino di Pasqua ci riporta<br />
l’annuncio antico e sempre<br />
nuovo: “Cristo è risorto!”. L’eco<br />
di questo avvenimento, partita<br />
da Gerusalemme venti secoli fa,<br />
continua a risuonare nella Chiesa,<br />
che porta viva nel cuore la fede<br />
vibrante di Maria, la Madre di<br />
Gesù, la fede di Maddalena e<br />
delle altre donne, che per prime<br />
videro il sepolcro vuoto, la fede<br />
di Pietro e degli altri Apostoli.<br />
Fino ad oggi […] la fede dei<br />
cristiani si basa su quell’annuncio,<br />
sulla testimonianza di quelle<br />
sorelle e di quei fratelli che<br />
hanno visto […]. La risurrezione<br />
di Cristo non è il frutto di una<br />
speculazione, di un’esperienza<br />
mistica: è un avvenimento, che<br />
certamente oltrepassa la storia,<br />
ma che avviene in un momento<br />
preciso della storia e lascia in<br />
essa un’impronta indelebile. La<br />
luce che abbagliò le guardie<br />
poste a vigilare il sepolcro di<br />
Gesù ha attraversato il tempo<br />
e lo spazio. È una luce diversa,<br />
divina, che ha squarciato<br />
le tenebre della morte e ha<br />
portato nel mondo lo splendore<br />
di Dio, lo splendore della<br />
Verità e del Bene.<br />
Come i raggi del sole, a<br />
primavera, fanno spuntare e<br />
schiudere le gemme sui rami<br />
degli alberi, così l’irradiazione<br />
che promana dalla Risurrezione<br />
di Cristo dà forza e significato<br />
a ogni speranza umana, a ogni<br />
attesa, desiderio, progetto. […]<br />
L’alleluia pasquale, che risuona<br />
nella Chiesa pellegrina nel<br />
mondo, esprime l’esultanza<br />
silenziosa dell’universo, e<br />
soprattutto l’anelito di ogni<br />
anima umana sinceramente<br />
aperta a Dio, anzi, riconoscente<br />
per la sua infinita bontà, bellezza<br />
e verità. (Benedetto XVI,<br />
Messaggio Urbi et orbi, 2011)<br />
APRILE <strong>2019</strong> | <strong>PORTAVOCE</strong> | 11
ATTUALITÀ ECCLESIALE<br />
L’esperienza “francescana”<br />
di due cappellani ospedalieri.<br />
Ogni giorno tra malati giovanissimi<br />
e i loro genitori, per «stare accanto<br />
alle persone sofferenti, condividendone<br />
dubbi, paure e domande»<br />
d i G i a n f r a n c o Ti n e l l o<br />
Testimoni di vicinanza e umanità<br />
Al Policlinico universitario “Gemelli” di Roma<br />
abbiamo incontrato due Frati Minori francescani,<br />
fra Riccardo Giordanella e fra Sandro Romanato.<br />
Quest’ultimo opera stabilmente come<br />
cappellano e provvede con il suo servizio a più<br />
di dieci reparti di area pediatrica.<br />
Fra Riccardo, come sei approdato<br />
al reparto di Oncologia pediatrica?<br />
«Mi è stato proposto di vivere un’esperienza di cinque<br />
mesi assieme ai cappellani dell’ospedale. Mi sono stati<br />
assegnati cinque reparti, e la sorte volle che all’inizio<br />
non ci fosse l’Oncologia Pediatrica, forse per tutelarmi<br />
in quanto pensavano che all’inizio magari fosse troppo<br />
forte per me. Poi, un giorno fra Sandro, uno dei cappellani,<br />
mi chiese di prendermi cura di Martina Ciliberti<br />
(cf. Portavoce n. 2/<strong>2019</strong>, pp. 16-17), la quale desiderava<br />
quotidianamente l’Eucarestia, e di interessarmi alla sua<br />
famiglia».<br />
Come hai vissuto la sofferenza dei bambini,<br />
soprattutto quando le condizioni peggioravano?<br />
«Non sono affatto momenti facili. E ci pongono davanti<br />
a domande la cui risposta ce l’ha solo Dio. Mi veniva di<br />
affidare le situazioni a Lui. Anch’io ho vissuto momenti<br />
in cui ho gridato a Dio, chiedendogli: «Perché, Signore?».<br />
Di certo Dio non vuole malati i bambini, ma credo che<br />
anche in certi momenti di sofferenza e buio, la sua presenza<br />
possa portare conforto, e ci dia la certezza che la<br />
morte non è l’ultima parola. Ciò non toglie la drammaticità<br />
dell’evento, né la sofferenza».<br />
Come è stato il primo incontro con Martina?<br />
«È stato particolare. Ero contento di andare in quel reparto,<br />
perché desideravo conoscere quella realtà, anche<br />
se ero un po’ spaventato. Ma quando sono entrato nella<br />
stanza di Martina, tutte le mie paure sono crollate. Invece<br />
di trovarmi di fronte una persona triste e in difficoltà,<br />
Martina mi ha accolto con un grande sorriso, facendomi<br />
sentire subito a mio agio. Subito ha cominciato a<br />
raccontarmi la sua storia… In breve, le mie paure sono<br />
crollate».<br />
Martina ha avuto una compagna di cammino<br />
con il suo stesso nome. Una curiosa coincidenza<br />
le accomuna: sono morte lo stesso giorno a distanza<br />
di un anno. Cosa puoi dirci?<br />
«Martina aveva conosciuto un’altra ragazza, più o meno<br />
coetanea. Quest’ultima, però, non aveva un buon rapporto<br />
con la fede. Ma essa stessa mi ha confidato, dopo<br />
la morte di Martina, che l’esperienza di questo incontro<br />
tra ragazze con la stessa malattia l’aveva portata a<br />
capire che la fede non era una cosa assurda e distante.<br />
Martina, con la sua fede e la condivisione dell’amicizia,<br />
aveva toccato in profondità il suo cuore. Ciò l’aveva fatta<br />
riavvicinare alla fede e all’incontro con Dio. Nel reparto<br />
c’era anche un’altra ragazza con la quale componevano<br />
una specie di trio nelle lunghe giornate».<br />
Mi sembra di capire che queste esperienze,<br />
questi incontri, sono stati davvero toccanti…<br />
«È vero. Sento che la mia vocazione è molto legata all’essere<br />
vicino ai più piccoli e ai più poveri. Il desiderio di<br />
18 | <strong>PORTAVOCE</strong> | APRILE <strong>2019</strong>
Fra Sandro Romanato e, a sinistra,<br />
fra Riccardo Giordanella<br />
vicinanza ai bambini in difficoltà era<br />
nato in Africa con i bambini poveri<br />
e malati, ma qui al Gemelli si è confermata<br />
un’esperienza cardine del<br />
mio essere frate. Questi bambini mi<br />
hanno insegnato il desiderio della<br />
quotidianità vissuta con gioia e con<br />
la voglia di vivere».<br />
E tu, fra Sandro, come sei arrivato<br />
al Policlinico Gemelli?<br />
«Sono arrivato nel 2006 in seguito<br />
a una richiesta dei miei superiori<br />
religiosi. All’inizio non avevo il<br />
compito di seguire le pediatrie. Più<br />
tardi, quando un mio confratello fu<br />
trasferito, ho preso in carico questi<br />
reparti. La prima pediatria è stata la<br />
Neuropsichiatria infantile. È stato il<br />
primo reparto dove ho visto andare<br />
in cielo una bambina, dopo un anno.<br />
Scrissi pure una canzone su di lei».<br />
Cosa significa per te essere<br />
cappellano in ospedale?<br />
«La mia esperienza umana nasce<br />
all’ospedale “Bambin Gesù”, dove<br />
già a otto mesi di età venni operato,<br />
per poi essere sottoposto ad altre<br />
dieci operazioni. Attorno ai vent’anni<br />
ho avuto la gioia della conversione<br />
e cominciai a fare il barelliere per<br />
i malati trasportati a Lourdes. Quando<br />
poi divenni frate, nei primi anni<br />
di vita religiosa ho prestato servizio<br />
all’ospedale di Frascati».<br />
Cosa significa servire i malati<br />
in ospedale con lo stile<br />
di Francesco di Assisi?<br />
«Ciò che caratterizza il francescano<br />
in ospedale è la modalità della “presenza”.<br />
Sono qui per “essere con”,<br />
non per ”dare cosa”. Concretamente,<br />
ciò significa stare accanto alle<br />
persone sofferenti, condividendone<br />
dubbi, paure e domande, alle quali<br />
non ti abitui mai. Si vive la presenza<br />
anche con il silenzio. Da frate non<br />
sacerdote è ancora più caratteristica<br />
la presenza: essere povero con<br />
loro senza poter offrire una soluzione<br />
e neppure un sacramento. Io<br />
rimango dentro le famiglie, tanto<br />
che tutti mi chiamano “fratello”. Divento<br />
uno di famiglia: mi chiamano<br />
a mangiare con loro e spesso mi è<br />
capitato di dormire a casa loro».<br />
Che accoglienza ti riservano<br />
le persone in corsia?<br />
«Le esperienze e atteggiamenti possono<br />
essere diversi, ma c’è un comune<br />
denominatore: nessuno mi<br />
manda via: né Testimoni di Geova,<br />
né islamici o protestanti. Abbiamo<br />
anche pregato insieme. Il nostro abito<br />
francescano è un lasciapassare…».<br />
Come vivono la dimensione<br />
della fede le persone che hai<br />
conosciuto?<br />
«Il modo di viverla è vario. Nella<br />
maggior parte dei casi, la malattia<br />
non conduce a un riferimento diretto<br />
alla fede. Al massimo fa esplodere<br />
la domanda classica: “Perché a<br />
me? Perché ai bambini?”. Il cappellano<br />
diventa, passo a passo, occasione<br />
di domanda, cioè occasione<br />
perché quella domanda trovi una<br />
collocazione. Ciò, non subito, ma<br />
dopo un cammino. In tal senso, credo<br />
che uno dei compiti della “nuova<br />
evangelizzazione” negli ospedali<br />
sia valorizzare l’incontro umano<br />
per accogliere quello che c’è. Poi, ci<br />
sono anche altre persone che sono<br />
già in un cammino di fede. Queste<br />
collocano nella fede quello che accade.<br />
Rimane essenziale la presenza<br />
del cappellano e del volontario preparato.<br />
Questa è la responsabilità e<br />
il dono del cappellano: “Dio ti aiuta,<br />
ma attraverso il fratello”. Per questo<br />
serve “pregare il Padre perché<br />
mandi operai per la sua messe” (Mc<br />
9,38). Una cosa che mi colpisce è<br />
che alcuni sono dei “cristiani anonimi”<br />
1 : persone che hanno subíto la<br />
perdita dei figli e, senza un preciso<br />
riferimento alla fede ma con valori<br />
umani profondamente umani, hanno<br />
raggiunto una certa serenità».<br />
In una precedente occasione<br />
abbiamo parlato di Martina<br />
Ciliberti. Come l’hai conosciuta?<br />
Cosa ti ha colpito di lei?<br />
«L’ho accolta quando è arrivata in<br />
ospedale. Tipica di lei era l’accoglienza:<br />
si vedeva che era contenta<br />
di vederti. Colpiva la sua vitalità e<br />
capacità di relazione. Tutti i giorni<br />
mi chiedeva la Comunione. Mi chiamava<br />
anche al cellulare perché non<br />
mi dimenticassi!».<br />
Perché i frati devono continuare<br />
a lavorare tra i malati<br />
negli ospedali?<br />
«Perché san Francesco è “nato” con<br />
i lebbrosi e con i malati: proprio con<br />
loro gli si è rotta la crosta dell’egoismo.<br />
Come dicono i Papi nei documenti:<br />
l’ultimo degli ultimi è il malato,<br />
perché vive nell’impotenza e<br />
dipende unicamente della misericordia<br />
dell’altro. A lui dobbiamo restare<br />
vicino e offrire cura e ascolto». P<br />
1<br />
Espressione usata dal teologo Karl<br />
Rahner per definire chiunque segua la<br />
propria retta coscienza e si ritrova a vivere<br />
più o meno consapevolmente valori cristiani,<br />
pur non ritenendosi credente.<br />
APRILE <strong>2019</strong> | <strong>PORTAVOCE</strong> | 19
<strong>SAN</strong> <strong>LEOPOLDO</strong> IERI E OGGI<br />
La misericordia infinita<br />
di nostro Signore<br />
Una lettera inedita<br />
Padre Leopoldo scrive la breve lettera che segue (inedita fino<br />
all’ultima edizione degli Scritti) un anno prima della morte.<br />
La destinataria è una sua penitente, residente all’isola della<br />
Giudecca a Venezia. Sappiamo che la signora Vittorina Bettini<br />
(Venezia, 1905–1992) era terziaria francescana e sorella di Mafalda<br />
(† 2000), pure lei terziaria francescana, devotissima e confidente<br />
di padre Leopoldo. Entrambe nubili, hanno offerto il loro generoso servizio<br />
alla parrocchia del SS. Redentore a Venezia e per le missioni dei<br />
Cappuccini. Furono cofondatrici della Pia Unione Missionaria (Pum) che<br />
aveva lo scopo di sostenere le attività dei Cappuccini in terra di missione,<br />
sia spiritualmente che materialmente, con il ricavato della famosa “pesca<br />
del Redentore”, che dura tuttora.<br />
Il santo confessore spiega che l’esperienza di avere «quasi rifiuti» alle<br />
preghiere non deve indurre allo scoraggiamento, come può succedere.<br />
Al contrario, deve spingere ad affidarsi a Dio «misericordia infinita». Anche<br />
in questa circostanza, il cappuccino di Padova invita a invocare il<br />
«Ven. Servo di Dio P. Marco d’Aviano», di cui era particolarmente devoto.<br />
Nato a Villotta di Aviano (Pordenone) nel 1631, padre Marco d’Aviano<br />
(al secolo Carlo Domenico Cristofori) entrò tra i cappuccini nel 1648.<br />
Una volta sacerdote (1655) si dedicò alla predicazione, diventando pure<br />
famoso per alcune guarigioni miracolose. L’attività evangelizzatrice<br />
lo portò a viaggiare molto nell’Europa centrale, diventando confidente<br />
e consigliere di Leopoldo I d’Asburgo a Vienna. Su incarico papale, ottenne<br />
che i sovrani cristiani operassero congiuntamente per respingere<br />
l’assedio a Vienna da parte dei turchi-ottomani nel settembre 1683. Nel<br />
2003 papa Giovanni Paolo II lo proclamò beato.<br />
Gentilissima Signorina, sono in ritardo colla mia risposta. Mi sia<br />
indulgente. Secondo la massima evangelica, la fede trasporta<br />
anche i monti. Quindi nella sua gravissima preoccupazione<br />
rinnovi la sua fede. Il Ven. Servo di Dio P. Marco d’Aviano le<br />
farà sentire la sua protezione. Mi permetta questo pensiero.<br />
Sebbene abbiamo quasi rifiuti alle nostre preghiere, dobbiamo<br />
non per questo disanimarci, ma di più fidarci della misericordia<br />
infinita di nostro Signore. Il Cuore di Gesù nella sua bontà<br />
infinita è per noi. Quindi ecco la prima e superiore fonte<br />
di ogni nostro bene. Con tutto ossequio<br />
F. Leopoldo<br />
Padova, 26-IV-1941<br />
d i G i o v a n n i V o lta n *<br />
Quando festeggiamo un santo,<br />
un santo che sentiamo<br />
amico caro e vicino, siamo<br />
lieti perché sappiamo di<br />
trovare in lui un intercessore<br />
che ci capisce e ascolta. Forse<br />
quest’atteggiamento fa scivolare in<br />
secondo piano un’altra provocazione<br />
insita nel celebrare i santi: l’invito<br />
alla santità, cioè a crescere e lavorare<br />
per diventare noi stessi santi.<br />
Di fronte a questa prospettiva, il<br />
rischio è quello di schermirci sin da<br />
subito, di dire che non è per noi, di<br />
guardare alla nostra pochezza, alle<br />
nostre molte contraddizioni: come<br />
22 | <strong>PORTAVOCE</strong> | APRILE <strong>2019</strong>
<strong>SAN</strong> <strong>LEOPOLDO</strong> IERI E OGGI<br />
I santi e la chiamata<br />
alla (nostra) santità<br />
posso essere santo io che spesso<br />
mi arrabbio, che fatico a perdonare,<br />
che non sono costante negli impegni<br />
che prendo?<br />
Eppure la chiamata alla santità<br />
non è per pochi eletti, ma per tutti,<br />
è iscritta nel nostro battesimo. Si<br />
esprime proprio così papa Francesco<br />
nell’esortazione apostolica Gaudete<br />
et exsultate. Con il suo linguaggio<br />
concreto, per il viaggio verso la<br />
santità, il Papa ci invita a partire da<br />
ciò che è alla portata di tutti. Egli<br />
parla della «santità della porta accanto»,<br />
della «classe media della<br />
santità» fatta di piccole cose: non<br />
far pettegolezzi, fare dei favori, salutare<br />
con cortesia, saper sorridere,<br />
essere costanti ogni giorno nel lavoro,<br />
affrontare le prove guardando a<br />
Gesù e Maria, usare compassione<br />
per i poveri…<br />
Si parte sempre così, del resto,<br />
con un allenamento feriale, non<br />
stancandosi mai di fare gli esercizi<br />
basilari. È la schola amoris, via obbligata<br />
per tutti. Papa Francesco<br />
nell’esortazione illustra gli “esercizi”<br />
fondamentali da fare e insieme<br />
l’itinerario: si parte dalle Beatitudini<br />
(le otto Beatitudini: beati i poveri<br />
in spirito, i miti…) per giungere alla<br />
grande regola di comportamento<br />
espressa nel capitolo 25 del vangelo<br />
di Matteo («l’avete fatto a me»:<br />
un bicchier d’acqua, una visita, un<br />
gesto buono…). Il Papa mostra, poi,<br />
il prodotto finale di questi esercizi:<br />
chi è il santo, l’aspirante santo?<br />
Cinque sono le caratteristiche di<br />
chi si allena ogni giorno: 1. sopportazione/pazienza/mitezza;<br />
2. gioia<br />
e senso dell’umorismo; 3. audacia<br />
e fervore; 4. vivere la comunità; 5.<br />
preghiera costante. Questo, in estrema<br />
sintesi, il documento Gaudete et<br />
exsultate del Papa.<br />
Potremmo dirci che basta leggerlo<br />
e siamo a posto. Magari fosse così<br />
facile! C’è bisogno di leggere, sì, ma<br />
poi di assimilare ed esercitarsi, senza<br />
prendere paura se alle volte ci<br />
inceppiamo, ci stanchiamo. A forza<br />
di allenarci le cose diventano via via<br />
un habitus (un abito, un’abitudine<br />
buona) per finire con il diventare<br />
virtus (virtù, forza).<br />
I santi, come san Leopoldo, sono<br />
là a dirci che possiamo farcela, ci<br />
incoraggiano e ci mostrano qual è<br />
il vero obiettivo della nostra vita: la<br />
santità. Non è avere una vita lunga,<br />
tanti soldi, tanta salute… ma essere<br />
santo, cioè vivere una comunione<br />
bella con Dio e il servizio ai fratelli<br />
nel segno del vangelo di Gesù In<br />
particolare praticando come lui<br />
quella pagina di felicità controcorrente<br />
che si chiama Beatitudini. Ce<br />
la possiamo fare, come siamo, se<br />
prendiamo con gioia e serietà la vita<br />
cristiana!<br />
Ce lo ripete anche san Leopoldo,<br />
che ha il dono della profezia e del<br />
leggere i cuori, così come diceva a<br />
molti suoi penitenti: «Stia tranquillo,<br />
metta tutto sulle mie spalle, ci<br />
penso io». Per le anime egli faceva<br />
oltre dieci ore giornaliere di confessionale<br />
e anche veglie e digiuni.<br />
Quando abbiamo simili intercessori,<br />
ci sentiamo spronati, avvertiamo<br />
che dare poco è brutto, è meschino.<br />
Siamo chiamati ad avere un orizzonte<br />
ampio, grande, bello come aveva<br />
san Leopoldo: «Ho sempre l’Oriente<br />
davanti ai miei occhi», dentro il mio<br />
cuore. Beati noi se avremo un orizzonte<br />
che fa ardere il cuore per il<br />
Signore, per i suoi progetti che sono<br />
sempre di unione, riconciliazione,<br />
pace, di bontà per quest’umanità<br />
sfinita. […]<br />
Ringraziamo san Leopoldo per la<br />
santità che è fiorita a Padova, in questa<br />
città che ha amato e lo ha amato.<br />
Ha coltivata la santità nel perimetro<br />
stretto di una celletta-confessionale<br />
che per tantissimi è stata vera “porta<br />
del cielo”, nello spazio lieto della<br />
fraternità francescana e nel chiostro<br />
immenso che è il mondo, con uno<br />
sguardo speciale all’Oriente. Ha<br />
promesso: «Ogni anima che chiederà<br />
il mio ministero, sarà il mio<br />
Oriente». Lo invochiamo per essere,<br />
noi, il suo Oriente! P<br />
* Ministro provinciale Ofm Conv. Omelia<br />
tenuta in santuario il 12.5.2018. Adattamenti<br />
redazionali<br />
APRILE <strong>2019</strong> | <strong>PORTAVOCE</strong> | 23
VITA DEL <strong>SAN</strong>TUARIO<br />
Per la pubblicazione, inviate la foto<br />
del vostro pellegrinaggio di gruppo a:<br />
web@leopoldomandic.it<br />
Dall’8 gennaio al 10 febbraio <strong>2019</strong> hanno<br />
visitato il nostro santuario circa 15 gruppi<br />
organizzati, per un totale di circa 500 persone,<br />
provenienti da Padova, Zagabria (Croazia),<br />
Cadoneghe (PD), Salboro (PD), Thiene (VI),<br />
Padova, Montepaolo (FC), Monselice (PD),<br />
Longare (VI), Prato, Pozzoleone (VI), Coccaglio<br />
(BS), Santa Maria di Non (PD), Croce di Piave<br />
di Musile di Piave (VE), e inoltre da altre località<br />
di Francia, Slovenia e Croazia<br />
12.1.<strong>2019</strong>: bambini di IV elementare dalla parrocchia Sant’Andrea<br />
di Cadoneghe (PD)<br />
26.1.<strong>2019</strong>: gruppo del catechismo di IV elementare dalla<br />
parrocchia del Redentore di Monselice (PD)<br />
ANCHE IN CROATO<br />
GLI SCRITTI<br />
<strong>DI</strong> <strong>SAN</strong> <strong>LEOPOLDO</strong><br />
In occasione della celebrazione del Giubileo<br />
dei 400 anni dall’arrivo dei cappuccini<br />
nella città di Zagabria (1618-2018), esce<br />
provvidenzialmente il ponderoso volume che<br />
offre ai fedeli croati la possibilità di entrare a<br />
contatto con tutti gli scritti del santo.<br />
Alla pubblicazione, curata da una casa<br />
editrice di Zagabria, ha collaborato la<br />
Provincia croata dei cappuccini. Il titolo:<br />
Remigio Battel - Giovanni Lazzara (priredili),<br />
Iz dubine svoga siromašnog srca. Pisma<br />
i drugi spisi svetog Leopolda Bogdana<br />
Mandića, Kršćanska sadašnjost - Hrvatska<br />
kapucinska provincija sv. Leopolda Mandića,<br />
Zagreb 2018, 472 pagine. Il libro è in vendita<br />
anche presso il negozio del santuario<br />
26.1.<strong>2019</strong>: bambini della prima confessione dall’Unità pastorale di<br />
Colzè Longare Costozza Lumignano (VI)<br />
2.2.<strong>2019</strong>: bambini di IV e V elementare dalla parrocchia Santo<br />
Stefano d’Ungheria in Padova<br />
30 | <strong>PORTAVOCE</strong> | APRILE <strong>2019</strong>
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18-25 GENNAIO: SETTIMANA <strong>DI</strong> PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI<br />
9 10<br />
In alto, da sinistra, i preti che si sono succeduti nella presidenza<br />
dell’eucaristia durante la Settimana di preghiera: Sante Babolin<br />
(foto 1), Giovanni Brusegan (2), Leopoldo Voltan (3), Lucio Guizzo<br />
(4), Luca Corona (5), Alberto Albertin (6), Nicola Tonello (7),<br />
Luciano Danese (8)<br />
Sabato 12 gennaio, convegno ecumenico sul tema «I matrimoni<br />
interconfessionali al tempo dell’Amoris laetitia» (foto 9). Sono<br />
intervenuti, da sinistra, Marco Da Ponte (Centro “Germano<br />
Pattaro”, Venezia), Fabio Frigo e Gianandrea di Donna (Facoltà<br />
Teologica del Triveneto)<br />
Sabato 19, concerto ecumenico in santuario. Si sono esibiti corali<br />
e cantori della Chiesa ortodossa moldava, dell’ortodossa romena<br />
e della cattolica (Coro “Shalom” di Montegrotto Terme e i padri<br />
benedettini della Basilica di santa Giustina in Padova).<br />
Nella foto 10, cantori ortodossi moldavi<br />
APRILE <strong>2019</strong> | <strong>PORTAVOCE</strong> | 31
ORARI DEL <strong>SAN</strong>TUARIO<br />
APERTURA<br />
Chiesa<br />
ore 6.00-12.00 / 15.00-19.00<br />
Cappella del santo<br />
ore 7.00-12.00 / 15.00-19.00<br />
PENITENZIERIA<br />
Festivo<br />
ore 6.15-12.00 / 15.00-19.00<br />
Feriale<br />
ore 7.00-12.00 / 15.00-19.00<br />
Il lunedì pomeriggio i frati sono<br />
impegnati in comunità, pertanto<br />
non sono disponibili<br />
per le confessioni<br />
IL TUO «5 X MILLE»<br />
PER LE OPERE <strong>DI</strong> CARITÀ<br />
DEI FRATI CAPPUCCINI<br />
Devolvi il «5 x 1000» al l’Associazione di volontariato<br />
«Amici di san Francesco», a beneficio delle opere di carità<br />
dei cappuccini del Triveneto. Non ti costa nulla.<br />
Basta la tua firma e scri vere il numero<br />
di codice fiscale 90082970279 nella dichiarazione<br />
dei redditi (modello CUD, 730, UNICO)<br />
BUONA<br />
PASQUA<br />
Auguri agli associati<br />
e a tutti i nostri<br />
affezionati<br />
lettori e lettrici<br />
<strong>SAN</strong>TE MESSE<br />
Festivo<br />
ore 6.30, 7.45, 9.00, 10.15,<br />
11.30, 16.00, 18.00<br />
Sabato pomeriggio e vigilia<br />
delle feste sante messe festive<br />
ore 16.00, 18.00<br />
Feriale<br />
ore 7.00, 8.30, 10.00, 18.00<br />
PREGARE CON I FRATI<br />
Al mattino ore 6.20:<br />
celebrazioni delle Lodi,<br />
meditazione e s. messa.<br />
Alla sera ore 19.00:<br />
recita del santo rosario<br />
e Vespri (giovedì: adorazione<br />
eucaristica e Vespri).<br />
Ogni 12 del mese<br />
(fino ad <strong>aprile</strong>), ore 21.00:<br />
veglia di preghiera<br />
“Un’ora con san Leopoldo”<br />
PELLEGRINAGGI<br />
Per informazioni o prenotazioni,<br />
telefonare al numero<br />
049 8802727 (orario di ufficio),<br />
email: info@leopoldomandic.it<br />
Chiediamo di indicare il numero<br />
dei pellegrini, la data e l’ora prevista<br />
dell’arrivo, la necessità di una<br />
presentazione del santuario,<br />
l’intenzione di celebrare la santa<br />
messa con un sacerdote del gruppo.<br />
Ricordiamo che il santuario<br />
rimane chiuso dalle 12 alle 15<br />
I<br />
IN CASO <strong>DI</strong> MANCATO RECAPITO, RINVIARE ALL’UFFICIO POSTALE <strong>DI</strong> PADOVA C.M.P., DETENTORE<br />
DEL CONTO, PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA