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Rivista "Agricoltura" Regione Piemonte - n.95 dicembre 2018

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dine morale e familiare e abnegazione nel<br />

lavoro.<br />

Il “Padrone”, vocabolo oggi connotato<br />

in modo negativo, in senso classista ed<br />

associato al concetto di sfruttamento del<br />

lavoratore, allora era probabilmente concepito<br />

come un portatore di un rapporto<br />

famigliare tra quello che oggi si identifica<br />

come il concedente e la famiglia mezzadrile<br />

nel suo insieme.<br />

Podere, famiglia colonica, casa rurale e<br />

proprietà costituivano una struttura armonica<br />

indivisibile con obblighi, diritti e<br />

doveri per le parti contraenti. A guidare<br />

la ripartizione del profitto era il principio<br />

“della metà”.<br />

La situazione agricola era abbastanza<br />

tipica nella collina piemontese: aziende<br />

di una quindicina di ettari, sparsi su<br />

diverse colline e fondi valle, con conduzione<br />

a mezzadria, priva di possibilità<br />

irrigue, con 1/3 di bosco ceduo e il resto<br />

del territorio a vigneto, prato permanente<br />

e seminativo. I prodotti – eccetto il vino<br />

e modesti quantitativi di frumento e<br />

mais – erano destinati al consumo delle<br />

due famiglie (padronale e mezzadrile) o<br />

all’impiego zootecnico.<br />

L’imprestazione o la prestanza rappresentava<br />

quanto il mezzadro riceveva in<br />

prestito, entrando in cascina. Le medesime<br />

quantità o cose dovevano essere<br />

lasciate o restituite al termine del contratto:<br />

dunque una sorta di prestito, che<br />

comprendeva denaro, alimenti per la<br />

famiglia e per il bestiame. I beni massareggiati<br />

erano i terreni, i campi, le vigne<br />

inclusi nel contratto di mezzadria.<br />

Al mezzadro venivano richieste delle<br />

servitù, oltre alla divisione dei prodotti,<br />

generalmente a metà, a spesso anche in<br />

un rapporto di 2:3 nel caso di vino, ma<br />

soprattutto la condivisione del “progetto<br />

produttivo” e quindi assoluta fedeltà, ubbidienza<br />

non solo al padrone ma anche al<br />

suo intermediario, spesso presente.<br />

Venivano inseriti in queste capitolazioni<br />

anche doveri che eccedono il ruolo<br />

agricolo, che forse oggi considereremmo<br />

di normale cortesia di buon vicinato ma<br />

certamente un obbligo nell’ambito di<br />

un rapporto di parziale sottomissione:<br />

impastare e cuocere il pane dopo aver<br />

portato le granaglie al mulino, rifornire<br />

la famiglia del padrone, quando presente,<br />

di generi alimentari, svolgere lavori<br />

di pulizia e ordine tipo spazzare l’aia e<br />

il giardino, fare il bucato e prestare assistenza<br />

in caso di malattia del padrone<br />

o di un suo familiare o addirittura<br />

dell’agente. Ovviamente il padrone non<br />

disponeva di mezzi autonomi di locomozione<br />

e quindi si avvaleva del traino<br />

del bestiame di sua proprietà, affidato al<br />

mezzadro.<br />

Assicurando al proprietario del fondo<br />

una congrua rendita senza bisogno di<br />

grandi investimenti, la mezzadria costituì<br />

a lungo un freno all’introduzione di<br />

metodi imprenditoriali nell’agricoltura,<br />

con la conseguenza di una bassa produttività<br />

dei terreni.<br />

Lo studio della<br />

mezzadria è<br />

interessante<br />

non solo per la<br />

configurazione dei<br />

rapporti produttivi<br />

ma anche di quelli<br />

sociali<br />

Agricoltura 95<br />

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