04.01.2019 Views

NUTSPAPER 5frutti rossi all

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

La verità dietro lo zucchero<br />

Tutto quello che c’è da sapere sui carboidrati.<br />

Come conservare gli alimenti eliminando l’acqua<br />

Disidratazione, liofilizzazione, essiccazione e concentrazione.<br />

Packaging e metodologie di stampa<br />

Evoluzioni e trasformazioni.<br />

IRI Andamento delle vendite nella grande distribuzione<br />

A Ottobre 2018.<br />

Nei dintorni:<br />

mangiare e bere.<br />

Le ricette creative, interpretate da chef della scuola Artusiana<br />

Sette piatti da gustare e collezionare.<br />

PRODOTTI DEL MESE<br />

FRUTTI<br />

ROSSI<br />

Aronia<br />

Alchechengio Peruviano<br />

Maqui berry<br />

More di gelso<br />

Mirtilli blu<br />

4/2018


EDITORIALE<br />

<strong>NUTSPAPER</strong>,<br />

periodico d’informazione sulla frutta secca.<br />

Stanno prendendo sempre più<br />

piede sulle nostre tavole<br />

e nella nostra alimentazione.<br />

Arrivano da lontano, erano già noti<br />

tra popolazioni antichissime<br />

e molto lontane da noi: sono<br />

i frutti <strong>rossi</strong>, vere e proprie<br />

esplosioni di gusto.<br />

Consumate secche, sotto forma<br />

di succhi e marmellate o <strong>all</strong>’interno<br />

di sfiziose ricette, queste piccole<br />

bacche colorate sono le protagoniste<br />

indiscusse di questo numero di<br />

Nutspaper, <strong>all</strong>’interno del quale<br />

vengono approfondite la loro storia,<br />

la loro diffusione e coltivazione,<br />

con un focus specifico sulle bacche<br />

di Aronia, l’alchechengio peruviano,<br />

il maqui berry, le more di gelso<br />

e i mirtilli blu.<br />

Immancabile il tradizionale<br />

appuntamento con<br />

gli approfondimenti specialistici,<br />

che affrontano il delicato tema<br />

della disidratazione, metodologia<br />

di conservazione degli alimenti<br />

basata sul principio di eliminazione<br />

dell’acqua dal prodotto trattato,<br />

e dei carboidrati, il più stigmatizzato<br />

e frainteso dei nutrienti.<br />

Segue l’articolo dedicato<br />

al packaging e <strong>all</strong>a sua evoluzione,<br />

dal semplice strumento<br />

di conservazione e trasporto<br />

di alimenti a parte fondamentale<br />

e integrante delle strategie di<br />

marketing di aziende e produttori,<br />

con una speciale attenzione <strong>all</strong>e<br />

metodologie di stampa che ne<br />

rendono possibile<br />

la personalizzazione.<br />

La carrellata si chiude con la<br />

panoramica tracciata dai dati<br />

analizzati d<strong>all</strong>’IRI, per una fotografia<br />

precisa ed accurata delle vendite<br />

nel mercato della frutta secca.<br />

Torna, infine, anche la straordinaria<br />

fantasia del nostro chef Luca<br />

Zannoni che, come sempre,<br />

non manca di stupirci con le sue<br />

ricette e i suoi curiosi abbinamenti,<br />

proponendo sette ricette<br />

impreziosite d<strong>all</strong>’originale presenza<br />

delle frutta rossa disidratata.<br />

Buona lettura.<br />

La Redazione<br />

N/3


SOMMARIO<br />

La verità dietro lo zucchero<br />

Tutto quello che c’è da sapere sui carboidrati.<br />

di Alberto Pretelli.<br />

pag. 6<br />

Come conservare gli alimenti eliminando l’acqua<br />

Disidratazione, liofilizzazione, essiccazione e<br />

concentrazione.<br />

di Michela Pagnani.<br />

pag. 10<br />

Packaging e metodologie di stampa<br />

Evoluzioni e trasformazioni.<br />

di Paride Banzola.<br />

pag. 12<br />

Approfondimenti sui 5 frutti<br />

di Francesca Buccella.<br />

Aronia pag. 16<br />

Alchechengio Peruviano pag. 20<br />

Maqui berry pag. 24<br />

More di gelso pag. 28<br />

Mirtilli blu pag. 32<br />

N/4<br />

“<strong>NUTSPAPER</strong>” anno XI - n° 4<br />

luglio - agosto - settembre - ottobre 2018<br />

Reg. al Tribunale di Forlì il 17/04/2007 n.6/07<br />

www.nutspaper.com<br />

Editore: Menabò Group s.r.l.<br />

Direttore Responsabile: Andrea Masotti<br />

Progetto grafico: Lisa Tagliaferri<br />

Elaborazione testi: Chiara Bearzi<br />

Menabò Group s.r.l.<br />

via Napoleone Bonaparte, 50<br />

47122 Forlì (FC)<br />

tel. 0543.798463<br />

fax 0543.774044<br />

www.menabo.com<br />

info@menabo.com<br />

Comitato di redazione:<br />

Dr.ssa Francesca Buccella<br />

Dr.ssa Francesca Nanni<br />

Veronica Babini<br />

Dr. Alberto Pretelli<br />

Dr.ssa Michela Pagnani<br />

Paride Banzola<br />

Stampa: Faenza Industrie Grafiche<br />

Chiuso per la stampa nel mese di novembre 2018<br />

IRI Andamento delle vendite<br />

nella grande distribuzione<br />

A Ottobre 2018.<br />

pag. 38<br />

Nei dintorni:<br />

mangiare e bere.<br />

pag. 41<br />

RICETTE CON I FRUTTI ROSSI<br />

Le ricette creative, interpretate da chef della scuola Artusiana<br />

Sette piatti da gustare e collezionare.<br />

pag. 42<br />

Antipasto - Mirtillo blu<br />

Insalatina di valeriana, radicchi precoci e mele,<br />

con mirtilli blu e ricotta di anacardi.<br />

pag. 43<br />

Primo - More di gelso<br />

Vialone nano al vino Novello con more di gelso e anacardi.<br />

pag. 44<br />

Secondo - Maqui Berry<br />

Autunno.<br />

pag. 45<br />

Pane - Golden Berry<br />

Pane di zucca e Golden Berry.<br />

pag. 46<br />

Dolce - Aronia<br />

Pere in vaso cottura con zenzero e aronia.<br />

pag. 47<br />

Dolce - Mirtillo blu<br />

Sempliciotto al cioccolato fondente, mirtillo blu,<br />

Grue di cacao e sale di Cervia.<br />

pag. 48<br />

Dolce - Mirtillo blu<br />

Millefoglie di goffre <strong>all</strong>a crema pasticcera e lime<br />

con mirtilli blu e uva fragola.<br />

pag. 49


La verità dietro lo zucchero<br />

Tutto quello che c’è da sapere sui carboidrati.<br />

di Alberto Pretelli<br />

Se iniziassi questo articolo scrivendo “lo zucchero fa male!” sarebbe<br />

a mio avviso poco corretto e poco professionale. Cercherò<br />

quindi di farvi capire cos’è questo elemento, oggi temuto come<br />

se fosse il peggiore dei nemici pur giocando un ruolo importante<br />

<strong>all</strong>’interno del corpo umano, e vi mostrerò come l’industria alimentare<br />

ne abbia eccessivamente abusato in questi ultimi anni.<br />

Gli zuccheri sono carboidrati definiti “semplici”. Si distinguono<br />

in monosaccaridi e disaccaridi, a seconda che siano costituiti<br />

da una o due molecole, e si differenziano per questo dai carboidrati<br />

“complessi” come l’amido, costituiti invece da tante<br />

molecole di glucosio unite <strong>all</strong>’interno di un’unica struttura.<br />

Carboidrati semplici<br />

vs carboidrati complessi<br />

I carboidrati semplici si ritrovano <strong>all</strong>’interno di tantissimi<br />

alimenti in maniera sia naturale sia raffinata, quando cioè aggiunti<br />

d<strong>all</strong>e aziende per dolcificare cibi e bevande. Data la loro<br />

semplice composizione chimica e non dovendo subire procedimenti<br />

complessi per essere degradati nel momento in cui sono<br />

introdotti <strong>all</strong>’interno dell’organismo, sono assorbiti in tempi brevi.<br />

Per questo motivo forniscono energia pronta per essere<br />

utilizzata.<br />

Al contrario, i carboidrati complessi, come già anticipato dal<br />

nome, sono dei macronutrienti polimerici formati da più unità di<br />

monosaccaridi. Fanno riferimento a questo gruppo gli amidi,<br />

che ritroviamo nei cereali e nei legumi secchi, e la fibra alimentare,<br />

presente principalmente negli ortaggi, nei legumi freschi<br />

e nella frutta. Data la loro struttura molecolare, l’assunzione<br />

di questa tipologia di carboidrati richiederà processi metabolici<br />

e digestivi più lunghi e complessi al fine di poterli degradare ed<br />

assorbire, evitando così l’insorgenza di picchi glicemici<br />

ed aumentando il senso di sazietà.<br />

Ridurre nella dieta quotidiana il consumo di carboidrati semplici,<br />

favorendo invece il consumo di quelli complessi, apporta notevoli<br />

benefici sia <strong>all</strong>a nostra salute sia <strong>all</strong>a nostra forma fisica. Grazie<br />

<strong>all</strong>a riduzione degli zuccheri semplici, infatti, si riducono anche i<br />

processi fermentativi a livello intestinale e, <strong>all</strong>o stesso tempo, un<br />

maggiore consumo di alimenti ricchi di fibre favorisce il transito<br />

intestinale, aiutando a ridurre l’assorbimento degli zuccheri e donando<br />

nel tempo un ventre piatto e un girovita più snello.<br />

Perché mangiare carboidrati complessi?<br />

Nel momento in cui si inizia a seguire una dieta in cui i carboidrati<br />

sono ben scelti e bilanciati, uno dei primi benefici osservati è un<br />

incremento nei livelli di energia percepita, dovuto <strong>all</strong>’assorbimento<br />

lento dei carboidrati complessi che assicura<br />

energia per un arco temporale più lungo e duraturo,<br />

al contrario di quelli semplici che sono assorbiti e assimilati molto<br />

più rapidamente.<br />

Spesso si commette l’errore di associare il senso di fame e di<br />

sazietà <strong>all</strong>a quantità di calorie introdotte durante un pasto.<br />

In realtà non sono le calorie a giocare un ruolo fondamentale<br />

nel tenere sotto controllo il senso di fame, bensì la tipologia di<br />

nutrienti assunti. Un pasto ricco di zuccheri semplici, sebbene<br />

possa apportare un notevole introito calorico, dopo poco tempo<br />

porterà <strong>all</strong>’insorgenza del senso di fame.<br />

Al contrario, pasti che contengono una buona fonte bilanciata<br />

di carboidrati complessi, proteine, grassi e<br />

fibre ridurranno notevolmente il senso di fame durante<br />

la giornata. Il risultato sarà non solo quello di mangiare<br />

meglio, assumendo i nutrienti corretti, ma anche quello di mangiare<br />

meno, per la felicità della nostra forma fisica.<br />

Qual è la dose giornaliera<br />

da non superare?<br />

Secondo l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, se si<br />

vuole rimanere attorno a livelli di assunzione ottimali, la dose corretta<br />

è di 25 gr di zuccheri al giorno, pari a cinque cucchiaini,<br />

quantità valida per adulti e bambini.<br />

In questo conteggio rientra sia il comune zucchero da tavola che<br />

quello aggiunto a cibi, snack e bevande, ma anche miele, sciroppi,<br />

succhi di frutta, marmellate. Poiché lo zucchero è presente<br />

N/6


persino nelle conserve di pomodoro, si rende più che mai necessario<br />

ricercarne la quantità nelle etichette, guardando <strong>all</strong>a voce<br />

“carboidrati, di cui zuccheri” oppure “ingredienti”, dove bisogna<br />

ricercare saccarosio, zucchero di canna, zucchero invertito, sciroppo<br />

di glucosio, di fruttosio, maltosio, di amido, destrine etc.<br />

Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e<br />

la Nutrizione (INRAN) riportati dal Journal of Human Nutrition and<br />

Dietetics, nel 2010 si è registrato un consumo pari a circa 82,5 gr<br />

di zuccheri al giorno nella popolazione italiana adulta. Si tratta<br />

del secondo valore più basso dopo la Spagna, a fronte dei dati<br />

raccolti per Stati Uniti e Germania dove i consumi si attestavano<br />

rispettivamente a 117 gr e 118,5 gr al giorno <strong>all</strong>’interno della stessa<br />

fascia d’età. Risultati peggiori sono stati rilevati, <strong>all</strong>’interno dello<br />

stesso arco temporale, in merito al consumo dei bambini, più alto<br />

rispetto a quello registrato per gli adulti.<br />

I sostituti dello zucchero<br />

Dotati di sapore dolce sono anche certi composti naturali appartenenti<br />

<strong>all</strong>a categoria dei polialcoli, quali il sorbitolo<br />

(presente naturalmente in alcuni frutti), lo xilitolo e il maltitolo.<br />

Questi composti, avendo un potere calorico inferiore a quello degli<br />

zuccheri veri e propri, sono stati impiegati come sostituti dello<br />

zucchero comune nella realizzazione di alcuni prodotti ipocalorici,<br />

alimenti e bevande “light” o “senza zucchero”, con lo scopo di<br />

prevenire le carie.<br />

Anche vari altri composti, artificialmente prodotti e dotati di un<br />

potere dolcificante da 30 a 500 volte superiore a quello dello zucchero,<br />

vengono impiegati per dolcificare alimenti e bevande ipocaloriche,<br />

in quanto risultano praticamente privi di potere calorico<br />

in riferimento <strong>all</strong>e dosi utilizzate. Tra questi figurano i ciclamati,<br />

l’aspartame, l’acesulfame e la saccarina.<br />

QUALI SONO DOVE SI TROVANO CARATTERISTICHE INDICE GLICEMICO<br />

MONOSACCARIDI<br />

GLUCOSIO<br />

Frutta, miele, sciroppo<br />

d’acero etc.<br />

Contribuisce a consistenza,<br />

sapore e a palatabilità degli<br />

alimenti.<br />

100<br />

FRUTTOSIO<br />

Miele, sciroppo d’acero,<br />

frutta, verdura etc.<br />

Dolcificante in prodotti da<br />

forno, bevande zuccherate e<br />

dolciumi (come sciroppo).<br />

23<br />

GALATTOSIO<br />

Latte e derivati, piccole<br />

quantità si trovano anche<br />

in alcuni vegetali ed in<br />

particolare nei legumi.<br />

È un costituente di molecole<br />

complesse importanti sul<br />

piano funzionale e strutturale,<br />

come i polisaccaridi e i<br />

galattolipidi.<br />

46<br />

DISACCARIDI<br />

SACCAROSIO<br />

(glucosio + fruttosio)<br />

Canna da zucchero e<br />

barbabietola da zucchero,<br />

in misura minore si rinviene<br />

anche nel miele, nella frutta e<br />

in alcuni ortaggi.<br />

Conferisce viscosità, dolcezza<br />

e sapore a prodotti da forno<br />

e gelati; in forma raffinata<br />

è noto come zucchero da<br />

tavola.<br />

100<br />

LATTOSIO<br />

(galattosio + glucosio)<br />

Latte e derivati.<br />

È il principale zucchero del<br />

latte materno e vaccino.<br />

46<br />

MALTOSIO<br />

(glucosio + glucosio)<br />

Prodotto d<strong>all</strong>a germinazione<br />

di cereali e per digestione<br />

dell’amido, si trova nel malto<br />

e negli sciroppi a base di<br />

amido.<br />

È meno dolce di glucosio e<br />

saccarosio.<br />

105<br />

N/7


Va sottolineato che il consumo dei sostituti dello zucchero,<br />

pur se ormai entrato nell’uso comune, non è indispensabile<br />

neppure nei casi in cui si seguano regimi ipocalorici per<br />

la riduzione del peso: l’uso di questi edulcoranti da solo non permette<br />

di ridurre il peso corporeo se, contemporaneamente, non<br />

si diminuisce la quantità totale di calorie introdotte con la dieta e<br />

non si aumenta l’attività fisica.<br />

In ogni caso, pur se sostanzialmente innocui nelle dosi consentite<br />

d<strong>all</strong>a normativa vigente, gli edulcoranti sostitutivi dello<br />

zucchero possono avere limitazioni d’uso, motivo per<br />

cui è necessario controllarne sia la presenza sia le eventuali controindicazioni<br />

attraverso la lettura dell’etichetta. Queste alternative<br />

sono infatti scelte d<strong>all</strong>’industria perché risultano più adatte <strong>all</strong>a<br />

preparazione di alcuni prodotti, ma bisogna considerare che, in<br />

questo modo, lo zucchero scompare d<strong>all</strong>’elenco degli ingredienti<br />

utilizzati nella preparazione.<br />

Ci sono poi anche gli zuccheri “naturali”, spesso sbandierati dai<br />

produttori in etichetta. Stiamo parlando di miele, zucchero<br />

d’uva, succo di mele concentrato e sciroppo d’acero,<br />

che in genere sono anche fonti di minerali e vitamine, assenti<br />

nel saccarosio. Non bisogna però farsi illusioni, perché si tratta<br />

di piccole quantità che non sostituiscono l’apporto derivante<br />

d<strong>all</strong>’assunzione di frutta e verdura.<br />

Le false promesse degli alimenti “light”<br />

Attenzione agli alimenti “light”: le aziende produttrici li utilizzano<br />

per attrarre il consumatore facendo leva sulla riduzione delle calorie<br />

rispetto <strong>all</strong>’alimento “originale”.<br />

La vera domanda da porsi, nel momento in cui se ne considera<br />

l’acquisto, è come l’industria sia riuscita a ridurre<br />

così drasticamente le calorie di un alimento.<br />

A volte, per <strong>all</strong>eggerire l’apporto di grassi mantenendo un<br />

gusto apprezzabile, viene aggiunto lo zucchero. È il caso,<br />

ad esempio, di un tipo di maionese classica che non prevede la<br />

presenza zucchero ma, nella versione light, a fronte di un minore<br />

contenuto di grassi e solo 277 calorie per 100 gr di prodotto, molto<br />

ridotte rispetto <strong>all</strong>e 728 della versione originale, compaiono tra<br />

gli ingredienti anche 4,3 gr di zucchero. Questo aspetto deve far<br />

riflettere sui trucchi utilizzati d<strong>all</strong>’industria per ingannare le nostre<br />

papille gustative.<br />

Lo zucchero si nasconde in un gran numero di cibi<br />

pronti, ma per “trovarlo” è importante perdere quel minuto in<br />

più per leggere le etichette, ricordandosi di prestare attenzione ai<br />

diversi nomi utilizzati per le varie tipologie. Bisogna portare attenzione<br />

<strong>all</strong>e caramelle “senza zucchero”, perché dolcificate con polialcoli<br />

(sorbitolo, xilitolo, e maltitolo) che inducono un effetto lassativo<br />

nell’adulto quando il loro consumo supera 20 gr al giorno.<br />

Le fonti di zuccheri<br />

Un altro elemento fuorviante e spesso presente nei consigli nutrizionali<br />

in rete riguarda le fonti di zuccheri. Il corpo umano non<br />

distingue tra il saccarosio proveniente da una fetta<br />

di torta e quello contenuto in una carota, così come<br />

non distingue tra il fruttosio ottenuto d<strong>all</strong>a demolizione<br />

del saccarosio e quello contenuto nella frutta:<br />

dal punto di vista chimico si tratta della stessa molecola.<br />

In teoria il fruttosio ha un potere dolcificante più alto rispetto al<br />

saccarosio e un indice glicemico più basso.<br />

Questo ci porterebbe a pensare che potrebbe essere un ottimo<br />

elemento dolcificante, ma in realtà non è così, perché esiste un<br />

rovescio della medaglia: il fruttosio ha un potere saziante infe-<br />

N/8


iore a quello degli altri zuccheri perché non stimola la produzione<br />

degli ormoni insulina e leptina, che inducono la<br />

sazietà, e non sopprime quella dell’ormone grelina che<br />

invece provoca appetito, con il risultato di portare la persona ad<br />

avvertire un maggiore senso di fame e ingerire un maggiore introito<br />

calorico, con conseguenze negative nel tempo per chi soffre di<br />

problemi di sovrappeso e non solo.<br />

Tumori e zuccheri<br />

Questo è sempre un argomento molto delicato sul quale mi propongo<br />

di far chiarezza, segnalando però che la scienza stessa<br />

ancora non è arrivata a conclusioni definitive. Tradizionalmente si<br />

è sempre pensato che un soggetto malato di cancro dovrebbe<br />

eliminare totalmente d<strong>all</strong>a propria dieta gli zuccheri: falso!<br />

Questa credenza nasce da un esame che si effettua con lo scopo<br />

di individuare le metastasi, in ragione del loro consumo di glucosio.<br />

Si tratta però di una conseguenza della malattia e non di<br />

una sua causa.<br />

L’insulina è l’ormone prodotto dal nostro organismo<br />

in risposta <strong>all</strong>’aumento di zuccheri nel sangue (glicemia),<br />

ma regola anche altri aspetti del funzionamento<br />

del nostro organismo. Troppa insulina in circolo, ad<br />

esempio, induce una produzione eccessiva di alcuni ormoni e<br />

favorisce la produzione di un fattore di crescita chiamato IGF-1,<br />

un vero e proprio “fertilizzante” per le cellule in generale e, in particolare,<br />

per quelle cancerose.<br />

Uno studio olandese pubblicato nel 2007 sull’International Journal<br />

of Cancer, condotto con la partecipazione di oltre 120.000 persone,<br />

ha verificato la relazione tra sviluppo di tumori e consumo<br />

di zuccheri senza riuscire a trovarne una sufficientemente solida.<br />

Una metanalisi degli studi esistenti, pubblicata nel 2008 sullo<br />

stesso giornale, dimostra anche che una dieta con pochi<br />

zuccheri si associa a un livello di salute generalmente<br />

migliore (per esempio per una riduzione del diabete di tipo<br />

2 e delle malattie cardiovascolari), ma di nuovo non trova<br />

alcuna correlazione diretta tra consumo di zucchero<br />

e cancro.<br />

Uno studio pubblicato nel gennaio 2016 su Cancer Research ha<br />

invece dimostrato che, almeno per quanto riguarda il cancro del<br />

seno, una dieta ricca di fruttosio favorisce la crescita del tumore,<br />

confermando così ricerche precedenti che avevano collegato<br />

l’eccesso di zuccheri <strong>all</strong>a malattia.<br />

In questo caso, però, lo studio è stato condotto su topi di laboratorio<br />

nutriti con grandi quantità di fruttosio, in una situazione<br />

abbastanza diversa da quella di un essere umano.<br />

Lo studio fornisce però altre informazioni interessanti: il fruttosio,<br />

infatti, non viene utilizzato come fonte energetica diretta d<strong>all</strong>e cellule<br />

ma, attraverso l’innalzamento dell’indice glicemico, stimola la<br />

presenza di fattori infiammatori. Ed è proprio l’ambiente infiammato,<br />

e non l’utilizzo degli zuccheri come energia per la moltiplicazione<br />

delle cellule, ad aiutare il tumore a crescere.<br />

Conclusioni<br />

È probabile, e abbastanza sicuro per quel che riguarda il cancro<br />

del seno, che una dieta troppo ricca di zuccheri<br />

possa favorire la malattia attraverso un meccanismo<br />

di mantenimento dell’infiammazione nell’ambiente<br />

circostante il tumore, anche se per molti tipi di cancro<br />

mancano dati epidemiologici a sostegno di questa ipotesi basata<br />

soprattutto sulle conoscenze di biologia cellulare e sugli studi<br />

negli animali.<br />

È certo però che una dieta a ridotto contenuto di zuccheri<br />

aiuta a tenere a bada alcuni fattori di rischio<br />

indiretto sia per lo sviluppo del cancro sia per la sua<br />

progressione, come l’innalzamento repentino della<br />

glicemia legato al consumo di cibi ad alto indice glicemico e<br />

l’obesità.<br />

Nella pratica finalizzata <strong>all</strong>a prevenzione, quindi, è fondamentale<br />

mantenere un consumo moderato di zuccheri<br />

per il buon funzionamento dell’organismo, mentre va abolita<br />

ogni forma di estremismo, sia in eccesso – da qualsiasi<br />

fonte, anche vegetale – sia <strong>all</strong>a totale negazione. Infatti, come<br />

ci insegna la biochimica, un organismo umano complesso<br />

non può fare a meno degli zuccheri perché il nostro<br />

cervello utilizza esclusivamente il glucosio come carburante per<br />

svolgere le sue funzioni quotidiane. Se togliamo gli zuccheri d<strong>all</strong>a<br />

dieta quotidiana, il corpo crea immediatamente molecole di<br />

glucosio per soddisfare il fabbisogno del cervello, producendole<br />

attraverso la demolizione delle proteine e impoverendo così la<br />

massa magra.<br />

Un altro riferimento che riporta la fisiologia umana è quello relativo<br />

al consumo dei carboidrati durante l’attività fisica, come carburante<br />

fondamentale per i nostri muscoli per eseguire l’esercizio.<br />

Sottolineare questo concetto è fondamentale per insegnare al<br />

consumatore che le famose diete in cui si eliminano totalmente<br />

carboidrati d<strong>all</strong>a propria alimentazione sono degli emeriti f<strong>all</strong>imenti<br />

fisiologici per il nostro corpo.<br />

La salute sta nel giusto equilibrio dei consumi dei<br />

carboidrati, sia semplici che complessi, senza oltrepassare<br />

il limite del troppo o del troppo poco, ricordando<br />

che però il tutto deve essere abbinato ad una costante<br />

attività fisica.<br />

N/9


Come conservare gli alimenti eliminando l’acqua<br />

Disidratazione, liofilizzazione, essiccazione e concentrazione.<br />

di Michela Pagnani<br />

Disidratazione<br />

Tutti gli alimenti sono soggetti a deterioramento, a causa dell’azione<br />

di enzimi e microrganismi la cui attività è legata <strong>all</strong>a presenza<br />

di acqua libera, cioè effettivamente disponibile, e indicata dal<br />

paramento “a w ”, con cui si fa riferimento <strong>all</strong>a percentuale di umidità<br />

relativa interna ad uno specifico prodotto alimentare. È per<br />

questo motivo che molte tecniche di conservazione si basano<br />

proprio sul principio dell’eliminazione parziale o totale dell’acqua<br />

d<strong>all</strong>o stesso.<br />

In base al valore a w , ciascun alimento può essere classificato<br />

come:<br />

• High Moisture Foods (HMF o alimenti a elevata umidità):<br />

a w = 1 - 0,9<br />

• Intermediate Moisture Foods (IMF o alimenti a umidità intermedia):<br />

a w = 0,9 - 0,6<br />

• Low Moisture Foods (LMF o alimenti a bassa umidità):<br />

a w = 0,6 - 0<br />

Nei LMF i microrganismi sono completamente inibiti, mentre negli<br />

HMF e negli IMF generalmente la disidratazione non è sufficiente<br />

<strong>all</strong>a conservazione del prodotto ed è necessario avvalersi<br />

della combinazione di più tecniche come trattamenti termici, refrigerazione<br />

ed essiccazione.<br />

Essiccazione<br />

Consiste nell’eliminazione quasi totale dell’acqua presente<br />

nell’alimento, fino a un massimo del 10-15%. Metodi<br />

naturali utilizzati fin d<strong>all</strong>’antichità prevedono l’impiego di energia<br />

solare, come ad esempio si usa fare per l’essiccazione dello<br />

stoccafisso nei paesi nordici. Purtroppo tali sistemi rudimentali<br />

hanno il difetto di richiedere tempi molto lunghi e di non impedire<br />

in alcun modo né la contaminazione né la modifica delle qualità<br />

nutritive e organolettiche degli alimenti.<br />

Industrialmente il processo è più controllato, anche<br />

se non sempre si riescono a mantenere inalterate<br />

le proprietà del cibo. Possono formarsi delle croste, zone<br />

superficiali ad alta concentrazione, oppure può verificarsi una<br />

variazione del colore, come nel caso dell’imbrunimento. In altri<br />

casi, le proteine possono denaturarsi e i lipidi alterarsi, con conseguente<br />

irrancidimento ossidativo e possibile perdita di vitamine.<br />

La scelta dei parametri in funzione dell’alimento risulta quindi<br />

un fattore chiave per la qualità finale del prodotto.<br />

Liofilizzazione<br />

Si tratta di una tecnica più evoluta, dove l’eliminazione dell’acqua<br />

avviene tramite la congelazione dell’alimento e la successiva<br />

sublimazione dell’acqua presente. Il vantaggio della<br />

sublimazione, che consiste nel passaggio dell’acqua <strong>all</strong>o stato<br />

solido a quello di vapore senza passare per lo stato liquido, rispetto<br />

<strong>all</strong>’essiccazione tradizionale sta nel fatto che permette<br />

di evitare lo stress termico al prodotto trattato poiché<br />

avviene sottovuoto e a temperature inferiori ai 0°C. In questo<br />

modo si conservano quasi totalmente le caratteristiche nutritive<br />

e organolettiche originarie. Nata per la produzione di medicinali<br />

e di alimenti particolari, come quelli dedicato <strong>all</strong>’infanzia, la liofilizzazione<br />

presenta però un costo elevato. Ad oggi le sue applicazioni<br />

sono molteplici grazie ad un abbassamento dei costi di<br />

produzione, ad esempio per il caffè e il thé solubile. La principale<br />

caratteristica dei prodotti liofilizzati è la facilità di reidratazione,<br />

molto più veloce che non per i prodotti essiccati in maniera<br />

tradizionale.<br />

Concentrazione<br />

Si tratta dell’eliminazione parziale dell’acqua presente, con conseguente<br />

concentrazione dei soluti. Anche in questo caso le tecniche<br />

a disposizione sono diverse, a seconda della matrice da<br />

trattare e del risultato che si vuole ottenere.<br />

Concentrazione a caldo<br />

Attraverso questa tecnica si va a eliminare l’acqua presente per<br />

evaporazione. Risulta essere il metodo classico più diffuso<br />

ma il prezzo della semplicità di questo processo è l’alterazione<br />

delle caratteristiche nutrizionali del prodotto, nonché la riduzione<br />

della componente volatile con conseguente perdita degli aromi.<br />

Per i prodotti più termolabili si prevede l’utilizzo di evaporatori a<br />

bassa pressione, così da contenere al massimo la temperatura<br />

del trattamento. L’impiego principale lo troviamo nell’industria dei<br />

succhi di frutta e delle conserve di pomodoro.<br />

Concentrazione a freddo<br />

Detta anche crioconcentrazione, è il processo attraverso cui<br />

si congela una parte dell’acqua presente <strong>all</strong>’interno<br />

di un alimento, così da ottenere una sospensione di crist<strong>all</strong>i di<br />

ghiaccio in un fluido concentrato sfruttando i diversi punti di gelo<br />

dei soluti presenti nel cibo trattato. Questo processo può essere<br />

ripetuto più volte fino al raggiungimento del grado di concentrazione<br />

desiderato. Viene impiegata principalmente con alimenti<br />

liquidi come vino, birra e succhi di frutta.<br />

Disidratazione osmotica<br />

Consente infine una parziale separazione dell’acqua<br />

d<strong>all</strong>’alimento mediante l’utilizzo di membrane naturali<br />

o artificiali. Si basa sul fenomeno naturale dell’osmosi,<br />

che avviene ogni qual volta due soluzioni acquose contenenti<br />

diverse concentrazioni saline vengono separate da una membrana<br />

semipermeabile. In questa situazione si verifica il passaggio<br />

spontaneo dell’acqua d<strong>all</strong>a soluzione più diluita a quella più concentrata,<br />

sino al raggiungimento dell’equilibrio dei livelli di salinità.<br />

La pressione che si genera è la cosiddetta “pressione osmotica”:<br />

tanto maggiore è la differenza tra le concentrazioni saline di partenza<br />

e più elevato è il valore della pressione osmotica.<br />

N/10


La selettività dell’operazione è garantita d<strong>all</strong>e caratteristiche della<br />

membrana semipermeabile utilizzata. Nell’industria alimentare<br />

si può quindi realizzare un’operazione di disidratazione naturale<br />

immergendo un prodotto intero o in pezzi in una soluzione concentrata,<br />

o ipertonica, compatibile con gli alimenti da trattare. È<br />

il caso, ad esempio, di sciroppi zuccherini e soluzioni saline a<br />

cui può essere aggiunto un agente antiossidante come l’acido<br />

ascorbico, per evitare l’imbrunimento. Le pareti e le membrane<br />

cellulari, in questo caso, fungono da membrana semipermeabile<br />

e generano una diffusione di acqua d<strong>all</strong>’alimento <strong>all</strong>a soluzione<br />

accompagnata da una diffusione dell’agente osmotico d<strong>all</strong>a soluzione<br />

<strong>all</strong>’interno del prodotto, andando inevitabilmente a modificare<br />

la componente nutrizionale dell’alimento che si arricchirà<br />

della soluzione scelta.<br />

L’impiego è sostanzialmente legato <strong>all</strong>a produzione di frutti ed ortaggi<br />

ad umidità intermedia oppure come trattamento preliminare<br />

per una successiva essiccazione, liofilizzazione, surgelazione<br />

o pastorizzazione. Rispetto <strong>all</strong>e altre tecniche, la disidratazione<br />

osmotica è interessante poiché la riduzione del contenuto<br />

d’acqua può avvenire a temperatura ambiente o<br />

a temperature poco superiori, minimizzando il danno termico.<br />

Gli impianti sono generalmente costituti da:<br />

• un serbatoio di preparazione della soluzione ipertonica;<br />

• un sistema di pompe e valvole per la creazione e il controllo<br />

del flusso a velocità costante della soluzione nel serbatoio di<br />

disidratazione;<br />

• un serbatoio di disidratazione in cui il prodotto è immerso nella<br />

soluzione, continuamente rinnovata;<br />

• un sistema di riconcentrazione della soluzione ipertonica mediante<br />

un evaporatore sottovuoto.<br />

Le condizioni operative da adottare riguardano innanzitutto la<br />

scelta e il grado di concentrazione della soluzione osmotizzante.<br />

Si possono ad esempio utilizzare sciroppi zuccherini, come saccarosio<br />

e glucosio prodotti d<strong>all</strong>’idrolisi dell’amido, a concentrazioni<br />

superiori a 60 °Brix, oppure soluzioni di cloruro sodico semplici<br />

o in combinazione con soluzioni zuccherine. L’incremento della<br />

temperatura e l’uso del vuoto possono migliorare le cinetiche di<br />

disidratazione, tuttavia le condizioni operative ottimali dipenderanno<br />

in ogni caso d<strong>all</strong>a tipologia di prodotto e d<strong>all</strong>a sua struttura,<br />

quindi d<strong>all</strong>e dimensioni e d<strong>all</strong>a permeabilità della cuticola.<br />

In contrapposizione <strong>all</strong>’osmosi diretta vi è quella inversa, dove<br />

le molecole di fluido sono costrette a passare da una<br />

soluzione più concentrata a quella meno concentrata.<br />

Non essendo un processo spontaneo si ottiene applicando<br />

<strong>all</strong>a soluzione più concentrata una pressione maggiore di quella<br />

osmotica. L’osmosi inversa viene impiegata principalmente per il<br />

trattamento delle acque (demineralizzazione, produzione di acqua<br />

potabile da acque marine). Andando ad agire sulla membrana<br />

da utilizzare e sulla grandezza dei pori si può effettuare una<br />

separazione fisica di alcune molecole nell’alimento con successiva<br />

concentrazione di quest’ultimo.<br />

Si può parlare quindi di microfiltrazione e ultrafiltrazione, tecniche<br />

utilizzate nell’industria lattiero casearia per la concentrazione del<br />

latte intero, per la chiarificazione del vino e dell’aceto ma anche<br />

per estrarre le proteine da alcuni alimenti nella produzione d’integratori<br />

alimentari.<br />

Schema funzionale di un impianto di osmodisidratazione<br />

Osmotic solution flow<br />

Storage<br />

tank<br />

Processing tank<br />

Vapor<br />

Out<br />

Steam<br />

Rotameter<br />

In<br />

Product<br />

Evaporator<br />

Valves<br />

Pump<br />

Drain<br />

Drain<br />

Pump<br />

N/11


Packaging e metodologie di stampa<br />

Evoluzioni e trasformazioni.<br />

di Paride Banzola<br />

Il packaging moderno, come lo conosciamo noi, nasce nel primo<br />

‘800 con quelle che erano le guerre Napoleoniche: migliaia di<br />

persone nelle file dell’esercito che si spostavano attraverso l’Europa<br />

e richiedevano approvvigionamenti continui, non sempre<br />

reperibili nelle zone conquistate. È durante questo periodo che<br />

nascono le prime risposte <strong>all</strong>a necessità di trasportare ingenti<br />

quantità di cibo e vettovaglie, assicurandone la conservazione e<br />

il trasporto per diverse migliaia di chilometri.<br />

Il packaging oggi<br />

Oggi il concetto di packaging mantiene in parte questa originaria<br />

funzione, ma con esigenze diverse e adeguate al periodo storico<br />

in cui viviamo. Oltre a conservare gli alimenti e i beni che<br />

le aziende producono, è anche un importantissimo strumento<br />

di vendita, un fondamentale mezzo di comunicazione rivolto<br />

al consumatore che si esprime attraverso forma, materiale,<br />

dimensione, colore e finiture.<br />

Caratterizzandosi in base a questi tratti essenziali, il packaging<br />

moderno catalizza le diverse attività di un’azienda<br />

produttrice di beni, rivolti al consumatore, a partire d<strong>all</strong>a<br />

produzione, ossia la vera e propria necessità di confezionamento<br />

e conservazione in maniera stoccabile e sicura. Sono inclusi<br />

anche il marketing, cioè la necessità di comunicare storia<br />

e caratteristiche del bene considerato attraverso la confezione,<br />

e la logistica, per trasportare in maniera sicura il prodotto, evitando<br />

qualsiasi danno, dal magazzino <strong>all</strong>o scaffale. La complessità<br />

della società in cui viviamo ha plasmato consumatori attenti<br />

<strong>all</strong>a confezione dei diversi prodotti e il packaging deve pertanto<br />

risultare fruibile <strong>all</strong>e diverse esigenze. Da qui la necessità per le<br />

aziende di svilupparne svariate forme e tipologie, che vanno d<strong>all</strong>a<br />

monoporzione, <strong>all</strong>e confezioni apri e chiudi, <strong>all</strong>’utilizzo dei materiali<br />

complessi a seconda dell’utilizzo e del prodotto.<br />

D<strong>all</strong>a cassa che era utilizzata per il solo trasporto nei primi anni<br />

dell’800 <strong>all</strong>e opzioni disponibili nel XXI secolo sono cambiati molti<br />

aspetti, si sono affinate una serie di tecniche e materiali atti ad<br />

una maggiore vestibilità e qualità nella conservazione in particolare<br />

degli alimenti. Ad esempio, quelli utilizzati per il confezionamento<br />

nel settore del food spaziano dal legno, <strong>all</strong>’<strong>all</strong>uminio, ai polimeri<br />

plastici per imb<strong>all</strong>i flessibili e a una lunga serie di vaschette,<br />

carte, cartoni e vetro abbinati a diverse tipologie di stampa per<br />

rendere il prodotto contenuto <strong>all</strong>’interno sicuro, protetto in un imb<strong>all</strong>o<br />

comunicativo e facilmente fruibile.<br />

La stampa del packaging<br />

Un elemento molto importante che caratterizza il mondo degli<br />

imb<strong>all</strong>aggi oggi è dato d<strong>all</strong>a loro stampa, intesa come veicolo<br />

per comunicare cosa c’è <strong>all</strong>’interno e per stimolare il<br />

consumatore nell’impulso dell’acquisto.<br />

I sistemi di stampa tradizionale sono generalmente definiti<br />

in funzione delle matrici utilizzate per riprodurre i grafismi e trasferirli<br />

sui supporti (cartone, plastica, <strong>all</strong>uminio, etc.) e si possono<br />

suddividere sostanzialmente in 4 categorie:<br />

• Rilievografiche: il sistema utilizza matrici a rilievo e comprende<br />

la stampa flessografica, la stampa tipografica, la stampa<br />

a caldo e a rilievo.;<br />

• Incavografiche: il sistema utilizza una matrice incava cioè<br />

scavata e comprende le stampe rotocalco, e tampografia;<br />

• Planografiche: il sistema prevede delle matrici poste <strong>all</strong>o<br />

stesso livello e comprende sia la stampa offset che la stampa<br />

litografica;<br />

• Permeografiche: il sistema utilizza telai che lasciano passare<br />

il colore in corrispondenza dei grafismi da imprimere ed è<br />

utilizzato nella stampa serigrafica.<br />

Capitolo a parte merita la stampa digitale, che utilizza sistemi<br />

innovativi rispetto a quanto citato e fa ricorso <strong>all</strong>e matrici. Fino<br />

ad ora è utilizzata prevalentemente per stampati commerciali e<br />

editoriali, ma si sta sviluppando molto velocemente anche nel<br />

mondo del packaging, con grandi vantaggi in particolare sulle<br />

piccole tirature.<br />

Stampa e packaging per la frutta secca<br />

La frutta secca e disidratata presenta una serie di caratteristiche<br />

e di peculiarità imprescindibili: nella maggior parte dei casi, il<br />

prodotto deve essere conservato al riparo da umidità, ossigeno<br />

e luce, tutti elementi che possono comprometterne le funzioni<br />

organolettiche. Per questo motivo solitamente vengono utilizzati<br />

imb<strong>all</strong>i flessibili o vaschette in polimeri plastici che ci portano <strong>all</strong>e<br />

tecniche di stampa flessografica o rotocalco.<br />

La flexografia utilizza delle matrici in polimero foto-incise, o<br />

lastre fotopolimeriche, applicate su dei rulli. Questi ricevono l’inchiostrazione<br />

da un altro rullo, in anilox inciso con microcelle in<br />

profondità, il quale presenta forme e dimensioni variabili a seconda<br />

della quantità di inchiostro che si desidera trasferire (fig. 1).<br />

L’inchiostro è attinto da una vasca e riempie le celle dell’anilox,<br />

che a sua volta lo trasferiscono al polimero. Questo lo imprime<br />

sul supporto o sul film flessibile (fig. 2).<br />

Tutti questi elementi lavorano intorno a un rullo centrale e possono<br />

arrivare a 9-10 colori (fig. 3).<br />

La stampa rotocalco, invece, lavora con un principio completamente<br />

differente. Le matrici sono realizzate con cilindri di acciaio<br />

rivestiti in rame, successivamente incisi con il grafismo che<br />

si intende realizzare e protetti da uno strato di cromo. L’incisione<br />

varia per profondità e dimensione, determinando la quantità d’inchiostro<br />

che si renderà necessaria (fig. 4).<br />

N/12


Incisione a 45°<br />

La definizione del grafismo è costituita da celle incise che trattengono<br />

l’inchiostro, prelevandolo da una vasca in cui il cilindro ruota<br />

in immersione. In questo modo le celle si riempiono di colore e<br />

l’eccedenza viene asportata da una lama chiamata “racla”. I rulli<br />

incisi trasferiscono infine il grafismo sul supporto o sul film flessibile<br />

(fig. 5).<br />

Per entrambe le tecniche di stampa il film è solitamente stampato<br />

sul lato interno e, una volta stampato, viene accoppiato con un<br />

altro film, creando un effetto sandwich in modo tale che l’inchiostro<br />

non venga mai a contatto con l’alimento nel rispetto delle<br />

normative vigenti, che lo vietano in maniera categorica.<br />

I materiali e i polimeri utilizzati per i film plastici hanno ovviamente<br />

caratteristiche differenti e, nello specifico della frutta secca –<br />

come detto in precedenza – devono garantire una barriera <strong>all</strong>’umidità<br />

e <strong>all</strong>’ossigeno per proteggere il prodotto e mantenere una<br />

shelf-life accettabile per la distribuzione.<br />

Per questo motivo, solitamente i prodotti sono confezionati in<br />

un’atmosfera modificata e privati dell’ossigeno <strong>all</strong>’interno della<br />

confezione stessa, dove è introdotto un gas inerte <strong>all</strong>o scopo di<br />

impedire la proliferazione batterica.<br />

Da qui deriva l’esigenza di utilizzare materiali plastici, composti da<br />

polimeri con un’alta barriera, che impediscano lo scambio di ossigeno<br />

con il gas. Un materiale molto utilizzato è il PE (polietilene)<br />

+ EVOH, classificato come un’alta barriera per i gas e caratterizzato<br />

da un’ottima saldabilità.<br />

Un’altra criticità molto importante nel settore della frutta secca<br />

è la barriera <strong>all</strong>’umidità, o vapore acqueo, per impedire l’irrancidimento<br />

e lo sviluppo di pe<strong>rossi</strong>di nel prodotto. Per evitare<br />

questa possibilità, il secondo materiale solitamente utilizzato è il<br />

PP (polipropilene) che, oltre ad impedire l’ingresso dell’umidità,<br />

garantisce una buona trasparenza.<br />

In ultimo, sarebbe preferibile utilizzare materiali coprenti o <strong>all</strong>uminati<br />

per avere un’ulteriore barriera <strong>all</strong>a luce, in quanto i prodotti,<br />

specialmente i disidratati, sono fotosensibili e tendono ad alterarsi<br />

nel colore e nelle proprietà organolettiche.<br />

1) dettaglio di alcune tipologie di celle rullo anilox<br />

R<br />

PG<br />

2) schema trasferimento inchiostro<br />

A<br />

3) impianto flessografico<br />

toni chiari<br />

4) esempio incisione<br />

VI<br />

F<br />

mezzitoni<br />

S<br />

P<br />

VI: Vaschetta dell’inchiostro<br />

PG: Prenditore in gomma<br />

A: Anilox<br />

R: Racla<br />

F: Forma di stampa/polimero<br />

S: Supporto di stampa<br />

P: Pressore<br />

toni scuri<br />

Oggi il consumatore è molto orientato <strong>all</strong>a tutela dell’ambiente e<br />

<strong>all</strong>a produzione di rifiuti. Nel settore degli imb<strong>all</strong>i flessibili si registra<br />

un’intensa attività di ricerca di nuovi materiali compostabili o<br />

riciclabili.<br />

Al momento, il mercato delle materie prime non fornisce polimeri<br />

tali da garantire la conservazione del prodotto una volta trasformati<br />

in film plastici e utilizzati come imb<strong>all</strong>aggi. Sicuramente la<br />

strada da seguire sarà orientata verso un’economia sempre più<br />

circolare nell’imb<strong>all</strong>aggio, in grado di permetterci di poter riutilizzare<br />

i rifiuti degli imb<strong>all</strong>i plastici già esistenti, come avviene con la<br />

carta o il cartone.<br />

Cilindro di stampa<br />

Nastro<br />

Lama<br />

Inchiostro<br />

5) schema stampa rotocalco<br />

Cilindro rotocalco<br />

N/13


Frutti <strong>rossi</strong><br />

ARONIA<br />

L’aronia è una piccola bacca scura ed è una dai più alti contenuti di<br />

composti fenolici (che sono ottimi antiossidanti). Secondo gli indiani<br />

Potawatomi del Wisconsin, questo frutto aiutava nella “cura” del normale<br />

raffreddore. Oggi sono sempre più numerose le evidenze scientifiche<br />

riguardanti le sue potenziali numerose applicazioni in campo farmaceutico<br />

e i gli effetti sul livello di benessere generale dei consumatori.<br />

ALCHECHENGIO PERUVIANO<br />

Questo stravagante frutto, detto anche “lanterna cinese” per via della<br />

sua forma, appartiene <strong>all</strong>a famiglia delle solanaceae (come il pomodoro<br />

e la patata). Le sue origini possono essere ricondotte al Sud America,<br />

dove viene coltivato da millenni per essere utilizzato nella medicina naturale<br />

popolare.<br />

MAQUI BERRY<br />

Il colore blu delle bacche è il sintomo della grande quantità di antocianine<br />

presenti, un gruppo di polifenoli che serve a proteggere i frutti dal sole e<br />

che ha effetti molto positivi anche per la nostra salute. Questi polifenoli,<br />

<strong>all</strong>’interno delle bacche di Maqui, si dividono in delfinidina (l’antiossidante<br />

più potente conosciuto) e cianidina. Le bacche di Maqui essiccate<br />

hanno concentrazioni di antocianine così alte da poter eguagliare quelle<br />

derivate dal consumo di 500 bicchieri di vino rosso al giorno.<br />

MORE DI GELSO<br />

La mora di gelso ha un’alta resa di fruttificazione in molti Paesi, specialmente<br />

asiatici, e una lunga tradizione di utilizzo nella medicina tradizionale<br />

e come alimento commestibile. Inoltre, gli estratti e i componenti<br />

attivi del gelso hanno mostrato numerose caratteristiche biologiche, tra<br />

cui attività antiossidanti, che hanno riscosso un crescente interesse da<br />

parte di ricercatori e aziende farmaceutiche.<br />

MIRTILLI BLU<br />

Le proprietà terapeutiche del mirtillo furono citate la prima volta negli<br />

scritti di Dioscoride – famosissimo farmacologo antico – in merito al<br />

trattamento della dissenteria. La mistica Ildegarda di Bingen (1098-<br />

1179) consigliava di utilizzare i mirtilli contro numerosi disturbi. Tuttavia,<br />

sebbene questa pianta vanti una lunghissima tradizione, si può dire<br />

con certezza che nel passato non fosse molto nota.<br />

N/14


N/15


ARONIA<br />

Nome inglese: Chokeberry<br />

Nome scientifico: Aronia melanocarpa<br />

di Francesca Buccella<br />

Classificazione botanica<br />

Classe: Magnoliopsida<br />

Ordine: Rosales<br />

Famiglia: Rosaceae<br />

Genere: Aronia<br />

Specie: A. melanocarpa<br />

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI<br />

valori medi per 100 g di prodotto essiccato<br />

Energia: kcal 351<br />

kJ 1488<br />

Proteine: g 2,5<br />

Carboidrati: g 79<br />

di cui zuccheri: g 55<br />

Grassi: g 1,7<br />

di cui saturi: g 0,3<br />

Fibre alimentari: g 5,0<br />

Sale: g 0<br />

Minerali<br />

Calcio mg 115<br />

Ferro mg 1,4<br />

Magnesio mg 47,4<br />

Fosforo mg 80,9<br />

Potassio mg 924<br />

Zinco mg 0,34<br />

Rame mg 0,17<br />

Manganese mg 0,71<br />

Vitamine<br />

Tiamina mg 0,073<br />

Niacina mg 0,48<br />

Vitamina B6 mg 0,060<br />

Vitamina A μg 145<br />

Vitamina E mg 3,6<br />

Vitamina K μg 21<br />

Ac.pantotenico mg 0,22<br />

N/16<br />

Fonte: Euro Company


ORIGINE E CENNI BOTANICI<br />

Le bacche di Aronia hanno avuto origine nell’America nordorientale<br />

e nel Canada orientale, prima di diffondersi in tutto il<br />

mondo. Secondo numerose fonti, l’Aronia è stata importata per<br />

la prima volta dal Nord America al vecchio continente <strong>all</strong>’inizio<br />

del XIX secolo, nei giardini botanici russi. Nel XX secolo divenne<br />

popolare nell’Unione Sovietica e in diverse parti d’Europa, dove<br />

veniva, e tutt’ora viene, coltivata sia per il suo valore ornamentale<br />

che come ingrediente alimentare. Grazie <strong>all</strong>e sue capacità di<br />

adattamento, che le permettono di sopravvivere anche in condizioni<br />

difficili, iniziò ad essere coltivata su migliaia di ettari, soprattutto<br />

in luoghi caratterizzati da un clima estremamente rigido.<br />

L’Aronia appartiene <strong>all</strong>a famiglia delle Rosaceae, genere Aronia.<br />

La pianta è un arbusto deciduo che può raggiungere un’altezza<br />

di 2-3 m, utilizzato anche nelle coltivazioni paesaggistiche in ragione<br />

del contrasto tra le sue foglie di colore rosso e le bacche<br />

scure durante il periodo autunnale, dei suoi fiori chiari nel periodo<br />

primaverile.<br />

Le foglie sono lisce, con margine seghettato, e hanno un colore<br />

che va dal verde brillante durante la primavera, sfuma dal viola<br />

al rosso e passa per il color albicocca durante l’autunno. Si presentano<br />

con una forma ellittica o oblunga, lunghe da 2,5 a 7 cm.<br />

Col passare delle stagioni, questi arbusti diventano di un verde<br />

intenso e lucido.<br />

A partire dal terzo anno di vita, in primavera si verifica la fioritura,<br />

con una durata di circa 10 giorni. In questo periodo si sviluppano<br />

dei piccoli fiori color crema, dal diametro di 2-2,5 cm, formati da<br />

cinque petali e disposti in grappoli. I principali impollinatori sono le<br />

api, ma anche il vento può contribuire <strong>all</strong>’impollinazione.<br />

Tra la metà e la fine dell’estate, il frutto comincia a formarsi,<br />

inscurendosi man mano che procede la maturazione, fino al<br />

raggiungimento di un colore nero-violaceo. I frutti sono delle pomacee<br />

d<strong>all</strong>a forma tondeggiante e d<strong>all</strong>e dimensioni di un pisello.<br />

Queste bacche sono ricoperte di cera, raccolte in grappoli, dal<br />

sapore forte e agrodolce, piuttosto succose, che raggrinziscono<br />

con la maturazione. La polpa è di color porpora intenso e al suo<br />

interno sono presenti da uno a cinque piccoli semi.


PAESI PRODUTTORI<br />

Le bacche di Aronia sono state coltivate nella maggior parte dei<br />

Paesi dell’Europa orientale fin dagli anni ‘50. La coltivazione su<br />

larga scala ebbe inizio nell’Unione Sovietica, <strong>all</strong>a fine degli anni<br />

‘40, al fine di avere un prodotto alimentare che fosse fonte di vitamina<br />

C prodotto internamente <strong>all</strong>o Stato, portando nel 1984 la<br />

produzione a raggiungere circa i 18.000 ettari.<br />

Secondo il ministero polacco dell’agricoltura e dello sviluppo rurale<br />

di Varsavia, nel 2004 in Polonia si contavano circa 4.500 ettari<br />

coltivati ad Aronia, mentre l’anno successivo il numero crebbe<br />

a circa 5.000 ettari. Dal 2010, in Polonia, la superficie coltivata<br />

si è mantenuta costante, principalmente per via della variabilità<br />

dei prezzi d’acquisto che non ha promosso un’espansione delle<br />

coltivazioni. Indipendentemente da ciò, secondo l’industria, la<br />

produzione polacca continua a rappresentare il 90% di quella<br />

mondiale.<br />

ESIGENZE CLIMATICHE E TERRENO<br />

L’aronia è una pianta poco esigente sia in fatto di condizioni del<br />

terreno nel quale viene messa a dimora, sia in fatto di condizioni<br />

climatiche, tanto che può essere coltivata in aree molto differenti.<br />

Benché originaria di una regione dove l’influenza del clima atlantico<br />

è molto percepita, la pianta predilige habitat caratterizzati<br />

da alti valori di umidità di suolo e aria. La quantità ottimale di<br />

precipitazioni annue è tra i 500 e i 600 mm. La coltivazione porta<br />

a buoni risultati anche su suoli ricchi d’acque ipogee, dove altre<br />

specie di alberi da frutta, come meli e amareni, non avrebbero<br />

altrettanto successo. Quando si sceglie dove piantarla occorre<br />

evitare i terreni estremamente secchi e sabbiosi oppure umidi<br />

ma particolarmente duri. Si è soliti dire che la pianticella e i fiori<br />

dell’Aronia siano praticamente immuni <strong>all</strong>e conseguenze del gelo.<br />

Il fiore è resistente <strong>all</strong>e basse temperature primaverili, mentre la<br />

pianta può sopravvivere addirittura fino ai -30°C.<br />

TECNICHE COLTURALI<br />

Impianto<br />

Le piantine dovrebbero essere piantate a radice nuda nel periodo<br />

compreso tra la primavera e l’estate, quando il pericolo del gelo<br />

è finito, purché ci sia sufficiente umidità (specie in riferimento al<br />

periodo estivo). La distanza ottimale è da 1,2 a 1,8 m tra ciascuna<br />

pianta, nel caso la raccolta delle bacche sia eseguita a mano.<br />

Questa distanza offre infatti uno spazio sufficiente per camminare<br />

e raccogliere i frutti da entrambi i lati. Qualora si preferisca invece<br />

utilizzare un mezzo agricolo tra le file, la distanza aumenterà<br />

fino al raggiungimento dei 3-4 m.<br />

Fertilizzanti<br />

L’utilizzo di fertilizzanti fa sì che aumenti la qualità del prodotto,<br />

grazie <strong>all</strong>a maggior crescita e migliore resa, mentre si ha una diminuzione<br />

dei pigmenti e dell’acidità totale.<br />

Potatura<br />

La potatura è necessaria e indispensabile per mantenere le piante<br />

ad una dimensione gestibile, per assicurare la costanza delle<br />

rese e per facilitare la raccolta meccanica. Con l’aumentare<br />

dell’età, il cespuglio diventa via via meno produttivo, pertanto per<br />

avere sempre la massima resa e, al tempo stesso, garantire la<br />

longevità della pianta, è necessaria la rimozione di rami dal diametro<br />

superiore a 2,5 cm.<br />

La potatura deve essere effettuata a fine inverno o <strong>all</strong>’inizio della<br />

primavera, prima della rottura delle gemme. In alternativa, l’impianto<br />

può essere ridotto al suolo ogni dieci anni e ripristinato.<br />

Quest’ultima soluzione, a differenza della prima, comporta però<br />

la mancanza di prodotto per diversi anni e non è adatta agli impianti<br />

commerciali.<br />

Raccolta<br />

Generalmente la raccolta avviene meccanicamente tra agosto e<br />

settembre, mentre nelle piante più piccole i frutti vengono raccolti<br />

a mano tagliando i grappoli. Le operazioni hanno inizio, in linea<br />

di massima, quando il frutto si trova tra i 19-21°Bx, valori che<br />

indicano il grado zuccherino del prodotto. Dopo cinque anni, con<br />

la maturazione delle piante, si può prevedere una produzione stimata<br />

tra le cinque e le dodici tonnellate per ettaro.<br />

VARIETÀ<br />

Le cultivar più importanti della bacca di Aronia sono:<br />

Nero: si sviluppa in senso verticale più di ogni altra tipologia,<br />

e come cespuglio o arbusto, raggiunge i 2 m d’altezza ed i<br />

2,5 m di larghezza. I suoi rami sono fitti ed espansi, la crescita<br />

di piantine d<strong>all</strong>e radici e dagli stoloni è molto intensa. I suoi fiori<br />

sono di colore bianco-rosato, riuniti in corimbi (grappoli) di 10-<br />

20 fiorellini. I suoi frutti hanno un diametro di 12 mm, sono relativamente<br />

grandi, sferici e hanno un colore che varia dal viola<br />

al blu-nerastro. Protetta da una buccia tonica e lucida, ogni<br />

bacca pesa circa 1-1,5 g e presenta sapore acidulo e dolciastro.<br />

Il succo ottenuto d<strong>all</strong>a spremitura è fresco, rosso scuro<br />

e ha un aroma di mandorle amare, mentre la polpa è tonica.<br />

Viking: si tratta di una cultura più recente, originaria della Finlandia,<br />

d<strong>all</strong>a resa quasi identica <strong>all</strong>a varietà “Nero”. Ogni frutto<br />

pesa <strong>all</strong>’incirca 1,5 g e cresce sulla sommità dei rami causandone<br />

l’incurvamento, caratteristica che ne facilita la raccolta.<br />

Rubina: deriva d<strong>all</strong>’incrocio tra piante russe e finlandesi.<br />

Altre cultivar note sono la Kurkumäcki (Finlandia), la Hugin (Svezia),<br />

la Fertödi (Ungheria) e l’Aron (Danimarca).<br />

AVVERSITÀ<br />

Contrariamente a quanto si crede, gli impianti commerciali di Aronia<br />

non sono immuni ai parassiti. La fauna selvatica può rivelarsi<br />

un problema, in particolare cervi, uccelli, conigli e piccoli roditori<br />

N/18


possono rappresentare una minaccia da cui si rende necessario<br />

tutelarsi.<br />

Nello specifico, per quanto riguarda i cervi, la soluzione può essere<br />

una recinzione soprattutto nel caso di nuovi impianti.<br />

Ad oggi ne esistono di due tipi:<br />

• fabbricate in acciaio e legno, da posizionare lungo il perimetro<br />

del campo, con un’altezza di almeno 8 m. Si tratta di una soluzione<br />

molto efficace e altrettanto costosa;<br />

• recinzioni 3D, costituite da due recinzioni separate da una distanza<br />

pari a circa 1 m. La recinzione esterna ha un singolo filo<br />

elettrico posto a circa 90-120 cm da terra, in aggiunta a 3-4 fili<br />

semplici equidistanti tra loro.<br />

Tra i vari parassiti che potrebbe provocare danni <strong>all</strong>e coltivazioni,<br />

sono da includere: i vermi delle mele, gli insetti marmorizzati bruni<br />

(Halyomorpha halys), il verme delle ciliegie, le cav<strong>all</strong>ette, i coleotteri<br />

giapponesi e la drosophyla alata maculata.<br />

Va detto però che questi specifici pericoli non sono presenti in<br />

tutte le regioni di produzione, pertanto è importante eseguire<br />

un’indagine per determinare se è necessaria o meno metterne<br />

in conto la gestione.<br />

Si segnala inoltre la possibilità che le piante possano anche essere<br />

sensibili al fuoco batterico (Erwinia amylovora), ma i casi documentati<br />

sono molto rari.<br />

CURIOSITÀ<br />

L’Aronia è comunemente utilizzata in diverse parti d’Europa per<br />

produrre sciroppi e succhi di frutta, creme da spalmare, gelatine<br />

di frutta e tè, dove generalmente viene miscelata con altri ingredienti<br />

tra cui il ribes nero. A causa del sapore aspro e dell’odore<br />

di limone, l’uso nella produzione industriale di succhi e nettari di<br />

aronia è stato limitato, mentre nella preparazione di succhi miscelati<br />

con, ad esempio, mela, pera o ribes sta trovando sempre<br />

più approvazione da parte dei consumatori. Queste bacche sono<br />

utilizzate anche per la produzione di liquori.


ALCHECHENGIO<br />

PERUVIANO<br />

Nome inglese: Golden berry<br />

Nome scientifico: Physalis peruviana<br />

di Francesca Buccella<br />

Classificazione botanica<br />

Classe: Rosopsida<br />

Ordine: Solanales<br />

Famiglia: Solanaceae<br />

Genere: Physalis<br />

Specie: P. peruviana<br />

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI<br />

valori medi per 100 g di prodotto essiccato<br />

Energia: kcal 319<br />

kJ 1334<br />

Proteine: g 6,7<br />

Carboidrati: g 42<br />

di cui zuccheri: g 33<br />

Grassi: g 8,5<br />

di cui saturi: g 1,0<br />

Fibre alimentari: g 24<br />

Sale: g 0<br />

Minerali<br />

Calcio mg 42,8<br />

Ferro mg 19<br />

Magnesio mg 121<br />

Fosforo mg 229<br />

Potassio mg 2150<br />

Zinco mg 1,4<br />

Rame mg 0,75<br />

Manganese mg 0,72<br />

Vitamine<br />

Tiamina mg 0,44<br />

Riboflavina mg 0,22<br />

Niacina mg 4,1<br />

Ac. pantotenico mg 0,63<br />

Vitamina B6 mg 0,36<br />

Vitamina K μg 58<br />

Vitamina A μg 1020<br />

Vitamina E mg 2,9<br />

Biotina μg 6,5<br />

N/20<br />

Fonte: Euro Company


ORIGINE E CENNI BOTANICI<br />

A discapito da quello che suggerisce il nome, l’alchechengio<br />

peruviano è originario del Brasile e solo successivamente si è<br />

naturalizzato negli altopiani del Perù e del Cile.<br />

Cominciò ad essere coltivato in Inghilterra nel 1774 nei giardini di<br />

casa e, dopo l’introduzione a Capo di Buona Speranza ad opera<br />

dei primi coloni, la pianta fu trasportata in Australia dove si diffuse<br />

rapidamente <strong>all</strong>o stato selvatico e acquisì l’attuale nome inglese.<br />

I semi sono stati portati <strong>all</strong>e Hawaii prima del 1825, permettendo<br />

la naturalizzazione della pianta in tutte le isole a media e alta altitudine.<br />

In Israele i primi semi furono piantati nel 1933: le piante<br />

crescevano molto bene, ma i frutti che producevano non riuscivano<br />

ad attirare l’attenzione dei consumatori locali né freschi né<br />

trasformati.<br />

Tonnellate<br />

185˙000<br />

180˙000<br />

175˙000<br />

170˙000<br />

165˙000<br />

160˙000<br />

155˙000<br />

2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018<br />

Il frutto della Physalis peruviana è principalmente conosciuto in<br />

italiano come alchechengio peruviano, o uciuva, e in inglese<br />

come golden berry, ma ha altri numerosi nomi a livello<br />

internazionale: Inca berry, Cape gooseberry, Giant ground cherry,<br />

Peruvian cherry (U.S.), Poha (Hawaii), Ras bhari (India), Aguaymanto<br />

(Peru), Uvilla (Ecuador), Uchuva (Colombia) etc.<br />

È una pianta perenne che raggiunge in media un’altezza inferiore<br />

al metro, compresa tra i 60 e i 90 cm. Occasionalmente, in buone<br />

condizioni, può raggiungere 1,8 m d’altezza.<br />

I rami sono di color porpora e ricoperti da una fine peluria.<br />

Le foglie sono cuoriformi e dentate, quasi opposte, leggermente<br />

vellutate e lunghe 5-15 cm.<br />

Nelle ascelle fogliari crescono i fiori, d<strong>all</strong>a caratteristica forma a<br />

campana, gi<strong>all</strong>i con macchie marrone-violacee scure nella gola e<br />

arricchiti da un calice peloso verde a cinque punte, con venature<br />

color porpora. Dopo la caduta del fiore il calice si espande, formando<br />

un involucro gi<strong>all</strong>o paglierino, amaro e non commestibile<br />

a differenza del frutto racchiuso al suo interno, che impiega dai<br />

70 agli 80 giorni per maturare.<br />

Il frutto è una bacca globosa, liscia e cerea, con buccia gi<strong>all</strong>a<br />

aranciata e polpa succosa contenente numerosi semi molto<br />

piccoli di colore gi<strong>all</strong>astro. Quando i frutti maturano, hanno un<br />

sapore dolce e cominciano a cadere a terra.<br />

ESIGENZE CLIMATICHE E TERRENO<br />

La Physalis peruviana può svilupparsi in una vasta gamma di<br />

condizioni pedoclimatiche ed è classificata come specie molto<br />

tollerante proprio per la sua adattabilità a diversi tipi di clima<br />

e suolo. L’altitudine ha una forte influenza su piante e frutti.<br />

Un aumento delle radiazioni ultraviolette e una diminuzione della<br />

temperatura dell’aria, contemporanei <strong>all</strong>’aumento dell’altitudine,<br />

portano a piante di dimensioni più contenute con foglie piccole e<br />

spesse, ritardando inoltre la produzione di picco. In Colombia, ad<br />

esempio, la Physalis peruviana è coltivata a quote comprese tra<br />

i 2.000 e i 2.650 metri di altezza. Per quanto riguarda il tipo di<br />

suolo, l’ideale per la coltivazione sarebbe un terreno sabbiosoargilloso<br />

con un buon drenaggio, a grana grossa, preferibilmente<br />

quelli ricco di materia organica in percentuale superiore al 4%<br />

e con pH compreso tra 5,5 e 6,8. È importante evitare i terreni<br />

ricchi di acqua e quelli coltivati in precedenza con altre specie di<br />

Solanaceae.<br />

PAESI PRODUTTORI<br />

La produzione mondiale nel decennio compreso tra il 2006 e il<br />

2016 ha visto una produzione altalenante. Attualmente i valori registrati<br />

sono in crescita.<br />

Nel 2016 sono stati coltivati 31.395 acri di terreno e prodotte<br />

174.309 tonnellate di alchechengio. Coltivazione e produzione<br />

sono prerogativa quasi esclusivamente europea, con 31.374 acri<br />

coltivati e 174.199 tonnellate prodotte. La Germania è il maggior<br />

produttore, seguita da Russia e Polonia.<br />

N/21


Per ottenere un frutto di qualità, la Physalis peruviana necessita<br />

di circa 1500-2000 ore di luce <strong>all</strong>’anno. La pianta mostra una crescita<br />

e uno sviluppo migliori nelle regioni con temperature annue<br />

comprese tra 13 e 18°C. Le alte temperature, superiori cioè ai<br />

30°C, danneggiano le fasi di fioritura e fruttificazione, favorendo<br />

un precoce invecchiamento, tuttavia il calore non ostacola la produzione<br />

dei frutti. Le basse temperature notturne, se inferiori ai<br />

10°C possono ostacolare la crescita della pianta.<br />

Temperatura e luce hanno quindi un ruolo importante in relazione<br />

a dimensioni, colore, contenuto nutrizionale, sapore e fase<br />

di maturazione dei frutti: il verificarsi di gelate tardive, può causare<br />

danni significativi <strong>all</strong>a produzione, per quanto la Physalis peruviana<br />

tolleri gelate leggere, presentando gravi problemi nel momento<br />

in cui le temperature notturne sono inferiori a -2°C.<br />

La quantità ideale di acqua piovana dovrebbe essere compresa<br />

tra 1.000 e 1.800 mm, mentre l’umidità relativa media<br />

durante il periodo vegetativo dovrebbe essere pari 70-80% per<br />

garantire risultati ottimali. Il fabbisogno idrico deve essere di almeno<br />

800 millimetri durante il periodo di crescita. L’eccesso<br />

di umidità può favorire malattie, pregiudicare l’impollinazione<br />

e causare ingi<strong>all</strong>imento e caduta delle<br />

foglie. La Physalis peruviana è molto sensibile <strong>all</strong>a siccità<br />

e ai forti venti, quindi la sua coltivazione dovrebbe essere<br />

protetta con frangivento.<br />

TECNICHE COLTURALI<br />

Propagazione<br />

I metodi di propagazione della Physalis peruviana possono avvenire<br />

attraverso l’utilizzo di semi (commercialmente il metodo<br />

più usato) o utilizzando la coltivazione in vitro e l’innesto.<br />

Fertilizzanti<br />

L’alchechengio peruviano sembra crescere bene in una condizione<br />

di “abbandono”. Persino una concimazione moderata tende<br />

a favorire una crescita vegetativa eccessiva e a deprimere la<br />

fioritura, pertanto si predilige non utilizzare (o comunque<br />

limitare) l’uso di fertilizzanti.<br />

Potatura, irrigazione e concimazione<br />

Le piante di Physalis peruviana devono essere potate quando<br />

raggiungono i 20 cm di altezza, mostrando d<strong>all</strong>e due <strong>all</strong>e<br />

quattro foglie e misurando diametro iniziale superiore a 0,5 cm.<br />

In questa fase l’attenzione ai profili idrici deve essere intensa, è<br />

importante adottare un sistema di irrigazione a goccia. Si consiglia<br />

di piantare preferibilmente in giornate piovose o nuvolose, per<br />

evitare la disidratazione delle piante.<br />

Durante l’impianto si consiglia inoltre di aggiungere, previa analisi<br />

del terreno, concime organico completamente maturo in quantità<br />

compresa tra i 2 e i 4 kg, concime chimico e correttivi.


Raccolta<br />

Il frutto viene raccolto quando cade a terra, ma non tutti i frutti<br />

caduti sono nella stessa fase di maturazione. Quelli che non<br />

hanno raggiunto un grado di maturazione sufficiente sono da<br />

conservare fino al momento in cui non sono pronti per essere<br />

commercializzati. Qualora fossero bagnati a causa della pioggia<br />

o della rugiada, devono essere lasciati asciugare al sole. Generalmente<br />

la raccolta avviene, manualmente, ogni 2-3 settimane,<br />

per quanto alcuni coltivatori preferiscano scuotere le piante per<br />

poi indurre la caduta in maniera tale da avere un raccolto con<br />

una maturazione più uniforme. I frutti, completamente maturi, si<br />

conservano per diversi mesi.<br />

VARIETÀ<br />

La Physalis peruviana presenta poche cultivar e genotipi, selezionati<br />

in diversi paesi e adattati ai diversi climi delle regioni specifiche<br />

(ecotipi).<br />

Le più note sono:<br />

Gi<strong>all</strong>o Grosso: il grosso frutto dorato viene consumato crudo<br />

o lavorato dopo la maturazione. Nelle zone con inverni miti, la<br />

pianta vive per diversi anni.<br />

Giant: grande, di color oro-aranciato e dal diametro di circa<br />

2,5 cm, questa variante presenta un frutto dal sapore delizioso.<br />

La pianta, vigorosa e ampia, cresce dai 90 ai 150 cm di<br />

altezza.<br />

Giant Poha Berry: il frutto ha il diametro di 2,5 cm. Le foglie<br />

si presentano pelose, grigio-verdi e diverse rispetto a quelle<br />

di altre cultivar. La pianta ha un’altezza variabile dai 30 ai 60-<br />

75 cm.<br />

Golden berry: il diametro medio del frutto è di 2,5 cm, ma può<br />

raggiungere anche i 5 cm. La polpa ha un sapore dolce e<br />

gustoso.<br />

Golden berry Long Ashton: si tratta della selezione originale<br />

di Long Ashton del Golden berry: questo particolare tipo frutto<br />

dorato è nettamente superiore a quello delle altre tipologie.<br />

Altre cultivar citate in vari documenti sono: Dixon, Garrison’s Pineapple<br />

Flavor, New Zealand, Peace e Yellow Improved.<br />

AVVERSITÀ<br />

La Physalis peruviana può essere soggetta a numerose malattie,<br />

tra cui l’alternaria spp. e lo oidio. Le piante possono soffrire anche<br />

di marciume radicale e virus, se coltivate su terreni poco drenati,<br />

ed essere inoltre vittime di attacchi da parte di insetti nocivi, tra<br />

cui la nottua, il tarlo dello stelo (Heliotis suflixa), il tarlo della foglia<br />

(Epiatrix spp.), la falena della frutta (Phthorimaea), la dorifora della<br />

patata (Leptinotarsa decemlineata), la crisomelide e lo scarabeo<br />

del cetriolo a strisce (Acalymma vittata).<br />

CURIOSITÀ<br />

Il termine alkekengi, apparso per la prima volta in Francia nel<br />

XIV secolo, deriva dal francese antico alquequange o alcacange,<br />

che a sua volta deriva d<strong>all</strong>’arabo al-kakang e che letteralmente<br />

significa lanterna cinese. È proprio questo il nome, insieme a chichingero,<br />

p<strong>all</strong>oncino, ciliegia d’inverno, con cui molti conoscono<br />

questo frutto.<br />

Il sapore unico del frutto fresco lo rende un ingrediente interessante<br />

se servito in insalata o come ingrediente per piatti cotti. L’alchechengi,<br />

cotto con mele o zenzero, da origine ad un dolce molto<br />

particolare. È un dessert interessante anche quando immerso<br />

nel cioccolato o nello zucchero. L’elevato contenuto di pectina lo<br />

rende un buon prodotto per la lavorazione e la preparazione di<br />

confetture, che possono essere utilizzate come farcitura per torte<br />

e crostate. Si può anche essiccare.<br />

N/23


MAQUI BERRY<br />

Nome inglese: Maqui berry<br />

Nome scientifico: Aristotelia chilensis<br />

di Francesca Buccella<br />

Classificazione botanica<br />

Classe: Magnoliopsida<br />

Ordine: Malvales<br />

Famiglia: Elaeocarpaceae<br />

Genere: Aristotelia<br />

Specie: A. chilensis<br />

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI<br />

valori medi per 100 g di prodotto essiccato<br />

Energia: kcal 339<br />

kJ 1431<br />

Proteine: g 3,5<br />

Carboidrati: g 70<br />

di cui zuccheri: g 43<br />

Grassi: g 2,1<br />

di cui saturi: g 0,3<br />

Fibre alimentari: g 13<br />

Sale: g 0<br />

Minerali<br />

Calcio mg 197<br />

Ferro mg 1,9<br />

Magnesio mg 29,8<br />

Fosforo mg 268<br />

Potassio mg 367<br />

Zinco mg 0,58<br />

Rame mg 0,32<br />

Manganese mg 0,075<br />

Selenio μg 59<br />

Vitamine<br />

Tiamina mg 0,070<br />

Niacina mg 3,6<br />

Vitamina B6 mg 0,040<br />

Vitamina E mg 1,5<br />

Vitamina K μg 63<br />

N/24<br />

Fonte: Euro Company


ORIGINE E CENNI BOTANICI<br />

Il maqui (Aristotelia chilensis) è originario delle foreste pluviali temperate<br />

della Valdivia del Cile ed è distribuito nelle regioni tropicali<br />

e temperate di Asia, Australia, nell’area del Pacifico e in Sud America.<br />

Comunemente è noto con il nome di bacca di maqui, clon,<br />

queldron, koelon or Chilean wineberry. Il genere Aristotelia, cui la<br />

bacca di maqui appartiene, è invece così chiamato in onore del<br />

filosofo Aristotele (384-323 a.C.).<br />

Questa pianta è stata introdotta nel 1700 nel sud-est dell’Inghilterra<br />

e <strong>all</strong>’inizio del 1900 negli Stati Uniti (Seattle, Washington, California),<br />

dove è chiamato “chilean wineberry”. Le testimonianze<br />

su questo frutto sono numerose: al momento della conquista del<br />

Sud America, Alonso de Ov<strong>all</strong>e (1646) ha riferito che “le sue foglie<br />

sono estremamente utili contro le ustioni e altre ferite derivate dal<br />

caldo”; mentre Murillo, nel 1889, menzionò il potere antinfiammatorio<br />

del succo di foglia di maqui in caso di disturbi della gola.<br />

I Mapuche, indigeni che tradizionalmente vivono nella parte meridionale<br />

del Cile, le hanno attribuito per secoli qualità terapeutiche.<br />

Secondo i conquistadores, i guerrieri Mapuche mangiavano<br />

pochissimo cibo solido e bevevano sia una bevanda fresca che<br />

una bevanda fermentata a base di bacche di maqui chiamate<br />

“chicha”, che a detta loro avrebbe potuto contribuire <strong>all</strong>a forza<br />

e <strong>all</strong>a resistenza esibite dai guerrieri. Le foglie, gli steli, la frutta<br />

e il vino prodotto con le bacche di maqui sono stati utilizzati dai<br />

Mapuche in ambito medico, per guarire le ferire e <strong>all</strong>eviare i dolori<br />

<strong>all</strong>a gola, come già riportato.<br />

La Aristotelia chilensis è una specie autoctona cilena appartenente<br />

<strong>all</strong>a famiglia delle Elaeocarpaceae, più comunemente conosciuta<br />

come maqui. Si tratta di un arbusto perenne e dioico,<br />

di media grandezza (da 4 a 5 metri di altezza), sempreverde, che<br />

cresce in terreni umidi, fiorisce in primavera e i cui frutti maturano<br />

in estate. Il tronco è grigio e la corteccia è liscia e facile da<br />

staccare; mentre i rami sono generalmente sottili, flessibili e di<br />

colore bruno-rossastro.<br />

Le foglie, picciolate e opposte, sono da ovali a lanceolate, lisce,<br />

con bordo seghettato e glabro, lunghe circa 13 cm e larghe dai<br />

3 ai 7 cm.<br />

I fiori sono piccoli, con un calice campanulato composto da 5 o<br />

6 petali liberi e 5 o 6 sepali lanceolati, bianco-gi<strong>all</strong>astri e disposti<br />

in 2 o 3 piccoli grappoli per ramo. I frutti sono piccole bacche<br />

commestibili di circa 5 mm di diametro, d<strong>all</strong>a forma sferica, neroviolacee<br />

e lucenti, d<strong>all</strong>a polpa dolce e carnosa contenenti da 2 a<br />

4 semi – lunghi circa 3 mm e larghi 2 mm.<br />

PAESI PRODUTTORI<br />

La A. chilensis, come si è visto, è originaria del Cile e dell’Argentina,<br />

vicina <strong>all</strong>a costa sud-occidentale del Sudamerica. Si trova<br />

naturalmente nelle foreste pluviali cilene.<br />

La sua area di origine comprende le regioni di Coquimbo e Aysén<br />

del Cile.<br />

Nonostante il popolo Mapuche sia tradizionalmente il principale<br />

consumatore di questo cibo, grazie a tutti i benefici che derivano<br />

d<strong>all</strong>a sua assunzione, ma gli studi condotti su questo frutto e


sulle sue proprietà hanno gradualmente guidato la crescita dei<br />

consumi negli ultimi anni sia a livello nazionale che internazionale.<br />

Claudia Carbonell, direttrice dell’Ufficio Studi e Politiche Agricole<br />

(PASO), ha affermato che il maqui è un nuovo prodotto di esportazione<br />

cileno in crescita. “La ricerca di nuovi prodotti, incentrata<br />

su nicchie specifiche, è un contributo <strong>all</strong>a crescita delle esportazioni<br />

del nostro paese”, ha aggiunto.<br />

Le esportazioni del frutto, nel periodo compreso tra gennaio e<br />

settembre 2015, sono ammontate a 4,4 milioni di dollari, il 168%<br />

in più rispetto <strong>all</strong>o stesso periodo nell’anno precedente. Il volume<br />

esportato nei primi nove mesi del 2015 è stato di 188.758 kg, il<br />

63% in più rispetto <strong>all</strong>o stesso periodo nell’anno precedente. Il<br />

maqui viene principalmente esportato congelato, con 88.218 chili<br />

e un ricavato di 670.734 dollari tra gennaio e settembre 2015.<br />

ESIGENZE CLIMATICHE e TERRENO<br />

La coltivazione del maqui è ad oggi poco esplorata e per lo più<br />

riferita ad aree che si trovano in Argentina e Cile, ossia zone a clima<br />

mediterraneo, a cui si associano principalmente luoghi umidi,<br />

colline ombrose, zone esposte a nebbia e argini e lagune.<br />

Di solito è più comune nella Cordigliera della Costa, dove l’influenza<br />

costiera consente lo sviluppo di specie con requisiti di<br />

umidità più elevati, più tipici della zona meridionale del paese.<br />

La pianta del maqui predilige terreni con un pH leggermente<br />

acido, non eccessivamente profondi, umidi e ricchi di sostanze<br />

organiche.<br />

Soffre le basse temperature ed ama i climi molto umidi che possono<br />

garantirgli un buon apporto idrico.<br />

Le principali destinazioni per valore sono state Giappone (25%),<br />

Corea del Sud (24%), Italia (18%), Stati Uniti (16%), Germania<br />

(9%), Australia (3%) e Danimarca (2%), tra gli altri.<br />

Il frutto ha una forte domanda nei mercati in via di sviluppo grazie<br />

ai suoi alti livelli di antiossidanti. È abbastanza popolare nel sud<br />

del Cile, ma è relativamente sconosciuto nella restante gran parte<br />

del paese.<br />

N/26


TECNICHE COLTURALI<br />

Il maqui ha un’ottima capacità di riproduzione: la maggior<br />

parte delle piantagioni sono ottenute tramite talea, mentre il seme<br />

è pressoché inutilizzato. Le piantine vengono impiantate con sesti<br />

di impianto di 2 m sulla fila e 4-5 m tra le file.<br />

Concimazione e impollinazione<br />

È opportuno ricorrere a concimazioni organiche annuali, da effettuare<br />

nei mesi antecedenti <strong>all</strong>a fioritura. I fiori sono impollinati<br />

dal vento ma anche dagli insetti soprattutto dei generi Apidae<br />

e Halictidae. La pianta comincerà a produrre a partire dal<br />

4° anno di età e si stima che la produzione ammonti a circa<br />

10 kg per una pianta di 7 anni.<br />

Potatura<br />

La potatura, che avviene subito dopo la raccolta, non necessita<br />

di particolari interventi se non quelli di rimozione del legno vecchio<br />

e dei polloni che crescono numerosi e vigorosi.<br />

Potatura<br />

La raccolta si effettua esclusivamente a mano, con<br />

un totale giornaliero che può raggiungere i 50 kg, suddivisibili in<br />

media 4 kg di bacche per ciascun operaio. Durante questa fase<br />

si effettua generalmente prima la potatura delle gemme. A terra<br />

i rami vengono scossi e i frutti spostati in una scatola di plastica<br />

per la raccolta che contiene una rete di polietilene <strong>all</strong>’interno.<br />

Questa scatola viene consegnata ogni due o tre giorni nei centri<br />

di raccolta (intermediari), i quali consegnano il prodotto <strong>all</strong>’impianto<br />

in vassoi da 60 kg ciascuno.<br />

AVVERSITÀ<br />

Sotto il profilo patologico, l’Aristotelia chilensis è suscettibile in<br />

particolare modo ad un fungo deuteromicete, la Macrophomina<br />

phaseolina, che degrada molto rapidamente i tessuti tra fusto<br />

e radice provocando una tipica colorazione nerastra nelle zone<br />

colpite. Non sono trascurabili i danni da insetti defogliatori, soprattutto<br />

quelli del genere Polythysana che, con la loro azione,<br />

riducono in maniera drastica la superficie fotosintetizzante.<br />

CURIOSITÀ<br />

Attualmente, è stato dimostrato che il maqui è la bacca con il<br />

più alto contenuto di antiossidanti, superiore <strong>all</strong>e uve<br />

rosse, le mele, le pesche e le fragole. Allo stesso modo, ha un<br />

alto contenuto di fibra alimentare che rende questa risorsa<br />

un importante alimento funzionale. La bacca è commestibile ed<br />

è utilizzata nella preparazione di marmellate, oltre che nella<br />

fabbricazione di succhi e bevande alcoliche. Un esempio di<br />

quest’ultime è il liquore o “chicha” prodotto dal popolo araucano,<br />

noto come “tecu”.<br />

La bacca è stata utilizzata fin d<strong>all</strong>’antichità d<strong>all</strong>e comunità Mapuche<br />

per tingere i tessuti con cui poi erano realizzati poncho,<br />

gilet, cappelli e altri manufatti e tutt’oggi viene utilizzata nelle produzioni<br />

artigianali.<br />

Nei paesi sviluppati il maqui è presentato come la “super bacca”,<br />

commercializzata in varie forme, dai succhi di frutta agli<br />

integratori alimentari. In Cile, nel 2002, un team dell’Università<br />

Cattolica ha annunciato che non solo contiene più polifenoli<br />

antiossidanti delle more e delle fragole, ma anche una migliore<br />

qualità.<br />

I pigmenti dei frutti vengono utilizzati per migliorare il colore dei<br />

vini <strong>rossi</strong> grazie <strong>all</strong>’intensità del colore e, a loro volta, questi pigmenti<br />

sono la materia prima per la produzione di coloranti alimentari<br />

biologici, molto richiesti dai mercati europei.<br />

Attualmente l’uso di coloranti commestibili è<br />

stato rivalutato, dopo la scoperta di effetti<br />

collaterali in quelli sintetici.<br />

N/27


MORE DI GELSO<br />

Nome inglese: Black/White mulberry<br />

Nome scientifico: Morus nigra/alba<br />

di Francesca Buccella<br />

Classificazione botanica<br />

Classe: Magnoliopsida<br />

Ordine: Urticales<br />

Famiglia: Moraceae<br />

Genere: Morus<br />

Specie:<br />

Gelso nero: Morus nigra<br />

Gelso bianco: Morus alba<br />

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI<br />

valori medi per 100 g di prodotto essiccato<br />

more di gelso nero<br />

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI<br />

valori medi per 100 g di prodotto essiccato<br />

more di gelso bianco<br />

Energia: kcal 352<br />

kJ 1488<br />

Proteine: g 7,1<br />

Carboidrati: g 70<br />

di cui zuccheri: g 60<br />

Grassi: g 3,2<br />

di cui saturi: g 1,8<br />

Fibre alimentari: g 7,3<br />

Sale: g 0<br />

Energia: kcal 379<br />

kJ 1600<br />

Proteine: g 3,5<br />

Carboidrati: g 78<br />

di cui zuccheri: g 66<br />

Grassi: g 4,2<br />

di cui saturi: g 0<br />

Fibre alimentari: g 7,4<br />

Sale: g 0<br />

Minerali<br />

Vitamine<br />

Minerali<br />

Vitamine<br />

Calcio mg 262<br />

Ferro mg 2,7<br />

Magnesio mg 81,7<br />

Fosforo mg 180<br />

Potassio mg 1260<br />

Zinco mg 0,99<br />

Rame mg 0,28<br />

Manganese mg 1,6<br />

Tiamina mg 0,23<br />

Riboflavina mg 0,11<br />

Niacina mg 2,8<br />

Folati µg 1,90<br />

Vitamina B6 mg 0,26<br />

Vitamina E mg 1,8<br />

Ac. pantotenico µg 2,5<br />

Calcio mg 349<br />

Ferro mg 1,8<br />

Magnesio mg 57,4<br />

Fosforo mg 122<br />

Potassio mg 669<br />

Zinco mg 0,55<br />

Rame mg 0,27<br />

Manganese mg 0,82<br />

Tiamina mg 0,30<br />

Riboflavina mg 0,14<br />

Niacina mg 0,40<br />

Ac. pantotenico µg 1,9<br />

Vitamina B6 mg 0,060<br />

Vitamina K mg 14<br />

N/28<br />

Fonte: Euro Company


ORIGINE E CENNI BOTANICI<br />

Il dibattito tra gli storici sull’origine e sulla prima introduzione del<br />

gelso in Italia è ancora in corso. Molti sono d’accordo nel sostenere<br />

che le due principali specie di gelso, Morus alba e Morus<br />

nigra, provengono d<strong>all</strong>’Asia, la prima d<strong>all</strong>a Persia e la seconda dal<br />

lontano est, ma sembra che sia stato il gelso nero (Morus nigra)<br />

il primo ad essere adattato e coltivato per i suoi frutti, non solo a<br />

fini alimentari ma anche per scopi medicinali, da Greci e Romani.<br />

Il gelso bianco, invece, è stato introdotto in Occidente assieme al<br />

baco da seta nel XII secolo. La sua grande importanza derivava<br />

dal fatto che si trattava di un alimento praticamente insostituibile<br />

per il filugello, ovvero il baco da seta. In Italia fu introdotto sempre<br />

nel secolo XII da Ruggero II, re delle Due Sicilie.<br />

La coltivazione del baco da seta si sviluppò in Europa durante<br />

i secoli XVIII e XIX, ma nel momento in cui questa attività è diventata<br />

marginale in Italia anche il gelso è diventato una coltura<br />

sporadica e, in genere, è possibile ritrovarne vecchi esemplari<br />

solo in p<strong>rossi</strong>mità dei casolari dove sono impiegati con funzione<br />

ombreggiante o per l’occasionale raccolta dei frutti.<br />

Le more di gelso appartengono <strong>all</strong>a famiglia delle Moraceae e al<br />

genere Morus.<br />

La pianta è un arbusto che può crescere dai 3 ai 10 m di altezza,<br />

con un diametro di 0,5 m. La chioma è espansa e globosa,<br />

i rami grigi o grigio-gi<strong>all</strong>astri, la corteccia del tronco profondamente<br />

solcata e spessa.<br />

I fiori maschili sono riuniti in amenti brevi, mentre quelli femminili<br />

si raccolgono in infiorescenze subglobose che danno origine<br />

ad un falso frutto, il sorosio, detto anche mora di gelso. Nelle<br />

more di gelso, i sorosi sono costituiti da piccoli acheni circondati<br />

ciascuno da un perianzio divenuto carnoso. Tali more hanno<br />

una lunghezza di 3-4 cm, con colore variabile dal bianco, al gi<strong>all</strong>astro<br />

e al viola, e a maturazione raggiunta cadono trattenendo il<br />

peduncolo. Sono piuttosto molli e sopportano poco il trasporto.<br />

Le bacche hanno la forma di un lampone <strong>all</strong>ungato, provvisto<br />

di un breve peduncolo: non è propriamente un frutto, ma un’infruttescenza<br />

formata dagli involucri florali divenuti carnosi, ossia<br />

da piccoli frutticini a forma di drupa. Questi sono viola-nerastri,<br />

lucidi, più g<strong>rossi</strong> e succosi e dal sapore dolce acidulo nel gelso<br />

nero; bianco-verdognoli o rossastri e dal sapore più dolce nella<br />

varietà bianca. I frutti del Morus alba sono generalmente molto<br />

dolci, mentre i frutti del gelso nero sono attraenti, grandi, succosi,<br />

con un buon equilibrio tra dolcezza e asprezza che li rende molto<br />

saporiti.<br />

In breve: il gelso nero (Morus nigra) è caratterizzato da foglie<br />

piuttosto rigide, cuoriformi <strong>all</strong>a base, ruvide nella pagina superiore<br />

e pelose nella pagina inferiore. I frutti sono più o meno sessili,<br />

di colore nero violaceo e di sapore, come già anticipato, gradevole.<br />

L’albero è a foglie caduche, alto dai 15 ai 20 metri, con corteccia<br />

solcata di colore bruno-grigiastro. Cresce più lentamente<br />

del gelso bianco e ha una chioma di forma globoso-espansa.<br />

Il gelso bianco, invece, presenta foglie tenere, obliquamente<br />

cuoriformi <strong>all</strong>a base, intere o lobate specie nei polloni, glabre nella<br />

pagina superiore e pubescenti in quella inferiore, con margini<br />

dentati in base <strong>all</strong>a cultivar.<br />

L’albero di gelso bianco cresce velocemente e raggiunge grandi<br />

dimensioni (fino a 20 metri di altezza circa), se lasciato sviluppare<br />

naturalmente.<br />

PAESI PRODUTTORI<br />

Entrambe le tipologie di gelso, nero e bianco, sono diffuse in Europa<br />

meridionale, Medio Oriente, Africa settentrionale<br />

e nel subcontinente indiano, dove l’albero e il frutto hanno<br />

nomi provenienti dai diversi dialetti regionali.<br />

Alcune città nordamericane hanno vietato l’impianto di gelsi a<br />

causa delle grandi quantità di polline che producono, un potenziale<br />

pericolo per la salute dei soggetti <strong>all</strong>ergici.<br />

La produzione commerciale degli alberi di gelso per la vendita<br />

dei frutti ha iniziato a essere considerata solamente negli ultimi<br />

due decenni.<br />

ESIGENZE CLIMATICHE e TERRENO<br />

Il gelso è una pianta arborea dotata di notevole rusticità, che ben<br />

si adatta a condizioni pedoclimatiche assai varie.<br />

L’areale di diffusione riguarda le zone temperate e tropicali, in<br />

particolare tutto il bacino del Mediterraneo e, in considerazione<br />

della sua grande adattabilità pedoclimatica, la coltura vegeta in<br />

un’ampia zona geografica denominata “cintura serica mondiale”<br />

compresa tra il 50° par<strong>all</strong>elo N ed il 35° par<strong>all</strong>elo S.<br />

La sua resistenza ai freddi è legata <strong>all</strong>a cultivar presa in considerazione,<br />

anche se in generale si adatta bene <strong>all</strong>e basse temperature<br />

grazie <strong>all</strong>a sua ripresa vegetativa tardiva in primavera.<br />

Gli alberi di gelso necessitano di elevate intensità luminose<br />

e di uno spazio libero adeguato al loro sviluppo. Si adattano<br />

bene a terreni marginali, calcarei o silicei, mentre temono i<br />

terreni eccessivamente salini. Ottimo sviluppo vegetativo<br />

ed abbondanti produzioni di foglie si ottengono in concomitanza<br />

di climi temperati e terreni freschi, con profondo franco<br />

di coltivazione e non soggetti a ristagno idrico. Sono da evitare<br />

le coltivazioni in terreni eccessivamente tenaci, ghiaiosi o pietrosi,<br />

e salmastri, poiché non consentono un facile drenaggio delle<br />

acque, e quelli con un pH che si discosta troppo dai valori medi.<br />

La specie è stata fin dai tempi più lontani legata <strong>all</strong>a produzione<br />

della seta, a cui deve la sua diffusione.<br />

TECNICHE COLTURALI<br />

Impianto<br />

La pianta di gelso bianco si adatta bene a qualsiasi tipo di terreno,<br />

sia in pianura che in collina. La preparazione di preimpianti<br />

prevede una lavorazione da effettuare con attrezzi discissori per<br />

N/29


una profondità compresa tra i 40 e 60 cm e un livellamento superficiale<br />

successivo. Importante è anche prevedere una concimazione<br />

di fondo con circa 300 q.li/ha di letame maturo o<br />

con un concime minerale, o organo minerale, a base di azoto,<br />

fosforo e potassio. L’impianto può essere effettuato con astoni<br />

di un anno o con talee autoradicate, che possono però dare un<br />

maggior numero di f<strong>all</strong>anze. Per una buona riuscita dell’impianto<br />

bisogna mettere a dimora piantine che siano esenti da patologie<br />

e che abbiano un apparato radicale ben sviluppato.<br />

Potatura<br />

La potatura racchiude tutta una serie di interventi che l’uomo<br />

esegue sulla parte aerea delle piante, al fine di ottenere risposte<br />

sempre più positive in termini di produzione e qualità dei frutti.<br />

La potatura di <strong>all</strong>evamento comprende tutte le operazioni<br />

cesorie effettuate sulle piante nei primi stadi giovanili, mentre<br />

la potatura di trapianto viene effettuata quando la giovane<br />

pianta, proveniente dal vivaio, viene preparata <strong>all</strong>a definitiva piantagione.<br />

La potatura di formazione si effettua con operazioni<br />

che mirano a dare <strong>all</strong>’albero la conformazione necessaria<br />

<strong>all</strong>a massimizzazione del rendimento economico. La potatura<br />

di produzione, infine, ha lo scopo di mantenere costante la<br />

conformazione prescelta per la coltivazione.<br />

Concimazione<br />

La concimazione deve essere effettuata prima del risveglio vegetativo<br />

e deve essere equilibrata (1:1:1), con un eventuale apporto<br />

di azoto nel caso in cui le foglie presentino un ingi<strong>all</strong>imento e un<br />

r<strong>all</strong>entamento nella crescita delle branche.<br />

Irrigazione<br />

L’irrigazione è importante per le piante giovani, al punto da richiedere<br />

un intervento in tale senso durante i mesi estivi più caldi per<br />

i due anni successivi <strong>all</strong>a messa a dimora, mentre le piante adulte<br />

sopportano anche lunghi periodi di siccità.<br />

VARIETÀ<br />

Le cultivar di Morus alba più importanti sono:<br />

4 Seasons: conosciuto anche come “46C019”, ritrovato nel<br />

nord di Taiwan nel 1957, è attualmente il genotipo più piantato<br />

nell’area, con frutti neri di media grandezza (3,8 cm massimo),<br />

media dolcezza e resa abbondante.<br />

Beautiful day: frutto bianco, piccolo (massimo 2,5 cm) e molto<br />

dolce. Pianta larga.<br />

Contorted: pianta ornamentale di dimensioni medie. Le branche<br />

(various cultivars) hanno un attraente aspetto ondulato,<br />

diverse varietà sono vendute come “Contorted”. Tra queste, la<br />

più popolare è la Morus alba “Unryu”. I frutti possono essere<br />

di colore rosso o nero.<br />

David Smith: i frutti sono neri, di medie dimensioni (massimo<br />

2,5 cm) e di lunga stagione. L’albero ha medie dimensioni ed è<br />

molto compatto e resistente.<br />

Everbearing Downing: si tratta di una vecchia varietà che<br />

risale al 1800, con frutti di alta qualità dal colore rosso e nero,<br />

con dimensione massima di 3,2 cm, per una stagione prolungata.<br />

La pianta è larga.<br />

Dwarf Everbearing: spesso erroneamente identificato come<br />

Morus nigra, ha piccoli frutti neri con dimensioni massime di<br />

1,9 cm, molto dolci. La pianta produce frutta per diversi mesi.<br />

Dwarf mulberry “Issai”: varietà adatta ai climi umidi. La potatura<br />

consente diversi raccolti di bacche durante tutto l’anno.<br />

Episodi di congelamenti tardivi possono essere un problema<br />

per questi frutti di colore nero e dimensioni massime di 2,5 cm.<br />

Florida Giant: le foglie sono grandi circa 25 cm e la pianta è<br />

Alcune varietà<br />

4 Seasons<br />

Beautiful day<br />

Contorted<br />

Dwarf<br />

Everbearing<br />

Dwarf<br />

mulberry ‘Issai’<br />

Florida Giant<br />

Kokuso<br />

(Korean)<br />

Middleton<br />

Rupp’s<br />

Romanian<br />

Tehama<br />

World’s Best


larga, caratterizzata da una crescita veloce ma tardiva rispetto<br />

<strong>all</strong>a maggiorparte di Morus alba. I frutti sono di colore nero e<br />

presentano dimensioni massime di 3,8 cm.<br />

Kokuso (Korean): presenta un frutto nero, grande, con dimensioni<br />

massime di 5,1 cm e saporito. La pianta è larga.<br />

Middleton: la cultivar, rivenuta in un vivaio australiano nel 1020,<br />

produce un frutto nero di buona qualità, con dimensioni massime<br />

3,2 cm.<br />

Northrop: è una cultivar a frutto nero eccezionalmente resistente,<br />

introdotta dal vivaio St. Lawrence di Potsdam - NY. L’albero,<br />

di medie dimensioni, risale al 1850 ed è sopravvissuto<br />

anche a temperature di - 45°C. I frutti sono di colore nero, con<br />

dimensioni massime di 2,5 cm.<br />

Riviera: pianta larga, con maturazione prolungata e frutti di colore<br />

viola-nero, d<strong>all</strong>e dimensioni massime di 3,8 cm.<br />

Rupp’s Romanian: di primo impatto è molto simile <strong>all</strong>’Illinois<br />

Everbearing, ma presenza bacche più grosse, di colore nero e<br />

con dimensioni di massimo 4,4 cm.<br />

Russian (‘Tatarica’): le foglie di questa cultivar sono solitamente<br />

lobate, la pianta, spesso più piccola e più arbustiva della<br />

media, è tollerante al freddo e <strong>all</strong>a siccità. Il colore del frutto<br />

varia dal bianco al nero, con dimensioni massime 1,9 cm.<br />

Sweet Lavender: i frutti, a maturazione completata, sono<br />

bianchi e hanno una dimensione massima di 2,5 cm. La caratteristica<br />

più peculiare della cultivar è il loro sentore di lavanda.<br />

La pianta si presenta larga.<br />

Tehama: l’albero adulto è molto grande e produce frutti bianchi<br />

carnosi con dimensioni massime di 6,3 cm. Nei primi anni di<br />

vita produce più amenti maschili che femminili.<br />

Weeping: è una pianta ornamentale, con graziosi rami che si<br />

riversano a terra, che si presta a coltivazioni ibride. Produce<br />

frutti dal colore nero-rossastro e d<strong>all</strong>e dimensioni massime di<br />

2,5 cm.<br />

World’s Best: cultivar nana asiatica, produce frutti neri delle<br />

dimensioni massime di 5,1 cm.<br />

Mentre per il Morus nigra abbiamo:<br />

AGM: caratterizzata da ottimi risultati in termini di produzione di<br />

frutta, la cultivar si utilizza anche come albero ornamentale ed<br />

è dichiarata d<strong>all</strong>a “The Royal Horticultural Society” di Londra.<br />

Produce frutti neri con dimensioni massime di 3,2 cm.<br />

Black Beauty: più piccola rispetto ad altre cultivar di Morus<br />

nigra, produce frutti neri delle dimensioni massime di 3,2 cm.<br />

Chelsea – King James: originaria del Chelsea Physic Garden<br />

di Londra, la cultivar produce un frutto nero molto apprezzato,<br />

d<strong>all</strong>e dimensioni massime di 3,8 cm.<br />

Jerusalem: la cultivar ha origine da un vecchio albero con frutti<br />

neri, particolarmente buoni, situato a Gerusalemme. Le grandi<br />

foglie sono utilizzate a scopo ornamentale; le dimensioni massime<br />

del frutto sono di 3,2 cm.<br />

Kaester: con frutti neri <strong>all</strong>ungati di dimensioni massime pari a<br />

3,8 cm, questa cultivar è originario di Los Angeles, in California,<br />

dove è stata introdotta nel 1971 da Nelson Westree.<br />

Noir of Spain: introdotta dal vivaista francese Felix Gillet a Nevada<br />

City, in California, intorno al 1880, la pianta produce frutti<br />

neri con dimensioni massime pari a 3,2 cm.<br />

AVVERSITÀ<br />

Il gelso non soffre di particolari patologie, ma qualora dovesse<br />

risultare affetto anche da solamente una di queste, la produzione<br />

rischierebbe di essere seriamente compromessa. Gli attacchi<br />

da parte della cocciniglia bianca del gelso (Diaspis pentagona),<br />

ad esempio, portano a un deperimento della coltura, mentre<br />

l’Hyphantria cunea, un lepidottero, può causare il defogliamento<br />

della pianta che non può essere protetta tramite trattamenti<br />

chimici, dannosi per il baco da seta. Il parassita più temibile rimane<br />

comunque la Fersa del gelso provocata dal fungo Sphaerella<br />

mori Fuck., che colpisce le foglie, mentre la Rosellinia è un fungo<br />

che provoca marciume radicale.<br />

CURIOSITÀ<br />

Fino al VI secolo, la Cina aveva il monopolio europeo della seta,<br />

pagata a peso d’oro da romani e bizantini. La via della seta attraversava<br />

tutta l’Asia centrale, portando il prezioso prodotto in<br />

Europa grazie a una fitta rete di intermediari. A lungo si pensò<br />

che fosse prodotta dagli alberi di gelso bianco, fino a quando due<br />

monaci, nel 555 d.C. introdussero nel vecchio continente alcune<br />

uova del bombice del gelso, i cui bruchi sono i bachi da seta,<br />

<strong>all</strong>’interno dei propri bastoni, rischiando la loro stessa vita.<br />

Tra le leggende che si narrano sul gelso, però, la più delicata<br />

e nello stesso tempo tragica è quella che Ovidio racconta nelle<br />

“Metamorfosi”. Piramo e Tisbe, ci racconta l’autore classico,<br />

erano due giovani babilonesi che si amavano, contrastati d<strong>all</strong>e<br />

loro famiglie e costretti a parlarsi univamente attraverso una fessura<br />

nell’alto muro che divideva le loro case. Resosi conto che i<br />

genitori di entrambi non avrebbero mai acconsentito al loro matrimonio,<br />

decisero di fuggire e si diedero nei pressi di un gelso<br />

dove Tisbe giunse per prima. Spaventata d<strong>all</strong>a comparsa di una<br />

leonessa con le zanne ancora sporche di sangue per il pasto<br />

appena consumato, la giovane fuggì, perdendo il velo che era solita<br />

indossare dal capo. Piramo, giunto poco dopo, nel vedere la<br />

leonessa strappare il velo di Tisbe, pensò che l’amata fosse stata<br />

sbranata d<strong>all</strong>a belva e, folle di dolore, si ferì a morte con la sua<br />

spada. Quando Tisbe fede ritorno e trovò il suo amato senza vita,<br />

maledì l’albero: “porterai per sempre frutti scuri in segno di lutto,<br />

per testimoniare che due amanti ti bagnarono con il loro sangue”.<br />

Poi, disperata, si trafisse con la stessa spada usata da Piramo.<br />

Da <strong>all</strong>ora, i frutti del gelso nero, quando maturano, assumono un<br />

colore porpora scuro.<br />

N/31


MIRTILLI BLU<br />

Nome inglese: Blueberry<br />

Nome scientifico: Vaccinium corymbosum<br />

di Francesca Buccella<br />

Classificazione botanica<br />

Classe: Magnoliopsida<br />

Ordine: Ericales<br />

Famiglia: Ericaceae<br />

Genere: Vaccinium<br />

Specie: V. corymbosum<br />

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI<br />

valori medi per 100 g di prodotto essiccato<br />

Energia: kcal 331<br />

kJ 1399<br />

Proteine: g 1,1<br />

Carboidrati: g 70<br />

di cui zuccheri: g 66,8<br />

Grassi: g 3,7<br />

di cui saturi: g 0,4<br />

Fibre alimentari: g 6,7<br />

Sale: g 0<br />

Minerali<br />

Calcio mg 59,2<br />

Ferro mg 1,0<br />

Magnesio mg 18,8<br />

Fosforo mg 36,6<br />

Potassio mg 227<br />

Zinco mg 0,38<br />

Rame mg 0,14<br />

Manganese mg 10<br />

Vitamine<br />

Tiamina mg 0,083<br />

Niacina mg 1,2<br />

Vitamina B6 mg 0,060<br />

Ac. pantotenico mg 0,060<br />

Vitamina K μg 32<br />

Vitamina E mg 2,1<br />

N/32<br />

Fonte: Euro Company


ORIGINE E CENNI BOTANICI<br />

Il Vaccinium corymbosum, comunemente noto come “mirtillo”, è<br />

originario della regione del Nord America orientale, dove cresce<br />

tipicamente in boschi umidi e zone paludose. La sua domesticazione<br />

ha inizio nel 1908, quando un ricercatore del Dipartimento<br />

dell’Agricoltura degli Stati Uniti, il Dr. F.V. Coville, avvia lo studio dei<br />

mirtilli selvatici e la ricerca di piante superiori per la riproduzione.<br />

Nel 1911, Elizabeth White, una coltivatrice commerciale di mirtilli<br />

<strong>rossi</strong> del New Jersey, venne a conoscenza del suo lavoro e ne<br />

intuì il potenziale. Nel tempo questa specie si è ampiamente diffusa<br />

e oggigiorno i mirtilli blu sono coltivati ovunque nel mondo,<br />

persino in Giappone.<br />

Il nome del genere deriva da un antico nome latino, apparentemente<br />

derivato a sua volta da una lingua preistorica mediterranea.<br />

La pianta del mirtillo gigante americano si presenta come<br />

un arbusto perenne, a portamento eretto, alto tra i 180 e i 365<br />

cm. Le foglie sono caduche, alterne e semplici, di forma ellittica<br />

o ovata, lunghe da 1 a 3,5 cm e leggermente cerose nella parte<br />

alta, con pubescenza. Ha piccoli fiori bianchi o rosati riuniti<br />

in corimbi, è autofertile ma si avvantaggia dell’impollinazione incrociata.<br />

Presenta un apparato radicale superficiale con due<br />

tipologie di radici, sia più grosse (circa del diametro di una matita,<br />

se non più grandi), destinate <strong>all</strong>’accumulo di sostanze di riserva e<br />

<strong>all</strong>’ancoraggio al suolo della pianta, che molto fini, destinate invece<br />

<strong>all</strong>’assorbimento delle sostanze nutritive.<br />

PAESI PRODUTTORI<br />

I mirtilli blu hanno visto una crescita esponenziale a partire dal<br />

1996 quando ha preso il via la produzione mondiale, con un totale<br />

di 154.089 tonnellate, arrivando nel 2016 a un totale di 552.505<br />

tonnellate.<br />

Nel 2016 il maggior produttore risulta esser stato il Nord America,<br />

con una coltivazione di 96.241 acri e una produzione di 480.147<br />

Tonnellate<br />

600˙000<br />

500˙000<br />

400˙000<br />

300˙000<br />

200˙000<br />

100˙000<br />

0<br />

1995 2000 2006 2010 2015 2020<br />

tonnellate concentrata in particolare negli Stati Uniti e in Canada.<br />

Seguono l’Europa, con 13.016 acri e 64.959 tonnellate, e l’Australia,<br />

con 1.559 acri e 6.636 tonnellate.<br />

ESIGENZE CLIMATICHE e TERRENO<br />

La coltura presenta alcune esigenze pedoclimatiche che<br />

possono essere d’ostacolo <strong>all</strong>a sua diffusione. Tra queste, la necessità<br />

di utilizzare per gli impianti terreni a reazione acida –<br />

il pH ottimale presenta valori compresi tra il 4,5 e il 5,5 –, privi<br />

di calcare, ben dotati di sostanza organica e con una struttura<br />

sciolta per evitare ristagni. Inoltre, è necessaria anche una buona<br />

disponibilità di acqua per soddisfare le esigenze idriche della coltura<br />

nei periodi estivi.<br />

Il mirtillo sopporta bene i geli invernali e, se il legno è ben maturo,<br />

alcune varietà possono resistere anche fino a -29°C: risulta perciò<br />

importante sospendere la concimazione a fine giugno, per<br />

favorire una buona lignificazione dei tessuti giovani. Nel complesso<br />

è una pianta abbastanza resistente <strong>all</strong>e gelate tardive, la fase<br />

critica però si colloca nel periodo della fioritura quando abbassamenti<br />

termici con valori assoluti di 8-10°C sotto lo zero possono<br />

compromettere l’<strong>all</strong>egagione. Il limite altimetrico di coltivazione<br />

nei nostri climi arriva fino ai 1200 m s.l.m., ma già oltre i 700 m<br />

s.l.m. talune varietà vengono sensibilmente danneggiate dal freddo<br />

nel periodo tardo invernale, soprattutto nei primi anni di vita.<br />

Il mirtilleto, idealmente, dovrebbe essere ben esposto al sole e<br />

riparato dai venti.<br />

TECNICHE COLTURALI<br />

Preparazione dell’impianto<br />

La preparazione del terreno va fatta provvedendo <strong>all</strong>’eliminazione<br />

delle malerbe e <strong>all</strong>a fresatura del cotico erboso, praticando<br />

poi una leggera aratura, con interramento di grosse quantità di<br />

sostanza organica e di fertilizzanti per la concimazione di fondo. Il<br />

mirtillo esige un terreno molto acido (pH 4,5 - 5,5), privo di calcare<br />

e ricco di sostanza organica. Un pH del terreno non sufficientemente<br />

basso o troppo basso limita la disponibilità di nutrienti e lo<br />

sviluppo della pianta, pertanto quando il valore risulta essere più<br />

alto del valore ideale, sempre che il terreno non contenga calcare,<br />

occorre procedere <strong>all</strong>’acidificazione dello stesso.<br />

Forme di <strong>all</strong>evamento e potatura<br />

La forma di <strong>all</strong>evamento più consona è rappresentata dal cespuglio<br />

libero, che non necessita di sostegni, formato da 5-6<br />

branche produttive accanto a 1-2 polloni di rinnovo.<br />

Lo scopo principale della potatura è quello di regolare contemporaneamente<br />

la produzione e il rinnovo della pianta. Va perciò<br />

tenuto presente che tagli drastici squilibrano le piante, accentuandone<br />

la spinta vegetativa, mentre l’assenza di interventi,<br />

soprattutto in piante di età superiore ai 4 anni, causano l’invec-<br />

N/33


chiamento precoce delle branche, che non si rivestono adeguatamente<br />

di brindilli produttivi.<br />

Concimazione e irrigazione<br />

Il mirtillo è una pianta con esigenze nutrizionali specifiche.<br />

È molto importante rispettarle bene, al fine di evitare squilibri<br />

o carenze che si ripercuoterebbero in un sicuro calo della<br />

produzione.<br />

I metodi per la distribuzione del concime sono generalmente<br />

due: l’iniezione, con tubo tipo Venturi in linea, di concime<br />

idrosolubile concentrato oppure regolari apporti di concime<br />

a spaglio.<br />

Concimazione organica e pacciamatura<br />

Il mirtillo richiede una buona disponibilità di sostanza organica nel<br />

suolo; è necessario pertanto prevedere interventi di concimazione<br />

organica utilizzando materiali compostati e ben maturi,<br />

evitando invece apporti di letame fresco che potrebbero creare<br />

problemi legati ad eccessi di cloro e urea.<br />

Si può soddisfare tale esigenza anche mediante pacciamature<br />

della fila con prodotti naturali come torbe, aghi di pino,<br />

cortecce di conifera, materiale legnoso sfibrato, etc.<br />

Irrigazione<br />

L’irrigazione è uno dei fattori determinanti per la crescita e la produzione<br />

del mirtillo gigante.<br />

A causa dello scarso sviluppo radicale della pianta, è molto facile<br />

incorrere in rischiosi stress idrici.<br />

Indicativamente il fabbisogno massimo del mirtillo è di 30-50 ettolitri<br />

al giorno per 1000 mq, in riferimento a impianti adulti in<br />

piena produzione.<br />

VARIETÀ<br />

Il genere Vaccinium appartiene <strong>all</strong>a famiglia delle Ericaceae ed è<br />

costituito da un gran numero di specie diverse. Tra questi, diversi<br />

tipi ricadono sotto il nome generico “Blueberry”.<br />

Tra le varietà troviamo:<br />

Patriot: caratterizzata da un arbusto vigoroso e produttivo,<br />

questa varietà è anche molto resistente al freddo invernale,<br />

in quanto resiste fino a -29°C. I frutti sono grandi, dal colore<br />

chiaro e gusto buono.<br />

Blue One: varietà con fioritura precoce, in diretta competizione<br />

con la varietà Duke. Nonostante il livello produttivo<br />

leggermente inferiore, i frutti sono molto più aromatici.<br />

Duke: questa varietà è stata identificata nel 1985 e presenta<br />

qualità innegabili. Il frutto è di colore azzurro chiaro, con buone<br />

dimensioni e di lunga durata.<br />

Collins: è una varietà con bacche vigorose e produzione adattabile<br />

a terreni anche meno ottimali. I frutti sono di buone dimensioni,<br />

leggermente appiattiti, di colore scuro e molto aromatici,<br />

benché leggermente aspri.<br />

Bluecrop: è una delle varietà piantate più popolari al mondo: si<br />

presenta con un cespuglio verticale e con frutti grandi e chiari.<br />

È considerata uno standard per un alto livello di produzione.<br />

Atlantic: la varietà raggiunge anche altezze di 2,5 m, e si adatta<br />

a condizioni di coltivazione difficili, producendo frutti di piccole<br />

dimensioni, di colore blu scuro e dal sapore molto dolce.<br />

Alcune varietà<br />

Patriot<br />

Blue One<br />

Duke<br />

Collins<br />

Bluecrop<br />

Atlantic<br />

Legacy<br />

Blue Pearl<br />

Rubel<br />

Elisabeth<br />

Misty


Legacy: si tratta di una cultivar vigorosa e molto diffusa, una<br />

varietà “a sangue caldo” che perde solo parzialmente le foglie<br />

nel nostro clima. Queste bacche sono di medie dimensioni, di<br />

colore azzurro chiaro e dal buon sapore.<br />

Blue Pearl: una varietà sviluppata per le sue caratteristiche ornamentali,<br />

molto compatta e con foglie di colore blu. La bacca,<br />

di piccole dimensioni, ha un sapore eccellente.<br />

Rubel: identificata nel 1911 da un Vaccinium corymbosum selvatico,<br />

la cultivar Rubel è una delle varietà più antiche. I frutti<br />

sono piccoli, di colore blu scuro, dal sapore aromatico e particolarmente<br />

ricchi di antiossidanti.<br />

Elisabeth: d<strong>all</strong>’arbusto vigoroso e verticale, questa varietà<br />

produce frutti di buone dimensioni, di colore azzurro chiaro e<br />

molto aromatici. È una varietà consigliata per le regioni fredde.<br />

Misty: questa varietà ha una buona resa di frutti coni buone<br />

dimensioni, solidi e dal buon sapore. Sviluppata nel 1989, rimane<br />

una delle più adatte al clima Mediterraneo.<br />

AVVERSITÀ<br />

La pianta non è particolarmente colpita da insetti o da malattie<br />

gravi in generale, ma bisogna ugualmente considerare che gli uccelli<br />

amano i frutti e che, di conseguenza, può essere necessario<br />

coprirli con delle reti man mano che questi iniziano a maturare, in<br />

maniera tale da proteggere il raccolto.<br />

La clorosi, ossia l’ingi<strong>all</strong>imento delle foglie, può verificarsi nei terreni<br />

a pH elevato.<br />

Tra i problemi di malattie potenziali, ma non frequenti, figurano<br />

la ruggine dello stelo, il marciume radicale, l’antracnosi, il tumore<br />

del gambo, la muffa e la botrite. Anche il verme del mirtillo, il verme<br />

del ciliegio e il moscerino dei piccoli frutti possono attaccare<br />

il frutto.<br />

La mummy berry (Monilinia vaccinii-corymbosi) è, infine, una<br />

malattia fungina che provoca l’avvizzimento e la caduta delle<br />

bacche.<br />

CURIOSITÀ<br />

I mirtilli hanno molti elementi fitochimici che possono essere<br />

raggruppati in antociani, proantocianidine, acidi fenolici<br />

e flavonoidi.<br />

Esempi di sostanze fitochimiche specifiche nei mirtilli sono il<br />

resveratrolo e l’acido ellagico.<br />

Le relazioni del ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti indicano<br />

che, tra il 1994 e il 2003, negli Stati Uniti il consumo annuale<br />

di mirtilli freschi è aumentato app<strong>rossi</strong>mativamente<br />

di 1,6 volte.<br />

Questo aumento è probabilmente dovuto al contemporaneo aumento<br />

di riconoscimento dei potenziali benefici per la<br />

salute umana derivanti da consumo regolare del frutto.<br />

I mirtilli sono utilizzati per produrre gelatine, marmellate e<br />

torte; sono noti per essere cotti nei muffin e sono un ingrediente<br />

di molti altri spuntini e prelibatezze.<br />

Inoltre, sono sempre più incorporati in particolari combinazioni di<br />

succhi di frutta tali da essere apprezzati come una categoria<br />

tutta nuova rispetto ai classici succhi.<br />

N/35


BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA<br />

www.wikipedia.it<br />

Aronia<br />

aronija.net<br />

www.e-aronia.pl<br />

www.freshplaza.it<br />

Aronia berries – Revised October 2013 by Joe M. Hannan, Iowa<br />

State University Extension and Outreach, Commercial Horticulture<br />

Field Specialist<br />

Black Chokeberry – Contributed by USDA NRCS Bismark Plant<br />

Materials Center<br />

Aronia Berries – By Durward Smith, Extension Food Scientist,<br />

Carol Ringenberg, Extension Educator<br />

Utjecaj naĉina ekstrakcije na prinos bioaktivnih spojeva iz praha<br />

aronije (Aronia melanocarpa) – Daniela Patricia Bilić<br />

Aronia, the richest North American fruit. A white paper on the<br />

benefits of aronia berries – By Tom Aurand, PhD (Aronia specialist)<br />

Chokeberry (Aronia melanocarpa) - A review on the characteristic<br />

components and potential health effects – Sabine E. Kulling,<br />

Hashadai M. Rawel<br />

Alchechengio peruviano<br />

Cape gooseberry – Desh Beer Singh, Nazeer Ahmed<br />

Alginate Edible Coating and Cold Storage for Improving the<br />

Physicochemical Quality of Cape Gooseberry (Physalis Peruviana<br />

L.) – Catarina Pedro Carvalho, Debora Villaño, Diego A. Moreno,<br />

Maria Serrano and Daniel Valero.<br />

Cape gooseberry – California Rare Fruit Growers<br />

Cape gooseberry – In Fruits of warm climates. Julia F. Morton,<br />

Miami, FL.<br />

www.mangostano.eu<br />

General aspects of physalis cultivation – Janaìna Muniz, Aike<br />

Anneliese Kretzschmar, Leo Rufato, Tânia Regina Pelizza, Andrea<br />

De Rossi Rufato, Tiago Afonso de Macedo.<br />

Novel farm development trial with cape gooseberry – Gianni<br />

Principe<br />

www.vivaiprandini.it<br />

Faostat<br />

Maqui berry<br />

Bacche di maqui – di Elena Pizzini e Greta Troisi<br />

Características generales del maqui (Aristotelia chilensis) –<br />

Caterina Juri Massaro<br />

Bioactive Compounds of Aristotelia chilensis Stuntz and their<br />

Pharmacological Effects – di Valeria Romanucci, Danile D’Alonzo,<br />

Annalisa Guaragna, Cinzia di Marino, Sergio Davinelli, Giovanni<br />

Scapagnini, Giovanni Di Fabio e Armando Zarrelli.<br />

Maqui (Aristotelia chilensis): un nutracéutico chileno de relevancia<br />

medicinal – di Jorge R. Alonso<br />

Maqui [Aristotelia chilensis (Mol.) Stuntz] - the Amazing Chilean<br />

Tree: A Review – di E.Misle, E.Garrido, H. Contardo e W. Gonzàlez<br />

www.rivistadiagraria.org<br />

https://www.odepa.gob.cl/wp-content/uploads/2017/12/Informe-<br />

Estudio-Novel-Foods-y-anexos.pdf<br />

http://www.freshplaza.com/article/2149581/chile-maqui-exportsincreased-by/<br />

http://biblioteca.infor.cl/DataFiles/30776-2.pdf<br />

More di gelso<br />

Analisi biometrica di varietà di Morus alba ai fini della identificazione<br />

e classificazione – Tesi del dott. Fabio Mirabella<br />

White Mulberry (Morus alba) – USDA Forest Service, Forest<br />

Health Staff<br />

I buoni frutti selvatici – Provincia autonoma di Trento (dipartimetno<br />

territorio, agricoltura, ambiente e foreste; servizio agricoltura)<br />

MORUS – di Kunjupillai Vijayan, Amalendu Tikader, Zhao Weiguo,<br />

Chirakkara Venugopalan Nair, Sezai Ercisli, and Chi-Hua Tsou<br />

www.growingmulberry.org<br />

bugwoodcloud.org<br />

https://www.agmrc.org/commodities-products/fruits/mulberries<br />

Mirtillo blu<br />

Vaccinium specialist – di Pépinières Multibaies<br />

La coltivazione dei piccoli frutti in Trentino – a cura di Claudio<br />

Agnolin<br />

Characterization of blueberry fruits (Vaccinium spp.) and derived<br />

products – Priscilla Magro Reque, Rosana Stroschoen Steffens,<br />

Alexandre Martins da Silva, André Jablonski, Simone Hickmann<br />

Flôres, Alessandro de Oliveira Rios, Erna Vogt de Jong in<br />

memoriam<br />

Mirtillo – EGK<br />

Highbush blueberry – USDA (United States Department of<br />

Agricolture), NRCS (Natural Resources Conservation Service)<br />

The Genus Vaccinium North America – Agricolture Canada<br />

Health and History of Highbush Blueberries – by Vern Grubinger<br />

Vaccinium corymbosum – Missouri Botanical Garden<br />

Faostat<br />

N/36


N/37


Andamento delle vendite nella grande distribuzione<br />

A Ottobre 2018.<br />

In questo numero vengono illustrati i dati della categoria Frutta<br />

Secca raccolti sul nuovo universo Iri “Infoscan Census”, che include<br />

tutti i punti vendita a libero servizio con dimensione superiore<br />

ai 100 mq; i dati fanno riferimento <strong>all</strong>’anno terminante a Ottobre<br />

2018 rilevati sui canali GDO e Discount del territorio nazionale.<br />

Il mercato della Frutta Secca sviluppa un fatturato di poco superiore<br />

a 840 Milioni di Euro in calo del -0,7% rispetto <strong>all</strong>’anno<br />

precedente, mentre a volume genera 73.275 (tons) con un trend<br />

negativo del -1,7%.<br />

In generale si mantengono buone performance sul totale della<br />

frutta secca senza guscio e un trend positivo per le mandorle<br />

tostate, mentre si evidenzia una sofferenza generale sulle altre<br />

referenze, in particolare quelle con guscio.<br />

L’assortimento a scaffale nell’intero comparto della Frutta Secca<br />

si conferma invece in continua crescita: il numero medio di referenze<br />

si conferma di 148,6 in crescita (+13 Ref.) rispetto <strong>all</strong>’anno<br />

precedente.<br />

Trend<br />

Totale Italia - Anno terminante Ottobre 2018<br />

Semi<br />

di zucca<br />

(tostati)<br />

Mandorle<br />

(senza guscio)<br />

Nocciole<br />

(senza guscio)<br />

Frutta<br />

secca<br />

-0,7<br />

-1,7<br />

Pistacchi<br />

(tostati)<br />

1,1<br />

0,4<br />

Arachidi<br />

(con guscio)<br />

Arachidi<br />

(tostate)<br />

4,1<br />

1,9<br />

Noci Pinoli Mandorle<br />

(con guscio) (senza guscio) (con guscio)<br />

5,6<br />

1,2<br />

4,0<br />

0,3<br />

Frutta<br />

essiccata /<br />

esotica / Prugne<br />

altri<br />

-1,5 -1,5<br />

Datteri<br />

e fichi<br />

-3,7 -3,9<br />

-3,9-4,3<br />

-6,1-5,9<br />

-6,4<br />

-5,5 -5,1<br />

-6,6<br />

-3,9<br />

-10<br />

-10,1<br />

-11,6<br />

Var % Volume<br />

Var % Valore<br />

N/38


Frutta essiccata /<br />

esotica / altri<br />

10%<br />

Prugne<br />

9,3%<br />

Nocciole<br />

senza guscio<br />

1,9%<br />

Peso a volume<br />

Totale Italia<br />

Anno terminante Ottobre 2018<br />

Mandorle senza guscio<br />

8,4%<br />

Mandorle<br />

Datteri e fichi<br />

7,2%<br />

con guscio<br />

0,6%<br />

Pinoli<br />

senza guscio<br />

1,1%<br />

Pistacchi tostati<br />

4,2%<br />

Arachidi<br />

con guscio<br />

9,4%<br />

Noci con guscio<br />

15,9%<br />

Arachidi<br />

tostate<br />

11,7%<br />

Semi<br />

di zucca<br />

1,9%<br />

Frutta essiccata /<br />

esotica / altri<br />

9,4%<br />

Nocciole<br />

senza guscio<br />

3,6%<br />

Peso a valore<br />

Totale Italia<br />

Anno terminante Ottobre 2018<br />

Prugne<br />

7,7%<br />

Datteri e fichi<br />

4,7%<br />

Mandorle senza guscio<br />

12,7% Mandorle<br />

con guscio<br />

0,5%<br />

Pistacchi tostati<br />

6,7%<br />

Arachidi<br />

con guscio<br />

5,1%<br />

Pinoli<br />

senza guscio<br />

6,5%<br />

Arachidi<br />

tostate<br />

5,9%<br />

Semi<br />

di zucca<br />

1,5%<br />

Noci<br />

con guscio<br />

10,4%<br />

Totale Italia - Anno terminante Ottobre 2018<br />

Volume Vendite % Variazione percentuale<br />

Tot. frutta secca 73.275.583 -1,7<br />

Pistacchi tostati 3.108.717 1,1<br />

Arachidi con guscio 6.854.703 -3,7<br />

Arachidi tostate 8.603.206 -3,9<br />

Semi di zucca tostati 1.374.139 4,1<br />

Noci con guscio 11.677.908 -6,1<br />

Pinoli senza guscio 830.970 -10,0<br />

Mandorle con guscio 427.331 -11,6<br />

Mandorle senza guscio 6.125.727 5,6<br />

Nocciole senza guscio 1.369.980 4,0<br />

Frutta essiccata / esotica / altri 7.312.726 -1,5<br />

Prugne 6.850.758 -5,5<br />

Datteri e fichi 5.282.379 -6,6<br />

Totale Italia - Anno terminante Ottobre 2018<br />

Valore Vendite % Variazione percentuale<br />

Tot. frutta secca 841.471.104 -0,7<br />

Pistacchi tostati 56.450.747 0,4<br />

Arachidi con guscio 42.598.350 -3,9<br />

Arachidi tostate 49.354.190 -4,3<br />

Semi di zucca tostati 13.030.685 1,9<br />

Noci con guscio 87.690.068 -5,9<br />

Pinoli senza guscio 54.943.619 -6,4<br />

Mandorle con guscio 4.019.214 -10,1<br />

Mandorle senza guscio 107.273.818 1,2<br />

Nocciole senza guscio 30.339.016 0,3<br />

Frutta essiccata / esotica / altri 78.897.087 -1,5<br />

Prugne 65.198.886 -5,1<br />

Datteri e fichi 39.683.651 -3,9<br />

N/39


NEI DINTORNI:<br />

mangiare e bere.<br />

I frutti <strong>rossi</strong>, piccoli e colorati concentrati di benessere, stanno<br />

diventando sempre più parte integrante delle nostre abitudini alimentari:<br />

ricchi di vitamine, antiossidanti e proprietà benefiche per<br />

l’organismo, diventano protagonisti delle ricette e delle pagine di<br />

questo numero di Nutspaper.<br />

Luca Zannoni propone un menù goloso, dove ad un primo, un<br />

secondo e un pane speciale seguono ben due invitanti dessert.<br />

E, come sempre, non mancano neanche le accattivanti proposte<br />

enologiche con cui accompagnare i piatti: Vino Novello IGT<br />

della Fattoria il Pelagio, rosso rubino dal sapore deciso,<br />

Prosecco DOC di Casa Sant’Orsola, secco e piacevolmente<br />

fruttato, Albana dolce delle Cantine Galassi, pieno,<br />

dolce e persistente, e Sangiovese superiore dei Poderi<br />

dal Nespoli, fruttato e complesso.<br />

ANTIPASTO<br />

Insalatina di valeriana, radicchi<br />

precoci e mele, con mirtilli blu<br />

e ricotta di anacardi.<br />

Piatto fresco e saporito, tendente <strong>all</strong>’aspro<br />

per effetto del mirtillo blu, bilanciato<br />

dal pane e dal finocchietto.<br />

PRIMO<br />

Vialone nano al vino Novello<br />

con more di gelso e anacardi.<br />

Piatto corposo e strutturato, aromatico e<br />

con una nota acida ma intrigante data dal<br />

vino e mitigata d<strong>all</strong>a sua riduzione e d<strong>all</strong>e<br />

more di gelso.<br />

Giovane e piacevole, il Vino Novello IGT<br />

da terre toscane, brilla di un rosso rubino<br />

che permette <strong>all</strong>a sua riduzione di<br />

valorizzarsi, caratterizzando piatti corposi<br />

e donando una nota acidula capace<br />

di contrastare aromi strutturati.<br />

Vino Novello IGT 2018 Toscana<br />

Fattoria il Palagio<br />

SECONDO<br />

Autunno.<br />

Piatto complesso e ricco di sapori che<br />

passano d<strong>all</strong>’acido al dolce d<strong>all</strong>’amaro al<br />

salato e troviamo anche le note tanniche<br />

delle bacche.<br />

Il prosecco D.O.C. Millesimato di<br />

Casa Sant’Orsola è ottimo come<br />

vino a tutto pasto. L’accostamento a<br />

questa portata strutturata consente un<br />

bilanciamento dei sapori tannini delle<br />

bacche grazie al perlage fine e persistente,<br />

che rinfresca i palati.<br />

Prosecco DOC millesimato extra dry<br />

Casa Sant’Orsola<br />

DOLCE<br />

Sempliciotto al cioccolato<br />

fondente, mirtillo blu,<br />

Grue di cacao e sale di Cervia.<br />

Piatto intrigante dolce e tendente al grasso<br />

con spiccate note di amaro e aspro date dal<br />

Grue di cacao e dai mirtilli.<br />

L’Albana di Romagna, ottenuta da vigneti<br />

delle terre collinari romagnole che donano<br />

al vino riflessi dorati, riporta sentori dolci e<br />

fruttati, perfetti per contrastare le note aspre<br />

del mirtillo e amare delle fave di cacao.<br />

Albana dolce di Romagna DOCG<br />

Cantine Galassi<br />

DOLCE<br />

Pere in vaso cottura<br />

con zenzero e aronia.<br />

Piatto dolce ed aromatico con pungenze<br />

tanniche date d<strong>all</strong>e bacche reidratate<br />

in cottura.<br />

DOLCE<br />

Millefoglie di goffre<br />

<strong>all</strong>a crema pasticcera e lime<br />

con mirtilli blu e uva fragola.<br />

Piatto succulento e ricco di sapore,<br />

fortemente bilanciato d<strong>all</strong>a presenza<br />

dell’uva, dei mirtilli blu e del lime.<br />

Il profondo profumo di frutti <strong>rossi</strong> del<br />

Sangiovese superiore di Poderi dal<br />

Nespoli si accosta perfettamente a piatti<br />

caratterizzati da una pungente aromatica<br />

dettata d<strong>all</strong>e bacche utilizzate.<br />

Al palato la freschezza di questo sangiovese<br />

di Romagna si unisce a note dal retrogusto<br />

speziato e persistente.<br />

Sangiovese superiore Prugneto 2016<br />

Poderi dal Nespoli<br />

N/41


LE RICETTE CREATIVE,<br />

INTERPRETATE DA CHEF DELLA SCUOLA ARTUSIANA<br />

QUATTRO PIATTI DA GUSTARE E COLLEZIONARE.<br />

I piatti da collezionare, presentati di seguito, continuano ad arricchire<br />

l’originale ricettario dedicato <strong>all</strong>a frutta secca.<br />

Ogni ricetta può essere staccata e collezionata nel raccoglitore,<br />

suddiviso idealmente in antipasti, primi piatti, secondi e dessert.<br />

Il risultato è un assortimento di sapori sfiziosi e unici, caratterizzati<br />

d<strong>all</strong>’originale presenza della frutta secca. Le deliziose proposte<br />

sono espressioni di cucina creativa che uniscono la tradizione<br />

culinaria di Pellegrino Artusi con l’innovativa presenza del gusto<br />

della frutta secca. L’Istituto professionale per i Servizi Alberghieri e<br />

della Ristorazione “Pellegrino Artusi” di Forlimpopoli è stato, infatti,<br />

teatro dell’elaborazione delle ricette presentate nelle p<strong>rossi</strong>me<br />

pagine, ideate d<strong>all</strong>a creatività del cuoco Luca Zannoni, insegnante<br />

di cucina proprio in questa scuola.<br />

Dopo aver lavorato nei ristoranti dei più prestigiosi hotel quattro<br />

stelle della Riviera romagnola, oggi è chef di cucina e consulente<br />

esterno al Centro Sportivo Federale di Coverciano. Nel 2008 ha<br />

rivestito il prestigioso incarico di Executive chef <strong>all</strong>e Olimpiadi di<br />

Pechino, presso Casa Italia e, nel 2009, ha seguito la Nazionale<br />

italiana di calcio in trasferta in Sud Africa per la Confederation<br />

Cup. Insegna <strong>all</strong>’Istituto Pellegrino Artusi e tiene corsi di pasticceria<br />

e cucina per le principali associazioni di categoria.<br />

Lo chef Luca Zannoni vanta un’esperienza di quasi 20 anni,<br />

avendo avuto la vocazione fin d<strong>all</strong>a più tenera età. Con esperienze<br />

internazionali, tra cui spicca l’incarico <strong>all</strong>’Harris Bar di Londra, è<br />

stato il più giovane “capo partita” del Grand Hotel di Rimini.<br />

L’Istituto Professionale per i Servizi Alberghieri e della<br />

Ristorazione “Pellegrino Artusi” sorge nella città natale<br />

dell’Artusi e di questi promuove il pensiero e l’attitudine “dell’arte<br />

di mangiare bene”. La fama della scuola supera i confini locali e ad<br />

oggi è frequentata da centinaia di studenti.<br />

Sopra, il gruppo di lavoro in cucina.<br />

N/42


ANTIPASTO - MIRTILLO BLU<br />

Insalatina di valeriana, radicchi precoci e mele,<br />

con mirtilli blu e ricotta di anacardi.<br />

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:<br />

• 80 gr Valeriana<br />

• 80 gr Radicchio rosso precoce<br />

• 20 gr Finocchio selvatico<br />

• 80 gr Crema di radicchio rosso<br />

• 1 Mela Granny Smith<br />

• 60 gr Mirtilli blu disidratati<br />

• Olio evo e sale q.b.<br />

• Briciole di pane tostato<br />

• 150 gr Ricotta di anacardi<br />

Per la ricotta di anacardi<br />

• 150 gr Anacardi<br />

(ammollati per qualche ora)<br />

• 10 gr Lievito alimentare disattivato a scaglie<br />

(sostituto del parmigiano grattugiato)<br />

• 2 cucchiai Succo di limone non trattato<br />

• Latte vegetale non dolcificato q.b.<br />

Per la crema<br />

• 100 gr Radicchio rosso<br />

• 100 gr Maionese<br />

• Un po’ di erba cipollina<br />

TEMPO RICHIESTO: 20’ + l’ammollo degli anacardi<br />

DIFFICOLTÀ: bassa<br />

SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />

In abbinamento:<br />

Preparazione: per la ricotta, scolare e frullare gli anacardi con<br />

il succo di limone e il lievito in scaglie; se la crema risullta troppo<br />

asciutta, aggiungere un po’ <strong>all</strong>a volta il latte vegetale finché non<br />

diventa morbida. Trasferire il composto in una fuscella o una ciotola,<br />

livellarlo e far compattare per qualche ora in frigorifero.<br />

Per la crema di radicchio rosso, far stufare il radicchio rosso tritato<br />

finemente, raffreddarlo e unirlo <strong>all</strong>a maionese, aggiustare di sapore e<br />

aggiungere poca erba cipollina tritata.<br />

Mondare e lavare valeriana, radicchio rosso e finocchio selvatico;<br />

tagliare il radicchio a striscioline (chifonade) e condire le tre verdure<br />

con olio, sale e pepe. Sbucciare la mela e confezionare una dadolata<br />

non troppo grande, unire <strong>all</strong>a ricotta di anacardi e a metà dei mirtilli blu.<br />

Comporre il piatto ponendo la ricotta nel fondo del piatto con l’aiuto<br />

di un disco, appoggiarvi sopra la misticanza condita, dressare il piatto<br />

con la crema di radicchio e terminare con i mirtilli blu e le briciole di<br />

pane.<br />

Vino Novello IGT 2018 Toscana<br />

Fattoria il Palagio<br />

N/43


PRIMO - MORE DI GELSO<br />

Vialone nano al vino Novello con more di gelso e anacardi.<br />

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:<br />

• 240 gr Riso Vialone nano<br />

• 20 gr Cipolla stufata<br />

• 60 gr More di gelso disidratate<br />

• 60 gr Anacardi tostati<br />

• 250 gr Burro di soia<br />

• 250 gr Lievito alimentare disattivato a scaglie<br />

(sostituto del parmigiano grattugiato)<br />

• 1 l Vino Novello Fattoria il Palagio IGT<br />

• 50 gr Zucchero di canna grezzo<br />

• Brodo vegetale<br />

• Foglie di <strong>all</strong>oro<br />

• Pepe q.b.<br />

• Germogli e anacardi per decorare<br />

TEMPO RICHIESTO: 1 ora circa<br />

DIFFICOLTÀ: media<br />

SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />

In abbinamento:<br />

Preparazione: tostare il riso in padella con qualche foglia di <strong>all</strong>oro,<br />

sfumare con ½ l di vino rosso, aggiungere la cipolla stufata e le more<br />

di gelso, ricoprire con brodo vegetale e cuocere in maniera tradizionale.<br />

Mantecare con burro di soia e lievito alimentare disattivato e servire<br />

ben caldo; decorare con gli anacardi sminuzzati e qualche ciuffo di<br />

germogli.<br />

Per la riduzione di Novello: al rimanente ½ l del vino Novello aggiungere<br />

lo zucchero di canna grezzo, una foglia di <strong>all</strong>oro e bollire finché<br />

non raggiunge una consiste mielosa. Versare con un paio di cucchiai<br />

di riduzione ancora calda sopra al risotto impiattato.<br />

Vino Novello IGT 2018 Toscana<br />

Fattoria il Palagio<br />

N/44


SECONDO - MAQUI BERRY<br />

Autunno.<br />

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:<br />

• 4 Porcini medi<br />

• 80 gr Rapa rossa cotta al vapore con buccia<br />

• 60 gr Castagne lessate e sbucciate<br />

• 60 gr Scarola appassita in padella<br />

• 80 gr Verza scottata in padella<br />

Per decorare<br />

• 8 Giuggiole<br />

• 12 Roselline di cavolo romanesco cotto al vapore<br />

• 40 gr Maqui Berry disidratati<br />

• 4 fettine Arance bio disidratate<br />

• 60 gr Feta vegan<br />

TEMPO RICHIESTO: 24 ore circa (compresa essiccazione)<br />

DIFFICOLTÀ: alta<br />

SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />

In abbinamento:<br />

Preparazione: pulire le verdure, lessare e sbucciare le castagne<br />

cercando di mantenerle intere. Cuocere a vapore le rape ben lavate<br />

e il cavolo romanesco. Stufare la scarola in padella, scottare la verza<br />

con aglio in camicia. Lasciare raffreddare e poi mettere in frigorifero.<br />

Confezionare una crema compatta con la rapa rossa frullandola con<br />

acqua di bottiglia e pochissimo olio evo, regolarla di sapore. Scottare<br />

il porcino in padella da tutte le parti, senza olio come se fosse sulla<br />

griglia. Riscaldare tutte le verdure in padella per riportarle <strong>all</strong>a temperatura<br />

desiderata ed impiattare cercando di ricostruire un bosco in<br />

autunno, con la base di purea di barbabietola e di verdure a foglia, il<br />

porcino adagiato in piedi e per decorare qualche giuggiola, le castagne<br />

e le Maqui Berry, qualche fettina di arancio e qualche rosellina di<br />

cavolo romanesco. Il tocco finale sarà una spolverata di feta vegan<br />

che simulerà le prime nevi di fine autunno.<br />

Prosecco DOC millesimato extra dry<br />

Casa Sant’Orsola<br />

N/45


PANE - GOLDEN BERRY<br />

Pane di zucca e Golden Berry.<br />

INGREDIENTI PER 4 PERSONE<br />

Impasto per la biga (pre-impasto)<br />

• 1 kg Farina tipo 1<br />

• 450 gr Acqua fredda<br />

• 8 gr Lievito di birra<br />

Impasto<br />

• 500 gr Farina tipo 1<br />

• 200 gr Zucca cotta<br />

• 50 gr Concentrato di pomodoro<br />

• 25 gr Lievito di birra<br />

• 180 gr Golden Berry disidratati<br />

• 250 gr Acqua fredda<br />

• 30 gr Sale<br />

• 90 gr Olio evo<br />

TEMPO RICHIESTO: 24 ore circa<br />

DIFFICOLTÀ: alta<br />

SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />

Preparazione: preparare il pre-impasto, la biga, in maniera classica<br />

sciogliendo il lievito nell’acqua e impastando con la farina per almeno<br />

5 minuti. Lasciar riposare la biga coperta per almeno 16-18 ore.<br />

Procedere poi con l’impasto ponendo la biga a pezzi nell’impastatrice<br />

e aggiungendo il lievito, la zucca, il concentrato di pomodoro e una<br />

parte di acqua ed impastare affinché il composto si ammorbidisca.<br />

Aggiungere la farina e poco <strong>all</strong>a volta il restante liquido, il sale e terminare<br />

con olio evo.<br />

Lavorare per 15 minuti poi coprirlo con la pellicola per alimenti e lasciare<br />

lievitare per 15 minuti. Dividerlo in pezzi da 300 gr ciascuno e<br />

formare delle p<strong>all</strong>e che lasceremo lievitare per almeno 1 oretta.<br />

Schiacciare i nostri pani nella farina per ottenere dei dischi di circa<br />

3 cm di altezza.<br />

Lasciar ancora lievitare il pane ben infarinato per almeno altri 40 minuti.<br />

Cuocere in forno a 200°C inserendo per i primi 10 minuti una terrina<br />

con dell’acqua per avere umidità, poi finire la cottura per altri 12 minuti.<br />

N/46


DOLCE - ARONIA<br />

Pere in vaso cottura con zenzero e aronia.<br />

INGREDIENTI PER 4 PERSONE<br />

• 2 kg Pere Williams<br />

• 1200 gr Zucchero di canna<br />

• 70 gr Fettine di zenzero con pelle<br />

• 50 gr Bacche di aronia disidratata<br />

• 2 Limoni non trattati<br />

TEMPO RICHIESTO: 10 ore circa<br />

+ raffreddamento<br />

DIFFICOLTÀ: media<br />

SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />

In abbinamento:<br />

Preparazione: lavorare le pere tagliandole a metà in maniera longitudinale.<br />

Miscelare lo zucchero con lo zenzero a fettine, le bacche di aronia, la<br />

buccia ed il succo dei limoni. Unire <strong>all</strong>e pere e lasciar macerare il composto<br />

coperto almeno 5-6 ore. Lo zucchero si scioglierà ed inizierà a<br />

marinare le pere.<br />

Pulire e sterilizzare dei vasi di vetro con i loro coperchi nuovi, riempirli<br />

con le pere fino <strong>all</strong>’orlo, invasare sotto vuoto e procedere <strong>all</strong>a sterilizzazione<br />

bollendo il vaso chiuso in una pentola d’acqua per 15 minuti<br />

dal momento del bollore.<br />

Togliere e lasciar raffreddare i vasi a temperatura ambiente: se il processo<br />

è stato effettuato correttamente il prodotto si manterrà almeno<br />

6 mesi.<br />

Sangiovese Superiore Prugneto 2016<br />

Poderi dal Nespoli<br />

N/47


DOLCE - MIRTILLO BLU<br />

Sempliciotto al cioccolato fondente, mirtillo blu,<br />

Grue di cacao e sale di Cervia.<br />

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:<br />

• 800 gr Farina tipo 1<br />

• 100 gr Cacao amaro<br />

• 600 gr Margarina mono varietà (mono cultivar)<br />

• 300 gr Zucchero a velo<br />

• 2 gr Cannella in polvere<br />

• 90 gr Latte di riso<br />

• 8 gr Sale di Cervia<br />

• 140 gr Cioccolato fondente a pezzi<br />

Per la granella<br />

• 90 gr Mirtilli blu disidratati<br />

• 60 gr Granella di pistacchio<br />

• 60 gr Granella di fava di cacao,<br />

sbucciata e tostata (grue di cacao)<br />

TEMPO RICHIESTO: 1 ora e ½ circa<br />

DIFFICOLTÀ: bassa<br />

SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />

In abbinamento:<br />

Preparazione: con una spatola lavorare la margarina finché non<br />

avrà la consistenza di una pomata.<br />

Con il gancio a foglia della planetaria, quello piatto per impastare,<br />

lavorare la farina e poi aggiungere la margarina.<br />

Aggiungere lo zucchero a velo, il cacao setacciato, la cannella, e il<br />

latte di riso. Infine versare il cioccolato fondente tagliato a scaglie fini<br />

e il sale di Cervia.<br />

Preparare la granella tritando i mirtilli neri e mescolandoli con la granella<br />

di pistacchi e quella di fave di cacao tostate.<br />

Realizzare dei cilindri di 2,5 cm di diametro e girali nella granella, poi<br />

avvolgerli nella pellicola e lasciare riposare in frigo fino a che non saranno<br />

ben freddi.<br />

Tagliare dei biscotti dello spessore di ½ cm e cuocere in forno ventilato<br />

a 180°C per 15-18 minuti.<br />

Albana dolce di Romagna DOCG<br />

Cantine Galassi<br />

N/48


DOLCE - MIRTILLO BLU<br />

Millefoglie di goffre <strong>all</strong>a crema pasticcera e lime<br />

con mirtilli blu e uva fragola.<br />

INGREDIENTI PER 4 PERSONE<br />

• 16 Goffre al profumo di arancio<br />

• Crema pasticcera<br />

Per la crema<br />

• 400 ml Latte di soia*<br />

• 75 gr Zucchero di canna<br />

• 45 gr Amido di mais (maizena)<br />

• Scorzette di lime, preferibilmente bio<br />

• 1 pizzico Curcuma<br />

TEMPO RICHIESTO: 30’<br />

DIFFICOLTÀ: bassa<br />

SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />

In abbinamento:<br />

Preparazione: preparare la crema pasticcera mettendo sul fuoco il<br />

latte di soia, versarvi a pioggia l’amido di mais e lo zucchero mescolando<br />

di continuo con il frustino per evitare la formazione di fastidiosi<br />

grumi. Portare a ebollizione e cuocere per una decina di minuti o fino<br />

<strong>all</strong>a cremosità preferita.<br />

Spegnere il fuoco e aggiungere mescolando la buccia di lime grattugiata<br />

e un pizzico di curcuma, che serve essenzialmente per donare<br />

la tonalità gi<strong>all</strong>a. Lasciare raffreddare un poco la crema a temperatura<br />

ambiente e farcire i biscotti aggiungendo a ogni farcitura i mirtilli blu<br />

e l’uva fragola.<br />

Ottimo fine pasto da non perdere.<br />

* Vanno ugualmente bene quello di riso, di avena o di mandorla, anche<br />

dolcificati, variando eventualmente la quantità di zucchero.<br />

Sangiovese Superiore Prugneto 2016<br />

Poderi dal Nespoli<br />

N/49

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!