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Ottobre 2018

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▲<br />

LIVORNOnonstop<br />

2<br />

attualità<br />

Nostra intervista esclusiva al noto docente e regista che da semplice animatore di gruppi di bambini<br />

è passato a solcare il prestigioso Red Carpet del Festival Cinematografico di Venezia<br />

Lamberto<br />

Giannini,<br />

un ‘grande’<br />

così come<br />

il suo gruppo<br />

“Mayor<br />

Von Frinzius”<br />

di Giulia Palandri<br />

Lamberto Giannini<br />

Quando<br />

sento il<br />

nome di<br />

Lamberto<br />

Giannini<br />

la<br />

mia mente<br />

mi riporta bambina, mi<br />

riporta nella mia giovinezza<br />

più bella, ricordi indelebili<br />

di meravigliose estati<br />

passate all’insegna del<br />

divertimento educativo;<br />

chi ha partecipato ai centri<br />

estivi di Lamberto (organizzati<br />

dal Comune di Livorno<br />

dove Lamberto coordinava<br />

gli animatori) si<br />

considera un bambino fortunato,<br />

perché ognuno si<br />

sentiva importante come<br />

cittadino di “Citta Dina”.<br />

In questo progetto di stampo<br />

tedesco Lamberto ed il<br />

suo team di animatori aveva<br />

ricreato una città in piccolo<br />

ed ogni bambino la<br />

mattina si iscriveva all’ufficio<br />

collocamento e poteva<br />

avverare il proprio sogno<br />

e diventare per un<br />

giorno politico, banchiere,<br />

ballerino, giornalista, artigiano,<br />

barista, vigile e molto<br />

altro… e guadagnare “i<br />

vaini” (la moneta della città)<br />

con i quali a fine giornata<br />

poteva comprarsi un<br />

prodotto artigianale realizzato<br />

da altri bimbi o versarlo<br />

nella banca della città<br />

per farsi un libretto dei<br />

risparmi. Ogni estate era<br />

una festa rivedersi e vivere<br />

quell’esperienza così<br />

meravigliosa.<br />

Negli anni Lamberto mi è<br />

rimasto nel cuore e anche<br />

grazie ai social l’ho spiato<br />

con molta stima e affetto<br />

tanto da volerlo incontrare<br />

e dedicargli un’inter-<br />

Da sin.: Claudia Campolongo (musica), Federico Parlanti (attore), Paolo Ruffini (regista del docufilm<br />

premiato), Andrea Lo Schiavo (attore), Lamberto Giannini (regista), Francesco Pacini (regista del<br />

docufilm premiato) sul tappeto rosso al recente Festival Cinematografico di Venezia.<br />


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▲<br />

intervista<br />

3<br />

LIVORNOnonstop<br />

▲<br />

Lamberto Giannini e i suoi ragazzi ricevono gli applausi del pubblico. (foto Paolo Bonciani)<br />

vista e fargli capire<br />

quanto di bello ha lasciato<br />

e continua a lasciare in<br />

molti di noi fortunati che<br />

nella vita lo hanno conosciuto.<br />

- Lamberto, ti ho conosciuto<br />

da animatore, oggi sei<br />

docente di storia e filosofia<br />

al liceo, pedagogista,<br />

conduttore di gruppi di<br />

sostegno alla funzione<br />

genitoriale, regista e fondatore<br />

della compagnia teatrale<br />

Mayor Von Frinzius,<br />

autore di numerosi libri di<br />

pedagogia, consigliere comunale.<br />

Raccontami di te...<br />

Docente, il ruolo che per me<br />

è fondamentale è quello della<br />

docenza, il resto crollerebbe<br />

in un attimo se non mettessi<br />

alla base la docenza, è il mio<br />

ossigeno. Amo le materie che<br />

insegno e la fascia d’età dei<br />

ragazzi a cui le mie lezioni<br />

sono rivolte. Le altre mie<br />

esperienze all’esterno le faccio<br />

arrivare anche all’interno<br />

delle lezioni in classe, mi arricchiscono<br />

come docente e<br />

sto molto attento a rispettare<br />

ogni mio impegno affinché<br />

l’uno non prevarichi l’altro.<br />

Ad esempio quando ero consigliere<br />

comunale avevo diritto<br />

a delle ore di permesso da<br />

scuola che però non ho mai<br />

preso perché facevo di tutto<br />

per spostare gli impegni affinché<br />

i miei ragazzi non perdessero<br />

una lezione.<br />

- Ho scoperto che le tue<br />

lezioni sono diventate virali<br />

anche su Youtube…<br />

Ottavio Lanzara, ex alunno,<br />

mi propose di fare delle mini<br />

lezioni e pubblicarle su Youtube<br />

ma non ero esperto nel<br />

metterle online così mi aiutò.<br />

Ed effettivamente ha riscosso<br />

successo, sono stati diversi<br />

i ragazzi, anche di altre regioni,<br />

che mi hanno scritto e<br />

ringraziato perché questi video,<br />

seppur molto semplificati<br />

di storia e filosofia e di pedagogia,<br />

possono essere contributi<br />

per molti che cercano<br />

riassunti, collegamenti, autori.<br />

- Che docente sei?<br />

Come insegnante mi reputo<br />

abbastanza esigente: tutti i<br />

giorni interrogo e su tutto il<br />

programma. Per me il ruolo<br />

dell’insegnante deve essere<br />

un “contenimento caldo”<br />

dato dall’autorevolezza della<br />

persona che guida; poi se<br />

scatta il meccanismo di rispetto<br />

e reciproco riconoscimento<br />

allora nasce una bella<br />

comunicazione con i ragazzi.<br />

Poi se un ragazzo commette<br />

un errore, soprattutto<br />

in questa fase storica, sono<br />

contrario a punirlo perché<br />

questi giovani vivono una situazione<br />

talmente complicata<br />

e priva di prospettive che<br />

gli errori devono essere immediatamente<br />

compresi e<br />

rielaborati.<br />

- Si intuisce una chiara formazione<br />

pedagogica.<br />

La pedagogia è nata per passione,<br />

partito da animatore<br />

mi sono rivolto alla pedagogia<br />

ad indirizzo filosofica; lavorando<br />

in un liceo e venendo<br />

da una generazione che<br />

ha vissuto in maniera molto<br />

forte la propria adolescenza<br />

mi sono specializzato proprio<br />

sull’adolescenza e sul ruolo<br />

genitoriale perché oggi è<br />

estremamente complesso il<br />

ruolo del genitore, devono<br />

essere ascoltati e indirizzati<br />

ed infatti ho scritto molto su<br />

questo tema. La vedo come<br />

una schizzofrenìa, fatta di<br />

contrasti che sono vitali e che<br />

si collegano alla mia voglia di<br />

fare teatro che per me è<br />

contraddizione.Anche il Teatro<br />

è nato come passione e<br />

ricordo perfettamente come.<br />

Era il 1984, avevo 22 anni e<br />

in occasione delle Olimpiadi<br />

di Los Angeles ascoltai l’intervista<br />

di una schermitrice,<br />

Dorina Vaccaroni, e mi colpì<br />

quando raccontò che ogni<br />

mattina la sua soddisfazione<br />

e motivazione era quella di<br />

alzarsi e di allenarsi. Io che<br />

ero giovane ed innamorato di<br />

+ 39 349 5423349<br />

eventi@chaletdellarotonda.it<br />

teatro, volevo anche io la mia<br />

motivazione perciò mi iscrissi<br />

ad un corso di mimo e teatro<br />

e lo feci con così tanto slancio<br />

ed abnegazione che cominciò<br />

tutto.<br />

Negli anni poi - prosegue<br />

ancora Lamberto tutto<br />

d’un fiato - la mia capacità<br />

di gestire i gruppi mi portò a<br />

fare regia a gruppi in laboratori<br />

teatrali e nel 1997 nacque<br />

l’idea con Pier Giorgio<br />

Curti, psicoterapeuta, di<br />

prendere degli esercizi del<br />

mio modo di fare teatro e<br />

unirli alla disabilità, in modo<br />

da unire pedagogia e teatro.<br />

Inizialmente era più laboratorio<br />

espressivo dove non<br />

c’era l’obiettivo artistico poi<br />

mi sono reso conto che effettivamente<br />

era possibile e<br />

quindi è nata l’idea di fare<br />

questa compagnia “integrata”<br />

dei Mayor Von Frin-<br />

semplice ma sorprendente<br />

CDR S.r.l.<br />

Viale Italia 136 - Livorno<br />


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▲<br />

LIVORNOnonstop<br />

4<br />

intervista<br />

▲<br />

Lamberto Giannini con Giorgio Chiellini che ha dato una grossa<br />

mano a tutto il gruppo dei Mayor Von Frinzius.<br />

zius, che oggi conta circa<br />

90 attori, la metà sono disabili.<br />

Il tentativo è chiaramente<br />

artistico, la terapia poi<br />

viene da sé. Questi ragazzi<br />

hanno una capacità di<br />

espressione immediata e dal<br />

gruppo viene fuori la contraddizione<br />

tra ragazzi liceali,<br />

universitari e queste maschere.<br />

Poi la cosa ci è sfuggita<br />

di mano perché abbiamo<br />

fatto più successo di<br />

quello che pensavamo e c’è<br />

stato una vera e propria difficoltà<br />

di gestione.<br />

- So che Giorgio Chiellini,<br />

un campione in campo<br />

ma anche nel sociale, vi<br />

ha dato una grossa<br />

mano...<br />

Si, hai detto bene, un grande<br />

campione in tutti i sensi.<br />

Devo ringraziare Giorgio<br />

Chiellini (che veniva anche<br />

lui al centro estivo) che ci ha<br />

dato una mano enorme perché<br />

non è stato solo un supporto<br />

economico ma soprattutto<br />

è una persona che è<br />

presente, ci crede, che tifa<br />

per noi, si fa sentire con tutto<br />

il suo affetto e questo è<br />

una spinta enorme per tutto<br />

il gruppo. Negli anni sono<br />

nate collaborazioni importanti:<br />

Bobo Rondelli con lo spettacolo<br />

“Io clown, te down”,<br />

poi con Paolo Ruffini dove è<br />

nata l’idea basata sulla contraddizione:<br />

Paolo è innamorato<br />

della disabilità e del nostro<br />

modo di fare teatro ed<br />

ha un modo smielato, dolce,<br />

buono di rapportarsi con i<br />

ragazzi. Lo spettacolo risente<br />

del sale che metto io e<br />

dello zucchero che mette<br />

Paolo e ci ha portato in posti<br />

impensabili; devo ringraziare<br />

il Teatro Goldoni (Produttore<br />

che crede in noi dal<br />

1997) e la Banca di Credito<br />

Cooperativo di Castagneto<br />

Carducci (main Sponsor di<br />

tutte le attività dei Mayor)<br />

che ci hanno permesso di arrivare<br />

fin qui oggi e di calcare<br />

importanti teatri quali il Sistina<br />

a Roma, il Nazionale a<br />

Milano, il Verdi di Firenze e<br />

molti altri in Italia… e sono<br />

tantissime ancora le date in<br />

programma.<br />

- Intorno a te c’è anche<br />

uno staff validissimo...<br />

Negli anni mi sono creato uno<br />

staff di collaboratrici importante<br />

che lavorano in modo<br />

rigoroso e fondamentale:<br />

Denise Dainiselli, Aurora<br />

Fontanelli, Marianna Sgherri<br />

e Rachele Casali.<br />

- Parlami dello spettacolo<br />

di Paolo Ruffini e delle<br />

emozioni vissute a Venezia<br />

alla Mostra Cinematografica.<br />

Lo spettacolo che porta Paolo<br />

è composto di 6 attori disabili<br />

che di solito sono gli<br />

stessi e 4 attori non disabili<br />

(che ruotano) fino a concludere<br />

con un’indagine sulla<br />

normalità per rispondere a<br />

qualcuno dei ragazzi che non<br />

capiva tutto questo interesse<br />

verso di loro, “perché sono<br />

normali”. Alla fine ne è uscito<br />

un bel lavoro dove io e<br />

Paolo ci siamo integrati con<br />

le nostre visioni contraddittorie<br />

ma che in fondo tornano<br />

perfettamente e questo anche<br />

perché di base ci sono<br />

un grande rispetto, fiducia e<br />

amicizia. Lo spettacolo poi è<br />

diventato un film documentario,<br />

con regia di Paolo Ruffini<br />

e Francesco Pacini (anche<br />

lui bimbo del centro estivo)<br />

dove vengono raccontate<br />

le storie di questi 6 ragazzi.<br />

Quando Paolo si è presentato<br />

al premio Kinèo a Venezia<br />

e ha vinto il premio come<br />

miglior documentario collegato<br />

al sociale [vedi riquadro,<br />

ndr] nessuno se lo aspettava,<br />

è stato surreale. La soddisfazione<br />

di tutto questo<br />

Il 2 settembre scorso nell’ambito della Mostra Internazionale<br />

del Cinema di Venezia il docufilm Up&Down - Un<br />

Film Normale diretto da Paolo Ruffini e Francesco Pacini<br />

– prodotto da Non c’è Problema, Laser Film, Fenix Entertainment<br />

e Agnus Dei Production - ha ricevuto il Premio<br />

Speciale “Kinéo – Diamanti al Cinema”, per la categoria Miglior Docufilm<br />

Sociale.<br />

Il docufilm che ha una durata di 75 minuti, racconta un viaggio nella bellezza<br />

che risiede nelle diversità. Ruffini ha iniziato le riprese del film durante il tour<br />

invernale di Up&Down, provando a raccontare l’avventura di questi attori molto<br />

speciali, la loro relazione con il mondo dello spettacolo, i momenti dietro le<br />

quinte, i viaggi nei teatri di tutta Italia e le esibizioni sul palcoscenico, ragazzi<br />

che, come dice Ruffini, sono “supereroi ‘sbagliati’ con il potere inconsapevole<br />

di compiere l’impossibile. Sono capaci di dimostrare come ‘la normalità<br />

sia un’illusione, un’invenzione per chi è privo di fantasia’, come scriveva<br />

Alda Merini”.<br />

Il cast è composto da Paolo Ruffini, Lamberto Giannini, Erika Bonura, Simone<br />

Cavaleri, Andrea Lo Schiavo, Federico Parlanti, David Raspi e Giacomo<br />

Scarno. Le musiche sono state curate da Claudia Campolongo e da Fabio<br />

Marchiori, mentre la voce narrante è di Pino Insegno.<br />


▲▲▲<br />

▲<br />

intervista<br />

5<br />

LIVORNOnonstop<br />

lavoro è rendersi conto<br />

che negli anni il pubblico si è<br />

convinto che sono attori, sono<br />

ragazzi che hanno la particolarità<br />

della disabilità e questo<br />

è importante che venga evidenziata<br />

affinché si capisca<br />

che sono attori in quel determinato<br />

modo; bisogna stare<br />

attenti a non scivolare da un<br />

progetto artistico al progetto<br />

retorico perché il passo è brevissimo.<br />

- Come regista, oltre a<br />

quello dei Mayor, hai progetti<br />

in corso?<br />

In vecchiaia mi è venuta la<br />

voglia di sperimentarmi in un<br />

monologo, erano anni che non<br />

facevo uno spettacolo da<br />

solo. Si tratta di Teatro di narrazione<br />

pura dove racconto le<br />

immagini che mi hanno più<br />

emozionato della Coppa dei<br />

Campioni e costruisco delle<br />

verosomiglianze psicologiche,<br />

ad esempio mi immagino<br />

cosa può aver provato Buffon<br />

quando gli hanno dato il<br />

rigore contro il Real Madrid<br />

e in quel momento divento<br />

Buffon e racconto delle storie<br />

che non ha vissuto ma che<br />

potrebbe aver vissuto.. e questo<br />

anche Iniesta, Lothar Matthäus<br />

che per me sono personaggi.<br />

Questo spettacolo<br />

▲<br />

Il gruppo dei Mayor Von Frinzius in scena.<br />

andrà in scena a Teatro nel<br />

mese di febbraio presso<br />

L’Ordigno di Vada. Ho la<br />

convinzione che il calcio sia<br />

cultura, se la vivi in un determinato<br />

modo diventa Arte,<br />

veder giocare Iniesta è come<br />

vedere un quadro di Klimt,<br />

vivi delle emozioni ed alcuni<br />

giocatori sono artisti con vissuti<br />

emotivi che sono tipicamente<br />

dell’artista. E’ arte<br />

che spinge a riflettere, credo<br />

che sia lo sport più emozionante<br />

perché il gol è un attimo,<br />

un gesto rivoluzionario<br />

che può arrivare oppure no<br />

ma quando avviene dà delle<br />

emozioni incredibili perché<br />

distrugge il sistema della partita<br />

e non c’è nessun altro<br />

sport dove c’è questa imprevedibilità.<br />

Anche<br />

a scuola utilizzo<br />

spesso personaggi<br />

e metafore<br />

linguistiche,<br />

collego ad<br />

esempio Sartre<br />

a Igor Protti ma<br />

al di là della provocazione<br />

credo<br />

che spinga a riflettere.<br />

- Cosa mi racconti<br />

della tua<br />

esperienza politica?<br />

Penso che non ci può essere<br />

qualcuno non interessato alla<br />

politica, è come non essere<br />

interessato alla vita, come<br />

chi dice che non sono interessato<br />

alla bellezza, forse<br />

non l’ha mai colta e la politica<br />

è una dimensione di bellezza<br />

al di là di tutte le storture<br />

e le brutture e io l’ho sempre<br />

vissuta. Io non sono un’attivista,<br />

non riesco a stare dentro<br />

a dei meccanismi, in giunta<br />

comunale ho portato la mia<br />

lettura della realtà con l’intento<br />

di far riflettere cercando di<br />

non stare dentro determinati<br />

compromessi oppure riconoscerli<br />

se potevano essere costruttivi.<br />

E’ un momento di<br />

grande difficoltà perché oggi<br />

Lamberto Giannini con i suoi ragazzi.<br />

forse siamo arrivati all’impossibilità<br />

di fare politica, è una<br />

visione molto pessimista, ma<br />

credo che ci sia qualcosa che<br />

è sopra le persone e in una<br />

situazione così sovrastrutturata<br />

è difficile fare politica.<br />

L’esperienza che mi interessa<br />

di più è quella di partecipazione<br />

a sinistra, potere al<br />

popolo e Buongiorno Livorno<br />

parte dalla municipalizzazione,<br />

cioè da una piccola comunità<br />

nella quale si studiano i<br />

bisogni in una chiave che però<br />

per me è chiara, è di sinistra.<br />

- Cosa ti auguri?<br />

Il mio sogno è continuare a<br />

fare quello che faccio, amo<br />

il mio lavoro, amo lunedì andare<br />

in classe e affascinare<br />

i ragazzi con la filosofia e<br />

non dare per scontato quello<br />

che fai oggi. Vorrei stabilizzare<br />

determinate cose,<br />

anziché spingere sempre<br />

sull’acceleratore, infatti<br />

probabilmente il prossimo<br />

spettacolo si intitolerà “A<br />

mezzanotte” perché di solito<br />

la mezzanotte è carica<br />

di attese e invece passata<br />

la mezzanotte il giorno<br />

dopo è più o meno come<br />

quello precedente. Sarà<br />

uno spettacolo che racconta<br />

della ciclicità degli eventi<br />

e per trovare la bellezza bisogna<br />

cercarla in sé stessi,<br />

nella profondità dell’esistenza.


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LIVORNOnonstop<br />

6<br />

pittura


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▲<br />

cinema<br />

9<br />

LIVORNOnonstop<br />

La storia di tutti i film che sono stati girati sulla caratteristica scogliera livornese<br />

James Bond sul Romito?<br />

Stava per arrivarci a bordo dell’Aston Martin!<br />

Sean Connery e la mitica Aston Martin. L’attore scozzese si è affermato interpretando James Bond, il noto agente 007 nato dalla<br />

penna dello scrittore britannico Ian Fleming,<br />

Alzi la<br />

mano chi,<br />

livornese,<br />

non ha indugiato<br />

davanti<br />

alla tv<br />

ogni volta<br />

che gli è capitato di imbattersi<br />

nella celebre scena finale del<br />

film “Il sorpasso” con Vittorio<br />

Gassman e Jean-Louis<br />

Trintignant, girata tra Castel<br />

Sonnino e Calafuria, dove la<br />

Lancia Aurelia va a schiantarsi<br />

in fondo alla scogliera dopo<br />

essere uscita di strada, da<br />

quella strada che porta lo stesso<br />

suo nome. La vicenda del<br />

di Marco Sisi<br />

faccendiere Bruno Cortona e<br />

dello studente Roberto Mariani,<br />

magistralmente diretta<br />

da Dino Risi su soggetto e<br />

sceneggiatura dello stesso<br />

Risi e di Ettore Scola e Ruggero<br />

Maccari, ha fatto passare<br />

alla storia non soltanto uno<br />

spaccato impietoso della società<br />

italiana negli anni del<br />

La scena finale del film “Il Sorpasso” sulle rampe del Romito: la<br />

Lancia Aurelia che supera la Fiat 2300 S. Coupé poco prima<br />

dello schianto in fondo alla scogliera.<br />

boom economico, ma anche<br />

uno splendido angolo di natura,<br />

meta di bagnanti che provengono<br />

da Livorno o da altre<br />

città, toscane e non.<br />

Pochi sanno però che nello<br />

stesso tratto di costa sono stati<br />

girati moltissimi altri film, a<br />

partire addirittura da quasi un<br />

secolo fa per arrivare fino ai<br />

nostri giorni. Incredibile ma<br />

vero: gli scogli del Romito fecero<br />

da sfondo, quando ancora<br />

il cinematografo era muto,<br />

alle riprese di una serie di mediometraggi<br />

di fantascienza<br />

intitolata “I deviatori del Gulfstream”,<br />

realizzata tra il 1920<br />

e il 1922. Di tali film si sa<br />


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▲<br />

LIVORNOnonstop<br />

10<br />

cinema<br />

▲<br />

La locandina del film “Il pirata<br />

sono io!”.<br />

Anni ‘40 - Panorama di Quercianella. Sulla destra: Villa Jana<br />

dove furono girate molte scene del film “Joe il Rosso”.<br />

La locandina del film “Calafuria” e la bellissima interprete principale<br />

Doris Duranti (Livorno 1917 - Santo Domingo 1995)<br />

pochissimo: tra gli attori<br />

c’era anche un italiano, Gastone<br />

Monaldi. La trama aveva il<br />

suo punto centrale nel tentativo,<br />

ordito da una banda internazionale<br />

di delinquenti, di fare<br />

congelare la città di Londra deviando<br />

altrove la Corrente del<br />

Golfo.<br />

L’utilizzo delle scogliere di Calafuria<br />

e del Romito per ricreare<br />

il paesaggio creato dal disastro<br />

ecologico rappresenta la<br />

prima testimonianza dell’arrivo<br />

in zona di una troupe cinematografica<br />

per girare un film<br />

a soggetto. E’ del 1935, poco<br />

prima che Giovacchino Forzano<br />

concepisse il progetto degli<br />

studi Pisorno, un film che<br />

utilizza i tornanti fra Calignaia<br />

e Quercianella per ambientare<br />

in una località imprecisata della<br />

Costa Azzurra il viaggio di un<br />

torpedone carico di turisti che<br />

si stanno recando in visita al<br />

castello Sandelle-Lafitte, per<br />

ammirare un quadro che, invece,<br />

scompare misteriosamente.<br />

Il titolo del film è “Joe<br />

il Rosso”, è tratto da una commedia<br />

che Dino Falconi aveva<br />

scritto per un’interpretazione<br />

teatrale del padre Armando,<br />

all’epoca celebre attore<br />

teatrale e cinematografico.<br />

Egli raccontò che l’ispirazione<br />

per creare Joe, questo strano<br />

personaggio di gangster<br />

bonario, gli era venuta da<br />

un’esperienza vera: l’incontro<br />

durante una traversata transatlantica<br />

di ritorno da un viaggio<br />

in America con un passeggero<br />

che lui descrive «curioso<br />

tipo, simpaticone, servizievole,<br />

giovialissimo, dedito al<br />

contrabbando alcolico, attorno<br />

al quale mi sono ingegnato<br />

di costruire una vicenda teatrale».<br />

Il castello della nobile famiglia<br />

francese è in realtà Villa<br />

Jana di Quercianella, molte<br />

scene sono state girate sulla<br />

spiaggia del Rogiolo, compresa<br />

anche quella dell’ammaraggio<br />

di un grosso idrovolante<br />

Savoia-Marchetti S.55<br />

(come quelli utilizzati da Italo<br />

Balbo per le sue celebri trasvolate<br />

oceaniche), a bordo<br />

del quale Joe arriva a far visita<br />

alla figlia, andata in sposa<br />

al rampollo della famiglia di<br />

ricconi.<br />

Alla Pisorno, naturalmente,<br />

non tardarono a sfruttare il fatto<br />

che la posizione degli studi<br />

cinematografici permetteva di<br />

avere a portata di mano un paesaggio<br />

variato per l’ambientazione<br />

di film con vicende<br />

che si svolgevano in alta montagna<br />

come ai tropici.<br />

Nel 1940 la torre di Calafuria<br />

fu trasformata nel Palazzo del<br />

Governatore di Santa Cruz,<br />

utilizzando elementi di legno<br />

e cartapesta, per “Il pirata<br />

sono io!”, con Erminio Macario,<br />

regia di Mario Mattoli.<br />

Fu un grande successo e anche<br />

l’EIAR trasmetteva spessissimo<br />

la canzone “Macariolita”<br />

tratta dalla colonna sonora,<br />

non solo nella versione<br />

di Macario ma anche di famosi<br />

cantanti dell’epoca. A Santa<br />

Cruz, naturalmente, non si arrivava<br />

in automobile ma coi<br />

velieri, navi pirate che furono<br />

al centro di esilaranti battaglie<br />

fra i corsari fasulli capeggiati<br />

da José (Macario) e la ciurma<br />

di Bieco De La Muerte, arrivata<br />

al momento meno opportuno<br />

guastando il piano di un<br />

finto assalto per ingraziarsi il<br />

Viceré in visita.<br />

Fra gli sceneggiatori, anche un<br />

giovanissimo Federico Fellini.<br />

Non poteva mancare alla serie<br />

delle pellicole ambientate in<br />

quel luogo anche una che si<br />

intitolava proprio “Calafuria”,<br />

dall’omonimo romanzo<br />

di Delfino Cinelli, diretta da<br />

Flavio Calzavara e interpretata<br />

da Gustav Diessl (doppiato<br />

dal livornese Emilio Cigoli) e<br />

dall’ormai celebre concittadina,<br />

la bellissima Doris Duranti.<br />

Nel film, uscito nel 1942, e che<br />

racconta la tormentata storia<br />

d’amore fra un celebre pittore<br />

livornese e una giovane dal<br />

passato oscuro, da lui incontrata<br />

in un vicolo a Firenze, si<br />

può vedere la Torre così come<br />

appariva in quel periodo, accanto<br />

alla ferrovia dove passa<br />

il treno per Roma e affiancata<br />

da una locanda con tavoli all’aperto<br />

che successivamente<br />

avrebbe subito notevoli<br />

modifiche. I due protagonisti<br />

vanno a fare il bagno alle “vaschine”,<br />

per l’occasione la<br />

Duranti sfoggia uno dei primi<br />

costumi da bagno a due pezzi<br />

della storia italiana, e, sulla<br />

scogliera, qualche tempo dopo<br />

la ragazza fa perdere le proprie<br />

tracce fingendo un suicidio.<br />

Siamo ormai nel bel mezzo della<br />

seconda guerra mondiale (e<br />

infatti la disperazione per la<br />

scomparsa dell’amata spinge<br />

il pittore ad arruolarsi in aviazione),<br />

a Tirrenia ogni produzione<br />

viene interrotta. Bisogna<br />

aspettare la fine delle ostilità<br />

per rivedere le cineprese in<br />

giro per Livorno e dintorni.<br />

I teatri di posa, requisiti dagli<br />

americani, sono ridotti a<br />

magazzini, ma il nascente<br />

▲<br />

La locandina del film “Senza<br />

pietà”.


▲▲▲<br />

▲<br />

cinema<br />

11<br />

LIVORNOnonstop<br />

▲<br />

Le locandine dei film “Pellegrini d’Amore”, “Seddok, l’erede di Satana” e “Arrivederci Roma”.<br />

neorealismo richiede, per<br />

ragioni pratiche e stilistiche,<br />

soprattutto riprese in esterni.<br />

Dei due film ambientati nella<br />

nostra città per raccontare le<br />

storie di mercato nero e “segnorine”<br />

che la caratterizzavano<br />

in quegli anni , “Senza pietà”<br />

di Alberto Lattuada (1948)<br />

con John Kitzmiller e Carla Del<br />

Poggio è passato alla storia anche<br />

per la celebre scena finale<br />

del camion che il sergente<br />

Jerry Jackson (John Kitzmiller)<br />

guida a folle velocità per<br />

poi andare a schiantarsi in<br />

fondo alla scogliera.<br />

Alcuni particolari che forse saranno<br />

sfuggiti a chi ha visto il<br />

film: Jerry sale sul camion portando<br />

in braccio il corpo di Angela<br />

(Carla Del Poggio), che è<br />

stata ferita a morte da una pallottola<br />

sparata dal Sordo, uno<br />

degli uomini della banda di<br />

Pierluigi (Pierre Claudé, pseudonimo<br />

sotto il quale si nasconde<br />

il direttore dell’Hotel<br />

Majestic di Roma, nella sua<br />

unica interpretazione cinematografica),<br />

accorsi per recuperare<br />

i soldi dei quali il sottufficiale<br />

si era appropriato. La<br />

sparatoria ha luogo all’alba a<br />

Marina di Pisa, davanti alla<br />

chiesa di Santa Maria Assunta,<br />

e il mezzo pesante parte in<br />

direzione nord, per poi ricomparire<br />

nella scena successiva<br />

una trentina di chilometri a<br />

sud, percorrendo l’Aurelia dal<br />

Romito verso Livorno (riconoscibile<br />

il ristorante “Il Sassoscritto”)<br />

fino al tragico volo<br />

finale poco prima di Calafuria.<br />

E anche in queste inquadrature<br />

c’è qualcosa da sottolineare:<br />

facendo attenzione,<br />

poco prima che il Dodge sfondi<br />

il parapetto, si può notare<br />

che la luce filtra dalle prese<br />

d’aria laterali del cofano, perché<br />

non c’è il motore. Avendo<br />

a disposizione solo un tentativo<br />

per riprendere il camion<br />

che precipita, Lattuada sceglie<br />

di usare due macchine da<br />

presa: una posizionata in<br />

mare, presumibilmente a bordo<br />

di un rimorchiatore, e<br />

un’altra a lato della strada, per<br />

offrire un secondo punto di<br />

vista. E probabile che a dirigere<br />

una delle due unità ci sia<br />

Federico Fellini, autore della<br />

sceneggiatura assieme a Tullio<br />

Pinelli e aiuto-regista.<br />

Guardando in alto a sinistra,<br />

nelle inquadrature riprese dalla<br />

troupe imbarcata, è possibile<br />

vedere la seconda unità, cinepresa<br />

compresa, nascosta fra<br />

i cespugli. Sempre facendoci<br />

caso, si scopre anche che le<br />

riprese hanno avuto luogo a<br />

pomeriggio inoltrato perché la<br />

luce del sole viene dal mare<br />

(e non da est come avrebbe<br />

dovuto essere dato che è da<br />

poco passata l’alba).<br />

Altri veicoli ancora hanno dato<br />

L’auto di Alberto Lupo, protagonista in “Seddok l’erede di Satana”, si ferma per una breve sosta<br />

proprio accanto al ristorante Il Romito.<br />

vita a corse, inseguimenti e incidenti<br />

cinematografici lungo<br />

i chilometri che uniscono Antignano<br />

a Quercianella. Nel<br />

1953 tocca a una jeep della<br />

polizia dare la caccia al taxi a<br />

bordo del quale due truffatori<br />

(Enrico Viarisio e Alda Mangini)<br />

stanno scappando dopo<br />

avere imbrogliato due reduci,<br />

uno tedesco e uno americano,<br />

innamorati della ragazza, ritratta<br />

in un quadro affisso al<br />

muro della villa che avevano<br />

occupato durante la guerra, e<br />

che aveva le sembianze di<br />

Sofia Loren. Il film, “Pellegrini<br />

d’Amore” era diretto da<br />

Andrea Forzano, uno dei figli<br />

di Giovacchino, il fondatore<br />

degli studi Pisorno, e offrì<br />

anche l’unica occasione di vedere<br />

sul grande schermo Beppe<br />

Orlandi, stella del teatro<br />

vernacolare livornese, nel ruolo<br />

en travesti della cameriera<br />

Cleofe.<br />

I furfanti spariscono nel nulla<br />

e la jeep torna indietro costeggiando<br />

Castel Boccale. Nel<br />

1960 ci sono grandi cambiamenti:<br />

viene aperto al traffico<br />

il ponte di Calignaia e, poco<br />

dopo, inizia l’attività anche il<br />

ristorante “Il Romito”. Li vediamo,<br />

con ancora da togliere<br />

impalcature e ponteggi, in<br />

“Seddok l’erede di Satana”,<br />

un film horror del 1960 diretto<br />

da Anton Giulio Majano<br />

ed avente come protagonista<br />

Alberto Lupo coi capelli<br />

curiosamente decolorati.<br />


▲▲▲<br />

▲<br />

LIVORNOnonstop<br />

12<br />

cinema<br />

L’auto guidata dal futuro<br />

dottor Manson della “Cittadella”<br />

(sceneggiato televisivo del<br />

1964 dove i due lavorarono<br />

nuovamente insieme) si ferma<br />

per una breve sosta proprio<br />

accanto al ristorante.<br />

Tre anni prima (1957), invece,<br />

in “Arrivederci Roma”,<br />

con Mario Lanza e Marisa Allasio,<br />

è la Torre di Calafuria a<br />

comparire per pochi secondi<br />

in una delle scene iniziali: il<br />

treno a bordo del quale il protagonista<br />

si sta recando nella<br />

capitale passa sul ponte della<br />

ferrovia, proprio lì accanto.<br />

E siamo giunti al 1963 con il<br />

famoso “Il Sorpasso”. Annunciata<br />

dallo squillo del suo<br />

potentissimo clacson tritonale,<br />

arriva la Lancia Aurelia Spider<br />

B 24 che ha ingaggiato una<br />

▲<br />

gara con una Fiat 2300<br />

coupé. In una sequenza coinvolgente,<br />

al punto che diventa<br />

difficile notare i numerosi<br />

errori di montaggio, le due<br />

auto in competizione arrivano<br />

quasi fino a Calafuria (si<br />

vede la Torre, in lontananza):<br />

La locandina del film “Il Sorpasso” e la Lancia Aurelia Spider con V.<br />

Gassman e J.L. Trintignant sul Romito poco prima del triste epilogo.<br />

Bruno (Vittorio Gassman), a<br />

Castiglioncello aveva promesso<br />

a Roberto (Jean-Louis<br />

Trintignant) di portarlo lì, per<br />

mangiare “una zuppa di pesce<br />

che è la fine del mondo”,<br />

ma per l’arrivo di un camion<br />

in direzione opposta, proprio<br />

quando la Lancia stava riuscendo<br />

a sorpassare la Fiat,<br />

Bruno non può che buttarsi<br />

fuori strada nel tentativo di<br />

evitare lo scontro ma la spider<br />

precipita con a bordo il suo<br />

giovane amico che perde la<br />

vita.<br />


▲▲▲<br />

▲<br />

cinema<br />

13<br />

LIVORNOnonstop<br />

Dicevamo degli errori: i<br />

tempi sono stati volutamente<br />

dilatati per rendere la scena più<br />

emozionante, ma a un occhio<br />

attento non può sfuggire che<br />

nelle inquadrature girate con la<br />

macchina da presa sul cofano,<br />

puntata verso gli attori, alle loro<br />

spalle si intravede un paesaggio<br />

ben diverso da quello del<br />

Romito. L’Aurelia passa davanti<br />

al cartello “Sassoscritto”<br />

per ben tre volte e, questo lo<br />

si nota appena appena, non è<br />

la spider Lancia a precipitare<br />

di sotto ma una Siata 1400 cabriolet<br />

recuperata presso qualche<br />

sfasciacarrozze.<br />

Un’altra curiosità riguardante<br />

questo film è che sono state<br />

utilizzate tre autovetture diverse,<br />

oltretutto nemmeno dello<br />

stesso colore, sfruttando il fatto<br />

che la pellicola era in bianco<br />

e nero. La scena finale del<br />

“Sorpasso” compare anche<br />

nel televisore di Giancarlo<br />

Giannini, protagonista di “Tredici<br />

a tavola”, è il suo film preferito<br />

e più avanti la rivivrà, distratto<br />

dai ricordi mentre sta<br />

guidando lungo la SS.206 e finendo<br />

fuori strada al volante,<br />

stavolta, di un’Alfa Romeo.<br />

“Escalation”, girato nel 1968,<br />

opera prima di Roberto Faenza,<br />

ci mostra una Topolino<br />

Giardiniera arrivare alle vecchie<br />

cave di pietra serena, dietro<br />

al ponte di Calignaia. C’è<br />

una sorta di sequestro di persona<br />

in atto: il giovane Luca<br />

Lambertenghi (Lino Capolicchio)<br />

figlio del ricchissimo industriale<br />

Augusto (Gabriele<br />

▲<br />

Ferzetti), preferisce vivere tra<br />

gli hippy sognando l’India invece<br />

di lavorare nell’azienda<br />

di famiglia: il padre lo fa rapire<br />

da una donna travestita da<br />

monaca buddista (Didi Perego)<br />

che assieme a dei complici<br />

lo carica nel vano bagagli<br />

dell’utilitaria per poi, avendolo<br />

chiuso dentro un baule, trasbordarlo<br />

dentro un’altra auto<br />

proprio nel piazzale della cava,<br />

e da lì arrivare in una sorta di<br />

clinica, a Quercianella in via<br />

C. Colombo, all’angolo con<br />

l’Aurelia, dove verrà sottoposto<br />

al lavaggio del cervello.<br />

Evidentemente quella è una<br />

strada che si presta ai rapimenti.<br />

Nel film “Sfida sul fondo”<br />

di Melchiade Coletti, che è del<br />

1976, una banda di delinquenti<br />

che vuole mettere le mani sul<br />

brevetto di un sottomarino ta-<br />

Da sinistra: le locandine dei<br />

film “Sida sul fondo”, “Escalation”<br />

e “Viaggio con Anita”.<br />

scabile rapisce il figlio dell’industriale<br />

che sta producendo<br />

il prototipo. I sequestratori si<br />

fingono infermieri e, riusciti<br />

a entrare nella casa di cura<br />

dove era ricoverato, prelevano<br />

il ragazzino caricandolo su<br />

un’ambulanza della Misericordia<br />

e, dopo aver imboccato il<br />

tratto di Variante Aurelia allora<br />

in costruzione tra Quercianella<br />

e Rosignano, pren-<br />

▲<br />

La locandina di “Trdici a tavola”.


▲▲▲<br />

▲<br />

LIVORNOnonstop<br />

14<br />

dere Calignaia: si tratta di “Il<br />

talento di Mr. Ripley”, diretto<br />

nel 2000 da Anthony Minghella.<br />

Anche in questo caso<br />

c’è un viaggio in treno, da<br />

Roma a Sanremo, e per alcuni<br />

secondi vediamo il convoglio<br />

attraversare il ponte. Su<br />

quello di Calafuria, invece,<br />

prende il via una delle scene<br />

più drammatiche del film di<br />

Paolo Virzì “La pazza gioia”<br />

(2016). Donatella (Micaela<br />

Ramazzotti), scesa dal pullman<br />

assieme al figlio tenuto<br />

nel passeggino, arriva a metà<br />

del ponte e decide di gettarsi<br />

giù assieme al bimbo.<br />

E adesso, dopo aver parlato<br />

delle scene che abbiamo visto,<br />

non ci resta di parlare di quelle<br />

che avremmo potuto vedere.<br />

Nel 1957 una serie di telefilm<br />

americani intitolata “Capitan<br />

Gallant”, che fino ad<br />

allora veniva girata in Marocco,<br />

dato che raccontava le gesta<br />

di una compagnia di militari<br />

della Legione Straniera acquartierata<br />

in un fortino nel<br />

deserto, decise per varie ragioni<br />

di trasferire la sede delle<br />

riprese. La scelta cadde sugli<br />

studi Pisorno e la lavorazione<br />

proseguì fino all’ultimo episodio<br />

senza problemi. Il produttore,<br />

Harry Saltzman, secondo<br />

quello che mi è stato raccontato,<br />

stava iniziando a concepire<br />

l’idea di produrre un<br />

film basato sul personaggio<br />

creato da Ian Fleming: James<br />

Bond, l’Agente 007. Offrì a<br />

Giovacchino Forzano, al-<br />

cinema<br />

La locandina di “È arrivato mio<br />

fratello” e la BMW che sbanda<br />

e precipita sulla scogliera nei<br />

pressi del Castel Boccale.<br />

▲<br />

La locandina del film “La pazza gioia” e il pullman dove scende<br />

Donatella (Micaela Ramazzotti) assieme al figlioletto, con l’intenzione<br />

di buttarsi giù dal ponte di Calafuria.<br />

Le locandine dei film “Il talento di Mr. Ripley” e “Capitan<br />

Gallant”.<br />

dono la prima traversa e si<br />

ritrovano anch’essi alla cava<br />

di Calignaia. Non finisce qui,<br />

perché il loro nascondiglio<br />

(una grotta sottomarina) viene<br />

scoperto dallo zio (Enzo<br />

Maiorca) del ragazzo che, tuffandosi<br />

e raggiungendolo in<br />

apnea, riesce a liberarlo e a consegnare<br />

i malviventi ai carabinieri,<br />

intervenuti con elicotteri<br />

e motovedette tra il famoso<br />

ponte e il Castel Sonnino.<br />

La Variante fa da sfondo anche<br />

a una scena del film di<br />

Mario Monicelli “Viaggio con<br />

Anita” (1984). Nella finzione<br />

scenica ci si trova nei pressi<br />

di Orbetello e Anita (Goldie<br />

Hawn), che è in macchina assieme<br />

a Guido (Giancarlo<br />

Giannini) causa un maxi-tamponamento<br />

che blocca il viadotto<br />

“Arancio”. Da notare,<br />

anche in questo caso, un curioso<br />

errore di ripresa dato<br />

che i due si stanno recando<br />

da Roma a Rosignano Solvay<br />

ma nella scena dell’incidente<br />

hanno il mare alla loro destra<br />

anziché a sinistra, come dovrebbe<br />

essere viaggiando in<br />

direzione nord.<br />

Nel 1984 in “E’ arrivato mio<br />

fratello”, di Castellano & Pipolo,<br />

lungo un percorso completamente<br />

stravolto dal montaggio<br />

cinematografico (inizia<br />

sul Romito e, con le auto sempre<br />

dirette verso sud, arriva<br />

fino al Boccale) si chiude la<br />

serie dei “voli dalla scogliera”<br />

con la BMW dei “cattivi” che<br />

dà la caccia alla vecchia Fiat<br />

1400 cabriolet di Ovidio Ceciotti<br />

(Renato Pozzetto). Lui<br />

e la soubrette Esmeralda (Carin<br />

Mc Donald) stanno festeggiando<br />

il successo avuto al<br />

pianobar e la bottiglia vuota<br />

di champagne gettata all’indietro<br />

centra il parabrezza dell’auto<br />

inseguitrice che, con<br />

Castel Boccale sullo sfondo,<br />

sbanda e precipita giù.<br />

Un altro film straniero, per pochi<br />

secondi, ci fa ancora ve-<br />

l’epoca ancora proprietario<br />

dello stabilimento, di acquistare<br />

tutta la struttura ma, nonostante<br />

i gravi problemi economici,<br />

non fu possibile raggiungere<br />

un accordo.<br />

Saltzman quindi, creato il sodalizio<br />

con Albert Broccoli,<br />

decise di cercare altrove e trovò<br />

finalmente la location adatta<br />

in Inghilterra, presso gli studi<br />

cinematografici Pinewood,<br />

vicino Londra. Viene da domandarsi<br />

cosa sarebbe successo<br />

se i film da “Licenza<br />

di uccidere” in poi fossero<br />

stati girati a Tirrenia. Ci sarebbe<br />

stato probabilmente un<br />

maggior ritorno economico e,<br />

chissà, qualche scena di inseguimento<br />

con la mitica<br />

Aston Martin DB5 come protagonista<br />

avrebbe avuto luogo<br />

proprio sulle stesse strade<br />

dove abbiamo visto girare altri<br />

film con altre autovetture.<br />

La locandina del film “Agente<br />

007 - Licenza di uccidere” con<br />

Sean Connery e Ursula Andress.


▲▲▲<br />

▲<br />

narrativa<br />

Livorno<br />

città<br />

rivoluzionaria<br />

di Aldo Santini<br />

tratto da “Toscani contro toscani<br />

- Viaggio tra rancori e le<br />

inimicizie del popolo più litigioso<br />

d’Italia”, Maria Pacini<br />

Fazzi editore, 1998 (qui sotto la<br />

copertina).<br />

Livorno è in Toscana ma ha<br />

poco di toscano. Nel senso<br />

che, essendo la città più nuova<br />

della Toscana, non ha vissuto<br />

il periodo dei Comuni,<br />

dei Guelfi e dei Ghibellini, non<br />

Le belle pagine<br />

Stralci di testi di autori, livornesi<br />

e non, che hanno decantato la bellezza<br />

o il carattere della nostra città<br />

15<br />

ha partecipato alle sanguinose<br />

guerre del Medioevo, non<br />

è stata contaminata dall’odio,<br />

non ha mai alimentato il fuoco<br />

della vendetta. Oltretutto<br />

è una città inventata. I Medici<br />

l’hanno costruita dal nulla<br />

per sostituire il Porto Pisano<br />

ormai interrato, per creare<br />

uno scalo marittimo d’avanguardia<br />

che incrementasse il<br />

suo import-export europeo.<br />

Inventata Livorno e inventati<br />

anche l livornesi. Cosa ci<br />

dobbiamo aspettare, dunque,<br />

da una cittadinanza priva di<br />

tradizioni, tanto eterogenea,<br />

dura di pelle e dal passato<br />

oscuro, senza babbo né mamma?<br />

Nessuna raffinatezza,<br />

ALDO SANTINI (Livorno 5 luglio 1922 - 3 agosto 2011) - Nacque in<br />

piazza Santi Pietro e Paolo. È considerato lo scrittore che più ha<br />

dedicato se stesso all’illustrazione di tradizioni, vicende, personaggi e<br />

curiosità della sua Livorno. Ma è stato anche un grande giornalista di<br />

razza, un uomo di vasti orizzonti impostosi a livello nazionale. Dopo gli<br />

esordi nel 1945 al Tirreno, è approdato nei primi anni ’60 a<br />

L’Europeo,uno dei più popolari settimanali dell’epoca, dove, come inviato,<br />

ha seguito per decenni tutti gli avvenimenti più importanti d’Italia<br />

e del mondo. Ha concluso la sua carriera nuovamente al Tirreno e l’ultimo suo pezzo<br />

“Com’era livornese la mia via Grande” lo ha scritto il 3 luglio 2011. Un mese prima (il 10<br />

giugno) aveva ricevuto dalle mani del sindaco Alessandro Cosimi la Livornina d’oro, la<br />

massima onorificenza cittadina, con la seguente motivazione: “Ad Aldo Santini, per<br />

avere, come giornalista e scrittore di vasti orizzonti, illustrato la sua Livorno con<br />

sagacia e amore”. Scrittore facondo e prolifico (ha vinto anche il premio Campiello) ha<br />

lasciato decine di libri, tra cui Livorno Ammiraglia. Cento anni di Accademia Navale<br />

(Belforte, 1981), Nuvolari (Rizzoli, 1983), Mascagni: viva e abbasso (Belforte, 1985),<br />

Modigliani (Rizzoli, 1987), Tombolo (Rizzoli, 1990), Costanzo Ciano, il ganascia del fascismo<br />

(Camunia, 1993). Numerosi anche i testi di gastronomia (critico e autocritico ha<br />

messo in discussione persino un dogma come quello del cacciucco). Le ultime sue<br />

fatiche letterarie sono state “Alla scoperta di Livorno e dei livornesi in 44 ritratti” (2009,<br />

Debatte editore) e “Dalla memoria di un inviato” (2011, Il Tirreno). E’ scomparso nella sua<br />

abitazione di via Marradi 104, il cui studio aveva trasformato in uno sterminato e prezioso<br />

archivio di testi e immagini che ne ripercorrevano i sessant’anni di professione.<br />

LIVORNOnonstop<br />

questo è il minimo, nessun rispetto<br />

per il galateo e per il<br />

codice, nessun birignao intellettuale.<br />

Ma anche nessuna<br />

complicità con i toscani. Nei<br />

livornesi non troverete nessuno<br />

dei molti veleni distillati dal<br />

fegato dei toscani.<br />

I livornesi li conoscono bene<br />

i toscani. E li tengono alla larga.<br />

Fiorentini e senesi, lucchesi e<br />

pisani, pistoiesi e aretini, pur<br />

così diversi tra loro, hanno in<br />

comune pregi solenni e difetti<br />

capitali. Sono ricchi di fosforo<br />

ma avari di borsa e di<br />

sentimenti. Sono acuti ma ingenerosi,<br />

vendicativi, crudeli,<br />

di una crudeltà meditata, studiata.<br />

Sono intelligenti ma<br />

agri. Spesso sono gonfi di invidia,<br />

di superbia. L’ipocrisia<br />

è la loro costante più solida.<br />

Parlano, parlano, in un vernacolo<br />

sciagurato, pronti a<br />

vendersi l’anima per una battuta<br />

all’acido prussico, tanto<br />

da sembrare i campioni della<br />

sincerità, e invece non dicono<br />

mai quel che pensano davvero.<br />

E mentre fingono di riverirti,<br />

un sorrisino pigliangiro<br />

si stampa sulla loro faccia.<br />

Ci deve essere bene una ragione<br />

se i toscani stanno sulle<br />

scatole a tutti, in Italia. Non<br />

sarà esclusivamente per la<br />

loro prontezza e la loro furbizia,<br />

o per il nero seppia che<br />

hanno in bocca.<br />

I livornesi sono tutto il contrario<br />

dei toscani. Utili ai fiorentini<br />

ma tenuti fuori dell’uscio<br />

per le loro origini bastarde,<br />

considerati di serie C<br />

dai pisani ebbri d’orgoglio per<br />

la loro storia, i loro monumenti<br />

e la loro università,<br />

guardati con diffidenza dai<br />

lucchesi apparentemente<br />

troppo pii per esserlo davvero,<br />

e con timore dai senesi<br />

che esibiscono modi troppo<br />

affettati per mescolarsi con<br />

trucibaldi della loro caratura,<br />

i livornesi hanno imparato<br />


▲▲▲<br />

▲<br />

LIVORNOnonstop<br />

16<br />

narrativa<br />

Una tessera del Partito Comunista<br />

Italiano del 1950.<br />

Mons. Emilio Guano (Genova1900<br />

- 1970, vescovo di Livorno<br />

dal 1962 al 1970.<br />

Furio Diaz (Livorno 1916 - 2011),<br />

Sindaco di Livorno dal 1944 al<br />

1954.<br />

Nicola Badaloni (Livorno 1924 -<br />

2005, Sindaco di Livorno dal 1954<br />

al 1966.<br />

a proprie spese, fin dall’inizio,<br />

cosa significa essere<br />

gli ultimi dei toscani. E hanno<br />

finito per considerarsi non toscani.<br />

Perché questo? Ma perché,<br />

a differenza dei toscani, i livornesi<br />

hanno le mani bucate,<br />

e non sono capaci di nascondere<br />

le loro simpatie e in<br />

primo luogo le antipatie. Perché<br />

dicono sempre ciò che<br />

pensano, a voce alta. Perché<br />

urlano invece di parlare. Perché<br />

non fingono di essere colti<br />

o istruiti: ostentano anzi la loro<br />

ignoranza, la loro volgarità. E<br />

perché minacciano sempredi<br />

romperti qui e di romperti là,<br />

e prima di lasciar partire una<br />

sventola danno il tempo ai<br />

testimoni di mettersi in mezzo.<br />

Perché sono dei ribelli<br />

nati, e in unaToscana plebea,<br />

contadina, sono stati i primi<br />

proletari. Esoprattutto perché<br />

sono arrivati con troppi secoli<br />

di ritardo nella turbolenta famiglia<br />

toscana.<br />

I livornesi si sono sentiti coslì<br />

lontani dai fiorentini e dai senesi,<br />

dai pisani e dai lucchesi,<br />

per tacere dei pistoiesi e degli<br />

aretini, da considerarsi livornesi<br />

e basta: non toscani.<br />

Peccato d’orgoglio? È probabile.<br />

Ma rimane il fatto che i<br />

livornesi d’oggigiorno, pur<br />

non essendo più i livornesi<br />

chiamati da ogni parte della<br />

penisola e del Mediterraneo<br />

▲<br />

a farsi il mazzo tra le paludi<br />

malariche della città da costruire<br />

ex novo, dicono ancora<br />

che la loro piccola patria<br />

è la meno toscana di tutta la<br />

Toscana. O meglio: non è toscana<br />

affatto. E appartenendo,<br />

geograficamente alla Toscana,<br />

essendo il suo unico<br />

porto di respiro internazionale,<br />

e la sua seconda città per<br />

grandezza se non più per importanza,<br />

Livorno dà alla Toscana<br />

un carattere che toscano<br />

non è. E dalla Toscana riceve<br />

una matrice che non è<br />

la propria.<br />

La Toscana è una cosa e Livorno<br />

un’altra. E ciò confonde<br />

le idee ai lombardi o ai<br />

veneziani o ai piemontesi, che<br />

magari hanno in uggia Livorno<br />

per la sua truculenza verbosa,<br />

e pensano a torto che<br />

i toscani siano tutti come loro,<br />

o magari hanno in uggia i toscani<br />

perché danno a tutti del<br />

bischero, si credono bravi e<br />

capaci solo loro, e di conseguenza<br />

pensano a torto che<br />

questi siano dei difetti comuni<br />

anche ai livornesi.<br />

Ora Livorno, oltre ad essere<br />

l’unica città “americana” (o<br />

“australiana”?) del Mediterraneo,<br />

nel senso che è una<br />

città da Nuova Frontiera costruita<br />

e popolata da un esercito<br />

di pionieri, di emigranti<br />

di ogni razza e colore, e di<br />

avanzi di galera, oltre ad avere<br />

un fondo libertario e autoritario<br />

insieme, ma sempre<br />

una città d’ordme, e nello<br />

stesso tempo pugnace, protestataria<br />

per vocazione, è in<br />

primo luogo una città eternamente<br />

sopra le righe: una<br />

Tarascona aizzata dal libeccio,<br />

che trova il suo genio<br />

nella dismisura, nell’iperbole.<br />

Lo scrittore Carlo Coccioli,<br />

che vide la luce a Livorno,<br />

afferma che Livorno somiglia<br />

al gran capo pellerossa di<br />

Jean Cocteau per cui “a little<br />

too much is just enough for<br />

me”. A Livorno tutto avviene<br />

e va fatto un “pochino<br />

troppo”. Di qui il fervore livornese<br />

che si traduce in brillantezza<br />

ed esagerazione.<br />

Brilla il mare dell’Ardenza<br />

che, a sentire i livornesi, non<br />

è uguale a nessun altro. Brilla<br />

il porto che è (o è stato?) il<br />

Carlo Coccioli (Livorno 1920 -<br />

Città del Messico 2003), scrittore.<br />

più rapido e il più assatanato<br />

d’Italia. Brillano i Quattro<br />

Mori che te temoniano la benemerenza<br />

di Livorno nella<br />

difesa della civiltà europea.<br />

Brilla (o ha brillato?) perfino<br />

il partito comunista per aver<br />

realizzato con molti anni di<br />

anticipo, proprio a Livorno, il<br />

compromesso storico (Guano<br />

fu chiamato il vescovo<br />

rosso) che dette le vertigini<br />

alla prima Repubblica, e per<br />

aver portato sulla poltrona di<br />

sindaco, trent’anni prima di<br />

Roma (Argan), una testa<br />

d’uovo, Furio Diaz, seguito da<br />

un’altra testa d’uovo, Nicola<br />

Badaloni, che dettero all’amministrazione<br />

della sinistra il<br />

suggello tranquillizzante della<br />

cultura. Tranquillizzante<br />

per la borghesia.<br />

E l’esagerazione, o meglio la<br />

dismisura; è la regola primaria<br />

del livornese.<br />

Non parla: grida. Non discute:<br />

aggredisce. Non accenna:<br />

gesticola. Non ama: perde la<br />

testa. Non passeggia: si esibisce.<br />

Non mangia: si abbuffa.<br />

Non investe: spende per<br />

godersi il proprio denaro. Ma<br />

non spende: sciala.<br />

Ecco allora le trattorie e i ristoranti<br />

sempre pieni di livornesi<br />

che bisbocciano. Ecco i<br />

negozi di abbigliamento, di<br />

alimentari, ma anche le librerie,<br />

con i fatturati in verticale,<br />

esclusi s’intende i pe-<br />


▲▲▲<br />

▲<br />

narrativa<br />

17<br />

LIVORNOnonstop<br />

Alcuni striscioni “coloriti” dei tifosi livornesi nei confronti di quelli pisani.<br />

riodi delle vacche magre.<br />

Ecco il fiorire dei negozi di<br />

mobili, delle agenzie bancarie,<br />

dei supermarket, dei grandi<br />

magazzini dedicati ai nuovissimi<br />

consumi: musica e film<br />

in cassetta (sottobanco quelli<br />

a luce rossa).<br />

I sociologi bollano questo<br />

scialo con una sentenza di<br />

consumismo dissennato. Ma<br />

sono davvero dissennati i livornesi?<br />

O hanno invece la<br />

saggezza di rendere più pratiche<br />

e più comode le loro<br />

case? E di godersi, quando è<br />

possibile, il frutto del lavoro,<br />

di prendersi la rivincita su secoli<br />

di angustie, di fame, di limitazioni,<br />

di umiliazioni?<br />

La loro è una saggezza che,<br />

nel dopoguerra, ha portato la<br />

città più comunista d’Italia a<br />

collaborare con i militari Usa,<br />

mettendo in pace la propria<br />

coscienza politica con giganteschi<br />

“Go home” pitturati sui<br />

muri, quando ancora non esistevano<br />

le vernici spray.<br />

La stessa saggezza che negli<br />

anni Cinquanta, accanto alla<br />

scritta “Via il dollaro”, apparsa<br />

sull’edificio che in piazza<br />

Grande ospitava il comando<br />

▲<br />

americano, fece aggiungere<br />

a una mano ignota, strepitosamente<br />

livornese: “Ce ne<br />

fussero”.<br />

Dovrebbe essere un sociologo<br />

dalle lunghe antenne sensoriali<br />

affinate dall’esperienza,<br />

oltre che dalla cultura (ma<br />

ce ne sono?), a spiegarci se<br />

questa realpolitik nasce dalle<br />

esigenze di una città fondata<br />

sul rigore e sulla durezza,<br />

su un rapporto spietato tra<br />

i risultati da ottenere e le forze<br />

da impiegare, o dall’intelligenza<br />

pratica di una popolazione<br />

che nasconde la sua<br />

flessibili tà, o il suo cinismo,<br />

chiamatelo pure così, sotto<br />

un’esuberanza vulcanica e<br />

sgangherata, plateale.<br />

Forse la verità sta nel mezzo.<br />

Sta nel legame profondo,<br />

addirittura viscerale, che tiene<br />

uniti i livornesi, anche i più<br />

estroversi e i più trucibaldi,<br />

all’anima della loro città, tersa<br />

e concreta come un osso<br />

di seppia levigato dal mare,<br />

dal vento, dal sole, dalla sua<br />

storia breve ma intensa.<br />

Una storia che ha messo la<br />

città nata dal nulla, ogni giorno,<br />

faccia a faccia con gli interessi<br />

toscani. Un confronto<br />

estremamente positivo, tutto<br />

considerato, e spesso colorito.<br />

Ma talvolta sgradevole.<br />

Colorito, per esempio, è il<br />

confronto tra Livorno e Pisa.<br />

Ho già avuto modo di puntualizzare<br />

che il detto livomese<br />

“meglio un morto in casa<br />

che un pisano all’uscio”, subito<br />

replicato dai pisani, con<br />

totale mancanza di spirito,<br />

nella versione “meglio un<br />

morto in casa che un livornese<br />

all’uscio”, Livorno lo ha<br />

ricevuto in prestito, o in affitto,<br />

da Lucca.<br />

Erano i lucchesi che, periodicamente<br />

invasi, assediati,<br />

perseguitati dalle feroci milizie<br />

della gloriosa repubblica<br />

pisana, avevano tutte le ragioni<br />

di augurarsi “meglio un<br />

morto in casa che un pisano<br />

all’uscio” perché un pisano<br />

all’uscio, armato di mazza<br />

ferrata, di spadone, di pugnale<br />

eccetera eccetera, che poi<br />

non era mai un pisano solo,<br />

ma dieci, cento, mille pisani<br />

scatenati dal dio della guerra,<br />

equivaleva a una strage<br />

sicura: bambini sgozzati, uomini<br />

trafitti o ridotti in cate-<br />

ne, donne violentate, giovani<br />

o anziane non faceva differenza.<br />

I pisani hanno sempre guardato<br />

i livornesi con simpatia.<br />

E insieme con sospetto. Si stimano<br />

superiori per tradizioni<br />

e per cultura in genere, però<br />

temono la loro violenza verbale,<br />

la loro carica aggressiva.<br />

Si è parlato a più riprese<br />

di cucire Pisa a Livorno, di<br />

costruire un grande stadio all’altezza<br />

di Tirrenia perché<br />

serva una domenica ai neroazzurri<br />

e l’altra agli amaranto,<br />

di creare una zona industriale<br />

comune. Ma regolarmente<br />

non se n’è fatto di nulla.<br />

Con i livornesi è difficile<br />

andare d’accordo. Con i pisani<br />

è difficile capire come<br />

la pensano. Livornesi e pisani<br />

se le sono anche suonate,<br />

tutte le volte che c’è stato un<br />

derby tra le loro squadre di<br />

calcio. Ma senza odio. Lealmente.<br />

Archiviati i pugni, i<br />

pisani continuano a non digerire<br />

la mania di grandezza dei<br />

livornesi, e i livornesi con un<br />

minimo di letture al proprio<br />

attivo, ripetono il giudizio di<br />

Luciano Bianciardi, lo scrittore<br />

maremmano: “i pisani<br />

tengono le chiappe strette”.<br />

E rincarano la dose citando<br />

una testimonianza di Giuseppe<br />

Viviani, il grande artista<br />

nato a Marina di Pisa,<br />

▲<br />

Giuseppe Viviani (S. Giuliano Terme<br />

(PI) 1898 – Pisa 1965), scultore.


▲▲▲<br />

▲<br />

LIVORNOnonstop<br />

18<br />

narrativa<br />

Le cee, condite con il parmigiano, è una prelibatezza della cucina livornese.<br />

A Pisa, invece, le condivano con il pangrattato...<br />

che si sentiva pisano, che<br />

a Pisa ha dedicato le sue incisioni<br />

più belle, il quale diceva<br />

che, un tempo, i pisani<br />

condivano le cee non con il<br />

formaggio ma con il pangrattato,<br />

per risparmiare. Viviani<br />

non era apprezzaro dai pisani.<br />

E dopo la sua morte i pisani<br />

continuano a tenerlo nell’ombra.<br />

Viviani preferiva Livorno<br />

a Pisa perché sentiva<br />

sua amica, perché da Livorno<br />

ebbe le risposte che Pisa<br />

non gli dette. Anche questo<br />

la dice lunga sul carattere<br />

delle due città.<br />

E per comprendere sino in<br />

fondo Livorno bisogna interrogare<br />

i livornesi su Firenze.<br />

▲<br />

Per la prima volta li vedrete<br />

pesare le parole. Mi riferisco<br />

ai livornesi capaci di esprimere<br />

il sentimento profondo<br />

della città, digitando la tastiera<br />

della memoria. I livornesi<br />

ammirano Firenze. Sanno di<br />

essere nati da una costola di<br />

Firenze. Si levano tanto di<br />

cappello in onore della civiltà,<br />

della storia, dell'importanza<br />

artistica di Firenze. Sono<br />

pronti a farsi in quattro per<br />

soccorrerla nel caso di un’alluvione,<br />

o a solidarizzare con<br />

lei se un attentato la sconvolge<br />

e la ferisce.<br />

Ma non si fidano. La loro è<br />

una diffidenza che ha le radici<br />

in un passato nemmeno<br />

Una cartolina commemorativa del 50° anniversario della Difesa di Livorno (10-11 maggio 1849 - 1899).<br />

Il Gonfalone della Città di Livorno.<br />

troppo lontano. I non molti livornesi<br />

colti lo ricordano<br />

bene.<br />

Primavera 1849. Il granduca<br />

Leopoldo II detto “Canapone”,<br />

che nel febbraio, per la<br />

situazione esplosiva provocata<br />

dall’insuccesso nella guerra<br />

d’Indipendenza e dalla caduta<br />

in Toscana del governo<br />

liberale, è stato costretto ad<br />

abbandonare Firenze rifugiandosi<br />

a Gaeta, vuol tornare<br />

sul trono con l’aiuto militare<br />

del suo paese, l’Austria.<br />

Lo applaudono i moderati che<br />

hanno il loro rappresentante<br />

più illustre nel barone Bettino<br />

Ricasoli, eletto deputato<br />

un anno prima. La Toscana,<br />

che aveva inneggiato alla libertà,<br />

si riprende “Canapone”<br />

senza fiatare. Solo Livorno,<br />

da cui era partita la libecciata<br />

rivoluzionaria, si oppone<br />

alla restaurazione fin dal 13<br />

aprile. Le truppe granducali<br />

cominciano ad affluire verso<br />

Livorno. L’assedio ha inizio.<br />

I primi scontri avvengono il<br />

25 aprile. Ma per piegare la<br />

fiera resistenza di Livorno è<br />

necessario l’intervento dei<br />

16mila soldati dell’esercito<br />

austriaco guidati dal generale<br />

D’Aspre. Il 10 e l’11 maggio,<br />

dopo un intenso cannoneggiamento,<br />

e mentre il<br />

campanone del comune suona<br />

a stormo, gli austriaci entrano<br />

dalla porta di San Marco,<br />

occupano strada per strada,<br />

quartiere per quartiere,<br />

uccidono, fucilano, saccheggiano.<br />

Dal Calambrone, con<br />

un cannocchiale, Ricasoli segue<br />

l’assedio e lo sfondamento<br />

delle mura e nel suo “Diario”<br />

parla del “popolaccio livornese<br />

conosciuto per antica<br />

corruzione e guastato da<br />

ciurmatori politici”.<br />

La coscienza democratica e<br />

l’eroismo del “popolaccio livornese”<br />

e dei “ciurmatori<br />

politici” verranno ufficialmente<br />

riconosciuti dal governo<br />

nazionale solo nel 1906, con<br />

la medaglia d’oro concessa al<br />

gonfalone comunale.<br />

Questo spiega a sufficienza<br />

perché la giovane Livorno si<br />

sente diversa dalle altre città<br />

toscane, chiaramente spompate<br />

da tutte le guerre sostenute<br />

sotto le bandiere dei<br />

Ghibellini e dei Guelfi. E perché<br />

Livorno, consapevolmente<br />

o meno, pur ammirandola,<br />

diffida di Firenze.


▲▲▲<br />

▲<br />

ricordo<br />

19<br />

LIVORNOnonstop<br />

I RICORDI UNA NOSTRA LETTRICE<br />

Salutami<br />

Livorno<br />

A proposito di “Salutami Livolno” il ‘pezzo’ che,<br />

nel numero scorso, ha inaugurato la nuova rubrica<br />

“Le belle pagine”, una nostra lettrice ci ha<br />

inviato il suo racconto, proprio ispirato a quello<br />

di Curzio Malaparte. Si tratta di uno scritto che<br />

ha raccolto nel suo diario e che risale ad alcuni<br />

decenni fa quando lasciò momentaneamente la<br />

sua e la nostra città.<br />

foto Carlo Damari<br />

Durante la lontananza dalla<br />

mia città mi resi conto che<br />

parlando con amici e parenti<br />

terminavo il mio discorso con<br />

queste due parole. La differenza<br />

fra me e il soldatino del racconto<br />

di Malaparte è che io<br />

Livolno la pronuncio e la scrivo<br />

con la erre. Non so quando<br />

e se potrò tornare, allora<br />

ho scritto anch’io questo pezzo<br />

ricordando la mia città.<br />

Salutami la mia città aperta e<br />

ventosa, salutami il largo viale<br />

d’ingresso che dalla stazione<br />

porta nel centro, salutami il<br />

Cisternone con le sue colonne<br />

solenni e le sue stanze misteriose<br />

dove l’acqua sussurra<br />

la sua canzone, salutami S.<br />

Andrea con il suo campanile e<br />

il suo orologio e la strada adiacente<br />

che prima si chiamava<br />

“dei Riseccoli”, salutami l’antico<br />

palazzo de’ Larderel con<br />

la sua bella e maestosa facciata,<br />

che spero prima o poi troveranno<br />

il modo di restaurare,<br />

salutami la piazza della<br />

Repubblica, il mitico Voltone<br />

di Giorgio Caproni, con le due<br />

statue bianche che sembra si<br />

parlino a gesti, salutami la Fortezza<br />

Nuova con le sue mura<br />

rosse, le sue torrette, le sue<br />

gallerie, le sue fetide celle e i<br />

fossi che la circondano a baluardo,<br />

salutami gli scali delle<br />

Cantine, con le sue case<br />

rosa e gialle che si specchiano<br />

nell’acqua, salutami<br />

via degli Avvalorati,<br />

un tempo c’era un teatro<br />

distrutto dalle bombe e<br />

diverse case chiuse, ora<br />

una fila di palazzi moderni<br />

e anonimi.<br />

E già che ci sei entra nella<br />

Venezia, rimarrai incantato<br />

dal fascino dei suoi palazzi antichi,<br />

dagli antiquari di via Borra,<br />

dalle sue chiese, dal vecchio<br />

carcere dei Domenicani<br />

dove avvenivano rocambolesche<br />

evasioni, dai fossi dove<br />

l’acqua stagna e le barche dondolano<br />

pigramente, dai suoi<br />

piccoli ponti e dalle sue cantine,<br />

dagli uomini che passano<br />

il tempo parlando del palio<br />

marinaro o a giocare a carte.<br />

E’ il più bel quartiere di Livorno,<br />

goditelo, apprezzalo, rispettalo.<br />

Poi torna verso via Grande<br />

che ti porterà al Porto, alla<br />

darsena, ai pescherecci e ai<br />

traghetti, alla Fortezza Vecchia,<br />

però fermati ad ammirare i<br />

quattro Mori, il nostro bel<br />

monumento, magari cerca il<br />

punto dove si possono vedere<br />

i quattro nasi contemporaneamente,<br />

esiste, non è una leggenda.<br />

E se continui a camminare ti<br />

verrà incontro l’odore del salmastro<br />

e quello aspro e pungente<br />

delle alghe, scoprirai i<br />

resti del Cantiere Orlando e<br />

immaginerai gli operai in tuta<br />

blu che al suono della sirena<br />

invadevano la piazza affamati<br />

ed era un vociare vivace e<br />

popolano, un continuo richiamo,<br />

una risata, un grugnito<br />

stanco.<br />

Ora ci sono case moderne e<br />

capannoni azzurri, ma chiudi<br />

gli occhi e vai avanti, ecco, ora<br />

riaprili, lo vedi il faro in lontananza,<br />

il fanale? Fa la guardia<br />

all’ingresso del porto e la<br />

notte la sua scia luminosa indica<br />

la strada del mare a chi<br />

vuole entrare o uscire. E ora<br />

cammina lentamente, devi gustare<br />

il viale del lungomare,<br />

respira il profumo dei pini<br />

marittimi, rinfrescati all’ombra<br />

delle querce. E ti troverai alla<br />

Terrazza Mascagni, lì fermati,<br />

affacciati alla spalletta e respira<br />

il mare che batte contro<br />

gli scogli. Ascolta la sua dolce<br />

foto Carlo Damari<br />

musica, ascolta la sua voce,<br />

ascolta il suo richiamo, riempiti<br />

i polmoni della sua salsedine,<br />

ringrazia il Signore dello<br />

spettacolo che ti offre.<br />

Poi potrai proseguire fino alla<br />

piccola chiesa di S, Jacopo,<br />

vedere l’Accademia Navale<br />

oltre i cancelli, ma ora riposati,<br />

sarai stanco, prima di<br />

proseguire lungo la costa.<br />

E salutami Livorno, salutami<br />

il mio mare e se volgi lo<br />

sguardo vedrai un colle con<br />

un campanile. Allora, ti prego,<br />

salutami anche la Madonna<br />

che dall’alto protegge la<br />

città e veglia sui marinai. Dille<br />

che la porto sempre dentro,<br />

dille che la pregherò anche da<br />

lontano.<br />

Spero caro amico che tu abbia<br />

capito ben quello che ti ho<br />

detto, te lo ripeto ancora una<br />

volta, non volermene: “Salutami<br />

Livolno!”.<br />

Grazie.<br />

Manuela Guarducci


▲▲▲<br />

▲<br />

LIVORNOnonstop 20<br />

bagni<br />

cittadini<br />

La (breve) storia degli stabilimenti balneari cittadini e la loro dislocatura<br />

Dai Baretti ai Tirreno<br />

La recente carrellata sugli<br />

stabilimenti balneari di<br />

Edoardo Damari mi offre<br />

lo spunto per tracciare<br />

una breve storia<br />

collettiva, con l’ausilio di<br />

due tabelle (nella pagina<br />

a fianco): la prima<br />

sintetica della cronologia di nascita dei vari<br />

stabilimenti; la seconda della loro dislocazione<br />

sul territorio, numerati in funzione della successione<br />

temporale di costruzione.<br />

Come noto la primogenitura degli stabilimenti<br />

balneari nel Mediterraneo spetta a Livorno<br />

dove un console sardo, nel 1781, fece sorgere<br />

i Bagni Baretti sulla parte della Terrazza<br />

prospiciente i successivi Bagni Trotta: poi<br />

dei Cavalleggeri e quindi Cocchi, lo stabilimento<br />

(n° 1 della tabella dislocazione)<br />

scomparve nel 1872.<br />

L’idea del Baretti ebbe notevole eco perché<br />

le stesse Maria Luisa di Borbone-Spagna<br />

(1782-1824, regina d’Etruria e duchessa di<br />

Lucca), prima, ed Elisa Bonaparte Baciocchi<br />

(1777-1820, principessa di Lucca e Piombino<br />

ed anche granduchessa di Toscana), poi,<br />

furono attratte della nuova moda anche se,<br />

per non mescolarsi alla folla della Spianata,<br />

si recarono (la prima negli anni 1806-7 e la<br />

seconda nel periodo 1811-13) su di una scogliera<br />

nei pressi della Bellana, per tal motivo<br />

poi chiamata appunto Scoglio della Regina.<br />

Un discorso a parte lo meritano i Bagni Ciancolini<br />

a San Marco (poi detti Bagnetti, da cui<br />

il nome dell’attuale Via dei Bagnetti) sorti nel<br />

1806: si trattava di uno stabilimento originale,<br />

oltre che particolarmente elegante, perché<br />

non sul mare, con quattordici stanzette<br />

da bagno affrescate e dotate di tinozze in<br />

marmo di Carrara che ricevevano l’acqua<br />

da canale collegate al vicino Forte di Alcantara<br />

(n° 2).<br />

Nel 1821 Giuseppe Garbini ottenne di poter<br />

realizzare dei bagni in mezzo al mare a nord<br />

della Fortezza vecchia (n° 3), raggiungibili<br />

solo con barchette, da cui nacque la tradizione<br />

dei barchettaioli, poi anche bagnini ed<br />

imprenditori balneari): i Bagni Garbini (poi<br />

Graffigna) per l’evoluzione del porto nel<br />

1877 furono spostati alla Bellana (n° 13).<br />

Dal 1834 al 1862 furono funzionanti anche i<br />

Bagni San Rocco sugli scali Novi Lena vicino<br />

ad una sorgente di acqua minerale<br />

di Marco Rossi<br />

▲<br />

Bagni Garbini<br />

In primo piano i Bagni Elvira (1871) che erano raggiungibil con una barca dalla Bellana.<br />

Bagni Vittoria


▲▲▲<br />

addirittura pure imbottigliata<br />

per esser venduta in farmacia<br />

(n° 4).<br />

Ma i secondi bagni veri e propri<br />

a sorgere a Livorno furono,<br />

tra il Largo Bellavista e<br />

l’Ardenza, gli Acquaviva (inizialmente<br />

Bagni Palmieri dal<br />

nome del proprietario) così denominati<br />

per la bellezza e la<br />

purezza dell’acqua che lambiva<br />

questo tratto di scogliera da<br />

dove scaturivano sorgenti naturali:<br />

primi in muratura d’Italia,<br />

vennero edificati nel 1840<br />

da Giuseppe Santi Palmieri,<br />

proprio dirimpetto alla sua villa<br />

nel quartiere di San Jacopo.<br />

Egli dotò il suo stabilimento<br />

delle migliori comodità costruendovi<br />

una famosa Rotonda<br />

per la libera e utile respirazione<br />

dell’aria marina, resa celebre<br />

da un’intensa espressione<br />

del Carducci (“Qui è un<br />

gran bello stare”) e da un dipinto<br />

di Giovanni Fattori del<br />

1866 (La Rotonda di Palmieri)<br />

(n° 5).<br />

Sempre nel 1840 la Società dei<br />

Casini all’Ardenza iniziò a costruire<br />

l’edificio di tal nome<br />

che, architettonicamente si rifaceva<br />

alla località balneare inglese<br />

di Bath (appunto Bagno):<br />

colle abitazioni (da vendere od<br />

affittare) furono realizzati anche<br />

i Bagni dell’Ardenza (su<br />

palafitte già attive nel 1844) che<br />

nel 1897, dopo essersi chiamati<br />

anche All’onde del Tirreno, assunsero<br />

l’attuale nome Pejani<br />

(per i nuovi proprietari) e negli<br />

anni ’20 del novecento furono<br />

i più aristocratici della città (n°<br />

7).<br />

Nel 1846, poco distanti dagli<br />

Acquaviva, sorsero i Pancaldi<br />

(n° 6), edificati da Vincenzo<br />

Pancaldi: nel 1870 ottennero il<br />

titolo di Bagni Regi per le frequenti<br />

visite del Principe Amedeo<br />

di Savoia e della consorte<br />

Maria Vittoria, essendo un<br />

ambiente raffinato e descritto<br />

dalle riviste estive dell’epoca<br />

come stabilimento balneare di<br />

prim’ordine impiantato con<br />

criteri di modernità e d’igiene.<br />

A testimonianza della loro fama<br />

▲<br />

▲<br />

bagni cittadini<br />

i Pancaldi registrarono il primo<br />

avvenimento cittadino di<br />

due tipi di eventi: il primo attentato<br />

terroristico nel 1894<br />

con un grande scoppio ed il<br />

primo torneo di ping pong nel<br />

1931. Nel 1924 si fusero cogli<br />

Acquaviva.<br />

21<br />

LIVORNOnonstop<br />

Nel 1846 furono costruiti anche<br />

i Bagni Squarci (da Cerbone<br />

Squarci) proprio nell’area<br />

in cui due regine avevano<br />

effettuato alcune balneazioni<br />

in una piccola piscina coperta<br />

solo da tendaggi. Ben<br />

presto cambiarono nome divenendo<br />

appunto i bagni Scoglio<br />

della Regina (n° 8) che all’inizio<br />

del secolo erano dotati<br />

pure di un cinematografo e di<br />

una struttura per gare di<br />

Cycle-Ball (forse calcio in<br />

bici).<br />

Anche gli abitanti di Anti-<br />


▲▲▲<br />

▲<br />

bagni cittadini 23<br />

LIVORNOnonstop<br />

▲<br />

Bagni Trotta, Bagni Tirreno e Bagni Scoglio della Regina in una foto dei primi del ‘900.<br />

gnano vollero un loro bagno<br />

e nel 1847 fu eretto il Colombo,<br />

davanti al Forte (poi,<br />

al cambiar dei proprietari, Consani,<br />

Trumpy e, solo nel 1919,<br />

Roma) che col tempo fu apprezzato<br />

per essere poco alla<br />

moda ma molto attrezzato (anche<br />

sala da ballo e area pattinaggio)<br />

(n° 9). Poco più a sud<br />

per qualche anno dal 1908 fu<br />

attivo anche il Pendola (n° 19)<br />

Nel 1871 si ritentò l’esperimento<br />

dei bagni in mezzo al mare<br />

vicino al Faro: gli Elvira, attivi<br />

fino al 1899 (n° 10).<br />

Nello stesso anno s’incominciò<br />

a pensare ai meno abbienti<br />

e nell’attuale area della Bellana,<br />

fra Scoglio della Regina e<br />

Cantiere, sorsero i Bagni Pubblici<br />

(n° 11), poi scomparsi, e<br />

sulla loro scia un anno dopo i<br />

Marzocco (n° 12) nella parte<br />

nord della città (nel 1924 spostati<br />

al Calambrone): a questi<br />

ultimi (genericamente noti pure<br />

come Arenosi) se ne affiancarono<br />

altri (Labrone, Tirreno)<br />

anche a nord della torre (Olimpia,<br />

n° 17), e per tutti i loro<br />

frequentatori esistevano treni<br />

dedicati o grandi barconi (il più<br />

celebre si chiamava Mariella).<br />

Nel 1878, intanto, la zona fra<br />

la Terrazza ed il Cantiere si<br />

animava perché, per l’evoluzione<br />

del porto, alla Bellana furono<br />

spostati i Bagni Garbini<br />

e poi, sull’area dei vecchi Baretti,<br />

eretti i Bagni Rombolini,<br />

Aurora e Del Greco: tutti e 3<br />

questi ultimi si fusero nei Rinaldi<br />

(n°14, dal 1900 Trotta<br />

e poi Tirreno) che nel 1932<br />

eressero il grande edificio della<br />

caffetteria (poi sede di un<br />

night club) e, accanto, un cinematografo<br />

all’aperto. Nella<br />

zona anche il garibaldino<br />

Sgarallino (Jacopo) nel 1879<br />

costruì un proprio omonimo<br />

stabilimento che nel 1924 divenne<br />

Tirreno al confluirvi<br />

dell’omonimo stabilimento in<br />

precedenza al Marzocco, poi<br />

Nettuno (n° 15), mentre accanto<br />

ai Bagni Pubblici sorsero<br />

per una sola stagione i<br />

Bagni La Vittoria ed a sud<br />

dello Scoglio della regina, dal<br />

1882 al 1894, anche gli Spadoni<br />

(n° 16) poi scomparsi.<br />

La storia degli attuali Lido è<br />

molto elaborata. Dove sorgono<br />

adesso, dal 1896 al 1914,<br />

fu attivo il bagno Elena (n°<br />

18). L’attuale stabilimento sorse<br />

invece nel 1913 al nome<br />

Arenosi di Ardenza ma dov’è<br />

ora lo scoglio che si protende<br />

nel mare ai Tre<br />

Ponti (n° 20):<br />

solo nel 1930 Tito<br />

Neri li spostò nella<br />

posizione attuale<br />

(n° 22) cambiandone<br />

il titolo<br />

in onore del Lido<br />

di Venezia.<br />

Nel frattempo, su<br />

iniziativa dei Neri,<br />

nel 1919 erano<br />

sorti vicino i Fiume<br />

in onore dell’annessione<br />

della<br />

città istriana<br />

(n° 21).<br />

Avendo registrato<br />

la primogenitura<br />

sul Mediterraneo<br />

degli stabilimenti<br />

balneari, nel<br />

1901 Livorno produsse anche<br />

il primo manifesto della<br />

storia dei bagni di mare, creato<br />

dal suo genio dell’affiche<br />

Leonetto Cappiello<br />

(1875-1942), che aveva<br />

debuttato proprio ai bagni<br />

Il famoso cartellone di Leonetto Cappiello sulla<br />

Stagione Balneare 1901 di Livorno.<br />

Pancaldi, facendo le caricature<br />

dei personaggi più in<br />

vista che poi erano pubblicate<br />

sui giornaletti di stagione:<br />

trasferitosi dal fratello<br />

a Parigi produrrà più di<br />

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Nel numero scorso abbiamo pubblicato, a<br />

firma di Edoardo Nicoletti, un ricordo di<br />

Bruno Tognetti, un “monumento” del<br />

Rugby Livorno e uno dei protagonisti nella<br />

lotta contro la chiusura dell’allora giornale<br />

Il Telegrafo che portò negli anni Settanta<br />

alla rinascita del Tirreno e alla fondazione<br />

della Cooperativa Libera Stampa<br />

di cui lo stesso Bruno Tognetti fu presidente.<br />

Per un imperdonabile errore abbiamo titolato il pezzo “Mario<br />

Tognetti, il gigante buono”. Ovviamente si trattava di Bruno<br />

Tognetti, così come specificato all’interno dell’articolo.<br />

Ci scusiamo con i familiari e con i lettori.


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scuola<br />

25<br />

LIVORNOnonstop<br />

“Viaggio tra le scuole pubbliche livornesi”: 13ª puntata<br />

Elementare “Carlo Collodi”<br />

Con il sindaco<br />

Giuseppe<br />

Malenchini,<br />

che<br />

operò dal<br />

1903 al<br />

1911, si<br />

assistette ad un rivolgimento<br />

culturale dove la scuola fu<br />

posta, finalmente, al centro<br />

dell’attività dell’ente locale.<br />

Oltre ad acquistare palazzo<br />

Rosciano e villa Visalli, dove<br />

andranno rispettivamente la<br />

scuola E. Mayer e Carducci,<br />

furono acquistati terreni a<br />

Salviano, per mq. 600, dalla<br />

sig.ra Adele Reggio, poi fuori<br />

Barriera Garibaldi, mq.<br />

2.750, dalla sig.ra Ester Tedesco<br />

(Thouar), quindi nel<br />

sobborgo di Colline, mq.<br />

1.300, dal sig. Salvatore Pannocchia<br />

(Collodi), a Quercianella<br />

dal sig. Virgilio Marchioneschi,<br />

mq. 500, infine un<br />

vasto appezzamento di terreno<br />

tra via Nazionale, via delle<br />

Ville, via di Coteto dove sor-<br />

di Luciano Canessa<br />

gerà la scuola E. De Amicis.<br />

Un duro colpo agli interessi<br />

dei privati che finora avevano<br />

incassato parecchi soldi<br />

fornendo locali fatiscenti.<br />

La costruzione dell’edificio<br />

fuori Porta a Colline fu affidata,<br />

il 23 agosto 1907, alla<br />

Società Anonima Cooperativa<br />

fra i Muratori. I lavori iniziarono<br />

il 25 aprile 1908 e<br />

cessarono il 20 aprile 1909.<br />

La costruzione dei solai fu<br />

affidata, invece, all’impresa<br />

ing. Attilio Muggia, il 22 luglio<br />

1908.<br />

L’edificio sorgeva lungo lo<br />

stradone, polveroso, di via<br />

delle Colline (attuale via Salviano),<br />

oltre le mura, la cui<br />

Porta alle Colline era situata<br />

all’altezza del vecchio ingresso<br />

del pronto soccorso ospedaliero.<br />

Uno stradone tanto<br />

polveroso da suscitare le proteste<br />

reiterate dei negozianti<br />

e degli abitanti che chiedevano<br />

l’intervento di una macchina<br />

innaffiatrice.<br />

La scuola fu intitolata a Carlo<br />

Collodi, scrittore e giornalista,<br />

all’anagrafe Carlo Lorenzini,<br />

autore di Pinocchio.<br />

L’aumento delle iscrizioni impose<br />

di ampliare i locali di sei<br />

aule e bagni per un costo previsto<br />

in lire 40.700, ma la<br />

guerra e il continuo aumento<br />

dei prezzi fecero rinviare più<br />

volte l’inizio dei lavori. Nel<br />

1924, infatti, la Cassa Depositi<br />

e Prestiti comunicò l’inizio<br />

della pratica per finanziare<br />

la sopraelevazione del fab-<br />

Anno 1959, foto di classe scuola Collodi con il maestro Conti e il custode Martini.<br />

L’attuale scuola ‘C. Collodi’, tra via di Salviano e viale Risorgimento.<br />

bricato, ma non ho potuto accertare<br />

se poi i lavori furono<br />

eseguiti. Lando Bortolotti nel<br />

suo “Livorno dal 1748 al<br />

1958 - Profilo storico urbanistico”<br />

nelle note a pag.<br />

324 e 277 scrive che la scuola<br />

fu ampliata nel ventennio<br />

fascista, senza precisare l’anno.<br />

Nel 1920-1921 era stato deciso<br />

di costruire un muro di<br />

recinzione sul tergo della<br />

scuola, dalla parte del cortile<br />

che sboccava sulla nuova via<br />

che fiancheggiava la proprietà<br />

dei Salesiani (l’attuale viale<br />

del Risorgimento).<br />

Le iscrizioni in aumento resero<br />

necessario utilizzare<br />

una succursale in via Augusto<br />

Liverani che era , allora,<br />

un sentiero.<br />

La sig.ra Luciana Pannocchia<br />

la frequentò negli anni<br />

1938/39 e 1939/40 e ricordava<br />

con affetto la propria maestra<br />

Maria Radogna.<br />

“Alcuni combattenti di modeste<br />

condizioni”, così si firmarono,<br />

con una lettera del<br />

22.1.1934 indirizzata al podestà,<br />

lamentarono che alla<br />

scuola Collodi in quarta e<br />

quinta si facevano meno<br />


▲▲▲<br />

▲<br />

LIVORNOnonstop<br />

26<br />

scuola<br />

ore di lezione rispetto alle<br />

altre scuole cittadine ed inoltre<br />

il giovedì la scuola rimaneva<br />

chiusa! Non è dato conoscere<br />

la risposta del podestà<br />

perché non si trova la lettera,<br />

però è certo che la<br />

scuola doveva essere un po’<br />

trascurata, infatti nell’a.s.<br />

1935/36 il doposcuola funzionava<br />

alle scuole Mayer, Benci,<br />

De Amicis, Micheli, Carducci,<br />

Carlo Bini, Thouar e<br />

nell’a.s. 1936/37 anche alla<br />

scuole Campana e Benedetto<br />

Brin, ma non alla scuola<br />

Collodi.<br />

I bombardamenti distrussero,<br />

ahinoi, la sede di via Salviano<br />

che fu ricostruita nel<br />

dopoguerra. Alla presenza<br />

▲<br />

del sindaco Furio Diaz, del<br />

provveditore agli studi, Giorgio<br />

Menasci, e di tutte le autorità<br />

cittadine, oltre alla direttrice<br />

didattica Mostardi, la<br />

scuola fu inaugurata il 27 settembre<br />

1953. Praticamente<br />

irriconoscibile rispetto a<br />

come era, la scuola contava<br />

15 aule oltre a un grande refettorio<br />

con annessa cucina,<br />

la casa del custode, i locali di<br />

segreteria e della direzione,<br />

un ambulatorio e servizi igienici<br />

efficienti. Rifatto anche<br />

il vano scale; impianto di riscaldamento<br />

a termosifone.<br />

Spesa complessiva 24 milioni.<br />

Carlo Pio Selmi è stato direttore<br />

didattico di questa scuola<br />

per cinque lustri, dall’a.s.<br />

1969/70. Suo collaboratore,<br />

nonché apprezzato maestro,<br />

Lido Niccolini. Alla direzione<br />

della scuola si ricorda, inoltre,<br />

Rosalba De Tommasi dal<br />

2000 al 2003, per passare poi<br />

alla direzione della Scuola<br />

Media “Mazzini”. L’attuale<br />

dirigente scolastico, reggente,<br />

è la dr.ssa Gianna Valente,<br />

dopo il collocamento in<br />

pensione di Francesca Nacci.<br />

Oltre la citata Maria Radogna,<br />

altri maestri da ricordare<br />

sono Anna Adami, Elena<br />

Simini, Amleto Franceschi,<br />

Enzo Dinetti ecc.<br />

La scuola di cui si è trattato<br />

è la capofila del “3° circolo<br />

didattico C. Collodi” del quale<br />

fanno parte anche la<br />

scuola primaria Rodari, la<br />

scuola primaria Fattori, la<br />

scuola primaria sezione<br />

ospedaliera, la scuola d’infanzia<br />

Cremoni e la scuola<br />

d’infanzia Munari.<br />

Fonti: A.S.C.L.; Il Telegrafo;<br />

Lando Bortolotti.<br />

Già pubblicati: N° 643: E. Mayer;<br />

n° 644: Lic. Class. Niccolini-Guerrazzi;<br />

n° 645: G. Carducci e B. Brin; n° 646:<br />

Montenero e P. Thouar; n° 647: Nautico<br />

“C. Cappellini”; n° 648: A. Vespucci; n°<br />

649: C. Bini; n° 650: Arte e Mestieri; n°<br />

651: G. Micheli; n° 652: Magistr.<br />

Niccolini-Palli; n° 653: A. Benci; n°<br />

654: IPC C. Colombo.


▲▲▲<br />

▲<br />

lettere<br />

27<br />

LIVORNOnonstop<br />

UN LETTORE CI SCRIVE<br />

A proposito di Antonio Benci...<br />

Ho letto sul numero di agosto<br />

di “Livorno non stop” l’articolo<br />

riguardante le scuola ‘Benci’<br />

della nostra città e ho notato<br />

una inesattezza nelle informazioni<br />

date sulla famiglia<br />

Benci. Si tratta di questo: nel<br />

muro di divisione dell’area conventuale<br />

dei Frati Cappuccini,<br />

Pza Gavi – Livorno, lungo il<br />

confine con l’Istituto Santo Spirito<br />

si trova, su una penisola in<br />

mattoni d’epoca un po’ nascosta<br />

dalle attuali strutture sportive,<br />

una lapide in memoria dei<br />

Benci con tanto di ritratto in<br />

bassorilievo e una piccola storia/albero<br />

genaologico della<br />

famiglia. Probabilmente fatta<br />

costruire da Antonio, vissuto e<br />

morto a Livorno quando ancora<br />

era possibile avere cappelle<br />

in cimiteri privati.<br />

Ancorchè nel 2007 tre incoscienti<br />

abbiano deturpato con<br />

scritte (che possono essere rimosse)<br />

la parte inferiore del<br />

manufatto marmoreo si tratta<br />

sempre di un riferimento storico<br />

che riguarda la nostra città<br />

e la vita dei Frati Cappuccini.<br />

Del monumento si fa menzione<br />

anche nel libro del Dr. Francesco<br />

Terreni ‘I Cappuccini e la<br />

Chiesa della SS. Trinità in Livorno’<br />

del 1999. Qualora si trattasse<br />

di omonimia, ma troppe le<br />

coincidenze, è pur sempre un<br />

pezzo di storia.<br />

Posso fornire documentazione<br />

fotografica e testo della lapide,<br />

su autorizzazione del parroco<br />

attualmente in carica.<br />

Se dipendesse da me, riterrei<br />

giusto trasferire il manufatto in<br />

altra area del convento, accompagnata<br />

da un targa che ne ricordi<br />

la collocazione originale<br />

e l’anno del trasferimento.<br />

Sono molto legato alla parrocchia<br />

e alla storia connessa e mi<br />

sembrava opportuno che tutti<br />

voi ne foste a conoscenza. Mi<br />

auguro un riscontro a breve.<br />

Cordiali saluti.<br />

Carlo Tobia<br />

Per maggiore comprensione dei nostri lettori, riportiamo quando scritto da Luciano<br />

Canessa sul numero di agosto in merito ad Antonio Benci.<br />

...Antonio Benci fu scrittore, educatore e scrisse sulla Antologia del Vieusseux. Non<br />

era nato a Livorno, ma qui aveva vissuto per qualche anno e qui si era fatto apprezzare.<br />

I suoi resti mortali furono posti nel piccolo cimitero di fianco, lato mare, alla chiesa<br />

di S. Jacopo, sotto una lapide sormontata da una colonna che sosteneva un’urna<br />

cineraria, poi quando il cimitero fu dismesso, nel 1915, i resti furono portati nella cripta<br />

(Angelica Palli Bartolomei; G. Wiquel: “Dizionario di persone e cose livornesi”).<br />

Oggi la bellissima cripta, finalmente visitabile grazie alla ristrutturazione operata dal<br />

comitato “Il gioiello dimenticato”, mostra in un corridoio solo la lapide dove sta scritto:<br />

+ Antonio Benci / letterato e matematico / pedagogista ed educatore / N 30 marzo<br />

1783 / M 25 gennaio 1843.<br />

La risposta di Luciano Canessa:<br />

Gent.mo sig. Carlo Tobia,<br />

innanzi tutto la ringrazio per<br />

l’attenzione rivolta alla mia ricerca<br />

sulla storia della scuola<br />

elementare “Antonio Benci”.<br />

E’ sempre un piacere, per chi<br />

scrive, ricevere considerazione<br />

al proprio scritto, in particolare<br />

quando è il frutto di ricerche<br />

di archivio. Riguardo<br />

“alla inesattezza nelle informazioni<br />

date sulla famiglia<br />

Benci”, faccio rilevare che lo<br />

scrivente si è soffermato solo<br />

su Antonio Benci (1783-<br />

1843), non sulla famiglia Benci,<br />

e le informazioni sulla sepoltura<br />

del Benci sono state<br />

tratte da fonti attendibili come<br />

possono essere considerate<br />

quelle di Angelica Palli Bartolomei<br />

(1798-1875) e Giovanni<br />

Wiquel (1901-1980), fonti<br />

che citavo già nel testo.<br />

Scrive infatti G. Wiquel sul<br />

“Dizionario di persone e cose<br />

livornesi”: “Così di Antonio<br />

Benci scrisse Angelica Palli<br />

Bartolomei “Nel piccolo cimitero<br />

attiguo alla Chiesa di<br />

S. Jacopo, sotto una lapide<br />

sormontata da una colonna<br />

che sostiene un’urna cineraria,<br />

riposano le ossa di Antonio<br />

Benci, di nobile e antica<br />

prosapia fiorentina, stabilitasi<br />

sul territorio livornese da 3 o<br />

4 generazioni”. Wiquel prosegue,<br />

in conclusione, con<br />

un’affermazione propria:<br />

“Quando nei primi anni del<br />

secolo il piccolo cimitero che<br />

era davanti alla Chiesa di S.<br />

Jacopo scomparve, i resti mortali<br />

di Antonio Benci vennero<br />

traslati nella cripta della<br />

Chiesa stessa; una lapide murata<br />

sulla tomba ricorda i<br />

meriti di questo non livornese<br />

onorato come uno dei figli<br />

migliori della nostra città”.<br />

A queste autorevoli fonti mi<br />

sono riferito. Aggiungo che<br />

nella cripta della chiesa di<br />

S.Jacopo, oggi visitabile grazie<br />

al recupero effettuato dal<br />

comitato “Il gioiello dimenticato”,<br />

si trova, in un corridoio,<br />

una lapide che ricorda<br />

Antonio Benci, di cui allego<br />

foto, che è stata ritrovata durante<br />

i lunghi lavori di ripristino<br />

della cripta.<br />

In quanto al libro di Francesco<br />

Terreni, che ho consultato,<br />

alcuni elementi (come Firenze,<br />

Santa Luce) che emergono<br />

dalla lettura della lapide<br />

in memoria della famiglia Benci,<br />

presso il terreno del vecchio<br />

convento dei Padre Cappuccini,<br />

fanno pensare che<br />

quell’Antonio citato potrebbe<br />

essere il nostro Antonio Benci,<br />

nato a S. Luce il 30.3.1783<br />

e morto a Livorno il 25 gennaio1843.<br />

D’altro canto né<br />

Treccani, né Wikipedia fanno<br />

il nome dei genitori di Antonio.<br />

Però la descrizione nella<br />

lapide (almeno quella che riporta<br />

il libro del Terreni a pag.<br />

La lapide di Antonio Benci posta<br />

all’ingresso della cripta di S. Jacopo.<br />

67 e 68) non dice che le spoglie<br />

di Antonio si trovano lì,<br />

nel convento dei Cappuccini.<br />

La lapide, semplicemente,<br />

cita il nome di Antonio come<br />

componente della famiglia<br />

Benci e come autore della accalorata<br />

memoria per il fratello<br />

Riccardo, morto il 4 novembre<br />

1828. Pertanto, salvo<br />

elementi nuovi (una lapide che<br />

cita Antonio Benci con data di<br />

nascita e di morte, per fugare<br />

ogni residuo dubbio sull’identità),<br />

le affermazioni di Angelica<br />

Palli Bartolomei e Giovanni<br />

Wiquel riguardo alla sepoltura<br />

di Antonio Benci in S. Jacopo,<br />

alle quali mi sono riferito,<br />

meritano fiducia. Oltretutto<br />

sono suffragate dalla lapide<br />

nella bella cripta, finalmente<br />

recuperata.<br />

Rimanendo a disposizione, invio<br />

distinti saluti.<br />

Luciano Canessa


▲▲▲<br />

▲<br />

LIVORNOnonstop<br />

28<br />

livornesità<br />

La storia delle nostre strade<br />

QUIZ A PUNTEGGIO PER SAGGIARE LA TUA LIVORNESITÀ<br />

LIVORNESE DOC O ALL’ACQUA DI ROSE?<br />

...a spasso<br />

per la città<br />

dallo Stradario Storico di Livorno,<br />

antico, moderno e illustrato di Beppe<br />

Leonardini e Corrado Nocerino (Editrice<br />

Nuova Fortezza, Livorno).<br />

Via San Matteo - Da via Prov.<br />

Pisana a via delle Sorgenti. Stada<br />

molto vecchia, con denominazione<br />

risalente al 1867. Prende<br />

il nome della Chiesa vicina<br />

eretta nel 1783.<br />

Via Gano Mazzoni - Da via del<br />

Vigna a via T. Scali. Strada risalente<br />

al 1966, vuole ricordare<br />

il botanofilo nato a Prato nel<br />

1787 ma considerato livornese.<br />

Suo padre ebbe qui un’industria<br />

di berretti. Il Mazzoni girò<br />

il mondo per accrescere le sue<br />

nozioni sullo studio delle piante<br />

e a Livorno ha lasciato i segni<br />

evidenti del suo lavoro; alla<br />

Valle Benedetta nelle areee prima<br />

coltivate e poi abbandonate<br />

egli piantò tanti alberi di varie<br />

specie che si possono ammirare<br />

tutt’oggi: querce, lecci,<br />

tassi, pini piramidali e persino<br />

cedri del Libano. Morì nel 1844<br />

ed è sepolto fra i cipressi della<br />

Chiesa Vallombrosana che piantò<br />

egli stesso.<br />

Proverbi<br />

livornesi<br />

✔ Acqua fino a’ ‘oglioni e<br />

pesci punti.<br />

✔ O di paglia o di fieno,<br />

pur che ‘r corpo sia<br />

pieno.<br />

✔ La gallina fa l’ovo, e ar<br />

gallo ni prude ‘r culo.<br />

✔ Donna baciata mezza<br />

trombata.<br />

Se trovi degli<br />

errori in<br />

questo giornale,<br />

tieni<br />

presente<br />

che sono<br />

stati messi<br />

di proposito. Abbiamo cercato<br />

di soddisfare tutti, anche<br />

coloro che sono sempre<br />

alla ricerca di errori!<br />

L’ingresso dei Bagni Nettuno.<br />

Scoprilo rispondendo a queste domande; quindi controlla punteggio e valutazione:<br />

1<br />

A<br />

B<br />

C<br />

2<br />

A<br />

B<br />

C<br />

3<br />

A<br />

B<br />

C<br />

4<br />

Chi è l’autore del libro<br />

“Livornesi brava gente”?<br />

Luciano Bonetti<br />

Aldo Santini<br />

Gino Bacci<br />

Dove è posta la casa<br />

natale de cantautore<br />

Piero Ciampi?<br />

Via della Coroncina<br />

Piazza Cavallotti<br />

Via Roma<br />

... e a quale casa era dirimpettaia<br />

di quella natale di altro storico<br />

personaggio livornese?<br />

P. Mascagni<br />

G. Fattori<br />

A. Modigliani<br />

In quale anno è stata varata<br />

la prima nave al Cantiere<br />

Navale Orlando?<br />

A 1889<br />

B 1902<br />

C 1867<br />

RISPOSTE: 1 (C), 2 (C), 3 (C), 4 (C), 5 (B), 6 (A), 7 (A), 8 (C), 9 (C), 10 (C), 11 (A), 12 (B)<br />

Meno di 2 risposte corrette: ...all’acqua di rose - Da 3 a 6 risposte corrette: ...sui generis<br />

Da 7 a 10 risposte corrette: alla moda - Nessun errore: LIVORNESE DOC honoris causa<br />

Quiz visivo e di orientamento a conferma del tuo grado di livornesità<br />

Che razza di livornese sei?<br />

...di SCOGLIO,<br />

di FORAVIA<br />

o... PISANO?<br />

Qui a fianco c'è la foto di una strada<br />

della tua città. Sai riconoscere di<br />

quale via si tratta?<br />

Se rispondi ESATTAMENTE significa<br />

che sei un... livornese di scoglio!<br />

Se rispondi CONFONDENDO la via<br />

con altra della stessa zona, significa<br />

che sei un... livornese di foravia,<br />

Se NON RIESCI A CAPACITARTI di<br />

quale via si tratta, allora significa<br />

che... sei un pisano!<br />

Per la risposta, vedi pag. 31<br />

▲<br />

5 9<br />

Quanti erano i residenti<br />

della città di Livorno al<br />

31/12/17?<br />

A 171.124<br />

B 158.371<br />

C 164.222<br />

6<br />

... quante erano le donne?<br />

A 82.394<br />

B 101.129<br />

C 76.199<br />

7<br />

... quanti gli uomini?<br />

A 75.977<br />

B 84.722<br />

C 69.787<br />

8<br />

A<br />

B<br />

C<br />

... e quale è la comunità<br />

più presente nella provincia<br />

di Livorno?<br />

albanese<br />

romena<br />

senegalese<br />

Grado di difficoltà:<br />

... e quante sono le nazionalità<br />

presenti nella<br />

provincia di Livorno?<br />

A 96<br />

B 80<br />

C 120<br />

10<br />

A<br />

B<br />

C<br />

11<br />

A<br />

B<br />

C<br />

12<br />

Chi era Carlo Meyer cui<br />

è dedicata una strada cittadina?<br />

Medico<br />

Giornalista<br />

Patriota<br />

... e chi era il quasi omonimo<br />

Enrico Mayer?<br />

Educatore<br />

Sacerdote<br />

Avvocato<br />

In quale stagione il Livorno<br />

guidato da Guido Mazzetti salì<br />

in serie B?<br />

A 1973/74<br />

B 1963/64<br />

C 1970/71


▲▲▲<br />

▲<br />

attualità<br />

29<br />

LIVORNOnonstop<br />

ECCO COSA SCRISSE L’INDIMENTICATO POETA, SCRITTORE E REGISTA SULLA NOSTRA CITTÀ<br />

Pasolini<br />

e Livorno<br />

Nel 1959<br />

Pier Paolo<br />

Pasolini,<br />

girando<br />

su<br />

e giù per<br />

l’Italia a<br />

bordo<br />

della sua Fiat 1100, fece sosta<br />

a Livorno. La finalità era<br />

quella di raccogliere impressioni<br />

per il reportage “La lunga<br />

strada di sabbia”, che gli<br />

era stato commissionato dalla<br />

rivista Successo per la quale<br />

collaborava all’epoca.<br />

Ma non era la prima volta che<br />

lo scrittore friulano si trovava<br />

a transitare nella nostra<br />

città: nei primi di settembre<br />

del ’43 Pier Paolo, figlio di<br />

un ufficiale di fanteria spedito<br />

alla guerra d’Africa, ricevette<br />

la chiamata alle armi,<br />

destinazione Pisa. In realtà lui<br />

puntava più sull’Accademia<br />

navale di Livorno, per farsi<br />

arruolare in Marina. Fatto sta<br />

che, come raccontò Pasolini<br />

stesso in una lettera all’amico<br />

Luciano Serra, fu proprio<br />

nelle nostre zone che riuscì a<br />

sfuggire ai tedeschi gettandosi<br />

in “ (…) un canale tra Pisa<br />

e Livorno (…)”, dopo essersi<br />

impossessato di un fucile.<br />

Nel frattempo il gruppo delle<br />

reclute veniva fatto salire su<br />

un treno che avrebbe portato<br />

tutti in Germania. Una fuga<br />

romanzesca in cui perse la<br />

tesi di laurea in storia dell’arte<br />

su Carrà, De Chirico e De<br />

Pisis. Relatore, quel Roberto<br />

Longhi che scrisse nel 1914<br />

la “Breve ma veridica storia<br />

di Michela Gini<br />

Pier Paolo Pasolini (Bologna 1922 - Ostia, Roma 1975)<br />

della pittura italiana”.<br />

Se prima del suo arrivo a Livorno<br />

Pier Paolo si immagina<br />

un futuro da storico dell’arte,<br />

dopo lo smarrimento<br />

della sua tesi in acque pisanolabroniche<br />

cambia direzione e<br />

si rivolge al professor Calcaterra<br />

per laurearsi su Pascoli,<br />

ritornando al grande amore per<br />

la poesia trasmessogli dalla<br />

madre. Fu lei, infatti, a mostrargli<br />

come la poesia possa<br />

essere materialmente scritta e<br />

non solo letta a scuola.<br />

“Misteriosamente, un bel<br />

giorno, mia madre mi presentò<br />

un sonetto, composto da lei,<br />

in cui esprimeva il suo amore<br />

per me e non so per quali costrizioni<br />

di rima la poesia finiva<br />

con le parole - e di bene<br />

te ne voglio un sacco -”.<br />

Qualche giorno dopo Pasolini<br />

scrisse i primi suoi versi:<br />

aveva sette anni.<br />

Anche se l’incidente capitato<br />

in questa parte dell’Italia ha<br />

contribuito a riportare il letterato<br />

verso la disciplina che<br />

più, a mio avviso, gli si addiceva,<br />

non si può certo affermare<br />

che l’immersione nel<br />

mondo anticonvenzionale di<br />

Longhi sarà per lui inutile. La<br />

cultura visiva e artistica la ritroveremo,<br />

infatti, nel Pier<br />

Paolo regista.<br />

Ma ritorniamo a come apparve<br />

la nostra amata città a Pasolini<br />

nel 1959; in primo luogo,<br />

una città libera, allegra,<br />

operosa, intelligente, sicuramente<br />

molto diversa da come<br />

poteva essergli apparsa nell’esperienza<br />

di recluta ventunenne<br />

in rocambolesca fuga<br />

verso il Friuli. Ma preferirei<br />

che leggeste le sue impressioni<br />

dalla sua stessa versione,<br />

pubblicata su Successo nel<br />

medesimo anno:<br />

“Livorno è la città d’Italia<br />

dove, dopo Roma e Ferrara,<br />

mi piacerebbe più vivere. Lascio<br />

ogni volta il cuore sul suo<br />

enorme lungomare, pieno di<br />

ragazzi e marinai, liberi e felici.<br />

Si ha poco l’impressione<br />

di essere in Italia. Intorno,<br />

nelle fabbriche dei cantieri<br />

verso il nord. Ferve un lavoro<br />

che non ha un’aria familiare,<br />

e per questo è tanto più<br />

amica, rassicurante. Livorno<br />

è una città di gente dura,<br />

poco sentimentale: di acutezza<br />

ebraica, di buone maniere<br />

toscane, di spensieratezza<br />

americanizzante. I ragazzi e<br />

le giovinette stanno sempre<br />

insieme. Il problema del sesso<br />

non c’è ma solo una gran<br />

voglia di fare l’amore. Le<br />

facce intorno, sono modeste<br />

e allegre, birbanti e oneste.<br />

Per grandi lungomari disordinati,<br />

grandiosi, c’è sempre<br />

un’aria di festa, come nel<br />

meridione: ma è una festa<br />

piena di rispetto per la festa<br />

degli altri”.<br />

Per dirla alla maniera del nostro<br />

Bobo Rondelli “ …viaggio di andata,<br />

senza ritorno, bella Livorno<br />

mi fermo qui, dentro a un<br />

bordello, come a Paris….”.


▲▲▲<br />

▲<br />

LIVORNOnonstop<br />

30<br />

storie<br />

La straordinarai storia del giovane Gabriel Pini che con caparbietà difende i principi di una sana<br />

economia cittadina, che offre alla propria clientela prodotti genuini e di qualità (la manzetta<br />

prussiana è il top) ma che è anche abilissimo nella scrittura (già premiato al FiPiLi Horror <strong>2018</strong>)<br />

Macelleria & Letteratura<br />

di Stefania D’Echabur<br />

Il giovane<br />

Gariel Pini<br />

con il padre<br />

Andrea<br />

al banco<br />

della sua<br />

macelleria.<br />

Sotto:<br />

alcuni<br />

esemplari di<br />

di Manzetta<br />

prussiana.<br />

Curiosità<br />

che nascono<br />

scambiando<br />

due<br />

chiacchiere<br />

in un<br />

negozio di<br />

quartiere,<br />

in questo<br />

caso una macelleria. È questo<br />

che è capitato con Gabriel,<br />

mentre taglia una fetta di groppa:<br />

facciamo conoscenza e inaspettatamente<br />

tocco con mano<br />

una creatività eccezionale che<br />

viene veicolata sia nel suo lavoro<br />

che nella passione grande<br />

della sua vita, la scrittura.<br />

Gabriel Pini nasce a Livorno il<br />

12 febbraio 1988 ed insieme al<br />

padre Andrea gestisce la sua<br />

bottega in via Mentana 55, di<br />

fronte a Piazza XX Settembre,<br />

crede fermamente nel piccolo<br />

commercio, mi racconta delle<br />

specialità che padre e figlio<br />

preparano per la loro clientela<br />

e delle tante idee che stanno<br />

mettendo in atto per invogliare<br />

i clienti a vederli come un<br />

punto di riferimento.<br />

Tra una parola e l’altra, scopro<br />

con meraviglia che questo<br />

personaggio con le parole ha<br />

grande dimestichezza, scrive<br />

per passione e grazie al suo<br />

talento, al prestigioso Premio<br />

Nazionale Fi Pi Li Horror <strong>2018</strong>,<br />

si è aggiudicato ben un terzo<br />

premio.<br />

- Gabriel partiamo da te, ti senti<br />

più commerciante o scrittore?<br />

Uno è lavoro, l’altro un notevole<br />

svago, ma in entrambi i<br />

casi è la passione il motore<br />

principale.<br />

- Perché scegliere la piccola<br />

bottega, il negozio di quartiere<br />

anziché i supermercati?<br />

I negozi di quartiere sono vitali<br />

sotto molti punti di vista:<br />

un negozio è condotto da concittadini,<br />

da persone che vivono<br />

la medesima realtà dei<br />

clienti. I negozi rendono le<br />

strade sicure e illuminate, e i<br />

commercianti hanno tutto<br />

l’interesse a dare il meglio ai<br />

propri avventori. Questo costituisce<br />

una sana economia<br />

cittadina, e non una fuga di<br />

denaro verso altre realtà<br />

(come accade normalmente<br />

quando i guadagni vengono<br />

indirizzati alle grandi distribuzioni).<br />

- C’è una particolarità del tuo<br />

negozio di macelleria che vorresti<br />

far conoscere?<br />

Certamente l’alto livello di<br />

servizio che proponiamo, ma<br />

a voler essere più specifici, il<br />

nostro maggior vanto: la manzetta<br />

prussiana, carne di elevatissima<br />

qualità ad un prezzo<br />

assolutamente abbordabile.<br />

- Qualche idea per riportare<br />

le persone a spendere in città?<br />

Far riscoprire la qualità genuina<br />

della scelta di professionisti<br />

del commercio. A differenza<br />

della grande distribuzione,<br />

i commercianti cercano<br />

l’alta qualità spesso sacrificando<br />

la logica del guadagno,<br />

e senza dubbio offrono un servizio<br />

molto superiore a qualsiasi<br />

supermercato.<br />

- Casualmente ho scoperto la<br />

grande passione che hai per la<br />

scrittura, per chi non lo sapesse,<br />

un Premio Fi Pi Li Horror<br />

Festival è un attestato di riconoscimento<br />

importante.<br />

Prediligi il noir… fantasy… o<br />

ti cimenti anche con altri temi<br />

nella tua scrittura?<br />

L’horror è la mia passione<br />

principale, ed è solitamente il<br />

tema che tratto; spesso però<br />

mi metto alla prova affrontando<br />

tematiche delle più svariate,<br />

soprattutto quando sono il<br />

lettore.<br />

- Il complimento più bello che<br />

hai ricevuto nel tuo percorso<br />

letterario?<br />

Una dedica scritta in quarta<br />

di copertina di un libro regalatomi<br />

da un caro amico che<br />

ha letto molti dei miei lavori.<br />

Un complimento che acquista<br />

plus valore, considerando che<br />

si tratta di un personaggio<br />

dai gusti assai difficili ed elevati.<br />

- Come e quando hai iniziato<br />

a scrivere?<br />

Iniziai molto presto, visto che<br />

adoravo fare temi a scuola.<br />

In quanto a romanzi, il primo<br />

in assoluto lo cominciai a diciannove<br />

anni, e lo completai<br />

a ventotto anni.<br />

- Il tuo scrittore preferito?<br />

Domanda difficile. Parlando<br />

di autori contemporanei : Niccolò<br />

Ammanniti per gli italiani<br />

e John Lecarré per gli esteri.<br />

In assoluto, invece, Thomas<br />

Mann.<br />

- Un piatto di carne da consigliare<br />

a chi ti legge?<br />

Manzetta prussiana, in qualsiasi<br />

modo.<br />

Si conclude la nostra chiacchierata…<br />

intanto devo dire<br />

che questa intervista ha stuzzicato<br />

il palato e il gusto ringrazia,<br />

perché il manzo consigliato<br />

è davvero ottimo!<br />

L’arte e il manzo portano a<br />

pensare alla grande opera pittorica<br />

di Chaime Soutine, l’artista<br />

che amava trafugare le<br />

bestie e dipingerle nelle varie<br />

metamorfosi di decomposizione,<br />

sangue e morte, parole<br />

macabre che credo siano un<br />

ponte di ispirazione della penna<br />

di Gabriel.<br />

A lui un grande in bocca al<br />

lupo per la sua scrittura, con<br />

l’augurio che prenda il volo<br />

come il pittore russo.


▲▲▲<br />

▲<br />

cartoline d’epoca 31<br />

LIVORNOnonstop<br />

Cara, vecchia Livorno<br />

Reg. Tribunale Livorno<br />

n. 451 del 6/3/1987<br />

Direzione e Redazione:<br />

Editrice «Il Quadrifoglio» sas<br />

di Giulia Palandri & C.<br />

Via G. Razzaguta 26, int. 13<br />

L I V O R N O<br />

Tel. 0586/1732178<br />

e-mail: ediquad@tin.it<br />

1923 - Via Pannocchia: Velodromo livornese (sullo sfondo la Chiesa dei Salesiani)<br />

1932 - Viale Ippolito Nievo (angolo largo Mercato Ortofrutticolo)<br />

Direttore responsabile:<br />

Bruno Damari<br />

Redattori:<br />

Luciano Canessa<br />

Claudia Damari<br />

Edoardo Damari<br />

Stefania D’Echabur<br />

Marcello Faralli<br />

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Michela Gini<br />

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Giulia Palandri<br />

Marco Rossi<br />

Fotoreporter:<br />

Roberto Onorati<br />

Pubblicità:<br />

Ed. Il Quadrifoglio sas<br />

info@editriceilquadrifoglio.it<br />

Stampa:<br />

Tipografia Sagittario<br />

Via Malignani 7- Bibione (VE)<br />

Chiuso in tipografia:<br />

24 Settembre <strong>2018</strong><br />

Ma che razza<br />

di livornese sei?<br />

La strada in questione, di cui a<br />

pag. 28, è: Via Calzabigi da<br />

viaEnrico Delle Sedie a via<br />

Francesco Redi.<br />

oltre che alla ns. Redazione<br />

di via G. Razzaguta 26, int. 13<br />

è in distribuizione gratuita presso:<br />

Antich.<br />

h.<br />

Numismatica Gasparri<br />

ri<br />

C.so Mazzini 317/323 -<br />

Tel. 0586802312<br />

Chalet della Rotonda<br />

V.le Italia 136 - Cell. 3495423349<br />

Edicola Toriani Paolo<br />

Largo Vaturi - Tel. 0586260074<br />

Far<br />

armacia<br />

Attias<br />

Via Marradi 2 - Tel. 0586810048<br />

Pizzeria Il Venta<br />

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Via Grande 145 - Tel. 0586885039<br />

Ag. Via<br />

iaggi gi Cosmotours<br />

Via Magenta 65 - Tel. 0586897798<br />

Pizzeria Lo Squalo<br />

Via del Castellaccio 2 (Montenero basso)<br />

Tel. 0586578254<br />

Osteria-Pizzeria Baffo Matto<br />

Via di Montenero 91<br />

Cell. (3385093300)<br />

Macelleria Polleria Claudio e Paola<br />

Mercato C.le - Banco 158<br />

Pescheria Fanelli Andrea<br />

Mercato C.le - Banco 304<br />

Rinaldo Bar tolini “Riri”<br />

Mercato C.le - Banco 307<br />

Tel. 0586883144<br />

Pescheria Lomi Federico<br />

Mercato C.le - Banco 301<br />

Cell. 3204660620<br />

C.so Amedeo 216, ang. via dell’Origine<br />

Cell. 3283698357<br />

Grease Caffè<br />

Via Montebello 1 - Cell. 3392672401<br />

Rist. L’Andana degli<br />

li<br />

Anelli<br />

Via del Molo Mediceo 22<br />

Tel 0586896002<br />

Caffè Greco<br />

Via della Madonna 8 - Tel. 0586829609<br />

Fotografo Del Secco<br />

Via Cambini - Tel. 0586810083<br />

Genepesca MB Surgelati<br />

Via di Salviano 27 - Tel. 0586861466<br />

Rist. Pizz. Grotta delle Fate<br />

Via Grotta delle Fate 157<br />

Tel. 0586503162<br />

Fer<br />

err amenta Fabbrini<br />

brini<br />

Via Marradi (ang. v.le Mameli)<br />

Tel. (0586808416)<br />

"Centro Libri"<br />

Via Garibaldi 4 - Tel. 0586886609<br />

Tabacc<br />

baccheria Cialdini F. e M.<br />

Via Prov. Pisana 44<br />

Macell. Pini - Prontocuoci<br />

Via Mentana 55 - Cell. 3337288665<br />

Norcineria "Regoli"<br />

Via Mentana 102 - Tel. 0586887169<br />

Fer<br />

err amenta Livor<br />

ornese<br />

Via L. Bosi 6 - Tel. 05861754351<br />

Bar Sant’Agostino<br />

V.le della Libertà 33 - Tel. 0586800232<br />

PRA.DE.MAR.<br />

Via Firenze 128 - Tel. 0586426882<br />

Circolo «G. Masini»<br />

Piazza Manin - Tel. 0586899043<br />

Galleria d’Arte te «Athena»<br />

Via di Franco 17 - Tel. 0586897096<br />

Amodotuo<br />

Via Maggi 28 - Tel. 05861972158<br />

Le Cicale Operose<br />

C.so Amedeo 101 - Cell. 347299159


L’ORT<br />

’ORTO O DELLA SALUTE<br />

Infusi & Decotti ◆ Estratti & Compresse ◆ Fiori di Bach & Oli Essenziali<br />

IL GIARDINO DELLA BELLEZZA<br />

Latti & Acque ◆ Creme & Maschere ◆ Essenze & Bagni<br />

LE NOSTRE SEDI:<br />

Fonti del Corallo - Tel 0586 427515 ■ Parco di Levante - Tel. 0586 815175<br />

Via Marradi, 205 - Tel. 0586 807111 ■ Via Ricasoli, 50 - Tel. 0586 880424

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