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scheda - Istituto Gestalt Bologna

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ATTACCAMENTO E PERDITA di John Bowlby<br />

Elaborato da Claudia Capucci<br />

John Bowlby Londra 1907 – 1990. Inizialmente si laurea in scienze precliniche e psicologia e<br />

lavora in una scuola d’avanguardia per bambini disadattati, poi prosegue con gli studi di Medicina<br />

e il training di psicoanalista. Dal 1964 al 1979 si dedica alla stesura della sua trilogia:<br />

Attaccamento, Separazione, e Perdita ricevendo riconoscimenti a livello mondiale.<br />

La teoria dell’attaccamento nasce con un esplicito interesse verso i primi anni di vita<br />

dell’essere umano. Bowlby sostiene che “l’attaccamento è parte integrante del comportamento<br />

umano dalla culla alla tomba”. Gli attaccamenti di un individuo possono essere più o meno sicuri.<br />

La sua teoria, come la psicoanalisi classica, ha una base biologica che si fonda sugli studi etologici<br />

di K. Lorenz riguardo all’imprinting e gli esperimenti di Harlow:<br />

• Lorenz aveva dimostrato come i piccoli di anatroccolo, privati della figura materna<br />

naturale, seguivano un essere umano o qualsiasi altro oggetto, nei confronti del quale<br />

sviluppavano un forte legame che andava oltre la semplice richiesta di nutrizione, dato che<br />

questo tipo di animale si nutre autonomamente di insetti.<br />

• Harlow aveva dimostrato che i piccoli di scimmia, preferivano una “madre fantoccio”<br />

coperta di una stoffa morbida e pelosa ma senza biberon, piuttosto che una “madre<br />

fantoccio” fatta di metallo freddo alla quale era attaccato un biberon; passavano fino a<br />

diciotto ore al giorno “attaccati alla madre calda” (come avrebbero fatto con le loro madri<br />

reali) anche se erano nutriti dall’altra madre fredda con il biberon.<br />

Vi sono meccanismi reciproci secondo i quali quando si è vicini a chi si ama ci si sente bene,<br />

mentre quando si è lontani ci si sente ansiosi, tristi e soli.<br />

• Il bambino fuori di casa gioca felicemente finché non si fa male, oppure finché non si<br />

avvicina il momento di andare a letto, ma poi prova fitte di nostalgia.<br />

• La madre che lascia il suo bambino con una nuova persona pensa a lui e ne sente la<br />

mancanza.<br />

L’attaccamento è mediato dal guardare, dall’ascoltare e dal tenere: la vista di chi si ama<br />

riempie il cuore, il suono del suo avvicinarsi risveglia anticipazioni piacevoli, essere tenuti fra le<br />

braccia e accarezzati dà un senso di calore, sicurezza, benessere: “Le coccole, i giochi, le intimità<br />

del poppare, i rituali dell’essere lavati e vestiti, l’orgoglio e la tenerezza della madre verso le sue<br />

piccole membra… da ciò il bambino impara la piacevolezza e il valore di se stesso” . L’autore<br />

intuisce che l’attaccamento riveste un ruolo centrale nelle relazioni tra gli esseri umani, dalla<br />

nascita alla morte e che lo sviluppo armonioso della personalità di un individuo dipende da un<br />

adeguato attaccamento alla figura materna, o a un suo sostituto (care-­‐giver).<br />

Bowlby sostiene che la psiche umana è incline all’autoguarigione. Si distacca dalle teorie<br />

freudiane secondo cui lo sviluppo del bambino segue fasi fisse (orale, anale e genitale) e il legame<br />

madre-­‐bambino si basa sulla necessità di nutrimento. Egli ritiene che il legame sia un bisogno<br />

geneticamente determinato, la cui funzione è garantire la sopravvivenza biologica e psicologica del<br />

piccolo, e la ricerca della vicinanza ne è la prova. Gli esseri umani hanno una predisposizione<br />

innata alla relazione con le figure genitoriali che hanno la funzione di proteggere la persona<br />

“attaccata”. Il mantenersi vicino aumenta la sicurezza, garantisce il nutrimento, la possibilità di<br />

apprendere e di esplorare l’ambiente, consente l’interazione sociale e la difesa dai nemici.<br />

Mutuando il concetto direttamente dall’etologia il legame “di attaccamento” serve a garantire il<br />

benessere e la protezione dai pericoli provenienti dall’esterno, favorendo la sopravvivenza.<br />

1


La “Base sicura”<br />

Il bambino costruisce una relazione con i suoi care-­‐givers principalmente per avere un<br />

ambiente in cui “sentirsi al sicuro”. Egli mette in atto un insieme di comportamenti del suo<br />

patrimonio socio-­‐biologico, volti alla ricerca della sicurezza: il sorriso, la vocalizzazione, il pianto, il<br />

sollevare le braccia, tutte azioni che tendono a far sì che l’adulto stabilisca con lui un contatto<br />

diretto e continuo, che va oltre al vincolo amorevole e non è collocabile nell’area dei bisogni<br />

primari. Avendo una base sicura cui tornare, Il bambino può così “uscire in esplorazione” e nel<br />

momento in cui avverte qualche minaccia, raggiungere la madre e ricevere conforto e sicurezza.<br />

Il bambino con una personalità sana saprà fare affidamento sulla persona giusta e, allo<br />

stesso tempo, imparerà ad avere fiducia in se stesso e a darsi auto-­‐sostegno; i legami<br />

emotivamente sicuri hanno un valore fondamentale per la sopravvivenza e per il successo<br />

riproduttivo. Il conflitto è una dimensione normale della condizione umana e la malattia psichica è<br />

data dall’incapacità di affrontare efficacemente i conflitti. In sostanza i bambini vengono al mondo<br />

già predisposti biologicamente a partecipare all’interazione sociale cioè a dare inizio, a mantenere<br />

e a porre fine all’attaccamento con un care-­‐giver, per il proprio sviluppo personale.<br />

La Deprivazione<br />

Bowlby dimostra, tramite le ricerche condotte su bambini istituzionalizzati, cioè inseriti<br />

forzatamente in Istituti durante l’infanzia e che hanno subito gravi deprivazioni di cure materne,<br />

che essi tendono a sviluppare gli stessi sintomi dei giovani ladri definiti “anaffettivi”.<br />

La deprivazione è la sottrazione di qualcosa che prima esisteva, a differenza della<br />

privazione che è l’assenza di qualcosa di cui si ha bisogno, da sempre. La distinzione è importante<br />

poiché la deprivazione può intervenire per effetto sostitutivo, ad esempio per opera delle<br />

istituzioni: “I bambini deprivati delle cure materne, specialmente se cresciuti in istituzioni da un’età<br />

inferiore ai sette anni, sono in genere colpiti nel loro sviluppo fisico, intellettuale, emozionale e<br />

sociale”; inoltre un bambino emotivamente deprivato origina un circolo vizioso che si auto-­‐<br />

perpetua, generando il genitore trascurante di domani”.<br />

Il contributo critico di Bowlby consiste nel porre l’accento sul bisogno del bambino di un<br />

legame precoce, ininterrotto e sicuro con la madre. Chi non ha tale “rifornimento” è con più<br />

probabilità incline a mostrare segni di deprivazione parziale come un eccessivo bisogno d’amore o<br />

di vendetta, un forte senso di colpa e depressione, o di deprivazione totale, abulia, ritardo dello<br />

sviluppo e crescendo, assenza di veri sentimenti, mancanza di concentrazione, tendenza<br />

all’inganno e al furto compulsivo. Questa gamma di sentimenti sono visibili anche negli studi sui<br />

comportamenti infantili che attuano i bambini quando intuiscono l’imminente allontanamento<br />

della madre. Le “reazioni alla separazione” vanno dalla protesta, alla disperazione, al distacco:<br />

• La protesta inizia quando il bambino percepisce una minaccia di separazione. Questa fase è<br />

caratterizzata da pianto, rabbia, da tentativi di fuga e ricerca del genitore.<br />

• Segue la fase della disperazione: l’attività fisica diminuisce, il pianto è intermittente, il<br />

bambino appare triste e si ritira dal contatto. Diventa ostile nei confronti di altri bambini o<br />

dei loro oggetti preferiti e dà l’impressione di entrare in una fase di lutto quasi per<br />

sottolineare l’imminente perdita.<br />

• La fase finale del distacco è caratterizzata da un quasi completo ritorno alla socialità. Da<br />

questo momento i tentativi da parte di altri adulti di offrire cure non sono più respinti, ma<br />

il bambino che raggiunge questo stadio, al ritorno del care-­‐giver, si comporterà in modo<br />

marcatamente anomalo e distaccato.<br />

Questi aspetti della teoria dell’attaccamento infiammarono la controversia tra psicoanalisi<br />

perché implicarono una motivazione intrinseca al legame così forte da “dare un senso alla vita”<br />

non riducibile a mera pulsione.<br />

2


Gli schemi di attaccamento del bambino<br />

La necessità di individuare i tipi di attaccamento durante la prima infanzia porta Mary<br />

Ainsworth a elaborare una procedura standardizzata in cui il bambino è sottoposto a situazioni di<br />

stress: la Strage situation. L’osservazione consente di rilevare i diversi schemi o modelli di<br />

comportamento umano, mediante videoregistrazione, durante fasi alternate di: separazione –<br />

solitudine -­‐ ricongiungimento. Le categorie dell’attaccamento nella prima infanzia sono:<br />

• Attaccamento sicuro<br />

• Attaccamento insicuro evitante<br />

• Attaccamento insicuro ambivalente (resistente)<br />

• Attaccamento insicuro disorganizzato disorientato e ambivalente.<br />

Attaccamento Sicuro: i bambini, angosciati dalla separazione, sono prontamente confortati<br />

dal ricongiungimento. Con la madre nuovamente presente il bambino può esplorare e giocare<br />

liberamente. Il bambino sicuro manifesta in modo chiaro e aperto i propri bisogni psicologici di<br />

conforto e protezione, non ha esitamento o resistenze e quando ottiene contatto fisico e<br />

consolazione si dimostra appagato, si lascia consolare e riprende l’esplorazione. Il bambino sicuro<br />

sembra avere interiorizzato un solido sentimento di fiducia nei confronti della presenza e della<br />

disponibilità affettiva del genitore.<br />

Attaccamento Insicuro-­‐evitante: i bambini, angosciati dalla separazione, ignorano la madre<br />

nella fase di ricongiungimento. Rimangono inibiti nei confronti del gioco. La caratteristica distintiva<br />

di questi bambini è data dal fatto che tendono a inibire la manifestazione dei propri bisogni<br />

psicologici di conforto e protezione rispetto alla figura di attaccamento, enfatizzando uno stile<br />

relazionale di autonomia e indipendenza. Il genitore non rappresenta una vera e propria base<br />

sicura per loro ed essi tendono a non fare riferimento a lui.<br />

Attaccamento Insicuro-­‐ambivalente (resistente): i bambini molto angosciati dalla<br />

separazione non riescono a riappacificarsi facilmente nella fase di ricongiungimento. Verso il<br />

genitore hanno comportamenti ambivalenti nel senso che alternano o uniscono insieme richieste<br />

di vicinanza e contatto a comportamenti resistenti, contrastanti o di estrema passività, come se la<br />

separazione dal genitore determinasse un’insicurezza accompagnata da rabbia o da senso<br />

d’impotenza. Il genitore non rappresenta una base sicura e quando questi bambini si sentono<br />

spaventati e a disagio non sembrano riuscire a consolarsi con la sua presenza.<br />

Attaccamento Insicuro-­‐disorganizzato e ambivalenti nella fase di ricongiungimento i<br />

bambini manifestano comportamenti paradossali e disorganizzati privi di una strategia coerente<br />

nella relazione con il genitore; esprimono una grande confusione e una profonda incapacità di<br />

orientare l’affettività. Gli atteggiamenti sono visibilmente impauriti e rigidi sia a livello corporeo sia<br />

nell’espressione del viso. Tali comportamenti avvengono solamente quando il genitore è presente<br />

e, soprattutto, nei momenti di riunione dopo la separazione, come se non si trattasse di una<br />

caratteristica del bambino, ma di un tratto definitorio della relazione.<br />

Angoscia di separazione e lutto<br />

Bowlby considera l’angoscia come una risposta naturale di un individuo esposto alla<br />

separazione o alla minaccia di separazione dal care-­‐giver. La dinamica di attaccamento prosegue<br />

per tutta la vita e l’angoscia da separazione sorgerà ogni volta che sono minacciate le relazioni<br />

genitore-­‐figlio e adulto-­‐coniuge. Elementi dell’angoscia da separazione sono un sentimento di<br />

preoccupazione, dolore e tensione che sfociano in una protesta irosa, la cui funzione è di<br />

registrare il dispiacere e di punire il partner che se ne va in modo da prevenire ripetizioni.<br />

3


Bowlby vede anche il lutto come angoscia per un’irreversibile perdita e separazione. Egli crede<br />

che la risposta psicologica al trauma della separazione sia programmata biologicamente nello<br />

stesso modo in cui un’infiammazione è una naturale conseguenza fisiologica a un trauma fisico. Le<br />

fasi finali di confusione e pena sorgono dal rendersi conto che la base sicura cui l’individuo<br />

vorrebbe rivolgersi per trovare conforto, è la stessa persona che non è più disponibile.<br />

Le fasi del lutto sono quattro:<br />

Torpore: è la prima risposta a un improvviso abbandono, una calma apparente basata su<br />

una chiusura emozionale in cui tutte le emozioni sono sospese e la realtà è negata, fino a quando<br />

la persona abbandonata non si sente in una situazione più sicura da poter “sentire” di nuovo.<br />

Bramosia, ricerca, collera: la “ricerca per l’oggetto perduto” è posta al centro della<br />

reazione al lutto. La persona abbandonata ripassa nella mente ogni dettaglio degli eventi che<br />

hanno condotto alla separazione in una sorta di “replay” compulsivo, sperando che sia stato fatto<br />

qualche errore e che eventi passati possano venir forzati ad evolversi in modo differente. La<br />

ricerca mentale della persona abbandonata, sarebbe un tentativo di riavere l’oggetto perduto e di<br />

riunirsi a esso. Anche il pianto e la collera, di vitale importanza per la persona abbandonata,<br />

sarebbero un tentativo di risvegliare l’attenzione dell’altra persona.<br />

Disorganizzazione, disperazione: la persona rimasta sola subisce la perdita della persona<br />

amata, ma anche della base sicura alla quale rivolgersi nel momento del bisogno. La perdita getta<br />

lo scompiglio nel mondo interno della persona che la soffre. Tutte le attese che dipendevano dalla<br />

presenza della persona amata ora sono messe in dubbio. Durante la fase di disorganizzazione la<br />

persona continua a mettere in dubbio e a ricercare, ma “l’oggetto non esiste più”.<br />

Riorganizzazione: l’elaborazione del dolore per la perdita consiste nel ricostruire una base<br />

sicura, che dipende dal sostegno di un ambiente sufficientemente affidabile a trasformare<br />

all’angoscia, con la consapevolezza che nuovi attaccamenti si possono formare solamente quando<br />

si sia rinunciato ai vecchi. Diviene patologia quando la persona non ricomincia a intessere altre<br />

relazioni, rapporti sociale o affettivi.<br />

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