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“INTEGRAZIONE DEL PROTOCOLLO EMDR NELLA TERAPIA ...

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di consultazione:<br />

� costruire un'alleanza terapeutica,<br />

� aiutare la paziente stessa e i suoi familiari a percepire prima la sofferenza<br />

psicologia della ragazza e a concepirla poi come “una difficoltà di crescita all'interno<br />

di una rete di relazioni familiari e sociali” (Selvini Palazzoli e altri, 1998, pag. 106);<br />

� arrivare a condividere, con la paziente e i suoi familiari, un'ipotesi che dia significato<br />

al sintomo come difesa da una sofferenza psicologica maturata nell'intreccio tra<br />

disposizioni naturali, scelte individuali e storia delle relazioni familiari e sociali;<br />

� fare un bilancio delle risorse attivabili per il cambiamento.<br />

La terapia sistemico-relazionale mi sembra, quindi, uno strumento efficace per creare i<br />

presupposti necessari al lavoro con l'<strong>EMDR</strong>.<br />

L'integrazione tra i due approcci mi sembra, inoltre, utile perché se da un lato l'<strong>EMDR</strong><br />

permette di “cicatrizzare” molto rapidamente le ferite aperte (comprese quelle<br />

dell'attaccamento), dall'altro la terapia sistemico-relazionale permette anche di attivare,<br />

laddove sia possibile, le risorse familiari, non solo come supporto in fase di elaborazione<br />

con l'<strong>EMDR</strong>, ma anche con una funzione riparativa rispetto alle esperienze passate e<br />

come fonte di relazioni più gratificanti nella vita attuale e futura del paziente. Infatti, “Una<br />

delle premesse fondamentali della terapia della famiglia è che le persone dovrebbero<br />

essere aiutate a soddisfare le proprie necessità emotive, letteralmente, attraverso i propri<br />

cari, attraverso le persone che hanno per loro più importanza, piuttosto che attraverso un<br />

terapeuta, un surrogato dei genitori la cui associazione con il paziente è necessariamente<br />

limitata, professionale e “come se”.” (Framo, 1996, pag. 11).<br />

D'altro canto, sempre più spesso vengono inviate al nostro centro pazienti adulte (intorno<br />

ai 40-50 anni), obese iperfagiche o binge eater, che non hanno più i genitori o li hanno in<br />

condizioni di salute tali da non poter più essere una risorsa riparativa. Con esse l'<strong>EMDR</strong><br />

consente di curare le ferite lasciate dalle figure di attaccamento, anche in loro assenza,<br />

andando a rinforzare l'effetto delle riflessioni sulle dinamiche trigenerazionali.<br />

OSSERVAZIONI SUI VANTAGGI E SULLE DIFFICOLTA'<br />

INCONTRATE NELL'UTILIZZO <strong>DEL</strong>L'<strong>EMDR</strong> IN ASSOCIAZIONE<br />

ALLA <strong>TERAPIA</strong> SISTEMICO RELAZIONALE <strong>NELLA</strong> PATOLOGIA<br />

ALIMENTARE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA<br />

SINTOMATOLOGIA BULIMICA.<br />

Come ho detto in premessa, la nostra esperienza nell'utilizzo dell'<strong>EMDR</strong> nella patologia<br />

alimentare è recente e in fase sperimentale. Ci sentiamo, comunque, di fare alcune<br />

osservazioni sia sui vantaggi sia sulle difficoltà riscontrate nella nostra casistica, con<br />

alcune sottolineature rispetto alle diverse sintomatologie.<br />

a- Rispetto alle pazienti obese (iperfagiche o binge-eater e, in parte, anche per le<br />

bulimiche) l'utilizzo dell'<strong>EMDR</strong> aiuta a combattere il senso di impotenza delle pazienti, che<br />

rischia, talvolta, di contagiare anche i terapeuti. Come ha scritto Matteo Selvini: “ Se faccio<br />

scorrere nella mia mente i volti delle persone obese che ho avuto in trattamento la prima<br />

parola chiave che mi viene in mente è impotenza: l'avere condiviso dolorosamente con il<br />

paziente e la sua famiglia il fallimento dei tentativi di dimagrire, o anche, molto spesso<br />

l'incapacità di progettare seriamente una strada per il cambiamento. Il fallimento del<br />

perdere peso o il recuperarlo con gli interessi dopo un calo. Il senso di impotenza e<br />

rassegnazione sono i due vissuti che più spesso ci siamo trovati a condividere”. (Selvini,<br />

2008).<br />

Molte delle nostre pazienti obese e bulimiche hanno alle spalle percorsi terapeutici<br />

prolungati con altri terapeuti e sono in carico da diverso tempo anche presso di noi con

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