“INTEGRAZIONE DEL PROTOCOLLO EMDR NELLA TERAPIA ...
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<strong>“INTEGRAZIONE</strong> <strong>DEL</strong> <strong>PROTOCOLLO</strong> <strong>EMDR</strong> <strong>NELLA</strong> <strong>TERAPIA</strong><br />
SISTEMICO RELAZIONALE RISPETTO ALLA PATOLOGIA<br />
ALIMENTARE”<br />
INTRODUZIONE<br />
Monica Aletti e Nives Carissoni<br />
A partire dalla primavera del 2004, nell'ambito dell'associazione “Centri Mara Selvini”, ci<br />
siamo impegnati, con buoni risultati, per sperimentare e consolidare modalità e strategie<br />
di collaborazione multidisciplinare con un medico che, nel rispetto delle specifiche<br />
competenze, condividesse i nostri stessi presupposti teorico-clinici.<br />
Negli ultimi mesi, confortati dalla letteratura scientifica sull'utilizzo clinico dell'<strong>EMDR</strong> e dai<br />
risultati da noi stesse ottenuti nel trattamento di altri disturbi, abbiamo ritenuto opportuno<br />
sperimentare l'integrazione tra la terapia sistemico-relazionale e il trattamento con <strong>EMDR</strong>,<br />
con l'obiettivo di incrementare ulteriormente l'efficacia dei nostri interventi e superare<br />
alcune criticità.<br />
La nostra relazione, frutto di un'esperienza molto recente con 17 pazienti, intende mettere<br />
in luce sia le prospettive, che appaiono promettenti, sia le difficoltà incontrate nel tentativo<br />
di integrare i due modelli terapeutici.<br />
IL MO<strong>DEL</strong>LO SISTEMICO RELAZIONALE DI RIFERIMENTO<br />
Come ha efficacemente sintetizzato Matteo Selvini nella relazione d'apertura del primo<br />
convegno dell'Associazione “Centri Mara Selvini” :<br />
“Il nostro modello è caratterizzato dalla teoria dell'attaccamento e dall'integrazione tra<br />
concetti sistemici (la specifica posizione del paziente nel sistema delle sue relazioni) e<br />
individuali (la specifica relazione del paziente con se stesso, ad esempio, con quali<br />
modalità elabora la<br />
sofferenza).<br />
La diagnosi e il trattamento mettono al centro la persona sofferente e sono impostati su tre<br />
poli:<br />
1. la diagnosi del funzionamento familiare e delle altre relazioni significative;<br />
2. la diagnosi sulle specifiche caratteristiche del sintomo;<br />
3. la diagnosi del tipo di personalità.<br />
Una personalità si co-costituisce nell'interazione con le figure significative e in questo<br />
processo possono generarsi disagi che il paziente cercherà di tamponare ricorrendo a<br />
sintomi quali l'anoressia, la bulimia, l'iperfagia.” (Selvini, 2006).<br />
La collaboratività con il paziente e i suoi familiari significativi e il lavoro in équipe sono<br />
inoltre due elementi essenziali del nostro modello terapeutico.<br />
IL MO<strong>DEL</strong>LO DI ELABORAZIONE ACCELERATA<br />
<strong>DEL</strong>L'INFORMAZIONE E L'<strong>EMDR</strong><br />
L'<strong>EMDR</strong> è una tecnica terapeutica volta all'elaborazione adattiva dell'informazione che a<br />
causa di eventi traumatici (grandi “T “e piccole “t”) è rimasta immagazzinata nel cervello in<br />
maniera non adattiva e non integrata.<br />
Nel modello di elaborazione accelerata dell'informazione, “la patologia viene considerata
come configurata dall'impatto di precedenti esperienze conservate nel sistema nervoso<br />
nella loro forma originale” (Shapiro, 2000, pag. 14). A fronte dell'evento traumatico<br />
l'informazione viene, cioè, immagazzinata con le cognizioni negative, le emozioni, le<br />
percezioni e le sensazioni fisiche che sono state esperite al momento dell'evento<br />
traumatico e come tali vengono riattivate ogni qualvolta uno stimolo attuale le richiama.<br />
L'<strong>EMDR</strong>, attraverso i movimenti oculari bilaterali (simili a quelli del sonno REM) o altre<br />
forme di stimolazione bilaterale (tapping, stimolazioni acustiche bilaterali alternate), stimola<br />
l'integrazione tra le reti neurali, favorendo una rapida elaborazione degli eventi traumatici<br />
e delle cognizioni negative, delle percezioni, delle sensazioni fisiche ed delle emozioni<br />
connesse.<br />
LE MOTIVAZIONI A SOSTEGNO <strong>DEL</strong>L'INTEGRAZIONE <strong>DEL</strong><br />
TRATTAMENTO <strong>EMDR</strong> CON LA <strong>TERAPIA</strong> SISTEMICO<br />
RELAZIONALE<br />
I clinici formatori ed esperti dell'<strong>EMDR</strong> (Shapiro, Fernandez etc.) sottolineano quanto siano<br />
essenziali una solida preparazione clinica del terapeuta e una adeguata fase di<br />
consultazione volta ad individuare le connessioni tra la sofferenza attuale e la storia<br />
individuale e relazionale del paziente, nonché le sue risorse personali e relazionali. Tutto<br />
ciò è essenziale per individuare sia i ricordi “target” da elaborare, in quanto ritenuti<br />
all'origine della sofferenza attuale, sia le risorse personali e relazionali legate a<br />
esperienze positive che possono essere potenziate nella fase di stabilizzazione e possono<br />
orientare il terapeuta negli interventi cognitivi integrativi (responsabilità/colpa, sicurezza,<br />
scelta).<br />
Più in specifico, Shapiro (Shapiro, 2000) sottolinea che:<br />
a- Per rendere efficace l'<strong>EMDR</strong> è necessario individuare i giusti target da elaborate e<br />
pianificarne l'elaborazione nella giusta sequenza, sulla base dell'esperienza clinica del<br />
terapeuta e attraverso il confronto con il paziente. Un'elaborazione su ricordi casuali<br />
rischia di avere scarsa efficacia o, quanto meno, di prolungare i tempi del trattamento.<br />
b- Altro presupposto essenziale per un utilizzo efficace dell' <strong>EMDR</strong>, in particolare con<br />
pazienti gravi/difficili come i pazienti con DCA che tendono alla dissociazione e<br />
all'evitamento delle emozioni disturbanti, è appunto la stabilizzazione del paziente che<br />
comprende:<br />
� la costruzione di una solida relazione terapeutica;<br />
� a livello individuale l'installazione del “posto al sicuro” o di altre tecniche di<br />
rilassamento e l' “installazione delle risorse” che attraverso l'apprendimento di<br />
strategie di “coping” possono dare un senso di maggior efficacia e controllo al<br />
paziente;<br />
� l'attivazione di risorse familiari/relazionali importanti per avviare l'elaborazione in<br />
condizioni di sicurezza. Infatti, l'elaborazione di esperienze traumatiche può fare<br />
emergere ricordi, emozioni e sensazioni fisiche altamente disturbanti anche tra una<br />
seduta e l'altra. E' quindi importante che il paziente possa essere accolto e<br />
contenuto, oltre che dal terapeuta, anche dalle persone significative del suo mondo<br />
relazionale (Shapiro, 2000).<br />
Questi obiettivi “preparatori” all'elaborazione con <strong>EMDR</strong> mi sembrano sostanzialmente<br />
sovrapponibili a quelli individuati da Selvini Palazzoli e altri (1998) tra gli obiettivi della fase
di consultazione:<br />
� costruire un'alleanza terapeutica,<br />
� aiutare la paziente stessa e i suoi familiari a percepire prima la sofferenza<br />
psicologia della ragazza e a concepirla poi come “una difficoltà di crescita all'interno<br />
di una rete di relazioni familiari e sociali” (Selvini Palazzoli e altri, 1998, pag. 106);<br />
� arrivare a condividere, con la paziente e i suoi familiari, un'ipotesi che dia significato<br />
al sintomo come difesa da una sofferenza psicologica maturata nell'intreccio tra<br />
disposizioni naturali, scelte individuali e storia delle relazioni familiari e sociali;<br />
� fare un bilancio delle risorse attivabili per il cambiamento.<br />
La terapia sistemico-relazionale mi sembra, quindi, uno strumento efficace per creare i<br />
presupposti necessari al lavoro con l'<strong>EMDR</strong>.<br />
L'integrazione tra i due approcci mi sembra, inoltre, utile perché se da un lato l'<strong>EMDR</strong><br />
permette di “cicatrizzare” molto rapidamente le ferite aperte (comprese quelle<br />
dell'attaccamento), dall'altro la terapia sistemico-relazionale permette anche di attivare,<br />
laddove sia possibile, le risorse familiari, non solo come supporto in fase di elaborazione<br />
con l'<strong>EMDR</strong>, ma anche con una funzione riparativa rispetto alle esperienze passate e<br />
come fonte di relazioni più gratificanti nella vita attuale e futura del paziente. Infatti, “Una<br />
delle premesse fondamentali della terapia della famiglia è che le persone dovrebbero<br />
essere aiutate a soddisfare le proprie necessità emotive, letteralmente, attraverso i propri<br />
cari, attraverso le persone che hanno per loro più importanza, piuttosto che attraverso un<br />
terapeuta, un surrogato dei genitori la cui associazione con il paziente è necessariamente<br />
limitata, professionale e “come se”.” (Framo, 1996, pag. 11).<br />
D'altro canto, sempre più spesso vengono inviate al nostro centro pazienti adulte (intorno<br />
ai 40-50 anni), obese iperfagiche o binge eater, che non hanno più i genitori o li hanno in<br />
condizioni di salute tali da non poter più essere una risorsa riparativa. Con esse l'<strong>EMDR</strong><br />
consente di curare le ferite lasciate dalle figure di attaccamento, anche in loro assenza,<br />
andando a rinforzare l'effetto delle riflessioni sulle dinamiche trigenerazionali.<br />
OSSERVAZIONI SUI VANTAGGI E SULLE DIFFICOLTA'<br />
INCONTRATE NELL'UTILIZZO <strong>DEL</strong>L'<strong>EMDR</strong> IN ASSOCIAZIONE<br />
ALLA <strong>TERAPIA</strong> SISTEMICO RELAZIONALE <strong>NELLA</strong> PATOLOGIA<br />
ALIMENTARE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA<br />
SINTOMATOLOGIA BULIMICA.<br />
Come ho detto in premessa, la nostra esperienza nell'utilizzo dell'<strong>EMDR</strong> nella patologia<br />
alimentare è recente e in fase sperimentale. Ci sentiamo, comunque, di fare alcune<br />
osservazioni sia sui vantaggi sia sulle difficoltà riscontrate nella nostra casistica, con<br />
alcune sottolineature rispetto alle diverse sintomatologie.<br />
a- Rispetto alle pazienti obese (iperfagiche o binge-eater e, in parte, anche per le<br />
bulimiche) l'utilizzo dell'<strong>EMDR</strong> aiuta a combattere il senso di impotenza delle pazienti, che<br />
rischia, talvolta, di contagiare anche i terapeuti. Come ha scritto Matteo Selvini: “ Se faccio<br />
scorrere nella mia mente i volti delle persone obese che ho avuto in trattamento la prima<br />
parola chiave che mi viene in mente è impotenza: l'avere condiviso dolorosamente con il<br />
paziente e la sua famiglia il fallimento dei tentativi di dimagrire, o anche, molto spesso<br />
l'incapacità di progettare seriamente una strada per il cambiamento. Il fallimento del<br />
perdere peso o il recuperarlo con gli interessi dopo un calo. Il senso di impotenza e<br />
rassegnazione sono i due vissuti che più spesso ci siamo trovati a condividere”. (Selvini,<br />
2008).<br />
Molte delle nostre pazienti obese e bulimiche hanno alle spalle percorsi terapeutici<br />
prolungati con altri terapeuti e sono in carico da diverso tempo anche presso di noi con
cambiamenti, a volte significativi, ma molto lenti e non sufficienti, soprattutto dal punto di<br />
vista sintomatico.<br />
Nella nostra esperienza, l'installazione del “Posto al sicuro” e delle “Risorse” ha aiutato le<br />
pazienti che facevano abbuffate ad acquisire strategie che hanno consentito loro, quanto<br />
meno, di procrastinare l'abbuffata, riducendo il senso d'urgenza, e di percepire, di<br />
conseguenza, un senso di maggior controllo. (es. Alessia)<br />
Inoltre, la rapidità con cui si verificano, anche a livello profondo (di pancia e non solo di<br />
testa) cambiamenti, fino ad allora considerati impossibili o lentissimi, ha incremento la<br />
motivazione alla terapia.<br />
Quest'ultimo aspetto, tuttavia, è uno dei vantaggi, ma allo stesso tempo, è uno dei rischi<br />
da non sottovalutare quando si utilizza l'<strong>EMDR</strong> nel trattamento della patologia alimentare.<br />
Infatti, i pazienti che abitualmente si difendono dall'impatto delle emozioni, possono anche<br />
spaventarsi nel sentirle emergere così rapidamente e intensamente. In questo caso, se<br />
non sono fortemente motivate al cambiamento e non è stata fatta una sufficiente fase<br />
preparatoria di stabilizzazione, possono abbandonare la terapia. L'unico dropout/sospensione,<br />
riconducibile all'introduzione dell'<strong>EMDR</strong>, che abbiamo avuto fino a<br />
questo momento ha riguardato una diciottenne obesa, arrivata al nostro centro due anni<br />
fa, per un disturbo della condotta, la quale, a parole, vorrebbe superare il disturbo del<br />
comportamento alimentare, ma nei fatti è molto ancorata ai vantaggi secondari dei suoi<br />
molteplici disturbi. L'avere sottovalutato quest'aspetto e sopravvalutato l'alleanza<br />
terapeutica, mi hanno probabilmente indotta a non tenere sufficientemente presente la<br />
necessità di una maggiore stabilizzazione in fase preparatoria.<br />
b- Uno degli aspetti su cui la letteratura (Todisco, Vinai, 2008; Selvini, 2008) concorda è il<br />
fatto che questi pazienti utilizzano il cibo e/o l'abbuffata per regolare stati emotivi diversi<br />
che fanno fatica a discriminare e che questo comportamento è necessario a sostenere<br />
una difesa dissociativa.<br />
“L'alessitimia (difficoltà di percepire e identificare gli stati emotivi) è associata a diverse<br />
condizioni dello sviluppo e a molteplici tratti di personalità. Tuttavia, sono numerose le<br />
osservazioni cliniche e i dati sperimentali che la attribuiscono a esperienze traumatiche<br />
interpersonali dell'infanzia come il neglect e l'abuso, oppure che l'associano a quadri clinici<br />
dello spettro post-traumatico e alle loro difficoltà di trattamento (Helling 2009; McLean et<br />
al. 2006). Secondo alcuni studiosi l'alessitimia post-traumatica è un disturbo generato da<br />
uno stato di compartimentazione strutturale della personalità in cui è ostacolata<br />
l'integrazione delle informazioni sulle variazioni dello stato corporeo generate dalle<br />
emozioni e le capacità rappresentazionali ed esecutive delle funzioni mentali superiori<br />
(Clayton, 2004;Decety, Moriguchi, 2007; van der Hart et al., 2006). In altre parole, oltre ad<br />
essere una delle più evidenti forme di deficit metacognitivo, l'alessitimia può anche essere<br />
considerata una delle manifestazioni dei processi dis-integrativi o dissociativi che seguono<br />
ai traumi.” (Liotti, Farina, 2011, pag. 60)<br />
“Il rapporto tra trauma e dissociazione esiste, ma è probabilmente multifattoriale e non<br />
lineare (Giesbrect, Mercklebach, 2008). Fattori di dissociazione potrebbero essere<br />
riscontrati in esperienze di grave assenza di sintonia comunicativa fra il bambino e chi<br />
quotidianamente interagisce con lui, senza che per questo l'interazione sia traumatica, in<br />
particolari esperienze di attaccamento dove chi dà cura è emotivamente fragile ma non<br />
maltrattante ...” (Liotti, Farina, 2011, pag. 63)<br />
Queste osservazioni di Liotti e Farina, ci sono state utili per dare una possibile spiegazione<br />
a un fenomeno che abbiamo osservato spesso con questa tipologia di pazienti e che ci ha<br />
fatto sperare di avere trovato nell'<strong>EMDR</strong> uno strumento utile per spostare sul piano<br />
emotivo pazienti che, anche quando hanno un buono ingaggio terapeutico, fanno fatica a<br />
lavorare sulle emozioni. Già nella fase di “mappatura dei traumi”, infatti, sono spesso<br />
emerse manifestazioni emotivamente forti che, a mio avviso, possono essere legate al
fatto che la metodologia di lavoro proposta dall'<strong>EMDR</strong> favorisce l'integrazione tra le<br />
capacità rappresentazionali ed esecutive delle funzioni mentali superiori (chiedendo di<br />
richiamare il ricordo e la cognizione negativa connessa) e le informazioni sulle variazioni<br />
dello stato corporeo generate dalle emozioni (chiedendo al paziente di richiamare<br />
l'emozione, il livello di disturbo e dove lo sentono nel corpo). Valeria, lasciando emergere<br />
il ricordo di una relazione con il collega psicologo che mi ha preceduto, esprime piangendo<br />
tutta la sua sofferenza per non avere mai avuto una relazione intima con un uomo. Da lì<br />
inizia a raccontarmi, per la prima volta, che ha fantasie sessuali su Pietro e non su<br />
Antonio. nonostante che dica di essere innamorata del secondo, dandomi modo di<br />
riflettere con lei sulle motivazioni (Pietro fa più paura perché più accessibile, Antonio.<br />
probabilmente rimarrà sempre una relazione platonica). La paziente torna alla seduta<br />
successiva dicendomi che ha deciso di dare una possibilità a Pietro, e che forse è lei che<br />
si è sempre preclusa delle possibilità; ma, soprattutto, da qual momento la “finestra sulle<br />
sue emozioni” che nei due anni di terapia precedenti si apriva a sprazzi, ma si richiudeva<br />
subito, è rimasta aperta in tutti i colloqui successivi.<br />
c- Oltre a trasmettere la percezione che il cambiamento è possibile, l'esperienza di riuscire<br />
a elaborare i ricordi traumatici e le emozioni disturbanti ad essi correlate molto<br />
rapidamente (normalmente anche quando si chiude una seduta incompleta il livello di<br />
disturbo quanto meno scende) rende più accettabile affrontare le esperienze traumatiche e<br />
fa abbassare le difese.<br />
La ricerca clinica sull'<strong>EMDR</strong> ha messo a punto tutta una serie di tecniche che ne rendono<br />
possibile l'utilizzo anche con pazienti gravi, che tendono alla dissociazione e all'<br />
evitamento delle emozioni. In particolare, ci sono apparsi molto utili con le nostre pazienti l'<br />
“intervento cognitivo integrativo”, e il “riorientamento temporale”.<br />
d- La maggior parte delle nostre pazienti sono state maltrattate fisicamente o<br />
psicologicamente, abusate o molestate sessualmente, o, nel migliore dei casi, gravemente<br />
carenziate e l'<strong>EMDR</strong> è stato ormai validato ampiamente per il trattamento DPTS e per le<br />
sequele di traumi gravi dimostrandosi altamente efficace. Inoltre, la ricerca clinica ne sta<br />
dimostrando l'efficacia anche nel curare le ferite dell'attaccamento.<br />
STRATEGIE UTILIZZATE<br />
a- Abbiamo ritenuto utile installare sempre il “Posto al sicuro” e alcune “risorse” prima di<br />
effettuare la “mappatura dei traumi”, cioè l'individuazione di 10 ricordi disturbanti, con le<br />
cognizioni negative e le emozioni ad essi associate. Infatti, l'osservazione del fatto che<br />
questa fase del trattamento, spesso, fa emergere emozioni forti, ci ha indotto a pensare<br />
che per pazienti così difese potesse essere rassicurante possedere degli strumenti per<br />
tranquillizzarsi e esperire una capacità di controllo di sé, anche al di fuori della stanza di<br />
terapia.<br />
b- Discutere con il paziente da che ricordo iniziare: non partiamo necessariamente dal più<br />
antico o dal peggiore, come prevede il protocollo standard. Normalmente concordiamo di<br />
partire da un ricordo che sentono disturbante, connesso con vissuti attuali, ma tollerabile<br />
(spaventa meno e se riescono a chiudere sono rassicurati).<br />
Con Lorella per esempio abbiamo scelto di lavorare su un ricordo della prima infanzia (lei<br />
che gioca nel box e improvvisamente sente intorno a sé il panico della nonna e della<br />
madre al rientro a casa del padre) che lei non sente come il più disturbante ma che sente<br />
connesso ad un problema molto attuale e cioè la sensazione paralizzante che sperimenta<br />
di fronte a qualsiasi conflitto sia che abbia a che fare con lei sia che riguardi problemi di
altri.<br />
c- tecniche per l'integrazione delle EP dissociate e degli evitamenti:<br />
- in presenza di “uno stato di compartimentazione strutturale della personalità in cui è<br />
ostacolata l'integrazione delle informazioni sulle variazioni dello stato corporeo generate<br />
dalle emozioni e le capacità rappresentazionali ed esecutive delle funzioni mentali<br />
superiori (Clayton, 2004;Decety, Moriguchi, 2007; van der Hart et al., 2006 cit.in Liotti), il<br />
riorientamento temporale può essere utile per stimolare la prospettiva dell'adulto<br />
collegando le reti neurali bloccate all'età del trauma con le reti neurali più adattive e più<br />
adulte. Questo viene fatto con interventi quali: “quanti anni ha questa parte, è giovane o<br />
vecchia? Vorrei chiedere a questa parte se sa che oggi ha tot anni? Etc.<br />
- Interventi cognitivi integrativi che intrecciano “deliberatamente affermazioni derivate o<br />
sollecitate dal terapeuta con il materiale generato dal paziente […] e che affrontano<br />
generalmente tre aspetti principali: responsabilità, sicurezza e scelta. (Shapiro, p.252-<br />
253).<br />
Con Elisabetta, una donna di 55 anni, ossessionata dall'immagine della sorella cianotica<br />
sul divano e dal senso di colpa per non essere accorsa con sufficiente solerzia alla sua<br />
richiesta d'aiuto (la sorella, allora trentenne, è morta dopo 20 giorni di coma) l'intervento<br />
cognitivo integrativo “come poteva sapere? Se avesse saputo cosa avrebbe fatto?” è stato<br />
necessario per permetterle di procedere con le associazioni e per elaborare il senso di<br />
colpa che la teneva incatenata a scelte di vita al limite del masochismo.<br />
LA <strong>TERAPIA</strong> DI ALESSIA<br />
Ho scelto di presentarvi il lavoro fatto fino a questo momento con Alessia perché a mio<br />
avviso illustra efficacemente come gli interventi sitemico-relazionali si possano integrare<br />
con il trattamento <strong>EMDR</strong> per stimolare fattori di cambiamento nei pazienti affetti da DCA.<br />
Alessia, oggi ventiduenne (1989), è arrivata al nostro centro a fine settembre del 2007,<br />
dopo avere interrotto una terapia individuale ad orientamento psicodinamico durata circa<br />
un anno.<br />
Alessia al momento della consultazione riferiva di abbuffarsi due-tre volte al giorno, con<br />
successivo vomito autoindotto, dopo un periodo di progressiva restrittività dall'inizio del<br />
2006 a giugno del 2007. Alessia era angosciatissima per questa perdita di controllo e<br />
diceva di sentirsi molto in colpa con i genitori, sia per il dispiacere che dava loro sia per la<br />
spesa economica.<br />
Pur non raggiungendo mai un sottopeso importante (prima dell'esordio sintomatico era<br />
63Kg x 1,65 BMI 23,15 mentre alla prima visita dal medico dietologo a febbraio del 2008<br />
aveva un BMI di 17) praticava attività sportiva tanto intensamente da avere un rapporto tra<br />
massa grassa e massa muscolare (15%) tale da rimanere amenorroica anche dopo avere<br />
recuperato stabilmente un BMI di 19,5.<br />
Abbiamo proposto una consultazione parallela familiare/individuale fino a luglio del 2008.<br />
Alla fine della consultazione abbiamo scelto di procedere con una terapia individuale molto<br />
dilazionata nel tempo (per lunghi periodi l'ho vista una volta al mese) a causa degli<br />
impegni universitari di Alessia che nel frattempo aveva brillantemente concluso la scuola<br />
superiore e si era trasferita all'università. Ogni 6-8 mesi vedevo i genitori per un<br />
aggiornamento. Alla fine del 2010 ho proposto l'utilizzo dell' <strong>EMDR</strong>, con l'accordo dei<br />
genitori.<br />
Alessia è sempre stata molto brava a scuola, si è diplomata con 100/100 e ora sta<br />
concludendo in corso la laurea triennale in ambito sanitario (media del 30). Fin dai 16 anni<br />
ha svolto con regolarità diversi lavori per contribuire alle sue spese. Al momento della
consultazione aveva una vita sociale ridotta ai minimi termini, pur avendo un ragazzo.<br />
Alessia ha un fratello, Matteo, del 1982, che ha interrotto una scuola professionale dopo<br />
tre anni di insuccessi e ora lavora come operaio nella ditta di un parente. In adolescenza<br />
ha fatto uso di droghe e aveva rapporti molto conflittuali con i genitori. Alessia ha assistito<br />
a scene violentissime tra il fratello e il padre ed è stata in diverse occasioni picchiata dal<br />
fratello. Al momento della consultazione Matteo viveva in casa ed esibiva comportamenti<br />
“maschilisti”. Nonostante ciò era triangolato nella coppia genitoriale dalla madre che, a<br />
tratti, ammetteva che era un “despota”, ma nonostante ciò lo considerava “profondo e<br />
sensibile”.<br />
La madre, Nadia, del 1958, operaia part-time, è la secondogenita di tre sorelle che, come<br />
la loro madre, vivono nello stesso cortile. Nadia, al momento della consultazione, era<br />
estremamente sacrificale rispetto alla famiglia d'origine e costringeva la sua famiglia<br />
nucleare a seguire lo stesso destino. Lasciava, per esempio, che i figli dormissero in una<br />
stanza piccolissima, con i letti a pochi centimetri uno dall'altro, per tenere la taverna a<br />
disposizione dei pranzi con la sua famiglia di origine.<br />
Giuseppe, del 1955, operaio, è il quartogenito della sua famiglia d'origine. Ha una sorella<br />
disabile cresciuta in istituto fino ai 14 anni. Giuseppe, più svincolato della moglie dai<br />
servigi alla madre autoritaria, offriva però Alessia come vittima sacrificale. Al momento<br />
della consultazione Nadia e i figli definivano Giuseppe superficiale e incompetente come<br />
figura genitoriale, ma portavano degli esempi del tutto incongrui. Alla fine è emersa una<br />
fatica della coppia a livello coniugale.<br />
Abbiamo lavorato, con diversi formati, sulla fatica di Alessia ad identificarsi con un modello<br />
di madre sacrificale, che da un lato veniva vissuto come irraggiungibile dall'altro non<br />
rappresentava affatto un modello invidiabile. I tentativi di Alessia di essere la “figlia<br />
perfetta" e di prepararsi a diventare una “donna adulta perfetta” le portavano, infatti meno,<br />
riconoscimenti di quanti ne ricevessero Matteo o l' “intoccabile” cugina Federica, coetanea<br />
di Alessia. Abbiamo lavorato anche sugli episodi di mancata protezione e sul vissuto di<br />
ingiustizia di Alessia.<br />
Cambiamenti ottenuti con la terapia sistemico relazione familiare e individuale:<br />
1 - Matteo, pur continuando a pensare che il problema della sorella andasse trattato con la<br />
forza, si è svincolato dal ruolo di sostituto genitoriale, chiedendo esplicitamente alla madre<br />
di non coinvolgerlo più nel problema di Alessia perché lo faceva troppo soffrire.<br />
2 - Matteo ha iniziato a comportarsi da fratello maggiore, chiedendo ad Alessia di<br />
condividere con lui esperienze che piacevano ad entrambi.<br />
3 - Tutti i membri della famiglia sono, progressivamente arrivati ad una maggior<br />
valorizzazione del padre e della sua componente affettiva.<br />
4 - C'è stato un riavvicinamento della coppia coniugale che ha svincolato Alessia dal ruolo<br />
di consolatrice della madre.<br />
5 - Nadia ha dato inizio ad un parziale contenimento delle pretese della sua famiglia<br />
d'origine.<br />
6 - C'è stata una lenta ma progressiva apertura di Alessia ai propri bisogni e alla<br />
dimensione del piacere.<br />
7 - Alessia si è aperta maggiormente alla vita sociale.<br />
Motivazioni che ci hanno indotto a puntare su un percorso individuale.<br />
1 - I genitori ad un certo punto hanno verbalizzato che più di così loro non sarebbero<br />
riusciti a fare, rischiando di colpevolizzare sempre di più Alessia perché non faceva<br />
abbastanza.<br />
2 - Erano subentrati problemi economici che in parte erano oggettivi e in parte venivano<br />
utilizzati per indurre Alessia a smettere le abbuffate. Alessia da un lato si sentiva in colpa<br />
dall'altro esprimeva con il sintomo la forte rabbia verso i genitori che non capivano la sua<br />
sofferenza.
3 - I genitori, e la madre in particolare, aumentavano il vissuto di impotenza di Alessia<br />
rispetto al sintomo, nel senso che qualsiasi miglioramento, pur riconosciuto, non era mai<br />
abbastanza perché permanevano le abbuffate.<br />
4 - Avendo iniziato l'università fuori sede Alessia conduceva una vita più autonoma anche<br />
dal punto di vista pratico.<br />
5 - Ci sembrava che un percorso individuale, in un contesto scelto ed accettato dalla<br />
madre, e a cui i genitori continuavano ad avere accesso, potesse aiutare Alessia a<br />
svicolarsi dalla dipendenza dal giudizio della madre.<br />
Motivi che mi hanno indotto a proporre la terapia con <strong>EMDR</strong>.<br />
1 - Il sintomo, pur essendosi ridotto in quantità e intensità, rimaneva comunque quotidiano<br />
(a parte rare eccezioni), facendo sentire Alessia sempre più scoraggiata e in balia di una<br />
cosa più grande di lei.<br />
2 - Alessia faticava ancora a connettere il sintomo ai suoi stati d'animo.<br />
3 - Alessia, pur essendo diventata capace di fare delle scelte anche in contrasto con<br />
l'opinione della madre, continuava ad aspirare all'assoluta approvazione di quest'ultima<br />
vivendo qualsiasi banale rimprovero come assolutamente distruttivo.<br />
4 - Anche se a livello cognitivo Alessia era più consapevole di certi suoi tratti come il<br />
perfezionismo, faticava a mettere in atto cambiamenti che modificassero nel profondo i<br />
suoi stati interni.<br />
5 - Io stessa, pur avendo fiducia nelle risorse di Alessia, sentivo che i cambiamenti erano<br />
così lenti che stavo rischiando di perderla.<br />
A mio avviso Alessia ha accolto subito bene la proposta di lavorare con l'<strong>EMDR</strong> anche<br />
perché la scelta è stata supportata dalla madre. Se non ci fosse stato alle spalle il lavoro<br />
con la famiglia d'origine probabilmente questo non sarebbe successo (I genitori, e in<br />
particolare la madre, avevano dato il loro contributo a far sì che Alessia interrompesse la<br />
precedente terapia individuale sia perché non vedevano miglioramenti sia perché quando<br />
la signora aveva tentato di capire che cosa stava succedendo e come poteva aiutare<br />
Alessia era stata allontanata dalla collega).<br />
La proposta dell'<strong>EMDR</strong> ha riacceso inoltre la speranza di Alessia di riuscire a stare bene in<br />
tempi ragionevoli.<br />
Alessia ha scelto come “Posto al sicuro” la coperta del letto dei genitori associata a<br />
sensazioni di protezione, calore e tranquillità. Alessia è stata molto collaborativa ed è<br />
riuscita subito ad esercitarsi anche a casa. E' tornata alla seduta successiva dicendomi<br />
che le abbuffate erano continuate, ma che era diminuito il senso d'urgenza e questo le<br />
aveva dato una sensazione di maggior controllo.<br />
Abbiamo proceduto all' “Installazione delle risorse”, alcune delle quali hanno avuto di<br />
nuovo a che fare con i genitori e con il fratello: il papà che l'abbraccia e le dice che ce la<br />
può fare (energia e coraggio), il papà che, durante una vacanza tutti insieme le dice<br />
“meno male che ci sei tu che ci fai arrivare ovunque” (senso di valore, essere capace), il<br />
fratello che nella stessa vacanza le mette una mano sulla spalla e le chiede come sta (Non<br />
sola, al settimo cielo). Nello stesso tempo sceglie anche delle risorse più centrate sui suoi<br />
stati fisici ed emotivi come lei che esce dalla palestra e si sente appagata e rilassata<br />
perché ha fatto una cosa piacevole per sé o che esce dall'acqua della piscina e prova una<br />
sensazione di benessere. Credo che questa parte del lavoro con l'<strong>EMDR</strong> abbia aiutato<br />
Alessia ad acquisire una senso di maggior autoefficacia . Alessia, infatti, è riuscita ad<br />
utilizzare queste risorse sia per procrastinare l'abbuffata anche di ore sia per affrontare<br />
altre situazioni che le procuravano molta ansia. Credo, inoltre, che il lavoro di installazione<br />
della risorse sia servite ad aiutare Alessia ad interiorizzare dei rimandi affettivi e<br />
valorizzanti da parte dei familiari, che erano presenti da tempo e che Alessia aveva
imparato nel corso della terapia a riconoscere, ma che a livello emotivo e della percezione<br />
di Sé, perdevano qualsiasi valore, di fronte alla minima critica o incomprensione. Da allora<br />
Alessia sempre di più mi riporta il vissuto di un clima familiare più caldo e gratificante dal<br />
quale riesce ad attingere risorse relazionali nei momenti di difficoltà.<br />
Dalla mappatura dei traumi è emersa una ricorrenza di cognizioni collocabili nelle due aree<br />
della “difettosità” e del “controllo/scelta: “io sono inadeguata”, “io non sono capace”, “io<br />
non sono all'altezza”, “io sono codarda”, “io sono debole”.<br />
Attraverso il “targeting” abbiamo concordato di lavorare prima sul ricordo più antico che<br />
Alessia associava alla cognizione negativa “Io non non ce la posso fare, non sono idonea”,<br />
Prima elaborazione:<br />
esercizi a danza classica<br />
Io non ce la posso fare, io non sono idonea<br />
Io posso riuscirci, io sono capace<br />
VOC 3<br />
SUD 8<br />
amarezza, svalutazione, rassegnazione<br />
nello stomaco<br />
Durante questa elaborazione Alessia fa delle associazioni con situazioni più recenti che le<br />
permettono di comprendere che ora in molte molte situazioni è lei che crea le condizioni di<br />
autoesclusione (all'università era talmente impegnata a fare l'allieva modello che<br />
nell'intervallo preparava il materiale copiava gli appunti etc. invece che stare con quelle<br />
superficiali delle sue compagne). Credo che il comprendere che quello che le accadeva a<br />
livello relazionale dipendeva anche da lei abbia ulteriormente aumentato il senso di<br />
controllo di Alessia e questo a mio avviso spiega l'ulteriore miglioramento a livello del<br />
sintomo. A quel punto Alessia incomincia a saltare in diverse occasioni le abbuffate.<br />
Alessia, tuttavia, ad un certo punto è arrivata in studio riferendo di giorni bruttissimi sia a<br />
livello di umore sia a livello del sintomo. Prendendo spunto dall'idea di Popky che le<br />
ricadute anziché essere considerate come delle sconfitte possono più utilmente essere<br />
utilizzate per individuare nuovi target da elaborare, le ho chiesto di individuare l'abbuffata<br />
peggiore e di individuare l'evento e l'emozione ad esso associata che poteva avere<br />
scatenato il bisogno di abbuffarsi. Anche se con fatica Alessia ci è riuscita e da allora è<br />
diventata capace, almeno in seduta, di riconoscere le situazioni e le emozioni che<br />
scatenano le abbuffate da cui abbiamo tratto nuovi target da elaborare (Per es.: 'ex<br />
ragazzo che si mette con un'altra proprio nel momento in cui si era illusa che potessero<br />
tornare insieme, la madre che le dice di avere saputo da Matteo che non aveva salutato i<br />
cugini). Questo lavoro, a cui abbiamo dedicato altre tre sedute, nelle quali elaboravamo<br />
completamente un evento) mi sembra sia servito sia ad aiutare Alessia ad imparare a<br />
discriminare e a gestire le sue emozioni, sia ad aumentare ancora di più il suo senso di<br />
autoefficacia tanto nella gestione del sintomo quanto nella gestione della sua vita familiare<br />
ed extrafamiliare.<br />
A mano a mano che procediamo nel lavoro aumentano i periodi di maggior controllo<br />
(anche più giorni senza abbuffate e senza il pensiero dell'attesa del momento in cui potersi<br />
abbuffare). Alessia, inoltre, ha iniziato a ridimensionare il suo bisogno di mostrarsi sempre<br />
perfetta e forte nelle relazioni con gli altri, riuscendo così ad trasmettere e ottenere in<br />
cambio maggior calore affettivo.<br />
Dopo le ferie estive Alessia è tornata in terapia riferendo di essere stata molto bene con gli<br />
amici e con il suo nuovo ragazzo, dimenticandosi anche per più giorni di fila delle<br />
abbuffate. L'imminente rientro dei genitori le ha provocato però un senso di malessere che<br />
lei stessa definisce “sensi di colpa bruttissimi” che non sa a cosa ricondurre. Attraverso il
“flotback” siamo riuscite ad individuare quello che a mio avviso è uno dei nodi problematici<br />
del tipo di funzionamento di Alessia e della sua relazione di con la madre.<br />
Sensi di colpa bruttissimi, flotback:<br />
Quando da piccola faceva qualcosa di male la madre le diceva “almeno tu Alessia” e<br />
piangeva tra l'arrabbiato e il disperato<br />
CN “Io non sono all'altezza, io sono una delusione”<br />
CP “Io vado bene così”<br />
VOC 2<br />
tristezza<br />
SUD 9<br />
nella pancia<br />
Dopo due elaborazioni su questo ricordo, Alessia è riuscita a recuperare associazioni con<br />
ricordi più recenti (più legati ad una prospettiva adulta) che le stanno consentendo di<br />
staccarsi dal vissuto infantile di dover essere perfetta per essere nel contempo accettata<br />
dalla madre e costituire la sua unica consolazione. In un passaggio dell'eleborazione di<br />
questo ricordo, Alessia accede alla consapevolezza del fatto che i suoi genitori<br />
baratterebbero tutti i suoi “risultati” con il suo “star bene”. A quel punto, rilevato che il<br />
livello di disturbo rispetto al ricordo originale non scendeva, ho ritenuto utile favorire la<br />
generalizzazione e l'integrazione delle informazioni attraverso un Intervento Cognitivo<br />
Integrativo. Ho chiesto ad Alessia quale poteva essere l'intenzione della madre nel dirle<br />
“Almeno tu Alessia” e questo ha consentito alla paziente di percepire anche la parte di<br />
“cura” insita nell'esortazione della madre.<br />
Concludendo, pur consapevole del fatto che siamo solo a metà dell'opera, penso che i<br />
passaggi del lavoro con l'<strong>EMDR</strong> che ho illustrato, siano stati utili nel superare quegli<br />
aspetti che a mio avviso rendevano lento e faticoso il cambiamento di Alessia. Tuttavia<br />
ritengo che il lavoro fatto in precedenza con Alessia e i suoi familiari sia stato altrettanto<br />
importante sia nell'individuare un'ipotesi eziopatogenetica che ci guidasse nel definire gli<br />
obiettivi del trattamento sia nell'aiutare Alessia ad individuare e mobilitare le risorse<br />
riparative sue e dei suoi familiari.<br />
OSSERVAZIONI SUI VANTAGGI E SULLE DIFFICOLTA'<br />
INCONTRATE NELL'UTILIZZO <strong>DEL</strong>L'<strong>EMDR</strong> IN ASSOCIAZIONE<br />
ALLA <strong>TERAPIA</strong> SISTEMICO RELAZIONALE <strong>NELLA</strong> PATOLOGIA<br />
ALIMENTARE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA<br />
SINTOMATOLOGIA RESTRITTIVA.<br />
Anche con le pazienti anoressiche l'applicazione dell'<strong>EMDR</strong>, dal nostro punto di vista,<br />
risulta particolarmente utile e con una funzione accelerante in particolare nel "...<br />
superare i cosiddetti "stadi pre-psicologici" del loro pensare il problema. Il più primitivo è<br />
quello della negazione o banalizzazione del problema, segue quello dell'onnipotenza (ce la<br />
faccio da sola), quindi quello della negazione della responsabilità (sono una vittima di<br />
cattivi genitori) per arrivare finalmente all'accettazione di una co-responsabilità. Una<br />
psicoterapia può diventare efficace solo quando il paziente e/o i suoi familiari sono arrivati<br />
a tale capacità riflessiva" ( Undici tipi di personalita', M.Selvini, 2007).<br />
Le pazienti anoressiche trattate presso il nostro Centro e alle quali è stato proposto<br />
l'<strong>EMDR</strong> sono pazienti già in carico da qualche anno. I tratti di personalità di queste pazienti<br />
sono prevalentemente di tipo ossessivo-compulsivo ed evitante. Per quanto riguarda le<br />
pazienti anoressiche con uno stile di personalità ossessivo-compulsivo, la maggior parte di
loro sono state bambine che si sono caricate o sono state sovraccaricate da un eccesso di<br />
regole e una disciplina severa. Come sottolinea M. Selvini nell'articolo:" Undici tipi di<br />
personalità" ciò che caratterizza tali pazienti sono il perfezionismo, la sacrificalità, il<br />
biasimo per gli altri, l'iper-responsabilizzazione nella gestione di se stesse. Per le pazienti<br />
con tratti evitanti ciò che le caratterizza sono la paura del giudizio, la predisposizione al<br />
vergognarsi di se stesse, la timidezza estrema.<br />
E' stato quindi molto importante individuare i tratti di personalità delle pazienti in quanto ci<br />
ha consentito di orientare la strategia terapeutica anche con l'<strong>EMDR</strong>. Le ossessive<br />
rischiavano di affrontare l'<strong>EMDR</strong> come "...l'ennesimo peso o dovere dove vivere nella<br />
paura di essere criticate"; mentre "...la scarsa capacità di riconoscere gli stati interni" delle<br />
evitanti tendeva a paralizzarle,mostrandosi compiacenti ai nostri occhi (Undici tipi di<br />
personalità, M.Selvini, 2007).<br />
In entrambe le tipologie di personalità delle pazienti, abbiamo osservato che l'applicazione<br />
dell'<strong>EMDR</strong> ha consentito loro di sperimentare un embrionale capacità di concedersi la<br />
possibilità di godere di uno spazio terapeutico leggero e piacevole.<br />
In particolare, durante la fase di elaborazione il ritagliarsi "...un'oasi emotiva..." è servita<br />
per un riposo temporaneo durante l'elaborazione, come aiuto per ridurre l'intensità del<br />
disturbo nel caso di una seduta incompleta e, come mezzo per gestire il materiale<br />
disturbante che poteva insorgere tra due sedute. (<strong>EMDR</strong>- Desensibilizzazione e<br />
rielaborazione attraverso movimenti oculari, 2000).<br />
Dalla nostra breve esperienza, l'<strong>EMDR</strong> con le pazienti anoressiche sembra agire una<br />
spinta e un rafforzamento già all'inizio del percorso terapeutico. Subito dopo la<br />
restituzione, come spiega Matteo Selvini "...focalizzata sulla sofferenza personale ed<br />
esistenziale della paziente che trova nei sintomi un faticoso tentativo di difesa e<br />
contenimento della sua sofferenza..."; nel percorso individuale con le pazienti, risultano<br />
fondamentali nell'applicazione dell'<strong>EMDR</strong> le fasi 2 ( preparazione-posto al sicuro) e la fase<br />
3 (assessment - identificazione della cognizione negativa) facilitano il processo di<br />
autoguarigione che ha consentito di installare l'esercizio di visualizzazione guidata del<br />
"Posto al sicuro" e "l'Installazione delle risorse".<br />
Le fasi 2 e 3 sono essenziali in quanto fissano "...le condizioni terapeutiche, mirate a dare<br />
una sensazione di sicurezza al paziente, che incoraggiano l'esposizione al ricordo anziché<br />
l'evitamento di esso..." (<strong>EMDR</strong> - F. Shapiro, 2000).<br />
In entrambe le situazioni, le pazienti trattate si sono sentite rassicurate dalla possibilità di<br />
recuperare rapidamente la propria stabilità emotiva e il loro livello di autostima è<br />
sensibilmente migliorato.<br />
Abbiamo dovuto comunque fare i conti con la fatica e la frustrazione che le pazienti<br />
anoressiche esprimono attraverso la distanza emotiva e la formalità del rapporto (almeno<br />
all'inizio). Per questo vale sempre la necessità di un solido ingaggio. E' fondamentale che<br />
le pazienti si sentano "...a proprio agio di fronte alla possibilità di sperimentare un elevato<br />
livello di vulnerabilità, mancanza di controllo e qualsiasi sensazione fisica legata all'evento,<br />
esperienze, queste, che possono essere associate al ricordo target" (<strong>EMDR</strong> - F. Shapiro,<br />
2000).<br />
Una delle difficoltà con le quali ci siamo subito imbattute, con questa tipologia di pazienti,<br />
sono state le "paure del cambiamento". Secondo F. Shapiro, "...la paura del cambiamento<br />
può essere quella più difficile da affrontare a livello clinico, perché bisognerà accertare e<br />
rielaborare gli aspetti relativi ai vantaggi secondari prima di ritornare ai target originari"<br />
(per esempio, la perdita di controllo, ignoto, fallimento, chi o che cosa bisognerà affrontare<br />
se la terapia ha successo, etc.). La difficoltà terapeutica principale posta da queste paure<br />
sta nel fatto che esse possono essere basate sull'antico materiale disfunzionale che dovrà<br />
essere affrontato con l'<strong>EMDR</strong>, ma anche che formano una rete insidiosa che rende il<br />
paziente riluttante a cooperare per il raggiungimento dell'obiettivo terapeutico". E' stato<br />
quindi fondamentale con alcune delle nostre pazienti, "...tentare di identificare le<br />
convinzioni disfunzionali che stavano dietro alla paura del cambiamento". Abbiamo<br />
ricercato le zone di resistenza, usando per esempio le metafore, o chiedendo alla
paziente:" Che cosa succederebbe se fallissi?". Poi abbiamo ricercato una gerarchia di<br />
convinzioni negative che bloccavano la capacità di cambiamento.<br />
LA <strong>TERAPIA</strong> DI <strong>DEL</strong>IA<br />
Diagnosi: DCA (esordio anoressico - fase bulimica (6 mesi circa) - fase anoressica) e<br />
PTSD (linfoma e carcinoma alla tiroide del fratello / separazione dei genitori).<br />
Terapie precedenti: ricovero presso clinica privata convenzionata (da nov. 2004 a feb.<br />
2005 per anoressia).<br />
Terapia familiare: in trattamento presso il Centro Mara Selvini di Bergamo da settembre<br />
2007 e con <strong>EMDR</strong> da dicembre 2010.<br />
Storia sintomatica della paziente<br />
Al termine della III media inf. Delia (2000) inizia a seguire una dieta (W. Watchers) perché<br />
si vede "paffutella" - "grassottella". Con l'aiuto della madre inizia a seguire questo nuovo<br />
regime alimentare. Il padre invece esprime sin dall'inizio il suo disappunto, perché ritiene<br />
Delia in fase di sviluppo "...quindi si regolarizzerà!". Solo dopo 2 mesi Delia reinterpreta la<br />
dieta a suo piacimento, eliminando carboidrati, frutta e l'unico dolce concesso una volta a<br />
settimana. In III superiore (geometra), un insegnante chiama la madre di Delia<br />
preoccupato del continuo dimagrimento della ragazza. I genitori decidono di rivolgersi<br />
presso il vicino Ospedale dove è presente un reparto dedicato ai DCA. Ma Delia rifiuta<br />
qualsiasi tipo di intervento. Delia si nutre solo di cibo light ed è monofagica. Con l'inizio<br />
della IV classe Delia dimagrisce ulteriormente e da novembre 2004 a febbraio 2005 viene<br />
ricoverata presso una Clinica privata convenzionata del territorio (reparto dedicato ai<br />
DCA). Nel gennaio del 2007 (fase bulimica - arriva a pesare Kg 51 che dura 6 mesi circa)<br />
il padre si rende conto che la figlia fa un'attività fisica sfrenata, che mangia con voracità,<br />
etc. e nel giugno dello stesso anno i genitori riportano in clinica Delia dove le ripropongono<br />
un altro ricovero che Delia rifiuta. La collega della clinica la invia presso il nostro Centro.<br />
Delia è alta mt. 1,60. Il peso all'inizio della terapia presso il nostro Centro nel settembre<br />
2007 è di Kg 43. Oggi è di Kg 44,9 ed è stabile.<br />
Dall'inizio della terapia (2007) a dicembre (2010) quando è iniziato l'<strong>EMDR</strong> il percorso di<br />
Delia e della sua famiglia è stato piuttosto faticoso sul piano sintomatico e costellato da<br />
una serie di eventi traumatici che hanno colpito l'intera famiglia. Riassumendo, gli eventi<br />
più significativi sono stati i seguenti:<br />
1. Quando nasce il fratellino Dario la pz ha 6 anni. E' una bambina che già da anni è la<br />
bambina immagine di una nota casa di moda. Delia è stata scelta tra tutte le bambine della<br />
sua scuola materna. Con grande orgoglio la madre la accompagna in giro per l'Italia alle<br />
sfilate della casa di moda per la quale sfila. Delia è descritta come una bambina, molto<br />
curata, brava a scuola, ordinata, che adora il colore rosa e perfezionista, a tal punto che<br />
un giorno scendendo le scale per andare alla scuola materna ha una "crisi di nervi" perché<br />
la madre non le ha allacciato le stringhe delle scarpe in modo simmetrico! Ha sempre<br />
manifestato una certa gelosia nei confronti del fratello.<br />
2. Quando Dario ha 4-5 anni inizia la sua "storia ospedaliera". Dopo numerose visite,<br />
ricoveri ed indagini mediche gli viene diagnosticato un linfoma (1998). Delia scopre della<br />
malattia del fratello perché una signora al supermercato le esprime il suo dispiacere<br />
nell'aver ricevuto la notizia della grave malattia di Dario. Dopo il primo intervento<br />
chirurgico, i genitori inconsapevolmente si spartiscono i figli: Delia dormirà nel lettone con<br />
la madre e Dario in cameretta con il padre. Questa situazione si protrarrà sino alla
separazione dei genitori (causata dal tradimento della signora. La separazione fisica<br />
avviene nel novembre 2004 e quella legale nel luglio 2005). I genitori faranno scegliere ai<br />
figli con chi stare: Delia abiterà con la madre, mentre il fratello con il padre, vicino alla<br />
nonna paterna. Nel luglio 2006 a Dario viene diagnosticato un carcinoma alla tiroide che lo<br />
porterà nuovamente in ospedale per un intervento chirurgico. Purtroppo nel novembre<br />
2007 ha una recidiva tumorale con metastasi polmonare e nel gennaio del 2008 viene<br />
programmato un altro intervento. In tutti questi anni la paziente andrà in ospedale dal<br />
fratello poche volte e solo per i controlli ai quali Dario si è dovuto sottoporre. Ad oggi Dario,<br />
che ha 19 anni, si è diplomato, ha preso la patente ed è in attesa di iniziare un lavoro a<br />
settembre.Con la separazione dei genitori il rapporto tra la paziente e il padre si incrina<br />
ulteriormente; anche perché la madre, in difficoltà a reggere il rapporto con l'ex-coniuge, si<br />
avvale della figlia per fare richieste di denaro, di pagamenti medici e scolastici, etc. Il<br />
rapporto tra i coniugi permane conflittuale sino all'inizio del 2010.<br />
La terapia familiare a dicembre 2010<br />
Le convocazioni con la famiglia sono state solo iniziali al percorso (i genitori si sono<br />
sempre rifiutati di portare in terapia il figlio Dario); poi terapia md-figlia / pd-figlia e<br />
individuali. Alla fine della consultazione abbiamo deciso di procedere con una terapia<br />
individuale per Delia a causa anche degli impegni ospedalieri dei genitori per la malattia<br />
del figlio Dario. Ogni 4 mesi circa ci sentivamo io e la madre per un aggiornamento.<br />
Permangono delle resistenze alimentari che si manifestano soprattutto quando si trova in<br />
situazioni conviviali con parenti o amici. Rispetto al rapporto con la madre è visibile un<br />
miglioramento (Delia è più capace di esprimere alla madre i propri bisogni) e anche con il<br />
padre la relazione è più serena (Delia lo coinvolge sulla ripresa degli studi del fidanzato, gli<br />
chiede consiglio per questioni legate al lavoro, etc). Con il fratello la relazione è divenuta<br />
più stretta e per la prima volta è preoccupata della sua salute e dei suoi studi. La relazione<br />
con il fidanzato è nettamente migliorata e più serena (se lui arriva con 5 minuti di ritardo<br />
Delia è più tollerante). Anche con i parenti della mamma Delia riesce ad instaurare un<br />
rapporto meno rabbioso e più moderato, in particolare con la nonna (l'imposizione della<br />
madre di andare a pranzo 2 volte a settimana dalla nonna ora è stata accettata con<br />
maggiore serenità) e con alcune zie (la madre era stata "ripudiata" come figlia e sorella<br />
dalla sua F.O. quando ha rivelato il suo tradimento).<br />
Terapia <strong>EMDR</strong> da dicembre 2010<br />
Nonostante i buoni risultati terapeutici decido di proporre a Delia l'<strong>EMDR</strong> perché<br />
rimangono ancora delle resistenze sintomatiche (la flessibilità sulla scelta dei cibi per Delia<br />
è ancora un aspetto piuttosto difficile) e fatiche relazionali (vive i rimproveri con forte<br />
rabbia). La sensazione, ormai da tempo percepita, è che manchi qualcosa per porre fine a<br />
questo percorso terapeutico intenso e articolato.<br />
La terapia con Delia ha già una sua storia e quindi un suo percorso. Per questo motivo<br />
alcune tappe della fase 1 non sono state riprese come per esempio, gli aspetti diagnostici,<br />
l'anamnesi familiare - storia personale della paziente, la storia di attaccamento, la storia<br />
della famiglia attuale, la vita sociale e lavorativa; ma la rilettura di tutto questo materiale mi<br />
è servita per rinforzare e/o riscoprire dati che con il tempo erano diventati meno evidenti.<br />
La mia attenzione sul caso di Delia si è così orientata:<br />
FASE 2 - PREPARAZIONE <strong>DEL</strong>LA PAZIENTE<br />
1. psicoeducazione; Delia accoglie guardinga la proposta e ci vuole qualche incontro per<br />
rassicurarla che durante il processo di elaborazione rimarrà in uno stato di coscienza. Ne
parla con la madre e anche questo passaggio la aiuta a tranquillizzarsi.<br />
2. spiegazione del metodo (metafora del treno);<br />
3. consenso informato.<br />
FASE 1<br />
1. sintomi dissociativi: punteggio DES;<br />
2. posto al sicuro: Delia ha scelto come "posto al sicuro" la camera da letto della sua futura<br />
casa (es.:armadio scorrevole bianco, letto rotondo rosso e camino in fondo al letto)<br />
associata a sensazioni di calore, accoglienza e libertà (Delia a causa delle dimensioni<br />
molto piccole di casa dorme con la madre). La parola chiave scelta è "rotondo". Al<br />
colloquio successivo racconta di aver utilizzato in alcune occasioni, legate all'incontro con<br />
la nonna paterna e in ufficio, il posto al sicuro e si è sentita molto tranquilla.<br />
3. mappa delle risorse; sceglie un momento lavorativo dove chiede al direttore<br />
informazioni per la sua nuova postazione, oppure, quando ha chiesto al padre di voler<br />
uscire qualche volta con lui per stare un po' insieme, etc.<br />
4.fattori scatenanti attuali (triggers): ho indagato con Delia le situazioni e le persone che le<br />
causano disagio in questo momento della sua vita (visita dietologo, perché i genitori<br />
litigano). Dopodiché ho cercato di identificare i ricordi del passato ad essi correlati<br />
(floatback)(1° a. geometri non le piaceva ma non poteva cambiare) e sono partita dai primi<br />
ricordi collegati con le situazioni recenti e la paziente li ha elaborati come dei target.<br />
Questo lavoro ha consentito di dare la direzione per fare lo scenario futuro.<br />
5.mappa degli eventi più significativi della sua vita (timeline). Per esempio, quali sono stati<br />
gli eventi più significativi, negativi e positivi, che hanno influito su di te? Prova a stilare un<br />
elenco di 10 ricordi più negativi e 10 più positivi.<br />
6. piano terapeutico: dividere gli obiettivi per temi, individuare dei target per ognuno dei<br />
temi e ordinarli in modo cronologico (es.:sviluppare le capacità per creare dei legami<br />
affettivi - TEMA - e individuare i TARGET per ognuno dei temi in modo cronologico).<br />
Dalla mappatura dei traumi sono emerse cognizioni negative che sono collocate nella<br />
sfera della "difettosità" ( io non sono all'altezza - io non sono capace) "azione" (avrei<br />
dovuto saperlo - io ho fatto del mio meglio).<br />
1° elaborazione: malattia del fratello Da. / io non sono all'altezza / io sono meritevole<br />
Voc 1 / Sud 7 /rabbia - tristezza / pancia e braccia<br />
(Delia temeva che proponendo al padre di voler cenare con lui una volta alla settimana le<br />
dicesse di no; come successe al rientro dall'ospedale del fratello Dario dopo una<br />
gravissima malattia e dopo la separazione dei genitori. Il padre orientò tutte le sue<br />
attenzioni sul figlio e dopo la separazione scelse di vivere con lui e non con la paziente).<br />
Ai colloqui successivi, racconta che anche con il fidanzato è stata più capace di esprimere<br />
quello che sentiva quando si trovava a cena con lui. Delia dopo questo intervento ha<br />
imparato ancora di più a discriminare le emozioni e a esprimerle con maggior sicurezza.<br />
Alla luce degli ulteriori traguardi raggiunti da Delia dopo l'applicazione dell'<strong>EMDR</strong> a<br />
settembre 2011 è stata dimessa<br />
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