Per un codice della cucina lombarda Introduzione
Per un codice della cucina lombarda Introduzione
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<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong><br />
(atlante tipologico e nutrizionale<br />
di 100 formulazioni regionali)<br />
Marco Riva, Rossano Nistri e Monica Paolazzi<br />
Regione Lombardia<br />
Unità Organizzativa Politiche di Filiera<br />
Struttura Promozione Prodotti<br />
Revisione:<br />
SPAFA di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Pavia, Sondrio, Varese<br />
Editor edizione WEB:<br />
Marco Riva<br />
Progetto <strong>della</strong> Gi<strong>un</strong>ta Regionale, Unità Organizzativa Politiche di Filiera - Struttura<br />
Promozione Prodotti - II a Edizione, Milano 2001<br />
©Copyright Regione Lombardia, 1996-2001<br />
Stampa: Tipografia Ferrari Grafiche, Clusone (BG)<br />
Copie del volume possono essere ottenute gratuitamente rivolgendosi agli uffici<br />
dell'Unità Organizzativa Politiche di Filiera, Struttura Promozione Prodotti,<br />
P.zza IV Novembre 5 - 20124 Milano - Tel. 0267652537, Fax n. 0267652576<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong><br />
.
Nota degli autori<br />
Questo testo presenta in forma moderna ed<br />
efficace la tradizione alimentare <strong>lombarda</strong>,<br />
proponendone <strong>un</strong>a rivisitazione gastronomica.<br />
Esso si configura come <strong>un</strong> utile completamento<br />
all’Atlante dei Prodotti Tipici, edito dalla Regione<br />
Lombardia.<br />
E’ indirizzato ai singoli cittadini-consumatori e<br />
soprattutto agli operatori del settore <strong>della</strong><br />
ristorazione, ma si presta anche a <strong>un</strong>a<br />
valorizzazione dell’offerta turistica e di immagine<br />
<strong>della</strong> Regione.<br />
Con particolare rigore è stata curata<br />
l’autorevolezza dei riferimenti storico-culturali e,<br />
soprattutto, dei contenuti scientifico-divulgativi.<br />
Il testo è configurato in forma di “atlante”<br />
tipologico e nutrizionale di alc<strong>un</strong>e formulazioni<br />
lombarde, rappresentative delle diverse zone<br />
geografico-culturali, accompagnato da <strong>un</strong>a<br />
sintetica introduzione che delinea il contesto<br />
alimentare <strong>della</strong> Regione.<br />
L’atlante si compone di <strong>un</strong>a serie di schede<br />
relative ad altrettante ricette, codificate in quanto<br />
a caratteristiche tipologiche, ingredienti,<br />
esecuzione, varianti, e accompagnate da <strong>un</strong><br />
approfondimento significativo (storia, ingredienti,<br />
curiosità, ecc.).<br />
Ad ogni ricetta corrisponde la sua codificazione<br />
nutrizionale, proposta con il metodo <strong>della</strong> densità<br />
nutritiva e con <strong>un</strong>a rappresentazione grafica che<br />
ne semplifica la divulgazione.<br />
Obiettivo principale di questo atlante è di<br />
testimoniare la ricchezza, la varietà e, fin dove è<br />
possibile, l’attualità e l’orgoglio del modello<br />
alimentare lombardo, sempre meno frequente<br />
nelle abitudini familiari e mal riproposto nella<br />
ristorazione, ma, soprattutto, apertamente<br />
demonizzato sul piano nutrizionale in alc<strong>un</strong>e<br />
semplificazioni divulgative.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
In la padela l’è b<strong>un</strong> anca <strong>un</strong> sciatt<br />
(proverbio popolare lombardo)<br />
(In pa<strong>della</strong>, è buono anche <strong>un</strong> rospo: ovvero, la<br />
sapienza <strong>cucina</strong>ria può ingentilire anche gli<br />
ingredienti più poveri)<br />
... Consideriamo ora <strong>un</strong> altro sistema di<br />
significazione: il cibo.<br />
La lingua alimentare è costituita:<br />
1) dalle regole d'esclusione (tabú alimentari);<br />
2) dalle opposizioni significanti di <strong>un</strong>itá ancora da<br />
determinare (per esempio del tipo: salato /<br />
zuccherato);<br />
3) dalle regole d'associazione, sia simultanea (al<br />
livello di <strong>un</strong>a pietanza), sia successiva (al livello<br />
di <strong>un</strong> menu);<br />
4) dai protocolli d'uso, che forse f<strong>un</strong>zionano come<br />
<strong>un</strong>a specie di retorica alimentare.<br />
<strong>Per</strong> quanto concerne la parola alimentare, molto<br />
ricca, essa comprende tutte le variazioni personali<br />
(o familiari) di preparazione e di associazione (si<br />
potrebbe considerare la <strong>cucina</strong> come <strong>un</strong>a famiglia,<br />
soggiacente a <strong>un</strong> certo numero di abitudini, come<br />
<strong>un</strong> idioletto).<br />
Il menù, per esempio, esemplifica molto bene la<br />
f<strong>un</strong>zione <strong>della</strong> Lingua e <strong>della</strong> Parola: ogni menu è<br />
costituito in riferimento a <strong>un</strong>a struttura (nazionale,<br />
o regionale, e sociale), ma questa struttura è<br />
riempita diversamente a seconda dei giorni e degli<br />
utenti, proprio come <strong>un</strong>a "forma" linguistica è<br />
riempita dalle libere variazioni e combinazioni di<br />
cui <strong>un</strong> locutore necessita per <strong>un</strong> messaggio<br />
particolare. Il rapporto fra la Lingua e la Parola<br />
sarebbe qui abbastanza simile a quello<br />
riscontrabile nel linguaggio: è, grosso modo, l'uso,<br />
ossia <strong>un</strong>a specie di sedimentazione delle parole,<br />
che forma la lingua alimentare; tuttavia, i fatti di<br />
innovazione individuale (ricette inventate) possono<br />
acquistare <strong>un</strong> valore istituzionale. Contrariamente<br />
al sistema del vestito, manca qui l'azione di <strong>un</strong><br />
gruppo di decisione: la lingua alimentare si<br />
costituisce <strong>un</strong>icamente a partire da <strong>un</strong> uso<br />
largamente collettivo o da <strong>un</strong>a "parola" puramente<br />
individuale.<br />
(Roland Barthes, in “Elementi di Semiologia”)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
Presentazione<br />
Sono sempre più numerosi gli amanti <strong>della</strong> buona <strong>cucina</strong> e i buongustai innamorati <strong>della</strong> tradizione<br />
italiana che si appassionano nel riscoprire antichi sapori, nel cercare nuove emozioni e avventure nelle<br />
gastronomie inesplorate o rinomate di luoghi e paesi lombardi. E', infatti, proprio nella variegata<br />
configurazione - sia geografica come agricola - <strong>della</strong> nostra Regione che, in questi anni, sono<br />
giustamente ritornati in auge i tanti prodotti tipici che la Lombardia è in grado di offrire: sia<br />
quantitativamente come dal p<strong>un</strong>to di vista qualitativo.<br />
Lo dimostra il grande successo ottenuto dalle numerose richieste <strong>della</strong> I a edizione del volume "<strong>Per</strong> <strong>un</strong><br />
<strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> Lombarda" e la conseguente decisione di procedere a <strong>un</strong>a nuova edizione, arricchita<br />
con la descrizione dei prodotti DOP (Denominazione di origine Protetta) e IGP (Indicazione<br />
Geografica Protetta) <strong>della</strong> Lombardia, con l'elenco dei prodotti tradizionali lombardi, nonché di ben<br />
15 nuove ricette.<br />
In considerazione di questa sempre più diffusa tendenza a ritornare al prodotto tradizionale da parte<br />
di <strong>un</strong>a nuova classe di consumatori, estranea alla cultura del fast food e dei prodotti di massa, che<br />
ama personalizzare le proprie scelte verso alimenti che evocano l'antica saggezza alimentare tipica<br />
<strong>della</strong> <strong>cucina</strong> italiana, dedichiamo questa nuova edizione a tutti i palati curiosi ed attenti. Il volume<br />
presenta quindi continui richiami alla storia e alla cultura alimentare del popolo lombardo che<br />
contribuisce a nutrire lo spirito e il cuore di chi ama questa regione.<br />
Se dopo aver letto o sfogliato questo volume vi recherete per <strong>un</strong>a visita storico/enogastronomica in<br />
qualche luogo <strong>della</strong> Lombardia, se andrete alla ricerca dei nostri prodotti tradizionali qui menzionati o<br />
se deciderete di mettervi "ai fornelli" per riscoprire alc<strong>un</strong>e delle ricette proposte, avremo raggi<strong>un</strong>to il<br />
nostro obiettivo. Ecco infatti il senso di questa pubblicazione, <strong>un</strong>a proposta che non vuole essere <strong>un</strong><br />
ritorno anacronistico al passato, ma <strong>un</strong> aiuto in più per valorizzare sulle nostre tavole i cibi<br />
tradizionali, orgoglio <strong>della</strong> terra <strong>lombarda</strong>.<br />
L'assessore all'Agricoltura - Regione Lombardia<br />
Viviana Beccalossi<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
<strong>Introduzione</strong>:<br />
Indice Generale<br />
• Dalla <strong>cucina</strong> rustica alla <strong>cucina</strong> regionale pag. 1<br />
• La codificazione storica <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> tradizionale 6<br />
• Il cibo come lingua 9<br />
Atlante:<br />
• La scheda ricetta pag. 23<br />
• Avvertenze in tema di codificazione quantitativa 29<br />
• Sondrio e Valli 33<br />
• Bergamo e Valli 51<br />
• Como e Lario 69<br />
• Lecco e Brianza 87<br />
• Varese e Ticino 105<br />
• Milano 123<br />
• Lodigiano 155<br />
• Pavia e Lomellina 173<br />
• Cremona e Cremasco 191<br />
• Mantova 209<br />
• Brescia 227<br />
• Garda e Iseo 245<br />
Indici e Bibliografia:<br />
• Indice delle formulazioni (per zona) pag. 264<br />
• Indice delle formulazioni (per tipologia) 266<br />
• Indice delle annotazioni per ingrediente 267<br />
• Indice delle note 269<br />
• Bibliografia 271<br />
• Allegato: I prodotti agroalimentari tradizionali <strong>della</strong> Regione Lombardia 274<br />
• Gli Autori 280<br />
Gli Autori desiderano ringraziare:<br />
Alberto Capatti (direttore <strong>della</strong> rivista Slow, Arcigola-<br />
Slowfood, docente di Letteratura Francese, Università degli<br />
Studi di Pavia) per il contributo introduttivo.<br />
Nella Cordaro Porta, storica, per la compilazione <strong>della</strong> scheda<br />
introduttiva sulla <strong>cucina</strong> <strong>della</strong> Valtellina.<br />
Un particolare ringraziamento, inoltre, alla dr.ssa Vincenzina<br />
Lena, per l’opera di coordinamento <strong>della</strong> prima edizione.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
Dalla <strong>cucina</strong> rustica alla gastronomia regionale<br />
<strong>Per</strong> ness<strong>un</strong>a altra regione d’Italia, forse, appare difficile come per la Lombardia argomentare<br />
di <strong>un</strong>a gastronomia regionale dai confini chiari e definiti, omogenea nel suo percorso di elaborazione<br />
storica e nella sua espansione geografica.<br />
Terra di frontiera, percorsa nei secoli dagli eserciti di tutta l’Europa, la Lombardia, colonizzata<br />
in antico da popolazioni indoeuropee di stirpe ligure-veneta, ha dovuto di volta in volta fare i<br />
conti con la cultura etrusca, con quella celtica, e poi su su, con i Romani, con i Longobardi,<br />
con i Franchi, e più tardi con i Francesi, gli Spagnoli e gli Austriaci.<br />
Nel nostro secolo, l’industrializzazione a tappe forzate, ha di nuovo mischiato le carte, modificando<br />
sostanzialmente l’aspetto del territorio, confermando Milano come l’<strong>un</strong>ica città a dimensione<br />
veramente europea <strong>della</strong> nostra penisola e attirando entro i confini lombardi prima costanti<br />
e cospicui flussi migratori dalle altre regioni e, più recentemente, <strong>un</strong>a non trascurabile<br />
immigrazione extracom<strong>un</strong>itaria, apportatrice di modelli culturali (e alimentari) molto diversificati.<br />
E’ indubbio che le migrazioni <strong>della</strong> prima metà del secolo e l’espandersi dell’industria alimentare<br />
su scala nazionale abbiano in parte annebbiato, soprattutto nella pianura e nella fascia<br />
prealpina, l’originalità <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> rustica o di paese, basata essenzialmente sull’autoconsumo<br />
<strong>della</strong> limitata gamma di prodotti offerti dal territorio, contribuendo a quel processo di omologazione<br />
interregionale dei gusti che avrebbe potuto costituire, se ce ne fossero state le condizioni,<br />
il contributo lombardo ad <strong>un</strong>a gastronomia nazionale in progress.<br />
Nella proliferazione di ristoranti, tavole calde e p<strong>un</strong>ti di vendita in cui è possibile consumare o<br />
acquistare specialità alimentari alternative o pietanze tradizionali di altre culture etniche (specialità<br />
adesso reperibili con relativa facilità anche sui banconi dei supermercati), è possibile<br />
leggere non solo il segnale di <strong>un</strong>a forte presenza, nelle città più importanti <strong>della</strong> regione, di<br />
colonie spesso numerose di immigrati provenienti dagli angoli più disparati del nostro villaggio<br />
globale; ma vi si acquisisce, se non bastasse, anche la prova dell’attrazione che le cucine<br />
diverse esercitano sulla composita popolazione <strong>lombarda</strong>, quale indice <strong>della</strong> perdita <strong>della</strong> memoria<br />
gastronomica ereditata dalla tradizione.<br />
D’accordo: <strong>un</strong>a tavola imbandita di polente e di stracotti, di mascarpone e di lipidiche cassoeule<br />
non si addice alle esigenze di efficienza e di competitività avanzate dalla società postindustriale.<br />
Ma il modello alimentare e la <strong>cucina</strong> <strong>della</strong> Lombardia (se mai hanno avuto <strong>un</strong>a qualche<br />
consapevole consistenza e <strong>un</strong>a minima omogeneità) non sono apparsi finora capaci di riconoscere<br />
se stessi e i propri limiti, al di fuori delle schematizzazioni folkloristiche, delle difese<br />
di campanile e dell’accettazione acritica di modelli anacronistici, abbandonando quelli che<br />
potremmo definire gli integralismi regionalisti; né hanno saputo confrontarsi in positivo con<br />
gli altri modelli e le altre cucine, adattandosi piuttosto a subire gli <strong>un</strong>i e le altre quale contributo<br />
necessario sull’altare <strong>della</strong> produzione.<br />
E’ abbastanza arduo, oggi, in Lombardia, riuscire a gustare i piatti <strong>della</strong> tradizione padana o<br />
alpina, oltre quella decina di campioni acquisiti stabilmente dalla ristorazione (il risotto alla pitocca<br />
e quello alla certosina, il vitel toné, i tortelli di zucca, i casonsei bergamaschi ecc.) o<br />
dall’industria (le bresaole, il gorgonzola, il grana e la maggior parte dei formaggi tipici, la mostarda<br />
cremonese, le cipolline sott’aceto e il pan de mej).<br />
Un antipasto di nervetti non plastificati o <strong>un</strong> denso piatto di polenta concia o <strong>un</strong>cia alla maniera<br />
tradizionale, dei pescetti di lago carpionati con misura o <strong>un</strong>a impareggiabile cazzuoletta<br />
d’oca, <strong>un</strong>a sostanziosa minestra d’orzo o dei fagioli con l’occhio e cotiche (<strong>un</strong>a volta d’obbligo<br />
nel giorno dei morti), al di fuori di residue sacche di retaggio familiare, vanno ricercati con la<br />
lanterna.<br />
Ma il fort<strong>un</strong>ato Diogene che veda premiata la propria costanza, sa di non avere com<strong>un</strong>que<br />
materia di allegria, perché gli potrà capitare di trovarsi nel piatto, subito dopo, <strong>un</strong> indegno, fibroso,<br />
approssimativo ossobuco in gremolata o <strong>un</strong>a apocalittica cotoletta impanata troneggiante<br />
sulla melmosa collinetta che qualche ora prima era sicuramente <strong>un</strong> risotto giallo.<br />
C’è, dietro questa perdita di memoria gastronomica, la dispersione di <strong>un</strong> secolare corredo di<br />
tecniche culinarie e il distacco sempre più evidente dalla realtà produttiva di <strong>un</strong> territorio con<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
caratteri agro-fa<strong>un</strong>istici forse di non grande varietà, ma sufficientemente riconoscibili e apprezzabili.<br />
Proprio dalla specificità del territorio, così generoso tanto d’acqua corrente quanto d’acque<br />
ferme, derivava, com’era naturale, alla gastronomia elaborata tra le Alpi e il Po, tra il Ticino e<br />
il Mincio, quella vocazione foraggiera e risicola, polentaia e norcinesca divenuta proverbiale in<br />
tutta Italia.<br />
I boschi per le castagne e i maiali, la pianura e gli alpeggi per le mucche (donde latte, panna,<br />
burro e formaggi), le marcite per il riso e in qualsiasi ritaglio di gleba rivoltabile, il verzée con<br />
le verze, app<strong>un</strong>to (ma non solo), e le galline che razzolano, e <strong>un</strong> angolo di cereali, il mais e il<br />
miglio sopra gli altri.<br />
Come già annotava nel suo De magnalibus Mediolani (Le meraviglie di Milano) il frate legnanese<br />
Bonvesin de la Riva nel XIII secolo, ad esclusione dei vegetali di raccolta, <strong>della</strong> selvaggina,<br />
dei pesci d’acqua dolce e, naturalmente, del mais, che si coltiverà solo dalla fine del XVI<br />
secolo, l’economia agricola e d<strong>un</strong>que la <strong>cucina</strong> tipica, cioè povera, <strong>della</strong> Lombardia si esaurisce<br />
davvero entro questi quattro cantoni, ma con <strong>un</strong>a originalità e, tutto sommato, <strong>un</strong>a varietà<br />
(questo Codice si ingegna di dimostrarlo) che ha del miracoloso.<br />
Le evidenti influenze <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> veneta nel Bresciano e nel Bergamasco, gli stretti vincoli tra<br />
le culture gastronomiche delle due opposte sponde del Ticino (vaste zone delle provincie di<br />
Novara e di Alessandria hanno fatto parte per alc<strong>un</strong>i secoli del Ducato di Milano), le interferenze<br />
delle grasse abitudini cispadane nel Mantovano e nel Cremonese, sono rimasti, il più<br />
delle volte, episodi circoscritti, ancorché ghiotti o allettanti, e non esportati, né per via<br />
d’acqua né di terra, sicché evangelicamente, non ha saputo la riva del lago Maggiore ciò che<br />
<strong>cucina</strong>va la sponda del Garda e ogni zona ha mantenuto alc<strong>un</strong>e specifiche peculiarità di gusto,<br />
di tecniche e di confezione.<br />
A voler cercare <strong>un</strong> minimo com<strong>un</strong> denominatore gastronomico, appare chiaro che quella Lombarda<br />
è <strong>cucina</strong> di lardo e di burro (come quasi ov<strong>un</strong>que sopra la linea dell’Appennino), in cui<br />
prevalgono le tecniche di l<strong>un</strong>ga cottura, come la lessatura e la stufatura, in cui la pasta è arrivata<br />
solo recentemente ad avere diffusione di massa e a usurpare in qualche modo il ruolo<br />
storicamente acquisito dal riso e dalle polente.<br />
E’ d<strong>un</strong>que <strong>cucina</strong> di brodi, di pucie, cioè di sughi, e di zuppe: <strong>cucina</strong> di cucchiaio, più che di<br />
forchetta.<br />
Caratteri <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong><br />
• condimento : lardo, burro, pucie<br />
• tecnica : l<strong>un</strong>ga cottura (bollitura, stufatura)<br />
• risorse : acqua : foraggi ⇒ latte e derivati, formaggi<br />
riso ⇒ carni povere<br />
bosco : castagne<br />
frutti di raccolta<br />
maiale ⇒ carni fresche e conservate (salumi)<br />
verzée : vegetali ed ortaggi<br />
animali da cortile<br />
cereali : pane<br />
pult e polenta<br />
minestre<br />
D’altro canto, <strong>un</strong> processo di reale integrazione delle varie gastronomie di paese verso <strong>un</strong><br />
modello lombardo generalizzato non è stato favorito dalla gastronomia d’élite, le cui linee evolutive,<br />
condensate in alc<strong>un</strong>i trattati di grande notorietà, si snodano in piena autonomia rispetto<br />
alla tradizione regionale e convergono, almeno a partire dal XIV secolo, nei più vasti quadri<br />
<strong>della</strong> elaborazione culinaria europea, cercando con essi consonanze ed euritmie sovranazionali<br />
adeguate alla dignità curiale e aristocratica di committenti di rango, abituati a viaggiare, a<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
pretendere sempre il meglio e a non lesinare denaro per rientrare a pieno titolo, con i propri<br />
simili, in ambiti autoreferenziali garanti <strong>della</strong> reciproca riconoscibilità.<br />
In tal senso, il Libro de arte coquinaria (1450) di Maestro Martino, forse da Como, ma operante<br />
ad Aquileia, il De honesta voluptate (1474) del Platina, l’Opera (1570) dello Scappi e l’Arte<br />
di ben <strong>cucina</strong>re di Bartolomeo Stefani, bolognese di nascita ma gonzaghesco di adozione, non<br />
si riferiscono, nella sostanza, alla cultura regionale <strong>lombarda</strong> più di quanto non accada a trattati<br />
coevi, prodotti in altre regioni d’Italia, nei quali non di rado si collezionano formulazioni di<br />
pietanze alla <strong>lombarda</strong> che i ricettari di autori padani non riportano.<br />
Il percorso storico dalla pult (polentina di farina) al risotto giallo<br />
1. Pult<br />
3. Pult con il latte<br />
7. Putiscia<br />
8. Papa scianscia<br />
12. Bramagere<br />
17. Minestra de<br />
vivanda gialla<br />
15. Vivanda gialla<br />
alla napoletana<br />
4. Pult di farina gialla<br />
2. Polenta<br />
5. Puls juliana<br />
6. Puls tractogalata<br />
9. Pappa di riso macinato<br />
10. Minestra di riso e latte<br />
13. Farro di spelta<br />
14. Amandolato e<br />
farro<br />
18. Vivanda di riso alla<br />
<strong>lombarda</strong> sottestata<br />
19. Risotto milanese giallo<br />
11. Rixo in<br />
bona manera<br />
16. Farro con<br />
brodo<br />
de caponi<br />
20.21.22.23. Risotto alla milanese<br />
CULTURA<br />
MODERNA<br />
Senza dubbio, come stanno a testimoniare alc<strong>un</strong>e delle ricette riproposte in questo Codice,<br />
nel Libro de arte coquinaria si trovano piatti poveri, quali il brodetto de pane, ova et caso o i<br />
beccafichi arrosto che danno conto di <strong>un</strong>a tradizione ben più antica di Maestro Martino e<br />
sopravvissuta nell’uso popolare, molto al di là <strong>della</strong> formalizzazione e delle possibili influenze<br />
del cuoco umanista, almeno fino ai primi decenni del nostro secolo.<br />
Parimenti, se la vivanda di riso alla <strong>lombarda</strong> sottestata con polpe di polli, cervellate e rossi<br />
d’uovo dello Scappi può essere considerata <strong>un</strong>o dei p<strong>un</strong>ti di partenza del risotto alla milanese<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong><br />
CULTURA ARCAICA<br />
CULTURA MEDIOEVALE
e le cerase acide dello Stefani richiamano la brianzola zuppa di ciliege, tuttavia la maggior<br />
parte delle formulazioni <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> principesca documentate dagli autori cinqueseicenteschi,<br />
non hanno lasciato traccia nella tradizione gastronomica <strong>lombarda</strong> o sono stati<br />
relegati in ambiti rituali ben precisi (ad esempio, i tortelli di zucca nella ricorrenza natalizia)<br />
che ne hanno permesso la sopravvivenza.<br />
Neppure i vari Cuochi e le diverse Cuciniere milanesi pubblicati, tutti debitamente anonimi,<br />
tra la metà del Settecento e la metà dell’Ottocento, accrescono più di tanto il tesoro di informazioni<br />
attorno allo sviluppo <strong>della</strong> gastronomia <strong>lombarda</strong>.<br />
A posteriori, semmai, questi libretti possono risultare utili a delineare gli ambiti e le tendenze<br />
di questa gastronomia, in relazione ad alc<strong>un</strong>i apporti provenienti da altre scuole di <strong>cucina</strong>, soprattutto<br />
quella francese: non a caso <strong>un</strong> buon numero di Cuochi e di Cuciniere cercano credibilità<br />
sotto il blasone, ostentato (sin dalla copertina), di <strong>un</strong> perfezionamento realizzato in quella<br />
Parigi indecisa tra rivoluzione e restaurazione, nella quale splendeva la stella <strong>cucina</strong>ria di<br />
Antonin Caréme.<br />
Si può individuare nel Nuovo cuoco milanese (1829) di Giovan Felice Luraschi <strong>un</strong> tentativo di<br />
presa di coscienza del ruolo non marginale <strong>della</strong> cultura milanese rispetto alle elaborazioni<br />
gastronomiche dell’Europa continentale, all’epoca di netto segno parigino e viennese.<br />
Ma quella che fu indubbiamente <strong>un</strong>a geniale intuizione del cuoco milanese, benché ripresa e<br />
amplificata, con taglio positivista, qualche anno più tardi, dalla Cucina degli stomachi deboli<br />
del medico lecchese Angelo Dubini, dovette collidere con la necessità post-<strong>un</strong>itaria di amalgamare<br />
e integrare non solo le diverse etnie e le culture regionali in <strong>un</strong>’<strong>un</strong>ica nazione, ma anche<br />
le mille gastronomie <strong>della</strong> penisola in <strong>un</strong> solo modello che potesse definirsi italiano.<br />
Pellegrino Artusi, padano di Romagna, più di ogni altro, con la sua Scienza in <strong>cucina</strong> (1891)<br />
assolse questo compito di sintesi; ma poco attratto com’era dalla gastronomia transpadana,<br />
ne sottostimò il valore e ne favorì, di fatto, con l’eccezione di pochissimi piatti, il confinamento<br />
nei rispettivi ambiti regionali.<br />
Paradossalmente, nei decenni centrali del XIX secolo, caratterizzati da <strong>un</strong>a accentuata espansione<br />
economica e dalla continua evoluzione dello stile di vita, il tentativo, di matrice schiettamente<br />
borghese, di collocare Milano al centro di <strong>un</strong> territorio culturalmente omogeneo, anche<br />
nei gusti alimentari e nell’arte <strong>della</strong> buona tavola, si esaurì nel corso di pochi decenni.<br />
Saranno, nello scorcio del secolo e nei primi anni del Novecento, ben più <strong>della</strong> monumentale<br />
Arte <strong>cucina</strong>ria in Italia. Cucina di lusso per albergo e di famiglia (1910-11) di Alberto Cougnet,<br />
gli ingenui librettini economici <strong>della</strong> Sonzogno (dalla Cucina Igienica del 1878 all’intera<br />
collana <strong>della</strong> Biblioteca Casalinga del 1906-7) a diffondere ov<strong>un</strong>que i modelli stereotipati di<br />
quella che sarà conosciuta come la <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> del nostro secolo.<br />
GASTRONOMIA<br />
POPOLARE<br />
Codificazione dei modelli gastronomici lombardi<br />
GASTRONOMIA DI CORTE<br />
• Maestro Martino (Libro de Arte Coquinaria, 1450)<br />
• Bartolomeo Platina (De honesta voluptate, 1474)<br />
• Bartolomeo Scappi (Opera dell’arte ..., 1570)<br />
• Bartolomeo Stefani (L’arte di ben <strong>cucina</strong>re, 1675)<br />
GASTRONOMIA BORGHESE<br />
• “Cuochi” e “Cuciniere” (1750-1830)<br />
• Felice Luraschi (Nuovo cuoco milanese, 1829)<br />
• Angelo Dubini (La <strong>cucina</strong> degli stomachi deboli, 1842)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
La codificazione storica <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> tradizionale<br />
Il pranzo di nozze di Renzo e Lucia, ovvero la gastronomia <strong>lombarda</strong><br />
attraverso guide e segnalazioni <strong>della</strong> prima metà del secolo<br />
a cura di Alberto Capatti<br />
(direttore <strong>della</strong> rivista Slow, Arcigola-Slowfood<br />
docente di Letteratura Francese, Università degli Studi di Pavia)<br />
Intorno alla metà dell’’800, quando si mormorava che le linee ferrate avrebbero presto<br />
affiancato le strade, tagliando in linea retta e parallela i campi, i lombardi, come i personaggi<br />
di Alessandro Manzoni, si concedevano con parsimonia l’uso del carro o il lusso <strong>della</strong> barca,<br />
spostandosi per lo più a piedi. La Lombardia dei Promessi Sposi formava <strong>un</strong> triangolo di<br />
piccola estensione, fra Lecco, Milano e Bergamo, i cui lati erano l<strong>un</strong>ghi da percorrere, miglio<br />
dopo miglio, parrocchia dopo parrocchia. <strong>Per</strong> le vie d’acqua, s’andava più spediti, seguendo<br />
tuttavia rilievi, imboccando canali, in <strong>un</strong> paesaggio per così dire comandato. La superficie a<br />
piano obliquo, dai monti ai laghi, dalle valli ai laghetti e alle piane fluviali, era la sola che tutti<br />
conoscessero, anche i contadini e i m<strong>un</strong>gitori, e la Lombardia ne costituiva l’espressione<br />
geografica. Più che <strong>un</strong> sentimento di identità territoriale, ogn<strong>un</strong>o aveva nei piedi delle radici, e<br />
non cercava oltre.<br />
Questa visione triangolare del territorio - il proprio paese, il capoluogo, <strong>un</strong> confine - è molto<br />
diffusa fra la gente, anche nell’Italia <strong>un</strong>ita. Se i nomi delle città, con quelli dei fiumi in ordine<br />
incerto, a seconda se destri o sinistri, occidentali o orientali, entrano nel bagaglio puerile, i<br />
costumi e le abitudini di <strong>un</strong> mantovano restano <strong>un</strong> mistero per i coltivatori <strong>della</strong> vigna<br />
valtellinese. A questa incomprensione, per non dire insensibilità, scuola, stampa e trasporti<br />
cercheranno di rimediare, con risultati astrattamente mnemonici, improbabili, se misurati alla<br />
luce di cognizioni come quelle che concernono la lingua, la casa, l’alimentazione. Solo i<br />
notabili delle grandi città del nord, paventano questo stato di confusione, e cercano di<br />
affrontare il problema dall’alto, con la carta murale d’Italia, da commentare e riempire. Il<br />
Touring Club ciclistico Italiano fondato a Milano nel 1894, privo nel 1900 dell’epiteto sportivo,<br />
è <strong>un</strong>o dei poli di questa riconquista. Essa avverrà per gradi con carte e riviste, Le vie d’Italia,<br />
L’albergo in Italia, dagli obbiettivi patriottici, utilitari, edonistici.<br />
Nella conoscenza dei costumi alimentari, la bicicletta non poteva dare risultati globali,<br />
tuttalpiù permetteva singole p<strong>un</strong>tatine, qualche escursione. Oltre ad <strong>un</strong> catalogo delle<br />
specialità, manca infatti, all’inizio del ‘900, il quadro nazionale di riferimento. Della piana<br />
<strong>lombarda</strong>, Pellegrino Artusi, fiorentino d’adozione, riportava i seguenti piatti: il risotto, la<br />
trippa col sugo, la polenta pasticciata, l’osso buco, la costoletta di vitello di latte. Lombardia,<br />
nella prima edizione <strong>della</strong> Scienza in <strong>cucina</strong> (1891), era Milano, senza il panettone<br />
tradizionale, migliorato e perfezionato da Marietta Sabadini, la sua cuoca. Allontanandosi dalla<br />
Toscana e dalla Romagna, visitate dal gastronomo e commerciante di sete in l<strong>un</strong>go e in largo,<br />
varcato <strong>un</strong>o dei ponti sul Po, la capitale viene preferita al contado e alle provincie orientali.<br />
Solo tardivamente vengono aggi<strong>un</strong>te le “frittelle di polenta alla lodigiana”. Merito di questa<br />
descrizione era di rendere comprensibile la geografia gastronomica d’Italia, semplificandola al<br />
massimo ; il limite invece lo si percepiva nei criteri stessi di approvvigionamento: non <strong>un</strong>a<br />
sola trota riceve nella Scienza in <strong>cucina</strong> l’onore <strong>della</strong> ricetta.<br />
Uno dei paradossi di codesto approccio toscaneggiante alle cucine, è di assomigliare come <strong>un</strong>a<br />
goccia d’acqua, a quello vigente in Francia, dove Parigi ha lo stesso potere di risucchiare<br />
risorse e specialità in solido, di dettare legge su ogni singolo piatto, cedendo alle provincie i<br />
soli meriti enologici. Ma è proprio negli anni del primo dopoguerra, che nelle associazioni del<br />
turismo motorizzato, nei cenacoli <strong>della</strong> buona tavola e soprattutto nei clubs <strong>della</strong> destra dove<br />
è vivo l’amore per la campagna e la provincia, per la Francia profonda, cattolica, conservatrice<br />
e contadina, comincia a serpeggiare la rivolta contro la capitale, contro i ristoranti più famosi<br />
del mondo. Dal 1920 al 1940, <strong>un</strong>a parte <strong>della</strong> borghesia parigina si riconverte, e adotta in<br />
odio all’alta <strong>cucina</strong> cosmopolita, i piatti delle proprie campagne. Riscopre l’aglio provenzale e il<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
afano d’Alsazia, il pesce da zuppa mediterraneo e la lampreda al vino. Ricettari e guide<br />
permettono a chi<strong>un</strong>que, con <strong>un</strong>a automobile e pochi franchi, di divorare chilometri e piatti.<br />
Senza i limiti <strong>della</strong> visione artusiana e senza la riconversione regionalista francese, la<br />
scoperta negli anni ‘30, del territorio gastronomico italiano (e lombardo), non è apprezzabile.<br />
Nella primavera del 1928, infatti, nel corso di <strong>un</strong> cena del Rotary di Milano, nasce la<br />
determinazione in <strong>un</strong> gruppo di soci del Touring Club, di dar vita ad <strong>un</strong>a guida gastronomica<br />
d’Italia, nelle mutate condizioni di <strong>un</strong>a civiltà automobilistica. Le Vie d’Italia e L’albergo in<br />
Italia riprendono nel gennaio seguente il progetto: <strong>un</strong> questionario viene “trasmesso ai 5000<br />
consoli, ai 1800 Medici, ai 600 Farmacisti del Touring”. Più che <strong>un</strong> sondaggio, si tratta di <strong>un</strong><br />
consulto in profondità: “Vennero egualmente interessati i 92 consigli provinciali dell’Economia,<br />
100 fra Associazioni, Cooperative, Consorzi agrari, numerosi Fasci provinciali femminili, 400<br />
Podestà, 300 Direttori didattici delle principali Scuole d’Italia, 500 maestri elementari”. “Un<br />
largo contributo di notizie” infine “venne similmente recato da oltre 100 Ditte produttrici di<br />
specialità gastronomiche, da numerosi direttori e cuochi di alberghi e di trattorie”. Un siffatto<br />
concorso non era possibile, senza l’avallo e l’incoraggiamento del governo che dalla varietà di<br />
cibi e di vini tipici, traeva sp<strong>un</strong>to per operare <strong>un</strong>a sintesi nazionale e <strong>un</strong> bilancio autarchico.<br />
La promozione del “crotto”, <strong>della</strong> “buca”, dell’osteria con tavoli e botti, rientra nella rinascita<br />
di <strong>un</strong> edonismo autoctono. Fiere, mostre, sagre, nel corso del ventennio, servono a saldare<br />
ogni parte del suolo ad <strong>un</strong> solo destino e le colonie stesse diverranno l’espressione<br />
paradossale di <strong>un</strong>a regionalità di frontiera.<br />
Il questionario era ed è <strong>un</strong> modello del genere. Si richiedono notizie sulle seguenti categorie<br />
merceologiche: frutta e verdure (le patate <strong>della</strong> Valtrompia), carni (il vitello di Monza), pesci<br />
e affini (i coregoni del Lago Maggiore), formaggi e latticini (il Bel Paese di Melzo), salumi (i<br />
cresponi di Abbiategrasso), pani (le pavesine), paste (i pizzoccheri di Teglio) e il miele. Di<br />
ogni piatto, è necessaria la denominazione locale dialettale, la traduzione italiana, <strong>un</strong>a<br />
descrizione succinta, eventuali notizie storiche, oltre alla menzione <strong>della</strong> stagionalità. Va<br />
precisato infine se trattasi di cibo da casa o da ristorante. Segue <strong>un</strong>a analoga inchiesta su<br />
dolci e bevande, vini, liquori e acque minerali.<br />
La Guida gastronomica d’Italia esce nel febbraio 1931 con la presentazione di <strong>un</strong> enologo,<br />
S.E. l’on. Prof. Arturo Marescalchi, sottosegretario di Stato per l’agricoltura e foreste. Le due<br />
promesse iniziali sono matenute: <strong>cucina</strong> paesana e derrate locali illustrano <strong>un</strong> territorio<br />
ricomposto a mosaico. Il merito maggiore dei promotori milanesi è di non aver dimenticato<br />
l’artigianato e l’industria, sviluppi nodali <strong>della</strong> storia agraria. La Lombardia viene presentata,<br />
introdotta, dai pascoli, dai caseifici e dai nomi celebri di: Mascherpone, Robiole, Bel Paese,<br />
Fior d’Alpe, Crescenza, Quartirolo, Gorgonzola, Grana. Alla loro f<strong>un</strong>zione di portavoce, si<br />
<strong>un</strong>isce, fuori zona, il Bitto, seguito dagli altri formaggi del milanese, l’Emmenthal nazionale, lo<br />
Sbrinz elvetico, il Caciocavallo, il Provolone e l’Asiago. Un inserto pubblicitario <strong>della</strong> Società<br />
Italiana dei Prodotti alimentari Maggi, attira l’attenzione su Sesto S.Giovanni, quale centro di<br />
gastronomia industriale. Dopo questo argomento chiarissimo, si passa alla suddivisione per<br />
provincie, cominciando da Milano. Ogni capoluogo viene identificato grazie a derrate e piatti,<br />
seguito dalla lista dei centri minori, borghi e villaggi, con almeno <strong>un</strong>a specialità. Varese, in<br />
mancanza d’altro, è la cassoeula e la rostisciada ; Busto Arsizio i bruscitt. Uscendo dalle<br />
prefetture, si scopre <strong>un</strong> mondo operoso, con vocazioni antiche, talora bucoliche. Vicino a<br />
Como, si trova Ronago con il suo miele di robinia; l<strong>un</strong>go le rive dello stesso lago, Nesso e i<br />
suoi cavolfiori. Le note corrono via, lepide e rapide: a Varzi sono assegnati i ceci e il salame<br />
crudo, a Mortara ogni ben di Dio: “biscotti, formaggi, latte condensato, panna sterilizzata,<br />
salame d’oca, zuppa di rane, rane fritte, arrosto in umido, sott’aceto”.<br />
Nel campo delle guide e dei prodotti turistici, due sono le vie solitamente percorse, quella<br />
promozionale e quella informativa. Della prima è <strong>un</strong> esempio la carta gastronomica d’Italia del<br />
pittore romagnolo Umberto Zimelli, edita dall’ENIT in lingua francese, nel 1932: si trovano<br />
disegnati, nell’area <strong>lombarda</strong>, quattro formaggi (Mascherpone, Gorgonzola, Belpaese,<br />
Stracchino), il risotto, il panettone, la polenta e osei, tre f<strong>un</strong>ghetti sulla cresta delle Alpi e <strong>un</strong>a<br />
bottiglia di Sassella. Destinata agli stranieri, codesta mappa simbolica ricalca <strong>un</strong>a idea<br />
francese del 1809. Della seconda, il miglior esito è La guida gastronomica d’Italia, rivolta al<br />
turismo di piccolo e medio raggio, preferibilmente motorizzato: vi ritroviamo <strong>un</strong> bilancio delle<br />
risorse alla luce del quale viene presentato <strong>un</strong> paniere di prodotti del bel paese. Alla citazione<br />
in forma di ricetta, il TCI preferisce definire o menzionare il piatto, grazie al quale ogn<strong>un</strong>o<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
potrà svolgere la propria indagine in loco. Quanto al costume nutritivo, esso non si presta a<br />
bugie: “Ai giorni nostri” si dice a proposito di Pavia “non v’ha nulla che ricordi <strong>un</strong>a tradizione<br />
gastronomica, ma solo alc<strong>un</strong>e consuetudini nemmeno estese a tutta la provincia”.<br />
Il compromesso fra industria agroalimentare e valorizzazione di modeste risorse locali,<br />
imposto dalla visione autarchica del regime, dà i suoi frutti rendendo moderna, l’idea di<br />
tradizione. E’ sorprendente come essa abbia attecchito riproducendosi senza riforme. Un<br />
confronto fra La guida Gastronomica d’Italia (1931) e La Guida all’Italia gastronomica (1984),<br />
conferma, per i prodotti e le specialità, l’esistenza di <strong>un</strong> filo continuo. Nella provincia di<br />
Brescia, malgrado la scomparsa <strong>della</strong> pesca gardesana e <strong>della</strong> caccia nei ròccoli, restano<br />
alose, anguille e soprattutto stormi di uccelletti da polenta. Fra i centri vicini, Bagolino,<br />
Desenzano, Edolo, Gavardo, Iseo, Rovato, Salò, Sirmione, figurano cinquant’anni dopo; solo<br />
Ponte di Legno viene aggi<strong>un</strong>to. Numerose le rettifiche, ispirate dalla rinascita di <strong>un</strong>a<br />
ristorazione “tipica”, intatto il quadro.<br />
Se la geografia gastronomica mostra <strong>un</strong>a forte continuità, l’ideologia del gruppo di rotariani<br />
milanesi è sfumata nei decenni. Nel 1929, la speranza di molti era la nascita di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong><br />
italiana “come la francese, .. al di sopra delle singole cucine regionali”, nella quale fosse<br />
sensibile, se non dominante, l’apporto lombardo. Cinquant’anni dopo, Milano figura come la<br />
prima città a ospitare “ristoratori d’ogni regione d’Italia e di molti Paesi stranieri”, <strong>un</strong>a città<br />
dalla memoria sempre più corta, che ha perso le proprie abitudini. Uno degli effetti maggiori<br />
<strong>della</strong> catalogazione praticata oltre che dalle guide, dai ricettari e dalle rubriche su carta<br />
stampata, è la nascita di <strong>un</strong> mercato nazionale del prodotto tipico, con la conseguenza di<br />
separare le “specialità” dal territorio e dai suoi custodi. Le considerazioni del 1931 sul<br />
caciocavallo “milanese”, promettevano, in <strong>un</strong> regime di consumi liberi e vari, a panettoni e<br />
pizze <strong>un</strong>a tipicità “nazionale”.<br />
Tradotta in prosa da <strong>un</strong> vero letterato, La guida gastronomica, dava, nel 1935 Il ghiottone<br />
errante. Paolo Monelli vi approfondiva, in <strong>un</strong> suo giro d’Italia, prodotti “genuini” e simboli<br />
<strong>della</strong> tradizione in chiave ristorativa. Con garbo e bella lingua, abbreviava la conquista delle<br />
cucine lombarde, cominciando la sua visita, nel mese di giugno, da <strong>un</strong>a trattoria sul Naviglio.<br />
A completamento di <strong>un</strong> percorso triangolare, dopo <strong>un</strong>a p<strong>un</strong>tata, a mezzogiorno, nell’osteria<br />
<strong>della</strong> Peppa in Valsassina, approdava ad <strong>un</strong> sito famoso del ramo di Lecco: “la sera all’osteria<br />
a Pescarenico mangiavamo di grande appetito la scura e forte bresaola per prepararci la bocca<br />
al vino di Valtellina”<br />
La tipicità, nella testa di <strong>un</strong> turista non comporta mai confini troppo rigidi, e svaria dalla valle<br />
ai laghi senza scandalo. Ora si lega al prodotto, ora al consumo, ora all’occasione e al menù:<br />
a fette sottili, <strong>un</strong>a bresaola è sempre Valtellina, nell’alto o basso lago. La tappa al ristorante,<br />
da Pellegrino Artusi a Monelli sino ai nostri cronisti, permette quindi di percorrere le distanze<br />
a volo di falco, e di beccare il frutto lontano dalla pianta. Nel quadro regionalista, collaudato<br />
nel corso degli anni ‘30, ogni cibo, fatti salvi certi criteri formali e sostanziali di elezione, può<br />
diventare tipico, se etichettato tale. Quindi viaggia, si riproduce, viene consumato.<br />
Da <strong>un</strong> ritorno in auge delle osterie all’altro, da <strong>un</strong>a insegna alla sua erede e omonima, i gusti<br />
si perpetuano oltre che nella bocca e nella memoria, sulla carta. La <strong>cucina</strong> è <strong>un</strong> luogo per<br />
chierici, al pari <strong>della</strong> biblioteca, di cui alc<strong>un</strong>i seri, altri faceti. Il capitolo, consacrato dal<br />
Ghiottone errante alla Lombardia, a coronamento di <strong>un</strong>a ricerca di certe radici culturali, porta<br />
<strong>un</strong> titolo ironico e scolastico: “Il pranzo di nozze di Renzo e Lucia”. Non è <strong>un</strong>o scherzo: in ogni<br />
specialità consumiamo l’idea di specialità, e la cultura che l’ha confezionata. Si può divorare il<br />
Manzoni in molti modi, dal primo al dessert, restando a tavola. Quale sarà allora la torta di<br />
Renzo e Lucia ? Non bisogna fidarsi di <strong>un</strong>a malapenna, di <strong>un</strong> Monelli, perchè da burlone<br />
modenese, tira fuori <strong>un</strong> panettone e, ammiccando, ne disegna il profilo, ne ritrae la capoccia<br />
familiare. “Il dolce dei lombardi è <strong>un</strong> pane badiale, <strong>un</strong> malloppo br<strong>un</strong>o e madornale, il pane<br />
inventato da Toni fornaio (pan de Toni, panettone) ; che se non fosse conosciuto ormai come<br />
la bettonica parrebbe ai riguardanti tutt’altra cosa che <strong>un</strong> dolce dalla polpa soffice e gonfia<br />
d’aria fragrante: piuttosto <strong>un</strong> berretto da cuoco gettato in bronzo, <strong>un</strong> pallone da giocarci il<br />
calcio, <strong>un</strong> testone da tirarci al bersaglio nelle fiere”.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
Il cibo come lingua<br />
La definizione di <strong>un</strong> “<strong>codice</strong>” di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> regionale, piuttosto che la presentazione di <strong>un</strong><br />
atlante di formulazioni, come è nelle pretese di questo testo, richiama immediatamente la<br />
priorità di riferirsi ad alc<strong>un</strong>e regole e strutture dell’alimentazione.<br />
Le abitudini alimentari, come è noto, si costituiscono sulla base di complessi meccanismi e<br />
stratificazioni: necessità biologiche dell’organismo, disponibilità di risorse, livello di<br />
accessibilità alle risorse disponibili, capacità culturali di adattamento, valenze emotivo -<br />
simboliche dell’atto alimentare.<br />
E’ fuori dagli obbiettivi di questo testo approfondire queste problematiche. Basterà ricordare<br />
come l’alimentazione rappresenta la risposta ad <strong>un</strong> bisogno biologico primario, per soddisfare<br />
il quale introduciamo energia e nutrienti (onde corrispondere ai fabbisogni plastici e di<br />
sostentamento dell’organismo) ed ancora <strong>un</strong>’altra quota di nutrienti (vitamine e sali minerali)<br />
quali regolatori del metabolismo. I principi nutritivi sono contenuti negli alimenti, in diversa<br />
proporzione e forma di compartimentazione: tant’è che l’uomo ha dovuto esercitare <strong>un</strong><br />
immane sforzo di adattamento e di selezione per imparare ad utilizzare al meglio le risorse<br />
alimentari, le quali, come tutte le risorse naturali, soggiacciono a ovvie limitazioni di<br />
disponibilità nel tempo e nello spazio. Grazie a questo sforzo, la civiltà umana è progredita,<br />
imparando ad “umanizzare” gli alimenti: con la coltivazione, l’allevamento, la pesca, lo<br />
scambio ed il commercio delle derrate, l’applicazione di tecniche e tecnologie per superare la<br />
compartimentazione di alimenti e principi nutritivi e renderne possibile la conservazione, ecc.<br />
Sempre per corrispondere alla limitata disponibilità, l’uomo ha presto imparato ad organizzare<br />
razioni alimentari sotto forma di combinazioni ed associazioni di alimenti, strutturando<br />
protocolli (formulazioni e menù), che sempre hanno esemplificato <strong>un</strong>a propensione inconscia<br />
alla “saggezza del corpo”.<br />
Una importante guida alla formazione di abitudini e protocolli alimentari “saggi” è sempre<br />
stata esercitata dalle caratteristiche sensoriali degli alimenti: gusto, consistenza, aspetto,<br />
aroma e colore di <strong>un</strong> prodotto sono in <strong>un</strong> complesso rapporto con la sua struttura<br />
nutrizionale. L’uomo, cibandosi, ha inseguito <strong>un</strong>a ottimizzazione ed <strong>un</strong>a soddisfazione<br />
sensoriale che quasi sempre corrispondevano ad <strong>un</strong> parallelo risultato di equilibrio<br />
nutrizionale, ad esempio apprezzando ciò che è dolce, aromatico, acidulo (più zuccheri e più<br />
sali minerali e vitamine) ma rifuggendo da ciò che è amaro o puzzolente (cioè potenzialmente<br />
velenoso o igienicamente contaminato).<br />
Ancora, l’uso degli alimenti ed i relativi protocolli di associazione-formulazione sono sempre<br />
stati vincolati alle disponibilità economiche (di <strong>un</strong> individuo, di <strong>un</strong> gruppo, di <strong>un</strong>a<br />
popolazione), cosicchè l’alimentazione si presta ad <strong>un</strong>a rilettura e ad <strong>un</strong>a interpretazione<br />
sociale: i ceti abbienti hanno sempre goduto di <strong>un</strong>a relativa abbondanza di disponibilità (e<br />
quindi hanno “inventato” <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> più ricca), mentre i poveri si sono sovente dovuti<br />
adattare alla scarsità di risorse, sopperendovi in molti casi con la fantasia.<br />
Questa complessa vicenda di selezione-adattamento ha proiettato sull’alimentazione potenti<br />
valenze simboliche, oscurando in molti casi il primario istinto biologico: risolto il problema del<br />
rapporto cibo-sopravvivenza, oggi mangiamo quello che ci piace, che meglio corrisponde<br />
ideologicamente e culturalmente alle nostre pulsioni ideali ed alle consuetudini del nostro<br />
status sociale e di gruppo, al di là del significato biologico dell’atto alimentare. Ad esempio, il<br />
risotto con lo zafferano, prima ancora che <strong>un</strong> modulo più o meno perfetto di ass<strong>un</strong>zione<br />
nutrizionale, rappresenta per molti di noi <strong>un</strong> rito di adesione ad <strong>un</strong>’identità regionale, mentre<br />
<strong>un</strong>a bibita alla cola, prima del significato di dissetamento, è sovente <strong>un</strong> simbolo di adesione<br />
ad <strong>un</strong>a ideologia giovanilistica.<br />
<strong>Per</strong> dirla con Roland Barthes: “Comprando <strong>un</strong> alimento, consumandolo o facendolo<br />
consumare, l’uomo moderno non maneggia <strong>un</strong> semplice oggetto in modo transitivo: questo<br />
alimento riassume e trasmette <strong>un</strong>a situazione, costituisce <strong>un</strong>’informazione, è significativo. Ciò<br />
vuol dire che l’alimentazione non è semplicemente l’insieme di motivazioni più o meno<br />
coscienti, ma è <strong>un</strong> autentico segno, forse l’insieme di <strong>un</strong>a struttura di com<strong>un</strong>icazione”.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
Volendo delineare a grandi linee la struttura di riferimento delle tradizioni alimentari in<br />
<strong>un</strong>’area circoscritta, torna d<strong>un</strong>que utile analizzare l’alimentazione come <strong>un</strong>a lingua, <strong>un</strong><br />
protocollo di com<strong>un</strong>icazione.<br />
Già ad <strong>un</strong> livello puramente simbolico, esistono infinite analogie fra atto alimentare e<br />
struttura di com<strong>un</strong>icazione: le lingue vive (soprattutto i dialetti) censiscono <strong>un</strong>’infinità di<br />
variazioni semantiche intorno al cibo, anche a testimonianza <strong>della</strong> centralità dei protocolli di<br />
uso e consumo del cibo nelle vicende di sopravvivenza. Un’altra fonte di documentazione di<br />
queste analogie (che qui non abbiamo la possibilità di approfondire) sono i detti e i proverbi,<br />
che recepiscono la necessità di tramandare piccole regole ed osservazioni e che d<strong>un</strong>que sono<br />
il succo <strong>della</strong> saggezza popolare. Anche in questo caso i riferimenti alimentari sono<br />
abbondanti.<br />
La ricchezza semantica delle parole riferite al cibo, per quanto riguarda il territorio oggetto<br />
<strong>della</strong> nostra codificazione, è ben riass<strong>un</strong>ta dalle riflessioni riportate da F.Bassani (<strong>un</strong>o studioso<br />
di tradizioni locali), qui di seguito riportate, e che possono valere come esempio e traccia di<br />
<strong>un</strong>a ricerca ancora solo abbozzata dagli etnografi.<br />
Le variazioni semantiche del mangiare<br />
(in riferimento al dialetto brianzolo e comasco,<br />
da F.Bassani, El mangià di nost vecc, Bertoni Ed., Merate (Co), 1980)<br />
“.... Oggi si dice mangià, ma <strong>un</strong> tempo majà era molto più com<strong>un</strong>e, cosiccome era molto più<br />
com<strong>un</strong>e l’iterativo majocà... e quel majà o majocà lascia intravvedere, più che l’appetito, la<br />
fame di gente che non naviga certo nell’abbondanza. E chi è costretto a tirare sempre la<br />
cinghia non aspira poter fare, almeno <strong>un</strong>a volta all’anno, <strong>un</strong>a bella majada (abbuffata), così<br />
da sentirsi finalmente segoll (satollo)? ... Il popolo inventa allora pacià e paciada (qualcosa<br />
come “scorpacciata”). Il suono stesso di questo intraducibile pacià ci fa immaginare il<br />
movimento <strong>della</strong> bocca e delle ganasce, ce ne fa sentire il rumore, ci fa cogliere <strong>un</strong> senso di<br />
piena soddisfazione ....<br />
..... Ai piccini non si lasciava mai mancare il cibo, anzi piaceva vederli paciotà (cioè mangiare<br />
spesso ed abbondantemente). Il bambino bianco-rosso e paffuto, grasso come <strong>un</strong> maialino, è<br />
il paciarott: .... i genitori ne vanno fieri ... e così lo lasciano paciotà, magari fino a ingusàs.<br />
Ma crescendo imparerà anche lui a cumpesà, come tutti gli altri. Il verbo cumpesà è<br />
certamente il più adatto a indicare il modo di mangiare di <strong>un</strong> tempo, significa proprio<br />
“mangiare con peso, con misura”, giacchè la pietanza a disposizione è quasi sempre scarsa. E’<br />
la regiura di casa che raccomanda a tutti di cumpesà, mentre serve in abbondanza polenta e<br />
pangiallo (che di solito non si misurano) ....<br />
Appena sp<strong>un</strong>tati i denti, il ragazzino si impegnava subito a sgagnà o a cagnà (mangiare con<br />
morsi vigorosi) ... Ma la gente, che imparava subito ad accontentarsi di poco, si compiaceva<br />
in mancanza di meglio anche di sgandulà allegramente qualcosa di duro e gustoso. Anche<br />
questo sgandulà è intraducibile e ci fa immaginare <strong>un</strong>o che fa passare con gusto da <strong>un</strong>a parte<br />
all’altra <strong>della</strong> bocca la gandùla (il nòcciolo) di <strong>un</strong> frutto, succhiando, leccando, quasi a<br />
prol<strong>un</strong>gare il gusto di qualcosa che sta per finire.<br />
Majà, pacià, cumpesà, sgagnà, sgandulà: tanti modi di dire mangiare, quando da mangiare<br />
c’era poco ....<br />
Ma lasciamo queste analogie, per ritornare ai segni ed ai significati.<br />
Come tutte le lingue e gli idiomi alla base delle abitudini alimentari di <strong>un</strong> individuo o di <strong>un</strong><br />
gruppo c’è infatti <strong>un</strong> insieme di regole e strutture “semantiche”: <strong>un</strong> alfabeto (i nutrienti),<br />
delle parole (gli alimenti), delle costruzioni logiche (le formulazioni), delle costruzioni<br />
retoriche (i menù, i protocolli d’uso).<br />
Ogni parola (alimento) è costituita da alc<strong>un</strong>e lettere dell’alfabeto (nutrienti) in forma tale da<br />
rappresentare <strong>un</strong>’<strong>un</strong>ità inscindibile e significativa: la parola (come l’alimento) latte indica <strong>un</strong>a<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
precisa combinazione di lettere (nutrienti) che hanno <strong>un</strong> senso compiuto. Ma come<br />
pron<strong>un</strong>ciando la parola latte perdiamo il controllo sulle <strong>un</strong>ità alfabetiche, altrettanto<br />
consumandolo non abbiamo più la coscienza delle sue <strong>un</strong>ità nutrizionali costitutive.<br />
L’espressione delle parole si manifesta in fonemi e sonorità basate sull’alfabeto costitutivo:<br />
altrettanto succede per le caratteristiche sensoriali degli alimenti.<br />
Le abitudini alimentari si basano d<strong>un</strong>que sul consumo di certi alimenti, che per disponibilità e<br />
tradizione, rappresentano <strong>un</strong> <strong>un</strong>iverso di riferimento, tanto sul piano nutrizionale che su<br />
quello sensoriale.<br />
E’ istruttivo, a questo proposito, considerare la tavola riportata successivamente, che illustra<br />
le differenze quantitative nel consumo di singoli alimenti tipici delle nostre abitudini,<br />
considerando la situazione media dei consumi lombardi e di quelli nazionali.<br />
Appare evidente <strong>un</strong> profilo caratteristico, ove il riso, il burro, latte, formaggi, i salumi e le<br />
carni bovine hanno <strong>un</strong>’importanza mediamente superiore, mentre olio, pane, ortaggi, pasta,<br />
pesce e frutta sono meno frequentemente consumati.<br />
A questo livello, con <strong>un</strong>a semplice analisi quali-quantitativa sulla disponibilità di generi<br />
alimentari, è già possibile stilare <strong>un</strong>a carta d’identità, che evidenzia (sul piano nutrizionale e<br />
sensoriale) propensioni ed idiosincrasie dettate da <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga vicenda di differente esposizione<br />
agli usi alimentari.<br />
Non è <strong>un</strong> caso, d<strong>un</strong>que, che fra le 100 formulazioni segnalate nel successivo atlante ben 16<br />
prevedano il riso come ingrediente ed oltre 50 il burro, mentre la pasta vi compare solo 4<br />
volte ed i piatti a base di sole verdure si contano sulla p<strong>un</strong>ta delle dita.<br />
Il secondo livello di analogia con le regole linguistiche riguarda il fatto che noi consumiamo gli<br />
alimenti prevalentemente sotto forma di formulazioni.<br />
La formulazione soggiace a certe regole (associazione fra alimenti, opposizione o<br />
combinazione sensoriale, esclusione o inclusione) cosiccome <strong>un</strong>a costruzione logica, nelle<br />
diverse lingue, prevede strutture obbligate. Il pane con il salame costituisce <strong>un</strong>a frase<br />
alimentare e, altrettanto che in <strong>un</strong>a lingua, presuppone <strong>un</strong> costrutto logico (del tipo soggetto<br />
+ predicato + complemento): nel caso alimentare la regola è quella dell’associazione delle<br />
<strong>un</strong>ità semantiche (alimenti) in forma nutrizionalmente e sensorialmente complementare.<br />
Con riferimento alle tradizioni alimentari lombarde, consideriamo quali regole di inclusione,<br />
alc<strong>un</strong>i protocolli di combinazione che recuperano risorse altrove bistrattate od escluse (frittata<br />
con le ortiche, polenta e ghiri, lumache trifolate, testina di vitello, interiora quali la trippa o i<br />
rognoni). Oppure le regole di opposizione sensoriale fra ingredienti (per la consistenza:<br />
castagne e verze, o sciatt – ricopertura verso imbottitura -; per il gusto la dialettica dolcesalato<br />
dei tortelli di zucca o quella dolce-amaro di alc<strong>un</strong>i dessert in cui compaiono come<br />
ingrediente zucchero e frutta secca insieme ad amaretti e cacao amaro) o fra significati<br />
simbolici (la rusumada, ovvero uova verso vino rosso).<br />
Ma più ancora le regole di associazione/opposizione trovano p<strong>un</strong>tuale verifica nella varietà di<br />
formulazioni possibili, partendo da pochi ingredienti. Sul legame farina di cereali-formaggio,<br />
ad esempio, si contano <strong>un</strong>a ventina di variazioni fra i piatti più noti lombardi (casonsei,<br />
pizzoccheri, strangolapreti, ravioli, margottini, polenta pasticciata ecc.).<br />
A questo livello, sono gli usi, l’impiego di ingredienti secondari ed il sapere <strong>cucina</strong>rio ad<br />
identificare <strong>un</strong>a variabilità gustativa e nutrizionale che supera la costrizione dettata dalle<br />
poche risorse principali: la polenta va con il lardo o il burro (polenta <strong>un</strong>cia), con i saracchi,<br />
con la salvia, con il latte, con il formaggio, con gli uccelletti; il riso va con il burro, il pesce di<br />
acqua dolce, con le rane, con il prezzemolo, con i legumi; all’uovo si combinano ortiche, erbe<br />
selvatiche, asparagi, ecc. Ed il risultato è in ogni caso <strong>un</strong> piccolo miracolo di architettura<br />
<strong>cucina</strong>ria.<br />
Si consideri il quadro sinottico nelle pagine successive, relativo a due preparazioni tipiche<br />
dell’alimentazione <strong>lombarda</strong> di valle, ove sul modulo farina e formaggio si inserisce <strong>un</strong>a<br />
potente variazione di altri ingredienti e tecniche <strong>cucina</strong>rie.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
I consumi alimentari in Lombardia<br />
Ogni mese <strong>un</strong> abitante <strong>della</strong> Lombardia, rispetto all’italiano medio, consuma in<br />
più:<br />
circa 2 L di Acqua minerale;<br />
circa 1/2 L di Vino rosso;<br />
circa 7 michette di Pane condito;<br />
circa 1/4 di L di Latte a l<strong>un</strong>ga conservazione;<br />
fra 200 e 300 g di Riso; Affettati o insaccati o ecc.; Albicocche o pesche; Cocomero o<br />
melone; Cardi o carote o finocchio o rape o sedano;<br />
circa 1 bicchiere di Latte scremato e parzialmente scremato;<br />
fra 100 e 150 g di Bibite; Burro; Cetrioli o zucchine; Biscotti; Yogurt; Gelati e preparati per<br />
gelati;<br />
circa 100 g di Formaggi grassi; Formaggi semigrassi;<br />
fra 50 e 100 g di Frutta esotica; Pollame; Bovino adulto; Gnocchi di patate; Vitellone;<br />
Prodotti da forno (brioches ecc.);<br />
fra 30 e 50 g di Grissini o crackers o fette biscottate; Margarina; Succhi di frutta e<br />
verdura; Ortaggi surgelati; Condimenti o sughi o salse o creme o patè;<br />
Preparati per minestre; Piatti a base di ortaggi (comprese le insalate);<br />
Coniglio; Legumi in scatola; Amarene o ciliege o fragole o nespole;<br />
Marmellata; Creme o dessert o budini;<br />
fra 10 e 30 g di Frattaglie; Piatti misti a base di vegetali o legumi o cereali; Carne equina;<br />
Miele; Panna; Pasta all'uovo; Pasta all'uovo ripiena; Cacao e derivati; Tè<br />
o karkadè o camomilla; Amari e liquori dolci; Carne in scatola; Frutta<br />
sciroppata o in scatola o sotto spirito o sotto zucchero;<br />
Ogni mese <strong>un</strong> abitante <strong>della</strong> Lombardia, rispetto all’italiano medio, consuma la<br />
stessa quantità di:<br />
Cereali da prima colazione; Legumi freschi; Crepes o crespelle o crocchelle o sofficini; Caramelle<br />
o confetti; Cereali in grani; Dolcificanti e prodotti dietetici; Caffè; Selvaggina o rane o lumache;<br />
Piatti a base di cereali (diversi da pasta e riso); Odori e spezie; Piatti a base di pasta ripiena;<br />
Molluschi conservati; Pizza; Cipolle; Lardo o pancetta o strutto ed altri grassi animali; Piatti a<br />
base di legumi; Superalcoolici; Rustici o snacks o tramezzini o ecc.; Frutti di bosco; Lievito;<br />
Mele; <strong>Per</strong>e; Birra; Ortaggi sott'olio o sotto aceto o secchi o in scatola; Cioccolata e creme a base<br />
di cioccolata; Crostacei freschi; Crostacei surgelati; Fichi o prugne; Loti o kaki; Merendine;<br />
Surrogati del caffè; Frutta secca ed in guscio; Molluschi surgelati;<br />
Ogni mese <strong>un</strong> abitante <strong>della</strong> Lombardia, rispetto all’italiano medio, consuma in<br />
meno:<br />
fra 10 e 30 g di Pesce surgelato; Aglio; Uova;<br />
fra 30 e 50 g di Carne suina; Olive; Pesce sott'olio o secco o salato o in scatola; Paste o<br />
pasticcini; F<strong>un</strong>ghi; Agrumi; Legumi surgelati;<br />
fra 50 e 100 g di Zucchero; Agnello; Molluschi freschi; Farina; Olio di semi; Carciofi;<br />
Verdure;<br />
fra 100 e 150 g di Legumi secchi e farine; Vitello; Pesce fresco; Ricotta e formaggi magri;<br />
Broccoli o cavolfiori o cavoli;<br />
fra 150 e 300 g di Uva; Melanzane o peperoni; Pomodori da insalata; Pomodori da sugo;<br />
Ortaggi da insalata;<br />
circa 1/3 di l di Olio di oliva; Latte intero;<br />
circa 1/2 l di Vino bianco e spumante;<br />
circa 500 g di Patate; Pasta;<br />
circa 2 scatole di Pomodori in scatola;<br />
circa 25 michette di Pane com<strong>un</strong>e;<br />
(ns. elaborazione su dati di fonte Istituto Nazionale <strong>della</strong> Nutrizione)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
PIZZOCCHERI<br />
Sono il piatto-simbolo <strong>della</strong> tradizione<br />
valtellinese. Il nome deriva dalla stessa<br />
radice pit o piz da cui sarebbero originati i<br />
termini pizza, pitta, pittula, pinsa e pinza,<br />
com<strong>un</strong>i in Italia, con significato affine a<br />
pezzo, pezzetto, cui può essersi sovrapposto<br />
il senso di pinsa, da pinzare = schiacciare, in<br />
riferimento alla forma. Meno attendibili<br />
appaiono le etimologie dal longobardo bizzo<br />
= boccone.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Inverno, Aut<strong>un</strong>no<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo di esecuzione: 45 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Soffrittura<br />
Utensili:<br />
tagliere trinciante, pentola, colapasta, pa<strong>della</strong>,<br />
zuppiera, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
FORMAGGIO SEMIGRASSO DELLA VALTELLINA<br />
“CASERA” (180 g), PIZZOCCHERI (420 g), PATATE<br />
(180 g), VERZA (180 g), BURRO (30 g), SALVIA<br />
(n.5 foglie), PEPE (q.b.), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Pelare e tagliare a pezzi le patate<br />
• Mondare, lavare e tagliare a strisce le verze<br />
• Cuocere in <strong>un</strong>a pentola con acqua salata le<br />
patate e le verze<br />
• Tagliare il formaggio a fettine sottili<br />
• A cottura ultimata <strong>un</strong>ire i pizzoccheri<br />
• Cuocere per 10-15 minuti, scolare ancora al<br />
dente<br />
• (nel frattempo) Rosolare le foglie di salvia nel<br />
burro<br />
• Porre i pizzoccheri in <strong>un</strong>a zuppiera<br />
• Unire il formaggio, il burro e la salvia ed<br />
amalgamare accuratamente<br />
• Servire <strong>un</strong>endo del pepe a parte<br />
CASONSEI<br />
Etimologia discussa. Sono, i casonsei, a<br />
causa <strong>della</strong> loro forma (sulla quale,<br />
d’altronde gli autori non concordano) dei<br />
calzoncini oppure dei cassoncini ripieni? O<br />
ancora, sono dei ravioli pieni, secondo l’uso<br />
antico, principalmente di caso, cioè di<br />
formaggio, sì da p oter essere definiti<br />
formaggetti?<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Elevata<br />
Tempo di esecuzione: 120 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
pentola, mezzal<strong>un</strong>a, scolapasta, pelapatate, ciotola,<br />
matterello, pentola, schiumarola, casseruola<br />
Ingredienti:<br />
- <strong>Per</strong> il ripieno: PATATE (400 g), ERBETTE o<br />
SPINACI (400 g), PREZZEMOLO (120 g), PANE<br />
GRATTUGIATO (120 g), SALSICCIA (80 g),<br />
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (80 g),<br />
MORTADELLA (40 g), BURRO (40 g), PORRO (150<br />
g), UOVA (n.1), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
- <strong>Per</strong> la pasta: FARINA BIANCA 00 (250 g), UOVA<br />
(n.2), SALE (q.b.)<br />
- <strong>Per</strong> il condimento: FORMAGGIO GRANA<br />
GRATTUGIATO (15 g), BURRO (30 g)<br />
Esecuzione:<br />
• Pulire e lessare le patate e le erbette<br />
• Scolare e strizzare bene le erbette, tritarle e<br />
farle insaporire nel burro soffritto con il porro e<br />
il prezzemolo ben tritati<br />
• Passare le patate al setaccio<br />
• Mettere in <strong>un</strong>a ciotola il pane, il grana, le<br />
patate, le erbette, la salsiccia pelata, la<br />
morta<strong>della</strong> tritata fine, l'uovo, sale e pepe<br />
• Impastare bene gli ingredienti e tenere il<br />
composto a riposare in frigorifero per la notte<br />
• Impastare la farina con le uova e poco sale fino<br />
ad ottenere <strong>un</strong> composto omogeneo<br />
• Dall'impasto ottenuto staccarne delle piccole<br />
quantità e, lavorando sempre sulla spianatoia,<br />
farne dei bastoncini (come per la preparazione<br />
degli gnocchi) tagliandoli poi a piccoli pezzi<br />
• Usando l'apposito fusto di legno o il matterello,<br />
ridurre i pezzetti di pasta in dischi larghi come<br />
il fondo di <strong>un</strong> bicchiere<br />
• Al centro dei dischi di pasta mettere <strong>un</strong>a noce<br />
di ripieno e confezionare i casonsei: chiudere il<br />
ripieno all'interno facendo piccole "pieghe" <strong>un</strong>a<br />
sull'altra, partendo con il pollice sinistro nella<br />
parte superiore e poi sovrapponendo, con il<br />
pollice e l'indice <strong>della</strong> mano destra, tutto l'orlo<br />
del disco che durante l'operazione dovrà essere<br />
assottigliato<br />
• Lessare i casônsèi in abbondante acqua<br />
bollente e salata: quando vengono a galla,<br />
lasciarli cuocere per <strong>un</strong> massimo di 4 minuti<br />
• Toglierli delicatamente con il mestolo forato e<br />
sistemarli a strati su <strong>un</strong> piatto di portata<br />
condendo ogni strato prima con il grana, poi<br />
con il burro fuso<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
Il risultato nutrizionale è più che mirabile, soprattutto se verificato sulla base <strong>della</strong> quota di<br />
ciasc<strong>un</strong> nutriente apportato dai diversi ingredienti delle due formulazioni: è evidente <strong>un</strong>a<br />
struttura estremamente complessa e, nello stesso tempo, tesa ad <strong>un</strong>a inconscia saggezza.<br />
PIZZOCCHERI ALLA VALTELLINESE - Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong><br />
Fibra (g)<br />
416 14,7 13,5 63,0 621 12 2,6<br />
CASONSEI BERGAMASCHI - Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
667 28,2 30,3 75,0 1244 194 5,4
L’ultimo livello delle analogie fra linguaggio ed alimentazione riguarda il menù, cioè la<br />
scansione delle vivande.<br />
Questa costruzione retorica equivale ad <strong>un</strong> discorso compiuto, in cui le <strong>un</strong>ità semantiche<br />
(alimenti) ricorrono anche in più frasi. Come in <strong>un</strong> discorso, nel menù esistono delle<br />
premesse, delle parti accessorie o di contorno, delle strutture essenziali o significative. Così,<br />
per nutrirsi o dire <strong>un</strong>a cosa, esistono menù a piatto <strong>un</strong>ico e discorsi sintetici piuttosto che<br />
grandi abbuffate e costruzioni retoriche ridondanti, anche logorroiche.<br />
Considerando le tradizioni pauperistiche, appare evidente la semplificazione delle costruzioni<br />
retoriche: il pasto è prevalentemente basato sul consumo di piatti <strong>un</strong>ici e su strutture<br />
essenziali. La ritualità è ricostituita con <strong>un</strong>a scansione generalmente settimanale, in cui il<br />
pasto del giorno festivo è <strong>un</strong> poco più ricco e variato. Se ci si “abbuffa” è solo nelle occasioni<br />
comandate: a Natale, nei pranzi rituali di fine raccolto, in occasione degli sposalizi.<br />
L’insieme di queste osservazioni rende possibile delineare <strong>un</strong>a tavola conclusiva, illustrata<br />
nella pagina successiva ed inerente i tratti salienti <strong>della</strong> tradizione alimentare <strong>lombarda</strong>,<br />
ovvero il “linguaggio” lombardo del cibo, nonchè le sue analogie e differenze con il quadro<br />
nazionale.<br />
La tradizione alimentare <strong>lombarda</strong> riflette caratteristiche peculiari quanto ad impiego delle<br />
risorse e a vicende storiche di esposizione ad altri modelli culturali, non strettamente<br />
mediterranei. E’, quella <strong>lombarda</strong>, <strong>cucina</strong> di mais, di riso, di burro e di formaggio più che<br />
<strong>cucina</strong> di pasta, olio e di ortaggi: altri elementi la accom<strong>un</strong>ano com<strong>un</strong>que alla tradizione<br />
nazionale, in <strong>un</strong>a sintesi abbastanza particolare.<br />
Rispetto alle altre cucine regionali, la<br />
tradizione <strong>lombarda</strong> non gode com<strong>un</strong>que di<br />
altrettanta popolarità sul piano nazionale.<br />
Mentre i moduli più mediterranei hanno<br />
ottenuto <strong>un</strong> rilancio in forma moderna, per<br />
la loro superiore immagine sul piano<br />
nutrizionale e per la loro elasticità rispetto<br />
ai protocolli <strong>della</strong> vita moderna (in fondo,<br />
per preparare <strong>un</strong> piatto di pasta aglio, olio<br />
e peperoncino ci vogliono dieci minuti e<br />
manipolazioni piuttosto semplici, mentre<br />
per servire <strong>un</strong> buon risotto abbiamo<br />
bisogno di mezzoretta di tempo e di <strong>un</strong> po’<br />
più di abilità culinaria), il mangiare<br />
lombardo è in evidente declino, addirittura<br />
nelle scelte <strong>della</strong> ristorazione locale.<br />
Tentare, come è suggerito nelle pagine<br />
successive, <strong>un</strong>a presentazione ragionata di<br />
usi e preparazioni alimentari regionali<br />
dovrebbe rappresentare <strong>un</strong> contributo<br />
realistico a questo recupero culturale e,<br />
perchè no, stimolare qualche reminiscenza<br />
o qualche curiosità.<br />
(frontespizio del volume "Il libro <strong>della</strong> Polenta", di<br />
L.Carnacina e V.Buonassisi, Ed. Gi<strong>un</strong>ti Martello)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
Tratti salienti delle abitudini alimentari<br />
e dei protocolli nutrizionali<br />
Modello “mediterraneo”<br />
1. La rilevanza nella razione quotidiana dei<br />
cereali (frumento, mais, riso) e dei loro<br />
prodotti di prima (farine) e seconda<br />
trasformazione (pane, pasta).<br />
2. La presenza nella dieta di consistenti<br />
quantità di proteine di origine vegetale,<br />
derivate dagli stessi cereali e dalle<br />
leguminose.<br />
3. L’abbondanza nella razione di ortaggi a<br />
foglia e di frutta ed il conseguente apporto<br />
abbondante di fibra, vitamine e sali minerali.<br />
4. L’origine prevalentemente vegetale <strong>della</strong><br />
frazione lipidica e l’impiego generalizzato,<br />
come condimento, dell’olio di oliva, con il<br />
conseguente rilevante apporto di acidi grassi<br />
mono e polinsaturi.<br />
5. Il sapiente utilizzo delle erbe aromatiche<br />
come insapidenti delle formulazioni.<br />
6. La modesta, ma qualitativamente<br />
determinante, presenza di latticini, uova,<br />
pesci e carni (soprattutto ovine e suine).<br />
7. Il ruolo energizzante e non solo simbolico<br />
esercitato dalle bevande fermentate e<br />
soprattutto dal vino.<br />
8. La formulazione di dolci-pasto, a forte<br />
impatto energetico ma di composizione<br />
nutritiva abbastanza variata, di consumo<br />
com<strong>un</strong>que assolutamente limitato e rituale.<br />
9. L’abbinamento degli alimenti secondo<br />
moduli variati e fantasiosi, com<strong>un</strong>que<br />
sempre completi dal p<strong>un</strong>to di vista<br />
nutrizionale (cereali e legumi, cereali e<br />
condimenti lipidici, cereali ed alimenti di<br />
origine animale, carni o pesci con ortaggi).<br />
10. La fruizione dei pasti secondo precise regole<br />
di periodicizzazione quotidiana (colazione<br />
leggera, sp<strong>un</strong>tini, pranzo austero, cena più<br />
abbondante) e di occasionalità (cibo festivo<br />
e cibo feriale).<br />
11. La centralità dei protocolli basati sui piatti<br />
<strong>un</strong>ici, ovvero la miscelazione degli alimenti<br />
in razioni ad equilibrata densità nutritiva<br />
Modello “lombardo”<br />
Frequenza dei cerali minori, miscele di cereali in<br />
panificazione, rilevanza del riso a scapito <strong>della</strong><br />
pasta e delle preparazioni derivate dal modello<br />
di pult (polenta, semolino, pancotto ecc.)<br />
Consumo di legumi prevalentemente essiccati<br />
ed utilizzati in moduli del tipo zuppe o minestre.<br />
Consumo di ortaggi e soprattutto di frutta più<br />
limitato. Rilevanza delle cocurbitacee (zucca,<br />
zucchine) e dei vegetali di raccolta: verdure<br />
selvatiche, castagne, noci e bacche.<br />
L’origine <strong>della</strong> frazione lipidica è<br />
prevalentemente animale (burro , lardo e<br />
strutto). Gli oli vegetali limitatamente impiegati<br />
(ravizzone, linosa) sono ricchi in acidi grassi<br />
polinsaturi.<br />
Erbe o spezie servono a rendere meno<br />
monotone le caratteristiche sensoriali degli<br />
ingredienti base. Prevalenza di alc<strong>un</strong>e erbe<br />
aromatiche (timo, salvia, prezzemolo).<br />
Latticini (latte, siero, latticello, formaggi semigrassi)<br />
ed uova hanno <strong>un</strong>a certa preminenza.<br />
Presenza importante di frattaglie e salumi. Poca<br />
carne bovina e pesce solo essiccato.<br />
<strong>Per</strong>mane il consumo di bevande alcoliche (anche<br />
distillati). Il vino è sovente utilizzato anche<br />
come ingrediente.<br />
Dolci energizzanti, spesso a base di farine di<br />
cereali secondari ma sempre con frutta secca o<br />
essiccata.<br />
Minore varietà negli ingredienti e minore<br />
fantasia nelle tecniche di cottura.<br />
Colazione più abbondante ed a base di zuppe o<br />
resti <strong>della</strong> cena precedente. Merende più<br />
sostanziose. Centralità dei protocolli basati sulla<br />
polenta, sulle zuppe e sulle minestre.<br />
<strong>Per</strong>mane la centralità dei modelli basati sui piatti<br />
<strong>un</strong>ici.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
La decadenza del modello alimentare lombardo e le<br />
opport<strong>un</strong>ità di rilancio<br />
Uno dei motivi <strong>della</strong> rimozione delle formulazioni tradizionali dalle abitudini alimentari attuali<br />
<strong>della</strong> popolazione <strong>lombarda</strong> risiede nei cambiamenti <strong>della</strong> struttura sociale e del territorio,<br />
conseguenti al processo di industrializzazione forzata che in queste zone, più che altrove nel<br />
nostro Paese, ha modificato gli stili di vita, il panorama agricolo e forestale e la stessa<br />
specializzazione dei terreni agricoli.<br />
In parole povere, le attività agricole e di produzione primaria di generi alimentari sono ormai<br />
<strong>un</strong>a voce marginale nella struttura economica <strong>della</strong> Regione. D<strong>un</strong>que, sono innanzitutto<br />
scomparsi gli ingredienti di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong>, e ciò sovente è la premessa più pericolosa alla<br />
rimozione degli stili e <strong>della</strong> memoria stessa delle tradizioni alimentari.<br />
Tutto ciò non significa ovviamente la totale scomparsa dei prodotti tipici: alc<strong>un</strong>i sopravvivono<br />
marginalmente attraverso le produzioni degli orti familiari, le attività residue delle zone<br />
montuose, la raccolta individuale, la specializzazione di alc<strong>un</strong>i artigiani, altri sono stati<br />
"salvati" dalla preveggenza degli organismi istituzionali, anche attraverso la creazione di<br />
marchi di tutela e Consorzi. Casomai, ciò indica l'opport<strong>un</strong>ità di interventi rapidi di<br />
conservazione sociale del territorio, almeno nell'ambito <strong>della</strong> difesa delle produzioni tipiche.<br />
La contrazione delle produzioni tradizionali ha ovviamente influenzato le abitudini alimentari<br />
domestiche e l'offerta <strong>della</strong> ristorazione. Il profilo alimentare lombardo è ormai solo nella<br />
memoria dei più anziani o consegnato a testi che tentano di rinnovare l'attenzione verso<br />
alc<strong>un</strong>e abitudini <strong>cucina</strong>rie. <strong>Per</strong> il resto, i profili di consumo degli ultimi 20-30 anni sono più<br />
vicini a quelle dell'Europa Centrale che a quelli mediterranei, egemoni in altre parti del nostro<br />
Paese. Come si è visto in <strong>un</strong>a precedente tavola, nell'alimentazione attuale dei lombardi<br />
abbondano la pasta (più del riso), le carni, i salumi (ed il prosciutto più del salame), i<br />
formaggi (con la mozzarella preferita al taleggio), i prodotti di "convenience" a scapito dei<br />
prodotti ortofrutticoli freschi, del pesce: come a Zurigo o a Berlino.<br />
La stessa ristorazione regionale annovera più pizzerie, paninerie o trattorie tipiche di stampo<br />
tosco-emiliano che locali ad impronta "labilmente" <strong>lombarda</strong>. <strong>Per</strong> intenderci: considerando i<br />
menù usuali, è più facile "inciampare" negli spaghetti con le vongole che nel risotto col pesce<br />
persico o nella buseca. La tradizione è confinata in pochi locali di culto, di stampo ruspante,<br />
oltre che in qualche ristorante ove la selezione dei menù offre qualche aggancio alla storia<br />
<strong>della</strong> <strong>cucina</strong> locale. Qui, nella ristorazione, non ci si augura <strong>un</strong> ritorno di egemonia<br />
campanilistica, ma almeno la capacità degli operatori più moderni ed intelligenti nel riproporre<br />
i moduli tradizionali come forma di differenziazione dell'offerta culinaria, soprattutto<br />
considerando la <strong>cucina</strong> ottima ambasciatrice anche dell'ospitalità turistica.<br />
Poi, la scuola: i moduli alimentari sopravvivono oggi solo attraverso la divulgazione, la<br />
raccolta di testimonianze, l'attenzione didattica. L'alimentazione è <strong>un</strong> ottimo terreno su cui<br />
saggiare la tanto decantatata interdisciplinarietà dei contenuti e la augurabile sintesi dei<br />
saperi. Portare la tradizione alimentare locale all'attenzione degli allievi suscita curiosità<br />
(magari anche nel mattere le "mani in pasta" e riallenare il gusto e l'olfatto), oltre a prestarsi<br />
ad <strong>un</strong> itinerario molto fecondo sulla geografia, la storia, la natura di <strong>un</strong> territorio e la vita<br />
delle com<strong>un</strong>ità locali.<br />
Infine, l’attività delle istituzioni: la difesa <strong>della</strong> tipicità delle produzioni rappresenta <strong>un</strong>a<br />
opport<strong>un</strong>ità per salvare anche i modelli <strong>cucina</strong>ri. Oggi tale attività è favorita da norme europee<br />
che, attraverso la certificazione, consentono l’utilizzazione di marchi di origine, utili a<br />
qualificare, agli occhi del consumatore, l’adesione del prodotto a valenze culturali e sociali<br />
fondamentali. È stato così che negli anni passati molti prodotti alimentari lombardi, già<br />
tutelati e non, grazie all’attività dei consorzi di produttori e con il sostegno dell’istituzione<br />
regionale, hanno fatto richiesta per entrare negli elenchi dei prodotti definiti dai Regolamenti<br />
europei che al consumatore appaiono con marchi vecchi e nuovi: DOC, DOP, IGP, prodotto<br />
tradizionale con attestazione di specificità.<br />
• L’attestazione DOC è riservata ai vini. Il vino Doc, a differenza del cosiddetto "vino da<br />
tavola", deve essere sempre ricavato, in quantità prestabilite (per non "forzare" le viti<br />
nella produzione dell’uva) da uve di <strong>un</strong>a zona geografica ben delimitata. Ogni vino Doc ha<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
<strong>un</strong> suo "disciplinare", cioè <strong>un</strong>a serie di regole che ne definiscono le caratteristiche di<br />
qualità e di produzione. I vini Doc sono anche detti, secondo la classificazione dell’Unione<br />
Europea, VQPRD, cioè "vini di qualità prodotti in regioni determinate". Le due diciture DOC<br />
e VQPRD sono d<strong>un</strong>que equivalenti. Esistono poi i vini DOCG, a "denominazione d’origine<br />
controllata e garantita": sono di qualità più alta dei DOC e hanno disciplinari<br />
maggiormente restrittivi.<br />
• L’attribuzione DOP viene assegnata a prodotti strettamente legati alla regione di cui sono<br />
originari. <strong>Per</strong> poter ricevere l’appellativo devono sussistere due condizioni: 1. la<br />
produzione delle materie prime e la loro trasfor-mazione fino al prodotto finito devono<br />
essere effettuate nella regione delimitata di cui il prodotto porta il nome; 2. le particolari<br />
qualità e caratteristiche del prodotto devono essere dovute, esclusivamente o<br />
essenzialmente, all’ambiente geografico del luogo d’origine. <strong>Per</strong> "ambiente geografico" il<br />
regolamento intende non solo i fattori naturali ma anche quelli umani, quindi il clima e la<br />
qualità del suolo, ma anche le conoscenze tecniche locali.<br />
• Anche il marchio IGP attesta che i prodotti sono collegati alla zona di cui, in genere,<br />
portano il nome. Questo legame, però, è meno stretto o com<strong>un</strong>que diverso rispetto a<br />
quello visto per la denominazione d’origine. Le due condizioni necessarie per poter<br />
acquisire la IGP sono: 1. <strong>un</strong>a delle fasi di produzione deve essere effettuata nella zona<br />
delimitata, anche se le materie prime possono anche provenire da <strong>un</strong>’altra regione; 2.<br />
deve esistere <strong>un</strong> collegamento tra il prodotto e la regione da cui prende il nome.<br />
• Esiste <strong>un</strong>a terza categoria di denominazioni particolari, l’attestazione di specificità, e in<br />
questo caso il prodotto non è più legato, più o meno strettamente, a <strong>un</strong> luogo d’origine,<br />
ma alla particolare "ricetta". Il concetto di base è in questo caso la distinzione di <strong>un</strong><br />
prodotto dalla massa degli altri alimenti per rafforzarne la posizione concorrenziale, non<br />
ricorrendo a elementi geografici ma ad altri elementi, detti "specifici". Inoltre, per poter<br />
ricevere l’attestato di specificità, <strong>un</strong> prodotto deve essere "tradizionale" cioè: derivato da<br />
materie prime tradizionali, oppure, avere <strong>un</strong>a composizione tradizionale, oppure, avere<br />
subito <strong>un</strong> metodo di produzione e/o di trasformazione tradizionale.<br />
Le pagine successive elencano succintamente il risultato di questa attività di normazione e di<br />
certificazione, per molti prodotti lombardi al cui futuro si può guardare con ottimismo.<br />
Attività che è tuttora in corso: le ultime normative europee (riconoscimento di tipicità anche<br />
per le formulazioni) ed italiane (riconoscimento <strong>della</strong> denominazione di “prodotto<br />
tradizionale”) rappresentano opport<strong>un</strong>ità che non mancheranno di trovare in Lombardia <strong>un</strong>a<br />
risposta orgogliosa.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
Caratteri distintivi dei prodotti DOP o IGP<br />
<strong>della</strong> Regione Lombardia<br />
Formaggi<br />
� Formai de Mut dell'alta Valle Brembana (DOP)<br />
Consorzio per la Tutela del Formaggio "Formai de Mut Dell'alta Valle Brembana", Via B.<br />
Belotti, 54 - 24014 Piazza Brembana<br />
Tipo: formaggio a pasta semicotta, prodotto con latte di vacca intero.<br />
Salatura: a secco o in salamoia<br />
Maturazione: da 45 giorni a 6 mesi<br />
Forma: cilindrica a facce piane o semipiane (diametro 30-40 cm.)<br />
Scalzo: diritto o leggermente convesso (8-10 cm.)<br />
Peso medio: 8-12 kg.<br />
� Gorgonzola (DOP)<br />
Consorzio per la Tutela del Formaggio Gorgonzola, P. Azario, 3 - 28100 Novara<br />
Tipo: formaggio a pasta cruda e soda, prodotto con latte di vacca intero.<br />
Salatura: a secco<br />
Stagionatura: tipo "dolce": 60 giorni circa; tipo "piccante": 90-100 giorni circa.<br />
Forma: tipo "dolce": cilindrica (diametro 28-32 cm.), le forme vengono generalmente poste<br />
in commercio tagliate a metà in senso trasversale ottenendo due mezze forme sempre di<br />
diametro 28-32 cm., ma con scalzo di 7.5-9.5 cm e crosta solo su <strong>un</strong>a faccia; tipo "piccante":<br />
cilindrica (diametro 20-25 cm)<br />
Scalzo: diritto<br />
Peso medio: tipo "dolce" e “piccante”: 12-13 kg.<br />
� Grana Padano (DOP)<br />
Consorzio per la Tutela del Formaggio Grana Padana, Via XXIV Giugno, 8 – S.Martino <strong>della</strong><br />
Battaglia – 25015 Desenzano<br />
Tipo: formaggio a pasta cotta, prodotto con latte di vacca, parzialmente scremato per<br />
affioramento.<br />
Salatura: in salamoia<br />
Maturazione: 8-24 mesi (marchiato dopo 8 mesi)<br />
Forma: cilindrica (diametro 35-45 cm)<br />
Scalzo: convesso (18-25 cm)<br />
Peso medio: 24-40 kg<br />
� Parmigiano Reggiano (DOP)<br />
Consorzio per la Tutela del Parmigiano Reggiano, Via Kennedy, 18 – 42100 Reggio Emilia<br />
(prodotto anche nella la Provincia di Mantova)<br />
Tipo: formaggio a pasta cotta, prodotto con latte di vacca alimentata con foraggi di prato<br />
polifita o di medicaio; il latte proviene da due m<strong>un</strong>giture ed è parzialmente scremato per<br />
affioramento<br />
Salatura: in salamoia<br />
Maturazione: 12-36 mesi<br />
Forma: cilindrica a facce piane leggermente orlate (diametro 35-45 cm)<br />
Scalzo: leggermente convesso o quasi diritto (18-24 cm)<br />
Peso medio: 24-40 kg<br />
� Quartirolo Lombardo (DOP)<br />
Consorzio Produttori Formaggio Quartirolo Lombardo, Via Molise, 62 - 20137 Milano<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
Tipo: formaggio molle a pasta cruda prodotto con latte di vacca intero o parzialmente<br />
scremato proveniente da due o più m<strong>un</strong>giture<br />
Salatura: a secco o in salamoia<br />
Maturazione: 5-30 giorni. Oltre i 30 giorni prende la denominazione di quartirolo lombardo<br />
maturo<br />
Forma: parallelepipedo quadrangolare con lato di 18-22 cm.<br />
Scalzo: diritto (4-8 cm)<br />
Peso medio: 1,5-3,5 kg<br />
� Taleggio (DOP)<br />
Consorzio per la Tutela del Formaggio Taleggio, Viale Molise, 62 - 20137 Milano<br />
Tipo: formaggio molle, a pasta cruda, prodotto esclusivamente con latte di vacca intero<br />
Salatura: a secco<br />
Maturazione: circa 40 giorni<br />
Forma: parallelepipeda quadrangolare (18 x 25 cm)<br />
Scalzo: diritto (5-7 cm)<br />
Peso medio: 1,7-2,2 kg<br />
� Provolone Valpadana (DOP)<br />
Consorzio Tutela Provolone, Piazza Marconi, 3 - 26100 Cremona<br />
Tipo: formaggio semiduro a pasta filata prodotto con latte di vacca intero<br />
Salatura: in salamoia<br />
Maturazione: da 30 giorni ad oltre 4 mesi, 3 mesi il minimo per le forme di peso superiore ai<br />
6 kg<br />
Forma: a salame, a melone, tronco-conica, a pera; può presentare leggere insenature<br />
determinate dal passaggio delle corde di sostegno<br />
Peso medio: 0,5-100 kg variabile in f<strong>un</strong>zione <strong>della</strong> forma<br />
� Bitto (DOP)<br />
Associazione Provinciale Produttori di Sondrio, Via IV Novembre, 19 - Sondrio<br />
Tipo: formaggio a pasta cotta, prodotto con latte di vacca intero eventalmente miscelato a<br />
latte caprino fino ad <strong>un</strong> massimo del 10%<br />
Salatura: a secco<br />
Maturazione: minimo 70 giorni, la stagionatura può protrarsi anche diversi anni senza<br />
alterare le caratteristiche strutturali e organolettiche del formaggio<br />
Forma: cilindrica (diametro 30-50 cm)<br />
Scalzo: concavo a spigoli vivi (8-10 cm)<br />
Peso medio: 8-25 kg.<br />
<strong>Per</strong>iodo di produzione: dal 1 giugno al 30 settembre<br />
� Valtellina Casera (DOP)<br />
Associazione Provinciale Produttori di Sondrio, Via VI Novembre, 19 - Sondrio<br />
Tipo: formaggio semigrasso a pasta semicotta prodotto con latte di vacca parzialmente<br />
scremato proveniente da due o più m<strong>un</strong>giture<br />
Salatura: a secco o in salamoia<br />
Maturazione: minimo 70 giorni<br />
Forma: cilindrica con facce piane (diametro 30-45 cm)<br />
Scalzo: diritto (8-10 cm.)<br />
Peso medio: 7-12 kg.<br />
Salumi<br />
� Salame Brianza (DOP)<br />
Consorzio Produttori Salame Brianza, Viale Corneggia 4 - Merate (CO)<br />
Tipo: Il salame brianzolo è fatto di puro suino, macinato a grana fine nella pezzatura da 350<br />
grammi e a grana grossa nella pezzatura media da mezzo chilo. E' aromatizzato con poche<br />
spezie e insaccato in budello animale.<br />
� Salame di Varzi (DOP)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
Consorzio Produttori Salame Varzi, C/o Com<strong>un</strong>ità Montana, Piazza Umberto 1, 9 - 2 - Varzi<br />
(PV) Italia<br />
Tipo: E' <strong>un</strong> insaccato di puro suino, con aggi<strong>un</strong>ta di sale da <strong>cucina</strong>, pepe nero in grani,<br />
aromatizzato con <strong>un</strong> caratteristico infuso di aglio e vino rosso filtrato. L'impasto, a grana<br />
piuttosto grossa, viene insaccato esclusivamente in budello naturale. La stagionatura varia a<br />
seconda <strong>della</strong> pezzatura che va da 0,5 ad oltre i 2 Kg.<br />
� Bresaola <strong>della</strong> Valtellina (IGP)<br />
Consorzio per la tutela del nome Bresaola <strong>della</strong> Valtellina, Via Trieste, 66 – Sondrio<br />
Tipo: Caratteristico salume prodotto con carne <strong>della</strong> coscia di manzo con <strong>un</strong> processo che<br />
prevede <strong>un</strong> periodo di salatura, a secco o in salamoia, <strong>della</strong> durata di due settimane ed <strong>un</strong>a<br />
stagionatura che, a seconda dei muscoli interessati e, quindi, <strong>della</strong> pezzatura, può variare<br />
dalle quattro alle otto settimane. A seconda <strong>della</strong> pezzatura, la Bresaola <strong>della</strong> Valtellina viene<br />
indicata come: P<strong>un</strong>ta d’anca, Fesa, Magatello, Noce o Slinzega.<br />
Olio d'oliva (DOP)<br />
� Garda e Laghi Lombardi<br />
Consorzio Olio Extravergine Laghi Lombardi, Via Einaudi, 11 - 25100 Brescia Italia)<br />
Tipo: L’Olio Extravergine di Oliva prodotto sui laghi di Garda, Iseo e Como è ottenuto dalla<br />
molitura delle olive sane raccolte dalla pianta a mano o con mezzi meccanici e presenta le<br />
seguenti caratteristiche tipiche:<br />
1. Colore: Si passa dal verde al giallo a seconda <strong>della</strong> molitura effettuata (tradizionale o a<br />
ciclo continuo)<br />
2. Odore: L'olio si presenta con <strong>un</strong> profumo di oliva, classificato, come intensità, medio o<br />
leggero.<br />
3. Sapore: All'assaggio l'olio si rivela molto armonico, con <strong>un</strong> gusto fruttato, accompagnato<br />
da <strong>un</strong>a leggera sensazione di amaro e piccante; presenta, a seconda <strong>della</strong> tipologia, <strong>un</strong><br />
retrogusto di mandorla dolce o di carciofo.<br />
4. Acidità: La raccolta e la molitura delle olive, eseguita tempestivamente, permettono di<br />
ottenere <strong>un</strong> olio dall'acidità estremamente bassa (0,2-0,3%) rispetto all'1% previsto dalla<br />
legge.<br />
Ortofrutticoli<br />
� <strong>Per</strong>a tipica mantovana (IGP)<br />
Consorzio <strong>Per</strong>a Tipica Mantovana, <strong>Per</strong>Wiva, C/o CO.DI.MA., Via G. Mazzini, 16 - 46100<br />
Mantova<br />
Tipo: <strong>Per</strong>e prodotte nel territorio più meridionale <strong>della</strong> provincia di Mantova, secondo <strong>un</strong><br />
rigoroso disciplinare che regola materiale vivaistico, impianto e potatura, concimazioni,<br />
strategie di difesa fitosanitaria, periodo e caratteristiche di raccolta, trattamenti post-raccolta.<br />
Il marchio include cultivar Abate Fetel, Kaiser, William, Decana del Comizio e Conference, che<br />
rispettano le norme ICE per la categoria extra o prima. Viene garantita la<br />
commercializzazione di pere aventi <strong>un</strong> residuo di antiparassitari inferiore del 50% <strong>della</strong><br />
quantità massima ammessa per legge.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
Valtellina (Sondrio)<br />
Valtellina<br />
Valtellina Sforzato<br />
Valtellina Superiore Grumello<br />
Valtellina Superiore Sassella<br />
Valtellina Superiore Inferno<br />
Valtellina Superiore Valgella<br />
Valcalepio (Bergamo)<br />
Valcalepio Rosso e Rosso Riserva<br />
Valcalepio Bianco<br />
Valcalepio Moscato Passito<br />
Provincia di Brescia<br />
Terre di Franciacorta<br />
Terre di Franciacorta<br />
VSQPRD Franciacorta DOCG Spum.<br />
Botticino<br />
Cellatica e Cellatica Superiore<br />
Capriano del Colle<br />
Capriano del Colle Trebbiano<br />
Lugana e Lugana Spumante<br />
S. Martino <strong>della</strong> Battaglia e S. Martino <strong>della</strong><br />
Battaglia Liquoroso<br />
Garda Bresciano<br />
Vini DOC <strong>della</strong> Regione Lombardia<br />
San Colombano (Lodi)<br />
San Colombano<br />
Oltrepo' Pavese (Pavia)<br />
Oltrepò Pavese Riesling Italico e Riesling Italico<br />
Spumante<br />
Oltrepò Pavese Riesling Renano e Riesling<br />
Renano Spumante<br />
Oltrepò Pavese Cortese e Cortese Spum.<br />
Oltrepò Pavese Sauvignon<br />
Oltrepò Pavese Chardonnay<br />
Oltrepò Pavese Malvasia<br />
Oltrepò Pavese Pinot Grigio<br />
Oltrepò Pavese Pinot Nero<br />
Oltrepò Pavese Rosato<br />
Oltrepò Pavese Barbera<br />
Oltrepò Pavese Rosso Riserva<br />
Oltrepò Pavese Bonarda<br />
Oltrepò Pavese Cabernet Sauvignon<br />
Oltrepò Pavese Buttafuoco<br />
Oltrepò Pavese Sangue di Giuda<br />
Oltrepò Pavese Moscato e Moscato Spumante<br />
Oltrepò Pavese Moscato Passito<br />
Oltrepò Pavese Rosso<br />
Provincia di Mantova<br />
Colli Morenici Mantovani del Garda Rosso<br />
Colli Morenici Mantovani del Garda Rosato<br />
Colli Morenici Mantovani del Garda Bianco<br />
Lambrusco mantovano<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
I prodotti agroalimentari tradizionali <strong>della</strong> Regione Lombardia<br />
Il concetto di tradizionalità, in relazione ai prodotti alimentari, si fonda sulla possibilità di<br />
individuare e di definire <strong>un</strong>a serie di fattori geografici (area di produzione), temporali (<strong>un</strong><br />
utilizzo consolidato e duraturo), tecnici (procedimenti, ingredienti, attrezzature) e culturali,<br />
oltre che di precisare le caratteristiche sensoriali che assicurano riconoscibilità ad <strong>un</strong> prodotto<br />
destinato all’alimentazione.<br />
In base alla vigente normativa italiana ed europea, la Regione Lombardia, con il D.G.R. n°<br />
6/49424 del 7 apr. 2000, ha predisposto, su segnalazione delle CCIAA, che si sono fatte<br />
tramite nei confronti di altri enti e organizzazioni territoriali, <strong>un</strong> primo elenco di 201 prodotti<br />
tradizionali, molti dei quali (in particolare i formaggi) hanno richiesto <strong>un</strong>a deroga specifica<br />
rispetto alle norme com<strong>un</strong>itarie in materia di igiene e di conservazione degli alimenti.<br />
L<strong>un</strong>gi dall’essere completo, l’elenco è soggetto a successivi aggiornamenti (il primo è previsto<br />
entro il 31 gennaio 2001), ma si afferma com<strong>un</strong>que quale strumento necessario per <strong>un</strong>a<br />
efficace tutela e per la valorizzazione delle produzioni agroalimentari locali. Si configura,<br />
inoltre, come documento capace di delimitare le principali coordinate entro le quali si gioca il<br />
modello alimentare <strong>della</strong> tradizione <strong>lombarda</strong>.<br />
Com’è logico, la preponderanza di conserve di carni (soprattutto suine) e di prodotti caseari<br />
(53 specialità segnalate per le carni e 60 per i derivati caseari) non definisce tanto la<br />
quantità <strong>della</strong> presenza di questi prodotti nella dieta praticata realmente nella società<br />
tradizionale, quanto piuttosto la varietà che quella società ha saputo elaborare nel corso dei<br />
secoli a partire da due ricchezze derivanti dallo sfruttamento ottimale ed equilibrato del<br />
territorio.<br />
La presenza di ben 60 fra paste e prodotti da forno restituisce solo parzialmente la<br />
dimensione <strong>della</strong> ricchezza <strong>della</strong> cultura antropica <strong>della</strong> regione. Si tratta, infatti, per la<br />
maggior parte di essi, di specialità dolciarie associate, nelle diverse realtà, a ricorrenze del<br />
calendario o ad occasioni rituali locali. Da questo p<strong>un</strong>to di vista, l’elenco mostra delle evidenti<br />
dimenticanze (dal pan tramvaj milanese alla cutizza comasca, dai mostazzit varesini ai cupèt<br />
di busto, dalle offelle di Parona alla chisöla mantovana, dalle chiacchiere di Carnevale alle<br />
ossa di morto presenti su quasi tutto il territorio regionale), che aspettano di essere colmate<br />
al più presto.<br />
La scommessa vera e propria si apre però nel campo degli ortaggi e <strong>della</strong> frutta, dove i limiti<br />
dell’elenco proposto dalla Regione non sembrano derivare tanto da carenza di informazione<br />
degli organismi amministrativi, quanto dal decadimento o dall’abbandono vero e proprio di<br />
colture locali <strong>un</strong> tempo apprezzate (di cui testimoniano in qualche modo, oltre alla memoria<br />
<strong>della</strong> gente, le Guide del Touring Club tra le due guerre e i censimenti delle Camere di<br />
Commercio nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale). La maggiore rem<strong>un</strong>eratività<br />
economica delle colture estensive ha fatto dimenticare le piccole produzioni nelle quali si<br />
riconoscevano le tradizioni locali. La globalizzazione del mercato ha però aperto,<br />
paradossalmente, degli spazi cosiddetti “di nicchia” in cui anche la piccola produzione (purché<br />
sia di qualità) riesce ad avere <strong>un</strong>a sua legittimità e <strong>un</strong> suo rem<strong>un</strong>erato apprezzamento.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
Elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali <strong>della</strong> Regione Lombardia<br />
(decreto legislativo 173/98)<br />
Carni (e frattaglie) fresche e loro preparazione<br />
1. bastardei - Valchiavenna (SO)<br />
2. borzat - Com<strong>un</strong>e di Livigno (SO)<br />
3. bresaola affumicata - Valchiavenna (SO)<br />
4. bresaola di cavallo - Valchiavenna (SO)<br />
5. cacciatori d’oca - Lomellina (PV)<br />
6. capretto da latte pesante - Com<strong>un</strong>i Valli del Luinese e Valcuvia (VA)<br />
7. carne secca - Valchiavenna (SO)<br />
8. ciccioli (ciccioli montanari) - Provincia di Pavia, Provincia di Mantova<br />
9. ciccioli d’oca - Lomellina (PV)<br />
10. cotechino (bianco, cremonese vaniglia, <strong>della</strong> bergamasca, mantovano alla vaniglia,<br />
pavese) - Valchiavenna e Valtellina (SO), Provincie di Cremona, Bergamo; Bassa Mantovana -<br />
Com<strong>un</strong>e di Villastrade (MN), Provincia di Pavia<br />
11. cuz - Alta Valcamonica, Corteno Golgi (BS)<br />
12. durelli d’oca - Lomellina (PV)<br />
13. fegato d’oca grasso - Lomellina (PV)<br />
14. grasso d’oca - Lomellina (PV)<br />
15. greppole - Tutta la Regione Lombardia, in particolare nel mantovano<br />
16. luganega di cavallo - Provincia di Sondrio<br />
17. morta<strong>della</strong> di fegato - Regione Lombardia<br />
18. morta<strong>della</strong> di fegato al vin brulè - Regione Lombardia<br />
19. pancetta (con filetto, con pisteum, <strong>della</strong> bergamasca, pavese) - Provincie di Mantova,<br />
Bergamo, Pavia<br />
20. patè di fegato d’oca - Lomellina (PV)<br />
21. petto d’oca stagionato - Lomellina (PV)<br />
22. pisto - A est <strong>della</strong> Provincia di Mantova principalmente nei com<strong>un</strong>i di Castel d’Ario, Villimpenta,<br />
Roncoferraro e Nosedole (MN)<br />
23. prosciuttini (<strong>della</strong> valtellina, <strong>della</strong> valtellina al pepe) - Provincia di Sondrio<br />
24. prosciuttino d’oca stagionato - Lomellina (PV)<br />
25. prosciutto cotto - Regione Lombardia<br />
26. prosciutto crudo marco d’oggiono - Oggiono (LC)<br />
27. prosciutto mantovano - Volta Mantovana (MN)<br />
28. quartini d’oca sotto grasso - Lomellina (PV)<br />
29. salame (cremonese, <strong>della</strong> bergamasca, di filzetta, di montisola, mantovano,<br />
milano) - Basso cremonese, in particolare a Soresina, Pizzighettone, Vescovato (CR), Provincie di<br />
Bergamo, Cremona, Montisola (BS), Provincia di Mantova)<br />
30. salame d’oca (crudo, di mortara, ecumenico) - Lomellina (PV)<br />
31. salame con lingua - S. Benedetto Po, provincia di Mantova<br />
32. salame da cuocere - Provincia di Pavia<br />
33. salame di rape - Com<strong>un</strong>e di Livigno (SO)<br />
34. salame di san benedetto po sotto cenere - S. Benedetto Po, provincia di Mantova<br />
35. salame di testa - Province di Como e Lecco<br />
36. salame pancettato - Provincia di Mantova<br />
37. salame sotto grasso - Lomellina (PV)<br />
38. salamelle di mantova - Provincia di Mantova<br />
39. salamina di filzetta sotto grasso - Provincia di Mantova, nel territorio limitrofo al corso del Po e<br />
del Mincio<br />
40. salamina mista - Regione Lombardia<br />
41. salamini di capra - Valchiavenna (SO), Valli del Luinese (VA)<br />
42. salamini di cavallo - Provincia di Sondrio<br />
43. salamini di cervo - Provincia di Sondrio<br />
44. salamini magri o maritati - Alta Valtellina (SO)<br />
45. salsiccia (bergamasca) - Regione Lombardia, Provincia di Bergamo<br />
46. salsiccia di castrato ovino - Provincia di Brescia<br />
47. sanguinaccio o marzapane - Basso pavese, Pavese, Lomellina (PV)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
48. slinzega di bovino - Provincia di Sondrio<br />
49. slinzega di cavallo - Valchiavenna (SO)<br />
50. soppressata bresciana - Provincia di Brescia, in particolare nell’entroterra del Lago di Garda<br />
51. verzini - Regione Lombardia<br />
52. violino - Val Camonica (BS)<br />
53. violino di capra - Valchiavenna (SO), Valli Luinesi (VA)<br />
Formaggi<br />
54. agrì di valtorta - Alta Valle Brembana (BG)<br />
55. bagoss - Alpeggi e fondo valle di Bagolino (BS)<br />
56. bernardo - Clusone, Valle Seriana (BG)<br />
57. branzi - Valle Brembana e Valle Cavallina (BG)<br />
58. cadolet di capra - Valle Camonica (BS)<br />
59. caprino “di vacca” - Provincia di Bergamo (BG), Brescia (BS), Como (CO), Lecco (LC), Pavia (PV),<br />
Sondrio (SO), Varese (VA)<br />
60. caprino a coagulazione lattica - Provincia di Bergamo (BG), Brescia (BS), Como (CO), Lecco<br />
(LC), Pavia (PV), Sondrio (SO), Varese (VA)<br />
61. caprino a coagulazione presamica - Provincia di Bergamo (BG), Brescia (BS), Como (CO), Lecco<br />
(LC), Pavia (PV), Sondrio (SO), Varese (VA)<br />
62. casatta - Valcamonica, Valle Campovecchio, territorio di Corteno Golgi (BS)<br />
63. casolet dell’adamello - Valle Camonica, Val Palot, Sebino Orientale (BS)<br />
64. casolet nostrano - Valle Camonica, Sebino Orientale, Franciacorta (BS)<br />
65. casoretta - Val d'Intelvi e Porlezza (CO)<br />
66. crescenza - Pianura Lombarda (BS, BG, CR, MI, LO, PV, MN)<br />
67. fatuli’ - Valle Camonica (BS)<br />
68. fiorone <strong>della</strong> valsassina - Valsassina (LC)<br />
69. fiurì - Alta Valle Brembana (BG)<br />
70. fontal - Pianura <strong>lombarda</strong><br />
71. formaggella (<strong>della</strong> valcamonica, <strong>della</strong> val brembana, <strong>della</strong> val sabbia, tremosine,<br />
<strong>della</strong> val di scalve, <strong>della</strong> val seriana, <strong>della</strong> val trompia, di caglio) - Val Camonica (BS),<br />
Valle Brembana (BG), Media Valle del sabbia (BS), Com<strong>un</strong>ità Montana e Parco alto Garda Bresciano,<br />
Valle di Sclave (BG), Com<strong>un</strong>i del territorio <strong>della</strong> Valle Seriana (BG); Valle Trompia (BS), Alpeggi <strong>della</strong><br />
provincia di Como zona di Caglio<br />
72. formaggella del luinese - Valli del luinese ed altro territorio montano <strong>della</strong> provincia di Varese<br />
(VA)<br />
73. formaggio d’alpe misto - Territori montani delle province di Bergamo, Brescia, Como, Lecco,<br />
Pavia, Sondrio, Varese.<br />
74. formaggio del gleno - Val di Scalve, Val Brembana (BG)<br />
75. formaggio grasso d’alpe - Territori montani delle province di Bergamo, Brescia, Como, Lecco,<br />
Pavia, Sondrio, Varese.<br />
76. formaggio nostrano conca - Media Valle Sabbia (BS)<br />
77. formaggio nostrano val sabbia - Media Valle Sabbia (BS)<br />
78. formaggio semigrasso d’alpe - Territori montani delle province di Pavia, Lecco, Como, Sondrio,<br />
Brescia, Bergamo, Varese<br />
79. formaggio val seriana - Valle Seriana (BG)<br />
80. formai de livign - Com<strong>un</strong>e di Livigno (SO)<br />
81. garda tremosine - Com<strong>un</strong>ità Montana e Parco Alto Garda Bresciano (BS)<br />
82. granone lodigiano - Province di Lodi e Milano<br />
83. italico - Pavia e Pianura <strong>lombarda</strong><br />
84. latteria - Valle Brembana (BG)<br />
85. magnoca - Provincia di Sondrio: Val Chiavenna e Valle San Giacomo (SO)<br />
86. magro - Triangolo Lariano (CO) e (LC)<br />
87. magro di latteria - Provincia di Sondrio<br />
88. magro di piatta - Valdisotto, Vallecetta (SO)<br />
89. matusc - Tutte le valli lombarde in particolare Valtellina (SO)<br />
90. molana o formaggella di menconico - Area montana Oltrepò Pavese - Com<strong>un</strong>e di Brallo di<br />
Pregola (PV)<br />
91. motelì - Valle Camonica (BS)<br />
92. nisso - Com<strong>un</strong>i di Menconico - Brallo di Pregola - S. Margherita Staffora e Varzi (PV)<br />
93. nostrano - Alpeggi e fondo valle di Valle Trompia (BS)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
94. pannerone - Provincia di Lodi<br />
95. pressato - Province di Bergamo, Brescia, Como e Lecco<br />
96. robiola bresciana - Bassa bresciana, Franciacorta, Sebino (BS - BG)<br />
97. robiola <strong>della</strong> valsassina - Valsassina (LC)<br />
98. salva - Cremasco e zone limitrofe (CR, BS, BG)<br />
99. scimudin - Valtellina, Semogo (SO)<br />
100. semuda - Alto Lario Occidentale (CO)<br />
101. semuda o scimut - Valtellina (SO)<br />
102. silter - Alpeggi e fondo valle di Valle Camonica e Sebino Orientale (BS)<br />
103. sta’el - Valle Camonica (BS)<br />
104. stracchino (bronzone, <strong>della</strong> valsassina, orobico, tipico) - Monte Bronzone (BG), Valsassina<br />
(LC), Valle Seriana (BG), Valle dei campelli (LC), Nesso (Co) e Provincia di Sondrio<br />
105. strachet - Val Camonica, Val Trompia, Saviore (BS)<br />
106. strachit<strong>un</strong>d - Valle Brembana, Val Taleggio (BG) e Valsassina (LC)<br />
107. tombea - Magasa, Valvestino (BS)<br />
108. torta orobica - Provincia di Bergamo<br />
109. zigar - Valfurva (SO)<br />
110. zincarlin - Alto Lario, Val d'Intelvi, Alpi Lepontine (CO)<br />
Grassi (burro, margarina, oli)<br />
111. burro artigianale di montagna - Alpeggi e zone montane lombarde (BS, BG, LC, SO, VA)<br />
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati<br />
112. amarene di uschione - Com<strong>un</strong>e di Chiavenna, frazione di Uschione (SO)<br />
113. asparago (di cilavegna, di mezzago) - Com<strong>un</strong>e di Cilavegna (PV), Com<strong>un</strong>e di Mezzago (MI)<br />
114. castagne secche - Valtellina e Valchiavenna (SO)<br />
115. cicoria o radici di soncino - Provincia di Cremona.<br />
116. cipolla (dorata, paglierina, rossa) - Vogherese (PV); Sermide, Felonica Po ed Oltrepo<br />
mantovano (MN);Com<strong>un</strong>e di Breme (PV)<br />
117. conserva senapata - Parte nord - orientale <strong>della</strong> provincia di Cremona<br />
118. cotognata - Parte nord - orientale <strong>della</strong> provincia di Cremona<br />
119. farina di grano saraceno - Teglio (SO)<br />
120. farina per polenta <strong>della</strong> bergamasca - Province di Bergamo, Lecco e Cremona.<br />
121. grano saraceno (polygonum fagopirum) - Teglio e com<strong>un</strong>i limitrofi (SO)<br />
122. limoni e cedri del garda - Gardone Riviera, Toscolano Maderno, Tignale, Gargnano, Limone (BS)<br />
123. marroni di santa croce - Com<strong>un</strong>e di Chiuro, frazione S.Croce (SO)<br />
124. mele di valtellina - Valtellina da Ardenno a Grosio (SO)<br />
125. melone (di casteldidone, di viadana) - Com<strong>un</strong>e di Casteldidone e tutti i com<strong>un</strong>i del Casalasco<br />
ad est di Piadena, Solarolo Rainerio, Scandolara Ravara, Motta Baluffi; Basso Mantovano - Com<strong>un</strong>e di<br />
viadana e zone circostanti. Aree limitrofe ai fiumi caratterizzate da terreno fertile, leggero e con elevata<br />
disponibilità idrica<br />
126. mostarda di cremona - Provincia di Cremona<br />
127. mostarda di mantova - Mantova e Basso mantovano (MN)<br />
128. patata di campodolcino - Com<strong>un</strong>e di Campodolcino (SO)<br />
129. peperone - Corana, fraz. Ghiaie e loc. Bosco (PV)<br />
130. riso - Province di Pavia, Milano, Lodi e Mantova<br />
131. sugolo - Medio e Basso mantovano (MN)<br />
132. tartufo - Oltrepo pavese (PV); Alto Sebino (com<strong>un</strong>i di Fonteno, Solto Collina, Riva di Solto, Bossico,<br />
Sovere, Pianico, Lovere, Castro, Costa Volpino e Rogno) (BG)<br />
133. zucca - Provincia di Mantova<br />
Paste fresche e prodotti <strong>della</strong> panetteria, <strong>della</strong> biscotteria, <strong>della</strong> pasticceria e <strong>della</strong><br />
confetteria<br />
134. baci del signore - Pavia<br />
135. baci di cremona - Cremona<br />
136. bisciola - Valtellina (SO)<br />
137. biscotin de prost - Valchiavenna (SO)<br />
138. braschin - Valle Albano (CO)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
139. braza<strong>della</strong> (dolce) - Valtellina di Teglio e Tirano (SO)<br />
140. bresadelle/pan de segal - Valtellina (SO)<br />
141. brutti e buoni - Com<strong>un</strong>e di Gavirate (VA)<br />
142. b<strong>un</strong>b<strong>un</strong>enn - Cremona e provincia<br />
143. buscel di fich - Valtellina, Tirano (SO)<br />
144. bussolano (di soresina) - Mantova e Basso mantovano, Soresina (CR)<br />
145. carcent - Com<strong>un</strong>e di Livigno (SO)<br />
146. casoncelli <strong>della</strong> bergamasca – Provincia di Bergamo<br />
147. caviadini - Altopiano Valsassinese (LC)<br />
148. cioccolatini “graffioni” - Cremona e provincia<br />
149. copeta - Valtellina (SO)<br />
150. croccante - Cremona e provincia<br />
151. frittella - Provincia di Pavia<br />
152. gnocchi di zucca - Medio e Basso Mantovano (MN)<br />
153. grissini dolci - Broni (PV)<br />
154. mariconde - Viadanese (MN)<br />
155. marubini - Cremona e zone limitrofe<br />
156. masigott - Erba (CO)<br />
157. meascia - Alto Lario Occidentale (CO)<br />
158. miccone - Oltrepò Pavese, Stra<strong>della</strong> (PV)<br />
159. nocciolini - Com<strong>un</strong>e di Canzo (CO)<br />
160. pan da cool - Com<strong>un</strong>e di Livigno (SO)<br />
161. pane com<strong>un</strong>e - Provincia di Pavia<br />
162. pane di pasta dura - Provincia di Pavia<br />
163. pane di riso - Lomellina - San Nazzaro (PV)<br />
164. pane di san siro - Pavia<br />
165. pane giallo - Provincia di Pavia<br />
166. pane mistura - Provincia di Pavia<br />
167. panettone di milano - Milano e provincia<br />
168. pan<strong>un</strong> - Valtellina (SO)<br />
169. pazientini - Pavia e provincia<br />
170. pesce d’aprile - Pavia<br />
171. pizzoccheri <strong>della</strong> valtellina - Provincia di Sondrio<br />
172. polenta e uccelli dolce - Bergamo e provincia<br />
173. resta - Provincia di Como<br />
174. ricciolino - Mantova e provincia<br />
175. scarpinocc - Com<strong>un</strong>e di Parre (BG)<br />
176. schiacciatina - Mantova e Basso mantovano<br />
177. spongarda di crema - Crema e Cremasco (CR)<br />
178. tirot - Basso Mantovano<br />
179. torrone di cremona - Provincia di Cremona<br />
180. torta bertolina - Crema e Cremasco (CR)<br />
181. torta del donizzetti - Provincia di Bergamo<br />
182. torta del paradiso - Pavia<br />
183. torta di fioretto - Valchiavenna (SO)<br />
184. torta di grano saraceno - Valtellina (SO)<br />
185. torta di latte - Monza - Brianza (MI)<br />
186. torta di mandorla - Cremona e provincia<br />
187. torta di tagliatelle - Mantova<br />
188. torta di treviglio - Treviglio (BG)<br />
189. torta sbrisolona - Cremona e provincia<br />
190. tortelli cremaschi - Crema e Cremasco (CR)<br />
191. tortelli di zucca - Medio e basso mantovano (MN); Casalmaggiore e Casalasco (CR)<br />
192. tortionata o torta di lodi - Lodi città<br />
193. treccia d’oro “crema” - Crema e Cremasco (CR)<br />
Preparazioni di pesci, molluschi e crostacei e tecniche particolari di allevamento degli stessi<br />
194. alborelle essiccate in salamoia - Costa occidentale Lago di Garda (BS)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
195. coregone - Lago di Como (CO)<br />
196. missoltini - Laghi di Como, di Iseo e di Garda (CO), (LC) e (BS)<br />
197. pigo - Lago di Como (CO)<br />
Prodotti di origine animale (miele, prodotti lattiero caseari di vario tipo escluso il<br />
burro)<br />
198. mascarpone “artigianale” - Pianura <strong>lombarda</strong> (MI, PV, LO, CR, MN, BS, BG)<br />
199. miele - Tutto il territorio regionale con apiari stanziali e nomadi<br />
200. ricotta artiogianale - Alpi e prealpi lombarde (BS, BG, CO, LC, SO, VA)<br />
201. spess - Provincia di Sondrio<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>
Atlante tipologico e nutrizionale<br />
di 100 formulazioni regionali<br />
Rossano Nistri<br />
Monica Paolazzi<br />
Marco Riva<br />
Nota degli autori<br />
La nostra scelta è caduta su preparazioni meritorie di segnalazione,<br />
per ragioni di tipicità o di validità di riproposizione culinaria, al di là di<br />
qualsiasi tentativo esaustivo di classificazione: la tradizione <strong>lombarda</strong>,<br />
per fort<strong>un</strong>a, è ben più ricca di quanto sia concesso a questa proposta<br />
di codificazione.<br />
I criteri di selezione, d<strong>un</strong>que, sono stati parziali: è stata considerata la<br />
notorietà delle preparazioni, la presenza di ingredienti tipici di <strong>un</strong>a<br />
zona geografica, la frequenza delle loro segnalazioni sui ricettari locali,<br />
le tipologie (per ogni area si è cercato di segnalare in modo<br />
proporzionato piatti <strong>un</strong>ici, minestre umide o asciutte, piatti di mezzo<br />
di carne o di pesce, piatti da contorno, dessert o dolci), piuttosto che<br />
qualche caratteristica nutrizionale o qualche ascendenza storica<br />
interessante. Un criterio parallelo è stato la scelta di preparazioni<br />
com<strong>un</strong>que riproponibili, almeno a livello di ristorazione. Una ricca<br />
bibliografia, nelle pagine finali, indica alc<strong>un</strong>e delle nostre fonti e<br />
presenta l'opport<strong>un</strong>ità di ulteriori approfondimenti.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante
La scheda ricetta<br />
Le pagine successive, che compongono il nostro tentativo di “<strong>codice</strong>” <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong>,<br />
“raccontano” in forma schematica ma approfondita, 101 ricette (formulazioni) tradizionali del<br />
nostro territorio.<br />
La scelta è caduta su preparazioni meritorie di segnalazione, per ragioni di tipicità o di validità<br />
di riproposizione culinaria, al di là di qualsiasi tentativo esaustivo di classificazione: la<br />
tradizione <strong>lombarda</strong>, per fort<strong>un</strong>a, è ben più ricca di quanto sia concesso a questo tentativo di<br />
codificazione.<br />
I criteri di questa selezione, d<strong>un</strong>que, sono stati parziali: è stata considerata la notorietà delle<br />
preparazioni, la presenza di ingredienti tipici di <strong>un</strong>a zona geografica, la frequenza delle loro<br />
segnalazioni sui ricettari locali, le tipologie (per ogni area si è cercato di segnalare in modo<br />
proporzionato piatti <strong>un</strong>ici, minestre umide o asciutte, piatti di mezzo di carne o di pesce,<br />
piatti da contorno, dessert o dolci), piuttosto che qualche caratteristica nutrizionale o qualche<br />
ascendenza storica interessante. Un criterio parallelo è stato la scelta di preparazioni<br />
com<strong>un</strong>que riproponibili, almeno a livello di ristorazione.<br />
Le formulazioni sono raccolte e proposte per area geografica omogenea: ma attenzione, la<br />
geografia alimentare non corrisponde a quella amministrativa. Ecco allora la Valtellina (che<br />
coincide con la provincia di Sondrio), il Lario (provincia di Como, ad esclusione dei territori<br />
meridionali), Lecco e la Brianza (porzioni a Nord <strong>della</strong> provincia di Milano e a Sud delle<br />
provincie di Varese, Como e Lecco), il Varesotto e Ticino (da Abbiategrasso in su, fino al lago<br />
Maggiore), il Lodigiano, Pavia e la Lomellina, Crema e Cremona, il Mantovano, Brescia (ad<br />
esclusione del Garda), Bergamo (ad esclusione dell’Iseo), il Garda e l’Iseo.<br />
Ogni area di questa ridisegnata geografia alimentare è com<strong>un</strong>que introdotta da <strong>un</strong>a sintetica<br />
scheda storico-ambientale, in cui le scelte di accorpamento sono ampiamente argomentate.<br />
1. La scheda tipologica<br />
Le schede-ricetta costituiscono il corpo centrale del testo.<br />
Il nome <strong>della</strong> ricetta f<strong>un</strong>ge da titolo <strong>della</strong> relativa scheda: è stata scelta (ove possibile) la<br />
grafia italiana, limitando l’impiego delle dizioni dialettali allo stretto indispensabile, ovvero<br />
laddove intraducibili (ad esempio, per gli sciatt valtellinesi) o preferibili per non ingenerare<br />
confusione con ricette equivalenti (ad esempio, la buseca milanese non può essere confusa<br />
con <strong>un</strong>a normale trippa).<br />
SCIATT<br />
Gli sciatt sono <strong>un</strong>a sorta di frittelle ripiene di formaggio. Hanno<br />
questo nome a causa <strong>della</strong> gobba creata dal ripieno, che li rende<br />
somiglianti app<strong>un</strong>to a sciatt, cioè a rospi. Altri, pur riferendo il<br />
termine alla forma irregolare delle frittelle, lo vogliono sincope<br />
dialettale di sciadatto = già adatto, cioè senza forma, vicino<br />
all’italiano sciatto.<br />
Un breve occhiello, sotto il titolo <strong>della</strong> scheda-ricetta, presenta la formulazione, rende<br />
eventualmente conto <strong>della</strong> etimologia del suo nome, ricorda eventuali equivalenti e gli<br />
elementi storico, culturali o gastronomici salienti.<br />
La successiva parte di codificazione presenta innanzitutto il numero di porzioni a cui si<br />
riferisce la ricetta. Nella maggior parte dei casi, è pari a 4 o 6.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante
A seguire, viene illustrata la codificazione tipologica (posizione nel menù: antipasto, minestra,<br />
dessert, etc.), la stagionalità, il livello di difficoltà (modesto, medio o elevato), il tempo di<br />
esecuzione (in minuti) e la tecnica (o meglio, il principio) di cottura. Una notazione più estesa<br />
indica gli utensili necessari per approntare la formulazione (ad esclusione di quelli più ovvi).<br />
Tutte queste informazioni consentono di individuare rapidamente “facilities” o vincoli prima di<br />
apprestarsi alla preparazione culinaria.<br />
(continua: sciatt)<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Antipasti<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo di esecuzione: 50 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura<br />
Utensili: terrina, pa<strong>della</strong><br />
La parte centrale <strong>della</strong> scheda è occupata dalle indicazioni classiche: ingredienti e istruzioni<br />
per la realizzazione. Queste ultime sono schematizzate in modo che le diverse operazioni<br />
siano chiaramente suddivise, <strong>un</strong> po’ come se si trattasse di descrivere <strong>un</strong> processo industriale<br />
o la struttura consequenziale di <strong>un</strong> programma per calcolatore.<br />
(continua: sciatt)<br />
Ingredienti:<br />
FARINA DI GRANO SARACENO (450 g), FARINA BIANCA 00 (220 g),<br />
FORMAGGIO TIPO SCIMUDIN o BITTO FRESCO (450 g), GRAPPA (30 ml),<br />
ACQUA MINERALE (q.b.), BIRRA (q.b.), SALE (q.b.), PEPE (q.b.), OLIO PER<br />
FRIGGERE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Tagliare il formaggio a cubetti<br />
• Lavorare in <strong>un</strong>a terrina le due farine, la grappa e acqua minerale e birra<br />
necessarie ad ottenere <strong>un</strong>a pastella ben liscia<br />
• Riscaldare abbondante olio in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> di ferro<br />
• Con l'aiuto di <strong>un</strong> cucchiaio versare <strong>un</strong> cubetto di formaggio prima nella<br />
pastella e poi nell'olio bollente<br />
• Friggere fin ad ottenere delle piccole frittelle di colore br<strong>un</strong>o<br />
• Scolare su carta assorbente<br />
• Servire con <strong>un</strong>a insalatina di stagione<br />
Anche questa scelta vuole favorire la divulgazione e invitare alla sperimentazione.<br />
Fin quì, niente di più di <strong>un</strong> ricettario classico, se non la cura di codificazione.<br />
Ma <strong>un</strong>a formulazione ha anche <strong>un</strong>a storia e <strong>un</strong>’anima: ecco allora, nelle sezioni successive, la<br />
parte più innovativa di questo tentativo di <strong>codice</strong>, introdotte coi sottotitoli di note, varianti,<br />
abbinamenti, l’ingrediente.<br />
<strong>Per</strong> le note, si è cercato di indicare alc<strong>un</strong>e peculiarità <strong>della</strong> tecnica di preparazione o dei<br />
requisiti qualitativi degli ingredienti.<br />
(continua: sciatt)<br />
Note: la lievitazione <strong>della</strong> pastella<br />
La lievitazione è quel processo fisico-chimico per cui <strong>un</strong>a pasta (o, come nel<br />
nostro caso, <strong>un</strong>a pastella, cioè <strong>un</strong> impasto semiliquido) aumenta di volume per<br />
effetto dell’aria che vi si incorpora, solitamente a causa di processi fermentativi.<br />
L’immissione di aria, che ha lo scopo di rendere meno compatto, cioè più<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante
leggero, il composto può essere ottenuto con lieviti naturali o artificiali come il<br />
lievito di birra o il baking. <strong>Per</strong> gonfiare la pastella degli sciatt, i ricettari indicano<br />
com<strong>un</strong>emente <strong>un</strong>o dei tre seguenti procedimenti:<br />
∗ impastare delicatamente la farina con birra e acqua minerale in modo che il<br />
gas contenuto nei due liquidi si trasferisca nella pastella;<br />
∗ sbattere a l<strong>un</strong>go ed energicamente la pastella con la frusta in modo da<br />
incorporarle <strong>un</strong>a certa quantità di aria;<br />
∗ impastare la farina con acqua tiepida in cui sia stata sciolta <strong>un</strong>a quantità<br />
minima di bicarbonato di sodio e lasciare riposare il composto per qualche<br />
minuto prima di friggerlo.<br />
<strong>Per</strong> le varianti, è stata sinotticamente considerata la formulazione nelle diverse versioni locali<br />
o negli apparentamenti (regionali, nazionali, internazionali).<br />
(continua: sciatt)<br />
Varianti:<br />
Le possibili variazioni riguardano principalmente le proporzioni tra la farina di<br />
fraina e quella di frumento, fino a <strong>un</strong>’immissione di quest’ultima per la quantità<br />
del 50%. Alc<strong>un</strong>i ricettari prescrivono solo farina di fraina. La frittura degli sciatt<br />
è da tal<strong>un</strong>i eseguita, anziché con lo strutto, con abbondante burro bollente.<br />
<strong>Per</strong> gli abbinamenti si è cercato di indicare come posizionare al meglio la formulazione in <strong>un</strong><br />
ipotetico menù o in <strong>un</strong>a scansione di vivande. Inoltre si è sempre indicato <strong>un</strong> vino di<br />
accompagnamento, con particolare riguardo a quelli del territorio lombardo: e ciò per<br />
enfatizzare il problema culturale e sensoriale che pone qualsiasi scelta di abbinamento.<br />
(continua: sciatt)<br />
Abbinamenti:<br />
E’ <strong>un</strong> piatto dalle molte risorse. Gli sciatt possono essere utilizzati per antipasto<br />
o come primo piatto, ma tradizionalmente si consumavano anche la mattina a<br />
colazione, assieme a <strong>un</strong> bicchiere di latte fresco, o nel pomeriggio per<br />
merenda. Come stuzzichino o nel corpo del pranzo (assieme all’ insalata<br />
costituiscono <strong>un</strong> secondo con contorno) si abbinano con <strong>un</strong>o dei grandi vini rossi<br />
<strong>della</strong> Valtellina non troppo invecchiato.<br />
Infine, per l’ingrediente si è scelto di “raccontare” le caratteristiche merceologiche o<br />
nutrizionali, oppure le vicende storiche, di <strong>un</strong> componente significativo <strong>della</strong> ricetta: <strong>un</strong>a sorta<br />
di piccolo dizionario dell’alimentazione.<br />
(continua: sciatt)<br />
L’ingrediente: il formaggio valtellinese<br />
<strong>Per</strong> la preparazione degli sciatt si richiede <strong>un</strong> formaggio filante come il bitto<br />
fresco o lo scimudin. La provincia di Sondrio vanta tuttavia <strong>un</strong> vasto repertorio<br />
di formaggi di gran classe, frutto <strong>della</strong> secolare esperienza degli alpigiani <strong>un</strong>ita<br />
alla moderna tecnologia casearia. Sinteticamente, il panorama può essere così<br />
riass<strong>un</strong>to:<br />
formaggi a pasta cruda molle:<br />
∗ scimudin, formagelle prodotte con latte intero, salate moderatamente, dal<br />
gusto dolce e corta maturazione (3-4 settimane);<br />
formaggi a pasta semicotta semigrassi:<br />
∗ formaggio d’alpe, abbastanza stagionato, sapore aromatico, vagamente<br />
amaro, assume diverse denominazioni fra cui quello di magnüca (tipico <strong>della</strong><br />
Valchiavenna);<br />
∗ casera, simile al precedente ma prodotto nel fondovalle, poco stagionato,<br />
ingrediente tipico dei pizzoccheri.<br />
formaggi a pasta semicotta grassa:<br />
∗ bitto, prodotto con latte intero eventualmente miscelato a latte caprino, è<br />
dolce se consumato fresco, piccante se stagionato per oltre due anni.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante
2. La scheda sul valore nutrizionale<br />
La scheda riportata nella pagina a fronte di ogni ricetta illustra in forma prevalentemente<br />
grafica le peculiarità nutrizionali <strong>della</strong> formulazione.<br />
La codificazione nutrizionale si riferisce a <strong>un</strong>a singola porzione in relazione ai fabbisogni<br />
quotidiani medi di nutrienti.<br />
Questi fabbisogni, nel nostro Paese prendono il nome di LARN (Livelli di Ass<strong>un</strong>zione<br />
Raccomandati di Nutrienti per la popolazione italiana) e rappresentano le quantità<br />
raccomandate di energia, nutrienti principali (proteine, grassi o lipidi, carboidrati o glucidi -<br />
cioè zucchero e amido), vitamine, sali minerali e fibra alimentare che ciasc<strong>un</strong> individuo sano<br />
<strong>della</strong> nostra popolazione dovrebbe assumere per mantenere <strong>un</strong> buon stato di salute.<br />
Il riferimento al fabbisogno quotidiano medio utilizzato è quello relativo alla media degli<br />
individui <strong>della</strong> popolazione italiana: il fabbisogno reale, conseguentemente, sarà più alto per i<br />
maschi adulti e più basso per le femmine, i bambini e gli anziani. Ma, indipendentemente<br />
dalle quantità, è l'equilibrio fra i diversi nutrienti che la scheda vuole rimarcare.<br />
Se consideriamo <strong>un</strong>a scheda tipo, dopo il nome originale <strong>della</strong> ricetta, viene riportata <strong>un</strong>a<br />
tabellina con il contenuto <strong>della</strong> porzione in kilocalorie (kcal), in proteine (in grammi), in grassi<br />
(o lipidi) e in carboidrati (o glucidi), sempre in grammi.<br />
Si ricorda che ogni giorno <strong>un</strong> adulto dovrebbe assumere fra le 2000 (donna sedentaria) e le<br />
3500 (maschio con attività fisica abbastanza dispendiosa) kilocalorie; 50 - 90 grammi di<br />
proteine; 60 - 100 grammi di lipidi e 300 - 500 grammi di glucidi.<br />
Accanto all'indicazione del valore energetico in kilocalorie è riportata la sua equivalenza in<br />
kilojoule (kJ), cioè nella <strong>un</strong>ità di misura che in futuro dovrà essere obbligatoriamente utilizzata<br />
nel computo dei dispendi energetici (e ricordiamo anche che 1 kilocaloria è uguale a 4.184<br />
kilojoule).<br />
SCIATT<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
760 28,6 31,6 92,9 393 0 2,4<br />
Successivamente la scheda illustra il contenuto <strong>della</strong> nostra porzione in sodio (milligrammi),<br />
in colesterolo (milligrammi) e in fibra alimentare (grammi).<br />
Questi componenti hanno qualche relazione con le malattie dismetaboliche e oggi si consiglia,<br />
in forma preventiva, di limitare l'introduzione di sodio e colesterolo, oltre che di privilegiare<br />
quei prodotti (frutta, ortaggi, cereali a basso grado di raffinazione) che contengono buone<br />
quantità di fibra alimentare. <strong>Per</strong> tali componenti non ci si può com<strong>un</strong>que riferire a <strong>un</strong> livello<br />
consigliato. L'informazione fornita nella scheda ha pertanto il valore di "avvertenza"<br />
soprattutto per le persone ipertese (sodio) o sofferenti di disturbi cardiovascolari<br />
(colesterolo).<br />
La parte grafica successiva riguarda l’esame nutrizionale completo <strong>della</strong> formulazione. In<br />
questo caso viene presentata la densità nutritiva <strong>della</strong> razione, ovvero la copertura (in<br />
percentuale) dei fabbisogni quotidiani medi di nutrienti.<br />
<strong>Per</strong> ogn<strong>un</strong>o dei nutrienti considerati importanti per la nostra alimentazione, la l<strong>un</strong>ghezza <strong>della</strong><br />
barra di rappresentazione esprime la percentuale del fabbisogno nutritivo quotidiano<br />
soddisfatto. Nel primo caso, quello dell'energia, la percentuale del fabbisogno soddisfatto<br />
esprime la quota calorica, che per <strong>un</strong> pasto completo dovrebbe aggirarsi sul 40% e per <strong>un</strong>a<br />
merenda intorno al 15-20%.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante
SCIATT<br />
Densità nutritiva (per porzione)<br />
Se tutti i nutrienti sono apportati in uguale proporzione, la l<strong>un</strong>ghezza delle barre sarà simile:<br />
ciò significa che la formulazione è particolarmente equilibrata. Un eccesso relativo di <strong>un</strong><br />
nutriente corrisponde ad <strong>un</strong>a barra più l<strong>un</strong>ga; viceversa, <strong>un</strong>a carenza corrisponde ad <strong>un</strong>a<br />
barra più corta. L'indice di densità nutritiva proposto accanto a ciasc<strong>un</strong> nutriente altro non è<br />
se non il rapporto fra % di soddisfacimento del relativo fabbisogno nutritivo e % di<br />
soddisfacimento del fabbisogno energetico, ovviamente nella razione considerata. Un valore<br />
prossimo ad 1.0 indica <strong>un</strong> buon equilibrio nutrizionale, valori lontani dall'<strong>un</strong>ità si riferiscono<br />
invece ad apporti insufficienti o eccessivi.<br />
Il quadro presenta anche il contributo degli ingredienti più importanti nella razione (max. 5<br />
ingredienti, ordinati per contributo energetico decrescente) nella definizione <strong>della</strong> percentuale<br />
del fabbisogno nutritivo soddisfatto per ogni nutriente: è semplice intuire il ruolo nutrizionale<br />
di ogni ingrediente, attraverso l’impiego dell’associazione ingrediente-colore <strong>della</strong> barra.<br />
Il risultato è <strong>un</strong>a forma di com<strong>un</strong>icazione nutrizionale completa ed abbastanza facile da<br />
interpretare: l’obbiettivo di <strong>un</strong> pasto è generalmente la copertura del 40% circa dei fabbisogni<br />
quotidiani; i diversi nutrienti sono apportati in contributo differente dalle formulazioni; le<br />
carenze relative possono essere compensate da qualche diverso abbinamento o integrazione.<br />
L'informazione fornita dalla scheda, a questo proposito, serve a suggerire gli abbinamenti: se<br />
<strong>un</strong>a razione è troppo ricca in grassi e povera in glucidi, occorrerà ad esempio accompagnarla<br />
con del pane, oppure, dovrà essere composto l'altro pasto <strong>della</strong> giornata da <strong>un</strong>a razione<br />
compensante, cioè ricca in glucidi e povera in lipidi.<br />
Occorre ribadire che questi consigli valgono per <strong>un</strong> regime dietetico ed è erroneo giudicare<br />
<strong>un</strong>a singola porzione per eventuali squilibri: l'informazione serve a suggerire le corrette<br />
compensazioni. Di nuovo si ricorda, a costo di sembrare pedanti, che <strong>un</strong> conto è il giudizio su<br />
<strong>un</strong>a porzione, <strong>un</strong> conto sono gli obiettivi di equilibrio in <strong>un</strong>a giornata o, meglio, in <strong>un</strong> periodo<br />
più l<strong>un</strong>go (<strong>un</strong>a settimana). Se però <strong>un</strong>a ricetta è povera in vitamina A e vitamina C, viene<br />
consigliato di consumare <strong>un</strong>'albicocca o <strong>un</strong>'arancia; se manca il calcio, si dovrà considerare<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante
<strong>un</strong>o sp<strong>un</strong>tino con del formaggio o <strong>un</strong>a colazione a base di latte, e così via. Ma senza ansie o<br />
sensi di colpa: mangiare non è solo <strong>un</strong> gioco ad incastri verso <strong>un</strong> equilibrio nutrizionale<br />
obbligatorio, anche se conoscere le caratteristiche nutrizionali di ciò che si mangia aiuta<br />
anche ad apprezzarne maggiormente le caratteristiche sensoriali.<br />
La valutazione nutrizionale delle ricette è stata<br />
effettuata mediante il software "Come Mangi 2000", ©<br />
1992-2000 Gerardo e Tatiana Orlandi, Marco Riva,<br />
3GTO Software, Via Bramante 12, Lainate, Milano.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante
Avvertenze in tema di codificazione quantitativa<br />
Uno degli aspetti a prima vista sorprendenti delle formulazioni alimentari lombarde<br />
successivamente codificate è la loro sovrabbondanza quantitativa, tanto che se ne consideri la<br />
composizione e la quantità dei diversi ingredienti per il numero di porzioni indicato, tanto più<br />
quando si esamini il loro valore nutrizionale. Ad <strong>un</strong> giudizio puramente superficiale<br />
sembrerebbe conseguentemente che il preteso pauperismo dell’alimentazione tradizionale<br />
<strong>lombarda</strong> non trovi qui conferma, mentre, sul piano degli apporti nutritivi, risulterebbe<br />
giustificato più di <strong>un</strong> allarme, soprattutto se si soffermasse l’attenzione, oltre che sugli apporti<br />
calorici, sui quantitativi di colesterolo e di acidi grassi saturi presenti in molte razioni.<br />
Qualche precisazione al riguardo è d<strong>un</strong>que più che necessaria.<br />
Innanzitutto la nostra scelta fra le formulazioni rappresentative di ogni area gastronomica ha<br />
premiato le ricette oggi più note, che sono generalmente quelle sopravvissute nella<br />
ristorazione locale e nella riproposizione familiare di rivisitazione <strong>della</strong> tradizione: si tratta<br />
conseguentemente delle ricette <strong>un</strong> tempo usuali nei rituali festivi, più che in quelli quotidiani;<br />
si tratta anche delle formulazioni più ricche e meno monotone quanto ad ingredienti. Un<br />
tempo l’eccesso ed il piacere si ricercavano con <strong>un</strong>a certa sovrabbondanza di grassi (ed in<br />
Lombardia di quelli più nobili come il burro), ma questo tipo di alimentazione era l’eccezione<br />
legata alla festa o all’ospitalità, più che alla regola. La parsimonia si ricostruiva ogni giorno<br />
feriale, attraverso <strong>un</strong> sapiente riutilizzo degli scarti ed <strong>un</strong> profilo prevalentemente cerealicolo<br />
e vegetariano. Purtroppo, la maggior parte di questa impronta pauperistica è oggi impossibile<br />
da verificare: le regole <strong>cucina</strong>rie (come la struttura delle ricette) erano <strong>un</strong> tempo <strong>un</strong><br />
patrimonio squisitamente orale e la loro scrittura o codificazione (nella nascente <strong>cucina</strong> dei<br />
ceti borghesi) avviene con <strong>un</strong>a ovvia accentuazione degli aspetti quantitativi.<br />
I testi ed i ricettari che abbiamo utilizzato quale fonte per il nostro tentativo di codificazione si<br />
rifanno ovviamente a questo primo passaggio: la casseula “scritta” ad uso del ceto borghese è<br />
sicuramente più abbondante di quella precedentemente usuale sulle tavole contadine.<br />
Giacchè la “scrittura” delle ricette avviene non più di <strong>un</strong> secolo o, al massimo, <strong>un</strong> secolo e<br />
mezzo fa, cioè in periodo di positivismo e di “fuga” dalla fame atavica, non deve sorprendere<br />
l’eccesso di quantificazione: esso, tra l’altro, riguarda tutta la tradizione alimentare del nostro<br />
Paese.<br />
RISOTTO CON FILETTI DI PESCE PERSICO<br />
(codificazione attuale)<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
(ricodificazione prudente)<br />
Preparazione per 9 porzioni<br />
Ingredienti:<br />
FILETTI DI PESCE PERSICO (800 g), BURRO (100 g), FARINA BIANCA (2 cucchiai, 25 g),<br />
SALVIA (12 foglie, 10 g), RISO (500 g), BRODO VEGETALE (1,5 litri), CIPOLLA (n.1, 40 g),<br />
VINO BIANCO SECCO (1/2 bicchiere), SALE (q.b.)<br />
Valore nutritivo <strong>della</strong> singola porzione:<br />
Energia: 515 kcal (2158 kJ)<br />
Proteine: 17.6 g<br />
Lipidi: 15.7 g<br />
Glucidi: 69.7 g<br />
Sodio: 1501 mg<br />
Colesterolo: 87 mg<br />
Fibra alim. : 1.5 g<br />
Valore nutritivo <strong>della</strong> singola porzione:<br />
Energia: 343 kcal (1437 kJ)<br />
Proteine: 11.7 g<br />
Lipidi: 10.5 g<br />
Glucidi: 46.5 g<br />
Sodio: 1000 mg<br />
Colesterolo: 58 mg<br />
Fibra alim. : 1.0 g<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante
Un’altra considerazione deve riguardare la definizione quantitativa, tanto degli ingredienti che<br />
delle porzioni. Nel passaggio da trasmissione orale a codificazione scritta, molte quantità sono<br />
state approssimate per eccesso. Altrettanto è successo (ma all’inverso) per il numero di<br />
porzioni. Bisogna inoltre osservare che molte delle formulazioni proposte si configuravano <strong>un</strong><br />
tempo come piatti <strong>un</strong>ici, quindi necessariamente abbondanti. Nella forma di scansione odierna<br />
delle pietanze la prudenza consiglierebbe di riferire i quantitativi di ingredienti codificati ad <strong>un</strong><br />
terzo di porzioni in più: così <strong>un</strong>a ricetta per 4 porzioni dovrebbe e sere convenientemente<br />
riferita a 6 persone ed <strong>un</strong>a codificata per 6 a 9, e così via. Con questa impostazione, il valore<br />
nutritivo <strong>della</strong> singola porzione andrebbe conseguentemente diminuito di 1/3.<br />
L'esempio alla pagina precedente illustra questa raccomandazione.<br />
Tutto ciò significa che l’informazione nutrizionale e la codificazione quantitativa<br />
successivamente fornita (che si riferiscono alla versione più abbondante) devono essere<br />
prudentemente ponderate, sopratutto se si voglia considerare l’attualizzazione gastronomica o<br />
la riproposizione di <strong>un</strong>a formulazione.<br />
Un’altra riflessione riguarda il contesto di fabbisogni utilizzato come riferimento nell’analisi e<br />
schematizzazione del valore nutritivo delle razioni.<br />
I fabbisogni medi odierni di nutrienti (soprattutto dei nutrienti che provvedono energia<br />
all’organismo) sono in forte contrazione, in conseguenza <strong>della</strong> adesione ad <strong>un</strong>o stile di vita<br />
sempre più sedentario, <strong>della</strong> riduzione dei dispendi calorici connessi alle varie attività<br />
professionali e <strong>della</strong> norma di vivere in ambienti termicamente condizionati.<br />
Altro era <strong>un</strong> tempo, quando le attività prevalenti (ad esempio il lavoro agricolo) erano faticose<br />
ed a impegno prevalentemente muscolare, quando il lavoro occupava com<strong>un</strong>que <strong>un</strong>a parte<br />
più l<strong>un</strong>ga <strong>della</strong> giornata, quando si viveva dovendo sopportare il freddo in inverno ed il caldo<br />
in estate.<br />
La codificazione tradizionale delle nostre formulazioni (anche tenendo conto dell’ambiguità già<br />
segnalata nel passaggio orale - scritto) si riferisce ovviamente ad <strong>un</strong> profilo piuttosto esigente<br />
di fabbisogno quantitativo.<br />
Si consideri, a puro titolo di esempio la seguente scheda, relativa ad <strong>un</strong> maschio adulto di 60<br />
kg di peso, impegnato in attività agricole:<br />
Attività Tempo Dispendio Totale<br />
(ore) (kcal/h/kg) (kcal)<br />
Sonno 8 1.1 528<br />
Pulizie personali 1 2 120<br />
Cammino 2.5 3.4 510<br />
Cammino in pendenza 2 4.7 564<br />
Cammino in pendenza con pesi 1 5.5 330<br />
Lavori domestici leggeri 1 1.95 117<br />
Lavori domestici più faticosi 1 4 240<br />
Lavori agricoli 6 4.5 1620<br />
Lavori forestali (tagliare legna) 1 6 360<br />
Attività ricreative leggere 0.5 3 90<br />
Totale 24 4479<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante
E’ evidente come su questa base di circa 4500 kcal giornaliere, <strong>un</strong> apporto di 600-900 kcal<br />
(cioè il consumo di <strong>un</strong> piatto tradizionale abbastanza ricco) rappresenti solo il 15-20% del<br />
soddisfacimento dei fabbisogni e lasci spazio (ad esempio, per completare <strong>un</strong> pasto) a<br />
qualche ulteriore aggi<strong>un</strong>ta.<br />
Se adesso prendiamo lo stesso individuo e ne disegnamo il profilo di attività quotidiane oggi<br />
prevalente (ad esempio quelle di <strong>un</strong> impiegato, di <strong>un</strong> insegnante o di <strong>un</strong> libero professionista)<br />
la situazione risultante diventerebbe la seguente:<br />
Attività Tempo Dispendio Totale<br />
(ore) (kcal/h/kg) (kcal)<br />
Sonno 8 1.1 528<br />
Pulizie personali 1 2 120<br />
Cammino 1 1.6 96<br />
Lavori domestici leggeri 1 1.95 117<br />
Lavori domestici più faticosi 0.25 4 60<br />
A sedere di fronte alla TV 2 1.25 150<br />
Guida auto 1 1.5 90<br />
Lettura 1.5 1.3 117<br />
Attività ricreative leggere 0.5 3 90<br />
Attività ginniche 0.5 4 120<br />
Lavoro d'ufficio sedentario 3.25 1.65 322<br />
Lavoro intellettuale 4 2.1 504<br />
Totale 24 2314<br />
In questa situazione le precedenti 600-900 kcal rappresentano da sole il 25-40% dei<br />
fabbisogni quotidiani, come a dire che la fruizione di <strong>un</strong>a delle nostre formulazioni “vale” da<br />
sola <strong>un</strong> pasto, senza ulteriori aggi<strong>un</strong>te o integrazioni.<br />
A questo, bisogna aggi<strong>un</strong>gere che l’elevato fabbisogno calorico degli stili di vita di <strong>un</strong> tempo<br />
contemplava <strong>un</strong>a maggiore tolleranza verso i grassi, soprattutto i grassi saturi: la<br />
raccomandazione odierna ad introdurne <strong>un</strong> quantitativo che non superi, come equivalente<br />
calorico, il 25-30% dell’energia poteva <strong>un</strong> tempo essere meno rigida.<br />
Il risultato di tutte queste riflessioni è che la codificazione quantitativa offerta nelle pagine<br />
successive deve essere attentamente ponderata e che molti giudizi superficiali inerenti<br />
l’abbondanza dell’apporto calorico, dell’apporto lipidico, del quantitativo di acidi grassi saturi e<br />
di colesterolo devono essere ricondotti al contesto di <strong>un</strong>o stile di vita abbastanza dispendioso<br />
in termini energetici.<br />
A ciò consegue che qualche prudenza dovrebbe essere posta se si volessero riproporre le<br />
formulazioni originali: valga in ogni caso il consiglio di aumentare di 1/3 il numero di porzioni<br />
di riferimento (o di ridurre di 1/3 le quantità codificate, che è la stessa cosa), piuttosto che di<br />
rivedere (sempre in ottica riduttiva) i quantitativi di condimento, di prodotti caseari grassi, di<br />
carni e frattaglie a maggiore apporto lipidico.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante
Sondrio e Valli<br />
La provincia di Sondrio comprende la Valtellina e la Valchiavenna,<br />
che non hanno accesso diretto alla pianura <strong>lombarda</strong> ma sboccano<br />
sulla parte più settentrionale del lago di Como, transito e nel<br />
contempo barriera verso il resto <strong>della</strong> Lombardia. Non sono però<br />
valli isolate: attraverso i passi per il Tirolo, l'Engadina e il Veneto,<br />
<strong>un</strong> tempo ben più praticati, hanno ricevuto influssi culturali dall'esterno.<br />
Il relativo isolamento geografico è stato accompagnato da<br />
vicende storiche peculiari: dai primi del '500 fino alla fine del<br />
'700, la zona fu dominio dei Grigioni.<br />
L'agricoltura non è mai stata ampiamente praticata nella zona.<br />
Infatti il territorio era per lo più lasciato incoltivato per il pascolo o<br />
per ricavarne il foraggio invernale per il bestiame, e solo i piccoli<br />
terrazzamenti a mezza montagna erano utilizzati per la coltivazione<br />
del mais, delle patate e dei cereali resistenti ai climi rigidi<br />
come orzo, grano saraceno, segale, miglio e avena. Altro alimento<br />
importante delle popolazioni locali era la castagna, che<br />
veniva consumata come tale o utilizzata per produrre la farina.<br />
L'attività principale era d<strong>un</strong>que l'allevamento del bestiame che<br />
forniva latte, formaggi, salumi e condimenti, ovvero gli elementi<br />
di base <strong>della</strong> gastronomia <strong>della</strong> zona. Basti pensare che fino alla<br />
fine dell''800 l'olio era pressoché sconosciuto e perfino l'insalata<br />
era condita con il burro, che in alc<strong>un</strong>e preparazioni era sostituito<br />
da pancetta fritta.<br />
In pratica ogni famiglia provvedeva al proprio sostentamento alimentare<br />
in <strong>un</strong>'economia di sola sussistenza, testimoniata dalla<br />
grande frugalità <strong>della</strong> pietanze. Con l'introduzione nell'area alpina<br />
di mais e grano saraceno, i cibi primitivi come il macco o la puls<br />
di castagne, furono sostituiti dalla polenta che divenne il piatto<br />
principale di tutte le mense, consumata da sola (pulenta santa o<br />
pulenta e spüda) o accompagnata da latticello, formaggio, salame<br />
e anche da frutta o insalata. L'alternativa alla polenta era<br />
rappresentata dalle zuppe, preparate con verdure, fagioli, talvolta<br />
castagne, miglio e panico pestati o orzo anche non pilato; oppure<br />
con polentina morbida di grano saraceno, mais o frumento, che in<br />
qualche caso veniva tostata nel burro e diluita con latte o acqua.<br />
L'alimentazione <strong>della</strong> piccola nobiltà locale si discostava da quella<br />
delle classi meno abbienti sia per l'abbondanza delle portate sia<br />
per la presenza di cacciagione, pesci d'acqua dolce, lumache e<br />
gamberi di fosso.<br />
Oltre che dalla grande varietà di preparazioni ottenute con pochi<br />
ingredienti, la <strong>cucina</strong> era caratterizzata dalla povertà dei mezzi di<br />
cottura. Infatti i pastori durante gli alpeggi estivi in alta montagna<br />
disponevano solo di <strong>un</strong> paiolo e di <strong>un</strong> bastone per rimestare<br />
le pietanze (taracc o taraj), mentre nelle case a fondo valle e delle<br />
famiglie benestanti la "batteria" di pentole comprendeva anche<br />
<strong>un</strong>a pentola di bronzo per la trippa e le l<strong>un</strong>ghe cotture delle minestre<br />
d'orzo, <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> di ferro per i kisciö e i cicc (schiacciate<br />
di farina nera e formaggio), e <strong>un</strong>a pentola di pietra ollare (lavécc)<br />
tipica <strong>della</strong> Valmalenco ma prodotta anche in Valchiavenna fin<br />
dall'epoca romana, divenuta il simbolo <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> locale.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
BRESAOLA CONDITA<br />
Anche brisa(v)ola, forse da brasare = cuocere alla brace, termine noto dal XV secolo, con valore<br />
simile a braciola ("<strong>Per</strong> far brisavoli di schiena di bove", Scappi II.7). Si ignora come sia<br />
passato a definire tagli di carne e <strong>un</strong>a tecnica di preparazione completamente diversa, a meno<br />
di non riferirsi al leggero affumicamento cui la carne può essere sottoposta o alla cottura<br />
a mo’ di brasato, documentata per il passato.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Antipasti<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 10 minuti<br />
Tecnica di cottura: Ness<strong>un</strong>a<br />
Utensili:<br />
piatto da portata<br />
Ingredienti:<br />
BRESAOLA AFFETTATA FINE (360 g), TUORLI<br />
D'UOVO (n.2), OLIO DI OLIVA (40 g), SUCCO<br />
DI LIMONE (alc<strong>un</strong>e gocce), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Disporre le fette di bresaola su <strong>un</strong> piatto<br />
• Condirle con l'olio, i tuorli leggermente sbattuti<br />
e pepe macinato fresco<br />
• Lasciare riposare <strong>un</strong>a decina di minuti e ultimare<br />
con il succo di limone<br />
• Servire accompagnando con pane di segale<br />
Note: la giusta stagionatura<br />
La bresaola si acquista com<strong>un</strong>emente dal salumiere,<br />
affettata al momento, o al supermercato<br />
in buste o vaschette contenenti il salume affettato<br />
e preconfezionato direttamente dal produttore.<br />
Acquistata intera, la bresaola ha pezzatura<br />
variabile a seconda del taglio bovino e <strong>della</strong><br />
grossezza <strong>della</strong> bestia da cui è stata ricavata (v.<br />
di seguito: l'ingrediente). <strong>Per</strong> presentarsi nella<br />
condizione ottimale per il consumo, non deve<br />
essere però troppo piccola, che si correrebbe il<br />
rischio di trovarla eccessivamente asciutta. Secondo<br />
i cultori, questo salume non deve risultare<br />
né troppo fresco né troppo secco, né troppo<br />
duro né troppo molle, con <strong>un</strong>a salatura moderata<br />
e <strong>un</strong> profumo di spezie acuto ma non violento<br />
e senza particolari sentori di vecchio.<br />
Varianti:<br />
Specialità <strong>della</strong> Valtellina, cui è tuttavia con tesa<br />
dalla Valchiavenna, la bresaola, quando è veramente<br />
buona e stagionata perfettamente, si<br />
gusta così com’è, affettata sottile, senza alc<strong>un</strong><br />
condimento. La preparazione più com<strong>un</strong>e si realizza<br />
con olio, limone e pepe. I salumieri <strong>della</strong><br />
Valchiavenna indicano di preferenza il burro liquefatto.<br />
Si segnala inoltre <strong>un</strong>’emulsione di olio,<br />
limone e senape, insaporita con pepe e prezze-<br />
molo tritato. In passato, bresaole non troppo<br />
stagionate venivano cotte in casseruola con verdure,<br />
spezie e vino bianco asciutto.<br />
Abbinamenti:<br />
Si serve con pane, possibilmente di segale, e si<br />
accompagna con vino <strong>della</strong> Valtellina non invecchiato<br />
e di moderata gradazione.<br />
L'ingrediente: la bresaola<br />
La bresaola, nata in Valchiavenna nel XV secolo<br />
e diffusasi al di fuori <strong>della</strong> provincia di Sondrio<br />
alla fine dell''800, ha etimo incerto: alc<strong>un</strong>i fanno<br />
risalire il termine a brasa, brace, perché in passato<br />
la prima fase di asciugatura del prodotto<br />
era effettuata riscaldando l'aria con bracieri che<br />
servivano a dare anche <strong>un</strong>a leggera affumicatura.<br />
Altri lo riportano a brisa, poiché se il salume<br />
non è perfettamente stagionato, "brucia" la lingua.<br />
La bresaola si prepara con i tagli pregiati <strong>della</strong><br />
coscia di manzo (fesa, sottofesa, noce, magatello).<br />
I pezzi di carne vengono privati di tendini<br />
e grasso eccessivo, e sottoposti a salagione in<br />
appositi contenitori alternando strati di carne a<br />
strati di concia (sale, zucchero, pepe, aromi,<br />
spezie ed eventualmente nitrato di sodio), per<br />
<strong>un</strong> periodo di 10-15 giorni, rivoltando i pezzi periodicamente<br />
affinché la carne assorba la salamoia<br />
in modo <strong>un</strong>iforme. Successivamente i pezzi<br />
vengono lavati, asciugati e talvolta pressati.<br />
Le bresaole vengono quindi appese nella sale di<br />
prosciugamento per 4-6 giorni, poi trasferite nel<br />
locale di stagionatura (a ventilazione, umidità e<br />
temperatura controllate) per circa 1 mese. Alc<strong>un</strong>i<br />
produttori eseguono infine l'affumicatura.<br />
Recentemente alla bresaola è stato attribuito il<br />
riconoscimento IGP.<br />
Nella Valtellina, nella Valchiavenna e nell’Alto<br />
lago di Como si produce artigianalmente, con<br />
tecniche simili a quelle <strong>della</strong> bresaola, <strong>un</strong>a sorta<br />
di prosciutto ricavato dalle cosce posteriori di<br />
capra, salato, stagionato e affumicato, chiamato<br />
violino, a causa <strong>della</strong> forma e del modo tradizionale<br />
di affettarlo, appoggiandolo sotto il mento,<br />
reggendo il femore con la mano sinistra e il coltello<br />
con la destra, come <strong>un</strong> archetto. Si serve<br />
in fette sottili, con o senza condimento, come la<br />
bresaola. A Chiavenna si produce <strong>un</strong> salume simile,<br />
la slinzega, con la coscia di camoscio.<br />
Questo termine viene com<strong>un</strong>emente usato anche<br />
per bresaole di piccola pezzatura.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
BRESAOLA CONDITA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
173 20,4 10,2 0,0 961 129 0,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
PIZZOCCHERI ALLA VALTELLINESE<br />
Sono il piatto-simbolo <strong>della</strong> tradizione valtellinese. Il nome è fatto com<strong>un</strong>emente derivare<br />
dalla stessa radice pit o piz da cui sarebbero originati i termini pizza, pitta, pittula, pinsa e<br />
pinza, com<strong>un</strong>i <strong>un</strong> po’ ov<strong>un</strong>que in Italia, con significato affine a pezzo, pezzetto, cui può essersi<br />
sovrapposto il senso di pinsa, da pinzare = schiacciare, in riferimento alla forma. Meno<br />
attendibili appaiono le etimologie dal longobardo bizzo = boccone.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />
Stagionalità: Inverno, Aut<strong>un</strong>no<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 45 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Soffrittura<br />
Utensili:<br />
tagliere trinciante, pentola, colapasta, pa<strong>della</strong>,<br />
zuppiera, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
FORMAGGIO SEMIGRASSO DELLA VALTELLINA<br />
“CASERA” (180 g), PIZZOCCHERI (420 g),<br />
PATATE (180 g), VERZA (180 g), BURRO (30 g),<br />
SALVIA (n.5 foglie), PEPE (q.b.), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Pelare e tagliare a pezzi le patate<br />
• Mondare, lavare e tagliare a strisce le verze<br />
• Cuocere in <strong>un</strong>a pentola con acqua salata le<br />
patate e le verze<br />
• Tagliare il formaggio a fettine sottili<br />
• A cottura ultimata, <strong>un</strong>ire i pizzoccheri<br />
• Cuocere per 10-15 minuti, scolare ancora al<br />
dente<br />
• (nel frattempo) Rosolare le foglie di salvia<br />
nel burro<br />
• Porre i pizzoccheri in <strong>un</strong>a zuppiera<br />
• Unire il formaggio, il burro e la salvia ed amalgamare<br />
accuratamente<br />
• Servire, <strong>un</strong>endo del pepe a parte<br />
Note: la preparazione dei pizzoccheri<br />
I pizzoccheri sono oggi commercializzati sotto<br />
forma di pasta secca, a base di <strong>un</strong>a miscela di<br />
farina di frumento e di farina di grano saraceno<br />
(“farina di fraina”), ad opera di alc<strong>un</strong>e aziende<br />
valtellinesi. Si presentano tradizionalmente come<br />
fettuccine, anche se esistono altri formati.<br />
Volendo realizzare in casa i pizzoccheri (ingredienti<br />
per 6 persone):<br />
* Mescolare 12 manciate di farina di fraina e 4<br />
manciate di farina bianca<br />
* Unire 1 cucchiaino di sale ed impastare con<br />
acqua fino ad ottenere <strong>un</strong> impasto duro e liscio<br />
Lavorare l’impasto non troppo a l<strong>un</strong>go<br />
* Stendere con <strong>un</strong> mattarello <strong>un</strong>a sfoglia non<br />
troppo sottile (2-3 mm)<br />
* Tagliare in forma di fettuccine larghe 1 cm e<br />
l<strong>un</strong>ghe 5 cm<br />
Varianti:<br />
La verza può essere sostituita dalle biete. Oltre<br />
alla salvia, si può insaporire nel burro dell’aglio<br />
o <strong>della</strong> cipolla. Il formaggio semigrasso <strong>della</strong><br />
Valtellina è protetto da <strong>un</strong> marchio di tipicità<br />
(Valtellina Casera): per le sue caratteristiche, si<br />
veda L’atlante dei Prodotti Tipici. In sua assenza,<br />
può essere sostituito con formaggi tipo<br />
Latteria o Fontina.<br />
Abbinamenti:<br />
I pizzoccheri sono <strong>un</strong> piatto <strong>un</strong>ico, abbastanza<br />
nutriente. In Valtellina si usa accompagnarli con<br />
remolacci crudi, intinti nel sale. Possono essere<br />
convenientemente abbinati a <strong>un</strong>’insalata e, per<br />
esempio, con dolci a base di frutta, quali <strong>un</strong>a<br />
charlotte o <strong>un</strong>a mousse di mele renette.<br />
Il vino di accompagnamento deve essere <strong>un</strong><br />
rosso corposo, particolarmente indicati i Valtellina<br />
DOC ed il Valtellina Superiore DOC, <strong>un</strong> Inferno<br />
o <strong>un</strong> Valgella.<br />
L’ingrediente: grano saraceno<br />
Conosciuto anche con il nome di fagopiro, fraina<br />
e formentino è <strong>un</strong>a pianta erbacea annuale <strong>della</strong><br />
famiglia delle Poligonacee (non fa d<strong>un</strong>que parte<br />
<strong>della</strong> famiglia dei cerali), che produce frutti in<br />
forma di granelli piccoli, triangolari, scuri. Originario<br />
dell’Asia centrale, fu importato in Europa<br />
con le invasioni mongole e si diffuse nelle regioni<br />
nordiche e montane, grazie alla sua resistenza<br />
ai climi rigidi e alla povertà del suolo.<br />
Oggi è stato completamente soppiantato dal<br />
mais e in Italia è coltivato solo in Valtellina (zona<br />
di Teglio), in Carnia ed Abruzzo. La farina, di<br />
sapore leggermente acre e br<strong>un</strong>a per la presenza<br />
dei residui fibrosi del rivestimento del frutto,<br />
era <strong>un</strong> tempo considerata poco pregiata e utilizzata<br />
prevalentemente per l’alimentazione del<br />
bestiame. La rivalutazione del grano saraceno si<br />
deve a piatti come pizzoccheri, polenta nera,<br />
sciatt e polenta taragna, ove la sua farina (più<br />
saporita) aggi<strong>un</strong>ge <strong>un</strong>a nota raffinata. <strong>Per</strong> la<br />
sua componente proteica affatto trascurabile e<br />
complementare (in quanto a composizione amminoacidica)<br />
a quella del mais, la miscela di farina<br />
gialla e farina di fraina impiegata per la<br />
preparazione di polenta ha evitato nelle zone<br />
montane la diffusione endemica <strong>della</strong> pellagra,<br />
che afflisse nei secoli scorsi la pianura padana a<br />
tradizione monomaidica.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
PIZZOCCHERI ALLA VALTELLINESE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
416 14,7 13,5 63,0 621 12 2,6<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
RISO E RAPE COL POLMONE<br />
Si tratta di <strong>un</strong> piatto irregolarmente diffuso <strong>un</strong> po’ ov<strong>un</strong>que in Lombardia, soprattutto nelle<br />
fasce alpina e prealpina, ma anche in pianura, per la sua economicità in relazione all’apporto<br />
energetico. Sull’asse Chiavenna-Livigno le rape ebbero in passato <strong>un</strong> ruolo alimentare di primo<br />
piano ed attorno ad esse furono elaborati degli autentici capolavori gastronomici.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti in brodo<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no-Primavera<br />
Difficoltà: Minima<br />
Tempo di esecuzione: 50 minuti<br />
Tecnica di cottura: Soffrittura, Lessatura<br />
Utensili:<br />
Pentola, tagliere, trinciante, casseruola.<br />
Ingredienti:<br />
per il brodo: POLMONE DI VITELLO (250 g),<br />
CIPOLLA (n. 1), CAROTA (n. 1), SEDANO (50<br />
g), ACQUA (3 l), SALE (q. b.).<br />
per il riso: CIPOLLA (40 g.), BURRO (40 g),<br />
PANCETTA (50 g in <strong>un</strong>a sola fetta), RAPE (250<br />
g), RISO (250 g), FORMAGGIO GRANA<br />
GRATTUGIATO ( 40 g), PREZZEMOLO TRITATO<br />
(<strong>un</strong> cucchiaino).<br />
Esecuzione:<br />
• Far lessare il polmone in acqua salata, assieme<br />
alla cipolla, al sedano e alla carota.<br />
• Una volta cotto, scolare il polmone e tagliarlo<br />
a fette e o pezzetti.<br />
• Far imbiondire nella casseruola la cipolla<br />
con il burro e la pancetta.<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere il brodo del polmone e lasciare<br />
riprendere il bollore.<br />
• Tagliare le rape in fette sottili e <strong>un</strong>irle al<br />
brodo, assieme al polmone.<br />
• Protrarre la cottura per 10 minuti, quindi<br />
aggi<strong>un</strong>gere il riso.<br />
• Quando il riso sarà quasi cotto, <strong>un</strong>ire il formaggio<br />
grattugiato, il prezzemolo tritato e<br />
la carota del brodo tagliata a cubetti.<br />
• Prima di servire vi si può aggi<strong>un</strong>gere anche<br />
la pancetta tagliata a listarelle.<br />
Note: pulire il polmone<br />
Il polmone (corada) è sicuramente, assieme alla<br />
buseca, <strong>un</strong>a delle parti meno nobili del manzo.<br />
Se è quasi del tutto escluso dal nostro modello<br />
alimentare, che lo devolve quasi esclusivamente<br />
al nutrimento degli animali, soprattutto i gatti),<br />
nel modello tradizionale era utilizzato al meglio<br />
per l’alimentazione umana, come qualsiasi altra<br />
parte dell’animale ucciso. Leggermente gommoso<br />
alla masticazione, deve essere liberato,<br />
prima <strong>della</strong> cottura, dai condotti respiratori più<br />
grossi (trachea e bronchi) e, <strong>un</strong>a volta cotto, al<br />
momento dello spezzettamento, dai residui dei<br />
canaletti più visibili (bronchioli), che potrebbero<br />
dare fastidio durante la masticazione.<br />
Varianti:<br />
A seconda delle aree di preparazione, il riso con<br />
le rape presenta varianti molto differenziate. Ricettari<br />
lodigiani consigliano l’utilizzo di brodo di<br />
pollo ed escludono il polmone; nel milanese talvolta<br />
per il soffritto si utilizza il porro anziché la<br />
cipolla; altrove la minestra viene preparata senza<br />
soffritto (e perciò anche senza cipolla) e il<br />
formaggio è aggi<strong>un</strong>to in tavola anziché durante<br />
la cottura. Non è raro il caso che il brodo sia fatto<br />
ristringere alquanto, così da ottenere <strong>un</strong>a<br />
maggiore densità, intermedia tra quella del risotto<br />
e quella <strong>della</strong> minestra.<br />
Abbinamenti:<br />
Nella <strong>cucina</strong> <strong>della</strong> tradizione costituisce piatto<br />
<strong>un</strong>ico. Oggi può essere utilizzato nella stessa<br />
f<strong>un</strong>zione per <strong>un</strong> pasto leggero, ma equilibrato<br />
dal p<strong>un</strong>to di vista nutrizionale; oppure come<br />
primo piatto assieme ad <strong>un</strong> secondo senza carne<br />
(frittata, uova e asparagi ecc.). Gli si può affiancare<br />
<strong>un</strong> Valtellina rosso, per seguire la<br />
cultura locale, oppure <strong>un</strong> bianco o <strong>un</strong> rosato<br />
giovani, di discreta acidità.<br />
L’ingrediente: la rapa<br />
La rapa (Brassica campestris rapa) è <strong>un</strong> ortaggio<br />
digeribile e diuretico, dal sapore dolciastro,<br />
appartenente alla famiglia dei cavoli. Se ne consumano<br />
le radici, a polpa bianca e succosa, con<br />
<strong>un</strong>a nota piccante. Le radici migliori sono quelle<br />
raccolte quando non sono completamente mature,<br />
a polpa compatta. Il valore nutrizionale è<br />
scarso.<br />
Di origine centro-europea, nella gastronomia<br />
padana, la rapa (altrimenti chiamata navone)<br />
ha <strong>un</strong>a sua presenza continuativa, dall’epoca<br />
romana e per tutto il Medioevo, fino ad assumere<br />
dignità letteraria nel Bertoldo del Dalla Croce,<br />
in cui il protagonista muore “tra aspri duoli / per<br />
non poter mangiar rape e fagioli”. La rapa, emblema<br />
dell’alimentazione contadina, d<strong>un</strong>que. E<br />
la fantasia non manca, quando si tratta di portarla<br />
a tavola: dalle ottocentesche rape caramellate<br />
in zucchero con o senza aceto, fino ai<br />
navoni glacés del Cuoco milanese, dalle alpine<br />
rape saltate nel lardo alle rape in salsa bianca<br />
sul modello francese, dal puré di rape alla<br />
raffinatezza del salame di rape e grasso suino<br />
del Livignasco.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
RISO E RAPE COL POLMONE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
290 13,4 10,9 36,9 630 30 1,8<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
SCIATT<br />
Gli sciatt sono frittelle ripiene di formaggio. Il nome deriva dalla gobba creata dal ripieno,<br />
che li rende somiglianti a sciatt, cioè a rospi. Altri, pur riferendo il termine alla forma irregolare<br />
delle frittelle, lo vogliono sincope dialettale di sciadatto = già adatto, cioè senza forma,<br />
vicino all’italiano sciatto.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Antipasti<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 50 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura<br />
Utensili:<br />
terrina, pa<strong>della</strong><br />
Ingredienti:<br />
FARINA DI GRANO SARACENO (450 g), FARINA<br />
BIANCA 00 (220 g), FORMAGGIO TIPO BITTO O<br />
VALTELLINA CASERA (450 g), GRAPPA (30 mL),<br />
ACQUA MINERALE (q.b.), BIRRA (q.b.), SALE<br />
(q.b.), PEPE (q.b.), OLIO PER FRIGGERE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Tagliare il formaggio a cubetti<br />
• Lavorare in <strong>un</strong>a terrina le due farine, la grappa<br />
e acqua minerale e birra necessarie ad<br />
ottenere <strong>un</strong>a pastella ben liscia<br />
• Riscaldare abbondante olio in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> di<br />
ferro<br />
• Con l'aiuto di <strong>un</strong> cucchiaio versare <strong>un</strong> cubetto<br />
di formaggio prima nella pastella e poi<br />
nell'olio bollente<br />
• Friggere fin ad ottenere delle piccole frittelle<br />
di colore br<strong>un</strong>o<br />
• Scolare su carta assorbente<br />
• Servire con <strong>un</strong>a insalatina di stagione<br />
Note: la lievitazione <strong>della</strong> pastella<br />
La lievitazione è <strong>un</strong> processo fisico-chimico per<br />
cui <strong>un</strong>a pasta (o, come nel nostro caso, <strong>un</strong>a pastella,<br />
cioè <strong>un</strong> impasto semiliquido) aumenta di<br />
volume per effetto dell’aria che vi si incorpora,<br />
solitamente a causa di processi fermentativi.<br />
L’immissione di aria, che ha lo scopo di rendere<br />
meno compatto, cioè più leggero, il composto<br />
può essere ottenuto con lieviti naturali o artificiali<br />
come il lievito di birra o il baking. <strong>Per</strong> gonfiare<br />
la pastella degli sciatt, i ricettari indicano<br />
com<strong>un</strong>emente <strong>un</strong>o dei tre seguenti procedimenti:<br />
* impastare delicatamente la farina con birra e<br />
acqua minerale in modo che il gas contenuto<br />
nei due liquidi si trasferisca nella pastella;<br />
* sbattere a l<strong>un</strong>go ed energicamente la pastella<br />
con la frusta in modo da incorporarle <strong>un</strong>a<br />
certa quantità di aria;<br />
* impastare la farina con acqua tiepida in cui<br />
sia stata sciolta <strong>un</strong>a quantità minima di bicarbonato<br />
di sodio e lasciare riposare il composto<br />
per qualche minuto prima di friggerlo.<br />
Varianti:<br />
Le possibili variazioni riguardano principalmente<br />
le proporzioni tra la farina di fraina e quella di<br />
frumento, fino a <strong>un</strong>’immissione di quest’ultima<br />
per la quantità del 50%. Alc<strong>un</strong>i ricettari prescrivono<br />
solo farina di fraina. La frittura degli sciatt<br />
è da tal<strong>un</strong>i eseguita, anziché con lo strutto, con<br />
abbondante burro bollente.<br />
Abbinamenti:<br />
E’ <strong>un</strong> piatto dalle molte risorse. Gli sciatt possono<br />
essere utilizzati per antipasto o come primo<br />
piatto, ma tradizionalmente si consumavano<br />
anche la mattina a colazione, assieme a <strong>un</strong> bicchiere<br />
di latte fresco, o nel pomeriggio per merenda.<br />
Come stuzzichino o nel corpo del pranzo<br />
(assieme all’insalata costituiscono <strong>un</strong> secondo<br />
con contorno) si abbinano con <strong>un</strong>o dei grandi<br />
vini rossi <strong>della</strong> Valtellina non troppo invecchiato.<br />
L’ingrediente: il formaggio valtellinese<br />
<strong>Per</strong> la preparazione degli sciatt si richiede <strong>un</strong><br />
formaggio come il bitto fresco o il Valtellina casera.<br />
La provincia di Sondrio vanta tuttavia <strong>un</strong><br />
vasto repertorio di formaggi di gran classe, frutto<br />
<strong>della</strong> secolare esperienza degli alpigiani <strong>un</strong>ita<br />
alla moderna tecnologia casearia. Sinteticamente,<br />
il panorama può essere così riass<strong>un</strong>to:<br />
formaggi a pasta cruda molle:<br />
* scimudin, formaggelle prodotte con latte intero,<br />
salate moderatamente, dal gusto dolce<br />
e corta maturazione (3-4 settimane);<br />
formaggi a pasta semicotta semigrassi:<br />
* formaggio d’alpe, abbastanza stagionato, sapore<br />
aromatico, vagamente amaro, assume<br />
diverse denominazioni fra cui quello di magnüca<br />
(tipico <strong>della</strong> Valchiavenna);<br />
* Valtellina casera, simile al precedente ma<br />
prodotto nel fondovalle, poco stagionato, ingrediente<br />
tipico dei pizzoccheri.<br />
formaggi a pasta semicotta grassa:<br />
* bitto, prodotto con latte intero eventualmente<br />
miscelato a latte caprino, è dolce se consumato<br />
fresco, piccante se stagionato per oltre<br />
due anni.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
SCIATT<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
760 28,6 31,6 92,9 393 0 2,4<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
FRITTATA CON ORTICHE<br />
E' <strong>un</strong> classico cibo di sussistenza, il cui consumo di massa ritorna d’attualità solo in casi di<br />
eccezionale carenza di generi alimentari: l’ultima volta è stato nel corso <strong>della</strong> guerra 1940-<br />
45. Oggi è, se ci si passa il termine, <strong>un</strong>a raffinatezza per ghiottoni inveterati.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Primavera Estate<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 25 minuti<br />
Tecnica di cottura: Bollitura, Frittura<br />
Utensili:<br />
casseruola, scolapasta, pa<strong>della</strong>, ciotola, frusta<br />
Ingredienti:<br />
PUNTE DI ORTICA (1 bel mazzetto), UOVA (n.6-<br />
8), BURRO (30 g), FORMAGGIO GRANA<br />
GRATTUGIATO (2 cucchiai), SALE (q.b.), PEPE<br />
(q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Lavare bene le p<strong>un</strong>te di ortica<br />
• Mettere poca acqua in <strong>un</strong>a casseruola e portarla<br />
a ebollizione<br />
• Scottare le p<strong>un</strong>te di ortica nell'acqua bollente<br />
per pochi minuti, scolarle e strizzarle<br />
• Ri<strong>un</strong>ire le uova in <strong>un</strong>a ciotola, salarle e sbatterle<br />
leggermente<br />
• In <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> insaporire le p<strong>un</strong>te di ortica<br />
con il burro e versarvi sopra le uova<br />
• Insaporire la frittata con il grana e <strong>un</strong> pizzico<br />
di pepe<br />
• Dopo circa 5 minuti, voltare la frittata e finire<br />
di cuocere<br />
Note: la raccolta delle ortiche<br />
L’ortica (Urtica dioica) è <strong>un</strong>’erba diffusa in tutta<br />
Europa, dal Circolo Polare Artico a Gibilterra. Disprezzata<br />
com<strong>un</strong>emente come pianta inutile e<br />
infestante ("gettare qualcosa alle ortiche"), provoca<br />
diffidenza a causa delle proprietà urticanti<br />
(acido formico) <strong>della</strong> peluria che ne ricopre le<br />
foglie e il gambo. Le foglie usate per preparazioni<br />
alimentari o galeniche (sono ritenute efficaci<br />
per favorire la diuresi e l’emostasi e per<br />
contrastare la seborrea) devono essere raccolte<br />
in primavera e non oltre l’inizio dell’estate: dalle<br />
piantine giovani devono essere selezionati<br />
(proteggendo le mani con guanti) solo i germogli<br />
più teneri (revultiis), i quali, <strong>un</strong>a volta leggermente<br />
appassiti o sbollentati, perdono il loro<br />
carattere urticante, diventando pienamente<br />
commestibili e facendosi apprezzare per il gusto<br />
delicatissimo. I germogli possono anche essere<br />
<strong>cucina</strong>ti direttamente, senza scottatura preventiva,<br />
ma è necessario evitare che finiscano nel<br />
tegame i semi (ci si riferisce alle piante non proprio<br />
giovani), che hanno azione purgativa.<br />
Varianti:<br />
Poche varianti per <strong>un</strong> piatto semplicissimo. I<br />
germogli di ortica crudi possono essere mischiati<br />
direttamente all’uovo sbattuti, tagliati sottili,<br />
senza prebollitura. Vi si può aggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong><br />
mezzo spicchio d’aglio tritato finissimo e/o <strong>un</strong>’idea<br />
di noce moscata.<br />
Abbinamenti:<br />
Può essere servita a fettine o a spicchi come<br />
antipasto, secondo la moda attuale, accompagnata<br />
da <strong>un</strong> vino leggero e giovane, come il Pinot<br />
nero dell’Oltrepò vinificato in bianco. Come<br />
secondo, richiede <strong>un</strong> bianco <strong>un</strong> po’ più robusto<br />
e strutturato, come il Trebbiano di Capriano del<br />
Colle o <strong>un</strong>a Chiavennasca bianca.<br />
L’ingrediente: le erbe dimenticate<br />
I vegetali spontanei erano conosciutissimi in<br />
passato, quando la fame, come sanciva<br />
l’adagio, aguzzava potentemente l’ingegno popolare.<br />
In alc<strong>un</strong>i di essi, come l’erba de san Pedar,<br />
il s<strong>un</strong>gin, gli asparagi selvatici, ci imbatteremo<br />
in altre parti del presente ricettario, ma<br />
il panorama era molto più ampio di quanto sia<br />
possibile riassumere in questa breve nota. Chi<br />
non fosse abituato "a fare di ogni erba <strong>un</strong> fascio",<br />
poteva trovare, guardandosi <strong>un</strong> po’ attorno,<br />
di che cavarsi la fame con l’aggi<strong>un</strong>ta di poco<br />
altro. Più o meno ov<strong>un</strong>que si facevano frittate e<br />
frittelle con la borragine (Borrago officinalis) e<br />
con i germogli di vitalba (Clematis vitalba), e si<br />
raccoglieva, per mangiarla cruda o per cuocerla<br />
allo stesso modo delle bietole e degli spinaci, la<br />
zicoria mata (Taraxacum). Con il luppolo selvatico<br />
(luvertis), si preparava il risotto nel Pavese;<br />
con gli spinaci selvatici (cogoi) <strong>un</strong>a minestra di<br />
riso e delle saporite polpettine fritte in Valtellina,<br />
nonché <strong>un</strong> gustoso risotto con le rane nel<br />
Bresciano, dove si usavano anche le rosole, cioè<br />
le piantine dei papaveri per preparare <strong>un</strong>a zuppa.<br />
In Brianza si saltavano nel burro i verzitt<br />
(valeriana), si aggi<strong>un</strong>gevano foglie di malva al<br />
minestrone e si preparava <strong>un</strong>a salsa per pesci<br />
e carni con l’erba brusca (Rumex acetosella); i<br />
tarassaci entravano in diverse zuppe e si preparavano<br />
in tutta la zona prealpina ed alpina con<br />
cubetti di lardo o pancetta fritti. In Valtellina<br />
sono segnalate anche <strong>un</strong>a zuppa di ortiche e<br />
delle frittelle di salvia sclarea.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
FRITTATA CON ORTICHE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
139 10,3 10,6 0,5 497 242 1,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
CASTAGNE E VERZE<br />
Cibo poverissimo, forse nemmeno <strong>un</strong> piatto vero e proprio, non fosse che nella sua versione<br />
più ricca potrebbe essere considerato <strong>un</strong>a cassoeula dei poveri, in cui l’apporto energetico è<br />
affidato alle castagne anziché alla carne.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 90 minuti<br />
Tecnica di cottura: Bollitura, Stufatura<br />
Utensili:<br />
pentola, spelucchino, scolapasta, tegame, cucchiaio<br />
di legno<br />
Ingredienti:<br />
CASTAGNE (400 g), ALLORO (n.1 foglia), VERZE<br />
(1000 g), BURRO (60 g), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Sbucciare le castagne togliendo loro la prima<br />
pelle<br />
• Metterle in <strong>un</strong>a pentola con acqua fredda e<br />
la foglia di alloro e portare a ebollizione salando<br />
leggermente<br />
• Cuocere le castagne per circa 45 minuti, poi<br />
scolarle e privarle <strong>della</strong> seconda pellicina<br />
• Nel frattempo scottare in acqua salata le<br />
verze tagliate a pezzi, scolarle<br />
• Unire tutto in <strong>un</strong> tegame con il burro e insaporire<br />
aggiustando eventualmente di sale<br />
Note: fresche, ma più spesso secche<br />
In passato, quando le castagne venivano essiccate<br />
e utilizzate quale durevole riserva glucidica<br />
per buona parte dell’anno, questo piatto, come<br />
altri piatti tradizionali nelle zone di cultura <strong>della</strong><br />
castagna, si <strong>cucina</strong>va normalmente con i frutti<br />
secchi. <strong>Per</strong> prepararli alla cottura, le castagne<br />
secche venivano fatte rinvenire in acqua tiepida<br />
per 8-10 ore, come si fa con i fagioli, ed erano<br />
cotte a fuoco lentissimo per evitare, per quanto<br />
possibile che si sbriciolassero. Oggi è consigliabile<br />
l’uso delle castagne fresche, quando è stagione,<br />
tenendo tuttavia presente che in questa<br />
pietanza si incontrano due vegetali (la verza e<br />
le castagne) di non facile digeribilità, che ne<br />
sconsigliano l’uso da parte degli stomaci delicati.<br />
Varianti:<br />
Castagne e verze già lessate possono essere<br />
saltate in pa<strong>della</strong> alla maniera antica, con cubetti<br />
di lardo o di pancetta.<br />
Abbinamenti:<br />
E’ <strong>un</strong> secondo piatto abbastanza anomalo per i<br />
gusti attuali. Potrà essere inserito in <strong>un</strong> pranzo<br />
contestualmente ad altri cibi leggeri (minestra<br />
+ dessert di frutta), affiancandogli <strong>un</strong> vino robusto<br />
e di buon corpo, dall’odore intenso e penetrante,<br />
come il Buttafuoco dell’Oltrepò.<br />
L’ingrediente: la castagna<br />
E’ il frutto di <strong>un</strong> albero delle Fagacee, originario<br />
e caratteristico dei boschi di mezza montagna<br />
dell’area mediterranea. La presenza rilevante<br />
dei castagni nell’economia antica era rafforzato<br />
dai legami con l’apicoltura e con la raccolta dei<br />
prodotti del bosco ceduo, particolarmente i f<strong>un</strong>ghi,<br />
considerati fruttificazioni delle radici delle<br />
castagne e delle querce. Proprio per la sua evidente<br />
utilità, a partire dal X-XI secolo, si praticò<br />
estensivamente in tutti i territori prealpini la<br />
messa a coltura del castagno, a discapito di altri<br />
settori boschivi, come il querceto. Fino all’inizio<br />
del XIX secolo, quando la patata e il mais si imposero<br />
come i cibi più com<strong>un</strong>i nell’alimentazione<br />
popolare, le castagne furono considerate, specialmente<br />
nelle zone montane più isolate, il vero<br />
e proprio pane dei poveri. Castagne e latte,<br />
castagne e cagiada, zuppa di castagne: erano<br />
condanne quasi quotidiane per i montanari. I<br />
frutti si raccoglievano in aut<strong>un</strong>no e si conservavano,<br />
sotterrandoli a strati nella sabbia, riponendoli<br />
in grotte naturali appositamente scelte,<br />
oppure seccandoli, per macinarli all’occorrenza<br />
e ricavarne <strong>un</strong>a farina da utilizzare per preparare<br />
pappe, polente (la patòna) e, in mistura con<br />
altri sfarinati, pane e focacce. L’abbandono delle<br />
campagne nella seconda metà del nostro secolo<br />
ha provocato l’inselvatichimento dei castagneti<br />
ed ha agevolato il diffondersi del cancro <strong>della</strong><br />
corteccia, con <strong>un</strong>a ridimensionamento complessivo<br />
<strong>della</strong> qualità del prodotto; sicché la castagna<br />
ha oggi scarsissima importanza nell’economia<br />
regionale, salvo per i frutti di varietà più<br />
grossa (i marroni) ricercati come prodotto di<br />
lusso per il consumo familiare (arrostiti, lessati<br />
o quale ripieno o contorno per il cappone, il tacchino<br />
e cacciagione da pelo e da penna) e per<br />
l’industria dolciaria (marons glacés).<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
CASTAGNE E VERZE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
190 5,1 9,5 22,3 431 25 8,1<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
UMIDO DI CERVO<br />
Il termine umido richiama immediatamente la nozione <strong>della</strong> pucia, dell’intingolo in cui bagnare<br />
la polenta. Come ogni intingolo che si rispetti, l’umido si forma, nella cultura tradizionale,<br />
mediante <strong>un</strong>a stufatura prol<strong>un</strong>gata, nel caso <strong>della</strong> selvaggina resa ancora più necessaria dalla<br />
fibrosità e dalla consistenza delle carni, che necessitavano anche di <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga frollatura<br />
preventiva.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no-Inverno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo di esecuzione: 100 minuti<br />
Tecnica di cottura: Rosolatura, stufatura<br />
Utensili:<br />
tagliere, trinciante, terrina larga<br />
Ingredienti:<br />
POLPA DI CERVO (1 kg), FARINA (50 g), OLIO<br />
D’OLIVA (50 g), BURRO (40 g), SEDANO (70 g),<br />
CAROTE (70 g), CIPOLLE ( 60 g), MAZZETTO DI<br />
ERBE ODOROSE CON MOLTO TIMO (30 g),<br />
BRODO (1 l), SALE e PEPE (q. b.).<br />
Esecuzione:<br />
• Tagliare la carne a piccoli pezzi, come per<br />
<strong>un</strong> com<strong>un</strong>e spezzatino e infarinarla.<br />
• Rosolare i pezzetti di carne in poco olio ben<br />
caldo.<br />
• Tritare il sedano, la carota, le cipolle e le<br />
erbe aromatiche, quindi farle appassire in<br />
olio e burro.<br />
• Unire la carne e bagnare con il brodo, portando<br />
a cottura (circa <strong>un</strong>’ora).<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere altro brodo, nel caso l’intingolo<br />
si asciugasse troppo, e controllare il sale<br />
prima di togliere dal fuoco.<br />
• Servire ben caldo, con o senza polenta.<br />
Note: La frollatura delle carni<br />
Pellegrino Artusi ricorda nel suo ricettario che la<br />
selvaggina ha bisogno di <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga frollatura in<br />
ambiente fresco, prima di gi<strong>un</strong>gere alle condizioni<br />
ottimali per la cottura. E aggi<strong>un</strong>ge: “sino al<br />
limite <strong>della</strong> putrefazione”, <strong>un</strong>’annotazione che<br />
oggi ai più fa storcere la bocca. In passato, non<br />
solo la cacciagione, ma qualsiasi tipo di carne<br />
doveva essere frollata per diversi giorni e cotta<br />
a l<strong>un</strong>go, per permetterle di raggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong> apprezzabile<br />
grado di tenerezza. Nel noto ricettario<br />
Il cuoco milanese e la cuciniera lombardoveneta,<br />
che tanta diffusione ebbe nel secolo<br />
scorso, per <strong>un</strong>o stuffato di selvaggina da pelo in<br />
tutto simile al nostro viene indicata <strong>un</strong>a cottura<br />
di cinque o sei ore. Può dispiacere ai fautori <strong>della</strong><br />
<strong>cucina</strong> tradizionalista (sul modello Gianni Brera,<br />
per intenderci) che oggi non sia più necessario<br />
cuocere così a l<strong>un</strong>go <strong>un</strong>o stufato. Le carni<br />
attualmente in commercio, attraverso le selezioni<br />
realizzate negli ultimi cento anni, sono<br />
considerevolmente più tenere di quanto non<br />
fossero <strong>un</strong> secolo e mezzo fa. E’ persino improbabile,<br />
oggi, parlare di selvaggina autenticamente<br />
selvatica, dal momento che anche i pochi<br />
capi di cui è autorizzata annualmente la caccia<br />
sono spesso il frutto di opport<strong>un</strong>e politiche di<br />
ripopolamento. Una frollatura di qualche giorno<br />
e <strong>un</strong>’ora di cottura, che permetta di pareggiare<br />
il conto con le necessità dell’intingolo, sono oggi<br />
sufficienti a rendere commestibili e a non privare<br />
di succulenza anche le carni <strong>della</strong> selvaggina.<br />
Varianti:<br />
In tal<strong>un</strong>i ricettari si utilizza lo strutto al posto<br />
dell’olio, oppure si <strong>un</strong>iscono al soffritto pezzetti<br />
di lardo o cotenne. Nelle formulazioni ottocentesche<br />
il sugo viene filtrato prima di essere portato<br />
in tavola e talvolta la carne viene lasciata in<br />
<strong>un</strong> solo pezzo e tagliata successivamente a fette<br />
come <strong>un</strong> qualsiasi brasato. Ricette in questa<br />
tipologia sono com<strong>un</strong>i anche per il capriolo.<br />
Abbinamenti:<br />
L’associazione classica è con la polenta (semmai<br />
con farina di fraina); ma il piatto si presta anche<br />
a legami più creativi, come ad esempio quello<br />
con le confetture e le marmellate, particolarmente<br />
di ciliege, di prugne o di castagne. In<br />
ogni caso richiede <strong>un</strong> grande vino, di gradazione<br />
alcolica sostenuta e di l<strong>un</strong>go invecchiamento,<br />
come il Valtellina Superiore Inferno, oppure <strong>un</strong><br />
uvaggio bordolese (cabernet e merlot), oggi<br />
sempre più diffuso in Franciacorta.<br />
L’ingrediente: la selvaggina da pelo<br />
Se si escludono gli animali di piccolo taglio, come<br />
le lepri, abbastanza com<strong>un</strong>i in tutta la regione,<br />
la cacciagione di grossa taglia è stata conosciuta<br />
in passato solo nei territori prealpini e<br />
alpini, e sicuramente non utilizzata quale cibo<br />
ordinario. I caprioli e i cervi soprattutto, ma in<br />
passato anche i daini, i camosci e gli stambecchi<br />
costituivano <strong>un</strong>’ambita preda di caccia. Apprezzati<br />
in tutta la regione i salmì e i civet con<br />
forte speziatura, gli arrosti, ingentiliti da<br />
<strong>un</strong>’abbondante lar<strong>della</strong>tura, le selle (schiene)<br />
con contorno di marroni o di frutti di bosco. In<br />
Valchiavenna e in Valtellina si producono ancor<br />
oggi i violini e le bresaole di capriolo e di cervo.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
UMIDO DI CERVO<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
330 38,5 15,8 8,8 959 16 1,3<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
LEPRE IN CROSTATA<br />
Era <strong>un</strong> piatto tipico nei ristoranti e nei crotti valtellinesi fino agli anni ‘50. Alc<strong>un</strong>i ricettari lo<br />
danno per originario del piccolo centro di Nosate (MI), da dove sarebbe arrivato in Valtellina<br />
alla fine del secolo scorso, con i primi flussi turistici, per la presenza degli amaretti, che non<br />
possono essere considerati <strong>un</strong>a specialità locale.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 90 minuti<br />
Tecnica di cottura: Arrosto<br />
Utensili:<br />
spiedo, cucchiaio<br />
Ingredienti:<br />
LEPRE (n.1 già frollata e pronta per la cottura),<br />
PANNA ACIDA (300 g), AMARETTI GRATTUGIATI<br />
(5 cucchiai), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Infilzare la lepre nello spiedo e farla cuocere<br />
nel girarrosto bagnandola spesso con la panna<br />
• A cottura quasi ultimata, dopo circa <strong>un</strong>'ora,<br />
toglierla dal fuoco e cospargerla con gli amaretti<br />
grattugiati mescolati con il sale<br />
• Rimetterla a cottura nel girarrosto e bagnarla<br />
ancora con la panna<br />
• Farla cuocere ancora 5 minuti o finché sulla<br />
superficie si è formata <strong>un</strong>a crosta ben dorata<br />
• Servire subito<br />
Note: croste e crostate<br />
Si definiscono in crosta quei piatti in cui carni,<br />
verdure o pesci sono cotti in forno avvolti in <strong>un</strong>a<br />
sfoglia di pasta oppure entro <strong>un</strong>o strato di sale<br />
o di creta, per avere <strong>un</strong>a particolare concentrazione<br />
di umori e di sapori, simile, ma non identica,<br />
a quella ottenuta con la cottura al cartoccio.<br />
Questa lepre in crostata, essendo cotta allo<br />
spiedo, non può essere in crosta ma ha <strong>un</strong>a copertura<br />
dolce, a base di amaretti sbriciolati.<br />
Nell’uso più antico la crosticina era ottenuta con<br />
<strong>un</strong> miscuglio di pane grattugiato misto a sale e,<br />
con molta probabilità, anche a frutta secca tritata:<br />
più che in crostata, d<strong>un</strong>que, <strong>un</strong>a lepre incrostata.<br />
Varianti:<br />
Durante la cottura la panna acida tende ad asciugarsi<br />
rapidamente: qualche ricettario consiglia<br />
di bagnare di quando in quando la lepre anche<br />
con burro fuso.<br />
Abbinamenti:<br />
<strong>Per</strong> il suo gusto rinascimentale, questa lepre<br />
allo spiedo si accompagna gradevolmente ad<br />
<strong>un</strong>a salsa dolce di melagrana o ad <strong>un</strong>a agrodolce<br />
di acciughe, capperi e zucchero, come quelle<br />
codificate dal cuoco dei Gonzaga, Bartolomeo<br />
Stefani nell’Arte di ben <strong>cucina</strong>re (1662), secondo<br />
l’accostamento riproposto nel ricettario del<br />
Cùnsolo. Vini consigliati, i Superiori <strong>della</strong> Valtellina,<br />
Sassella o Inferno, invecchiati 3-4 anni, di<br />
sapore armonico e sufficientemente ammorbidito.<br />
L’ingrediente: gli amaretti<br />
Quelli che hanno creato, assieme ad <strong>un</strong> noto liquore,<br />
la notorietà di Saronno sono gli amaretti<br />
più conosciuti <strong>della</strong> nostra penisola. In tutte le<br />
regioni, però, se ne producono di simili, prevalentemente<br />
con pasta tenera, ottenuta miscelando<br />
in varia proporzione farina, zucchero e<br />
mandorle pestate. La fort<strong>un</strong>a gastronomica degli<br />
amaretti di Saronno nasce tra il secondo e il<br />
terzo decennio del XIX secolo, quando questi biscotti,<br />
asciutti e friabili e d<strong>un</strong>que capaci di conservarsi<br />
a l<strong>un</strong>go, subentrarono per comodità in<br />
molti degli usi di <strong>cucina</strong> borghese, particolarmente<br />
nei dolci, nei quali in precedenza venivano<br />
impiegate le mandorle pestate nel mortaio<br />
con lo zucchero o tritate più o meno finemente.<br />
Ancora oggi sono essenziali in molti dolci (le ossa<br />
dei morti, le pallottole di mascarpone, la torta<br />
di tagliatelle <strong>della</strong> Bassa Mantovana, la crema<br />
fritta), ma anche in primi piatti (tortelli di zucca<br />
mantovani e alla cremasca) e nei ripieni per alc<strong>un</strong>i<br />
piatti di carne.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
LEPRE IN CROSTATA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
485 49,1 29,5 6,4 567 123 0,4<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli
Bergamo e Valli<br />
La provincia di Bergamo, limitata a Nord dalle Alpi Orobiche, si<br />
spinge a Sud fino a Treviglio e Caravaggio, con <strong>un</strong>o sviluppo<br />
Est-Ovest dalla valle Imagna al lago d’Iseo, comprendendo le<br />
valli del Brembo e del Serio che ne scandiscono<br />
longitudinalmente i rilievi prealpini. Circa i 3/4 del territorio sono<br />
collinari o montuosi, mentre la pianura, massicciamente<br />
industrializzata, occupa il rimanente quarto a Sud del<br />
capoluogo, tra il corso dell’Adda e quello dell’Oglio.<br />
Le caratteristiche morfologiche del territorio hanno condizionato<br />
nel passato l’economia bergamasca, legandola alla civiltà<br />
dell’alpeggio e alla cultura del mais, come accadeva in tutta la<br />
fascia alpina e prealpina. La <strong>cucina</strong> tradizionale <strong>della</strong> montagna<br />
bergamasca è quindi di polenta e di latte, in cui si ritrovano i<br />
segni degli scambi con la vicina Valtellina e con le vallate<br />
svizzere dei Grigioni. Nel Rinascimento la città di Bergamo<br />
rappresentò ad Occidente l’ultimo baluardo difensivo dei<br />
Veneziani nei confronti dell’egemonia milanese e sotto il diretto<br />
controllo <strong>della</strong> Serenissima Repubblica, la città del Colleoni rimase<br />
fino al 1796, ricevendone, come Brescia, precise influenze<br />
culturali, artistiche e, naturalmente, gastronomiche. Invece la<br />
pianura a Sud <strong>della</strong> città, in contatto con la civiltà risicola<br />
cremasco-milanese e con la cultura lacustre (Como-Iseo), ha<br />
maturato ovvie consonanze con le pratiche culinarie e con le<br />
scelte generali dei territori transpadani.<br />
Una <strong>cucina</strong> semplice e varia, che ha i p<strong>un</strong>ti di forza nei<br />
formaggi dell’Alpe (il Branzi, il Furmai de mut, il Taleggio, il<br />
Gorgonzola, lo Stracchino e il Quartirolo) e il tratto più<br />
caratteristico nei mille modi di preparare la polenta con la farina<br />
di mais bramata, detta app<strong>un</strong>to bergamasca: la polenta taragna<br />
e quella abbrustolita, quella con il salame o con le salamelle,<br />
con il brasato (meglio se d’asino), con l’umido di coniglio, con gli<br />
osei o con gli osei scappati, con il latte, con il baccalà, con le<br />
rane.<br />
Minestre, zuppe e risotti sono, più delle carni, l’alternativa alla<br />
polenta: i celeberrimi casonsei, i ravioletti di magro, la<br />
mariconda (in com<strong>un</strong>e con il Bresciano), la zuppa d’orzo, i risotti<br />
con le verdure, gli gnocchetti di spinaci o di ortica, gli<br />
strangolapreti. Ai secondi piatti <strong>della</strong> tradizione padano-alpina si<br />
affiancano, nel Bergamasco, le terrine di cacciagione e di<br />
capretto, le lumache in umido e le rane fritte, le mortadelle di<br />
fegato e i sanguinacci, le salamelle e i salami freschi, accompagnati<br />
da rustiche misticanze di erbe di campo e da ricche<br />
casseruole di f<strong>un</strong>ghi, le frittate profumate di formaggio e di<br />
erbe fini. I dolci tipici sono preparati con farina di mais; la<br />
smaiasa (<strong>un</strong>a torta con pere e mele) è nota anche oltre i confini<br />
regionali, mentre la polenta e osei (pasta margherita rivestita di<br />
pasta di mandorle e farcita di marmellata di albicocche) è<br />
divenuta il simbolo <strong>della</strong> gastronomia turistica <strong>della</strong> provincia.<br />
I vini contadini e da tavola (il Barzemino e la Schiava, il Colle<br />
del Calvario di Grumello del Monte, i rossi da tavola di Pretorino<br />
e di Scanzo, i vini delle Tre Valli), come i Valcalepio DOC,si<br />
addicono perfettamente al carattere rustico e al sapore forte ma<br />
gentile <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> bergamasca.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
POLENTA E GRAS PESTÀ<br />
Il gras pestà, cioè il battuto di lardo di maiale, è ingrediente tipico <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> povera<br />
<strong>lombarda</strong>. Veniva utilizzato per il condimento di pappe e minestre, per la cottura di legumi e<br />
di patate arrosto (pomm de tera in gras pestà) e spesso costituiva l’<strong>un</strong>ico apporto non<br />
vegetale in <strong>un</strong> regime alimentare povero di grassi e di proteine animali. La polentà e gras<br />
pestà è l’archetipo di tutte le altre polente. L’inserimento nel ricettario bergamasco è <strong>un</strong><br />
riconoscimento <strong>della</strong> tradizione che indica come bergamasca la farina di mais a grana grossa<br />
indispensabile per ottenere la polenta soda apprezzata in tutta la regione.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no-Primavera<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Bollitura<br />
Utensili:<br />
paiolo, mestolo di legno, tagliere, trinciante<br />
Ingredienti:<br />
FARINA DI MAIS A GRANA GROSSA (500 g),<br />
SALE (q.b.), LARDO (200 g), PREZZEMOLO (30<br />
g), AGLIO (<strong>un</strong>o spicchio)<br />
Esecuzione:<br />
• Portare a ebollizione l’acqua salata e versarvi<br />
a pioggia la farina gialla, mischiando continuamente<br />
• Cuocere (aggi<strong>un</strong>gendo acqua bollente se necessario),<br />
sempre mescolando, per circa<br />
<strong>un</strong>’ora, finché la polenta non si stacchi dalla<br />
pareti del paiolo<br />
• A polenta quasi cotta, battere il lardo, il<br />
prezzemolo e l’aglio con la lama di <strong>un</strong> coltello<br />
riscaldata sulla fiamma, finché non<br />
siano ridotti in poltiglia<br />
• Rovesciare la polenta sul tagliere e dividerla<br />
in fette<br />
• Spalmare su ogni fetta <strong>un</strong> po’ di battuto e<br />
consumare ben calda non appena questo si<br />
sarà sciolto<br />
Varianti:<br />
Tutte le altre polente (condite con olio, con<br />
burro, con formaggio, con mascherpa ecc.) non<br />
possono che considerarsi variazioni sul tema del<br />
condimento, di cui il lardo è senza dubbio il più<br />
essenziale e gastronomicamente primitivo.<br />
Abbinamenti:<br />
Come altre polente, è <strong>un</strong> piatto <strong>un</strong>ico. L’abbinamento<br />
ideale è con vini rossi <strong>un</strong> po’ aggressivi e<br />
ingenui, come il Nustranel contadino, prodotto<br />
con uvaggi a varia proporzione di Clinton.<br />
Appropriata anche la Bonarda dell’Oltrepò e il<br />
Capriano del Colle rosso, non invecchiato.<br />
Note: dalla pult alla polenta<br />
Il pane e le focacce, elaborazione degli sfarinati<br />
ricavati dai cereali, arrivarono nella penisola<br />
italiana dalla Grecia dell’epoca di <strong>Per</strong>icle, nel V<br />
secolo a.C.. I popoli italici avevano fino ad allora<br />
consumato i cereali sotto forma di minestra,<br />
bollendo le cariossidi fino a provocarne lo<br />
sfarinamento, o sotto forma di pappe (dette<br />
pultes) ottenute reimpastando la farina con acqua<br />
e cuocendola fino a farle assumere <strong>un</strong>a<br />
certa consistenza. Queste pultes, di cui è<br />
memoria nel De agri coltura di Catone e nel De<br />
re coquinaria di Apicio, sono le dirette antenate<br />
delle nostre polente di farina di mais. Nelle<br />
vicende <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> povera <strong>lombarda</strong> affiora<br />
senza soluzione di continuità il ricordo delle antiche<br />
polentine molli, in <strong>un</strong>a varietà infinita di<br />
elaborazioni. Termini come pult, polt, puta,<br />
puti, putiscia, putöö, com<strong>un</strong>i in quasi tutte le<br />
tradizioni culinarie <strong>della</strong> campagna padana,<br />
identificano app<strong>un</strong>to delle pappette e farinate,<br />
più o meno consistenti, ottenute dalla cottura di<br />
farina in acqua o latte, con <strong>un</strong>’ombra di<br />
condimento. Prima delle grandi carestie del<br />
XVII secolo e <strong>della</strong> rapida propagazione <strong>della</strong><br />
coltura del mais, si preparavano pult con farina<br />
di segale, farro, fraina, miglio, sorgo, orzo, riso<br />
e, naturalmente, frumento, per quanto questo<br />
cereale potesse essere disponibile. Dalla metà<br />
del ‘700, il mais sostituì quasi completamente<br />
(soprattutto nei territori di montagna) le altre<br />
colture cerealicole e la polenta gialla sostituì sia<br />
il pane sia buona parte del companatico. Le<br />
gravi manifestazioni di pellagra nelle zone più<br />
povere, furono il prezzo dell’ass<strong>un</strong>zione di <strong>un</strong>a<br />
dieta incentrata sulla polenta. Se questa infatti<br />
si accompagnava sempre con cibi molto saporiti,<br />
molli o abbondantemente conditi che<br />
consentissero la pucia, è noto che il poco<br />
companatico e la pucia richiamavano grandi<br />
quantià di polenta. Nutriva poco, si diceva, ma<br />
riempiva lo stomaco e impediva di sentire il<br />
morsi <strong>della</strong> fame. Così ogni giorno, la regiura<br />
rovesciava il paiolo fumante sopra l’ass de la<br />
pulenta coperto da <strong>un</strong> tovagliolo umido, i cui<br />
bordi venivano ripiegati sulla polenta stessa per<br />
tenerla al caldo. Salacche, salsicce, formaggio,<br />
olio, lardo, latte, burro, uova, tutto poteva<br />
fornire condimento: e spesso era polenta a<br />
pranzo, a cena e a colazione. Oggi la fame endemica<br />
si è allontanata dal nostro orizzonte e<br />
possiamo apprezzare in pieno la fantasia con cui<br />
questo semplice alimento è stato elaborato nel<br />
corso dei tre secoli passati.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
POLENTA E GRAS PESTÀ<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
601 7,4 35,3 67,6 392 32 2,9<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
STRANGOLAPRETI<br />
Un po’ di satira anticlericale nel nome di questo piatto (conosciuto in tutta la penisola anche<br />
come strozzapreti): il prete è il ghiottone per eccellenza, che si strozza per l’eccessiva foga<br />
nell’ingurgitare i saporiti (<strong>un</strong> autore dell’Ottocento li definisce leccardissimi) ma troppo<br />
compatti gnocchetti.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 120 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
bacinella, pentola, colapasta, mezzal<strong>un</strong>a, tagliere,<br />
spianatoia, schiumarola<br />
Ingredienti:<br />
<strong>Per</strong> gli strangolapreti: PANE RAFFERMO (1000<br />
g), TUORLI D'UOVO (2), LATTE DI VACCA<br />
INTERO (1 l), ERBETTE (500 g), FARINA<br />
BIANCA 00 (70 g), NOCE MOSCATA (q.b.),<br />
SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
<strong>Per</strong> il condimento: BURRO (150 g), FORMAGGIO<br />
GRANA GRATTUGIATO (50 g), SALVIA (3 foglie)<br />
Esecuzione:<br />
• Spezzettare il pane e farlo spugnare in <strong>un</strong>a<br />
bacinella con il latte per almeno <strong>un</strong>'ora<br />
• Lavare accuratamente le erbette, scottarle in<br />
poca acqua salata in ebollizione<br />
• Scolarle, farle raffreddare, strizzarle e tritarle<br />
• Unirle al pane ammorbidito nel latte<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere i tuorli d'uovo e passare tutto al<br />
tritacarne<br />
• Mettere l'impasto sulla spianatoia, regolare<br />
di sale, pepe e noce moscata e impastare<br />
con la farina aggi<strong>un</strong>gendo se necessario il<br />
pangrattato<br />
• Formare degli gnocchetti e cuocerli in acqua<br />
salata in ebollizione<br />
• Appena vengono a galla, toglierli con <strong>un</strong>a<br />
paletta forata e adagiarli in <strong>un</strong>a pirofila<br />
• Cospargerli di grana e burro fuso aromatizzato<br />
con la salvia<br />
• Servire subito<br />
Note: la forma degli strangolapreti<br />
A proposito <strong>della</strong> forma degli strangolapreti,<br />
come per altri piatti dello stesso tipo, i ricettari<br />
non concordano quasi mai tra loro: alc<strong>un</strong>i indicano<br />
la forma cilindrica, altri quella a pallina,<br />
altri ancora quella casuale ottenuta versando a<br />
cucchiaiate il composto nell’acqua bollente.<br />
Si intuisce che, laddove non esista <strong>un</strong> archetipo<br />
familiare o locale considerato irrin<strong>un</strong>ciabile per<br />
ragioni affettive, nella sostanza non c’è alc<strong>un</strong>a<br />
differenza nello scegliere <strong>un</strong>a delle tre forme (v.<br />
minestra mariconda)<br />
Varianti:<br />
Il latte, non previsto nelle ricette più antiche, ha<br />
lo scopo di ammorbidire l’impasto e rendere gli<br />
gnocchetti più soffici e meno strozzanti. <strong>Per</strong> lo<br />
stesso motivo, nella versione milanese e lariana<br />
degli strozzapreti, i malfatti (anche in Valcamonica<br />
prendono questo nome), si richiede ricotta<br />
fresca o mascarpone. In luogo delle erbette si<br />
possono usare gli spinaci (specialmente per i<br />
malfatti, già riportati nel ricettario del Dubini). Il<br />
burro del condimento è insaporito talvolta con<br />
cipolla tagliata a pezzi grossi (che si butta prima<br />
di servire) anziché con salvia.<br />
Abbinamenti:<br />
Questo primo piatto è nutritivamente completo<br />
e bilanciato, così che lo si può far seguire solo<br />
da <strong>un</strong>'insalata e frutta fresca di stagione. Il vino<br />
consigliato è <strong>un</strong> Riesling Renano dei Colli<br />
Orientali o <strong>un</strong>a Lugana dell’annata.<br />
L’ingrediente: le erbette e le coste.<br />
Agli spinaci, ortaggio di introduzione relativamente<br />
recente (gi<strong>un</strong>sero dalla <strong>Per</strong>sia alla fine<br />
del Medioevo, ma si coltivarono estesamente<br />
solo dal secolo scorso), la gastronomia <strong>della</strong><br />
campagna <strong>lombarda</strong> preferisce le bietole (beta<br />
cicla), com<strong>un</strong>emente chiamate coste, e la loro<br />
cultivar di dimensioni più modeste, le erbette.<br />
Sia le <strong>un</strong>e che le altre, per il gusto più delicato,<br />
si armonizzano meglio degli spinaci con il tono<br />
medio <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> padana. Tuttavia nei ricettari<br />
più recenti gli spinaci vengono sempre più<br />
spesso indicati a sostituire le bietole.<br />
Erbette e biete entrano nel ripieno dei tortelli di<br />
magro e, come contorno, si servono bollite, con<br />
carote e sedani, condite con olio, oppure saltate<br />
nel burro, con o senza formaggio. Nel milanese<br />
si segnalano le coste al latte; nel comasco e in<br />
Brianza le coste fritte assieme ad altre verdure.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
STRANGOLAPRETI<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
993 28,8 35,2 149,7 1211 179 1,3<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
POLENTA E OSEI<br />
Gli uccelletti con la polenta dei bergamaschi e dei bresciani, erano di preferenza per la<br />
tenerezza e la dolcezza <strong>della</strong> loro carne, i beccafichi, le allodole, i pettirossi, i fanelli e altri<br />
volatili dal bec gentil, oggi protetti con apposita legge.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 120 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Stufatura<br />
Utensili:<br />
paiolo per polenta, tegame<br />
Ingredienti:<br />
TORDI o ALLODOLE o BECCAFICHI (n.12, già<br />
spennati e puliti), FARINA GIALLA (350 g),<br />
BURRO (150 g), SALVIA (12 foglie), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Con la farina gialla preparare la polenta, facendola<br />
cuocere per almeno 50 minuti in 1.2<br />
litri di acqua salata<br />
• Nel frattempo bruciacchiare gli uccellini per<br />
togliere eventuale peluria, disporli in <strong>un</strong><br />
tegame rivoltando la testina verso il petto,<br />
sistemandoli <strong>un</strong>o di fianco all'altro<br />
• Su ogn<strong>un</strong>o mettere <strong>un</strong>a nocciola di burro e<br />
su questo posare <strong>un</strong>a foglia di salvia, poi cospargerli<br />
di sale<br />
• Mettere il tegame su fuoco vivo rivoltando di<br />
frequente gli uccellini affinché cuociano da<br />
tutte le parti senza bruciare: se dovessero<br />
asciugare troppo <strong>un</strong>ire altro burro ma non<br />
acqua né brodo<br />
• Quando la cottura è a buon p<strong>un</strong>to (dopo<br />
circa 15 minuti), aggi<strong>un</strong>gere il restante burro<br />
e cuocerli ancora per circa 5 minuti<br />
• Rovesciare la polenta su <strong>un</strong> largo piatto<br />
• Servendosi di <strong>un</strong> mestolo fare <strong>un</strong> incavo al<br />
centro <strong>della</strong> polenta e sistemarvi gli uccellini<br />
e il loro sugo. Servire subito<br />
Note: la preparazione degli uccelletti<br />
La <strong>cucina</strong> degli stomachi deboli, ripresa <strong>un</strong> secolo<br />
più tardi da Luigi Carnacina, precisa che gli<br />
uccelletti, <strong>un</strong>a volta “"spennacchiati, abbruciacchiati<br />
e ben forbiti" cioè senza gli occhi e il sottobocca,<br />
debbano essere cotti “"senza<br />
svuotarne il ventre”". La tradizione popolare<br />
infatti riteneva le interiora di animali piccoli (v.<br />
la curadura degli agoni del lago di Como)<br />
commestibili con tutto il loro ripieno, come dà<br />
notizia precisa già Maestro Martino nel XV<br />
secolo: "...piglia le beccafiche e nettale molto<br />
bene non cacciando né movendo niente delle<br />
interiori...". Le interiora non svuotate si<br />
usavano assieme alla carne pestata degli<br />
uccellini, per produrre <strong>un</strong> paté rustico da<br />
spalmare sui crostini. Le quaglie o la caccia-<br />
gione di piccolo taglio surgelata proveniente<br />
dall’estero, oggi impiegate al posto degli uccelletti,<br />
vanno invece eviscerate.<br />
Varianti:<br />
Gli uccelletti possono essere cotti in tegame o<br />
allo spiedo; in quest’ultimo caso le ricette<br />
dell'800 consigliano di pillottarli ogni 8-10 min.<br />
con burro e lardo fuso. <strong>Per</strong> la cottura in tegame,<br />
oltre alla salvia, si utilizzano bacche di ginepro,<br />
come indica l’Odescalchi (1826), o alloro. Nei ricettari<br />
più recenti sono talvolta rosolati in burro<br />
con cipolla e bagnati con vino bianco. Non disdicevole<br />
l’aggi<strong>un</strong>ta i f<strong>un</strong>ghi porcini.<br />
La variante più sostanziosa genera <strong>un</strong> altro<br />
piatto, gli uccelli scappati: scappati perché non<br />
ci sono, sostituiti da pezzetti di carne di vitello,<br />
di maiale o di pollo e salsiccia.<br />
Abbinamenti:<br />
Piatto <strong>un</strong>ico, da accompagnare con <strong>un</strong> vino di<br />
buona stoffa e dai gradevoli profumi erbacei,<br />
Valcalepio o Franciacorta rossi.<br />
L’ingrediente: la volaille minuta.<br />
Utilizzati come bordura nella <strong>cucina</strong> aristocratica<br />
(al pari di altri animali minuti: rane e<br />
chiocciole), gli uccelli di piccola taglia, cacciati di<br />
frodo per mezzo di reti o lacci, hanno spesso<br />
rappresentato <strong>un</strong>o dei pochi apporti proteici<br />
sulle tavole popolari. Date le vigenti normative<br />
sulla caccia e sull’uccellagione, il seguente<br />
regesto di ricette di volatili minuti, non esaustivo,<br />
ha carattere strettamente documentario<br />
(le seguenti ricette si riferiscono quasi tutte alla<br />
tradizione alta o borghese, poiché in campagna<br />
gli uccellini si arrostivano allo spiedo o in<br />
pa<strong>della</strong>):<br />
- per cocer capponi, fasani e altri volatili (turdi,<br />
merule e tutti li altri boni ucelli): lessati, con<br />
pepe e salvia - Maestro Martino da Como;<br />
- per cocer li turdi et farli el sapore: con mandorle,<br />
spezie, agresto e succo di limoni e aranci<br />
selvatici - Maestro Martino;<br />
- beccafichi arrosto: cotti sotto la cenere,<br />
avvolti in lardo e foglie di vite, con semi di<br />
finocchio - Maestro Martino;<br />
- per stufare starne, fagiani e ogni altro buono<br />
uccello volatile: in casseruola, con mele<br />
cotogne, prugne, amarene, zucchero e aceto -<br />
Bartolomeo Scappi;<br />
- pasticcio di allodole: ripiene e racchiuse in <strong>un</strong><br />
timballo di pasta frolla (1830) - Steiner;<br />
- uccelletti nella stufarola, portati a cottura con<br />
succo d’uva - Dubini;<br />
- tordi farciti in umido con ripieno di pollo e vitello;<br />
l’umido è dato da sugo di arrosto e<br />
marsala (1880) - <strong>Per</strong>na Bozzi;<br />
- uccellini dal bec gentil, fasciati con pancetta e<br />
rosolati in burro e salvia - <strong>Per</strong>na Bozzi.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
POLENTA E OSEI<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
610 34,5 33,7 47,6 636 187 1,8<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
RAVIOLI CON ORTICHE E SALSA DI NOCI<br />
Pasta farcita di magro, in cui la povertà <strong>della</strong> verdura è compensata dall’abbondanza e dalla<br />
ricchezza degli altri ingredienti del ripieno e <strong>della</strong> salsa. La raffinatezza dell’insieme giustifica<br />
del tutto l’inusitato connubio, frutto di <strong>un</strong>a secolare esperienza.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Primavera, Estate<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 120 minuti<br />
Tecnica di cottura: Bollitura<br />
Utensili:<br />
pentola, mezzal<strong>un</strong>a, ciotola, matterello, spianatoia,<br />
scolapasta, tegame antiaderente,<br />
cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
<strong>Per</strong> i ravioli: PASTA FRESCA PER RAVIOLI (400<br />
g), GROVIERA GRATTUGIATO (200 g),<br />
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (80 g),<br />
PUNTE DI ORTICA (500 g), TUORLI D'UOVO<br />
(n.3), NOCE MOSCATA (q.b.), SALE (q.b.),<br />
PEPE (q.b.)<br />
<strong>Per</strong> la salsa di noci: PANNA LIQUIDA (500 g),<br />
GHERIGLI DI NOCI (100 g), BURRO (20 g),<br />
SUGO DI CARNE (100 g)<br />
Esecuzione:<br />
• Lavare le ortiche e sbollentarle, scolarle,<br />
farle raffreddare, strizzarle e tritarle finemente<br />
• Al trito <strong>un</strong>ire i due formaggi e i tuorli d'uovo;<br />
regolare di sale, pepe e noce moscata e impastare<br />
fino ad ottenere <strong>un</strong> composto ben<br />
omogeneo<br />
• Tirare con la pasta <strong>un</strong>a sfoglia sottile e tagliarla<br />
in grandi quadrati<br />
• Mettere <strong>un</strong>a pallina d'impasto al centro di<br />
ogni quadrato di pasta e chiudere formando<br />
dei ravioli (5 per porzione); lasciarli riposare<br />
• Cuocere i ravioli in abbondane acqua bollente<br />
salata per circa 10 minuti<br />
• Nel frattempo in <strong>un</strong> tegame antiaderente far<br />
ridurre a fuoco vivo la panna, <strong>un</strong>ire il sugo di<br />
carne e le noci tritate<br />
• Far ridurre ancora e legare aggi<strong>un</strong>gendo il<br />
burro a pezzetti<br />
• Scolare i ravioli, <strong>un</strong>irli alla salsa e saltarli<br />
• Servire subito<br />
Note: impastare la farina<br />
La pasta per preparare i ravioli, fresca o surgelata,<br />
si trova oggi nei supermercati. In passato<br />
invece tutte le donne la preparavano in casa.<br />
Una volta formata sulla spianatoia la fontana<br />
con la farina, si rompono in mezzo le uova e si<br />
sbattono con <strong>un</strong>a forchetta cominciando a<br />
incorporarvi la farina. Quando diventa più soda<br />
e non è più possibile usare la forchetta, si<br />
continua ad impastare con le mani, fino a<br />
incorporare tutta la farina, che va lavorata per<br />
10 min. circa sulla spianatoia infarinata, con<br />
movimenti energici.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
Prima di quest’ultima fase è necessario lavare le<br />
mani per liberarle dalla pasta secca che vi è<br />
rimasta raggrumata, le cui particelle,<br />
staccandosi dalle dita non si fonderebbero nella<br />
pasta, facendola diventare granulosa, con il<br />
rischio di romperla al momento di tirare la<br />
sfoglia. <strong>Per</strong> avere <strong>un</strong>a stesura regolare <strong>della</strong><br />
pasta si deve partire con il mattarello sempre<br />
dal centro del disco, procedendo verso<br />
l’esterno, e ruotare il disco di tanto in tanto per<br />
stenderlo bene in tutti i lati.<br />
Varianti:<br />
<strong>Per</strong> il ripieno, invece del gruviera, si può usare<br />
del formaggio a pasta cotta o semicotta di produzione<br />
locale, come il branzi, il formaggio<br />
d’Alpe (furmai de müt), il bitto valtellinese. A<br />
seconda <strong>della</strong> consistenza del sugo di carne<br />
(arrosto) si può evitare l’aggi<strong>un</strong>ta finale di<br />
burro. Si segnalano salse di noci aromatizzate<br />
con aglio o legate con rosso d’uovo.<br />
Abbinamenti:<br />
Apre <strong>un</strong> pranzo di grande delicatezza gustativa,<br />
seguito da asparagi con uova o da gamberi di<br />
fiume con patate e pancetta, con <strong>un</strong> dessert di<br />
torta di polenta e fichi, tutti piatti tipici <strong>della</strong><br />
Lombardia del NE, con sapore antico apprezzabile<br />
ancora oggi. Vino bianco, morbido al palato,<br />
ma intenso olfattivamente, Cortese dell’Oltrepò<br />
o San Martino <strong>della</strong> Battaglia.<br />
L’ingrediente: le noci<br />
Sono il frutto dell’albero omonimo (famiglia<br />
delle Juglandacee) originario dell’Armenia e<br />
<strong>della</strong> <strong>Per</strong>sia, introdotto in area mediterranea in<br />
tempi antichissimi e già descritto da Plinio. Nella<br />
regione padana e prealpina, il noce ha avuto<br />
<strong>un</strong>a grande importanza sia per l’estrazione<br />
dell’olio sia come alimento. "Le noci [appaiono]<br />
in abbondanza incredibile, tanto che i cittadini<br />
usano mangiarne per l’intero corso dell’anno<br />
alla fine di ogni pasto. Inoltre le triturano e le<br />
impastano con uova, formaggio e pepe, per fare<br />
il ripieno per le carni durante l’inverno",<br />
scriveva, alla metà del XIII secolo, riferendosi al<br />
territorio milanese, fra Bonvesin de la Riva da<br />
Legnano. L’importanza di questo frutto<br />
ipercalorico (600 kcal/ 100 g) nell’alimentazione<br />
<strong>della</strong> campagna <strong>lombarda</strong> è rimasta costante<br />
fino all’inizio del nostro secolo. Quasi tutti i pani<br />
speziali e i dolci di pane prodotti<br />
tradizionalmente ne prevedevano l’impiego: il<br />
panon alla moda vegia valtellinese, la torta di<br />
noci <strong>della</strong> Valmalenco, il castagnaccio, il pan<br />
striâ brianzolo, la torta di nocciole e noci con la<br />
farina di mais ecc.. Si produceva inoltre <strong>un</strong><br />
croccante che talvolta si trova ancora sulle<br />
bancarelle delle fiere. Con i malli verdi, tra<br />
giugno e luglio, si preparava il nocino.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
RAVIOLI CON ORTICHE E SALSA DI NOCI<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
907 34,2 65,7 47,4 638 241 6,4<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
CASONSEI<br />
Etimologia discussa. Sono, i casonsei, a causa <strong>della</strong> loro forma (sulla quale, d’altronde gli<br />
autori non concordano) dei calzoncini oppure dei cassoncini ripieni? O ancora, sono dei<br />
ravioli pieni, secondo l’uso antico, principalmente di caso, cioè di formaggio, sì da poter<br />
essere definiti formaggetti?<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Elevata<br />
Tempo esecuzione: 120 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
pentola, mezzal<strong>un</strong>a, scolapasta, pelapatate,<br />
ciotola, matterello, pentola, schiumarola o<br />
mestolo forato, casseruola<br />
Ingredienti:<br />
<strong>Per</strong> il ripieno:PATATE (500 g), ERBETTE o<br />
SPINACI (500 g), PREZZEMOLO (150 g), PANE<br />
GRATTUGIATO (150 g), SALSICCIA (100 g),<br />
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (100 g),<br />
MORTADELLA (50 g), BURRO (50 g), PORRO<br />
(200 g), UOVA (n.1), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
<strong>Per</strong> la pasta: FARINA BIANCA 00 (300 g), UOVA<br />
(n.3), SALE (q.b.)<br />
<strong>Per</strong> il condimento: FORMAGGIO GRANA<br />
GRATTUGIATO (20 g), BURRO (40 g)<br />
Esecuzione:<br />
• Pulire e lessare le patate e le erbette<br />
• Scolare e strizzare bene le erbette, tritarle e<br />
farle insaporire nel burro soffritto con il porro<br />
e il prezzemolo ben tritati<br />
• Passare le patate al setaccio<br />
• Mettere in <strong>un</strong>a ciotola il pane, il grana, le patate,<br />
le erbette, la salsiccia pelata, la morta<strong>della</strong><br />
tritata fine, l'uovo, sale e pepe<br />
• Impastare bene gli ingredienti e tenere il<br />
composto a riposare in frigorifero per tutta la<br />
notte<br />
• Impastare la farina con le uova e poco sale<br />
fino ad ottenere <strong>un</strong> composto omogeneo<br />
• Dall'impasto ottenuto staccarne delle piccole<br />
quantità e lavorando sempre sulla spianatoia<br />
farne dei bastoncini (come per la preparazione<br />
degli gnocchi) tagliandoli poi a piccoli<br />
pezzi<br />
• Usando l'apposito fusto di legno o il matterello,<br />
ridurre i pezzetti di pasta in dischi larghi<br />
come il fondo di <strong>un</strong> bicchiere<br />
• Al centro dei dischi di pasta mettere <strong>un</strong>a<br />
noce di ripieno e confezionare i cassoncelli:<br />
chiudere il ripieno all'interno facendo piccole<br />
"pieghe" <strong>un</strong>a sull'altra, partendo con il pollice<br />
sinistro nella parte superiore e poi sovrapponendo,<br />
con il pollice e l'indice <strong>della</strong> mano<br />
destra, tutto l'orlo del disco che durante<br />
l'operazione dovrà essere assottigliato<br />
• Lessare i casônsèi in abbondante acqua bollente<br />
e salata: quando vengono a galla, lasciarli<br />
cuocere per <strong>un</strong> massimo di 4 minuti<br />
• Toglierli delicatamente con il mestolo forato<br />
e sistemarli a strati su <strong>un</strong> piatto di portata<br />
condendo ogni strato prima con il grana poi<br />
con il burro fuso<br />
• Servire subito<br />
Note: la forma dei casonsei<br />
<strong>Per</strong> la forma dei casonsei valgono le riflessioni<br />
esposte a proposito dei marubini. Dalla ricca<br />
letteratura in materia non si ricava granché, se<br />
non che ogni autore si dichiara certo che la<br />
forma giusta è quella proposta nella sua ricetta.<br />
Le fogge indicate più com<strong>un</strong>emente sono di<br />
quattro tipi:<br />
a) disco di sfoglia (diametro 6-7 cm) ripiegato a<br />
metà, come <strong>un</strong> panzerotto;<br />
b) sfoglia quadrata (lato 4-5 cm) coperta con<br />
uguale porzione di pasta, come <strong>un</strong> raviolo;<br />
c) rettangolo di sfoglia (14 x 8 cm) ripiegato sul<br />
lato l<strong>un</strong>go e mo<strong>della</strong>to, con <strong>un</strong>a leggera flessione,<br />
a calzoncino;<br />
d) rettangolo di sfoglia c.s., ripiegato sul lato<br />
l<strong>un</strong>go e chiuso torcendone le estremità come si<br />
fa con la carta delle caramelle.<br />
Varianti:<br />
Piatto conteso tra Bergamaschi e Bresciani, i<br />
casonsei delle ricette fino al XIX secolo sono<br />
completamente diversi da quelli descritti nei ricettari<br />
moderni. Si tratta, infatti, di <strong>un</strong>a pasta<br />
ripiena di gusto agrodolce come quella dei<br />
tortelli di zucca mantovani ed è da riferire allo<br />
stesso periodo tardo-medioevale o<br />
rinascimentale. Il ripieno era composto di pere<br />
spadone giulebbate, minuscoli cubetti di<br />
candito, mandorle e mostacciuoli tritati e legati<br />
con uova e burro. Nel XIV e nel XV secolo si<br />
aggi<strong>un</strong>geva anche <strong>un</strong>’abbondante dose di formaggio<br />
e di spezie. Amaretti, uva passa, cedro<br />
candito e formaggio, tenuti assieme con uova e<br />
marsala formavano il ripieno dei casonsei tradizionali<br />
nel cremasco per ferragosto.<br />
Nelle versioni moderne, invece, il ripieno si avvicina<br />
a quello dei normali ravioli di carne e/o<br />
salsiccia, con il possibile arricchimento dell’impasto<br />
per mezzo di patate, porro ed erbette.<br />
Tra le spezie più com<strong>un</strong>i, oltre al pepe, la<br />
cannella e la noce moscata.<br />
Una versione dolce, derivata da quella medioevale,<br />
i casonsei dols impienicc, con ripieno di<br />
frutta o marmellata, viene fritta nell’olio e servita<br />
con spolveratura di zucchero a velo.<br />
Abbinamenti:<br />
Un primi piatto sostanzioso da accompagnare a<br />
<strong>un</strong> secondo di verdura. Il vino per i casonsei alla<br />
maniera antica, è Lugana o San Martino <strong>della</strong><br />
Battaglia bianco; per quelli alla maniera moderna,<br />
Spumante rosé del Garda o Rosato dei<br />
Colli morenici mantovani.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
CASONSEI<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
667 28,2 30,3 75,0 1244 194 5,4<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
MARGOTTINI ALLA BERGAMASCA<br />
Diminutivo di margotta o margot, termine ormai in disuso, indicante <strong>un</strong> tegame, o meglio<br />
<strong>un</strong>o stampo, di forma tronco-conica appena accennata, simile a <strong>un</strong> secchiello, dalle pareti alte<br />
e lisce. Il margottino ha <strong>un</strong>’altezza di circa 15 centimetri.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Antipasti<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Elevata<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Cottura forno<br />
Utensili:<br />
casseruola, cucchiaio di legno, 8 stampini a pareti<br />
alte, cucchiaino, placca da forno<br />
Ingredienti:<br />
SEMOLINO GIALLO (300 g), GROVIERA (200 g),<br />
BURRO (120 g), BRODO DI CARNE (750 ml),<br />
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (4<br />
cucchiai), TUORLI D'UOVO (n.8), PANE<br />
GRATTUGIATO (4 cucchiai), SALE (q.b.), PEPE<br />
(q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Mettere il brodo in <strong>un</strong>a casseruola e porre su<br />
fiamma viva<br />
• Quando alza il bollore, versarvi poco per<br />
volta e sempre mescolando tutto il semolino,<br />
badando di non fare grumi<br />
• Continuare la cottura su fuoco moderato e<br />
sempre mescolando, per circa 30 minuti, finché<br />
la polentina sarà ben cotta<br />
• Toglierla dal fuoco e <strong>un</strong>ire 80 g di burro, il<br />
grana e <strong>un</strong>a forte pizzicata di pepe<br />
• Mescolare energicamente amalgamando<br />
bene gli ingredienti<br />
• Imburrare otto stampini ("margottini") a pareti<br />
piuttosto alte e spolverizzarli di pane<br />
grattugiato, badando che vi aderisca bene<br />
• Tagliare a fettine molto sottili il groviera<br />
• Mettere in <strong>un</strong>o stampino <strong>un</strong> poco di polentina<br />
e con <strong>un</strong> cucchiaino bagnato stenderla foderando<br />
il fondo e le pareti del recipiente<br />
• Porre sulla polenta tante fettine di groviera<br />
quanto basta per ricoprirla tutta; poi versare<br />
sul groviera <strong>un</strong> tuorlo d'uovo badando di non<br />
romperlo, salarlo poco e ricoprirlo con <strong>un</strong>a<br />
fettina di groviera<br />
• Chiudere l'apertura con <strong>un</strong> poco di polentina<br />
facendola aderire ai bordi<br />
• Quando tutti gli stampini saranno pronti, accomodarli<br />
su <strong>un</strong>a placca e metterli in forno<br />
già caldo (190° C) lasciandoli per 7-8 minuti<br />
• Levarli quindi dal forno, sformarli e accomodarli<br />
sul piatto di portata<br />
• Servire subito<br />
Note: stampi e uova<br />
Gli stampini devono avere le pareti lisce, che<br />
permettono di sformare i margottini senza<br />
rotture. E’ opport<strong>un</strong>o che le uova siano<br />
freschissime e che il tuorlo scivoli nel suo nido<br />
di polentina senza rompersi, in quanto non deve<br />
in alc<strong>un</strong> modo intridersi con il resto e, a fine<br />
cottura, deve risultare ancora liquido e servire<br />
per la pucia. Uova troppo grandi possono<br />
creare qualche difficoltà, poiché gli stampi non<br />
sono molto capienti.<br />
Varianti:<br />
Si conoscono margottini preparati con semolino<br />
di grano duro: ma difficilmente potranno<br />
fregiarsi <strong>della</strong> qualifica di bergamaschi. In<br />
qualche ricettario si consigliano proporzioni<br />
rovesciate tra grana e gruviera. Molto spesso si<br />
trova l’aggi<strong>un</strong>ta di due fettine di tartufo, <strong>un</strong>a<br />
all’interno, sull’ultimo strato di formaggio, prima<br />
<strong>della</strong> chiusura del margottino; l’altra sopra il<br />
margottino, <strong>un</strong>a volta sformato, come<br />
guarnizione. Influenze venete nella variante che<br />
prevede la decorazione con insalata riccia o<br />
radicchio.<br />
Abbinamenti:<br />
Costituiscono <strong>un</strong> antipasto molto sostanzioso<br />
che può fare le veci di <strong>un</strong> primo piatto. Si<br />
consiglia l’abbinamento con <strong>un</strong> vino bianco ben<br />
strutturato e di buona gradazione alcolica,<br />
leggermente aromatico, come il Tocai di San<br />
Martino <strong>della</strong> Battaglia.<br />
L’ingrediente: il tartufo<br />
Si tratta di <strong>un</strong> f<strong>un</strong>go ipogeo (sotterraneo),<br />
appartenente all’ordine delle Tuberali. Se ne<br />
distinguono due specie principali, quelli bianchi<br />
(Tuber magnatum) e quelli neri (Tuber<br />
melanosporum). I primi, più pregiati, vivono in<br />
simbiosi con querce, pioppi e salici e hanno<br />
superficie liscia e colore tendente all’ocra<br />
pallido, con fragranza agliacea molto<br />
accentuata; i secondi, particolarmente<br />
apprezzati se raccolti immaturi, hanno la<br />
superficie verrucosa di colore br<strong>un</strong>o scuro e<br />
l’odore p<strong>un</strong>gente. In Lombardia si raccolgono in<br />
quantità limitate, dall’estate all’inverno inoltrato,<br />
prevalentemente nella zona prealpina e<br />
collinare con terreno calcareo. In passto la <strong>cucina</strong><br />
delle regioni padane ha valorizzato questo<br />
f<strong>un</strong>go con squisite elaborazione gastronomiche,<br />
testimoniate dai ricettari dello Scappi, del Messisbugo<br />
e dello Stefani. Oggi il suo consumo è<br />
strettamente vincolato agli elevati prezzi di<br />
mercato, sempre superiori al milione e mezzo al<br />
kg. I gastronomi sanno che la parmigiana di<br />
tartufi è <strong>un</strong>a ghiottoneria per pochi privilegiati;<br />
ma anche che <strong>un</strong>a decina di grammi del prezioso<br />
tubero completa in modo impeccabile<br />
(come sottolineava Garlo Emilio Gadda) il risotto<br />
alla milanese, e qualsiasi altro risotto, o dà <strong>un</strong><br />
tocco inconfondibile al tacchino natalizio. E’<br />
frequente, in piccole dosi, in molti piatti di<br />
cacciagione: esemplari per finezza i tordi con<br />
ripieno di pinoli di tradizione valtellinese.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
MARGOTTINI ALLA BERGAMASCA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
609 23,3 37,8 46,6 995 414 1,6<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
CONIGLIO IN SGUAZZETTO<br />
ALLA CASSANESE<br />
Anche in guazzetto, da guazzo = liquido abbondante, ad indicare <strong>un</strong>a preparazione in umido,<br />
solitamente di carne, affogata in sugo piuttosto liquido. Cassano d’Adda<br />
(amministrativamente ultimo com<strong>un</strong>e <strong>della</strong> provincia di Milano ai confini con la Bergamasca,<br />
si associa per lo più alla cultura gastronomica <strong>della</strong> città del Colleoni.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 120 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Stufatura<br />
Utensili:<br />
pentola, tegame con coperchio, tagliere, coltello<br />
Ingredienti:<br />
CONIGLIO (1000 g circa), OLIO EXTRAVERGINE<br />
DI OLIVA (30 g), BURRO (50 g), VINO BIANCO<br />
SECCO (50 g), AGLIO (2 spicchi), PREZZEMOLO<br />
TRITATO (2 cucchiai), SUCCO DI LIMONE (3<br />
cucchiai), FARINA (q.b.), DADO PER BRODO<br />
(n.1), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Lavare il coniglio, asciugarlo e tagliarlo a<br />
pezzetti<br />
• Con la testa, privata degli occhi, e il dado<br />
preparare <strong>un</strong> brodo ristretto<br />
• In <strong>un</strong> tegame con l'olio il burro far rosolare i<br />
pezzetti di coniglio, frattaglie comprese, precedentemente<br />
infarinati<br />
• Bagnare con il vino bianco e farlo evaporare<br />
• Continuare a cuocere a fuoco lento per circa<br />
30 minuti aggi<strong>un</strong>gendo di tanto in tanto <strong>un</strong><br />
cucchiaio di brodo<br />
• Regolare di sale e pepe; tritare gli spicchi<br />
d'aglio, mescolarli con il prezzemolo e aggi<strong>un</strong>gere<br />
il pesto al coniglio insieme al succo<br />
di limone<br />
• Mettere il coperchio e lasciare cuocere a<br />
fuoco basso ancora per 15 minuti<br />
• Prima di servire preparare <strong>un</strong> sugo<br />
staccando dal tegame i fondi di cottura con<br />
<strong>un</strong> mestolino di brodo<br />
Note: guazzetti, limonìe e fricassee<br />
Il coniglio in sguazzetto cassanese ha, rispetto<br />
ad altri guazzetti lombardi, origini molto<br />
antiche. E' infatti in perfetta sintonia con le<br />
limonìe medioevali, cioè con i piatti di carne<br />
tipici <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> gotica insaporiti con limone<br />
(da cui il nome) e talvolta ispessiti con rosso<br />
d’uovo: modello culinario da cui originano le<br />
fricassee settecentesche (il cui nome, riferito<br />
allo spezzettamento delle carni nel tegame non<br />
ha niente a vedere con la salsa d’uovo ma,<br />
curiosamente, è passato a identificare proprio le<br />
carni o le verdure fatte con quella salsa). Anche<br />
questo coniglio si presta ad essere <strong>cucina</strong>to con<br />
o senza uovo: come limonìa, steso su <strong>un</strong>a bella<br />
polenta fumante; come fricassea affiancato, in<br />
tutta la sua morbidezza, al purè di patate.<br />
Varianti:<br />
Il coniglio può non essere infarinato (ma l’infarinatura<br />
ne salvaguarda la tenerezza) e venire<br />
rosolato in lardo fuso. Il battuto, specialmente<br />
nel Bresciano, viene arricchito con cipolla,<br />
sedano, salvia e rosmarino. Variazioni con il<br />
pomodoro appaiono contaminate con la<br />
tradizionale preparazione alla cacciatora.<br />
Abbinamenti:<br />
Gli abbinamenti con i cibi sono già indicati nelle<br />
Note precedenti. Vino: con salsa di limone, il<br />
Botticino rosso, invecchiato due anni, di<br />
profumo etereo e di sapore persistente; con<br />
salsa d’uovo, Valcalepio rosso, dall’odore<br />
intenso leggermente erbaceo e dal gusto pieno,<br />
armonico e asciutto.<br />
L’ingrediente: il coniglio<br />
E’ <strong>un</strong> roditore domestico <strong>della</strong> famiglia dei Leporidi<br />
che, nella gastronomia <strong>lombarda</strong> non ha<br />
mai trovato grandi estimatori, attratti invece<br />
dalla sua cugina selvatica, la lepre. Ricettari<br />
ormai classici, come quello <strong>della</strong> Gosetti <strong>della</strong><br />
Salda o <strong>della</strong> <strong>Per</strong>na Bozzi, ne ignorano<br />
completamente la presenza. Solo in ricettari più<br />
recenti, attenti a realtà locali definite, si è<br />
riscoperto <strong>un</strong> interesse sommerso per il pavido<br />
animale, anche in relazione alle indicazioni <strong>della</strong><br />
moderna dietologia, che ne valorizzano la<br />
tenerezza delle carni, la delicatezza del gusto,<br />
l’elevato valore nutritivo rispetto al modesto<br />
apporto lipidico (114 kcal/ 100 g, 22 g di<br />
proteine e 4 g c.a di grasso), la modesta<br />
presenza di colesterolo e l’elevata digeribilità.<br />
Da questa riscoperta emergono alc<strong>un</strong>e<br />
preparazioni degne di nota che non limitano il<br />
quadro al solo coniglio alla cacciatora, con o<br />
senza f<strong>un</strong>ghi e tartufo: il coniglio in salmì,<br />
sottoposto a marinatura e consumato nelle<br />
occasioni solenni con la polenta; quello<br />
cosiddetto alla brianzola, con patate e f<strong>un</strong>ghi;<br />
quello con la salsa di noci e aromi (rosmarino,<br />
salvia e ginepro) nella migliore tradizione <strong>della</strong><br />
<strong>cucina</strong> alpina.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
CONIGLIO IN SGUAZZETTO<br />
ALLA CASSANESE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
288 25,0 17,5 6,8 472 82 0,4<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
FRITTATA ALLE ERBE FINI<br />
<strong>Per</strong> erbe fini si intende <strong>un</strong> insieme equilibrato e armonico di erbe aromatiche, costituito,<br />
secondo l’uso <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> internazionale, da prezzemolo, cerfoglio, dragoncello e erba<br />
cipollina. Alc<strong>un</strong>i autori vi includono anche maggiorana e basilico. La presenza <strong>della</strong> mentuccia<br />
al posto del dragoncello dà a questa ricetta <strong>un</strong> tocco più mediterraneo.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 20 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura<br />
Utensili:<br />
terrina, mezzal<strong>un</strong>a, pa<strong>della</strong> antiaderente, frusta<br />
Ingredienti:<br />
UOVA (n.10), BURRO (60 g), FORMAGGIO<br />
GRANA GRATTUGIATO (60 g), ERBE FINI:<br />
PREZZEMOLO, CERFOGLIO, MENTUCCIA, ERBA<br />
CIPOLLINA (60 g), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Tritare le erbe fini<br />
• In <strong>un</strong>a terrina sbattere le uova con il grana,<br />
le erbe fini tritate, sale e pepe<br />
• In <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> antiaderente fare fondere il<br />
burro e versarvi il composto<br />
• Mescolare per farlo leggermente<br />
rapprendere in modo <strong>un</strong>iforme e fare dorare<br />
la frittata da ambo le parti<br />
• Servire su <strong>un</strong> piatto rotondo ben caldo dopo<br />
avere tagliato la frittata a spicchi<br />
Note: la frittata<br />
Così procede Gualtiero Marchesi, milanese del<br />
Verziere, per preparare <strong>un</strong>a frittata degna di<br />
questo nome: “"Rompo le uova, le sbatto, o<br />
meglio, le mescolo quel tanto che basta perché<br />
tuorlo e albume risultino amalgamati<br />
(sbattendole eccessivamente le uova si sfibrano<br />
e non gonfiano a dovere durante la cottura).<br />
Quindi salo; dose: <strong>un</strong>a presa di sale per <strong>un</strong><br />
uovo. Infine incorporo qualche fiocchetto di<br />
burro, che renderà la frittata più morbida.<br />
Volendo potrò aggi<strong>un</strong>gere anche erbe<br />
aromatiche, le cosiddette erbe fini. Faccio<br />
quindi sfrigolare il burro in pa<strong>della</strong>, vi verso le<br />
uova e, proseguendo la cottura su <strong>un</strong> fuoco<br />
vivace, le mescolo continuamente con <strong>un</strong>a<br />
forchetta, mentre con l’altra mano, impugnando<br />
il manico, imprimo alla pa<strong>della</strong> <strong>un</strong> movimento<br />
regolare in avanti e indietro, in modo da<br />
ottenere <strong>un</strong>a cottura omogenea".<br />
Come rileva il Bassani, la frittata è di antica<br />
tradizione solo nelle zone meno povere <strong>della</strong> regione,<br />
dedite ad <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> solida, quando nelle<br />
altre si praticava <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> liquida che permettesse<br />
la pucia del pane o <strong>della</strong> polenta. La gastronomia<br />
regionale è com<strong>un</strong>que ricca di<br />
frittate, dalle più semplici, come quella raccolta<br />
dal Bassani in Brianza, forse l’antenata<br />
campagnola di questa ricetta, con salvia, erba<br />
de san Pedar (Eryngium o calcatreppola) e<br />
foglie di camomilla, a quelle in odore di<br />
gastronomia francese, come l’omelette al<br />
tartufo riportata dal Dubini col nome di frittata<br />
con salsa d’uova. Decisamente d’autore le<br />
frittate d’erbicine battute et altre materie<br />
descritte nel CCLXXVII capitolo dello Scappi,<br />
con menta maggiorana e tartufi.<br />
Era abbastanza com<strong>un</strong>e fare frittate con quasi<br />
tutte le verdure dell’orto, precedentemente lessate<br />
o saltate nel burro, e aveva diffusione<br />
regionale la cosiddetta frittata rognosa, con<br />
salsiccia o salame o cotechino tritati. <strong>Per</strong> la loro<br />
tipicità si ricordano inoltre la frittata con i<br />
cipollotti, accompagnata da insalata o radicchio,<br />
<strong>della</strong> Bassa <strong>lombarda</strong>; la frittata con la polenta<br />
a tocchetti <strong>della</strong> Bergamasca; la frittata con<br />
verdure selvatiche (luvertis, curnagett), o cime<br />
di ortica, <strong>della</strong> Brianza; la frittata di rane delle<br />
zone risicole <strong>della</strong> Lomellina.<br />
Varianti:<br />
Ad esclusione <strong>della</strong> frittata base (uova e burro)<br />
<strong>della</strong> tradizione contadina e di quella base descritta<br />
da Gualtiero Marchesi (uova, burro ed<br />
erbe fini) non esiste frittata più semplice di questa.<br />
Le varianti potranno riguardare solo la qualità<br />
delle erbe.<br />
Abbinamenti:<br />
Può essere servita con i contorni tradizionali per<br />
le uova: asparagi, carote, puré di patate, di spinaci<br />
o di piselli. Vino: Riesling italico o Pinot<br />
grigio dell’Oltrepò.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
FRITTATA ALLE ERBE FINI<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
231 14,7 18,8 0,7 582 359 0,3<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli
Como e il Lario<br />
Il territorio comasco (che oggi ingloba le aree <strong>della</strong> provincia<br />
di Como, dalle quali possiamo escludere la fascia<br />
meridionale che si tuffa nella Brianza) presenta tradizioni<br />
e usi alimentari abbastanza omogenei, incentrati su<br />
alc<strong>un</strong>i fattori ambientali e climatici (il lago, la montagna)<br />
che hanno influenzato <strong>un</strong> peculiare orientamento verso<br />
lo sfruttamento di specifiche risorse.<br />
In questa vicenda anche la storia ha giocato <strong>un</strong> ruolo affatto<br />
trascurabile: la frequente opposizione verso i milanesi,<br />
il fatto che le grandi vie di commercio verso il Nord<br />
Europa passavano <strong>un</strong> tempo (e ancora oggi) di qui, e, in<br />
tempi più recenti, l’attrattiva turistica delle aree lacustri,<br />
hanno determinato il radicamento di stili gastronomici<br />
piuttosto stratificati e differenziati dal resto delle aree<br />
lombarde.<br />
Rispetto a molte tradizioni alimentari dell'Italia Settentrionale,<br />
la razione tipica lariana, pur conservando <strong>un</strong>a<br />
generale impronta pauperistica, è molto più varia: per le<br />
basi amilacee, oltre al riso, al mais e alle patate, si fa<br />
ampio ricorso ai cereali minori (miglio, orzo, segale, avena),<br />
al grano saraceno e alle castagne; fra le carni, la<br />
preferenza va a quelle bianche o di selvaggina, con inferiore<br />
insistenza verso quelle bovine e, soprattutto, di<br />
maiale; il pesce di acqua dolce non è <strong>un</strong>a presenza sporadica;<br />
gli ortaggi sono ampiamente rappresentati e, insieme<br />
alle erbe selvatiche, vanno ad arricchire le minestre<br />
e le zuppe più povere; la stessa frutta (grazie alla<br />
benevolenza del clima) è presente in buona varietà. Ma è<br />
soprattutto nei condimenti che la <strong>cucina</strong> tipica lariana<br />
assume connotati originali: all'impero del burro e del lardo<br />
(<strong>un</strong>a costante dei moduli padani) si contrappone il ricorso<br />
abbondante all'olio di oliva (di produzione locale, e<br />
dotato di <strong>un</strong>a caratteristica leggerezza) e agli oli vegetali<br />
(di linosa, di noci, di ravizzone). Nemmeno il ricorso al<br />
burro o al consumo di formaggi grassi è così dominante<br />
come si potrebbe pensare sulla base <strong>della</strong> locale specializzazione<br />
produttiva: questi prodotti erano per lo più<br />
commercializzati nella più ricca Milano, mentre sulla<br />
mensa lariana restavano, come ingredienti, gli scarti<br />
<strong>della</strong> lavorazione casearia: siero e latticello.<br />
Non è <strong>un</strong> caso, fra l'altro, che le persistenti carestie che<br />
hanno afflitto l'area padana e financo la Brianza (e le<br />
malattie conseguenti, soprattutto la pellagra dovuta all'alimentazione<br />
monomaidica), hanno in parte risparmiato<br />
le popolazioni lariane, per la saggezza nel comporre<br />
formulazioni sì povere ma nutritivamente equilibrate.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
TUCC E REGELL<br />
Tipico <strong>della</strong> zona di Bellagio, più che <strong>un</strong> piatto è <strong>un</strong> piccolo rito familiare o di gruppo, in cui<br />
proprio il rito costituisce la diversità rispetto alla normale polenta <strong>un</strong>cia (o c<strong>un</strong>cia, a seconda<br />
delle zone) che accum<strong>un</strong>a i rilievi <strong>della</strong> Lombardia. Il termine tucch deriva dalla radice tucà,<br />
poiché la polenta viene appallottolata tra le dita. Regell è invece nell’ambito semantico di regiùu<br />
(capofamiglia), forse perché era compito rituale del patriarca versare il regell ai presenti,<br />
quasi <strong>un</strong> bicchiere <strong>della</strong> staffa, prima di concludere il pasto.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Piatto <strong>un</strong>ico<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no-Primavera<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo di esecuzione: 150 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Bollitura<br />
Utensili:<br />
Paiolo di rame, bastone da polenta, tagliere,<br />
trinciante<br />
Ingredienti:<br />
per il tucch: FARINA GIALLA (700 g),<br />
FORMAGGIO MAGRO D’ALPEGGIO (1,2 kg, di<br />
mezza stagionatura), BURRO (800 g), ACQUA<br />
(3 l abbondanti), OLIO (<strong>un</strong> cucchiaio), SALE (q.<br />
b.).<br />
per il regell: VINO ROSSO (1,5 l), SCORZA DI<br />
UN LIMONE, MELA (n. 1), CHIODI DI<br />
GAROFANO (n. 3), CANNELLA (<strong>un</strong>a stecca).<br />
Esecuzione:<br />
• Preparare nel paiolo la polenta, versando<br />
nell’acqua salata la farina gialla e l’olio e<br />
sbattendo tutto con il bastone.<br />
• Dopo circa 45 minuti di cottura incorporare<br />
alla polenta, sempre rimestando col bastone,<br />
piccole quantità di formaggio, alternandole<br />
con piccole quantità di burro, fino a esaurire<br />
entrambi gli ingredienti e ad ottenere<br />
<strong>un</strong> composto perfettamente amalgamato.<br />
• Lasciar cuocere ancora per 30 minuti e portare<br />
a tavola, se così si può dire (v. Note).<br />
• Una volta consumato il tucch, rimettere il<br />
paiolo sul fuoco, con tutta la sua camicia di<br />
polenta, e versarvi le due bottiglie di vino<br />
rosso.<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere lo zucchero, i chiodi di garofano,<br />
la cannella, la scorza del limone e la mela<br />
tagliata a pezzi.<br />
• Lasciar sobbollire per <strong>un</strong> quarto d’ora e servire<br />
ben caldo in scodelle di terracotta.<br />
Note: <strong>un</strong> rito contadino<br />
Il tucch è <strong>un</strong>o dei piatti tipici <strong>della</strong> zona di Bellagio.<br />
Più che il cibo e la bevanda in sé (in fondo,<br />
<strong>un</strong>a polenta <strong>un</strong>cia e <strong>un</strong> vin brûlé), conta quella<br />
sorta di liturgia che ne governa la preparazione<br />
e la consumazione. Il tucch si mangia, infatti,<br />
non necessariamente a tavola, stando in cerchio<br />
attorno al paiolo, che può essere appoggiato<br />
anche su <strong>un</strong>a sedia. Ogn<strong>un</strong>o dei presenti raccoglie<br />
dal paiolo, con <strong>un</strong> cucchiaio di legno, <strong>un</strong> po’<br />
di polenta e la porta alla bocca dopo averla rapidamente<br />
appallottolata tra le mani. Il regell,<br />
cui si attribuivano particolari qualità toniche e<br />
digestive, viene distribuito dal regiùu per mezzo<br />
del mestolo (cazzù).<br />
Varianti:<br />
In rari casi alla farina gialla vengono aggi<strong>un</strong>te<br />
piccole quantità di farina di grano saraceno, nella<br />
tipologia <strong>della</strong> polenta taragna. In altri casi in<br />
luogo del formaggio magro si usa formaggio<br />
semigrasso con modeste aggi<strong>un</strong>te di formaggio<br />
grasso.<br />
Abbinamenti:<br />
E’ buona norma non mangiare nient’altro assieme<br />
al tucch, che è pietanza ricca e che richiama<br />
<strong>un</strong> discreto consumo di vino.<br />
Quest’ultimo potrà essere dello stesso tipo usato<br />
per il regell, <strong>un</strong>a barbera robusta, con qualche<br />
anno di invecchiamento.<br />
L’ingrediente: il formaggio in <strong>cucina</strong><br />
Abituati come siamo a considerarlo <strong>un</strong> alimento<br />
a sé, con specifiche caratteristiche, quasi ness<strong>un</strong>o<br />
oggi considera il formaggio per ciò che è<br />
stato nei cinquemila anni trascorsi dalla sua<br />
prima formulazione alla fine del secolo scorso:<br />
<strong>un</strong>a modalità di conservazione del latte, <strong>un</strong>a<br />
fonte di approvvigionamento energetico capace<br />
di vincere la deperibilità del latte. Aggi<strong>un</strong>gere<br />
formaggio ad <strong>un</strong> alimento era pratica normale<br />
nella <strong>cucina</strong> romana come in quella medioevale:<br />
l’ abbondanza del formaggio nei cibi denotava<br />
l’opulenza del padrone di casa.<br />
In Lombardia, proprio per l’abbondanza di latte<br />
che dal XII secolo, con la diffusione su larga<br />
scala dell’allevamento vaccino, caratterizzò<br />
l’area padana, si può vedere nella vastissima<br />
tipologia di formaggi, il nucleo del modello gastronomico<br />
regionale. Non c’è quasi polenta, riso<br />
o minestra che non gradisca <strong>un</strong>a spruzzata di<br />
formaggio; e le carni non sono da meno: il formaggio<br />
entra in tutti i ripieni, nei mondeghîli<br />
milanesi e nelle polpette, nella trippa, in tal<strong>un</strong>e<br />
preparazioni di scaloppe o nella frittura di rane e<br />
persino in certi piatti di pesce, come lo sformato<br />
di baccalà alla certosina.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
TUCC E REGELL<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
2338 64,4 169,9 101,3 996 333 4,4<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
RISOTTO CON FILETTI DI PESCE PERSICO<br />
Questa ricetta lariana rappresenta <strong>un</strong>a tipica sintesi dell’integrazione di risorse locali (il pesce)<br />
e sapere gastronomico regionale (il risotto): il risultato è <strong>un</strong> piatto ricco, entrato nell’uso<br />
<strong>della</strong> ristorazione più “alta”. Il pesce persico (<strong>un</strong> po’ come il lavarello), con carne morbida e<br />
delicata, è <strong>un</strong>a preda ambita dai pescatori, non solo nel lago di Como ma anche nel Ceresio e<br />
in tutti i laghetti brianzoli. Oggi viene anche allevato e il filetto si trova commercializzato surgelato.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 45 minuti<br />
Tecnica di cottura: Stufatura, Frittura<br />
Utensili:<br />
tagliere, casseruola, pa<strong>della</strong>, mestolo, cucchiaio<br />
di legno<br />
Ingredienti:<br />
FILETTI DI PESCE PERSICO (800 g), BURRO<br />
(100 g), FARINA BIANCA (2 cucchiai, 25 g),<br />
SALVIA (12 foglie, 10 g), RISO (500 g), BRODO<br />
VEGETALE (1,5 litri), CIPOLLA (n.1, 40 g), VINO<br />
BIANCO SECCO (1/2 bicchiere), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• (risotto)<br />
• Tritare la cipolla finemente e rosolarla in <strong>un</strong>a<br />
casseruola con 40 g di burro<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere il riso, mescolare e, quando è<br />
ben caldo, versare il vino, lasciandolo evaporare,<br />
sempre rimestando con <strong>un</strong> cucchiaio di<br />
legno<br />
• (nel frattempo) Preparare <strong>un</strong> brodo vegetale<br />
bollente o <strong>un</strong> court-bouillon di pesce<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere il brodo con <strong>un</strong> mestolo, poco<br />
alla volta, continuando a rimestare<br />
• Portare a termine la cottura nel tempo necessario<br />
(15-20 minuti)<br />
• (filetti di pesce persico)<br />
• (nel frattempo) Rosolare <strong>un</strong>a parte <strong>della</strong> salvia<br />
in <strong>un</strong>a parte del burro rimanente (40 g)<br />
• Infarinare in <strong>un</strong> piatto i filetti di pesce persico<br />
• Friggerli con burro in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> fino a colore<br />
dorato<br />
• Estrarre i filetti e tenerli in caldo<br />
• A cottura ultimata del riso, adagiarlo su <strong>un</strong><br />
piatto da portata e disporvi i filetti a corona<br />
• Riscaldare <strong>un</strong> po’ di burro (20 g) con il resto<br />
<strong>della</strong> salvia e versare sopra il risotto<br />
• Servire ben caldo<br />
Note: sfilettare il pesce<br />
Il pesce persico è generalmente commercializzato<br />
in filetti già pronti. Nel caso sia necessario<br />
sfilettare <strong>un</strong> pesce intero, questo deve innanzitutto<br />
essere privato <strong>della</strong> pelle e delle pinne, facendo<br />
attenzione alle spine acuminate.<br />
Poi, utilizzando <strong>un</strong> coltello molto affilato, occorre<br />
incidere il pesce longitudinalmente sul dorso. Il<br />
filetto può allora essere sollevato dalla lisca,<br />
man mano che si stacca e cominciando dalla<br />
coda. Si continua nello stesso modo per l’altro<br />
filetto. I filetti devono essere infine ripuliti sui<br />
bordi e dalle piccole lische presenti.<br />
Varianti:<br />
Il riso può essere semplicemente bollito e insaporito<br />
con burro e salvia. I filetti di persico, invece<br />
che infarinati, possono essere passati nell’uovo<br />
sbattuto e nel pane grattugiato, ottenendo<br />
<strong>un</strong>a specie di cotoletta: la preparazione risulta<br />
più ricca ma meno raffinata.<br />
Abbinamenti:<br />
Dal p<strong>un</strong>to di vista nutrizionale e gastronomico il<br />
risotto con i filetti di pesce persico è <strong>un</strong> piatto<br />
<strong>un</strong>ico: evitare di abbinarlo soprattutto con altre<br />
fritture. Un’insalata e <strong>un</strong> dessert a base di frutta<br />
sono indicati come accompagnamento.<br />
Un vino bianco secco, meglio se con <strong>un</strong>a vena<br />
acidula (fra i vini lombardi, il Franciacorta bianco)<br />
rappresenta la combinazione ideale.<br />
L’ingrediente: il pesce persico<br />
Originario <strong>della</strong> Mesopotamia e segnalato nell’alimentazione<br />
degli antichi egizi (popolava il delta<br />
del Nilo), il pesce persico (<strong>Per</strong>ca fluvialis, detto<br />
anche persico reale) era già noto nella <strong>cucina</strong><br />
dei Romani ed è <strong>un</strong>o dei pesci d’acqua dolce più<br />
pregiati per le sue carni tenere e delicate. Raggi<strong>un</strong>ge<br />
i 45 cm di l<strong>un</strong>ghezza e ha <strong>un</strong> corpo tozzo<br />
e <strong>un</strong> capo ottuso. Il dorso è di colore bluastro o<br />
verde oliva e i fianchi sono attraversati da fasce<br />
trasversali scure. Le pinne dorsali e le branchie<br />
sono accompagnate da spine piuttosto app<strong>un</strong>tite,<br />
che ne rendono difficile la manipolazione.<br />
Il persico reale non va confuso (soprattutto a livello<br />
gastronomico) con il persico trota o boccalone<br />
(Micropterus salmoides) o il persico sole (o<br />
“gobbo”, Lepomis gibbosus), introdotti nei laghi<br />
lombardi dall’America del Nord per il divertimento<br />
dei pescatori sportivi.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
RISOTTO CON FILETTI DI PESCE PERSICO<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
541 27,6 17,3 71,7 1424 135 1,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
PATÉ DI CAVEDANO CON GELATINA<br />
Il cavedano (in dizione milanese cavezzale) è <strong>un</strong> pesce di acqua dolce con carne molto delicata<br />
e digeribile (l’ittiologo comasco Plinio Valeriano lo considerava <strong>un</strong>o dei pesci più “salutari”)<br />
ma purtroppo anche di <strong>un</strong>o scheletro cartilagineo ricco di piccole lische, che ne rendono<br />
problematica l’utilizzazione gastronomica. Se consumato intero, va ben cotto, ma ciò ne altera<br />
il sapore delicato. La preparazione a paté permette di ovviare a questi inconvenienti.<br />
Preparazione per 8 porzioni<br />
Tipologia: Antipasti<br />
Stagionalità: Estate, Aut<strong>un</strong>no<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Brasatura<br />
Utensili:<br />
tagliere, setaccio (o tritatuttto), pa<strong>della</strong>, zuppiera,<br />
cucchiaio di legno, pirofila di vetro<br />
Ingredienti:<br />
FILETTO DI CAVEDANO (1000 g), BURRO (100<br />
g), LARDO (100 g), CIPOLLE (n.2), AGLIO (1/2<br />
spicchio), VINO BIANCO SECCO (1/2 bicchiere),<br />
COGNAC (1 bicchierino), GELATINA (1/4 di litro),<br />
MAGGIORANA (q.b.), PANE INTEGRALE<br />
(n.4 fette), SALE e PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Tritare le cipolle e rosolarle in poco burro<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere l’aglio, il filetto di cavedano a<br />
pezzi, continuare a rosolare, aggi<strong>un</strong>gere sale,<br />
pepe e maggiorana, spruzzare con il vino<br />
bianco e lasciare evaporare<br />
• Raffreddare e passare al setaccio per due<br />
volte, aggi<strong>un</strong>gendo il lardo, il burro rimanente<br />
(tagliati a pezzettini) e il cognac<br />
• Preparare la gelatina secondo le prescrizioni<br />
• Versare <strong>un</strong> po’ di gelatina sul fondo <strong>della</strong> pirofila,<br />
lasciare raffreddare<br />
• Deporvi il paté ancora morbido e ricoprirlo<br />
con la gelatina rimanente<br />
• Raffreddare in frigorifero e servire tagliandolo<br />
a fette<br />
• Accompagnare con pane abbrustolito<br />
Note: il paté<br />
Il termine paté si riferisce generalmente a <strong>un</strong>a<br />
preparazione formata da <strong>un</strong> involucro di pasta.<br />
Oggi il termine viene applicato anche alle terrine.<br />
Questo tipo di preparazione era largamente utilizzata<br />
dai Romani e si diffuse oltremodo nel<br />
Medioevo e nel Rinascimento, sovente per nobilitare<br />
parti poco attraenti (come le frattaglie) o<br />
ingredienti insoliti (merlo, allodola, tordo).<br />
La preparazione a paté aumenta notevolmente<br />
la resa per l’impiego di burro o lardo e d<strong>un</strong>que<br />
con numerose controindicazioni salutistiche.<br />
Il paté, d’altro canto, è estremamente palatabile<br />
ed è spalmabile, quindi consumabile in piccole<br />
quantità insieme a pane o derivati.<br />
Varianti:<br />
Una variazione interessante sul piano nutrizionale<br />
declassa il paté a spumone, eliminando il<br />
lardo e riducendo il burro. Lo spumone di cavedano<br />
deve essere servito caldo, adagiato su <strong>un</strong><br />
crostino di pane precedentemente guarnito con<br />
<strong>un</strong>a crema di aromi e verdure.<br />
Abbinamenti:<br />
Il paté di cavedano si presta ad abbinamenti<br />
con altri piatti lariani a base di pesce (risotto<br />
con il persico, ecc.), ma anche a minestre in<br />
brodo.<br />
Il vino di accompagnamento deve essere preferibilmente<br />
<strong>un</strong> bianco secco, meglio se leggermente<br />
fruttato: ad esempio <strong>un</strong>o Chardonnay<br />
Trentino o <strong>un</strong> Muller Turghau.<br />
L’ingrediente: il cavedano<br />
E’ fra i pesci d’acqua dolce più com<strong>un</strong>i in Italia e<br />
in tutta Europa ed è particolarmente apprezzato<br />
dai pescatori sportivi per la sua combattività durante<br />
la cattura. Cattura che sul lago di Como<br />
vede l’impiego di <strong>un</strong>a tecnica particolare, quella<br />
<strong>della</strong> tirlindana: <strong>un</strong>a serie di ami a cucchiaino,<br />
disposti a pettine fra l’imbarcazione e <strong>un</strong> galleggiante<br />
che “corre” perpendicolarmente alla<br />
barca.<br />
Il cavedano appartiene alla famiglia dei ciprinidi<br />
e misura fra i 20 e i 60 cm. Il dorso è di colore<br />
grigio-br<strong>un</strong>o con riflessi verdastri, ricoperto da<br />
squame grandi e coriacee. I fianchi sono argentei<br />
e il ventre bianco. Vive in piccoli branchi in<br />
acque correnti e su fondali rocciosi o sassosi, si<br />
muove molto velocemente ed è estremamente<br />
agile e sospettoso (il modo di dire, riferito ad<br />
<strong>un</strong>a persona, “è <strong>un</strong> cavedano” indica generalmente<br />
<strong>un</strong> giudizio di furbizia e di capacità di<br />
sfuggire ...).<br />
<strong>Per</strong> il suo problematico impiego gastronomico (a<br />
causa, come si è già detto, delle lische) non vi ene<br />
praticamente commercializzato, ma non è<br />
difficile procurarselo presso qualche pescatore<br />
appassionato.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
PATÉ DI CAVEDANO CON GELATINA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
352 23,0 24,9 1,2 512 131 0,8<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
MISSOLTINI<br />
I missoltini (misultit) sono <strong>un</strong>a semiconserva ittica (agoni salati ed essiccati), tipici del lago<br />
di Como: forse proprio all’uso del sale devono il loro nome. I più pregiati sono quelli ottenuti<br />
dalla pesca nel mese di maggio (sebbene oggi sia vietato) su fondali sassosi, ove gli agoni<br />
vanno a deporre le uova. I missoltini sono ormai <strong>un</strong>a specialità / rarità gastronomica, imparentata<br />
con altre formulazioni più povere, come i saracch o l’aringa. Anche l’uso di accompagnarli<br />
con la polenta rimanda alle tipiche combinazioni di tutto il pesce azzurro con alimenti<br />
ricchi di carboidrati complessi (amido).<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Pesci<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 10 min<br />
Tecnica di cottura: Cottura alla griglia<br />
(o alla piastra)<br />
Utensili:<br />
batticarne, tagliere, piatto di portata<br />
Ingredienti:<br />
MISSOLTINI (n.12; 800 g circa), PREZZEMOLO<br />
TRITATO (2 cucchiai), OLIO EXTRAVERGINE DI<br />
OLIVA (6 cucchiai), ACETO (6 cucchiai),<br />
POLENTA ABBRUSTOLITA (6 fette, 600 g)<br />
Esecuzione:<br />
• (preparare <strong>un</strong>a polenta, tagliarla a fette)<br />
• Risciacquare i missoltini in acqua tiepida con<br />
aceto per eliminare l’eccesso di sale ed il<br />
grasso rassegato<br />
• Con il batticarne, pressare i missoltini delicatamente<br />
sul tagliere<br />
• Porre i missoltini su <strong>un</strong>a griglia sufficientemente<br />
calda o, se si usa la piastra, in leggera<br />
inclinazione per evitare che friggano nel<br />
loro olio<br />
• Grigliare per pochi minuti<br />
• Rimuovere le scaglie con <strong>un</strong> coltello<br />
• Deporli su <strong>un</strong> piatto di portata, cospargere<br />
con prezzemolo tritato, aceto e olio<br />
• Servire in combinazione alle fette di polenta,<br />
anch’esse grigliate.<br />
Note: come si mangiano i missoltini<br />
I missoltini si mangiano tagliandoli longitudinalmente,<br />
aprendoli con <strong>un</strong>a leggera azione di<br />
leva esercitata dal coltello ed estraendo l’<strong>un</strong>ica<br />
lisca centrale. Oltre che assaggiati nei ristoranti<br />
lariani, i missoltini possono essere acquistati in<br />
loco (nelle zone del centro Lago) e in alc<strong>un</strong>i negozi<br />
di gastronomia specializzata. Una lavorazione<br />
impropria può farne decadere la qualità:<br />
come quando la salatura è eccessiva o il grasso<br />
del pesce non è stato eliminato accuratamente<br />
durante la pressatura.<br />
Varianti:<br />
Gli agoni nel Rinascimento erano <strong>cucina</strong>ti con<br />
uova e succo di melograno. Maestro Martino<br />
prima li friggeva e poi li immergeva in <strong>un</strong>a carpionatura<br />
di succo d’arance e agresto. Oggi l’agone<br />
si può consumare anche in carpione, oppure<br />
infarinato e fritto con burro e salvia.<br />
Queste varianti riguardano la <strong>cucina</strong> dell’agone:<br />
per i missoltini basterà ricordare la loro sostituzione<br />
in piatti più poveri con i saracchi (polenta<br />
e saracch) o con l’aringa affumicata.<br />
Abbinamenti:<br />
Una polenta calda o <strong>un</strong>a polenta taragna possono<br />
sostituire le fette di polenta abbrustolita: in<br />
questo caso diventa piatto <strong>un</strong>ico. Il vino di accompagnamento<br />
deve essere necessariamente<br />
rosso, giovane e ben corposo.<br />
L’ingrediente: gli agoni<br />
L’agone (Alosa finta lacustris) appartiene al genere<br />
delle alose e alla famiglia dei clupeidi, in<br />
cui è <strong>un</strong> parente stretto l’aringa. La pesca dell’agone<br />
è tradizionalmente regolamentata (fin dal<br />
Medioevo) e avviene nei mesi di giugno e luglio,<br />
con diverse tecniche (rete, bilancere, esche artificiali).<br />
<strong>Per</strong> diventare missoltino, l’agone subisce<br />
<strong>un</strong>a complessa lavorazione: i pesci vengono<br />
privati delle interiora (la curada), strofinati<br />
con sale e, dopo <strong>un</strong> eventuale taglio dorsale,<br />
vengono deposti in <strong>un</strong>a marmitta, ancora con<br />
sale, ove vengono rivoltati ogni 12 ore. La<br />
quantità di sale è critica per la succes siva lavorazione.<br />
Dopo <strong>un</strong> paio di giorni, vengono risciacquati<br />
e infilzati in <strong>un</strong>o spago, così da poterli essiccare<br />
all’aria aperta. L’essiccamento procede<br />
per alc<strong>un</strong>i giorni, poi i pesci sono disposti in <strong>un</strong>a<br />
latta (misolta, originariamente di legno), insieme<br />
a foglie di alloro. Le latte vengono incoperchiate<br />
e il coperchio (di legno) esercita <strong>un</strong>a<br />
leggera pressione, modulata dalla sovrapposizione<br />
di più latte e da sassi. La pressatura procede<br />
per <strong>un</strong> paio di eliminando l’olio fuoriuscito.<br />
Questo procedimento è esclusivamente artigianale.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
MISSOLTINI<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
665 28,1 27,7 80,9 231 0 3,2<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
PESCE IN CARPIONE<br />
Il carpione è <strong>un</strong> pesce di acqua dolce molto pregiato, parente <strong>della</strong> trota, ormai pressoché<br />
scomparso (in Italia si trova solo nel lago di Garda, dove la sua pesca è rigidamente regolamentata).<br />
Il carpione ha carni delicatissime, cosicché si usava prol<strong>un</strong>garne la conservabilità<br />
cuocendolo e addizionandolo di <strong>un</strong>a salsa di aceto e verdure. Il nome di carpione è quindi trasmigrato<br />
alla preparazione, che vede l’impiego basilare di diversi tipi di pesce di acqua dolce.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Antipasti<br />
Stagionalità: Primavera, Estate<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura<br />
Utensili:<br />
tagliere, pa<strong>della</strong> (o friggitrice), schiumarola, vaso<br />
di terracotta, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
ALBORELLE (600 g), AGONI (n.6), OLIO PER<br />
FRITTURA (q.b.), FARINA (150 g), CIPOLLA<br />
(1/2), SEDANO (1/2 gambo), CAROTA (n.1),<br />
AGLIO (1 spicchio), PEPE NERO (n.6 grani),<br />
CHIODI DI GAROFANO (n.3), PREZZEMOLO<br />
TRITATO (20 g), TIMO SELVATICO (o SE-<br />
GRIGIÖLA) (1 mazzetto), ACETO (1/2 litro),<br />
VINO BIANCO SECCO (1/2 litro), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Pulire dalle interiora gli agoni e le alborelle,<br />
lavarli ed asciugarli<br />
• Infarinarli e friggerli in olio bollente, scolandoli<br />
con la schiumarola quando croccanti<br />
• Disporre il pesce nel vaso di terracotta<br />
• Tritare le cipolle, l’aglio, il sedano e la carota<br />
• Rosolare in poco olio il trito, imbiondendolo,<br />
e quindi aggi<strong>un</strong>gere il timo, i chiodi di garofano<br />
e i grani di pepe.<br />
• Addizionare l’aceto e il vino, portare all’ebollizione<br />
• Versare la salsa sul pesce, dentro la terrina<br />
di terracotta, aggi<strong>un</strong>gere il prezzemolo e coprire:<br />
si può consumare appena raffreddato,<br />
ma è conservabile per alc<strong>un</strong>i giorni al fresco.<br />
Note: la conservazione del pesce con aceto<br />
La conservazione con aceto è <strong>un</strong>a tecnica tradizionale<br />
diffusa anche per il pesce di mare (saor<br />
nel veneto, scapece nell’Italia Meridionale).<br />
L’acidità limita o inibisce lo sviluppo di microrganismi<br />
e intenerisce le carni. In pratica tutti i<br />
pesci sono adatti a questo tipo di lavorazione:<br />
in altre zone lacustri sono impiegate le anguille,<br />
le tinche, le carpe, oltre alle alborelle.<br />
Il carpione è disponibile, già marinato, nei ne -<br />
gozi di gastronomia: in questo caso si abbonda<br />
con l’aceto per prol<strong>un</strong>garne la conservabilità.<br />
Varianti:<br />
Una variazione interessante alla salsa del carpione<br />
è la cosiddetta c<strong>un</strong>scia, cioè la concia, diffusa<br />
nei paesi del Lario meridionale. Si utilizzano<br />
le erbette, la menta e l’allium romanum<br />
(purasc) tritati finissimi; mentre al posto dell’aceto<br />
e del vino si impiegano aceto con uova<br />
sbattute e brodo vegetale aromatizzato: ne risulta<br />
<strong>un</strong>a specie di zabaione all’aceto.<br />
Abbinamenti:<br />
Il carpione si presta ad abbinamenti con altri<br />
piatti lariani a base di pesce (risotto con il persico,<br />
ecc.), ma anche a minestre. Il vino di accompagnamento<br />
deve essere preferibilmente<br />
brioso, rosato o anche rosso, come il Lambrusco<br />
Mantovano, a causa <strong>della</strong> persistenza dell’aceto<br />
che appiattirebbe <strong>un</strong> vino bianco.<br />
L’ingrediente: l’alborella<br />
Nel De arte cocquinaria, Maestro Martino da<br />
Como già consigliava di conservare i pesci lacustri,<br />
dotati di carne “gentile e corruttibile” in <strong>un</strong>a<br />
“salamoja di aqua et aceto”. Ma il vero segreto<br />
del carpione lariano è <strong>un</strong>’erba aromatica (del<br />
tipo timo selvatico) nota con il nome di segrigiöla<br />
(da ségra, segale): cresce spontanea nelle<br />
zone rocciose del centro Lago. Il pesce più usato<br />
nel carpione è l’alborella (Alburnus albidus),<br />
così denominata per il ventre di colore argenteo<br />
(la parte superiore del dorso ha sfumature<br />
verdognole). E’ <strong>un</strong> pesce dei Ciprinidi, che raramente<br />
supere i 10-12 cm di l<strong>un</strong>ghezza. I<br />
branchi, molto numerosi e guidati da <strong>un</strong> caponuotatore<br />
frequentano di preferenza gli specchi<br />
d’acqua non corrente dei laghi alpini e prealpini.<br />
<strong>Per</strong> le carni poco pregiate l’alborella è sempre<br />
stata considerata pesce non adatto alla tavola<br />
dei ricchi, e invece adatto a usi non alimentari.<br />
Le alborelle vengono infatti allevate industrialmente<br />
per raccogliere le squame ricche di guanina<br />
che, trattate chimicamente, attraverso lavaggi,<br />
sgrassaggi e processi di concentrazione,<br />
forniscono <strong>un</strong> latte denso e argenteo, messo in<br />
commercio col nome di essenza d’Oriente, utilizzato<br />
per la produzione di profumi e per la<br />
fabbricazione delle perle artificiali. Oltre che in<br />
frittura, la <strong>cucina</strong> regionale utilizza le alborelle<br />
per il carpione, per <strong>un</strong>a preparazione al pomodoro<br />
da accompagnare alla polenta e, in compagnia<br />
di altri pesci (agoni e lavarelli) per grigliate<br />
di lago, cui non manca mai il profumo del<br />
timo.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
PESCE IN CARPIONE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
291 11,6 11,2 22,5 479 35 2,3<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
RÜSÜMADA<br />
La rüsümada (o rosümada) è <strong>un</strong>a antica bevanda / merenda, tonica ed energetica. E’ diffusa<br />
in tutta la Lombardia settentrionale, con piccole varianti di preparazione e di dizione dialettale.<br />
La radice dialettale del nome rimanda al tuorlo (rosso) dell’uovo: rüss d’oof o rüsümm. La<br />
sua formulazione è molto simile a quella dello zabaione di vino (sapajean o sabajessa). La<br />
rüsümada, che si prepara velocemente ma non si consuma quasi più, veniva giustamente<br />
considerata <strong>un</strong> ricostituente e <strong>un</strong> protettivo dai malanni da raffreddamento ("<strong>un</strong> ricostituent:<br />
pinul de cusina-of-e decott de cantina-vin").<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Merende<br />
Stagionalità: Estate<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 5 minuti<br />
Tecnica di cottura: Ness<strong>un</strong>a<br />
Utensili:<br />
Terrina o sco<strong>della</strong>, frullino o frusta (in sostituzione<br />
<strong>della</strong> tradizionale machineta de la rusumada<br />
o di speciali bicchieri con coperchio dotato<br />
di frullino incorporato per rinnovare la schiuma<br />
durante il consumo)<br />
Ingredienti:<br />
UOVA (n.4, 240 g), ZUCCHERO (4 cucchiai),<br />
VINO ROSSO (4 bicchieri)<br />
Esecuzione:<br />
• Mettere in <strong>un</strong>a terrina i tuorli con lo zucchero<br />
e sbatterli fino a schiaritura<br />
• Montare gli albumi a neve, incorporando delicatamente<br />
i tuorli e cercando di mantenere<br />
<strong>un</strong>a struttura soffice<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere il vino, incorporandolo lentamente<br />
e sempre continuando a rimestare il<br />
composto<br />
• Servire subito<br />
Note: la freschezza delle uova<br />
Le uova utilizzate per la rüsümada devono essere<br />
freschissime sia per avere <strong>un</strong>a sicurezza<br />
igienica sia perché la loro proprietà schiumogena<br />
è massima, in quanto le proteine costitutive<br />
hanno <strong>un</strong>a più elevata capacità di strutturazione.<br />
Un tempo, questa tipica preparazione contadina<br />
era consumata proprio con l’uovo appena<br />
deposto. Oggi le uova sono commercializzate<br />
con buone garanzie di freschezza, venendo<br />
messe sul mercato il giorno stesso <strong>della</strong> deposizione:<br />
la data di confezionamento (e in alc<strong>un</strong>i<br />
casi quella di deposizione) è, per legge, stampigliata<br />
sulla confezione. <strong>Per</strong> le uova acquistate<br />
sfuse e di produzione non industriale (sovente<br />
migliori per aroma e sapore, mentre il colore del<br />
tuorlo non è <strong>un</strong> indice di qualità) è buona norma<br />
assicurarsi <strong>della</strong> freschezza con <strong>un</strong>a semplice<br />
prova di galleggiamento in <strong>un</strong>a soluzione ottenuta<br />
sciogliendo 120 g di sale in <strong>un</strong> litro di acqua:<br />
se l’uovo è fresco si dispone ben fermo sul<br />
fondo o a mezz’acqua; se ha <strong>un</strong>’età di oltre 6<br />
giorni si dispone con l’estremità più larga verso<br />
l’alto; se l’uovo è vecchio galleggia.<br />
Varianti:<br />
Il vino rosso può essere sostituito con acqua o<br />
latte, entrambi freddi, ottenendo <strong>un</strong>a bevanda<br />
rinfrescante. Sostituendo al vino rosso il marsala<br />
e cuocendo a bagnomaria (o com<strong>un</strong>que a<br />
fuoco bassissimo) si ottiene, prima<br />
dell’ebollizione, il classico zabaione. Nel piatto<br />
possono essere aggi<strong>un</strong>ti pezzetti di pan di mistura<br />
o di gallette frantumate, che creano <strong>un</strong>a<br />
curiosa opposizione croccante- morbido.<br />
Abbinamenti:<br />
La rüsümada, come merenda, si accompagna<br />
elegantemente con pasticceria secca o di pastafrolla,<br />
com<strong>un</strong>que con biscotti. Il colore rosato è<br />
estremamente attraente ed elegante.<br />
Un vino aromatico o il liquoroso di S.Martino<br />
<strong>della</strong> Battaglia può completare le caratteristiche<br />
di meditazione cui invita <strong>un</strong>a merenda a base di<br />
rusumada.<br />
L’ingrediente: l’uovo<br />
L’uovo è <strong>un</strong> alimento proteico ad alta densità<br />
nutritiva, soprattutto nella sua frazione proteica.<br />
Questa è infatti particolarmente completa,<br />
sia per quantità sia per qualità ovvero per il ra pporto<br />
fra gli aminoacidi essenziali, tanto che la<br />
proteina dell’uovo è utilizzata come riferimento<br />
per il valore biologico delle proteine di altri alimenti<br />
o miscele. Il tuorlo è particolarmente ricco<br />
in grassi, con buona rappresentatività degli<br />
acidi grassi insaturi e dei composti essenziali.<br />
Sempre nel tuorlo è localizzata la vitamina A,<br />
parecchie vitamine del gruppo B, la vitamina D<br />
e la niacina (o vitamina PP), molti sali minerali<br />
(calcio, ferro e fosforo), ma anche il colesterolo.<br />
Quest’ultimo componente ha indotto <strong>un</strong>a ingiustificata<br />
criminalizzazione dell’uovo: in realtà, il<br />
colesterolo è <strong>un</strong> fattore importante durante la<br />
crescita e com<strong>un</strong>que il suo assorbimento (e la<br />
sua rideposizione nelle arterie) è condizionato<br />
dal tipo di grassi presenti nella razione. Se<br />
l’uovo è consumato tal quale, come nella rüsümada,<br />
la presenza di acidi grassi insaturi limita<br />
la rideposizione del colesterolo, mentre se consumato<br />
con burro questo fenomeno viene enfatizzato.<br />
L’albume è composto da proteine che a<br />
crudo non sono digerite, mentre il tuorlo è particolarmente<br />
digeribile app<strong>un</strong>to a crudo. Nella rüsümada,<br />
l’apporto di tannini esercitato dal vino<br />
rosso esalta le proprietà antibatteriche e antivirali,<br />
già proprie dell’uovo.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
RÜSÜMADA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
200 6,5 4,5 10,5 77 194 0,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
CUTIZZA<br />
Si tratta di <strong>un</strong>a merenda (ma può essere considerata anche <strong>un</strong> dolce) del tipo delle focacce,<br />
diffusa in tutto il territorio comasco. La ricetta presentata è nobilitata dalla presenza di <strong>un</strong> po'<br />
di zucchero e uova, mentre esistono altre varianti più povere (il paradell o laciada, la brusada).<br />
Sempre imparentati con la cutizza sono i cutizzit o turtej, preparati friggendo la pastella<br />
in pezzature più minute.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Dolci, Merende<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 15 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura<br />
Utensili:<br />
ciotola, pa<strong>della</strong>, frusta<br />
Ingredienti:<br />
FARINA BIANCA (200 g), LATTE INTERO (180<br />
g), OLIO PER FRIGGERE (q.b.), UOVA (n.3, 180<br />
g), SCORZA DI LIMONE (q.b.), ZUCCHERO<br />
VANIGLIATO (q.b.), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Rompere le uova in <strong>un</strong>a ciotola<br />
• Sbatterle <strong>un</strong>endo la farina, <strong>un</strong> pizzico di sale,<br />
la scorza di limone grattugiata e, successivamente,<br />
il latte<br />
• Lavorare l’impasto fino ad ottenere <strong>un</strong>a pastella<br />
ben omogenea e fluida<br />
• Scaldare l’olio in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong><br />
• Versare la pastella fluida<br />
• Cuocere da <strong>un</strong> lato, quindi rivoltare e completare<br />
la frittura<br />
• Cospargere con lo zucchero e servire ben<br />
calda<br />
Note: cutizza, laciada e paradell<br />
Il consumo di farina bianca era <strong>un</strong> tempo piuttosto<br />
inusuale almeno per le classi meno abbienti:<br />
tanto i dolci, quanto il pane erano preparati<br />
con miscele di cereali più poveri, sopratutto<br />
granoturco. La poca farina bianca disponibile<br />
veniva spesso utilizzata al meglio in preparazioni<br />
tipo la cutizza.<br />
In verità la cutizza deriva, come già detto, da<br />
preparazioni più povere come il paradell (in cui<br />
l’impasto è solo di farina ed acqua) o la laciada<br />
(impasto di farina e latte). Un tempo la frittura<br />
era effettuata con <strong>un</strong> poco di olio in <strong>un</strong>’apposita<br />
pa<strong>della</strong> di rame stagnata, larga e alta, che veniva<br />
sospesa alla catena del camino. La pastella<br />
era poi aggi<strong>un</strong>ta a freddo, si attizzava il fuoco e<br />
il paradell (o la laciada, o la cutizza) diventava<br />
croccante in pochi minuti: lo si poteva allora rivoltare<br />
per completarne la cottura.<br />
La focaccia risultante (dal diametro di 30-40<br />
cm) era allora disposta in mezzo alla tavola e<br />
tutti i commensali se ne servivano direttamente.<br />
Varianti:<br />
La pastella può essere arricchita con altri ingredienti<br />
quali fettine di mela. In alc<strong>un</strong>e zone <strong>della</strong><br />
Brianza è segnalata <strong>un</strong>a preparazione similare<br />
(panigada, laciadett de panigada) in cui l’ingrediente<br />
nobilitante è costituito dai fiori di sambuco<br />
secchi sbriciolati.<br />
Abbinamenti:<br />
La cutizza è <strong>un</strong>a merenda da consumare da sola<br />
o tutt’al più come dolce (interessante perchè<br />
poco zuccherato) dopo <strong>un</strong>a cena sobria.<br />
Il vino di accompagnamento può essere <strong>un</strong><br />
bianco dolce, come il Moscato dell’Oltrepò a fine<br />
pasto; <strong>un</strong> rosso spumoso dalla verve amabile,<br />
come il Sangue di Giuda, a merenda.<br />
L’ingrediente: lo zucchero<br />
Considerato oggi <strong>un</strong> ingrediente base, soprattutto<br />
nel settore dolciario e in pasticceria,<br />
l’impiego dello zucchero (saccarosio) è piuttosto<br />
recente. Già noto ai Greci e ai Romani (che lo<br />
importavano dall’Oriente e che gli assegnavano<br />
<strong>un</strong> uso terapeutico), comparve sulle tavole dei<br />
nobili nel Medioevo e del Rinascimento. Con la<br />
scoperta delle Americhe (ove la canna da zucchero<br />
fu subito oggetto di coltivazione intensiva),<br />
il suo consumo si diffuse presso il ceto borghese<br />
ed entrò nella <strong>cucina</strong>, sostituendo come<br />
dolcificante il miele, la frutta cotta o secca. In<br />
periodo napoleonico, in conseguenza del blocco<br />
continentale, la sua carenza spinse allo sviluppo<br />
<strong>della</strong> coltura sostitutiva <strong>della</strong> barbabietola da<br />
zucchero, che fu poi privilegiata anche con<br />
regolamenti protettivi.<br />
Nella <strong>cucina</strong> popolare lo zucchero ha <strong>un</strong>a posizione<br />
defilata: il suo impiego è sovente ridotto a<br />
quello <strong>della</strong> ricopertura finale o <strong>della</strong> spolverizzazione.<br />
I consumi diretti o indiretti di saccarosio (in<br />
quanto ingrediente di molte preparazioni industriali)<br />
sono oggi ampiamente scoraggiati in tutti<br />
i Paesi industrializzati, giacchè il suo apporto<br />
calorico è scevro da qualsiasi altro contributo<br />
nutrizionale.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
CUTIZZA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
352 11,9 15,4 44,3 468 150 1,4<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
MIASCIA<br />
Questo dolce-pasto povero, detto anche Meascia o turta di paisan, deriva probabilmente da<br />
<strong>un</strong> antico nucleo di ricette, del tipo del migliaccio già descritto da Maestro Martino da Como,<br />
preparato fra l’altro con “<strong>un</strong>a libbra di cacio del più fresco che possi havere” e con<br />
<strong>un</strong>’aspersione finale di “bono zucchero et di acqua rosata” e cotto nello stesso forno dove si<br />
faceva il pane.<br />
La ricetta proposta utilizza come ingrediente base il pane raffermo, ma ne esistono numerose<br />
varianti locali basate su <strong>un</strong> impasto di farina bianca e farina gialla.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Dolci<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />
Utensili:<br />
Tagliere, zuppiera, tortiera<br />
Ingredienti:<br />
PANE RAFFERMO (500 g), LATTE INTERO (1/2<br />
litro), UOVA (n.2), AMARETTI (n.3), MELA (n.1),<br />
PERA (n.1), PINOLI (20 g), UVETTE (50 g),<br />
LIQUORE AMARETTO (1 bicchiere), BURRO (30<br />
g), FARINA BIANCA (1 cucchiaio), CIOCCOLATO<br />
AMARO (50 g, in scaglie), ZUCCHERO (75 g).<br />
Esecuzione:<br />
• Tagliare il pane a fettine e ammollarlo col<br />
latte in <strong>un</strong>a zuppiera per circa 2 ore<br />
• Stemperare il pane ammollato con <strong>un</strong> cucchiaio<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere le uova, le uvette precedentemente<br />
ammollate in aqua tipieda, i pinoli, la<br />
mela e la pera tagliate a fettine, lo zucchero,<br />
gli amaretti sbriciolati e il liquore<br />
• Lavorare l’impasto con il cucchiaio e versare<br />
in <strong>un</strong>a tortiera imburrata e infarinata<br />
• Spolverare l’impasto con lo zucchero e il<br />
cioccolato in scaglie e guarnire con il burro a<br />
fiocchi<br />
• Cuocere in forno a 200°C per 15 minuti,<br />
quindi a 150°C per altri 15 minuti<br />
• Sfornare e servire tiepida o a temperatura<br />
ambiente<br />
Note: i dolci poveri<br />
I dolci poveri, come la miascia, sono sovente<br />
preparati con frutta secca o fresca, per ottenere<br />
<strong>un</strong>a base zuccherina naturale: <strong>un</strong> tempo infatti<br />
lo zucchero era molto raro e lo si trovava solo<br />
sulla mensa dei ceti più abbienti. Ne risultano<br />
razioni estremamente energizzanti, ma anche<br />
piuttosto complete sul piano nutrizionale: la<br />
frutta apporta sali minerali e vitamine e nobilita<br />
le “calorie vuote” dello zucchero. In passato, il<br />
dolce non era come oggi consumato a fine pasto,<br />
ma in alc<strong>un</strong>i casi in sostituzione del pasto,<br />
piuttosto che come merenda, e com<strong>un</strong>que in<br />
occasioni particolari: feste, ricorrenze, doveri di<br />
ospitalità.<br />
Varianti:<br />
La sostituzione del pane raffermo con <strong>un</strong> impasto<br />
di farina bianca e gialla è ampiamente utilizzata<br />
in alc<strong>un</strong>e località del comasco e riportata<br />
nei ricettari brianzoli. Ma la composizione<br />
dell’impasto può variare notevolmente in base<br />
agli ingredienti disponibili.<br />
Abbinamenti:<br />
La miascia può essere consumata fuori pasto o<br />
come dessert (in tal caso è consigliabile non abbondare<br />
nelle porzioni).<br />
Un vino rosso amabile o liquoroso è consigliato<br />
come accompagnamento.<br />
L’ingrediente: il pane raffermo<br />
"Pan poss, vin brusch e legna verda fan l’ec<strong>un</strong>umia<br />
d’<strong>un</strong>a ca": così recita <strong>un</strong> detto popolare<br />
lecchese a testimoniare il valore di sussistenza<br />
legato all’impiego completo delle povere risorse.<br />
Che il giudizio sul pane raffermo fosse com<strong>un</strong>que<br />
negativo si desume dall’uso<br />
dell’espressione "l’è <strong>un</strong> pan poss", riferita ad<br />
<strong>un</strong>a persona insulsa o di poco valore. Il pane<br />
raffermo (poss) era <strong>un</strong> tempo piuttosto utilizzato<br />
in <strong>cucina</strong>, sopratutto nelle zuppe (dal pumia<br />
o pan muja, al pancotto o panada). Non va<br />
d’altronde dimenticato che il pane era <strong>un</strong>a volta<br />
molto diverso da quello di oggi: era preparato<br />
con miscele di farine diverse (farina di mais:<br />
pangiallo; farina di miglio: pan de mej; farina di<br />
segale, ecc.), cotto in grandi pezzature nei forni<br />
com<strong>un</strong>itari e consumato in <strong>un</strong>a-due settimane,<br />
conservandolo in <strong>un</strong> armadio apposito (la panadura).<br />
Quant<strong>un</strong>que il pane raffermo fosse più<br />
duro e <strong>un</strong> po’ inacidito, non bisogna dimenticare<br />
che la sua digeribilità rimaneva piuttosto elevata,<br />
sovente superiore a quella del pane fresco.<br />
Il raffermimento, infatti, comporta <strong>un</strong>a serie di<br />
trasformazioni fisico-chimiche che inducono <strong>un</strong>a<br />
parziale retrogradazione dell’amido, cioè la formazione<br />
di <strong>un</strong> reticolo cristallino organizzato,<br />
aggredito più lentamente dai succhi gastrici che<br />
così regolano l’assorbimento dell’amido e la sua<br />
digestione a glucosio.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
MIASCIA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
631 15,0 14,6 106,4 406 86 2,4<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario
Lecco e la Brianza<br />
Distaccato amministrativamente solo da pochi anni da quello comasco,<br />
il territorio <strong>della</strong> provincia di Lecco occupa, oltre al capoluogo,<br />
la sponda orientale del Lario con le valli prealpine ad essa<br />
limitrofe, circa la metà del triangolo lariano e buona parte <strong>della</strong><br />
Brianza, compresa tra il corso del Lambro e quello dell’Adda. Un<br />
vasto comprensorio attorno alle vie di com<strong>un</strong>icazione, sulle direttrici<br />
Nord-Sud, dalla Valtellina per Milano, ed Est-Ovest, da Bergamo<br />
per Como. Proprio da questa posizione, il Lecchese e la Brianza (<strong>un</strong><br />
tempo Martesana) hanno ricavato storicamente la loro denotazione<br />
di territorio di mezzo, che più di ogni altro riassume, in f<strong>un</strong>zione di<br />
baricentro, le tradizioni alimentari regionali.<br />
L’orografia del territorio rimandava <strong>un</strong> tempo (prima <strong>della</strong> industrializzazione<br />
diffusa) alla successione di collina e pianura, di bosco,<br />
brughiera e fondi intensamente coltivati, di orti e canali irrigui,<br />
a testimonianza di <strong>un</strong>a vocazione agricola “obbligata” dalla vicinanza<br />
<strong>della</strong> grande città, <strong>della</strong> quale la Brianza è sempre stata nutrice.<br />
Storicamente, questa posizione e questa f<strong>un</strong>zione hanno esaltato<br />
anche in termini culturali il ruolo <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> brianzola: tracce vi<br />
hanno lasciato tutti i “passanti” che dal nord scendevano verso la<br />
città o che transitavano l<strong>un</strong>go la direttrice est-ovest, ma anche i<br />
milanesi che attraverso questo territorio esercitavano i loro commerci,<br />
piuttosto di avervi residenza secondaria o proprietà. Se la risorsa<br />
agricola più compatibile con questa geografia e con queste<br />
f<strong>un</strong>zioni è stata quella dei cereali secondari (prima segale, miglio<br />
ed orzo, poi dal 1600 il granoturco, o meglio, il “carl<strong>un</strong>”), la superficie<br />
boschiva (oggi ridotta ai minimi termini) ha sempre favorito le<br />
attività di caccia (volatili, selvaggina) e di raccolta (castagne, noci,<br />
lumache, gamberi di fiume), mentre l’umanizzazione del territorio e<br />
la struttura sociale (le case padronali, circondate da quelle dei<br />
massari e dei villani, le corti) ha presto promosso maiali e galline a<br />
veri animali di culto, tanto del micropaesaggio come <strong>della</strong> <strong>cucina</strong>.<br />
La medesima conformazione rurale ha favorito l’utilizzazione intensiva<br />
orticola e qualche specializzazione negli alberi da frutto (con la<br />
presenza finanche del gelso, diffuso dal 1500 per sostenere la bachicoltura),<br />
mentre l’allevamento (a differenza che altrove) è sempre<br />
stato prevalentemente indirizzato alla filiera <strong>della</strong> carne: ma di<br />
questa specializzazione, poco rimaneva sulla tavola brianzola, giacchè<br />
uova, frutti, ortaggi e carni prendevano preferibilmente la strada<br />
verso Milano.<br />
Cucina di miscelazione, quella brianzola, d<strong>un</strong>que di utilizzazione<br />
omnicomprensiva delle risorse residue: miscele di cereali per ottenere<br />
pani appena accettabili, miscele di ortaggi e legumi (o ancora<br />
di cereali secondari) per zuppe nobilitate da <strong>un</strong>a pestata di lardo,<br />
miscele di frattaglie per confezionare salsicce. L’alternativa al lardo,<br />
come condimento, era <strong>un</strong> tempo <strong>un</strong> olio di linosa o di ravizzone,<br />
di cui oggi si sono perse le tracce. Poi, <strong>cucina</strong> energizzante necessaria<br />
a sostenere il lavoro agricolo, ove anche il vino (il “nostranello”,<br />
oggi pressochè dimenticato) compariva come ingrediente. E<br />
ancora, <strong>cucina</strong> di scambio: le massaie brianzole, andando a servizio<br />
nella ricca Milano, vi portavano sapere e pratica <strong>cucina</strong>ria, mentre<br />
le famiglie più abbienti (che in Brianza avevano possedimenti)<br />
arrecavano l’ influenza di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> più ricercata.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza
RISO E LUGANEGA<br />
“Lucanica, a lucanis populi a quibus romani milites primum didicer<strong>un</strong>t”: così Varrone indica<br />
l’origine del nome di questa salsiccia di suino, diffusa (probabilmente dai soldati romani) con<br />
diverse etimologie nel Nord Italia (luganica, luganeca, luganga) sebbene originaria <strong>della</strong> Basilicata.<br />
La sua associazione con il riso realizza <strong>un</strong> piatto povero, com<strong>un</strong>que gustoso e completo.<br />
Nell’area brianzola il consumo di luganega era <strong>un</strong> tempo oltremodo diffuso, per la presenza<br />
del maiale grasso in quasi ogni famiglia: molto famosa era quella di Monza (già citata<br />
nel 1500), più magra e ricca. Il salumiere che a Milano si chiamava cervellée (per il prevalente<br />
smercio di cervella e altre frattaglie povere) era in Brianza il luganeghée, mentre le salamelle<br />
diventavano luganeghitt, il cotechino luganeghin de codega ed il cotechino con aglio<br />
luganeghin d’aj.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Inverno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 30 minuti<br />
Tecnica di cottura: Soffrittura, Lessatura<br />
Utensili:<br />
Tagliere, pentola, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
RISO per RISOTTI (400 g), LUGANEGA (100 g),<br />
BURRO (50 g), CIPOLLA (n.1), GRANA<br />
GRATTUGIATO (30 g), VINO BIANCO SECCO (1<br />
bicchiere), SALE e BRODO (q.b.).<br />
Esecuzione:<br />
• Togliere la luganega dal budello e farla soffriggere<br />
con <strong>un</strong> battuto di cipolla e burro<br />
• A dissoluzione delle parti grasse, aggi<strong>un</strong>gere<br />
il riso e bagnare con il vino bianco<br />
• Lasciare evaporare ed aggi<strong>un</strong>gere il brodo<br />
gradualmente, rimestando e continuando la<br />
cottura per 15 minuti<br />
• Servire cospargendo con il grana grattugiato<br />
Note: la cottura delle salsicce<br />
Se la salsiccia viene cotta nel suo budello (lessata,<br />
arrostita, saltata alla griglia o preparata al<br />
forno), è necessario bucherellarne la superficie<br />
con <strong>un</strong> ago, <strong>un</strong>o spillo o <strong>un</strong>o stecchino acuminato,<br />
ma non con la forchetta, che faciliterebbe<br />
la lacerazione <strong>della</strong> carne. I buchi vanno<br />
fatti a 2-3 cm di distanza per favorire l’uscita<br />
del grasso, la trasmissione del calore e impedire<br />
che il budello si rompa a causa <strong>della</strong> formazione<br />
di vapore nella carne sottostante. A meno che<br />
non debba essere cotta alla griglia, è bene stufare<br />
la salsiccia con qualche cucchiaio di brodo,<br />
vino o acqua, sempre per favorire l’estrazione<br />
del grasso: il fondo di stufatura rappresenta la<br />
base ideale di cottura e può essere recuperato<br />
per condire pasta o riso.<br />
Varianti:<br />
Il risotto con la luganega si ottiene anche preparando<br />
<strong>un</strong> classico risotto allo zafferano a cui,<br />
a fine cottura, si aggi<strong>un</strong>gono pezzetti di luganega<br />
cotta a parte nel burro con brodo e vino<br />
bianco. La luganega si può utilizzare anche in<br />
<strong>un</strong>a minestra rara di riso e farina: si aggi<strong>un</strong>ge<br />
già arrostita nel burro e si accompagna con formaggio<br />
grattugiato.<br />
Abbinamenti:<br />
E' <strong>un</strong> piatto <strong>un</strong>ico: eventualmente accompagnare<br />
con carote lessate o arrostite (magari<br />
anch’esse con pezzettini di salsiccia). Abbinare<br />
con <strong>un</strong>o Chardonnay secco, dal gusto armonico<br />
e persistente.<br />
L’ingrediente: la salsiccia<br />
La salsiccia è il più antico e conosciuto degli insaccati<br />
di carne di maiale, preparata in centinaia<br />
di varianti per quanto riguarda tagli e carni<br />
impiegate, la "grana" <strong>della</strong> macinazione,<br />
l’aggi<strong>un</strong>ta di altri ingredienti e di spezie.<br />
Nell’Italia del nord, la salsiccia si aromatizza con<br />
pepe, cannella, aglio e vino bianco e si consuma<br />
prevalentemente fresca. Nell’Italia Meridionale,<br />
invece, si aromatizza con semi di finocchio, aglio,<br />
peperoncino, nonché con pomodori secchi<br />
e caciocavallo; le salsicce sono spesso stagionate<br />
e secche.<br />
La luganega si prepara con parti grasse e magre<br />
di solo suino preferibilmente ricavate dalla<br />
spalla, si presenta in forma di corda l<strong>un</strong>ga e<br />
stretta. Va conservata in luogo asciutto e fresco<br />
e consumata entro 2-3 giorni: viene aromatizzata<br />
con sale, pepe, brodo, vino bianco (in quella<br />
di Monza, più magra, è utilizzato anche il grana<br />
grattugiato) e insaccata in <strong>un</strong> budello ricavato<br />
dall’intestino tenue dello stesso maiale o,<br />
meglio, di agnello.<br />
Dal p<strong>un</strong>to di vista nutrizionale, le salsicce sono<br />
piuttosto grasse e appartengono alla categoria<br />
delle carni che favoriscono la deposizione del<br />
colesterolo nelle arterie.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza
RISO E LUGANEGA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />
Fibra (g)<br />
560 13,6 19,7 81,7 807 39 1,1
URGIADA o ORIADA<br />
Questo nome identifica <strong>un</strong>a classica minestra d’orzo, di consumo prevalentemente invernale<br />
e di diffusione ubiquitaria nelle zone montane <strong>della</strong> Lombardia, oltre che nella fascia collinare<br />
e prealpina. L’orzo è infatti <strong>un</strong> cereale molto resistente ai climi freddi. La scarsa adattabilità<br />
di questo cereale alla panificazione ne ha ridotto l’uso alimentare, diretto alle sole zuppe o<br />
minestre. Nell’antica Roma, il termine “hordearius” era attribuito a persone pompose e gonfie<br />
e ad oratori logorroici.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti in brodo<br />
Stagionalità: Inverno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 90 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Soffrittura<br />
Utensili:<br />
pentola, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
ORZO PERLATO (200 g), LATTE INTERO (1,5 L),<br />
LARDO o PANCETTA (100 g), PORRI (n. 2, 80<br />
g), CIPOLLA (n. 1, 60 g), FAGIOLI BORLOTTI<br />
SECCHI (200 g), PATATE (250 g), ACQUA (1 L)<br />
Esecuzione:<br />
• Lavare l’orzo in acqua corrente e metterlo a<br />
bagno per 12 ore circa<br />
• Preparare <strong>un</strong> battuto con cipolla, lardo, porri<br />
• Rosolare delicatamente il battuto nella pentola<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere l’orzo, coprire con acqua e all<strong>un</strong>gare<br />
pian piano con il latte riscaldato a parte<br />
• Dopo 15-20 minuti di cottura, aggi<strong>un</strong>gere i<br />
fagioli secchi (ammollati in acqua) e le patate<br />
tagliate a cubetti<br />
• Cuocere 1 ora, rimestando<br />
Note: urgiada, furmentada e minestre povere<br />
Alla minestra d’orzo perlato si può accom<strong>un</strong>are<br />
la furmentada, ottenta dal frumento pilato. Anche<br />
in questo caso la cottura doveva essere lenta<br />
e <strong>un</strong> tempo era effettuata sul camino: in<br />
questo modo la cariosside si ammorbidiva, si legava<br />
con le altre verdure, ottenendo <strong>un</strong>a specie<br />
di puls (polenta) dove si ammollava il pane secco.<br />
L’ingrediente prezioso in queste formulazioni<br />
era la pestada del lard, che insaporiva <strong>un</strong> piatto<br />
altrimenti rozzo.<br />
La minestra avanzata veniva riscaldata al mattino<br />
e consumata come colazione.<br />
Orzo o frumento erano com<strong>un</strong>que ingredienti già<br />
preziosi in Brianza: in forma di minestra si utilizzavano<br />
le ortiche, le foglie di primula, la malva,<br />
i cornagett (fagiolini), i luertis (luppolo sel-<br />
vatico), la zucca, oltre ovviamente ai fagioli e al<br />
riso.<br />
Varianti:<br />
Invece dei fagioli secchi si possono impiegare<br />
fagioli freschi. Oltre alle patate si possono aggi<strong>un</strong>gere<br />
carote, sedano, cavolo verza. Se disponibile,<br />
<strong>un</strong> piedino di maiale rende la preparazione<br />
più appetitosa.<br />
Abbinamenti:<br />
Con le cotenne o il piedino è <strong>un</strong> piatto <strong>un</strong>ico sostanzioso.<br />
L'accompagnamento ideale è con vini<br />
bianchi secchi e sapidi, come il Pinot nero dell'Oltrepò<br />
o il Franciacorta bianco.<br />
L’ingrediente: l’orzo<br />
Si tratta, insieme al frumento, di <strong>un</strong>o dei cereali<br />
più antichi: sono state ritrovate focacce miste di<br />
orzo e frumento risalenti all’età <strong>della</strong> pietra e<br />
granelli sicuramente precedenti al 6000 a.C. La<br />
sua resistenza climatica ne ha fatto <strong>un</strong>o dei cereali<br />
anticamente più diffusi (dalle zone artiche<br />
alle pianure tropicali), ma essendo poco adatto<br />
alla panificazione, fu presto ritenuto rozzo e poco<br />
digeribile e scivolò nella considerazione gastronomica,<br />
essendone riservato il consumo alle<br />
classi meno abbienti. Dal p<strong>un</strong>to di vista nutrizionale<br />
è <strong>un</strong> cereale piuttosto energetico (50<br />
kcal/100 g più del frumento). Nei Paesi europei,<br />
l’uso alimentare prevalente è ormai solo quello<br />
dei germogli e <strong>della</strong> loro macerazione, per produrre<br />
il malto, ingrediente fondamentale per la<br />
produzione di birra e whisky. Sempre con orzo<br />
germogliato, in miscela con mandorle, si preparano<br />
sciroppi rinfrescanti, denominati orzate. Un<br />
altro impiego secondario è quello <strong>della</strong> produzione<br />
di surrogati di caffè, attraverso la lavorazione<br />
di <strong>un</strong> tipo chiamato mondo. L’orzo perlato,<br />
il solo tipo ancora usato per zuppe e minestre, è<br />
costituito da granelli bianchi e tondeggianti: in<br />
Italia la sua diffusione gastronomica riguarda<br />
prevalentemente la <strong>cucina</strong> friulana e quella altoatesina.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza
URGIADA o ORIADA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />
Fibra (g)<br />
542 19,5 27,0 58,9 131 43 9,3
ÖF IN CEREGHIN<br />
E’ la preparazione dell'uovo più com<strong>un</strong>e e semplice, l’equivalente dell’uovo al tegame o uovo<br />
fritto, ottenuto con il burro come condimento. Il nome deriva dall’aspetto, simile alla cotta<br />
(cerega) degli ecclesiastici. La formulazione con questo nome è diffusa in tutta la Lombardia,<br />
con parecchie varianti nel condimento (burro, lardo o olio) e nella consistenza dopo cottura<br />
di albume e tuorlo.<br />
Preparazione per 1 porzione<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 5 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura<br />
Utensili:<br />
Tegamino<br />
Ingredienti:<br />
UOVA FRESCHE (n.2, 120 g), BURRO (25 g),<br />
SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Soffriggere il burro nel tegamino<br />
• A colore oro scuro ed aspetto spumeggiante,<br />
rompervi le uova facendo attenzione a che il<br />
tuorlo rimanga integro<br />
• Lasciare coagulare l’albume (circa 1-2 minuti),<br />
salare e servire<br />
Note: rompere le uova e puciare (ovvero intingere)<br />
La riuscita dell’ öf in cereghin dipende da molti<br />
fattori: qualità delle uova (che devono essere<br />
freschissime), scelta del tempo ideale di soffrittura<br />
del burro (che deve imbiondire e spumeggiare,<br />
ma non bruciare come si usa spesso nella<br />
tradizione <strong>lombarda</strong>), tempo di cottura (il tuorlo<br />
non deve coagulare). <strong>Per</strong>sino la salatura è importante:<br />
è opport<strong>un</strong>o dirigere il sale sul solo albume<br />
per evitare la formazione di macchie nel<br />
tuorlo. Ma il vero segreto e l’<strong>un</strong>ica vera difficoltà<br />
è di rompere le uova delicatamente e istantaneamente,<br />
evitando che il tuorlo perda di integrità<br />
o che residui di guscio restino inglobati nella<br />
formulazione.<br />
Il sistema migliore è quello di battere seccamente,<br />
con <strong>un</strong>a oscillazione del polso, l’uovo<br />
nella sua fascia mediana sull’orlo del tegame,<br />
aprirlo facendo leva con i pollici sui lati del taglio<br />
formatosi nel guscio. Occorre procedere con delicatezza<br />
per evitare che i bordi del guscio “feriscano”<br />
il tuorlo mentre cade nel tegame.<br />
A differenza dell’uovo sodo (che nella tradizione<br />
popolare ha ottenuto minore fort<strong>un</strong>a), l’uovo in<br />
cereghin ha sempre rappresentato <strong>un</strong>a ottima<br />
occasione per puciare, ovvero per intingere il<br />
pane (o la polenta) nell’albume non rappreso,<br />
per costruire <strong>un</strong>a razione più sostanziosa. Sempre<br />
per questa ragione, generalmente si abbondava<br />
con il condimento, che in alternativa al<br />
burro poteva essere lardo o olio. Il “puciare”<br />
aveva <strong>un</strong> tempo <strong>un</strong>a precisa ritualità: prevedeva<br />
che la pa<strong>della</strong> fosse posta al centro <strong>della</strong> tavola<br />
e che tutti i commensali, a turno, intingessero<br />
con parsimonia.<br />
Varianti:<br />
In Brianza si usa rivoltare l’albume sul tuorlo,<br />
ottenendo <strong>un</strong>a specie di uovo in camicia. Anche<br />
in questo caso il tuorlo deve rimanere integro.<br />
L’uso di far soffriggere il burro fino a dorarlo è<br />
alquanto discutibile agli occhi delle attuali conoscenze<br />
scientifiche poiché si danneggiano le<br />
caratteristiche sensoriali del burro e si induce la<br />
formazione di composti poco digeribili.<br />
Gualtiero Marchesi, riproponendo questa semplice<br />
ricetta, consiglia di far sciogliere (ma non<br />
sfrigolare) <strong>un</strong>a piccola quantità di burro in <strong>un</strong>a<br />
pa<strong>della</strong> di misura per l’uovo (o le uova), di aggi<strong>un</strong>gere<br />
l’uovo e di continuare la soffrittura a<br />
fuoco molto moderato, salando il solo albume a<br />
cottura ultimata.<br />
Dato che l'uovo ha <strong>un</strong> contenuto elevato di colesterolo,<br />
la sua associazione con burro<br />
(anch’esso ricco di colesterolo e di grassi saturi)<br />
è alquanto discutibile sul piano salutistico: la<br />
formulazione è indicata solo nell’infanzia, quando<br />
la tolleranza verso il colesterolo è superiore.<br />
Abbinamenti:<br />
La tradizionale combinazione era <strong>un</strong> tempo con<br />
la polenta, sebbene il pane sia la forma di accompagnamento<br />
preferibile per intingere. Una<br />
insalata fresca (di soncino o di varietà pasqualina)<br />
realizza <strong>un</strong> perfetto abbinamento.<br />
E' consigliato <strong>un</strong> vino rosso leggero e brioso (ad<br />
esempio Lambrusco o Sangue di Giuda).<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza
ÖF IN CEREGHIN<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />
Fibra (g)<br />
323 13,1 29,9 0,3 535 450 0,0
LUMACHE TRIFOLATE<br />
Preparazione diffusa in tutta la Lombardia, nell’area subalpina è proposta più frequentemente<br />
per l’abbondanza naturale (soprattutto in primavera e in aut<strong>un</strong>no) di questo mollusco gasteropode<br />
di terra. Insieme alle rane, ai gamberi e ad altri animali minori (gatto selvatico,<br />
ghiri, scoiattoli), che <strong>un</strong> tempo erano oggetto di caccia o di raccolta occasionale, le lumache<br />
sono oggi sovente oggetto di forte preferenza o forte avversione sul piano gastronomico.<br />
Ormai diffusamete allevate, nel nostro Paese sono proposte ov<strong>un</strong>que, sebbene ness<strong>un</strong>a preparazione<br />
abbia raggi<strong>un</strong>to la notorietà dei modelli gastromici francesi (lumache alla borgognona).<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Pesci<br />
Stagionalità: Primavera, Aut<strong>un</strong>no<br />
Difficoltà: Elevata<br />
Tempo esecuzione: 90 minuti (+ spurgo)<br />
Tecnica di cottura: Soffrittura, Lessatura<br />
Utensili:<br />
Tagliere, pentola, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
LUMACHE INTERE (1 kg), BURRO (80 g), AGLIO<br />
(n.2 spicchi), PREZZEMOLO (n.3 pugni), VINO<br />
BIANCO SECCO (150 mL), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• (Spurgare le lumache ed eliminare i gusci)<br />
• Tagliare le lumache a pezzettini<br />
• Riscaldare in <strong>un</strong>a pentola 50 g di burro e farvi<br />
soffriggere 2 spicchi di aglio e 2 pugni di<br />
prezzemolo tritato<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere le lumache a fuoco più vivo, mescolare<br />
ed incorporare il vino<br />
• Cuocere per circa 40 minuti nella pentola incoperchiata.<br />
• Scoprire la pentola, lasciare addensare il fondo<br />
di cottura, aggi<strong>un</strong>gere 30 g di burro ed 1<br />
pugno di prezzemolo tritato<br />
• Servire con polenta fresca, fritta o arrostita<br />
Note: spurgare le lumache<br />
Esistono diverse tecniche per effettuare questa<br />
operazione, in f<strong>un</strong>zione anche del periodo di<br />
raccolta. Le lumache in letargo (usate nella <strong>cucina</strong><br />
francese) possono essere semplicemente<br />
lavate e lessate, in quanto sono più pulite. L’impiego<br />
delle lumache “corridore”, cioè catturate<br />
in primavera o aut<strong>un</strong>no, tipico nella nostra <strong>cucina</strong>,<br />
richiede <strong>un</strong> preventivo spurgo per eliminare<br />
residui di vegetali amari (e anche tossici per<br />
l’uomo) di cui i molluschi si nutrono. A tal fine le<br />
lumache vive vanno tenute a digi<strong>un</strong>o per 2 giorni<br />
in <strong>un</strong> cesto con foglie di lattuga e la mollica di<br />
due panini, o con foglie di timo.<br />
In Brianza questa operazione era effettuata anche<br />
con farina gialla e crusca.<br />
Dopo questo spurgo (e com<strong>un</strong>que se si usano<br />
anche i molluschi in letargo), occorre lavare le<br />
lumache almeno 3 volte, spazzolandone il guscio,<br />
e poi farle marinare per <strong>un</strong>’ora in <strong>un</strong>a catinella<br />
colma d’acqua con <strong>un</strong> pugno di sale grosso<br />
e <strong>un</strong> bicchiere d’aceto. Successivamente occorre<br />
lessare le lumache per 10 minuti, sempre in<br />
acqua salata e acidulata con aceto. I molluschi<br />
vanno poi asportati dai gusci tagliando longitudinalmente,<br />
con le forbici o con <strong>un</strong>o spillone, la<br />
pellicola che ricopre l’intestino. Le sostanze viscide<br />
che ricoprono il mollusco sono a questo<br />
p<strong>un</strong>to asportabili strofinandolo con farina gialla<br />
grossolana.<br />
Varianti:<br />
In Brianza le lumache sono servite anche in umido<br />
(con aromi quali cipolla e semi di finocchio<br />
ed ingredienti come l’acciuga schiacciata), fritte,<br />
“in conscia” (rosolate e poi “tirate” con brodo),<br />
o con noci e nocciole: in tutti i casi si cerca<br />
di abbondare con i condimenti per poter abbinare<br />
con la polenta.<br />
Abbinamenti:<br />
La polenta è accompagnamento obbligatorio,<br />
secondo l’uso lombardo. Un vino rosso giuovane<br />
e di gusto erbaceo (Merlot, Refosco o Cabernet)<br />
è particolarmente adatto.<br />
L’ingrediente: la lumaca<br />
La lumaca di terra o chiocciola di uso alimentare<br />
appartiene alla specie helix pomatia ed è <strong>un</strong><br />
mollusco dotato di carni tenere, ad alto contenuto<br />
proteico e vitaminico, povere in grassi. Diverse<br />
sono le specie ad utilizzazione alimentare:<br />
si va dalla più pregiata “lumaca di vigna” (quelle<br />
con guscio nocciola e di grandi dimensioni) alle<br />
specie indigene più piccole. Impiegate<br />
nell’alimentazione già nell’antica Roma, compaiono<br />
frequentemente sulle tavole del Medioevo.<br />
Oggi sono allevate e commercializzate<br />
anche già pulite, precotte e/o surgelate.<br />
Si consumano tradizionalmente in tutto il territorio<br />
<strong>della</strong> regione, preparandole con il burro,<br />
con il pomodoro ed anche con <strong>un</strong> intingolo in cui<br />
il carattere gustativo dominante è fornito dal vino<br />
come nel salmì.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza
LUMACHE TRIFOLATE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />
Fibra (g)<br />
221 8,2 17,8 0,3 395 50 0,5
MANZO ALLA CALIFORNIA<br />
A dispetto del nome, questa ricetta appartiene alla grande tradizione degli stracotti lombardi:<br />
California è infatti <strong>un</strong>a località vicino a Monza e la ricetta gode di <strong>un</strong>a certa notorietà in tutti i<br />
testi di <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong>. La combinazione del manzo con latte o panna (nelle versioni più<br />
moderne) ammorbidisce e “lega” la carne, tendenzialmente fibrosa, fornendo <strong>un</strong> piatto particolarmente<br />
appetibile. Un tempo la carne di manzo era <strong>un</strong>a presenza sporadica, limitata alle<br />
festività: la l<strong>un</strong>ga cottura esaltava l’estrazione dei succhi e favoriva la formazione di <strong>un</strong>a “pucia”<br />
in cui intingere pane o polenta.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 240 minuti<br />
Tecnica di cottura: Rosolatura, Brasatura<br />
Utensili:<br />
Tagliere, pentola, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
POLPA DI MANZO (1000 g), PANCETTA (30 g),<br />
BURRO (30 g), CIPOLLA (n.1), FARINA TIPO 00<br />
(1 cucchiaio), ACETO (1/2 bicchiere), LATTE<br />
INTERO (1/2 litro)<br />
Esecuzione:<br />
• (La sera precedente tagliare la pancetta a<br />
striscioline e lar<strong>della</strong>re il manzo)<br />
• Rosolare la cipolla affettata nel burro<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere la carne infarinata<br />
• Addizionare l’aceto e far bollire fino a che<br />
non sia evaporato<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere 400 mL di latte, coprire e cuocere<br />
lentamente per 3 ore e mezzo<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere il resto del latte<br />
• Far bollire per 10 minuti, togliere dal fuoco e<br />
separare il sugo<br />
• Affettare il manzo e cospargerlo col sugo separato<br />
Note: lar<strong>della</strong>re<br />
Con questa operazione, listelli di lardo, pancetta<br />
o prosciutto grasso (lardelli) vengono introdotti<br />
in volatili, pesci o tagli di carne in modo tale che<br />
durante la cottura il grasso contenutovi, fondendo,<br />
irrori il muscolo circostante ammorbidendolo.<br />
Nei pezzi di carne i lardelli vanno sempre<br />
introdotti l<strong>un</strong>go il filo <strong>della</strong> muscolatura. La<br />
lar<strong>della</strong>tura non va confusa con la picchiettatura<br />
(operazione analoga, ma che lascia i lardelli<br />
sporgere dal muscolo) o con la steccatura (introduzione<br />
di sole erbe aromatiche, quali il rosmarino).<br />
La lar<strong>della</strong>tura si esegue con <strong>un</strong> apposito<br />
attrezzo (lardatoio), o, in sua mancanza<br />
con <strong>un</strong>a lama app<strong>un</strong>tita ed affusolata.<br />
Varianti:<br />
La sostituzione del latte con la panna e il brodo<br />
è menzionata in tutti i ricettari milanesi. Il Dubini<br />
propone <strong>un</strong>a variante aromatizzata con<br />
chiodi di garofano e noce moscata. In alc<strong>un</strong>e<br />
versioni, viene consigliato di aggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong> po’<br />
di zafferano prima di addensare definitivamente<br />
il sugo. In altre, l’aceto viene aggi<strong>un</strong>to alla carne<br />
precedentemente lar<strong>della</strong>ta, in modo che diffonda<br />
omogeneamente nel muscolo.<br />
Abbinamenti:<br />
Questo piatto si abbina convenientemente con<br />
<strong>un</strong>a minestra leggera o con <strong>della</strong> polenta. Si<br />
può combinare anche con patate e prezzemolo<br />
o altre verdure lessate. Accompagnare con <strong>un</strong><br />
vino rosso robusto e asciutto: <strong>un</strong> Valtellina superiore<br />
oppure <strong>un</strong> Botticino bresciano, già sufficientemente<br />
affinati.<br />
L’ingrediente: latte vs. panna<br />
La sostituzione del latte con la panna in molte<br />
pratiche <strong>cucina</strong>rie correnti dipende dalla necessità<br />
di ridurre i tempi di elaborazione (evaporazione<br />
e concentrazione dei sughi) e dalla praticità<br />
<strong>della</strong> panna, dotata di caratteristiche leganti<br />
più facili da controllare: nel caso dell’impiego<br />
del latte, infatti, occorre prestare molta attenzione<br />
affinchè questo ingrediente evapori lentamente,<br />
pena la formazione di coaguli e incrostazioni.<br />
La panna inoltre, avendo <strong>un</strong> contenuto<br />
elevato di grassi, assicura <strong>un</strong>a particolare gustosità<br />
a questo come ad altri piatti, tant’è vero<br />
che tutta la <strong>cucina</strong> meno raffinata ne abbonda.<br />
E’ superfluo ricordare che dal p<strong>un</strong>to di vista nutrizionale<br />
tutto depone a favore dell’uso di latte.<br />
Nella presente ricetta l’abbondanza dei condimenti<br />
(pancetta, burro) consiglierebbe di evitare<br />
la panna.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza
MANZO ALLA CALIFORNIA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />
Fibra (g)<br />
301 40,2 13,1 6,0 165 126 0,1
AGNELLO ALLA VALSASSINESE<br />
Si tratta di <strong>un</strong>a delle formulazioni più antiche e più semplici per la cottura <strong>della</strong> carne degli<br />
ovini, diffusa con minime varianti in quasi tutta l’Italia, ma anche nella penisola Iberica, nei<br />
Balcani e nel vicino Oriente. Agnello all’aretina nella tradizione toscana, a scottadito in quella<br />
romana, alla brace in quella delle regioni del Meridione: cambia il nome, ma si tratta sempre<br />
dello stesso archetipo alimentare.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no-Primavera<br />
Difficoltà: Minima<br />
Tempo di marinatura 10 ore<br />
Tempo di esecuzione: 40 minuti<br />
Tecnica di cottura: Cottura alla piastra<br />
Utensili:<br />
Tagliere, trinciante, sco<strong>della</strong>, pietra da camino<br />
(o barbecue)<br />
Ingredienti:<br />
AGNELLO ( 1,2 kg), OLIO DI OLIVA (20 g),<br />
AGLIO (2 spicchi), ROSMARINO (<strong>un</strong> rametto),<br />
TIMO (alc<strong>un</strong>i brindilli), SALE E PEPE (q. b.).<br />
Esecuzione:<br />
• Tagliare la carne a pezzetti e metterla a marinare<br />
in <strong>un</strong>a sco<strong>della</strong> con l’olio, il rosmarino<br />
tritato, il sale e il pepe.<br />
• Scaldare la pietra, quando sia ben calda disporvi<br />
sopra la carne, rigirandola spesso per<br />
circa 40 minuti, bagnandola quando si asciuga<br />
troppo con l’intingolo <strong>della</strong> marinata.<br />
• Servire caldissima.<br />
Note: cuocere alla pietra<br />
La pietra per cuocere sulla fiamma viva, è propriamente<br />
<strong>un</strong>a lastra di pietra ollare (composta<br />
di talco, clorite e mica), chiamata com<strong>un</strong>emente<br />
nel dialetto piöda (lastra, app<strong>un</strong>to, come quelle<br />
che si sfaldano sui fianchi delle montagne).<br />
L’uso <strong>della</strong> pietra era abbastanza com<strong>un</strong>e nelle<br />
valli e nelle case di montagna, prima <strong>della</strong> diffusione<br />
dei moderni barbecue e delle bistecchiere.<br />
Rispetto a questi attrezzi, la pietra garantisce,<br />
oltre alla facilità di pulitura e di conservazione,<br />
alc<strong>un</strong>i benefici di non poco conto. Evita il contatto<br />
diretto dei cibi con il fuoco (e quindi la carbonizzazione<br />
di parti più o meno estese degli stessi),<br />
e garantisce la distribuzione diffusa del calore,<br />
permettendo <strong>un</strong>a cottura omogenea. Non fa<br />
colare grassi sul fuoco, risparmiando così agli<br />
alimenti l’esposizione ai residui <strong>della</strong> combustione<br />
delle particelle lipidiche. Il discreto potere<br />
assorbente delle pietra, inoltre, fa sì che gli alimenti,<br />
soprattutto le carni, siano sempre in<br />
contatto con la quantità di grassi necessaria alla<br />
cottura.<br />
Varianti:<br />
Le stesse modalità di preparazione e di cottura<br />
si applicano anche alle carni di capretto. E’ diffusa<br />
la cottura con mix aromatici diversificati, in<br />
cui possono rientrare, oltre al rosmarino, la salvia,<br />
il timo, la maggiorana e il prezzemolo.<br />
Abbinamenti:<br />
La carne degli ovini dà a tal<strong>un</strong>i qualche problema<br />
di digeribilità; è perciò consigliabile servirla<br />
con insalatina di stagione all’interno di <strong>un</strong> pasto<br />
improntato alla leggerezza (<strong>un</strong> risottino senza<br />
eccessi lipidici e <strong>un</strong> dessert di frutta).<br />
L’abbinamento adatto sarà con vini caldi, asciutti,<br />
corposi, come <strong>un</strong> Valtellina Grumello non<br />
troppo invecchiato.<br />
L’ingrediente: agnello e capretto<br />
A partire dal X-XI secolo, l’allevamento bovino<br />
andò soppiantando, nelle zone padane, quello<br />
delle pecore e delle capre, tipico <strong>della</strong> cultura<br />
greco-latina sin dal primo millennio a. C..<br />
L’allevamento ovino e caprino rimase patrimonio<br />
dei territori alpini e prealpini, senza tuttavia assumere<br />
la consistenza necessaria a renderlo<br />
importante sotto il profilo economico. Più che<br />
per la carne, le pecore e soprattutto le capre<br />
erano allevate per il latte, destinato alla produzione<br />
di formaggi. A causa di questa eredità,<br />
risulta arduo tracciare <strong>un</strong>a descrizione esauriente<br />
dello stato dell’allevamento ovino e caprino<br />
oggi in Lombardia, proprio per il fatto che è praticato,<br />
spesso a livello familiare, con pochissimi<br />
capi, nelle zone più svantaggiate dell’area collinare<br />
e montana. Solo negli ultimi 10-15 anni,<br />
piccole aziende operanti nella fascia prealpina e<br />
nel Pavese hanno avviato forme di allevamento<br />
intensivo di caprini stanziali, con greggi di dimensioni<br />
medio-piccole (30-50 capi) impostate<br />
sulla gestione razionale di tutti i fattori di produzione.<br />
Nella gastronomia tradizionale, l’uso di<br />
carne di agnello o di capra non era com<strong>un</strong>e, ma<br />
limitato a eventi rituali, come la Pasqua. Nei ricettari<br />
del passato, com<strong>un</strong>que, a partire dalla<br />
ricetta per il castrato di Maestro Martino, identica<br />
a quella qui riproposta (se si eccettua la<br />
steccatura con cannella e chiodi di garofano), si<br />
dà maggior importanza alla pecora e al montone<br />
piuttosto che all’agnello e alla capra, dal momento<br />
che, nella cultura tradizionale era considerato<br />
<strong>un</strong>o sperpero la consumazione di <strong>un</strong> animale<br />
non ancora sufficientemente cresciuto.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza
AGNELLO ALLA VALSASSINESE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />
Fibra (g)<br />
536 62,6 31,6 0,7 655 210 0,2
MORE DI GELSO COTTE<br />
Il gelso è <strong>un</strong> albero tipico del paesaggio brianzolo, <strong>un</strong> tempo largamente diffuso giacché le<br />
sue foglie erano alimento prelibato delle larve dei bachi da seta. Come succede sovente nelle<br />
economie più semplici, le more di gelso (altrimenti dette “moroni”) divennero presto <strong>un</strong> frutto<br />
impiegato nella piccola gastronomia contadina, tanto a crudo (condite con succo di limone<br />
per modularne il gusto troppo dolciastro e stucchevole), quanto cotte.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Dessert a base di frutta<br />
Stagionalità: Estate<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 20 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
tegame di terracotta, cucchiaio di legno, zuppiera<br />
Ingredienti:<br />
MORE DI GELSO (Morus rubra) (500 g), SUCCO<br />
DI 4 LIMONI (100 g), ZUCCHERO (3 cucchiai).<br />
Esecuzione:<br />
• Mettere le more in <strong>un</strong> tegame di terracotta<br />
• Portarle all’ebollizione, rimescolando col cucchiaio<br />
di legno<br />
• Versare lo zucchero ed il succo di limone<br />
• Versare in <strong>un</strong>a zuppiera e coprire affinchè<br />
facciano <strong>un</strong> po’ di sugo<br />
• Mettere al fresco e servire<br />
Note: il gelso, il baco, la seta<br />
La lavorazione <strong>della</strong> seta, come è noto, si sviluppò<br />
in Italia nel Medioevo sotto influsso del<br />
contatto con le civiltà orientali, prima a Palermo<br />
e successivamente a Lucca e a Venezia. Probabilmente<br />
la lavorazione dei filati si diffuse prima<br />
<strong>della</strong> bachicoltura: anzi, la bachicoltura (e la<br />
conseguente coltivazione del gelso) fu imposta<br />
per legge, per sostenere le esigenze produttive<br />
e ridurre l’importazione. In Lombardia la lavorazione<br />
su larga scala fu importata a Milano da Filippo<br />
Maria Visconti che chiamò da Firenze <strong>un</strong>a<br />
colonia di maestri tessitori e tintori. Già nel 1471<br />
Galeazzo Maria Sforza impose nella campagna<br />
milanese la piantagione di 5 gelsi su ogni 10<br />
pertiche di terreno, onde promuovere la bachicoltura.<br />
Il maggiore impulso fu però dato da<br />
Ludovico Sforza, che favorì l’espandersi <strong>della</strong><br />
coltura del gelso in tutto il Ducato,<br />
comprendente a quei tempi anche l’alto Lario ed<br />
il Canton Ticino.<br />
La passione di Ludovico fu tale che la mora di<br />
gelso entrò financo nel suo stemma gentilizio,<br />
oltre che nel suo soprannome (Ludovico il Moro).<br />
La coltura del gelso e la lavorazione <strong>della</strong> seta<br />
continuarono nei secoli successivi più a Nord,<br />
soprattutto in Brianza e a Como, per l'ampia disponibilità<br />
di corsi d’acqua necessari a muovere<br />
le prime macchine.<br />
Varianti:<br />
Invece delle more scure, si possono impiegare<br />
le more bianche (morus alba sativa), che sono<br />
<strong>un</strong> po’ più insipide.<br />
Abbinamenti:<br />
Le more di gelso cotte si servono con gallette,<br />
fette di dolci induriti, biscottini.<br />
Il vino di accompagnamento deve essere liquoroso:<br />
Moscato secco o dry dell'Oltrepò o di San<br />
Martino <strong>della</strong> Battaglia.<br />
L’ingrediente: le more di gelso<br />
Delle due varietà note (morus alba e morus nigra),<br />
quest’ultima è la più adatta agli usi gastronomici,<br />
essendo meno dolciastra, più succosa e<br />
acida.<br />
Il suo colore rosso scuro è dovuto al peculiare<br />
contenuto in sostanze fenoliche <strong>della</strong> categoria<br />
degli antociani. Come tutte le more e i frutti di<br />
bosco, è molto ricca in vitamina C e vitamine<br />
del gruppo B. La sua maturazione è rapida, cosicchè<br />
l’uso migliore è quello di confezionare<br />
confetture o sciroppi.<br />
Ormai scomparsa (essendo abbandonata la coltura<br />
del gelso) dagli usi gastronomici, non viene<br />
praticamente più commercializzata: soltanto a<br />
Napoli, rimane traccia <strong>della</strong> tradizionale vendita<br />
delle more di gelso adagiate nelle foglie, per<br />
mantenerle fragranti e profumate, accompagnata<br />
dal grido musicale del gelsaio.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza
MORE DI GELSO COTTE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />
Fibra (g)<br />
76 1,7 0,0 18,3 3 0 2,1
ZUPPA DI CILIEGIE E MARASCHE<br />
Si tratta di <strong>un</strong> dessert o <strong>un</strong>a merenda, energizzante (per la presenza del vino) e interessante<br />
sul piano sensoriale, giacché presenta l’opposizione fra il dolce dello zucchero e l'aspro delle<br />
amarene. Questa ricetta testimonia la predilezione, fra i dolci lombardi, <strong>della</strong> frutta come ingrediente<br />
nobilitante: <strong>un</strong> po’ obbligatorio, per ridurre l’impiego dello zucchero (<strong>un</strong> tempo<br />
piuttosto raro) e <strong>un</strong> po’ necessario, per smaltire in stagione le eccedenze produttive degli alberi<br />
da frutto.<br />
Preparazione per 8 porzioni<br />
Tipologia: Dessert a base di frutta,<br />
Merende<br />
Stagionalità: Primavera, Estate<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 15 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
recipiente di coccio, zuppiera<br />
Ingredienti:<br />
AMARENE SNOCCIOLATE (1 kg), VINO ROSSO<br />
(6 bicchieri, 750 g), ZUCCHERO (250 g),<br />
CANNELLA (q.b.), CHIODI DI GAROFANO (q.b.),<br />
SCORZA GIALLA DI LIMONE (q.b.), FETTINE DI<br />
PANE (n. 20, 200 g)<br />
Esecuzione:<br />
• Portare ad ebollizione il vino in <strong>un</strong> recipiente<br />
di coccio<br />
• Unire lo zucchero, la cannella, i chiodi di garofano<br />
e la scorza di limone<br />
• Continuare a bollire fino ad evaporare la metà<br />
del volume<br />
• Versare le amarene e lasciare sobbollire <strong>un</strong><br />
attimo<br />
• Dopo aver separato gli aromi, travasare in<br />
<strong>un</strong>a zuppiera sul cui fondo sono disposte le<br />
fettine di pane<br />
• Mettere al fresco e servire<br />
Note: la cottura del vino<br />
La preparazione è basata sulla “cottura” del vino<br />
e sulla sua aromatizzazione con cannella e chiodi<br />
di garofano, come per il “vin brulée”. Questa<br />
operazione determina <strong>un</strong>a forte ossidazione delle<br />
sostanze fenoliche presenti in buona concentrazione<br />
nel vino rosso (soprattutto in quello ottenuto<br />
dall’uva americana o Clinton, <strong>un</strong> tempo<br />
tipica <strong>della</strong> Brianza e di tutta la zona prealpina).<br />
Il vino così preparato manifesta <strong>un</strong>a certa proprietà<br />
antivirale (oggi dimostrata anche a livello<br />
scientifico): non vi è dubbio d<strong>un</strong>que che la formulazione<br />
presentata abbia <strong>un</strong>a certa valenza<br />
di prescrizione verso i com<strong>un</strong>i malanni da raffreddamento.<br />
Varianti:<br />
Sono conosciute versioni di questa zuppa che risalgono<br />
al XVI secolo: secondo l’uso del tempo,<br />
le fette di pane erano precedentemente fritte<br />
nel burro.<br />
Un’altra variante consisteva nel riempire con il<br />
liquido e la frutta <strong>un</strong>a “cassetta” di pane (cioè<br />
<strong>un</strong> panino a forma parallelepipedo, privato <strong>della</strong><br />
mollica) da passare in forno e servire calda.<br />
Abbinamenti:<br />
Accompagnamento ideale per questo dolce sarebbero<br />
<strong>un</strong> rosolio o il ratafià; in mancanza di<br />
questi liquori fuori moda, il Moscato liquoroso<br />
dolce-naturale dell’Oltrepò.<br />
L’ingrediente: le amarene<br />
Dette anche visciole o marasche (a seconda<br />
delle sottospecie di derivazione), sono i frutti<br />
del Pr<strong>un</strong>us Cerasus (parente stretto del Pr<strong>un</strong>us<br />
Avium che fornisce le ciliegie dolci). Sono <strong>un</strong><br />
frutto antichissimo, probabilmente originario<br />
dell’Estremo Oriente ma già acclimatato nelle<br />
nostre zone nel periodo neolitico, come testimoniano<br />
i ritrovamenti di suoi noccioli in insediamenti<br />
palafitticoli dei laghi svizzeri.<br />
La coltivazione delle ciliegie e delle amarene fu<br />
poi diffusa in tutto il Nord dell’Europa dai coloni<br />
romani.<br />
Rispetto alle visciole e alle marasche, che hanno<br />
<strong>un</strong> colore rosso scuro, l’amarena è caratterizzata<br />
da <strong>un</strong>a tonalità più pallida e da <strong>un</strong> sapore<br />
fortemente acido ed amarognolo.<br />
Coltivata largamente in altre parti <strong>della</strong> penisola,<br />
in Lombardia l’amarena è presente come<br />
albero mantenuto presso le case di campagna<br />
per <strong>un</strong> consumo individuale e per decorazione.<br />
Ricche in acido citrico e in vitamina A, le amarene<br />
vengono utilizzate principalmente per conserve<br />
sotto alcol o per farne acquaviti, liquori e<br />
sciroppi.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza
ZUPPA DI CILIEGIE E MARASCHE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />
Fibra (g)<br />
319 3,2 0,1 62,7 7 0 2,4
Varese e Ticino<br />
La realtà antropica e culturale del Varesotto è lo specchio <strong>della</strong><br />
discontinuità storica e geografica che ha portato solo in epoca<br />
recente <strong>un</strong> agglomerato di “castellanze e di rioni” (come era<br />
stata definita Varese) a divenire <strong>un</strong>a città vera e propria,<br />
preposta a capoluogo di <strong>un</strong>a provincia il cui territorio era<br />
precedentemente amministrato in parte da Milano e in parte<br />
da Como.<br />
L’attuale provincia di Varese ha il suo p<strong>un</strong>to più settentrionale<br />
nel Luinese e quello più meridionale sull’asse Busto Arsizio-<br />
Saronno, in <strong>un</strong> territorio equamente spartito tra collina e<br />
montagna e compreso tra il lago Maggiore e il corso inferiore<br />
del Ticino ad Ovest e il lago di Lugano e il corso dell’Olona a<br />
Est.<br />
Se non è possibile individuare tradizioni gastronomiche forti al<br />
di fuori di quelle com<strong>un</strong>i alla fascia alpina e prealpina<br />
(prevalenza <strong>della</strong> cultura <strong>della</strong> castagna e del mais) e alle<br />
convalli lacustri <strong>della</strong> Lombardia occidentale, non si può<br />
tuttavia disconoscere alla <strong>cucina</strong> bustocca <strong>un</strong>a considerevole<br />
influenza sul territorio circostante, convalidata da ascendenti<br />
storici di prestigio. Parimenti, nella zona Sud occidentale, la<br />
frequentazione con l’agricoltura foraggero-risicola del Milanese<br />
e del Novarese ha portato in <strong>cucina</strong> il peso di <strong>un</strong>a cultura gastronomica<br />
molto omogenea e legata al territorio <strong>della</strong> risaia e<br />
<strong>della</strong> marcita.<br />
Sui rilievi, alle polente condite con il burro e con i formaggi<br />
delle Prealpi (Quartirolo e Taleggio), alla polenta maritata (con<br />
cotiche, fagioli e verdure) e alla polenta accomodata in forno<br />
sopra <strong>un</strong> letto di cipolle e burro, si affiancano i tradizionali<br />
piatti di castagne: il mach (castagne e riso), la zuppa di<br />
castagne e porri, le castagne con il latte. Ov<strong>un</strong>que sono<br />
diffuse le zuppe d’orzo, di cipolle, di zucca, di pesce di lago: il<br />
süp<strong>un</strong> din Varée, il mazzabur di Malnate, ris e verz; e i risotti:<br />
con la luganega, con gli asparagi, coi borlotti, con i gamberi di<br />
fiume, con la zucca, con le rane, con noci e prosciutto cotto.<br />
Tra i primi vanno annoverati i ravioli di lago con gamberi di<br />
fiume, i malfatti, gli gnocchi al cucchiaio.<br />
Il brasato di manzo e lo stracotto d’asino, i bruscitt, la<br />
rustisciada, il cappone con i f<strong>un</strong>ghi sono le preparazioni di<br />
carne più adatte alla polenta. Nelle valli era tradizionale la<br />
<strong>cucina</strong> del capretto (al forno, in umido, in sguazzetto); sui<br />
laghi si preparavano i germani e le anatre lacustri; in pianura<br />
le rane in sguazzetto. I contorni rustici richiedono le verze e le<br />
erbe selvatiche: la lattuga amara saltata nel burro, i denti di<br />
cane con la pancetta rosolata (cicoria mata con parò), i cuori<br />
di verza con ciccioli croccanti (scirò con s<strong>un</strong>git cald). Lo<br />
sformato di verdure alla finanziera, <strong>un</strong>a sorta di budino<br />
composto di verdure passate e legate con besciamella,<br />
testimonia influssi settecenteschi di derivazione francopiemontese.<br />
Hanno raggi<strong>un</strong>to notorietà internazionale i friabili amaretti di<br />
Saronno; ma si può trovare <strong>un</strong>a versione tenera di questa<br />
specialità negli amaretti di Gallarate e <strong>un</strong>a versione rustica nei<br />
Brutti e buoni di Gavirate. A Busto si conserva la tradizione<br />
<strong>della</strong> biscotteria d’epoca cortese: i mustazzitt, i cupett, le<br />
giromette; a Germignaga quella del croccante di mandorle.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino
RISO IN CAGNONE<br />
La denominazione viene dal lombardo cagn<strong>un</strong> = larva d’insetto: riso come larve, per<br />
l’aspetto che i chicchi di riso assumono dopo la cottura.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 30 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Frittura<br />
Utensili:<br />
pentola, casseruola<br />
Ingredienti:<br />
RISO (500 g), BURRO (100 g), AGLIO (1<br />
spicchio), SALVIA (6 foglie), FORMAGGIO<br />
GRANA GRATTUGIATO (80 g), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Cuocere il riso molto al dente in<br />
abbondante acqua salata<br />
• Nel frattempo schiacciare l'aglio e<br />
friggerlo a color nocciola insieme al burro<br />
e alla salvia<br />
• Scolare il riso e metterlo nei piatti<br />
• Scartare l'aglio e versare il condimento e<br />
il grana sul riso<br />
• Servire subito<br />
Note: accorgimenti per la preparazione del<br />
riso<br />
La preparazione è semplice ma, proprio per<br />
questo, necessita di alc<strong>un</strong>i accorgimenti,<br />
suggeriti dalla consuetudine. Il condimento<br />
deve essere pronto nello stesso momento il<br />
cui il riso, vialone o maratelli, cotto al dente,<br />
viene scolato, per evitare che passi di<br />
cottura. Il burro deve essere quasi fumante e<br />
aver preso <strong>un</strong> colore nocciola intenso, per<br />
ottenere, <strong>un</strong>a volta versato sul riso, l’effetto<br />
di crogiolatura e di doratura tipico di questo<br />
piatto. Va consumato caldissimo.<br />
Varianti:<br />
Il cagnone è diffuso in tutta la Lombardia<br />
occidentale, con scarsissime varianti,<br />
principalmente sulla quantità di spicchi<br />
d’aglio per il soffritto (da <strong>un</strong>o ad alc<strong>un</strong>i, fino<br />
a parecchi), così che oltre a Lodi, anche<br />
Milano, il Varesotto e la Lomellina ne vantano<br />
la paternità.<br />
In alc<strong>un</strong>e zone confinanti col Novarese, la<br />
stessa denominazione identifica <strong>un</strong> piatto in<br />
cui il condimento è ottenuto con cipolla<br />
soffritta nel burro e polpa di pomodoro, che<br />
può considerarsi <strong>un</strong>a variante ottocentesca<br />
rispetto alla arcaicità <strong>della</strong> nostra ricetta. Il<br />
Dubini ne dà <strong>un</strong>’interpretazione personalissima,<br />
con cipolla, olio, acciughe e noce<br />
moscata.<br />
Abbinamenti:<br />
Tipico primo invernale, da preporre o<br />
accompagnare a scaloppine con verdure o a<br />
pollo arrosto. Vi si abbini <strong>un</strong> vino fragrante e<br />
secco, ma equilibrato, quale il Franciacorta<br />
Pinot o il Riesling dell’Oltrepò, se<br />
particolarmente ricco di stoffa.<br />
L’ingrediente: l'aglio<br />
Sin dall’antichità, l’aglio (Allium sativum) è<br />
<strong>un</strong>o dei vegetali aromatici più usati in<br />
Lombardia (come del resto anche in tutti i<br />
paesi mediterranei), per il condimento di<br />
minestre, di risotti, di polenta, di paste<br />
farcite, ma anche per la cottura delle carni di<br />
tutti i tipi. Le evidenti qualità aromatiche<br />
dell’aglio, valorizzate il più delle volte dalla<br />
fragranza del burro (non di rado in<br />
associazione con la salvia) costituiscono<br />
quasi <strong>un</strong>a costante <strong>della</strong> gastronomia<br />
padana, per altri versi così attenta alla<br />
misura dei valori aromatici delle pietanze.<br />
Nel mondo <strong>della</strong> tradizione, l’aglio evocava<br />
sicuramente la memoria di quelle pratiche<br />
apotropaiche di cui i poveri avevano bisogno<br />
per sostenere <strong>un</strong>’esistenza priva di certezze.<br />
L’aglio era considerato dalla cultura popolare<br />
il più potente antidemoniaco, capace di<br />
allontanare gli influssi negativi e le disgrazie.<br />
Gli si attribuiva <strong>un</strong> forte valore di<br />
contravveleno e perciò veniva usato in tutte<br />
le occasioni alimentari in cui fosse in<br />
discussione la tossicità del cibo, soprattutto<br />
con i f<strong>un</strong>ghi, con i quali entra in associazione<br />
pressochè costante, al di là <strong>della</strong> tecnica di<br />
preparazione e <strong>della</strong> specificità delle singole<br />
formulazioni. .<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino
RISO IN CAGNONE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />
Fibra (g)<br />
459 10.3 18.1 67,9 489 56 0,8
RIS E ERBORIN<br />
Riso e prezzemolo. Erborin = erbetta, è <strong>un</strong>o dei nomi popolari, a carattere affettivo, del<br />
pedersem, dovuto con ogni probabilità al fatto che il prezzemolo è l’erbetta aromatica più<br />
diffusa nella <strong>cucina</strong> mediterranea.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 35 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
tagliere, casseruola, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
RISO (200 g), FORMAGGIO GRANA GRAT-<br />
TUGIATO (20 g), BRODO DI CARNE (1.2 litri),<br />
PREZZEMOLO (40 g), BURRO (20 g)<br />
Esecuzione:<br />
• Lavare e tritare finemente il prezzemolo<br />
• Mettere sul fuoco <strong>un</strong>a casseruola con il brodo<br />
e portare a bollore<br />
• Unire il riso e cuocere mescolando di tanto in<br />
tanto<br />
• Quando il riso è cotto, togliere dal fuoco e<br />
incorporarvi il prezzemolo e il burro<br />
• Mescolare bene, versare nella zuppiera e accompagnare<br />
con il grana<br />
Note: la qualità del brodo<br />
La buona riuscita del ris e erborin dipende molto<br />
dalla qualità del brodo. Va da sé che <strong>un</strong> brodo di<br />
dado dà <strong>un</strong>a minestra assai meno gradevole che<br />
non il brodo preparato in casa col bollito misto,<br />
o anche soltanto con il biancostato di manzo o<br />
con la carcassa di pollo. Il riso più idoneo è<br />
quello per minestre, maratelli o rizzotto. La<br />
minestra dovrà risultare piuttosto fitta di riso e i<br />
chicchi cotti a p<strong>un</strong>tino.<br />
Varianti:<br />
Talvolta il prezzemolo è <strong>un</strong>ito al brodo contemporaneamente<br />
al riso, con <strong>un</strong>a discreta perdita<br />
di qualità aromatica.<br />
Raramente si consiglia di sostenere l’aroma del<br />
prezzemolo con mezza foglia di salvia,<br />
anch’essa tritata fine. Qualche versione rustica<br />
provvede ad ispessire il brodo con <strong>un</strong> paio di<br />
patate cotte a parte e passate al setaccio.<br />
Abbinamenti:<br />
Può precedere con gentilezza <strong>un</strong> piatto di<br />
arrosto o la cotoletta impanata, coi rispettivi<br />
contorni.<br />
Si accompagna a <strong>un</strong> vino bianco dal profumo intenso<br />
e dal gusto non marcatamente acido,<br />
come il Tocai di San Martino <strong>della</strong> Battaglia.<br />
L’ingrediente: il brodo.<br />
Di minestre in brodo, più o meno l<strong>un</strong>ghe, era<br />
veramente ricca la <strong>cucina</strong> tradizionale. La<br />
facezia: "Padre priore, aumenta <strong>un</strong> frate...”<br />
"Brodo l<strong>un</strong>go e seguitate!" p<strong>un</strong>tualizza proprio<br />
la centralità <strong>della</strong> minestra in brodo nella<br />
alimentazione povera, il suo essere cibo per<br />
antonomasia, in ragione <strong>della</strong> capacità di<br />
trasformarsi in sostanziosissima zuppa con<br />
l’aggi<strong>un</strong>ta di (quasi) illimitate quantità di pane.<br />
Il brodo classico si ottiene facendo bollire, in<br />
abbondante acqua salata, carne mista di manzo<br />
(biancostato, reale, muscolo), <strong>un</strong>a mezza<br />
gallina e <strong>un</strong> pezzo d’osso spugnoso assieme ad<br />
<strong>un</strong> mazzetto aromatico composto da <strong>un</strong>a<br />
cipolla, <strong>un</strong>a carota, <strong>un</strong> gambo di sedano, due<br />
pomodori, <strong>un</strong> ciuffo di prezzemolo e due foglie<br />
di basilico. Come ricorda Pellegrino Artusi, per<br />
avere <strong>un</strong> buon brodo, bisogna mettere gli ingredienti<br />
nell’acqua fredda. La mezza gallina dovrà<br />
essere tolta dalla pentola non appena sia cotta,<br />
per evitare che si disperda nel brodo a causa<br />
<strong>della</strong> cottura prol<strong>un</strong>gata <strong>della</strong> carne di manzo.<br />
Man mano che il calore porta alla formazione di<br />
schiuma nerastra, dovuta alla solubilizzazione e<br />
coagulazione dell’albumina presente nelle fibre<br />
<strong>della</strong> carne, la si asporta con la schiumarola.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino
RIS E ERBORIN<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />
Fibra (g)<br />
247 8,7 6,4 40,4 1017 18 0,9
CAPPELLE DI PORCINI IN FRASCA<br />
Più precisamente: cappelle di f<strong>un</strong>ghi porcini in frasca alla pietra ollare. In frasca, perché<br />
avvolte in <strong>un</strong>a foglia di vite, con <strong>un</strong>a tecnica usata anche per arrostire uccellini, polpette o<br />
altro cibo di pezzatura piccola, senza farli asciugare troppo. La pietra ollare (da olla, pentola)<br />
è <strong>un</strong>a particolare sedimentazione di talco, clorite e mica, dalla quale si ricavavano<br />
artigianalmente vasetti e pentole; oggi vi si fabbricano lastre (beole o piode) per la cottura<br />
nel camino o sul barbecue.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Estate, Aut<strong>un</strong>no<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 30 minuti<br />
Tecnica di cottura: Cottura alla piastra<br />
Utensili:<br />
stecchini, spelucchino, pietra ollare<br />
Ingredienti:<br />
CAPPELLE DI FUNGHI PORCINI (n. 6, di media<br />
grandezza), FOGLIE DI VITE (n.6, grandi), OLIO<br />
DI OLIVA EXTRAVERGINE (40 g), TIMO (q.b.),<br />
SALE (q.b.), PEPE BIANCO (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Pulire bene le cappelle di f<strong>un</strong>ghi con <strong>un</strong>o<br />
spelucchino sotto acqua fredda corrente,<br />
senza lasciarle a bagno<br />
• Lavare le foglie di vite<br />
• Posare <strong>un</strong>a cappella su ogn<strong>un</strong>a delle foglie di<br />
vite, cospargere con <strong>un</strong> po’ di timo, salare e<br />
pepare<br />
• Pennellare con l’olio e chiudere ogni foglia<br />
molto bene con degli stecchini<br />
• Far cuocere per circa 10 minuti sulla pietra<br />
ollare precedentemente scaldata<br />
• Servire senza aprire<br />
Note: pulire i porcini<br />
Tutti i f<strong>un</strong>ghi temono l’acqua; i boleti, forniti di<br />
micelio spugnoso, la temono più degli altri: non<br />
devono perciò essere bagnati, tanto meno sotto<br />
l’acqua corrente. Un’accurata pulizia dei porcini<br />
inizia dall’eliminazione <strong>della</strong> parte inferiore del<br />
gambo, alla quale sono attaccati i residui<br />
terrosi. Successivamente, con <strong>un</strong> coltello, si<br />
raschia la parte superiore del gambo,<br />
asportando anche le parti che risultino intaccate<br />
dai vermi. La cappella e il gambo (non il<br />
micelio!) si strofinano poi con <strong>un</strong> panno<br />
inumidito. In questa ricetta si utilizzano solo le<br />
cappelle: i gambi, tagliati a fette regolari,<br />
possono andare a insaporire <strong>un</strong> risotto o<br />
costituire la base per minestre e creme di<br />
f<strong>un</strong>ghi; tritati grossolanamente entrano nel ripieno<br />
del tacchino e <strong>della</strong> gallina.<br />
Varianti:<br />
La ricetta è <strong>un</strong>a variante rispetto a quella più<br />
diffusa che prevede la cottura sulla piastra,<br />
sulla griglia o in cartoccio. Il pampino di vite<br />
aromatizza i f<strong>un</strong>ghi e conserva loro il giusto<br />
grado di umidità. Talvolta al timo è aggi<strong>un</strong>to<br />
mezzo spicchio d’aglio tritato finissimo.<br />
Abbinamenti:<br />
Una cappella per commensale può essere<br />
antipasto; due o più costituiscono <strong>un</strong> secondo<br />
piatto più che <strong>un</strong> contorno. In tutti i casi il vino<br />
adatto è <strong>un</strong> rosato: ottimo il Lagrein altoatesino<br />
o <strong>un</strong> Colli Morenici del Garda DOC.<br />
L’ingrediente: i f<strong>un</strong>ghi<br />
Le zone alpine e prealpine sono <strong>un</strong> vero e proprio<br />
paradiso terrestre per i raccoglitori di<br />
f<strong>un</strong>ghi, principalmente in aut<strong>un</strong>no, ma anche in<br />
primavera e in estate. La raccolta è oggi<br />
disciplinata da rigidi regolamenti regionali. Oltre<br />
al Boletus edulis (il porcino), sono molto<br />
ricercate tutte le altre varietà di boleti: il Boletus<br />
aureus (leccino), il Boletus castaneus (porcino<br />
dei castagni), il Boletus elegans (laricino), il<br />
Boletus granulatus (pinarello o pinaccio), il<br />
Boletus rufus (albarello), il Boletus badius<br />
(porcino baio). Ottimi freschi, i boleti sono i<br />
f<strong>un</strong>ghi che meglio si prestano all’essiccazione e<br />
alla conservazione, risultando così i più<br />
ricercati, anche in ragione <strong>della</strong> loro quasi<br />
assoluta riconoscibilità.<br />
I buoni raccoglitori di f<strong>un</strong>ghi sanno tuttavia che<br />
la varietà dei miceti eduli presenti sui rilievi<br />
lombardi comprende molte altre specie di<br />
grande pregio gastronomico: l’Amanita<br />
caesarea (ovulo, ormai divenuto rarissimo),<br />
l’Armillariella mellea (chiodino, dal fine aroma di<br />
mandorla), l’Agaricus (prataiolo, presente anche<br />
in pianura), il Cantharellus (gallinaccio), la<br />
Clavaria (conosciuta come ditola o manina), il<br />
Clytocibe nebularis (agarico nebbioso), la<br />
Lepiota procera (mazza di tamburo,<br />
impareggiabile cotoletta vegetale, <strong>un</strong>a volta<br />
impanata e fritta), il candido Lycoperdon (pet<br />
de lûf o vescia), la Russola, dal gusto<br />
leggermente piccante.<br />
Dal p<strong>un</strong>to di vista nutrizionale i f<strong>un</strong>ghi sono ricchi<br />
di sali minerali e vitamine ed hanno basso<br />
apporto calorico: la sostanza fibrosa di cui sono<br />
principalmente costituiti li rende difficili da digerire<br />
se consumati in quantità eccessiva.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino
CAPPELLE DI PORCINI IN FRASCA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />
Fibra (g)<br />
85 4,3 7,5 0,2 446 0 2,8
ROSTISCIADA<br />
Rustisciada è il termine del dialetto usato per questo tipico piatto da accompagnare alla<br />
polenta; deriva dalla radice rost, arrosto, anche se si tratta propriamente di <strong>un</strong>o stufato,<br />
probabilmente perché nella tradizione contadina si preparava dopo aver soffritto (rusté) la<br />
cipolla e la carne nel grasso di maiale o nel lardo battuto. Si prepara in tutta la regione con<br />
<strong>un</strong>’infinità di piccole varianti.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo di esecuzione: 50 minuti<br />
Tecnica di cottura: Soffrittura, Stufatura<br />
Utensili:<br />
Tagliere, trinciante, casseruola bassa con<br />
coperchio<br />
Ingredienti:<br />
SPALLA DI MAIALE (400 g), SALSICCIA DI<br />
MAIALE (luganega, 400 g), CIPOLLE (n. 2),<br />
BURRO (40 g), FARINA BIANCA (n. 2 cucchiai),<br />
POLPA DI POMODORO (100 g), SALE E PEPE (q.<br />
b.).<br />
Esecuzione:<br />
• Affettare le cipolle e farle imbiondire nella<br />
casseruola con il burro, dopo averle salate.<br />
• Una volta cotta la cipolla, <strong>un</strong>irvi la salsiccia<br />
tagliata a pezzi di circa 10 cm, il pomodoro,<br />
<strong>un</strong> mestolino d’acqua calda e il pepe.<br />
• Tagliare la spalla di maiale a fettine<br />
sottilissime, infarinarle e stenderle sulle<br />
cipolle, disponendo <strong>un</strong> altro strato, man<br />
mano che sarà cotto quello inferiore.<br />
• Mischiare infine tutto, aggi<strong>un</strong>gendo, se<br />
necessario, del sale e dando <strong>un</strong>’ultima<br />
cottura di cinque minuti a fuoco vivace.<br />
Servire ben caldo.<br />
Note: salare a fine cottura<br />
Nei ricettari del passato troviamo poca<br />
<strong>un</strong>iformità nell’uso del sale: tal<strong>un</strong>i salano le<br />
pietanze all’inizio, altri in corso di cottura, altri<br />
ancora alla fine. Presumibilmente non c’è <strong>un</strong>a<br />
regola <strong>un</strong>ivoca, ma sicuramente l’abitudine a<br />
salare, laddove le procedure di preparazione lo<br />
consentano, al termine <strong>della</strong> cottura offre alc<strong>un</strong>i<br />
vantaggi. In primo luogo si evita l’indurimento<br />
superficiale delle carni e la cessione dei loro<br />
succhi (soprattutto nelle formulazioni con scarso<br />
liquido di cottura); si ha, poi, la possibilità di<br />
valorizzare maggiormente la complessità<br />
gustativa immessa nella pietanza dai vari aromi<br />
e dai condimenti; e infine si elude la possibilità<br />
di sbagliare il dosaggio in presenza di<br />
ingredienti già particolarmente saporiti, come,<br />
nel nostro caso la salsiccia, che rilasciano<br />
nell’intingolo il sale di cui spesso abbondano.<br />
Varianti:<br />
In Brianza questo piatto si prepara con lombo di<br />
maiale e senza salsiccia, utilizzando lardo invece<br />
di burro, e prende il nome di rustida o<br />
rustisciana. Nella stessa zona, alc<strong>un</strong>i<br />
aggi<strong>un</strong>gono fegatini di pollo. In alc<strong>un</strong>e versioni<br />
arcaiche si riscontra la cottura con l’oli de la<br />
lümm, l’olio di linosa fatto in casa. Molti ricettari<br />
consigliano di versare nella casseruola vino<br />
bianco secco o rosso prima dei pomodori. In<br />
alc<strong>un</strong>i casi la salsiccia viene scottata in acqua<br />
bollente per sottoporla ad <strong>un</strong>a prima<br />
sgrassatura. In altri, sia la salsiccia che le<br />
fettine di carne sono rosolate nel condimento<br />
prima dell’aggi<strong>un</strong>ta dei pomodori. <strong>Per</strong><br />
l’aromatizzazione si possono utilizzare, secondo<br />
gradimento, salvia, rosmarino e chiodi di<br />
garofano.<br />
Abbinamenti:<br />
Tradizionale l’abbinamento con la polenta e con<br />
<strong>un</strong> vino rosso, giovane e vigoroso, come il<br />
Valtellina DOC o le Barbere e le Bonarde<br />
dell’Oltrepò.<br />
L’ingrediente: il maiale<br />
Il sottobosco ceduo è ambiente ottimale per<br />
l’allevamento dei suini, sicché il maiale è stato,<br />
fin dai tempi più antichi, <strong>un</strong>o dei cardini<br />
dell’economia alimentare <strong>lombarda</strong>, dal<br />
momento che non richiedeva spese e garantiva<br />
<strong>un</strong>a riserva proteica e lipidica destinata ad<br />
essere consumata nel corso di <strong>un</strong> intero anno.<br />
Solo in questa prospettiva è possibile<br />
comprendere in pieno la dimensione di festa dei<br />
poveri ass<strong>un</strong>ta, nelle campagne, dall’annuale<br />
uccisione del purscell, all’inizio dell’inverno: <strong>un</strong><br />
vero e proprio rituale pagano, cui partecipava<br />
tutta la com<strong>un</strong>ità.<br />
Se è vero che all’uccisione del porco faceva<br />
seguito la consumazione com<strong>un</strong>itaria <strong>della</strong> sue<br />
parti più deperibili (il sangue, le interiora<br />
povere, il codino, le costine, i ginocchi e i<br />
piedini, la testa, le cotiche), è altrettanto vero<br />
che la maggior parte <strong>della</strong> bestia, tutte le sue<br />
parti migliori, si destinavano agli insaccati e alla<br />
conservazione: salami (crudi e cotti), salsicce,<br />
cotechini, mortadelle di fegato, lardo e<br />
pancette. Ai giorni nostri, questi prodotti <strong>della</strong><br />
fame che aguzza l’ingegno umano sono<br />
diventati specialità autonome, che continuano a<br />
connotare in modo preciso la cultura di <strong>un</strong><br />
territorio, in barba alle spinte omologanti <strong>della</strong><br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino
grande industria. La loro salvaguardia è <strong>un</strong><br />
preciso dovere <strong>della</strong> com<strong>un</strong>ità.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino
ROSTISCIADA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />
Fibra (g)<br />
556 34,5 43,6 6,7 1565 103 0,6
STUFATO D’ASINO<br />
Da stufa. Ma già dal secolo scorso, stufato è sinonimo di brasato (da brace), di stracotto<br />
(termine prediletto da Pellegrino Artusi) e di umido, ad indicare la cottura lenta e prol<strong>un</strong>gata<br />
di alc<strong>un</strong>i tagli di carne, generalmente preceduta da rosolatura.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 240 minuti<br />
Tecnica di cottura: Stufatura, Bollitura<br />
Utensili:<br />
spago per arrosti, lardatoio, casseruola con coperchio<br />
a chiusura ermetica, setaccio, foglio di<br />
alluminio, pirofila, coltello ben affilato.<br />
Ingredienti:<br />
REALE DI ASINO (1 kg), CIPOLLE (60 g),<br />
CAROTE (60 g), SEDANO (60 g), FUNGHI<br />
SECCHI (20 g), OLIO DI OLIVA (30 g), BURRO<br />
(40 g), FARINA BIANCA 00 (20 g), LARDO (50<br />
g), VINO ROSSO CORPOSO (120 cc), BRODO DI<br />
CARNE (1 L), AGLIO (n.1 spicchio), CHIODI DI<br />
GAROFANO (n.2), NOCE MOSCATA (q.b.),<br />
CANNELLA (q.b.), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Steccare con l’aglio e lar<strong>della</strong>re la carne; legarla<br />
e infarinarla leggermente<br />
• In <strong>un</strong>a casseruola far rosolare l’olio e il burro<br />
e aggi<strong>un</strong>gere la carne<br />
• Farla rosolare bene sui lati e bagnarla con il<br />
vino; aggi<strong>un</strong>gere le verdure e le spezie<br />
• Coprire con il brodo<br />
• Coprire e cuocere lentamente per circa 4 ore<br />
• A cottura ultimata togliere la carne, avvolgerla<br />
in <strong>un</strong> foglio di alluminio<br />
• Passare al setaccio le verdure<br />
• Fare restringere il sugo rendendolo cremoso<br />
• Affettare la carne e disporla nella pirofila ben<br />
calda, coprirla con il suo intingolo e servirla<br />
caldissima con polenta o patate<br />
Note: a fuoco lentissimo<br />
Nella tradizione ottocentesca, lo stufato costituiva<br />
il piatto di carne domenicale, soprattutto<br />
nel periodo freddo, ma anche la pietanza che,<br />
per le sue specifiche modalità di cottura, era<br />
possibile trovare sempre pronta nelle osterie<br />
lombarde. Generalmente si preparava con il culaccio<br />
di bue, ma quasi ov<strong>un</strong>que, in campagna,<br />
si usavano anche i tagli più nervosi ricavati dalla<br />
macellazione dell’asino o del cavallo. La stufatura<br />
(o la brasatura, ottenuta appoggiando le<br />
braci accese sopra il coperchio del tegame) durava<br />
spesso 8-10 ore e rendeva morbida e<br />
sugosa <strong>un</strong>a carne altrimenti difficilmente<br />
commestibile.<br />
Usando carne d’asino, più asciutta, è d’obbligo<br />
la lar<strong>della</strong>tura, ma la migliore qualità del prodotto<br />
oggi in commercio renderà sufficiente <strong>un</strong>a<br />
cottura di 2-3 ore.<br />
Varianti:<br />
Generalmente il battuto si fa solo con cipolla o<br />
con cipolla e aglio; le altre verdure sono discrezionali.<br />
Non sempre è previsto l’uso delle<br />
spezie, né l’infarinatura <strong>della</strong> carne, né la<br />
presenza dei f<strong>un</strong>ghi. Se lo stufato non serve ad<br />
accompagnare la polenta, si possono<br />
aggi<strong>un</strong>gere nel tegame delle patate a pezzi.<br />
Abbinamenti:<br />
Sia con la polenta sia con le patate è <strong>un</strong> piatto<br />
completo. Ha bisogno di <strong>un</strong> vino rosso dal profumo<br />
largo e composito, ma dal sapore netto e<br />
vigoroso, come <strong>un</strong> Valtellina Superiore Valgella,<br />
con qualche anno di invecchiamento e <strong>un</strong> minimo<br />
di affinamento in bottiglia.<br />
L’ingrediente: l’asino e il cavallo<br />
In centinaia di paesi <strong>della</strong> Padania, tra la primavera<br />
e l’aut<strong>un</strong>no si corrono i palî di àsan, a rinverdire<br />
nella memoria popolare la continuità con<br />
le epoche bertoldesche <strong>della</strong> cultura subalpina.<br />
Finito il periodo delle feste <strong>della</strong> natura, dall’aut<strong>un</strong>no<br />
alla primavera, l’eventuale macellazione<br />
degli asini e dei cavalli vecchi contribuiva, in<br />
passato, a portare, assieme al sacrificio del<br />
maiale, <strong>un</strong> po’ di variazione proteica sulle tavole<br />
rustiche assoggettate alla tirannia di diete ceralicolo-erbacee.<br />
Le parti meno nobili dei quadrupedi<br />
erano tritate e mischiate con grasso di maiale,<br />
per ricavarne salami e cacciatori. Le interiora,<br />
le trippe e i ricercatissimi testicoli, si <strong>cucina</strong>vano<br />
come quelli di bue. Gli altri tagli erano<br />
utilizzati per stufati, brasati e stracotti. L’attuale<br />
scarsa reperibilità del prodotto (del resto quasi<br />
tutto d’importazione) ha fatto decadere la tradizione<br />
di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> <strong>della</strong> carne equina, così che<br />
sui ricettari ne rimangono solo poche tracce. Oltre<br />
agli stracotti, da cui si può ricavare anche il<br />
ripieno per i ravioli o il ragù per la pasta, si ricorda<br />
<strong>un</strong>o spezzatino d’asino con verdure, gli<br />
involtini con la pancetta affogati nel sugo di pomodoro<br />
e la pastissada de caval del territorio<br />
bresciano. Qualche artigiano delle zone alpine<br />
produce ancora bresaole con carne d’asino o di<br />
cavallo, mentre salami di varia pezzatura si<br />
producono anche a livello di piccola industria.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino
STUFATO D’ASINO<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />
Fibra (g)<br />
463 37,2 30,9 5,1 1083 126 1,3
BRUSCITT<br />
Ovvero bruscolini, poiché la carne viene sminuzzata grossolanamente sul tagliere con il<br />
trinciante, in modo da ottenere pezzettini <strong>della</strong> grandezza di <strong>un</strong> fagiolo. Oggi si usa anche<br />
macinarla con il tritacarne, ma il risultato non è all’altezza <strong>della</strong> preparazione tradizionale. E’<br />
<strong>un</strong> piatto tipico di Busto Arsizio, e gli è accreditata <strong>un</strong>a discutibile origine zingaresca.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 210 minuti<br />
Tecnica di cottura: Stufatura<br />
Utensili:<br />
coltello corto e ben affilato, tagliere, batticarne,<br />
sacchetto di garza, casseruola con coperchio<br />
Ingredienti:<br />
POLPA REALE DI MANZO (500 g), CAPPELLO<br />
DEL PRETE (600 g), FUSELLO (500 g), BURRO<br />
(80 g), PANCETTA TESA (80 g), ERBABONA<br />
(semi di finocchio, 1 cucchiaino e 1/2), AGLIO<br />
(n. 1/2 spicchio), VINO ROSSO ROBUSTO (125<br />
g), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Battere leggermente i pezzi di carne e tagliarli<br />
e sminuzzarli a filo di coltello a pezzetti<br />
grandi come <strong>un</strong>a mandorla<br />
• Porre i “bruscitt” in <strong>un</strong>a casseruola con il<br />
burro; aggi<strong>un</strong>gere la pancetta tagliata a pezzetti,<br />
salare e pepare<br />
• Mettere l’erba bona e l’aglio in <strong>un</strong> sacchetto<br />
di garza e aggi<strong>un</strong>gere alla carne<br />
• Porre sul fuoco a fiamma bassissima e incoperchiare,<br />
mettendo due pesi sul coperchio<br />
• Cuocere, sempre a fuoco basso, per 2-3 ore<br />
secondo la qualità <strong>della</strong> carne<br />
• Se la carne risulta troppo asciutta, durante<br />
la cottura aggi<strong>un</strong>gere altro burro, mai brodo<br />
né altri liquidi; viceversa, farli andare senza<br />
coperchio per poco tempo<br />
• Quando la carne è quasi pronta, togliere il<br />
sacchetto degli odori e aggi<strong>un</strong>gere il vino<br />
• Cuocere su fiamma vivace per qualche minuto,<br />
coprire nuovamente e lasciare su fuoco<br />
bassissimo ancora qualche minuto, finché è<br />
scomparsa l’asprezza del vino<br />
• Togliere dal fuoco e portare in tavola<br />
Note: quando la <strong>cucina</strong> andava per le l<strong>un</strong>ghe<br />
La preparazione tradizionale prevedeva l’uso<br />
dello stuin di terracotta, con il coperchio ermeticamente<br />
sigillato da <strong>un</strong> foglio di carta da macellaio<br />
e bloccato da due pesi sovrapposti, per<br />
trattenere i liquidi e non fare asciugare la carne<br />
più del dovuto. Oggi si può usare, allo stesso<br />
scopo, la pentola a pressione. La cottura a calore<br />
moderatissimo (ideale quello <strong>della</strong> brace<br />
del camino) si prol<strong>un</strong>ga anche per tre ore e più.<br />
<strong>Per</strong> assicurare tenerezza ai bruscitt è necessario<br />
che i pezzettini di carne siano sempre intrisi di<br />
condimento ed è perciò consigliabile aggi<strong>un</strong>gere<br />
al burro e alle striscioline di pancetta anche dei<br />
pezzettini di lardo. I semi di finocchio (l’erba<br />
bona) si raccolgono all’interno di <strong>un</strong> sacchettino<br />
di tela, che poi si toglie, affinché non si mischino<br />
alla carne: i semi nel piatto fanno, come<br />
dicevano i vecchi, "mangià da buricu", cibo da<br />
asini.<br />
Varianti:<br />
Si può considerare il lardo in aggi<strong>un</strong>ta al burro e<br />
alla pancetta per <strong>un</strong>a preparazione tradizionale.<br />
In alc<strong>un</strong>i ricettari si consiglia di <strong>un</strong>ire mezzo<br />
spicchio d’aglio ai semi di finocchio. I cuochi<br />
moderni prediligono <strong>un</strong> uso discreto del pepe,<br />
mentre in passato si riteneva che il piatto dovesse<br />
risultare piuttosto saporito e piccante. La<br />
deglassazione del fondo di cottura richiede vino<br />
rosso di gran corpo e ben invecchiato (Barolo,<br />
Barbaresco, Gattinara).<br />
Abbinamenti:<br />
Accompagnati da <strong>un</strong>a polenta o adagiati con il<br />
loro sugo su <strong>un</strong>a fetta di pane di mistura, i<br />
bruscitt sono piatto <strong>un</strong>ico. Si gustano con vini<br />
rossi, asciutti e ben strutturati, affinati qualche<br />
anno in bottiglia: Buttafuoco dell’Oltrepò (per<br />
chi preferisce i vini briosi) o Cellatica del Bresciano.<br />
L’ingrediente: il vino nei cibi<br />
L’aggi<strong>un</strong>ta di vino durante la cottura sembra<br />
<strong>un</strong>a prerogativa delle zone subalpine, da queste<br />
poi diffusasi anche nei territori di pianura ad<br />
opera delle donne che nel XVIII e nel XIX secolo<br />
scendevano verso le città per mettersi a servizio<br />
<strong>della</strong> buona borghesia urbana. E’ <strong>un</strong>a scelta alimentare<br />
(e sensoriale) pienamente strutturale<br />
alla tradizione contadina, nella quale il vino non<br />
era considerato <strong>un</strong>a bevanda, ma <strong>un</strong> alimento e<br />
lo si aggi<strong>un</strong>geva a molti cibi e bevande energetiche.<br />
Un mezzo bicchiere di vino rosso (simbolicamente<br />
identificato con il sangue) entrava<br />
così a portare energia immediata nella rossoumada,<br />
nel brodo e nelle zuppe, persino nel<br />
caffè, particolarmente se destinati ai malati o ai<br />
convalescenti. Nei cibi cotti, sopprattutto nelle<br />
carni (brasato, salmì ecc.), il vino assolveva <strong>un</strong><br />
ruolo di copertura rispetto ai cattivi odori<br />
prodotti dalla scadente conservazione, ma allo<br />
stesso tempo assicurava lo sgrassamento dei<br />
condimenti troppo <strong>un</strong>tuosi. Dal secolo scorso è<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino
entrato anche in alc<strong>un</strong>i risotti con f<strong>un</strong>zione<br />
aromatizzante.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino
BRUSCITT<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />
Fibra (g)<br />
459 60,7 21,7 0,5 666 220 1,0
CUPETT DI BUSTO<br />
Copate, dall’arabo qubbait, fatto con le mandorle. Si tratta di dolcetti di origine medioevale,<br />
diffusi con vari nomi in tutte le regioni d’Italia. Anche l’ingrediente principale, oltre alle<br />
mandorle cui allude il nome, varia da zona a zona: pinoli, nocciole, noci.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Dolci<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 25 minuti<br />
Tecnica di cottura: Caramellatura<br />
Utensili:<br />
tritatutto, casseruola piccola (meglio se di<br />
rame)<br />
Ingredienti:<br />
MIELE (300 g), GHERIGLI DI NOCE (200 g),<br />
NOCCIOLE SGUSCIATE (50 g), SCORZA DI<br />
ARANCIO E DI CEDRO CANDITE (200 g),<br />
CIALDE (n.18 circa)<br />
Esecuzione:<br />
• Tritare grossolanamente le noci e le<br />
nocciole; tagliare a pezzetti le scorze candite<br />
• Formare <strong>un</strong> impasto con il trito di noci e nocciole,<br />
i canditi e il miele<br />
• Mettere in <strong>un</strong>a piccola casseruola, meglio se<br />
di rame, e far cuocere su fuoco medio fino a<br />
che il miele inizia a caramellare<br />
• Togliere dal fuoco e disporre l’impasto a<br />
mucchietti sulle cialde<br />
• Lasciare raffreddare e servire<br />
Note: recipiente di rame e canditi freschi<br />
<strong>Per</strong> la cottura del miele, come per quella dello<br />
zucchero, del cioccolato, delle creme e delle<br />
salse dolci è consigliato l’uso di <strong>un</strong>a casseruolina<br />
di rame non stagnato, il polsonetto, con il fondo<br />
leggermente concavo e senza spigoli. Gli<br />
utensili usati non devono essere di ferro né di<br />
rame stagnato perché fanno scurire il miele,<br />
così come accade allo zu chero. Il recipiente<br />
deve essere perfettamente pulito perché anche<br />
<strong>un</strong>a minima traccia di grasso provoca la granitura<br />
degli zuccheri. Durante la cottura la<br />
fiamma non deve mai raggi<strong>un</strong>gere le pareti<br />
laterali del polsonetto per evitare lo sgradevole<br />
arrostimento delle particelle di miele che vi<br />
restano attaccate. I canditi devono essere<br />
particolarmente freschi e morbidi, per impedire<br />
che asciugandosi durante la cottura, diventino<br />
duri.<br />
Varianti:<br />
Nelle ricette più antiche, questi dolcetti hanno<br />
due cialde, <strong>un</strong>a sotto e <strong>un</strong>a sopra. Spesso si aggi<strong>un</strong>ge<br />
<strong>un</strong> albume montato a neve non appena<br />
il miele comincia a bollire. In alc<strong>un</strong>i ricettari più<br />
recenti, al miele si aggi<strong>un</strong>ge <strong>un</strong>a piccola quantità<br />
di zucchero.<br />
Abbinamenti:<br />
E’ <strong>un</strong> dolce <strong>un</strong> po’ anomalo, che si addice maggiormente<br />
a <strong>un</strong>a consumazione fuori pasto, al<br />
pari del croccante o del torrone, o ad <strong>un</strong>a consumazione<br />
ritualizzata (Natale o Capodanno),<br />
piuttosto che alla f<strong>un</strong>zione di dessert. Pare<br />
superfluo accompagnarlo ad <strong>un</strong> vino (che nel<br />
caso deve essere liquoroso).<br />
L’ingrediente: il miele<br />
E’ stato, in passato, il dolcificante naturale più<br />
usato nei Paesi dell’area mediterranea e solo<br />
dopo il XVII secolo è stato sostituito nell’uso<br />
com<strong>un</strong>e dallo zucchero di canna. La pasticceria<br />
e la liquoristica del Medioevo ne facevano larghissimo<br />
impiego (basti pensare ai panspeziali e<br />
all’idromele), nella convinzione che possedesse<br />
le stesse virtù apotropaiche e profilattiche dell’oro<br />
e dell’ambra.<br />
Attualmente, dopo <strong>un</strong> periodo di scarsa attenzione<br />
verso questo prodotto, il consumo di<br />
miele appare in costante, seppure moderata<br />
ripresa, in ragione soprattutto delle proprietà<br />
salutistiche e curative che gli vengono attribuite<br />
(solo in piccola parte scientificamente provate).<br />
Gli apicoltori lombardi immettono sul mercato<br />
circa il 17% dell’intera produzione nazionale. I<br />
3/4 <strong>della</strong> produzione regionale proviene dalle<br />
provincie alpine (Sondrio, Bergamo, Brescia,<br />
Varese e Como). Poco meno <strong>della</strong> metà di questa<br />
produzione ha origine multifloreale, <strong>un</strong> buon<br />
30% è equamente ripartito tra castagno e<br />
robinia (acacia); il rimanente 20% tra<br />
rododendro, trifoglio, tarassaco, tiglio e melata<br />
di latifoglie.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino
CUPETT DI BUSTO<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />
Fibra (g)<br />
584 8,6 28,9 77,2 38 0 4,5
MOSTAZZIT<br />
Anche mostazzin, termine dialettale per mostacciuoli, da mosto, poiché anticamente si<br />
dolcificavano con mosto cotto. Bartolomeo Scappi (1570) li chiama, in alternativa,<br />
morselletti, cioè piccoli morsi, bocconcini nel senso moderno di pasticcini.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Merende<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 40 minuti<br />
Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />
Utensili:<br />
tagliere, placca da forno, tagliapasta<br />
Ingredienti:<br />
FARINA BIANCA 00 (400 g), ZUCCHERO (150<br />
g), ACQUA (1/2 bicchiere), SPEZIE A PIACERE<br />
(q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Incorporare tutti gli ingredienti con l'acqua,<br />
gramolando sul tagliere<br />
• Distendere la pasta con il matterello e tagliarla<br />
a forma di mostacciuoli (rombi all<strong>un</strong>gati)<br />
• Cuocere in forno moderato (160° C) per<br />
circa 15 minuti<br />
Note: <strong>un</strong>a specialità di tutta Italia<br />
Si tratta di biscotti di gusto antico (direttamente<br />
imparentati con i pani speziali del Medioevo e<br />
con i dulcia domestica dei Latini) preparati, in<br />
passato, con varie denominazioni, in tutte le regioni<br />
italiane. Oggi costituiscono <strong>un</strong>a delle specialità<br />
dolciarie tipiche delle sagre di paese nelle<br />
regioni meridionali (mustazz<strong>un</strong>i o mustazzeddi);<br />
nell’Italia centrale rinnovano la tradizione<br />
natalizia dei panpepati e prendono il nome di<br />
cavallucci o bericuocoli.<br />
Varianti:<br />
Tutte le ricette prese in esame derivano da<br />
quella <strong>della</strong> Cucina degli stomachi deboli, la<br />
quale, a sua volta, è debitrice a quella dell’Opera<br />
dello Scappi. Il cuoco rinascimentale profuma<br />
i suoi biscotti, oltre che con anice, con<br />
spezie di gusto cinquecentesco, quali il pitartamo<br />
e il muschio, e stende l’impasto in teglie<br />
larghe, per poi tagliarlo a losanghe tra la prima<br />
cottura e la biscottatura. Ness<strong>un</strong> altro ricettario<br />
indica con esattezza le spezie da usare, ma<br />
sulla scorta di formulazioni provenienti da altre<br />
regioni, possiamo indicare: semi di anice, cannella,<br />
chiodi di garofano, semi di coriandolo e<br />
noce moscata, da equilibrare tra loro a seconda<br />
dei gusti (ma sempre con estrema parsimonia,<br />
come richiede il gusto moderno).<br />
Abbinamenti:<br />
Nell’Ottocento si servivano a colazione, per<br />
farne zuppetta nel caffellatte; oggi paiono più<br />
congeniali al tè pomeridiano o ad <strong>un</strong> fine<br />
pranzo. Nel qual caso, in mancanza del vin del<br />
tecc, prodotto <strong>un</strong>a volta con uve appassite e<br />
religiosamente conservato in solaio nell’apposito<br />
caratellino, può essere abbinato con <strong>un</strong> robusto<br />
Sfurzat <strong>della</strong> Valtellina.<br />
L’ingrediente (fantasma): il mosto<br />
Alc<strong>un</strong>e specialità <strong>della</strong> regione, come la mostarda<br />
e i mostazzitt conservano ancora nel<br />
nome la radice linguistica che le indica<br />
discendenti dal mosto. Era questo l’ingrediente<br />
più com<strong>un</strong>e usato per la dolcificazione in<br />
ambiente contadino, dove, dopo il periodo<br />
aureo <strong>della</strong> Georgica virgiliana, non si è mai<br />
avuta troppa dimestichezza con le api e con il<br />
miele, né tantomeno con lo zucchero degli<br />
speziali. Il mosto d’uva, invece, era facilmente<br />
disponibile: sia quello ricavato da uva non<br />
ancora matura, con cui si produceva l’agresto<br />
(v. Maestro Martino, III), <strong>un</strong>a sorta d’aceto non<br />
fermentato usato per fare salse e per insaporire<br />
pesci e carni alla brace; sia il mosto cotto vero e<br />
proprio, di cui si ha testimonianza negli antichi<br />
ricettari mantovani. Con questo vino cotto,<br />
come si chiamava com<strong>un</strong>emente, che si poteva<br />
conservare in vasi e bottiglie per molti e molti<br />
anni, a Mantova si preparavano dolci e biscotti,<br />
tra cui i turtei sguazzarott con zucca e fagioli. In<br />
generale si può ipotizzare <strong>un</strong> uso popolare di<br />
mosto cotto in tutte quelle specialità dolciarie<br />
che derivano dai pani speziali, come la torta<br />
spongarda del Cremasco, o che richiedano l’uso<br />
di miele in luogo dello zucchero. Il Dubini usa il<br />
mosto fresco per giulebbare, senza lo zucchero,<br />
delle pere.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino
MOSTAZZIT<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />
Fibra (g)<br />
327 7,4 0,5 78,2 3 0 1,8
Milano<br />
Il territorio <strong>della</strong> gastronomia milanese non coincide con<br />
quello <strong>della</strong> provincia di Milano, nella quale è compresa la<br />
parte meridionale <strong>della</strong> Brianza, che ha tradizioni alimentari<br />
proprie e distinte, oltre ad alc<strong>un</strong>e zone sud occidentali,<br />
al confine con la provincia di Novara e con la Lomellina,<br />
dove si accentua l’influenza di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> dai caratteri<br />
marcatamente agricoli. D’altro canto, l’ascendenza <strong>della</strong><br />
cultura culinaria milanese supera largamente la cinta dei<br />
Navigli e i limiti <strong>della</strong> provincia per infiltrarsi quasi ov<strong>un</strong>que<br />
nella regione, raggi<strong>un</strong>gendo anche i limitrofi territori<br />
del Novarese e del Vercellese.<br />
In <strong>un</strong>a regione vasta e popolata come la Lombardia, il territorio<br />
milanese, se raffrontato a quello delle altre province,<br />
costituisce <strong>un</strong>a sorta di anomalia per la sproporzione<br />
tra le non eccezionali risorse agricolo-zootecniche e<br />
l’altissima densità di popolazione. Ad <strong>un</strong>a agricoltura estensiva<br />
localizzata prevalentemente a sud ovest <strong>della</strong> città,<br />
attorno alle assi Ticino-Po, con indirizzo risicolo, orticolo<br />
e foraggero (da cui la rilevanza del patrimonio zootecnico<br />
e del settore lattiero-caseario), corrisponde infatti la<br />
concentrazione industriale dell’hinterland metropolitano,<br />
con i relativi problemi di organizzazione del tempo-lavoro<br />
che rendono fluidi e variegati gli attuali indirizzi alimentari<br />
<strong>della</strong> città, soddisfatti in prevalenza delle strutture ristorative<br />
com<strong>un</strong>itarie o di massa.<br />
I processi di intensa urbanizzazione che sottraggono progressivamente<br />
territori alla campagna, inquadrano problematiche<br />
rilevanti, quali quelle connesse alla rinnovata<br />
posizione <strong>della</strong> donna (non più solo regina dei fornelli) nella<br />
società e nella famiglia, e quelli conseguenti all’apporto<br />
di modelli culturali e gastronomici eterogenei, in conseguenza<br />
dei massicci movimenti immigratori degli ultimi<br />
venti anni. Il modello gastronomico che la città era andato<br />
componendo con <strong>un</strong>a discreta organicità negli ultimi<br />
due secoli è d<strong>un</strong>que sottoposto ad <strong>un</strong>a doppia azione, che<br />
la mina dall’interno (nuovo assetto sociale e produttivo) e<br />
la bombarda dall’esterno (cultura interetnica), con meccaniche<br />
ben diverse da quelle che avevano caratterizzato gli<br />
apporti internazionali e i mutamenti sociali del passato.<br />
Aveva, quel modello alimentare, dei contorni abbastanza<br />
imprecisi, frutto di <strong>un</strong>a stratificazione protrattasi nel corso<br />
dei secoli e favorita dalla posizione geografica <strong>della</strong> città,<br />
da sempre p<strong>un</strong>to d’incontro di popolazioni e di civiltà diverse,<br />
ma si dimostrava congrua alla conformazione del<br />
territorio milanese e alla ricchezza di acquitrini, di marcite<br />
e di risorgive che storicamente è alla base <strong>della</strong> vocazione<br />
foraggera (e d<strong>un</strong>que zootecnico-casearia) <strong>della</strong> zona. Il<br />
nucleo più antico di questo modello prende forma in epoca<br />
celtico-romana, quando si definiscono alc<strong>un</strong>i piatti (per esempio,<br />
le pultes, da cui deriveranno le moderne polente),<br />
i fondamentali indirizzi culinari (come la scelta <strong>della</strong> linea<br />
burro-lardo per il condimento, confermata dalle successive<br />
ingerenze longobarde e franche) e alc<strong>un</strong>e scelte tecniche<br />
caratterizzanti (la supremazia <strong>della</strong> stufatura).<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
Ad epoca medioevale può essere invece riferito l’addensarsi<br />
di due tendenze contrapposte: da <strong>un</strong>a parte la <strong>cucina</strong><br />
di corte, esemplificata dallo sfarzo dei banchetti dei Visconti<br />
e degli Sforza; dall’altra <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> civile, di tipo<br />
ancora campagnolo o meglio orticolo, poggiata sulla proliferazione<br />
dei verzée urbani e suburbani; tendenze che,<br />
divaricandosi sempre più tra loro, andranno a configurare<br />
l’attuale bipolarismo tra ristorazione alta con vocazione internazionale<br />
e cosmopolita e ristorazione popolare (fast<br />
food, snack bar, pizzerie e tavole calde, quali eredi delle<br />
osterie sette-ottocentesche).<br />
La gastronomia di corte del Medioevo e del Rinascimento,<br />
filtrata attraverso gli autorevoli apporti di derivazione<br />
francese, spagnola e mitteleuropea, fu recepita, dopo<br />
il XVII secolo e con le opport<strong>un</strong>e correzioni di gusto,<br />
nella <strong>cucina</strong> di casa <strong>della</strong> buona borghesia cittadina, <strong>un</strong> ceto<br />
produttivo poco incline agli eccessi <strong>della</strong> ricercatezza e<br />
deciso a far quadrare i conti e i tempi <strong>della</strong> tavola con<br />
quelli dell’impresa. Nascono in questo periodo i quadernetti<br />
di <strong>cucina</strong> che le milanesi di buona famiglia si tramandavano<br />
di madre in figlia e sui quali si è basata, già<br />
dall’inizio del nostro secolo, la formalizzazione del profilo<br />
complessivo, degli indirizzi e dei contenuti (tecnici e di gusto)<br />
<strong>della</strong> gastronomia cittadina.<br />
Escono da questi ambienti alc<strong>un</strong>i dei più noti piatti alla milanese:<br />
il risotto, i ravioli, la cotoletta impanata e il composito<br />
ventaglio delle scaloppine, il vitell toné e la gremolata<br />
per gli ossibuchi, i paté, i fricandò e gli arrosti generosamente<br />
ammorbiditi nel marsala, i bonett e le charlottes<br />
e l’emblematico panettone. Alla <strong>cucina</strong> dei poveri, essenzialmente<br />
vegetariana, si devono invece i minestroni, i<br />
pancotti, le minestre di riso, gli stufati di verdure, ma anche<br />
la buseca e la cassoeula, i nervetti e quel monumento<br />
alla milanesità che era l’ormai scomparso cervellato.<br />
Se volessimo tentare <strong>un</strong>a definizione del modello alimentare<br />
milanese, potremmo indicarne le seguenti caratteristiche<br />
generali:<br />
• sobrietà complessiva, anche nelle elaborazioni più<br />
complesse, in adesione ad <strong>un</strong> gusto medio, estraneo<br />
agli eccessi;<br />
• preferenza per la cottura lenta e prol<strong>un</strong>gata, con spiccate<br />
simpatie per la tecnica <strong>della</strong> stufatura e <strong>della</strong> brasatura;<br />
• rilevanza dei prodotti lattiero-caseari, dai quali deriva<br />
quel tono complessivo <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> milanese, che spinse<br />
Ugo Foscolo a satireggiare di <strong>un</strong>a Milano trasformata<br />
in Paneropoli;<br />
• supremazia del riso sulla pasta (prevalentemente farcita)<br />
e in genere dei primi piatti liquidi/fluidi rispetto a<br />
quelli asciutti;<br />
• memoria viva di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> d’orto, risalente all’epoca<br />
<strong>della</strong> prima industrializzazione, cui si devono alc<strong>un</strong>i piccoli<br />
capolavori, come i fagioli con la panna (cornitt cont<br />
la panera) e gli asparagi con le uova.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
PANCOTTO<br />
Pancott o panada, <strong>un</strong>o dei piatti poveri com<strong>un</strong>i a tutte le regioni d’Italia, basato sul riutilizzo<br />
del pane raffermo o secco. Documentata da tempi antichissimi, la probabile ricetta archetipa<br />
si trova nella puls tractogalata del De re coquinaria attribuito ad Apicio.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti in brodo<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 25 minuti<br />
Tecnica di cottura: Bollitura<br />
Utensili:<br />
casseruola, forchetta, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
PANINI TIPO MICHETTA (n.3), BURRO (30 g),<br />
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA (1 cucchiaio),<br />
ESTRATTO DI CARNE (1/2 cucchiaino),<br />
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (4 cucchiai),<br />
SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Mettere a bagno i panini in acqua tanto abbondante<br />
da bastare per la minestra, per <strong>un</strong><br />
paio d'ore<br />
• Romperli con la forchetta a piccoli pezzi e<br />
metterli nella casseruola con il burro, l'olio e<br />
sale<br />
• Mettere sul fuoco e portare a bollore<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere l'estratto di carne, farlo sciogliere<br />
e servire con il grana<br />
Note: pancott, pantrid e panada<br />
Si tratta solo di <strong>un</strong>a questione di parole. I ricettari,<br />
anche i più autorevoli, accettando acriticamente<br />
denominazioni locali senza indicarne con<br />
precisione la provenienza, l’epoca, né tanto meno<br />
delimitarne l’area geografica, contribuiscono<br />
spesso ad accrescere la confusione. Nella sostanza,<br />
i tre termini dialettali sono utilizzati come<br />
sinonimi, anche se, .probabilmente, solo<br />
pancott e panada lo sono davvero, mentre pantrid<br />
indica <strong>un</strong> piatto analogo ottenuto però dal<br />
pangrattato anziché dal pane secco ammollato.<br />
Come l’aggi<strong>un</strong>ta di <strong>un</strong> uovo trasforma il pantrid<br />
in pantrid maridàa, così con l’uovo si marida anche<br />
la panada: l’<strong>un</strong>o e l’altra segnalati in buona<br />
parte dell’area padana come tradizionali per solennizzare<br />
il pranzo <strong>della</strong> Pasqua.<br />
Varianti:<br />
La preparazione cittadina richiede michette o<br />
pezzetti di pane bianco; quella contadina il pangiallo<br />
o il pane di mistura. In Brianza si segnala<br />
<strong>un</strong>a panada fatta con avanzi di polenta. Versioni<br />
recenti utilizzano brodo anziché acqua. In Valle<br />
Intelvi è frequente l’uso del latte e l’aromatizzazione<br />
con menta.<br />
Alc<strong>un</strong>i ricettari d’autore prescrivono la noce moscata.<br />
Nelle valli prealpine si usa <strong>un</strong>ire al termine<br />
<strong>della</strong> cottura del pane <strong>un</strong> soffritto di lardo (olio<br />
o burro) e aglio (cipolla).<br />
Abbinamenti:<br />
Ad <strong>un</strong> piatto dal profilo gustolfattivo piuttosto<br />
basso si addice <strong>un</strong> vino bianco non molto impegnativo,<br />
di bassa gradazione alcoolica, gradevole<br />
e fresco, come il Riesling italico del Pavese.<br />
Se la panada è maritata con l’uovo, può esserle<br />
appropriato <strong>un</strong> Cortese dell’Oltrepò, asciutto al<br />
palato e dall’odore più vinoso.<br />
L’ingrediente: il grana padano.<br />
Nel XV secolo, il medico e filosofo umanista Pantaleone<br />
da Confienza (oggi sarebbe cittadino<br />
pavese, all’epoca era vercellese, ma i suoi natali<br />
sono controversi e contesi) scriveva nella sua<br />
Summa Lacticinorum (Trattato dei formaggi):<br />
“Non trovo in Italia formaggi degni di nota se<br />
non i marzolini, i piacentini e i formaggi <strong>della</strong><br />
Morra. I piacentini da alc<strong>un</strong>i sono chiamati parmigiani,<br />
perché anche a Parma se ne producono<br />
di simili, di qualità non molto diversa. Così anche<br />
nel territorio di Milano, Pavia, Novara e Vercelli;<br />
anzi, da pochi anni, anche più a Nord, nelle<br />
zone prealpine, hanno incominciato a produrne<br />
di simili, abbastanza buoni”.<br />
Il grana padano è il capostipite di <strong>un</strong>a serie di<br />
pregiati formaggi, prevalentemente da grattugia.<br />
Attualmente al grana padano è attribuita<br />
<strong>un</strong>a denominazione di origine protetta, sotto tutela<br />
di <strong>un</strong> consorzio specifico. Col grana padano<br />
sono imparentati il grana lodigiano (tipo maggengo<br />
e vernengo) ed il più “blasonato” parmigiano-reggiano,<br />
il cui consorzio di tutela comprende<br />
zone delle province di Parma, Reggio,<br />
Modena, Bologna e Mantova.<br />
Dal p<strong>un</strong>to di vista tipologico, si tratta di <strong>un</strong> formaggio<br />
semigrasso, cotto, a pasta dura, consumabile<br />
dopo media o l<strong>un</strong>ga stagionatura, ottenuto<br />
con latte vaccino proveniente da due m<strong>un</strong>giture,<br />
parzialmente scremato per affioramento.<br />
Viene prodotto in tutta la Val Padana, in forme<br />
del diametro di 35-45 cm, con crosta dura e<br />
compatta, del peso di 24-40 kg. Deve il sapore<br />
e l’aroma alla qualità del latte, posta sotto l’attento<br />
controllo del Consorzio, alla particolare<br />
tecnica di lavorazione e alla peculiarità degli<br />
ambienti di stagionatura.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
PANCOTTO<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
167 5,1 7,9 20,4 450 20 1,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
MINESTRONE ALLA MILANESE<br />
Come accrescitivo di minestra, da minestrare, continuazione del lat. ministrare = servire a tavola<br />
(da minister = servitore), il minestrone riconduce direttamente alle radici stesse<br />
dell’alimentazione contadina, in quanto cibo vegetariano per antonomasia (ne è stato anche<br />
ipotizzato <strong>un</strong> antico uso rituale per ottenere la pioggia nei periodi di siccità).<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti in brodo<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 140 minuti<br />
Tecnica di cottura: Soffrittura, Bollitura<br />
Utensili:<br />
tagliere, pelapatate, spelucchino, pentola con<br />
coperchio, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
RISO (300 g), SEDANO (120 g), PREZZEMOLO<br />
(20 g), FAGIOLI SECCHI (60 g), CIPOLLA (60<br />
g), BURRO (30 g), PATATE (600 g), ERBETTE<br />
(130 g), OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA (30 g),<br />
FAGIOLINI VERDI (120 g), VERZA (120 g),<br />
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (60 g),<br />
CAROTE (120 g), PORRI (120 g), ZUCCHINE<br />
(120 g), POMODORI PELATI (250 g), ALLORO (2<br />
foglie), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Ammollare i fagioli in acqua tiepida la notte<br />
precedente<br />
• Scolarli e farli cuocere in acqua fredda non<br />
salata per circa 45 minuti<br />
• Nel frattempo tagliare a dadini il sedano, le<br />
carote e le zucchine<br />
• Tritare grossolanamente i pomodori, sbucciare<br />
la patate lasciandole intere (andranno<br />
schiacciate con la forchetta a fine cottura)<br />
• Mondare e lavare il prezzemolo, poi tritarlo<br />
finissimo; tritare anche la cipolla<br />
• Mettere nella pentola il battuto di cipolla, il<br />
prezzemolo, le foglie di alloro, il burro e l'olio;<br />
porre su fiamma vivace<br />
• Dopo pochi minuti, appena la cipolla imbiondisce,<br />
<strong>un</strong>ire le patate, le carote, le zucchine, i<br />
fagiolini mondati e i porri puliti; fare rosolare<br />
per qualche minuto<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere quindi i fagioli cotti e i pomodori<br />
• Coprire le verdure con abbondante acqua<br />
bollente e salare<br />
• Fare arrivare al p<strong>un</strong>to di ebollizione e tenendo<br />
il fuoco vivace, poi abbassare la fiamma,<br />
incoperchiare e continuare la cottura a<br />
fuoco lento per almeno 2 ore<br />
• Dopo circa <strong>un</strong>'ora e mezza di cottura aggi<strong>un</strong>gere<br />
la verza e le erbette tagliate a listarelle<br />
• Dieci minuti prima di servire <strong>un</strong>ire il riso e<br />
continuare la cottura mantenendo il riso al<br />
dente, spolverizzare di grana e servire<br />
Note: cottura e presentazione<br />
I ricettari più antichi indicano, per il minestrone,<br />
<strong>un</strong> tempo di 6-7 ore di cottura lentissima sul camino,<br />
riducibili a 5 ore con l’utilizzo del gas:<br />
tempi che appaiono esagerati per i ritmi di vita<br />
moderni. In effetti, i ricettari più aggiornati riducono<br />
il tempi di cottura delle verdure a 90-120<br />
minuti. Usando la pentola a pressione si può ottenere<br />
lo stesso risultato in circa 20-30 minuti.<br />
In estate il minestrone può consumarsi freddo:<br />
al termine <strong>della</strong> cottura si estraggono le eventuali<br />
cotenne e le fette di pancetta, si tagliano a<br />
listarelle e si depongono sul fondo delle scodelle,<br />
nelle quali si verserà il minestrone caldo. Le<br />
scodelle vanno lasciate raffreddare in luogo fresco<br />
(non in frigorifero) coperte con tovaglioli e<br />
quindi capovolte su altrettanti piatti: il minestrone<br />
manterrà <strong>un</strong>a forma a budino, completato<br />
dalla guarnizione di cotenne e pancetta.<br />
Varianti:<br />
Nel minestrone possono entrare tutte le verdure<br />
che l’orto produce a seconda <strong>della</strong> stagione. Costituiscono<br />
minimo com<strong>un</strong>e denominatore i fagioli,<br />
il sedano, la carota, il pomodoro e, naturalmente,<br />
il riso. Ricorrono con buona frequenza<br />
patate, cipolla, porro, zucchine, prezzemolo,<br />
verza: Non c’è accordo completo nemmeno sull’uso<br />
del formaggio finale o del grasso iniziale,<br />
indicato di volta in volta come lardo o lardone,<br />
cotenne o pancetta, semmai <strong>un</strong>iti assieme. Gli<br />
aromi più com<strong>un</strong>i sono basilico, rosmarino, salvia,<br />
alloro e aglio.<br />
Abbinamenti:<br />
Al minestrone si addicono poco gli antipasti. Se<br />
la guarnizione di cotenne è abbondante, gli si<br />
faccia seguire <strong>un</strong> secondo leggero e sfizioso,<br />
come l’animella (lacett) in fricassea o la scaloppina<br />
al limone.<br />
Col minestrone caldo si abbini <strong>un</strong> Bianco dei Colli<br />
Morenici del Mincio, dal profumo delicato, ma<br />
dal gusto sapido e armonico; con quello freddo<br />
<strong>un</strong> Pinot grigio dell’Oltrepò, appena vivace e dal<br />
bouquet fruttato.<br />
L’ingrediente: i fagioli<br />
Sono i frutti di piante erbacee <strong>della</strong> famiglia delle<br />
Leguminose. Ad eccezione dei fagioli con<br />
l’occhio (Dolichos), di origine mediterranea, già<br />
coltivati in epoca romana, tutte le altre specie<br />
(Phaseolus) sono di origine sudamericana e furono<br />
introdotte in Europa alla fine del XV secolo.<br />
In associazione con i cereali nobilitano la qualità<br />
del loro apporto proteico, andando a costituire<br />
<strong>un</strong>o delle più com<strong>un</strong>i associazioni alimentari dell’umanità.<br />
Nonostante questi presupposti, non<br />
sono <strong>un</strong> ortaggio amato dai lombardi che, salvo<br />
nella preparazione con le cotiche, non hanno<br />
saputo valorizzarli come pietanza autonoma.<br />
Sono utilizzati più com<strong>un</strong>emente nei piatti di<br />
campagna che non in quelli di città.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
MINESTRONE ALLA MILANESE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
429 13,5 13,7 66,8 525 23 7,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
RISOTTO ALLA MILANESE<br />
Il piatto acquisisce questa denominazione in alc<strong>un</strong>i ricettari lombardi dell’inizio del XIX secolo.<br />
Ha però origini molto più remote, riferibili al biancomangiare <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> internazionale<br />
dell’epoca gotica, nella versione con lo zafferano, di cui si trova il modello nel Libro de arte<br />
coquinaria di Maestro Martino da Como.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 35 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura, Stufatura<br />
Utensili:<br />
tagliere, casseruola, mestolo, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
RISO VIALONE (600 g), BURRO (100 g),<br />
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (80 g),<br />
MIDOLLO DI BUE (100 g), BRODO DI CARNE<br />
(2.5 litri), CIPOLLE (30 g), ZAFFERANO (2 bustine),<br />
VINO BIANCO (1/2 bicchiere), SALE<br />
(q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Fare fondere il midollo e privarlo delle impurità<br />
• In <strong>un</strong>a casseruola fare rosolare la cipolla tritata<br />
fine con <strong>un</strong>a noce di burro e il midollo<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere il riso e farlo tostare rimestando<br />
per alc<strong>un</strong>i minuti<br />
• Bagnare con il vino e farlo evaporare<br />
• Cuocere il riso bagnando di tanto in tanto con<br />
il brodo bollente e continuando a rimestare<br />
con <strong>un</strong> cucchiaio di legno<br />
• A metà cottura incorporare lo zafferano sciolto<br />
in <strong>un</strong>a tazzina di brodo<br />
• A cottura ultimata <strong>un</strong>ire il restante burro e il<br />
formaggio e mantecare bene<br />
• Lasciare riposare qualche minuto e servire<br />
Note: all’onda e al salto<br />
Nella tradizione milanese, il risotto, abbondantemente<br />
mantecato durante la cottura, si serve<br />
all’onda, cioè piuttosto cremoso, ma con i chicchi<br />
ben staccati tra loro e al dente, e si mangia<br />
col cucchiaio, in <strong>un</strong>o stato di grazia che dura pochissimi<br />
minuti, poiché il riso passa rapidamente<br />
di cottura. Il risotto avanzato può essere riscaldato<br />
al salto, rendendolo, secondo molti estimatori,<br />
più gustoso di quello appena fatto. Il risotto<br />
al salto si prepara <strong>un</strong>a porzione alla volta,<br />
schiacciando il riso con le mani su <strong>un</strong> foglio di<br />
carta oleata, fino a dargli la forma di <strong>un</strong> tortino.<br />
Con delicatezza, per non romperlo, si fa scivolare<br />
il tortino in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> contenente burro<br />
caldo e si fa cuocere come <strong>un</strong>a frittata, agitando<br />
dolcemente la pa<strong>della</strong> per il manico, finché il riso<br />
non abbia fatto la crosta. Si rovescia quindi su<br />
<strong>un</strong> piatto per farlo scivolare di nuovo nella pa<strong>della</strong><br />
e dorarlo anche dall’altra parte.<br />
Varianti:<br />
Sono molteplici, a cominciare dal riso, la cui<br />
scelta si orienta sulle qualità arborio, vialone e<br />
maratelli, per la loro resistenza alla cottura e il<br />
giusto rilascio di amido che forma la crema. Secondo<br />
<strong>un</strong>a tradizione che si fa risalire al tempo<br />
<strong>della</strong> dominazione napoleonica, si può aggi<strong>un</strong>gere<br />
vino rosso o, come si preferisce oggi, bianco<br />
secco al termine <strong>della</strong> rosolatura del riso. <strong>Per</strong><br />
tutto l’’800 si è usato, al posto del midollo, il<br />
cervellato, cioè il sanguinaccio di maiale con<br />
cervella oppure lardo o pancetta. Già dal ricettario<br />
dell’Odescalchi (1826) sono accolti i f<strong>un</strong>ghi<br />
secchi o in polvere in alternativa a fettine di tartufo.<br />
Gualtiero Marchesi decora il risotto con <strong>un</strong><br />
foglio d’oro zecchino per valorizzarne l’aspetto<br />
cromatico. Una versione più brodosa e senza midollo<br />
costituisce <strong>un</strong>a vera e propria minestra,<br />
popolarmente conosciuta col nome di risotta.<br />
Abbinamenti:<br />
Il risotto è usato spesso come "letto" per costolette<br />
alla milanese, per l’ossobuco, per il fricandò<br />
e per gli arrosti sugosi. Nella Brianza vi si<br />
appoggiano pezzi di salsiccia arrosto. In passato<br />
si accompagnava con vino rosso vivace e non<br />
invecchiato, come il Clinton o il Nustranel brianzolo;<br />
oggi si preferiscono vini bianchi di buon<br />
corpo e di marcata acidità, quali il Franciacorta<br />
bianco o il Pinot dell’Oltrepò Pavese.<br />
L’ingrediente: lo zafferano<br />
E’ <strong>un</strong>a sostanza aromatizzante e colorante, ricavata<br />
dagli stigmi dei fiori dell’omonima pianta<br />
erbacea <strong>della</strong> famiglia delle Iridacee, originaria<br />
dell’Asia Minore. Usato in Oriente fin dall’antichità,<br />
fu introdotto nei Paesi mediterranei dagli<br />
Arabi e diffuso in Europa dopo le Crociate, a partire<br />
dal XIII secolo. Ebbe subito <strong>un</strong> largo impiego<br />
nella farmacopea e in <strong>cucina</strong>, sulla base di<br />
argomentazioni magico-simboliche che ne assimilavano<br />
le virtù a quelle dell’oro, ritenuto sostanza<br />
purificante per eccellenza, particolarmente<br />
efficace nella prevenzione delle malattie<br />
cardiache. Entrava perciò nelle diete degli ammalati<br />
e dei convalescenti, come livello intermedio<br />
tra la doratura aristocratica con polvere o<br />
sottili fogli d’oro zecchino e la doratura popolare<br />
ottenuta con la frittura dei cibi preventivamente<br />
passati nell’uovo sbattuto.<br />
Attualmente se ne ricava <strong>un</strong>a qualità più pregiata<br />
dai soli stigmi del fiore e <strong>un</strong>a qualità inferiore<br />
(denominata femmina) dalla polverizzazione<br />
dell’intero stame essiccato. Il prezzo<br />
commerciale è molto elevato (attorno ai cinque<br />
milioni per la prima qualità), poiché per ottenere<br />
80 g di polvere di zafferano sono necessari circa<br />
80 kg di fiori freschi.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
RISOTTO ALLA MILANESE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
688 16,5 33,9 81,3 1849 106 1,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
BUSECA ALLA MILANESE<br />
Il termine lombardo buseca ha etimo incerto; forse deriva da vessica con sovrapposizione di<br />
buus = buco, ma questa interpretazione regionale contrasta con l’esistenza <strong>della</strong> voce toscana<br />
busecchio, usata già dal XIII secolo con valore di budello. Indica l’intestino in genere e, in<br />
sottordine, il rumine dei bovini. In <strong>cucina</strong> designa la trippa ricavata dal rumine stesso che,<br />
nella porzione individuale di <strong>un</strong> piatto, è com<strong>un</strong>emente detta busechin.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 90 minuti<br />
Tecnica di cottura: Brasatura, Lessatura<br />
Utensili:<br />
batticarne, pa<strong>della</strong>, tagliere, cucchiaio di legno,<br />
pentola, schiumarola<br />
Ingredienti:<br />
TRIPPA RICCIA PRECOTTA (1200 g), POMODORI<br />
(100 g), CAROTE (200 g), SEDANO (100 g),<br />
PATATE (250 g), BURRO (50 g), LARDO (50 g),<br />
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (60 g),<br />
CIPOLLE (50 g), FAGIOLI DI SPAGNA SECCHI<br />
(200 g), BRODO DI CARNE (3 litri), SALE (q.b.);<br />
(<strong>Per</strong> la gremolata): PREZZEMOLO (1 mazzetto),<br />
AGLIO (1 spicchio), SALVIA (3 foglie),<br />
ROSMARINO (1 rametto)<br />
Esecuzione:<br />
• Lasciare a bagno i fagioli in acqua tiepida con<br />
<strong>un</strong> pizzico di sale, metterli in <strong>un</strong>a pentola con<br />
acqua fredda e farli cuocere<br />
• Tagliare a dadini pomodori, sedano e carote;<br />
affettare fine la cipolla; pelare le patate<br />
• Privare la trippa del cordone di grasso, sbollentarla<br />
qualche minuto per poterla sgrassare<br />
ulteriormente, scolarla bene e tagliarla a pezzetti<br />
<strong>della</strong> l<strong>un</strong>ghezza di 1 cm circa<br />
• In <strong>un</strong>a casseruola, fare rosolare leggermente<br />
la cipolla con il lardo battuto e il burro<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere la trippa, il sedano e le carote e<br />
fare brasare per circa 10 minuti, mescolando<br />
di tanto in tanto con <strong>un</strong> cucchiaio di legno<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere il brodo bollente e fare cuocere<br />
su fuoco moderato per circa 30 minuti<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere i pomodori e le patate intere,<br />
continuare la cottura a fuoco basso per <strong>un</strong>'ora<br />
• Lasciare riposare per alc<strong>un</strong> minuti in modo<br />
che l'eventuale grasso rimasto <strong>della</strong> trippa<br />
venga in superficie e possa essere schiumato<br />
• Schiacciare le patate con <strong>un</strong>a forchetta e aggi<strong>un</strong>gere<br />
i fagioli già cotti, riportare a ebollizione<br />
e cuocere ancora qualche minuto<br />
• Tritare molto finemente gli ingredienti <strong>della</strong><br />
gremolata e mescolarli insieme<br />
• Unire la gremolata alla trippa, servire molto<br />
caldo con il grana<br />
Note: la pulizia <strong>della</strong> trippa<br />
Pellegrino Artusi considerava la trippa <strong>un</strong> cibo<br />
"poco confacente agli stomachi deboli e delicati,<br />
meno forse quella <strong>cucina</strong>ta dai Milanesi, i quali<br />
hanno trovato modo di renderla tenera e leggiera”.<br />
La corretta realizzazione <strong>della</strong> buseca inizia<br />
con la scelta delle qualità di trippa (cuffia e<br />
ricciolotta di vitello; il fogliolo - fujoo - si usa per<br />
fare la trippa in umido, da consumarsi come secondo)<br />
e prosegue con appropriate operazioni di<br />
pulitura e di cottura. Oggi la trippa si trova già<br />
pulita e cotta, altrimenti si deve pulire lavandola<br />
in acqua calda e raschiandola bene con <strong>un</strong> coltello<br />
nella parte superiore (per asportarne i corpi<br />
estranei) e inferiore (per ridurne il più possibile<br />
lo strato di grasso). La si fa quindi bollire per tre<br />
ore in acqua salata, con <strong>un</strong>a costola di sedano e<br />
<strong>un</strong>a cipolla picchettata con <strong>un</strong> chiodo di garofano.<br />
Varianti:<br />
<strong>Per</strong> la buseca (la cui origine è contesa) esistono<br />
tante versioni. Le varianti più diffuse prevedono<br />
l’uso di <strong>un</strong>o spicchio d’aglio nel soffritto o<br />
l’aggi<strong>un</strong>ta di porri, cavolo cappuccio o patate per<br />
rendere più spesso il brodo.<br />
Abbinamenti:<br />
In virtù del colore bianco che la fa percepire come<br />
<strong>un</strong> cibo non carneo, con il quale non si interrompe<br />
il digi<strong>un</strong>o, la trippa è il tradizionale<br />
piatto natalizio, consumato dopo la messa di<br />
mezzanotte (il busechin de la Vigilia). <strong>Per</strong> la sostanziosità<br />
degli ingredienti è piatto <strong>un</strong>ico, al<br />
quale si può far seguire, per spirito di celebrazione,<br />
<strong>un</strong>a fettina di miascia o di altro pane alla<br />
frutta, ma cui si addice maggiormente <strong>un</strong> dessert<br />
leggero, del tipo delle pere giulebbate così<br />
care alle nostre nonne. La si accosti <strong>un</strong> vino rosso<br />
giovane e ricco di acidità (Bonarda o Buttafuoco<br />
dell’Oltrepò Pavese).<br />
L’ingrediente: le interiora povere.<br />
E’ noto l’ingegno popolare nell’utilizzo dei tagli<br />
meno nobili <strong>della</strong> macelleria. Va tuttavia sottolineato<br />
che se la buseca di vitello aveva <strong>un</strong> ruolo<br />
riconoscibile nelle dinamiche rituali del Natale,<br />
<strong>un</strong>a non minore importanza hanno avuto, nella<br />
economia di sussistenza del passato, gli intestini<br />
e le bu<strong>della</strong> di tutti gli animali allevati o cacciati,<br />
purché capaci, <strong>un</strong>a volta nella pentola, di produrre<br />
pucia per intingere il pane o la polenta. Si<br />
pensi al busechin de corada (polmone), alle rigaglie<br />
di pollo al vin del tecc (poi sostituito con il<br />
più com<strong>un</strong>e marsala), agli stufati di interiora di<br />
maiale, di pecora, di capra e perfino di coniglio e<br />
di pollo, da versare sulla polenta, così diffusi in<br />
tutta la regione. Sul lago di Como si preparava<br />
la curadura, <strong>un</strong>a sorta di polpetta ottenuta friggendo<br />
in <strong>un</strong>a crosta di pangrattato, con cipolla e<br />
spezie, la colatura, cioè gli intestini degli agoni<br />
preparati per l’essiccazione.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
BUSECA ALLA MILANESE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
572 49,1 30,3 26,5 2360 40 7,6<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
CASSOEULA<br />
Detta anche cazzuola, cassuola (= casseruola, dim. di cazza, tegame) o bottaggio (da botte,<br />
con lo stesso significato, ma più probabilmente dal fr. potage = minestra, da pot = pignatta),<br />
analoghi ai termini olla (sp. = pignatta, da cui olla podrida) e potée (fr. pentola, da cui potée<br />
bourguignonne, lorraine ecc.) indicanti preparazioni simili.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 90 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Stufatura<br />
Utensili: tagliere, casseruola<br />
Ingredienti:<br />
COSTINE DI MAIALE (800 g), PIEDINI (500 g),<br />
TESTINA (400 g), COTENNE (150 g), SALAMINI<br />
PER VERZATA o SALSICCIA DI MONZA (250 g),<br />
BURRO (50 g), VINO BIANCO (1/2 bicchiere),<br />
CIPOLLE (100 g), CAROTE (200 g), SEDANO<br />
(150 g), VERZA (1500 g), BRODO DI CARNE<br />
(q.b.), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Tagliare a tocchetti tutte le parti del maiale e<br />
sbollentare pochi minuti, scolare bene<br />
• Sfogliare la verza, lavarla accuratamente,<br />
rompere le foglie grossolanamente e sbollentarle<br />
per 2-3 minuti<br />
• In <strong>un</strong>a casseruola bassa fare imbiondire nel<br />
burro la cipolla tagliata<br />
• Unire il sedano e le carote tagliati a bastoncini<br />
e fare rosolare per qualche minuto<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere tutte la parti del maiale tranne la<br />
salsiccia o i salatini, bagnare con il vino e farlo<br />
evaporare<br />
• Coprire il tegame e cuocere in forno a 130°C<br />
per mezz'ora circa, bagnando con del brodo<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere la salsiccia o i salamini e le verze,<br />
salare e completare la cottura a bassa temperatura<br />
aggi<strong>un</strong>gendo del brodo caldo se la<br />
cassoeula asciuga troppo<br />
Note: le versioni <strong>della</strong> cassoeula<br />
Della cassoeula si trovano versioni, variamente<br />
denominate, in alc<strong>un</strong>i Paesi mediterranei e in<br />
molte regioni d’Italia, persino in Sicilia e in Sardegna.<br />
In Lombardia ogni zona ha il suo bottaggio<br />
tradizionale, ma è abituale <strong>un</strong>a grande elasticità<br />
nella scelta degli ingredienti: verze e cotiche<br />
per versioni essenziali, carne di maiale con<br />
salsicce e verdure varie nelle versioni più ricche,<br />
carni di pollo e di volaille in aggi<strong>un</strong>ta agli altri<br />
ingredienti per le versioni ancora più raffinate.<br />
Rispetto al passato, oggi si tende a sottoporre le<br />
costine, il piedino e le salsicce ad <strong>un</strong>a scottatura<br />
per sgrassarli. Tradizionalmente si prescriveva<br />
l’uso di verze che avessero raccolto la brina invernale,<br />
più dolci, più asciutte e più tenere rispetto<br />
a quelle raccolte precocemente. <strong>Per</strong> le<br />
verze non gelate occorrerà prol<strong>un</strong>gare la cottura<br />
di 30-45 minuti, mettendole sul fuoco prima degli<br />
altri ingredienti.<br />
Varianti:<br />
La preparazione più tradizionale vuole la cottura<br />
sulla fiamma anziché al forno.<br />
La cassoeula comasca rifiuta i piedini e il battuto<br />
di verdure e utilizza la testa del maiale e <strong>un</strong> bicchiere<br />
abbondante di vino bianco (che è accettato<br />
anche da alc<strong>un</strong>i recenti ricettari milanesi).<br />
Nella Bassa pavese si impiegano solo p<strong>un</strong>tine<br />
e aglietti. Nelle zone del Varesotto e del<br />
Mortarese prossime alla provincia di Novara si<br />
aggi<strong>un</strong>gono carne e durelli d’oca. In ricette recenti<br />
si segnalano il pomodoro o la conserva.<br />
Raro uso delle spezie (chiodi di garofano, ma<br />
neppure sul pepe c’è accordo <strong>un</strong>anime).<br />
Abbinamenti:<br />
E’ piatto <strong>un</strong>ico, che può essere seguito da <strong>un</strong><br />
leggero dessert. Gradisce vini robusti, sapidi, di<br />
marcata acidità, ma morbidi e ben strutturati:<br />
Barbacarlo dell’Oltrepò e Barbera con qualche<br />
anno di cantina.<br />
L’ingrediente: volaille vs. maiale<br />
La cassoeula è <strong>un</strong> tipico piatto invernale che tal<strong>un</strong>i<br />
vogliono connettere alla ritualità domestica<br />
per la figura di sant’Antonio abate. I legami antropologici<br />
tra il santo eremita e il porco, tra i<br />
suoi festeggiamenti (17 gennaio) e la macellazione<br />
del maiale sono fuori discussione. L’inserimento<br />
del maiale nella ritualità antoniana si<br />
sviluppa nel tardo Medioevo e prende le forme di<br />
<strong>un</strong>a giustificazione a posteriori rispetto ad <strong>un</strong>a<br />
mitologia (e alla conseguente iconografia) non<br />
più decifrabile nelle sue reali connotazioni sacrali.<br />
Nella codificazione oggi più diffusa, la cazzoeula<br />
può essere fatta risalire agli inizi del nostro<br />
secolo. Le origini di <strong>un</strong> piatto così complesso<br />
sono com<strong>un</strong>que oscure. C'è chi ritiene si<br />
sia aggregato, nel corso dei secoli, attorno a <strong>un</strong><br />
originario nucleo di verza e cotenne di maiale,<br />
tipicamente padano. C'è chi, al contrario, ritiene<br />
non sia se non la progressiva semplificazione di<br />
<strong>un</strong> potaggio meridionale, gi<strong>un</strong>to nella regione<br />
attraverso la dominazione spagnola, o il ridimensionamento<br />
di <strong>un</strong> piatto <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> barocca,<br />
contenente carni di diversi animali, elaborato<br />
dalla gastronomia aristocratica a partire da quella<br />
oglia registrata da Bartolomeo Scappi nella<br />
sua Opera (1570). Quasi tutti i ricettari fino al<br />
XIX secolo sembrerebbero convalidare questa<br />
ultima ipotesi, indicando per la cassoeula ingredienti<br />
molto vari e prescrivendo quasi sempre la<br />
carne e le interiora di pollo. Crediamo sia possibile<br />
avanzare l’ulteriore ipotesi che la versione<br />
povera (verze e cotiche, avvicinabile agli ambiti<br />
<strong>della</strong> ritualità popolare per Sant’Antonio) e quelle<br />
più elaborate possano vantare origini separate<br />
e che dopo la metà del secolo scorso abbiano<br />
messo in com<strong>un</strong>e soltanto il nome, a partire<br />
dall’affinità delle tecniche di preparazione e<br />
<strong>della</strong> com<strong>un</strong>anza di alc<strong>un</strong>i ingredienti.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
CASSOEULA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
628 69,0 34,1 9,8 1171 222 7,5<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
OSSOBUCO ALLA MILANESE<br />
Dal milanese oss bus = osso bucato. La preparazione è definita in gremolada = cremolata, cioè<br />
salsa, condimento.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 35 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura, Brasatura<br />
Utensili:<br />
tagliere, tegame, mestolo<br />
Ingredienti:<br />
OSSOBUCHI DI VITELLO (n.6, da 250 g ciasc<strong>un</strong>o),<br />
BURRO (60 g), VINO BIANCO (1 bicchiere),<br />
BUCCIA DI LIMONE (di 1/2 frutto),<br />
AGLIO (1/2 spicchio), SALVIA (2 foglie), RO-<br />
SMARINO (1 rametto), PREZZEMOLO (30 g),<br />
BRODO (q.b.), FARINA 00 (q.b.), SALE (q.b.),<br />
PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Infarinare gli ossobuchi<br />
• In <strong>un</strong> largo tegame farli rosolare in metà del<br />
burro<br />
• Bagnare con il vino e lasciare evaporare<br />
• Regolare di sale e pepe<br />
• Coprire il tegame e fare cuocere su fuoco<br />
basso rigirandoli di tanto in tanto e bagnandoli<br />
con il brodo secondo necessità<br />
• Nel frattempo preparare le gremolata tritando<br />
finemente l'aglio, il prezzemolo, la buccia<br />
di limone, la salvia e il rosmarino<br />
• Poco prima di servire <strong>un</strong>ire la gremolata all'intingolo<br />
insieme al rimanente burro<br />
Note: l'osso col buco<br />
Nella sua definizione settecentesca, l’ossobuco si<br />
<strong>cucina</strong>va senza il pomodoro, che viene aggi<strong>un</strong>to<br />
quasi regolarmente dalla fine del XVIII secolo.<br />
La gremolada è <strong>un</strong>a salsa composta da buccia di<br />
limone, rosmarino, aglio e prezzemolo tritati, cui<br />
la presenza del limone conserva <strong>un</strong> tocco decisamente<br />
rococò. La denominazione stessa del<br />
piatto, ricavato da fette di geretto (o stinco),<br />
meglio se posteriore, di vitello, sottolinea<br />
l’importanza dell’osso e più ancora del buco per<br />
la buona riuscita <strong>della</strong> preparazione. Il buco è<br />
infatti ricolmo di midollo osseo il quale, sciogliendosi<br />
superficialmente durante la cottura, dà<br />
la giusta consistenza alla salsa e ne ammorbidisce<br />
il gusto. Secondo la tradizione milanese il<br />
midollo residuo si estrae dalla sua cavità con<br />
<strong>un</strong>’apposita palettina, chiamata ironicamente<br />
agente delle tasse o esattore.<br />
Varianti:<br />
L’infarinatura degli ossobuchi, generalmente<br />
praticata in passato per garantire loro morbidezza,<br />
non ha oggi, in presenza di carni più tenere,<br />
carattere di prescrittività (ma già l’Artusi vi av eva<br />
rin<strong>un</strong>ciato, per aggi<strong>un</strong>gerla successivamente<br />
<strong>un</strong> po’ di farina quale legante <strong>della</strong> salsa). Non<br />
infrequente l’aggi<strong>un</strong>ta di prosciutto o pancetta<br />
nel soffritto, che in altre varianti è invece ridotto<br />
alla sola cipolla. Nelle versioni più recenti la<br />
gremolata rin<strong>un</strong>cia talvolta al rosmarino e all’aglio<br />
ma accetta salvia, maggiorana e persino <strong>un</strong><br />
filetto di acciuga.<br />
Abbinamenti:<br />
Come piatto <strong>un</strong>ico si sposa al risotto giallo e alla<br />
polenta. Come secondo, segue <strong>un</strong> primo leggero<br />
e può avere come contorno piselli freschi, fagiolini<br />
o purè di patate.<br />
L’intenso Sassella valtellinese, dal profumo fruttato,<br />
o il Cellatica bresciano, sapido e amarognolo,<br />
costituiscono l’abbinamento classico.<br />
L’ingrediente: il limone in <strong>cucina</strong><br />
Pur non essendo <strong>un</strong> frutto lombardo (cresce solo<br />
sulle rive dei laghi più grandi) è <strong>un</strong> ingrediente<br />
molto ricercato dalla gastronomia regionale. Il<br />
sodalizio nasce nel Medioevo, quando i limoni,<br />
assieme alle arance selvatiche (i naranzi dei ricettari<br />
trecenteschi), che ancora non si era riusciti<br />
ad innestare convenientemente per ricavarne<br />
<strong>un</strong>a varietà dolce, erano usati in f<strong>un</strong>zione<br />
di spezie. Con la rivoluzione illuministica delle<br />
tecniche <strong>cucina</strong>rie e del gusto, l’impiego delle<br />
spezie fu drasticamente ridimensionato, mentre<br />
quello del limone, considerato <strong>un</strong> alimento più<br />
naturale e meno artificioso rispetto alle droghe,<br />
rimase costante, per ottenere dai cibi <strong>un</strong> impatto<br />
gustativo simile a quello che precedentemente<br />
era raggi<strong>un</strong>to con l’aceto o con l’agresto. Possiamo<br />
far risalire alla seconda metà del Settecento<br />
quasi tutte quelle preparazioni tradizionali,<br />
come la gremolata, aromatizzate con scorza di<br />
limone in assenza di altre spezie (quando invece<br />
l’accostamento a spezie potenti, come i chiodi di<br />
garofano, la cannella o la noce moscata, rimanda<br />
ad origini più antiche). Nel secolo successivo,<br />
alla scorza, che resta nell’impasto di<br />
molti dolci, si preferirà il succo dell’agrume, dal<br />
quale deriverà il registro acidulo non solo <strong>della</strong><br />
<strong>cucina</strong> ittica, ma anche di moltissimi piatti di<br />
carne, dalla fricassea alla costoletta e al fegato<br />
alla milanese, dal fritto misto alle scaloppine, al<br />
vitello in gelatina, al salmì per la cacciagione da<br />
penna.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
OSSOBUCO ALLA MILANESE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
410 53,9 16,6 8,3 588 190 0,5<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
COTOLETTA ALLA MILANESE<br />
Cotoletta, da costola (dial. cuteleta, dal fr. cotelette). La milanese è il corrispettivo lombardo<br />
del Wienerschnitzel. La disputa storica tra milanesi e viennesi sulla paternità del piatto è definitivamente<br />
risolta a favore dei primi, in base ad <strong>un</strong> rapporto indirizzato dal conte Attems<br />
all’imperatore Franz Joseph, in cui si dà la prima notizia conosciuta sulla cotoletta impanata<br />
dei milanesi. Sarebbe stato poi il maresciallo Radetsky a fornire personalmente la ricetta<br />
all’imperatore.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 20 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura<br />
Utensili:<br />
batticarne, pa<strong>della</strong><br />
Ingredienti:<br />
COSTOLETTE DI VITELLO CON L'OSSO (n.6, alte<br />
1 cm), PANE GRATTUGIATO GROSSO (q.b.),<br />
UOVA (n.2), BURRO (150 g), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Tagliuzzare il bordo delle costolette in modo<br />
che non si arriccino durante la cottura<br />
• Batterle leggermente e passarle prima nell'uovo<br />
sbattuto e poi nel pane grattugiato<br />
battendo delicatamente con le mani in modo<br />
da fare aderire bene l'impanatura<br />
• Sciogliere il burro in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> larga e pesante<br />
e farvi dorare le costolette da entrambi<br />
i lati, su fuoco dolce<br />
• Tagliando la cotoletta, all'interno deve risultare<br />
leggermente umida: deve essere croccante<br />
all'esterno e morbida dentro<br />
Note: la costoletta di vitello<br />
La costoletta deve necessariamente essere ricavata<br />
dalla lombata (o quadrello) di vitello di latte;<br />
alc<strong>un</strong>i ritengono che solo le prime sei costolette<br />
abbiano le caratteristiche necessarie per<br />
aspirare alla impanatura: solo queste, infatti risultano<br />
non troppo magre né troppo grasse e<br />
sufficientemente tenere da essere fritte senza<br />
doverle battere o sfibrare con <strong>un</strong>a prol<strong>un</strong>gata<br />
manipolazione come si usava in passato.<br />
Il manico, cioè l’osso <strong>della</strong> costola, sporgente<br />
dalla carne, viene solitamente ricoperto di stagnola<br />
per permettere ai commensali di spolparlo<br />
prendendolo tra le dita.<br />
Il succo <strong>della</strong> fettina di limone di guarnizione,<br />
consigliato dai ricettari di inizio secolo, aveva lo<br />
scopo principale di coprire gli eventuali sapori<br />
sgradevoli derivati da <strong>un</strong>a cattiva conservazione<br />
<strong>della</strong> carne o dal parziale irrancidimento del burro.<br />
Le carni ben conservate e l’ottima qualità del<br />
burro rendono oggi quest’uso del tutto superfluo.<br />
Varianti:<br />
Alc<strong>un</strong>e ricette storiche consigliano <strong>un</strong>a grattatina<br />
di noce moscata nell’impanatura; altre, tra cui<br />
quella dell’Artusi, prescrivono di mischiare al<br />
pangrattato del formaggio parmigiano (Artusi<br />
aggi<strong>un</strong>ge anche prezzemolo e odore di tartufo).<br />
La tradizione apprezza l’uso di sottoporre la costoletta<br />
ad <strong>un</strong>a doppia impanatura, così da renderla<br />
ben croccante esternamente, conservandone<br />
la morbidezza e la leggera umidità interna.<br />
Abbinamenti:<br />
Come piatto <strong>un</strong>ico si accompagna al risotto giallo.<br />
Come secondo piatto gradisce il contorno di<br />
cicorietta fresca, di patate fritte a bastoncini, di<br />
p<strong>un</strong>te di asparago, spinaci o fagiolini al burro.<br />
Richiede <strong>un</strong> vino di buon corpo e di grande morbidezza,<br />
come il Barbacarlo ben invecchiato o il<br />
Franciacorta Rosso dal leggero gustolfatto erbaceo.<br />
L’ingrediente: il vitello.<br />
I ricettari dei primi anni del secolo indicavano i<br />
rinomati vitelli <strong>della</strong> Brianza come fornitori ottimali<br />
<strong>della</strong> carne di primissima qualità necessaria<br />
per le costolette. Al giorno d’oggi, gran parte<br />
del patrimonio zootecnico lombardo, al pari di<br />
quello di altre regioni italiane, si ricostituisce<br />
annualmente tramite le importazioni dai paesi<br />
CEE maggiormente attrezzati per l’allevamento<br />
(Francia e Germania), cosicché non solo il territorio<br />
agricolo a Nord di Milano non ha, rispetto<br />
ad altre zone <strong>della</strong> regione, quali il Bresciano, il<br />
Mantovano e il Cremonese, <strong>un</strong>a produzione bovina<br />
veramente apprezzabile, ma non può garantire<br />
neppure l’origine locale degli animali.<br />
Si classifica come vitello il bovino di età inferiore<br />
a <strong>un</strong> anno e di peso non superiore ai 230 kg<br />
(180 kg per quelli di latte). La carne di vitello si<br />
distingue da quella del bovino adulto per <strong>un</strong>a<br />
maggiore tenerezza, per il colore più rosato, per<br />
la accentuata succulenza; ha odore latteo e minime<br />
quantità di grasso. Risulta di facile digestione<br />
ed è meno energetico di quella di vitellone<br />
o di manzo (92 kcal per 100 g contro le 129<br />
del bovino adulto).<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
COTOLETTA ALLA MILANESE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
454 45,4 24,7 13,2 660 269 0,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
VITELL TONE’<br />
A dispetto <strong>della</strong> compita sonorità francesizzante, alla denominazione si riconosce <strong>un</strong>a pretta<br />
natura dialettale <strong>lombarda</strong>. Storicamente, ad <strong>un</strong>a origine tardo settecentesca del piatto, in<br />
<strong>un</strong>’area che si allarga da Parigi alla pianura Padana, corrisponde <strong>un</strong> irradiamento simultaneo<br />
nei ricettari francesi, piemontesi, lombardi, veneti ed emiliani dell’inizio del XIX secolo.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 90 minuti<br />
Tecnica di cottura: Stufatura<br />
Utensili:<br />
casseruola, affettatrice, piatto da portata, ciotola,<br />
frusta<br />
Ingredienti:<br />
MAGATELLO o NOCE DI VITELLO (1500 g),<br />
TONNO SOTT'OLIO (200 g), VINO BIANCO<br />
SECCO (250 cc), OLIO DI OLIVA (300 g), CA-<br />
ROTE (40 g), SEDANO (50 g), CIPOLLE (50 g),<br />
ALLORO (1 foglia), PEPE (4-5 grani), TUORLI<br />
D'UOVA (n.2), CAPPERI (20 g), SUCCO DI<br />
LIMONE (succo di 1 limone), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• In <strong>un</strong>a casseruola fare rosolare la carne con<br />
60 grammi di olio e le verdure tritate grossolanamente<br />
• Irrorare con il vino bianco e farlo evaporare<br />
• Coprire di acqua, aggi<strong>un</strong>gere il pepe in grani,<br />
salare e portare a bollore<br />
• Coprire e fare cuocere finché la carne risulta<br />
tenera<br />
• Togliere la carne, conservando il brodo, e lasciarla<br />
raffreddare<br />
• Con i tuorli, il restante olio e il succo di limone<br />
preparare <strong>un</strong>a maionese<br />
• Unire alla maionese il tonno passato al setaccio,<br />
diluire la salsa con il brodo e aggi<strong>un</strong>gere<br />
i capperi tritati fini<br />
• Affettare la carne, coprirla con la salsa e<br />
mettere in frigorifero prima di servire<br />
Note: come fosse tonno<br />
Ai nostri giorni il piatto ha ass<strong>un</strong>to caratteristiche<br />
facilmente riconoscibili grazie alla standardizzazione<br />
dei modelli culinari operata dalla ristorazione<br />
di massa e dai negozi di specialità<br />
gastronomiche. Converrà però ricordare che la<br />
tradizone <strong>lombarda</strong> vanta due diversi modelli di<br />
vitello tonnato, l’<strong>un</strong>o caldo e l’altro freddo, che<br />
la salsa a base di maionese per quest’ultimo è<br />
diventata norma solo nel nostro secolo e che<br />
nelle prime versioni ottocentesche raccolte sotto<br />
questo nome non rientrava neppure il tonno: si<br />
può pensare che tonnato volesse in <strong>un</strong> primo<br />
tempo significare <strong>cucina</strong>to come fosse tonno e<br />
che la ventresca sott’olio sia stata aggi<strong>un</strong>ta in<br />
<strong>un</strong> secondo tempo, attratta dal nome del piatto.<br />
La preparazione fredda era tipicamente estiva,<br />
tradizionale a Milano per Ferragosto. La carne,<br />
marinata, lessata e affettata, veniva accompagnata<br />
da <strong>un</strong>a salsina ottenuta emulsionando con<br />
la frusta i diversi ingredienti tra i quali non sempre<br />
figuravano il rosso d’uovo e la ventresca.<br />
Nella preparazione calda, invece, la carne era<br />
arrostita, affettata e servita con la salsa di cottura<br />
addensata (spesso con farina) e deglassata<br />
con succo di limone.<br />
Varianti:<br />
Alc<strong>un</strong>e province, soprattutto Como, contendono<br />
a Milano la parternità del vitell toné. Correttamente,<br />
in mancanza di prove dirette, alc<strong>un</strong>i autori<br />
lo considerano <strong>un</strong> piatto interregionale. Rispetto<br />
alla versione standard contemporanea, le<br />
varianti non appaiono di grande rilievo. La carne<br />
può provenire dalla fesa, dal magatello o dalla<br />
noce, tagli limitrofi del posteriore bovino. Alla<br />
bollitura prol<strong>un</strong>gata dei vecchi ricettari, oggi si<br />
preferisce <strong>un</strong>a cottura moderata che conservi<br />
alla carne la morbidezza e il colore rosato. La<br />
foglia d’alloro può essere sostituita o accompagnata<br />
da <strong>un</strong> chiodo di garofano. I capperi possono<br />
essere lasciati interi e la salsa può essere<br />
ammorbidita con panna.<br />
Abbinamenti:<br />
Segue con uguale dignità <strong>un</strong> minestrone freddo<br />
oppure <strong>un</strong> piatto di ravioli di magro conditi con<br />
burro e salvia.<br />
Si accompagna a rossi gentili o briosi, come il<br />
Chiaretto del Garda o il Lambrusco mantovano.<br />
L’ingrediente: la maionese<br />
Una classica salsa fredda <strong>della</strong> gastronomia internazionale,<br />
proveniente dalla <strong>cucina</strong> barocca e<br />
divenuta <strong>un</strong>o degli emblemi <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> pronta<br />
e del fast food, anche come base per salse più<br />
elaborate: la salsa rosa, con ketchup e brandy,<br />
per crostacei; la salsa tartara, con erbe aromatiche,<br />
capperi e cetriolini sottaceto, per pesci bolliti<br />
e verdure; la salsa andalusa, con sugo di pomodoro<br />
e peperone, per arrosti; la salsa diplomatica,<br />
con olive e mandorle, per pesci grigliati<br />
ecc.. Si tratta, in sostanza, di <strong>un</strong>a emulsione di<br />
olio d’oliva e tuorli d’uovo con sale e succo di limone<br />
(o aceto), di altissimo valore energetico<br />
(655 kcal per 100 g), che l’utilizzo dell’olio di<br />
semi, proprio dei prodotti industriali, non rende<br />
meno pesante. Le maionesi industriali hanno inoltre<br />
bisogno di antiossidanti e di amidi (mais o<br />
soia) con f<strong>un</strong>zione addensante e stabilizzante,<br />
non necessari nel prodotto casalingo.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
VITELL TONE’<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
805 61,8 57,9 1,8 789 288 0,7<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
NERVETTI IN INSALATA<br />
Così si chiamano (impropriamente, perchè i nervi non c’entrano niente) le cartilagini del ginocchio<br />
e dello stinco del vitello. Nervetto è italianizzazione <strong>della</strong> voce dialettale gnervitt =<br />
tendini. In passato i nervetti erano <strong>un</strong>o dei piattelli serviti nelle osterie per accompagnare la<br />
mescita al bianco, quale antipasto tipico <strong>della</strong> tradizione popolare milanese. Oggi i “nervetti”<br />
sono anche preparati, già cotti e pressati, a livello industriale e distribuiti nelle salumerie: in<br />
questo caso però si usa ogni genere di cartilagine e non solo quella del piedino.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Antipasti<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 120 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
pentola, insalatiera<br />
Ingredienti:<br />
ZAMPETTI DI VITELLO (n.2), GIRELLI DI VI-<br />
TELLO (n.2), CIPOLLOTTI (n.3), SEDANO (1 costa),<br />
CAROTA (n.1), OLIO DI OLIVA (4 cucchiai),<br />
ACETO (1 cucchiaio), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Pulire gli zampetti e i girelli e lavarli bene<br />
• Mettere sul fuoco <strong>un</strong>a pentola con abbondante<br />
acqua, salare e <strong>un</strong>ire la carota e il sedano<br />
• Appena l'acqua bolle, mettervi gli zampetti e<br />
i girelli<br />
• Fare cuocere per almeno due ore<br />
• Quando sono ben teneri levarli dal brodo e<br />
lasciarli intiepidire<br />
• Staccare tutta la parte nervosa dalle ossa e<br />
tagliarla a listerelle<br />
• Collocare i nervetti <strong>un</strong> <strong>un</strong>'insalatiera, <strong>un</strong>ire i<br />
cipollotti affettati fini, <strong>un</strong> pizzico di sale e pepe<br />
• Condire con l'olio e l'aceto<br />
• Mescolare e servire<br />
Note: preparazione casalinga e commerciale<br />
I nervetti alla casalinga, ottenuti facendo bollire<br />
a l<strong>un</strong>go le parti legamentose dei piedini e dei ginocchi<br />
di vitello assieme al lesso misto per fargli<br />
prendere più sapore, oggi possono essere sostituite,<br />
per la preparazione in insalata, con prodotti<br />
industriali, reperibili in salumeria o al supermercato.<br />
Si tratta di cartilagini provenienti da<br />
tagli anche diversi dalla gamba, già cotte, pressate<br />
sotto vuoto e solitamente addizionate di acido<br />
ascorbico come conservante. Una volta tagliate<br />
a listarelle e condite opport<strong>un</strong>amente, si<br />
prestano a risultati abbastanza simili a quelli<br />
tradizionali.<br />
Varianti:<br />
Alla versione base (nervetti con anelli di cipolla<br />
cruda e prezzemolo tritato, conditi con olio, sale<br />
e pepe) si sono affiancati da tempo versioni più<br />
ricche e condite, ottenute con l’aggi<strong>un</strong>ta di fagioli<br />
borlotti o bianchi di Spagna lessati, oppure<br />
di aceto o limone, o con la sostituzione <strong>della</strong> cipolla<br />
fresca con cipolline sotto aceto.<br />
Abbinamenti:<br />
Non è <strong>un</strong> antipasto leggero e può aprire <strong>un</strong> pasto<br />
composto da <strong>un</strong>a minestra, come il Ris e erborin,<br />
da <strong>un</strong>a frittata e da <strong>un</strong> dessert leggero di<br />
frutta, per esempio <strong>un</strong>a persicata.<br />
Vi si accompagna <strong>un</strong> vino bianco, secondo l’uso,<br />
o rosato, come il Riviera del Garda Chiaretto.<br />
L’ingrediente: il piedino.<br />
Nella <strong>cucina</strong> povera urbana del passato, come<br />
nella <strong>cucina</strong> contadina, dominata dalla presenza<br />
del maiale, la carne bovina era considerata <strong>un</strong><br />
lusso quasi inavvicinabile. Il piedino e il ginocchio<br />
(gerett), assieme alla testina, alle ossa da<br />
spolpare e alle interiora meno nobili (buseca)<br />
erano tra i pochi tagli bovini concessi alla tavola<br />
povera e hanno costituito per secoli <strong>un</strong>o dei banchi<br />
di prova dell’ingegno gastronomico del popolo.<br />
Dal piedino non si ricavava, infatti, solo<br />
l’insalata di nervetti. Le cartilagini, <strong>un</strong>a volta<br />
bollite, accompagnavano ancora calde la polenta,<br />
oppure, lasciate raffreddare, venivano, al<br />
pari <strong>della</strong> testina, <strong>cucina</strong>te in sguazzetto, in stufato<br />
con salvia e fagioli, oppure impanate e fritte.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
NERVETTI IN INSALATA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
304 37,5 15,7 3,6 529 116 1,1<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
FRITTO MISTO ALLA MILANESE<br />
Nella sua versione più tradizionale, il fritto misto, assieme alle frattaglie più ricercate, accoglieva<br />
anche il polmone, che oggi non è quasi più utilizzato. In passato costituiva piatto <strong>un</strong>ico,<br />
dal momento che a fianco delle carni venivano fritti gli ortaggi di stagione, che completavano il<br />
piatto con <strong>un</strong> necessario apporto vegetale. E’ consigliabile presentarlo ancora oggi come piatto<br />
<strong>un</strong>ico, piuttosto che come secondo inserito in <strong>un</strong> contesto più ampio di portate.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo di esecuzione: 120 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura<br />
Utensili:<br />
Tagliere, trinciante, casseruola, pa<strong>della</strong>, schiumarola<br />
Ingredienti:<br />
Interiora di vitello: CERVELLA (300 G), FEGATO<br />
(400 g), ANIMELLE (300 g), FILONI (150 g), eventuale<br />
POLMONE (200 g), ORTAGGI<br />
(ZUCCHINE, FUNGHI, MELANZANE a piacere); e<br />
inoltre per friggere: FARINA BIANCA (50 g),<br />
PANE GRATTUGIATO (100 g), UOVA (n. 2),<br />
BURRO (150 g), SALE (q. b.).<br />
Esecuzione:<br />
• Pulire le animelle dalla pellicola esterna, lessarle<br />
(eventualmente assieme al polmone) in<br />
acqua salata per venti minuti<br />
• Scolarle, tagliarle a pezzi grandi quanto <strong>un</strong>a<br />
noce, passarle nell’uovo sbattuto e salato e<br />
poi nel pane grattugiato.<br />
• Pulire le animelle e i filoni, tagliarli a pezzi e<br />
passare anche questi prima nell’uovo sbattuto<br />
e poi nel pane grattugiato.<br />
• Friggere in abbondante burro bollente tutti gli<br />
ingredienti così preparati, fino a che non siano<br />
dorati e croccanti (il tempo varia a seconda<br />
degli ingredienti).<br />
• Tagliare il fegato a fette sottilissime, liberandolo<br />
dai canalicoli bianchi e dalla pellicina esterna,<br />
e friggerlo a parte con molto burro,<br />
togliendo ogni fetta non appena comincia a<br />
perdere sangue, così che non indurisca.<br />
• Tagliare a fette le zucchine e melanzane, salarle<br />
leggermente, infarinarle, assieme alle<br />
cappelle dei f<strong>un</strong>ghi, e friggerle nel burro.<br />
• Depositare i vari ingredienti, man mano che<br />
sono fritti, su carta assorbente, per liberarli<br />
dall’<strong>un</strong>to in eccesso.<br />
• Servire tutto insieme su <strong>un</strong> piatto di portata<br />
caldissimo.<br />
Note: limone e frittura<br />
Dalla tradizione ottocentesca, la <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong><br />
ha ereditato l’abitudine di condire le fritture, sia<br />
di carni che di pesce o di verdure, con il succo di<br />
fettine di limone che spesso vengono servite nello<br />
stesso piatto assieme agli alimenti. E’<br />
<strong>un</strong>’abitudine che ha i suoi vantaggi e i suoi inconvenienti.<br />
Il limone, infatti, per la sua acidità<br />
può stimolare la secrezione gastrica e facilitare<br />
la digestione del fritto, contribuendo a pulire la<br />
bocca dall’intensità gustativa di questa pietanza.<br />
E’ però indubbio che le croccantezza del fritto<br />
decade dopo l’aggi<strong>un</strong>ta del succo di limone, il<br />
quale, con il suo sapore prevalente, tende ad<br />
omologare il gusto dei diversi tipi di interiora.<br />
Una buona frittura, croccante e asciutta, non ha<br />
bisogno di succo di limone!<br />
Varianti:<br />
Gli Stomachi deboli del Dubini accolgono nella<br />
frittura anche la tettina, preventivamente lessata<br />
per 20 minuti. Non è raro il caso in cui il fegato<br />
sia fritto in burro con qualche foglia di salvia.<br />
Altri aggi<strong>un</strong>gono crocchettine di pollo o salsiccia<br />
di Monza tagliata a pezzetti (ma l’idea di friggere<br />
la salsiccia farà inorridire i palati moderni).<br />
Abbinamenti:<br />
Come secondo piatto, può essere preceduto da<br />
<strong>un</strong> antipasto vegetale e seguito da <strong>un</strong> dessert di<br />
frutta. Vino: Riviera del Garda Rosso Superiore,<br />
vinoso, sapido, giustamente acido.<br />
L’ingrediente: le interiora nobili<br />
Sino dai tempi più antichi, il fegato, il cervello, le<br />
animelle, il cuore, i rognoni, sono stati considerati<br />
tagli di carne particolari, superiori a qualsiasi<br />
altro ricavato dagli animali uccisi, perchè ritenuti<br />
la sede stessa <strong>della</strong> vita. <strong>Per</strong> questa ragione,<br />
nell’antichità, la consumazione delle interiora<br />
nobili era spesso proibita dalle leggi civili o dagli<br />
ordinamenti religiosi, che però ne consentivano<br />
l’uso per trarre gli auspici e come cibo regale o<br />
sacerdotale. Nel nostro secolo sono divenute abbastanza<br />
com<strong>un</strong>i, anche se risultano sempre<br />
meno accette alle giovani generazioni. La <strong>cucina</strong><br />
<strong>lombarda</strong> mostra fedeltà alla delicatezza delle<br />
animelle con agrodolci e fricassee; al fegato con<br />
vari piatti tipici (fegato alla milanese, alla lodigiana,<br />
alla bresciana); al cervello con il cervelat,<br />
<strong>un</strong> salsiccia molto diffusa nell’800, oggi quasi introvabile.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
FRITTO MISTO ALLA MILANESE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
846 37,8 66,1 26,3 756 1720 2,1<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
POLPETTE DI VERZA<br />
Si tratta propriamente di <strong>un</strong> impasto fasciato in foglie di verza; in lingua italiana si chiamerebbero<br />
involtini, rotolini o, al più, polpettine nel cavolo; ma nella tradizione milanese il termine<br />
polpetta indica spesso <strong>un</strong>a fettina di fesa farcita con <strong>un</strong> ripieno, ripiegata o arrotolata, di cui la<br />
foglia di verza è <strong>un</strong> succedaneo economico. Ricettari classici, come quello del Cùnsolo, segnalano<br />
addirittura la polpetta distesa, cioè <strong>un</strong>a fettina di fesa con sopra la farcia, cotta al forno.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Stufatura<br />
Utensili:<br />
pentola, ciotola, stecchini, tegame, tritacarne<br />
Ingredienti:<br />
CAVOLO VERZA (n.1 grosso), CARNE DI MANZO<br />
O MAIALE GIA' COTTA (300 g), SALSICCIA (50<br />
g), FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (30 g),<br />
PANE (60 g), LATTE DI VACCA INTERO (200 g),<br />
UOVA (n.1), PREZZEMOLO TRITATO (1 cucchiaino),<br />
CIPOLLE (30 g), BURRO (30 g), VINO<br />
BIANCO (40 cc), PANCETTA (30 g), FARINA 00<br />
(1 cucchiaio), BRODO DI CARNE (1 mestolo),<br />
SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Sfogliare la verza e scartare le foglie esterne<br />
• Lavare bene le foglie rimaste e batterne il costone<br />
• Scottare le foglie in acqua bollente e stenderle<br />
sul tavolo di <strong>cucina</strong><br />
• Ammollare il pane nel latte per almeno mezz'ora,<br />
poi strizzarlo<br />
• Tritare la carne, aggi<strong>un</strong>gere salsiccia, grana,<br />
pane ammollato, uovo e prezzemolo<br />
• Regolare di sale e pepe e amalgamare bene<br />
• Mettere su ogni foglia di verza <strong>un</strong>a noce del<br />
ripieno e avvolgere fermando con <strong>un</strong>o stecchino<br />
• In <strong>un</strong> tegame fare imbiondire la cipolla tritata<br />
con burro e pancetta tagliata a dadini<br />
• Infarinare gli involtini, metterli nel tegame e<br />
farli rosolare a fuoco vivace<br />
• Bagnare con il vino bianco e il brodo<br />
• Fare cuocere su fuoco moderato per 15-20<br />
minuti circa girando gli involtini<br />
• Servire con contorno di riso cotto al vapore<br />
Note: qualche accorgimento<br />
Presente sul mercato tutto l’anno, scarto minimo,<br />
prezzo basso, la verza è <strong>un</strong>a verdura popolare<br />
che però è bene saper scegliere e <strong>cucina</strong>re.<br />
Al momento dell’acquisto deve avere le foglie<br />
esterne color verde scuro, prive di macchie giallastre.<br />
Le verze migliori sono quelle sode, cioè con le<br />
foglie interne, di colore più chiaro, ben compatte<br />
e chiuse a palla. Non devono essere troppo<br />
grosse, perché risulterebbero dure e indigeste.<br />
Prima <strong>della</strong> cottura, è necessario privarle delle<br />
foglie esterne, dure; le altre foglie, staccate <strong>un</strong>a<br />
ad <strong>un</strong>a, vanno lavate accuratamente sotto<br />
l’acqua corrente.<br />
Varianti:<br />
Il ripieno può accogliere carne trita cruda in luogo<br />
di carne già cotta; salame, morta<strong>della</strong>, prosciutto<br />
o pancetta in luogo <strong>della</strong> salsiccia; noce<br />
moscata per l’aromatizzazione. Non tutti i ricettari<br />
prevedono il soffritto di cipolla, né l’infarinatura<br />
delle polpette e il deglassamento dell’intingolo<br />
con il vino bianco; altri, invece vi aggi<strong>un</strong>gono<br />
qualche foglia di salvia. Il Bassani segnala<br />
in Brianza delle polpette di magro, ripiene<br />
soltanto di verdure (sedano, carote e patate),<br />
cotte in sugo di pomodoro.<br />
Abbinamenti:<br />
Si servono con riso bianco asciutto, meglio se<br />
cotto a vapore: nel qual caso costituiscono piatto<br />
<strong>un</strong>ico. Si abbinano con <strong>un</strong> vino leggero, ma<br />
dal profumo vinoso e dal gusto pulito e armonico,<br />
come il Capriano del Colle rosso.<br />
L’ingrediente: la verza<br />
Tipica verdura orticola assai adattabile, resistente<br />
al freddo e diffusa in tutte le latitudini europee,<br />
la verza (detta anche cavolo verzotto o<br />
cavolo di Milano) appartiene, come il cavolo<br />
cappuccio, il cavolfiore, il cavolo rapa, i cavolini<br />
di Bruxelles ecc. al genere Brassica delle Crucifere.<br />
Il suo valore nutritivo è modesto e può risultare<br />
indigesta.<br />
Nella gastronomia <strong>lombarda</strong> ha occupato ed occupa<br />
<strong>un</strong> posto di grande rilievo, sia come contorno<br />
che come ingrediente comprimario in minestre,<br />
piatti <strong>un</strong>ici e secondi piatti molto diffusi<br />
nella regione. Il riso con le verze, le verze con le<br />
castagne e i pizzoccheri <strong>della</strong> Valtellina, la polenta<br />
con le verdure del Varesotto, il ripieno<br />
<strong>della</strong> gallina lessa... Ma il meglio di sè la verza lo<br />
dimostra nell’<strong>un</strong>ione con la carne di maiale: la<br />
cassoeula, la verzada con i salamini (che nel<br />
Mantovano prende il nome di verze imbracate) o<br />
quella con le costine e i f<strong>un</strong>ghi chiodini del Cremonese,<br />
dove si prepara anche <strong>un</strong> ragù di verza<br />
(la poòla) da usare con il cotechino (<strong>un</strong> sugo simile,<br />
a Sondrio, comprende anche le patate).<br />
Nel Bergamasco si segnala la verza con la pancetta<br />
e nel Varesotto quella con la morta<strong>della</strong> di<br />
fegato.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
POLPETTE DI VERZA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
265 22,3 12,7 14,8 734 91 5,3<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
ASPARAGI ALLA MILANESE<br />
Verdura tipica <strong>della</strong> tradizione milanese, gli asparagi meritavano in passato svariate sagre (i<br />
spargiad) nelle osterie fuori porta. A questo delicatissimo vegetale si prestava tanta attenzione<br />
da servirli in stoviglie particolari, composte da due diversi piatti sovrapposti, separati da<br />
<strong>un</strong>a intercapedine nella quale veniva posta acqua bollente, per mantenerli caldi ed impedire al<br />
burro di rapprendersi.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Primavera Estate<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 35 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Frittura<br />
Utensili:<br />
pentola, pa<strong>della</strong><br />
Ingredienti:<br />
ASPARAGI (1000 g), BURRO (120 g), UOVA<br />
(n.6), FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (20<br />
g)<br />
Esecuzione:<br />
• Pulire gli asparagi e raschiare il gambo<br />
• Ri<strong>un</strong>irli e legarli in 6 mazzetti; tagliare la parte<br />
dura inferiore<br />
• Mettere in <strong>un</strong>a pentola abbondante acqua e<br />
portarla a ebollizione<br />
• Salare e fare cuocere gli asparagi in piedi,<br />
con le p<strong>un</strong>te lievemente fuori dall'acqua, per<br />
15-20 minuti<br />
• Scolare gli asparagi, disporre i mazzetti,<br />
sciolti dai legacci, <strong>un</strong>o per piatto<br />
• In <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> mettere il burro, farlo sciogliere,<br />
aggi<strong>un</strong>gere le uova e cuocerle fino a<br />
quando l'albume si è rappreso ma il tuorlo è<br />
ancora morbido<br />
• Cospargere gli asparagi con il grana e versare<br />
su ogni mazzetto <strong>un</strong> uovo<br />
• Servire subito<br />
Note: cotti in piedi, serviti a raggiera<br />
Gli asparagi milanesi, noti per la loro delicatezza,<br />
hanno la p<strong>un</strong>ta di colore verde tenero,<br />
leggermente velato di violaceo, che si fa sempre<br />
più intenso verso il basso, dove si congi<strong>un</strong>ge alla<br />
parte bianca. Quando sono freschi, la parte<br />
bianca risulta quasi completamente tenera , dolce<br />
e perciò commestibile quasi per intero. Si<br />
preparano per la cottura raschiandone accuratamente<br />
la parte bianca, per toglierne le squamette<br />
più dure e la terra, tagliandone l’estremità inferiore<br />
per ridurli tutti <strong>della</strong> stessa misura e legandoli<br />
infine in mazzetti non troppo grandi. Si<br />
cuociono in piedi, possibilmente nell’apposita<br />
pentola con cestello di sostegno, immersi<br />
nell’acqua fino all’inizio <strong>della</strong> parte verde che<br />
cuoce a vapore e mantiene così la sua integrità.<br />
Il tempo di cottura varia dai 12-14 minuti per gli<br />
asparagi piccoli ai 18-22 minuti per quelli più<br />
grossi. Si servono sul piatto di portata o individuale<br />
disposti a raggiera, con le p<strong>un</strong>te verso il<br />
centro coperte con il condimento prescelto. Nel<br />
caso degli asparagi alla milanese, perché le uova<br />
possano scendere sugli asparagi senza rompersi<br />
sarebbe necessario friggerle nell’apposito padellino<br />
con i bordi molto svasati.<br />
Varianti:<br />
A Cantello, nel Varesotto, si ritiene che con gli<br />
inimitabili asparagi di produzione locale il piatto<br />
riesca ancora più pregiato che con quelli milanesi.<br />
La preparazione è com<strong>un</strong>que la stessa. Unica<br />
variante ammessa dai ricettari è la discrezionalità<br />
del formaggio, che, dovendo sciogliersi,<br />
richiede uova fritte in burro abbondante e molto<br />
bollente.<br />
Abbinamenti:<br />
Composti con le uova, gli asparagi formano <strong>un</strong><br />
secondo completo, che può essere introdotto da<br />
<strong>un</strong> risotto o affiancato da <strong>un</strong> piatto di riso bianco<br />
condito con burro e formaggio.<br />
Vino Trebbiano di Capriano del Colle, giovane,<br />
dal gusto asciutto e leggermente asprigno, che<br />
dia equilibrio alle abbondanti morbidezze del<br />
burro.<br />
L’ingrediente: gli asparagi<br />
L’asparagus officinalis, da non confondersi con<br />
l’asparago selvatico (asparagus tenuifolius) abbondantissimo<br />
sulle Prealpi e nella Lombardia<br />
collinare, più sottile e amarognolo, era già conosciuto<br />
al tempo di Giulio Cesare (che, secondo<br />
Plutarco, ne avrebbe mangiati di ottimi nella casa<br />
milanese di Valerio Leonte, “conditi con il<br />
burro al posto dell’olio”). Scomparve durante il<br />
Medioevo e fu di nuovo ibridato nel Quattrocento,<br />
entrando, fino dal secolo successivo, nel<br />
repertorio dei grandi cuochi di corte. L’asparago<br />
è ricco di potassio e povero di calorie (29<br />
kcal/100 g), e contiene quantità apprezzabili di<br />
acido urico e purine. Nell'asparago è presente<br />
<strong>un</strong>a sostanza (asparagina) che conferisce alle<br />
urine <strong>un</strong> odore caratteristico.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
ASPARAGI ALLA MILANESE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
274 13,0 22,5 5,1 96 247 3,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
CHARLOTTE ALLA MILANESE<br />
Nelle ricette più antiche anche sciarlotte, ciarlotta o carlotta: si presume derivi dal nome proprio<br />
fr., senza possibilità di risalire a <strong>un</strong> referente storico credibile. Il termine fr. charlotte identifica<br />
anche <strong>un</strong>a sorta di cuffia femminile increspata; non è improbabile che il riferimento<br />
sia tra la somiglianza di questo copricapo e lo stampo per dolci, analogamente a quanto è avvenuto<br />
per il bonnet = berretto, indicante tanto <strong>un</strong> particolare stampo di rame quanto il dolce<br />
che vi si prepara.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Dessert a base di frutta<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />
Utensili:<br />
pentola, zuppiera, stampo per dolci<br />
Ingredienti:<br />
MELE RENETTE (1000 g), PANE FRANCESE<br />
RAFFERMO (12 fette), ZUCCHERO SEMOLATO<br />
(180 g), BURRO (60 g), VINO BIANCO (1/2 bicchiere),<br />
SCORZA DI LIMONE (di 1 limone),<br />
UVETTA (40 g), CANDITI (60 g), RUM (25 millilitri)<br />
Esecuzione:<br />
• Sbucciare le mele e tagliarle a spicchi<br />
• Farle cuocere con metà zucchero, la scorza di<br />
limone e il vino bianco<br />
• Unire l'uvetta e i canditi<br />
• Impastare il rimanente zucchero con il burro<br />
e <strong>un</strong>gere <strong>un</strong>o stampo da dolce<br />
• Foderare lo stampo con le fette di pane,<br />
riempirlo con le mele e ricoprire con le rimanenti<br />
fette<br />
• Spalmare con il restante composto di zucchero<br />
e burro<br />
• Mettere in forno caldo (170° C) e cuocere per<br />
circa 40 minuti<br />
• Sformare, irrorare con il rum e servire caldo<br />
Note: storia <strong>della</strong> charlotte<br />
La codificazione delle prime charlottes di frutta<br />
risale ai trattati di Antonin Carême (1783-1833)<br />
e fa la sua comparsa nei ricettari del Nord Italia<br />
già dai primi decenni dell’’800.<br />
Questo tipo di dolce, che rispecchia il gusto e le<br />
tecniche <strong>della</strong> pasticceria tardo-settecentesca,<br />
ebbe <strong>un</strong>a grande diffusione per tutto il XIX secolo,<br />
finché ai dolci da consumare caldi non subentrarono<br />
quelli da consumare a temperatura<br />
ambiente se non freddi o ghiacciati, più apprezzati<br />
dal gusto moderno, cui è rimasta tuttavia, a<br />
causa <strong>della</strong> forma, l’antica denominazione.<br />
Varianti:<br />
Il pane francese, più frequentemente consigliato,<br />
è da alc<strong>un</strong>i sostituito con fette di pan carré o<br />
di mollica di pane casareccio <strong>un</strong> po’ raffermo.<br />
Altri foderano lo stampo con biscotti secchi o<br />
con pan di Spagna.<br />
Non è raro l’impiego delle pere in luogo delle<br />
mele, o l’<strong>un</strong>ione dei due tipi di frutta. Scorza di<br />
limone (o cedro candito) e uvetta rientrano<br />
spesso nel ripieno. Talvolta il dolce appena<br />
sformato è spruzzato con rum, cui si può dare<br />
fuoco al momento di servirlo.<br />
Abbinamenti:<br />
La charlotte calda può concludere <strong>un</strong> pasto invernale<br />
importante, ma non pesante, essendo<br />
fornita di <strong>un</strong>a sua rustica grazia.<br />
Come tutta la pasticceria di questo tipo meriterebbe<br />
di essere accompagnata da piccoli sorsi<br />
del quasi introvabile rosolio <strong>della</strong> nonna, in mancanza<br />
del quale può essere gradito <strong>un</strong> Moscato<br />
dolce naturale (non spumantizzato) dell’Oltrepò.<br />
L’ingrediente: le mele e le pere.<br />
Una buona parte dei dolci <strong>della</strong> Lombardia alpina<br />
e prealpina utilizzano mele e pere, cioè la frutta<br />
più diffusa e, in passato, più facilmente conservabile.<br />
Le crespelle di mele <strong>della</strong> Valtellina, la<br />
cutizza e la miascia comasche, la focaccia natalizia<br />
del pavese, la smaiasa bergamasca, il pan<br />
striâ brianzolo e la classica torta di pane diffusa<br />
in tutta la regione non sono che alc<strong>un</strong>i notissimi<br />
esempi di specialità dolciarie a base di pere e di<br />
mele.<br />
Fatta eccezione per l’uva (destinata prevalentemente<br />
alla produzione di vino) e per l’anguria<br />
(tipica dell’agricoltura estensiva <strong>della</strong> bassa padana),<br />
le culture di meli e di peri continuano ad<br />
occupare nella regione <strong>un</strong>a superficie di gran<br />
l<strong>un</strong>ga superiore a quella di qualsiasi altro albero<br />
da frutta.<br />
Sia la mela che la pera sono frutti di alberi <strong>della</strong><br />
famiglia delle Rosacee, la cui coltivazione, probabilmente<br />
originaria dell’Oriente, era già conosciuta<br />
nel bacino del Mediterraneo attorno al II<br />
millennio a.C.. <strong>Per</strong> ogn<strong>un</strong>o dei due frutti esistono<br />
oggi più di cinquemila qualità commercializzate.<br />
Come tutta la frutta, la mela e la pera sono<br />
buone fonti di vitamine e di fibra.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
CHARLOTTE ALLA MILANESE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
483 5,7 9,6 95,0 205 25 3,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
PANETTONE<br />
Erede dei pandolci dell’antichità e dei panspeziali del Medioevo, il panettone (già conosciuto a<br />
metà Settecento con il nome di pan grande) è oggi il simbolo <strong>della</strong> pasticceria milanese nel<br />
mondo. Il legame con le feste del periodo natalizio si è fatto col tempo così emblematico, da<br />
permettere a questo dolce di superare i confini lombardi e di affiancarsi, in tutta la penisola,<br />
ai dolci natalizi delle varie regioni.<br />
Preparazione per 3 panettoni da 1 kg ciasc<strong>un</strong>o<br />
Tipologia: Dessert<br />
Stagionalità: Inverno<br />
Difficoltà: Elevata<br />
Tempo di lievitazione 12 ore circa<br />
Tempo di esecuzione: 180 minuti circa<br />
Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />
Utensili:<br />
Spianatoia, zuppiera, due casseruoline, <strong>un</strong>a pentola,<br />
carta da forno, strisce di cartone.<br />
Ingredienti:<br />
PASTA DI PANE LIEVITATA (250 g), FARINA<br />
BIANCA (1350 g), BURRO (400 g), ZUCCHERO<br />
(300 g), UOVA (n. 15), UVETTA SULTATININA<br />
(200 g), CEDRO CANDITO (50 g), ARANCIA<br />
CANDITA (50 g), SALE (q. b.).<br />
Esecuzione:<br />
• Fare sulla spianatoia <strong>un</strong>a fontana con 150 g<br />
di farina, sbriciolarvi la pasta lievitata, scioglierla<br />
con acqua tiepida e incorporarvi la farina,<br />
fino a ottenere <strong>un</strong> composto liscio e<br />
morbido.<br />
• Lavorarlo bene con le mani, così che il lievito<br />
si impasti omogeneamente con la farina, farne<br />
<strong>un</strong>a palla e metterlo in <strong>un</strong>a zuppiera infarinata.<br />
• Coprire la zuppiera con <strong>un</strong> tovagliolo e lasciarla<br />
in <strong>un</strong> luogo caldo per almeno 3 ore.<br />
• Passato questo tempo, formare sulla spianatoia<br />
la fontana con 130 g di farina, mettervi<br />
la pasta lievitata e impastare con acqua tiepida,<br />
fino a incorporare tutta la farina.<br />
• Formare <strong>un</strong>a palla, depositarla nella zuppiera<br />
infarinata, coprirla con <strong>un</strong> tovagliolo e lasciarla<br />
in luogo caldo per circa 2 ore.<br />
• Tagliare a cubetti il cedro e l’arancia canditi.<br />
• Ammollare in acqua tiepida l’uvetta per <strong>un</strong>a<br />
ventina di minuti, scolarla e asciugarla.<br />
• Disciogliere in <strong>un</strong>a casseruolina, a fuoco bassissimo<br />
perché non frigga, 300 g di burro.<br />
• In <strong>un</strong>’altra casseruola versare lo zucchero con<br />
due dita di acqua calda, mescolare, sulla<br />
fiamma bassissima fino a che lo zucchero non<br />
sarà disciolto e lasciare intiepidire.<br />
• Unirvi 12 tuorli e 3 uova intere, mescolando<br />
con la frusta, dopo aver messo la casseruola<br />
a bagnomaria, affinché lo sciroppo si intiepidisca.<br />
• Formare sulla spianatoia la fontana con 1 kg<br />
di farina cui siano stati mischiati 2 cucchiaini<br />
di sale; collocarvi il panetto lievitato, che do-<br />
vrebbe aver raddoppiato il volume, e iniziare<br />
a incorporare la farina versando il burro fuso.<br />
• Unire <strong>un</strong> poco alla volta lo sciroppo fino a incorporare<br />
tutta la farina.<br />
• Lavorare con le mani per 20 di minuti, finché<br />
la pasta non avrà la consistenza di quella del<br />
pane (lucida, asciutta, con bollicine)<br />
• Impastarvi allora l’uvetta e i canditi, distribuendoli<br />
bene nel composto.<br />
• Dividere la pasta in tre panetti e dare loro<br />
<strong>un</strong>a forma leggermente all<strong>un</strong>gata, rotolandoli<br />
con le mani sulla spianatoia.<br />
• Disporre ogni panetto su <strong>un</strong> foglio di carta<br />
imburrata e infarinata sulla placca del forno,<br />
circondato con <strong>un</strong>a fascia di cartone di circa<br />
10x25 cm e lasciare lievitare al caldo per 6<br />
ore.<br />
• Al momento di mettere nel forno già caldo<br />
(200°C), praticare con <strong>un</strong> coltello affilato <strong>un</strong>a<br />
croce sulla cupola di panettoni.<br />
• Dopo 5 minuti, distribuire sulle cupole alc<strong>un</strong>i<br />
riccioli di burro e proseguire la cottura per<br />
60-80 minuti, a seconda del forno.<br />
Note: tre lievitazioni<br />
Il segreto del panettone sta nella sua triplice lievitazione.<br />
Si dà per scontato che il dolce cotto<br />
nel forno domestico non sia mai all’altezza di<br />
quelli usciti dai forni professionali, ma risparmiare<br />
tempo, come fanno alc<strong>un</strong>i ricettari, proponendo<br />
solo <strong>un</strong>a o due lievitazioni, o accelerandole<br />
col lievito in polvere non dà alc<strong>un</strong>a speranza<br />
di conferire al panettone consistenza e leggerezza<br />
adeguate.<br />
Abbinamenti:<br />
Servire con vino dolce, moscato spumante o<br />
passito. Da escludere spumanti secchi e brut.<br />
L’ingrediente: la frutta candita<br />
L’utilizzo <strong>della</strong> frutta candita riconduce a <strong>un</strong>a gastronomia<br />
tre-quattrocentesa, in cui questa risorsa<br />
glucidico-vitaminica era considerata <strong>un</strong>a<br />
sorta di spezia, <strong>un</strong>a sostanza implicata nella<br />
farmacopea, cui si ricorreva in casi eccezionali o<br />
rituali, quando nell’ordinario si arricchivano i<br />
pandolci con fichi o altra frutta secca. La tradizione<br />
<strong>lombarda</strong> accoglie la frutta candita nel torrone<br />
cremonese, nella colomba pasquale, nelle<br />
offelle ripiene del bresciano ed in molte varianti<br />
del cavulatt e del lattemiele, nei cupett di Busto<br />
e in qualche versione <strong>della</strong> charlotte.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
PANETTONE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
454 11,0 17,2 68,0 135 163 2,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano
Lodigiano<br />
L'area del Lodigiano, zona agricola a sud di Milano da molti<br />
secoli dedita all’allevamento bovino, copre l'area <strong>della</strong> Bassa<br />
Padana compresa tra la confluenza dei fiumi Lambro e Adda<br />
nel Po e delimitata a nord dalla linea Muzza-Addetta.<br />
Terra paludosa in epoca preistorica, frequentemente inondata<br />
dagli straripamenti del Po e dei suoi affluenti, il Lodigiano<br />
venne bonificato nel corso dei secoli. Contemporaneamente<br />
vennero studiati e perfezionati i sistemi di irrigazione,<br />
che subirono <strong>un</strong> enorme sviluppo durante il dominio<br />
sforzesco, e che consentirono l'ottimizzazione dello sfruttamento<br />
agricolo del territorio. L'intensificazione produttiva,<br />
con il conseguente incremento <strong>della</strong> foraggicoltura e del patrimonio<br />
zootecnico, era infatti imperniata sull'utilizzo dell'acqua.<br />
Il paesaggio <strong>della</strong> Bassa Padana è caratterizzato dalla presenza<br />
non solo di <strong>un</strong>a maglia di rogge e canali irrigui, ma anche<br />
delle tipiche cascine ovvero degli insediamenti a corte,<br />
completamente autosufficienti, la cui disposizione a quadrilatero<br />
attorno a <strong>un</strong>o spazio chiuso risale al XVI secolo. All'inizio<br />
le cascine erano occupate da massari, che si trasformarono<br />
in salariati alle dipendenze di <strong>un</strong> conduttore con il moltiplicarsi<br />
degli impianti irrigui, l'estensione delle colture foraggere,<br />
l'intensificarsi degli allevamenti e lo sviluppo dell'industria<br />
casearia. La struttura sociale era di tipo gerarchico: la cascina<br />
era come <strong>un</strong>a grande impresa dove ogni settore era diretto<br />
da <strong>un</strong> capo, responsabile davanti al "padròn" del proprio<br />
e dell'altrui operato. Nella cascina si trovavano la stalla,<br />
la scuderia, il caseficio, il porcilaio, il granaio, l'orto, le case<br />
dei salariati e del padrone, la falegnameria, il negozio del<br />
fabbro-maniscalco e quello del sellaio.<br />
Il lavoro dei campi e l'allevamento bovino hanno generato<br />
<strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> di riso, mais, frumento, latte e derivati, carne,<br />
prodotti <strong>della</strong> cascina. Una gastronomia all'insegna <strong>della</strong><br />
semplicità, fatta di zuppe e minestre (verze e rape, riso e latte),<br />
di frittate (fritada c<strong>un</strong> le sigule-cipolle, c<strong>un</strong> spinassi -<br />
spinaci, c<strong>un</strong> pana -panna, c<strong>un</strong> urtis -luppolo), di polenta, di<br />
pollame (pollina alla lodigiana, faraona al mascarpone), di<br />
salumi, di tanto latte, burro e formaggio, di qualche dolce<br />
(crema al mascarpone, pucia dulsa, bertuldina, turtionada).<br />
Ma la gastronomia <strong>della</strong> zona si caratterizza soprattutto per<br />
la produzione casearia. Il più rinomato e popolare dei formaggi<br />
locali è il grana padano, che sembra fosse nato proprio<br />
qui, e che prende il nome di lodigiano o granone nella<br />
varietà appartenente alla miglior produzione. Il grana lodigiano,<br />
<strong>un</strong> tempo di colore giallo per l'aggi<strong>un</strong>ta di zafferano<br />
alla pasta, non viene pressato e quindi "trasuda" siero formando,<br />
dopo anni di stagionatura, la cosiddetta "lacrima". Le<br />
forme giovani vengono tagliate a metà e il formaggio viene<br />
raschiato con <strong>un</strong> apposito utensile ottenendo la "raspadura"<br />
ovvero fogli sottilissimi di lodigiano, specialità ormai rara. Lodi<br />
rivendica la paternità di <strong>un</strong> altro celebre formaggio, il mascarpone,<br />
preparato con la panna di latte.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
RISO E LATTE<br />
Minestra <strong>un</strong> tempo molto diffusa sia nel lodigiano sia nel milanese, il riso e latte (ris e latt)<br />
veniva consumato nel pasto serale servito in profonde scodelle di terracotta. Questo piatto<br />
di origine medioevale ri<strong>un</strong>isce i due ingredienti tipici <strong>della</strong> pianura <strong>lombarda</strong>.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti in brodo<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 20 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
casseruola, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
RISO COMUNE o ORIGINARIO (200 g), LATTE<br />
FRESCO (1.2 l), ACQUA (0.4 l), ZUCCHERO (1<br />
cucchiaio e 1/2), BURRO (30 g), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Mettere il latte e l'acqua in <strong>un</strong>a casseruola;<br />
aggi<strong>un</strong>gere il burro e lo zucchero e poco sale<br />
• Portare a ebollizione e aggi<strong>un</strong>gere il riso<br />
• Cuocere su fuoco vivace mescolando spesso<br />
affinché la minestra risulti legata e consistente;<br />
aggi<strong>un</strong>gere altro liquido bollente (3/4<br />
di latte e 1/4 di acqua) se la minestra dovesse<br />
asciugarsi troppo<br />
• Quando il riso è cotto, togliere dal fuoco, lasciare<br />
riposare, servire tiepido<br />
Varianti:<br />
La versione salata, più moderna, non contempla<br />
lo zucchero. Una grattata di noce moscata è facoltativa<br />
sia per la minestra salata sia per quella<br />
dolce, che può accogliere <strong>della</strong> scorza di limone<br />
grattugiata. C'è chi aggi<strong>un</strong>ge cacao amaro e<br />
cannella alla versione salata. Il burro può essere<br />
aggi<strong>un</strong>to a fine cottura, nelle scodelle individuali<br />
dove si sarà versata la minestra.<br />
Alc<strong>un</strong>e popolari varianti sono realizzate aggi<strong>un</strong>gendo<br />
ingredienti secondari:<br />
- riso, latte e zucca: verso la fine <strong>della</strong> cottura,<br />
si aggi<strong>un</strong>ge al riso e latte <strong>un</strong>a purea di zucca, ottenuta<br />
lessando in poca acqua salata la zucca<br />
mondata e tagliata a dadini e poi schiacciandola<br />
con <strong>un</strong>a forchetta. La minestra deve essere tenuta<br />
brodosa per accorpare bene la zucca;<br />
- riso, latte e castagne secche: <strong>un</strong> tempo piatto<br />
<strong>un</strong>ico serale molto com<strong>un</strong>e nelle zone dell'Appennino,<br />
spesso si aromatizzava con <strong>un</strong>a foglia<br />
di alloro. <strong>Per</strong> prepararlo si ammollano le castagne<br />
in acqua con bicarbonato e si liberano <strong>della</strong><br />
pellicina residua; dopodiché si può procedere in<br />
due modi: facendo bollire le castagne in acqua<br />
salata e cannella, aggi<strong>un</strong>gendo metà del latte e il<br />
riso e poi (a metà cottura), il resto del riso; oppure<br />
procedendo alla cottura del riso e latte e a<br />
metà cottura aggi<strong>un</strong>gendo le castagne già les -<br />
sate.<br />
Abbinamenti:<br />
Nutritivamente equilibrato e completo, si accompagna<br />
a <strong>un</strong> secondo a base di verdure e a frutta<br />
fresca di stagione. Il vino deve essere nuovo,<br />
acido come il Lambrusco Mantovano.<br />
L'ingrediente: il latte<br />
Il latte vaccino è ottenuto dalla m<strong>un</strong>gitura regolare,<br />
completa e ininterrotta delle mucche. E' ricco<br />
di proteine ad elevato valore biologico, vitamine<br />
(gruppo B, la D, la A), sali minerali (calcio,<br />
potassio, fosforo). Contiene lattosio (5% circa)<br />
e grassi in quantità variabile a seconda del<br />
tipo (intero: almeno il 3,2%, parzialmente<br />
scremato: tra 1,5 e 1,8%, scremato: massimo<br />
lo 0,3%). Anche il suo valore energetico è pertanto<br />
variabile dalle 61 kcal/100 g di quello intero<br />
alle 36 kcal/100 g. Molta importanza per l'alimentazione<br />
umana, soprattutto <strong>della</strong> prima e<br />
seconda infanzia, è il suo contenuto di calcio e di<br />
vitamina D, fondamentali per il normale accrescimento<br />
e sviluppo dello scheletro osseo.<br />
Data la sua ricchezza in principi nutritivi, il latte<br />
è <strong>un</strong> ottimo terreno di coltura per i batteri patogeni<br />
e non. <strong>Per</strong> tale motivo deve essere bonificato<br />
mediante <strong>un</strong> trattamento termico prima di<br />
essere messo in commercio e consumato.<br />
Il latte può essere omogeneizzato, dizione non<br />
obbligatoria che compare su alc<strong>un</strong>e confezioni,<br />
aver cioè subìto <strong>un</strong> trattamento fisico che riduce<br />
le dimensioni dei globuli di grasso per evitarne la<br />
separazione e l'affioramento, rendendolo più digeribile.<br />
Ma prima di essere commercializzato, il<br />
latte deve aver subìto <strong>un</strong> tratamento termico<br />
(pastorizzazione o sterilizzazione) per renderlo<br />
igienicamente sicuro e conservabile. Con la pastorizzazione<br />
viene riscaldato per circa 15 secondi<br />
a <strong>un</strong>a temperatura intorno a 72°C, sufficiente<br />
a distruggere i batteri patogeni eventualmente<br />
presenti lasciando inalterate la caratteristiche<br />
organolettiche e nutritive del prodotto.<br />
Si ottengono così il fresco pastorizzato: arriva<br />
crudo allo stabilimento di confezionamento e subisce<br />
<strong>un</strong> solo trattamento termico di pastorizzazione<br />
entro 48 ore dalla m<strong>un</strong>gitura; il fresco pastorizzato<br />
di alta qualità: rispetto al precedente è<br />
prodotto in aziende specificamente autorizzate<br />
per le loro elevate caratteristiche igienicosanitarie<br />
e ha valori nutrizionali superiori; il pastorizzato:<br />
subisce <strong>un</strong>o o più trattamenti termici<br />
di pastorizzazione anche più energici di rispetto<br />
al fresco pastorizzato, anche dopo 48 ore dalla<br />
m<strong>un</strong>gitura. La sterilizzazione è <strong>un</strong> trattamento<br />
termico molto più energico raggi<strong>un</strong>gendo i 130-<br />
150°C e distrugge tutti i microrganismi, non solo<br />
quelli patogeni, presenti nel latte crudo modificandone<br />
però le caratteristiche organolettiche<br />
(sapore di cotto) e nutrizionali e rendendolo<br />
conservabile per mesi. Il latte sterilizzato può<br />
essere: UHT (Ultra High Temperature) a l<strong>un</strong>ga<br />
conservazione e sterilizzato a l<strong>un</strong>ga conservazione.<br />
<strong>Per</strong> legge la conservabilità del latte<br />
pastorizzato è di 4 giorni, di 90 per il latte UHT,<br />
di 180 per quello sterilizzato.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
RISO E LATTE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
430 13,3 17,3 58,9 543 52 0,5<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
FEGATO ALLA LODIGIANA<br />
Alla lodigiana, per distinguerlo da quello alla milanese, impanato e fritto come <strong>un</strong>a costoletta,<br />
ma anche per sottolineare la specificità di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> con caratteristiche ben distinte da quella<br />
delle altre zone <strong>della</strong> regione.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 30 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura<br />
Utensili:<br />
stecchini, pa<strong>della</strong><br />
Ingredienti:<br />
FEGATO DI VITELLO (12 fettine da 60 g ciasc<strong>un</strong>a),<br />
PROSCIUTTO CRUDO (12 fettine), RE-<br />
TICELLA DI VITELLO (300 g), SEMI DI FINOC-<br />
CHIO (1 cucchiaio), BURRO (70 g), SALE (q.b.),<br />
PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Salare e pepare le fettine di fegato, steccarle<br />
con i semi di finocchio<br />
• Porre su ogni fetta di fegato <strong>un</strong>a fetta di prosciutto<br />
e arrotolare con la reticella<br />
• Fermare gli involtini con gli stecchini<br />
• Passarli nel burro su fuoco moderato<br />
• Servire subito<br />
Note: fegato e fegatelli<br />
Il fegato alla lodigiana è il p<strong>un</strong>to di arrivo di <strong>un</strong>a<br />
specialità diffusa in tutta l’Europa medioevale: il<br />
fegatello. Se ne trovano ricette, per pietanze<br />
cotte allo spiedo o in pa<strong>della</strong>, in tutti i trattati<br />
storici di gastronomia, a cominciare da quello di<br />
Maestro Martino da Como. I fegatelli venivano<br />
preparati con il fegato di tutti gli animali: rimaneva<br />
costante l’impiego dei semi di finocchio e<br />
<strong>della</strong> reticella (di vitello, ma anche di maiale o di<br />
capretto). L’aggi<strong>un</strong>ta <strong>della</strong> fettina di prosciutto<br />
nella versione lodigiana dà <strong>un</strong> tocco di cultura<br />
padana a <strong>un</strong> piatto che in altre parti d’Italia ve-<br />
de spesso, a fianco del fegato, <strong>un</strong> pezzetto di<br />
carne di maiale bordato di grasso.<br />
Varianti:<br />
Secondo la tradizione rustica, il fegato si prepara<br />
in tocchi non troppo grossi, più facilmente<br />
avvolgibili nella rete, anziché a fettine, le quali<br />
hanno bisogno di essere arrotolate.<br />
Abbinamenti:<br />
Vino: Riviera del Garda rosso, dal gusto sapido<br />
e amarognolo o <strong>un</strong> corposo Buttafuoco dell’Oltrepò.<br />
L’ingrediente: il fegato.<br />
Nella cultura antica si pensava che il fegato fosse<br />
<strong>un</strong>a delle sedi dell’anima e attraverso l’esame<br />
del fegato degli animali uccisi si traevano<br />
auspici e si realizzavano riti apotropaici. Dalla<br />
distillazione del fegato (anche umano) si ricavava,<br />
fino al XVII secolo, <strong>un</strong> elixir ritenuto efficace<br />
per combattere gli effetti dell’invecchiamento.<br />
Nell’Ottocento, sulla base <strong>della</strong> teoria<br />
positivista dell’assimilazione diretta, si riteneva<br />
che il fegato animale fosse particolarmente indicato,<br />
alla stregua del sangue di cui è il maggiore<br />
contenitore corporeo, per fare sangue, cioè per<br />
combattere l’anemia. Tale credenza è stata poi<br />
confermata dalla moderna scienza <strong>della</strong> nutrizione:<br />
il fegato, per la sua ricchezza di ferro, è<br />
indicato nelle anemie dovute a carenza di questo<br />
minerale (anemie sideropeniche). Dal p<strong>un</strong>to<br />
di vista nutrizionale il fegato è inoltre caratterizzato<br />
da <strong>un</strong>'elevatissima quantità di vitamina A,<br />
e da <strong>un</strong>o scarso contenuto di grassi e fibre connettivali<br />
risultando molto digeribile. Il suo valore<br />
calorico è pertanto modesto (dalle 135 alle 146<br />
kcal/100 g a seconda <strong>della</strong> specie animale)<br />
mentre il suo contenuto di colesterolo è abbondante<br />
(da 300 a 600 mg/100 g).<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
FEGATO ALLA LODIGIANA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
760 31,0 67,4 7,4 939 319 0,7<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
POLLINA ALLA LODIGIANA<br />
Ricetta classica del tacchino allo spiedo, si preferisce usare la femmina di 80-90 giorni e sui 4<br />
kg di peso, in quanto ha la carne più saporita, morbida e grassa. Il tacchino viene com<strong>un</strong>que<br />
ammorbidito durante la cottura grazie alla bardatura di prosciutto e lardo.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 90 minuti<br />
Tecnica di cottura: Arrosto<br />
Utensili:<br />
spago per arrosti, carta da forno, spiedo<br />
Ingredienti:<br />
TACCHINA (n.1 di media grandezza), LARDO<br />
(200 g), AGLIO (n.2 spicchi), BURRO (50 g),<br />
PROSCIUTTO CRUDO (2 fette da 50 g ciasc<strong>un</strong>a),<br />
SALE (q.b.), PEPE (q.b.).<br />
Esecuzione:<br />
• Fiammeggiare la tacchina<br />
• Bardarla con il lardo e il prosciutto tagliati a<br />
striscioline, l'aglio a fettine, sale e pepe intero.<br />
• Ungerla con il burro e intonacarla di carta<br />
• Mettere la tacchina così preparata nello<br />
spiedo e farla cuocere finché sarà dorata, per<br />
circa <strong>un</strong>'ora<br />
• Servire caldo<br />
Nota: la bardatura<br />
La bardatura è <strong>un</strong>a modalità di preparazione de -<br />
gli arrosti di carne di manzo e di vitello, dei volatili<br />
e di alc<strong>un</strong>i pesci. Consiste nel ricoprire l'alimento<br />
con delle sottili fette di lardo o di pancetta<br />
legandole con lo spago per arrosti, in modo<br />
da proteggere la carne dal calore vivo del<br />
fuoco o del forno e nel contempo ammorbidirla<br />
durante la cottura impedendo che si asciughi<br />
troppo. Inoltre si può bardare l'interno dei recipienti<br />
di cottura di umidi e brasati e gli stampi<br />
di pâté e terrine. La bardatura è invece sconsigliata<br />
per gli arrosti di manzo molto teneri perché<br />
ne altererebbe il sapore.<br />
Il lardo che avvolge la preparazione va tolto<br />
prima di servire gli arrosti di manzo e i volatili<br />
da cortile, mentre si usa servire la selvaggina a<br />
piuma ancora bardata.<br />
Varianti:<br />
Una tipica variante è di servire la pollina alla lodigiana<br />
con <strong>un</strong>a salsa preparata facendo bollire<br />
del prosciutto crudo magro, <strong>della</strong> carne di vitello,<br />
<strong>un</strong>a tazza di brodo e delle ossa di pollo,<br />
fino a quando la preparazione non prende consistenza.<br />
Si <strong>un</strong>isce quindi del burro e <strong>della</strong> farina<br />
e si mescola continuamente con <strong>un</strong> cucchiaio<br />
di legno per circa <strong>un</strong>'ora. La salsa infine si mette<br />
in vasi da conserva.<br />
Il tacchino allo spiedo codificato dall'Artusi è<br />
preparato ponendo all'interno del volatile <strong>un</strong>a<br />
pallottola di burro impastata di sale, steccandone<br />
il petto con lardo e avvolgendo l'animale in<br />
<strong>un</strong> foglio spalmato di burro e spolverizzato di<br />
sale, che viene tolto a 2/3 <strong>della</strong> cottura per far<br />
colorire la carne, la quale va oliata e salata ancora.<br />
Abbinamenti:<br />
La tacchina alla lodigiana è <strong>un</strong> piatto ricco di<br />
proteine e servita con patate arrosto o del riso<br />
pilaff e verdure al burro o al forno, diventa <strong>un</strong><br />
piatto <strong>un</strong>ico. Il vino adatto è il Chiaretto di Moniga<br />
del Garda, dal sapore leggero e asciutto su<br />
gradevole fondo amarognolo.<br />
L'ingrediente: il tacchino<br />
Originario dell'America, il tacchino (voce onomatopeica,<br />
dal verso dell'animale) appartiene<br />
alla famiglia dei Meleagridi e viene anche chiamato<br />
gallo d'India o dindo proprio per la sua origine<br />
(Indie Occidentali). Nel 1519 fu introdotto<br />
in Spagna e nel 1541 in Inghilterra, diffondendosi<br />
poi in tutta Europa.<br />
Il tacchino, accanto alla sua tipica connotazione<br />
di alimento delle festività, ha ass<strong>un</strong>to il ruolo di<br />
cibo quotidiano in molti paesi. La sua carne infatti<br />
è apprezzata per il gusto delicato, l'economicità<br />
e lo scarso contenuto di grasso. La selezione<br />
dei tacchini, svolta soprattutto negli Stati<br />
Uniti, ha portato alla nascita di ibridi specializzati<br />
nella produzione di carne. E l'allevamento di<br />
questi volatili, <strong>un</strong> tempo esclusivamente rurale,<br />
è divenuto intensivo e specializzato cosicché si<br />
producono maschi di 14-15 kg in 150 giorni e<br />
femmine di 7-8 kg in 120 giorni. Gastronomicamente<br />
tuttavia vi è differenza tra i tacchini ruspanti<br />
di piccola taglia e quelli grossi di allevamento:<br />
i primi non hanno i tagli di carne dei secondi<br />
(vi sono anche gli ossobuchi), ma sono<br />
più saporiti.<br />
Una volta pulito e fiammeggiato, il tacchino intero<br />
andrebbe <strong>cucina</strong>to dopo averlo legato per<br />
tenere ali e cosce aderenti al corpo che andrebbe<br />
bardato con lardo o prosciutto. Se lessato, è<br />
consigliabile cuocerlo in "ristretto" ovvero con<br />
poca acqua, rigirandolo spesso ed eventualmente<br />
aggi<strong>un</strong>gendo altro liquido. Il petto si <strong>cucina</strong><br />
in svariati modi, per lo più come la fesa di<br />
vitello.<br />
La carne di tacchino appartiene alla categoria<br />
delle carni bianche, con poco connettivo, ed è<br />
pertanto molto digeribile. Fornisce dalle 134<br />
kcal/100 g (petto) alle 193 kcal/100 g (ala) ed è<br />
povera di grasso.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
POLLINA ALLA LODIGIANA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
1129 109,7 76,1 0,7 1095 474 0,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
ZUCCHINE RIPIENE ALLA VISCONTEA<br />
La presenza di uva sultanina e di amaretti dona il gusto agrodolce al piatto collocando la ricetta<br />
tra Medioevo e Rinascimento, quando la signoria dei Visconti si estese fino a Lodi, oltre<br />
che ad altre province lombarde, emiliane e piemontesi. La salsa besciamella invece denota<br />
<strong>un</strong>a successiva ricodifica <strong>della</strong> preparazione.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Estate, Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Cott. in forno<br />
Utensili:<br />
tagliere, coltello, cucchiaio, pentola, casseruola<br />
piccola, casseruola capace, pirofila<br />
Ingredienti:<br />
ZUCCHINE (n.12, di media grandezza), MA-<br />
SCARPONE (70 g), FORMAGGIO GRANA LO-<br />
DIGIANO (70 g), BURRO (60 g), FARINA<br />
BIANCA (30 g), LATTE (300 mL), PANNA LI-<br />
QUIDA (100 mL), CIPOLLA (35 g), AMARETTI<br />
(35 g), UVA SULTANINA (30 g), UOVA (n.2),<br />
TUORLI D'UOVO (n.2), NOCE MOSCATA (q.b.),<br />
SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Lavare le zucchine, raschiarle leggermente,<br />
tagliarle in due nel senso <strong>della</strong> l<strong>un</strong>ghezza e<br />
dopo aver inciso con il coltello la parte interna,<br />
farle cuocere in acqua salata, scolarle<br />
e privarle <strong>della</strong> polpa, scavandole attentamente<br />
con <strong>un</strong> cucchiaio.<br />
• Nel frattempo con metà del burro far tostare<br />
leggermente la farina in casseruola piccola,<br />
versarvi il latte bollente e preparare <strong>un</strong>a salsa<br />
besciamella abbastanza densa; aggi<strong>un</strong>gere<br />
la panna e cuocere qualche minuto.<br />
• Con il rimanente burro, in <strong>un</strong>a casseruola far<br />
imbiondire leggermente la cipolla tritata<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere la polpa delle zucchine alla cipolla<br />
e farla insaporire regolando di sale, pepe<br />
e noce moscata.<br />
• Incorporare il composto di zucchine alla besciamella,<br />
<strong>un</strong>endo anche l'uva sultanina precedentemente<br />
ammorbidita in acqua tiepida,<br />
gli amaretti frantumati, il formaggio lodigiano<br />
grattugiato, il mascarpone e <strong>un</strong>a alla volta<br />
le due uova intere e i due tuorli.<br />
• Disporre le mezze zucchine in <strong>un</strong>a pirofila<br />
imburrata, riempirle con il composto ottenuto<br />
e farle gratinare in forno.<br />
Note: la salsa béchamel<br />
Deve il nome al marchese francese Louis de Béchameil<br />
(1630-1703). Sovrintendente <strong>della</strong> casa<br />
del Duca d'Orléans e intendente di Bretagna,<br />
Béchameil divenne maître d'hotel di Luigi XIV e<br />
scoprì e perfezionò <strong>un</strong>a salsa già esistente, ideata<br />
da <strong>un</strong>o sconosciuto cuoco di corte, trasformandola<br />
nell'attuale besciamella e ribattezzandola<br />
con il proprio nome.<br />
La béchamel è la più semplice delle salse madri<br />
calde poiché non richiede la preparazione di <strong>un</strong><br />
fondo. Viene impiegata per le preparazioni a<br />
base di uova, verdure, coquillage, e per quelle<br />
gratinate. Una volta preparata, se ne deve <strong>un</strong>gere<br />
la superficie con del burro per evitare la<br />
formazione <strong>della</strong> pellicola. Va conservata a bagnomaria<br />
se la si utilizza entro breve tempo (al<br />
massimo 3 ore), altrimenti in frigorifero in <strong>un</strong>a<br />
terrina coperta da pellicola trasparente (per non<br />
più di 3 giorni).<br />
Dalla béchamel derivano numerose salse:<br />
- salsa Mornay: si monta la besciamella con del<br />
burro fresco, poi si aggi<strong>un</strong>ge formaggio gruviera<br />
e grana grattugiati. La si può "legare" con tuorli<br />
d'uova prima di montarla con il burro;<br />
- salsa alla panna: si aggi<strong>un</strong>ge panna fresca;<br />
- salsa Soubise: nel burro si fanno fondere delle<br />
cipolle affettate sottili, si <strong>un</strong>isce la besciamella e<br />
si fa brasare per 30 minuti circa;<br />
- salsa aurora: alla salsa alla panna si aggi<strong>un</strong>ge<br />
del passato di pomodoro;<br />
- salsa Nantua: si monta la salsa alla panna con<br />
del burro di gamberi e si aggi<strong>un</strong>gono code di<br />
gamberi;<br />
- salsa al rafano: si aggi<strong>un</strong>ge alla salsa alla panna<br />
abbondante rafano grattugiato.<br />
Varianti:<br />
Alc<strong>un</strong>e ricette prevedono pinoli, altre escludono<br />
la besciamella, talvolta sostituita da panna. Il ripieno<br />
delle "zucchette ripiene alla milanese" del<br />
Nuovo cuoco milanese economico (1829) di G.<br />
F. Luraschi è preparato tostando <strong>un</strong>a cipolla affettata<br />
nel burro, aggi<strong>un</strong>gendovi la polpa delle<br />
zucchine tritata, pane grattugiato, formaggio,<br />
noce moscata, e legando il composto con panna,<br />
rossi d'uovo e albumi montati a neve. Un'altra<br />
ricetta <strong>lombarda</strong> di zucchine ripiene agrodolci<br />
include la carne di arrosto avanzata e<br />
tritata, mentre le zucchine ripiene di magro dell'Artusi<br />
contengono tonno sott'olio tritato fine.<br />
Abbinamenti:<br />
E' <strong>un</strong> secondo piatto dal gusto particolare da<br />
servire dopo <strong>un</strong>a zuppa di legumi o dei gnocchi<br />
di patate. Il vino di accompagnamento è la Lugana<br />
DOC, di solida struttura nel primo anno<br />
<strong>della</strong> vendemmia.<br />
L'ingrediente: la zucchina<br />
La zucchina (dal tardo latino cucutia) è il frutto<br />
<strong>della</strong> pianta Cucurbita pepo <strong>della</strong> famiglia delle<br />
Cucurbitacee. Viene consumata allo stato immaturo<br />
e tanto più è giovane tanto più è pregiata<br />
e saporita. Le varietà più diffuse sono la striata,<br />
la tonda verde, l'ambassador, la bolognese.<br />
Ha scarso valore nutritivo (11 kcal/100 g), ma<br />
grazie all'elevato contenuto di acqua possiede<br />
<strong>un</strong>'azione diuretica.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
ZUCCHINE RIPIENE ALLA VISCONTEA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
355 11,6 27,3 17,0 559 132 3,1<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
FRITTATA DI POMODORI<br />
Il pomodoro è culturalmente <strong>un</strong> ortaggio che caratterizza l’alimentazione dell’Italia centromeridionale.<br />
La fritada cui pumatesi testimonia, anche nella pianura Padana, <strong>della</strong> popolarità<br />
del pomodoro, almeno dall’inizio del XIX secolo, quando l’Odescalchi, nel suo Cuoco senza<br />
pretese ne aveva sottolineato la convenienza economica.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Primavera-Aut<strong>un</strong>no<br />
Difficoltà: Minima<br />
Tempo di esecuzione: 25 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura<br />
Utensili:<br />
Tagliere, terrina, frusta, pa<strong>della</strong> antiaderente.<br />
Ingredienti:<br />
UOVA (n. 7), POMODORI MATURI (n. 5),<br />
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (40 g),<br />
SALE e PEPE (q. b.), OLIO (40 g).<br />
Esecuzione:<br />
• Sbucciare i pomodori, liberarli dai semi,<br />
spezzettarli e lasciarli sul tagliere a sgocciolare.<br />
• In <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong>, affettare la cipolla e farla rosolare<br />
nell’olio, finché non sia ben colorita.<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere i pezzetti di pomodoro, facendoli<br />
cuocere quanto basta per far evaporare il liquido<br />
naturale.<br />
• Nel frattempo, sbattere le uova con il sale, il<br />
pepe e il formaggio.<br />
• Quando i pomodori avranno perso umidità,<br />
<strong>un</strong>irvi le uova sbattute, mescolare rapidamente<br />
per distribuire <strong>un</strong>iformemente i pomodori<br />
e portare a cottura a fiamma dolce.<br />
Note: pelare i pomodori<br />
Il modo più semplice per togliere la buccia ai<br />
pomodori è quello di scottarli per <strong>un</strong> paio di minuti<br />
in <strong>un</strong>a pentola di acqua bollente: la buccia,<br />
sottile, resistente e difficile da digerire si stacca<br />
con facilità. Se i pomodori da sbucciare sono pochi<br />
e non merita far scaldare l’acqua, si può<br />
provocare il distacco <strong>della</strong> buccia dalla polpa<br />
passando su tutta la superficie del pomodoro,<br />
con <strong>un</strong>a leggera pressione, la costola del coltello<br />
(come se volessimo sbucciare il pomodoro con il<br />
coltello rovesciato). E’ necessario asportare, se<br />
il pomodoro non è ben maturo, l’eventuale polpa<br />
verde attorno all’attaccatura del picciolo, perché<br />
contiene solanina, notoriamente tossica. La pratica<br />
di liberare i pomodori dai liquidi, facendoli<br />
sgocciolare o strizzandoli preventivamente, è<br />
consigliabile per tutte le preparazioni in cui non<br />
sia necessaria la trasformazione in salsa, o anche<br />
per quelle salse non destinate a cottura<br />
prol<strong>un</strong>gata in cui si vogliano mantenere le qualità<br />
delle freschezza.<br />
Varianti:<br />
Non è raro che la frittura avvenga nel burro. E’<br />
possibile aggi<strong>un</strong>gere all’uovo sbattuto <strong>un</strong> cucchiaio<br />
di farina (da agitare bene con la frusta<br />
per evitare la formazione di grumi), o <strong>un</strong> pezzettino<br />
di luganega sbriciolata, o qualche fogliolina<br />
tritata di prezzemolo.<br />
Abbinamenti:<br />
Anche nella sua versione arricchita con la salsiccia,<br />
è <strong>un</strong>a formulazione equilibrata, che può correttamente<br />
seguire <strong>un</strong> piatto di pasta o di riso,<br />
purché non eccessivamente condito, e precedere<br />
<strong>un</strong> dessert dolce senza creme e farcie. Vino<br />
Riviera del Garda Bresciano Chiaretto DOC o<br />
Colli Morenici Mantovani del Garda Rosato DOC;<br />
ma anche, secondo la tradizione, <strong>un</strong> Oltrepò Pavese<br />
Sangue di Giuda DOC.<br />
L’ingrediente: il pomodoro<br />
I pomodori gi<strong>un</strong>sero in Europa all’inizio del XVI<br />
secolo e ricevettero i nomi poetici di pomi<br />
dell’amore, pomi del paradiso, mele d’oro. Originari<br />
del <strong>Per</strong>ù, erano stati però domesticati in<br />
Messico dove, con il nome di tomatl, avevano<br />
<strong>un</strong> largo utilizzo alimentare. In Europa ebbero<br />
<strong>un</strong>a f<strong>un</strong>zione decorativa almeno fino alla metà<br />
del XVIII secolo. Il medico cinquecentesco Costanzo<br />
Felici, in <strong>un</strong> suo scritto De l’insalata, li<br />
definisce “più belli che buoni”, e solo <strong>un</strong> naturalista<br />
dello stesso periodo, Pier Andrea Mattioli,<br />
ne segnala l’uso nelle insalate. Oggi sono <strong>un</strong>o<br />
degli ortaggi più coltivati per fini industriali, non<br />
solo nel Meridione d’Italia, ma anche nella fascia<br />
padana <strong>della</strong> Lombardia, soprattutto nelle provincie<br />
di Cremona e di Mantova.<br />
Di modesto apporto calorico, il pomodoro è ricco<br />
(soprattutto se ben maturo) di vitamina C e vitamina<br />
A. Quest’ultimo costituente (abbastanza<br />
stabile ai trattamenti tecnologici ed alla cottura)<br />
esplica <strong>un</strong>a interessante attività protettiva antiossidante:<br />
per tale ragione il consumo di pomodori<br />
o prodotti a base di pomodoro è altamente<br />
raccomandato dalle più recenti linee guida<br />
nutrizionali.<br />
Entrato più tardi che altrove nella <strong>cucina</strong> familiare,<br />
il pomodoro ha però trovato <strong>un</strong>a sua<br />
collocazione integrativa nelle linee già<br />
strutturate <strong>della</strong> gastronomia <strong>lombarda</strong>. Lo<br />
ritroviamo, perciò, in piatti classici che prima<br />
dell’800 si preparavano in bianco, come<br />
l’ossobuco, la buseca, il coniglio alla cacciatora<br />
e persino qualche stufato.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
FRITTATA DI POMODORI<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
272 16,1 21,1 4,7 593 350 2,5<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
CIPOLLE ALL'ACETO<br />
Più propriamente sono cipolle sott'aceto giacché si tratta <strong>della</strong> preparazione casalinga di<br />
questa conserva. Le cipolle più adatte sono quelle piccole bianche, che maturano da aprile a<br />
luglio, anche se ormai si trovano sul mercato tutto l'anno. Molto pregiate e dolci sono quelle<br />
brianzole.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Conserve<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti +<br />
24 ore di marinatura +<br />
1 settimana di riposo<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
spelucchino, tagliere, pentola, vaso per conserva<br />
Ingredienti:<br />
CIPOLLINE (1 kg), ACETO ROSSO (1 l + q.b.<br />
per la conserva), ALLORO (4 foglie), PEPE (12<br />
grani), CHIODI DI GAROFANO (n.6), AGLIO (1<br />
spicchio), CANNELLA (2 stecche), TIMO (2 pizzichi),<br />
OLIO DI OLIVA (q.b.), SALE GROSSO<br />
(q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Pelare le cipolline e metterle in <strong>un</strong> recipiente<br />
coprendole di sale grosso; lasciare riposare<br />
24 ore<br />
• Trascorso questo tempo, farle bollire in <strong>un</strong> litro<br />
di aceto rosso con 2 foglie di alloro, 6<br />
grani di pepe rotti, 3 chiodi di garofano, lo<br />
spicchio d'aglio, <strong>un</strong> pizzico di timo e <strong>un</strong>a<br />
stecca di cannella<br />
• Lasciare sobbollire dolcemente per 20 minuti<br />
• Scolarle, lasciarle raffreddare e metterle in<br />
<strong>un</strong> vaso per conserva con aceto fresco e i rimanenti<br />
odori<br />
• Coprire con <strong>un</strong> velo di olio e lasciar riposare<br />
almeno <strong>un</strong>a settimana.<br />
Note: la conservazione con aceto<br />
La tecnica di conservare gli alimenti con l'aceto<br />
è conosciuta da millenni: gli ateniesi la impiegavano<br />
per i filetti di pesce e i romani per le<br />
verdure, esattamente come viene fatto oggi. Lo<br />
scrittore romano di agronomia Columella (I sec.<br />
d.C.) nel suo trattato De re rustica descrive dettagliatamente<br />
le diverse modalità di preparazione<br />
dell'aceto più indicato per la conservazione.<br />
Le proprietà conservanti dell'aceto sono dovute<br />
alla sua acidità che abbassando il pH crea <strong>un</strong><br />
ambiente sfavorevole alla crescita di alc<strong>un</strong>i microrganismi,<br />
soprattutto patogeni, senza però<br />
riuscire ad eliminare quelli più resistenti. <strong>Per</strong> ta-<br />
le motivo all'effetto dell'aceto viene abbinato<br />
quello del riscaldamento: le verdure vengono<br />
prima cotte e poi ricoperte di aceto.<br />
Varianti:<br />
Alle cipolline si possono aggi<strong>un</strong>ge altre verdure<br />
ottenendo la giardiniera: peperoni, carote, fagiolini,<br />
sedano bianco. Le verdure vanno bollite<br />
nell'aceto rispettando i diversi tempi di cottura:<br />
dapprima si mettono sedano e carote; dopo 25<br />
minuti si aggi<strong>un</strong>gono fagiolini, peperoni e cipolline.<br />
Abbinamenti:<br />
Le cipolle sott'aceto, come pure la giardiniera, si<br />
servono con il lesso o con gli antipasti di affettati<br />
misti. Il vino può essere <strong>un</strong> Barbera o <strong>un</strong>a<br />
Bonarda dell'Oltrepò, dalle caratteristiche sufficientemente<br />
marcate da resistere all'aceto.<br />
L'ingrediente: la cipolla<br />
La cipolla (dal tardo latino cepulla), è il bulbo di<br />
<strong>un</strong>a pianta erbacea <strong>della</strong> famiglia delle Gigliacee,<br />
specie Allium cepa. Originaria dell'Asia<br />
del nord e <strong>della</strong> Palestina, è coltivata da oltre<br />
5000 anni. Sembra che la cipolla sia stata introdotta<br />
in Egitto dai Caldei e da qui si diffuse a<br />
tutto il bacino del Mediterraneo. Secondo i Greci<br />
possedeva importanti effetti terapeutici e in<br />
Europa, dalla fine del Medioevo, fu <strong>un</strong>o dei pilastri<br />
dell'alimentazione e <strong>della</strong> <strong>cucina</strong>., soprattutto<br />
nei paesi del Nord e dell'Est.<br />
Le varietà coltivate sono numerose, e differiscono<br />
per forma, stagionalità e colore. Le cipolle<br />
bianche sono precoci maturando da aprile a settembre,<br />
mentre quelle rosse e dorate sono tardive<br />
e si conservano meglio. Le varietà bianche<br />
più com<strong>un</strong>i sono la grossa piatta d'Italia, la<br />
bianca gigante di giugno, la bianca <strong>della</strong> regina,<br />
la bianca di Napoli. Mentre le varietà colorate<br />
più diffuse sono la gialla pomasca, la dorata di<br />
Parma, la rossa di Tropea, la gigante di Spagna.<br />
In <strong>cucina</strong> la cipolla è largamente utilizzata come<br />
condimento e guarnizione di molti piatti. L'odore<br />
p<strong>un</strong>gente caratteristico <strong>della</strong> cipolla cruda e che<br />
scompare con la cottura, è dovuto a <strong>un</strong> olio essenziale<br />
volatile (solfuro di allile). Dal p<strong>un</strong>to di<br />
vista nutritivo, la cipolla ha <strong>un</strong> basso contenuto<br />
calorico (26 kcal/100 g) e nutritivo in genere;<br />
consumata cruda, stimola la secrezione gastrica.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
CIPOLLE ALL'ACETO<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
47 1,8 0,4 9,7 669 0 2,3<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
CREMA LODIGIANA<br />
Anche crema al mascarpone o mascarpone al liquore . La denominazione identifica non tanto<br />
<strong>un</strong>a origine geografica specifica, quanto <strong>un</strong>’area agricola a sud di Milano, da molti secoli dedita<br />
all’allevamento bovino, di cui Lodi è ass<strong>un</strong>ta a simbolo, quale patria riconosciuta per tradizione,<br />
del mascarpone.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Dolci<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 30 minuti + alc<strong>un</strong>e ore<br />
per raffreddare la crema<br />
Tecnica di cottura: Ness<strong>un</strong>a<br />
Utensili:<br />
frusta elettrica, ciotola, tazzine da caffè<br />
Ingredienti:<br />
MASCARPONE (200 g), ZUCCHERO (200 g),<br />
TUORLI D'UOVA (n.3), ALBUMI D'UOVA (n.2),<br />
RUM (30 cc)<br />
Esecuzione:<br />
• Montare i tuorli con lo zucchero sino a renderli<br />
bianchi<br />
• Unire il mascarpone e sbattere ancora bene<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere il rum e alla fine, delicatamente<br />
perché non si smontino, incorporarvi gli albumi<br />
montati a neve<br />
• Versare la crema in tazzine da caffè e lasciarla<br />
gelare alc<strong>un</strong>e ore prima di servire<br />
• Accompagnare con biscotti secchi<br />
Note: formaggio e zucchero<br />
Annota il medico umanista Pantaleone da Confienza<br />
nella sua Summa lacticinorum (Trattato<br />
dei latticini, 1477) che se al mascarpone italiano<br />
’’si mischiano dell’acqua di rose e <strong>un</strong> bel po’ di<br />
zucchero si prepara <strong>un</strong> cibo gustoso e delicatissimo’’.<br />
Crediamo si tratti <strong>della</strong> prima ricetta <strong>della</strong><br />
crema lodigiana (Pantaleone era nativo <strong>della</strong><br />
zona tra Vercelli e la Lomellina, territorio di cascina<br />
e di latteria). Creme consimili, dalle più<br />
svariate denominazioni, realizzate con mascarpone<br />
o panna, stemperate e profumate con<br />
acqua di fiori di arancio o con rosolio, sono state<br />
piuttosto com<strong>un</strong>i fino all’’800, quando, all’apporto<br />
prevalentemente olfattivo <strong>della</strong> vecchia liquoristica<br />
casalinga si è andato pian piano aggi<strong>un</strong>gendo<br />
il sostegno di distillati fortemente aromatici<br />
come il rum, il cognac e il brandy.<br />
L’accostamento tra formaggio e alimenti dolcificanti<br />
- il miele, lo zucchero o, più semplicemente,<br />
le succose e dolcissime pere mature -<br />
ha origini molto antiche ed era motivato (Apicius,<br />
Avicenna, il Regimen sanitatis Salerni e lo<br />
stesso Pantaleone da Confienza) dalla convinzione<br />
che le sostanze dolci (appartenenti alla<br />
simbologia solare) correggessero, asciugandola,<br />
l’umidità indigesta che rendeva il formaggio difficile<br />
da assimilare, mettendo così a disposizione<br />
dell’organismo tutto il potenziale energetico<br />
dei prodotti caseari.<br />
Varianti:<br />
Non sempre c’è accordo sul numero dei tuorli<br />
d’uovo da sbattere con lo zucchero, né sulla<br />
quantità di mascarpone da usare: raramente,<br />
anzi, le ricette ne indicano le dosi. Le quantità<br />
empiriche rimandano sempre al gusto personale<br />
e indicano la sostanziale riconoscibilità del preparato<br />
a prescindere dalla proporzioni. In alc<strong>un</strong>i<br />
casi si incorporano al mascarpone delle chiare<br />
d’uovo a neve o, meglio, <strong>della</strong> panna montata<br />
(che gli tolgono ogni residuo gusto di formaggio).<br />
Rum e brandy sono intercambiabili (ma<br />
può essere usato qualsiasi altro liquore aromatico).<br />
Sono segnalati arricchimenti creativi con<br />
cannella, caffè o cacao.<br />
Abbinamenti:<br />
Indicata per la stagione invernale, nella tradizione<br />
rituale ottocentesca si accompagnava alla<br />
mostarda di Cremona o al panettone natalizio.<br />
Oggi si serve, prevalentemente in tazzine a parte,<br />
con biscotti secchi e con qualsiasi tipo di torta<br />
o dolce non farcito. Si abbina con i vini liquorosi,<br />
di cui la regione non è particolarmente<br />
ricca: lo Sforzato <strong>della</strong> Valtellina o il poco noto<br />
Moscato Liquoroso dell’Oltrepò Pavese.<br />
L’ingrediente: il mascarpone.<br />
(dal lomb. mascherpa = ricotta, a indicare le<br />
operazioni di scrematura del latte). E’ <strong>un</strong> formaggio<br />
grasso e cremoso, tendenzialmente<br />
bianco, dal profumo delicato, prodotto in buona<br />
parte <strong>della</strong> pianura Padana per coagulazione<br />
<strong>della</strong> panna fresca a 85°C e aggi<strong>un</strong>gendovi acido<br />
citrico. In passato veniva lasciato riposare a<br />
l<strong>un</strong>go su stuoie, per permettere il lento scolamento<br />
del siero, e poi si confezionava con garze<br />
in porzioni sferoidali. Nel prodotto industriale il<br />
siero è allontanato per centrifugazione, cui segue<br />
il confezionamento in vaschette o secchielli<br />
di plastica. Va conservato in frigorifero e consumato<br />
freschissimo. La perdita di freschezza<br />
comporta l’intensificarsi del colore (da bianco/bianco<br />
paglierino verso giallastro) e l’accentuazione<br />
dell’odore di formaggio. Si usa, oltre<br />
che per i dolci, per la preparazione di sufflé<br />
e di salse per pasta o carne e per legare gli ingredienti<br />
di pietanze crude o cotte di vario genere.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
CREMA LODIGIANA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
330 5,4 18,6 34,8 54 134 0,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
TORTIONATA<br />
La tortionata o tortjonata (voce dialettale) sembra derivare il proprio nome da tortijon, che<br />
significa fil di ferro attorcigliato, al quale può essere paragonata per la difficoltà ad essere<br />
tagliata Infati questo dolce tipico lodigiano, come la sbrisolona, va spezzato e non affettato,<br />
perché si ridurrebbe a <strong>un</strong> ammasso di briciole. Quant<strong>un</strong>que sia stata codificata nel 1855 dal<br />
titolare <strong>della</strong> più antica pasticceria di Lodi, questa ricetta risale presumibilmente al tardo Medioevo<br />
per alc<strong>un</strong>e caratteristiche tipiche dei dolci del tempo. Come la forma bassa e rotonda,<br />
la consistenza morbida nonostante sia <strong>un</strong>a torta secca, la presenza di mandorle, e la mancanza<br />
di lievitazione, che rende la tortionata simile ai mostaccini e come questi forse veniva<br />
preparata con il miele per legare l'impasto data la scarsità di uova.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Dolci, Merende<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 90 minuti<br />
Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />
Utensili:<br />
tritatutto, placca da forno, terrina, teglia<br />
Ingredienti:<br />
FARINA BIANCA 00 (300 g), BURRO (150 g),<br />
ZUCCHERO (150 g), MANDORLE SGUSCIATE e<br />
PELATE (150 g), TUORLO D'UOVO (n.1),<br />
SCORZA DI LIMONE GRATTUGIATA (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Tritare le mandorle e farle tostare leggermente<br />
in forno mettendole sulla placca.<br />
• Impastare tutti gli ingredienti<br />
• Mettere il composto <strong>un</strong> <strong>un</strong>a teglia imburrata<br />
badando che risulti alto due centimetri o due<br />
centimetri e mezzo<br />
• Cuocere in forno moderatissimo (120° C) per<br />
circa <strong>un</strong>'ora<br />
Varianti:<br />
La scorza di limone grattugiata non è prevista<br />
nella ricetta originale codificata dal pasticcere<br />
Luraghi. Sostituendo metà farina bianca con farina<br />
gialla si ottiene <strong>un</strong>'altra torta tipica <strong>lombarda</strong>,<br />
la barlocca, la cui modalità di preparazione<br />
è descritta ne La <strong>cucina</strong> degli stomachi<br />
deboli (1862) del Dubini.<br />
Abbinamenti:<br />
E' <strong>un</strong>a torta a l<strong>un</strong>ga conservazione (se tenuta in<br />
<strong>un</strong> contenitore a chiusura ermetica o in <strong>un</strong>a<br />
scatola di latta), ideale per merende e prima<br />
colazione, o consumata dopo cena con <strong>un</strong> vino<br />
dolce come il Moscato DOC o la Malvasia dell'Oltrepò,<br />
entrambi anche nella versione spumante.<br />
L'ingrediente: il burro<br />
Il burro è <strong>un</strong> grasso di origine animale, solido a<br />
temperatura ambiente, che fornisce 758<br />
kcal/100 g. Il suo contenuto nutritivo è caratterizzato<br />
da <strong>un</strong>'elevata presenza di grassi<br />
(83.4%), per la gran parte costituiti da acidi<br />
grassi saturi (50% circa), di colesterolo (250<br />
mg/100 g) e di vit. A.<br />
Il burro si ottiene dalla lavorazione <strong>della</strong> crema<br />
del latte vaccino, cioè la panna, oppure del siero<br />
o di <strong>un</strong>a miscela di siero e crema. La burrificazione<br />
si ottiene agitando energicamente la crema<br />
in appositi contenitori (le zangole, da cui il<br />
procedimento è anche detto zangolatura) per<br />
far sì che i globuli di grasso si aggreghino tra<br />
loro separandosi dal liquido residuo, il latticello.<br />
Seguono il lavaggio (con acqua fredda, per allontanare<br />
lattosio e proteine), l'impastamento<br />
(per avere <strong>un</strong> massa compatta ed eliminare acqua<br />
residua) e la mo<strong>della</strong>tura in varie forme. Il<br />
burro può venire addizionato di sale, conservanti<br />
(antimicrobici e antiossidanti), e alc<strong>un</strong>i coloranti<br />
naturali (carotenoidi, zafferano, annatto).<br />
Il contenuto minimo di grasso non deve essere<br />
inferiore all'80%, mentre per il burro leggero a<br />
ridotto tenore di grasso deve essere compreso<br />
tra il 60 e il 62% , e per il burro leggero a basso<br />
tenore di grasso tra il 39 e il 41%.<br />
A seconda <strong>della</strong> materia prima impiegata si<br />
hanno prodotti di qualità differente: il migliore è<br />
quello ricavato solo dalla crema con determinate<br />
caratteristiche igieniche e organolettiche,<br />
tanto che la legge prevede per questo burro la<br />
denominazione burro di qualità. Importante ai<br />
fini delle caratteristiche del prodotto, è pure il<br />
modo con cui è stata separata la panna dal latte:<br />
per centrifugazione, <strong>un</strong> trattamento rapido<br />
che permette di ottenere <strong>un</strong>a crema dolce che<br />
viene fatta poi maturare addizionandola di fermenti<br />
lattici (conferiscono al burro l'aroma finale);<br />
per affioramento ovvero lasciando riposare<br />
il latte per dodici ore: la panna ricavata è più<br />
aromatica e acida e non viene addizionata di<br />
fermenti poiché questi si sviluppano naturalmente<br />
durante il periodo di riposo del latte.<br />
Un burro di buona qualità appare lucido, omogeneo<br />
e compatto, quando si taglia non devono<br />
comparire goccioline d'acqua, il colore è biancogiallognolo<br />
e può variare a seconda del periodo<br />
di produzione in base al foraggio delle vacche<br />
(bianco d'inverno e più giallo in estate), l'odore<br />
e il sapore sono lievi e delicati.<br />
<strong>Per</strong> evitarne l'irrancidimento, il burro va conservato<br />
in frigorifero a +5-6°C, perfettamente<br />
chiuso, per non più di 3-4 settimane, mentre<br />
nel freezer (-18°C) si mantiene anche <strong>un</strong> anno.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
TORTIONATA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
620 11,7 36,0 66,5 9 107 4,4<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano
Pavia e Lomellina<br />
Il territorio pavese, che comprende l'Oltrepò e la Lomellina, è<br />
posizionato tra Lombardia, Piemonte, Emilia e Liguria, costituendo<br />
<strong>un</strong> incontro di culture e tradizioni.<br />
Con quasi 70 mila ettari di risaie, è <strong>un</strong>a terra dedicata alla coltivazione<br />
del riso, tanto che <strong>un</strong>o dei piatti simbolo <strong>della</strong> gastronomia<br />
locale è il risotto alla certosina. Il cereale fu introdotto nel<br />
nord <strong>della</strong> Penisola da Galeazzo Maria Sforza nel '400, il quale lo<br />
impiantò proprio in questa pianura paludosa del ducato. Da qui<br />
il riso si diffuse in tutta Italia: <strong>un</strong> documento del 1475, firmato<br />
dallo stesso Duca, colloca la prima esportazione di riso dalle tenute<br />
pavesi, dove ne era stata sperimentata la coltura, ai territori<br />
ferraresi. Il riso diventò la base dell'alimentazione dei contadini,<br />
che lo confezionavano a risotto con tutto quello che di<br />
commestibile disponevano (prezzemolo, biete, fagioli, papavero,<br />
cipolle, verza, rape ecc.) e lo consumavano anche come dolce,<br />
accompagnato da <strong>un</strong> bicchiere di vino. Veniva utilizzato perfino<br />
per confezionare il pane (pan risin o pan risei) quando scarseggiava<br />
la farina di grano. Le risaie abbondavano di <strong>un</strong> altro<br />
cibo tipico del pavese, le rane, oggi quasi scomparse per il massiccio<br />
impiego di diserbanti, e che, apportatrici di proteine animali,<br />
venivano catturate dai contadini e <strong>cucina</strong>te in svariati<br />
modi dando origine a molti piatti tradizionali <strong>della</strong> zona e <strong>della</strong><br />
Lombardia (riso e rane, rane fritte, rane in sguazzetto).<br />
La gastronomia pavese annovera inoltre specialità di antica tradizione.<br />
A Varzi, situato ai piedi dell'Appennino ligure, si produce<br />
il celebre salame, <strong>un</strong>o degli insaccati lombardi riconosciuti e<br />
tutelati dalla denominazione di origine, prodotto con <strong>un</strong> impasto<br />
aromatizzato con sale, pepe nero e <strong>un</strong> infuso di aglio e vino<br />
rosso che gli conferisce il caratteristico colore rosso vivo.<br />
Mortara, centro agricolo <strong>della</strong> Lomellina, è da svariati secoli la<br />
capitale dell'oca e <strong>della</strong> lavorazione di questo volatile, allevato<br />
per ottenere grasso, piume e carne. La carne d'oca viene utilizzata<br />
per numerose preparazioni (le più popolari: oca con le verze<br />
o ragò d'oca, oca arrosto) e, in sostituzione di quella di maiale,<br />
per la produzione di salumi, che sembra fosse stata favorita<br />
dalla presenza di <strong>un</strong>a com<strong>un</strong>ità ebraica, insediatasi in questo<br />
angolo lombardo nel XVII secolo per concessione di Ludovico il<br />
Moro. Tutt'oggi si confezionano il prosciutto, i ciccioli o graton e<br />
il celebre salame, insaccato nella pelle dello stesso palmipede.<br />
Non vanno infine dimenticati il formaggio di Menconico (di latte<br />
di vacca e pecora),gli amaretti di Vigevano, la marmellata di<br />
Voghera. Mentre tra gli ingredienti tipici vanno annoverati anche<br />
l'anguilla, i rinomati asparagi di Civalegna, i tartufi, le lumache,<br />
il maiale, e, tra i dolci, la torta paradiso e i più rustici panera e<br />
mein. Il pavese è inoltre zona di produzione riconociuta del gorgonzola<br />
e del grana padano.<br />
D<strong>un</strong>que <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> varia, basata come sempre sulle risorse locali,<br />
che si sposa perfettamente con i numerosi vini dell'Oltrepò<br />
(Barbacarlo, Pinot bianco, nero e grigio, Bonarda, Buttafuoco,<br />
Cortese, Riesling, ecc.).<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
RISOTTO ALLA CERTOSINA<br />
La Certosa è naturalmente quella di Pavia, ai cui monaci, obbligati dalla Regola a mangiare<br />
sempre di magro, la tradizione attribuisce l’elaborazione di questo piatto. E' <strong>un</strong>o di quei manicaretti<br />
che nel XII secolo suscitavano lo sdegno di Bernardo di Chiaravalle, quando constatava<br />
che i monaci rispettando i digi<strong>un</strong>i alla lettera ed escludendo dalla loro tavola le vivande<br />
carnee, in realtà ne eludevano lo spirito, poiché "tutti i piatti di pesce venivano preparati con<br />
tanta cura e arte che, anche dopo quattro o cinque portate, le prime non impedivano di mangiare<br />
le ultime, e la sazietà non diminuiva l’appetito".<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Elevata<br />
Tempo esecuzione: 90 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Frittura<br />
Utensili:<br />
pentola, casseruola, tegame, tagliere<br />
Ingredienti:<br />
RISO VIALONE (450 g), PISELLI SGUSCIATI<br />
(100 g), BURRO (100 g), GAMBERETTI DI<br />
ACQUA DOLCE (200 g), RANE (200 g), CIPOLLE<br />
(80 g), CAROTE (30 g), SEDANO (30 g),<br />
ALLORO (1 foglia), VINO BIANCO (50 cc), OLIO<br />
DI OLIVA (15 g), POLPA DI POMODORI (40 g),<br />
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (100 g),<br />
SEMI DI FINOCCHIO (n. 5-6), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Mettere il sedano, la carota, metà cipolla,<br />
l'alloro e i semi di finocchio in abbondante<br />
acqua bollente<br />
• Unire i gamberetti e le rane e farli bollire 5<br />
minuti<br />
• Nel frattempo cuocere i piselli in poca acqua<br />
per 10 minuti, poi scolarli<br />
• Spolpare le rane e sgusciare i gamberi, rimettendo<br />
i gusci e lo sterno frantumanti nel<br />
brodo che si continuerà a fare bollire adagio<br />
per almeno 15 minuti finché fino ad ottenere<br />
<strong>un</strong> brodo magro sufficiente per la cottura<br />
del risotto<br />
• In <strong>un</strong> tegame fare imbiondire nell'olio <strong>un</strong><br />
cucchiaio di cipolla tritata, aggi<strong>un</strong>gere i<br />
gamberetti e la polpa di rane e rosolare su<br />
fuoco vivace<br />
• Bagnare col vino bianco e farlo evaporare<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere il pomodoro e i piselli, salare e<br />
fare insaporire per almeno 6-7 minuti su fuoco<br />
moderato aggi<strong>un</strong>gendo <strong>un</strong> mestolo di<br />
brodo se necessario<br />
• Filtrare il brodo<br />
• In <strong>un</strong>a casseruola fare rosolare la restante<br />
cipolla in 50 grammi di burro<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere il riso e farlo tostare mescolando<br />
spesso<br />
• Cuocere il riso aggi<strong>un</strong>gendo il brodo poco per<br />
volta<br />
• A cottura ultimata, <strong>un</strong>ire il restante burro e il<br />
grana e mantecare<br />
• Servire mettendo il risotto nei piatti di servizio<br />
e versandovi sopra qualche cucchiaio del<br />
ragù di rane e gamberetti<br />
Note: Tecniche di cottura del risotto alla certosina<br />
a) il riso (maratelli o vialone) è lessato nell’acqua<br />
(o nel brodo di rane e gamberi) "alla maniera<br />
pavese" e, <strong>un</strong>a volta cotto, viene condito<br />
con il ragù ottenuto con tutti gli altri ingredienti.<br />
b) il riso (carnaroli o arborio) è cotto nel brodo,<br />
in presenza degli altri ingredienti, ad esclusione<br />
delle carni, che vengono aggi<strong>un</strong>te all’ultimo<br />
momento (come si fa per i risotti veri e<br />
propri).<br />
La tecnica a) è più antica rispetto alla b), che<br />
può essere stata elaborata solo dopo il XVII secolo,<br />
cioè dopo la scoperta delle procedure di<br />
brillatura del riso. L’aggi<strong>un</strong>ta di pomodoro denota<br />
<strong>un</strong> ulteriore intervento nello scorcio del XVIII<br />
o all’inizio del XIX secolo.<br />
Varianti:<br />
In alc<strong>un</strong>e ricette si indica di cuocere le rane e i<br />
gamberi separatamente. Tra gli aromi per il<br />
court-bouillon (o per il fumetto, a seconda <strong>della</strong><br />
tipologia), possono figurare porri, prezzemolo,<br />
timo, vino bianco. Il soffritto è di preferenza eseguito<br />
con olio, ma per la tipologia b) è spesso<br />
prescritto il burro. Aglio (da togliere) e cipolla<br />
risultano intercambiabili, mentre f<strong>un</strong>ghi (champignons<br />
e chiodini) e piselli figurano a discrezione<br />
nelle molte ricette esaminate. Talvolta<br />
il riso è mantecato con burro o con burro e formaggio<br />
prima dell’aggi<strong>un</strong>ta delle carni. Non è<br />
rara l’aggi<strong>un</strong>ta finale di filetti di pesce persico<br />
dorati nel burro e cotti con vino e brodo di gamberi.<br />
Abbinamenti:<br />
Questo risotto ha <strong>un</strong>a ricchezza di apporti che<br />
gli consente di non sfigurare come piatto <strong>un</strong>ico.<br />
L’ampio ventaglio di stimoli gusto-olfattivi reclama<br />
<strong>un</strong> vino sapido e asciutto, fresco, ma non<br />
invadente: Riesling e Pinot dell’Oltrepò o Valcalepio<br />
bianco.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
RISOTTO ALLA CERTOSINA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
783 29,0 32,8 96,4 624 149 3,7<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
PINOLI ALLA RICOTTA<br />
Si tratta di <strong>un</strong>a delle tante versioni di gnocchi e malfatti: dei primi contiene le patate, dei secondi<br />
le biete e la ricotta. Il nome <strong>della</strong> preparazione fa supporre la presenza di pinoli che invece<br />
non compaiono nella composizione <strong>della</strong> ricetta: è solo la forma degli gnocchetti che ricorda<br />
questi semi.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Inverno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
pentola, setaccio, ciotola, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
FARINA (350 g), PATATE (800 g), RICOTTA<br />
(300 g), TUORLO D'UOVO (n.3), FORMAGGIO<br />
GRANA GRATTUGIATO (100 g), BIETOLE (500<br />
g), SALE (q.b.), SALSA DI POMODORO AL<br />
BASILICO o SUGO DI CARNE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Lessare le patate e a parte le bietole; quando<br />
sono pronte, scolarle, pelare le patate e<br />
passare entrambe le verdure al setaccio<br />
• Unire la farina, la ricotta, il formaggio, i tuorli<br />
d'uovo e il sale<br />
• Impastare bene e, come per gli gnocchi, formare<br />
con l'impasto dei tondini e tagliarli a<br />
pezzetti di circa 5 cm di l<strong>un</strong>ghezza<br />
• Cuocere i "pinoli" in acqua salata, levandoli<br />
con la schiumarola quando affiorano<br />
• Condire con la salsa di pomodoro o il sugo di<br />
carne e servire<br />
Note: patate farinose e poca farina<br />
La farina negli gnocchi serve solo a legare gli ingredienti,<br />
ne basta quindi <strong>un</strong>a piccola quantità.<br />
Troppa farina non solo compromette la caratteristica<br />
morbidezza degli gnocchi ma li rende anche<br />
di difficile digestione in quanto la breve<br />
permanenza nell'acqua bollente non è sufficiente<br />
a cuocere la farina. La quantità giusta è qu ella<br />
che basta per ottenere <strong>un</strong> impasto morbido<br />
che non si attacchi alle mani. E' anche importante<br />
non lavorare a l<strong>un</strong>go l'impasto ma solo<br />
il tempo necessario ad amalgamare gli ingredienti.<br />
Le patate ideali per la preparazione degli gnocchi<br />
sono quelle bianche farinose che si amalgamano<br />
meglio alla farina. Inoltre le patate non<br />
devono aver subito gelate, aver preso luce né<br />
devono essere germogliate. Meglio poi che siano<br />
tutte <strong>della</strong> stessa dimensione affinché cuociano<br />
in modo omogeneo senza che ness<strong>un</strong>a<br />
assorba troppa acqua. Infatti <strong>un</strong> eccessivo contenuto<br />
di acqua delle patate necessita di <strong>un</strong>a<br />
maggiore quantità di farina per l'impasto. In tal<br />
caso è consigliabile far asciugare sul fuoco le<br />
patate dopo averle messe in <strong>un</strong>a casseruola.<br />
Infine, le patate vanno ridotte in purea con lo<br />
schiacciapatate, evitando di usare il passaverdure<br />
perché con questo strumento fanno la<br />
"corda", come si dice in gergo culinario, ovvero<br />
diventano collose.<br />
Varianti:<br />
La ricotta può essere sostituita da mascarpone<br />
o da mollica di pane ammollata nel latte e strizzata.<br />
Alle bietole si possono preferire gli spinaci<br />
che però rinforzano e caratterizzano il sapore<br />
<strong>della</strong> preparazione, altrimenti delicato. Il condimento<br />
contemplato in molti ricettari è quello cosiddetto<br />
"nature" ovvero abbondante burro fuso,<br />
eventualmente aromatizzato con salvia, e<br />
grana grattugiato.<br />
Abbinamenti:<br />
E' <strong>un</strong> primo piatto sostanzioso e nutrizionalmente<br />
completo, da accompagnare a <strong>un</strong> secondo a<br />
base di verdura e a <strong>un</strong> dessert al cucchiaio.<br />
Il vino adatto è <strong>un</strong> Pinot dell'Oltrepò.<br />
L'ingrediente: la ricotta<br />
Caratterizzata da <strong>un</strong>a struttura finissima e morbida<br />
e da <strong>un</strong> sapore dolce e delicato, la ricotta è<br />
<strong>un</strong> latticino fresco e non <strong>un</strong> formaggio: rispetto<br />
a quest'ultimo differisce per metodo di produzione<br />
e composizione. Infatti viene ricavata non<br />
dal latte ma da <strong>un</strong> sottoprodotto <strong>della</strong> lavorazione<br />
del formaggio, ovvero il siero residuo <strong>della</strong><br />
cagliata, che viene scaldato a 70-80°C e pertanto<br />
"ricotto" e acidificato con agro o acido citrico<br />
o tartarico. Anche la sua composizione<br />
proteica è diversa da quella tipica del formaggio:<br />
non contiene caseina ma lattoalbumine che<br />
quando vengono scaldate precipitano formando<br />
la caratteristica massa molle. La ricotta può essere<br />
preparata con siero di latte di vacca o di<br />
pecora. La ricotta di latte vaccino, più frequente<br />
in Lombardia, viene prodotta da siero scremato<br />
risultando quindi povera di grassi e di calorie, e<br />
molto digeribile. Quella di pecora, più diffusa<br />
nelle regioni meridionali, si ottiene invece dal<br />
siero intero e ha <strong>un</strong> maggior contenuto lipidico<br />
e <strong>un</strong> sapore più marcato. La ricotta va consumata<br />
freschissima: è molto sensibile alla temperatura<br />
di conservazione e inizia a irrancidire<br />
dopo pochi giorni dalla produzione.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
PINOLI ALLA RICOTTA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
477 21,3 14,7 69,7 566 180 4,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
ZUPPA ALLA PAVESE<br />
Vuole la tradizione che il giorno <strong>della</strong> sua sconfitta ad opera dell’imperatore Carlo V nella battaglia<br />
di Pavia, Francesco I di Valois, re di Francia, vagasse per le campagne attorno alla città,<br />
stanco e affamato ("Tutto è perduto, fuorchè l’onore e la vita, che è salva"). La vita<br />
gliel’avrebbe salvata <strong>un</strong>a contadina, cui il sovrano si era rivolto per avere del cibo. La brava<br />
donna, non avendo che <strong>un</strong> po’ di brodo per farne <strong>un</strong>a zuppa, volle arricchirlo rompendoci<br />
dentro <strong>un</strong> paio di uova. La leggenda è naturalmente creata ad hoc per giustificare l’orgoglio<br />
di campanile per quella che i pavesi ritengono <strong>un</strong>a prelibatezza da re.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti in brodo<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 20 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
pentola, mestolo, grattugia<br />
Ingredienti:<br />
UOVA (n.6), FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO<br />
(60 g), PANE (8 fette), CRESCIONE (1 pizzico),<br />
BRODO DI CARNE (6 mestoli)<br />
Esecuzione:<br />
• Utilizzare <strong>un</strong>a sco<strong>della</strong> di terracotta o <strong>un</strong>a<br />
fondina calda per ogni persona<br />
• Rompere in ogni sco<strong>della</strong> <strong>un</strong> uovo, aggi<strong>un</strong>gere<br />
foglie di crescione e versare <strong>un</strong> buon<br />
mestolo di brodo bollente: l'albume dell'uovo<br />
deve diventare bianco e indurirsi leggermente<br />
• Spolverare con il grana e servire subito con<br />
le fette di pane tostato<br />
Note: uova e zuppe<br />
Sulla tavola dei poveri le zuppe non sono mai<br />
mancate: <strong>un</strong> po’ di pane secco ammollato in<br />
brodo di varia natura costituisce alimento bastante<br />
alla sussistenza, come si ricava dal De<br />
agri coltura di Catone il vecchio. Sono tuttavia i<br />
cuochi medioevali a creare gli archetipi di zuppe<br />
e minestre che ancora si <strong>cucina</strong>no in tutta la nostra<br />
penisola. Il fort<strong>un</strong>ato incontro tra il brodo,<br />
le uova e il formaggio è, infatti, di gusto tipicamente<br />
gotico. Dai ricettari anonimi del XIV secolo<br />
a quello di Maestro Martino e a quelli già<br />
rinascimentali di Cristoforo Messisbugo e di Bartolomeo<br />
Scappi si avverte tutto <strong>un</strong>o sbattere di<br />
uova e di formaggio grattugiato, da versare in<br />
minestre di grasso o di magro. Oltre all'apporto<br />
nutritivo, all’uovo si richiedeva <strong>un</strong> duplice effetto:<br />
quello di dare agli alimenti <strong>un</strong> bel colore<br />
dorato, al pari dello zafferano, e quello di addensare<br />
brodaglie troppo liquide.<br />
La zuppa pavese, d<strong>un</strong>que, a prescindere dalla<br />
veridicità <strong>della</strong> leggenda che ne lega l’origine alla<br />
fine del sogno italiano di Francesco I, rientra<br />
veramente nel gusto cinquecentesco, con in più<br />
<strong>un</strong> tocco da maestro che annulla i semplici simbolismi<br />
dell’età precedente. L’uovo intero, con il<br />
suo bel tuorlo cremoso affogato nella camicia di<br />
albume, racconta la fine dell’epoca dei sapori<br />
indistinti e ann<strong>un</strong>cia che l’avvenire <strong>della</strong> <strong>cucina</strong><br />
sarà nella ricerca e nella precisazione di sensazioni<br />
riconoscibili.<br />
La tecnica più antica per la preparazione <strong>della</strong><br />
zuppa pavese prevede che il brodo bollente sia<br />
rovesciato sugli altri ingredienti già disposti nella<br />
sco<strong>della</strong> individuale. Una tecnica più recente<br />
prescrive invece di preparare le singole porzioni<br />
in pirofile da forno o in piccole terrine da fuoco,<br />
per ottenere la sicura coagulazione dell’albume<br />
con <strong>un</strong> breve passaggio in forno o sulla fiamma.<br />
E’ necessario che le uova, il cui tuorlo non deve<br />
rassodare, siano freschissime.<br />
Varianti:<br />
Il pane su cui si rovescia la zuppa può essere<br />
semplicemente raffermo, tostato e/o spalmato<br />
di burro oppure fritto nel burro. Talvolta il formaggio<br />
è spolverato sul pane ancora asciutto,<br />
altre volte è cosparso in ultimo sulla zuppa già<br />
pronta o addirittura servito a parte.<br />
Rara l’aggi<strong>un</strong>ta di crescione nella sco<strong>della</strong> a<br />
fianco delle uova. Ricettari dell’inizio del nostro<br />
secolo propongono di versare sul pane, prima<br />
del brodo, <strong>un</strong> po’ di sugo di stufato. Pepe a discrezione.<br />
Abbinamenti:<br />
Saporita minestra invernale, può aprire <strong>un</strong> pasto<br />
che potrebbe continuare con carne (stracotto<br />
di bue alla mantovana, coniglio in guazzetto)<br />
o con pesce (anguille alla gardesana). Vino:<br />
Riesling Italico o Pinot dell’Oltrepò.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
ZUPPA ALLA PAVESE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
309 17,0 7,9 45,0 550 205 2,2<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
RANE FRITTE<br />
E’ <strong>un</strong> piatto interregionale, diffuso in tutte le zone nelle quali la ricchezza d’acqua garantisce<br />
<strong>un</strong> consistente approvvigionamento di batraci. La presenza delle risaie ha dato sicuramente<br />
alla Lomellina il primato regionale nella <strong>cucina</strong> delle rane.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Pesci<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura<br />
Utensili:<br />
pa<strong>della</strong> di ferro o friggitrice, schiumarola, carta<br />
assorbente<br />
Ingredienti:<br />
RANE PULITE (1200 g), UOVA (n.2), FARINA<br />
BIANCA 00 (50 g), SALE (q.b.), OLIO PER<br />
FRIGGERE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Lavare e asciugare bene le rane<br />
• Incrociare le gambe delle rane sulla schiena<br />
• Infarinarle bene e passarle nelle uova sbattute<br />
con poco sale<br />
• Scaldare bene l'olio in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> di ferro e<br />
mettervi le rane a <strong>un</strong>a a <strong>un</strong>a, tenendole<br />
staccate <strong>un</strong>a dall'altra<br />
• Rivoltarle di tanto in tanto fino alla doratura<br />
• Servirle appena scolate<br />
Note: intera o solo la coscia<br />
La discriminante, nel <strong>cucina</strong>re le rane, è tra chi<br />
ne utilizza soltanto le coscette posteriori e chi le<br />
cuoce tutte intere. La gastronomia popolare<br />
predilige la rana completa, semmai con le zampe<br />
ripiegate su se stesse, per evitare che la<br />
contrazione dei muscoli durante la cottura dia<br />
loro quell’aspetto vagamente umanoide che disturba<br />
la sensibilità di molti commensali. Una<br />
volta fritta, la rana, se è di piccole dimensioni, si<br />
sgranocchia completamente, ossa comprese,<br />
come d’uso anche con gli uccellini. La gastronomia<br />
colta invece seleziona solo le parti carnose,<br />
cioè le cosce posteriori, ma non modifica<br />
la modalità di cottura. E’ probabile che, nella<br />
sua semplicità, <strong>un</strong>a tra le più antiche ricette per<br />
friggere le rane sia quella riportata da Bartolomeo<br />
Platina nel De honesta voluptate (1474):<br />
"Si friggano nell’olio dopo averle avvolte nella<br />
farina".<br />
Varianti:<br />
L’infarinatura può essere preceduta<br />
dall’ammollo <strong>della</strong> carne per <strong>un</strong>’ora nel latte e<br />
seguita dal passaggio nell’uovo, che tuttavia la<br />
rende meno croccante.<br />
Alc<strong>un</strong>e ricette prescrivono di passare le rane in<br />
<strong>un</strong>a pastella di farina e acqua, altre di farle riposare<br />
<strong>un</strong> paio d’ore, prima <strong>della</strong> cottura, in <strong>un</strong>a<br />
marinata di vino, cui possono aggi<strong>un</strong>gersi cipolla,<br />
prezzemolo e basilico o altri aromi e spezie<br />
(in questo modo la carne perde <strong>un</strong>a parte <strong>della</strong><br />
sua delicatezza).<br />
Abbinamenti:<br />
Le rane fritte si possono gustare pienamente<br />
con <strong>un</strong> risotto bianco, condito con burro, formaggio<br />
e odore di prezzemolo. Vino aromatico<br />
ma delicato, la non com<strong>un</strong>e Malvasia<br />
dell’Oltrepò o dei Colli Piacentini; in mancanza:<br />
Riesling dell’Oltrepò.<br />
L’ingrediente: la rana<br />
E’ <strong>un</strong> anfibio <strong>della</strong> specie degli anuri, presente<br />
in Italia in molte varietà, tra cui la più com<strong>un</strong>e è<br />
la rana verde. Ha carni candide, tenere, quasi<br />
del tutto prive di grasso e d<strong>un</strong>que ottime dal<br />
p<strong>un</strong>to di vista dietetico, anche in relazione alla<br />
ricchezza di ferro e di proteine.<br />
Un tempo le rane, pescate di giorno con <strong>un</strong>a<br />
bacchetta di bambù cui è fissato <strong>un</strong> filo con l'esca<br />
(<strong>un</strong> ranino maschio) e di notte con la lampada,<br />
rappresentavano <strong>un</strong>a risorsa gratuita offerta<br />
dal territorio alla tavola <strong>della</strong> povera gente,<br />
che vi trovava <strong>un</strong> apporto proteico difficilmente<br />
sostituibile. Oggi le rane sono molto<br />
meno numerose che in passato a causa dei diserbanti<br />
impiegati nelle risaie e, sembra,<br />
dell'attuale configurazione dei terreni coltivati<br />
(perfettamente livellati) e <strong>della</strong> sistemazione<br />
razionale delle rive. Infatti la terra mossa<br />
creava pozze d'acqua più persistenti e gli<br />
zoccoli dei cavalli utilizzati nel lavoro dei campi<br />
formavano nicchie nel suolo. Cosicché<br />
attualmente le difficoltà sia di approvvigionamento<br />
sia di preparazione<br />
(spellatura e pulitura) ne fanno <strong>un</strong> cibo<br />
piuttosto costoso e non com<strong>un</strong>e, da gustarsi<br />
quasi esclusivamente al ristorante. Nella gastronomia<br />
<strong>lombarda</strong> le rane si preparano anche<br />
in frittata; in guazzetto, con burro, brodo, (aglio)<br />
e prezzemolo; in umido, con sugo di pomodoro;<br />
si utilizzano per arricchire risotti e per<br />
<strong>cucina</strong>re <strong>un</strong> brodo energetico, che in passato<br />
veniva ammannito agli ammalati, e dal quale,<br />
con l’aggi<strong>un</strong>ta di riso e prezzemolo, si ricava il<br />
noto ris e rann e, con <strong>un</strong> soffritto di verdure da<br />
rovesciare su fette di pane abbrustolito,<br />
l’altrettanto celebrata zuppa di rane.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
RANE FRITTE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
239 34,1 8,6 6,4 414 165 0,2<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
OCA CON LE VERZE<br />
Chiamata anche cassoeula (o bottaggio) o ragò d’oca, per la sostanziale corrispondenza con<br />
la cassoeula di maiale.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 90 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura, Brasatura<br />
Utensili:<br />
casseruola, trinciapollo<br />
Ingredienti:<br />
OCA (n.1 intera privata <strong>della</strong> pelle), VERZE<br />
SCURE (2 kg), BURRO (50 g), OLIO DI OLIVA<br />
(50 g), ALLORO (n.2 foglie), SEDANO (80 g),<br />
POMODORI MATURI (100 g), CIPOLLE (50 g),<br />
VINO BIANCO SECCO (200 cc), BRODO (q.b.),<br />
SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Tagliare l'oca a pezzi e rosolarla in <strong>un</strong>a casseruola<br />
con olio e burro<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere alloro, cipolla tritata e sedano a<br />
pezzetti<br />
• Lasciare imbiondire la verdura, aggi<strong>un</strong>gere il<br />
vino bianco e pomodori tagliati a filetti<br />
• Bagnare con il brodo poco salato e portare a<br />
3/4 di cottura<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere le verze e finire di cuocere<br />
• Servire quando le verze sono ben cotte<br />
Note: <strong>un</strong>'origine contesa<br />
E’ <strong>un</strong> piatto noto in tutte le zone prossime al Ticino,<br />
sia <strong>della</strong> riva <strong>lombarda</strong> sia di quella piemontese.<br />
Non è del tutto convincente la tradizione<br />
che ne lega l’origine alla <strong>cucina</strong> kasher dei<br />
ghetti di Alessandria e di Novara (che sicuramente<br />
ne incrementarono la diffusione), perché<br />
fino alla metà del secolo scorso le ricette<br />
<strong>della</strong> cassoeula prescrivevano l’impiego di carne<br />
e interiora di pollo e di altri volatili, mentre il<br />
maiale vi ha ass<strong>un</strong>to <strong>un</strong> ruolo esclusivo solo a<br />
partire dal nostro secolo.<br />
Varianti:<br />
Nelle preparazioni casalinghe l’oca non viene<br />
spellata. La carota arricchisce spesso il battuto,<br />
che alc<strong>un</strong>i ricettari consigliano di rendere più<br />
grasso con pancetta pestata.<br />
Come altri piatti tradizionali, anche l’oca con le<br />
verze può essere preparata nella versione più<br />
antica, senza pomodoro. Non è rara l’aggi<strong>un</strong>ta<br />
di costine o cotenne di maiale alla carne d’oca.<br />
Abbinamenti:<br />
Piatto <strong>un</strong>ico se completato con polenta, da abbinare<br />
a San Colombano Rosso, asciutto e con<br />
leggero retrogusto di mandorla.<br />
L’ingrediente: l’oca.<br />
In passato l'oca era <strong>un</strong>o degli animali da cortile<br />
allevati dalla gente del popolo per la produzione<br />
di grasso da impiegare come condimento, da<br />
solo o mischiato con grasso di maiale. La gastronomia<br />
d’élite invece ne ricercava il fegato<br />
per la preparazione del paté, celebrato sino dal<br />
periodo imperiale romano (i Romani nutrivano<br />
le oche con fichi per fare loro ingrossare il fegato,<br />
iecur, che diveniva così iecur ficatum, da cui<br />
il nostro fegato).<br />
Nel mondo contadino l’oca rivestiva <strong>un</strong>’importanza<br />
rituale (segnatamente negli ambiti <strong>della</strong><br />
propiziazione), che ne faceva <strong>un</strong>o degli alimenti<br />
ricorrenti in particolari festività: nel Nord <strong>della</strong><br />
Francia era ricercato per i matrimoni; in Germania<br />
e in Boemia si mangiava per San Martino<br />
(11 novembre), in Inghilterra per San Michele<br />
(29 settembre), in Lombardia per San Siro (9<br />
dicembre) e per San Silvestro, nelle Marche e in<br />
Umbria per Ognissanti.<br />
In tutta Europa costituiva <strong>un</strong>a delle attrazioni<br />
delle fiere di paese, nel cruento gioco rituale del<br />
tiro dell’oca: i giovani dovevano riuscire a staccare<br />
la testa del pennuto vivo, appeso per i piedi<br />
ai rami di <strong>un</strong> albero, saltando o passandogli<br />
sotto a cavallo.<br />
Oggi le oche sono allevate in numero limitatissimo,<br />
in Lombardia soprattutto nella zona di<br />
Mortara, e il mercato italiano si avvale per lo più<br />
di capi allevati all’estero, proponendoli come<br />
specialità, a prezzi solitamente elevati. La tradizione<br />
<strong>lombarda</strong> rischia così di perdere alc<strong>un</strong>i<br />
dei suoi monumenti gastronomici: l’oca arrosto<br />
e quella ripiena di marroni e salsiccia, con (o<br />
senza) contorno di prugne; l’oca con i fagioli<br />
borlotti <strong>della</strong> Lomellina e quella in salmì del<br />
comasco (per non parlare delle fricassee di lingue<br />
d’oche descritte dallo Scappi nella sua Opera).<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
OCA CON LE VERZE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
1539 62,6 136,2 9,7 954 21 9,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
ANATRA CON LE LENTICCHIE<br />
Tipico piatto <strong>un</strong>ico per le sere dell’ultimo aut<strong>un</strong>no o dell’inverno, <strong>un</strong>a pietanza che rientra<br />
nella com<strong>un</strong>e tipologia alla cacciatora, in cui le lenticchie, come avviene per lo zampone, hanno<br />
il compito di bilanciare la componente lipidica, fornendo abbondante intingolo per la polenta.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo di ammollo 12 ore<br />
Tempo di esecuzione: 140 minuti<br />
Tecnica di cottura: Soffrittura, Rosolatura,<br />
Stufatura<br />
Utensili:<br />
Sco<strong>della</strong> ampia, pentola, tagliere, trinciante,<br />
casseruola<br />
Ingredienti:<br />
LENTICCHIE (500 g), ANITRA (n. 1, c.a 1200 g),<br />
BURRO (50 g), CIPOLLA (n. 1), CAROTA (n. 1),<br />
SEDANO (60 g), AGLIO (<strong>un</strong>o spicchio),<br />
MARSALA (<strong>un</strong> bicchiere), SALVIA (6-7 foglie),<br />
BASILICO (4-5 foglie), BRODO DI CARNE (100<br />
ml), SALE e PEPE (q. b.).<br />
Esecuzione:<br />
• Mondare le lenticchie e metterle a bagno per<br />
<strong>un</strong>a notte intera in <strong>un</strong>a larga sco<strong>della</strong>.<br />
• Il giorno seguente, lessarle in acqua salata.<br />
• Spennare, fiammeggiare e pulire l’anatra<br />
dalle interiora, tagliando la testa e le zampe<br />
e mettendo da parte il fegato e la coratella.<br />
• Legare l’anatra con <strong>un</strong>o spaghino, perché rimanga<br />
in forma durante la cottura.<br />
• Tritare finemente la cipolla, l’aglio, il sedano<br />
e la carota e farli appassire in <strong>un</strong>a casseruola<br />
con il burro, aggi<strong>un</strong>gendovi, verso la fine,<br />
anche le interiora spezzettate.<br />
• Unire l’anatra e farla rosolare <strong>un</strong>iformemente,<br />
spruzzandola ogni tanto con marsala.<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere qualche foglia di salvia e di basilico,<br />
il sale e il pepe; bagnare con brodo e lasciar<br />
cuocere per 30 minuti.<br />
• Buttare nella casseruola le lenticchie e portare<br />
a cottura (80-90 minuti) l‘anatra, aggi<strong>un</strong>gendo<br />
altro brodo se dovesse asciugarsi.<br />
Note: le parti residuali<br />
Quasi ness<strong>un</strong>o, oggi, pensa all’utilizzo delle parti<br />
residuali di <strong>un</strong> animale come l’anatra (la testa,<br />
le zampe e le interiora) che nella <strong>cucina</strong> tradizionale<br />
erano invece utilizzate, al pari di qualsiasi<br />
altra parte commestibile. Escludendo la<br />
preparazione del nobilissimo salame di collo di<br />
anatra (o di oca; ma si faceva anche con quello<br />
del tacchino e del cappone), debitamente riem-<br />
pito con le interiora nobili, e con tutte le parti<br />
residuali (lo stomaco, le zampe opport<strong>un</strong>amente<br />
scarnite e ritagli di carne eventualmente avanzata),<br />
il collo e le zampe dell’anitra (queste ultime<br />
opport<strong>un</strong>amente scorticate con il passaggio<br />
sulla fiamma viva e lessate), possono essere<br />
aggi<strong>un</strong>ge a fianco dell’animale intero, e costituire<br />
<strong>un</strong>a vera e propria leccornia per i ghiottoni.<br />
Varianti:<br />
Talvolta al soffritto è aggi<strong>un</strong>to del prosciutto, altre<br />
volte si usano legumi diversi, soprattutto fagioli<br />
borlotti o bianchi di Spagna.<br />
L’aromatizzazione può comprendere anche rosmarino<br />
e qualche spezia (chiodi di garofano).<br />
Preparazioni simili sono usate anche per i germani<br />
e per le folaghe.<br />
Abbinamenti:<br />
Con <strong>un</strong>a bella polenta fumante costituisce piatto<br />
<strong>un</strong>ico, ma, al pari del cotechino, può essere la<br />
risorsa centrale e propiziatoria del cenone di<br />
Capodanno. Gli si affianchi <strong>un</strong> vino pieno, di<br />
gran corpo ed elevata alcolicità, come l’Oltrepò<br />
Pavese Barbacarlo o <strong>un</strong> Valtellina Superiore con<br />
qualche anno di invecchiamento.<br />
L’ingrediente: anatra e uccelli d’acqua<br />
Le anatre sono uccelli acquatici, discendenti<br />
dall’oca selvatica, dalla quale differiscono per il<br />
colore del piumaggio, per la mole (spesso considerevolmente<br />
più piccola) e perché depongono<br />
<strong>un</strong> numero superiore di uova. Una volta erano<br />
oggetto esclusivo di caccia, oggi si allevano per<br />
la produzione sia di carne che di uova. L’animale<br />
cacciato ha bisogno di qualche giorno di frollatura,<br />
quello di allevamento è subito pronto da<br />
consumare. La macellazione avviene attorno ai<br />
3 mesi di vita, quando l’animale ha raggi<strong>un</strong>to il<br />
peso di circa 1,5 kg. Le sue carni sono molto più<br />
saporite, ma anche più grasse di quelle dei<br />
volatili da cortile e, rispetto a queste, sono<br />
anche più ricche di proteine e di sali minerali. La<br />
gastronomia tradizionale, già dal XV secolo,<br />
presta molta attenzione ai volatili acquatici, con<br />
predilezione per l’anatra e per il germano reale,<br />
considerando la folaga con minore interesse, a<br />
causa del suo sapore leggermente ittico. Anatre<br />
e germani sono utilizzati per <strong>un</strong>a variante <strong>della</strong><br />
cassoeula, per gli arrosti croccanti, sia allo spiedo<br />
che in casseruola, per i salmì e, già dall’800,<br />
per accostamenti con frutta, pere, prugne o uva.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
ANATRA CON LE LENTICCHIE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
921 80,9 31,6 75,6 785 31 18,3<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
PEVERADA<br />
La peverada o salsa peperata ha origini medievali: è menzionata in <strong>un</strong> banchetto del 1148<br />
come accompagnamento alla carne di maiale ("carni porcine con piperata"). La ricetta originaria<br />
era a base di pepe, oggi sostituito dai peperoni, e spesso comprendeva altre spezie: in<br />
passato il largo impiego di queste sostanze aromatizzanti serviva per "bonificare" i cibi mal<br />
conservati e camuffarne il sapore sgradevole. Attualmente con peverada si indica <strong>un</strong>a generica<br />
salsa piccante da servire con la carne lessata.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Salse<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 30 minuti<br />
Tecnica di cottura: Ness<strong>un</strong>a<br />
Utensili:<br />
tagliere, mezzal<strong>un</strong>a o tritatutto, frullatore<br />
Ingredienti:<br />
PEPERONCINI PICCANTI (25 g), FARINA<br />
BIANCA (25 g), TUORLI D'UOVO (n.3, sodi),<br />
AGLIO (2 spicchi), CAPPERI (15 g), ACCIUGHE<br />
(n.3, diliscate), SEDANO (<strong>un</strong> pezzetto),<br />
SCORZA DI LIMONE (<strong>un</strong> pezzetto), OLIO EX-<br />
TRAVERGINE DI OLIVA (q.b.), ACETO ARO-<br />
MATICO (q.b.), NOCE MOSCATA (q.b.), SALE<br />
(q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Far tostare leggermente la farina<br />
• Tritare i peperoncini, l'aglio, il sedano, i capperi,<br />
le acciughe, la buccia di limone<br />
• Mettere tutto nel frullatore insieme alla farina<br />
e ai rossi d'uovo<br />
• Frullare diluendo con olio e aceto aromatico<br />
versandoli poco per volta.<br />
• Insaporire con la noce moscata e il pepe, regolare<br />
di sale<br />
• Frullare ancora fino ad ottenere <strong>un</strong>a salsa di<br />
consistenza soffice<br />
Note: per caratterizzare il lesso<br />
Il bollito misto, che deve risultare così tenero<br />
da poter essere tagliato con la forchetta, viene<br />
in genere servito con preparazioni dal sapore<br />
marcato che, in contrasto con il gusto delicato<br />
<strong>della</strong> carne lessa, lo caratterizzano. In tavola<br />
con la carne fumante compaiono salse di accompagnamento<br />
di varia composizione (la più<br />
com<strong>un</strong>e è quella verde), sottaceti, mostarda di<br />
frutta, che fanno perdere a questo piatto la<br />
connotazione dietetica trasformandolo in <strong>un</strong> secondo<br />
appetitoso. Anche nel Medioevo <strong>un</strong>a <strong>della</strong><br />
f<strong>un</strong>zioni delle spezie era di variare e contraddistinguere<br />
il sapore dei cibi.<br />
Varianti:<br />
La peverada può essere preparata in svariati<br />
modi: facendo bollire aceto, sugo di arrosto, li-<br />
mone, sale e pepe, e poi passando il composto<br />
al setaccio oppure semplicemente con grasso di<br />
arrosto, pepe rotto e peperoncino piccante, anch'essi<br />
bolliti insieme e poi frullati.<br />
Abbinamenti:<br />
Si serve con il lesso insieme a verdure al burro<br />
e patate bollite, dopo <strong>un</strong>a tazza di brodo caldo<br />
<strong>della</strong> carne e concludendo il pasto con frutta<br />
fresca di stagione. La versione che prevede il<br />
sugo di arrosto si accompagna anche a carni arrostite.<br />
Se accompagna carni bollite, il vino adatto è <strong>un</strong><br />
Barbacarlo dell'Oltrepò; se si abbina agli arrosti<br />
è indicato <strong>un</strong> raro Groppello Amarone, prodotto<br />
in limitata quantità su modello veneto nella zona<br />
del Garda-Bresciano.<br />
L'ingrediente: il pepe nero e il peperoncino<br />
Il pepe, conosciuto e utilizzato già da Greci e<br />
Romani, è il frutto essiccato di <strong>un</strong>a pianta rampicante<br />
originaria dell'India (tuttora il maggior<br />
produttore di pepe insieme all'Indonesia) ed è<br />
largamente diffuso in tutto il mondo costituendo<br />
<strong>un</strong> quarto del mercato mondiale delle spezie.<br />
Quello nero viene preparato facendo fermentare<br />
al sole i frutti ancora verdi per fargli sviluppare<br />
<strong>un</strong> sapore più forte, e poi seccandoli. Il colore<br />
scuro <strong>della</strong> buccia sembra essere causato da<br />
enzimi contenuti in <strong>un</strong> f<strong>un</strong>go presente in tutte le<br />
bacche di pepe, mentre il sapore piccante è dovuto<br />
alla piperina, <strong>un</strong>a sostanza alcaloide presente<br />
nell'olio essenziale del pepe.<br />
Il peperoncino proviene invece dal nuovo mondo<br />
ed è il frutto di <strong>un</strong>a pianta botanicamente affine<br />
al pomodoro, introdotta in Europa dagli<br />
Spagnoli. Le due specie più diffuse sono il Capsicum<br />
annum e il Capsicum frutescens, più piccolo<br />
e piccante. I maggiori produttori mondiali<br />
sono il Messico e l'India. Il sapore piccante del<br />
peperoncino è dovuto alla capsaicina, <strong>un</strong>a sostanza<br />
alcaloide che si accumula nel frutto durante<br />
la maturazione concentrandosi nel tessuto<br />
bianco interno al quale sono attaccati i semi.<br />
Della capsaicina sono stati isolati cinque componenti:<br />
tre causano il bruciore immediato nella<br />
gola e nella parte posteriore del palato, gli altri<br />
due provocano <strong>un</strong> bruciore prol<strong>un</strong>gato e meno<br />
intenso sulla lingua e in mezzo al palato. Il sapore<br />
piccante delle diverse specie di peperoncini<br />
sembra pertanto determinato dalla variazione<br />
nella proporzione di tali componenti.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
PEVERADA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina<br />
Fibra (g)<br />
85 3,0 6,5 3,9 242 134 0,3
FAGIOLINI ALLA PANNA<br />
Un ortaggio modesto, sovranamente dietetico, dal sapore leggero, in tutto adeguato al registro<br />
medio <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> padana; e <strong>un</strong> intingolo a base di panna, di quelli che tra ‘8 e ‘900 servirono<br />
da modello a <strong>un</strong> infinito numero di formulazioni <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> internazionale. Lo sposalizio,<br />
nella sua assoluta semplicità, segna in modo esemplare il gusto del Pavese, <strong>della</strong> Lomellina,<br />
del Lodigiano e del Milanese.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Primavera, Estate<br />
Difficoltà: Minima<br />
Tempo di esecuzione: 45 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Soffrittura<br />
Utensili:<br />
Casseruola, pa<strong>della</strong>, terrina, frusta, cucchiaio di<br />
legno.<br />
Ingredienti:<br />
FAGIOLINI (600 g), BURRO (30 g), PANNA (100<br />
g), UOVA (n. 1), FORMAGGIO PARMIGIANO<br />
GRATTUGIATO (<strong>un</strong> cucchiaio), il succo di <strong>un</strong><br />
LIMONE, SALE e PEPE (q. b.).<br />
Esecuzione:<br />
• Pulire i fagiolini dalle p<strong>un</strong>te e dagli eventuali<br />
filamenti, lavarli e lessarli in abbondante acqua<br />
salata e a recipiente scoperto, in modo<br />
che restino verdi.<br />
• Scolarli e passarli in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> in cui sia già<br />
stato sciolto il burro; rimescolare, bagnare<br />
con la panna (meno <strong>un</strong> cucchiaio) e lasciar<br />
cuocere a fuoco lento.<br />
• Rompere l’uovo in <strong>un</strong>a terrina con sale e pepe,<br />
<strong>un</strong>irvi il cucchiaio di panna conservato<br />
precedentemente, <strong>un</strong>a cucchiaiata di parmigiano<br />
grattugiato e il succo di limone, sbattendo<br />
bene con la frusta (o con <strong>un</strong>a forchetta).<br />
• Versare il composto sui fagiolini e rimescolare<br />
finché l’uovo non si sia leggermente rappreso.<br />
Servire ben caldo.<br />
Note: le salse bianche<br />
A partire dalla fine del XVII secolo la gastronomia<br />
padana, in parte debitrice verso ciò che si<br />
andava elaborando Oltralpe, come testimoniano<br />
i molti Cuochi perfezionati a Parigi pubblicati a<br />
Torino e a Milano tra ‘7 e ‘800, subisce <strong>un</strong>a sorta<br />
di tirannia delle salse coprenti o leganti. Sono<br />
pochi i piatti che riescono a sottrarsi alla copertura<br />
con salse a base di farina, sul tipo <strong>della</strong> salsa<br />
bianca e <strong>della</strong> besciamelle, in <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong>, come<br />
quella <strong>lombarda</strong>, che da sempre tributava<br />
<strong>un</strong>’attenzione esagerata alla panna e al suo utilizzo<br />
gastronomico. Tutto ciò che oggi è <strong>cucina</strong>to<br />
con la panna, nei ricettari del passato è spesso<br />
preparato con besciamella, con o senza aggi<strong>un</strong>ta<br />
di uova, secondo scelte <strong>cucina</strong>rie oggi non<br />
più adeguate ai nostri gusti e al nostro fabbisogno<br />
nutrizionale. Salse bianche: va bene, ma<br />
riducendo al minimo la panna e la stucchevole<br />
presenza <strong>della</strong> farina.<br />
Varianti:<br />
Il cuoco milanese (metà XIX sec.) riporta <strong>un</strong>a<br />
ricetta sostanzialmente identica, Fagiuoli verdi<br />
alla Poulette, con la sola aggi<strong>un</strong>ta di <strong>un</strong> soffritto<br />
di cipolla e prezzemolo. Pellegrino Artusi aggi<strong>un</strong>ge<br />
la farina alla panna, optando così per la<br />
besciamella, e serve il tutto con mandorle di<br />
pane fritto. Preparazioni nella stessa tipologia si<br />
usano anche per altri vegetali: le taccole (piselli<br />
mangiatutto), gli spinaci e le bietole, gli asparagi,<br />
i porri e persino le patate.<br />
Abbinamenti:<br />
Con primi piatti asciutti o in brodo, anche sostanziosi,<br />
e a fianco di uova o carni senza eccessi<br />
di salsa (roast-beef o arrosto tradizionale).<br />
Il vino più adatto sarà bianco (Oltrepo Pavese<br />
Pinot DOC o Lugana DOC) se i fagiolini costituiscono<br />
secondo piatto autonomo; oppure il rosso<br />
scelto per le carni, se utilizzati per contorno.<br />
L’ingrediente: la panna<br />
La panna (crema, nell’uso tradizionale) è propriamente<br />
la parte grassa del latte, in passato<br />
separata dalla parte liquida per affioramento del<br />
latte lasciato a riposare. E’ questo il sistema ancora<br />
in uso nei caseifici dove si fabbricano formaggi<br />
grassi o semigrassi, come il Grana. Oggi<br />
la panna si ricava industrialmente per mezzo di<br />
scrematrici centrifughe, che permettono <strong>un</strong><br />
tempo di separazione del grasso molto più rapido<br />
del sistema per affioramento, evitando la sua<br />
acidificazione. Il tipo in commercio (panna fresca,<br />
ovvero pastorizzata, con durabilità 4-7<br />
giorni e panna a l<strong>un</strong>ga conservazione) deve<br />
contenere almeno il 33% di sostanze grasse,<br />
fino a <strong>un</strong> massimo dell’80%. Una buona parte<br />
<strong>della</strong> panna prodotta in Lombardia è utilizzata<br />
per la produzione di formaggi e di burro. Sotto<br />
l’aspetto nutrizionale, l’apporto calorico è notevole<br />
(330 kcal per 100g) e rimarchevole è il contenuto<br />
in grassi saturi, oltre che l’apporto in colesterolo:<br />
per tale ragione, insieme al burro, è<br />
<strong>un</strong> condimento sovente demonizzato a livello<br />
dietetico, sebbene le sue caratteristiche di palatabilità<br />
e le sue proprietà leganti la rendano i nsostituibile<br />
in molte preparazioni tradizionali.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
FAGIOLINI ALLA PANNA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
194 6,2 17,0 4,4 435 69 4,1<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina
Cremona e Cremasco<br />
La provincia di Cremona, confinante a sud con l'Emilia, è<br />
delimitata a est dall'Adda e a ovest dall'Oglio. Una terra<br />
di pianura, ricca d'acqua, ampiamente sfruttata dalle<br />
coltivazioni agricole e dagli allevamenti di bovini e suini.<br />
La gastronomia del territorio è d<strong>un</strong>que legata ai prodotti<br />
dell'agricoltura, del bestiame e <strong>della</strong> lavorazione del latte.<br />
Secondo alc<strong>un</strong>i la <strong>cucina</strong> locale va distinta in cremasca,<br />
cremonese propriamente detta, e casalasca, ma<br />
le differenze tra <strong>un</strong>a e l'altra non sembrano molto significative.<br />
Fra i primi piatti, i marubini (ravioli con il ripieno di carne<br />
e pane secco biscottato) sono la preparazione più tipica,<br />
e vanno serviti in brodo, meglio se composto da tre brodi<br />
ri<strong>un</strong>iti (gallina, manzo, salame da pentola). A Crema<br />
la pasta ripiena diventa agrodolce (tortelli cremaschi)<br />
per la farcitura di amaretti, uva sultanina, buccia di limone,<br />
grana. La zucca (rinomata quella di Casalmaggiore)<br />
caratterizza altri primi piatti tradizionali<br />
come il riso e zucca e i tortelli di zucca, condivisi con i<br />
mantovani al di là dell'Oglio.<br />
Ampia e saporita è la salumeria cremonese, con specialità<br />
<strong>un</strong>iche come il salame da pentola, prodotto con carne<br />
magrissima, tanto che se ne consuma il delicato brodo di<br />
cottura. C'è poi il testoss, cotechino dalla forma irregolare,<br />
che si mangia stufato con le verze a Cremona e con<br />
la polenta a Crema. Altrettanto particolare, ma oggi assai<br />
raro, è il salame all'aglio.<br />
Nella <strong>cucina</strong> locale è rimasta memoria degli allevamenti<br />
d'oca, <strong>un</strong> tempo molto diffusi in tutto il cremonese, con<br />
le briseule ovvero le braciole d'oca, con la trippa in brodo<br />
d'oca e con il fegato grasso. Discreta la varietà dei dolci,<br />
dei quali si ricordano il bussolano di Soresina (simile a<br />
quello bresciano) e la spongarda di Cremona (analoga<br />
alla spongata emiliana).<br />
Sono però il torrone e la mostarda i prodotti simbolo <strong>della</strong><br />
gastronomia cremonese, entrambi tipici delle feste natalizie.<br />
Il primo, bianco, durissimo, con le mandorle,<br />
sembra avere origini molto antiche (torrone deriverebbe<br />
dal latino torrere, tostare). La mostarda, nelle varietà<br />
dolce e piccante, è d'obbligo la sera <strong>della</strong> vigilia accompagnata<br />
da stracchino, quartirolo o crescenza. Si<br />
confeziona con frutta intera o a pezzi, lessata e lasciata<br />
riposare in <strong>un</strong>o sciroppo di zucchero, miele, vino bianco<br />
e senape.<br />
Altra gloria <strong>della</strong> terra cremonese è l'aver dato i natali a<br />
Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, nato il 1421 a Piadena,<br />
autore del volume De honesta voluptate et valetudine<br />
(1474). Il trattato, che rappresenta il primo libro<br />
di <strong>cucina</strong> divulgato con la stampa, è <strong>un</strong>a sintesi del sapere<br />
alimentare e gastronomico dell'epoca, e riporta<br />
numerose ricette, per la gran parte dichiaratamente des<strong>un</strong>te<br />
dal De arte coquinaria di Maestro Martino.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco
PANTRID MARIDAA<br />
Più correttamente pàan triit maridàat ovvero pantrito sposato [con l’uovo] o panada = minestra<br />
di pane. Notissima minestra interregionale, appartenente alla numerosa famiglia dei<br />
pancotti, sul modello <strong>della</strong> stracciatella (in cui si impiega però semola o semolino in luogo del<br />
pangrattato). Una minestra di pangrattato (pagnotta grattugiata, brodo, burro, uova e formaggio)<br />
è descritta nell’Opera di Bartolomeo Scappi (1570) e prima ancora nel De honesta<br />
voluptate et valetudine (1474) del Platina, le cui ricette sono però des<strong>un</strong>te dal Libro de arte<br />
coquinaria di Maestro Martino (1450).<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti in brodo<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 45 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
pentola, zuppiera, frusta<br />
Ingredienti:<br />
BRODO DI CARNE (1.5-1.8 l), PAN GRATTATO<br />
(6 cucchiai), BURRO (40 g), UOVA (n.3), FOR-<br />
MAGGIO GRANA GRATTUGIATO (30 g)<br />
Esecuzione:<br />
• Bagnare il pan grattato con il brodo e lasciare<br />
riposare per circa 10 minuti<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere il burro e portare il brodo a ebollizione<br />
• Fare bollire per 15-20 minuti<br />
• In <strong>un</strong>a zuppiera sbattere le uova, aggi<strong>un</strong>gere<br />
il grana e continuando a sbattere versare il<br />
brodo bollente: la minestra deve risultare<br />
piuttosto liquida, come <strong>un</strong>a stracciatella<br />
• Servire subito<br />
Note: la consistenza del pantrid<br />
Come per molte altre preparazioni, anche per il<br />
pantrid vi sono due scuole: quella di chi pensa<br />
che questa minestra debba rimanere piuttosto<br />
liquida, quasi come <strong>un</strong>a stracciatella, con la<br />
parte solida minutamente frammentata e dispersa<br />
in maniera omogenea nel brodo; e quella<br />
di chi ritiene che il brodo debba rimanere<br />
chiaro e la panata, con appositi accorgimenti,<br />
debba raggrumarsi in grappoli di <strong>un</strong>a certa consistenza.<br />
L’effetto del primo tipo si ottiene lasciando<br />
riposare il pangrattato nel brodo freddo<br />
per 10-15 minuti, e aggi<strong>un</strong>gendovi le uova<br />
sbattute con il formaggio <strong>un</strong>a volta che la<br />
pentola abbia ripreso il bollore.<br />
La formazione dei grappoli invece si ottiene<br />
sbattendo preventivamente il pangrattato con le<br />
uova e il formaggio e rovesciando il composto<br />
nel brodo bollente per rad<strong>un</strong>arlo col mestolo nel<br />
mezzo alla pentola così che non si scomponga.<br />
Varianti:<br />
Unica variante di rilievo, l’aggi<strong>un</strong>ta di burro nel<br />
brodo al momento di rimetterlo sul fuoco per<br />
portarlo a ebollizione.<br />
Abbinamenti:<br />
E’ <strong>un</strong> primo piatto poco impegnativo, cui possiamo<br />
far seguire <strong>un</strong> secondo sostanzioso (piccioni<br />
farciti alla bresciana, pollo con i f<strong>un</strong>ghi o<br />
coniglio arrosto con patate). Dessert con biscottini<br />
di Busto e crema lodigiana. Vino: rosato<br />
dei Colli Morenici mantovani del Garda.<br />
L’ingrediente: il pangrattato.<br />
Fino all’inizio del nostro secolo (e nelle campagne<br />
per qualche decennio ancora) il pangrattato<br />
si è prodotto esclusivamente tra le pareti domestiche,<br />
riutilizzando <strong>un</strong>a parte di quel pane raffermo,<br />
eventualmente biscottato in forno, che<br />
<strong>un</strong>a tradizione strutturata sull’autoconsumo, destinava<br />
a nuova dignità trasformandolo in zuppe,<br />
in torte, in farcie. Quasi ness<strong>un</strong>o oggi trova<br />
convenienza nella preparazione del pangrattato<br />
casalingo, rispetto al quale il prodotto industriale<br />
appare più durevole e pratico e qualitativamente<br />
selezionato. I prodotti presenti sul mercato<br />
si distinguono in due varietà, l’<strong>un</strong>a, più<br />
pregiata, di sola mollica; l’altra, di recupero, ottenuta<br />
da crosta e mollica. La qualità e le componenti<br />
del pane grattugiato sono ovviamente<br />
quelle degli ingredienti del pane fresco di origine.<br />
Così se ne trovano varietà derivate da pane<br />
speciale, contenenti piccole quantità di grassi<br />
animali o di olii vegetali, tracce di latte in polvere,<br />
di zucchero etc.. Ricco di carboidrati e povero<br />
d’acqua, ha valori calorici superiori di <strong>un</strong> terzo<br />
rispetto a quelli del pane bianco fresco.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco
PANTRID MARIDAA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />
Fibra (g)<br />
159 9,1 10,0 8,0 1035 119 0,0
RISO E ZUCCA<br />
In cremonese riis e söca, è <strong>un</strong> piatto tradizionale lombardo, diffuso tanto nella versione<br />
asciutta preparato come risotto, che in quella in brodo qui proposta. Prende sapore solo dalla<br />
zucca che deve pertanto avere <strong>un</strong> gusto deciso, essere cioè molto dolce, altrimenti il piatto<br />
risulterà insipido e per nulla caratterizzato. <strong>Per</strong> tale motivo alc<strong>un</strong>i "provano" la zucca prima<br />
di procedere alla realizzazione <strong>della</strong> ricetta, cuocendone <strong>un</strong> pezzettino in forno o lessandolo.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti in brodo<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
tagliere, coltello, casseruola, zuppiera<br />
Ingredienti:<br />
ZUCCA GIALLA (400 g), RISO (200 g), BURRO<br />
(30 g), LARDO (30 g), CAROTE (n.1), CIPOLLA<br />
(n.1, piccola), SEDANO (<strong>un</strong> pezzetto), BRODO<br />
DI CARNE (1 l), FORMAGGIO GRANA GRATTU-<br />
GIATO (4 cucchiai), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Levare alla zucca la scorza, privarla dei semi<br />
e tagliarla a pezzettini<br />
• Mondare e lavare cipolla, sedano e carota;<br />
poi tritarli molto finemente con il lardo<br />
• Porre sul fuoco <strong>un</strong>a casseruola con il burro,<br />
<strong>un</strong>ire il battuto preparato e farlo soffriggere<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere la zucca e farla rosolare per alc<strong>un</strong>i<br />
minuti<br />
• Unire il brodo e dopo <strong>un</strong> quarto d'ora di bollitura<br />
mettere il riso nella casseruola<br />
• Quando la minestra sarà pronta (risulterà<br />
densa), versarla nella zuppiera, incorporarvi<br />
il grana e servire<br />
Varianti:<br />
<strong>Per</strong> la preparazione in brodo, molti ricettari<br />
suggeriscono di sostituire il brodo con latte oppure<br />
con latte e acqua nella proporzione di 3 a<br />
1; inoltre c'è chi omette del tutto il formaggio.<br />
C'è poi la versione asciutta: la zucca viene fatta<br />
"fondere" a fuoco dolce in <strong>un</strong> soffritto di cipolla<br />
e burro; dopodiché si aggi<strong>un</strong>ge il riso e si porta<br />
a cottura aggi<strong>un</strong>gendo poco per volta brodo o<br />
acqua o acqua e latte, procedendo come per <strong>un</strong><br />
risotto che a sua volta prevede varianti: la zucca<br />
non viene fatta disfare ma deve restare a<br />
cubetti, oppure viene cotta in forno e aggi<strong>un</strong>ta<br />
al riso 5 min. prima di togliere dal fuoco. Infine,<br />
alc<strong>un</strong>i suggeriscono <strong>un</strong>a grattugiata di noce<br />
moscata, altri tralasciano la cipolla.<br />
Abbinamenti:<br />
Si accompagna bene a <strong>un</strong> secondo di carne in<br />
umido, come <strong>un</strong>o stufato o <strong>un</strong>o stracotto. <strong>Per</strong><br />
equilibrare la dolcezza <strong>della</strong> zucca, il vino indicato<br />
è <strong>un</strong> bianco di solido Trebbiano, come la<br />
Lugana DOC, o <strong>un</strong> vino da tavola come il Bianco<br />
di Casteggio.<br />
L'ingrediente: il riso<br />
Originario dell'Asia, il riso fu importato in Italia<br />
dagli Arabi che lo introdussero in Sicilia nell'VIII<br />
sec. Da qui arrivò in Lombardia nel '400, grazie<br />
a Galeazzo Maria Sforza. E' <strong>un</strong>o dei cereali più<br />
diffusi del mondo e più importanti per l'alimentazione<br />
umana. La produzione del riso prevede<br />
dapprima la pulitura dei chicchi del risone (cariossidi)<br />
per eliminare polveri, terra, frammenti<br />
metallici, ecc.. Poi la sbramatura ovvero la liberazione<br />
<strong>della</strong> cariosside dalla lolla ottenendo il<br />
riso integrale o semigreggio. Quindi la sbiancatura,<br />
cioè l'eliminazione del germe e dei diversi<br />
strati che rivestono il riso integrale. Infine per<br />
rendere la superficie dei chicchi levigata, brillante<br />
e bianca si eseguono la spazzolatura, l'oliatura<br />
(si ricopre il riso con <strong>un</strong> velo sottilissimo di<br />
olio di vaselina: riso camolino) e la brillatura (si<br />
cosparge il riso con <strong>un</strong>a soluzione di glucosio e<br />
talco: riso brillato).<br />
La legge classifica in quattro grandi gruppi le<br />
varietà di riso e risone in base ad alc<strong>un</strong>e caratteristiche<br />
dei chicchi (l<strong>un</strong>ghezza, larghezza,<br />
spessore, forma, peso, ecc.):<br />
• com<strong>un</strong>e o originario: per minestre e dolci,<br />
con chicchi piccoli e cottura di 12-13 min. (varietà:<br />
Balilla, Balilla G.G., Ticinese);<br />
• semifino: per timballi, supplì, antipasti, con<br />
chicchi tondeggianti e cottura di 13-15 min.<br />
(varietà: Rosa Marchetti, Vialone Nano, Italico,<br />
Maratelli, Padano, Navile, Vitro, Lido);<br />
• fino: per risotti e contorni, con chicchi l<strong>un</strong>ghi e<br />
affusolati e cottura di 14-16 min. (varietà più<br />
importanti: Ribe, Rizzotto, Vialone, S. Andrea);<br />
• superfino: per risotti e ripieni, con chicchi<br />
grossi e l<strong>un</strong>ghi e cottura di 16-18 min. (varietà<br />
più importanti: Arborio, Carnaroli, Roma, Baldo,<br />
Razza 77).<br />
Vi sono inoltre il riso parboiled (il risone viene<br />
bagnato con acqua, trattato con vapore per diffondere<br />
verso l'interno le vitamine e i sali minerali<br />
di germe e strati più esterni aumentando la<br />
resistenza dei chicchi alla cottura e riducendo la<br />
perdita di nutrienti nelle successive fasi di raffinazione);<br />
il riso converted (simile al parboiled<br />
ma con perdite nutrizionali minori e colore più<br />
simile a quello del riso brillato); il riso a rapida<br />
cottura (si cuoce parzialmente il riso e lo si disidrata<br />
con aria calda, la cottura è ridotta a 5-8<br />
minuti); il riso arricchito (si introducono chicchi<br />
di riso, 1 su 200 in genere, imbevuti in <strong>un</strong>a soluzione<br />
vitaminica).<br />
Il riso fornisce 362 kcal per 100 g ed è ricco di<br />
carboidrati complessi (amido) e povero di grassi<br />
risultando molto digeribile. Il basso valore biologico<br />
delle sue proteine può essere aumentato<br />
abbinando il riso a legumi, latte, carni, pesci.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco
RISO E ZUCCA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />
Fibra (g)<br />
317 10,8 11,1 45,8 1305 18 1,4
MARUBINI IN BRODO<br />
Marubéen, probabilmente da marù = castagna, a causa <strong>della</strong> forma e delle dimensioni, simili<br />
a quelle dei marroni; in mantovano, agnoléen, (con questo nome già nell’Arte di ben <strong>cucina</strong>re<br />
, 1662, del mantovano Bartolomeo Stefani) forse come agnellotto o agnolotto = agnellino,<br />
per il colore e per la forma ass<strong>un</strong>ta dalla pasta <strong>un</strong>a volta farcita, che ricorda il ventre gonfio<br />
di <strong>un</strong> piccolo animale, al pari di gallotto =galletto, che Vincenzo Agnoletti (La nuovissima <strong>cucina</strong><br />
economica, 1814) attribuisce alle paste farcite bergamasche.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti in brodo<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Elevata<br />
Tempo esecuzione: 90 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Stufatura<br />
Utensili:<br />
casseruole, ciotola, matterello, tagliapasta,<br />
pentola, mestolo<br />
Ingredienti:<br />
BRODO DI CARNE (2 l), CARNE DI MANZO (250<br />
g), CARNE DI VITELLO (250 g), CARNE DI MA-<br />
IALE (250 g), FORMAGGIO GRANA GRAT-<br />
TUGIATO (100 g), UOVA (n.7), NOCE MOSCATA<br />
(5 g), PANGRATTATO (10 g), FARINA BIANCA<br />
(400 g), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Stufare la carne di manzo, lessare la cervella<br />
e arrostire il vitello e il maiale<br />
• Tritare le carni insieme passandole al tritacarne<br />
due volte<br />
• Mettere in <strong>un</strong>a ciotola, aggi<strong>un</strong>gere il grana,<br />
la noce moscata grattugiata, tre uova, il<br />
pangrattato, sale e pepe<br />
• Mescolare bene fino ad ottenere <strong>un</strong> composto<br />
omogeneo<br />
• Preparare la sfoglia impastando la farina con<br />
le quattro uova rimaste e poca acqua tiepida<br />
fino alla giusta consistenza<br />
• Stendere la sfoglia e ricavarne delle sfoglie<br />
di circa 5 cm di diametro<br />
• Disporre su metà delle sfoglie il ripieno a pallottoline,<br />
sovrapporre le altre sfoglie di pasta<br />
e premere con le dita sul bordo di ogni agnolino<br />
• Portare il brodo a ebollizione, aggiustare di<br />
sale e versare gli agnolini<br />
• Togliere dal fuoco appena cotti e servire<br />
Note: tipi di brodo<br />
E’ la pasta cremonese per le solennità, destinata<br />
ad essere cotta nel brodo. Il brodo, per essere<br />
degno dei marubini, deve essere preparato con<br />
tre tipi diversi di carne: vitello, manzo e pollo<br />
(oppure manzo, pollo e salame fresco da pentola,<br />
vanto <strong>della</strong> salumeria cremonese). <strong>Per</strong> essere<br />
più precisi, è necessario che i tre tipi di<br />
carne siano cotti separatmente e che solo in ultimo<br />
i tre tipi di brodo ottenuti siano miscelati<br />
tra loro. Niente vieta, naturalmente, di consumarli<br />
asciutti, i marubini, e allora si condiscano<br />
con burro fuso, salvia e formaggio grana grattugiato.<br />
Varianti:<br />
Nel Cremonese il ripieno dei marubini varia da<br />
paese a paese, se non da famiglia a famiglia.<br />
<strong>Per</strong> il ripieno si usano carni diverse e cervello,<br />
ma anche solo cervello o solo midollo di garetto<br />
di manzo. Variabile tra 2 e 4 il numero delle uova<br />
per il ripieno. Al condimento con sale e alla<br />
noce moscata è aggi<strong>un</strong>to talvolta pepe e prezzemolo<br />
tritato. Se l’impasto è troppo compatto<br />
si diluisce con qualche cucchiaio d’olio. Nel ripieno<br />
possono entrare anche carne di stufato<br />
alla cremonese e salamella (o salame fresco<br />
all’aglio). Nel Mantovano il ripieno conserva ancora<br />
<strong>un</strong>’idea di Rinascimento e si fa con stracotto<br />
di bue, salamelle di maiale, fegatini di pollo,<br />
rossi d’uovo, sale, pepe, zenzero, cannella e<br />
chiodi di garofano.<br />
Abbinamenti:<br />
Essendo <strong>un</strong> piatto importante, si preveda in apertura<br />
di <strong>un</strong> pranzo importante, composto, per<br />
esempio, da lepre in crosta con salsa di melagrana<br />
e da <strong>un</strong> dessert tradizionale. Vino rosato<br />
o rosso vivace, Chiaretto del Garda o Lambrusco<br />
mantovano.<br />
L’ingrediente: filologia e paste farcite<br />
Nicolò Tommaseo, nel suo vocabolario, aveva<br />
sentito il bisogno di classificare le paste farcite<br />
a seconda <strong>della</strong> forma o del tipo di ripieno, distinguendo<br />
tra tortelli, ravioli, agnellotti e cappelletti<br />
e ricercando per ciasc<strong>un</strong> tipo di pasta<br />
<strong>un</strong>a immagine che ne garantisse la riconoscibilità.<br />
Più tardi, Pellegrino Artusi, sicuramente<br />
meno esperto di sfumature semantiche rispetto<br />
al Tommaseo, ma sicuramente più padrone <strong>della</strong><br />
spianatoia e del mattarello, non si addentrò<br />
nell’intricato labirinto e preferì non pron<strong>un</strong>ciarsi<br />
esplicitamente sull’argomento, attribuendo a<br />
tutte le paste ripiene, a prescindere dalla denominazione,<br />
la forma ad anello più o meno<br />
grande, che è attribuita com<strong>un</strong>emente ai tortellini,<br />
e <strong>un</strong> ripieno prevalentemente di carne. Insomma,<br />
il patriarca <strong>della</strong> Scienza in <strong>cucina</strong> intuiva<br />
che quando si chiuda <strong>un</strong> qualche ripieno<br />
entro <strong>un</strong>a sfoglia di varia forma e dimensione, si<br />
può accettare con tranquillità la denominazione<br />
locale com<strong>un</strong>e, senza scandalizzarsi se altrove<br />
prodotti simili sono chiamati con nomi diversi o<br />
al contrario prodotti molto diversi vengano indicati<br />
con lo stesso nome. Probabilmente è nel<br />
giusto Fernanda Gosetti quando afferma che il<br />
ripieno "varia da regione a regione, come varia<br />
la forma, la quale, se da <strong>un</strong> inesperto può essere<br />
giudicata senza importanza, dai gastronomi<br />
viene invece considerata facente parte essenziale<br />
<strong>della</strong> bontà del prodotto".<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco
MARUBINI IN BRODO<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />
Fibra (g)<br />
550 49,6 16,4 53,7 1773 334 1,8
COTENNE CON FAGIOLI DELL'OCCHIO<br />
Il fagiolo dell'occhio appartiene alla specie Vigna sinensis del genere Phaseolus delle Leguminose<br />
Papilionate, ed è l'<strong>un</strong>ico fagiolo autoctono del Vecchio Mondo, essendo originario dell'Africa<br />
e dell'Asia. Consumato fin dall'antichità, quando era chiamato phaseolus, deve il nome<br />
attuale a <strong>un</strong>a macchiolina rotonda e scura presente al centro <strong>della</strong> concavità del legume.<br />
L'abbinamento con le cotenne rimanda ad <strong>un</strong> altro piatto tipico lombardo, i fagioli con le cotiche.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 200 minuti + 12 ore di<br />
ammollo<br />
Tecnica di cottura: Stufatura, Lessatura<br />
Utensili:<br />
casseruola, pentola, tegame largo e pesante,<br />
scodelline individuali<br />
Ingredienti:<br />
FAGIOLI DELL'OCCHIO (250 g), COTENNE DI<br />
MAIALE (250 g), BURRO (40 g), POMODORI<br />
PELATI (100 g), MARSALA SECCO (40 mL),<br />
ROSMARINO (1 rametto), FARINA BIANCA<br />
(q.b.), FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (30<br />
g), CROSTINI DI PANE (q.b.), SALE (q.b.), PEPE<br />
(q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Mondare i fagioli e metterli a bagno per 12<br />
ore<br />
• Scolarli, sciacquarli e metterli in <strong>un</strong>a casseruola<br />
con acqua fredda abbondante, il rosmarino<br />
e poco sale e portarli quasi a cottura<br />
• Nel frattempo scottare le cotenne in acqua<br />
bollente e poi tagliarle a striscioline larghe<br />
<strong>un</strong> dito<br />
• Infarinare le cotenne e farle rosolare nel burro<br />
in <strong>un</strong> tegame largo e pesante; regolare di<br />
sale e pepe (attenzione al dosaggio di sale:<br />
per la l<strong>un</strong>ga cottura alla fine il composto potrebbe<br />
risultare molto salato)<br />
• Quando le cotenne sono ben rosolate, bagnare<br />
con il marsala e lasciar evaporare mescolando<br />
di tanto in tanto affinché le cotenne<br />
non si attacchino sul fondo<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere i pomodori pelati e qualche cucchiaiata<br />
di acqua dei fagioli già cotti, in modo<br />
da coprire le cotenne<br />
• Far bollire molto adagio per circa 2 ore<br />
• A cottura ultimata, aggi<strong>un</strong>gere i fagioli e lasciar<br />
cuocere ancora per circa 10 minuti in<br />
modo che i sapori si amalgamino<br />
• Servire in scodelline già calde, spolverizzando<br />
di grana e accompagnando con crostini<br />
di pane<br />
Note: l'ammollo dei legumi<br />
I legumi secchi vanno lasciati a bagno in abbondante<br />
acqua fredda o tiepida eventualmente addizionata<br />
di sale o bicarbonato di sodio, per<br />
circa 12 ore.<br />
Scopo di questa preparazione è di rendere tenera<br />
la buccia dei semi e ridurre il tempo di cottura.<br />
Oltre a ciò sembra che l'ammollo determini<br />
<strong>un</strong>a maggior disponibilità e/o <strong>un</strong> aumento del<br />
contenuto di alc<strong>un</strong>i principi nutritivi, come la vit.<br />
C, il ferro, la niacina. Nel contempo, se si cambia<br />
l'acqua varie volte, si può verificare la perdita<br />
di gran parte delle sostanze contenute nei<br />
legumi che inibiscono la digestione di alc<strong>un</strong>i nutrienti<br />
o dotate di tossicità.<br />
Varianti:<br />
La variante più diffusa prevede i fagioli borlotti<br />
al posto dei fagioli dell'occhio e la cottura delle<br />
cotenne in acqua, per poi ri<strong>un</strong>ire e soffriggere in<br />
casseruola, in <strong>un</strong> trito di verdure, i due ingredienti<br />
di base, già cotti. Parte del burro può essere<br />
sostituito da lardo. Omettendo i crostini di<br />
pane e il grana, disdegnato da molti per questa<br />
preparazione, diventa <strong>un</strong> secondo piatto. Anche<br />
il Marsala è facoltativo.<br />
Abbinamenti:<br />
Un piatto forte nel sapore e nel contenuto nutritivo,<br />
che si accompagna a riso bollito o pilaff e<br />
frutta fresca di stagione, e che richiama <strong>un</strong> vino<br />
dall'odore vinoso e dal gusto denso giustamente<br />
acido-tannico come l'Oltrepò pavese Buttafuoco.<br />
L'ingrediente: le cotenne<br />
Il detto popolare "Del maiale non si butta niente",<br />
esemplificato nel trattato seicentesco Del<br />
porco e delle centodieci maniere di farne vivande<br />
del marchese bolognese Vincenzo Tanara,<br />
trova conferma nel consumo <strong>della</strong> cotenna o<br />
cotica, ovvero <strong>della</strong> pelle di questo animale. Dura<br />
e spessa, ricca di grasso, la cotenna viene<br />
utilizzata sia in salumeria sia <strong>un</strong> <strong>cucina</strong>. In salumeria<br />
come involucro di alc<strong>un</strong>i insaccati, in<br />
particolare di zampone e cotechino (cui dà anche<br />
il nome). In <strong>cucina</strong> ha impieghi antichissimi<br />
come succedaneo di grassi più pregiati e ancora<br />
oggi serve per insaporire alc<strong>un</strong>e preparazioni,<br />
come minestre, e, scaldata e grattugiata, per<br />
rivestire il fondo di brasiere e cocotte affinché<br />
durante al cottura rilasci grasso alla pietanza<br />
ammorbidendola. Inoltre la cotenna viene impiegata,<br />
con il piede di vitello, come elemento<br />
gelificante nella confezione delle gelatine. Il Tanara,<br />
nel citato trattato, suggeriva che "le cotiche<br />
a lesso cotte, misticate con cascio, a foggia<br />
di lasagne si condiscono".<br />
<strong>Per</strong> il suo elevato tenore lipidico (27% circa) e<br />
quindi calorico (oltre 600 kcal/100 g), e la sua<br />
consistenza coriacea, la cotenna è poco digeribile<br />
e va consumata saltuariamente.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco
COTENNE CON FAGIOLI DELL'OCCHIO<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />
Fibra (g)<br />
434 24,2 18,8 42,9 434 22 6,2
PARMIGIANA DI BIETOLE<br />
Si definisce parmigiana o alla parmigiana <strong>un</strong> qualsiasi preparato di verdure già cotte, passate<br />
poi in forno con <strong>un</strong> qualsiasi condimento e formaggio parmigiano. Al contrario di quanto si<br />
potrebbe credere è <strong>un</strong> piatto di origine napoletana e non emiliana; ma siccome entra nella gastronomia<br />
<strong>lombarda</strong> già dal Nuovo cuoco milanese del Luraschi (1829, Coste alla parmigiana),<br />
può vantare <strong>un</strong> largo radicamento nella regione.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Minima<br />
Tempo di esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Bollitura, Cottura al<br />
forno<br />
Utensili:<br />
Pentola, colino, teglia da forno<br />
Ingredienti:<br />
BIETOLE (500 g), BURRO (150 g), FORMAGGIO<br />
GRANA GRATTUGIATO (300 g), SUGO DI<br />
ARROSTO (100 ml), SALE e PEPE BIANCO (q.<br />
b.).<br />
Esecuzione:<br />
• Pulire le bietole, togliendo i fili dai gambi e<br />
separando i gambi dalla foglia.<br />
• Lavare con cura i gambi (le coste), quindi<br />
farli lessare in acqua salata.<br />
• Scolarli, ponendoli in <strong>un</strong> setaccio e, <strong>un</strong>a volta<br />
freddi, spremerli, senza spappolarli, per farne<br />
uscire i liquidi residui.<br />
• Sistemarli a strati in <strong>un</strong>a teglia da forno, condendo<br />
ogni strato con burro, formaggio<br />
grana grattugiato e <strong>un</strong>a spruzzata di pepe<br />
bianco.<br />
• Infornare per 20-25 minuti, avendo cura di<br />
bagnare con <strong>un</strong> po’ di sugo di arrosto ogni<br />
qualvolta dovessero asciugarsi troppo.<br />
Note: la foglia <strong>della</strong> bietola<br />
L’utilizzo dei gambi delle bietole presuppone lo<br />
scarto delle foglie verdi, che tuttavia è impensabile<br />
finissero nell’immondizia, in <strong>un</strong>a società come<br />
quella tradizionale abituata a consumare<br />
tutto ciò che potesse essere consumato. Così le<br />
foglie scartate da preparazioni gastronomiche di<br />
maggior momento, finivano nelle farciture per le<br />
torte salate, nei minestroni o in gustose minestre<br />
di riso (in Lombardia si è sempre preferito<br />
la bietola, più delicata, agli spinaci, meno adatti,<br />
per il loro sapore intenso, al carattere medio<br />
<strong>della</strong> <strong>cucina</strong> padana). Non era escluso l’uso nella<br />
farmacopea popolare, che utilizzava le foglie<br />
verdi, cotte e macerate, sotto forma di cataplasma<br />
per la cura di scottature e ascessi.<br />
Varianti:<br />
Alc<strong>un</strong>i ricettari ottocenteschi riportano la ricetta<br />
delle bietole in salsa bianca, in cui al burro fuso<br />
e al formaggio si aggi<strong>un</strong>ge <strong>un</strong> po’ di farina (e<br />
talvolta <strong>un</strong>a raschiatina di noce moscata), formando<br />
<strong>un</strong>a vera e propria salsa, prima di passare<br />
la teglia in forno o di terminare la cottura<br />
sulla fiamma. Altri mischiano al formaggio del<br />
pane grattugiato. Formulazioni più recenti prevedono<br />
che le bietole siano soffritte con cipolla e<br />
aglio, prima di essere sistemate nella teglia. In<br />
alc<strong>un</strong>i casi si consiglia la gratinatura anziché la<br />
cottura in forno.<br />
Abbinamenti:<br />
Si tratta di <strong>un</strong> secondo piatto che, pur gi<strong>un</strong>gendo<br />
da <strong>un</strong>a tradizione ormai superata, può essere<br />
correttamente ass<strong>un</strong>to in <strong>un</strong> regime dietetico<br />
moderno. Può seguire <strong>un</strong> risotto, o costituire<br />
piatto <strong>un</strong>ico assieme a <strong>un</strong> paio di uova in cereghin<br />
o a pesce di lago alla griglia. Gli si addice<br />
<strong>un</strong> vino bianco, secco e morbido, come l’Oltrepò<br />
Pavese Cortese DOC o la Lugana DOC <strong>della</strong> zona<br />
del Garda.<br />
L’ingrediente: le bietole<br />
La bietola, o bieta da costa, o semplicemente<br />
costa, è <strong>un</strong> ortaggio <strong>della</strong> famiglia delle Chenopodiacee,<br />
cioè delle barbabietole. Al contrario<br />
delle altre varietà <strong>della</strong> famiglia, di cui si utilizza<br />
la radice, <strong>della</strong> bietola si utilizzano le grandi foglie<br />
e i gambi bianchi e carnosi.<br />
Denominate anche “erbette” (in Emilia), le bietole<br />
hanno sapore delicato e solitamente si consumano<br />
dopo <strong>un</strong>a breve lessatura, nelle stesse<br />
preparazioni usate per i cardi (la bietola è chiamata<br />
anche cardonetto).<br />
Le bietole hanno modesto apporto calorico, ma<br />
sono ricche in ferro (quasi quanto gli spinaci), in<br />
potassio ed in vitamina A, oltre che di fibre facilmente<br />
digeribili.<br />
La preparazione più tradizionale è quella in gras<br />
pestàa: le coste lessate sono fatte saltare in <strong>un</strong><br />
battuto di lardo. Molto com<strong>un</strong>e la consumazione<br />
in insalata, col solo condimento di olio e succo di<br />
limone. Dalla <strong>cucina</strong> ottocentesca sono gi<strong>un</strong>te<br />
sulle nostre tavole le frittate e le frittelle (queste<br />
ultime anche in versione dolcificata) di gambi di<br />
bietola sminuzzati.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco
PARMIGIANA DI BIETOLE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />
Fibra (g)<br />
609 27,6 52,8 6,1 957 176 1,2
FIORI DI ZUCCA RIPIENI ALL’ORTOLANA<br />
Come in altre vivande, la denominazione all’ortolana indica la presenza di diversi ortaggi.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Primavera, Estate<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Cottura in forno, Lessatura<br />
Utensili:<br />
pentola, setaccio, ciotola, teglia<br />
Ingredienti:<br />
FAGIOLINI VERDI (100 g), ZUCCHINE (100 g),<br />
PATATE (150 g), FORMAGGIO GRANA GRAT-<br />
TUGIATO (50 g), BURRO (40 g), FIORI DI<br />
ZUCCA (n.12), UOVA (n.1), BASILICO (10 foglie),<br />
AGLIO (1 spicchio), OLIO DI OLIVA (2<br />
cucchiai), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Pulire e lessare le zucchine, le patate e i fagiolini<br />
• Scolarli e passarli al setaccio<br />
• Mettere il ricavato in <strong>un</strong> tovagliolo e strizzarlo<br />
bene per levare l'acqua contenuta nelle<br />
verdure<br />
• Versare il passato in <strong>un</strong>a ciotola, <strong>un</strong>ire l'uovo,<br />
l'aglio pestato col basilico, quindi il grana<br />
e il burro fuso<br />
• Salare e pepare e amalgamare bene<br />
• Riempire i fiori di zucca con l'impasto richiudendo<br />
bene i petali<br />
• Ungere i fiori di olio, accomodarli in <strong>un</strong>a teglia<br />
e passarli in forno caldo (180° C) per<br />
15-20 minuti togliendoli quando sono dorati<br />
• Servire subito<br />
Note: elogio <strong>della</strong> leggerezza e dei profumi<br />
La gastronomia popolare non disdegnava, in<br />
passato, trasformare i fiori, anche i più com<strong>un</strong>i,<br />
in alimenti talvolta raffinati. La pratica moderna<br />
ha portato a dimenticare molte ricette floreali di<br />
<strong>un</strong>a volta, di cui resta però testimonianza nei ricettari.<br />
In tutta l’Italia del Nord, ed in particolare<br />
in Lombardia, regione legata alla <strong>cucina</strong> <strong>della</strong><br />
zucca, i fiori <strong>della</strong> invadente cucurbitacea si preparavano<br />
anche fritti con la pastella (con o senza<br />
ripieno). Si friggevano inoltre i fiori di robinia<br />
e quelli di sambuco, per ricavarne frittelle e frittate,<br />
come già si legge nell’anonimo Libro per<br />
cuoco veneziano del XIV secolo. I fiori di sambuco<br />
entrano ancora oggi nella ricetta pan de<br />
mej, preparato in tutta la regione, e in quella<br />
del dolce tipico di Chiavenna, il fiurètt. Petali di<br />
rosa davano teneri riflessi e intensi profumi al<br />
rosolio e al nocino dei nostri nonni; violette can-<br />
dite ornavano biscotti e dolciumi dal sapore di<br />
altri tempi.<br />
L’elaborazione dei fiori di zucca, richiede alc<strong>un</strong>e<br />
precauzioni. Intatti e appena raccolti, devono<br />
essere trattati con estrema cura per non romperli<br />
durante il lavaggio e l’asciugatura. Unico<br />
accorgimento per la preparazione è di togliere il<br />
ped<strong>un</strong>colo esterno e il pistillo interno, che in alc<strong>un</strong>i<br />
casi risulta amaro.<br />
Varianti:<br />
Il ripieno può essere integrato con foglie di<br />
basilico o di prezzemolo, con mollica di pane<br />
ammollata nel latte o anche con prosciutto cotto<br />
tritato finissimo o salsiccia (nel qual caso l’ortolana<br />
passa in salumeria). Anziché cuocerli in<br />
forno, alc<strong>un</strong>i ricettari prescrivono di friggere i<br />
fiori, previa infarinatura o dopo <strong>un</strong> rapido bagno<br />
in pastella di farina, latte e uova.<br />
Abbinamenti:<br />
Sia come secondo sia e soprattutto come stuzzicante<br />
antipasto per <strong>un</strong>a pranzo che non preveda<br />
altre cotture in olio. Vino Franciacorta Rosato<br />
Spumante, fruttato e fragrante di lieviti.<br />
L’ingrediente: l'arte del ripieno<br />
Il riempimento di <strong>un</strong> involucro inconsistente,<br />
come quello dei fiori <strong>della</strong> zucca, tende a rinnegare<br />
la natura aerea e la leggerezza del contenitore:<br />
è <strong>un</strong>’operazione ad alta carica simbolica<br />
che riporta idealmente all’immagine dell’uovo e<br />
al meccanismo <strong>della</strong> sorpresa (come le scatole<br />
cinesi e le matrioske russe). La gastronomia alta<br />
ha saputo sfruttare con eccezionale maestria<br />
e spirito decorativo, da Apicio al Messisbugo,<br />
dallo Scappi allo Stefani, la meraviglia derivante<br />
dall’apertura di <strong>un</strong> corpo contenente <strong>un</strong> altro<br />
corpo, ripieno semmai di altre materie commestibili.<br />
La <strong>cucina</strong> popolare ha guardato invece<br />
meno alla forma e più alla sostanza e ha collaudato,<br />
nel corso dei secoli, impasti infallibili, con<br />
pochi e semplici ingredienti: pane secco, castagne,<br />
patate, formaggio, latte, uova, frutta secca,<br />
aromi, talvolta <strong>un</strong> po’ di salsiccia. Salvo alc<strong>un</strong>i<br />
esempi più elaborati, provenienti dalla tradizione<br />
principesca rinascimentale (i tortelli con<br />
la mostarda), i ripieni <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> si<br />
giocano tutti su quei pochi elementi. Sia che si<br />
tratti di riempire <strong>un</strong>a trota o <strong>un</strong>a tinca, di farcire<br />
il cappone natalizio o di fare l’impasto per i ravioli,<br />
pochi spostamenti aromatici sono sufficienti<br />
ad offrire profilo e carattere alla genericità<br />
dell’impasto di base (timo e lauro per i pesci;<br />
salvia e rosmarino per le carni; noce moscata,<br />
chiodi di garofano e cannella per le paste).<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco
FIORI DI ZUCCA RIPIENI ALL’ORTOLANA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />
Fibra (g)<br />
150 5,2 12,3 4,8 466 58 1,0
SALSA AGRODOLCE PER LESSO<br />
Questa preparazione, presumibilmente di origine medievale e già codificata ne Il nuovo cuoco<br />
milanese (1853) di Gian Felice Luraschi, sostituisce la tradizionale salsa verde come accompagnamento<br />
alla carne bollita. Caratterizzata dall'associazione di zucchero e aceto, che viene<br />
anche definita "gastrica", la salsa agrodolce è utilizzata nella <strong>cucina</strong> di molti paesi.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Salse<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 15 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
tritatutto, piccola casseruola<br />
Ingredienti:<br />
PREZZEMOLO (60 g), ACETO (70 mL), ZUC-<br />
CHERO (15 g), PASSATO DI POMODORO (100<br />
g), OLIO DI OLIVA (20 g), SALE (q.b.), PEPE<br />
(q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Tritare il prezzemolo e mescolarlo a freddo a<br />
tutti gli altri ingredienti<br />
• Far bollire il tutto per 5 minuti, servire<br />
Note: l'agrodolce<br />
La pratica di combinare nello stesso piatto due<br />
sapori contrastanti, l'agro e il dolce (dati dall'aceto<br />
e dallo zucchero o dal miele), risale alla<br />
<strong>cucina</strong> romana antica. Preparazioni agrodolci<br />
sono infatti riportate nel De re coquinaria di Apicio.<br />
Il gusto agrodolce era molto apprezzato anche<br />
nel Medioevo e nel Rinascimento, quando,<br />
in conseguenza dell'introduzione di nuovi alimenti,<br />
si creavano associazioni di ingredienti<br />
che oggi possono apparire insensate ma che<br />
allora trovavano largo consenso sia per le preferenze<br />
sensoriali del tempo sia per lo sfarzo<br />
che ostentavano. Alla carne venivano abbinati<br />
frutta secca, zucchero, spezie, formaggio, come<br />
nella tanto celebrata torta parmesana, in voga<br />
dal '300 al '600 come simbolo di alta <strong>cucina</strong> e<br />
momento clou di <strong>un</strong> banchetto. Fu la <strong>cucina</strong><br />
francese, nel '600, a mettere ordine e razionalizzare<br />
gli abbinamenti dei cibi distinguendo<br />
tra dolce e salato e influenzando in tal senso le<br />
abitudini culinarie dei paesi culturalmente dominati<br />
dalla Francia, come l'Italia. In alc<strong>un</strong>i piatti<br />
<strong>della</strong> <strong>cucina</strong> regionale italiana sono rimaste associazioni<br />
agrodolci come nei tortelli con la zucca,<br />
nelle sarde in saor, nelle cipolline in agrodolce,<br />
ecc. Tipiche preparazioni agrodolci sono<br />
le conserve di frutta all'aceto, come pure alc<strong>un</strong>i<br />
condimenti di origine esotica e introdotti in Europa<br />
dagli inglesi (mostarda dolce, chutney). In<br />
alc<strong>un</strong>i Paesi l'agrodolce è frequente in molti<br />
piatti di carne (Russia, Scandinavia, Germania e<br />
Cina).<br />
Varianti:<br />
Il passato di pomodoro non è contemplato in<br />
molti ricettari, dove è sostituito da brodo di car-<br />
ne ed è prevista l'aggi<strong>un</strong>ta di uvetta, pinoli e,<br />
talvolta, di amaretti sbriciolati e di farina per legare<br />
la salsa. Nelle indicazioni de Il nuovo cuoco<br />
milanese non si trova il prezzemolo né l'olio, sostituito<br />
dal burro, e compare poca scorza di limone.<br />
Anche il procedimento può variare: si fa<br />
caramellare lo zucchero per poi scioglierlo nell'aceto<br />
e aggi<strong>un</strong>gervi infine gli altri ingredienti.<br />
Abbinamenti:<br />
La salsa agrodolce si accompagna ai lessi e alla<br />
cotolette fredde. I vini indicati sono il Barbera e<br />
la Bonarda dell'Oltrepò, giovani e fragranti.<br />
L'ingrediente: l'aceto<br />
Utilizzato fin dall'antichità come conservante e<br />
per condimenti, salse e marinate, l'aceto, definito<br />
da Aristotele "vino putrefatto", è il prodotto<br />
<strong>della</strong> fermentazione del vino o di altri liquidi alcolici<br />
ottenuti da frutta, cereali, malto, miele.<br />
prodotti agricoli (mele, malto, barbabietola, riso,<br />
ecc.). La fermentazione avviene ad opera di<br />
particolari batteri chiamati acetici che trasformano<br />
l'alcol contenuto nel prodotto di partenza<br />
(vino, sidro, sakè, ecc.) in acido acetico, sostanza<br />
che conferisce il caratteristico sapore a<br />
questo condimento e che, per legge, deve essere<br />
presente in quantità non inferiore al 6% per<br />
l'aceto di vino e al 5% per gli altri aceti. Dal<br />
p<strong>un</strong>to di vista commerciale si distinguono aceti<br />
com<strong>un</strong>i e aceti di qualità, che hanno <strong>un</strong>'acidità<br />
uguale o maggiore al 7% e la differenza tra<br />
queste due categorie risiede nella materia prima<br />
e nella tecnica di produzione. <strong>Per</strong> gli aceti<br />
com<strong>un</strong>i vengono generalmente impiegati vini<br />
molto diluiti e già leggermente alterati, il processo<br />
di fermentazione è rapido e la maturazione<br />
nelle botti è limitata a pochi mesi cosicché gli<br />
aromi presenti e le caratteristiche sensoriali sono<br />
meno spiccati. Gli aceti di qualità provengono<br />
invece da vini sani appositamente preparati,<br />
con <strong>un</strong>a diluizione minore e quindi con <strong>un</strong>a<br />
maggior quantità di profumi e aromi, e la cui acidificazione<br />
avviene lentamente; l'aceto rosso<br />
ottenuto viene poi lasciato invecchiare in fusti di<br />
legno per sei mesi circa e poi travasato in contenitori<br />
di acciaio inossidabile per <strong>un</strong> altro periodo<br />
di invecchiamento, mentre quello bianco<br />
viene fatto "maturare" per <strong>un</strong> anno sempre in<br />
recipienti di acciaio. Durante il periodo di invecchiamento<br />
il prodotto diviene limpido e affina le<br />
proprie caratteristiche risultando più profumato<br />
e aromatico. Alc<strong>un</strong>i aceti vengono aromatizzati<br />
addizionandoli di estratti aromatici naturali di<br />
erbe (basilico, rosmarino, salvia ecc.) o di frutta<br />
(lampone, limone) e lasciandoli riposare il tempo<br />
necessario perché acquistino le caratteristiche<br />
sensoriali degli aromi aggi<strong>un</strong>ti.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco
SALSA AGRODOLCE PER LESSO<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />
Fibra (g)<br />
43 0,5 3,4 3,2 394 0 0,4
DOLCE DI GRANOTURCO<br />
Questa torta viene anche chiamata polenta dolce, non solo per la presenza <strong>della</strong> farina di<br />
mais, ma anche per la modalità di preparazione, simile app<strong>un</strong>to a quella <strong>della</strong> polenta.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Dolci, Merende<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 80 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Cott. in forno<br />
Utensili:<br />
casseruola, tortiera, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
LATTE (500 cc), FARINA DI GRANOTURCO (200<br />
g), TUORLI D'UOVO (n.3), ZUCCHERO (60 g),<br />
BURRO (120 g), AMARETTI (100 g), ZUCCHERO<br />
A VELO (50 g), CANNELLA (<strong>un</strong> pizzico)<br />
Esecuzione:<br />
• In <strong>un</strong>a casseruola portare a ebollizione il latte<br />
• Versarvi la farina gialla e far cuocere per 20<br />
minuti<br />
• Ritirare la casseruola dal fuoco e quando la<br />
polentina diventa tiepida, <strong>un</strong>ire i rossi d'uovo<br />
<strong>un</strong>o per volta, la cannella, lo zucchero, il burro<br />
e gli amaretti ridotti in polvere<br />
• Fare <strong>un</strong> impasto omogeneo e versarlo in <strong>un</strong>a<br />
tortiera imburrata<br />
• Cuocere in forno a 180° C per circa 30 minuti<br />
• Lasciare intiepidire il dolce, sformarlo, spolverizzarlo<br />
di zucchero a velo e servire<br />
Note: l'ebollizione del latte<br />
Alc<strong>un</strong>e preparazioni culinarie prevedono la bollitura<br />
del latte: questa, a differenza di quanto si<br />
crede com<strong>un</strong>emente, non avviene quando si innalza<br />
la pellicola superficiale che si forma durante<br />
il riscaldamento. Infatti tale fenomeno è<br />
dovuto alla coagulazione delle lattoalbumine e<br />
<strong>della</strong> lattoglobuline, che avviene a 70-80°C. L'ebollizione<br />
si verifica invece a 101° C, vale a dire<br />
circa 5 minuti dopo la formazione <strong>della</strong> pellicola.<br />
<strong>Per</strong>ché il latte bolla è d<strong>un</strong>que necessario rompere<br />
la pellicola mano a mano che si forma e proseguire<br />
nella cottura. Così facendo tuttavia<br />
vengono distrutte vitamine e proteine, che com<strong>un</strong>que<br />
andrebbero perse nella successiva cottura<br />
<strong>della</strong> preparazione, mentre è buona norma<br />
non bollire il latte pastorizzato destinato al consumo<br />
diretto.<br />
Varianti:<br />
La variante più diffusa prevede la preparazione<br />
<strong>della</strong> torta senza uova e impastando farina, zucchero,<br />
mandorle tritate e burro, precedentemente<br />
sciolto. L'impasto viene steso in <strong>un</strong>a tortiera<br />
imburrata e spolverizzata di pane grattugiato,<br />
e cotto in forno a 200° C per circa 40<br />
min. Il dolce così preparato, rustico e tipico<br />
<strong>della</strong> Bassa Padana, risulta piuttosto secco e<br />
pertanto adatto a colazioni e merende più che a<br />
fine pasto.<br />
Abbinamenti:<br />
E' <strong>un</strong> fine pasto delicato e morbido, che può seguire<br />
quasi tutti i piatti, ad eccezione <strong>della</strong> polenta<br />
e degli umidi. Il vino indicato è il Moscato<br />
di Casteggio Passito Liquoroso per <strong>un</strong> abbinamento<br />
importante, oppure il Verdea di S. Colombano<br />
per <strong>un</strong> abbinamento raffinato ma meno<br />
impegnativo.<br />
L'ingrediente: il granoturco<br />
Anche chiamato mais (da mahiz, nome indigeno<br />
di questo cereale, da cui deriva anche il nome<br />
botanico <strong>della</strong> pianta, Zea mais), il granoturco<br />
era conosciuto 5000 anni fa e ampiamente coltivato<br />
e diffuso presso le popolazioni precolombiane<br />
dell'America Centrale. Sembra che sia<br />
stato portato in Europa da Cristoforo Colombo,<br />
ma secondo alc<strong>un</strong>i autori l'esistenza di antichi<br />
termini italiani (méliga, granone, frumentone)<br />
fa supporre che alc<strong>un</strong>e specie di mais di origine<br />
orientale fossero state introdotte in Europa prima<br />
del 1500, seppur con scarsa fort<strong>un</strong>a. Inoltre<br />
le prime coltivazioni di granoturco furono praticate<br />
in Andalusia dagli Arabi, che lo impiegavano<br />
come foraggio e che pertanto lo conoscevano<br />
già. Il granoturco (termine che ne indica<br />
l'origine esotica) è oggi <strong>un</strong>o dei cereali di base<br />
<strong>della</strong> popolazione mondiale. In Italia è impiegato<br />
per la produzione di farina, olio, fiocchi,<br />
pop corn, mentre viene raramente consumato<br />
tal quale.<br />
Il mais fornisce 355 kcal/100 g e ha <strong>un</strong> contenuto<br />
di proteine (10% circa) di valore biologico<br />
inferiore a quelle del frumento, in quanto sono<br />
carenti di due aminoacidi essenziali (lisina e<br />
triptofano). Inoltre scarsa è la presenza delle<br />
proteine che formano il glutine, cosicché le farine<br />
di granoturco non sono adatte alla panificazione.<br />
I lipidi (circa il 4%, di cui l'80% è localizzato<br />
nel germe) sono caratterizzati da <strong>un</strong>'elevata<br />
percentuale di acido linoleico, <strong>un</strong> acido<br />
grasso essenziale. <strong>Per</strong> quanto riguarda il contenuto<br />
vitaminico, da rilevare che la niacina, scarsamente<br />
presente, si trova in forma non assimilabile<br />
dall'organismo umano. Questo fatto, <strong>un</strong>itamente<br />
alla carenza di triptofano, ha in passato<br />
determinato l'insorgenza in forma endemica<br />
<strong>della</strong> pellagra presso le popolazioni economicamente<br />
depresse delle zone montane europee<br />
che si nutrivano quasi esclusivamente di mais.<br />
Tale patologia comparve per la prima volta in<br />
<strong>un</strong>a monografia italiana del 1771 che ne descriveva<br />
la diffusione fra i mezzadri che vivevano di<br />
polenta. <strong>Per</strong> contro, gli indigeni d'America non<br />
conoscevano la pellagra quant<strong>un</strong>que la loro alimentazione<br />
fosse a base di mais, in quanto usavano<br />
trattare il cereale con sostanze alcaline<br />
che rendono la niacina assimilabile e migliorano<br />
la disponibilità relativa del triptofano.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco
DOLCE DI GRANOTURCO<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />
Fibra (g)<br />
504 9,0 27,1 59,9 52 193 1,9
Mantova<br />
La collocazione geografica e la conformazione del territorio<br />
mantovano, stretto tra Emilia e Veneto e ricco di<br />
corsi e specchi d'acqua, ne hanno caratterizzato la <strong>cucina</strong>,<br />
dissimile da quella del resto <strong>della</strong> Lombardia proprio<br />
per l'influenza delle regioni confinanti, oltre che per<br />
l'abbondanza di prodotti <strong>della</strong> pesca e dell'agricoltura.<br />
Ma è stata soprattutto la raffinata e illuminata signoria<br />
dei Gonzaga, durata quasi quattro secoli, dal 1328 al<br />
1708, a connotare, insieme agli influssi <strong>della</strong> corte estense,<br />
la <strong>cucina</strong> mantovana, definita di principi e di popolo:<br />
da <strong>un</strong>a parte i fastosi banchetti rinascimentali e le<br />
elaborate preparazioni dei cuochi di corte, dall'altra <strong>un</strong>a<br />
tavola semplice (talvolta di sopravvivenza) dettata dalle<br />
disponibilità <strong>della</strong> terra e <strong>della</strong> cascina.<br />
Le due cucine erano però in continuo contatto cosicché<br />
la prima prendeva sp<strong>un</strong>to dalla seconda, restituendole le<br />
preparazioni ingentilite nella fattura e talvolta arricchite<br />
di ingredienti rari e costosi. Non c'è infatti stata, come in<br />
molte altre corti, <strong>un</strong>a snaturazione <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> del territorio<br />
con l'uso esagerato di spezie e droghe per ostentare<br />
la ricchezza dei signori. La differenza nelle cucine risiedeva<br />
più che altro nella disponibilità delle risorse: come<br />
descrive Bartolomeo Stefani, celebre cuoco del Rinascimento<br />
al servizio dei Gonzaga nella seconda metà del<br />
'600, nel suo trattato L'arte di ben <strong>cucina</strong>re, gli ingredienti<br />
per i banchetti erano pressoché illimitati in ogni<br />
periodo dell'anno grazie all'usanza di farli arrivare a corte<br />
da tutta Italia (agrumi e verdure fuori stagione dalla<br />
Sicilia, primizie dal lago di Garda, ortaggi saporiti dalle<br />
isole dell'estuario veneziano, ecc.). In <strong>un</strong> altro capitolo,<br />
Stefani riporta invece il "vitto ordinario" ovvero la tavola<br />
del popolo: a mezzogiorno <strong>un</strong>a minestra di brodo con<br />
verdure e due piatti di carne (<strong>un</strong> arrosto o <strong>un</strong>o stufato e<br />
<strong>un</strong> bollito), la sera avanzi di carne, freddi o trasformati in<br />
polpette con l'aggi<strong>un</strong>ta di fegato o ricotta.<br />
La gastronomia mantovana, varia e completa, abbonda<br />
di riso (di cui è capitale Villimpenta), in passato impiegato<br />
come legante per i diversi tipi di biancomangiare oltre<br />
che per i risotti, numerosi e apprezzati anche oggi (il<br />
risotto alla pilota è <strong>un</strong>o dei piatti più tipici di questa <strong>cucina</strong>).<br />
Pure le paste ripiene sono ampiamente rappresentate<br />
tanto che agnolini (già codificati dallo Stefani)<br />
e tortelli di zucca sono diventati <strong>un</strong>o dei simboli <strong>della</strong> <strong>cucina</strong><br />
locale. Svariati i pesci di acqua dolce (luccio, pesce<br />
gatto, trota), mentre le carni e i relativi metodi di cottura<br />
sono più o meno quelli di tutta la Valle Padana: stufati,<br />
bolliti e arrosti di manzo, pollame, cacciagione. Particolari<br />
invece le frittate, che qui accolgono ingredienti inconsueti<br />
come il pesce fritto o i piccoli gamberetti di acqua<br />
dolce chiamati "saltarei" per la loro vivacità. Non<br />
mancano polente, insaccati, salumi. Tra i dolci, la torta<br />
sbrisolona, a base di mandorle e zucchero, è ormai<br />
popolare in tutto il territorio nazionale e deve la sua<br />
fort<strong>un</strong>a alla sua conservabilità.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
RISOTTO ALLA PILOTA<br />
Piatto popolare mantovano, servito anche alla corte dei Gonzaga e condiviso con il veronese,<br />
deve il nome agli operai addetti alla pilatura del riso, chiamati app<strong>un</strong>to "piloti" (da pila, grande<br />
mortaio dove il riso veniva separato dalle glume per mezzo di <strong>un</strong>a sorte di pestello meccanico<br />
manovrato a mano), specialisti nella preparazione del piatto e che, dato il robusto<br />
appetito procurato dal lavoro manuale, avevano l'abitudine di condire molto questo riso, raddoppiando<br />
le dosi di burro, salamelle e grana indicate nella versione attuale. E' <strong>un</strong>o dei capisaldi<br />
<strong>della</strong> <strong>cucina</strong> locale, definito impropriamente risotto perché la tecnica di preparazione è<br />
diversa, e veniva preparato nelle cascine per festeggiare il raccolto del riso.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 45 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
casseruola pesante con coperchio, foglio di carta,<br />
panno, pa<strong>della</strong>, forchetta<br />
Ingredienti:<br />
RISO VIALONE CIMA (400 g), SALAMELLE<br />
MANTOVANE (140 g), FORMAGGIO GRANA<br />
GRATTUGIATO (70 g), BURRO (70 g), SALE<br />
(q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• In <strong>un</strong>a casseruola di materiale pesante versare<br />
850 mL di acqua non troppo salata;<br />
mettere il recipiente sul fuoco<br />
• Portare a bollore e versarvi il riso facendolo<br />
scendere da <strong>un</strong> foglio di carta arrotolata ad<br />
imbuto in modo che il riso cada tutto al centro<br />
del recipiente formando <strong>un</strong>a montagnetta<br />
conica, la cui p<strong>un</strong>ta deve uscire dall'acqua di<br />
circa 1 cm (se la p<strong>un</strong>ta non uscisse dall'acqua,<br />
togliere dell'acqua con <strong>un</strong> mestolo)<br />
• Quando alza il bollore, scuotere leggermente<br />
il recipiente in modo che il riso scenda <strong>un</strong> poco<br />
e continuare la cottura su fuoco vivace per<br />
circa 12 minuti<br />
• Levare quindi la casseruola dal fuoco, coprirla<br />
e avvolgerla in <strong>un</strong> panno spesso per conservarne<br />
il calore e lasciare riposare per circa 15<br />
minuti senza più toccarlo<br />
• Nel frattempo soffriggere in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> il<br />
burro e le salamelle precedentemente pelate;<br />
lasciar rosolare schiacciando le salamelle con<br />
<strong>un</strong>a forchetta per farle sciogliere il più possibile<br />
• Aggi<strong>un</strong>gerle poi al risotto, <strong>un</strong>ire due cucchiaiate<br />
di grana, mescolare bene e servire con il<br />
restante formaggio a parte<br />
Varianti:<br />
Sono numerose. In alc<strong>un</strong>i ricettari la quantità di<br />
condimento viene definita come percentuale<br />
<strong>della</strong> quantità di riso: salamelle 40% del riso,<br />
burro 20% del riso, grana 20% del riso.<br />
Come già menzionato, la versione originale prevede<br />
<strong>un</strong>a dose doppia di condimento di quella<br />
qui riportata.<br />
La variante più conosciuta è il risotto col p<strong>un</strong>tel,<br />
vale a dire il risotto alla pilota servito con braciole<br />
o costine di maiale cotte sulla griglia oppure<br />
rosolate nel burro e piantate nel risotto sui<br />
piatti dei commensali lasciando il manico (p<strong>un</strong>tel<br />
in mantovano) all'insù: il commensale afferra<br />
con la destra la forchetta e con la sinistra il p<strong>un</strong>tel<br />
<strong>della</strong> braciola, alternando a forchettate di riso<br />
bocconi di braciola. A sua volta questo risotto,<br />
che veniva preparato quando si uccideva<br />
il maiale, prevede versione meno ricca: si prepara<br />
il riso cuocendolo alla pilota ma senza il<br />
condimento, si cuociono le braciole a parte nel<br />
burro e con il loro sugo si condisce il riso dopo<br />
averlo fatto riposare.<br />
Abbinamenti:<br />
E' <strong>un</strong> primo piatto corposo e saporito, che può<br />
da solo costituire il pasto oppure da accompagnare<br />
a <strong>un</strong> secondo vegetariano.<br />
Si accompagna bene a <strong>un</strong> Valpolicella e, tra i<br />
vini lombardi, a <strong>un</strong>a Bonarda o a <strong>un</strong> Barbera<br />
dell'Oltrepò.<br />
L'ingrediente: la salamella<br />
E' <strong>un</strong> insaccato da cuocere, tipico del mantovano<br />
ma diffuso in tutta la Lombardia. La salamella<br />
è confezionata con <strong>un</strong> impasto di carni provenienti<br />
dalla spalla, molto più magre di quelle<br />
normalmente utilizzate per la preparazione dei<br />
cotechini e dei salami da cuocere. Il condimento<br />
prevede solo sale e pepe.<br />
Data la semplicità degli ingredienti e la ridotta<br />
quantità di grasso di questo insaccato, se ne<br />
può consumare il brodo di cottura, analogamente<br />
a quanto accade nel cremonese con il salame<br />
da pentola, il cui brodo viene utilizzato come<br />
componente dei "tre brodi" dei marubini.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
RISOTTO ALLA PILOTA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
650 25,4 26,8 81,8 1337 84 1,0<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
TORTELLI DI ZUCCA<br />
Si accetta com<strong>un</strong>emente la derivazione di tortello da torta, di origine incerta, con significato<br />
simile a tortìno. Non è però da trascurare che Cristoforo Messisbugo, nel suo Banchetti, composizioni<br />
di vivande ecc. (1549), a proposito di paste farcite e chiuse ad anello, usa il termine<br />
ritortello, legando il nome alla forma piegata <strong>della</strong> pasta.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Estate, aut<strong>un</strong>no<br />
Difficoltà: Elevata<br />
Tempo esecuzione: 130 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
setaccio, terrina, matterello, tagliapasta, pentola,<br />
schiumarola, pirofila<br />
Ingredienti:<br />
<strong>Per</strong> il ripieno: ZUCCA MANTOVANA (1000 g),<br />
AMARETTI (160 g), MOSTARDA MANTOVANA DI<br />
MELE (160 g), FORMAGGIO GRANA<br />
GRATTUGIATO (180 g), BURRO (80 g), NOCE<br />
MOSCATA (q.b.), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
<strong>Per</strong> la pasta: FARINA BIANCA 00 (600 g), UOVA<br />
(n.6), SALE (q.b.)<br />
<strong>Per</strong> il condimento: FORMAGGIO GRANA<br />
GRATTUGIATO (20 g), BURRO (80 g)<br />
Esecuzione:<br />
• Aprire la zucca, pulirla dai semi, tagliarla a<br />
pezzi e cuocerla in forno moderato<br />
• Toglierla dal forno e passarla al setaccio<br />
• Disporre la purea ottenuta in <strong>un</strong>a terrina<br />
• Unire gli amaretti tritati finissimi, la mostarda<br />
sminuzzata, 160 grammi di grana,<br />
sale e pepe<br />
• Lavorare il composto fino a ottenere <strong>un</strong> ripieno<br />
ben asciutto<br />
• Con la farina, poco sale e le uova preparare<br />
la sfoglia, stenderla e tagliarla in rettangoli di<br />
circa 8 cm x 4 cm<br />
• Distribuire <strong>un</strong> cucchiaino di composto sui rettangoli<br />
di pasta e chiudere in rettangoli facendo<br />
aderire bene i bordi<br />
• Cuocere in abbondante acqua salata o, meglio,<br />
in brodo di carne (anche di dado) e condire<br />
in <strong>un</strong>a pirofila a strati con il burro fuso e<br />
il restante grana<br />
Nota: <strong>un</strong> piatto da ricorrenza<br />
Nel mantovano, i tortelli di zucca costituiscono il<br />
piatto tradizionale <strong>della</strong> vigilia di Natale, <strong>un</strong><br />
piatto classico, ereditato dalla <strong>cucina</strong> principesca<br />
rinascimentale. Non stupisce, perciò, se i<br />
cuochi più ortodossi consigliano di preparare<br />
l’impasto per il ripieno il giorno precedente e di<br />
lasciarlo riposare almeno 24 ore in luogo fresco,<br />
ma non in frigorifero, per consentire alle<br />
dissonanze originarie tra sapori dolci e salati e<br />
acidi di armonizzarsi pienamente.<br />
Varianti:<br />
La proporzione com<strong>un</strong>emente accettata per la<br />
preparazione <strong>della</strong> pasta è di <strong>un</strong> uovo per 100 g<br />
di farina. Minore accordo sulla quantità di zucca,<br />
che varia, per 4-5 persone, dai 3 kg lordi dei ricettari<br />
tradizionali ai 250 g netti di quelli più recenti,<br />
con <strong>un</strong>a prevalenza per i 2 kg lordi. Agli<br />
ingredienti fondamentali del ripieno (zucca, amaretti,<br />
mostarda mantovana, formaggio, sale,<br />
pepe e noce moscata) alc<strong>un</strong>i ricettari aggi<strong>un</strong>gono<br />
<strong>un</strong>o o due pugni di pangrattato per asciugare<br />
l’eventuale acquosità residua <strong>della</strong> zucca;<br />
altri, nel caso la zucca fosse poco dolce, ne rinforzano<br />
il gusto con grappa, cognac o rum, oppure<br />
con zucchero, marmellata di prugne, cedro<br />
candito o mostarda di Cremona. Non è rara l’aggi<strong>un</strong>ta<br />
di scorza e/o succo di limone. L’impasto<br />
è spesso amalgamato con <strong>un</strong> uovo. Il condimento<br />
tradizionale (burro fuso e formaggio) è<br />
talvolta insaporito con qualche foglia di salvia.<br />
In alc<strong>un</strong>e località <strong>della</strong> Bassa Mantovana si segnala<br />
<strong>un</strong> condimento più recente, a base di burro,<br />
cubetti di lardo soffritto e conserva di pomodoro<br />
con parmigiano.<br />
Abbinamenti:<br />
Piatto importante per occasioni importanti. Può<br />
precedere, come nella tradizione mantovana, il<br />
cappone farcito e la torta sbrisolona. Si abbina<br />
con la Lugana dei colli bresciani, sapida e insieme<br />
morbida e delicata.<br />
L'ingrediente: la zucca.<br />
Originaria dell'America meridionale e gloria <strong>della</strong><br />
terra mantovana, la zucca è il frutto di <strong>un</strong>a<br />
pianta erbacea <strong>della</strong> famiglia delle Cucurbitacee,<br />
genere Cucurbita maxima. Delle numerose<br />
varietà coltivate, la più diffusa e saporita è la<br />
"Marina di Chioggia", la cui superiorità qualitativa<br />
rispetto alle altre zucche è massima a piena<br />
maturità.<br />
La zucca è <strong>un</strong>o degli ortaggi costantemente presenti<br />
nell’orizzonte <strong>della</strong> gastronomia <strong>lombarda</strong>.<br />
Gli stessi mantovani, oltre che per i tortelli, la<br />
usano per gli gnocchi, per <strong>un</strong> tortino e per i turtei<br />
sguazzarott. E’ <strong>un</strong> ortaggio da tutto pasto.<br />
Difatti nella regione si preparano <strong>un</strong> minestrone<br />
di zucca, attribuito com<strong>un</strong>emente al territorio<br />
milanese, ma diffuso <strong>un</strong> po’ ov<strong>un</strong>que, la minestra<br />
di latte e zucca con fagioli e i turtej dolci<br />
de züca marina in Brianza e il ris e züca baruca<br />
nel cremasco. Da non dimenticare, inoltre la<br />
frittura di zucche che il Dubini, per i suoi stomachi<br />
deboli, prepara con <strong>un</strong>a solida impanatura e<br />
spolverizza di zucchero, come <strong>un</strong> dolce rustico.<br />
Dal p<strong>un</strong>to di vista nutrizionale la zucca è caratterizzata<br />
da <strong>un</strong> elevato contenuto di vit. A,<br />
mentre l'apporto calorico è modesto (18<br />
kcal/100 g).<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
TORTELLI DI ZUCCA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
844 33,1 33,2 110,2 706 263 4,2<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
TIMBALLO DI FETTUCCINE CON PICCIONE<br />
Il termine timballo proviene dal francese timbale, a sua volta dallo spagnolo atabal, di derivazione<br />
araba, che indica <strong>un</strong>o strumento musicale semisferico, cui somigliava lo stampo originario<br />
per questa preparazione. Oggi invece lo stampo ha svariate forme e con tale termine<br />
si intendono tutti i piatti composti da pasta o riso, eventualmente avvolti da pasta frolla o<br />
brisée, generalmente conditi a strati e cotti in forno in recipienti di varia forma e dimensione.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Elevata<br />
Tempo esecuzione: 160 minuti<br />
Tecnica di cottura: Stufatura, Cottura al<br />
forno<br />
Utensili:<br />
tagliere, coltello per disossare, casseruola, padelle,<br />
pentola, scolapasta, pentolino, cucchiaio<br />
di legno, ciotola, stampo da timballo, matterello<br />
Ingredienti:<br />
FETTUCCINE (350 g), PICCIONI NOVELLI (n.5),<br />
SEDANO (50 g), CIPOLLA (120 g), BURRO (100<br />
g), OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA (50 g),<br />
SEDANO RAPA (50 g), POMODORI MATURI (50<br />
g), VINO BIANCO (60 mL), FORMAGGIO GRANA<br />
GRATTUGIATO (100 g), ALLORO (1 foglia),<br />
ROSMARINO (1 rametto), PASTA BRISÉE (400<br />
g), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
<strong>Per</strong> la besciamella: LATTE (500 ml), BURRO (50<br />
g), FARINA (30 g), NOCE MOSCATA (q.b.),<br />
SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Pulire bene i piccioni e disossarli; lasciare da<br />
parte i petti<br />
• Tagliare le altre parti a julienne e farle rosolare<br />
con il burro e l'olio, la cipolla, il sedano e<br />
il sedano rapa, anch'essi tagliati a julienne<br />
• Bagnare con il vino bianco, farlo evaporare e<br />
aggi<strong>un</strong>gere i pomodori, sale, pepe, il rosmarino<br />
e l'alloro; lasciare cuocere per 30 minuti<br />
• Cuocere nella pa<strong>della</strong> i petti di piccione con il<br />
restante burro, salarli e tenerli da parte perché<br />
serviranno per guarnire il timballo<br />
• Preparare la besciamella<br />
• Cuocere le fettuccine al dente e saltarle in<br />
<strong>un</strong>'altra pa<strong>della</strong> con la besciamella<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere il grana e metà del sugo di piccione<br />
• Imburrare <strong>un</strong>o stampo da timballo e foderarlo<br />
con 3/4 <strong>della</strong> pasta brisée<br />
• Disporre metà delle tagliatelle pasticciate<br />
nello stampo lasciando <strong>un</strong> buco in mezzo,<br />
dove va versato il restante sugo<br />
• Ricoprire con le restanti tagliatelle e chiudere<br />
con la pasta brisée<br />
• Cuocere in forno caldo (180°C) per 35 minuti<br />
• Sformare su <strong>un</strong> piatto di portata, disporre sul<br />
timballo i petti di piccione e servire<br />
Note: la pasta brisée<br />
La pasta brisée è disponibile già pronta, ge -<br />
neralmente surgelata. Se si preferisce prepararla<br />
in casa si tenga presente che per ottenere<br />
<strong>un</strong> impasto non troppo friabile, facile da lavorare,<br />
la proporzione tra farina e burro o margarina<br />
deve essere di 2:1. Un altro accorgimento<br />
importante riguarda la successione degli ingredienti<br />
da incorporare: dapprima vanno amalgamati<br />
la farina e il burro fino ad avere <strong>un</strong> composto<br />
dalla struttura sabbiosa, poi si aggi<strong>un</strong>gono<br />
l'acqua e le uova. In questo modo la<br />
pasta assume la tipica consistenza, finemente<br />
granulosa, caratterizzata dalla mancanza di elasticità.<br />
Prima di utilizzarla, la pasta brisée va lasciata<br />
riposare in frigorifero per 30 min. Si ricorda<br />
che per ottenere <strong>un</strong>a sfoglia rotonda dopo<br />
ogni colpo di matterello si deve girare la pasta<br />
di circa 1/8 di giro, mentre per avere <strong>un</strong>a sfoglia<br />
quadrata la si ruota di 1/4 di giro.<br />
Varianti:<br />
Il piatto accoglie volentieri qualche fettina di<br />
tartufo che va disposta sul primo strato di fettuccine.<br />
Le fettuccine possono essere sostituite<br />
da maccheroni. Alc<strong>un</strong>i ricettari consigliano di<br />
cuocere qualche fegatino di pollo insieme ai piccioni.<br />
In mancanza dei piccioni si può utilizzare<br />
<strong>un</strong> pollo novello.<br />
Abbinamenti:<br />
E' <strong>un</strong> piatto <strong>un</strong>ico completo che ha bisogno di<br />
essere integrato solo da <strong>un</strong>'insalata verde e da<br />
<strong>un</strong> dessert a base di frutta fresca.<br />
Il vino indicato è l'Amarone.<br />
L'ingrediente: la pasta in Lombardia<br />
La Lombardia, terra di riso, conosce la pasta<br />
presumibilmente già nel tardo Medio Evo. I primi<br />
documenti che testimoniano l’esistenza di<br />
questo prodotto, cui si attribuisce <strong>un</strong>a provenienza<br />
meridionale, sono nell’Archivio di Stato<br />
<strong>della</strong> Repubblica Genovese e risalgono al XIII<br />
sec. In <strong>un</strong>o di questi documenti si parla di<br />
maccheroni, mentre in <strong>un</strong> altro di lasagne e “lasagnari”.<br />
Data la vicinanza <strong>della</strong> Liguria con la<br />
Lombardia è lecito pensare che anche in questa<br />
regione la pasta era presente fin da allora. Le<br />
prime ricette di pasta codificate risalgono com<strong>un</strong>que<br />
al Rinascimento, nel Libro de arte coquinaria<br />
di Maestro Martino da Como, da cui il<br />
Platina des<strong>un</strong>se le preparazioni di pasta che incluse<br />
nel De honesta voluptate et valetudine.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
TIMBALLO DI FETTUCCINE CON PICCIONE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
1264 72,2 69,7 90,7 933 199 3,8<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
MACCHERONI ALLA GONZAGA<br />
Inusuale ricetta seicentesca <strong>della</strong> corte dei Gonzaga che prevede l'impiego <strong>della</strong> frutta secca<br />
per condire la pasta. Il piatto fu presumibilmente ideato da Bartolomeo Stefani, di origine bolognese,<br />
cuoco maggiore del Duca di Mantova per molti anni e autore dell'Arte del Cucinare,<br />
pubblicato del 1662. Oltre alla "stravaganza" del condimento a base di frutta secca, c'è <strong>un</strong> altro<br />
aspetto di questa ricetta degno di nota: la presenza dei maccheroni, che all'epoca in Lombardia<br />
era poco diffusa.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 30 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
mortaio, pestello, pentolino, pentola, scolapasta,<br />
cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
MACCHERONI (350 g), UVA SECCA SULTANINA<br />
(30 g), SCORZA DI LIMONE (10 g, solo la parte<br />
gialla), MANDORLE (60 g), NOCCIOLE (60 g),<br />
BASILICO (20 foglie), NOCE MOSCATA (<strong>un</strong> pizzico),<br />
CANNELLA (<strong>un</strong> pizzico), BRODO (1/2 tazza),<br />
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA (10 g),<br />
BURRO (30 g), FORMAGGIO GRANA GRAT-<br />
TUGIATO (2 cucchiai), SALE (q.b.), PEPE<br />
ROSSO e NERO (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Pestare nel mortaio l'uva sultanina, la scorza<br />
di limone, le mandorle, le nocciole e il basilico<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere la noce moscata, il pepe e la<br />
cannella; ridurre tutto in pasta e sciogliere<br />
con l'olio, il burro e il brodo<br />
• Mettere la salsa in <strong>un</strong> pentolino e porre su<br />
fuoco leggero<br />
• Salare e far prendere consistenza alla salsa<br />
senza farla bollire<br />
• Cuocere i maccheroni al dente e condirli con<br />
la salsa<br />
• Cospargere con il grana e servire<br />
Nota: mortaio e pestello<br />
Il mortaio, che può essere di bronzo, pietra o<br />
legno, è lo strumento più indicato per pestare<br />
erbe aromatiche e frutta oleosa. Con questo<br />
metodo infatti si estraggono dagli ingredienti<br />
tutte le sostanze aromatiche senza alterarne il<br />
sapore. Spesso invece nella preparazione odierna<br />
di alc<strong>un</strong>i tipi di salse e battuti, mortaio e pestello<br />
vengono sostituiti dal tritatutto o dal frullatore<br />
per velocizzare l'operazione. La qualità<br />
sensoriale del prodotto ottenuto con l'elettrodomestico<br />
risulta però compromessa: il rapido<br />
movimento rotatorio delle lame provoca <strong>un</strong>a volatilizzazione<br />
di molti aromi e scalda il composto<br />
alterandone il sapore. Un vantaggio invece del<br />
frullatore e del tritatutto, oltre il risparmio di<br />
tempo, è la miglior consistenza <strong>della</strong> preparazione<br />
che risulta ben amalgamata, quasi cremosa,<br />
poiché gli ingredienti vengono frantumati<br />
molto più finemente che con il mortaio.<br />
Varianti:<br />
Oltre ai maccheroni, anche tutti gli altri formati<br />
di pasta corta sono adatti a questo condimento.<br />
Il composto può essere amalgamato e ammorbidito<br />
con ricotta fresca di vacca, precedentemente<br />
stemperata con acqua di cottura <strong>della</strong><br />
pasta. In questo modo inoltre la salsa diventa<br />
cremosa legandosi meglio alla pasta.<br />
Abbinamenti:<br />
E' <strong>un</strong> primo piatto dal gusto particolare, leggermente<br />
dolce, che si accompagna bene alla carne<br />
arrostita, meglio se di selvaggina, e a verdure<br />
cotte nel forno.<br />
Il vino di accompagnamento è <strong>un</strong> Chiaretto del<br />
Garda.<br />
L'ingrediente: l'uva passa<br />
Prodotta nei paesi del bacino del Mediterraneo,<br />
in Medio Oriente, in Australia e in California, l'uva<br />
passa si ottiene dalle varietà di uva più zuccherine<br />
e con pochi semi. L'uva viene essiccata<br />
al sole o investendola di aria calda, dopo averla<br />
eventualmente ammollata in <strong>un</strong>a soluzione alcalina<br />
bollente. <strong>Per</strong> prol<strong>un</strong>garne la conservazione,<br />
l'uva passa viene trattata con anidride<br />
solforosa (E220), <strong>un</strong> additivo che inibisce l'attività<br />
batterica e i processi di imbr<strong>un</strong>imento.<br />
Le principali varietà di uva passa comprendono:<br />
uva sultanina, molto piccola, priva di semi; uva<br />
di Corinto, piccola, di colore scuro e senza semi,<br />
viene anche impiegata per la produzione di vino;<br />
uva di Smirne (Turchia) o di Malaga (Spagna),<br />
più grandi ma meno dolci delle precedenti;<br />
uva Zibibbo, molto zuccherina e senza semi,<br />
è la più pregiata.<br />
E' molto utilizzata in pasticceria per torte, guarnizioni,<br />
biscotti, pani dolci, budini, l'uva passa è<br />
impiegata anche in <strong>cucina</strong> per farcire volatili,<br />
per la preparazione di paté, per alc<strong>un</strong>i piatti<br />
agrodolci <strong>della</strong> tradizione regionale italiana e in<br />
molte ricette orientali. Rispetto al prodotto fresco,<br />
l'uva secca, avendo perso il 90% dell'acqua,<br />
ha <strong>un</strong> maggior contenuto di energia (283<br />
kcal per 100 g) e di zuccheri.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
MACCHERONI ALLA GONZAGA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
603 17,5 29,7 71,0 540 24 6,2<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
BIGOLI CON LE SARDELLE<br />
Nel dialetto il termine bigolo significa cavicchio, paletto, ed è spesso usato come metafora<br />
sessuale e, conseguentemente, come epiteto offensivo rivolto a persone poco sveglie. In <strong>cucina</strong>,<br />
i bigoli sono <strong>un</strong>a sorta di grossi spaghetti fatti in casa con pasta all’uovo lavorata al torchio,<br />
tipici <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> mantovana, bresciana e veneta. Erano in passato <strong>un</strong> piatto tra i più<br />
apprezzati, tanto che andare a bigoli è locuzione entrata nell’uso per andare a pranzo.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Minima<br />
Tempo di esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Bollitura, Soffrittura<br />
Utensili:<br />
Pentola, tegame, cucchiaio di legno<br />
Ingredienti:<br />
BIGOLI (400 g), SARDELLE FRESCHE (200 g),<br />
OLIO DI OLIVA (50 g), AGLIO (<strong>un</strong>o spicchio),<br />
SALE (q. b.).<br />
Esecuzione:<br />
• Pulire i pesci dalle squame, dalle interiora e<br />
dalle lische; lavarli accuratamente e asciugarli.<br />
• Mettere sul fuoco la pentola con abbondante<br />
acqua salata e non appena bolle buttarvi la<br />
pasta.<br />
• Mentre la pasta cuoce, mettere sul fuoco <strong>un</strong><br />
tegame con l’olio e lo spicchio d’aglio leggermente<br />
schiacciato e far rosolare a fiamma<br />
dolcissima.<br />
• Togliere l’aglio, porre nel tegame le sardelle,<br />
spappolandole con la forchetta e portarle a<br />
cottura senza mai far friggere l’olio.<br />
• Scolare i bigoli al dente e condirli con il sugo.<br />
Note: bigoli fatti in casa<br />
Oggi i bigoli si possono acquistare già pronti nelle<br />
zone che ne vantano la tradizione. Chi avesse<br />
a disposizione <strong>un</strong> torchio a piastra con fori larghi<br />
e volesse cimentarsi a farli in casa, può utilizzare<br />
le seguenti dosi, avendo l’avvertenza di<br />
prepararli il giorno precedente alla consumazione.<br />
• Impastare 600 g di farina di grano saraceno<br />
(o di farina integrale) con due uova intere,<br />
50 g di burro ammorbidito, 200 ml di latte e<br />
<strong>un</strong> pizzico di sale.<br />
• Lavorare l’impasto finché non sia ben liscio e<br />
omogeneo e farlo riposare per almeno mezzora.<br />
• Passare l’impasto al torchio e disporre i bigoli,<br />
ben allargati, su <strong>un</strong> vassoio ricoperto con<br />
<strong>un</strong>a salvietta infarinata, sulla quale dovranno<br />
asciugarsi per 24 ore.<br />
Varianti:<br />
La pasta può anche essere di farina bianca. Alc<strong>un</strong>e<br />
formulazioni utilizzano quattro uova ed escludono<br />
altri liquidi leganti. Alle sardelle si possono<br />
sostituire acciughe, sia fresche che dissalate.<br />
In quest’ultimo caso, invece dell’aglio, si<br />
usa <strong>un</strong> soffritto di cipolla.<br />
Abbinamenti:<br />
Come primo piatto può aprire <strong>un</strong> menù interamente<br />
di pesce. Aumentando la quantità di sardelle<br />
può diventare piatto <strong>un</strong>ico. E’ da escludere,<br />
in qualsiasi caso, l’uso di formaggio grattugiato.<br />
Vino bianco Tocai di San Martino <strong>della</strong><br />
Battaglia DOC o Valcalepio bianco DOC.<br />
L’ingrediente: il pesce di mare fresco e salato<br />
La <strong>cucina</strong> tradizionale <strong>lombarda</strong> accoglie pochissime<br />
formulazioni con pesce di mare fresco, per<br />
la difficoltà di approvvigionamento <strong>della</strong> materia<br />
prima, in passato molto avvertita nelle zone più<br />
interne o lontane dai fiumi navigabili. Salvo le<br />
anguille che, pur essendo pesci d’acqua salata<br />
risalgono la corrente dei fiumi, i piatti con pesce<br />
di mare si contano sulle dita delle mani e provengono<br />
quasi tutti dalla tradizione borghese<br />
ottocentesca: il merluzzo o le aringhe con la<br />
salsa bianca, la frittura di sardelle, la sogliola in<br />
insalata o il risotto alla certosina, in cui tal<strong>un</strong>i<br />
fanno entrare la sogliola al posto del persico.<br />
Era più frequente il consumo del pesce di mare<br />
conservato sotto sale. I venditori ambulanti, di<br />
pesce salato, provenienti soprattutto dalle valli<br />
sud-occidentali del Piemonte, raggi<strong>un</strong>gevano<br />
anche i paesi più isolati dei rilievi prealpini. Il<br />
merluzzo salato (o baccalà), il merluzzo essiccato<br />
senza sale (stoccafisso), le sardelle, le alici e<br />
le aringhe erano, tra i pesci in barile, i più diffusi,<br />
tanto da generare il modello locale degli agoni<br />
di lago seccati e salati (missoltini). Proverbiale,<br />
nella descrizione di <strong>un</strong> panorama di miseria<br />
e di fame, era la polenta e tuca-là, la fetta di<br />
polenta strofinata sull’aringa posta al centro<br />
<strong>della</strong> tavola. Col baccalà si preparava lo sformato<br />
alla certosina, il baccalà in umido o quello<br />
con le verze. Le aringhe si arrostivano sulla brace,<br />
<strong>un</strong>a volta rinvenute in acqua tiepida; le sarde<br />
e le alici entravano a insaporire molti piatti,<br />
alla stregua degli attuali dadi di glutammato.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
BIGOLI CON LE SARDELLE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
453 14,5 20,9 55,2 596 57 1,3<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
STRACOTTO DI BUE ALLA MANTOVANA<br />
In origine era bue, oggi invece la ricetta prevede carne di manzo. Infatti il bue, ovvero il bovino<br />
castrato che ha superato i 4 anni e mezzo, è pressoché scomparso, essendo stato sostituito<br />
dalle macchine nella sua f<strong>un</strong>zione di forza motrice per la lavorazione del terreno.<br />
L’animale viene quindi macellato prima, quando è definito manzo. <strong>Per</strong> tale motivo la carne di<br />
bue, quant<strong>un</strong>que molto aromatica e gustosa per le infiltrazioni intramuscolari di grasso (marezzatura)<br />
, è diventata molto rara. Ma se si riesce a reperirla, senza dubbio va preferita al<br />
manzo in questa preparazione.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 330 minuti<br />
Tecnica di cottura: Stufatura<br />
Utensili:<br />
casseruola di ghisa con coperchio, foglio di carta<br />
pergamenata, piatto fondo, stecca per lar<strong>della</strong>re,<br />
tagliere<br />
Ingredienti:<br />
CARNE PER STRACOTTO (1 kg), AGLIO (2 spicchi),<br />
LARDO (30 g), FARINA BIANCA (q.b.),<br />
BURRO (30 g), SEDANO (1 costa), CAROTE<br />
(120 g), CIPOLLA (120 g), BRODO DI CARNE (1<br />
tazza), VINO BIANCO o ROSSO SECCO (2 bicchieri),<br />
SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Affettare grosso l'aglio e 20 g di lardo<br />
• Steccare la carne con i pezzi d'aglio e di lardo;<br />
salarla e infarinarla<br />
• Sciogliere il burro con il lardo in <strong>un</strong>a casseruola<br />
di ghisa; aggi<strong>un</strong>gere la carne e rosolare<br />
• Unire il sedano, la carota e la cipolla affettati;<br />
bagnare con il brodo, coprire e far cuocere<br />
per circa 30 minuti<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere il vino, abbassare le fiamma e<br />
coprire la casseruola prima con <strong>un</strong> foglio di<br />
carta pergamenata e poi con <strong>un</strong> piatto fondo<br />
pieno d'acqua (l'acqua fa condensare più celermente<br />
il vapore acqueo prodotto dallo stufato<br />
e a farlo ricadere sulla carne mantenendola<br />
sempre umida)<br />
• Far cuocere per 5-6 ore.<br />
Note: il recipiente di ghisa<br />
La brasiera di ghisa è il recipiente ideale per<br />
stufati, brasati e stracotti, ovvero per le preparazioni<br />
che richiedono <strong>un</strong>a cottura prol<strong>un</strong>gata e<br />
a fuoco lento. La ghisa infatti è caratterizzata da<br />
<strong>un</strong>a bassa conducibilità termica f<strong>un</strong>gendo da<br />
termoregolatore: pentole e casseruole di questo<br />
materiale riescono ad immagazzinare il calore<br />
distribuendolo in modo <strong>un</strong>iforme e lentamente<br />
su tutte le pareti del recipiente, moderando gli<br />
effetti del contatto diretto con la fiamma. In<br />
passato la ghisa era molto diffusa, fino all’avvento<br />
di materiali di più facile lavorazione e<br />
manutenzione e maggior maneggevolezza, come<br />
l’alluminio e l’acciaio inossidabile. Oggi tuttavia<br />
la ghisa è tornata ad essere popolare sia<br />
per la maggiore attenzione che viene riservata<br />
ai materiali in relazione alla modalità di cottura,<br />
sia perché è diventata meno aggredibile dalla<br />
ruggine grazie a speciali trattamenti. Spesso<br />
inoltre la ghisa è smaltata: quant<strong>un</strong>que ciò renda<br />
il recipiente semplice da lavare e da conservare,<br />
presenta alc<strong>un</strong>i inconvenienti poiché può<br />
far aderire sul fondo del recipiente gli alimenti<br />
durante la cottura e far crepare la ghisa qualora<br />
il pentolame cada su <strong>un</strong>a superficie dura o venga<br />
scaldato senza contenuto. In mancanza <strong>della</strong><br />
brasiera di ghisa, lo stracotto può essere <strong>cucina</strong>to<br />
in <strong>un</strong>a casseruola a fondo spesso.<br />
Varianti:<br />
Secondo alc<strong>un</strong>i, allo stracotto si può evitare la<br />
rosolatura iniziale facendo semplicemente “sudare”<br />
il pezzo di carne senza farlo colorire: in<br />
questo modo vino e brodo vengono meglio assorbiti<br />
dalla carne. Oltre ad aglio e lardo, nelle<br />
incisioni praticate sulla carne per steccarla si<br />
possono inserire <strong>un</strong> chiodo di garofano e <strong>un</strong>a foglia<br />
di salvia. Le verdure possono essere lasciate<br />
intere per passarle al setaccio a fine cottura<br />
insieme all’intingolo.<br />
Abbinamenti:<br />
Lo stracotto si sposa bene alla polenta o al puré<br />
di patate diventando <strong>un</strong> piatto <strong>un</strong>ico da accompagnare<br />
a verdura bollita o a <strong>un</strong>’insalata verde.<br />
Un dessert al cucchiaio completa il pasto. Si<br />
serve con <strong>un</strong> Barbacarlo dell'Oltrepò o <strong>un</strong> Inferno<br />
<strong>della</strong> Valtellina.<br />
L’ingrediente: la carne da stracotto<br />
Questa modalità di cottura, intermedia tra l'arrosto<br />
e il bollito, lenta e dolce, è molto indicata<br />
per le carni meno tenere e consente di ottenere<br />
<strong>un</strong> equilibrio di sapori tra il pezzo di carne e il<br />
fondo di cottura, sempre molto ricco e aromatico.<br />
Si possono pertanto utilizzare i tagli ricchi di<br />
connettivo e cartilagini, poco pregiati per le cotture<br />
veloci. <strong>Per</strong>fetti sono quelli piu` magri di 2°<br />
categoria (cappello da prete, fusello, fesone di<br />
spalla, collo, geretto anteriore, geretto posteriore,<br />
aletta) che, opport<strong>un</strong>amente disossati e<br />
lar<strong>della</strong>ti, diverranno morbidi. Infatti la cottura<br />
lenta a bassa temperatura e a calore umido intenerisce<br />
la carne e nel contempo scioglie il lardo,<br />
il tessuto connettivo e le cartilagini ammorbidendo<br />
ulteriormente lo stracotto. I tagli adatti<br />
allo stracotto sono indicati anche per stufati,<br />
brasati e umidi, essendo tutte preparazioni accom<strong>un</strong>ate<br />
dal medesimo metodo di cottura,<br />
tanto che tali termini sono spesso sinonimi dello<br />
stesso piatto.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
STRACOTTO DI BUE ALLA MANTOVANA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
374 35,6 18,8 7,9 647 127 1,1<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
MOSTARDA MANTOVANA<br />
Dal lat. mostum atttraverso i fr. mout e moustarde, poiché in antico si preparava con mosto<br />
cotto anziché con sciroppo di zucchero. Mantovana, per sottolineare, all’interno delle varietà<br />
padane, la provenienza di questa conserva, fatta di sole mele, specialmente nel confronto con<br />
la più nota mostarda cremonese, di cui costituisce l’archetipo popolare.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Salse<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 30 minuti<br />
(+ 48 ore per l'infusione)<br />
Tecnica di cottura: Frittura<br />
Utensili:<br />
Ingredienti:<br />
MELE (1000 g), ZUCCHERO (400 g), SENAPE (6<br />
gocce), OLIO PER FRIGGERE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Sbucciare e affettare le mele<br />
• Lasciarle in infusione per 48 ore con lo zucchero<br />
• Fare bollire per 5 minuti il composto ottenuto<br />
• Friggere il tutto ancora caldo in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong><br />
di ferro<br />
• Lasciare raffreddare e poi aggi<strong>un</strong>gere la senape<br />
• Sistemare la mostarda in vasetti di vetro sigillati<br />
Nota: la storia <strong>della</strong> mostarda<br />
La mostarda mantovana, l’<strong>un</strong>ica filologicamente<br />
corretta per i tortelli di zucca, non si trova facilmente<br />
in commercio fuori <strong>della</strong> zona di origine.<br />
Come tutti gli altri tipi di mostarda, deriva<br />
da <strong>un</strong>a preparazione tardomedioevale che, come<br />
salsa densa a base di senape e di uva passa<br />
pestata è descritta da Maestro Martino da Como<br />
(1450) ma già presente (De musto et mustarda)<br />
nel ricettario trecentesco dell’Anonimo <strong>della</strong><br />
Corte Angioina. Altri trattati storici riportano,<br />
con nomi diversi, le ricette di savori realizzati<br />
nello stesso gusto agrodolce, con zucchero o<br />
miele (e semmai aceto o agresto) per la conservazione<br />
<strong>della</strong> frutta (valga per tutti il sapore<br />
francese di Cristoforo Messisbugo, 1549).<br />
Varianti:<br />
Quella mantovana si distingue dalle altre mostarde<br />
non solo per essere composta di sole<br />
mele, ma anche perchè prima di essere messe<br />
nei barattoli queste vengono fritte anzichè asciugate<br />
al sole. Nelle ricette derivate da quella<br />
classica riportata dal Dubini (1842) lo sciroppo<br />
alla senape è preparato con miele e vino bianco.<br />
Abbinamenti:<br />
Nel ripieno dei tortelli, come contorno per i lessi<br />
e per gli arrosti, Ma c’è anche chi la consuma<br />
come ghiottoneria a fine pasto.<br />
L'ingrediente: la senape.<br />
E’ <strong>un</strong>a pianta erbacea <strong>della</strong> famiglia delle Crucifere,<br />
che cresce spontanea nelle zone temperate.<br />
Le piantine giovani vengono consumate crude<br />
in insalata, da sole o insieme ad altre erbe<br />
spontanee. Oggi si coltiva in due varietà, quella<br />
bianca (originaria del Mediterraneo) e quella nera<br />
(proveniente dall’Asia Occidentale e<br />
dall’Africa Settentrionale), per la produzione di<br />
olio utilizzato in medicina e in profumeria. Dai<br />
semi si estrae <strong>un</strong>a farina, usata in <strong>cucina</strong> come<br />
condimento aromatico, che entra con altre spezie<br />
nella ricetta <strong>della</strong> salsa di senape, <strong>della</strong><br />
moutarde francese e di altre salse dolci o piccanti<br />
per carni arrostite o bollite, per wurstel,<br />
hamburger. pesci o verdure, quali la salsa rémoulade,<br />
la Robert, la Roquefort, la Tartara e la<br />
Veronese, tipiche <strong>della</strong> gastronomia europea<br />
non mediterranea.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
MOSTARDA MANTOVANA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
421 0,4 10,1 87,7 3 0 2,6<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
TORTA SBRISOLONA<br />
Sbrisolina, sbrisulusa o sbrisulada per la tendenza a sbriciolarsi, già prima <strong>della</strong> cottura, a<br />
causa <strong>della</strong> presenza <strong>della</strong> farina di mais e <strong>della</strong> non perfetta amalgamazione degli ingredienti.<br />
Nella versione base richiede uguali quantità di farina bianca, di farina gialla e di zucchero,<br />
empiricamente misurate a tazze, ed è percià detta anche torta delle tre tazze.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Dolci<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />
Utensili:<br />
terrina, tortiera<br />
Ingredienti:<br />
FARINA BIANCA 00 (250 g), FARINA GIALLA<br />
(250 g), ZUCCHERO SEMOLATO (250 g),<br />
BURRO (150 g), MANDORLE TRITATE (250 g),<br />
TUORLI D'UOVO (n.3), VANIGLIA (1 bustina)<br />
Esecuzione:<br />
• In <strong>un</strong>a terrina <strong>un</strong>ire la farina bianca con<br />
quella gialla; proseguire con le mandorle tritate,<br />
lo zucchero e la vaniglia<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere il burro, mescolando a pioggia<br />
per evitare la nervatura: si ottiene <strong>un</strong> composto<br />
molto granuloso<br />
• Ungere <strong>un</strong>a tortiera e versarvi l'impasto<br />
• Cuocere in forno caldo (180° C) per 45 minuti<br />
circa<br />
Nota: amalgamare con pazienza<br />
Gli ingredienti devono essere amalgamati con<br />
pazienza, ma rimarranno sempre parzialmente<br />
separati. L’impasto, <strong>un</strong>a volta versato nella tortiera,<br />
va sistemato con le mani per dargli <strong>un</strong>o<br />
spessore <strong>un</strong>iforme.<br />
Nelle varie zone <strong>della</strong> regione questo tipo di torta<br />
è tra i più diffusi, anche sotto altre denominazioni<br />
locali, quali barlocca o tortionata. Una<br />
pasta di identica composizione è usata per i tradizionali<br />
biscotti di Sant’Angelo Lodigiano, i colissoni.<br />
Sostanzialmente è riconducibile allo<br />
stesso modello anche il pan dei mei, preparato<br />
con infinite varianti in tutta la regione, il quale<br />
però non si sbriciola perchè gli ingredienti vengono<br />
impastati con uova e latte.<br />
Varianti:<br />
La ricetta base si realizza nelle campagne senza<br />
mandorle. Nelle versioni più antiche non si prevede<br />
l’uso di uova, né di burro, né di strutto, ingredienti<br />
che invece sono accettati dalla maggior<br />
parte dei ricettari più recenti allo scopo di<br />
favorire la manipolazione dell’impasto e di diminuire<br />
lo sbriciolamento <strong>della</strong> torta.<br />
In alc<strong>un</strong>i casi l’impasto è insaporito con scorza<br />
di limone grattugiata. Lo zucchero (semolato o<br />
al velo) è talvolta spolverizzato sulla torta a<br />
cottura ultimata.<br />
Abbinamenti:<br />
Si serve da sola o con crema di mascarpone a<br />
parte, oppure con cavolatte, accompagnandola<br />
con Sangue di Giuda dell’Oltrepò, morbido, corposo,<br />
dalla persistente vena dolce.<br />
L'ingrediente: le mandorle.<br />
Sono il frutto di <strong>un</strong> albero (Pr<strong>un</strong>us comm<strong>un</strong>is o<br />
Pr<strong>un</strong>us amygdalus) originario dell'Asia Minore, e<br />
se ne distinguono due varietà: <strong>un</strong>a dolce, destinata<br />
all'alimentazione, e <strong>un</strong>a amara, per lo più<br />
ad uso farmaceutico.<br />
Le mandorle sono <strong>un</strong> ingrediente tipico <strong>della</strong> gastronomia<br />
e <strong>della</strong> pasticceria meridionali. Tradizionalmente,<br />
in area <strong>lombarda</strong>, per i piatti rustici<br />
di più antica tradizione si utilizzavano le noci,<br />
di cui il legnanese Bonvesin de la Riva scriveva,<br />
nel XIII secolo, che abbondavano in tutto il territorio<br />
milanese ed erano cibo ordinario anche<br />
nelle case dei poveri. Gli apporti cinquecenteschi<br />
innestati sulla solida popolarità originaria<br />
hanno invece conservato nella <strong>cucina</strong> mantovana,<br />
assieme ad <strong>un</strong> certo gusto sfarzoso per i<br />
piatti elaborati, anche la presenza di alc<strong>un</strong>i ingredienti<br />
tipici <strong>della</strong> gastronomia principesca (le<br />
mandorle, app<strong>un</strong>to, le spezie, lo zucchero e il<br />
miele), che appaiono qui più ricorrenti che in altre<br />
zone. Le mandorle, onnipresenti sulle tavole<br />
dell’aristocrazia medioevale e rinascimentale,<br />
con la loro potente carica apotropaica associata<br />
al simbolismo <strong>della</strong> luce e al mistero esoterico<br />
<strong>della</strong> ri/nascita, erano le noci dei ricchi (per i latini<br />
il termine nux indicava sia le noci che le<br />
mandorle), depurate dalla carica negativa che<br />
era riconosciuta invece alle noci per il loro pres<strong>un</strong>to<br />
rapporto con l’attività stregonica. Questo<br />
almeno fino al secolo scorso quando la creazione<br />
degli amaretti di Saronno non portò il vago<br />
profumo <strong>della</strong> mandorla anche su mense non<br />
propriamente principesche.<br />
Le mandorle rientrano nella categoria <strong>della</strong> frutta<br />
oleosa, nutrizionalmente contraddistinta da<br />
<strong>un</strong> elevato contenuto di grassi e di calorie e <strong>un</strong>a<br />
discreta quantità di proteine: 100 g di mandorle<br />
apportano 542 kcal, 51 g di lipidi e 16 g di proteine.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
TORTA SBRISOLONA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
Fibra (g)<br />
929 19,2 48,2 111,6 14 196 7,6<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova
Brescia<br />
Del territorio amministrativo <strong>della</strong> provincia di Brescia è<br />
qui considerato solo quello che si estende attorno e a Sud<br />
del capoluogo, corrispondente a circa <strong>un</strong> quarto <strong>della</strong><br />
superficie complessiva, identificandosi con il settore di<br />
pianura Padana limitato dal corso inferiore dell’Oglio fino<br />
a Pralboino e che da qui si spinge verso nord-est fino a<br />
San Martino <strong>della</strong> Battaglia e alla riva meridionale del<br />
Garda.<br />
Al contrario del settore alpino e prealpino <strong>della</strong> provincia,<br />
in gran parte tagliato fuori nel corso dei secoli dai grandi<br />
tracciati viari europei, il territorio pianeggiante, collocato<br />
sulla direttrice Milano-Venezia, ha consentito di<br />
sviluppare, almeno nei centri urbani più importanti (oltre<br />
al capoluogo, Chiari, Lonato, Montichiari e Orzinuovi),<br />
analogamente a quanto è accaduto a Bergamo e nel<br />
Bergamasco, <strong>un</strong>a rete costante di relazioni con Milano e<br />
più ancora con la Repubblica Veneziana, <strong>della</strong> quale sono<br />
evidenti gli apporti culturali, artistici e gastronomici.<br />
Oltre che verso modelli veneti, la <strong>cucina</strong> bresciana è<br />
debitrice per gli aspetti alti di tal<strong>un</strong>e tendenze principesche,<br />
di derivazione mantovano-ferrarese, e per gli<br />
aspetti più propriamente popolari <strong>della</strong> solida semplicità<br />
culinaria <strong>della</strong> bassa Cremonese e, attraverso questa,<br />
<strong>della</strong> sponda emiliana del Po.<br />
I celebratissimi casonsei bresciani, nella versione salata<br />
con ripieno di salsiccia e formaggio, o nella versione<br />
dolce con mandorle, uvetta e pere, la minestra mariconda,<br />
il risotto alla pitocca, le belle schidionate di quaglie<br />
e piccioni per la polenta, i volatili domestici (pollo,<br />
gallina, cappone) con saporiti ripieni, la persicata, sono<br />
specialità <strong>della</strong> gastronomia del Medioevo e del Rinascimento<br />
tramandatisi quasi senza aggiornamenti e fatti<br />
propri, negli ultimi decenni, dalla ristorazione, a rappresentare<br />
gli aspetti più raffinati del gusto tradizionale,<br />
in abbinamento con i grandi vini DOC <strong>della</strong> Franciacorta,<br />
con la Lugana, il Cellatica, il Botticino e il Capriano del<br />
Colle.<br />
L’anima popolare <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> bresciana offre però le sue<br />
prove migliori nei piatti di polenta e di riso e nei semplici<br />
cibi in cui si avverte ancora, mischiato a quello dei<br />
formaggi e dei salumi tipici, il profumo dell’aia e del<br />
camino. Dalla ormai dimenticata polenta e saracca a<br />
quella con le cotiche, da quella con il baccalà a quella con<br />
il sugo di maiale; e ancora polenta con gli uccellini, con i<br />
f<strong>un</strong>ghi, con le verdure, con il coniglio in sguazzetto. E poi<br />
il riso alla campagnola con le verdure, il risotto con gli<br />
spinaci selvatici, gli strozzapreti, i bigoli con le sardele e<br />
la pastissada de caval di chiara origine veneta, le frittate<br />
rustiche di verdure o salumi; e i dolci semplicissimi, il<br />
bossolà innanzitutto, già chiamato agli onori dei ricettari<br />
ottocenteschi, l’ingenuo straca ganase e la torta di farina<br />
gialla e bianca.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia
POLENTA CON LA SALVIA<br />
Questa preparazione è des<strong>un</strong>ta da La <strong>cucina</strong> degli stomachi deboli, testo attribuito ad Antonio<br />
Dubini, medico lecchese, e stampato nel 1842 a Milano. La singolarità è quella dell'impiego<br />
dell’olio al posto del burro: il piatto risulta più leggero e digeribile, in linea con i dettami <strong>della</strong><br />
nuova igiene alimentare che si sta affermando a metà dell’800 e che troverà nell’Artusi il<br />
principale codificatore. La ricetta testimonia anche <strong>un</strong> altro fenomeno: quello del passaggio di<br />
molti piatti poveri dalla <strong>cucina</strong> contadina alla <strong>cucina</strong> del nuovo ceto emergente, la borghesia.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 50 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, frittura<br />
Utensili:<br />
paiolo, frustino, tagliere, mezzal<strong>un</strong>a, casseruola,<br />
asse per la polenta<br />
Ingredienti:<br />
FARINA DI MAIS (350 g); CIPOLLA (n.1, 60 g);<br />
ERBA SALVIA (q.b.); PREZZEMOLO (q.b.);<br />
ACCIUGHE SALATE (n.3, 120 g); FUNGHI<br />
SECCHI (50 g); OLIO (100 g); FARINA BIANCA<br />
(50 g)<br />
Esecuzione:<br />
• Portare al bollore 1,5 litri di acqua e salare<br />
• Versare a pioggia la farina, aiutandosi con <strong>un</strong><br />
frustino per evitare la formazione di grumi<br />
• Cuocere per 50 minuti<br />
• (nel frattempo): Mettere a fuoco vivo la casseruola<br />
con 70 g di olio<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere la cipolla tagliata a pezzettini,<br />
l’erba salvia ed il prezzemolo tritati, le acciughe<br />
sminuzzate<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere i f<strong>un</strong>ghi secchi, precedentemente<br />
ammollati in acqua tiepida e sminuzzati<br />
• Quando il composto sarà rosolato, versarlo<br />
sulla polenta e rimestare fino a completa cottura<br />
• Versare la polenta sull’apposita asse<br />
• Tagliare la polenta a fette<br />
• Infarinare e cuocere brevemente nel restante<br />
olio già riscaldato, sempre con <strong>un</strong> po’ di salvia<br />
Note: l'olio in Lombardia<br />
Dal p<strong>un</strong>to di vista alimentare, tanto sul Lario<br />
come in tutta la Lombardia, l’olio è stato utilizzato<br />
come condimento sempre e solo per le verdure<br />
o per friggere il pesce. Laddove l’olio di<br />
oliva non era disponibile, si utilizzavano <strong>un</strong><br />
tempo oli di semi di basso valore gastronomico,<br />
come l’olio di ravizzone, l’olio di noci o l’olio di<br />
semi di lino. Del resto l’olio era più importante<br />
come combustibile per le lampade. Soltanto a<br />
partire dall’inizio del XIX secolo, come te-<br />
stimoniato anche da tutta <strong>un</strong>a sezione del ricettario<br />
del Dubini dedicata app<strong>un</strong>to alla “<strong>cucina</strong><br />
d’olio”, si assiste alla timida comparsa dell’olio<br />
nella gastronomia locale e nelle abitudini familiari.<br />
Il fenomeno si è accentuato negli ultimi<br />
anni quando il burro è stato messo all'indice<br />
perché favorisce l'innalzamento del tasso di<br />
colesterolo nel sangue.<br />
Varianti:<br />
La ricetta proposta dal Dubini ha come paternità<br />
le polente pasticciate, diffuse in tutta la Lombardia,<br />
in cui gli stessi ingredienti (con in più la<br />
salsa di pomodoro, ma non l’acciuga) sono fritti<br />
nel burro e aggi<strong>un</strong>ti alla polenta tagliata a strati<br />
e condita con formaggio grattugiato. Anche l’uso<br />
del pesce salato (aringa, acciuga, ma anche i<br />
missultit sul Lario) è abbastanza tradizionale in<br />
tutta la fascia del nord Italia: la polenta ne attenua<br />
la sapidità e ne affina il gusto. In questo<br />
caso, la polenta è generalmente servita<br />
abbrustolita.<br />
Abbinamenti:<br />
"La pulenta la c<strong>un</strong>tenta" recita <strong>un</strong> vecchio proverbio<br />
lombardo, a significare il risultato di sazietà<br />
determinato dal suo consumo. I piatti a<br />
base di polenta, conseguentemente, vanno consumati<br />
come occasione <strong>un</strong>ica. E' adatto <strong>un</strong> vino<br />
rosso di pronta beva, di giusta acidità, dall’odore<br />
vinoso (Bonarda, Barbera).<br />
L’ingrediente: la salvia<br />
La Salvia officinalis è <strong>un</strong>a delle erbe aromatiche<br />
più presenti nella <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong>, se non altro<br />
perché ricorrente in <strong>un</strong>a associazione<br />
tradizionale con il burro e con l’aglio. “Erba delle<br />
donne” per eccellenza, poiché ricca di follicolina,<br />
era usata per favorire l’avvio del flusso<br />
mestruale ritardatario, ma soprattutto era<br />
ritenuta <strong>un</strong>a sorta di panacea efficace a riportare<br />
la salute agli ammalati, maschi o femmine che<br />
fossero: “Potrà mai cader morto / l’uomo cui<br />
cresce la salvia nell’orto?” recitavano i cerusici<br />
medioevali. Il burro nel quale era stata soffritta<br />
la salvia, oltre che per il condimento <strong>della</strong><br />
polenta, è usato per il riso in cagnone, per il<br />
risotto col persico, per molte fritture di pesce<br />
d’acqua dolce, per gli gnocchi, per i ravioli e i<br />
tortelli.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia
POLENTA CON LA SALVIA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Colesterolo<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />
Fibra (g)<br />
631 18,2 28,7 83,8 14 0 4,5
GNOCCHI DI PATATE<br />
Gnocco significa propriamente grumo o protuberanza. In Lombardia, come nelle altre regioni<br />
italiane, gli gnocchi si preparvano, fino ai primi anni del XIX secolo impastando farina bianca<br />
con acqua e uova. La patata si rivelò, sino dai primi anni successivi alla sua introduzione nel<br />
regime alimentare europeo, <strong>un</strong> economico succedaneo <strong>della</strong> farina di frumento, e gli gnocchi<br />
di patate entrarono nel panorama gastronomico lombardo con il ricettario del Dubini, nel<br />
1842.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo di esecuzione: 90 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
Spianatoia, grattugia, pentola, schiumarola,<br />
padellina<br />
Ingredienti:<br />
PATATE (700 g), FARINA BIANCA (200 g), SALE<br />
(q. b.), BURRO (100 g.), SALVIA (n. 6 foglie),<br />
AGLIO (<strong>un</strong>o spicchio), FORMAGGIO GRANA (a<br />
piacere).<br />
Esecuzione:<br />
• Lessare le patate con la buccia in abbondante<br />
acqua salata, pelarle e passarle nello<br />
schiacciapatate ancora bollenti, facendo<br />
cadere il passato sulla spianatoia.<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong> po’ alla volta la farina,<br />
impastando con le mani, fino ad ottenere <strong>un</strong><br />
composto liscio, <strong>un</strong>iforme e di giusta<br />
consistenza, che non si attacchi più alle dita.<br />
• Formare con l’impasto dei cordoni con la<br />
circonferenza di <strong>un</strong> dito, tagliarli in cilindretti<br />
<strong>della</strong> l<strong>un</strong>ghezza di tre centimetri e depositarli<br />
sulla spianatoia infarinata.<br />
• Premere con il dito pollice ogni pezzetto di<br />
pasta sul rovescio di <strong>un</strong>a grattugia, in modo<br />
da scavarlo leggermente, quindi depositarlo<br />
nuovamente sulla spianatoia infarinata,<br />
avendo cura di non farlo entrare in contatto<br />
con gli altri, per evitare che si attacchino tra<br />
loro.<br />
• Gettare gli gnocchi in abbondante acqua<br />
salata, togliendoli con la schiumarola a mano<br />
a mano che vengono a galla.<br />
• Mentre gli gnocchi stanno lessando, far<br />
insaporire, in <strong>un</strong>a padellina, il burro con <strong>un</strong>o<br />
spicchio d’aglio e le foglioline di salvia.<br />
• Condire gli gnocchi col burro fuso, cospargere<br />
di grana grattugiato e servire ben caldi.<br />
Note: gli gnocchi, <strong>un</strong> piatto interregionale<br />
La paternità degli gnocchi di patate e contesa da<br />
molte città e da molte regioni, poiché questo<br />
saporito piatto fa parte del patrimonio<br />
gastronomico di ogni parte d’Italia. I ricettari del<br />
secolo scorso, d’altronde non ci aiutano,<br />
presentando preparazioni sostanzialmente simili<br />
con le più varie denominazioni di campanile: alla<br />
piemontese, alla romana, alla bolognese, alla<br />
friulana, alla veneta, alla bolognese. Qui<br />
rin<strong>un</strong>ciamo a risolvere la querelle, sottolineando<br />
come tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, la<br />
diffusione <strong>della</strong> coltivazione <strong>della</strong> patata abbia<br />
introdotto nel panorama gastronomico italiano,<br />
in modo pressoché generalizzato, lo gnocco di<br />
patate a fianco di quello tradizionale di farina di<br />
cereali.<br />
Varianti:<br />
Alc<strong>un</strong>i ricettari ottocenteschi consigliano di<br />
aggi<strong>un</strong>gere all’impasto <strong>un</strong>a o due uova, altri<br />
propongono la cottura delle patate nel latte. I<br />
ricettari del nostro secolo si attengono<br />
generalmente alla formulazione qui fornita, con<br />
lievi oscillazioni nelle dosi delle patate e <strong>della</strong><br />
farina. Tipicamente cremasca l’aggi<strong>un</strong>ta di<br />
formaggio gorgonzola dolce all’impasto di<br />
patate, farina e uova.<br />
Abbinamenti:<br />
Può precedere <strong>un</strong> secondo leggero di carne o di<br />
pesce alla griglia con insalatina verde. Vino<br />
Franciacorta Pinot Bianco.<br />
L’ingrediente: la patata<br />
Sull’introduzione in Europa del prezioso tubero,<br />
appartenente alla famiglia delle Solanacee, non<br />
si hanno informazioni precise. Le prime<br />
testimonianze del suo utilizzo alimentare <strong>della</strong><br />
patata risalgono alla seconda metà del XVI<br />
secolo, ma la sua diffusione su larga scala fu<br />
molto lenta. Fu coltivata, infatti, come curiosità<br />
botanica per la bellezza dei fiori, ma fu per<br />
l<strong>un</strong>go tempo ritenuta <strong>un</strong> alimento malsano a<br />
causa <strong>della</strong> presenza di solanina e di<br />
scopolamina nelle foglie. Furono i paesi<br />
dell’Europa centro-settentrionale, l’Irlanda, la<br />
Germania, l’Austria, la Polonia, la cui produzione<br />
di frumento era minima per ragioni climatiche, a<br />
intuirne le potenzialità alimentari e a favorirne la<br />
coltivazione estensiva. L’uso alimentare venne<br />
invece propagandato dal Parmentier in Francia e<br />
da Alessandro Volta in Italia.<br />
Di limitato apporto calorico (80 kcal/100g), la<br />
patata è nutrizionalmente povera, ma nelle<br />
preparazioni alimentari ha proprietà leganti (per<br />
il suo contenuto in amido) ed assorbenti verso i<br />
condimenti.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia
GNOCCHI DI PATATE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Colesterolo<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />
Fibra (g)<br />
505 10,5 24,1 65,3 438 68 3,5
RISOTTO ALLA PITOCCA<br />
I pitocchi (dal gr. ptochòs = povero) erano i mendicanti che nel XVII e nel XVIII secolo<br />
battevano la pianura Padana alla ricerca di <strong>un</strong> minimo di sostentamento: risotto alla povera,<br />
d<strong>un</strong>que. La denominazione appare però ironica, poiché non si tratta propriamente di <strong>un</strong> piatto<br />
povero.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 120 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura, Stufatura<br />
Utensili:<br />
trinciapollo, pentola, casseruola<br />
Ingredienti:<br />
POLLO (n.1 intero), RISO (500 g), BURRO (100<br />
g), CIPOLLE (n.2 piccole), CAROTE (n.1), SE-<br />
DANO (n.1 costa), OLIO EXTRAVERGINE DI<br />
OLIVA (3 cucchiai), VINO BIANCO SECCO (1<br />
bicchiere), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Pulire il pollo e lavarlo, quindi tagliarlo a<br />
pezzi<br />
• Mettere in <strong>un</strong>a pentola la testa, il collo, le ali<br />
e lo stomaco<br />
• Unire la cipolla, la carota e il sedano, ricoprire<br />
di acqua e salare<br />
• Mettere il recipiente sul fuoco e lasciare<br />
cuocere fino ad ottenere <strong>un</strong> brodo saporito<br />
• In <strong>un</strong>a capace casseruola soffriggere nell'olio<br />
e in 50 grammi di burro, l'altra cipolla tritata<br />
fine<br />
• Sistemare nel recipiente i restanti pezzi di<br />
pollo e il suo fegato, farli rosolare bene e poi<br />
versarvi sopra il vino<br />
• Salare, e pepare<br />
• Quando il pollo sarà a metà cottura, aggi<strong>un</strong> -<br />
gervi il riso mescolando bene<br />
• Dopo 5 minuti diluirlo con <strong>un</strong> po' di brodo<br />
• Portare il riso a cottura aggi<strong>un</strong>gendo il brodo<br />
poco per volta<br />
• Prima di togliere il risotto dal fuoco, incorporarvi<br />
il rimanente burro<br />
Note: il brodo di pollo<br />
La correttezza filologica vorrebbe che il brodo<br />
per la cottura del riso fosse ricavato dalle parti<br />
residuali del pollo (le ali, il collo e la testa, lo<br />
stomaco e la parte recuperabile <strong>della</strong> carcassa)<br />
con aggi<strong>un</strong>ta di cipolla, sedano e carota. Nel<br />
caso ciò non fosse possibile, <strong>un</strong> brodo di carne di<br />
manzo è, ovviamente, preferibile al brodo di<br />
dado.<br />
Varianti:<br />
Il piatto bresciano è analogo al veronese risotto<br />
alla sbirraglia e non presenta varianti di rilievo:<br />
in alc<strong>un</strong>i casi, assieme alla carne di pollo si richiede<br />
espressamente l’impiego delle interiora<br />
nobili (fegato e cuore) e delle creste. In luogo<br />
<strong>della</strong> cipolla, per la rosolatura <strong>della</strong> carne, può<br />
essere usato <strong>un</strong> porro. A fine cottura il riso è talvolta<br />
insaporito con crescione. L’aggi<strong>un</strong>ta del<br />
formaggio grattugiato è discrezionale. Una versione<br />
leggermente più brodosa prende il nome<br />
di zuppa di riso alla pitocca.<br />
Abbinamenti:<br />
Costituisce portata <strong>un</strong>ica, che potrà essere completata<br />
con formaggio e dessert. Abbinamento<br />
tutto bresciano con Franciacorta rosato<br />
spumante (fragrante di lieviti, bouquet fruttato)<br />
o, per chi preferisse <strong>un</strong> vino tranquillo, con<br />
Chiaretto del Garda.<br />
L’ingrediente: il pollo<br />
Basta <strong>un</strong> rapido sguardo ad <strong>un</strong> qualsiasi<br />
ricettario lombardo per realizzare che il pollo<br />
non è stato <strong>un</strong> animale dei più amati dalla<br />
tradizione gastronomica di questa regione. Galli<br />
e galline sono stati sempre allevati, in passato,<br />
nelle campagne lombarde, ma, poiché venivano<br />
cresciuti fino a <strong>un</strong> anno e oltre e avevano carni<br />
non proprio tenere, finivano quasi sempre lessi,<br />
senza suscitare particolari fantasie<br />
gastronomiche. Le ricette tipiche sono davvero<br />
poche: il pol in sguassett alla bresciana; l’antica<br />
cassoeula de pulaster <strong>della</strong> Brianza; il pollo e la<br />
gallina ripiena alla comasca; il pollo alla pavese,<br />
passato in forno con <strong>un</strong> umido appena<br />
accennato; il fricandò di pollo, con panna e noce<br />
moscata, di gusto settecentesco, a<br />
testimonianza dei rapporti <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong><br />
con quella francese di quel periodo.<br />
Oggi, anche in Lombardia come nel resto d'Italia,<br />
il pollo risulta sempre più gradito per la leggerezza<br />
e la digeribilità delle sue carni e per i<br />
prezzi relativamente contenuti rispetto a quelli<br />
di altri tipi di carne. Il suo consumo annuo aumenta<br />
costantemente di circa il 2%.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia
RISOTTO ALLA PITOCCA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Colesterolo<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />
Fibra (g)<br />
869 50,2 43,8 69,2 566 256 1,5
MINESTRA MARICONDA<br />
Detta anche meliconda o di meliconde, forse da mèlica, attuale denominazione dell’erba<br />
medica, in passato attribuita anche alla saggina e al mais. Meliconde sarebbero le palline<br />
gialle di cui è composta la minestra, che ricordano le cariossidi del granturco (analogamente<br />
alla meridionale cicerchiata = piatto di ceci, composto di palline di pasta fritte).<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti in brodo<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
tegame, pentola, ciotola<br />
Ingredienti:<br />
MOLLICA DI PANE o PANE RAFFERMO (250 g),<br />
LATTE DI VACCA INTERO (0.5 l), BRODO DI<br />
CARNE (1.5 L), BURRO (100 g), FORMAGGIO<br />
GRANA GRATTUGIATO (80 g), UOVA (n.4), SALE<br />
(q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Ammorbidire il pane nel latte lasciandolo<br />
macerare per almeno mezz'ora<br />
• Strizzare il pane ammollato e incorporarvi il<br />
burro appena sciolto in <strong>un</strong> tegame tiepido<br />
• Lasciare assorbire bene, poi aggi<strong>un</strong>gere le<br />
uova e il grana<br />
• Regolare di sale e pepe<br />
• Impastare bene il tutto e lasciare riposare<br />
per almeno <strong>un</strong>'ora<br />
• Con l'impasto ottenuto formare delle polpettine<br />
• Farle cuocere per 5 minuti nel brodo bollente<br />
• Servire caldo<br />
Note: l'impasto di pane<br />
E’ bene che la mollica di pane non sia molto rafferma<br />
(due giorni al massimo), perchè in tal<br />
caso il suo peso specifico sarebbe inferiore e<br />
d<strong>un</strong>que maggiore il suo volume, con <strong>un</strong>’alterazione<br />
complessiva delle quantità. Il composto,<br />
preparato con qualche ora di anticipo guadagna<br />
in compattezza e matura <strong>un</strong> gusto più pieno. Le<br />
palline possono essere ottenute facilmente arrotolando<br />
l’impasto con le mani in <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go cilindro<br />
e tagliandolo in piccole porzioni di circa 1 cm<br />
che, passate sotto la mano aperta prenderanno<br />
la forma giusta.<br />
Varianti:<br />
E’ <strong>un</strong> piatto conteso tra le provincie di Brescia,<br />
Bergamo e Mantova, nella quali è diffuso con<br />
modestissime varianti. Una minestra simile, nel<br />
mantovano, prende il nome di canedoli. In effetti,<br />
la mariconda ricorda gli knödel (o canederli)<br />
<strong>della</strong> <strong>cucina</strong> trentina e altoatesina, nella<br />
loro formulazione di base. In alc<strong>un</strong>e ricette recenti<br />
si aggi<strong>un</strong>ge poca farina bianca e <strong>un</strong> goccio<br />
di latte per legare. Tra le spezie ricorre la noce<br />
moscata. Versioni più ricche, di gusto tirolese, si<br />
ottengono mischiando, all’impasto minuscoli<br />
dadi di prosciutto affumicato. Il Cuoco senza<br />
pretese dell’Odescalchi (1826) propone di<br />
utilizzare brodo di pesce in alternativa a quello<br />
di manzo.<br />
Abbinamenti:<br />
Delicata e digeribile, la mariconda è perfetta per<br />
precedere il piccione farcito alla bresciana, con<br />
dessert leggerissimo. Si abbina a <strong>un</strong> vino bianco<br />
di buona struttura, Riesling renano dell’Oltrepò,<br />
o a <strong>un</strong> rosato come il Chiaretto del Garda.<br />
L’ingrediente: gnocchi, palline e cucchiaiate.<br />
Ciò che distingue la mariconda da altre minestre<br />
consimili è la precisa forma a pallina degli<br />
gnocchetti, tuttavia non indicata esplicitamente<br />
da tutti i ricettari. Nella sostanza, però, poco differenzia<br />
questo piatto da altri (in cui il composto<br />
prende forma cilindrica oppure è versato nel<br />
brodo a cucchiaiate) di cui è ricca la tradizione<br />
<strong>lombarda</strong>, come gli gnocchetti in brodo alla<br />
milanese, altrimenti detti sbrafodej (farina<br />
bianca anziché pane raffermo) o gli gnocarej di<br />
farina di fraina <strong>della</strong> Valsassina, i malfatti e gli<br />
strangolapreti. Il Dubini crea <strong>un</strong> po’ di<br />
confusione riportando nel suo ricettario <strong>un</strong>a<br />
zuppa di gnocchi alla tedesca e <strong>un</strong>a zuppa di<br />
gnocchi soffici alla polacca a fianco di <strong>un</strong>a<br />
minestra quasi identica, ma con aggi<strong>un</strong>ta di<br />
prosciutto tritato, che egli definisce zuppa di<br />
gnocchetti alla romana. <strong>Per</strong>ò tali attribuzioni<br />
geografiche, al di là di quel tanto di esotico che<br />
manifestano, appaiono poco credibili pensando<br />
ai padanissimi zanzarelli (o zazzarelli) descritti<br />
da Maestro Martino e da Bartolomeo Platina<br />
alc<strong>un</strong>i secoli prima.<br />
Gli gnocchi di patate (che solitamente non si<br />
consumano in brodo) appartengono alla stessa<br />
linea evolutiva, ma sono stati ovviamente elaborati<br />
tra il XVIII e il XIX secolo. Una leggenda<br />
moderna vuole che vi si applicasse Alessandro<br />
Volta, quando nel suo orticello di Camnago, nei<br />
pressi di Como, sperimentava in proprio e su indicazione<br />
dell’amico Parmentier, la coltivazione<br />
dell’utile tubero.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia
MINESTRA MARICONDA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Colesterolo<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />
Fibra (g)<br />
443 18,8 25,1 37,2 1556 194 0,0
GAMBERI DI FIUME CON PATATE<br />
Quasi <strong>un</strong>a ricetta di <strong>cucina</strong> creativa, che ai delicati gamberetti d’acqua dolce <strong>un</strong>isce la solida<br />
rusticità delle patate e <strong>della</strong> pancetta (<strong>un</strong>a vera e propria <strong>un</strong>ione di opposti) e il tocco<br />
p<strong>un</strong>gente dei cetriolini.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Pesci<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 30 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Frittura<br />
Utensili:<br />
pentola, pa<strong>della</strong> di ferro<br />
Ingredienti:<br />
GAMBERI DI TORRENTE (600 g), PANCETTA<br />
TESA (200 g), PATATE LESSE (n.4), CETRIOLI<br />
IN AGRO (n.2), PREZZEMOLO TRITATO (50 g),<br />
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA (30 g), SALE<br />
(q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Lavare i gamberetti e tuffarli in acqua bollente<br />
per pochi secondi; poi scolarli<br />
• Pulire i gamberetti lessati tenendo solo le<br />
code<br />
• Affettare sottile la pancetta e farla imbiondire<br />
con l’olio in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> di ferro<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere le patate tagliate a rondelle e far<br />
rosolare bene<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere le code dei gamberi, i cetrioli affettati,<br />
sale e pepe<br />
• Cospargere con il prezzemolo tritato e far insaporire<br />
il tutto<br />
• Servire caldo<br />
Note: lessare le patate<br />
Anche <strong>un</strong>’operazione semplice, come la bollitura<br />
delle patate, ha alc<strong>un</strong>e regole da rispettare. A<br />
meno che non siano destinate ad arricchire minestre<br />
di verdure, è bene utilizzare patate non<br />
farinose a pasta compatta. Le patate possono<br />
essere lessate con la buccia o senza. Si<br />
sbucciano se servono per preparazioni delicate,<br />
come il purè o la vellutata, oppure se sono<br />
utilizzate intere come contorno o guarnizione<br />
(quelle di taglia piccola). Di solito si bollono<br />
con la buccia, in modo da conservare l’apporto<br />
in vitamina C. Sia con la buccia sia pelate,<br />
devono essere immerse a freddo in acqua già<br />
abbondantemente salata (poiché assorbono<br />
rapidamente grandi quantità di sale). <strong>Per</strong> evitare<br />
che si sfarinino, si spezzino o si rompa loro la<br />
buccia, l’ebollizione deve essere mantenuta<br />
lentissima.<br />
Una volta cotte, si estraggono dalla pentola con<br />
la schiumarola (non con la forchetta: potrebbero<br />
rompersi o intridersi d’acqua!). Se hanno ancora<br />
la buccia si pelano facilmente dopo <strong>un</strong> rapido<br />
passaggio in acqua fredda.<br />
Varianti:<br />
La semplicità <strong>della</strong> ricetta offre poche possibilità<br />
di variazione. La pancetta può essere sostituita<br />
con olio o burro; i cetrioli non vengono utilizzati<br />
quando non piace l’acidità acetica, ottenendo <strong>un</strong><br />
piatto di taglio più tradizionale.<br />
Abbinamenti:<br />
In piccole quantità può essere antipasto. Nel<br />
qual caso si accorda con <strong>un</strong> vino bianco secco e<br />
fresco (l’acidità del vino attenua l’<strong>un</strong>tuosità <strong>della</strong><br />
pancetta), anche vivace e frizzante, come il<br />
Riesling dell’Oltrepò. Porzioni più abbondanti<br />
possono costituire <strong>un</strong> secondo piatto completo,<br />
cui abbinare, tra novembre e gennaio, <strong>un</strong> vino<br />
novello a macerazione carbonica; negli altri periodi,<br />
<strong>un</strong> Rosato o <strong>un</strong> Chiaretto del Garda.<br />
L’ingrediente: i gamberi d’acqua dolce<br />
Si tratta di piccoli crostacei <strong>della</strong> specie astacus<br />
(astice), molto com<strong>un</strong>i, fino al periodo dell’ultima<br />
guerra, tra le pietre e la vegetazione<br />
acquatica dei ruscelli e dei torrenti delle Alpi e<br />
delle Prealpi. Sono andati progressivamente<br />
scomparendo, in seguito ai processi di<br />
industrializzazione e all’inquinamento delle<br />
acque. La loro presenza è oggi rarissima<br />
ov<strong>un</strong>que in Italia e in vaste zone se ne è<br />
registrata da tempo la scomparsa. Le leggi<br />
nazionali limitano il periodo di pesca dei<br />
gamberi, vietandone la raccolta nel periodo <strong>della</strong><br />
riproduzione, dal 1 aprile al 30 giugno. La<br />
Regione Lombardia ne ha tassativamente vietata<br />
la pesca in qualsiasi periodo dell’anno. Chi voglia<br />
gustare <strong>un</strong> cibo <strong>della</strong> tradizione regionale, <strong>un</strong><br />
tempo importantissimo per l’arricchimento<br />
proteico <strong>della</strong> dieta <strong>della</strong> gente dei monti e <strong>della</strong><br />
campagna (risotto alla certosina, frittelle di rane<br />
e gamberi, gamberi lessi, gamberetti con la<br />
peverada o con la panna) deve rivolgersi ai<br />
prodotti di importazione, quasi tutti provenienti<br />
dall’Asia Minore e dall’Oriente.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia
GAMBERI DI FIUME CON PATATE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Colesterolo<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />
Fibra (g)<br />
265 15,5 15,5 16,7 1064 94 2,1
PICCIONI FARCITI ALLA BRESCIANA<br />
Il piccione ripieno è stato nel secolo passato <strong>un</strong>o dei secondi piatti preferiti dalla borghesia<br />
<strong>lombarda</strong>. Questo, alla bresciana, si distingue per la farcia dalla nota gustativa leggermente<br />
amarognola apportata dalle mandorle, che ne sottolinea le consonanze con la gastronomia<br />
tardo-rinascimentale.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 90 minuti<br />
Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />
Utensili:<br />
tegamino, tagliere, coltello ben affilato, terrina,<br />
ago e spago per arrosti, tortiera<br />
Ingredienti:<br />
PICCIONI GROSSI (n.3), UOVA (n.1), MAN-<br />
DORLE AMARE (n.2), BURRO (100 g), FOR-<br />
MAGGIO GRANA GRATTUGIATO (35 g), PAN<br />
GRATTATO (40 g), OLIO EXTRAVERGINE DI<br />
OLIVA (45 g), CIPOLLA (35 g), ROSMARINO (1<br />
rametto), VINO BIANCO (100 mL), BRODO (1<br />
mestolo), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Fiammeggiare e pulire i piccioni conservando<br />
i fegatini<br />
• Far saltare in <strong>un</strong> tegamino i fegatini tritati<br />
con la cipolla, anch’essa tritata, e 30 g di<br />
burro<br />
• Impastare il composto in <strong>un</strong>a terrina con il<br />
pan grattato, l’uovo, le mandorle tritate, il<br />
formaggio e il brodo<br />
• Regolare sale e pepe e lasciar riposare per 20<br />
minuti<br />
• Riempire i piccioni con il composto, cucirli e<br />
legarli<br />
• Disporli in <strong>un</strong>a tortiera con l’olio, il restante<br />
burro e il rosmarino<br />
• Cuocere in forno moderato bagnando di tanto<br />
in tanto con il vino bianco<br />
Note: fiammeggiare e pulire<br />
La preparazione per la cottura dei volatili di piccola<br />
taglia richiede pazienza e attenzione. I piccioni<br />
debbono essere fiammeggiati accuratamente,<br />
in modo da eliminare la peluria rimasta<br />
dallo spennamento; la permanenza sulla fiamma<br />
non deve però essere prol<strong>un</strong>gata, per impedire<br />
che la pelle asciugandosi troppo si rompa. Successivamente<br />
è necessario sventrarli, estraendo<br />
le interiora, e ripulire il fegatino che (anche qualora<br />
il piccione non sia farcito) è di norma ricollocato<br />
all’interno del volatile. Si lavano all’esterno<br />
e all’interno, asciugandoli con <strong>un</strong> canovaccio,<br />
per eliminare ogni residua traccia di strinatura;<br />
si taglia la coda, per asportare le due<br />
ghiandole amare che si trovano nella parte<br />
superiore, si taglia la parte inferiore delle<br />
zampe, che si ripiegano all’indietro, fermandole<br />
alla pelle del ventre: in questo modo sono pronti<br />
per essere riempiti e cotti.<br />
Varianti:<br />
Il piccione farcito alla bresciana è <strong>un</strong>a variazione<br />
sul tema del piccione arrosto in tegame o al<br />
forno, preparato in tutta l’area padana. La farcia<br />
tradizionale in altre parti <strong>della</strong> regione non<br />
prevede le mandorle amare, ma si orienta sulle<br />
noci o sulle nocciole, oppure esclude del tutto la<br />
frutta secca, utilizzando piccole quantità di salsiccia.<br />
In luogo del vino bianco, elaborazioni di<br />
chiara origine sette-ottocentesca prescrivono<br />
succo di limone.<br />
Abbinamenti:<br />
Un piatto gustativamente complesso richiede <strong>un</strong><br />
vino perfettamente strutturato, corposo e di<br />
buona alcolicità. Ideale <strong>un</strong> uvaggio bordolese,<br />
cabernet e merlot, o <strong>un</strong> vino dall’intenso profumo<br />
erbaceo e dal ricordo di pepe e peperone,<br />
come il Valcalepio rosso.<br />
L’ingrediente: il piccione<br />
Nella cultura tradizionale le galline erano allevate<br />
principalmente per la produzione delle<br />
uova, mentre l’onere e l’onore <strong>della</strong> mensa<br />
(apporto proteico e dignità gastronomica) toccava<br />
ai piccioni. Già dal XV secolo si era andata<br />
diffondendo la creazione delle piccionaie nei locali<br />
alti delle case di campagna, ma la tendenza<br />
non era sconosciuta nemmeno nelle città, per le<br />
scarse cure richieste dall’allevamento dei piccoli<br />
volatili domestici. La carne dei piccioni<br />
(organoletticamente a metà strada tra quella del<br />
pollame domestico e quella <strong>della</strong> cacciagione)<br />
era considerata ricostituente e veniva ammannita<br />
agli ammalati e ai convalescenti. La<br />
gastronomia <strong>lombarda</strong> è perciò ricca di piatti di<br />
piccione, nei quali si evidenzia la perfetta omogeneità<br />
di questo pennuto rispetto alle scelte<br />
gustative <strong>della</strong> regione. Notissimi, per esempio, i<br />
piccioni con il riso (adagiati sul risotto o preparati<br />
in timballo e passati nel forno), i piccioni in<br />
salsa di limone, con o senza uova (in tal caso si<br />
tratta di fricassea); i piccioncini in umido con i<br />
piselli, serviti su crostone o su polenta, lo<br />
stufato di piccioni, spesso consumato con<br />
abbondante contorno di patate in umido; il<br />
monumentale timballo di piccioni derivato dalla<br />
tradizione settecentesca.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia
PICCIONI FARCITI ALLA BRESCIANA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Colesterolo<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />
Fibra (g)<br />
527 44,4 34,9 6,2 541 80 0,3
PERSICATA<br />
Cioè confettura o marmellata di pesche, lat. persica, frutto <strong>della</strong> <strong>Per</strong>sia. Dolce tradizionale di<br />
Brescia, nella stessa tipologia <strong>della</strong> cotognata, riferibile a elaborazioni gastronomiche colte di<br />
origine medioevale.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Dessert a base di frutta<br />
Stagionalità: Estate<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti, più 12 ore di<br />
riposo e 6/7 giorni di<br />
essiccazione<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
pentola, sacchetto di lino, stampo con bordo alto<br />
15 cm<br />
Ingredienti:<br />
PESCHE A PASTA BIANCA (1 kg), ZUCCHERO<br />
(450 g)<br />
Esecuzione:<br />
• Scottare le pesche in acqua bollente; sbucciarle<br />
e togliere i noccioli<br />
• Metterle in <strong>un</strong> sacchetto di lino e lasciarle<br />
scolare per circa 12 ore<br />
• Mettere le pesche e lo zucchero in <strong>un</strong>a pentola<br />
e far bollire per circa 10 minuti sempre<br />
mescolando<br />
• Poi versare il composto in <strong>un</strong>o stampo tenendo<br />
lo spessore non più alto di 12 cm<br />
• Lasciare asciugare il prodotto per 6/7 giorni<br />
in ambiente caldo, poi tagliarla in cubetti o a<br />
fettine e cospargere di zucchero semolato<br />
Note: frutta e zucchero<br />
Facendo cuocere la frutta con quantità variabili<br />
di zucchero si ottengono alc<strong>un</strong>i preparati molto<br />
simili tra loro, la cui specificità è rag gi<strong>un</strong>ta di<br />
volta in volta per mezzo di semplici variazioni<br />
tecniche o quantitative.<br />
La gelatina si ottiene facendo cuocere con <strong>un</strong>o<br />
sciroppo di acqua e zucchero il succo ottenuto<br />
dalla spremitura di frutta, meglio se ricca di pectina<br />
(es.: mele), cui all’occorrenza può essere<br />
aggi<strong>un</strong>to del gelatinizzante o <strong>della</strong> colla di pesce.<br />
La composta si prepara facendo bollire in <strong>un</strong>o<br />
sciroppo, formato con acqua e <strong>un</strong>a modesta<br />
quantità di zucchero, la frutta intera o a pezzi,<br />
finchè la concentrazione non sia tale da permetterne<br />
la conservazione per <strong>un</strong> breve periodo.<br />
La confettura è fatta di frutta intera o a pezzi<br />
bollita in acqua e zucchero e concentrata in<br />
modo tale da impedirne la fermentazione. Versata<br />
calda in vasi sterili chiusi poi ermeticamente,<br />
si conserva anche per l<strong>un</strong>ghi periodi.<br />
La marmellata è ottenuta facendo bollire la<br />
frutta, a pezzi o setacciata, con zucchero in<br />
quantità pari al peso <strong>della</strong> frutta (se questa è<br />
acida) o non meno del 75% se è dolce. Si presta<br />
a <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ghissima conservazione.<br />
Varianti:<br />
Le varianti rendono la persicata ora <strong>un</strong>a confettura<br />
(50% di zucchero) ora <strong>un</strong>a marmellata<br />
vera e propria (75% di zucchero). Nel primo<br />
caso bastano 10-15 minuti di cottura; nel<br />
secondo 30-40 minuti. Se ne ricava anche <strong>un</strong>a<br />
versione più raffinata, utilizzando polpa di<br />
pesche passata al setaccio. La marmellata così<br />
ottenuta, versata in <strong>un</strong>o stampo foderato di<br />
ostie e cosparso di zucchero, è fatta asciugare<br />
alla bocca del forno e quindi lasciata riposare<br />
per almeno tre giorni al fresco.<br />
Abbinamenti:<br />
Come merenda per i bambini, può essere<br />
presentata con nettare di mela verde, non<br />
eccessivamente dolce. Come dessert, si lega con<br />
i sapori antichi del rosolio, ma anche con<br />
l’aroma penetrante del Moscato dolce filtrato.<br />
L’ingrediente: le pesche<br />
La produzione di pesche, la cui coltivazione si<br />
addice alle zone pianeggianti con clima relativamente<br />
mite, assume rilevanza commerciale<br />
principalmente nelle provincie di Mantova e di<br />
Brescia. A livello regionale, la superficie coltivata<br />
a pescheto è in leggero continuo incremento, al<br />
pari <strong>della</strong> produzione che, nel 1994, è stata poco<br />
meno <strong>della</strong> metà rispetto a quella delle pere e<br />
quasi <strong>un</strong> quinto rispetto a quella delle mele,<br />
frutti tipici dell’agricoltura arbustiva <strong>lombarda</strong>.<br />
Nelle tradizioni gastronomiche <strong>della</strong> regione, alle<br />
pesche, in particolare a quelle nostrane di pasta<br />
bianca, è riservata <strong>un</strong>a collocazione non<br />
secondaria tra i dessert: le pesche giulebbate, in<br />
sciroppo di zucchero aromatizzato o meno con<br />
liquore; le pesche con gli amaretti e la panna,<br />
<strong>della</strong> zona del lago Maggiore (specialissime le<br />
pesche di Travedona, sode e compatte anche nel<br />
momento <strong>della</strong> perfetta maturazione); le<br />
varianti sul tema <strong>della</strong> charlotte; le pesche<br />
ripiene con liquore e mustazitt, quelle al sugo di<br />
limone, sono tutte preparazioni di sapore<br />
ottocentesco accettabili ancora oggi per la<br />
conclusione di <strong>un</strong> menù creativo.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia
PERSICATA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Colesterolo<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />
Fibra (g)<br />
335 1,2 0,2 87,6 5 0 2,4
BOSSOLA’<br />
Ciambella casalinga <strong>della</strong> tradizione bresciana, assimilabile al bisulàan o bussolano tipico del<br />
Cremonese e del Mantovano, nella tipologia del buccellato medioevale, com<strong>un</strong>e ad altre<br />
tradizioni regionali. Come specialità bresciana era già conosciuto all’inizio del XIX secolo,<br />
tanto da meritare la segnalazione da parte del Dubini.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Dessert<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 70 minuti<br />
Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />
Utensili:<br />
spianatoia, bastar<strong>della</strong>, frullino, sco<strong>della</strong>,<br />
stampo da ciambella.<br />
Ingredienti:<br />
FARINA BIANCA (300 g), FECOLA (300 g),<br />
ZUCCHERO (250 g), LIEVITO IN POLVERE (<strong>un</strong>a<br />
bustina), VANILLINA (<strong>un</strong>a bustina), SCORZA<br />
GRATTUGIATA DI UN LIMONE E DI UN’ARANCIA,<br />
BURRO (200 g), TUORLO E ALBUME D’UOVO<br />
(n.4), SALE (<strong>un</strong> pizzico).<br />
Esecuzione:<br />
• Setacciare sulla spianatoia la farina e la fecola,<br />
formando la fontana; <strong>un</strong>itevi lo zucchero,<br />
il sale e mescolate<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere, <strong>un</strong>o alla volta, i tuorli delle uova,<br />
aiutandosi con <strong>un</strong> cucchiaio di legno<br />
• Unire le scorze degli agrumi grattugiate finissime,<br />
il burro fuso, il lievito e la vanillina<br />
• Montare gli albumi a neve ben ferma e incorporarli<br />
al composto con delicatezza affinchè<br />
non si smontino.<br />
• Versare dolcemente in <strong>un</strong>o stampo da ciambelle<br />
imburrato<br />
• Cuocere in forno a calore moderato (170°C)<br />
per 40 minuti<br />
Note: il dolce dei tre impasti<br />
Nella sua fondamentale raccolta di formulazioni<br />
regionali, Anna Gosetti <strong>della</strong> Salda riporta <strong>un</strong>a<br />
ricetta del bossolà nella quale si descrive <strong>un</strong>a<br />
procedura davvero antica, che non prevede neppure<br />
l’impiego nello stampo e che rimanda alle<br />
elaborate tecniche di lievitazione proprie di altri<br />
dolci tradizionali, quali il panettone o il pandoro.<br />
In pratica, 1/6 degli ingredienti base (farina,<br />
burro, zucchero e uova) vengono impastati con<br />
lievito di birra e lasciati a lievitare per circa<br />
<strong>un</strong>’ora. Successivamente altri 2/6 degli ingredienti<br />
vengono impastati tra loro e quindi aggi<strong>un</strong>ti<br />
al panetto già lievitato, per essere lasciati<br />
a lievitare altre due/tre ore.<br />
In ultimo si impastano i residui 3/6 degli<br />
ingredienti e si aggi<strong>un</strong>gono al panetto lievitato.<br />
Dopo quindici minuti di energica manipolazione<br />
si forma con l’impasto <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go salame che si<br />
pone direttamente sulla placca imburrata del<br />
forno, avvolto attorno ad <strong>un</strong>a sco<strong>della</strong> capovolta.<br />
Varianti:<br />
La lievitazione, nella tradizione più remota, era<br />
ottenuta con bicarbonato e cremor tartaro. La<br />
fecola di patate è aggi<strong>un</strong>ta nelle formulazioni più<br />
recenti per conferire leggerezza alla ciambella.<br />
Sono frequenti la spennellatura superficiale con<br />
albume d’uovo, la spolverizzazione con granella<br />
di zucchero (o zucchero vanigliato) e con mandorle<br />
tritate.<br />
Abbinamenti:<br />
Il bossolà, che nell’Ottocento era considerato<br />
<strong>un</strong>a vera e propria specialità da credenza, oggi<br />
appare più congeniale a <strong>un</strong>a colazione del mattino<br />
o a <strong>un</strong> sano sp<strong>un</strong>tino pomeridiano piuttosto<br />
che a <strong>un</strong> dessert. Il gusto rustico ma delicato,<br />
infatti, si sposa bene con il latte e meglio ancora<br />
con il tè. Volendo presentarlo a fine pasto si abbina<br />
con vini bianchi dolci o liquorosi.<br />
L’ingrediente: la farina bianca<br />
Nella cultura tradizionale <strong>lombarda</strong>, massimamente<br />
in quella alpina, la farina di frumento era<br />
molto rara presso la gente com<strong>un</strong>e. Nella panificazione<br />
era usata in prevalenza per conferire coesione<br />
ed elasticità al pane di mistura confezionato<br />
con sfarinati di scarso pregio. Il pane<br />
bianco, prodotto interamente con farina di frumento,<br />
era riservato agli ammalati e ai convalescenti.<br />
In <strong>cucina</strong> la farina bianca rientrava nella<br />
preparazione delle fritture e in alc<strong>un</strong>i piatti non<br />
propriamente ordinari di paste farcite (marubini,<br />
tortelli, casonsei) o di gnocchi e minestre<br />
(malfatti, maltagliati, sbrofadej). Nella gastronomia<br />
borghese è rimasta <strong>un</strong>a traccia di<br />
frequentazioni franco-piemontesi in certe<br />
ricoperture di besciamella e nell’infarinatura<br />
delle carni per l’arrosto o per il salmì. Un po’ più<br />
frequente l’uso in pasticceria, dalle cutizze<br />
brianzole alla maggior parte dei biscotti e delle<br />
torte tradizionali, in cui <strong>un</strong>a percentuale di<br />
farina bianca mitiga sempre l’asciuttezza <strong>della</strong><br />
farina di mais o amalgama opport<strong>un</strong>amente il<br />
pane ammollato nel latte e impastato con la<br />
frutta.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia
BOSSOLA’<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Colesterolo<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />
Fibra (g)<br />
811 10,9 31,2 129,2 182 212 1,9
Garda e Iseo<br />
L’alto corso dell’Oglio e il lago d’Iseo a Ovest e la sponda<br />
occidentale del lago di Garda delimitano <strong>un</strong> ampio territorio<br />
montuoso e la propaggine alpina tagliati longitudinalmente<br />
dalla Valcamonica e dalla Valtrompia, comprendenti<br />
circa i tre quarti del territorio bresciano, nei<br />
quali, in continuazione con <strong>un</strong>a vicenda storica di isolamento<br />
dalle principali vie di com<strong>un</strong>icazione con l’Europa<br />
centrale, si sono conservate tradizioni etnografiche, culturali<br />
e gastronomiche dai tratti originali e autonomi rispetto<br />
a quelle <strong>della</strong> pianura. Sopravvive infatti, a Nord,<br />
seppure mitigata dalla omologazione a modelli standardizzati,<br />
propri <strong>della</strong> nostra epoca, <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> di montagna<br />
(le castagne, la polenta, i formaggi tipici, soprattutto<br />
il Bagoss, il Silter, le Formaggelle di Monte, lo Stracchino<br />
dei Campelli), dagli evidenti legami con quella delle<br />
valli trentine e ladine. A Sud, invece, c’è <strong>un</strong>’ovvia<br />
preminenza <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> di lago, vincolata alla pesca e<br />
alla conservazione del pesce, essiccato alla breva lacustre<br />
o preparato in carpione.<br />
Ricche e austere tradizioni quelle <strong>della</strong> Valcamonica: il riso<br />
di patate e verze, gli gnocchetti di farina bianca, le<br />
lumache alla cam<strong>un</strong>a. Accanto ai piatti a base di castagne,<br />
il trionfo <strong>della</strong> selvaggina da pelo, il capriolo con i<br />
frutti di bosco e la coscia di camoscio ai f<strong>un</strong>ghi.<br />
Molte affinità con la gastronomia degli altri laghi prealpini<br />
nelle cucine delle rive del Garda, dell’Iseo e dell’Idro. Il<br />
pesce persico e la tinca impanati e fritti, con accompagnamento<br />
di risotto, le fritture di alborelle, di aiole<br />
e di sardelle del Garda, le tinche ripiene, le anguille con<br />
il vino bianco. Ma anche piatti più tipici: le tinche ripiene,<br />
il luccio stufato, la trota con guazzetto di acciughe, pancetta<br />
e aromi, le anguille con i piselli e quelle allo spiedo<br />
o alla graticola.<br />
I vini DOC <strong>della</strong> Riviera del Garda e di San Martino <strong>della</strong><br />
Battaglia offrono l’ideale complemento di questi piatti.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo
BARDELE COI MARAI<br />
Tagliatelle (o fettuccine) con la borragine, pasta asciutta dei territori orientali <strong>della</strong> regione,<br />
in com<strong>un</strong>e con il vicino Veneto, elaborata con <strong>un</strong>a tecnica simile a quella <strong>della</strong> pasta verde<br />
con spinaci e <strong>della</strong> pasta con vegetali in genere che oggi trova <strong>un</strong>a certa diffusione poiché,<br />
avendo già di per sé <strong>un</strong> sapore particolare, si presta ad essere consumata solo con <strong>un</strong> po’ di<br />
burro fuso o di olio, senza condimenti pesanti o elaborati.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Primi piatti asciutti<br />
Stagionalità: Primavera, Aut<strong>un</strong>no<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 120 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
pentola, setaccio, mezzal<strong>un</strong>a, tagliere, mattarello,<br />
panno, vassoio<br />
Ingredienti:<br />
per la pasta: FOGLIE DI BORRAGINE (200 g),<br />
FARINA BIANCA (500 g), UOVA (n.2), SALE (<strong>un</strong><br />
pizzico)<br />
per il condimento: BURRO (150 g), FORMAGGIO<br />
GRANA GRATTUGIATO (50 g)<br />
Esecuzione:<br />
• Nettare le foglie di borragine, lessarle in pochissima<br />
acqua o a vapore, risciacquarle e<br />
sgocciolarle<br />
• Tritarle finemente, passarle al setaccio e farle<br />
raffreddare<br />
• Impastarle con la farina, le uova e il sale<br />
• Lavorare bene l'impasto e farlo riposare per<br />
<strong>un</strong>'ora in <strong>un</strong> panno<br />
• Stendere l'impasto con il mattarello tirando<br />
delle sfoglie<br />
• Ripiegare le sfoglie più volte su sè stesse e<br />
tagliarle a fettuccine larghe 1 cm<br />
• Disporre le fettuccine bene aperte su <strong>un</strong> vassoio<br />
ricoperto da <strong>un</strong> panno pulito e spolverizzato<br />
di farina; farle asciugare <strong>un</strong> po'<br />
• Far cuocere le bardele in abbondante acqua<br />
bollente salata e scolarle poco per volta sollevandole<br />
dall'acqua con due forchette<br />
• Metterle nelle fondine calde, condirle con il<br />
burro fuso e il formaggio e servire<br />
Note: la preparazione delle bardele<br />
Tagliatelle particolari, le bardele, richiedono <strong>un</strong>a<br />
quantità limitata di farina rispetto alla passata di<br />
borragine (da 1/4 al doppio, quando per le tagliatelle<br />
di spinaci la quantità di farina è an che<br />
cinque volte maggiore), perché la borragine è<br />
<strong>un</strong>’erba asciutta che porta nell’impasto molta<br />
meno acqua degli spinaci. Le foglie <strong>della</strong> borragine<br />
sono leggermente pelose, devono perciò<br />
essere lavate con molta cura e messe a cuocere<br />
in pochissima acqua già bollente (è suffi ciente<br />
che il liquido le copra appena, come si fa con<br />
quasi tutti i vegetali).<br />
Dopo <strong>un</strong>a decina di minuti di bollitura a fuoco<br />
moderatissimo, si scolano con la schiumarola<br />
(non si rovesciano nello scolapasta: se fossero<br />
rimasti nell’acqua residui di terra, finirebbero<br />
nell’impasto), e si lasciano raffreddare. Infine si<br />
strizzano per estrarne il liquido (che farebbe<br />
aumentare la quantità di farina) e, dopo averle<br />
tritate grossolanamente, si passano al setaccio<br />
o nel frullatore. La sfoglia, che non deve risultare<br />
sottilissima, si ripiega alc<strong>un</strong>e volte su sè<br />
stessa, prima di tagliarla a fettuccine larghe <strong>un</strong><br />
dito da far asciugare <strong>un</strong>a mezzora o più, bene<br />
aperte su <strong>un</strong> panno spolverizzato di farina.<br />
Varianti:<br />
Qualche diversità si riscontra nelle proporzioni<br />
tra farina e foglie di borragine (massimo 10-<br />
15%), nel numero delle uova, che varia a seconda<br />
<strong>della</strong> quantità di farina, e nel grado di<br />
cottura del burro per il condimento (da crudo a<br />
fuso, a schiumante a color nocciola). Ogni altro<br />
condimento coprirebbe la gradevolezza del gusto<br />
leggermente acidulo <strong>della</strong> borragine, simile<br />
a quello del cetriolo.<br />
Abbinamenti:<br />
Le tagliatelle vegetali si accompagnano a <strong>un</strong> antipasto<br />
tradizionale - salame e fettine di lardo,<br />
giustamente aromatizzati con aglio - e scaloppine<br />
con f<strong>un</strong>ghi o asparagi. Vino bianco Chardonnay<br />
<strong>della</strong> Franciacorta, sapido e armonico.<br />
L’ingrediente: la borragine<br />
Pianta annuale (Borago officinalis) i cui grappoli<br />
di fiori azzurri spiccano per gran parte dell’anno<br />
nei terreni incolti di tutto il nostro continente,<br />
indipendentemente dalle condizioni climatiche.<br />
La farmacopea antica le riconosceva la proprietà<br />
di influenzare la sudorazione. In <strong>cucina</strong> è stata<br />
sempre apprezzata per preparati di ogni tipo, in<br />
ragione del gusto gradevole e <strong>della</strong> consistenza,<br />
ma anche per la sua assoluta economicità. Maestro<br />
Martino da Como ne fa zuppe (Menestra<br />
d’herbette) e, dopo di lui, tutti i grandi cuochi<br />
padani l’hanno elaborata in saporite frittelle e<br />
frittate. La tradizione alimentare delle campagne<br />
non ha mai perso il gusto di <strong>un</strong>’insalatina di<br />
germogli e foglie tenere di borragine, semmai in<br />
<strong>un</strong>ione con germogli di papavero e cicoria selvatica,<br />
così come, sui rilievi, si è continuato a mischiarne<br />
le foglioline ben tritate al formaggio<br />
fresco e alla ricotta. E’ utilizzata, assieme alle<br />
bietole e agli spinaci, per dare corpo ai minestroni,<br />
o per le farcie dei ravioli di magro e di<br />
torte salate e pizze, quasi sempre in amalgama<br />
con ricotta, burro e formaggio.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo
BARDELE COI MARAI<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />
Fibra (g)<br />
534 14,7 25,3 65,8 349 136 2,3
RISOTTO CON LE TINCHE<br />
Un piatto semplice e delizioso, conteso tra Bresciani e Veronesi, ma presente con poche varianti,<br />
in tutta la fascia dei laghi prealpini, testimonianza di <strong>un</strong>a tradizione gastronomica popolare<br />
capace di utilizzare al meglio tutte le risorse offerte dal territorio in <strong>un</strong> modello economico<br />
improntato all’autoconsumo.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 80 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura, Stufatura<br />
Utensili:<br />
2 casseruole, coltello per sfilettare, terrina, passino,<br />
teglia, piatto di portata<br />
Ingredienti:<br />
RISO (350 g), BURRO (100 g), TINCHE DI LAGO<br />
(n.2), SEDANO (1 costa), CAROTE (n.1),<br />
CIPOLLE (n.1), AGLIO (1 spicchio), PREZZE-<br />
MOLO (<strong>un</strong>a manciata), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Squamare le tinche, sventrarle, lavarle e sfilettarle<br />
• Porre sul fuoco <strong>un</strong>a casseruola con <strong>un</strong> litro di<br />
acqua salata, <strong>un</strong>ire la carota, la cipolla, il sedano,<br />
le lische e le teste dei pesci<br />
• Cuocere per 20 minuti e poi filtrare il brodo<br />
da <strong>un</strong> passino affinché non passi alc<strong>un</strong>a lisca,<br />
versandolo in <strong>un</strong>a terrina; tenerlo al<br />
caldo<br />
• Imburrare <strong>un</strong>a teglia e disporvi i filetti di tinca;<br />
porre il recipiente sul fuoco e cuocere il<br />
pesce rigirandolo con delicatezza<br />
• Mondare il prezzemolo, lavarlo e tritarlo finemente<br />
con lo spicchio d'aglio<br />
• Mettere il trito in <strong>un</strong>a casseruola con il restante<br />
burro e farlo rosolare<br />
• Unire il riso, lasciarlo tostare e, aggi<strong>un</strong>gendo<br />
di tanto in tanto il brodo di pesce, portare il<br />
risotto a cottura<br />
• Accomodarlo su <strong>un</strong> piatto di portata e sistemarvi<br />
sopra i filetti di tinca.<br />
Note: sapore di fango<br />
Le tinche vivono nelle acque melmose dei fondali.<br />
E' consigliabile acquistarle ancora vive e<br />
lasciarle per due o tre giorni in acqua pulita, per<br />
far perdere alla loro carne il caratteristico sapore<br />
di fango. Nel caso non ci fosse tempo per<br />
questo purgatorio (l’<strong>un</strong>ico efficace), la tradizione<br />
suggerisce di fare ingoiare ai pesci vivi alc<strong>un</strong>e<br />
cucchiaiate di aceto. C’è da dubitare<br />
dell’efficacia di questo trattamento, come dell’altro<br />
espediente raccomandato popolarmente<br />
per togliere il sapore di fango ai pesci già morti:<br />
tenerli a bagno per almeno 24 ore in acqua puli-<br />
ta per poi immergerli rapidamente alc<strong>un</strong>e volte<br />
in acqua bollente, prima di procedere a<br />
<strong>un</strong>’accurata squamatura e alla sventratura. Altri<br />
consigliano di rovesciare sulle branchie dei pesci<br />
<strong>un</strong> bicchiere di aceto: è tuttavia indubbio che se<br />
l’aceto può attenuare l’odore di fango, difficilmente<br />
può cancellarne il ritorno gustolfattivo.<br />
Varianti:<br />
In alc<strong>un</strong>i ricettari il soffritto di aglio e prezzemolo<br />
si arricchisce di cipolla, sedano, carota e<br />
basilico. La tinca spezzettata è aggi<strong>un</strong>ta al riso<br />
dopo <strong>un</strong>a rapida rosolatura nelle formulazioni<br />
più tradizionali; quelle attualizzate consigliano<br />
invece di sfilettare il pesce, utilizzando le lische,<br />
la testa e la coda per ottenere il court-bouillon<br />
con il quale cuocere il riso. I filetti, fritti nel burro,<br />
vengono poi adagiati sul riso già cotto.<br />
Abbinamenti:<br />
E’ <strong>un</strong> piatto <strong>un</strong>ico, cui si può far precedere <strong>un</strong><br />
leggero antipasto vegetale, per esempio<br />
<strong>un</strong>’insalata di cuori di sedano o, preferendo <strong>un</strong><br />
menù ittico, del paté di cavedano. Si accompagna<br />
piacevolmente con vini ricavati da vitigni<br />
Tocai, come il San Martino <strong>della</strong> Battaglia bianco,<br />
dal profumo intenso, al palato asciutto e<br />
rotondo con retrogusto amarognolo.<br />
L’ingrediente: la tinca<br />
E’ <strong>un</strong> pesce <strong>della</strong> famiglia dei Ciprinidi che frequenta<br />
i fondali sabbiosi dei corsi d’acqua delle<br />
zone temperate, con preferenza per i bacini dalle<br />
correnti pigre e tiepide. Nutrendosi di molluschi,<br />
vermi, crostacei e larve di diversa specie<br />
che riesce a stanare dai loro nascondigli tra le<br />
piante acquatiche, talvolta smuovendo la melma<br />
del fondo, può raggi<strong>un</strong>gere 5 kg di peso.<br />
Proprio per questa sua attività di scavo, la tinca<br />
ha carni con quel preciso sapore di fango che le<br />
impedisce di entrare a pieno titolo nella gastronomia<br />
maggiore. E’ stata però sempre apprezzata<br />
dalla <strong>cucina</strong> popolare, in frittura o in umido<br />
con pisellini novelli oppure con fagioli borlotti.<br />
Tipiche <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> lacustre <strong>lombarda</strong> le tinchette<br />
in carpione e quelle ripiene con formaggio<br />
e aromi. Ad <strong>un</strong>a gastronomia alta si ispirano<br />
invece le tinche al vino bianco e il brodo di tinca,<br />
aromatizzato con chiodi di garofano, cannella,<br />
lauro e f<strong>un</strong>ghi, ideale come court-bouillon<br />
per qualsiasi risotto di magro.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo
RISOTTO CON LE TINCHE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />
Fibra (g)<br />
434 29,2 14,9 48,9 530 42 1,4
FRITTURA DI ALBORELLE<br />
Ai poveri il cibo dei poveri; ai poveri pescatori le alborelle, il pesce minuto di cui il lago è tuttavia<br />
generoso. Nella società tradizionale, la frittura, in quanto tecnica di cottura asciugante,<br />
permetteva al pesce, <strong>un</strong>a volta cotto, di durare qualche giorno in più (particolarmente con la<br />
successiva benedizione a base di aceto che generava le varianti sul tema <strong>della</strong> carpionatura).<br />
<strong>Per</strong> il nostro palato moderno, la fragranza e la giusta croccantezza del pesce appena fritto<br />
sono però insuperabili.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Pesci<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no-Primavera<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo di esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura<br />
Utensili: Pa<strong>della</strong><br />
Ingredienti:<br />
ALBORELLE (800 g), FARINA BIANCA (50 g),<br />
OLIO DI OLIVA (250 ml), SALE (q. b.),<br />
LIMONE a piacere.<br />
Esecuzione:<br />
• Squamare, eviscerare, lavare le alborelle<br />
e asciugarle con <strong>un</strong> canovaccio.<br />
• Passarle nella farina e friggerle in abbondante<br />
olio d’oliva bollente.<br />
• Depositarle su <strong>un</strong> foglio di carta assorbente<br />
per liberarle dell’<strong>un</strong>to in eccesso e salarle.<br />
• Servirle su <strong>un</strong> piatto di portata opport<strong>un</strong>amente<br />
riscaldato e guarnito, se piace,<br />
con fettine di limone.<br />
Note: <strong>un</strong> pesce “duro e difficile”<br />
Fu Ippolito Salviano a maltrattare in questo<br />
modo il pesce più com<strong>un</strong>e dei laghi prealpini.<br />
Nell’Aquatilium animalium historiae del 1558<br />
scrive infatti che “la carne dell’Albora è dura,<br />
di difficile cottura e tanto insipida che giustamente<br />
questo è ritenuto il meno pregevole<br />
di tutti i pesci. Com<strong>un</strong>que lo si cucini, non<br />
si riesce a renderlo gustoso e solo abbrustolito<br />
diventa gradito al palato. Si consuma esclusivamente<br />
quando c’è scarsità di altri pesci”.<br />
Tradizionalmente, si riconosce che il<br />
tempo migliore per consumare l’alborella è<br />
tra ottobre e giugno (quando è più difficile<br />
pescare pesci più appetibili). Sempre secondo<br />
l’abitudine popolare, in questo periodo,<br />
trovando poco nutrimento, i pesciolini possono<br />
essere fritti tutti interi, senza eviscerarli.<br />
Varianti:<br />
Trattandosi di <strong>un</strong>a semplice frittura, non esistono<br />
praticamente varianti di rilievo.<br />
Qualche formulazione prevede la salatura del<br />
pesce prima dell’infarinatura, ma è pratica<br />
sconsigliabile perché contribuisce a fargli<br />
perdere liquidi, facendo sgrillettare l’olio di<br />
frittura.<br />
Un’altra modalità di frittura comporta che i<br />
pesci siano insaporiti con salvia e rosmarino<br />
e fritti in poco olio, senza infarinatura, talvolta<br />
con <strong>un</strong>o spruzzo di vino bianco.<br />
Abbinamenti:<br />
Tradizionalmente, sulle mense dei poveri, ai<br />
pesciolini fritti si affiancava la polenta e vi si<br />
beveva assieme il vino che c’era, quasi sempre<br />
rosso. Il gusto attuale accetta volentieri<br />
<strong>un</strong>a piccola porzione di polenta abbrustolita e<br />
dell’insalata verde, ma il vino sarà bianco,<br />
meglio se leggermente aromatico, come il<br />
Tocai di San Martino <strong>della</strong> Battaglia DOC.<br />
L’ingrediente: l'olio di oliva dei laghi lombardi<br />
Introdotto in epoca romana da coloni provenienti<br />
dalla Magna Grecia, l’olivo ha trovato<br />
<strong>un</strong> clima adatto attorno ai laghi maggiori <strong>della</strong><br />
Lombardia, soprattutto quello di Garda,<br />
quello d’Iseo e quello di Como, dove il clima<br />
è sufficientemente dolce e dove è diventato<br />
<strong>un</strong> elemento importante del paesaggio locale.<br />
Se sul lago di Como la produzione è oggi<br />
limitata al consumo familiare o locale, soprattutto<br />
nella cosiddetta Zòca de l’Oli, tra<br />
Griante e Sala Comacina, sul Garda e sul Sebino<br />
la produzione di olive riesce ad essere<br />
ancora oggi apprezzabile e ad assicurare discreta<br />
presenza sul mercato nazionale ad <strong>un</strong><br />
olio extravergine con caratteri specifici di riconoscibilità.<br />
Le varietà di olive sono quelle<br />
tradizionalmente coltivate sul Benaco, come<br />
la Casaliva e la Gargnà. La raccolta viene effettuata<br />
a mano, in modo da non danneggiare<br />
il frutto, che viene poi spremuto a freddo.<br />
L’olio che se ne ricava è di colore verde, ha<br />
bassa acidità e <strong>un</strong>a caratteristica nota aromatica<br />
fruttata e erbacea che ricorda il carciofo<br />
e la mandorla: <strong>un</strong> prodotto dalle caratteristiche<br />
dietetiche e organolettiche perfettamente<br />
aderenti alle necessità e al gusto attuali.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo
FRITTURA DI ALBORELLE<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />
Fibra (g)<br />
669 14,6 63,8 9,7 469 60 0,3
TROTA COI FUNGHI<br />
Il lago e la montagna trovano <strong>un</strong>a gustosissima sintesi gastronomica in questa formulazione<br />
in cui il sapore intenso dei f<strong>un</strong>ghi aggredirebbe la delicatezza <strong>della</strong> trota, se questa non venisse<br />
protetta dalla croccante infarinatura. L’associazione pesce/f<strong>un</strong>ghi, entrata solo di recente<br />
nella gastronomia d’élite, ha da sempre <strong>un</strong> posto privilegiato nella <strong>cucina</strong> popolare,<br />
fondata soprattutto sulla stagionalità e sulla disponibilità delle materie prime.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Pesci<br />
Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Primavera<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo di esecuzione: 75 minuti<br />
Tecnica di cottura: Frittura, Cottura al forno<br />
Utensili:<br />
Pa<strong>della</strong>, Teglia o pirofila<br />
Ingredienti:<br />
TROTE (n. 4 da 300 g ciasc<strong>un</strong>a), SUCCO DI<br />
LIMONE (25 g), FARINA BIANCA (40 g), OLIO<br />
DI OLIVA (50 g), FUNGHI PORCINI (300 g),<br />
BURRO (30 g), PREZZEMOLO (15 g), SALE e<br />
PEPE (q. b.).<br />
Esecuzione:<br />
• Squamare le trote, svuotarle delle interiora e<br />
delle branchie, lavarle con cura e asciugarle.<br />
• Pulire i f<strong>un</strong>ghi, togliendo la parte terrosa<br />
all’estremità del gambo e strofinando le cappelle<br />
con <strong>un</strong>o straccetto umido.<br />
• Condire le trote con il sale, il pepe, il succo di<br />
limone e infarinarle.<br />
• Far scaldare l’olio in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong>, adagiarvi le<br />
trote e lasciarle colorire due minuti per parte.<br />
• Imburrare <strong>un</strong>a pirofila e farvi sul fondo <strong>un</strong>o<br />
strato di f<strong>un</strong>ghi tagliati a pezzi piuttosto<br />
grossi, sovrapponendovi le trote.<br />
• Cospargere i pesci con il prezzemolo tritato e<br />
con il burro residuo.<br />
• Passare la pirofila nel forno già caldo a 220°C<br />
per circa 20 minuti e servire caldo nella stessa<br />
pirofila.<br />
Note: squame sì, squame no<br />
Le squame <strong>della</strong> trota, come in genere quelle<br />
dei pesci d’acqua dolce, sono più piccole e meno<br />
resistenti di quelle dei pesci di mare. Di solito si<br />
asportano dal corpo del pesce con <strong>un</strong> grosso<br />
coltello a lama rigida o con l’apposito strumento<br />
(squamapesce). La squamatura tuttavia non si<br />
attua sui pesci destinati alla cottura sul barbecue<br />
o com<strong>un</strong>que sulla fiamma viva, poiché in<br />
questi casi le squame proteggono la carne dal<br />
calore troppo intenso, evitando sgradevoli indurimenti<br />
o carbonizzazioni <strong>della</strong> pelle. Le squame<br />
non si tolgono neppure nella cosiddetta preparazione<br />
al blu, in cui proprio la mucosità epider-<br />
mica del pesce, a contatto con l’acqua acidulata<br />
di bollitura, dà alla trota la caratteristica colorazione<br />
blu.<br />
Varianti:<br />
Talvolta sotto allo strato di f<strong>un</strong>ghi viene posto<br />
<strong>un</strong>o battuto di cipolla e aglio. I porcini possono<br />
essere sostituiti con altre specie di f<strong>un</strong>ghi, soprattutto<br />
agarici (prataioli) o champignons. Al<br />
momento di infornare si può aggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong> bicchiere<br />
di vino bianco oppure 50 ml di latte. La<br />
gratinatura può essere favorita cospargendo i<br />
pesci con <strong>un</strong> po’ di pangrattato, prima di cospargerli<br />
con il burro.<br />
Abbinamenti:<br />
Il riso in cagnone si adatta più <strong>della</strong> polenta ad<br />
accompagnare questo piatto. Vino bianco, profumato<br />
e dal gusto fresco e morbido, Lugana<br />
DOC o Oltrepò Pavese Cortese DOC.<br />
L’ingrediente: la trota<br />
E’ <strong>un</strong> pesce d’acqua dolce <strong>della</strong> famiglia dei<br />
Salmonidi. Le specie europee sono tutte derivate<br />
dalla cosiddetta trota com<strong>un</strong>e (Salmo fario)<br />
che è quella che vive nei corsi d’acqua montani.<br />
Le trote che vivono nei torrenti di montagna<br />
hanno colore tendente al verde scuro, con p<strong>un</strong>tinatura<br />
nera e rossa, mentre quelle che vivono<br />
nei fiumi hanno colore argenteo-grigio tendente<br />
al giallognolo. Le trote di allevamento sono quasi<br />
tutte <strong>della</strong> specie iridea (Salmo gairdneri<br />
Rich.) ed hanno corpo grigio argenteo p<strong>un</strong>teggiato<br />
di nero, con riflessi multicolori (da cui il<br />
nome) e <strong>un</strong>a fascia aranciata o rosea sul fianco.<br />
Di recente diffusione le trote salmonate, dalla<br />
carne rosata, come quella del salmone.<br />
Nonostante si tratti di <strong>un</strong> pesce conosciuto e<br />
apprezzato fin dall’antichità (ne fanno l’elogio<br />
Plinio e più tardi il Giovio e Ippolito Salviano, e<br />
ne presentano ricette tutti i trattati gastronomici<br />
del Medioevo e del Rinascimento), è noto che<br />
solo recentemente le trote hanno trovato <strong>un</strong> diffuso<br />
apprezzamento nella gastronomia italiana.<br />
Solo nella fascia prealpina, e soprattutto in terra<br />
<strong>lombarda</strong>, è fiorita <strong>un</strong>a tradizione popolare, consolidatasi<br />
nel tempo, che ha elaborato alc<strong>un</strong>i<br />
piatti di grande prestigio. Le trote al vino bianco,<br />
le trote dorate, le trote in carpione (già presenti<br />
nel ricettario di Maestro Martino), quelle in<br />
salsa bianca e quelle alla comasca, non sono<br />
che le ricette più note.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo
TROTA COI FUNGHI<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />
Fibra (g)<br />
362 28,3 24,3 7,9 494 110 2,1
ANGUILLE ALLA GARDESANA<br />
La <strong>cucina</strong> popolare continua a tenere in grande apprezzamento questo pesce dalla carne<br />
grassa, che in passato ha costituito <strong>un</strong>a ghiottoneria molto ricercata anche dalla gastronomia<br />
d’autore. Nelle anguille alla gardesana, cotte semplicemente sulla griglia per permettere l'ottimale<br />
sgrassamento delle carni, si ripropone <strong>un</strong>’antica ricetta il cui modello è nel Libro di<br />
Maestro Martino da Como.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Pesci<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Media<br />
Tempo esecuzione: 60 minuti<br />
Tecnica di cottura: Cottura sulla griglia<br />
Utensili:<br />
gancio, telo, coltello, piatto, gratella<br />
Ingredienti:<br />
ANGUILLA (n.1, circa 1 kg), OLIO DI OLIVA (30<br />
g), LIMONI (n.1-2), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Fare <strong>un</strong> taglio circolare appena sotto la testa<br />
dell'anguilla, quindi appenderla per la bocca<br />
ad <strong>un</strong> gancio e con le dita cominciare a staccare<br />
e rovesciare la pelle nella zona del taglio<br />
• Quando se ne sarà staccata <strong>un</strong>a superficie<br />
sufficiente da potersi afferrare ben con le<br />
mani, aiutandosi con <strong>un</strong> telo, che si porrà intorno<br />
alla pelle, tirare questa dall'alto verso il<br />
basso rovesciandola come <strong>un</strong> guanto, spellando<br />
così il pesce<br />
• Dopo avere spellato l'anguilla, toglierle gli<br />
intestini, lavarla, asciugarla e tagliarla a pezzi<br />
l<strong>un</strong>ghi 5 cm<br />
• Disporre i pezzi su <strong>un</strong> piatto, irrorarli con l'olio,<br />
spolverizzarli di sale e pepe e lasciarli così<br />
per circa 15 minuti<br />
• Cuocerli per 10-15 minuti su <strong>un</strong>a gratella posta<br />
su brace di legna<br />
• Servire i rocchi caldissimi, con spicchi di limone.<br />
Note: spellare l’anguilla<br />
Le anguille piccole (dello spessore di <strong>un</strong> dito,<br />
non quelle piccolissime, gli avannotti, le cosiddette<br />
cieche, oggi quasi introvabili, che si preparano<br />
come la schiuma di mare) non bisogna<br />
spellarle: per togliere il viscidume che le ricopre<br />
è sufficiente strofinarle accuratamente con <strong>un</strong><br />
panno cosparso di sale. Quelle più grandi, invece,<br />
sono rivestite da <strong>un</strong>a pelle coriacea che<br />
deve essere tolta. Con <strong>un</strong> coltello molto affilato<br />
si pratica <strong>un</strong>’incisione circolare nella pelle appena<br />
sotto le pinne branchiali dell’anguilla, che<br />
poi si appende per la testa ad <strong>un</strong> gancio. Con le<br />
dita o con lo spelucchino si comincia a staccare<br />
la pelle l<strong>un</strong>go l’incisione finché non se ne sia ro-<br />
vesciato <strong>un</strong> lembo da poter afferrare con le mani<br />
protette da <strong>un</strong>o strofinaccio.<br />
Tirandola dall’alto verso il basso, la pelle si<br />
rivolterà come <strong>un</strong> guanto. L’anguilla così<br />
spellata deve poi essere eviscerata, lavata,<br />
asciugata ed eventualmente tagliata a pezzetti<br />
di 5-6 cm.<br />
Varianti:<br />
In altre zone, l’aromatizzazione è ottenuta marinando<br />
l'anguilla 12 ore in succo di limone e olio<br />
con pepe, sale, aglio e erbe varie (tra le più frequenti<br />
il prezzemolo e l’alloro). Talvolta le anguille<br />
sono passate nel pangrattato prima <strong>della</strong><br />
grigliatura e spruzzate con succo di limone al<br />
momento di andare in tavola.<br />
Abbinamenti:<br />
Si accompagnano a insalata verde. Trattandosi<br />
di piatto non leggero, può essere preceduto da<br />
<strong>un</strong>a crema vegetale o da <strong>un</strong>a vellutata di f<strong>un</strong>ghi.<br />
Vino rosso asciutto e frizzante, sul tipo del<br />
Lambrusco mantovano, oppure <strong>un</strong> cerasuolo<br />
come il Chiaretto o, in <strong>un</strong> pasto importante, il<br />
Rosé spumante del Garda Bresciano.<br />
L’ingrediente: l’anguilla<br />
E’ <strong>un</strong> pesce marino che risale periodicamente i<br />
fiumi, per prepararsi al momento <strong>della</strong> riproduzione,<br />
quando, con <strong>un</strong> ciclo ancora non del tutto<br />
chiaro, ritorna a deporre le uova nei mari caldi<br />
dove è nata. Ha carni grasse e gustose, dal sapore<br />
molto delicato, purché pescata in acque<br />
non stagnanti tra ottobre e maggio, ma, essendo<br />
allevata, si trova tutto l'anno sul mercato. Gli<br />
esemplari più grossi (l<strong>un</strong>ghi fino a <strong>un</strong> metro e<br />
mezzo, del peso di oltre 5 kg) sono chiamati<br />
capitoni, benché siano femmine, e hanno <strong>un</strong><br />
ruolo rituale nei pasti <strong>della</strong> vigilia di Natale nelle<br />
regioni dell’Italia centro-meridionale. Con i flussi<br />
migratori interni degli ultimi cinquanta anni, tali<br />
usanze rituali si sono diffuse anche in Lombardia,<br />
affiancandosi alle preparazioni tradizionali<br />
dell’area lacustre padana. Tipicamente lombarde<br />
sono le anguille alla moda di Borgo Ticino,<br />
cotte in <strong>un</strong> fondo a base di barbera, cui può essere<br />
aggi<strong>un</strong>to qualche pomodoro e allora si definiscono<br />
in umido o anche alla pescatora; le<br />
anguille alla rivierasca, in cartoccio con timo e<br />
limone, <strong>della</strong> zona dell’Iseo; le anguille con piselli<br />
e quelle con i f<strong>un</strong>ghi (Como-Brescia); le<br />
anguille cont i fasoeu dei Navigli milanesi. Si rifanno<br />
alla cultura sei-settecentesca le anguille<br />
arrosto, con sughetto al vino bianco e quelle in<br />
fricassea con salsa d’uovo.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo
ANGUILLE ALLA GARDESANA<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />
Fibra (g)<br />
355 14,1 33,1 0,2 467 0 0,0
BOLLITO MISTO<br />
Costituisce, in tutta la Lombardia come nel Piemonte, <strong>un</strong> piatto a sé e non <strong>un</strong> ripiego per utilizzare<br />
le carni servite a preparare il brodo. E’ invece il brodo ad essere <strong>un</strong> residuo <strong>della</strong> carne,<br />
che viene preparata scegliendo tra i tagli pregiati, com<strong>un</strong>emente non destinati a lesso.<br />
Preparazione per 12 porzioni<br />
Tipologia: Carni<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 240 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura<br />
Utensili:<br />
pentola grande<br />
Ingredienti:<br />
POLPA DI MANZO (1.5 kg: codone, scamone,<br />
cappello da prete, brione), BIANCOSTATO DI<br />
MANZO (1 kg), TESTINA DI VITELLO (500 g),<br />
PIEDINO DI VITELLO (500 g), COTECHINO<br />
(n.1), CAPPONE (n.1), CAROTE (n.2), SEDANO<br />
(2 coste), CIPOLLE (n.2), SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Mettere sul fuoco <strong>un</strong>a pentola molto grande<br />
con circa 3 litri di acqua; salarla e aggi<strong>un</strong>gere<br />
le verdure mondate e lavate<br />
• Quando l'acqua bolle aggi<strong>un</strong>gere le carni nel<br />
seguente ordine e considerando i diversi<br />
tempi di cottura: il manzo, il piedino, il cappone,<br />
la testina e infine il cotechino precedentemente<br />
cotto a parte e sgrassato<br />
• Se durante la prol<strong>un</strong>gata cottura (3-4 ore)<br />
l'acqua dovesse consumarsi troppo, aggi<strong>un</strong>gerne<br />
altra già bollente<br />
• Una volta cotta, la carne va tagliata a fette<br />
piuttosto alte, spolverizzata di sale grosso e<br />
bagnata con qualche cucchiaio di brodo bollente.<br />
Note: le regole del buon bollito<br />
Nei suoi ricettari, Ottorina <strong>Per</strong>na Bozzi ha tentato<br />
più volte di codificare le procedure per <strong>un</strong><br />
buon bollito misto rispettoso <strong>della</strong> tradizione;<br />
procedure che potrebbero sintetizzarsi nelle seguenti<br />
regole:<br />
• Tutte le carni e le verdure devono essere<br />
messe a cuocere nella stessa pentola, le prime<br />
a freddo, aggi<strong>un</strong>gendole progressivamente a<br />
seconda dei tempi di cottura.<br />
• Indicativamente, la cottura si protrae 3 ore<br />
per il manzo e lo zampetto, 2 ore e 1/2 per il<br />
cappone, 2 ore per la testina; il cotechino e le<br />
salsicche si cuociono a parte ed entrano nella<br />
pentola com<strong>un</strong>e, a seconda <strong>della</strong> grossezza, da<br />
1 ora a 1/2 ora prima del termine <strong>della</strong> cottura.<br />
• L’acqua deve appena coprire la carne e va<br />
aggi<strong>un</strong>ta bollente mano a mano che si consuma;<br />
l’ebollizione dovrà rimanere sempre tranquilla,<br />
per non impoverire la carne.<br />
• La carne di manzo, considerata la principale<br />
del bollito, deve provenire da bestia matura,<br />
che abbia lavorato almeno <strong>un</strong> anno, ma che sia<br />
stata fatta riposare almeno sei mesi prima <strong>della</strong><br />
macellazione. Va steccata con pancetta e con<br />
<strong>un</strong>a fettina d’aglio.<br />
• Il bollito si serve tagliato a fette spesse,<br />
spolverato di sale, dopo avervi versato sopra<br />
qualche cucchiaiata di brodo bollente ristretto,<br />
che ha la consistenza quasi di <strong>un</strong>a salsa.<br />
Varianti:<br />
I tagli di manzo più indicati, oltre alla sp<strong>un</strong>tatura<br />
di petto (cioè il biancostato) sono il codone,<br />
lo scamone, il cappello del prete, il brione. Talvolta<br />
invece del cotechino è preferito lo zampone;<br />
altre volte è aggi<strong>un</strong>ta <strong>un</strong>a lingua (salmistrata<br />
o meno). Il cappone può essere ripieno e addirittura<br />
accompagnato da <strong>un</strong>a gallina. La cipolla<br />
può essere picchettata con due chiodi di garofano.<br />
Abbinamenti:<br />
Si serve tradizionalmente con contorno di spinaci<br />
al burro, purè di patate, sottaceti, mostarda<br />
di Cremona, rafano grattugiato, oppure<br />
semplicemente con verdure di stagione o patate<br />
bollite. Frequente l’accostamento a <strong>un</strong>a buona<br />
salsa verde, preparata con filetti di acciuga, cetriolini<br />
sott’aceto, <strong>un</strong>a patata lessa, <strong>un</strong>o spicchio<br />
d’aglio e <strong>un</strong> pezzetto di cipolla, olio e sale.<br />
Si abbina con vini dalla struttura forte e ingenua,<br />
Barbera o Bonarda dell’Oltrepò, oppure<br />
Sassella valtelllinese appena imbottigliato.<br />
L’ingrediente: il lesso e i suoi derivati<br />
Le quantità di carne indicate per <strong>un</strong> bollito tradizionale<br />
rispecchiano l’essenza <strong>della</strong> economia<br />
familiare <strong>della</strong> famiglia patriarcale borghese,<br />
che <strong>un</strong>a volta al giorno si ri<strong>un</strong>iva attorno alla tavola<br />
imbandita per ritrovare, nella consumazione<br />
com<strong>un</strong>e di grandi quantità di cibo, il seme<br />
<strong>della</strong> propria coesione culturale. Oggi, anche riducendo<br />
a metà le dosi indicate, la famiglia mononucleare<br />
di 3-4 persone avrebbe bisogno di<br />
diversi giorni per smaltire i vari tagli di carne: il<br />
bollito misto, insomma, è rimasto specialità da<br />
ristorante o da osteria. Il bollito può riacquistare<br />
fascino nei due sottoprodotti che<br />
inevitabilmente ne derivano: il brodo e le<br />
polpette. Il brodo, più propriamente <strong>un</strong><br />
consommé (o consumato, come scriveva il<br />
Dubini), spesso e scuro, base indispensabile per<br />
ogni risotto: deve essere all<strong>un</strong>gato con acqua<br />
per poterne fare minestre. Le polpette, risorsa<br />
inesauribile dell’antica <strong>cucina</strong>, in cui tutte le<br />
carni e le verdure mischiano i propri sapori<br />
dietro gli stimoli olfattivi dell’aglio e del prezzemolo.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo
BOLLITO MISTO<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />
Fibra (g)<br />
846 96,8 50,2 1,7 1144 336 0,7
CAROTE AL BURRO<br />
Un contorno così essenziale, da sembrare quasi il frutto dell’artificio di <strong>un</strong> maître dei nostri<br />
giorni votato alla purezza creativa; ma anche così diffuso in tutto il territorio padano, da rappresentare<br />
<strong>un</strong> vero e proprio archetipo alimentare, apprezzato oggi come lo era già alla fine<br />
del Settecento.<br />
Preparazione per 4 porzioni<br />
Tipologia: Vegetali ed uova<br />
Stagionalità: Tutto l’anno<br />
Difficoltà: Minima<br />
Tempo di esecuzione: 45 minuti<br />
Tecnica di cottura: Lessatura, Frittura,<br />
Stufatura<br />
Utensili:<br />
Casseruola, schiumarola, pa<strong>della</strong>.<br />
Ingredienti:<br />
CAROTE (n. 6, di media dimensione), SALE (q.<br />
b.), ERBE AROMATICHE (<strong>un</strong> mazzetto), BURRO<br />
(80 g), PEPE (q. b.), ERBE FINI (prezzemolo,<br />
cerfoglio, dragoncello e erba cipollina: <strong>un</strong> pizzico),<br />
BRODO DI MANZO (2-3 cucchiai).<br />
Esecuzione:<br />
• Pulire le carote, raschiandone la superficie<br />
con <strong>un</strong> coltello, sciacquarle e lessare in acqua<br />
bollente salata col mazzetto di erbe aromatiche.<br />
• Toglierle dalla casseruola con la schiumarola,<br />
facendole sgocciolare per bene.<br />
• Tagliare ogni carota in otto parti (prima <strong>un</strong><br />
taglio trasversale e poi due a croce per il<br />
l<strong>un</strong>go) e fare insaporire i bastoncini così ottenuti<br />
in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> con le erbe fini e con il<br />
burro, avendo cura che questo frigga appena..<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong>a spolverata di pepe, e sale se<br />
fosse necessario, rigirando spesso, per <strong>un</strong>a<br />
decina di minuti.<br />
• Deglassare con il brodo, lasciar ritirare e servire<br />
le carote con la salsa così formata.<br />
Note: spazzolina o limone antiossidante<br />
La superficie delle carote, <strong>un</strong>a volta raschiata<br />
con il coltello, si ossida facilmente e il bel colore<br />
giallo arancione si ricopre di zone più scure.<br />
Quando devono essere presentate intere o in<br />
porzioni riconoscibili, è consigliabile immergerle<br />
nell’acqua bollente non appena pulite, evitando<br />
di lasciarle all’aria. Se invece ciò non fosse possibile,<br />
si può ovviare all’inconveniente immergendole<br />
in acqua acidulata con limone, oppure<br />
pulire senza raschiarle con il coltello, semplicemente<br />
ripassandole sotto l’acqua corrente con<br />
<strong>un</strong>a spazzolina dalla setole piuttosto rigide. In<br />
questo modo, soprattutto se devono essere<br />
consumate crude, si conserva loro per intero<br />
l’apporto vitaminico <strong>della</strong> buccia.<br />
Varianti:<br />
Oggi ci si attiene spesso a <strong>un</strong>a preparazione<br />
semplificata, che esclude l’uso delle erbe fini e<br />
la stufatura finale. Nei ricettari del passato, almeno<br />
fino all’epoca <strong>della</strong> prima Guerra Mondiale<br />
non è rara l’aggi<strong>un</strong>ta di <strong>un</strong> cucchiaio di farina, o<br />
di <strong>un</strong> mezzo bicchiere di panna o latte, o di <strong>un</strong><br />
rosso d’uovo per ispessire la salsa. Nell’Ottocento<br />
era anche diffuso l’impiego di spezie,<br />
come la cannella. Appare legata a questa tipologia<br />
anche l’aggi<strong>un</strong>ta di <strong>un</strong> po’ di salsiccia sbriciolata<br />
al momento <strong>della</strong> frittura nel burro.<br />
Abbinamenti:<br />
Può affiancare qualsiasi piatto di arrosto o di<br />
pesce alla griglia o al forno, com<strong>un</strong>que cotto<br />
senza pomodoro. Vino bianco (Oltrepò Pavese<br />
Riesling DOC) o rosso, a seconda<br />
dell’accostamento.<br />
L’ingrediente: la carota<br />
La carota (Daucus carota) è <strong>un</strong> ortaggio <strong>della</strong><br />
famiglia <strong>della</strong> Umbrellifere, spontanea in tutta<br />
Europa, di cui si consuma la radice fusiforme,<br />
che ha polpa soda e croccante, di sapore dolce.<br />
Conosciuta e utilizzata fin dall’antichità per il suo<br />
alto valore nutritivo, dovuto alla ricchezza di<br />
zuccheri, è stata selezionata e resa idonea alle<br />
necessità <strong>della</strong> coltivazione soltanto a partire dal<br />
XVI secolo. Oggi se ne distinguono, commercialmente<br />
di tre tipi principali: le carote novelle,<br />
di piccole dimensioni, ottime se consumate crude;<br />
le carote di medie dimensioni, ideali per<br />
preparazioni del tipo di quella qui presentata;<br />
quelle grandi o extra (con peso medio di 150 g),<br />
utilizzabili per le minestre, per i sughi, per gli<br />
stufati e per tutti quei piatti che richiedano cotture<br />
piuttosto prol<strong>un</strong>gate. Di modesto valore calorico<br />
(42 kcal/100g), le carote contengono apprezzabili<br />
quantità di amido (che dopo cottura<br />
impartisce proprietà leganti ed assorbenti verso<br />
i condimenti) e, soprattutto, sono ricche in calcio,<br />
ferro, magnesio, vitamine del gruppo B e<br />
vitamina A, o meglio, del suo precursore, il carotene.<br />
<strong>Per</strong> questa ragione, le carote sono ormai<br />
<strong>un</strong>o stereotipo <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> dietetica.<br />
Nella <strong>cucina</strong> tradizionale le carote sono impiegate<br />
soprattutto come aromatizzanti ed entrano,<br />
con questa f<strong>un</strong>zione, in quasi tutti i soffritti importanti<br />
e in svariati tipi di minestre e di minestroni.<br />
Come piatto a sè si consumano in insalata,<br />
sia crude che lessate. Nell’Ottocento ebbero<br />
<strong>un</strong>a qualche diffusione le carote glassate nello<br />
zucchero, oggi riscoperte dalla <strong>cucina</strong> creativa.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo
CAROTE AL BURRO<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />
Fibra (g)<br />
214 2,5 17,5 12,3 542 50 4,8
PAN DE MEJ<br />
Pan de mein, de meitt, pandemèinn (cioè pane di miglio) o anche paniga (sambuco) per i fiori<br />
di questa pianta con cui viene decorato. Il nome ricorda l’ingrediente che fino al XVII secolo<br />
era impiegato ordinariamente nella panificazione e nella preparazione di dolci rustici. Nelle<br />
ricette pubblicate dal ‘700 in poi, l’ingrediente principale risulta sempre la farina di mais.<br />
Preparazione per 6 porzioni<br />
Tipologia: Dolci<br />
Stagionalità: Tutto l'anno<br />
Difficoltà: Modesta<br />
Tempo esecuzione: 120 minuti<br />
Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />
Utensili:<br />
setaccio, zuppiera, tovagliolo, placca da forno<br />
Ingredienti:<br />
FARINA GIALLA A GRANA FINE (200 g), FARINA<br />
GIALLA A GRANA GROSSA (100 g), FARINA<br />
BIANCA (150 g), BURRO (150 g), ZUCCHERO<br />
(100 g), LIEVITO DI BIRRA (15 g), UOVA (n.3),<br />
LATTE (q.b.), FIORI DI SAMBUCO (3 cucchiaini),<br />
ZUCCHERO VANIGLIATO (q.b.), OLIO (q.b.),<br />
SALE (q.b.)<br />
Esecuzione:<br />
• Mescolare insieme le tre farine e poi setacciarle<br />
sulla spianatoia<br />
• Aggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong> pizzico di fiori di sambuco, <strong>un</strong><br />
po' di sale, lo zucchero, le uova e il burro fatto<br />
prima fondere<br />
• Mescolare con cura e <strong>un</strong>ire il lievito sciolto<br />
con poco latte tiepido<br />
• Impastare bene gli ingredienti <strong>un</strong>endo, se<br />
necessario, altro latte<br />
• Fare con la pasta <strong>un</strong>a palla, metterla in <strong>un</strong>a<br />
zuppiera, coprirla con <strong>un</strong> tovagliolo e lasciarla<br />
lievitare per <strong>un</strong>'ora in luogo tiepido<br />
• Trascorso questo tempo, <strong>un</strong>gere con olio <strong>un</strong>a<br />
placca da forno e spolverizzarla con farina<br />
bianca<br />
• Fare con la pasta tante pagnottine lievemente<br />
schiacciate, di circa 10 cm di diametro e<br />
metterle sulla placca tenendole distanziate<br />
perché cuocendo tendono ad allargarsi<br />
• Cospargere i pani con <strong>un</strong> po' di zucchero vanigliato<br />
e fiori di sambuco<br />
• Cuocerli in forno caldo (190° C) per 30 min.<br />
Note: a far la frolla gialla<br />
Questo dolce rustico, come altri diffusi ov<strong>un</strong>que<br />
nel territorio lombardo (la sbrisulona mantovana,<br />
la torta di polenta del Varesotto, il melegòt<br />
cremonese ecc.) non è che <strong>un</strong>a sorta di pasta<br />
frolla ottenuta con miscele variamente proporzionate<br />
di farina di mais e di frumento. Nei ricettari<br />
più antichi, infatti, non è previsto l’uso<br />
del lievito, che invece compare quasi regolarmente<br />
nelle ricette fissate in periodi più recenti,<br />
per rendere il prodotto più leggero e meno friabile.<br />
Trattandosi di pasta frolla è consigliabile tentare<br />
di legare la farina aumentando leggermente la<br />
quantità di burro, senza usare uova, oppure con<br />
i soli tuorli, per evitare l’indurimento <strong>della</strong> pasta.<br />
La cottura va condotta a fuoco medio (mai<br />
superiore ai 190°) per impedire sgradevoli<br />
sbruciacchiamenti <strong>della</strong> crosta esterna.<br />
Varianti:<br />
A parte l’uso del lievito e le variazioni sul tema<br />
<strong>della</strong> pasta frolla esposte nella nota precedente,<br />
le differenze fra le varie formulazioni di questa<br />
ricetta sono relative alle proporzioni tra la quantità<br />
di farina bianca e gialla (nelle due macinature,<br />
a grana fine e a grana grossa), con oscillazioni<br />
talvolta anche del 50%. La scorza di limone<br />
e la vaniglia (o zucchero vanigliato) sono<br />
opzionali. Si preparano <strong>un</strong> po’ ov<strong>un</strong>que, secondo<br />
la stessa ricetta, dolcetti di pan de mej,<br />
chiamati meini fini, di pezzatura inferiore ai 100<br />
grammi. Talvolta non compare la panigada, e<br />
allora si parla di meini greggi.<br />
Abbinamenti:<br />
I greggi e i fini sono ottimi con il latte per colazione,<br />
ma reggono bene anche il ruolo di rompidigi<strong>un</strong>o<br />
sia al mattino (meglio di qualsiasi merendina<br />
industriale) che al pomeriggio con il tè.<br />
A fine pranzo, <strong>un</strong>a fettina di torta può essere<br />
servita alla maniera antica, con panera montata<br />
e castagne lesse, accompagnata da vino dolce o<br />
passito. Una volta si usava il vin del tecc, oggi si<br />
può fare ricorso a <strong>un</strong>o Sforzato valtellinese con<br />
<strong>un</strong> buon affinamento in bottiglia.<br />
L’ingrediente: il sambuco<br />
E’ <strong>un</strong> arbusto delle Caprifoliacee (Sambucus nigra),<br />
dal fusto ricco di midollo, considerato com<strong>un</strong>emente<br />
infestante. Ha fiori bianchi dall’odore<br />
penetrante, ri<strong>un</strong>iti in cime ombrelliformi,<br />
cui seguono drupe di piccole dimensioni e di colore<br />
nero o rosso. Fiori e frutti sono usati, sino<br />
dal tempo dei Latini, per preparati medici (tisane)<br />
e alimentari; in particolare ai frutti maturi<br />
(ottimi coloranti naturali) è riconosciuta ancora<br />
oggi <strong>un</strong>a leggera azione lassativa. Nella tradizione<br />
<strong>lombarda</strong>, con i fiori, oltre ai dolci, si prepara<br />
<strong>un</strong>a sorta di focaccia salata, impastata con<br />
strutto e sale, che pare diretta erede delle frictelle<br />
de sambugo e delle frittate già descritte nei<br />
ricettari padani del Medioevo, e che ancora si<br />
preparano specialmente nelle zone alpine. Maestro<br />
Martino da Como vi preparava <strong>un</strong>a speziatissima<br />
minestra in brodo. Con i frutti da soli<br />
o miscelati a frutti di bosco nella proporzione<br />
del 50%, si prepara <strong>un</strong>a marmellata, indicata<br />
per la ricopertura delle crostate.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo
PAN DE MEJ<br />
Valore Nutritivo (per porzione)<br />
Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />
Colesterolo<br />
(mg)<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />
Fibra (g)<br />
576 11,1 26,6 77,9 173 160 2,3
Indice delle formulazioni (per zona)<br />
Nome Zona pag<br />
Bresaola condita Sondrio e Valli 34<br />
Pizzoccheri alla valtellinese Sondrio e Valli 36<br />
Riso e rape col polmone Sondrio e Valli 38<br />
Sciatt Sondrio e Valli 40<br />
Frittata con ortiche Sondrio e Valli 42<br />
Castagne e verze Sondrio e Valli 44<br />
Umido di cervo Sondrio e Valli 46<br />
Lepre in crostata Sondrio e Valli 48<br />
Polenta e gras pesta' Bergamo e Valli 52<br />
Strangolapreti Bergamo e Valli 54<br />
Polenta e osei Bergamo e Valli 56<br />
Ravioli con ortiche e salsa di<br />
noci<br />
Bergamo e Valli 58<br />
Casonsei Bergamo e Valli 60<br />
Margottini alla bergamasca Bergamo e Valli 62<br />
Coniglio in sguazzetto alla<br />
cassanese<br />
Bergamo e Valli 64<br />
Frittata alle erbe fini Bergamo e Valli 66<br />
Tucch e regell Como e Lario 70<br />
Risotto con filetti di pesce Como e Lario 72<br />
persico<br />
Paté di cavedano con gelatina Como e Lario 74<br />
Missoltini Como e Lario 76<br />
Pesce in carpione Como e Lario 78<br />
Rusumada Como e Lario 80<br />
Cutizza Como e Lario 82<br />
Miascia Como e Lario 84<br />
Riso e luganega Lecco e Brianza 88<br />
Urgiada o Oriada Lecco e Brianza 90<br />
Of in cereghin Lecco e Brianza 92<br />
Lumache trifolate Lecco e Brianza 94<br />
Manzo alla California Lecco e Brianza 96<br />
Agnello alla valsassinese Lecco e Brianza 98<br />
More di gelso cotte Lecco e Brianza 100<br />
Zuppa di ciliegie e marasche Lecco e Brianza 102<br />
Riso in cagnone Varese e Ticino 106<br />
Ris e erborin Varese e Ticino 108<br />
Cappelle di porcini in frasca Varese e Ticino 110<br />
Rostisciada Varese e Ticino 112<br />
Stufato d'asino Varese e Ticino 114<br />
Bruscitt Varese e Ticino 116<br />
Cupett di Busto Varese e Ticino 118<br />
Mostazzit Varese e Ticino 120<br />
Pancotto Milano 126<br />
Minestrone alla milanese Milano 128<br />
Risotto alla milanese Milano 130<br />
Buseca alla milanese Milano 132<br />
Cassoeula Milano 134<br />
Ossobuco alla milanese Milano 136<br />
Cotoletta alla milanese Milano 138<br />
Vitell toné Milano 140<br />
Nervetti in insalata Milano 142<br />
Fritto misto alla milanese Milano 144<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia
Nome Zona pag<br />
Polpette di verza<br />
Milano<br />
146<br />
Asparagi alla milanese Milano 148<br />
Charlotte alla milanese Milano 150<br />
Panettone Milano 152<br />
Riso e latte Lodigiano 156<br />
Fegato alla lodigiana Lodigiano 158<br />
Pollina alla lodigiana Lodigiano 160<br />
Zucchine ripiene alla<br />
viscontea<br />
Lodigiano 162<br />
Frittata di pomodori Lodigiano 164<br />
Cipolle all'aceto Lodigiano 166<br />
Crema lodigiana Lodigiano 168<br />
Tortionata Lodigiano 170<br />
Risotto alla certosina Pavia e Lomellina 174<br />
Pinoli alla ricotta Pavia e Lomellina 176<br />
Zuppa alla pavese Pavia e Lomellina 178<br />
Rane fritte Pavia e Lomellina 180<br />
Oca con le verze Pavia e Lomellina 182<br />
Anatra con le lenticchie Pavia e Lomellina 184<br />
Peverada Pavia e Lomellina 186<br />
Fagiolini alla panna Pavia e Lomellina 188<br />
Pantrid maridaa Cremona e Cremasco 192<br />
Riso e zucca Cremona e Cremasco 194<br />
Marubini in brodo Cremona e Cremasco 196<br />
Fiori di zucca ripieni<br />
all'ortolana<br />
Cremona e Cremasco 198<br />
Cotenne con fagioli all’occhio Cremona e Cremasco 200<br />
Parmigiana di bietole Cremona e Cremasco 202<br />
Salsa agrodolce per lesso Cremona e Cremasco 204<br />
Dolce di granoturco Cremona e Cremasco 206<br />
Risotto alla pilota Mantova 210<br />
Tortelli di zucca Mantova 212<br />
Timballo di fettuccine con<br />
piccione<br />
Mantova 214<br />
Maccheroni alla Gonzaga Mantova 216<br />
Bigoli con le sardelle Mantova 218<br />
Stracotto di bue alla<br />
mantovana<br />
Mantova 220<br />
Mostarda mantovana Mantova 222<br />
Torta sbrisolona Mantova 224<br />
Polenta con la salvia Brescia 228<br />
Gnocchi di patate Brescia 230<br />
Risotto alla pitocca Brescia 232<br />
Minestra mariconda Brescia 234<br />
Gamberi di fiume con patate Brescia 236<br />
Piccioni farciti alla bresciana Brescia 238<br />
<strong>Per</strong>sicata Brescia 240<br />
Bossola’ Brescia 242<br />
Bardele coi marai Garda e Iseo 246<br />
Risotto con le tinche Garda e Iseo 248<br />
Frittura di alborelle Garda e Iseo 250<br />
Trota coi f<strong>un</strong>ghi Garda e Iseo 252<br />
Anguille alla gardesana Garda e Iseo 254<br />
Bollito misto Garda e Iseo 256<br />
Carote al burro Garda e Iseo 258<br />
Pan de mej Garda e Iseo 260<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia
Indice delle formulazioni (per tipologia)<br />
1. Antipasti (pag.)<br />
Bresaola condita 34<br />
Margottini alla bergamasca 62<br />
Nervetti in insalata 142<br />
Paté di cavedano con gelatina 74<br />
Pesce in carpione 78<br />
Sciatt 40<br />
2. Primi piatti in brodo<br />
Marubini in brodo 196<br />
Minestra mariconda 234<br />
Minestrone alla milanese 128<br />
Pancotto 126<br />
Pantrid maridaa 192<br />
Ris e erborin 108<br />
Riso e latte 156<br />
Riso e rape col polmone 38<br />
Riso e zucca 194<br />
Urgiada o Oriada 90<br />
Zuppa alla pavese 178<br />
3. Primi piatti asciutti<br />
Bardele coi marai 246<br />
Bigoli con le sardelle 218<br />
Casonsei 60<br />
Gnocchi di patate 230<br />
Maccheroni alla Gonzaga 216<br />
Pinoli alla ricotta 176<br />
Polenta con la salvia 228<br />
Polenta e gras pesta' 52<br />
Ravioli con ortiche e salsa di 58<br />
noci<br />
Riso e luganega 88<br />
Riso in cagnone 106<br />
Risotto alla milanese 130<br />
Risotto alla pilota 210<br />
Strangolapreti 54<br />
Tortelli di zucca 212<br />
4. Piatti <strong>un</strong>ici<br />
Buseca alla milanese 132<br />
Cassoeula 134<br />
Pizzoccheri alla valtellinese 36<br />
Polenta e osei 56<br />
Risotto alla certosina 174<br />
Risotto alla pitocca 232<br />
Risotto con filetti di pesce persico 72<br />
Risotto con le tinche 248<br />
Timballo di fettuccine con piccione 214<br />
Tucch e regell 70<br />
5. Carni<br />
Agnello alla valsassinese 98<br />
Anatra con le lenticchie 184<br />
Bollito misto 256<br />
Bruscitt 116<br />
Coniglio in sguazzetto alla 64<br />
cassanese<br />
Cotoletta alla milanese 138<br />
Fegato alla lodigiana<br />
158<br />
Lepre in crostata<br />
(pag.)<br />
48<br />
Manzo alla California 96<br />
Oca con le verze 182<br />
Ossobuco alla milanese 136<br />
Piccioni farciti alla bresciana 238<br />
Pollina alla lodigiana 160<br />
Rostisciada 112<br />
Stracotto di bue alla mantovana 220<br />
Stufato d'asino 114<br />
Umido di cervo 46<br />
Vitell toné 140<br />
6. Pesce<br />
Anguille alla gardesana 254<br />
Gamberi di fiume con patate 236<br />
Frittura di alborelle 250<br />
Lumache trifolate 94<br />
Rane fritte 180<br />
Missoltini 76<br />
Trota coi f<strong>un</strong>ghi 252<br />
7. Vegetali ed uova<br />
Asparagi alla milanese 148<br />
Cappelle di porcini in frasca 110<br />
Carote al burro 258<br />
Castagne e verze 44<br />
Cipolle all'aceto 166<br />
Cotenne con fagioli dell’occhio 200<br />
Fagiolini alla panna 188<br />
Fiori di zucca ripieni all'ortolana 198<br />
Frittata alle erbe fini 66<br />
Frittata con ortiche 42<br />
Frittata di pomodori 164<br />
Fritto misto alla milanese 144<br />
Of in cereghin 92<br />
Parmigiana di bietole 202<br />
Polpette di verza 146<br />
Zucchine ripiene alla viscontea 162<br />
8. Salse<br />
Mostarda mantovana 222<br />
Peverada 186<br />
Salsa agrodolce per lesso 204<br />
9. Dolci, Dessert e Merende<br />
Bossola’ 242<br />
Charlotte alla milanese 150<br />
Crema lodigiana 168<br />
Cupett di Busto 118<br />
Cutizza 82<br />
Dolce di granoturco 206<br />
Miascia 84<br />
More di gelso cotte 100<br />
Mostazzit 120<br />
Pan de mej 260<br />
Panettone 152<br />
<strong>Per</strong>sicata 240<br />
Rusumada 80<br />
Torta sbrisolona 224<br />
Tortionata 170<br />
Zuppa di ciliegie e marasche 102<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia
Indice delle annotazioni per ingrediente<br />
Ingrediente Formulazione pag<br />
Aceto<br />
Salsa agrodolce per lesso 204<br />
Aglio Riso in cagnone 106<br />
Agnello e capretto Agnello alla valsassinese 98<br />
Agoni Missoltini 76<br />
Alborella Pesce in carpione 78<br />
Amarene Zuppa di ciliegie e marasche 102<br />
Amaretti Lepre in crostata 48<br />
Anatra e uccelli d'acqua Anatra con le lenticchie 184<br />
Anguilla Anguille alla gardesana 254<br />
Asino e cavallo Stufato d'asino 114<br />
Asparagi Asparagi alla milanese 148<br />
Bietole Parmigiana di bietole 200<br />
Borragine Bardele coi marai 246<br />
Bresaola Bresaola condita 34<br />
Brodo Ris e erborin 108<br />
Burro Tortionata 170<br />
Carne da stracotto Stracotto di bue alla mantovana 220<br />
Carote Carote al burro 258<br />
Castagna Castagne e verze 44<br />
Cavedano Paté di cavedano con gelatina 74<br />
Cipolla Cipolle all'aceto 166<br />
Coniglio Coniglio in sguazzetto alla cassanese 64<br />
Cotenne Cotenne con fagioli dell’occhio 198<br />
Erbe dimenticate Frittata con ortiche 42<br />
Erbette e coste Strangolapreti 54<br />
Fagioli Minestrone alla milanese 128<br />
Farciture per pasta Marubini in brodo 196<br />
Farina bianca Bossola’ 242<br />
Fegato Fegato alla lodigiana 158<br />
Formaggio in <strong>cucina</strong> Tucch e regell 70<br />
Formaggio valtellinese Sciatt 40<br />
Frutta candita Panettone 152<br />
F<strong>un</strong>ghi Cappelle di porcini in frasca 110<br />
Gamberi d'acqua dolce Gamberi di fiume con patate 236<br />
Gnocchi Minestra mariconda 234<br />
Grana padano Pancotto 126<br />
Grano saraceno Pizzoccheri alla valtellinese 36<br />
Granoturco Dolce di granoturco 206<br />
Interiora nobili Fritto misto alla milanese 144<br />
Interiora povere Buseca alla milanese 132<br />
Latte Riso e latte 156<br />
Latte vs. panna Manzo alla California 96<br />
Lesso e suoi derivati Bollito misto 256<br />
Limone Ossobuco alla milanese 136<br />
Lumaca Lumache trifolate 94<br />
Maiale Rostisciada 112<br />
Maionese Vitell toné 140<br />
Mandorle Torta sbrisolona 224<br />
Mascarpone Crema lodigiana 168<br />
Mele e pere Charlotte alla milanese 150<br />
Miele Cupett di Busto 118<br />
More di gelso More di gelso cotte 100<br />
Mosto Mostazzit 120<br />
Noci Ravioli con ortiche e salsa di noci 58<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia
Ingrediente Formulazione pag<br />
Oca<br />
Oca con le verze<br />
182<br />
Olio d'oliva Frittura di alborelle 250<br />
Orzo Urgiada o Oriada 90<br />
Pane raffermo Miascia 84<br />
Pangrattato Pantrid maridaa 192<br />
Panna Fagiolini alla panna 188<br />
Pasta Timballo di fettuccine con piccione 214<br />
Patate Gnocchi di patate 230<br />
Pepe nero e peperoncino Peverada 186<br />
Pesce di mare fresco e salato Bigoli con le sardelle 218<br />
Pesce persico Risotto con filetti di pesce persico 72<br />
Pesche <strong>Per</strong>sicata 240<br />
Piccione Piccioni farciti alla bresciana 238<br />
Piedino Nervetti in insalata 142<br />
Pollo Risotto alla pitocca 232<br />
Pomodoro Frittata di pomodori 164<br />
Rana Rane fritte 180<br />
Rapa Riso e rape col polmone 38<br />
Ricotta Pinoli alla ricotta 176<br />
Ripieno Fiori di zucca ripieni all'ortolana 202<br />
Riso Riso e zucca 194<br />
Salamella Risotto alla pilota 210<br />
Salsiccia Riso e luganega 88<br />
Salvia Polenta con la salvia 228<br />
Sambuco Pan de mej 260<br />
Selvaggina da pelo Umido di cervo 46<br />
Senape Mostarda mantovana 222<br />
Tacchino Pollina alla lodigiana 160<br />
Tartufo Margottini alla bergamasca 62<br />
Tinca Risotto con le tinche 248<br />
Trota Trota coi f<strong>un</strong>ghi 252<br />
Uovo Rusumada 80<br />
Uva passa Maccheroni alla Gonzaga 216<br />
Verza Polpette di verza 146<br />
Vino nei cibi Bruscitt 116<br />
Vitello Cotoletta alla milanese 138<br />
Volaille minuta Polenta e osei 56<br />
Volaille vs. maiale Cassoeula 134<br />
Zafferano Risotto alla milanese 130<br />
Zucca Tortelli di zucca 212<br />
Zucchero Cutizza 82<br />
Zucchina Zucchine ripiene alla viscontea 162<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia
Indice delle note<br />
Nota Formulazione pag<br />
Agrodolce<br />
Salsa agrodolce per lesso 204<br />
Alborella: <strong>un</strong> pesce duro e<br />
difficile<br />
Frittura di alborelle 250<br />
Amalgamare con pazienza Torta sbrisolona 224<br />
Ammollo dei legumi Cotenne con fagioli dell’occhio 198<br />
Asparagi cotti in piedi e serviti<br />
a raggiera<br />
Asparagi alla milanese 148<br />
Bardatura del tacchino Pollina alla lodigiana 160<br />
Bigoli fatti in casa Bigoli con le sardelle 218<br />
Biscotti al mosto Mostazzit 120<br />
Bossolà: il dolce dei tre<br />
impasti<br />
Bossola’ 242<br />
Brodo di pollo Risotto alla pitocca 232<br />
Caratterizzare il lesso Peverada 186<br />
Carne come fosse tonno Vitell toné 140<br />
Cassoeula d’oca Oca con le verze 182<br />
Castagne secche Castagne e verze 44<br />
Come si mangiano i missoltini Missoltini 76<br />
Conservazione con aceto Cipolle all'aceto 166<br />
Consistenza del pantrid Pantrid maridaa 192<br />
Costoletta di vitello Cotoletta alla milanese 138<br />
Cottura a fuoco lentissimo Stufato d'asino 114<br />
Cottura con lo stuin Bruscitt 116<br />
Cottura del minestrone Minestrone alla milanese 128<br />
Cottura del vino Zuppa di ciliegie e marasche 102<br />
Cottura delle salsicce Riso e luganega 88<br />
Croste e crostate Lepre in crostata 48<br />
Cuocere alla pietra Agnello alla valsassinese 98<br />
Cutizza, laciada e paradell Cutizza 82<br />
Dolci poveri Miascia 84<br />
Ebollizione del latte Dolce di granoturco 206<br />
Elogio <strong>della</strong> leggerezza e dei<br />
profumi<br />
Fiori di zucca ripieni all'ortolana 202<br />
Fegato e fegatelli Fegato alla lodigiana 158<br />
Fiammeggiare e pulire Piccioni farciti alla bresciana 238<br />
Foglia <strong>della</strong> bietola Parmigiana di bietole 200<br />
Forma degli strangolapreti Strangolapreti 54<br />
Forma dei casonsei Casonsei 60<br />
Formaggio e zucchero Crema lodigiana 168<br />
Freschezza delle uova Rusumada 80<br />
Frittata Frittata alle erbe fini 66<br />
Frolla gialla Pan de mej 260<br />
Frollatura delle carni Umido di cervo 46<br />
Frutta e zucchero <strong>Per</strong>sicata 240<br />
Gelso, baco e seta More di gelso cotte 100<br />
Gnocchi: <strong>un</strong> piatto<br />
interregionale<br />
Gnocchi di patate 230<br />
Guazzetti, limonie e fricassee Coniglio in sguazzetto alla cassanese 64<br />
Impastare la farina Ravioli con ortiche e salsa di noci 58<br />
Impasto di pane Minestra mariconda 234<br />
Lar<strong>della</strong>re Manzo alla California 96<br />
Lessare le patate Gamberi di fiume con patate 236<br />
Lievitazione <strong>della</strong> pastella Sciatt 40<br />
Limone e frittura Fritto misto alla milanese 144<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia
Nota Formulazione pag<br />
Mortaio e pestello<br />
Maccheroni alla Gonzaga 216<br />
Olio in Lombardia Polenta con la salvia 228<br />
Osso col buco Ossobuco alla milanese 136<br />
Pancott, pantrid e panada Pancotto 126<br />
Panettone: tre lievitazioni Panettone 152<br />
Parti residuali dell’anatra Anatra con le lenticchie 184<br />
Pasta brisée Timballo di fettuccine con piccione 214<br />
Patate farinose Pinoli alla ricotta 176<br />
Paté Paté di cavedano con gelatina 74<br />
Pelare i pomodori Frittata di pomodori 164<br />
Pesce in aceto Pesce in carpione 78<br />
Preparazione degli uccelletti Polenta e osei 56<br />
Preparazione dei nervetti Nervetti in insalata 142<br />
Preparazione dei pizzoccheri Pizzoccheri alla valtellinese 36<br />
Preparazione del riso in<br />
cagnone<br />
Riso in cagnone 106<br />
Preparazione delle bardele Bardele coi marai 246<br />
Pulire i porcini Cappelle di porcini in frasca 110<br />
Pulire il polmone Riso e rape col pomone 38<br />
Pulire le carote Carote al burro 258<br />
Pulizia <strong>della</strong> trippa Buseca alla milanese 132<br />
Qualità del brodo Ris e erborin 108<br />
Raccolta delle ortiche Frittata con ortiche 42<br />
Rane intere o solo cosce Rane fritte 180<br />
Recipienti di ghisa Stracotto di bue alla mantovana 220<br />
Recipienti di rame e canditi<br />
freschi<br />
Cupett di Busto 118<br />
Regole del buon bollito Bollito misto 256<br />
Risotto all’onda e al salto Risotto alla milanese 130<br />
Rito contadino Tucch e regell 70<br />
Rompere le uova e puciare Of in cereghin 92<br />
Salare a fine cottura Rostisciada 112<br />
Salsa bèchamel Zucchine ripiene alla viscontea 162<br />
Salse bianche Fagiolini alla panna 188<br />
Sapore di fango Risotto con le tinche 248<br />
Scelta <strong>della</strong> verza Polpette di verza 146<br />
Sfilettare il pesce Risotto con filetti di pesce persico 72<br />
Spellare l’anguilla Anguille alla gardesana 254<br />
Spurgare le lumache Lumache trifolate 94<br />
Squame sì, squame no Trota coi f<strong>un</strong>ghi 252<br />
Stagionatura <strong>della</strong> bresaola Bresaola condita 34<br />
Stampi e uova Margottini alla bergamasca 62<br />
Storia <strong>della</strong> charlotte Charlotte alla milanese 150<br />
Storia <strong>della</strong> mostarda Mostarda mantovana 222<br />
Tecniche di cottura del risotto<br />
alla certosina<br />
Risotto alla certosina 174<br />
Tipi di brodo Marubini in brodo 196<br />
Tortelli: <strong>un</strong> piatto da<br />
ricorrenza<br />
Tortelli di zucca 212<br />
Uova e zuppe Zuppa alla pavese 178<br />
Urgiada, furmentada e<br />
minestre povere<br />
Urgiada o Oriada 90<br />
Versioni <strong>della</strong> cassoeula Cassoeula 134<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia
Bibliografia<br />
[i testi seguiti da <strong>un</strong> asterisco (*) sono ancora reperibili in libreria]<br />
� Trattati storici<br />
1) Maestro Martino da Como, Libro de arte coquinaria (1450 c.a) ora in L’arte <strong>della</strong><br />
<strong>cucina</strong> in Italia, a cura di E. Faccioli, Torino, Einaudi, 1987, pp. 127-218 (*) e, a cura di<br />
E. Montorfano, Milano, Terziaria, 1990 (*).<br />
2) Bartolomeo Sacchi detto il Platina, De honesta voluptate et valetudine, Roma, 1474,<br />
ora in versione italiana con il titolo Il piacere onesto e la buona salute, a cura di E.<br />
Faccioli, Einaudi, Torino, 1985 (*).<br />
3) Pantaleone da Confienza, Summa lacticinorum, apud Iohannem Fabri, Thaurini 1477,<br />
ora tradotta come Trattato dei latticini (a cura di E. Faccioli), Milano, Grana Padano,<br />
1990 (*)<br />
4) Cristoforo Messisbugo, Banchetti, composizioni di vivande et apparecchio generale,<br />
presso Giovanni de Bughait e Antonio Hucher in Ferrara 1549, ora in edizione anastatica<br />
Bologna, Forni, 1974 (*) e, a cura di F. Bandini, Vicenza, Neri Pozza, 1992 (*).<br />
5) Bartolomeo Scappi, Opera dell’arte del <strong>cucina</strong>re, presso Michele Tramezzio, Venezia,<br />
1540 ora in edizione anastatica Bologna, Forni, 1981 (*).<br />
6) Bartolomeo Stefani, L’arte di ben <strong>cucina</strong>re, presso gli Osanna di Mantova 1662, ora in<br />
edizione anastatica Bologna, Forni, 1978 (*).<br />
7) Il cuoco milanese ridotto all’ultimo gusto e perfezione, in Milano nella Stamperia<br />
Sirtori 1791.<br />
8) [Antonio Odescalchi], Il cuoco senza pretese ossia la <strong>cucina</strong> facile ed economica, in<br />
Como presso Ostinelli 1826, la cui edizione Ostinelli 1836 è ora riproposta col titolo<br />
Ricette lombarde dell’800, Como, Pifferi Ed., 1989 (* Remanders).<br />
9) Giovan Felice Luraschi, Nuovo cuoco milanese economico, Milano, Tipografia Motta,<br />
1829. La terza ed. (Milano, Carrara, 1853) è ora in riproduzione anastatica Bologna,<br />
Forni, 1980 (*).<br />
10) [Angelo Dubini], La <strong>cucina</strong> degli stomachi deboli, Milano, 1842. L’edizione Milano, Tip.<br />
Bernardoni di C. Robeschini e C., 1898 è riproposta in Como, Pifferi Ed., 1990 (*<br />
Remanders).<br />
11) Giovanni Rajberti, L’arte di convitare spiegata al popolo, Milano, Bernardoni, 1850,<br />
ora parzialmente riprodotta in Tutte le opere, Milano, Gastoldi, 1964.<br />
12) Il cuoco milanese e la cuciniera piemontese, Milano, Pagnoni, 1859.<br />
13) Il cuoco milanese e la cuciniera lombardo veneta, Milano, 1863.<br />
14) Pellegrino Artusi, La scienza in <strong>cucina</strong> e l’arte di mangiar bene, 1891, ora in<br />
periodico reprint Gi<strong>un</strong>ti Marzocco (*) o nell’edizione a cura di P. Camporesi, Torino,<br />
Einaudi, 1974 (*).<br />
� Opere generali<br />
15) AA.VV., Atlante <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> italiana, Milano, Rizzoli, 1991 (*).<br />
16) AA.VV., Grande enciclopedia illustrata <strong>della</strong> gastronomia, Milano, Selezione del<br />
Reader’s Digest, 1990<br />
17) AA.VV., Dizionario di storia, Milano, Br<strong>un</strong>o Mondadori Il Saggiatore, 1993 (*).<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia
18) Massimo Alberini, Storia <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> italiana, Casale Monferrato, Piemme, 1992.<br />
19) Ada Boni (a cura), Cucina regionale italiana, Milano, Mondadori, 1975.<br />
20) Alberto Capatti e Massimo Montanari, La Cucina Italiana – Storia di <strong>un</strong>a cultura, Bari,<br />
Laterza Ed., 1999<br />
21) Luigi Carnacina e Vincenzo Buonassisi, Il libro <strong>della</strong> polenta, Firenze, Gi<strong>un</strong>ti Martello,<br />
1984.<br />
22) Luigi Carnacina e Luigi Veronelli, La <strong>cucina</strong> rustica regionale, vol. 1, L’Italia<br />
settentrionale, Milano, Rizzoli, 1966 (*).<br />
23) Anna Gosetti <strong>della</strong> Salda, Le ricette regionali italiane, Milano, Solares, 1967, in<br />
riedizione (*).<br />
24) Gualtiero Marchesi, La <strong>cucina</strong> regionale italiana, Milano, Mondadori, 1989.<br />
25) Anna Martini, Vecchia e nuova <strong>cucina</strong> regionale italiana, Milano, Mondadori, 1982.<br />
26) Paolo Monelli, Il ghiottone errante, Viaggio gastronomico attraverso l’Italia,<br />
Milano, Treves, 1935.<br />
27) Massimo Montanari, Convivio, Bari-Roma, Laterza, 1989 (*).<br />
28) Massimo Montanari, Nuovo Convivio, Roma-Bari, Laterza, 1991 (*).<br />
29) Massimo Montanari, Convivio Oggi, Roma-Bari, Laterza, 1992 (*).<br />
30) Jean François Revel, 3000 anni a tavola (trad. G. Bogliolo), Milano, Rizzoli, 1979 (*<br />
Remanders).<br />
� Guide gastronomiche<br />
31) Touring Club Italiano, Guida gastronomica d’Italia, 1a edizione Milano 1931<br />
32) “Una guida delle gustose specialità gastronomiche e dei buoni vini italiani”,<br />
L’Albergo in Italia, gennaio 1929<br />
33) “La guida gastronomica d’Italia del T.C.I.”, Le Vie d’Italia, marzo 1931<br />
34) “L’Italia gastronomica, <strong>un</strong>a carta ... appetitosa”, L’Albergo in Italia, maggio 1932<br />
35) Touring Club Italiano, Guida all’Italia gastronomica, Testi di Massimo Alberini e<br />
Giorgio Mistretta, Milano 1984 (*).<br />
� Gastronomia <strong>lombarda</strong><br />
36) AA.VV., Antichi sapori. Ricettario <strong>della</strong> tradizione culinaria di Graffignana e del<br />
Lodigiano, G.C.P., Graffignana, 1998.<br />
37) AA.VV., Strade dei vini D.O.C. di Lombardia, Milano, Regione Lombardia e<br />
As.Co.Vi.Lo., 1999.<br />
38) AA.VV., Ricettario Lomellino, Pavia, Scuole El. Viadari e Palazzo Esposizione, 1990.<br />
39) Annalisa Alberici, Oltre il risotto, Milano, Editoriale del Drago, 1989 (*).<br />
40) Piero Antolini, Racconti e <strong>cucina</strong> di Valtellina, Padova, Muzzio, 1992 (*).<br />
41) Carlo Azimonti, Cucina bustocca, Busto Arsizio, I.A.G. Pellegatta, 1940.<br />
42) Maria Azzimonti Storti, Alc<strong>un</strong>e tradizioni cremonesi, Cremona, Tip. Betti e Busini,<br />
1925.<br />
43) Felice Bassani, El mangià di nost vecc a Com e Lecch, Merate, Bertoni, 1984 (*).<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia
44) Fernando Bassi, Valtellina e Valchiavenna in tavola, Bormio, Alpinia, 1999.<br />
45) Vittorio Bottini, La <strong>cucina</strong> lodigiana, Lodi, Lodigraf, 1978.<br />
46) Franca Brambilla, Cucina e vini <strong>della</strong> Lombardia, Milano, Mursia, 1971.<br />
47) Gianni Brera e Luigi Veronelli, La pacciada. Mangiarebere in pianura padana, Milano,<br />
Mondadori, 1973.<br />
48) Gino Br<strong>un</strong>etti, Cucina mantovana di principi e di popolo, Mantova, Ist. Carlo D’Arco,<br />
1963.<br />
49) Piero Collina, Comaschi a tavola, Como, Ed. C:. Nani, 1972.<br />
50) Com<strong>un</strong>ità Montana <strong>della</strong> Valcuvia, La Valcuvia a tavola, Varese, ASK edizioni, 1993.<br />
51) Giuliano Cornelio e Francesca Ossola, Atlante dei prodotti tipici, Milano, Regione<br />
Lombardia, 1988 (*).<br />
52) Felice Cùnsolo, La <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong>, Milano, Novedit, 1963.<br />
53) Arturo Della Torre e Alberto Longatti (a cura), Cucina Lariana, Como, Editoriale La<br />
Provincia, 1990.<br />
54) Cia Eramo, La <strong>cucina</strong> mantovana, Padova, Muzzio, 1987 (*).<br />
55) Giuseppe Fontana, La cusinna de Milan, Milano, 1938, ora Milano, Libreria Meravigli<br />
Ed., 1980 (*).<br />
56) Marco Guarnaschelli Gotti, La <strong>cucina</strong> milanese, Padova, Muzzio, 1991 (*).<br />
57) Franco Magni, Quattro chiacchiere in <strong>cucina</strong> nella vecchia Lomellina, Vigevano,<br />
Diakronia, 1994 (*)<br />
58) Franco Marenghi, La <strong>cucina</strong> mantovana ieri e oggi, Roma, Andes, 1991 (*).<br />
59) Guido Margiotta, Valtellina e Valchiavenna: riscoperta di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong>, Sondrio<br />
Bissone, 1978.Emilio Montorfano, Storia e tradizioni nella <strong>cucina</strong> lariana, Milano,<br />
Xenia, 1987.<br />
60) Ottorina <strong>Per</strong>na Bozzi, Vecchia Brianza in <strong>cucina</strong>, Firenze, Gi<strong>un</strong>ti Martello, 1979.<br />
61) Ottorina <strong>Per</strong>na Bozzi, La Lombardia in <strong>cucina</strong>. Storia e ricette di piatti tradizionali,<br />
Firenze, Gi<strong>un</strong>ti Martello, 1982.<br />
62) Ottorina <strong>Per</strong>na Bozzi, Vecchia Milano in <strong>cucina</strong>, Firenze, Gi<strong>un</strong>ti Martello, 1985.<br />
63) Ermanno Sagliani, Lombardia, Milano, Siepel, 1991(*).<br />
64) Renato Sozzani, Tavola imbandita in Valtellina, Sondrio, Camera di Commercio, 1988.<br />
65) Carlo Steiner, Il ghiottone lombardo, Milano, Bramante, 1964.<br />
66) Giorgio Terragni, Ricette lariane di <strong>un</strong> tempo, Como, Pifferi Ed., 1990 (* Remanders).<br />
67) Lorenzo Totò, La <strong>cucina</strong> delle valli piemontesi e lombarde, Milano, Rusconi, 1978.<br />
68) Lydia Visioli Galetti, Un antenato cremonese in <strong>cucina</strong>, Soresina, Art. Gr, Rossi, 1981.<br />
<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia
Cucina <strong>lombarda</strong> - gli autori<br />
Marco Riva<br />
Rossano Nistri<br />
file://D:\Web\Weblomb\autori.htm<br />
Gli autori<br />
Nato a Como il 24/10/1951, laureato nel 1975 in Scienze delle Preparazioni<br />
Alimentari, borsista e ricercatore (dal 1990) presso il DISTAM, dal 1992<br />
professore <strong>un</strong>iversitario associato per il gruppo "Processi <strong>della</strong> Tecnologia<br />
Alimentare" e per la disciplina "Istituzioni di Tecnologie Alimentari" presso la<br />
Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Milano, ove opera in qualità di<br />
docente a tempo pieno. Svolge attività didattica per il Diploma in Viticoltura ed<br />
Enologia (Corso di Tecnologie Alimentari) e per il Diploma in Tecnologie<br />
Alimentari (Corso opzionale di Controllo ed Assicurazione <strong>della</strong> Qualità dei<br />
Prodotti Alimentari).<br />
Nell'ambito del progetto finalizzato CNR - RAISA è stato nel periodo 1991-1996<br />
coordinatore dell'Unità di Ricerca 4.10 "Mo<strong>della</strong>zione dei processi di cottura<br />
convenzionali e innovativi". Oltre a questa responsabilità gestionale, il prof.<br />
Marco Riva è stato anche coinvolto nel coordinamento scientifico del progetto<br />
strategico CNR "I prodotti alimentari tipici nel Mezzogiorno", per il quale ha<br />
supervisionato l'ideazione e la realizzazione del testo "I prodotti caseari del<br />
Mezzogiorno", vol. 1° e 2°.<br />
L'attività scientifica più recente è orientata ai seguenti temi: applicazioni delle<br />
microonde come sistema di cottura e di estrazione di composti aromatici;<br />
mo<strong>della</strong>zione di alc<strong>un</strong>e operazioni <strong>della</strong> tecnologia alimentare; applicazioni <strong>della</strong><br />
DSC (Differential Scanning Calorimetry) nello studio delle transizioni molecolari<br />
durante il riscaldamento di alimenti o quale mezzo per caratterizzare cinetiche di<br />
trasformazione o di crescita microbica; previsione <strong>della</strong> shelf-life mediante<br />
dispositivi integratori tempo-temperatura; applicazione di tecniche di imageanalysis<br />
nella caratterizzazione dei prodotti alimentari; applicazioni <strong>della</strong> ricerca<br />
in rete per il potenziamento <strong>della</strong> didattica e per la documentazione scientifica<br />
nel settore alimentare.<br />
Accanto all'attività didattica e scientifica, svolge intensa attività pubblicistica: ha<br />
collaborato fra l'altro alla trasmissione televisiva "Di tasca nostra" ed alle riviste<br />
"La Gola" ed "Il Gambero Rosso". In questo ambito attualmente fa parte del<br />
comitato di redazione del trimestrale internazionale "Slow", <strong>un</strong>a rivista del<br />
movimento Arcigola - Slowfood. Nel merito di programmi di educazione ed<br />
informazione alimentare ha svolto intensa attività divulgativa per conto di diversi<br />
Enti Locali ed istituzioni, realizzando anche supporti didattici innovativi per la<br />
valutazione nutrizionale con mezzi informatici (software "La dieta del sole",<br />
"Latte non solo a colazione", "Meet Emilia-Romagna", "Come Mangi", ed. Coop).<br />
E' coautore (insieme ad Ernestina Casiraghi) del testo "La densità nutritiva degli<br />
alimenti" (Regione Lombardia ed., 1985-1990), insieme a Turchi M.C.e Attia Atta<br />
K., del testo "Ali baba e le quaranta ricette (la <strong>cucina</strong> nel mondo islamico)",<br />
Editrice Consumatori, Bologna, (1994), e, insieme a Rossano Nistri e Monica<br />
Paolazzi, del volume "<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> Cucina Lombarda", Ia edizione, Regione<br />
Lombardia ed., 1997. Ha partecipato alla stesura del testo "A tavola dal Lario alla<br />
Brianza", a cura di Franco Soldaini e con testi di Felice Bassani, Marco Riva,<br />
Rossano Nistri, Rocco Lettieri e Angelo Sala, edito da La Provincia S.p.A.<br />
Editoriale, Como, 1997. Collabora attivamente alle attività dell'Associazione<br />
Italiana di Tecnologie Alimentari (AITA) ed è autore e responsabile delle pagine<br />
WWW del DISTAM.<br />
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Nato a San Miniato, in provincia di Pisa, nel 1949, dal 1974 abita a Como, dove,<br />
tra slanci e delusioni, trova anno dopo anno, grazie ai suoi al<strong>un</strong>ni, l’allegria<br />
necessaria per non vergognarsi di insegnare nelle scuole elementari statali. Nella<br />
scuola sperimenta da due decenni tecniche di educazione alimentare, alternative<br />
al nutrizionismo, basate sull'uso consapevole dei cinque sensi.<br />
Dal 1986 è membro dell’ONAV (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino) e,<br />
dallo stesso anno, ha collaborato al mensile La Gola e ad altre pubblicazioni<br />
periodiche, tra le quali Slow food, il mensile di Arcigola, e Slow, il trimestrale<br />
<strong>della</strong> stessa associazione, con contributi di materia folkloristica, etnografica e<br />
antropologica nell’ambito <strong>della</strong> cultura gastronomica e dell'educazione sensoriale.<br />
Ha partecipato alla stesura delle voci del Compact Cucina De Agostini e del<br />
Dizionario di Storia edito dal Saggiatore-B.Mondadori. Nel 1995 ha curato<br />
l’edizione del volume Galliano, 1000 anni di storia per conto del Gruppo Arte<br />
Cultura di Cantù. <strong>Per</strong> conto <strong>della</strong> Regione Lombardia (Settore Alimentazione) ha<br />
composto, insieme a M.Riva e M.Paolazzi, il volume <strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> Cucina<br />
Lombarda, Ia edizione, Regione Lombardia ed., 1997. E' coautore dei volumi<br />
L'Oca (Lodi, Bibliotheca Culinaria, 1997) e A Tavola dal Lario alla Brianza (Como,<br />
Ed. La Provincia, 1997). Sulla base <strong>della</strong> propria esperienza didattica ha ideato il<br />
manuale Dire, Fare, Gustare – <strong>Per</strong>corsi di educazione del gusto nella scuola (Bra,<br />
Slow Food Ed., 1998) quale supporto per il corso di aggiornamento nazionale,<br />
organizzato da Slow Food Arcigola e autorizzato dal Ministero <strong>della</strong> Pubblica<br />
17/03/2001
Cucina <strong>lombarda</strong> - gli autori<br />
Monica Paolazzi<br />
file://D:\Web\Weblomb\autori.htm<br />
Istruzione, Educazione sensoriale e alimentare, di cui è stato direttore per l'anno<br />
scolastico 1998-99.<br />
Ha tenuto corsi di aggiornamento nei due diversi campi dell'Iconografia e<br />
dell'Educazione Alimentare e sensoriale per insegnanti di vario ordine e grado in<br />
quasi tutte le regioni italiane, nel quadro delle attività promosse dai<br />
Provveditorati agli Studi, dagli SPAFA regionali, da Arcigola e da Enti ed<br />
Amministrazioni Locali.<br />
Nata nel 1959 a Milano, dove è residente, lavora da molti anni nel settore<br />
alimentare con attività pubblicistica e di consulenza in campo nutrizionale.<br />
Ha collaborato a numerose riviste specializzate e a L'Unità con rubriche di<br />
informazione nutrizionale e consumeristica (A Tavola, Sale e Pepe, Guida<strong>cucina</strong>,<br />
Pratica, Tutto<strong>cucina</strong>) ed è stata redattrice <strong>della</strong> rivista La Gola. Ha lavorato in<br />
televisione sia realizzando servizi giornalistici per la trasmissione Buongiorno<br />
Italia (Canale 5) sia come redattrice e conduttrice in video di Consumatori in TV,<br />
Rete7 (Bologna) e come consulente per video di educazione alimentare.<br />
In campo editoriale ha collaborato alla progettazione e alla realizzazione di<br />
Compact <strong>cucina</strong> (De Agostini), Stati Uniti (Il Saggiatore), Il Grande Ricettario per<br />
i Bambini (Idea Libri), Dal fornello al computer (Regione Emilia-Romagna), e<br />
numerosi opuscoli di ricette ed educazione alimentare per Coop Italia. Ha inoltre<br />
partecipato alla realizzazione di alc<strong>un</strong>i software di educazione alimentare (La<br />
dieta del sole, Latte non solo a colazione, Meet Emilia-Romagna).<br />
©<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong>, M.Riva, R.Nistri & M.Paolazzi Eds.<br />
Unità Organizzativa Politiche di Filiera - Struttura Promozione Prodotti - Milano, 2000<br />
Riproduzione consentita per usi didattici ed informativi, con citazione <strong>della</strong> fonte<br />
Credits: Marco Riva & Stefano Liviero, Ultimo aggiornamento: 30/11/00<br />
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17/03/2001