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Eco n. 76 - Luglio 10:Layout 1 - Eco della Brigna

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Non parliamo degli sciacalli degli<br />

agenti dell’emigrazione che speculavano<br />

e lucravano sulle disgrazie di<br />

questi sventurati, parliamo invece del<br />

viaggio che questi uomini erano<br />

costretti ad affrontare con grave<br />

rischio per la propria persona.<br />

Infatti si poteva morire per una malattia<br />

contratta durante i famosi viaggi in<br />

terza classe, i soli luoghi consentiti e<br />

occupati dagli emigranti, dove, per il<br />

sovraffollamento, si rischiava di morire<br />

per mancanza d’aria; si poteva<br />

venire derubati o anche morire prima<br />

di arrivare al porto d’imbarco per<br />

mano di delinquenti e ladri senza scrupoli;<br />

poteva capitare il caso di non trovare<br />

la nave per cui già si erano venduti<br />

i propri beni e acquistato da truffatori<br />

il biglietto per il viaggio; si<br />

poteva anche essere portati in un<br />

luogo che nessuno aveva scelto ma<br />

che conveniva all’armatore o al capitano<br />

<strong>della</strong> nave, ed è capitato tante<br />

volte che si sapeva di andare a Nuova<br />

Iorca e ci si ritrovava invece nelle<br />

coste del Brasile; altre volte capitava<br />

che si dovesse tornare indietro perché<br />

la nave non aveva l’autorizzazione a<br />

sbarcare per casi di epidemie; si poteva<br />

rischiare di morire in un naufragio<br />

come è capitato ai poveri passeggeri<br />

<strong>della</strong> nave Utopia.<br />

Questa nave a vapore, costruita nel<br />

1874, di 2731 tonnellate, era di proprietà<br />

dell’Anchor Line di Glasgow.<br />

Partita da Trieste con ventidue passeggeri<br />

a bordo, tutti adulti, aveva fatto<br />

scalo a Messina per imbarcare 7 passeggeri.<br />

Altri 57 speranzosi di trovare<br />

fortuna nel nuovo mondo li imbarcò<br />

nel porto di Palermo ed erano soprattutto<br />

del circondario di Termini<br />

Imerese, di cui faceva parte anche<br />

Mezzojuso. Partito da Palermo il piroscafo<br />

si diresse a Napoli, uno dei porti<br />

più importanti d’Italia in quel periodo,<br />

dove imbarcò il grosso dei viaggiato-<br />

ri: 727 uomini e donne, provenienti<br />

dalle regioni centro meridionali:<br />

Campania, Basilicata, Puglia, Molise,<br />

Abruzzo, Lazio.<br />

In tutto gli emigranti erano 813 di cui<br />

661 uomini, 85 donne, 55 ragazzi, 12<br />

poppanti. I membri dell’equipaggio al<br />

comando del capitano John Mac<br />

Keague erano 68.<br />

Era il dodici marzo del 1891 e il<br />

tempo non era affatto bello. Dopo cinque<br />

giorni di navigazione, il 17 marzo,<br />

l’Utopia a sera tarda arrivò a<br />

Gibilterra ed entrò nel porto, sotto<br />

vapore, a mezza velocità, con un mare<br />

in forte tempesta che non si vedeva a<br />

un passo. In questo inferno, col buio<br />

che impediva la visibilità delle altre<br />

presenze in mare, soprattutto navi da<br />

guerra, l’Utopia, per una falsa manovra,<br />

urtò con la corazzata inglese<br />

Anson, riportando un grande squarcio<br />

di circa dieci metri sulla mezzeria.<br />

A questo punto fu dato l’allarme, le<br />

altre navi presenti accesero i fanali<br />

cercando di illuminare la zona dell’impatto,<br />

gettando in mare le scialuppe<br />

di salvataggio; a terra ci fu subito<br />

grande eccitazione e confusione. Le<br />

grida dei naufraghi erano altissime ma<br />

sporcate dal mare grosso. Nel frattempo<br />

non pochi si gettavano in mare cercando<br />

di salvare qualche amico o<br />

parente che già era caduto in acqua. Si<br />

assistette a scene terribili riportate<br />

dalle cronache giornalistiche, di cui<br />

daremo ampia informazione prossimamente.<br />

Alla fine, secondo L’Illustrazione<br />

Italiana, i morti furono 642, compresi<br />

alcuni coraggiosi marinai inglesi che<br />

perirono per salvare i naufraghi; altre<br />

fonti parlano di 550, altre ancora di<br />

562 o di 5<strong>76</strong>. Le cifre sono discordanti.<br />

I salvati furono 294 di cui 137 tornarono<br />

a Napoli con la nave Assiria e<br />

furono alloggiati nelle locande a spese<br />

<strong>della</strong> stato italiano. Ma altri 153, appe-<br />

na qualche giorno, ripresero la rotta<br />

per Nuova Iorca.<br />

Dei mezzojusari morti nel naufragio<br />

abbiamo notizia dagli atti di morte<br />

registrati nel comune di Mezzojuso su<br />

comunicazione del missionario apostolico<br />

Giuseppe Dotto Sacovello, parroco<br />

<strong>della</strong> Chiesa di Santa Maria coronata<br />

nei Cieli nella città di Gibilterra.<br />

Essi risultano essere i seguenti:<br />

Bausano Francesco di anni 41<br />

Burriesci Francesco di anni 24<br />

Burriesci Maria di anni 5<br />

Burriesci Vincenzo di anni 7<br />

Chetta Giuseppe di mesi 7<br />

Chetta Giuseppe di anni 51<br />

Di Miceli Ciro di anni 23<br />

Figlia Rosa di anni 42<br />

La Gattuta Antonina di anni 35<br />

Maddi Nicolina di anni 8<br />

Mistretta Dario di anni 7<br />

Mistretta Provvidenza di anni 1<br />

Prossimamente riferirò di molti altri<br />

particolari che riguardano i morti dei<br />

mezzojusari coinvolti nel naufragio di<br />

Utopia, che non è conosciuta al pari di<br />

altre più famose tragedie del mare<br />

come il Titanic, l’Andrea Doria o il<br />

Sirio ma che testimoniano del tributo<br />

tragico, pesante e doloroso dato alla<br />

ricerca di una vita più fortunata. E<br />

Mezzojuso ha avuto i suoi morti che,<br />

oggi, i suoi abitanti forse non conoscono<br />

perché non esiste una lapide, una<br />

via, una istituzione che ricordi la morte<br />

prematura di Dario, di Provvidenza, di<br />

Maria, di Vincenzo, di Giuseppe, di<br />

Nicolina: vittime innocenti di una terra<br />

che ha costretto i suoi figli a svendersi<br />

a buon mercato ed a morire tra i flutti<br />

spietati dell’oceano atlantico alla ricerca<br />

di una nuova vita.<br />

e13

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