n.57 - dicembre 2010 - Gruppo bancario Credito Valtellinese
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economia Flash<br />
di Umberto Colli<br />
Amministratore Delegato Bancaperta<br />
In questo ultimo numero del <strong>2010</strong> vogliamo<br />
volgere lo sguardo dietro di noi per<br />
poi tracciare alcune valutazioni che ci accompagneranno<br />
nel nuovo anno, il quarto<br />
dallo scoppio della crisi più virulenta<br />
e pervasiva dopo quella del 1929 che, è<br />
bene ricordarlo, ebbe il suo culmine in<br />
America nel 1932 ed un ritorno ai valori<br />
precedenti solo dopo il 1935.<br />
Il 2009 si era congedato con il fallimento<br />
tecnico del colosso delle costruzioni Dubai<br />
World, salvato grazie al provvidenziale<br />
intervento degli altri Emirati del Golfo.<br />
L’inizio dell’anno corrente non era stato<br />
migliore, con il problema della Grecia,<br />
prima emerso come un semplice sforamento<br />
dei parametri di Maastricht, poi<br />
aggravatosi al punto da portare il paese<br />
sull’orlo del default. Per garantirsi l’ingresso<br />
nell’euro, infatti, Atene, avvalendosi<br />
di sofisticati strumenti della moderna<br />
ingegneria finanziaria, era riuscita a<br />
posticipare gli impegni agli anni a venire,<br />
mostrando – al momento dell’ammissione<br />
– valori di bilancio migliori di quanto<br />
in realtà fossero. Una volta giunti a scadenza,<br />
gli strumenti derivati presenti nei<br />
bilanci ellenici, tuttavia, hanno evidenziato<br />
che i conti pubblici del paese non erano<br />
così in salute come ritenuto. La situazione<br />
è ulteriormente degenerata a causa della<br />
concomitante recessione: la crisi finanziaria<br />
ha fatto esplodere il debito pubblico,<br />
alimentando il crollo dell’attività produttiva<br />
e con esso la disoccupazione. Un mix<br />
decisamente negativo che ha generato<br />
la fuga degli investitori dai titoli Greci e<br />
si chiude un <strong>2010</strong><br />
irto di ostacoli;<br />
il 2011 si preannuncia<br />
di “transizione”<br />
degli altri paesi europei meno virtuosi. I<br />
timori dei piccoli risparmiatori sono stati<br />
accentuati dalla speculazione, in primis<br />
alimentata dagli hedge fund, che ha spinto<br />
al ribasso le quotazioni.<br />
Questo è stato, tra l’inverno e la primavera<br />
<strong>2010</strong>, il tema dominante in Europa,<br />
che ha visto come vittime – oltre alla<br />
Grecia – gli altri paesi più fragili (Irlanda,<br />
Spagna, Portogallo e Italia, definiti poi<br />
“paesi periferici”) e, nel ruolo di salvatori,<br />
l’UE e il Fondo Monetario Internazionale.<br />
La svolta a questa crisi, che ha rischiato<br />
di sfaldare l’Unione Europea, è avvenuta<br />
nel fine settimana del 9 maggio, quando,<br />
dopo lunghi e difficili negoziati, ha visto<br />
la luce un piano di interventi e garanzie<br />
che ha scongiurato il default di Atene e<br />
spuntato le armi alla speculazione. Ricordiamo<br />
che numerose sono state le critiche<br />
sollevate al Governo tedesco in questo<br />
frangente per aver rallentato le decisioni<br />
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una sintesi dei dati macroeconomici<br />
e dei maggiori avvenimenti<br />
finanziari mondiali.<br />
relative al salvataggio, ottenendo comunque<br />
l’impegno di tutti i partner europei a<br />
perseguire politiche volte ad un maggior<br />
rigore di bilancio. Nel primo semestre dell’anno<br />
i mercati finanziari hanno quindi<br />
sofferto di un ritorno prepotente dell’incertezza,<br />
quasi quanto quella vissuta durante<br />
il fallimento della Lehman Brothers<br />
nell’autunno 2008. In questo contesto<br />
gli investitori hanno preferito spostare<br />
la composizione dei portafogli dai titoli<br />
ritenuti eccessivamente rischiosi a quelli<br />
giudicati più sicuri. Questa attività, che<br />
tecnicamente viene chiamata “flight to<br />
quality”, ha compresso i rendimenti dei<br />
titoli statali tedeschi e sospinto al rialzo<br />
quelli dei “paesi periferici”. Il risultato<br />
è stato quello di ampliare a dismisura i<br />
differenziali tra i titoli pubblici del “Vecchio<br />
Continente”, nonostante tutti appartenessero<br />
alla stessa area monetaria. Un<br />
fenomeno di “divergenza” che è risultato<br />
l’esatto opposto rispetto alla “convergenza”<br />
che i rendimenti dei titoli di stato dei<br />
paesi aderenti all’euro sperimentarono<br />
poco prima della sua introduzione (1999).<br />
La ricerca di asset di qualità ha condizionato<br />
anche i Treasury americani, che<br />
hanno registrato una notevole discesa; in<br />
questo caso hanno altresì pesato i timori<br />
di cadere in una deflazione simile a quella<br />
giapponese. Sul mercato valutario l’incertezza<br />
ha penalizzato l’euro, che nei primi<br />
sei mesi dell’anno ha costantemente perso<br />
valore nei confronti del dollaro americano,<br />
passando da 1,45 a 1,20. Analogamente<br />
la richiesta di monete “affidabili”<br />
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