Marzo 2018
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Livorno<br />
Anno 32 - N° 648<br />
<strong>Marzo</strong><br />
<strong>2018</strong><br />
non stop<br />
Omaggio<br />
FOTO ONORATI<br />
mensile indipendente «strettamente» livornese<br />
All’interno:<br />
I Postmacchiaioli<br />
La straordinaria, anzi normale, storia<br />
di Massimo Morelli, cieco dall’infanzia<br />
ma affermato docente di Economia<br />
negli Stati Uniti e alla Bocconi<br />
(b.d.) - Mentre andiamo in stampa apprendiamo la dolorosa notizia della<br />
scomparsa di Gianfranco Lamberti, il “nostro” primo cittadino dal<br />
1992 al 2004. Durante la sua legislatura ha vinto tante battaglie mettendo<br />
la firma a importanti opere (ristrutturazione Terrazza Mascagni; ampliamento<br />
Acquario; riapertura Teatro Goldoni; nuovo Palasport; rivalutazione<br />
quartiere ‘Venezia’; nascita Porta a Terra; trasformazione Cantiere<br />
navale con l’arrivo di Azimut Benetti; nascita Porta a Mare) che<br />
hanno reso Livorno più importante e più bella.<br />
Lo ricordiamo anche per la sua eleganza con cui rappresentava la città,<br />
rigorosamente in giacca e cravatta, per il sorriso, la gentilezza e la disponibilità<br />
verso tutti i cittadini (personalmente, nell’ormai lontano 1994 (nella foto),<br />
mi intrattenne un bel po’ di tempo all’interno del Museo Fattori per informarsi dettagliatamente sulla pur modesta<br />
nostra testata). Gli stringiamo nuovamente la mano. Con gratitudine ed affetto.
▲▲▲ ▲▲▲<br />
▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
2 attualità<br />
editoria<br />
Cantata dai bambini prima che entrassero nelle camere a gas di Auschwitz, rimase nella<br />
memoria dei sopravvissuti come simbolo del massacro degli innocenti.<br />
La straziante (e penetrante)<br />
ninna nanna‘Wiegala’:<br />
Rievocata al Goldoni da docenti e alunni del Niccolini Palli<br />
di Michela Gini<br />
Fino a<br />
q u e l<br />
giorno lì<br />
avevo<br />
sentiti<br />
cantare<br />
e suonare<br />
solo<br />
durante<br />
l’ora di musica d’insieme, in<br />
quell’anonima stanza posta al<br />
terzo piano del liceo musicale<br />
livornese, in via Maggi. In<br />
quell’aula di musica dove,<br />
durante le prove e le esercitazioni,<br />
il caos la fa da padrone<br />
e non rende alcuna giustizia alle<br />
interpretazioni dei giovani allievi.<br />
Ma la mattina di giovedì 22<br />
febbraio scorso, seduta in un<br />
palchetto del teatro Goldoni,<br />
mi sono trovata ad ascoltare<br />
tutta un’altra musica, e non si<br />
tratta certo di un gioco di parole.<br />
Docenti e alunni della<br />
sezione musicale del Niccolini<br />
Palli hanno preso parte, infatti,<br />
al progetto “Memoria”,<br />
volto a commemorare la diaspora<br />
ebraica e la Shoah, attraverso<br />
contributi artisticomusicali<br />
che ne hanno affermato<br />
la rilevanza storica e focalizzato<br />
la riflessione sui principi<br />
di libertà e uguaglianza tra<br />
etnie e religioni.<br />
Promotori del progetto, Paolo<br />
Filidei e Rosaria Bruno, con<br />
la collaborazione di Sara Bacchelli<br />
ed altri docenti del liceo,<br />
della prof.ssa Monica Cuzzocrea,<br />
delle Associazioni Centro<br />
culturale Cassiodoro e VinOperArte,<br />
del Conservatorio<br />
P. Mascagni. L’iniziativa è stata<br />
realizzata grazie al patrocinio<br />
del Comune di Livorno e<br />
alla disponibilità del Teatro<br />
Goldoni.<br />
In un clima carico di pathos,<br />
dunque, gli allievi del musicale<br />
hanno dapprima recitato<br />
poesie e lettere tratte dal libro<br />
“Ilse Weber, l’ultimo Lied”;<br />
si tratta di una raccolta di<br />
scritti, liriche e filastrocche,<br />
composte dall’omonima poetessa<br />
e musicista ebrea tra il<br />
1942 e il 1944, nel ghetto di<br />
Ilse Weber con la madre Theresa e i due figli Hanuš e Tommy.<br />
Theresienstadt, in Cecoslovacchia.<br />
Prima che la dura legge<br />
di Auschwitz ponesse fine ai<br />
suoi giorni, a quelli del piccolo<br />
figlio Tommy e degli altri<br />
quindici bambini malati di cui<br />
la donna si prendeva cura nell’infermeria<br />
del lager. E se ne<br />
prendeva cura senza farmaci,<br />
che gli erano ovviamente negati,<br />
solo col suo amore, le sue<br />
filastrocche, le ninne nanne. Il<br />
libro, scritto in lingua tedesca,<br />
è stato tradotto dalla professoressa<br />
Rita Baldoni che insegna<br />
lingua e letteratura tedesca<br />
in un liceo linguistico delle<br />
Marche e che ha partecipato<br />
alla mattinata commemorativa.<br />
Così come Silvia Guetta,<br />
docente di Didattica della Shoah<br />
all’Università di Firenze.<br />
Momenti di altissima commozione<br />
si sono raggiunti durante<br />
la lettura delle parole di Ilse,<br />
l’esecuzione della straziante<br />
ninna nanna Wiegala, cantata<br />
dai bambini prima di entrare<br />
nelle camere a gas e rimasta<br />
nella memoria dei sopravvissuti<br />
come simbolo del massacro<br />
degli innocenti.<br />
“Voglio andare a casa”, “voglio<br />
andare a casa....”, parole<br />
che risuonano nella penombra<br />
del teatro, mirano dritte al<br />
cuore, specialmente se, chiudendo<br />
gli occhi, si immaginano<br />
quei piccoli innocenti affamati,<br />
braccati, terrorizzati, privati<br />
delle cose più semplici,<br />
dell’abbraccio di una madre,<br />
della loro dignità di fanciulli.<br />
Confortati solo dalle filastrocche<br />
di Ilse, madre altrettanto<br />
straziata che con la forza che<br />
La locandina della manifestazione<br />
svoltasi al Teatro Goldoni.<br />
ancora riesce a trovare, scrive<br />
canti e poesie per lenire un<br />
minimo le loro sofferenze.<br />
Come fossero tutti dei Tommy,<br />
degli Hanuš, l’altro figlio<br />
della Weber salvato perché fatto<br />
partire “... tutto solo... dalla<br />
stazione di Praga, gonfio di<br />
lacrime e impaurito... mentre<br />
implorava: fammi stare con<br />
te”.<br />
Quanto gli sarà sembrato duro<br />
e crudele quell’addio. Non poteva<br />
comprendere allora,<br />
Hanuš, l’infinito amore e la disperazione<br />
che spingevano sua<br />
madre a farlo salire sul treno<br />
che l’avrebbe messo in salvo,<br />
in Svezia da un’amica, prima<br />
di essere deportato nel ghetto<br />
ebraico di Praga.<br />
Nella seconda parte della mattinata<br />
sono stati eseguiti, invece,<br />
brani di quella “musica sopravvissuta”,<br />
nata a Theresienstadt<br />
ed egregiamente eseguita<br />
dai liceali del Niccolini Palli<br />
che con i loro strumenti hanno<br />
ricordato Pavel Hass, Gideon<br />
Klein, Victor Ulmann,<br />
Hans Krasa, compositori tutti<br />
deceduti ad Auschwitz. Ma la<br />
loro musica e le loro parole<br />
sono sopravvissute e rappresentano<br />
il frutto della speranza<br />
giunto a noi come messaggio<br />
di vita. Grazie ragazzi!!
▲▲▲<br />
▲<br />
attualità<br />
3<br />
LIVORNOnonstop<br />
di Stefania D’Echabur<br />
Voglio<br />
Non voglio più parlare il<br />
25novembre!<br />
Non voglio più leggere e ricevere<br />
mimosa l’8 marzo!<br />
Voglio uomini che usino gentilezza<br />
verso la donna.<br />
Voglio RISPETTO!<br />
Voglio che chi incontra<br />
l’amore non tolleri voci alte,<br />
supremazia, violenza psicologica.<br />
Voglio difendermi da tutto<br />
questo male, ma difesa non<br />
esiste.<br />
Un uomo, l’ennesimo, ogni<br />
giorno uccide. Uccide la<br />
compagna, uccide i loro figli<br />
per punire una donna che<br />
non lo vuole più. O esercita<br />
il potere assoluto sulla famiglia,<br />
o si cancella tutto.<br />
Non mi venite a dire che era<br />
fuori di testa. Tante donne<br />
lo sono, ma la modalità di<br />
resettare è UOMO! MA-<br />
SCHIO!<br />
La rabbia mi fa parlare così,<br />
poi però penso alla forza<br />
delle donne.<br />
Alla loro dignità nell’affrontare<br />
il dolore.<br />
Vedo la loro fragilità, la disponibilità,<br />
la loro perseveranza<br />
e tenacia.<br />
Penso a quante volte dicono<br />
“grazie” nonostante tutto.<br />
Penso a come affrontano la<br />
malattia, un sorriso come la<br />
migliore delle medicine. A<br />
come tengono in piedi maternità,<br />
lavoro, marito, difficoltà.<br />
Alda Merini non a caso<br />
scrisse “Sorridi donna”<br />
per sancire l’essere femminile.<br />
Oggi, nel <strong>2018</strong>, continua la<br />
strage di donne, scorre an-<br />
Rispetto!<br />
cora tanto sangue su nomi<br />
scritti di anagrafica della<br />
violenza femminile. Numeri,<br />
troppi, di vittime dirette<br />
e indirette di tanta brutalità.<br />
In cosa ha sbagliato questa<br />
donna e il mondo che la circonda?<br />
Perché quando smette di<br />
avere paura di parlare,<br />
spesso ha paura per sé, per<br />
i propri figli e la vita stessa?<br />
Come far cessare questo<br />
cancro di morte?<br />
Con pene più severe sicuramente.<br />
Con una corretta<br />
analisi dei ruoli.<br />
È difficile rinunciare ai privilegi<br />
di un mondo patriarcale<br />
per il maschio, un mondo<br />
che ha relegato la donna<br />
a determinati ruoli, dovremmo<br />
prendere in considerazione<br />
che il mondo lavorativo<br />
non ha fatto altro<br />
che oberarla di un impegno<br />
maggiore, ma, da un punto<br />
di vista etico, i passi da fare<br />
in avanti per raggiungere<br />
una maturità dove cessa la<br />
supremazia sono ancora<br />
tanti.<br />
Gli uomini e le donne hanno<br />
perso una grande possibilità<br />
di uguaglianza subito<br />
dopo il dopoguerra.<br />
Le case, le finanze, i raccolti<br />
e i figli sono stati compiti<br />
che la donna ha svolto<br />
molto bene quando i maschi<br />
sono partiti. Al loro ritorno<br />
insieme dovevano capire<br />
che tutto era cambiato. Ci<br />
sono stati in seguito i movimenti<br />
femministi, un’esasperazione<br />
dei ruoli, che<br />
durante la risacca qualcosa<br />
ha prodotto.<br />
Ma, c’è sempre un grande<br />
“ma”.<br />
Ogni anno per la Festa della<br />
Donna regalo una storia<br />
di donna.<br />
Un’eroina, o una figura che<br />
tocca un’emozione.<br />
Quest’anno il pensiero va a<br />
tutte noi e alla nostra FORZA.<br />
Concludo con una poesia di<br />
Patrizia Cavalli.<br />
E se mi guardi davvero e<br />
poi mi vedi?<br />
Io voglio che stravedi non<br />
che vedi!
▲▲▲<br />
▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
4<br />
personaggi<br />
La straordinaria, anzi normale, storia di un professore livornese che ha vissuto la sua disabilità<br />
come una caratteristica della persona e non come un ostacolo tale da impedirgli di coltivare<br />
i suoi sogni e le sue ambizioni - La città gli ha conferito lo “Canaviglia” e il “Premio Lions”<br />
Massimo Morelli, cieco dall’infanzia<br />
ma affermato docente in Usa e alla Bocconi<br />
Buio è<br />
una parola<br />
di derivazione<br />
latina (da<br />
burus =<br />
bruciato,<br />
di colore<br />
scuro), sinonimo di oscurità<br />
e di tenebra, è l’assenza della<br />
luce. I sentimenti dell’uomo in<br />
assenza di luce sono stati fonte<br />
di metafore nell’ambito della<br />
letteratura e di simbolismo<br />
nell’arte. In quest’ultimo campo,<br />
con l’uso del chiaroscuro,<br />
l’oscurità enfatizza o contrasta<br />
la luce. Generalmente<br />
l’oscurità viene abbinata al male<br />
od al peccato. È possibile riscontrare<br />
il significato negativo<br />
dell’oscurità nella Divina<br />
Commedia di Dante: nei primi<br />
versi, infatti, il poeta toscano<br />
si ritrova in una selva oscura.<br />
Normale dunque che il buio<br />
faccia paura, e non solo ai bambini.<br />
Fortunatamente, al sorger<br />
mente il cielo, le foglie, i laghi,<br />
pensando al giorno in cui tali<br />
panorami non ci sarebbero più<br />
stati per lui, sconfisse la tristezza<br />
ricordando le parole di<br />
Ray Charles.<br />
L’obiettivo di queste mie righe<br />
non è comunque, l’analisi della<br />
cecità e dei suoi significati,<br />
argomento che richiederebbe<br />
una competenza ed una penna<br />
di gran lunga superiori alle mie,<br />
quanto quello di condividere<br />
con voi come uno di noi, un<br />
livornese, abbia sperimentato<br />
l’esperienza di divenir cieco attorno<br />
ai 12 anni e, ciononostante,<br />
sia riuscito a raggiungere<br />
livelli professionali di altissimo<br />
livello.<br />
Sto parlando di Massimo Morelli,<br />
non vedente dalle scuole<br />
medie, nato a Livorno nel<br />
1965, diplomatosi al Liceo<br />
Classico, poi laureato con lode<br />
all’Università Bocconi di Milano<br />
in Discipline economiche<br />
e sociali nel 1991 con relatore<br />
il celebre Mario Monti (fudi<br />
Marco Rossi<br />
del sole, od all’accendersi di<br />
una lampadina, il buio scompare<br />
con tutti i suoi significati<br />
impliciti od espliciti.<br />
Ma se non esistesse più alcun<br />
sole od alcuna lampadina? Se<br />
si è ciechi, intendo? Che significati<br />
assume il buio, nostro<br />
continuo compagno di vita?<br />
Come noto la cecità può essere<br />
congenita oppure acquisita<br />
per qualche trauma o malattia.<br />
Il portoghese Josè de Sousa<br />
Saramago (1922-2010) nel<br />
1998 ha pubblicato un celebre<br />
romanzo dal titolo Cecità in cui<br />
immagina che, ad un certo<br />
punto, tutti divengano ciechi<br />
(ma non vedono nero quanto,<br />
invece, tutto bianco) descrivendo<br />
concretamente cosa sia<br />
la cecità per chi non vi era nato.<br />
Ray Charles (1930-2004) il<br />
grande pianista e cantante non<br />
vedente statunitense che perse<br />
la vista ad 8 anni, ad un intervistatore<br />
che gli chiedeva<br />
se fosse vero che, se Dio gli<br />
1991, Università Bocconi: Massimo Morelli riceve la laurea in Discipline<br />
economiche e sociali dal relatore Prof. Mario Monti, futuro Presidente del<br />
Consiglio (dal 16 novembre 2011 al 28 febbraio 2013).<br />
23 marzo 2007 - Il Prof. Massimo Morelli riceve dal sindaco Alessandro<br />
Cosimi la Canaviglia, la massima onorificenza della città,<br />
avesse voluto restituire la vista,<br />
lui non avrebbe accettato,<br />
confermò aggiungendo:<br />
“Quando non si vede, si apprezzano<br />
di più gli altri e talvolta<br />
la tua vita viene toccata<br />
da persone meravigliose,<br />
che magari non sono confezionate<br />
meravigliosamente,<br />
ma se sei cieco non lo sai. Ad<br />
esempio, quando uno dei miei<br />
figli mi sale in grembo, io sento<br />
solo che c’è qualcuno lì che<br />
mi ama e che io amo. Se vedessi,<br />
probabilmente noterei lo<br />
sporco sui suoi vestiti o sulle<br />
sue scarpe. E forse direi: Vai<br />
a pulirti, prima di venirmi in<br />
braccio. Ma io non lo vedo<br />
come bianco o negro, pulito o<br />
sporco. Sento solo su di me 33<br />
chili d’amore”.<br />
Quest’aneddoto è stato reso<br />
noto dallo scrittore statunitense<br />
John Powell (1925-2009)<br />
il quale, a sua volta, non era<br />
nato cieco e, saputo che lo<br />
sarebbe divenuto, mentre cercava<br />
d’imprimersi bene nella<br />
▲
▲▲▲<br />
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personaggi<br />
5<br />
LIVORNOnonstop<br />
▲<br />
turo premier a cavallo tra<br />
il 2011 e 2012). Dottore in<br />
Economia all’Università di Pavia<br />
nel 1995 e, contemporaneamente,<br />
presso la famosa<br />
statunitense di Harvard, ha<br />
svolto intensa attività di docente<br />
incaricato negli USA,<br />
presso l’Istituto Universitario<br />
Europeo e, dal 2014, di Scienze<br />
Politiche alla stessa Bocconi.<br />
Autore di numerose pubblicazioni,<br />
è stato destinatario<br />
di molti premi e riconoscimenti<br />
e, nel 2016, ha ricevuto<br />
un contributo europeo di un<br />
milione e mezzo per finanziare<br />
una ricerca nei successivi<br />
cinque anni.<br />
Dopo il presidente Carlo Azeglio<br />
Ciampi, nel 2008 è stato<br />
il secondo livornese a ricevere<br />
la Canaviglia, la massima<br />
onorificenza della città.<br />
Quanto sopra era necessario<br />
per chiarire il livello di chi stiamo<br />
esaminando, ma non è mia<br />
intenzione parlarne della professionalità<br />
o dei risultati quanto<br />
della vita quotidiana e di<br />
come seppe superare il buio<br />
che gli cadde addosso da ragazzino.<br />
Tanto per darvi un’idea di cosa<br />
significhi il buio inizierò col<br />
raccontarvi come, per capire<br />
la geometria analitica, il nostro<br />
escogitò di spingere il padre<br />
Aldo o gli amici ad usare la<br />
sua schiena per disegnarvi sopra<br />
col dito le figure geometriche:<br />
sul semplice palmo della<br />
mano, infatti, lo spazio a disposizione<br />
era troppo scarso. Si,<br />
perché Massimo, al di là dell’indiscussa<br />
ed indiscutibile<br />
genialità, è sempre stato caratterizzato<br />
da una testardaggine<br />
e da un’inventiva a dir<br />
poco favolose.<br />
Ciò è talmente vero che la moglie,<br />
di fronte ai suoi continui<br />
Le nozze di Massimo Morelli e Giunia Gatta.<br />
Massimo Morelli con il figlio Leonardo appena nato.<br />
Massimo Morelli con Abdul Jeelani, il mitico campione di basket della<br />
Libertas Livorno dal 1981 al 1985.<br />
tentativi di stimolare i non vedenti<br />
a non assuefarsi agli aiuti<br />
cercando a tutti i costi la propria<br />
indipendenza ed autonomia<br />
assolute, non manca mai<br />
di fargli notare che chi l’ascolta<br />
può facilmente pensare<br />
come tutto, a lui, sia risultato<br />
facile perché, appunto, un autentico<br />
genio. Il chè, risponde<br />
lui, non è assolutamente vero:<br />
non solo tutti possono raggiungere<br />
la propria autonomia se<br />
solo lo vogliono veramente<br />
ma, soprattutto, l’accettar gli<br />
aiuti ne limita le possibilità realizzative<br />
portandoli ad aspettarsi<br />
l’aiuto sempre.<br />
Lui, una volta diplomato, volle<br />
andarsene a Milano, giusto<br />
per voler dipendere solo da se<br />
stesso: anche se fu doloroso<br />
dirlo al genitore lo ritenne necessario<br />
per non abituarsi all’abitudine<br />
di esser portato a<br />
Pisa da qualcuno.<br />
Scelse la Bocconi soprattutto<br />
perché aveva aule e dormitori<br />
vicino e così, all’inizio, lui<br />
avrebbe potuto spostarsi facilmente.<br />
All’università, come sempre,<br />
prendeva appunti nella scrittura<br />
per ciechi (quella fatta di<br />
punzonature della carta inventata<br />
nel 1821 dal francese<br />
Louis Braille (1809-1852) e da<br />
lui così chiamata) ed il pomeriggio<br />
chiedeva ad amici e<br />
compagni di leggergli i testi<br />
relativi: per non pesar troppo<br />
su di uno solo, ingaggiò una<br />
ventina di studenti che pianificava<br />
settimanalmente su base<br />
oraria.<br />
Già alle superiori aveva risolto<br />
alcuni problemi che, senza<br />
averlo conosciuto, non avrei<br />
neppur immaginato. In occasione<br />
dei compiti, ad esem-<br />
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personaggi<br />
7<br />
LIVORNOnonstop<br />
▲<br />
pio, infatti spostava il suo<br />
banco vicino alla cattedra e<br />
scriveva il dettato in Braille.<br />
Poi ne scriveva lo svolgimento<br />
ancora in Braille e, alla fine,<br />
stendeva la bella sulla Olivetti<br />
lettera 22. Al ginnasio trovò<br />
grande comprensione anche<br />
nella professoressa di Latino<br />
e Greco Viggiani Galeoni,<br />
sempre disponibile su sua richiesta,<br />
a cercargli un vocabolo<br />
sul dizionario data l’assenza<br />
di vocabolari in Braille.<br />
Una volta al Liceo la successiva<br />
professoressa mostrò dell’insofferenza<br />
per quella che<br />
a lei sembrò una serie eccessiva<br />
di richieste ed il nostro<br />
gli depose il proprio banco<br />
sulla cattedra lasciando la<br />
classe. Dopo le risate, al sentir<br />
l’episodio, gli ho chiesto se<br />
ne ricevette un rapporto ma<br />
Massimo non mi ha risposto…<br />
In America, ad Harvard, appena<br />
arrivato senza nemmeno<br />
conoscere l’inglese, non<br />
aveva assolutamente alcuna<br />
idea su cosa fare e come farlo.<br />
Per niente intimorito chiese<br />
in segreteria se era stato<br />
preceduto da qualcuno come<br />
lui e se esistevano supporti per<br />
la sua categoria di handicappato.<br />
La risposta affermativa<br />
gli suggerì di utilizzare i fondi<br />
a sua disposizione per affittare<br />
lettori umani al fine di ripetere<br />
quanto, a Milano, aveva ottenuto<br />
da amici e conoscenti.<br />
Adesso Massimo usa il computer<br />
grazie a software particolari<br />
che gli sintetizzano acusticamente<br />
quanto gli è arrivato<br />
via posta elettronica od<br />
ha trovato in Internet. Sulla<br />
tastiera scrive a memoria ricordando<br />
i suoi inizi giovanili<br />
sulla Olivetti lettera 22 colla<br />
cuffia che gli riproduce sonoramente<br />
quanto scritto.<br />
Si sposta in aereo con grande<br />
facilità da solo e tutte le mattine<br />
se ne va da solo in palestra<br />
per gli esercizi che la sua<br />
malattia gli richiedono.<br />
La moglie Giunia Gatta, conosciuta<br />
in aereo, gli ha dato<br />
anche un figlio: Leonardo, che<br />
ora ha 17 anni.<br />
Non tutto, però, è stato facile<br />
come sto descrivendo, perché<br />
la malattia di Massimo (sindrome<br />
di Marfan) oltre alla<br />
cecità comporta anche una<br />
grande statura (Massimo è alto<br />
2,11 e porta il 51 di scarpe)<br />
nonché possibili problemi cardiaci<br />
e nel 2000 il nostro ha<br />
dovuto essere operato a cuore<br />
aperto.<br />
Del resto che la sua vita non<br />
sarebbe stata rose e fiori Massimo<br />
l’aveva saputo tanti anni<br />
fa’, ancora fanciullo, quando<br />
fu il suo atteggiamento a rincuorare<br />
una madre (Maria Teresa<br />
Merlani) disperata. Non<br />
ho osato chiedergli cosa provò,<br />
quel bambino, e dove trovò<br />
le risorse per lanciarsi così<br />
spavaldo in un’avventura in<br />
cui avrebbe avuto poche frecce<br />
al suo arco…me lo sono<br />
solo immaginato quando, dopo<br />
aver ricevuto il PREMIO LI-<br />
ONS nel 2017, propose a chi<br />
gliel’aveva assegnato di lanciare<br />
un progetto finalizzato a<br />
sostenere la massima scolarità<br />
dei ciechi e degli ipovedenti.<br />
Anche grazie ad un suo personale<br />
contributo economico<br />
quel progetto è oggi una realtà<br />
e produrrà a breve un primo<br />
appuntamento pubblico di presentazione<br />
delle possibilità a<br />
disposizione di chi, quanto lui,<br />
non voglia limitarsi ad accettar<br />
l’insegnante di sostegno ma<br />
chieda, assolutamente ed insistentemente<br />
come lui, cosa gli<br />
spetta per vivere autonomo ed<br />
indipendente. Occorrerà far<br />
crescere anche la scuola e le<br />
famiglie per questo, ma Massimo<br />
è tosto e saprà convincere<br />
tutti.<br />
Termino rendendomi conto<br />
che non è tutto rose e fiori<br />
nemmeno il presente perché,<br />
anche se ha raggiunto i suoi<br />
obiettivi di successo e di autonomia<br />
indipendente, Massimo<br />
Morelli resta un non-vedente<br />
che, almeno per un po’<br />
nella sua vita, la luce l’ha conosciuta.<br />
Per tali ricordi, infatti,<br />
ad una mia domanda in<br />
proposito mi ha risposto che,<br />
si, come molti ciechi non nativi,<br />
anche lui ha sognato a lungo<br />
a colori…i colori però, piano<br />
piano si stanno sbiadendo.<br />
18 marzo 2017 - Il Prof Massimo Morelli riceve il Premio Lions dal<br />
presidente Marco Rossi.<br />
C I R C O L O<br />
Petrarca<br />
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▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
8 editoria<br />
storia<br />
Dopo la Liberazione del 25 aprile 1945 la struttura fu allestita dagli Americani<br />
tra Livorno e Pisa per ospitare i prigionieri tedeschi e gli italiani della Repubblica di Salò<br />
Oltre 32mila internati<br />
nel Campo di Coltano<br />
Ho sempre<br />
avuto<br />
conoscenza<br />
del vicino<br />
campo di<br />
concentramento<br />
di Coltano<br />
(battezzato dagli americani<br />
“PWE 337”), tra Livorno e<br />
Pisa, allestito al termine del secondo<br />
conflitto mondiale dagli<br />
Alleati, utilizzato, tra maggio e<br />
novembre del 1945, come centro<br />
di detenzione per prigionieri<br />
di guerra fascisti della ex Repubblica<br />
Sociale Italiana, militari<br />
germanici e collaborazionisti<br />
dell’esercito tedesco di<br />
altre nazionalità. Quello che mi<br />
ha sorpreso è invece il fatto di<br />
apprendere che vi erano internati<br />
oltre 32mila persone (in<br />
altri testi si parla di 35mila, cifre<br />
davvero impressionanti),<br />
uomini e donne di tutte le età,<br />
bambini e vecchi compresi,<br />
di Mario Lorenzini<br />
1945:Una panoramica sul Campo PWE 337 (Prisoner of War Encampment) di Coltano<br />
1945:Alcune baracche del Campo di concentramento di Coltano<br />
che furono sottoposti a condizioni<br />
di vita estremamente<br />
crude, al limite della sopravvivenza.<br />
In un foglio dattiloscritto, che<br />
mi è capitato fra le mani visitando<br />
la rinnovata sede della<br />
Proloco di Coltano, indirizzato<br />
al Presidente del Consiglio<br />
dei Ministri e, per conoscenza<br />
al Ministero degli Interni e<br />
della Guerra, si legge, tra le<br />
altre cose, quanto segue:<br />
“Come è stato già precedentemente<br />
comunicato nel campo<br />
di prigionia di Coltano<br />
337 vi sono oltre 32.000 prigionieri<br />
fra cui moltissimi ragazzi<br />
fra i 13 e i 17 anni e<br />
molti giovani delle classi ‘23,<br />
‘24, ‘25, sotto pena di fucilazione<br />
e di rappresaglia per<br />
le loro famiglie a prestare servizio<br />
nell’esercito repubblicano.<br />
Vi sono inoltre civili erroneamente<br />
rastrellati, partigiani<br />
internati soltanto perché privi<br />
di documenti di identificazione<br />
altri per aver usufruito<br />
degli automezzi che trasportavano<br />
i prigionieri in diversi<br />
campi di concentramento;<br />
altri, prigionieri in Germania<br />
che alla data della capitolazione<br />
tentavano di raggiungere<br />
le proprie famigle. Vi sono<br />
infine vecchi fino a 75 anni,<br />
grandi invalidi mancanti di<br />
un arto, tubercolotici, anche<br />
bisognevoli di urgenti cure e<br />
atti operatori.<br />
Tutta questa gente vive in<br />
▲
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storia<br />
9<br />
LIVORNOnonstop<br />
promiscuità, con elementi<br />
gravemente compromessi politicamente,<br />
molti dei quali<br />
colpiti da mandato di cattura...”.<br />
Furono troppi quelli che non<br />
ce la fecero. Ecco, al riguardo<br />
quanto scrive Pietro Ciabattini<br />
(autore del libro “Coltano<br />
1945. Un campo di concentramento<br />
dimenticato”,<br />
Mursia, Milano 1995), che in<br />
quel campo fu internato: «Il<br />
25 luglio 1945 tutti i prigionieri<br />
italiani concentrati nei<br />
vari PWE in Toscana erano<br />
già stati fatti affluire nel PWE<br />
337, più conosciuto come<br />
“campo di Coltano”. La sua<br />
triste esistenza fu taciuta all’opinione<br />
pubblica fino a<br />
metà settembre del 1945, dopo<br />
che gli americani il 30 agosto<br />
avevano trasferito alle<br />
autorità italiane la giurisdizione<br />
su quel campo di prigionia.<br />
Solo allora la stampa italiana<br />
si interessò di ciò che avveniva<br />
dietro quei reticolati<br />
in quella torrida pianura pisana,<br />
descrivendo la misera<br />
esistenza di migliaia di esseri<br />
umani, scalzi, nudi, laceri,<br />
malati e bisognosi di tutto,<br />
senza che nessuna autorità si<br />
decidesse ad addivenire ad<br />
una rapida soluzione del problema.<br />
Descrivere la disgraziata vita<br />
del PWE 337 è compito arduo<br />
nel timore di non essere<br />
▲<br />
creduto, ma più arduo è riuscire<br />
a convincere che ciò accadde<br />
davvero a prigionieri di<br />
guerra di un esercito ricco e<br />
vittorioso, e a conflitto ormai<br />
cessato.<br />
[...] I giornali si sbizzarrirono<br />
per una settimana a scrivere<br />
sulla drammatica vicenda<br />
di quei prigionieri, ma dei<br />
numerosi e misteriosi decessi<br />
per uccisioni, malattie e stenti<br />
nessuno ne scrisse una parola.<br />
Molti morirono nei<br />
“campi”, nel “lazaret”, altri<br />
nell’Ospedale da Campo n. 99<br />
WQ06, o nel 650 di riserva<br />
per militari italiani. Anche al<br />
Sanatorio, all’ospedale Militare<br />
di Livorno e al Manicomio<br />
di Volterra ci furono numerosi<br />
morti, ma i relativi<br />
documenti o non sono visibili<br />
o non esistono più. Nessuno,<br />
tranne gli archivisti USA, conoscerà<br />
mai il numero dei deceduti<br />
di Coltano. Mistero e<br />
silenzio anche sui luoghi dove<br />
venivano sepolte le salme.<br />
[...] E’ certo che, a distanza<br />
di cinquant’anni, sui decessi di<br />
Coltano, esiste ancora il “top<br />
secret” e anche da parte delle<br />
autorità preposte non vengono<br />
fornite notizie precise».<br />
Nel 1964, al campo sportivo<br />
di Castelfiorentino, all’epoca<br />
trasformato in cimitero clandestino,<br />
durante una bonifica,<br />
vennero scoperti i resti di 350<br />
persone.<br />
Sempre navigando su internet,<br />
Una medaglia reducistica comune degli internati dei Campi di concentramento<br />
211 di Algeri, 339 di San Rossore, 334 di Scandicci e 337 di Coltano.<br />
ho poi appreso che tra gli italiani<br />
«repubblichini» rinchiusi<br />
a Coltano, oltre ad una marea<br />
di sconosciuti, c'era anche<br />
gente nota, come gli attori<br />
Raimondo Vianello, Walter<br />
Chiari, Enrico Maria Salerno,<br />
il podista poi campione olimpionico<br />
Pino Dordoni, il calciatore<br />
Benito Lorenzi. E ancora<br />
il giornalista Enrico Ameri,<br />
il regista Luciano Salce, il<br />
deputato di Mirko Tremaglia,<br />
il senatore di Giuseppe Turini,<br />
Giovanni Prodi (fratello maggiore<br />
del futuro Presidente del<br />
Consiglio Romano Prodi) ecc.<br />
Raimondo Vianello<br />
La scritta apposta sulla lapide che oggi ricorda il Campo di concentramento<br />
di Coltano: “In questo luogo / dal maggio al novembre 1945 /<br />
sorgeva il campo americano P.W.E. 337 / dove 35000 soldati della R.S.I.,<br />
soffrino una dura prigionia / Ai caduti e ai dispersi / dichiariamo perenne<br />
ricordo / 22 settembre 1996”.<br />
Il “Foglio di via” di un internato al Campo di concetramento di Coltano.
▲▲▲<br />
▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
10<br />
boia dé<br />
BOIA DÉ: - La pittura livornese (3ª puntata)<br />
Postmacchiaioli<br />
Riprendendo<br />
il<br />
discorso<br />
sui pittori<br />
livornesi<br />
interrotto<br />
il mese<br />
scorso e<br />
ricordando come lo avessimo<br />
iniziato assieme perché, primo<br />
boia dè, la terra labronica<br />
è considerata la progenitrice<br />
di qualcosa veramente e<br />
considerevolmente nuovo in<br />
territorio pittorico a partire<br />
dalla fine dell’ottocento e per<br />
tutta la prima parte del novecento,<br />
vorrei riprendere il discorso<br />
approfondendo la differenza<br />
della pittura inizialmente<br />
chiamata Postmacchiaiola<br />
e poi identificata col<br />
Gruppo Labronico, ed il maggior<br />
rappresentante dei pittori<br />
nati nella nostra città, Amedeo<br />
Modigliani. L’artista noto<br />
per le sue donne dal lungo<br />
collo, oltre che per la famosa<br />
beffa delle sue teste architettata,<br />
indipendentemente gli uni<br />
dall’altro, da tre geniali ‘mariuoli’<br />
ed un giovane pittore<br />
di Marco Rossi<br />
amaranto nel 1984, non produsse<br />
infatti una scuola nonostante<br />
il grande successo<br />
che, purtroppo soltanto postmortem,<br />
le sue opere hanno<br />
registrato. Il caso resta unico,<br />
apparentemente isolato<br />
dal suo stesso limpido stile,<br />
esclusivo ed inconfondibile,<br />
tragico nella ricerca di qualcosa<br />
di nuovo anche a costo<br />
di restar del tutto solo e non<br />
esser compreso da alcuno.<br />
Pure dal punto di vista umano<br />
la vita di Modigliani non<br />
ha lasciato molte tracce in<br />
città se è vero com’è vero<br />
che la stessa casa di nascita<br />
solo da lontani parenti è stata<br />
di recente riportata alla visitabilità<br />
dei molti che, scesi<br />
in porto nel corso di crociere,<br />
la cercano esplicitamente.<br />
Mario Puccini, invece, quello<br />
che, come abbiamo evidenziato<br />
il mese scorso (anche<br />
grazie alla tesi di laurea<br />
del 1980 della prof.ssa Daniela<br />
Bruzzone in Leonardini),<br />
è stato definito il van<br />
Gogh italiano, non solo spinse<br />
gli artisti che lo avevano<br />
conosciuto a fondare un’iniziativa<br />
tuttora in essere come<br />
il Gruppo Labronico ma, soprattutto,<br />
aprì la strada ad un<br />
nuovo modo di rappresentare<br />
con macchie il proprio vedere<br />
la realtà e le sue quotidianità.<br />
L’usar le macchie, come noto,<br />
era stato scoperto da quella<br />
ventina di frequentatori del<br />
Caffè Michelangelo a Firenze<br />
che accetteranno, proprio<br />
per questo, d’esser chiamati<br />
Macchiaioli.<br />
Formatosi a partire dal 1855,<br />
il movimento era nato come<br />
reazione all’inerzia formale<br />
delle Accademie anche in<br />
rapporto coi fermenti ideologici<br />
del Risorgimento. Alla<br />
sua base si trovava la teoria<br />
che la visione delle forme è<br />
creata dalla luce come macchie<br />
di colore distinte per una<br />
libertà formale perfettamente<br />
in linea coll’Impressionismo<br />
francese pressocchè<br />
contemporaneo.<br />
Teorico e critico fondamentale<br />
dei Macchiaioli era stato<br />
Diego Martelli (1839-1896),<br />
Giovanni Fattori: Autoritratto,<br />
1894, olio su tela, cm. 70x55 - Istituto<br />
Matteucci, Viareggio,<br />
castiglioncellese (in realtà,<br />
però, nato a Firenze) agiato<br />
che dilapidò quasi tutti i suoi<br />
averi, fra cui la casa paterna<br />
poi trasformata nell’attuale<br />
Castello Pasquini, nel sostegno<br />
degli amici pittori.<br />
Oltre al capostipite livornese<br />
Fattori, i principali esponenti<br />
della corrente furono i fiorentini<br />
Lega e Signorini col pisano<br />
Borrani, ma non tutti i<br />
Macchiaioli partirono assieme:<br />
alla prima ondata, diciamo<br />
così, oltre ai citati, appartennero<br />
anche il napole-<br />
▲<br />
Giovanni Fattori: La rotonda dei bagni Palmieri, 1866, olio su tavola, cm. 12 x 35 - Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Pitti, Firenze.
▲▲▲<br />
▲<br />
boia dé<br />
11<br />
LIVORNOnonstop<br />
Giovanni Fattori: La battaglia di Magenta (1861-1862), olio su tela, cm. 232×384 - Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Pitti, Firenze<br />
tano Giuseppe Abbati<br />
(1836-1868), il santacrocino<br />
Cristiano Banti (1804-1924),<br />
i fiorentini Ferdinando Buonamici<br />
(1820-1892), Adriano<br />
Cecioni (1836-1886), Luigi<br />
Bechi (1830-1919,) Stanislao<br />
Pointeau (1833-1907) e Raffaello<br />
Sernesi (1838-1866), il<br />
pisano Antonio Puccinelli<br />
(1822-1897), il pesarese Vito<br />
D’Ancona (1826-1884), il<br />
veronese Vincenzo Cabianca<br />
(1827-1902), il potentino<br />
Michele Tedesco (1833-<br />
1917) ed il livornese de Tivoli.<br />
In seguito frequentarono<br />
il movimento anche quelli<br />
che sono definiti i Secondi<br />
Macchiaioli: i fiorentini Niccolò<br />
Cannicci (1846-1906),<br />
▲<br />
Luigi Gioli (1854-1947, fratello<br />
di Francesco) ed Egisto<br />
Ferroni (1835-1912), il trentino<br />
Eugenio Paci (1842-<br />
1907), il pisano Francesco<br />
Gioli (1846-1922) ed il livornese<br />
Eugenio Cecconi. Non<br />
tutti i frequentatori del Caffè<br />
Michelangelo, infine, aderirono<br />
all’iniziativa Macchiaiola:<br />
il fiorentino Lorenzo Gelati<br />
(1824-1895), ad esempio, e il<br />
livornese Cesare Bartolena<br />
preferirono distinguersene.<br />
Nel lungo elenco precedente,<br />
avrete notato la presenza<br />
solo di pochi pittori labronici:<br />
Fattori, Bartolena, De Tivoli<br />
e Cecconi. Su Giovanni Fattori<br />
(1825-1908) c’è poco da<br />
dire per la sua fama ormai<br />
consolidata e chi non lo conosce<br />
non ha che da visitare<br />
il museo a lui intestato a Villa<br />
Mimbelli per vederne alcune<br />
opere assai interessanti, anche<br />
se le più belle, ovviamente<br />
sono altrove come la Rotonda<br />
Palmieri (antenata degli<br />
attuali Bagni Pancaldi) o la<br />
Battaglia di Magenta (entrambe<br />
conservate a Firenze<br />
alla Galleria d’Arte Moderna<br />
presso Palazzo Pitti). Anche<br />
del Bartolena, De Tivoli<br />
e Cecconi sono visibili alcune<br />
opere in Villa Mimbelli.<br />
Serafino De Tivoli (1825-<br />
1892), una volta tornato da<br />
Parigi dove aveva conosciuto<br />
la scuola di Barbizon che<br />
aveva lanciato le scene contadine<br />
e la pittura en-plein-air<br />
(all’aria aperta), fu uno dei<br />
primi ad aderire al movimento<br />
tanto da esser definito il<br />
papà della macchia. Eugenio<br />
Cecconi (1842-1903) risultò<br />
soprattutto interessato agli<br />
aspetti più popolari ed alla<br />
caccia: famoso il suo dipinto<br />
Le cenciaiole livornesi del<br />
1880 che si puòammirare al<br />
nostro Museo Fattori. Cesare<br />
Bartolena (1830-1903), invece,<br />
si affrancò dai Macchiaioli<br />
per la volontà di perseguire<br />
una maggiore aderenza<br />
alle immagini fotografiche<br />
e fu molto interessato<br />
agli eventi risorgimentali. Nel<br />
museo Fattori c’è forse la sua<br />
opera più famosa anche<br />
▲
▲▲▲<br />
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LIVORNOnonstop<br />
12<br />
boia dé<br />
Cesare Bartolena: Partenza dei Volontari Garibaldini (1872), olio su tela, cm. 110x241 - Museo Fattori, Livorno<br />
▲<br />
per motivi storici perché<br />
raffigurante la Partenza dei<br />
volontari garibaldini dal<br />
Calambrone il 9 giugno 1860<br />
(l’evento è ricordato da un<br />
cippo sul luogo) ed in proposito<br />
val la pena di un piccolo<br />
approfondimento, perché i<br />
garibaldini cittadini furono<br />
migliaia, secondo boia dè!<br />
La partecipazione labronica<br />
alla spedizione dei Mille avvenne<br />
in più ondate: la prima<br />
(in 35 unità), con a capo il livornese<br />
Jacopo Sgarallino<br />
(1823-1879), lasciò il porto<br />
labronico il 1° di maggio col<br />
piroscafo Etruria per recarsi<br />
a Genova e quindi a Quarto<br />
dove s’imbarcò con il grosso<br />
del contingente sul piroscafo<br />
Lombardo il cui comandante<br />
era Nino Bixio ed il direttore<br />
di macchina Giuseppe Orlando<br />
(poi fondatore del Cantiere<br />
omonimo). La seconda (in<br />
77), agli ordini del fratello di<br />
Jacopo, Andrea (1819-1887),<br />
lasciò Livorno il 2 di maggio<br />
sulla tartana Adelina, sbarcò<br />
a Talamone il 5 e fu ordinata<br />
assieme ad altri in più compagnie,<br />
una delle quali ricevette<br />
il nome Livorno. Prima<br />
della quarta (in circa 2.000,<br />
colla partecipazione di Giovanni<br />
Guarducci (1813-1863)<br />
che era stato a capo della difesa<br />
della città nel maggio del<br />
1849), infine, fu quella raffigurata<br />
da Bartolena e riguardò<br />
i 1.200 volontari (di cui<br />
800 livornesi) organizzati e<br />
guidati dal cittadino Vincenzo<br />
Malenchini (1813-1881),<br />
che aveva creato per l’occasione<br />
un centro di reclutamento<br />
in una trattoria di via<br />
della Rondinella.<br />
Tornado alla pittura, l’eredità<br />
dei Macchiaioli sarà raccolta<br />
dai cosiddetti Postmacchiaioli,<br />
pittori di origine soprattutto<br />
toscana che furono<br />
attivi tra il 1880 ed il 1930:<br />
oltre al pisano Gugliemo Lori<br />
(1869-1913), il viareggino<br />
Lorenzo Viani (1882-1936),<br />
il lucchese Filadelfo Simi<br />
(1849-1923), i fiorentini Galileo<br />
Chini (1873-1956), Cesare<br />
Ciani (1854.-1925),<br />
Giorgio Kienerk (1869-<br />
1948), Ruggero Panerai<br />
(1862-1923) e Gustavo Sforni<br />
(1888-1939), i ravennati<br />
Ugo Manaresi (1851-1917) e<br />
Massimo Torchi (1856-<br />
1915), il barese Gaetano Spinelli<br />
(1877-1945), soprattutto<br />
ben 23 livornesi, terzo<br />
boia dè, con cui una sino ad<br />
allora pigra Livorno sembrò<br />
voler delimitare un nuovo territorio<br />
della pittura in prosecuzione<br />
di quanto iniziato<br />
mezzo secolo prima dai Macchiaioli.<br />
Come già detto nella<br />
precedente puntata il via fu<br />
dato dal desiderio negli anni<br />
Ottanta dell’Ottocento di<br />
consacrare la nostra città<br />
come luogo di ricambio attivo<br />
del ristagno in essere nel<br />
costume artistico fiorentino.<br />
Ecco l’Esposizione Nazionale<br />
d’Arte “Illustrazione Italiana”<br />
tenutasi in riva al Tirreno<br />
nel 1886, che si propose una<br />
periodicità quale poi non<br />
ebbe, ma che fu uno dei primi<br />
casi di manifestazioni artistiche<br />
tenutesi in località turistiche:<br />
contrariamente al<br />
progetto originale che ne voleva<br />
la sede davanti ai Bagni<br />
Pancaldi, fu eretto un apposito<br />
padiglione in Piazza Mazzini:<br />
550 opere di 110 artisti<br />
per 48 giorni e 9.000 visitatori!<br />
Una grossa mano nell’organizzazione<br />
la diede Adolfo<br />
Belimbau (1845-1938), pittore<br />
nato al Cairo da genitori<br />
livornesi ed amico di Corcos<br />
e Ulvi Liegi, autore, tra l’altro,<br />
del bel dipinto Una fonte<br />
a Livorno del 1888.<br />
Esterno del padiglione dell’Espozione Nazionale d’Arte “Illustrazione<br />
Italiana” del 22 agosto 1886 a Livorno in piazza Giuseppe Mazzini.<br />
▲
▲▲▲<br />
▲<br />
boia dé<br />
13<br />
LIVORNOnonstop<br />
I diplomati Macchinisti dell’anno scolastico 1963-64 con il Prof. Domenico Spanò.<br />
Cesare Bartolena: La partenza del coscritto (1874).<br />
Eugenio Cecconi: Le cenciaiole livornesi (1880), olio su tela, cm. 88x170. - Museo Fattori, Livorno
▲▲▲<br />
▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
14<br />
boia dé<br />
▲<br />
Il primo quadro Postmacchiaiolo<br />
fu Il fienaiolo dipinto<br />
dal livornese Plinio Nomellini<br />
(1866-1943) nel 1888,<br />
presentato poi all’Esposizione<br />
Universale delle Belle Arti<br />
di Parigi nel 1890, aspramente<br />
criticato da Fattori in una<br />
lettera a Nomellini in cui il<br />
vecchio maestro avvertiva il<br />
secondo dei rischi che avrebbe<br />
corso portando avanti una<br />
pittura appiattita su quella<br />
degli impressionisti. Nomellini,<br />
però sapeva il fatto suo<br />
avendo anche conosciuto il<br />
nascente Divisionismo (che<br />
estremizzava la tendenza della<br />
separazione dei colori in<br />
unità distinte) di cui divenne<br />
uno dei principali rappresentati<br />
italiani assieme ai più famosi<br />
Giovanni Segantini<br />
(trentino, 1858-1899, autore<br />
degli stupendi Traghetto all’Ave<br />
Maria del 1882-6 e Le<br />
due madri del 1889) ed il poi<br />
futurista Umberto Boccioni<br />
(calabrese, 1882-1916, autore<br />
dei celebri La città che<br />
sale e Rissa in galleria, entrambi<br />
del 1910).<br />
Di Plinio Nomellini il Museo<br />
Fattori espone un Incipit<br />
nova aetas del 1924, ma<br />
sono più celebri ed apprezzati<br />
per la loro suggestione<br />
emotiva Cantiere e Bambine<br />
al mare.<br />
La pittura Postmacchiaiola<br />
fu caratterizzata da un maggior<br />
interesse verso la cultura<br />
dell’Impressionismo francese<br />
ed il livornese Müller, di<br />
ritorno da un viaggio in Francia,<br />
introdusse in Toscana<br />
anche le novità pittoriche dei<br />
tardo-impressionisti. Si aprì<br />
un mondo in cui si tuffarono<br />
Giovanni Bartolena, Benvenuti,<br />
Bicchi, Cappiello, Corcos,<br />
de Witt, Gambogi, Ghiglia,<br />
Liegi, Lloyd, Pellegrini,<br />
Servolini, Pagni, i 3 Tommasi,<br />
Vinzio e Sommati… ma di<br />
questo parleremo la prossima<br />
volta.<br />
(3. continua)<br />
Plinio Nomellini: Incipit nova aetas, 1924, olio su tela, cm. 408x310.<br />
Museo Fattori, Livorno<br />
Adolfo Belimbau: Una fonte a Livorno,(1888) - Real Casa Palazzo Pitti, Firenze
▲<br />
▲<br />
boia dé<br />
15<br />
LIVORNOnonstop<br />
Plinio Nomellini: Bambine al mare (1912-1913), olio su tela, cm 144X70 - Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma<br />
Plinio Nomellini: Il cantiere (1909), olio e tempera su tela, cm 300x600 - Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, Genova
▲▲▲<br />
▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
16<br />
scuola<br />
“Viaggio tra le scuole pubbliche livornesi”: 6ª puntata<br />
L’Istituto Tecnico Commerciale<br />
“Amerigo Vespucci”<br />
di Luciano Canessa<br />
Dopo<br />
l’esperienza<br />
negativa<br />
del preside<br />
Pietro<br />
Noto Badge,<br />
di<br />
cui abbiamo<br />
parlato trattando le origini<br />
del “Nautico”, il Ministero di<br />
Agricoltura Industria e Commercio<br />
decise di inviare alla guida<br />
dell’Istituto di Marina Mercantile<br />
di Livorno un uomo di<br />
sicura affidabilità, anche se, ahimè,<br />
di salute precaria: Dino Carina.<br />
Nato a Lucca il 6 maggio<br />
1836, cultore delle discipline<br />
economiche e pedagogiche oltre<br />
che di quelle fisico-matematiche,<br />
aveva anche esperienza<br />
nell’insegnamento. Insomma,<br />
l’uomo ad hoc per la situazione.<br />
Ricevuta la nomina nel settembre<br />
1869, chiese subito al Ministero<br />
l’istituzione della sezione<br />
commerciale a partire dall’a.s.<br />
1869/70 e in data 15 ottobre ricevette<br />
l’approvazione. Stante<br />
la difficoltà di avere, in tempi<br />
brevi, la nomina degli insegnanti,<br />
chiese e ottenne la collaborazione<br />
dei docenti del funzionante<br />
Istituto di Marina Mercantile<br />
che si prestarono ad assumere<br />
gli insegnamenti per l’apertura<br />
del corso commerciale. Ciò si<br />
potè realizzare, oltre che per la<br />
disponibilità dei professori, in<br />
virtù del prestigio di cui godeva<br />
il Carina.<br />
Per il primo anno si iscrissero<br />
cinque alunni più diciannove<br />
uditori. Questi ultimi erano allievi<br />
che frequentavano le lezioni<br />
di alcune materie del corso,<br />
non di tutte. Al secondo anno<br />
gli iscritti furono dieci più ventiquattro<br />
e al terzo anno undici<br />
più quarantatre.<br />
La sezione commerciale nacque<br />
in corso Amedeo, poi nel febbraio-marzo<br />
1871 prese alloggio<br />
al piano terra e successivamente<br />
al piano superiore e al mezzanino<br />
di Palazzo Granducale, in<br />
piazza d’Arme, unitamente all’Istituto<br />
Nautico, di cui era una<br />
costola.<br />
Va chiarito che, in precedenza,<br />
una sezione commerciale funzionò<br />
nel 1867/68, istituita dal Comune<br />
di Livorno il quale volle<br />
sostituirsi al governo del regno<br />
che non concesse a Livorno, nel<br />
1863, un corso di studi amministrativo.<br />
Il corso comunale ebbe<br />
però brevissima vita, infatti chiuse<br />
nell’anno scolastico successivo,<br />
il 1868/69, per mancanza di<br />
iscrizioni, in quanto il ministero<br />
competente non dette riconoscimento<br />
ufficiale al corso di studi<br />
comunale.<br />
Ma tornando al nostro Carina,<br />
questi denunciò la grave carenza<br />
dell’istruzione in generale e<br />
in particolare di quella tecnica,<br />
così chiese e ottenne, grazie al<br />
suo prestigio, l’apertura della<br />
sezione fisico-matematica dal<br />
1871/72 e di quella industriale<br />
dal 1873/74. Ma, ahimè, non<br />
poté vedere completata l’opera<br />
sua meritoria perché morì, a solo<br />
36 anni, nella sua abitazione di<br />
Pisa, il 10 marzo 1872, lo stesso<br />
giorno in cui morì, sempre a Pisa,<br />
Giuseppe Mazzini. Eppure in soli<br />
due anni e cinque mesi riuscì a<br />
trasformare la scuola livornese<br />
e a garantirne i destini.<br />
Con la sezione industriale si<br />
completò l’organizzazione dell’Istituto<br />
Tecnico livornese in<br />
quanto funzionarono, oltre a<br />
quella, la sezione nautica, quella<br />
commerciale e quella fisicomatematica.<br />
▲<br />
L’Istuto Tecnico “A. Vespucci” come si presentava nel giorno dell’inaugurazione avvenuta il 28 ottobre 1928.
▲▲▲<br />
▲<br />
scuola<br />
17<br />
LIVORNOnonstop<br />
L’ala del ‘Vespucci’ bombardata dagli eventi bellici e la ricostruzione.<br />
▲<br />
Al Carina successe, alla presidenza,<br />
Piero Donnini che garantì<br />
stabilità, perché la sua direzione<br />
durò fino al 5 marzo 1897.<br />
Fu anche sindaco della città, due<br />
volte. Al Donnini seguì Gaetano<br />
Petrosemolo fino al 4 dicembre<br />
1913.<br />
Paolo Zalum, un alunno della<br />
scuola in quel periodo, scrisse<br />
che al piano terra di Palazzo Granducale<br />
le stanze erano anguste e<br />
tetre e, comunque, tutto il piano<br />
era un labirinto di stanze maleodoranti.<br />
Aggiungeva anche che<br />
la stessa piazza d’Armi non era<br />
molta diversa da come l’aveva<br />
vista un secolo prima Napoleone,<br />
anche se per la verità, almeno<br />
dal 1892 la statua di Vittorio<br />
Emanuele II già troneggiava, poi,<br />
più tardi fu collocata anche la<br />
fontana, davanti ai Tre Palazzi.<br />
La presidenza si trovava al primo<br />
piano di Palazzo Granducale,<br />
scriveva ancora Zalum, e riguardo<br />
al preside così si esprimeva<br />
“…quel Giove ottimo e massimo<br />
che rispondeva meglio al<br />
nome del beneamato preside<br />
Petrosemolo, ex garibaldino,<br />
facile a commuoversi nelle rituali<br />
cicche inflitte agli scolari<br />
discoleggianti”.<br />
L’inaccessibilità alla presidenza<br />
era garantita dai due segretari,<br />
prof. Mazzanti e prof. Bizzarrini,<br />
oltre che dal capo bidello, Omero<br />
Prettoni, terribile cerbero,<br />
sempre in abito blu, cranio completamente<br />
calvo, voce nasale<br />
e un tintinnar di chiavi che gli<br />
conferiva grande autorità.<br />
Al nostro ex garibaldino seguirono<br />
alla presidenza Giovanni<br />
Targioni Tozzetti, facente funzioni,<br />
nel 1913/14, e Gerolamo<br />
Occoferri dal 1914 al 1920.<br />
Nel 1877 gli istituti tecnici passarono<br />
sotto il Ministero della<br />
P.I. quindi il Vespucci con tutti i<br />
suoi corsi (nautico, commerciale,<br />
industriale e fisico-matematico)<br />
passò sotto la giurisdizione<br />
di quel Ministero.<br />
Due anni più tardi, a Roma, si<br />
tenne il primo congresso nazionale<br />
dei ragionieri e fu avanzata<br />
richiesta al governo del riconoscimento<br />
della professione di ragioniere,<br />
dato che fino a quel<br />
momento, in assenza di regole<br />
scritte, chiunque poteva esercitare<br />
la professione, anche in assenza<br />
di titolo di studio.<br />
Non è dato sapere quando la<br />
scuola è stata intitolata al navigatore<br />
fiorentino Amerigo Vespucci<br />
però ho potuto circoscrivere<br />
il periodo. Ne “La Gazzetta<br />
Livornese” del 9.11.1884 sono<br />
riportati i nomi di alunni del Vespucci<br />
premiati a Torino. Poiché<br />
ne “La Gazzetta Livornese” del<br />
26.6.1882, Giuseppe Bandi propone<br />
di intitolare l’Istituto Tecnico<br />
e Nautico di Livorno, ancora<br />
senza nome, a Francesco<br />
Domenico Guerrazzi, si deve<br />
dedurre che l’intitolazione è avvenuta<br />
tra il mese di giugno 1882<br />
e novembre 1884.<br />
A seguito del passaggio degli<br />
istituti nautici al Ministero della<br />
Marina, il Nautico di Livorno si<br />
separò nell’ottobre 1921, ma il<br />
nome di Amerigo Vespucci rimase<br />
alla sezione commerciale che<br />
insieme agli indirizzi fisico-matematico<br />
e industriale aveva il<br />
maggior numero di iscritti.<br />
Suona strano che il nome di un<br />
navigatore sia abbinato a un istituto<br />
scolastico per ragionieri;<br />
forse era più logico si chiamasse<br />
Dino Carina, che fu il fondatore<br />
e molto fece per l’istruzione<br />
pubblica. Ma tant’è!<br />
Con la legge Gentile nacquero il<br />
Liceo Scientifico, che assorbì la<br />
sezione fisico-matematica, e<br />
l’Istituto Tecnico Industriale che<br />
assorbì la sezione industriale del<br />
Vespucci e la Scuola di Arti e<br />
Mestieri. L’Istituto “Vespucci”<br />
rimase con il solo indirizzo commerciale<br />
e fu suddiviso in quadriennio<br />
inferiore, corrispondente<br />
all’attuale scuola media, e in<br />
quadriennio superiore. Con provvedimento<br />
del re, il 31 agosto<br />
1931 il R. Istituto Tecnico Amerigo<br />
Vespucci fu trasformato in<br />
Regio Istituto Tecnico Commerciale<br />
Amerigo Vespucci. Di lì a<br />
poco il quadriennio superiore<br />
si trasformò in quinquennio.<br />
Ma non andiamo troppo avanti;<br />
finalmente dopo quasi sessantanni,<br />
l’istituto di cui si tratta<br />
ebbe una bella sede scolastica,<br />
progettata dal livornese<br />
Gino Cipriani e da Giuseppe Machin<br />
nella attuale via Chiarini che<br />
fu inaugurata il 28 ottobre 1928.<br />
In verità quel giorno la sede non<br />
era pronta e le lezioni poterono<br />
cominciare l’8 maggio 1929.<br />
La splendida Aula Magna del “Vespucci” andata distrutta dai bombardamenti dell’ultima guerra.<br />
▲
▲▲▲<br />
▲<br />
scuola<br />
18<br />
LIVORNOnonstop<br />
Era preside a quel tempo il<br />
livornese Alberto Razzauti (era<br />
succeduto a Siro Martini 1921-<br />
1927), un autentico studioso,<br />
letterato e “uomo di scuola”<br />
come fu definito, che andò alla<br />
presidenza del “Classico” nel<br />
1941, sostituito da Baldo Baldi<br />
che del “Vespucci” era stato<br />
anche allievo.<br />
La bellissima aula magna del<br />
Vespucci con gli affreschi di<br />
Corrado Michelozzi e i vetri delle<br />
finestre decorati con soggetti<br />
di industria e di scienza da<br />
Mario Ciano, fu inaugurata il 9<br />
giugno 1932. Purtroppo le bombe<br />
la colpirono in pieno e di essa<br />
è rimasta solo una bella foto di<br />
Schendi.<br />
Nell’a. s. 1935/36, sedette tra i<br />
banchi del Vespucci nientemeno<br />
che Gianfranco Zeffirelli, in<br />
2° A, quadriennio inferiore<br />
(scuola media). Si tratta di una<br />
mia scoperta di cui ho voluto<br />
capire la motivazione. Gianfranco,<br />
orfano di madre e con il padre,<br />
Corsi, che ancora non l’aveva<br />
riconosciuto, viveva con gli<br />
zii, Alaide Becattini e Gustavo<br />
Socci. Quest’ultimo, che era nella<br />
riserva della Marina, fu trasferito<br />
all’Accademia Navale di<br />
Livorno e Gianfranco per un<br />
anno visse in città e frequentò<br />
il Vespucci .<br />
Durante la guerra la sede fu abbandonata<br />
e le lezioni proseguirono<br />
a villa Maria di Montenero,<br />
Le Quattro Palle, villa Bicchierai<br />
con una sede staccata a<br />
Bibbona. Al rientro, le lezioni<br />
ripresero in via Bonaini.<br />
Poco prima, con l’ a.s. 1937/38<br />
era nata, come costola del Vespucci,<br />
la sezione geometri, sotto<br />
la presidenza di Alberto Razzauti.<br />
Livorno era rimasta, unica<br />
in Toscana, a non avere quel<br />
corso di studi per cui chi voleva<br />
intraprendere quella carriera<br />
doveva iscriversi nelle scuole<br />
delle province limitrofe. La sezione<br />
per geometri si staccò dal<br />
Vespucci nell’a. s. 1970/71.<br />
L’aumento vertiginoso delle<br />
iscrizioni che interessò la sezione<br />
ragionieri, nel dopoguerra,<br />
spinse la Provincia di Livorno a<br />
progettare la sopraelevazione di<br />
un terzo piano che fu ancora<br />
▲<br />
Franco Zeffirelli nell’a.s. 1935/36<br />
ha frequentato il “Vespucci”<br />
disegnato dal livornese Gino<br />
Cipriani (che si trovava a Roma)<br />
insieme a Piero Barucci. Il terzo<br />
piano fu inaugurato con l’a.s.<br />
1960/61. Non si contano le succursali<br />
che furono necessarie<br />
per il continuo crescere delle<br />
iscrizioni: Banco di Napoli, via<br />
Crispi, Gavi, Grabau, palazzo<br />
Rosciano, scali delle Barchette,<br />
via Fagiuoli, via S.Anna, via<br />
Marradi, piazza Vigo.<br />
Il Ministero della P.I. decise lo<br />
sdoppiamento dell’istituto e<br />
così nacque nell’a.s. 1978/79<br />
l’Istituto Tecnico Commerciale<br />
“P. Calamandrei” che nel 1996,<br />
con il decrescere generalizzato<br />
delle iscrizioni, rientrò nel grande<br />
ventre del “Vespucci”.<br />
Dopo Baldo Baldi, alla presidenza<br />
è arrivato nel 1967/68 Paolo<br />
Pizzardi, quindi Luciano Merlini,<br />
Gerardo Orlando, Maria<br />
Mazzarino Sfriso, Francesco<br />
Daidone, Helia Ciampi Polledri,<br />
Cristina Grieco. Simonetta Costagliola<br />
è l’attuale dirigente<br />
scolastico.<br />
Appare di tutta evidenza la<br />
stretta connessione tra il Vespucci<br />
e la realtà cittadina che<br />
si è manifestata per centocinquant’anni<br />
fornendo i propri diplomati<br />
alle banche, alle agenzie<br />
marittime, alle attività produttive<br />
livornesi, oltre che alla<br />
libera professione. Tra i commercialisti<br />
possiamo annoverare,<br />
tra i primi, Leone Caro, Paolo Zalum<br />
per arrivare a Gastone Lessi,<br />
Giuseppe Malatesta, Athos<br />
Squicciarini, Giovanni Carosini,<br />
Brandino Brandi, Veniero Ceccarini,<br />
Vinicio Ferracci, ecc.<br />
Ma come non ricordare, osservando<br />
gli altri indirizzi di studio,<br />
oltre al citato Zeffirelli, anche<br />
Silvano Filippelli, presidente<br />
della Provincia di Livorno e assessore<br />
regionale, Aldo Santini,<br />
Carlo Lulli e Giuseppe Isozio,<br />
giornalisti, Giorgio Gualandi e<br />
Arrigo Melani, principi del Foro,<br />
Roberto Gentini, il medico militare<br />
più decorato d’Italia, tutti<br />
frequentanti la sezione quadriennale<br />
inferiore, corrispondente<br />
all’attuale scuola media!<br />
La 2ª A Ragionieri dell’anno scolastico 1984/85.<br />
E poi il pittore Plinio Nomellini,<br />
il calciatore Alfredo Pitto (sezione<br />
fisico-matematica), Costanzo<br />
Ebat, Giorgio Pazzini, Angelo<br />
Berti, Luciano Montelatici, ecc.<br />
Un mondo che più variegato<br />
non si può.<br />
Tra i docenti del primo periodo<br />
si ricordano Luigi Bodio (direttore<br />
Ufficio Centrale Statistica<br />
Italiana e presidente dell’Istituto<br />
Internazionale Statistica), Pietro<br />
Vigo (maggiore storico livornese),<br />
Giovanni Arcangeli (botanico,<br />
che salì alla cattedra dell’Università<br />
di Pisa), Pio Mantovani<br />
(fondatore del Museo di<br />
Storia Naturale), Giovanni Targioni<br />
Tozzetti e Guido Menasci<br />
che furono i librettisti di Cavalleria<br />
Rusticana, Angiolo Main<br />
(geografo), Giuseppe Levantini<br />
Pieroni (poeta), Guglielmo Micheli<br />
(pittore di chiara fama), Giuseppe<br />
Schiavazzi, Lorenzo Cecchi.<br />
Alberto Calza Bini (fondatore<br />
dell’Istituto Nazionale di<br />
Urbanistica).<br />
Oggi, a seguito degli accorpamenti<br />
degli istituti scolastici, la<br />
scuola è denominata I.I.S. “Vespucci-Colombo”.<br />
Fonti: Luciano Canessa: “L’istruzione<br />
pubblica a Livorno – L’Istituto<br />
Tecnico A. Vespucci e dintorni” –<br />
Provincia di Livorno, 2010; successive<br />
ricerche di archivio.
▲▲▲<br />
▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
19<br />
livornesità<br />
La storia delle nostre strade<br />
...a spasso<br />
per la città<br />
dallo Stradario Storico di Livorno,<br />
antico, moderno e illustrato di Beppe<br />
Leonardini e Corrado Nocerino (Editrice<br />
Nuova Fortezza, Livorno).<br />
Via Orazio Paretti - Da via F.<br />
Filzi e via N. Bixio. Fu così<br />
intitolata nel 1934 al benemerito<br />
livornese (1878-1932)<br />
della previdenza sociale che<br />
diresse per molti anni l’INPS.<br />
Via Giulio Anzillotti - Dalla<br />
via Ferraris al via Vecchia di<br />
Salviano. Denominata così nel<br />
1970 per onorare il medico<br />
chirurgo (Pisa 1874 - Livorno<br />
1959) che per lunghi anni operò<br />
nel nostro Ospedale a partire<br />
dal 1909. Alla sua morte<br />
ricevette dalle autorità e dal<br />
popolo grandi onoranze.<br />
Proverbi<br />
livornesi<br />
✔ Meglio lei a letto che te<br />
al chilo.<br />
✔ A certa gente, ni da noia<br />
le ‘arrozze a Montenero.<br />
✔ Vento alle Gamaie, tempo<br />
bono; vento alle<br />
Bocche tempo ‘attivo<br />
✔ La donna è come la riotta,<br />
o cruda o cotta è<br />
sempre dura da digerì.<br />
✔ L’uccel dell’omo ‘un fa<br />
ova.<br />
✔ Cencio disse male di<br />
straccio.<br />
✔ Lavoro ammazza i vizi.<br />
Se trovi degli<br />
errori in<br />
questo giornale,<br />
tieni<br />
presente<br />
che sono<br />
stati messi<br />
di proposito. Abbiamo cercato<br />
di soddisfare tutti, anche<br />
coloro che sono sempre<br />
alla ricerca di errori!<br />
QUIZ A PUNTEGGIO PER SAGGIARE LA TUA LIVORNESITÀ<br />
LIVORNESE DOC O ALL’ACQUA DI ROSE?<br />
Scoprilo rispondendo a queste domande; quindi controlla punteggio e valutazione:<br />
1<br />
A<br />
B<br />
C<br />
2<br />
A chi assegnò il Comune<br />
la prima Livornina nel<br />
1981?<br />
Principi Carlo e Diana<br />
Sandro Pertini<br />
Giorgio Caproni<br />
In quale anno è stata restituita<br />
all’uso della cittadinanza la<br />
Terrazza Mascagni dopo l’ultima<br />
ristrutturazione?<br />
A 1992<br />
B 2001<br />
C 1998<br />
3<br />
... e a quale numero ammontano<br />
le piastrelle<br />
bianco e nere?<br />
A 18.790<br />
B 34.800<br />
C 26.730<br />
4<br />
... e quante sono le colonnine<br />
utilizzate per la<br />
balaustra?<br />
A 6.800<br />
B 9.722<br />
C 4.100<br />
In quale anno fu inaugurato<br />
l’originario Chalet<br />
della Rotonda? 5 9<br />
A 1931<br />
B 1960<br />
C 1949<br />
... e quando chiuse i<br />
battenti fino a divenire<br />
un rudere?<br />
A 2003<br />
B 1998<br />
C 2011<br />
A<br />
B<br />
C<br />
A<br />
B<br />
C<br />
Chi era Natale Betti cui<br />
è dedicata una strada<br />
cittadina?<br />
Pittore<br />
Letterato<br />
Medico<br />
In quale città è nato il noto<br />
giornalista e commentatore<br />
Vezio Benetti?<br />
Livorno<br />
Sarzana<br />
Ponsacco<br />
In quale anno fu aperto lo stabilimento<br />
SICE (Società Italiana<br />
Conduttori Elettrici) , poi Pirelli?<br />
A 1906<br />
B 1922<br />
C 1938<br />
Chi ha progettato il<br />
Mercato Centrale?<br />
RISPOSTE: 1 (B), 2 (C), 3 (B), 4 (C), 5 (A), 6 (A), 7 (B), 8 (C), 9 (A), 10 (B), 11 (A), 12 (C)<br />
Meno di 2 risposte corrette: ...all’acqua di rose - Da 3 a 6 risposte corrette: ...sui generis<br />
Da 7 a 10 risposte corrette: alla moda - Nessun errore: LIVORNESE DOC honoris causa<br />
Quiz visivo e di orientamento a conferma del tuo grado di livornesità<br />
Che razza di livornese sei?<br />
...di SCOGLIO,<br />
di FORAVIA<br />
o... PISANO?<br />
Qui a fianco c'è la foto di una strada<br />
della tua città. Sai riconoscere di<br />
quale via si tratta?<br />
Se rispondi ESATTAMENTE significa<br />
che sei un... livornese di scoglio!<br />
Se rispondi CONFONDENDO la via<br />
con altra della stessa zona, significa<br />
che sei un... livornese di foravia,<br />
Se NON RIESCI A CAPACITARTI di<br />
quale via si tratta, allora significa<br />
che... sei un pisano!<br />
Per la risposta, vedi pag. 23<br />
6<br />
7<br />
8<br />
Grado di difficoltà:<br />
10<br />
A<br />
B<br />
C<br />
11<br />
A<br />
B<br />
C<br />
12<br />
B. Buontalenti<br />
A. Badaloni<br />
L. Bettarini<br />
In quale quartiere si trova<br />
via Ersilio Michel?<br />
La Rosa<br />
Magenta<br />
Shangay<br />
In quale stagione il compianto<br />
Armando Picchi<br />
ha allenato il Livorno?<br />
A 1965/66<br />
B 1962/63<br />
C 1969/70
▲▲▲<br />
▲<br />
storia<br />
20<br />
LIVORNOnonstop<br />
Livornese, generale napoleonico ma sopratutto un precursore del Risorgimento, “due volte dimenticato”.<br />
Cosimo Del Fante, chi era costui?<br />
di Roberto Mocci<br />
L’idea di occuparmi di Cosimo<br />
Del Fante, come talvolta accade,<br />
ha avuto origine da un<br />
evento banale: l’essermi accorto<br />
che sotto la lapide marmorea<br />
indicante la via omonima, quella<br />
posta all’incrocio con la via<br />
Buontalenti, riporta, oltre alla<br />
data di nascita e di morte, la<br />
dizione “Generale napoleonico”<br />
(ciò che invece non appare nelle<br />
altre due targhe collocate agli<br />
estremi della strada stessa con<br />
piazza Guerrazzi e scali Bettarini).<br />
“Generale napoleonico”: definizione<br />
un po’ imprecisa a dire<br />
il vero, ma che, quantomeno,<br />
dava l’idea del periodo storico<br />
in cui il nostro concittadino era<br />
vissuto.<br />
Il secondo motivo è stato dettato<br />
dall’interesse che non poche<br />
persone, di ogni fascia<br />
d’età, mi hanno dimostrato<br />
chiedendomi: “Conosciamo la<br />
Via, ma... chi era Cosimo Del<br />
Fante?”. Così ho iniziato una ricerca<br />
presso la Biblioteca Labronica,<br />
la Biblioteca dell’Accademia<br />
Navale e presso altri<br />
Enti e istituzioni che mi potessero<br />
fornire notizie su Del Fante.<br />
L’imprecisione della targa,<br />
alla quale ho fatto riferimento,<br />
sta nel fatto che, Cosimo Damiano<br />
Del Fante, combatté numerose<br />
campagne napoleoniche<br />
che gli valsero due delle<br />
onoreficienze più importanti all’epoca:<br />
la Croce di Cavaliere<br />
dell’Ordine della Corona di Ferro<br />
e la Legion d’Onore napoleonica,<br />
oltre al titolo di Nobile<br />
dell’Impero, trasmissibile agli<br />
eredi, ottenuto per la conquista<br />
della fortezza di Gerona, in<br />
Spagna.<br />
Ma Cosimo si era arruolato volontario<br />
nel 1803 a Reggio Emilia,<br />
dove sei anni prima era nato<br />
il Tricolore, quando la Repubblica<br />
Cisalpina ancora non era<br />
divenuta Regno d’Italia (1805),<br />
con sovrano Napoleone Bonaparte<br />
e Viceré il figlio di primo<br />
letto dell’imperatrice Giuseppina<br />
Bonaparte, Eugèn de Beauharnais.<br />
Del Fante infatti, rimase sempre<br />
un soldato italiano, fino alla sua<br />
morte, avvenuta a Krasnoe, il<br />
16 novembre del 1812, durante<br />
la ritirata di quel che rimaneva<br />
della Grande Armée, dopo l’invasione<br />
della Russia del giugno<br />
1812. Come accadde 130 anni<br />
più tardi durante l’invasione<br />
germanica della Russia (i punti<br />
di contatto tra i due eventi, così<br />
lontani nel tempo, sono impressionanti),<br />
allorquando gli Alpini<br />
durante la tremenda ritirata,<br />
riuscirono a fare uscire dall’accerchiamento<br />
i resti delle divisioni<br />
italiane (i sopravvissuti,<br />
tra i quali erano molti i feriti e i<br />
congelati, furono circa 30 mila)<br />
combattendo un disperata battaglia<br />
presso la città di Nikolaijevka.<br />
Quel 16 di novembre<br />
La lapide posta sull’angolo tra la via Del Fante e la via Buontalenti.<br />
La locandina della mostra.<br />
Questa la locandina di presentazione<br />
della conferenza del Dr. Roberto<br />
Mocci che recentemente ha<br />
tenuto al C.R.D.D. su “Cosimo<br />
Damiano Del Fante; un precursore<br />
del Risorgimento” e sulla storia<br />
della Livorno del suo tempo.<br />
del 1812, accadde un fatto analogo:<br />
le colonne di sbandati in<br />
ritirata da Mosca, continuamente<br />
attaccate dai cosacchi, erano<br />
state accerchiate presso i campi<br />
innevati della città di Krasnoe,<br />
punto di passaggio obbligato<br />
per la ritirata verso<br />
ovest, dove il comandante in<br />
capo russo Kutuzov, aveva teso<br />
loro una trappola.<br />
Del Fante, con i pochi uomini<br />
ancora in grado di combattere<br />
(le fonti parlano di duecentocinquanta<br />
- trecento uomini), allo<br />
scopo di evitare la cattura del<br />
Viceré Eugenio e dello stesso<br />
Napoleone - ricordiamo che<br />
poco tempo prima, l’imperatore<br />
dei francesi, era sfuggito quasi<br />
per miracolo alla cattura, da parte<br />
di un drappello di cosacchi -<br />
si gettò contro i reparti russi che<br />
avevano occupata la strada<br />
principale e al costo della sua<br />
vita e di quella dei suoi uomini,<br />
riuscì a sfondare e a permettere<br />
la ritirata ai resti dell’armata, che<br />
adesso contava solo poche decine<br />
di migliaia di uomini.<br />
Parlare di comportamento eroico,<br />
in questo caso, non credo<br />
possa dare adito a letture “retoriche”:<br />
primo, perché gli italiani<br />
accorsi sotto il primo Tricolore,<br />
erano realmente animati da amor<br />
patrio, che altro non è, alla fine,<br />
se non l’amore per le proprie famiglie,<br />
per la terra in cui si è nati<br />
e cresciuti, l’amore per la Tradizione,<br />
che veniva quasi quotidianamente<br />
“raccontata” e trasmessa<br />
dai genitori ai figli.<br />
Comunque, tornando a noi, ripassarono<br />
il fiume Niemen, confine<br />
del Ducato di Varsavia, 30<br />
mila reduci, quel che restava dei<br />
circa 600 mila uomini (di cui circa<br />
un terzo erano francesi, gli<br />
altri appartenevano alle nazioni<br />
alleate o occupate dall’esercito<br />
francese: italiani, polacchi, austriaci,<br />
prussiani, spagnoli, solo<br />
per citare i contingenti numericamente<br />
più importanti) che il<br />
22 giugno 1812 avevano invaso<br />
la Russia.<br />
Ho definito Del Fante un precursore<br />
del Risorgimento perché,<br />
come molti appartenenti<br />
alla sua generazione, era rimasto<br />
profondamente colpito dagli<br />
ideali che provenivano d’oltralpe.<br />
Lo dimostra il suo arruolamento<br />
come volontario a Reggio<br />
Emilia e la folgorante carriera<br />
ottenuta per meriti ‘sul campo’<br />
e non grazie alla sua posizione<br />
sociale.<br />
Cosimo infatti, nacque a Livorno<br />
il 27 settembre del 1781 in<br />
‘Casa Costantini’, un bel palazzo<br />
sulla via Grande al n. Civico<br />
33 (oggi n. 110, presso l’angolo<br />
Nord-Ovest della Piazza, dove<br />
da anni esiste una libreria), figlio<br />
di Gioacchino e Uliva, rispettivamente<br />
cuoco e governante<br />
del Signor Costantini, un<br />
anziano signore che aveva fatto<br />
fortuna grazie al commercio.<br />
Egli volle dare un futuro a Cosimo,<br />
considerato come un figlio,<br />
pagandogli gli studi presso i<br />
padri Barnabiti. Il ragazzo era<br />
sveglio e d’intelletto pronto.<br />
Prediligeva lo studio delle lingue<br />
e della matematica. Oltre al<br />
latino, conosceva il france-<br />
▲
▲▲▲<br />
▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
21<br />
storia<br />
▲<br />
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La freccia indica la “Casa Costantini” in via Grande dove nacque Cosimo<br />
Damiano Del Fante nel 1781.<br />
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se e l’inglese. Più tardi, durante<br />
le varie campagne napoleoniche,<br />
ebbe modo di apprendere<br />
lo spagnolo e rudimenti di<br />
tedesco e svedese.<br />
Dopo una rapidissima carriera –<br />
era, come diremmo oggi un ‘diplomato’<br />
dato che in seguito agli<br />
studi presso i Barnabiti, avrebbe<br />
dovuto iscriversi alla facoltà<br />
di giurisprudenza dell’Università<br />
di Pisa – divenne sottotenente<br />
della Repubblica Cisalpina.<br />
Negli anni successivi, grazie<br />
alle proprie doti militari e umane,<br />
che lo fecero ben volere sia<br />
dai superiori, come il colonnello<br />
Teodoro Lechi ed il colonnello<br />
Viani in testa, sia dai suoi<br />
commilitoni che ne ebbero stima<br />
e fiducia fino alla fine, Cosimo<br />
raggiunse il grado di generale.<br />
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rimase vivo a lungo tra i superstiti<br />
delle campagne napoleoniche,<br />
soprattutto in Toscana e a<br />
Livorno in modo particolare. La<br />
sua figura di ufficiale dell’Armata<br />
d’Italia, divenne un simbolo<br />
per le rinnovate virtù militari<br />
italiane e di opposizione ai<br />
regimi della Restaurazione.<br />
Il suo amico e compagno d’armi,<br />
colonnello Cesare de Laugier,<br />
con i suoi scritti, ne esaltò<br />
il valore, l’abnegazione nei confronti<br />
dei propri soldati, presentandolo<br />
come la figura ideale del<br />
nuovo combattente italiano.<br />
Nel 1849, un battaglione di volontari<br />
livornesi, assunse il suo<br />
nome. Ricordiamo che il colonnello<br />
De Laugier, comandò gli<br />
studenti e i docenti toscani a<br />
Curtatone e Montanara, durante<br />
la 1ª Guerra d’Indipendenza.<br />
E’ cosa ormai nota, che tra i Carbonari<br />
o gli appartenenti alla<br />
Giovine Italia di Mazzini, gli ex<br />
ufficiali napoleonici o del Regno<br />
italico, furono numerosi.<br />
Quindi Cosimo, divenne addirittura<br />
un ‘mito necessario’ alla<br />
formazione dei giovani che<br />
avrebbero preso parte al Risorgimento<br />
italiano, dai moti del<br />
1821 fino all’Unità d’Italia.<br />
Qualcuno ha sottolineato la<br />
mancanza di scritti che comprovino<br />
i suoi ideali politici. Ma forse<br />
costoro, hanno perso di vista<br />
il fatto che un uomo, si giudica<br />
dal suo comportamento e<br />
non tanto da quel che dice o<br />
dal 1865<br />
Tintori in Firenze<br />
Brevetto Reale<br />
del 22 Giugno 1867<br />
scrive.<br />
Sicuramente, Cosimo Damiano<br />
Del Fante, come molti altri giovani<br />
della sua generazione, fu<br />
tutt’altro che insensibile ai grandi<br />
eventi politici e militari del<br />
suo tempo ed alle opportunità<br />
che si offrivano soprattutto attraverso<br />
la carriera militare, ormai<br />
aperta sino ai più alti gradi,<br />
indipendentemente dallo stato<br />
sociale.<br />
Concludendo, senza retorica e<br />
apologia, credo che ancora<br />
oggi, egli potrebbe costituire un<br />
esempio; per la sua personalità<br />
e i suoi principi morali, più importanti<br />
delle pur indiscutibili<br />
doti militari. Un nostro concittadino<br />
che è stato, in anni più<br />
vicini a noi, completamente dimenticato:<br />
e se la prima volta,<br />
con la Restaurazione anche in<br />
Toscana, la cosa può esser<br />
comprensibile, non lo è invece<br />
per ciò che riguarda, da qualche<br />
decennio a questa parte,<br />
l’insegnamento della Storia. Attraverso<br />
la Scuola, avrebbe potuto<br />
essere un personaggio al<br />
quale attingere, perché è partendo<br />
proprio dalla storia locale<br />
e da personaggi come lui, che<br />
l’insegnamento della Storia può<br />
risultare più ‘accattivante’ per i<br />
ragazzi d’oggi. Ed è proprio per<br />
questo motivo che non ho esitato<br />
a definire Cosimo Damiano<br />
Del Fante “due volte dimenticato”<br />
ma, soprattutto un precursore<br />
del Risorgimento.<br />
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attualità<br />
22<br />
LIVORNOnonstop<br />
Sorto di recente il locale Gruppo Amici Velivoli Storici<br />
Ecco il GAVS:<br />
Sez. Pisa-Livorno<br />
Il GAVS, Gruppo Amici Velivoli vista Ali Antiche e il sito<br />
Storici è stato fondato a Roma www.gavs.it, svolge un’azione<br />
nel 1983 con lo scopo di ricercare,<br />
recuperare, acquisire, conser-<br />
consapevolezza dell’importanza<br />
culturale mirata a far crescere la<br />
vare, restaurare, gestire e mantenere<br />
velivoli storici, loro parti Il Gruppo Amici Velivoli Storici<br />
degli aerei storici.<br />
e documentazione storica. Dei ha trovato molti proseliti in Italia,<br />
tanto che si sono costituite<br />
30.000 aerei costruiti in Italia in<br />
cento anni, quelli di valore storico<br />
giunti sino a noi sono poco la penisola, fra cui quella di Pisa<br />
altre otto sezioni sparse in tutta<br />
più di 100. Della maggior parte sorta nel 2017 grazie all’interessamento<br />
e alla passione dei fra-<br />
dei protagonisti delle grandi imprese,<br />
restano solo immagini. telli Federighi.<br />
Il GAVS, che collabora con l’Aeronautica<br />
Militare, in questi anni spettivamente presidente e am-<br />
Federigo e Mario Federighi, ri-<br />
ha propiziato recuperi incredibili ministratore delegato della Farmigea,<br />
azienda leader nel setto-<br />
(come quello dei due S.79 in Libano)<br />
e contribuito a salvare aerei<br />
rarissimi (come l’ultimo Nardi cuperato e conservato, da oltre<br />
re oftalmico dal 1946, hanno re-<br />
FN.305). Inoltre, attraverso la ri-<br />
30 anni, il più disparato materiale<br />
storico del settore areonautico:<br />
decine di migliaia di fotografie<br />
e centinaia di documenti ma<br />
anche reperti di velivoli, in buona<br />
parte da restaurare.<br />
Il dott. Luca Borghini è il curatore<br />
dell’archivio Federighi<br />
(l.borghini@archiviostoricofederighi.it)<br />
e il coordinatore del sito GAVS<br />
L’Idroscalo livornese “L. Zoni”<br />
L’Idroscalo di Livorno (nella foto), posto nello specchio d’acqua dell’avamporto, presso il Cantiere<br />
Navale Gallinari (zona occupata oggi dal Cantiere Azimut Benetti), funzionò a cavallo degli anni tra<br />
il primo e il secondo conflitto mondiale, uno dei pochi agibili in Italia. Era utilizzato da un punto di<br />
vista addestrativo e, in seguito, anche come base di partenza per quelle crociere tanto di moda in<br />
quel periodo (la più nota fu quella del settembre 1925 con la quale tre idrovolanti SIAI Savoia S.16<br />
Ter compirono il periplo del Mediterraneo occidentale). L’Idroscalo era intestato all’aviere Luigi<br />
Zoni (Sant’Antonio a Trebbia (PC) 25.03.1892 - Mare d’Istria 23.09.1917) della 253ª Squadriglia Idrovolanti<br />
a Grado, che si distinse in numerose operazioni militari contro l’aviazione austriaca, meritandosi<br />
tre medaglie d’Argento al V.M., di cui la terza alla memoria dopo esser caduto con il suo<br />
apparecchio, sotto il fuoco nemico, lungo la Costa Istriana. L’impianto fu dismesso nel 1942.<br />
Mario Federighi e, nel riquadro, il fratello Federigo.<br />
Pisa pisa@gavs.it dove si può<br />
trovare il ricco materiale documentario<br />
relativo al periodo storico<br />
che va dagli inizi del Novecento<br />
sino a tutto il Secondo dopoguerra.<br />
L’archivio è in gran<br />
parte dedicato all’aeronautica<br />
militare con particolare attenzione<br />
all’epoca dei pionieri e delle<br />
due guerre mondiali.<br />
La passione dei fratelli Federighi<br />
ha coinvolto anche alcuni<br />
livornesi tanto che la sezione<br />
GAVS Pisa di recente ha preso il<br />
nome di GAVS Pisa-Livorno. Tra<br />
questi Alessandro Santarelli (già<br />
noto al pubblico per le sue esaurienti<br />
conferenze sull’Idroscalo<br />
livornese, di cui riportiamo una<br />
breve storia a fianco), Antonio<br />
Borzillo, pilota e costruttore di<br />
aerei da turismo e Giovanni Giorgetti<br />
(autore di un libro sulla vita<br />
del padre Pietro (1902-1937),<br />
motorista<br />
durante<br />
il<br />
servizio<br />
militare in<br />
Libia<br />
dell’89ª<br />
Squadriglia<br />
SVA<br />
(Savoja,<br />
Verduzio,<br />
Ansaldo),<br />
nonché protagonista su un<br />
Breda 15 del primo Giro d’Europa<br />
(1929) e d’Italia (1930) rispettivamente<br />
con i piloti conte Franco<br />
Mazzotti e Paride Sacchi, del periplo<br />
del Mediterraneo (16 dicembre<br />
18929 - 18 gennaio 1930) con<br />
il pilota ing. Mario Rasini).
▲▲▲<br />
▲<br />
amarcord<br />
23<br />
LIVORNOnonstop<br />
Cara, vecchia Livorno<br />
oltre che alla ns. Redazione<br />
di via Pisacane 7<br />
è in distribuizione presso:<br />
Piazza Grande agli inizi del 1900<br />
1930: Scali dell Cantine<br />
Antichità Numismatica Gasparri<br />
C.so Mazzini 317/323<br />
Caffè Greco<br />
Via della Madonna 8<br />
Edicola Toriani<br />
Largo Vaturi<br />
Caffè Cellini<br />
Via del Molo Mediceo 22<br />
Pizzeria Il Ventaglio<br />
Via Grande 145<br />
Caffè Grande<br />
Via Grande 59<br />
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Mercato C.le - Banco 304<br />
Rinaldo Bartolini “Riri”<br />
Mercato C.le - Banco 307<br />
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Via Cambini<br />
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Via Marradi (ang. v.le Mameli)<br />
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Viale Mameli 55<br />
Edicola Borghesi<br />
Piazza Garibaldi<br />
"Centro Libri"<br />
Via Garibaldi 8<br />
Tabaccheria Cialdini F. e M.<br />
Via Prov. Pisana 44<br />
Norcineria "Regoli"<br />
Via Mentana 102<br />
Bar Sant'Agostino<br />
Viale della Libertà 33<br />
Ma che razza<br />
di livornese sei?<br />
La strada in questione, di cui a<br />
pag. 19, è:<br />
Via LORENZO GORI<br />
posta tra Via Giovanni Gamerra<br />
e V.le Goffredo Mameli.<br />
Reg. Tribunale Livorno n. 451 del 6/3/1987<br />
Navicelli, Monumento dei Quattro Mori<br />
e un tram che spunta da via del Giardino (oggi via Fiume)<br />
Direzione, Redazione,<br />
Amministrazione e Stampa:<br />
Editrice «Il Quadrifoglio» S.a.s.<br />
Via C. Pisacane 7 - Livorno<br />
Tel. e fax. (0586) 81.40.33<br />
e-mail: ediquad@tin.it<br />
Direttore responsabile:<br />
Bruno Damari
L’ORT<br />
’ORTO O DELLA SALUTE<br />
Infusi & Decotti ◆ Estratti & Compresse ◆ Fiori di Bach & Oli Essenziali<br />
IL GIARDINO DELLA BELLEZZA<br />
Latti & Acque ◆ Creme & Maschere ◆ Essenze & Bagni<br />
LE NOSTRE SEDI:<br />
Fonti del Corallo - Tel 0586 427515 ■ Parco di Levante - Tel. 0586 815175<br />
Via Marradi, 205 - Tel. 0586 807111 ■ Via Ricasoli, 50 - Tel. 0586 880424