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Archeomatica 4 2017

Tecnologie pr i Beni Culturali

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ivista trimestrale, Anno VIII - Numero 4 dicembre <strong>2017</strong><br />

ArcheomaticA<br />

Tecnologie per i Beni Culturali<br />

Datazione Radiometrica<br />

al Carbonio-14<br />

Conservation of Decorative Concrete Finishing<br />

Rilievo 3D per stimolare la Ricerca<br />

Web 3D per archiviare Dati di Restauro<br />

Nuvole di Punti e Modellazione per reintegrare Elementi Lapidei


EDITORIALE<br />

Attendibilità dell’evidenza scientifica<br />

Cosa significa attendibilità scientifica, se poi delle risultanze - come nel caso della<br />

Sindone di Torino, per la quale sono state effettuate analisi al Carbonio-14 in 3 diversi<br />

laboratori del mondo, che ne hanno sostenuto l’epoca medioevale - considerando<br />

l’immagine una reliquia e ben più che una sacra rappresentazione, si ridiscutono i<br />

limiti per ribatterla più antica di circa un millennio?<br />

D’altra parte, vengono proposte tecniche alternative di datazione anche solo<br />

finalizzate a dimostrare che nell’epoca rivelata dal Carbonio-14 non era possibile<br />

realizzare immagini simili o che eventi traumatici hanno variato la composizione<br />

dei materiali costituenti per “ringiovanirli”. Vengono tirate in causa ulteriori<br />

analisi con saggi biologici, ricerche spettroscopiche con strumenti ancora a maggior<br />

risoluzione, fluorescenza a fibre ottiche, analisi spettrofotometrica all’infrarosso,<br />

imaging spettrale, risonanza magnetica nucleare ad alta risoluzione, nuove analisi al<br />

Carbonio-14 ed in ultimo analisi neutroniche per cercare di dimostrare, nell’alone di<br />

misticismo della parvenza, la razionalità.<br />

Se ci trovassimo all’interno di un tribunale per una sorta di “archeomatica forense” si<br />

dovrebbero seguire le semplici regole dell’evidenza scientifica, volte ad armonizzare<br />

il rapporto tra diritto e scienza, solitamente richiamate come “i quattro criteri<br />

dell'evidenza scientifica”. Queste si appellano alla controllabilità o falsificabilità della<br />

tecnica o della teoria che stanno alla base della prova, la percentuale di errore noto<br />

o potenziale e il rispetto degli standard relativi alla tecnica impiegata, la circostanza<br />

che la teoria o la tecnica in questione siano oggetto di pubblicazioni scientifiche e<br />

quindi di controllo da parte di altri esperti e in ultimo il consenso generale della<br />

comunità scientifica interessata.<br />

Il giudizio finale arriverebbe, ma si sa, nei vari livelli di giudizio spesso i fatti si<br />

ribaltano e quello che prima era evidenza di una prova scientifica, potrebbe rivelarsi<br />

un falso con possibilità di assurgere a vero con l’esatto opposto. E’ successo e<br />

succederà.<br />

Ma in altri casi l’attendibilità dell’evidenza scientifica, se non va a toccare temi<br />

legati alla religione e a convinzioni comuni, ci porta a considerazioni rigorose che<br />

potrebbero però essere a loro volta frutto della persuasione, di certo non meno<br />

suggestive.<br />

La sperimentalità della ricostruzione di parti mancanti della Fontana del Bernini a<br />

Castel Gandolfo in provincia di Roma affascina per la possibilità data dalle tecniche<br />

digitali, che consentendo di realizzare un modello 3D di un oggetto deteriorato come<br />

questo, facilitano l’anastilosi dei pezzi mancanti.<br />

Un laser scanner produce una nuvola di punti, consentendo di realizzare un modello<br />

reale di sviluppo della situazione lacunosa attuale. Con la modellistica geometrica si<br />

ricostruiscono i volumi desunti da linee “certe” ancora oggi visibili, ed una semplice<br />

operazione booleana di sottrazione di insiemi ci restituisce il modello digitale del<br />

pezzo da reintegro. Quest’ultimo, realizzato con una macchina utensile a controllo<br />

digitale, che fa un lavoro simile o migliore di quelle che oggi chiamiamo stampanti<br />

3D, andrà a combaciare perfettamente sulle superfici che attendono il reintegro del<br />

materiale asportato dal corso degli eventi. Chi dovrà autorizzare un tale intervento,<br />

nelle more di avvio e nelle fasi di asportazione dei materiali estranei, valuterà bene<br />

se sia più importante consolidare la situazione attuale o ricostruirne una per dar<br />

magnificenza a un “come era” dedotto da analisi digitali e condizioni geometrico -<br />

matematiche.<br />

Buona lettura,<br />

Renzo Carlucci


IN QUESTO NUMERO<br />

DOCUMENTAZIONE<br />

6 Sindone di Torino:<br />

la ricerca scientifica<br />

di Massimo Rogante<br />

In copertina l’immagine emblematica della<br />

Sindone di Torino per la quale è stata realizzata<br />

una datazione radiometrica mediante<br />

Carbonio-14 nel 1988 in tre diversi laboratori<br />

(in Arizona, a Cambridge e a Zurigo) su un<br />

unico campione suddiviso in più<br />

parti, che arrivò a datare l’immagine tra<br />

l’anno 1260 e il 1390, ma sussistono diverse<br />

obiezioni scientifiche e la ricerca è ancora in<br />

corso.<br />

GUEST PAPER<br />

12 The city hall of Camposanto<br />

and the conservation of its<br />

decorative concrete finishing<br />

by Alessandra Alvisi, Giancarlo Grillini<br />

3D Target 2<br />

Coultour Active 43<br />

Geogrà 23<br />

Heritage 6<br />

LabTaf 47<br />

Salone di Ferrara 48<br />

Testo 29<br />

VirtualGeo 43<br />

RESTAURO<br />

18 La Fontana della Piazza di<br />

Castel Gandolfo<br />

Progetto di salvaguardia e<br />

recupero del valore artistico<br />

originario della Fontana berniniana<br />

di Atonino Tinè, Elisabetta Cicerchia, Mario Caporale<br />

ArcheomaticA<br />

Tecnologie per i Beni Culturali<br />

Anno VIII, N° 4 - dicembre <strong>2017</strong><br />

<strong>Archeomatica</strong>, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista<br />

italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione<br />

e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela,<br />

la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio<br />

culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su<br />

tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la<br />

diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e,<br />

in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei<br />

parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione<br />

avanzata del web con il suo social networking e le periferiche<br />

"smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italiani<br />

che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accademia,<br />

enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.<br />

Direttore<br />

Renzo Carlucci<br />

dir@archeomatica.it<br />

Direttore Responsabile<br />

Michele Fasolo<br />

michele.fasolo@archeomatica.it<br />

Comitato scientifico<br />

Annalisa Cipriani, Maurizio Forte,<br />

Bernard Frischer, Giovanni Ettore Gigante,<br />

Sandro Massa, Mario Micheli, Stefano Monti,<br />

Francesco Prosperetti, Marco Ramazzotti,<br />

Antonino Saggio, Francesca Salvemini<br />

Redazione<br />

redazione@archeomatica.it<br />

Giovanna Castelli<br />

giovanna.castelli@archeomatica.it<br />

Elena Latini<br />

elena.latini@archeomatica.it<br />

Valerio Carlucci<br />

valerio.carlucci@archeomatica.it<br />

Domenico Santarsiero<br />

domenico.santarsiero@archeomatica.it<br />

Luca Papi<br />

luca.papi@archeomatica.it


24 Analisi acustica della<br />

cattedrale di Carinola<br />

di Gino Iannace, Francesco Miraglia<br />

RUBRICHE<br />

22 AGORÀ<br />

Notizie dal mondo delle<br />

Tecnologie dei Beni<br />

Culturali<br />

30 Il restauro della Fontana del<br />

Nettuno a Bologna - Un sistema 3D<br />

web per la documentazione e la<br />

gestione dei dati<br />

di Fabrizio Ivan Apollonio, Vilma Basilissi,<br />

44 AZIENDE E<br />

PRODOTTI<br />

Soluzioni allo Stato<br />

dell'Arte<br />

46 EVENTI<br />

Gabriele Bitelli, Marco Callieri, Dora Catalano,<br />

Matteo Dellepiane, Marco Gaiani, Federico<br />

Ponchio, Francesca Rizzo, Angelo Raffaele<br />

Rubino, Roberto Scopigno<br />

MUSEI<br />

36 Il progetto “D12” - Pruomuovere il<br />

rilievo 3D per stimolare la ricerca<br />

di Federica Guidi, Marinella Marchesi, Giacomo<br />

Vianini, Pier Carlo Ricci, Michele Agnoletti,<br />

Andrea Rossi<br />

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<strong>Archeomatica</strong> è una testata registrata al<br />

Tribunale di Roma con il numero 395/2009<br />

del 19 novembre 2009<br />

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dell’editore.<br />

Data chiusura in redazione: 28 febbraio 2018


DOCUMENTAZIONE<br />

Sindone di Torino: la ricerca scientifica<br />

di Massimo Rogante<br />

Nel presente articolo, dopo un'introduzione<br />

di carattere storiografico è rappresentato<br />

uno stato dell'arte relativo all'analisi della<br />

Sindone di Torino, con esposizione dei<br />

principali risultati ottenuti negli ultimi<br />

decenni dalla ricerca scientifica sul tessuto<br />

sindonico e la sua immagine.<br />

Sono quindi brevemente descritti gli studi<br />

e le sperimentazioni condotti dall'autore,<br />

impiegando le tecniche neutroniche<br />

per l'analisi di fibre di lino nuove e<br />

antiche e considerando tali tecniche<br />

per una potenziale investigazione della<br />

Sindone. L'attività è mirata a fornire<br />

informazioni utili e adatte ad essere<br />

inserite nel complesso mosaico di dati per<br />

comprendere il mistero del Telo sindonico.<br />

La Sindone è un lenzuolo di lino di dimensioni medie 4,41×1,13 m,<br />

ove è impressa la figura del cadavere di un uomo torturato e crocifisso.<br />

Tale misterioso lenzuolo è per molti la più significativa delle<br />

Reliquie, per altri un oggetto il cui innegabile rimando alla Passione<br />

di Cristo ne fa una realtà unica dal punto di vista religioso, ma anche<br />

argomento d’interesse di studiosi di svariate discipline; da altri ancora<br />

è considerato solamente un tardo artefatto. Da secoli, eppure, ci si<br />

domanda quale sia la sua origine, e al di là delle posizioni estreme la<br />

Sindone ha sicuramente suscitato sin dal suo apparire grandi emozioni<br />

per la straordinaria figura che racchiude. Gli studi ultimamente compiuti,<br />

pur non avendone chiarito le modalità di formazione, tendono in<br />

maggior parte ad escludere un’origine manuale.<br />

La ricerca sulla Sindone, sino alla fine dell’Ottocento, aveva praticato<br />

soprattutto percorsi storici e in parte teologici, ma tutto sommato<br />

il problema dell’autenticità rimaneva circoscritto a disquisizioni tra<br />

dotti, che difficilmente arrivavano a interessare il vasto pubblico. La<br />

gente, in realtà, era avvicinata alla Sindone dall’aspetto devozionale,<br />

particolarmente diffuso in Piemonte: solo dopo la fotografia del 1898 si<br />

sentì la necessità di un approccio rigidamente critico. La caratteristica<br />

straordinaria dell’impronta sulla Sindone, che sulla lastra impressionata<br />

da Secondo Pia dimostrò di comportarsi similmente ad un negativo<br />

fotografico, sollevò molti dubbi sull’ipotesi - sostenuta da alcuni storici<br />

- di un falso medievale, e parallelamente attrasse gli scienziati per<br />

cercare di capire la possibile origine di un fenomeno così particolare.<br />

E’ ormai definitivamente accertato che l’immagine sindonica non può<br />

essere un dipinto, e al momento è largamente condivisa la conclusione<br />

che si tratti di un’impronta lasciata da un corpo umano. Le caratteristiche<br />

di tale impronta lasciano dedurre che quell’uomo era morto,<br />

come testimoniato sia dalla posizione insolita del corpo spiegabile con<br />

la rigidità cadaverica, sia da forma e natura delle lesioni presenti su<br />

quel corpo (in particolare, quella al costato), incompatibili con la vita.<br />

La morte dell’Uomo della Sindone avvenne certamente in seguito a<br />

torture e al supplizio della croce, come dimostrano con chiarezza le<br />

ferite procurate dai chiodi ai polsi e ai piedi. L’insieme di questi segni<br />

rimanda in modo assai preciso alle modalità per l’esecuzione di Gesù<br />

Cristo esposte nei Vangeli. Riguardo alle impronte che appaiono riferibili<br />

a coaguli di sangue, la presenza di sangue umano del gruppo AB è<br />

stata ipotizzata da ricerche parallele ma indipendenti di Baima Bollone<br />

in Italia e di Adler negli USA (Heller et al. 1981), ma non è stata provata<br />

in modo certo, causa l’indisponibilità ai tempi della misura di Baima di<br />

un antigene specifico (Kearse 2014). A Baima Bollone si devono le indagini<br />

sulla sua tipizzazione. Sulla Sindone, inoltre, sono stati individuati<br />

dei granuli di polline - compatibili con una provenienza mediorientale<br />

- e tracce d’aloe e mirra. Gli statunitensi Jackson e Jumper, nel 1977,<br />

dimostrarono che l’immagine sindonica contiene un’informazione tridimensionale<br />

evidenziabile mediante computer. Tamburelli e Balossino<br />

a Torino, impiegando tecniche più sofisticate, hanno perfezionato le<br />

elaborazioni tridimensionali ricavando tra l’altro - con studi successivi<br />

- l’immagine del volto ripulita dalle ferite ed evidenziando particolari<br />

riconducibili alla presenza sugli occhi di monete dell’epoca di Cristo.<br />

Grande incertezza regna ancora sulle modalità di formazione dell’impronta:<br />

se le immagini delle ferite sono certamente dovute al decalco<br />

di coaguli di sangue sul tessuto, l’impronta del corpo è dovuta<br />

all›ossidazione delle fibrille superficiali dei fili di lino, ma sull’origine<br />

di tale fenomeno non si è ancora fornita una spiegazione del tutto<br />

accettabile. Il problema è rilevante, poiché strettamente legato<br />

alla questione della conservazione del Telo sindonico: è difficilissimo,<br />

6 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 7<br />

infatti, studiare un sistema ottimale di conservazione di<br />

un’immagine d’origine ignota, anche se esistono tecnologie<br />

sperimentate per la conservazione di tessuti anche più<br />

antichi della Sindone. Il sistema di conservazione già posto<br />

in essere per l’Ostensione del 1998 tiene conto di tutti i risultati<br />

sperimentali sinora ottenuti, cercando d’ipotizzare i<br />

potenziali agenti negativi onde escludere possibili danni. La<br />

Sindone, perciò, è stata posta in una teca a tecnologia avanzata<br />

in atmosfera di gas inerte e a temperatura e umidità<br />

costanti, completamente distesa onde evitare le pieghe e i<br />

danni derivanti dalla precedente conservazione arrotolata<br />

su cilindro ligneo.<br />

L’ultimo esame diretto sulla Sindone, compiuto nel 1988, è<br />

la datazione radiocarbonica che, come noto, farebbe risalire<br />

il tessuto sindonico ad una data compresa tra il 1260 e<br />

il 1390. Questo risultato ha creato un certo sconcerto tra<br />

gli studiosi, non tanto perché mette in dubbio la compatibilità<br />

della Sindone di Torino con la tradizione che la vuole<br />

essere il lenzuolo funerario di Cristo, quanto perché, da un<br />

punto di vista scientifico e logico, pone dei seri problemi di<br />

contrasto con quanto la ricerca ha già assodato: risultati di<br />

esperimenti mostrano che un artigiano medioevale non sarebbe<br />

stato in grado d’ottenere un’immagine superficiale a<br />

livello di fibrilla (Di Lazzaro et al. 2015). Svariate obiezioni<br />

di carattere scientifico circa l’effettivo valore da attribuire<br />

ai risultati dell’esame col Carbonio-14, d’altra parte, sono<br />

state sollevate da tempo, sia dal punto di vista generale,<br />

sia soprattutto nel caso particolare. Il possibile “ringiovanimento”<br />

radiocarbonico del tessuto sindonico potrebbe anche<br />

avere spiegazioni dovute alle sue vicissitudini e ad un<br />

possibile inquinamento di varia natura. La ricerca, quindi,<br />

rimane aperta ed oggi non vi sono elementi definitivi né per<br />

giungere all’epoca di Cristo, né per considerare chiusa la<br />

questione con la datazione medievale. Da un punto di vista<br />

logico e probabilistico, tuttavia, è certo che una provenienza<br />

medievale della sua origine pone più problemi di quanti<br />

ne presenti una più antica.<br />

STATUS ATTUALE DELLA RICERCA SCIENTIFICA<br />

E PRINCIPALI TECNICHE IMPIEGATE<br />

Le attività di ricerca scientifica vera e propria relative<br />

alla Sindone di Torino sono iniziate nel 1978, coinvolgendo<br />

numerose indagini (chimiche, spettroscopiche e forensi,<br />

nonché analisi dettagliate della possibile risoluzione dei<br />

vari problemi di conservazione), in particolare nell’ambito<br />

del cosiddetto Shroud of Turin Research Project (STURP).<br />

Esperti indipendenti, applicando tecniche diverse, hanno<br />

studiato il tessuto, l’immagine frontale e quella del corpo<br />

sulla sua superficie. In particolare, i risultati di ricerche chimiche<br />

e fisiche hanno confermato che l’immagine del corpo<br />

della Sindone non è un dipinto (Jumper et al. 1984). Di seguito,<br />

sono riportate le principali tecniche impiegate finora<br />

e i risultati conseguiti.<br />

Studi fotografici<br />

Tali studi, effettuati in varie regioni dello spettro elettromagnetico<br />

insieme a diverse analisi mediante vari tipi d’algoritmi<br />

informatici, hanno incluso:<br />

4Microfotografie a colori, da cui si è scoperto che il colore<br />

giallo paglierino delle fibre d’immagine del corpo non<br />

corrisponde a quello di una qualsiasi delle forme note di<br />

ossidi ferrosi<br />

4Immagini d’Albedo (semplici riflessioni), d’emissione fosforescente,<br />

da contatto chimico, termiche, di diffusione,<br />

elettrostatiche, da contatto con polvere secca e contatto<br />

scaldante con incisione<br />

4Tecniche di sovrapposizione d’immagini polarizzate, per<br />

facilitare e meglio quantificare i confronti delle immagini<br />

Fig. 1 - Possibile mutazione delle proprietà strutturali dei tessuti di lino rispetto alla<br />

loro età (Rogante et al. 2016a).<br />

in studi iconografici<br />

4Fotografie di riflessione e trasmissione mediante sorgenti<br />

luminose e filtri per ottenere una serie d’immagini fotografiche<br />

fluorescenti ultraviolette, confrontate poi con<br />

quelle fotografiche di riflessione a colori tratte dalle stesse<br />

aree (Miller et al. 1981).<br />

4Termografia a infrarossi, esaminando dipinti per individuare<br />

eventuali evidenze provanti o descriventi struttura<br />

o composizione della vernice: nessuna evidenza è stata<br />

trovata, in accordo con la conclusione che le immagini del<br />

corpo non sono dipinti (Accetta et al. 1980)<br />

4Emissione ultravioletta, riflettanza e fluorescenza ultravioletta-visibile,<br />

da cui sono stati ottenuti spettri di riflessione<br />

visibile e caratteristiche rosso-verde-blu delle<br />

immagini del corpo più simili alle aree leggermente bruciate<br />

(e all’area di cellulosa ossidata) rispetto ai controlli<br />

di lini con rivestimento d’ossido di ferro (Pellicori 1980;<br />

Gilbert et al. 1980)<br />

4 Assorbimetria a raggi X (radiografia), realizzando film<br />

d’alta qualità che hanno chiaramente evidenziato struttura<br />

e variazioni di densità del tessuto, margini della<br />

macchia d’acqua e cuciture del pannello di riparazione. I<br />

risultati hanno confermato l’adeguatezza di tale tecnica<br />

per distinguere i fili nel tessuto di lino: il diametro dei<br />

singoli filetti è stato stimato nell’ordine di 0,15 mm rispetto<br />

ad un intervallo da 0,1 a 0,45 mm per il tessuto di<br />

sostegno, e sono state rilevate inclusioni ad alta densità<br />

sparse per tutta la Sindone (Mottern et al. 1980).<br />

4Spettrofotometria, riflettometria spettrale fotoelettrica<br />

e fluorimetria, effettuando analisi di diverse aree dell’immagine<br />

corporea (ad es., naso, guancia, polpaccio e collo)<br />

con misurazioni di riflessione su punti di sangue selezionati:<br />

i risultati hanno fornito i colori reali delle varie<br />

aree della Sindone (Pellicori 2000).<br />

Fig. 2 - Campione riproduttivo del tessuto sindonico.


Fig. 3 - Campioni<br />

di tessuto e<br />

attrezzatura<br />

impiegati<br />

dall'autore per i<br />

primi esperimenti<br />

di radiografia<br />

neutronica.<br />

Analisi dell’immagine mediante elaborazione elettronica<br />

con tecniche eidomatiche<br />

Tale analisi ha consentito di dimostrare un rapporto costante<br />

tra l’intensità luminosa dell’impronta e il rilievo del corpo<br />

posto nel lenzuolo, consentendo di restituire la figura<br />

tridimensionale del corpo stesso (Jackson et al. 1977; Tamburelli<br />

1978; Balossino 2000). Contestata e assai dubbia la<br />

presenza di segni grafici e tracce di oggetti (monete, fiori).<br />

Analisi chimiche<br />

Indagini chimiche e prove microchimiche sono state effettuate<br />

su materiali rimossi tramite varie tecniche di campionamento<br />

(principalmente, mediante nastro adesivo) per rilevare<br />

la presenza di proteine, confrontandosi con controlli<br />

di campioni chimici preparati in laboratorio, lini moderni,<br />

antichi, riscaldati, rivestiti con proteine, ecc. Il cromoforo<br />

che rappresenta il colore della fibra dell’immagine corporea<br />

è risultato una miscela di strutture carboniliche coniugate<br />

generate all’interno dello stesso polimero di cellulosa. Le<br />

indagini chimiche sono in pieno accordo con gli studi d’immagine,<br />

concludendo che le immagini del corpo non sono<br />

composte da macchie di pigmento applicate o coloranti e<br />

sono state prodotte con un processo diverso da quello dei<br />

segni di sangue (Heller et al. 1981; Jumper et al. 1984).<br />

Analisi spettroscopiche<br />

Tali analisi hanno incluso:<br />

4Radiografia a raggi X, con studio delle macchie d’acqua,<br />

delle zone bruciate e dei dettagli della tessitura, e visualizzazione<br />

precisa dei margini delle macchie stesse<br />

4Fluorescenza a raggi X, effettuando stime di variazioni<br />

elementali tra aree selezionate del tessuto (Morris et al.<br />

1980). Quali risultati, sono state riscontrate: alte concentrazioni<br />

di Calcio, con contenuto distribuito più o meno<br />

uniformemente su tutto il tessuto; distribuzione uniforme<br />

di Ferro su tutto il tessuto, con alcune eccezioni, supportando<br />

la conclusione chimica che il tessuto deriva dalla<br />

produzione di biancheria di lino. Non esistono prove per<br />

minerali di traccia associati a forme mineralogiche di ossidi<br />

di ferro (come Cobalto o Nichel), e nessuna prova di<br />

pigmento applicato (Jenkins 2000).<br />

4Diffrazione dei raggi X, per identificare i composti (fasi) e<br />

il grado di scorrimento: tale analisi ha mostrato la presenza<br />

sul tessuto di piccole quantità di materiale pigmentale<br />

cristallino, quale l’ematite (Jenkins 2000).<br />

4Spettrometria a raggi X a dispersione d’energia, per identificare<br />

in modo comparabile gli elementi presenti nei<br />

campioni esaminati. L’ossido di ferro testato è risultato<br />

“puro”, in contrasto con l’ipotesi che alcun artista possa<br />

aver applicato ossido di ferro in zone del tessuto per creare<br />

macchie di sangue.<br />

4Riflessione a infrarossi, da cui è stata mostrata chiara<br />

prova di uno stato d’ossidazione in aumento in fase di<br />

passaggio dal tessuto di fondo all’immagine corporea per<br />

creare le aree bruciate. Gli assorbimenti amidici tipici associati<br />

a proteine sono stati evidenziati negli spettri del<br />

segnale del sangue ma non in quelli delle immagini del<br />

corpo (Accetta et al. 1980).<br />

4Micro-spettrofotometria ad alta risoluzione e spettroscopia<br />

a infrarossi a trasformazione di Fourier (FTIR), esaminando<br />

fibre e particelle estratte dai campioni di nastro<br />

adesivo prelevati dallo STURP. Ogni tipo di fibra ha mostrato<br />

un modello distintivo d’assorbimento, con indicazione<br />

di tre diverse possibili classificazioni chimiche di base, tra<br />

cui l’ossidazione progressiva. Monitorando i cambiamenti<br />

nell’intensità carbonilica degli spettri a infrarossi, è stata<br />

possibile una classificazione dell’ossidazione; ciò supporta<br />

un processo d’ossidazione per la formazione delle<br />

immagini, spiegando il trasferimento d’acqua di prodotti<br />

d’ossidazione. Tali risultati hanno confermato e ampliato<br />

quelli ottenuti dalla riflessione a infrarossi (Deblase 2000;<br />

Adler 1996).<br />

4Colorimetria, misurando i fattori di riflessione spettrale<br />

di un certo numero di punti della Sindone attraverso uno<br />

spettrofotometro portatile, ottenendo una mappa a colori<br />

completa della Sindone, con facile rilevazione di qualsiasi<br />

deriva di colore. La Sindone è apparsa quasi monocromatica<br />

e le coordinate di cromaticità sono state collocate in<br />

una regione molto piccola del piano (x, y) (Soardo 2000).<br />

4Microscopia ottica ed elettronica a scansione, valutando i<br />

modelli tipici di composizione elementale dei vari tipi di<br />

fibre presenti (Adler et al. 2002).<br />

Datazione radiometrica mediante Carbonio-14<br />

Effettuata nel 1988 in tre diversi laboratori (in Arizona, a<br />

Cambridge e a Zurigo) su un unico campione suddiviso in più<br />

parti, lo datò tra l’anno 1260 e il 1390 (Damon et al. 1989),<br />

ma sussistono svariate obiezioni scientifiche - ad es., (Riani<br />

et al. 2013; Fanti et al. 2010a; Di Lazzaro <strong>2017</strong>). Non si prestò<br />

alcuna attenzione:<br />

4al fatto che la Sindone aveva attraversato l’incendio della<br />

chiesa di Chambéry nel 1532, nonché una serie d’altri<br />

eventi suscettibili d’influenzarne il contenuto di radiocarbonio<br />

per “carbossilazione” o per scambio d’isotopi,<br />

in modo ancora non compreso o ripetuto in condizioni di<br />

laboratorio<br />

4alle possibili contaminazioni per muffe, funghi, materiali<br />

organici quali residui batterici o insetti e particelle fini<br />

bloccati nella struttura di cellulosa (Ivanov 2000) e alla<br />

possibilità di un frazionamento isotopico anomalo, che<br />

può essere responsabile della modifica dell’età (Saillard<br />

2000)<br />

4 al gradiente termico osservabile, con possibili variazioni<br />

significative attraverso tutto il tessuto.<br />

Le stime iniziali delle costanti cinetiche per la perdita di<br />

vanillina dalla lignina nei filati d’ordito e di trama prelevati<br />

dal centro del campione prima della sua consegna ai laboratori<br />

per la datazione radiometrica indicano un’età molto più<br />

avanzata del tessuto rispetto a quella indicata dalle analisi<br />

di radiocarbonio. L’analisi mediante pirolisi-spettrometria<br />

di massa dall’area del campione, insieme ad osservazioni<br />

microscopiche e microchimiche, ha dimostrato addirittura<br />

che il campione usato per l’esame di radiocarbonio non<br />

ha fatto parte del tessuto originale della Sindone (Rogers<br />

2005).<br />

Il verosimile “ringiovanimento” radiocarbonico del tessuto<br />

sindonico, inoltre, è spiegabile anche dalle sue vicissitudini<br />

8 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 9<br />

e a possibili inquinamenti di varia natura.<br />

Infine, stabilire quantità e dimensioni adeguate dei campioni<br />

e soprattutto garantirne la rappresentatività dell’oggetto<br />

studiato, per ottenere risultati credibili, sono principi vitali<br />

allorché si debba considerare l’analisi di un oggetto unico<br />

come la Sindone di Torino: tali principi scientifici, nel caso<br />

dell’investigazione effettuata mediante Carbonio-14, non<br />

sono stati seguiti.<br />

Analisi forense<br />

Tali attività hanno incluso lo studio delle caratteristiche<br />

strutturali della fibra di lino in generale e sul possibile ruolo<br />

della lignina nella formazione delle immagini (Cardamone<br />

2000), nonché l’analisi tecnica del tessuto sindonico e della<br />

sua riproduzione con caratteristiche simili; tra i campioni<br />

investigati, è compresa una parte della striscia tagliata il 21<br />

aprile 1988 per la datazione radiometrica (Vercelli 2000).<br />

Sono stati effettuati, inoltre, esperimenti d’irraggiamento<br />

laser a raggi ultravioletti e ultravioletti a vuoto, cercando<br />

una colorazione analoga a quella dell’immagine sindonica.<br />

Quali risultati, è stata ottenuta una colorazione molto superficiale,<br />

tipo quella della Sindone, di filati di lino in una<br />

gamma limitata di parametri d’irraggiamento, così come<br />

diversi processi fisici e fotochimici che rappresentano sia<br />

la colorazione stessa, sia quella latente, processi eventualmente<br />

coinvolti nella creazione dell’immagine sindonica (Di<br />

Lazzaro et al. 2011). I risultati sono coerenti con quelli di<br />

analisi chimiche, microscopiche, spettroscopiche (inclusa<br />

l’evidenza di livelli elevati di bilirubina indicativi di trauma)<br />

e mediante computer: le immagini del sangue penetrano<br />

nella tessitura, mostrando la cementazione delle fibre l’una<br />

all’altra e il flusso capillare sotto i fili d’attraversamento<br />

del tessuto.<br />

Discussioni scientifiche su aspetti fisici, chimici, biologici,<br />

forensi e storici della Sindone di Torino, confrontandola con<br />

le possibili copie, hanno evidenziato che:<br />

4la potenza radiante totale d’ultravioletto a vuoto (sotto<br />

i 200 nm) necessaria per colorare una superficie di lino<br />

corrispondente a un corpo umano rende impraticabile la<br />

riproduzione dell’intera immagine TS utilizzando un singolo<br />

laser, in quanto tale potenza non può essere erogata<br />

da alcuna delle sorgenti finora realizzate (Di Lazzaro et<br />

al. 2010)<br />

4l’immagine sindonica non è stata certamente prodotta<br />

con mezzi che erano disponibili a un forgiatore medioevale,<br />

in quanto non in grado di produrre un’immagine con<br />

le caratteristiche più critiche di quella sindonica (Heimburger<br />

2010).<br />

È stato definito, infine, un elenco d’evidenze del tessuto<br />

sindonico su cui basare ulteriori discussioni sull’ipotesi di<br />

formazione dell’immagine corporea (Fanti et al. 2010b).<br />

Altre analisi<br />

Tali attività hanno incluso:<br />

4Analisi chimiche per via umida (compresa l’analisi enzimatica<br />

e immunochimica), esaminando materiali rimossi<br />

dalla superficie della Sindone: in particolare, è stato evidenziato<br />

che il margine d’acqua presente non risulta opera<br />

artistica mediante uso d’ossido di ferro, poiché trattasi<br />

di cristalli d’ematite pura, non impiegati dagli artisti per<br />

dipingere “margini d’acqua”.<br />

4Immunofluorescenza, da cui è stata rilevata la presenza<br />

di aloe e mirra sui fili prelevati dalla Sindone subito dopo<br />

l’esposizione del 1978 (Rodante 2000).<br />

PROSPETTIVE FUTURE<br />

Nuove analisi proposte dallo STURP e altri<br />

4Saggio biologico per la micro-flora e la micro-fauna<br />

4Ricerche spettroscopiche con strumenti portatili a risoluzione<br />

maggiore e rapporti di segnale e rumore migliorati:<br />

la riflessione spettrale e le misurazioni della fluorescenza,<br />

rispetto a quelle già impiegate, possono essere estese<br />

a lunghezze d’onda più brevi, ove le specie organiche e<br />

inorganiche hanno un assorbimento elevato e presumibilmente<br />

distinto<br />

4Fluorescenza a fibre ottiche<br />

4Emissione ultravioletta visibile in punti designati<br />

4Analisi spettrofotometrica all’infrarosso<br />

4Tecniche avanzate d’imaging utilizzando appositi filtri e<br />

incluso l’imaging spettrale<br />

4Misura del pH della superficie<br />

4Risonanza Magnetica Nucleare ad alta risoluzione, per<br />

distinguere le diverse specie chimiche presenti fornendo<br />

anche informazioni strutturali sulle prossimità spaziali di<br />

diversi nuclei risonanti<br />

4Tecnica di sovrapposizione dell’immagine polarizzata,<br />

utile nella valutazione e nella conferma nel caso di oggetti<br />

molto simili alle immagini del tessuto sindonico, quali<br />

le monete sugli occhi e alcune delle immagini floreali<br />

4Nuova datazione radiometrica mediante Carbonio-14,<br />

esaminando pochi grammi del panno prelevati da tre o<br />

più posizioni (Meacham 2000).<br />

Analisi mediante tecniche neutroniche<br />

Le tecniche neutroniche contribuiscono alla soluzione d’importanti<br />

quesiti e problematiche correlati alle limitazioni<br />

metodologiche della caratterizzazione tradizionale: il basso<br />

assorbimento dei neutroni rappresenta una delle caratteristiche<br />

essenziali, e i dati ottenuti presentano un alto grado<br />

d’affidabilità, poiché mediati su un volume di materiale<br />

maggiore rispetto ad altre tecniche d’indagine (Rogante<br />

2008; Rogante 1999).<br />

Nello studio recentemente realizzato (Rogante et al. 2016a;<br />

Rogante et al. 2016b), sono discusse le possibili indagini<br />

e analisi della Sindone di Torino mediante tali tecniche,<br />

volte a valutare e determinare - in modo non distruttivo<br />

e complementare ai metodi finora impiegati o considerati<br />

per future campagne d’esame - alcuni parametri utili a<br />

perfezionare le attuali conoscenze e il database sulle caratteristiche<br />

e le proprietà del tessuto sindonico. Le tecniche<br />

considerate, in particolare, sono la diffusione neutronica a<br />

piccoli angoli (DNPA) (Rogante 2008a) e la diffrazione dei<br />

neutroni (Rogante 2008b).<br />

I risultati preliminari delle investigazioni già effettuate su<br />

fibre di lino nuove e antiche - datate dall’antico regno d’Egitto<br />

all’epoca Tolemaica - illustrano alcune indicazioni che<br />

potrebbero essere acquisite in caso d’analisi della Sindone<br />

di Torino. Le caratteristiche nanostrutturali sono apparse<br />

assai differenti: il lino antico, diversamente da quello moderno,<br />

risulta composto da fibre che ne evidenziano il lento<br />

degrado causato dalla formazione di difetti. La struttura dei<br />

tessuti di lino a livello di nano-scala rivelata dalla DNPA, in<br />

particolare, può essere ben distinta:<br />

4 i tessuti di lino moderni, dai filamenti molto sottili (pochi<br />

nanometri di diametro), ramificati e intrecciati (struttura<br />

a rete), hanno dimostrato una natura piuttosto porosa in<br />

massa<br />

4 i tessuti di lino antichi, in cui la degradazione d’invecchiamento<br />

per difetti a livello molecolare conduce al restringimento<br />

dei pori, conseguendo così una struttura più<br />

densa, hanno dimostrato unità strutturali ben definite,


ossia fibre dense con bordi marcati; la superficie di queste<br />

fibre ha una dimensione frattale che si presenta con<br />

l’aumento dell’età del materiale.<br />

La Figura 1 rappresenta uno schema di possibile evoluzione<br />

delle caratteristiche strutturali dei tessuti di lino rispetto<br />

alla loro età.<br />

Tale modificazione da una densità minore propria del materiale<br />

nuovo ad una nanostruttura meno porosa riferibile<br />

ai lini antichi può essere studiata e utilizzata come misura<br />

del processo d’invecchiamento, fornendo approfondimenti<br />

utili, in tal modo, anche alle indagini sulla datazione.<br />

Una prossima analisi che ho programmato d’effettuare mediante<br />

DNPA riguarda campioni di tessuti di lino di varie epoche<br />

immersi in acqua pesante (D 2<br />

O). I risultati stimati sono:<br />

4informazioni aggiuntive sulla struttura, mediante sostituzione<br />

isotopica nel solvente, onde rivelare nuove caratteristiche<br />

delle fibre e mostrare meglio la presenza di<br />

regioni con bassa e alta densità di materiale<br />

4individuazione dei sistemi di nanopori non visibili in H 2 O<br />

e possibile evidenziazione della tecnologia di produzione<br />

impressa nella nano e mesostruttura del materiale antico,<br />

che può essere paragonata a quella moderna<br />

4informazioni sulla geometria dei pori di dimensioni molecolari<br />

e loro distribuzioni dimensionali, individuate e<br />

analizzate in funzione dell’età<br />

4rilevamento della presenza di pori aperti e chiusi.<br />

Tra i campioni moderni in lino, è stato considerato anche<br />

quello di riproduzione del tessuto sindonico (vedasi la Figura<br />

2) , avente le seguenti caratteristiche (Vercelli 2010):<br />

4Peso: 225 grammi/m 2<br />

4Armatura: saia da 4 con effetto a “spina di pesce” composta<br />

da 40 fili in spina destrorsa e 40 in sinistrorsa, ciascuna<br />

in 11 mm circa<br />

4Ordito: 36 fili/cm<br />

4Trama: 24 fili/cm.<br />

Una prossima attività che ho programmato d’effettuare, infine,<br />

riguarda l’investigazione di campioni di tessuti di lino<br />

di varie epoche mediante tecniche radiografiche neutroniche<br />

(Rogante 2008c), e in particolare:<br />

4l’investigazione dei processi d’idratazione e deidratazione<br />

e lo studio della permeabilità di acqua e altri liquidi<br />

nei campioni considerati<br />

4l’acquisizione di nuove informazioni sulle caratteristiche<br />

morfologiche dei tessuti esaminati e per meglio comprendere<br />

lo stesso fenomeno della permeabilità, delineando<br />

anche la cinetica dell’essiccazione.<br />

Studi di bagnatura di materiali porosi rivelano, in genere,<br />

proprietà quali dimensione effettiva dei pori e bagnabilità<br />

dal liquido utilizzato. I tessuti non possono essere protetti<br />

dall’evaporazione mediante rivestimento, senza cambiamenti<br />

sostanziali delle loro proprietà; a ragione dei loro<br />

piccoli spessori, tali sistemi possono considerarsi quasi-bidimensionali<br />

e l’evaporazione del liquido di bagnatura non<br />

può essere ignorata.<br />

Studi sulla migrazione liquida idrogenata all’interno del<br />

tessuto di supporto di quello sindonico potrebbero essere<br />

utili in considerazione delle forme delle macchie nel tessuto<br />

sindonico originale. Le prime indagini sono state già compiute<br />

a livello di fattibilità mediante radiografia neutronica<br />

statica e dinamica sull’imbibizione spontanea di singole<br />

strisce di vari tessuti di dimensioni 20×130 mm disposti su<br />

telaio verticale in plexiglas, col lato piatto parallelo allo<br />

schermo del rilevatore. Il telaio è stato collocato in un contenitore<br />

d’alluminio, dal fondo riempibile con acqua onde<br />

bagnare l’estremità inferiore di ciascun campione. Il sistema<br />

è stato mantenuto a temperatura stabilizzata di 30° C.<br />

Il video radiografico durante il processo è stato registrato<br />

on-line. In Figura 3 sono rappresentati il telaio con due campioni<br />

e il dispositivo impiegato.<br />

I video riprodotti alle pagine web https://youtu.be/HQP1L-<br />

L3HxE e https://youtu.be/Ci57vyWAttY rappresentano la<br />

radiografia neutronica dinamica del processo d’imbibizione<br />

o assorbimento da parte dei due diversi tessuti di cui alla<br />

Figura 3 dell’acqua inviata al fondo del recipiente, rispettivamente<br />

in versione originale e in seguito ad opportuna<br />

elaborazione onde meglio evidenziare le parti bagnate. Anche<br />

se il Telo sindonico è attualmente tenuto in condizioni<br />

d’umidità e temperatura controllate, l’attività considerata<br />

potrebbe fornire un contributo allo studio in generale delle<br />

problematiche inerenti la conservazione e la preservazione:<br />

per meglio comprendere quanto verificatosi durante i<br />

periodi di conservazione passati (ad es., nello studio della<br />

cinetica delle gore d’acqua visibili sul Telo), e per valutare<br />

la possibile incidenza d’eventuali circostanze impreviste in<br />

particolare legate all’umidità (Rogante <strong>2017</strong>).<br />

CONCLUSIONI<br />

Dagli inizi del secolo scorso, in qualche modo, la questione<br />

dell’autenticità della Sindone è quasi diventata una forma<br />

di ossessione, e si è rischiato di perdere il senso reale e il<br />

significato della Sindone e di quell’immagine, soffocandoli<br />

sotto il problema dell’autenticità: quindi, uscendo completamente<br />

fuori dal giusto approccio scientifico e dal sano<br />

rapporto tra scienza e fede, oggetto della Pastorale nei confronti<br />

della Sindone che a partire dal 1996 ha portato all’allestimento<br />

delle varie ostensioni che ci sono state in questi<br />

anni. Qualunque siano i giudizi da parte della scienza, e al<br />

di là dell’epoca cui possa risalire, la Sindone è sicuramente<br />

un importante punto d’incontro: essa è l’immagine della<br />

sofferenza e del supplizio, e rappresenta un grande motivo<br />

di riflessione.<br />

RINGRAZIAMENTI<br />

L’autore ringrazia il Prof. Gian Maria Zaccone, Direttore del<br />

Centro Internazionale di Sindonologia, e il Prof. Paolo Di<br />

Lazzaro per utili discussioni.<br />

Abstract<br />

In this article, after a historiographical introduction, a state of the art concerning<br />

the analysis of the Turin Shroud is represented, with an exposition of the main<br />

results obtained in recent decades by scientific research on the Shroud and its<br />

image.<br />

The studies and experiments conducted by the author are therefore briefly described,<br />

employing neutron techniques for the analysis of new and old linen fibers<br />

and considering these techniques for a potential investigation of the Shroud. The<br />

activity is aimed at providing useful and suitable information to be included in<br />

the complex mosaic of data to understand the mystery of the Shroud.<br />

Parole chiave<br />

Sindone di Torino; Tecniche neutroniche; Nanoscala<br />

Autore<br />

Massimo Rogante<br />

main@roganteengineering.it<br />

Studio d'Ingegneria Rogante<br />

www.roganteengineering.it<br />

10 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 11<br />

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GUEST PAPER<br />

The city hall of Camposanto<br />

and the conservation of its<br />

decorative concrete finishing<br />

by Alessandra Alvisi,<br />

Gian Carlo Grillini<br />

From the direct<br />

observation and the<br />

instrumental analysis to<br />

the restoration project<br />

of the monument: the<br />

design path through the<br />

knowledge of an interesting<br />

example of XX century<br />

architecture, towards the<br />

elaboration and realization<br />

of conservation works<br />

Fig. 1 - The main front of Camposanto city hall before the restoration works (photo Boschetti 2010).<br />

The shared guidelines in conservation consider the survey<br />

as a pre-diagnosis phase and an important tool for<br />

the knowledge of historical building material consistency<br />

and state of conservation. Next to the interpretation<br />

of historical documents, the direct observation of the monument<br />

plays an important role: entering the building, touching<br />

its materials, examining its architectural forms, decorations<br />

and colours consistently and from different points<br />

of view, constitute the best way to actually “understand”<br />

the monument and its values. A conscious survey keeps<br />

track of the building geometry and dimensions, materials<br />

and construction techniques, and highlights its structural<br />

and superficial conservation problems. When necessary, the<br />

knowledge of the monument can be deepened through instrumental<br />

investigations, to be assessed on a case by case<br />

basis in relation to the specific context, the issues arisen<br />

and the objectives defined.<br />

Direct observation and interpretation integrated with<br />

analysis, investigations and historical research lead to a<br />

comprehensive overview of the building and a complete<br />

diagnosis of its issues. These elements altogether constitute<br />

the foundation on which the conservation and restoration<br />

project will be developed.<br />

THE XX CENTURY CAMPOSANTO CITY<br />

HALL AND ITS DECORATIVE CONCRETE FINISHING<br />

The contribution aims at illustrating the role of direct<br />

observation and instrumental analysis in the conservation<br />

and restoration project of Camposanto city hall, a XX century<br />

monument hit by seismic events during the 2012 Emilia’s<br />

earthquake 1 (Fig. 1).<br />

Located in the flat countryside of Modena province, the<br />

town of Camposanto is characterized by small dimensions<br />

(a little more than 3000 inhabitants) and an urban asset organized<br />

in accordance with a regular grid. The building is<br />

situated in the southern part of the city, bounded by the<br />

irregular course of river Panaro, 200 mt away (Fig. 2). The<br />

front of the city hall is facing east, parallel to via Baracca,<br />

but rearmost. The access from the street goes through a<br />

green zone and an area paved with porphyry, a double filter<br />

that permits an outdistanced overview of the city hall.<br />

The building is organized on three main levels with simple<br />

and symmetrical floor plan and a partially accessible basement.<br />

The front, symmetrical too, is horizontally subdivided<br />

by jutting frames. The set of architectural features of the<br />

facades reminds to the first decades of last century with<br />

regular lines, horizontal rhythm of the parts and sober decorations<br />

like string courses, frames and diversified surface<br />

12 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 13<br />

finishes. One of the main typological characteristics is the<br />

finishing simulating stone, carried out with specific superficial<br />

treatments. The lower section of the facades is finished<br />

simulating travertine bugnato and is bounded above by a<br />

moulding that runs along the whole building perimeter. The<br />

upper part is characterized by plastered walls and architectural<br />

elements coated with decorative concrete.<br />

Analysing the detailed drawings of the monument original<br />

design, dated 1931 (Fig. 3), and studying pictures of the<br />

following decades, it was possible to compare the building<br />

with the situation at the time of its construction, started in<br />

1933. By this time neither structural nor decorative changes<br />

had been produced. Since 1934 (year of its completion) to<br />

date, the building has always been used as municipal hall.<br />

The single and continuous destination of use during this<br />

time is probably the reason of its conservation and absence<br />

of significant alterations.<br />

Fig. 2 - City hall localisation in the small town of Camposanto (Google Maps).<br />

ANALYSIS OF THE MATERIAL CONSISTENCY<br />

AND STUDY OF THE DECORATION<br />

The city hall is composed by masonry bearing walls: full<br />

bricks placed with lime and concrete mortar. The slabs are<br />

made of iron girders with small depressed vaults (full bricks<br />

in foglio) in the basement and girders with filler tiles in the<br />

upper floors; the roof consists of iron beams alternated with<br />

wooden joists, terracotta tiles, concrete screed and Marseille<br />

tiles. Analysing plasters and mortars through a direct<br />

and close observation, they seem to contain a significant<br />

amount of cement. The architectural and decorative elements<br />

are made with a cement grout too and are finished<br />

in order to simulate natural stone, the so-called decorative<br />

concrete (Fig.4).<br />

At the time the city hall was built, stone effect decorations<br />

were commonly used. The practice of simulating nobler materials<br />

is documented in various historical periods; an example<br />

is the simulation of natural stone in the upper parts of<br />

the facades carried out by adding pigments or aggregates<br />

to the plaster preparation. Just before the concrete casting,<br />

salt crystals were added to the shuttering to reach<br />

the pitted effect of travertine. During the hardening, the<br />

salt melted creating an alveolisation typical of natural stone<br />

with vacuolar structure. This procedure came of age at<br />

the beginning of XX century in Rome where travertine was<br />

and is still commonly used in construction. However this<br />

technique is characterized by conservation issues related to<br />

weathering, as Paolo Marconi pointed out in relation to the<br />

easy perishability of finishing with travertine effect of Palazzo<br />

di Giustizia or “Palazzaccio” in Rome (Marconi 1988).<br />

Usually cement binder turned out to be strong and lasting<br />

even in an aggressive environment like the city, characterized<br />

by acid rain and pollution. The features that improve<br />

these qualities are linked with the accuracy in casting the<br />

concrete for decorations, the particle size distribution and<br />

the restrained fluidity of the grout (Torraca & Giola 1999).<br />

The surface treatments, carried out also for the adjustment<br />

of mould-release possible flaws, could be made on both the<br />

fresh concrete and the dry one, obtained polishing with pumice<br />

stone or siliceous sandstone. In the city hall of Camposanto<br />

the alveolisation was probably carried out treating<br />

the surface with wire brushes, possibly wet with iron oxide<br />

or earthenware powder (Cerroti 2008). Also the pitted effect<br />

typical of travertine was probably obtained during the<br />

finishing rather than the casting. The master of stone simulation<br />

Giuliano Chiesi confirmed the practice of using salt<br />

dusted with iron oxides to obtain travertine alveolisation.<br />

Melting salt crystals, the following superficial wetting created<br />

very convincing vacuoles and colour dripping (Cavallini<br />

& Chimenti 2000) (Fig. 5). Finally the simulation of travertine<br />

bugnato was made with wooden plank that engraved horizontal<br />

and vertical lines on the concrete surface (Fig. 6).<br />

A more complex process has probably interested some architectural<br />

elements like the main front columns, characterised<br />

by two-toned striping. The marbling effect was reached<br />

preparing two grouts with the tone of the colours desired,<br />

spreading them in overlaid layers, cutting them into<br />

slices and putting the strips obtained one near the other on<br />

the inner core made of brick masonry (Cavallini & Chimenti<br />

2000) (Fig. 7).<br />

Fig. 3 - City hall construction project drawings (1931).


Fig. 5 -<br />

Decorative<br />

concrete<br />

finishing<br />

detail (photo<br />

Alvisi<br />

2014).<br />

Fig. 4 - Columns, frames and other architectural elements finished with<br />

decorative concrete simulating travertine (photo Alvisi 2014).<br />

PARTICLE SIZE AND MINERALOGICAL<br />

PETROGRAPHICAL ANALYSIS<br />

In order to guide the conservation works from the perspective<br />

of physical and chemical compatibility, particle size<br />

and mineralogical-petrographical analysis were carried out<br />

to know the characteristics of architectural elements made<br />

with decorative concrete 2 . Three plaster/mortar samples<br />

were collected from the shielded areas of external surfaces<br />

that had not undergone previous interventions; so the<br />

data acquired could as much as possible be trustworthy and<br />

give information about eventual superficial treatments not<br />

visible anymore in the macro-areas subject to weathering.<br />

The following analysis had been carried out on the samples:<br />

Fig. 6 - Executive technique to build embossed elements<br />

on site. Above: realization of bozzato horizontal outlines.<br />

Below: creation of single ashlars through the mould vertical<br />

sliding (drawings Cavallini & Chimenti 2000).<br />

4stereoscopic microscope examination for qualitative<br />

analysis of the aggregate and the binder to identify additives<br />

and cementing level;<br />

4acid attack micro-chemical analysis to describe the binder<br />

qualitatively;<br />

4mineralogical analysis through X-ray diffraction (XRD) on<br />

fragments of the sample “as it is” crunched in an agate<br />

mortar;<br />

4aggregate isolation through deionised water and ultrasounds<br />

disaggregation for a particle size and mineralogical<br />

analysis with stereoscopic microscope and following<br />

sieving;<br />

4particle size analysis through sieving disaggregated sample<br />

with the appropriate number of sieves placed on a<br />

mechanical vibrating device;<br />

4thin section mineralogical-petrographical analysis with<br />

polarizing microscope to study compositional, structural<br />

and textural features of the mortars.<br />

These investigations let a scientific characterisation of the<br />

preparation mortars and the superficial finishing and provided<br />

information on the techniques used to carry out architectural<br />

elements and mouldings. The decorative concrete<br />

analysis (Fig. 8) highlighted two layers of different materials:<br />

the inner one, grayish and the external one, off-white.<br />

The first is a mortar made with lime and a plentiful amount<br />

of cement. The aggregate is composed by fluvial sand with<br />

conglomerate or sandstone particle size and granules rounding;<br />

the mineral composition presents quartz, feldspar,<br />

carbonate with metamorphic fragments of mica-schist,<br />

gneiss, ophiolite, and sedimentary fragments of pelite and<br />

marl.<br />

The off-white external layer is composed by a hydraulic<br />

lime grout with sharp edged and average-thin particle sized<br />

carbonate aggregate. The fragments are obtained by the<br />

milling of sedimentary limestone rocks (artificial chippings);<br />

14 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 15<br />

Fig. 7 - Preparation of decorative concrete simulating<br />

marbles with streaks: layers stacking made with two<br />

different grouts, slices cutting, placement of the strips<br />

obtained on a greasy surface and dough compression<br />

(drawings Cavallini & Chimenti 2000).<br />

these consist of micro-crystalline and micritic<br />

limestone (like Pietra d’Istria) and biomicritic<br />

sandstone with Jurassic fossilized microfauna<br />

(as Biancone and Bianco di Verona).<br />

The information obtained from the laboratory<br />

analysis had been useful to guide, from the<br />

perspective of physical and chemical compatibility,<br />

the preparation of the restoration<br />

mortars for the lacunae integration.<br />

ASSESSMENT OF THE STATE OF CONSERVATION<br />

The visual comparison of different periods photographs<br />

confirmed that the municipal hall had not been subject to<br />

significant changes 3 . However, the architectural and decorative<br />

elements of the facades had been affected by a<br />

pauperisation due to the gradual degradation of material<br />

and finishing, primarily for the exposition to weathering<br />

that caused a chromatic alteration. The close observation<br />

of architectural surfaces, that kept UNI 11182 4 dated 2006<br />

as its points of reference, highlighted some conservation<br />

issues 5 . Two different kind of degradation forms had been<br />

identified: the first has inherent causes, connected with the<br />

characteristics of the cement component in the grout; the<br />

second has external causes, attributable to the weathering<br />

action, especially rain, freezing/thaw, wind and pollution.<br />

The latter kind appeared on the facades with difference<br />

intensity according to the surfaces orientation and location,<br />

protected or exposed to the direct action of weathering.<br />

The degradation forms had been classified depending on the<br />

effects produced; the evaluation was based on visual and<br />

sound inspections, with the aid of optical instruments and<br />

percussion on alleged swellings.<br />

Providing a synthesis of what was detected, the degradation<br />

forms identified can be gathered in three typologies (Fig. 9):<br />

4material deposit: incoherent, cohesive, biological (moss<br />

and lichens), scaling and inappropriate anthropic addition;<br />

4material removal: finishing pulverisation, run-off, erosion,<br />

lacunae development and lack of whole architectural<br />

or decorative elements;<br />

4irreversible shape alteration: superficial and deep cracking,<br />

break in continuity, paint layers or decorative concrete<br />

swelling, detachment of material layers from each<br />

other or from the wall, shelling and iron oxidation.<br />

Fig. 8 - 1. Decorative concrete<br />

plaster/mortar sampling<br />

(sample n. 2); 2. sample stratigraphy:<br />

grayish inner layer<br />

(below) and off-white external<br />

layer (above); 3. grayish<br />

layer: sandy-conglomerate<br />

aggregate separated from the<br />

binder; 4. off-white layer:<br />

micro-chipping aggregate<br />

separated from the binder; 5.<br />

grayish layer: crossed nicols<br />

thin section (4x); 6. off-white<br />

layer: parallel nicols thin<br />

section (4x); 7. grayish layer:<br />

diffractogram (C = calcite,<br />

Q = quartz, F = feldspar, D<br />

= dolomite, M = mica, Se =<br />

serpentine, Cl = chlorite, A =<br />

afwillite); 8. off-white layer:<br />

diffractogram (C = calcite, Q<br />

= quartz).


Fig. 9 - Summary<br />

of the degradation<br />

forms observed on<br />

the city hall facades:<br />

1. superficial deposit;<br />

2. biological<br />

coating; 3. scaling;<br />

4. pulverisation; 5.<br />

run-off; 6. superficial<br />

cracking; 7-8.<br />

deep cracking; 9.<br />

swelling; 10. detachment;<br />

11. paint<br />

layer detachment;<br />

12. lacuna; 13.<br />

whole element lack;<br />

14. iron oxidation;<br />

15. inappropriate<br />

anthropic addition<br />

(photo Alvisi 2014).<br />

ELABORATION OF THE RESTORATION PROJECT<br />

On the basis of the interpretation of analysis outcomes,<br />

the city hall facades had been considered subject both to<br />

physiological degradation of materials exposed to time and<br />

weathering and to the lack of maintenance. The goal established<br />

consisted of treating the issues observed but also<br />

removing to the root the causes identified, where possible.<br />

Preceded by appropriate tests done on sampling areas for<br />

the calibration of executive parameters, the works carried<br />

out on the municipal hall facades are here summarised (Fig.<br />

10).<br />

1) preliminary operations:<br />

4verifying elements stability and plaster adherence to the<br />

wall through knocking on the surface; following manual<br />

removal or attachment of the detaching parts with provisional<br />

work, temporary sealing, prop or bandage as appropriate;<br />

4verifying rainwater outflow efficiency and replacement of<br />

the damaged elements in order to prevent water leak and<br />

percolation on the surfaces;<br />

4doors and windows protection before cleaning;<br />

4superficial and deep cracking: grouting with a low saline<br />

hydraulic mortar prepared on site on the basis of laboratory<br />

tests results and coloured with the addition of organic<br />

and chemically stable pigments; application in layers<br />

where necessary and, after the first hardening, sponging<br />

with deionised water and sea sponge in order to expose<br />

the aggregate; sealing kept at the same level of the surface<br />

to facilitate the water outflow;<br />

4detachment and shelling: attachment of the parts in risk<br />

of falling with stainless steel or fiberglass pins or annealed<br />

steel strings in relation to the element size;<br />

4iron oxidation: cleaning, application of rust restraint<br />

agent and reconstruction of the lacking part;<br />

Fig. 10 - Extract of the restoration project<br />

drawings (final proposal) with identification<br />

of the degradation forms on the facades<br />

and indication of the corresponding<br />

restoration work planned (codes) (project<br />

drawing Alvisi 2014).<br />

2) cleaning: operation carried out by respecting surfaces and<br />

patina of time, removing only what is damaging to the building<br />

conservation:<br />

4incoherent deposits: dry removal with soft natural bristles<br />

brushes and vacuums;<br />

4coherent deposits and scaling: removal with sponge and<br />

water;<br />

4biological coating, moss and lichens: appropriate biocide<br />

application limited to the attacked area and following accurate<br />

surface washing with low-pressure deionised water;<br />

4inappropriate anthropic addition: removal with caution to<br />

avoid damaging the surface;<br />

3) consolidation and integration:<br />

16 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 17<br />

4lacunae: integration with hydraulic mortar (same composition<br />

of the mortar described for the cracking) with<br />

aggregates characterised by particle size decreasing from<br />

the deeper to the more superficial layers. Verifying the<br />

new mortar-existing surface compatibility, to avoid the<br />

cracking and detachment of the new material because of<br />

the diversified reduction. A number of attempts on site<br />

led to the desired superficial effect, similar to the original<br />

one for colour and texture. The following stratigraphy<br />

had been applied (from the inside out): hydraulic mortar<br />

made with lime and eco-pozzolana; hydraulic mortar containing<br />

sand and brick shards: lime and marble powder<br />

bedding (2 parts of lime, 1 part of sand, 1 part of white<br />

marble and 1 part of yellow marble); superficial finishing<br />

with white marble 6 ;<br />

4lack of whole elements: application of rust restraint<br />

agent, first layer of mortar with a composition such as<br />

to give structure to the element, second layer of lime<br />

mortar and the same finishing described for lacunae. This<br />

procedure had been carried out for the reconstruction of<br />

original geometries with at least 3-4 cm of thickness;<br />

CONCLUSIONS<br />

The works on Camposanto city hall have been carried out<br />

in spring 2016 (Fig. 11). The direct observation of the monument<br />

and the interpretation of its values highlighted the<br />

significant role of its decorative concrete finishing. The implementation<br />

of instrumental analysis, accurately chosen<br />

due to the information needed about materials and compositions,<br />

completed the information-gathering studies,<br />

providing the basis for the elaboration of a conscious and<br />

coherent conservation project. Therefore this experience<br />

shows an interesting example of XX century architecture<br />

restoration, a topic not yet systematically studied and for<br />

which accepted methodologies are neither widely shared<br />

nor consistently adopted.<br />

4) protection: superficial treatment based on siloxanes, water<br />

resistant and colourless.<br />

Fig. 11 - The main front of Camposanto city hall after the restoration works<br />

(photo Alvisi 2016).<br />

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Abstract<br />

The contribution intends to illustrate the design path towards the elaboration<br />

and realization of conservation works on the facades of Camposanto city hall<br />

(Modena province, Italy). Built in 1933, the municipal hall is characterized by<br />

simple and regular lines, horizontal rhythm of the parts and sober decorations.<br />

The building is enriched by a decorative concrete finishing that simulates travertine.<br />

In the context of the interventions planned after 2012 Emilia’s earthquake,<br />

seismic improvement, energetic efficiency and facades restoration works were<br />

carried out. The latter needed an in-depth analysis of the material used to understand<br />

its characteristics and forms of degradation and to propose an accurate<br />

calibration of conservation solutions.<br />

Note<br />

1 Camposanto city hall was lightly damaged by the earthquake of May 20 th -<br />

29 th , 2012. The year after, a seismic improvement and restoration project<br />

started. Furthermore it provided energetic efficiency and architectural<br />

barrier removing works. The intervention was carried out between 2015<br />

and 2016. Architectural designer and works director: arch. Alessandra<br />

Alvisi; structural designer and works director: eng. Giancarlo Boschetti;<br />

contractor: Edil Borgonovi.<br />

2 The analysis were carried out by the geologist dott. Gian Carlo Grillini,<br />

after the monument survey and the sampling for laboratory tests (October<br />

2015).<br />

3 It is reported the recent construction of a wheelchair ramp on the main<br />

front of the building.<br />

4 This is the update of Raccomandazioni Normal, especially of the document<br />

Normal 1/88 - Alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei: lessico.<br />

5 Here the aspects closely related to architecture and surfaces are analysed.<br />

During the diagnosis they have been put in relation with the structural<br />

issues so as to elaborate, in the following design phase, coherent choices.<br />

Indeed surfaces restoration and structural consolidation are parts of the<br />

same discipline.<br />

6 Although called on site “marble powder”, actually it is milled limestone.<br />

Parole chiave<br />

Camposanto, decorative concrete, simulated travertine, direct analysis,<br />

particle size analysis, mineralogical-petrographical analysis, conservation,<br />

restoration<br />

Autore<br />

Alessandra Alvisi<br />

alealvisi@gmail.com<br />

Architect, historic building conservation specialist<br />

Sapienza Università di Roma<br />

Gian Carlo Grillini<br />

giancarlo.grillini@unife.it<br />

Geologist, specialist of geomaterials and cultural heritage diagnostics,<br />

Adjunct professor at Alma Mater Studiorum-Università di Bologna, Università degli<br />

Studi di Ferrara and Accademia di Belle Arti di Bologna


RESTAURO<br />

La Fontana della Piazza di Castel Gandolfo<br />

Progetto di salvaguardia e recupero del valore artistico originario della Fontana berniniana<br />

di Atonino Tinè, Elisabetta Cicerchia, Mario Caporale<br />

Questo articolo delinea le attività intraprese<br />

dagli esperti del Rotary Club Roma Castelli<br />

Romani volte a salvaguardare e recuperare<br />

il valore artistico originario della Fontana<br />

di Piazza Castel Gandolfo. Utilizzando le<br />

moderne tecniche di scansione 3D una<br />

prima fase ha visto l'analisi della fontana<br />

per comprendere meglio le ragioni di<br />

decadimento della pietra e per ricostruire i<br />

profili del bordo per una successiva fase di<br />

restauro. Saranno prese in considerazione<br />

nuove e promettenti tecniche di restauro.<br />

Fig. 1 – Fontana attribuita a Bernini, Piazza della libertà (Castel Gandolfo).<br />

La fontana di Piazza della Libertà a Castel Gandolfo è<br />

un’opera di pregevole fattura costruita molto probabilmente<br />

assieme all’antico castello; la fontana, attribuita<br />

al Bernini, adorna da circa quattro secoli la piazza<br />

centrale di Castel Gandolfo che, malgrado un primo intervento<br />

del 1929 ed il recente restauro conservativo del 1992,<br />

mostra tutti i segni della sua età. E’ notorio che Gian Lorenzo<br />

Bernini è il più importante sculture del Barocco, lo<br />

scultore a cui si attribuisce la realizzazione della fontana.<br />

Quando ci fu la sistemazione della piazza, Bernini si occupò<br />

della fontana non tanto nel disegno della struttura formale,<br />

ma perché si fece carico al tempo di Papa Alessandro VII<br />

(1599 – 1667), di tutti i lavori che riguardarono Castel Gandolfo.<br />

Bernini, in qualità di architetto della Reverenda Camera<br />

Apostolica, progettò e diresse i lavori per la costruzione<br />

della chiesa di San Tommaso da Villanova (1658-61), sul<br />

lato settentrionale della piazza. In quell’occasione il Bernini<br />

spostò la fontana portandola in una posizione più centrale<br />

anche per migliorare la scarsa pressione delle acque provenienti<br />

dall’acquedotto del Malaffitto che alimentava la zona<br />

di Castel Gandolfo.<br />

La fontana in realtà ha un disegno “dellaportiano” di matrice<br />

cinquecentesca, cioè una grande vasca con una morfologia<br />

mistilinea, con uno stelo centrale, una balaustra<br />

centrale con sopra una coppa da dove fuoriesce l’acqua che<br />

scende giù nella vasca con un effetto sicuramente piacevole.<br />

Si ritiene che dietro la progettazione ci sia un’idea<br />

di Carlo Maderno, poi portata a compimento subito dopo,<br />

infatti sono stati trovati dei pagamenti per la fontana, a<br />

favore di uno scalpellino, un certo Clemente Volpe nel 1630<br />

per 110 scudi, quindi proprio nel periodo in cui si stava lavorando<br />

al Palazzo Apostolico.<br />

Ma osservando attentamente l’intera opera troviamo un<br />

altro elemento molto interessante: nella balaustra della<br />

fontana ci sono dei Serafini e sono presenti gli stemmi di<br />

Benedetto XIV e del Cardinal Colonna. Questo Cardinale era<br />

Girolamo Colonna Junior (1604-1666), il cameriere segreto<br />

del Papa e Prefetto dei Palazzi Apostolici, quindi la persona<br />

che seguiva i lavori di tutte le fabbriche pontificie che facevano<br />

capo al Santo Padre. Infine tutto il complesso della<br />

fontana fu poi restaurato intorno al 1745 sotto la direzione<br />

dell’architetto Ferdinando Fuga.<br />

La fontana è riportata nella forma attuale nella medaglia coniata<br />

per il XV anno di pontificato di Papa Urbano VIII (1637-<br />

1638) con il prospetto della piazza sullo sfondo del palazzo<br />

pontificio e la scritta “suburbano recessu constructo”.<br />

IL PROGETTO DEL ROTARY CLUB ROMA CASTELLI ROMANI<br />

Il progetto del Rotary Club Roma Castelli Romani si caratterizza<br />

per i seguenti aspetti salienti:<br />

1. Salvaguardia e recupero del valore storico artistico originario<br />

dell’opera di Carlo Maderno<br />

(1623), risistemata nella posizione attuale da Gian Lorenzo<br />

Bernini (1660) e rivisitata dall’arch. F. Fuga nel<br />

1745: in particolare si sottolinea che l’ultimo intervento<br />

di risistemazione della pavimentazione della piazza ha<br />

mutilato il bene architettonico della base su cui lo stesso<br />

si ergeva; inoltre è stata significativamente modificata<br />

la protezione al monumento (paracarri e balaustra) che,<br />

seppur accennata in una incisione del 1660 (Fadda), attualmente<br />

è stata reinserita con volumi significativamente<br />

maggiori rispetto alla situazione originaria.<br />

18 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 19<br />

2. Individuazione delle cause primarie del decadimento della<br />

struttura lapidea e relativa mitigazione degli effetti:<br />

il fatto che Castel Gandolfo goda di una posizione particolarmente<br />

amena tale da divenire meta papale per sottrarsi<br />

alla calura romana durante il periodo estivo, non<br />

esclude che in inverno la temperatura ambientale possa<br />

scendere a valori tali da consentire il congelamento<br />

dell’acqua. La struttura impiantistica dell’alimentazione<br />

idrica, come pure il percorso di scarico dell’acqua (che<br />

alimenta in cascata altre fontane all’interno dei giardini<br />

vaticani) hanno di fatto impedito la messa in atto di<br />

procedure per arrestare l’alimentazione idrica e lo svuotamento<br />

della fontana nel periodo in cui la temperatura<br />

esterna determina il congelamento dell’acqua.<br />

3. Eliminazione delle sovrastrutture che nel tempo si sono<br />

aggiunte: si fa riferimento alla copertura del vaso superiore<br />

con una sorta di “lanterna” in vetro e piombo e dei<br />

ferri di supportazione delle brocche per l’attingimento<br />

idrico diretto dalle cannelle della fontana.<br />

Il progetto elaborato inoltre si caratterizza in due fasi<br />

conseguenti l’una all’altra:<br />

4 La Prima fase prevede i lavori per rimettere in evidenza<br />

la base della fontana, la modifica impiantistica<br />

all’alimentazione e allo scarico idrico e l’eliminazione<br />

di tutte le “sovrastrutture” che nel tempo si sono<br />

sommate. Una quota significativa dell’intervento riguarda<br />

il restauro vero e proprio del materiale lapideo<br />

della fontana stessa e che metterà in tutta evidenza il<br />

degrado, anzi la distruzione, di buona parte del bordo<br />

della fontana stessa.<br />

4È qui che nasce quella che abbiamo definito Seconda<br />

fase: il reintegro del materiale mancante con travertino<br />

che, seppur ricostruito con tecniche e metodologie<br />

digitali attuali, reintegrerà il materiale consumato<br />

(ghiaccio e conseguenti flore insediate) nonché dai<br />

comportamenti antropici non sempre rispettosi del<br />

bene monumentale.<br />

Il progetto prevede le due fasi in un “Unicum” e prevede<br />

di sviluppare le parti mancanti solo dopo aver effettuato<br />

la pulizia, il restauro ed il consolidamento dei<br />

bordi esistenti: ciò consentirà di costruire le porzioni di<br />

bordo mancanti al meglio dell’adattamento all’esistente<br />

con il minimo di materiale per la giunzione.<br />

LA PROPOSTA INNOVATIVA PER IL RESTAURO DEL BORDO<br />

Il Bordo superiore della vasca principale è praticamente distrutto<br />

per oltre 1l 60 % nella parte superiore ed esterna. È<br />

difficile ipotizzare quale fosse il profilo originario.<br />

Fig. 2 - Dettaglio balaustra della fontana.<br />

ne della stessa epoca ed in particolare con quella del<br />

Maderno (originariamente per Piazza Scossacavalli, poi<br />

smontata e trasferita nella piazza di Sant’Andrea della<br />

Valle), praticamente a lunetta.<br />

IL DEGRADO DEI MATERIALI<br />

Il travertino, per sua costituzione è un materiale poroso e<br />

ricco di cavità ed interstizi che, se non opportunamente<br />

stuccati e sigillati, diventano fatalmente micro serbatoi di<br />

umidità/acqua liquida.<br />

Finché la temperatura ambientale si mantiene sopra lo “0”<br />

termico le sacche di acqua possono costituire un substrato<br />

per la formazione di flora batteria, muschi e/o licheni.<br />

Quando la temperatura scende sotto lo “0” termico queste<br />

cavità in cui si forma ghiaccio sono sottoposte a spinte di<br />

notevole pressione (per effetto dell’aumentato volume del<br />

ghiaccio) che disgregano prima e frantumano dopo il materiale<br />

stesso.<br />

L’azione combinata del ghiaccio (soltanto alcune giornate<br />

invernali) e dello stato umido del materiale non stuccato (e<br />

È da considerare comunque che:<br />

4 Appaiono evidenti i materiali non originali (verosimilmente<br />

malte cementizie) posti in opera nei precedenti<br />

interventi di manutenzione di cui, comunque, non si ha<br />

traccia<br />

4 La discontinuità con il materiale sottostante “facilita”<br />

la lettura del degrado attuale<br />

4 la quota in alzata che dovrebbe essere superiore di 3 - 5<br />

mm alla quota della staffa di ancoraggio fra l’elemento<br />

angolare e l’elemento circolare.<br />

4 Il residuo di profilo leggibile può indicare l’entità<br />

dell’aggetto dell’intero coronamento: il suo profilo potrebbe<br />

essere desunto dal confronto con altre fonta-<br />

Fig. 3 – Dettaglio dello stato di degrado del bordo.


Fig. 4 - Intemperie a cui è esposta la fontana.<br />

quindi assorbente) ha comportato e comporterà, in assenza<br />

di idonei provvedimenti, il rinnovarsi dello stato di degrado<br />

attuale.<br />

Il flusso dell’acqua nella fontana deve essere interrotto:<br />

4 Quando la temperatura ambientale si avvicina allo “0”<br />

termico<br />

4 Quando il vento sui getti laterali è di intensità tale da<br />

deviarne il percorso dall’interno della vasca al bordo<br />

Le cause che hanno determinato la situazione di degrado<br />

attuale:<br />

4Il comportamento antropico: l’attingimento di acqua alla<br />

fontana per usi domestici effettuato tramite brocche metalliche,<br />

ha sicuramente contribuito in maniera significativa<br />

ad abradere prima e a sgretolare dopo il materiale<br />

lapideo che, in quanto travertino, di suo non ha un elevato<br />

grado di durezza: anche l’inserimento dei ferri porta<br />

brocche, se da un lato può aver ridotto i trascinamenti<br />

delle stesse sul bordo, dall’altro, con le dilatazioni termiche<br />

indotte dalla differenza di temperatura fra i cicli<br />

stagionali ha contribuito a sgretolare i bordi nelle aree<br />

contigue al relativo inserimento<br />

4La struttura impiantistica del ciclo delle acque: ancora<br />

oggi l’approvvigionamento idrico della fontana avviene<br />

tramite l’acquedotto del Malaffitto gestito da un Consorzio<br />

cui aderisce, il Comune di Castel Gandolfo: le acque<br />

che zampillano in vasca, escono dal troppo pieno ed alimentano,<br />

in cascata, altre due fontane poste all’interno<br />

delle Ville Pontificie.<br />

4Tutta la rete idraulica non è in pressione e la portata è garantita<br />

dalla pendenza motrice dell’acquedotto. La por-<br />

tata dei quattro ugelli è di circa 100 - 110 litri al minuto.<br />

La regolazione della stessa è condizionata dall’equilibrio<br />

di tutto il sistema e qualunque manovra, tesa ad aumentare<br />

o ridurre la suddetta portata, provoca variazioni<br />

nell’equilibrio esistente a monte e a valle.<br />

4L’escursione meteorologica: malgrado le condizioni ambientali<br />

siano tali da fare eleggere Castel Gandolfo a sede<br />

amena in grado di ospitare i Papi sottraendoli all’afa romana<br />

nel periodo estivo, l’escursione termica invernale<br />

porta, seppur per pochi giorni in inverno, a temperature<br />

al di sotto dello zero termico: in queste condizioni le acque<br />

che zampillano e che, magari, gocciolano per rimbalzo<br />

sui bordi della fontana, inevitabilmente congelano.<br />

Questa situazione dura pochi giorni all’anno che, però,<br />

sono sufficienti a creare una situazione distruttiva di primaria<br />

importanza. Il congelamento dell’acqua all’interno<br />

delle cavità porose del travertino, con il suo aumento di<br />

volume, esercita pressioni di entità tale da provocare la<br />

disgregazione meccanica del travertino; il successivo infiltrarsi<br />

in tali cavità di muschi e licheni peggiora ulteriormente<br />

la già grave situazione derivata dal congelamento.<br />

IL RESTAURO DEL BORDO<br />

Le ipotesi di base possono essere così identificate:<br />

4Reintegrare le parti mancanti del bordo con materiale lapideo<br />

compatibile con quello originario (travertino di Tivoli)<br />

scelto in funzione della tessitura riscontrata sul monumento<br />

dopo le operazioni di pulizia e consolidamento.<br />

4In alternativa utilizzare stucchi e malte per ripristinare il<br />

profilo originario distrutto (soluzione sottoposta ad invecchiamento<br />

e a modifiche coloristiche nel tempo).<br />

4Limitare l’intervento alla sola pulizia, consolidamento e<br />

stuccatura essenziale.<br />

REINTEGRO CON MATERIALE LAPIDEO<br />

La metodologia di rilievo della situazione esistente prevede<br />

l’impiego del rilievo 3d per effettuare una analisi preliminare<br />

delle parti mancanti da realizzare per effettuare il<br />

reintegro al profilo originario. La restituzione della nuvola<br />

di punti in modello solido costituirà il modello digitale della<br />

situazione attuale che potrà confrontarsi con l’analogo modello<br />

“teorico” rappresentante il modello nella sua caratterizzazione<br />

originaria.<br />

Essendo nella fattispecie un monumento simmetrico rispetto<br />

all’asse verticale centrale con quattro facce praticamente<br />

identiche la ricostruzione del modello “teorico” appare<br />

semplice in quanto agevolata dalla presenza attuale di porzioni<br />

non degradate.<br />

Il confronto fra i due modelli evidenzierà, per semplice<br />

sottrazione, tutte le parti del monumento che attualmen-<br />

Fig. 5 - Somma<br />

delle 20 “nuvole<br />

di punti”.<br />

Fig. 6 - Rappresentazione spaziale della superficie rilevata con i colori<br />

propri e “neutra.<br />

20 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 21<br />

Fig. 8 - Rilievo del bordo mancate – Superficie esterna (da modello originario)<br />

e Superficie interna complementare alla superficie rilevata.<br />

Fig. 7 - Nuvola punti da rilievo con Laser Scanner 3D.<br />

te “mancano” (in termini digitali si tratta di effettuare<br />

una sottrazione booleana). Le parti che “mancano”, che<br />

si riferiscono pertanto all’intero monumento e non solo al<br />

bordo, sono riconducibili a tre categorie di base<br />

4Carenze significative per estensione e spessore (orientativamente<br />

la dimensione minima sui tre assi superiore<br />

ai 20 millimetri riproducibili con tecnologia Cam/Cnc<br />

(Computer Numeric Control).<br />

4Carenze superficiali di spessore contenuto (“gusci”) che<br />

possono essere reintegrati da una semplice stuccatura<br />

con materiali idonei a base inorganica da effettuarsi<br />

manualmente sul posto<br />

4Carenze contenute per dimensioni sui tre assi ma volumetricamente<br />

ridotte riproducibili da personale esperto<br />

e direttamente adattabili sul posto<br />

La riproduzione delle parti mancanti, riferite alle carenze<br />

significative, sarà eseguita impiegando la tecnologia CAM<br />

(Computer Aided Manufacturing): sarà impiegata una macchina<br />

a controllo numerico digitale in grado di muovere<br />

l’utensile modellatore più appropriato (per dimensioni e<br />

caratteristiche) secondo i tre assi principali e gli assi secondari<br />

e terziari associati, che, controllata ed azionata<br />

dal programma associato, raggiunge tutti i punti della superficie<br />

da realizzare. Il programma in oggetto prende a<br />

riferimento il modello cad del pezzo da ricostruire.<br />

La riproduzione del pezzo da montare effettivamente potrà<br />

essere eseguita solo dopo aver effettuato la pulizia ed<br />

il consolidamento della parte esistente: dopo questa operazione<br />

sarà possibile, tramite un nuovo rilievo 3d limitato<br />

alle superfici interessate, avere i riferimenti certi della<br />

superficie di contatto fra pezzo nuovo ricostruito e materiale<br />

di base originario. In questa fase di ricostruzione il<br />

sistema Cad/Cam terrà in debito conto lo spessore dello<br />

strato di materiale legante che sarà frapposto fra le parti.<br />

VALUTAZIONI DELLA SOVRINTENDENZA<br />

In merito al progetto viene sostanzialmente confermata la<br />

condivisione del Ministero su quanto proposto e, allo stesso<br />

tempo, viene sottolineata l’attenzione che un intervento<br />

di questo tipo merita per il valore artistico, simbolico e<br />

storico che la fontana rappresenta.<br />

In virtù di ciò viene preannunciata una stretta supervisione<br />

a tutte le lavorazioni previste nella prima fase di intervento,<br />

quali gli aspetti impiantistici, la rimozione degli<br />

elementi incoerenti presenti ad oggi nella fontana, e la<br />

prima importante fase di intervento di restauro che è la<br />

pulitura dell’elemento architettonico.<br />

Sarà l’esito di questa prima fase ad indicare la strada per<br />

il vero e proprio intervento di restauro, quando sarà possi-<br />

Fig. 9 - Risultato finale dopo reintegro (con i bordi ricostruiti) e restauro.<br />

bile effettivamente valutare la proporzione tra le mancanze<br />

e la parte esistente e di conseguenza optare per una conservazione<br />

dello status quo o per una eventuale reintegrazione.<br />

Questa seconda ipotesi poi, sarà valutata, secondo<br />

le due proposte inviate, in base all’esito di prove di piccole<br />

porzioni di restauro.<br />

Bibliografia<br />

MIBACT (1992), Le fontane del Lazio, Ed Fratelli Palombi Editori<br />

G. Nisio (2003), Dalla leggendaria Alba Longa a Castel Gandolfo, Ed. Il Vecchio<br />

Focolare Editore<br />

IX Comunità Montana (1998), I Monumenti dell'acqua - Archeologia e continuità<br />

storica delle ri-sorse idriche aniensi, Delta Grafica di Città di Castello<br />

L. M. Pagnanelli (2010), Castel Gandolfo in cartolina, Tipografia Santa Lucia a<br />

Marino per BCC Ca-stelli Romani<br />

Abstract<br />

This article sketches the activities undertaken by the experts of the Rotary Club<br />

Roma Castelli Roma-ni aimed at safeguard and recuperate the original artistic<br />

value of the Fountain of Piazza Castel gan-dolfo. Utilizing modern 3D scanning<br />

techniques a first phase have seen the analysis of the fountain in order to better<br />

understand the decay reasons of the stone and in order to reconstruct the border<br />

pro-files for a subsequent phase of restauration. New promising techniques of<br />

restauration will be consid-ered.<br />

Parole chiave<br />

Restauro; scanner 3D; CAM/CNC; materiali lapidei; fontana<br />

Autore<br />

Ing. Atonino Tinè<br />

Antonino.Tine@gmail.com<br />

Arch. Elisabetta Cicerchia<br />

elta.c@alice.it<br />

Ing. Mario Caporale<br />

mario.caporale68@gmail.com<br />

Rotary Club Roma Castel Gandolfo


AGORÀ<br />

Alla ricerca dell'architettura barocca<br />

- Come è possibile esplorare<br />

la complessità del Barocco da diversi<br />

punti di vista? Il Barocco è uno stile<br />

noto per la ricchezza di dettagli<br />

e che si presta a molteplici interpretazioni.<br />

Ancora oggi, le logiche<br />

progettuali di alcuni capolavori architettonici<br />

barocchi sono ricche di<br />

segreti tutti da scoprire.<br />

Andrew Saunders, Professore Associato<br />

di Architettura all’Università<br />

della Pennsylvania, ha voluto aff<br />

ontare questa sfi con occhi nuovi<br />

e ha puntato sulla tecnologia più<br />

avanzata per ottenere una rappresentazione<br />

digitale dettagliata di<br />

alcuni capolavori dell’architettura<br />

barocca, partendo da alcune delle<br />

più significative strutture religiose<br />

presenti in Italia. Per raggiungere il<br />

suo obiettivo, il professor Saunders<br />

si è trasferito per sei settimane in<br />

Italia e, armato di un Laser Scanner<br />

CAM2 Focus X130, è andato a caccia<br />

di architetture barocche da poter<br />

studiare nella loro interezza sin nei<br />

minimi dettagli.<br />

Come spiega lo stesso professor<br />

Saunders, “la tecnologia della scansione<br />

laser mi ha permesso di realizzare<br />

con successo qualcosa di mai<br />

tentato prima: un archivio di modelli<br />

tridimensionali completi ad altissima<br />

risoluzione e accuratezza, che<br />

permetteranno a ricercatori e studenti<br />

di tutto il mondo di studiare e<br />

interpretare le diverse topologie di<br />

questo stile architettonico così aff e<br />

e complesso”.<br />

Saunders ha trascorso quattro settimane<br />

a Roma e due settimane<br />

in Piemonte, località scelte per la<br />

ricchezza di esempi che testimoniano<br />

la vivace evoluzione stilistica<br />

dal primo e alto Barocco fi al tardo<br />

Barocco. Il Laser Scanner CAM2 Focus<br />

X130 fornito da CAM2 è stato il<br />

suo fedele compagno di viaggio, instancabile,<br />

discreto e, soprattutto,<br />

leggero e compatto, tanto da poter<br />

essere trasportato in un comune zainetto.<br />

Racconta Saunders: “Non avevo mai<br />

usato uno scanner laser prima di affrontare<br />

questo progetto. Dopo due<br />

settimane di formazione a cui ho partecipato<br />

nella sede centrale di CAM2<br />

sono partito per l’Italia e l’utilizzo<br />

dello strumento si è rivelato così<br />

semplice ed efficace da avermi permesso<br />

di effettuare molte più scansioni<br />

di quante mi fossi immaginato<br />

prima di partire. Paradossalmente,<br />

la difficoltà maggiore dell’intero<br />

progetto è stata quella di ottenere<br />

i necessari permessi per accedere<br />

agli edifici religiosi monumentali. Al<br />

contrario, le attività di scansione laser<br />

degli interni delle chiese si sono<br />

rilevate molto più rapide di quanto<br />

mi aspettassi. Nel giro di qualche<br />

ora sono sempre riuscito a terminare<br />

l’acquisizione dettagliata degli ambienti<br />

interni delle chiese, pur lavorando<br />

da solo, e ciò mi ha permesso<br />

di recuperare ampiamente il tempo<br />

perduto inizialmente nell’organizzazione<br />

delle visite.”<br />

Grazie alla produttività e alla semplicità<br />

di utilizzo del Laser Scanner<br />

CAM2 Focus X130, nel corso del progetto<br />

sono state acquisite le informazioni<br />

complete e dettagliate su<br />

diverse strutture religiose progettate<br />

da Francesco Borromini, Bernardo<br />

Vittone, Gian Lorenzo Bernini, Pietro<br />

da Cortona, Guarino Guarini e Carlo<br />

Rainaldi. Le misurazioni dell’intera<br />

struttura delle chiese sono state effettuate<br />

con risoluzione dell’ordine<br />

dei mm, che ha permesso di ricavare<br />

modelli accurati dei più piccoli e<br />

complessi particolari delle articolate<br />

forme artistiche barocche, nonché<br />

delle imperfezioni costruttive o legate<br />

all’invecchiamento delle strutture,<br />

arrivando a identificare fin le<br />

più sottili crepe presenti nei muri.<br />

Le scansioni effetuate dal professor<br />

Saunders sono poi state trasformate<br />

in modelli digitali tridimensionali<br />

completi grazie a una laboriosa attività<br />

di post-elaborazione effettuata<br />

con tecniche di cloud computing in<br />

collaborazione con Autodesk.<br />

I modelli digitali così ottenuti sono<br />

già stati utilizzati per la riproduzione<br />

di modelli fisici con tecniche<br />

di manifattura additiva, che hanno<br />

costituito una delle principali attrazioni<br />

di una mostra organizzata<br />

a Filadelfi dedicata all’architettura<br />

barocca. Inoltre, costituiscono un<br />

prezioso patrimonio informativo per<br />

le attività didattiche dell’Università<br />

della Pennsylvania e verranno messe<br />

a disposizione della comunità mondiale<br />

di ricercatori interessati ad<br />

approfondire le tematiche legate<br />

all’architettura barocca.<br />

Quattro buoni motivi per scegliere il<br />

Laser Scanner CAM2 Focus X130<br />

1 Semplicissimo da usare anche da<br />

parte di chi non ha precedenti esperienza<br />

con la scansione laser;<br />

2 Leggero e compatto, si trasporta<br />

comodamente in uno zainetto;<br />

3 Elevatissima risoluzione che consente<br />

di effettuare rilievi dettagliatissimi<br />

anche di strutture di grandi<br />

dimensioni come le chiese;<br />

4 Emettitore laser non pericoloso e<br />

utilizzabile in piena sicurezza anche<br />

all’interno di spazi pubblici.<br />

www.faro.com<br />

22 22 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali<br />

23<br />

Scansione 3D e restauro virtuale<br />

dei manufatti in legno del sito<br />

di Poggetti Vecchi -<br />

La ricerca si è occupata della<br />

scansione tridimensionale e della<br />

ricostruzione di diversi frammenti<br />

che facevano parte di manufatti<br />

in legno di circa 171 mila anni<br />

fa, rinvenuti nel sito archeologico<br />

di Poggetti Vecchi, all’interno<br />

di un area di acque termali, in<br />

provincia di Grosseto.<br />

Il gruppo di lavoro che ha svolto<br />

l’indagine, guidato da Biancamaria<br />

Aranguren della Soprintendenza<br />

di Siena e Grosseto,<br />

comprende ricercatori del CNR,<br />

dell’Università di Trento, dell’Istituto<br />

Italiano di Preistoria e<br />

Protostoria e del PIN, un centro<br />

di ricerca di Prato specializzato<br />

nelle applicazioni informatiche<br />

all’archeologia, che ha effettuato<br />

le scansioni 3D e le successive<br />

ricostruzioni.<br />

I manufatti, a causa della conformazione<br />

del sito archeologico,<br />

erano completamente immersi<br />

nell’acqua. La rappresentazione<br />

tridimensionale degli oggetti in<br />

legno è stata ottenuta impiegando<br />

lo scanner a triangolazione<br />

NextEngine Desktop 3D scanner.<br />

A causa della particolare condizione<br />

dei frammenti in legno,<br />

completamente bagnati ed estremamente<br />

fragili, è stata eseguita<br />

una parziale asciugatura delle superfici<br />

prima di ogni sessione di<br />

scansione. Sono stati scansionati<br />

36 frammenti appartenenti a 9<br />

manufatti in legno.<br />

A seguito delle scansioni, in collaborazione<br />

con gli archeologi e<br />

i restauratori sono stati riposizionati<br />

virtualmente i frammenti<br />

in modo da ottenere una prima<br />

ricostruzione degli utensili in<br />

legno, operazione non possibile<br />

direttamente per l’estrema fragilità<br />

dei reperti.<br />

La presenza di alcune aree bruciate<br />

nei manufatti rappresenta<br />

la prima testimonianza che i<br />

Neanderthal lavoravano il legno<br />

con il fuoco. Pertanto gli oggetti<br />

rappresentano una preziosa documentazione<br />

storica delle tecniche<br />

di lavorazione del legno dei<br />

Neanderthal.<br />

I modelli 3D generati sono un<br />

potente strumento per preservare<br />

la geometria e il volume dei<br />

manufatti. Infatti, proprio per le<br />

caratteristiche specifiche del legno<br />

bagnato, la forma originaria<br />

dei singoli frammenti e, di conseguenza,<br />

l’esatta ricostruzione<br />

dei manufatti possono essere per<br />

sempre compromesse anche con<br />

un attento restauro.<br />

I risultati della ricerca, comprendenti<br />

anche numerose analisi<br />

scientifiche, sono stati pubblicati<br />

su Proceedings of the National<br />

Academy of Sciences.<br />

www.vast-lab.org<br />

Via Indipendenza, 106<br />

46028 Sermide - Mantova - Italy<br />

Phone +39.0386.62628<br />

info@geogra.it<br />

www.geogra.it


RESTAURO<br />

Analisi acustica della cattedrale di Carinola<br />

di Gino Iannace, Francesco Miraglia<br />

Scopo del presente contributo è lo studio delle caratteristiche<br />

acustiche della cattedrale di Carinola, al fine di renderla fruibile<br />

sia per il culto sia per conferenze e spettacoli musicali.<br />

Le misurazioni per analizzare i parametri acustici sono state<br />

eseguite in situ con una sorgente sonora sferica<br />

omnidirezionale sull'altare e microfoni posizionati nell'area in<br />

cui siede il pubblico. Inoltre, utilizzando un modello geometrico<br />

tridimensionale, elaborato con un software dedicato di acustica<br />

architettonica, è stato simulato il campo sonoro all'interno della<br />

chiesa, per renderla maggiormente fruibile. Questa procedura ha<br />

Fig. 1 - Le due tavole vibranti presso il<br />

Centro Ricerche ENEA Casaccia.<br />

permesso di valutare le caratteristiche acustiche dell'ambiente e<br />

di prevedere eventuali interventi di correzione acustica passiva.<br />

Fig. 1 – Carinola (CE), cattedrale, fronte, portico tripartito realizzato con spolia<br />

di strutture romane.<br />

Fig. 2 – Carinola (CE), cattedrale, interno, navata centrale, arco trionfale e sistema absidale.<br />

Di origine altomedievale, Carinola è situata nel territorio<br />

della Campania denominato in età classica ager<br />

Falernus, oggi in provincia di Caserta. Si è originata<br />

dalla coltivazione di un banco tufaceo emergente, circondato<br />

da due piccoli torrenti, Pozzano e Malerba, alla base<br />

di un’estesa fascia collinare confinata dai monti Pecoraro,<br />

Tre Croci, Massico, Petrino e Cicoli. Carinola è ben nota<br />

per le diffuse testimonianze della cultura architettonica<br />

catalana, presenti sotto forma di edilizia civile, religiosa e<br />

militare, nonché di finestre, portali e decorazioni. La dominazione<br />

aragonese, inizialmente favorita dai governanti<br />

autoctoni, ridefinì, con la realizzazione di nuovi edifici e la<br />

ristrutturazione di quelli preesistenti, la forma urbana ed i<br />

caratteri del tessuto edilizio del sito, conferendogli tratti<br />

distintivi ancora persistenti. Al volgere della suddetta dominazione,<br />

a causa dell’isolamento geografico, l’espansione<br />

di Carinola subì una fase di arresto: eccezion fatta per<br />

piccoli interventi riguardanti la riconfigurazione di alcune<br />

arterie stradali, essa conserva sostanzialmente la caratterizzazione<br />

quattrocentesca.<br />

Quella che sino al 1848 è stata la cattedrale della diocesi<br />

di Carinola (Figg. 1-2), deve il primigenio impianto a san<br />

Bernardo, vescovo di Foro Claudio (attuale frazione di Ventaroli),<br />

che trasferì la cattedra nel vicino insediamento<br />

che, in epoca altomedievale, sarebbe divenuto Carinulum.<br />

La chiesa, sulla quale è disponibile ampia letteratura, fu<br />

realizzata attigua ad un antico sacello cristiano, al quale si<br />

giungeva percorrendo uno spazio coperto posto a sud delle<br />

tre navate che componevano l’edificio sacro. All’iniziale<br />

intervento seguirono ulteriori intraprese costruttive per<br />

l’ampliamento della chiesa, nel XII secolo, per far fronte<br />

all’aumento dei fedeli.<br />

24 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 25<br />

Nel XIV secolo, durante la dominazione angioina, l’edificio<br />

sacro fu oggetto di interventi finalizzati all’ampliamento del<br />

presbiterio e alla realizzazione di un sistema absidale pentagonale,<br />

molto simile a quello della chiesa napoletana di S.<br />

Eligio Maggiore. Nei secoli successivi, la chiesa fu interessata<br />

da ulteriori interventi: la realizzazione di alcune cappelle<br />

affiancate alla navata sinistra, del pronao cinquecentesco<br />

e di un secondo campanile, sulla piazza antistante, in sostituzione<br />

dell’originario, di cui permane la base, dietro lo<br />

spazio absidale.<br />

Successivi interventi, quali la realizzazione di stucchi sulle<br />

pareti interne e l’edificazione della cappella del Santissimo,<br />

nonché il restauro della cappella di S. Bernardo (nella quale<br />

si possono ammirare ampi lacerti di un pavimento in tessellato<br />

marmoreo policromo del periodo paleocristiano con<br />

inserti di gusto cosmatesco) sono ascrivibili al XVIII secolo.<br />

DESCRITTORI ACUSTICI<br />

Sotto il profilo acustico, le chiese sono luoghi complessi,<br />

per la presenza di altari, nicchie, colonne e volte, nonché<br />

di superfici riflettenti, come intonaci, stucchi e marmi. Il<br />

parametro acustico più utilizzato per analizzarle è il tempo<br />

di riverberazione. Quando il suono è emesso da una sorgente<br />

sonora in un ambiente chiuso, è riflesso dalle superfici<br />

di confine, in modo che il suono diretto che giunge al “ricevitore”<br />

sia seguito dalle mutue riflessioni sulle pareti; le<br />

riflessioni dipendono dalla posizione relativa della sorgente<br />

e del ricevitore.<br />

Ad esempio, una riverberazione corta corrisponde ad un ambiente<br />

sordo, in cui le superfici assorbono la maggior parte<br />

dell’energia sonora incidente, come avviene in campo libero.<br />

Una riverberazione più lunga corrisponde ad un ambiente<br />

le cui superfici riflettono il suono su di esse incidente.<br />

Nelle chiese si svolgono generalmente due tipi di attività:<br />

l’enunciazione della parola (che richiede tempi di riverberazione<br />

brevi) ed il canto, accompagnato dalla musica (che<br />

richiede tempi di riverberazione lunghi). I descrittori per lo<br />

studio delle caratteristiche acustiche degli ambienti sono riportati<br />

nelle norme UNI EN ISO 3382 “Acustica - Misurazione<br />

dei parametri acustici degli ambienti”.<br />

Il descrittore maggiormente in uso è il tempo di riverberazione<br />

(RT), ossia il tempo necessario affinché, dopo l’interruzione<br />

dell’emissione sonora di una sorgente, il livello<br />

di pressione sonora nell’ambiente diminuisca almeno di 60<br />

decibel (dB). Il valore di questo parametro varia in funzione<br />

del volume della sala e dell’assorbimento acustico totale<br />

delle superfici. Variando l’assorbimento dei materiali al variare<br />

della frequenza, anche il descrittore RT va calcolato<br />

alle varie frequenze.<br />

Spesso in un ambiente non è possibile ottenere un decadimento<br />

sonoro di 60 dB, a causa della presenza di rumore<br />

antropico o per difficoltà oggettive: in queste condizioni, il<br />

decadimento del livello sonoro per la valutazione del tempo<br />

di riverberazione avviene su una diminuzione di 30 dB ed il<br />

relativo parametro è definito T 30<br />

.<br />

Altri parametri per la valutazione delle caratteristiche acustiche<br />

sono: EDT, Definizione (D 50<br />

), Chiarezza (C 80<br />

), STI e<br />

SPL.<br />

EDT (Early Decay Time): tempo impiegato perché il livello<br />

sonoro decresca da 0 a -10 dB; tiene conto del suono diretto<br />

e si avvicina alla percezione soggettiva del tempo di decadimento.<br />

Viene denominato “riverbero iniziale” o “tempo di<br />

primo decadimento” e si considera che rifletta più chiaramente<br />

il modo in cui percepiamo il riverbero in una stanza.<br />

Fig. 3 – Carinola (CE), cattedrale, valori medi dei parametri acustici misurati:<br />

EDT, RT, C80 e D50.<br />

Il tempo di primo decadimento si dimostra un parametro<br />

particolarmente sensibile alla localizzazione del microfono,<br />

in relazione alla sua distanza dalla sorgente; infatti, l’indice<br />

diminuisce con l’allontanarsi del microfono dalla sorgente e<br />

diventa un parametro significativo per confrontare diversi<br />

punti di una stessa sala.<br />

D 50<br />

: comprensione del parlato. In un ambiente in cui sono<br />

presenti un riverbero ed un rumore eccessivo, riuscire a<br />

comprendere le parole può risultare particolarmente difficile.<br />

La definizione rappresenta la capacità di distinguere<br />

suoni che si susseguono nel tempo o che giungono simultaneamente<br />

da diverse sorgenti sonore.<br />

C 80<br />

: misura della chiarezza, pari a dieci volte il rapporto<br />

logaritmico tra l’energia sonora che giunge all’ascoltatore<br />

nei primi 80 ms e quella totale successiva; è il rapporto<br />

tra energia diretta unita all’energia delle prime riflessioni<br />

e all’energia delle successive. L’indice della chiarezza è<br />

ben correlato alla trasparenza della percezione in termini di<br />

successione dei suoni e della loro contemporaneità. La chiarezza<br />

è funzione del tempo di riverberazione e quindi dipende<br />

dalla vivezza; è anche funzione della distanza dell’ascoltatore<br />

rispetto alla sorgente sonora e quindi dipende<br />

dall’intensità soggettiva del suono diretto. La sensazione di<br />

chiarezza di un tono musicale è intesa come percezione del<br />

Fig. 4 – Carinola<br />

(CE), cattedrale,<br />

variazione del<br />

livello della pressione<br />

sonora con<br />

la distanza lungo<br />

la navata centrale.<br />

Fig. 5 – Carinola<br />

(CE), cattedrale,<br />

variazione del<br />

tempo di riverberazione,<br />

alla<br />

frequenza di<br />

1.0 kHz, con la<br />

distanza lungo la<br />

navata centrale.


segnale, tenendo conto che l’orecchio stabilisce una relazione<br />

tra la prima parte del segnale e la successiva.<br />

STI (Speech Transmission Index): è un valido strumento per<br />

la definizione oggettiva dell’intelligibilità del parlato in<br />

ambienti per i quali tale tipo di fruizione è di interesse.<br />

L’indice STI ha lo scopo di quantificare in modo oggettivo<br />

l’intelligibilità del parlato in una specifica posizione di un<br />

ambiente, quando viene prodotto attraverso un segnale<br />

normalizzato in un’altra specifica posizione dell’ambiente<br />

stesso. Il metodo STI risulta particolarmente utile per valutare<br />

gli effetti di modifiche introdotte (presenza di persone,<br />

modifiche geometriche, presenza di materiali per la correzione<br />

acustica). Inoltre, dimostra utilità anche nella previsione<br />

della qualità dell’intelligibilità del parlato quando si<br />

confrontano ambienti diversi o un canale di comunicazione.<br />

SPL (Sound Pressure Level): è il livello della pressione sonora,<br />

ossia la variazione di pressione rispetto alla condizione<br />

di quiete causata da una perturbazione che si propaga (sotto<br />

forma di onda sonora). È espresso in dB.<br />

Nell’ambito dell’acustica architettonica, per offrire buone<br />

prestazioni una sala deve rispettare i valori dei parametri<br />

definiti in Tab. 1, in funzione della destinazione d’uso.<br />

Pertanto, una sala destinata alle conferenze deve avere un<br />

tempo di riverberazione breve (non superiore ad un secondo)<br />

per consentire una buona comprensione del parlato.<br />

Una sala destinata all’ascolto musicale, invece, deve avere<br />

un tempo di riverberazione più lungo per generare riflessioni<br />

mutue che ne migliorano la percezione. Una sala, in funzione<br />

della destinazione d’uso, deve presentare un tempo<br />

di riverberazione ottimale.<br />

MISURE ACUSTICHE<br />

La cattedrale di Carinola è composta da una navata centrale<br />

ampia e tre laterali più piccole, una disposta sul lato sinistro,<br />

le altre due su quello opposto; è coperta con volte a<br />

crociera e lateralmente presenta delle nicchie.<br />

La sorgente sonora sferica omnidirezionale (S), posta in corrispondenza<br />

dello spazio presbiterale della fabbrica religiosa,<br />

nel punto in cui il sacerdote celebra la messa, è stata<br />

alimentata elettricamente con segnali pseudocasuali MLS<br />

(sequenze a massima lunghezza) e collegata ad un computer<br />

che genera l’impulso.<br />

Il microfono ricevente è stato collocato, in successione, in<br />

22 punti (R1, R2, …, R22), posizionati pressoché ad altezza<br />

corrispondente alla testa di una persona seduta, nella navata<br />

centrale, in quelle laterali e nelle cappelle.<br />

Tab. 1. Valori ottimali dei parametri acustici per le diverse condizioni di ascolto.<br />

La deconvoluzione del segnale di alimentazione della sorgente<br />

rispetto ai segnali rilevati dai microfoni ha consentito<br />

di ottenere le risposte all’impulso, le quali, una volta filtrate<br />

in bande, hanno restituito descrittori acustici monoaurali<br />

in frequenza in bande ottave. Le misure sono state eseguite<br />

a sala vuota.<br />

La Fig. 3 riporta i valori medi dei parametri acustici misurati,<br />

da cui si evince, alla frequenza di 1.0 kHz, che EDT e RT<br />

superano i 3,0 s; C 80<br />

è inferiore a -2 dB e D 50<br />

non supera<br />

il valore 0,25. Dal confronto dei valori medi misurati con<br />

quelli della Tab. 1 risulta che la chiesa, nella configurazione<br />

attuale, non presenta condizioni ottimali – comunque migliorabili<br />

a seguito di interventi specialistici – per l’ascolto<br />

della musica o del parlato.<br />

Inoltre, è stato possibile misurare la variazione del livello<br />

della pressione con la distanza sorgente-ricevitore lungo la<br />

navata centrale; la Fig. 4 mostra l’andamento del livello<br />

della pressione sonora con la distanza, uniforme a causa del<br />

contributo al campo sonoro dovuto alle riflessioni del suono<br />

sulle superfici di confine; i punti riceventi nella navata sono<br />

situati nel campo sonoro riverberante.<br />

La Fig. 5 mostra l’andamento del tempo di riverberazione<br />

RT (in secondi) con la distanza lungo la navata centrale,<br />

uniforme a causa dei contributi delle riflessioni del suono<br />

dalle pareti. L’uniformità di questo parametro denota che la<br />

chiesa si considera un campo sonoro perfettamente diffuso<br />

(le caratteristiche acustiche non variano con la distanza).<br />

MODELLO TRIDIMENSIONALE<br />

Scopo di un rilievo acustico è la misura dei parametri più significativi<br />

di un ambiente: le misure acustiche ne forniscono<br />

dati medi e/o puntuali.<br />

Ulteriore obiettivo del presente studio è la valutazione spaziale<br />

delle caratteristiche acustiche della chiesa, necessaria<br />

a fornire mappe delle distribuzioni medie dei parametri<br />

considerati. Non potendo ottenere misure puntuali in situ<br />

per economia di tempo, queste vengono realizzate attra-<br />

Fig. 6 – Carinola (CE), cattedrale, modello tridimensionale.<br />

Fig. 7 – Carinola (CE), cattedrale, pianta, modello<br />

realizzato in ambiente Odeon tm . In rosso<br />

la sorgente, in blu i 22 ricevitori.<br />

Fig. 8 – Carinola (CE), cattedrale, vista assonometrica,<br />

modello realizzato in ambiente Odeon<br />

tm . In rosso la sorgente, in blu i 22 ricevitori.<br />

26 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 27<br />

Fig. 9 – Carinola (CE), cattedrale, mappa generata in ambiente Odeon tm indicante<br />

l’andamento globale del descrittore EDT (Tempo di primo decadimento).<br />

Fig. 10 – Carinola (CE), cattedrale, mappa generata in ambiente Odeon tm indicante<br />

l’andamento globale del descrittore T30 (Tempo di riverbero).<br />

Fig. 11 – Carinola (CE), cattedrale, mappa generata in ambiente Odeon tm indicante<br />

l’andamento globale del descrittore D50 (Definizione del parlato).<br />

Fig. 12 – Carinola (CE), cattedrale, mappa generata in ambiente Odeon tm indicante<br />

l’andamento globale del descrittore C80 (Chiarezza).<br />

verso l’impiego di un software di simulazione per l’acustica<br />

architettonica. Per il presente studio è stato utilizzato l’applicativo<br />

Odeon tm , sviluppato nel 1984 nel Dipartimento di<br />

Tecnologia Acustica della Technical University of Denmark<br />

con la consulenza di compagnie esterne. Le attività di ricerca<br />

e sviluppo oggi continuano attraverso la società commerciale<br />

Odeon A/S. Questo software consente di prevedere e<br />

programmare l’acustica di un ambiente interno partendo da<br />

un modello tridimensionale realizzato con applicativi Cad,<br />

attraverso l’analisi di una serie di parametri acustici.<br />

L’elaborazione è resa possibile dalla preliminare implementazione<br />

di un modello tridimensionale virtuale della chiesa,<br />

realizzato con un accurato rilievo metrico. La creazione di<br />

un modello tridimensionale dello spazio fruibile della cattedrale<br />

è scaturita dalla mediazione di due opposte esigenze:<br />

la massima semplicità della geometria, utile a diminuire i<br />

tempi di calcolo; la riproduzione fedele dell’ambiente analizzato.<br />

Ha interesse constatare, a tal proposito, che l’approccio<br />

ottimale nasce dalla conoscenza accurata della geometria<br />

da descrivere e degli algoritmi di calcolo, che consente di<br />

comprendere se e quali particolari forme possono essere<br />

trascurate.<br />

Mentre è evidente che un’eccessiva grossolanità del modello<br />

potrebbe nuocere all’accuratezza dell’analisi, è meno<br />

noto che la riproduzione di particolari troppo piccoli può<br />

allungare i tempi di calcolo, inficiando la correttezza della<br />

simulazione, che opera in approssimazione geometrica.<br />

La realizzazione del modello tridimensionale si basa su superfici<br />

che simulano quelle di ogni elemento della chiesa<br />

(Fig. 6). In considerazione della complessità e dell’estensione<br />

dell’edificio sacro, soprattutto per quanto riguarda il<br />

sistema voltato, il numero di facce tridimensionali utilizzate<br />

per il modello è stato particolarmente elevato, creando<br />

difficoltà di importazione nel programma di simulazione<br />

acustica; per tale motivo, si è proceduto ad una sua semplificazione<br />

(Figg. 7-8).<br />

Il software utilizzato simula il campo sonoro in un ambiente<br />

mediante la teoria dell’acustica geometrica. Il suddetto<br />

campo sonoro è simulato da infinite rette che partono dal<br />

punto sorgente propagandosi in tutte le direzioni dell’ambiente.<br />

Quando una retta interseca una parete, è riflessa<br />

da questa, in analogia a quanto accade ad un raggio di luce<br />

riflesso da una superficie, in accordo con la legge di Snell.<br />

Il raggio riflesso dalla parete ha una direzione opposta rispetto<br />

al raggio incidente ed avrà un contenuto di energia<br />

ridotto del valore del coefficiente di assorbimento acustico<br />

della parete medesima.<br />

Dopo aver importato il modello in Odeon tm , si è proceduto<br />

all’inserimento, all’interno del programma, di una sorgente<br />

sonora omnidirezionale, posizionata al centro dell’altare<br />

maggiore, alla quale è stato assegnato un livello di potenza<br />

sonora pari a 80 dB. In seguito, sono stati inseriti i 22 ricevitori<br />

in vari punti della chiesa (Fig. 14).<br />

Una volta collocati sorgente e ricevitori, si è proceduto al<br />

settaggio, con l’ausilio della libreria dell’applicativo, dei<br />

materiali con caratteristiche simili a quelli costituenti la<br />

fabbrica sacra, quali marmo e intonaco. I coefficienti di assorbimento<br />

del marmo variano da 0,03 (a 125 Hz) a 0,08 (a<br />

4000 Hz); quelli dell’intonaco, invece, da 0,11 (a 125 Hz) a<br />

0,16 (a 4000 Hz).


Fig. 13 – Carinola (CE), cattedrale, mappa generata in ambiente Odeon tm indicante<br />

l’andamento globale del descrittore STI (Indice di trasmissione del parlato).<br />

Posizionata la sorgente ed assegnati i materiali, si è provveduto<br />

a settare i parametri generali di calcolo, scegliendo<br />

il metodo di scattering di Lambert. L’introduzione del<br />

coefficiente di scattering è necessaria per tenere in conto<br />

la diffusione del suono sulle superfici periodiche, come ad<br />

esempio gli scranni lignei. Sono stati utilizzati, allo scopo,<br />

500.000 raggi per il calcolo dei diversi descrittori acustici;<br />

per la risposta all’impulso, invece, si è considerato un tempo<br />

di 4000 ms.<br />

La diffusione del suono può essere intesa come un meccanismo<br />

di riflessione sonora omnidirezionale rispetto a quanto<br />

accade ad una riflessione in unica direzione. La diffusione<br />

del suono, in definitiva, migliora il comportamento del campo<br />

sonoro, rendendolo più uniforme.<br />

RISULTATI<br />

Il modello virtuale viene calibrato facendo coincidere il T 30<br />

misurato con quello calcolato. Una volta calibrato il modello<br />

è stata avviata la simulazione acustica, che ha fornito i<br />

dati relativi ai diversi descrittori, creando mappature che<br />

ne riportano l’andamento per tutta la chiesa. Le Figg. 9-13<br />

descrivono le mappe con l’andamento globale di ogni singolo<br />

descrittore, alla frequenza di 1000 Hz.<br />

CONCLUSIONI<br />

L’esecuzione di musica “profana” all’interno di edifici sacri<br />

non è un evento raro. Spesso, però, l’acustica non ottimale<br />

dei grandi ambienti impoverisce l’esecuzione musicale,<br />

restituendo all’ascoltatore una qualità sonora confusa, dunque<br />

poco coinvolgente.<br />

La cattedrale di Carinola, sulla base dei risultati ottenuti<br />

dalle misure strumentali e dalle elaborazioni numeriche, in<br />

particolare dalla mappatura del descrittore acustico C 80<br />

,<br />

che restituisce valori compresi tra -2,5 e 2,0 dB, può essere<br />

considerata luogo sufficientemente adatto all’ascolto della<br />

musica. Nello specifico, l’indice di chiarezza è il descrittore<br />

del campo acustico riferibile alla bontà dell’esecuzione<br />

musicale di un ambiente. I valori ottimali sono compresi tra<br />

-2 e +2 dB; tuttavia, per la musica d’organo possono essere<br />

accettati anche valori del descrittore C 80<br />

pari a -9 dB.<br />

La comprensione del parlato, invece, risulta modesta, come<br />

si evince dalla mappatura del descrittore D 50<br />

, che ne misura<br />

l’intelligibilità. Le mappe alla frequenza di 1000 Hz del<br />

suddetto descrittore restituiscono valori, riferiti alla chiesa<br />

nel suo complesso, rientranti nel range 15-30%.<br />

Pertanto, pur nel rispetto del carattere di palinsesto architettonico<br />

della struttura, si ritiene opportuna l’integrazione<br />

di pannellatura o, ove possibile, di intonaco fonoassorbente,<br />

da collocarsi sulle superfici del contorno, così da aumentare<br />

la comprensione del parlato, affinché il tempo di riverbero<br />

sia ridotto. Ulteriore soluzione potrebbe individuarsi<br />

nell’utilizzo di arredi opportunamente studiati e collocati,<br />

con funzione di assorbitori acustici.<br />

Bibliografia<br />

Iannace G., Miraglia F. (2014), L’acustica della cattedrale di Carinola. Analisi<br />

e prospettive di fruizione, Terra Laboris. Itinerari di ricerca, 16, Armando<br />

Caramanica Editore, Marina di Minturno.<br />

Ianniello C. (2008), Il suono negli ambienti chiusi, in Spagnolo R. (a cura di),<br />

Manuale di acustica applicata, CittàStudi, Torino, pp. 652-683.<br />

Cundari C., Carnevali L. (2003), Carinola e il suo territorio. Rassegna dei<br />

beni architettonici, Edizioni Kappa, Roma.<br />

Ianniello C., Parametri oggettivi per la caratterizzazione dell’acustica per il<br />

pubblico nei teatri d’opera (Atti del Convegno “L’acustica dei teatri storici:<br />

un bene culturale”, Ferrara 4 Novembre 1998), a cura di N. Prodi, Ferrara.<br />

Barron M. (1993), Auditorium Acoustics and Architectural Design, E & FN<br />

Spon, London.<br />

D’Onofrio M., Pace V. (1981), Italia romanica. La Campania, Jaca Book, Milano,<br />

pp. 96-108.<br />

Abstract<br />

The goal of this paper is to analyze the acoustic characteristics of the cathedral<br />

of Carinola in order to make it available for both cult and conference<br />

and musical performances. Measurements to analyze the acoustic parameters<br />

were performed “in situ” with an omnidirectional spherical sound source on<br />

the altar and microphones placed in the area where the audience sits. In this<br />

way, using a three-dimensional geometric model, designed with architectural<br />

acoustics software, the sound field within the church was simulated to evaluate<br />

improvements to make it more usable. This procedure has allowed us<br />

to assess the acoustic characteristics of the church and to provide for passive<br />

acoustic correction.<br />

Parole chiave<br />

Restauro; acustica ambientale; analisi acustica; modello tridimensionale;<br />

Autore<br />

Gino Iannace<br />

gino.iannace@unicampania.it<br />

Professore Associato di Fisica Tecnica Ambientale<br />

Francesco Miraglia<br />

francescomiraglia@gmail.com<br />

Ispettore Onorario MiBACT e Cultore della Materia in Restauro<br />

Fig. 14 – Carinola (CE), cattedrale, interno, rilievi acustici, cassa omnidirezionale<br />

(sorgente) collocata nello spazio absidale.<br />

Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale -<br />

Università della Campania "L. Vanvitelli"<br />

28 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 29<br />

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RESTAURO<br />

Il restauro della Fontana<br />

del Nettuno a Bologna<br />

Un sistema 3D web per la<br />

documentazione e la gestione dei dati<br />

di Fabrizio Ivan Apollonio, Vilma Basilissi, Gabriele Bitelli,<br />

Marco Callieri, Dora Catalano, Matteo Dellepiane, Marco<br />

Gaiani, Federico Ponchio, Francesca Rizzo, Angelo Raffaele<br />

Rubino, Roberto Scopigno<br />

In questo lavoro sono presentate le caratteristiche di un<br />

innovativo sistema di documentazione, realizzato per il<br />

restauro della Fontana del Nettuno di Bologna. Il Sistema<br />

Informativo usa un accurato modello tridimensionale<br />

per archiviare i dati raccolti in modo referenziato<br />

alla geometria 3D, per accedere agli stessi usando il<br />

modello 3D come indice spaziale ed infine per realizzare<br />

mappature direttamente sulla superficie dell'artefatto<br />

Fig.1 - La Fontana del Nettuno (Bologna, Italia).<br />

digitale analogo a quello dell'opera.<br />

Nel corso del 2015, di fronte alla evidente condizione di degrado in cui versava la Fontana del Nettuno,<br />

il Comune di Bologna ha intrapreso i lavori per la sua conservazione, ponendo come elemento centrale<br />

del progetto conservativo la costituzione di un Sistema Informativo capace di supportarne la complessità<br />

nonché la variegata articolazione della compagine volta a realizzare la diagnostica e il restauro.<br />

La risposta, formulata da un programma congiunto tra Università di Bologna, Istituto Superiore per la<br />

Conservazione ed il Restauro (ISCR) e Istituto ISTI del CNR, è stata la creazione di un Sistema Informativo<br />

basato su un modello tridimensionale digitale in grado di assicurare una gestione innovativa, efficiente e<br />

user-friendly dell’intero processo di raccolta, conservazione e consultazione delle informazioni e dei dati<br />

relativi alla diagnostica e agli interventi di restauro.<br />

Il Sistema Informativo permette, infatti, una sistematica mappatura georefenziata dei dati che riguardano<br />

i vari elementi costitutivi la fontana, la loro archiviazione e il loro recupero ai fini della gestione tecnico/<br />

scientifica dell’intervento conservativo.<br />

Si tratta di una piattaforma in grado di garantire l’integrazione di processi oggi separati, una costante collaborazione<br />

tra i soggetti coinvolti ed un crescente grado di automazione.<br />

Alla sua base è uno straordinario rilievo della fontana (realizzato dalla Università di Bologna, a cura del<br />

gruppo di Geomatica del Dipartimento DICAM coordinato dal prof. Gabriele Bitelli e della ditta Studio MCM).<br />

Il rilievo è stato realizzato integrando diverse metodologie di acquisizione ed ha permesso la costruzione<br />

di un modello 3D di 610 milioni di triangoli dotato di un livello di precisione sub millimetrico nella codifica<br />

della geometria, caratterizzato da elevata fedeltà percettiva di riproduzione dei colori e reso completamente<br />

disponibile e fruibile mediante una codifica multi-risoluzione (Ponchio 2016), anche su dispositivi<br />

poco potenti e con limitata larghezza di banda della rete.<br />

30 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 31<br />

LA FONTANA DEL NETTUNO<br />

La fontana del Nettuno è il complesso monumentale forse<br />

più emblematico di Bologna e ne costituisce l’icona assieme<br />

alle due torri. Direttamente commissionata dal vice legato<br />

pontificio, il vescovo Pier Donato Cesi, quale espressione della<br />

munificenza di papa Pio IV nei confronti della città, la fontana<br />

rappresenta l’episodio finale di una serie di iniziative<br />

che, con la costruzione del Palazzo dell’Archiginnasio, della<br />

facciata del Palazzo dei Banchi e del Palazzo del Podestà,<br />

ridefinisce la zona attorno a Piazza Maggiore (Tuttle 2015). Il<br />

progetto e la realizzazione della fontana del Nettuno furono<br />

affidati alla collaborazione e all’opera di due artisti, l’architetto<br />

e pittore palermitano Tommaso Laureti e lo scultore<br />

fiammingo Jean de Boulogne di Douai detto il Giambologna,<br />

che tra il 1563 e il 1567 realizzarono quello che rappresenta<br />

probabilmente uno dei più spettacolari esempi di fontane<br />

rinascimentali ad acqua lenta esistenti. La concezione<br />

della fontana fu quella di una struttura simmetrica, intesa<br />

come pura esperienza visiva, in cui diversi gruppi scultorei<br />

in bronzo (delfini, sirene, teste di leoni, volute, mascheroni<br />

con conchiglie, stemmi araldici, putti e venti) ornano un<br />

castello in pietra d’Istria alla cui sommità svetta la figura<br />

del dio delle acque.Si tratta di un complesso assolutamente<br />

straordinario per le dimensioni (solo la statua del Nettuno<br />

è alta 3,35 metri), per qualità del dettaglio, per capacità<br />

ingegneristica nella statica, nel sistema idraulico e nelle soluzioni<br />

atte a garantirne il perfetto funzionamento.<br />

LE IPOTESI DEL LAVORO<br />

Il sistema informativo è stato sviluppato a partire da un caso<br />

concreto, coinvolgendo nella fase di design i suoi diversi potenziali<br />

utenti. L’obiettivo consisteva nel realizzare una soluzione<br />

user-friendly in merito a due differenti problematiche:<br />

gestire il processo di documentazione come un processo<br />

analitico di approfondimento e produttore di una notevole<br />

mole di dati estremamente differenziati (testi, immagini,<br />

fotografie, risultati di diagnostica, grafici, etc.); gestire il<br />

restauro in quanto processo complesso che si basa sulla interazione<br />

di professionalità differenti (chimici, fisici, biologi,<br />

ingegneri idraulici, strutturisti, esperti di geomatica, restauratori,<br />

storici dell’arte e dell’architettura, informatici, documentaristi,<br />

economisti,…)<br />

Fig. 2 - Organizzazione dei modelli 3D: il modello globale è stato suddiviso in<br />

livelli e componenti, connessi gerarchicamente.<br />

Molte sono le precedenti esperienze di documentazione digitale<br />

del processo di restauro. In passato sono state sperimentati<br />

sia data base canonici sia sistemi GIS 2D (come ad<br />

esempio il SICAR, ampiamente usato nelle attività coordinate<br />

dal MIBACT) o anche sistemi di disegno computerizzato 2D<br />

(come ad esempio il sistema AutoCAD, usato recentemente<br />

dall’ISCR per realizzare le mappature dello stato di conservazione<br />

del Colosseo).<br />

L’ osservazione metodologica di base è stata quella di proporre<br />

l’utilizzo del modello digitale 3D, visto come un vasto<br />

e ordinato database di informazioni spaziali, quale strumento<br />

operativo che può essere modificato e arricchito nel tempo.<br />

Le proprietà dei modelli 3D digitali consentono infatti<br />

sia la rappresentazione visiva delle caratteristiche di forma,<br />

sia quella di nozioni astratte; fungono da piattaforma per<br />

testare ipotesi (ricostruzioni, decostruzioni e interpretazioni<br />

alternative); permettono di integrare i vari tipi di dati in una<br />

forma visiva. Un modello 3D, per sua natura interfaccia altamente<br />

intuitivo di un sistema informativo che descrive l’og-<br />

Fig.3 - Form di data entry per l'inizializzazione di un nuovo inserimento nel sistema (a); nel caso in cui l'azione intrapresa richieda una specifica referenziazione<br />

sulla superfice dell'opera il sistema propone la visualizzazione del componente selezionato e dell’interfaccia per selezionare una singola<br />

posizione puntuale, una poligonale o un'area: nel caso presentato nell'immagine a destra (b) l'obiettivo è la definizione di una nuova regione poligonale.


Fig. 4 - Esplorazione dei dati contenuti nel sistema informativo: interfaccia di selezione del livello e della componente di interesse (a), visualizzazione<br />

della lista di azioni di documentazione inserite sul singolo componente corrente (b).<br />

getto rappresentato con altri mezzi, consente di presentare<br />

informazioni entro un appropriato ‘contesto’ e permette di<br />

integrare semanticamente gli oggetti 3D con dati eterogenei<br />

di varia natura, favorendo gli utenti per le ricerche mirate a<br />

specifici ambiti e contenuti.<br />

Nel caso del Nettuno, l’opportunità fornita dalla volontà di<br />

adottare metodologie 3D di referenziazione e accesso ai dati<br />

è servita a riprogettare le funzionalità e l’architettura del<br />

sistema di documentazione. Uno degli obiettivi principali ha<br />

riguardato la progettazione di un’interfaccia che garantisse<br />

agli operatori del restauro un accesso diretto al sistema, alle<br />

funzionalità di archiviazione e all’analisi dei dati, senza l’intermediazione<br />

di un operatore esperto informatico. Ciò ha<br />

determinato sia un lavoro di ricognizione di quelle funzionalità<br />

effettivamente necessarie agli operatori sia la loro riduzione<br />

ad un nucleo ristretto, per facilitarne l’uso e diminuire<br />

i tempi di training. Ma l’obiettivo finale della piattaforma<br />

digitale è divenire il riferimento unificato dell’informazione<br />

non solo per l’odierno progetto di conservazione ma anche<br />

per l’intero lifecycle del bene: uno sfaccettato processo che<br />

include la conoscenza, la fruizione, la comunicazione e la<br />

gestione (Benedetti et al. 2008). Per soddisfare questo requisito<br />

la piattaforma digitale è stata progettata come applicazione<br />

fruibile mediante i comuni browser web, così che essa<br />

possa essere utilizzata in modo cooperativo sia in cantiere<br />

che a distanza dall’opera, utilizzando portatili di fascia bassa<br />

e larghezza di banda della rete Internet anche limitata.<br />

ARCHITETTURA DEL SISTEMA E ORGANIZZAZIONE DEI DATI<br />

La soluzione proposta consiste in un Sistema Informativo 3D<br />

web-based, capace di garantire una gestione innovativa, efficiente<br />

e user-friendly dell’intero processo di raccolta, conservazione<br />

e consultazione di informazioni e dati pertinenti.<br />

Alla base del sistema c’è ovviamente un data base, che ha<br />

il compito di gestire in modo strutturato l’insieme dei dati<br />

di base e quelli inseriti dagli utenti. Il data base è stato realizzato<br />

con tecnologia standard (DBMS relazionale Postgres<br />

e linguaggio php); esso fornisce una interfaccia di query disponibile<br />

agli utenti, ma di fatto è reso quasi invisibile agli<br />

utenti in accesso, visto che ricerca e data entry sono risolti<br />

da una interfaccia grafica interattiva.<br />

Il Sistema Informativo è stato progettato, organizzato e implementato<br />

cercando di rispondere ad alcuni obiettivi specifici<br />

che ne hanno definito la struttura:<br />

4 garantire la piena archiviazione digitale dei dati relativi<br />

al monumento, alle azioni di restauro pregresse e a quelle<br />

in corso, coprendo tutte le tipologie di dati;<br />

Fig. 5 - Un altro esempio di esplorazione del contenuto del sistema: in questo caso è visualizzato l'intero modello dell'opera, insieme alle informazioni<br />

di contesto che permettono di localizzare la fontana all'interno della piazza Maggiore.<br />

32 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 33<br />

4 permettere di navigare liberamente sul modello 3D<br />

dell’opera, sia per analizzarla in remoto sia per avere<br />

accesso ai dati indicizzati;<br />

4 fornire strumenti di facile uso per creare collegamenti<br />

tra i diversi elementi della documentazione (testi, documenti<br />

pdf, report di analisi scientifiche, immagini, grafici,<br />

disegni) e le relative porzioni dell’opera a cui questi<br />

fanno riferimento (localizzazione della documentazione):<br />

tutti i dati devono poter essere immessi sul sistema<br />

localizzandoli in modo spaziale, garantendo una loro<br />

facile ricerca e visualizzazione, e il loro inserimento nel<br />

database deve essere il più trasparente possibile all’operatore;<br />

4 supportare la realizzazione di elaborati grafici permettendo<br />

all’utente di disegnarli direttamente sulla superficie<br />

dell’opera (inserimento interattivo di punti, polilinee<br />

o regioni e degli associati metadati).<br />

La gestione della multiutenza collaborativa è stata garantita<br />

da un sistema di gestione degli accessi che fornisce account<br />

differenziati (sola lettura o modifica / inserimento dati).<br />

Organizzazione dei dati 3D<br />

La grandezza e la complessità della Fontana del Nettuno<br />

ha richiesto una organizzazione dei dati ad hoc che tenesse<br />

conto delle caratteristiche di forma e degli elementi costitutivi<br />

dell’opera. È stato pertanto ritenuto opportuno<br />

scomporre il modello globale in modo da garantire anche<br />

un accesso per livelli e per componenti (Fig.2): una parte<br />

ipogea (ossia i locali di servizio sotterranei, non mostrati in<br />

Fig.2) e sei livelli fuori terra in cui è stato diviso il monumento.<br />

Questi ultimi sono: i gradini del basamento (L0); la<br />

vasca principale (L1), suddivisa in quattro porzioni; la parte<br />

bassa del castellum (L2) con i suoi bacini e i suoi bronzi (sirene,<br />

delfini, teste leonine, cartigli e conchiglie); la parte<br />

intermedia del castellum (L3), con le volute e gli stemmi<br />

in bronzo; la parte apicale del castellum (L4), con gli altri<br />

bronzi: i putti, i venti ed infine la statua del Nettuno (L5).<br />

Le denominazioni associate ai vari componenti, specificate<br />

in Fig.2, seguono la dislocazione spaziale (usando i punti<br />

cardinali come tag).<br />

La suddivisione logica dell’opera si ripercuote ovviamente<br />

nell’organizzazione dei dati 3D: accanto al modello globale<br />

dell’intera opera, sono stati ritagliati e rappresentati in<br />

modo autonomo tutti i predetti livelli e le singole componenti.<br />

In tal modo, ove l’utente decida di lavorare solo su un<br />

livello o su una delle sue componenti, il sistema caricherà il<br />

relativo sotto-modello 3D (riducendo i tempi di trasmissione<br />

dei dati e ottimizzando le prestazioni in visualizzazione).<br />

Implementazione del sistema<br />

Il Sistema Informativo è stato realizzato come applicazione<br />

web, usando HTML5 per la realizzazione dell’interfaccia<br />

grafica e la libreria WebGL per quanto attiene la gestione e<br />

la visualizzazione dei dati 3D.<br />

L’interfaccia del sistema prevede un accesso prevalente<br />

mediante navigazione dei modelli 3D, sia in inserimento<br />

dati che in navigazione e ispezione. Per tale ragione è di<br />

vitale importanza che il sistema garantisca tempi di scaricamento<br />

dei modelli 3D e di visualizzazione adatti ad un<br />

contesto di uso interattivo e su macchine di fascia mediobassa.<br />

A tal fine, tutti i modelli 3D sono stati convertiti nel<br />

formato multirisoluzione Nexus sviluppato da ISTI-CNR (Ponchio<br />

et al. 2016). Il Sistema Informativo si avvale di una<br />

serie di tecnologie di base (3D data streaming, visualizzazione<br />

view-dependent, compressione dei dati 3D) che sono<br />

parte della piattaforma open-source di visualizzazione su<br />

web 3DHOP, sempre sviluppata da ISTI-CNR (Potenziani et al<br />

2015, http://www.3dhop.net/).<br />

Organizzazione delle azioni di documentazione<br />

Il workflow adottato dal sistema ruota intorno ai concetti<br />

di operatore e operazione: l’operatore è la persona responsabile<br />

dell’inserimento nel sistema di un determinato dato;<br />

l’operazione invece è la singola azione con cui inseriamo un<br />

singolo dato o una serie di dati concatenati.<br />

La definizione dell’operatore è implicita (dipende dall’user<br />

prescelto in fase di login al sistema). L’operazione è invece<br />

definita da una serie di campi:<br />

4 l’ambito di intervento prescelto (documentazione storica,<br />

indagini, metalli, materiali lapidei);<br />

4 il tipo di attività di riferimento (analisi dello stato, pianificazione<br />

dell’intervento, intervento, manutenzione);<br />

4 l’elemento specifico preso in considerazione in questa distinta<br />

azione di documentazione (sarà uno dei componenti<br />

predefiniti nella suddivisione gerarchica del modello 3D);<br />

4 il modo in cui si vuole referenziare tale azione di documentazione<br />

sull’opera (per punti, linee o regioni);<br />

4 alcuni dati testuali di caratterizzazione, quali titolo,<br />

breve testo descrittivo o una serie di tag, che potranno<br />

essere successivamente utili anche per azioni di ricerca<br />

guidate da tag o testo sul database;<br />

4 la possibilità di collegare l’azione di documentazione corrente<br />

a precedenti azioni già inserite nel sistema (questa<br />

funzione permette di ridurre la ridondanza);<br />

4 infine, una volta descritta compiutamente l’azione, l’operatore<br />

può inserire qualsiasi file multimediale (una immagine,<br />

una fotografia, un file pdf, un grafico), che diverrà parte<br />

integrante di questa azione di documentazione (vedi il bottone<br />

“Aggiungi documento” in fondo al form in Fig.3.a).<br />

L’interfaccia di specifica della referenziazione sulla superficie<br />

dell’opera (Fig. 3.b) è il componente che ci permette di<br />

realizzare anche complesse azioni di caratterizzazione delle<br />

aree (es. mappe di degrado). Il lavoro fatto dall’operatore,<br />

disegnando in modo semplice regioni sulla superficie dell’opera,<br />

si traduce nella memorizzazione nel database di ogni<br />

singola regione e dell’organizzazione di queste in azioni di<br />

caratterizzazione, che potranno essere presentate visivamente<br />

sia sulla superficie del singolo componente che nel<br />

contesto della visualizzazione dell’intero monumento. Ovviamente,<br />

ove si faccia un uso estensivo di questa funzione,<br />

la visualizzazione per componente sarà preferibile per evitare<br />

l’effetto disordinato e caotico legato alla visualizzazione<br />

di troppe aree.<br />

Il sistema, in fase di accesso per visualizzazione, evidenzia<br />

quale sia la lista di caratterizzazioni disponibili per ogni<br />

componente selezionato e dà la possibilità di accendere o<br />

spegnere in visualizzazione ognuna di queste. L’utente può<br />

avere visibili una o più caratterizzazioni nella stessa sessione<br />

interattiva.<br />

Mentre l’interfaccia di tracciamento delle aree/linee/punti<br />

è semplice, il conseguente calcolo delle primitive geometriche<br />

da associare alla singola azione di rilievo è un compito<br />

non facile, soprattutto in considerazione del fatto che il sistema<br />

adotta una rappresentazione multi-risoluzione. Ogni<br />

singola area deve essere definita, a prescindere dalla risoluzione<br />

con cui questa è stata visualizzata in fase di data<br />

entry o sarà visualizzata a tempo di accesso ai dati, e deve<br />

essere opportunamente codificata come entry del data base<br />

sottostante.<br />

Navigazione del Sistema Informativo<br />

In accesso per consultazione la prima scelta richiesta all’utente<br />

è di definire il contesto di interesse (ossia l’intera opera,<br />

un singolo livello o un singolo componente all’interno<br />

di quel livello, Fig.4.a). Una volta prescelto il contesto di<br />

interesse il sistema presenta una schermata suddivisa in due


aree (Fig.4.b): nella porzione a sinistra si può navigare interattivamente<br />

il modello 3D, in quella a destra sono possibili<br />

le azioni di documentazione inserite nel sistema collegandole<br />

a un componente. L’utente può consultare la descrizione<br />

di ognuna di queste azioni, aprire i file associati (immagini,<br />

documenti) o chiedere che l’eventuale caratterizzazione in<br />

regioni sia visualizzata sull’immagine corrente del componente<br />

3D.<br />

FEEDBACK DALL’USO IN CANTIERE<br />

Una delle caratteristiche chiave della piattaforma è l’integrazione<br />

in un unico strumento delle funzionalità di documentazione<br />

necessarie a tutti gli specialisti e operatori<br />

coinvolti nel processo di restauro.<br />

I test di usabilità hanno mostrato un elevato livello di soddisfazione<br />

degli utenti riguardo alla caratteristica più innovativa<br />

del sistema: consentire agli operatori di lavorare direttamente<br />

navigando lo spazio 3D, caricando e visualizzando<br />

contenuti e informazioni anche in cantiere, con diversi tipi<br />

di dispositivi e differente livello di connettività.<br />

Relativamente all’uso dell’interfaccia 3D sono stati indicati<br />

come pregi rilevanti:<br />

4la possibilità di visualizzare interattivamente alcune zone,<br />

come quelle altrimenti in sottosquadro da una consueta<br />

vista frontale (ad esempio nel caso in cui il documento<br />

visuale di riferimento sia una fotografia);<br />

4la mappatura georeferenziata, rilevatasi estremamente<br />

utile per la registrazione precisa e puntuale, che permette<br />

di definire riferimenti spaziali non ambigui (essenziale<br />

ad es. nella fase diagnostica o per i futuri controlli e operazioni<br />

di manutenzione), e per la possibilità di collegarla<br />

direttamente al risultato dell’indagine diagnostica (utile<br />

ad esempio nel caso dei numerosi tasselli di riparazione<br />

eseguiti sul Nettuno);<br />

4la gestione della scomposizione in elementi, che facilita il<br />

lavoro di mappatura consentendone una rapida contestualizzazione<br />

nell’insieme e nel contesto vicino.<br />

Una seconda categoria di funzionalità rilevate come distintive<br />

ha riguardato l’integrazione dei dati:<br />

4la presenza di funzionalità multiple e materiali documentali<br />

eterogenei connessi in un unico strumento (documentazione<br />

testuale, fotografica e grafica);<br />

4la possibilità di visualizzare le mappature grafiche congiuntamente<br />

ad eventuali note e fotografie (l’associazione<br />

del dato di mappatura grafica ad una fotografia rappresentativa<br />

rende il lavoro svolto meno discrezionale e soggettivo);<br />

4la facilità di acquisizione e archiviazione di dati e loro correlazione<br />

in forma diretta e semplice.<br />

Inoltre la maggior parte degli utenti non ha mostrato difficoltà<br />

nel processo di consultazione / ricerca delle informazioni<br />

e nell’inserimento dati. Per entrambi i processi gli utenti<br />

finali hanno sottolineato la semplicità d’uso dell’interfaccia<br />

grafica (leggibilità dei contenuti, chiarezza dei comandi e<br />

delle funzioni disponibili, visibilità del processo di sviluppo).<br />

CONCLUSIONI<br />

Il Sistema informativo realizzato per il restauro della Fontana<br />

del Nettuno di Bologna si caratterizza per la sua inerente<br />

impostazione tridimensionale, resa possibile dal notevole<br />

consolidamento di tre fattori: le tecnologie di digitalizzazione<br />

3D, le tecnologie di gestione efficiente di modelli ad alta<br />

risoluzione ed infine le tecnologie per la grafica 3D su web.<br />

E’ la prima volta che un restauro di questa complessità e la<br />

relativa mole di dati vengono gestiti in tempo reale su un sistema<br />

3D web-based. Dopo i primi sette mesi di uso il sistema<br />

presentava più di 2.000 operazioni di data entry realizzate<br />

in modo cooperativo da un nutrito gruppo di lavoro, per un<br />

totale di quasi 20.000 oggetti digitali. Ciò costituisce un popolamento<br />

già molto ricco del sistema, che rende la portata<br />

dell’operazione e ci ha permesso di valutarne l’efficacia.<br />

Sarebbe intenzione degli autori estendere il lavoro svolto al<br />

fine di creare una piattaforma open source che possa diventare<br />

uno strumento di largo uso nel campo della documentazione<br />

di restauro, sia per progetti di alto profilo (di cui il<br />

Nettuno è un ottimo esempio) sia per interventi più semplici<br />

ma di cui è importante preservare memoria e un libero accesso<br />

a dati e conoscenze accumulate.<br />

Bibliografia<br />

Benedetti B., Gaiani M., Guzzo P.G., (2008) Scientific knowledge and information<br />

representations in historical-technical archives of archaeological<br />

sites: Pompeii as a case study, in Responsibilities and opportunities in architectural<br />

conservation conference proceedings, 2008, 1, pp. 275-290.<br />

Ponchio F., Dellepiane M., (2016) Multiresolution and fast decompression for<br />

optimal web-based rendering, Graphical Models, Volume 88, page 1-11.<br />

Potenziani M., Callieri M., Dellepiane M., Corsini M., Ponchio F., Scopigno R.,<br />

(2015) 3DHOP: 3D Heritage Online Presenter, Computer & Graphics, Volume<br />

52, page 129--141.<br />

Tuttle R. J., The Neptune fountain in Bologna. Bronze, marble and water in<br />

the making of a papal city, New York, 2015.<br />

Abstract<br />

Restoration actions are characterized by an impressive amount of documentation,<br />

usually produced by many different professionals. The restoration of the<br />

Neptune Fountain in Bologna gave us the possibility to design an innovative<br />

Information System, built around the 3D representation of the artefact to<br />

be restored. It is a web-based Information System, accessible with common<br />

web browsers. An accurate 3D representation of the fountain is the central<br />

element of the system, since we aim to directly reference all data to the 3D<br />

geometry and to use the 3D model to index and navigate the data. High fidelity<br />

visualization of the models, easy navigation, and mechanisms for adding<br />

geo-referenced data on the 3D model were achieved by extending open source<br />

technology (3DHOP) and implementing novel mechanism to overcome the limitations<br />

of WebGL and remote rendering in general. The Information System<br />

is currently in use on-site.<br />

Parole chiave<br />

Documentazione del restauro; Modelli digitali 3D; Digitalizzazione;<br />

Visualizzazione Interattiva<br />

Autore<br />

Fabrizio Ivan Apollonio, fabrizio.apollonio@unibo.it<br />

Professore Ordinario,<br />

Gabriele Bitelli, gabriele.bitelli@unibo.it<br />

Professore Ordinario,<br />

Marco Gaiani, marco.gaiani@unibo.it<br />

Professore Ordinario<br />

Francesca Rizzo, f.rizzo@unibo.it<br />

Professoressa Associata,<br />

Università di Bologna, Bologna<br />

Vilma Basilissi, vilma.basilissi@beniculturali.it<br />

Restauratrice,<br />

Angelo Raffaele Rubino , angeloraffaele.rubino@beniculturali.it<br />

Fotografo<br />

Dora Catalano, dora.catalano@beniculturali.it<br />

Storica dell’arte<br />

Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, MIBACT, Roma<br />

Marco Callieri, m.callieri@isti.cnr.it<br />

Ricercatore,<br />

Matteo Dellepiane, m.dellepiane@isti.cnr.it<br />

Ricercatore<br />

Federico Ponchio, f.ponchioi@isti.cnr.it<br />

Ricercatore<br />

Roberto Scopigno, r.scopigno@isti.cnr.it<br />

Dirigente di Ricerca<br />

Istituto di Scienza e Tecnologie dell'Informazione "Alessandro Faedo" (ISTI),<br />

Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Pisa<br />

34 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 35


MUSEI<br />

Il progetto “D12”<br />

Pruomuovere il rilievo 3D per stimolare la ricerca<br />

di Federica Guidi, Marinella Marchesi, Giacomo Vianini, Pier Carlo Ricci, Michele Agnoletti, Andrea Rossi<br />

Sperimentazioni di diagnostica e rilievo<br />

digitale tra Fotogrammetria, Structure<br />

from Motion e analisi policromatica di<br />

alcuni reperti provenienti dal Museo Civico<br />

Archeologico di Bologna.<br />

Fig. 1 – La stele Ducati 12 nella sua collocazione presso il Museo Civico<br />

Archeologico di Bologna.<br />

Il Museo Civico Archeologico di Bologna negli ultimi cinque<br />

anni, nel solco di una tradizione che lo vede molto<br />

attento alle innovazioni in campo informatico, ha cominciato<br />

a sperimentare l’applicazione di tecnologie di rilievo<br />

tridimensionale e digitale su alcuni particolari oggetti della<br />

propria collezione. Queste prime esperienze sono state possibili<br />

già a partire dal 2010, grazie alla collaborazione del<br />

Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di<br />

Bologna, e hanno interessato due situle etrusche in bronzo<br />

decorate a sbalzo e incisione. Per la natura del decoro i due<br />

recipienti si ponevano come una complessa sfida per la definizione<br />

dei particolari da acquisire (Manferdini, Garagnani<br />

2011a e 2011b). Lo scopo di tali operazioni era, da un lato,<br />

raccogliere maggiori informazioni di carattere scientifico,<br />

dall’altro creare modelli digitali ad alta definizione, per usi<br />

connessi alla ricerca, ma anche finalizzati ad una migliore<br />

valorizzazione dei beni archeologici.<br />

Di pari passo, prendevano avvio indagini relative alla permanenza<br />

di tracce di policromia su diversi monumenti lapidei,<br />

realizzate dal Dott. Andrea Rossi e dal Prof. Pietro Baraldi<br />

dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.<br />

Oggetto delle analisi sono state un gruppo di stele di età<br />

orientalizzante (VII secolo a.C.), delle quali fino ad allora<br />

era pressoché sconosciuta la consistenza cromatica (Marchesi<br />

2011).<br />

L’occasione dell’incontro tra questi due filoni di indagine,<br />

l’acquisizione e la modellazione digitali e gli studi sulla permanenza<br />

del colore, si è concretizzata grazie all’analisi del<br />

torso loricato in marmo dell’imperatore Nerone, conservato<br />

nell’atrio del Museo e sottoposto ad un intervento di pulizia<br />

e restauro per il prestito ad una mostra. Alla rilevazione dei<br />

pigmenti residui si ritenne opportuno affiancare la realizzazione<br />

del modello digitale 3D, con la restituzione virtuale<br />

delle parti mancanti della scultura (Gasperoni 2013-14) e<br />

con l’intenzione, per il futuro, di applicare al modello un’ipotesi<br />

ricostruttiva anche della policromia originale (Manferdini<br />

et alii 2016).<br />

Questi i prodromi dell’ideazione del progetto denominato<br />

“D12”, finalizzato alla realizzazione di uno studio digitale<br />

coniugato all’analisi della policromia di alcuni reperti.<br />

Attualmente compongono il gruppo di ricerca Federica<br />

Guidi e Marinella Marchesi del Museo Civico Archeologico,<br />

Pietro Baraldi dell’Università di Modena e Reggio Emilia,<br />

Andrea Rossi, Giacomo Vianini della società 3DFlow, Pier<br />

Carlo Ricci e Michele Agnoletti della Ditta Artificio Digitale.<br />

Fino a questo momento nel corso del progetto “D12” è stato<br />

svolto il rilievo digitale e la ricostruzione 3D, la modellazione<br />

poligonale, lo studio e la ricerca della policromia originale<br />

di alcuni oggetti archeologici di proprietà del Museo,<br />

che sono stati selezionati sulla base dei seguenti criteri:<br />

36 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 37<br />

• l’eterogeneità del materiale costitutivo dei reperti;<br />

• l’appartenenza alla cultura etrusca;<br />

• la certezza della presenza della policromia originale, ormai<br />

evanescente o perduta;<br />

• la diversità degli apparati decorativi, talora resi a bassissimo<br />

rilievo, pertanto difficilmente rilevabili, in altri casi<br />

a rilievo quasi a tutto tondo;<br />

• la diversità delle dimensioni tra gli oggetti considerati.<br />

L’oggetto che ha dato il nome al progetto è una la stele felsinea<br />

in arenaria, nota come “Ducati 12”, dal nome dell’archeologo<br />

Pericle Ducati, che per primo intraprese uno studio<br />

dettagliato di questa peculiarissima classe di monumenti<br />

funerari etruschi, tipici per forma ed apparato decorativo<br />

della Bologna etrusca di VI-IV secolo a.C.. La stele proviene<br />

dal sepolcreto etrusco dei Giardini Margherita di Bologna ed<br />

è datata alla seconda metà del V secolo a.C. (Ducati 1911,<br />

cc. 373-374, n. 12; Maggiani 1999 ). Sue caratteristiche<br />

principali sono le grandi dimensioni, l’ampio spessore (h.<br />

cm 124; la. max. cm 86; spessore cm 34) e una ricca decorazione<br />

figurata, corredata da iscrizioni, che si sviluppa su<br />

tutta la superficie del corpo, modellato nella caratteristica<br />

forma “a ferro di cavallo”. Tracce di una lavorazione precedente,<br />

di recente individuate, permettono di asserire che<br />

un originario monumento di età orientalizzante (VII secolo<br />

a.C.) sia stato obliterato e riutilizzato per creare la stele,<br />

probabilmente in virtù della difficoltà di procurarsi blocchi<br />

di arenaria di tali dimensioni. Per tutti questi motivi la stele<br />

Ducati 12 rappresenta uno degli esemplari più interessanti<br />

e peculiari della scultura funeraria bolognese tra VI e IV<br />

sec. a.C., che annovera circa 200 monumenti, sia interi che<br />

frammentari (Govi 2014).<br />

Gli altri reperti esaminati sono un’urna cineraria etrusca<br />

in alabastro, con coperchio configurato, databile al III sec.<br />

a.C., di manifattura volterrana, e una simile urnetta in terracotta<br />

di produzione chiusina, del II sec. a.C., entrambe<br />

appartenenti alla collezione Etrusco-Italica del Museo. La<br />

prima, di dimensioni considerevoli, presenta sul lato lungo<br />

della cassa la scena mitologica dell’uccisione del cinghiale<br />

calidonio da parte di Meleagro, resa ad altissimo rilievo,<br />

mentre sui lati campeggiano due animali mostruosi (inv.<br />

n. IT 1275). L’altra è invece realizzata a stampo e reca la<br />

diffusissima figurazione del duello tra Eteocle e Polinice,<br />

ripetuta serialmente su un enorme numero di urnette coeve<br />

(inv. n. IT 1284).<br />

Anche se in fase iniziale, il progetto Ducati 12 è quindi<br />

improntato ad un approccio multidisciplinare ai reperti archeologici,<br />

coniugando differenti professionalità e competenze:<br />

storico-archeologiche, tecnico-informatiche, chimico<br />

fisiche. Manca - e questa è una lacuna sicuramente da<br />

colmare - la componente economico-manageriale destinata<br />

al reperimento di fondi, che permettano all’esperienza di<br />

Fig. 2 - L'urna cineraria con coperchio antropomorfo durante l’acquisizione<br />

del rilievo.<br />

uscire dal confine del caso di studio per entrare nel reale<br />

campo applicativo-sperimentale.<br />

Allo stato attuale, gli obiettivi che appaiono realizzabili<br />

sono:<br />

4studiare la presenza di tracce di policromia rimaste sugli<br />

oggetti in esame, al fine di stabilire presenza, qualità e<br />

provenienza dei pigmenti;<br />

4testare il rilievo digitale 3D di oggetti archeologici tramite<br />

tecnologie non invasive e di costo contenuto;<br />

4ottenere dalla combinazione dei dati informatico-modellativi<br />

e chimici sia modelli fedeli all’originale, mostrandone<br />

lo stato di conservazione attuale, sia modelli<br />

“ideali”, che riproducano l’oggetto come doveva apparire<br />

all’origine, con le forme intatte e i colori, ove possibile,<br />

restituiti.<br />

4valutare se e quali tecniche di stampa 3D e quali materiali<br />

- resine plastiche oppure pietra - si possono applicare ai<br />

fini espositivi, didattici ed eventualmente commerciali.<br />

Figg. 3 e 4 – Da sinistra a destra, rilievo fotogrammetrico dell'urna Meleagro e dell'urna Eteocle e Polinice con il software 3DF Zephyr 3.7.


Fig. 5 – Mesh della stele Ducati 12.<br />

LA PROCEDURA DI RILIEVO 3D TRA FOTOGRAMMETRIA E<br />

STRUCTURE FROM MOTION<br />

Il metodo di rilievo fotogrammetrico tramite algoritmi di<br />

Structure from Motion è stato ampiamente testato in diversi<br />

campi di applicazione (Pollefeys et alii 2001; De Luca et<br />

alii 2006; Westoby et alii 2012), sia in termini di resa geometrica<br />

della restituzione 3D sia in termini di accuratezza<br />

metrica e georefenziazione del dato (De Reu et alii 2013).<br />

Le principali problematiche nel concretizzare una procedura<br />

di rilievo all’interno di un contesto museale, a prescindere<br />

dalla tecnologia impiegata, sono individuate nella difficoltà<br />

di movimento attorno al soggetto da rilevare e alla<br />

presenza di ostacoli che impediscono o riducono la corretta<br />

acquisizione del dato.<br />

Queste problematiche hanno interessato due dei tre manufatti<br />

su cui è stato impostato l’approccio multidisciplinare<br />

svoltosi all’interno delle mura del Museo Civico Archeologico<br />

di Bologna. Il primo, la stele funeraria Ducati 12, è stata<br />

collocata, lungo l’esposizione museale della collezione<br />

etrusca, in una zona vicino al muro perimetrale di una delle<br />

sale del museo che ha messo in seria difficoltà la possibilità<br />

di osservare la stele lungo il suo profilo sinistro (Fig. 1).<br />

Relativamente alla seconda opera, l’urna cineraria con coperchio<br />

antropomorfo (IT 1275), la fase più complessa del<br />

rilievo è stata l’acquisizione della parte posteriore, nascosta<br />

non solo dalla struttura su cui l’urna stessa poggiava ma<br />

anche dai manufatti immediatamente alle sue spalle.<br />

Tali impedimenti hanno reso impossibile il rilievo fotografi-<br />

Fig. 6 – Rielaborazioni 3D del reperto.<br />

38 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 39<br />

co della parte posteriore dell’urna (Fig. 2).<br />

L’unico manufatto che non ha rappresentato problemi legati<br />

al movimento e alla visibilità in fase di rilievo è stata l’urna<br />

cineraria cosiddetta “di Eteocle e Polinice” (IT 1284), poiché,<br />

dati le dimensioni e il peso ridotti, prima di cominciare<br />

l’acquisizione fotografica la stessa è stata fisicamente spostata<br />

e collocata in un’area che ha concesso un movimento<br />

a 360° rispetto l’urna e una ripresa ad assi convergenti con<br />

una percentuale di sovrapposizione tra gli scatti ottimale,<br />

compresa tra il 70% e l’80%.<br />

In un ambiente interno quale è la sala di un museo, l’illuminazione<br />

non è mai quella più adeguata per un rilievo<br />

fotogrammetrico. Pertanto, oltre all’utilizzo di un treppiede,<br />

sono state utilizzate due luci ad incandescenza opportunamente<br />

collocate. Queste hanno permesso di produrre<br />

sulla scena un’illuminazione diffusa, tale da non creare un<br />

chiaroscuro troppo marcato nelle zone d’ombra offerte ad<br />

esempio dai bassorilievi delle due urne.<br />

Nei tre differenti rilievi fotogrammetrici è stata sempre<br />

adottata una ripresa fotografica ad assi convergenti (Figg.<br />

3-4), distribuita su più distanze rispetto al soggetto e su più<br />

altezze (ideale per oggetti di piccole e medie dimensioni,<br />

questa ripresa permette di all’operatore di ottenere una<br />

percentuale elevata di sovrapposizione tra gli scatti). Nelle<br />

immediate vicinanze di ciascuno dei tre manufatti sono<br />

stati posizionati target differenti allo scopo di riportare in<br />

scala il modello tridimensionale. Inoltre sono state prese<br />

alcune misure direttamente sulle opere, così da poter verificare<br />

l’accuratezza metrica al termine del processo di ricostruzione<br />

3D.<br />

L’attrezzatura per l’acquisizione fotografica ha compreso<br />

una fotocamera Nikon D90, montata su treppiede, con sensore<br />

CMOS APS-C (23.6 mm x 15.8mm) da 12.3 Megapixel e<br />

un’ottica zoom Nikkor AF- S DX 18-105mm f/3.5 - 5.6G ED<br />

VR, con lunghezza focale effettiva di 27-157mm. Tutte le<br />

immagini sono state scattate in formato raw e successivamente<br />

convertite in formato .jpg high quality, mantenendo<br />

una risoluzione in pixel di 4288 x 2848 in cui le dimensioni<br />

del singolo pixel corrispondono a 5.5 μ.<br />

Il rilievo fotografico della stele Ducati 12 ha prodotto un<br />

dataset di 92 immagini, mentre l’urna raffigurante la scena<br />

dell’uccisione del cinghiale da parte di Meleagro ha richiesto<br />

un totale di 121 immagini. Per il rilievo dell’urna di<br />

Eteocle e Polinice sono state realizzate complessivamente<br />

83 immagini.<br />

Nell’ambito delle soluzioni software dedicate alla fotogrammetria<br />

e alla Computer Vision esistono applicazioni freeware<br />

e open-source che tuttavia soffrono di diverse limitazioni<br />

(numero di fotografie utilizzabili limitato, compressione del<br />

dato fotografico, poca accessibilità a strumenti di editing<br />

e di esportazione, ecc.). Per il progetto D12 la software<br />

house italiana 3Dflow ha messo a disposizione la versione<br />

3.7 di 3DF Zephyr, un’applicazione proprietaria (Toldo et<br />

alii 2013) già impiegata in ambito archeologico (Finotti et<br />

Fig. 7 -Displacement per ottenere la geometria ricostruita dei disegni scolpiti in<br />

tutti i loro dettagli.<br />

alii 2015; Toldo et alii 2015) che consente la ricostruzione<br />

tridimensionale di una scena o di un oggetto a partire<br />

da fotografie o video, attraverso l’impiego di algoritmi di<br />

Structure from Motion e fotogrammetria.<br />

Il processo di ricostruzione 3D all’interno dell’applicativo si<br />

articola in quattro fasi principali: orientamento delle fotocamere,<br />

generazione della nuvola di punti densa, creazione<br />

della mesh poligonale e generazione della texture fotografica.<br />

Per ognuno dei manufatti presi in analisi il processo di ricostruzione<br />

è avvenuto utilizzando i settaggi semi-automatici<br />

del programma preferendoli alla regolazione manuale dei<br />

singoli parametri delle quattro fasi, anche per testare la<br />

bontà del procedimento automatico.<br />

Per ciascuna fase della ricostruzione 3D, l'elaborazione è<br />

stata avviata selezionando i preset a dettagli elevati, su<br />

una workstation dotata di processore Intel Core i7 – 7410MQ<br />

a 2.50 Ghz, memoria RAM a 16 Gb e scheda grafica Nvidia<br />

Geforce GTX 970M DDR 5 a 6 Gb.<br />

Le tempistiche di elaborazione dei dati vengono riportate<br />

nella tabella in basso:<br />

Tabella 1. Tempi di elaborazione del software 3DF Zephyr 3.7–settaggi delle fasi a<br />

dettagli elevati<br />

Fig. 8 - Ritorno alla fisicità con i vari tipi di Stampa 3D.


Di seguito vengono riportate le proprietà delle singole nuvole<br />

di punti e mesh dei tre diversi manufatti in analisi, e gli<br />

errori finali ottenuti:<br />

Tabella 2. Dettagli delle nuvole di punti e delle mesh generate<br />

Fig. 9 – Stampa in pietra di porzione della stele D12.<br />

Tabella 3. Errori ottenuti a<br />

seguito della scalatura dei<br />

modelli 3Dtramite misure<br />

prese su target posizionati<br />

sulla scena.<br />

RIELABORAZIONI DIGITALI - LA MESH DEL REPERTO<br />

Tutti i sistemi di rilievo tridimensionale con tecniche di<br />

campionamento (SFM, laserscanner, luce strutturata, sensori<br />

di profondità, ...) producono un risultato finale composto<br />

da una serie di punti colorati posizionati nello spazio<br />

3D (normalmente, e da ora in poi, denominata pointcloud).<br />

Purtroppo, una pointcloud non è molto utile alle operazioni<br />

comuni di visualizzazione e indagine, perché non rappresenta<br />

ancora un oggetto con proprietà fisiche (sebbene digitali)<br />

di superficie. L’interpretazione più automatica possibile<br />

e che richiede il minor scostamento dalle misure di rilievo<br />

dirette è la mesh, ovvero una maglia di triangoli, uniti<br />

gli uni agli altri, che segue in modo statisco l’andamento<br />

della pointcloud. Una mesh, più o meno fitta e pesante a<br />

seconda della qualità geometrica richiesta, rappresenta il<br />

modello matematico più semplice e generico col quale si<br />

può rappresentare in modo digitale un oggetto fisico; tutti<br />

i software dell’ambito della modellazione tridimensionale<br />

sono in grado di leggerla e gestirla, ovviamente con strumenti<br />

e potenzialità differenti. Nel nostro caso, applicando<br />

tecniche di rilievo fotografico, abbiamo anche a disposizione<br />

l’informazione del colore dei punti: informazione che<br />

la mesh conserva sotto forma di immagine raster associata<br />

all’oggetto (texture; Fig. 5).<br />

Per lo sviluppo di questa parte di ricerca è stato adottato<br />

Blender quale software 3D di visualizzazione, gestione, manipolazione<br />

delle superfici mesh tridimensionali per una serie<br />

di motivazioni: gratuito, multipiattaforma, non richiede<br />

hardware specifico, dispone di un set completo di strumenti<br />

in ogni ambito del 3D richiesto (modellazione poligonale,<br />

texturing, sculpting, rendering), richiede una curva di apprendimento<br />

lineare. Purtroppo, le mesh derivate da procedimenti<br />

di campionamento sono spesso difetti che è bene<br />

risolvere prima di procedere oltre, così che le fasi successive<br />

siano più efficienti e snelle.<br />

Le operazioni si possono raggruppare tipicamente in:<br />

4filtraggi statistici automatici; calcoli complessivi da applicare<br />

sulla base di parametri (rimozione dei punti isolati,<br />

levigatura di punte di rumore, interpretazione mesh, decimazione,<br />

etc …)<br />

4interventi con strumenti assistiti; interventi puntuali su zone<br />

specifiche del modello in cui valutare e correggere problematiche<br />

dei risultati o mancanza di informazioni (chiusura di<br />

piccoli fori, rimozione di triangoli intersecati, etc …)<br />

4modellazione di completamento; creazione di parti mancanti<br />

o non risolte sufficientemente bene dagli algoritmi<br />

di rilievo (incavi troppo pronunciati, superfici inaccessibili,<br />

incoerenza dei dati fotografici, etc…)<br />

40 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong><br />

Figg. 10, 11 – Residui pigmentari sulla stele individuati attraverso microscopia.


Tecnologie per i Beni Culturali 41<br />

Figg. 12, 13 - Evidenti tracce di colore sull’urna IT1275 con identificazione dei pigmenti attraverso le indagini<br />

Se il lavoro di rilievo fotografico e di restituzione è stato<br />

fatto con una buona attenzione, in realtà queste operazioni<br />

sono piuttosto di routine e non necessitano di competenze<br />

avanzate ma solo di un buon protocollo di applicazione.<br />

Il prodotto di questa fase intermedia di trattamento dati è<br />

una mesh, della più alta qualità ottenibile dal rilievo, con<br />

relativa texture a colori, possibilmente chiusa in uno o più<br />

solidi. L’esperienza insegna che in questa fase è molto utile<br />

produrre, oltre la mesh di alta qualità che resta sorgente<br />

delle indagini, una o più versioni a diversa definizione (LOD<br />

contrazione di Level Of Details), così da poter soddisfare le<br />

diverse esigenze di livello di approfondimento successivo:<br />

una mesh per la pubblicazione on line richiede un numero<br />

massimo di triangoli piuttosto limitato con una buona texture<br />

di colore, così come un modello per la stampa 3D può<br />

accettare un dettaglio più accurato della forma, ma non<br />

sempre necessita del colore. Inoltre, la mesh di alta qualità<br />

può essere talmente dettagliata da richiedere hardware di<br />

buon livello - spesso eccessivo rispetto all’indagine in corso<br />

- per essere interrogata nella sua forma completa (Fig. 6).<br />

Rielaborazioni 3D del reperto<br />

La mesh di alta qualità permette una serie di rielaborazioni<br />

particolarmente interessanti in svariate aree di indagine e<br />

speculazione scientifica.<br />

La prima applicazione pratica sperimentata è la ricostruzione<br />

del manufatto riportato all’integrità della sua forma<br />

ipotetica appena realizzato.<br />

La stele D12 si presta molto bene a questo tipo di intervento<br />

perché si può distinguere la sua forma principale (sostanzialmente<br />

un semplice solido di estrusione) dai dettagli<br />

scolpiti su di essa in bassorilievo. La tecnica utilizzata è<br />

stata pertanto quella del displacement: dopo aver creato<br />

il modello del solido principale, è stata creata un’apposita<br />

texture map con descrizione dei livelli di grigio associata<br />

alla profondità del rilievo della superficie, così da ottenere<br />

la geometria ricostruita dei disegni scolpiti in tutti i loro<br />

dettagli. (Fig. 7)<br />

Il vantaggio di questa tecnica, applicabile solo in determinati<br />

contesti, è la possibilità di intervenire rapidamente sulla<br />

texture (una semplice immagine bitmap) per controllare i<br />

disegni e il loro rilievo, così da poter esplorare diverse ipotesi<br />

di completamento dei dettagli, fino a trovare il giusto<br />

equilibrio fra disegno e profondità.<br />

Il modello dell’urnetta cineraria di Eteocle e Polinice purtroppo<br />

risultava incompleto per la parte interna (inaccessibile<br />

alla tecnica fotografica) e la superficie sottostante:<br />

pertanto è stato necessario modellare una sorta di piedistallo<br />

e le superfici interne, dando però loro un carattere<br />

estremamente lineare così che fosse evidente la loro estraneità<br />

dal reperto originale.<br />

Ritorno alla fisicità<br />

Sull’urnetta cineraria di Eteocle e Polinice IT 1284 si è indagato<br />

il ruolo delle potenzialità di prototipazione rapida<br />

(stampa 3D e calchi) per creare riproduzioni in scala dell’oggetto<br />

rilevato così da valutare due tecniche di pittura con<br />

finalità completamente distinte:<br />

4una verniciatura con shading diluito, per esaltare gli incavi<br />

della geometria e leggere meglio i dettagli di forma;<br />

4la ripittura di un calco in gesso bianco e in gesso colorato<br />

per verificare varie ipotesi di pigmentazione originale.<br />

Di tutti gli oggetti rilevati in modo completo sono state riprodotte<br />

copie in scale diverse tramite stampante 3d in ABS<br />

così da avere ausili fisici di confronto in ogni sessione di<br />

gruppo di lavoro per valutare possibilità di ulteriori indagini,<br />

idee di comunicazione, dettagli da approfondire (Fig. 8<br />

a, b, c).<br />

Attualmente è in fase verifica la stampa di una copia in pietra<br />

alleggerita in scala 1:1 della stele. Per il momento sono<br />

state fatte prove di stampa a campione di alcune porzioni<br />

significative. L’aspetto più delicato di questa fase è la valutazione<br />

delle finalità che un oggetto di questo tipo possa<br />

permettere al di là di una semplice riproduzione dell’originale.<br />

La disponibilità di materiali di stampa e di rivestimento<br />

superficiale con caratteristiche del tutto peculiari<br />

(ad esempio la fotoluminescenza...) aprono la strada a tecniche<br />

di comunicazione visiva tutte da esplorare in campo<br />

museale (Fig. 9).<br />

Risultati dopo la prima fase di avviamento:


4promuovere una semplice campagna di rilievo tridimensionale<br />

a costo minimo “costringe” ad una catalogazione<br />

digitale di altre informazioni del singolo oggetto;<br />

4il modello tridimensionale permette un confronto collaborativo<br />

scientifico snello e multidisciplinare;<br />

4la replica prototipale in scala dell’oggetto stimola e agevola<br />

il confronto scientifico multidisciplinare;<br />

4le informazioni digitali complete permettono una adeguata<br />

programmazione delle indagini di approfondimento;<br />

4il modello 3d a colori leggero permette una pubblicazione<br />

on line su diverse piattaforme web di divulgazione.<br />

LA POLICROMIA RIEMERGE<br />

Il progetto ”D12”, dal punto di vista scientifico, intende<br />

dare nuova luce agli studi riguardanti la policromia sui manufatti<br />

di epoca etrusca.<br />

Se tali studi sono ben sviluppati sulla statuaria classica e in<br />

generale sulla produzione artistica anche del mondo etrusco<br />

(Barbieri 2015, Brøns et alli 2016), manca una ricerca<br />

approfondita e puntuale sulle stele felsinee: il Museo Civico<br />

Archeologico di Bologna, grazie alla sua preziosa collezione,<br />

è sicuramente il punto di riferimento per questo tipo<br />

di analisi.<br />

Già negli anni passati si è sviluppato un progetto di studio su<br />

un corpus di stele di età orientalizzante della collezione del<br />

Museo: i risultati ottenuti hanno permesso di sviluppare con<br />

entusiasmo nuove prospettive di ricerca anche sulle altre<br />

stele di epoca successiva (Marchesi 2011).<br />

Oltre alle stele nella ricerca sono state incluse due urne<br />

etrusche sempre conservate nelle collezioni del Museo Archeologico:<br />

la comparazione dei dati provenienti dai due<br />

diversi manufatti, per quanto riguarda la policromia, può<br />

aiutare a ricostruire una storia dell’uso del colore in ambito<br />

etrusco.<br />

Per la mappatura del colore ci si è avvalsi dell’uso della fluorescenza<br />

ultravioletta (UV), al fine di identificare i residui di<br />

materiale sopravvissuto: va ancora una volta specificato che<br />

l’uso della tecnica UV, anche in presenza di fluorescenze caratteristiche,<br />

non è definitivo per discriminare il pigmento,<br />

ma fornisce un supporto utile ad identificarne la presenza.<br />

Grazie ai risultati derivanti dalle indagini svolte negli anni<br />

passati, l’UV è stata utilizzata anche per provare a riportare<br />

alla luce quelle parti di iconografia perduta a causa del<br />

degrado della pietra.<br />

Definire uno standard di applicazione delle metodologie<br />

scientifiche basate sull’uso delle radiazioni provenienti dal<br />

campo elettromagnetico più prossimo al nostro campo visivo,<br />

appare di non facile attuazione per quanto riguarda<br />

lo studio delle stele: è infatti la natura del manufatto a<br />

giocare un ruolo fondamentale. L’arenaria può presentare<br />

caratteristiche molto differenti anche in blocchi di pietra che<br />

derivano da una stessa cava e per questo il supporto può<br />

rispondere in maniera differente alle sollecitazioni derivanti<br />

dall’irraggiamento UV o da altre luci solitamente usate per<br />

le indagini diagnostiche. Per questa ragione le immagini UV<br />

sulla stele Ducati 12 sono state catturate utilizzando filtri<br />

diversi rispetto a quelli utilizzati per altre stele, dopo aver<br />

provato differenti combinazioni di filtri per l’assorbimento<br />

delle radiazioni UV.<br />

Oltre al parziale recupero dell’iconografia, l’altro obiettivo<br />

delle indagini è l’identificazione del colore sui manufatti in<br />

arenaria; è oramai indubbio che le stele fossero policrome,<br />

ma in qual misura è ancora tutto da definire: vi sono esempi<br />

di stele monocrome, ma nella collezione del museo non vi<br />

sono evidenti esempi di policromia sopravvisuta.<br />

L’UV non ha mostrato quelle tipiche fluorescenze che fanno<br />

ricondurre all’uso del colore e si è quindi passati ad un’ispezione<br />

del manufatto attraverso l’utilizzo di un microscopio<br />

con ingrandimenti fino a 900x. L’analisi della stele attraverso<br />

microscopia ha reso possibile riconoscere minime parti di<br />

residui pigmentari, che non consentono un riconoscimento<br />

esatto del tipo di colore utilizzato ma che confermano l’esistenza<br />

di policromia sulla stele (Figg. 10 e 11).<br />

Un diverso tipo di approccio è stato riservato alle urne etrusche,<br />

in cui sussistono evidenti tracce di colore (Fig.12): l’identificazione<br />

dei pigmenti attraverso le indagini multispettrali<br />

(Fig. 13) e quelle chimiche potrà consentire uno studio<br />

approfondito non solo sulla tecnica utilizzata, ma anche una<br />

prima definizione sull’uso simbolico delle cromie.<br />

CONCLUSIONI<br />

La ricerca sul campo ha dimostrato che le possibilità tecnologiche,<br />

anche a basso costo e impatto, sono ormai disponibili<br />

e mature, semmai la difficoltà sta proprio nel valutare<br />

quali di esse e con quali modalità inserire nell’operato<br />

abituale e quotidiano di un’istituzione museale, senza che<br />

divenga un impegno gravoso di apprendimento e di risorse.<br />

Il più grande ostacolo è superare quell’inerzia culturale-mentale<br />

ancorata ai sistemi analogici tradizionali, a<br />

fronte di un mondo digitale che ha già più di una volta deluso<br />

le aspettative concrete, vendendo sogni futuribili poco<br />

consistenti. Persiste dietro ogni progetto di sviluppo virtuale<br />

il rischio di scivolare in realizzazioni troppo viziate da<br />

un effetto gadget, a discapito dei contenuti estremamente<br />

concreti ottenibili con qualche piccolo supporto professionale<br />

in sede di programmazione.<br />

Le tecnologie digitali possono affiancare le tradizionali<br />

esperienze museali senza nulla togliere, anzi, aggiungendo<br />

enormi potenzialità esperienziali per un pubblico che -sempre<br />

di più- desidera capire, oltre che essere affascinato.<br />

Gli strumenti digitali stanno comunque diffondendosi e,<br />

prima o poi, sarà necessario adeguarsi all’offerta comunicativa:<br />

muovendosi in anticipo sarà più facile controllare il<br />

risultato finale, garantendo una buona qualità con il tempo<br />

necessario per predisporla. Bastano poco lavoro e poco denaro<br />

per ottenere vantaggi enormi.<br />

Questa ricerca, così come deve essere nell’ambito sperimentale,<br />

è un “work in progress” e continuerà ad esserlo, nell’idea<br />

di un laboratorio multidisciplinare aperto; questi risultati<br />

sono solo la prima parte di un programma più ampio.<br />

Attualmente in programmazione sono stati già individuate<br />

sperimentazioni di altre tecnologie di rilievo (es. scanner<br />

a luce strutturata), lo sviluppo della piattaforma di condivisione<br />

e dell’interfaccia di gestione dati, l’esplorazione<br />

delle potenzialità comunicative delle stampe 3d, l’ampliamento<br />

dei reperti di casi studio.<br />

Abstract<br />

The Archaeological Museum of Bologna has tested the application of digital<br />

technologies on some objects within the project "D12", aimed to connect 3D<br />

documentation with polychromy data. An Etruscan stela from Bologna, called<br />

“Ducati 12”, gives its name to the project.<br />

3D scanning tests made on some Etruscan artifacts within the project prove<br />

that nowadays archaeological and artistic material can be investigated through<br />

a low-cost, time-saving and reliable approach.<br />

Several 3D virtual data digital technologies were tested and after the postprocessing<br />

treatment some real applications on 3D data were realized.<br />

Multispectral and chemichal investigations were carried out on the objects.<br />

The results achieved allow to undertake an effective research project for the<br />

reconstruction of the polychromy in Etruscan age.<br />

42 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 43<br />

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Images, VAST 2001: virtual reality, archaeology, and cultural heritage, New York:<br />

Association for Computing Machinery, 255-262.<br />

Toldo R., Fantini F., Giona L., Fantoni S. & Fusiello A. (2013), Accurate Multiview<br />

Stereo Reconstruction with Fast Visibility Integration and Tight Disparity Bounding,<br />

ISPRS-International Archives of the Photogrammetry, Remote Sensing and<br />

Spatial Information Sciences. 1, 1, 243-249.<br />

Toldo R., Gherardi R., Farenzena M. & Fusiello A. (2015), Hierarchical structure-and-motion<br />

recovery from uncalibrated images, Computer Vision and Image<br />

Understanding 140, 127-143.<br />

Verri G. (2009), The spatially resolved characterisation of Egyptian blue, Han<br />

blue and Han purple by photo-induced luminescence digital imaging, Analytical<br />

and Bioanalytical Chemistry 344, 4, 1011-1021.<br />

Westoby M.J., Brasington J., Glasser N.F., Hambrey M.J. & Reynolds J.M. (2012),<br />

‘Structure-from-Motion’ photogrammetry: a low-cost, effective tool for geoscience<br />

applications, Geomorphology 179, 300-314.<br />

Parole Chiave<br />

Musei; Archeologia; documentazione; SFM; 3Dscannning; photogrammetry;<br />

diagnostic<br />

Autore<br />

Federica Guidi<br />

federica.guidi@comune.bologna.it<br />

Marinella Marchesi<br />

marinella.marchesi@comune.bologna.it<br />

Museo Civico Archeologico di Bologna<br />

Giacomo Vianini<br />

giacomo.vianini@3dflow.net<br />

3Dflow S.r.l.<br />

Pier Carlo Ricci, Michele Agnoletti<br />

box@artificiodigitale.com<br />

Artificio Digitale Snc<br />

Andrea Rossi<br />

laboratorio.diar@gmail.com<br />

DI.AR Laboratorio di Diagnostica per i Beni Culturali<br />

DEI, FARAONI E UOMINI<br />

Seguici su<br />

www.cultouractive.com


AZIENDE E PRODOTTI<br />

IL NUOVO DESIGN SCANARM 2.0 MIGLIORA IL FLUSSO<br />

DI LAVORO DELLA PROGETTAZIONE DEI PRODOTTI<br />

La nuova soluzione CAM2 di prossima generazione, il<br />

Design ScanArm 2.0, studiato specificatamente per risolvere<br />

le problematiche e soddisfare i requisiti più<br />

complessi nell'ambito della progettazione e ingegneria<br />

di prodotti, offre una combinazione straordinaria<br />

di caratteristiche quali flessibilità, affidabilità, valore<br />

e prestazioni grazie ad un'accuratezza, risoluzione ed<br />

ergonomia eccezionali.<br />

Prestazioni<br />

Il nuovo Design ScanArm 2.0 offre un miglioramento<br />

dell'accuratezza del sistema fino al 25% rispetto ai prodotti<br />

della generazione precedente. Progettisti e ingegneri<br />

di prodotto possono contare su un output della<br />

progettazione del mondo reale che rispecchia ancor<br />

più fedelmente l'aspetto, la sensazione e la geometria<br />

complessa dell'oggetto originale. Inoltre l'aggiunta della<br />

sonda di scansione HD CAM2 Blu, che integra l’avanzata<br />

tecnologia al laser blu con una scansione rapida fino<br />

a 600.000 punti al secondo, consente di ottimizzare la<br />

produttività.<br />

Flessibilità e portabilità<br />

Il braccio CAM2 Design ScanArm 2.0, caratterizzato da<br />

un’elevata manovrabilità, è ora disponibile in tre opzioni<br />

di lunghezza (2,5 m, 3,5 m e 4 m) consentendo<br />

all'utente finale di selezionare il modello che meglio<br />

si adatta ai propri obiettivi specifici di progettazione.<br />

Comprende inoltre due batterie sostituibili a caldo che<br />

consentono un funzionamento continuo, senza la necessità<br />

di ricorrere all'alimentazione esterna. Gli utenti<br />

possono ora “portare” la scansione al progetto invece<br />

di fare il contrario.<br />

Usabilità<br />

L'ergonomia ottimizzata e la riduzione del peso complessivo<br />

del 25% contribuiscono a ridurre la fatica dell'operatore.<br />

Questo passo in avanti in termini di comodità,<br />

nonché la migliore manovrabilità, accresce significativamente<br />

la produttività, facilitando un uso continuo per<br />

periodi prolungati durante la giornata di lavoro.<br />

Design ScanArm 2.0 offre un nuovo livello di efficienza<br />

con l'integrazione di un sistema di sonde cinematiche<br />

intelligenti per progetti che richiedono misurazioni a<br />

contatto. Questo sistema comprende una funzionalità<br />

di sgancio rapido senza utensili per il collegamento/<br />

scollegamento rapido, consentendo agli operatori di<br />

passare velocemente da progetti con misurazione a<br />

contatto a quelli senza contatto in breve tempo e senza<br />

sforzi per cambiare e ricalibrare le sonde.<br />

"Nel 2016 la combinazione delle nostre tecnologie e<br />

della straordinaria comprensione delle esigenze degli<br />

ingegneri di progettazione ci permette di favorire un<br />

miglioramento dell’efficienza nel flusso di lavoro della<br />

progettazione dei prodotti", afferma Thorsten Brecht,<br />

Senior Director, Product Design Vertical. "Il Design ScanArm,<br />

già nella prima versione contribuiva a portare<br />

avanti la nostra mission e sulla base dei feedback ricevuti<br />

abbiamo poi sviluppato la generazione successiva<br />

di ScanArm che garantisce un ancor maggiore flessibilità,<br />

accuratezza e un'ergonomia ottimizzata, incentrata<br />

sull'operatore".<br />

Il CAM2 Design ScanArm è disponibile per un preventivo<br />

immediato.<br />

Per ulteriori informazioni consultare il sito:<br />

http://www.faro.com<br />

NUOVA STA-<br />

ZIONE TOTALE<br />

TOPCON GM-<br />

100 MASSIMA<br />

PRECISIONE<br />

DI RILIEVO E<br />

PERFORMAN-<br />

CE AVANZATE<br />

Topcon Positioning<br />

Group<br />

annuncia la<br />

nuova stazione<br />

totale GM-<br />

100 progettata<br />

per fornire un potente distanziometro assieme ad<br />

una tecnologia di comunicazione avanzata.<br />

"Ha le ultime tecnologie in un disegno contenuto ed intelligente"<br />

ha dichiarato Ray Kerwin, direttore generale<br />

dei prodotti per il rilievo. "Qualsiasi operazione di rilievo<br />

si stia realizzando sia di run sito che di un rilievo<br />

a fine costruzione, lo strumento da il massimo delle<br />

performance con la migliore precisione della sua classe<br />

fino a 6000 metri di misura della distanza con un errore<br />

di 1.5 mm + 2 ppm con un prisma e fino 1000 m e 2 mm<br />

+ 2 ppm senza riflettore."<br />

La stazione totale GM-100 è dotata di una compensazione<br />

dual-axis progettata per garantire misure stabili<br />

anche per rilievi su terreni difficili, correggendo in automatico<br />

sia gli angoli orizzontali che verticali.<br />

Lo strumento offre una tecnologia Bluetooth integrata<br />

senza antenna esterna, necessaria per la connettività<br />

con il controller.<br />

Altre caratteristiche includono 50.000 punti di memoria<br />

interna e fino a 32 GB di memoria USB, così come fino<br />

a 28 ore di durata della batteria e certificazione IP66.<br />

Per ulteriori informazioni, visitare:<br />

topconpositioning.com.<br />

44 ArcheomaticA N°4 4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 45<br />

Crediti: 3DResearch srl<br />

PROGETTO MUSAS: DIGITALIZZAZIONE 3D DEI REPERTI<br />

DI EGNAZIA<br />

Lo scorso agosto è iniziato il progetto MUSAS "Tutela,<br />

valorizzazione e messa in rete del Patrimonio Archeologico<br />

Subacqueo" (Campania, Calabria e Puglia). Ad oggi<br />

sono state completate le operazione di acquisizione tridimensionale<br />

dei reperti archeologici di provenienza<br />

subacquea conservati al Museo Archeologico Nazionale<br />

‘Giuseppe Andreassi’ di Egnazia (Fasano, BR) grazie al<br />

meticoloso lavoro dei tecnici della 3D Research, spinoff<br />

del Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università<br />

della Calabria.<br />

Questa operazione di digitalizzazione rientra nel progetto<br />

MUSAS, diretto dall’archeologa dell’Istituto Superiore<br />

per la Conservazione e Restauro Barbara Davidde<br />

Petraggi (direttore anche del progetto Restaurare<br />

sott'acqua che ha permesso di fissare strategie, modelli<br />

e best practices per la messa in sicurezza e il restauro<br />

del patrimonio archeologico subacqueo). Lo scopo<br />

del progetto MUSAS è quello di sperimentare su scala<br />

sovraregionale un modello integrato di monitoraggio e<br />

valorizzazione del patrimonio archeologico sommerso,<br />

nelle collezioni museali e in situ, in modo da realizzare<br />

metodologia applicabili anche ad altri siti. Tutte le ricostruzioni<br />

3D fra cui tantissime anfore, ancore litiche,<br />

un’enorme dolium e una statuetta bronzea femminile<br />

saranno inserite su un portale web per la fruizione del<br />

Museo Virtuale dell’Archeologia Subacquea, al momento<br />

è in fase di progettazione. La peculiarità del progetto<br />

MUSAS è la realizzazione di un sistema di esplorazione<br />

aumentata del sito di Egnazia e la creazione di una<br />

rete di sensori sottomarini innovativi e flessibili per il<br />

monitoraggio ambientale, fondamentali per studiare lo<br />

stato di conservazione dei siti subacquei. Oltre alle<br />

acquisizioni 3D, sono previste attività di ricognizione e<br />

analisi del porto cittadino, le cui strutture sono in parte<br />

sommerse dinanzi l’acropoli. Anche in questo caso<br />

un’analisi tridimensionale dei manufatti consentirà di<br />

aumentare le possibilità di fruizione e conoscenza del<br />

sito archeologico di Egnazia.<br />

Dopo Baia ed Egnazia, il progetto MUSAS si sposterà più<br />

a Sud: le prossime tappe previste sono Crotone e Capo<br />

colonna.<br />

MULTISATION LEICA NOVA MS60<br />

Per soddisfare le esigenze di un mondo in continua crescita<br />

ed evoluzione, Leica ha sviluppato l’unica MultiStation al<br />

mondo che unisce tutte le tecnologie di misura in un unico<br />

strumento. Ed ha reso questo strumento ancora più intelligente.<br />

La MultiStation Leica Nova MS60 è l’unica MultiStation<br />

al mondo dotata di apprendimento automatico, in grado di<br />

adattarsi autonomamente e continuamente a qualsiasi ambiente.<br />

L'esperienza d'uso è stata migliorata attraverso la sovrapposizione<br />

di nuvole di punti, dati misurati e modelli 3D,<br />

il tutto in un'unica vista. La visualizzazione è stata ottimizzata<br />

grazie ad un nuovo schermo da 5''. Le capacità uniche<br />

della MultiStation Leica Nova offrono realmente una nuova<br />

esperienza nel campo della misura.<br />

Software coinvolgente<br />

La MultiStation Leica Nova MS60 è caratterizzata dal rivoluzionario<br />

software Leica Captivate, in grado di trasformare<br />

dati complessi in realistici e pratici modelli 3D.<br />

Con applicazioni facili da utilizzare e l’intuitiva tecnologia<br />

touch, qualsiasi tipo di misura e di dati del progetto può essere<br />

visto in ogni dimensione.<br />

Leica Captivate gestisce tutti i campi di applicazione con<br />

poco più di un semplice tocco, indipendentemente che lavoriate<br />

con il GNSS o con le Stazioni Totali o entrambi.<br />

Il Customer Care a un solo click di distanza<br />

Grazie ad Active Customer Care (ACC), la rete globale di professionisti<br />

è a solo un click di distanza per aiutarvi a risolvere<br />

qualsiasi problema. Eliminate i ritardi con un efficiente<br />

servizio di supporto tecnico, terminate i lavori più velocemente<br />

con un eccellente servizio di consulenza. Ottimizzate<br />

i tempi grazie al servizio di ricezione ed invio dati dal campo.<br />

Scegliete il CCP più adatto alle vostre esigenze, assicurandovi<br />

copertura sempre e comunque.<br />

Pacchetti software diversi, una soluzione coinvolgente<br />

Una gamma di software intuitivi per qualsiasi applicazione,<br />

che offre la possibilità di scegliere come si intende lavorare:<br />

Leica MultiWorx per AutoCAD, Leica Cyclone, Leica GeoMos,<br />

Leica Infinity, diversi pacchetti software Hexagon possono essere<br />

integrati nel flusso di lavoro per creare soluzioni personalizzate<br />

per ogni specifica esigenza. Qualunque cosa scegliate,<br />

potrete godere di un'esperienza coinvolgente che va ben al di<br />

là della semplice gestione di dati.<br />

www.geomatica.it<br />

www.3dresearch.it


EVENTI<br />

21 – 23 MARZO 2018<br />

XXV edizione del Salone del<br />

Restauro dei Musei e delle<br />

Imprese Culturali<br />

Ferrara (Italy)<br />

Website: http://www.<br />

salonedelrestauro.com<br />

26 – 29 MARZO 2018<br />

3rd International Conference<br />

on Innovation in Art Research<br />

and Technology - inArt 2018<br />

Parma (Italy)<br />

Website: www.inart2018.unipr.it<br />

17 – 20 APRILE 2018<br />

Archiving 2018: Digitization,<br />

Preservation, and Access<br />

Washington (USA)<br />

Website: https://goo.gl/<br />

SpnVFm<br />

16 - 17 MAGGIO 2018<br />

Conferenza Esri Italia 2018<br />

www.esriitalia.it<br />

Roma<br />

16 - 18 MAGGIO 2018<br />

Salone Biennale dell'Arte e del<br />

Restauro di Firenze<br />

Firenze (Italy)<br />

Website: www.<br />

salonerestaurofirenze.com<br />

23 – 25 MAGGIO 2018<br />

YOCOCU 2018 – Dialogues in<br />

Cultural Heritage<br />

Matera (Italy)<br />

website: www.yococu2018.com/<br />

24 - 25 MAGGIO<br />

2018Culture and Computer<br />

Science<br />

Berlino (Germany)<br />

inka.htw-berlin.de/kui/18/<br />

3-7 GIUGNO 2018<br />

ISPRS Symposium "Towards<br />

Photogrammetry 2020"<br />

Riva del Garda (Italy)https://<br />

goo.gl/1c5muu<br />

18 – 20 GIUGNO 2018<br />

Museum Next Europe 2018<br />

Londra (United Kingdom)<br />

Website: www.museumnext.com<br />

24 - 27 GIUGNO 2018<br />

SALENTO AVR 2018<br />

Otranto (Italy)<br />

www.salentoavr.it<br />

3 – 6 LUGLIO 2018<br />

34° Convegno Internazionale<br />

Scienza e Beni Culturali<br />

Bressanone (Italy)<br />

www.scienzaebeniculturali.it<br />

22 - 27 LUGLIO 2018<br />

Scientific Methods in Cultural<br />

Heritage Research - Gordon<br />

Research Conference<br />

Castelldefels (Spain)<br />

www.grc.org/scientificmethods-in-cultural-heritageresearch-conference/2018/<br />

26 – 28 SETTEMBRE 2018<br />

XXI NKF Congress – Cultural<br />

heritage facing catastrophe:<br />

prevention and recoveries<br />

https://www.nkf2018.is/<br />

ReyKjavik (Iceland)<br />

46 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2017</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 47

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