Febbraio 2018
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Livorno<br />
Anno 32 - N° 647<br />
<strong>Febbraio</strong><br />
<strong>2018</strong><br />
non stop<br />
Omaggio<br />
mensile indipendente «strettamente» livornese<br />
FOTO ONORATI<br />
All’interno:<br />
La storia di un deportato livornese sopravvissuto ad Auschwitz<br />
Quei due pugni ben assestati<br />
fuori dal ring di Isacco Bayona<br />
Romanzo<br />
famigliare,<br />
cosa ci ha<br />
lasciato?<br />
La pittura<br />
livornese
▲▲▲ ▲▲▲<br />
▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
2 editoria<br />
ricordo<br />
Ciao NonnoCesare!<br />
Sergio Bernardeschi, nipote di Cesare Favilla, nostro<br />
indimenticabile collaboratore scomparso il 1° gennaio<br />
scorso, ci ha inviato questo suo affettuoso ricordo.<br />
Ai miei pochi affezionati lettori… Probabilmente è così che<br />
avrebbe iniziato il suo prossimo articolo ma, purtroppo, il<br />
Sor Cesare, come amava sentirsi chiamare, ha lasciato questo<br />
strano mondo ingarbugliato che lui stesso ha visto<br />
mutare, sgretolarsi con la grande guerra e risorgere e mutare<br />
nuovamente durante i suoi novantadue anni.<br />
Cesare era mio nonno… ma detto così, adesso, sembra<br />
riduttivo. Quindi chi era?<br />
Non spenderò parole per descrivere la sua brillante carriera<br />
piena di traguardi e conquiste, le sue due lauree e la sua<br />
cattedra all’università del Maryland; sicuramente ci sono<br />
tante persone più qualificate di me per questo.<br />
Io ho avuto modo di conoscerlo in un’altra fase della sua<br />
vita, ed anche se ora quel tempo trascorso assieme sembra<br />
essere passato troppo in fretta, posso solo dire di essere<br />
stato fortunato.<br />
Non era una persona qualsiasi, è chiaro. Severo e rigoroso<br />
in un primo momento: questo era solo lo strato più superficiale<br />
della sua personalità. Una volta tolta la copertina,<br />
dimostrava subito un animo dolce, pronto ad aiutare il<br />
prossimo e a guidare ed ammonire i più giovani, come me,<br />
cercando di non farli deragliare dai tumultuosi binari della<br />
vita.<br />
La battuta pronta e pungente era sicuramente una delle<br />
sue numerose caratteristiche. Riusciva sempre a meravigliare<br />
qualsiasi interlocutore, anche chi aveva la metà dei<br />
suoi anni. Nessuno si aspettava mai una tale prontezza di<br />
spirito. Ed io, che assistevo ai suoi giri di parole, non potevo<br />
far altro che sorridere, alle volte con lieve imbarazzo, ma<br />
in verità, vi dico, l’ho sempre ammirato!<br />
Di cose da insegnarci ne aveva da riempire libri interi, e<br />
infatti ne ha scritti diversi. Gli piaceva la storia, in particolare<br />
di Livorno, la “capitale del mondo” come la definiva<br />
scherzando.<br />
Livorno… già! La sua amata Livorno. Conosceva ogni via<br />
e ogni palazzo costruito o ricostruito dopo la guerra. Ma<br />
era senza dubbio il nostro vernacolo labronico a farlo impazzire<br />
e a mettere in moto la sua scintilla da scrittore e<br />
poeta.<br />
La sua cultura letteraria certo non si fermava con i Quattro<br />
Mori, sia ben chiaro. Era un grande studioso dei classici<br />
maestri italiani come Dante, Leopardi e Manzoni; e forse,<br />
ora che ci penso, il mio amore per questi signori lo devo<br />
proprio al Sor Cesare.<br />
Se ancora non lo aveste capito, mio nonno era una persona<br />
decisamente eclettica. La passione che aveva per la<br />
natura era a dir poco ammirevole, passione che posso dire<br />
di condividere in pieno. L’amore per le cose che crescono,<br />
che fosse un faggio, un abete o una pianta di pomodoro<br />
non faceva differenza. Il<br />
rispetto verso la natura<br />
è un qualcosa che in lui<br />
ho sempre riscontrato<br />
con meraviglia e stupore,<br />
dato che tanti, anche<br />
tra i mei coetanei, sembrano<br />
ignorarne l’esistenza.<br />
Esattamente come la lingua<br />
inglese. Mio nonno<br />
era bilingue e fin da<br />
quando ero bambino ha<br />
sempre cercato di insegnarmi<br />
quegli strani<br />
suoni tipici delle bocche<br />
anglosassoni che poco o nulla si studiano nelle scuole<br />
italiane ma che lui ben sapeva fanno girare il mondo!<br />
Ed il mondo lui lo aveva girato! E quante cose belle ha<br />
visto… New York, Washington, Londra, Parigi, Oslo…<br />
Eppure, la capitale del mondo per lui è sempre rimasta<br />
Livorno! Una città italiana, perché dopo tanti anni si era<br />
forse accorto che le meraviglie del mondo non si devono<br />
ricercare solo oltre oceano, molte le abbiamo in casa. Città<br />
d’arte e di storia e il paesaggio che più di tutti mio nonno<br />
amava: la buona e vecchia campagna toscana.<br />
Ed è forse questo l’insegnamento più grande che ci ha<br />
lasciato: le cose che noi diamo per scontate, ad uno sguardo<br />
più attento, sono quelle più care ed importanti.<br />
Apprezzare una fresca giornata primaverile, prendersi semplicemente<br />
un minuto per capire quali piante sono in fiore<br />
e quali devono ancora sbocciare, quanti di noi riescono a<br />
farlo? Beh, lui ci riusciva.<br />
Ed ora forse mi rendo conto quanto noi “giovani” potevamo<br />
sembrargli ridicoli, preoccupati per falsi problemi, a<br />
rincorrere una libertà che senza rendercene conto, a ben<br />
guardare, è già nostra, non capendo la fortuna di un tetto<br />
e di un pasto, quando lui alla mia età era sfollato, senza<br />
alcun modo di sapere se la casa in città era stata distrutta<br />
dalle bombe.<br />
Veramente tante sono le sfaccettature che quasi ora si<br />
accalcano nella mia testa e vorrebbero trovare il giusto<br />
spazio tra queste righe, ma, come mi capitava di leggere<br />
nei suoi articoli, non voglio correre certo il rischio di annoiare<br />
quei pochi lettori che fin qui si sono spinti.<br />
Concludo, con la sensazione che tutti questi insegnamenti,<br />
questi pensieri, hanno dato vita ad una piccola favilla<br />
che rimarrà accesa in me e sicuramente in ogni persona<br />
che mio nonno ha conosciuto. Quindi sì, lui avrà anche<br />
lasciato questo strano mondo ingarbugliato, ma non del<br />
tutto.<br />
Sergio Bernardeschi
▲▲▲<br />
▲<br />
attualità<br />
3<br />
LIVORNOnonstop<br />
IL CORSO UNIVERSITARIO SORTO TREDICI ANNI FA A VILLA LETIZIA<br />
Un Polo di logistica<br />
sempre più importante<br />
di Marcello Faralli<br />
Pochi<br />
sanno che<br />
anche Livorno<br />
ha<br />
la sua facoltà<br />
universitaria<br />
denomi-<br />
LIVORNO!<br />
nata “Polo della logistica”, che<br />
ha sede a Villa Letizia. Nato<br />
tredici anni fa ha formato centinaia<br />
di giovani per soddisfare<br />
le esigenze degli operatori<br />
nel campo della logistica e non<br />
solo. L’iniziativa, nata dalla<br />
collaborazione tra l’Università<br />
di Pisa, il comune e la provincia<br />
di Livorno, la locale<br />
C.C.I.A.A., la Fondazione Livorno,<br />
cui hanno aderito 230<br />
imprese (non solo livornesi)<br />
ha visto crescere, negli anni,<br />
il numero di iscritti. Nell’intero<br />
arco dell’attività si sono<br />
laureati 250 studenti con un<br />
tasso di occupazione, entro<br />
l’anno, del 60%. Mentre negli<br />
ultimi tre anni si sono registrate<br />
450 immatricolazioni con una<br />
percentuale di laureati del 40%<br />
che, tenuto conto di un alto<br />
numero di studenti lavoratori,<br />
è un ottimo risultato.<br />
L’instancabile lavoro della direttrice,<br />
prof.ssa Giovanna<br />
Colombini, e della coordinatrice<br />
dott.ssa Giovanna Carcea,<br />
ha permesso di raggiungere<br />
anche un altro importante<br />
obiettivo: l’istituzione, da que-<br />
La splendida Villa Letizia che ospita, per conto dell’Università<br />
di Pisa, la sede del Corso di Laurea in Economia<br />
e Legislazione dei Sistemi Logistici<br />
st’anno, della laurea magistrale<br />
che certamente contribuirà a<br />
un ulteriore ampliamento della<br />
platea degli iscritti che ha superato<br />
i confini locali, per diventare<br />
attrattiva per tutta la<br />
regione. E oltre. Agli open day<br />
dello scorso anno hanno partecipato<br />
anche 10 studenti dell’ITI<br />
di Palermo. La tappa successiva<br />
al dottorato è quella del<br />
master di 1° livello.<br />
Con il termine logistica si deve<br />
intendere non solo il percorso<br />
di ogni tipo di merce, ma anche<br />
la sua gestione e la tracciabilità.<br />
Con il progetto LIN-<br />
FA si insegna la gestione e<br />
l’utilizzo dei farmaci negli<br />
ospedali toscani. Ma poiché il<br />
profilo del corso di laurea è di<br />
economia aziendale gli insegnamenti<br />
riguardano anche<br />
l’informatica, le assicurazioni<br />
internazionali,<br />
le politiche<br />
pubbliche della<br />
UE e geopolitiche<br />
internazionali,<br />
le<br />
fonti di finanziamento,<br />
i<br />
metodi matematici<br />
e statistici.<br />
Tutte<br />
materie nuove<br />
per le quali<br />
non è facile<br />
reperire do-<br />
Da sin: la Dott.ssa Giovanna Carcea e la Prof.ssa Giovanna Colombini.<br />
centi con la necessaria preparazione<br />
universitaria.<br />
Nell’incontro di promozione<br />
della facoltà da parte della<br />
prof.ssa Colombini si è parlato<br />
anche di due strutture “incompiute”:<br />
“Scoglio della Regina” e<br />
“Dogana d’Acqua”. In verità i<br />
lavori sono terminati ma è venuta<br />
a mancare l’intesa (avviata<br />
con la passata amministrazione),<br />
per un progetto organico<br />
del loro utilizzo tra l’Università<br />
di Pisa e il Comune di Livorno.<br />
Reg. Tribunale Livorno n. 451 del 6/3/1987<br />
Direzione, Redazione,<br />
Amministrazione e Stampa:<br />
Editrice «Il Quadrifoglio» S.a.s.<br />
Via C. Pisacane 7 - Livorno<br />
Tel. e fax. (0586) 81.40.33<br />
e-mail: ediquad@tin.it<br />
Direttore responsabile:<br />
Bruno Damari
▲▲▲<br />
▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
4<br />
storia<br />
Le impressioni sulla fiction di Rai1 girata in gran parte a Livorno<br />
Romanzo famigliare<br />
cosa ci ha lasciato?<br />
Che non restino<br />
solo parole!<br />
Stimolare<br />
un po’ di curiosità<br />
Ha riscosso un grande successo Romanzo Famigliare, la<br />
fiction di Francesca Archibugi che, al termine delle sei puntate<br />
andate in onda in onda su Rai1 nello<br />
scorso mese di gennaio, ha registrato una<br />
media complessiva di 5.4000.000 spettatori<br />
con il 20,7% di share. Cifre che<br />
hanno soddisfatto in pieno i dirigenti di<br />
Viale Mazzini, sempre più in lotta con le<br />
tv di Mediaset per il numero di ascolti.<br />
Ma aldilà dei dati dell’Auditel e della storia<br />
ingarbugliata - proprio di stampo feuilleton<br />
ma anche un po’ difficile da seguire - all’interno di una<br />
famiglia agiata ma con varie contraddizioni, tra conflitti generazionali,<br />
ambiguità, amori e tradimenti, ci interessava più<br />
il ruolo interpretato dalla nostra città considerato che la fiction<br />
è stata per gran parte girata all’interno dell’Accademia<br />
Navale, sul lungomare e nel quartiere della Venezia.<br />
Livorno ci esce più che bene (senza contare i 960mila euro<br />
che la produzione ha speso in città). Anzi, fa un figurone.<br />
Quegli scorci, quegli angoli, quei colori, quei riflessi del mare<br />
o dei fossi, che solo l’occhio delle telecamere riesce a catturare<br />
e amplificare in tutta la loro bellezza, ci trasmettono<br />
un quadro accattivante, addirittura sconosciuto a noi stessi<br />
livornesi. Non a caso l’esclamazione che è sorta spontanea<br />
in tutti noi alla vista di tali immagini è stata “Ma è proprio<br />
bella Livorno”. Eppure è la Livorno che vediamo ogni giorno,<br />
con gli stessi occhi, che però non riusciamo a captare. Anche<br />
perché da buon brontoloni, siamo portati più a vedere le<br />
cose che non vanno, con quella critica distruttiva che ci<br />
porta solo a farci del male con le nostre mani.<br />
E allora rimbocchiamoci le maniche. Tutti insieme appassionatamente,<br />
parafrasando il titolo di quel noto film musicale.<br />
Partendo dagli amministratori, per proseguire agli imprenditori,<br />
ai commercianti, ai cittadini, perché le potenzialità<br />
a questa città non mancano. Pensiamo a Mascagni,<br />
a Fattori, a Modigliani, alle Fortezze, al Mercato cen-<br />
di Bruno Damari<br />
▲<br />
Livorno ospitò il cinema fino dai primi giorni di vita della<br />
“Settima Arte”, quando sul lungomare arrivavano ogni anno<br />
migliaia di turisti e, per farli divertire, a<br />
partire dal giugno 1896 tra i baracconi<br />
del parco di divertimenti “Eden -Montagne<br />
Russe” le immagini in movimento<br />
divennero una delle principali attrazioni.<br />
Con un prologo così, il rapporto fra la<br />
città e il mondo della celluloide non poteva<br />
che trasformarsi in qualcosa di ricco<br />
e fecondo. Attori, registi e tecnici livornesi<br />
hanno lavorato e lavorano davanti e dietro le macchine<br />
da presa, mentre alla pellicola si univa, per poi prenderne il<br />
posto, anche il nastro video, a sua volta soppiantato dai file<br />
digitali.<br />
Le storie di finzione, girate o ambientate a Livorno, hanno<br />
raccontato di tutto, facendosi ispirare dagli angoli cittadini<br />
più pittoreschi come dagli altrettanto pittoreschi lati del carattere<br />
degli abitanti. Sbaglia però, secondo me, chi pensa<br />
che basti qualche film, telefilm (o, come si usa dire da un<br />
po’ di tempo, fiction) per descrivere la natura di una città,<br />
raccontandone i problemi.<br />
Ai tempi di Ovosodo, il primo grande successo “livornese”<br />
di Paolo Virzì, ci fu subito qualcuno che partì in quarta alla<br />
ricerca del pelo nell’uovo e sottolineò che purtroppo nel film<br />
non si faceva parola della crisi del porto. Va ricordato che, in<br />
passato, nei telefilm ambientati a Livorno è successo di tutto.<br />
Nel Picciotto di Alberto Negrin, con Michele Placido e<br />
Vittorio Mezzogiorno, era uno dei crocevia della criminalità<br />
organizzata, in Non siamo soli di Paolo Poeti c’era una comunità<br />
di recupero in stile San Patrignano...<br />
Tutte le località, a partire da Roma o dalle metropoli americani<br />
per arrivare a Livorno o a qualche piccolo borgo di<br />
campagna, fanno da sfondo a vicende inventate, finte, che<br />
ovviamente si avvalgono di elementi di veridicità per poter<br />
apparire plausibili. Anche nelle altre serie, prevalente-<br />
di Marco Sisi*<br />
▲
▲▲▲<br />
▲<br />
▲<br />
storia<br />
trale (quello di Firenze, che è lontano parente del nostro<br />
come bellezza, architettura e maestosità, anche se è pienamente<br />
sfruttabile al piano superiore, in questi ultimi anni lo<br />
hanno reso un frequentatissimo punto di ritrovo notturno),<br />
ai fossi medicei, al Goldoni, al Santuario di Montenero, al<br />
lungomare, all’Acquario, al Museo Fattori, a quella che sarà<br />
la nuova Rotonda con l’ultimazione dell’ampio chalet (a<br />
proposito, evitiamo le figure di m... a livello nazionale come<br />
nel caso di opporsi all’intitolazione del nostro illustre concittadino<br />
Carlo Azeglio Ciampi), al cacciucco, al clima stesso<br />
e a tante altre cose che teniamo in serbo senza essere opportunatamente<br />
rispolverate (il Cisternino di città, ad esempio,<br />
riportato finalmente a lucido, deve ora risultare polo di<br />
iniziative fitto di appuntamenti). Qualcosa è stato fatto e<br />
funziona, ma c’è ancora tanto da lavorare e da investire (se<br />
non ci sono soldi diamo spazio agli imprenditori). L’assessore<br />
Belais ha dichiarato di recente che “Livorno è una<br />
città turistica e proprio come un’attrice ha sempre bisogno<br />
di farsi bella e desiderabile agli occhi del visitatore”. Parole<br />
sante. Ma che non restino solo parole!<br />
LIVORNOnonstop<br />
#Buon Lavoro<br />
mente polizieschi o gialli, dal Capitano o dal Mastino fino ai<br />
▲<br />
Che non restino solo parole!<br />
Stimolare un po’ di curiosità<br />
divertenti Delitti del BarLume non si sfugge a questa logica<br />
e del resto non potrebbe essere altrimenti.<br />
Il Romanzo famigliare di Francesca Archibugi, già dal titolo,<br />
denuncia l’intenzione della regista di raccontare una storia<br />
che si rifà a dei canoni narrativi antichi (forse desueti,<br />
come si può immaginare da quel “famigliare” che probabilmente<br />
in Italia non usa più nessuno dai tempi di Natalia<br />
5<br />
Ginzburg) e che a Livorno ha potuto trovare gli spazi adatti<br />
allo sviluppo di una trama che, dichiaratamente, è degna di<br />
un feuilleton. Gli ingredienti ci sono tutti: l’impero economico<br />
di una ricca famiglia ebrea, l’ufficiale e l’Accademia<br />
militare, un passato lontano che prepotentemente ritorna,<br />
amori adolescenziali di oggi e di ieri e un narratore-grillo<br />
parlante che è custode di tutti i segreti che ci vengono via<br />
via svelati nel corso delle puntate.<br />
Su quest’impianto narrativo, che può anche sembrare coperto<br />
di quella patina che gli anni hanno depositato, come<br />
su una vecchia statua di bronzo, Francesca Archibugi ed<br />
Elena Bucaccio hanno innestato problematiche attuali: la<br />
gravidanza inaspettata per la giovanissima protagonista (ma<br />
anche la madre, poco più che trentenne, aveva avuto analoga<br />
esperienza alla stessa età), genitori immaturi e inadeguati,<br />
conflitti sociali e generazionali.<br />
Io personalmente ho trovato un po’ stridente il contrasto<br />
fra il linguaggio lento e didascalico, quasi in stile romanzo<br />
d’appendice, e le tinte cupe della fotografia con la quale<br />
sono state raccontate molte scene, e che purtroppo ormai<br />
rappresentano una costante di molte produzioni tv di casa<br />
nostra (valga per esempio la serie Agrodolce che, pur svolgendosi<br />
in Sicilia, aveva un che di islandese, fra cieli plumbei<br />
e colori pastello che nessuno si immaginerebbe mai di<br />
trovare nel cuore del Mediterraneo).<br />
Quel che conta, in ogni caso, è che la nostra città anche<br />
stavolta, immortalata sullo schermo, mostra quanto indiscutibilmente<br />
possa essere fotogenica. Basterà per stimolare<br />
un po’ di curiosità in quanti la considerano solo un<br />
punto di transito per i viaggi destinati a Pisa o Firenze?<br />
(*) Videomaker, tecnico Rai<br />
e studioso della storia di Livorno nel cinema<br />
I film girati<br />
o ambientati<br />
a Livorno<br />
e dintorni<br />
a cura di<br />
Marco Sisi<br />
(nell’ordine: titolo, anno produzione, regista, attori principali, luoghi<br />
interessati, eventuali note)<br />
BEN-HUR (1925) di F.Niblo con R.Novarro, M.McAvoy - Molo Novo<br />
AVORIO NERO (1936) di M.LeRoy con F. March O. De Havilland ◆ Porto,<br />
via Grande (ricostruiti a Hollywood) - Oscar: attr. non protagonista, fotografia,<br />
col. sonora, montaggio.<br />
JOE IL ROSSO (1936) di R.Matarazzo con A. Falconi, M. Denis ◆ Romito,<br />
Villa Jana Quercianella.<br />
SONO STATO IO! (1937) di R.Matarazzo con E. De Filippo ◆ Stazione.<br />
IL PIRATA SONO IO (1940) di M.Mattoli con E. Macario, E. Biliotti ◆ Calafuria,<br />
Castel Boccale, lungomare di Antignano - Federico Fellini (non accreditato)<br />
collabora alla sceneggiatura.<br />
È SBARCATO UN MARINAIO (1940) di P.Ballerini con A. Nazzari, D.<br />
Duranti ◆ Porto.<br />
LA FIGLIA DEL CORSARO VERDE (1940) di E. Guazzoni con F. Giachetti,<br />
D. Duranti ◆ Scogliera di Miramare.<br />
CALAFURIA (1942) di F. Calzavara con G. Diessl,<br />
D. Duranti ◆Scogliera di Calafuria.<br />
PAZZO D’AMORE (1942) di G. Gentilomo con<br />
R. Rascel T. De Mola ◆ viale Caprera, Ponte di<br />
Marmo, spiaggia del Calambrone.<br />
LA CASA SENZA TEMPO (1943) di A. Forzano<br />
con R. Brazzi V. Gioi ◆attuale Villa Fremura ,<br />
Ardenza Mare.<br />
TOMBOLO PARADISO NERO (1947) di G.<br />
Ferroni con A. Fabrizi, A. Benetti ◆ Tombolo, Calambrone<br />
- Ispirato a un articolo di Indro Montanelli.<br />
Nastro d’argento a L. Tosi (miglior attore esordiente).<br />
SENZA PIETÀ (1948) di A. Lattuada con C.<br />
Del Poggio, J. Kitzmiller ◆ Porto, “Venezia”,<br />
Tombolo, Coteto, Scogliera di Calafuria - Soggetto:<br />
T. Pinelli, F. Fellini. Nastro d’Argento a<br />
G. Masina (miglior attr. non protagonista).<br />
CUORI SUL MARE (1949) di G. Bianchi con<br />
J. Sernas, P. Panelli, M. Mastroianni ◆ Porto,<br />
Accademia Navale, Nave “A. Vespucci”.<br />
IL CIELO È ROSSO (1950) di C. Gora con J.<br />
Sernas, M. Berti ◆ via S. Giovanni, piazza<br />
Civica.<br />
TRAGICO RITORNO (1951) di P. L. Faraldo<br />
con M. Mastroianni, D. Duranti, D. Maggio<br />
◆“Venezia”, Miramare, Teatro Politeama (?).<br />
ENRICO CARUSO LEGGENDA DI UNA VOCE (1951) di G. Gentilomo<br />
con E. Randi, G. Lollobrigida ◆ Lungomare di S. Jacopo, via Buontalenti<br />
MASCAGNI MELODIE IMMORTALI (1952) di G. Gentilomo con<br />
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LIVORNOnonstop<br />
6<br />
storia<br />
P. Cressoy, C. Del Poggio ◆ Livorno ricreata altrove.<br />
ADDIO FIGLIO MIO (1952) di G. Guarino con M. Vicario, R. Podestà ◆<br />
Quartiere Venezia, Rotonda d’Ardenza.<br />
IMBARCO A MEZZANOTTE (1952) di J. Losey (non accreditato) con P.<br />
Muni, V. Manunta, L. Rossi, A. Silvani, A. Foà ◆ Porto, viale Avvalorati,<br />
Fortezza, “Venezia”, scali Dogana d’Acqua, via della Cinta Esterna - Il film<br />
esce firmatoda A. Forzano.<br />
PELLEGRINI D’AMORE (1953) di A. Forzano con E. Viarisio, A. Mangini ◆<br />
Maroccone, Calafuria - Tra gli interpreti, Sophia Loren e Beppe Orlandi.<br />
RAGAZZE AL MARE (1954) di G. Biagetti con L. Lombardi, M. Romei ◆<br />
Bagni Pancaldi.<br />
IL CANTO DELL’EMIGRANTE (1955) di A. Forzano con L.Tajoli, M. Berti<br />
◆ Porto.<br />
IL CORAGGIO (1955) di D. Paolella con G. Cervi, Totò ◆ villa in via<br />
Randaccio 2, salone consiliare Comune.<br />
LE NOTTI BIANCHE (1957) di L. Visconti con M. Mastroianni, M. Schell ◆<br />
via Grande e la “Venezia” ricostruite a Cinecittà - Leone d’Argento a Venezia.<br />
ESTERINA (1959) di C. Lizzani con C. Gravina, D. Modugno ◆ Porto,<br />
Terrazza Mascagni, piazza della Repubblica.<br />
SEDDOK L’EREDE DI SATANA (1960) di A. G. Majano con A. Lupo, S.<br />
Loret ◆ Rotonda di Ardenza, quartiere Venezia, Romito, cinema 4 Mori.<br />
LABBRA ROSSE (1960) di G. Bennati con G. Ferzetti, G. Albertazzi ◆ viale<br />
Italia, Ospedale, Motel Agip.<br />
TUTTI A CASA (1960) di L. Comencini con A.<br />
Sordi, S. Reggianii ◆ Calambrone, Scali Avvalorati,<br />
Scali Dogana d’Acqua, “La Puzzolente”,<br />
Istituto Pascoli.<br />
IL SORPASSO (1962) di D. Risi con V. Gassman,<br />
J. L. Trintignant ◆ Castiglioncello,<br />
Scogliera di Calafuria.<br />
I SEQUESTRATI DI ALTONA (1962) di V. De<br />
Sica con M. Schell, S. Loren ◆ il “Cisternone”,<br />
cinema Gran Guardia - David di Donatello<br />
come miglior film.<br />
MARE MATTO (1963) di R. Castellani con J.<br />
P. Belmondo, T. Milian,<br />
G. Lollobrigida<br />
◆ Porto, Palazzo del Portuale, scali del Refugio,<br />
viale Italia, Pontino, via Sproni, via della Ragnaia.<br />
ESCALATION (1968) di R. Faenza con L. Capolicchio,<br />
C. Auger ◆ via Grande, via Roma, largo<br />
Attias, Terrazza Mascagni, piazza della Repubblica,<br />
“Spiagge Bianche” - opera prima di R. Faenza.<br />
MI VEDRAI TORNARE (1968) di E. M. Fizzarotti,<br />
con G. Morandi, E. Wu ◆ Accademia Navale.<br />
SUL DAVANTI FIORIVA UNA MAGNOLIA<br />
(1968) di P. Breccia con P. Del Monte ◆ piazza<br />
della Repubblica, via Grande, Quartiere Corea,<br />
Officine Botteghi, piazza Mazzini.<br />
SENZA SAPERE NIENTE DI LEI (1969) di L. Comencini con P. Leroy, P.<br />
Pitagora ◆ Rotonda di Ardenza, Comune, Hotel Palazzo, lungomare di S.<br />
Jacopo, Spedali Riuniti - Nastro d’Argento a P. Pitagora come miglior attrice<br />
protagonista, breve comparsa per Mario Fenzi.<br />
DELITTO AL CIRCOLO DEL TENNIS (1969) di F. Rossetti con R.<br />
Bisacco, A. Gael ◆ Tennis Club Villa Letizia, Villa Fabbricotti.<br />
L’ASSOLUTO NATURALE (1969) di M. Bolognini con L. Harvey, S. Koscina<br />
◆ Piscina di via dei Pensieri, Porto Industriale.<br />
LA MOGLIE DEL PRETE (1970) di D. Risi con M. Mastroianni, S. Loren<br />
◆ Istituto Salesiani.<br />
UN POSTO IDEALE PER UCCIDERE (1971) di U. Lenzi con R.<br />
Lovelock, O. Muti ◆ Livorno ricostruita a Fregene.<br />
GIORNI D’AMORE SUL FILO DI UNA LAMA (1972) di G. Pellegrini con<br />
P.L. Lawrence, E. Blanc ◆ Hotel Palazzo, largo Attias, scali d’Azeglio, scali<br />
Cialdini, Fortezza Vecchia, piazza Micheli, “Il<br />
Telegrafo”, Porto Industriale, scali delle Pietre -<br />
Produzione di Fausto Del Chicca, agente immobiliare.<br />
QUELL’AMORE PARTICOLARE (1972) di C.<br />
Martinelli con E.M. Salerno, A.M. Pierangeli ◆<br />
via Magenta, piazza della Repubblica, Stazione,<br />
Parterre, via Ganucci, GAB via Piave.<br />
TERESA LA LADRA (1973) di C. Di Palma con<br />
M. Vitti, S. Satta Flores ◆ Terrazza Mascagni,<br />
“Venezia”, largo Valdesi, via Michon, piazza del<br />
Pamiglione - Primo film da regista per C. Di<br />
▲<br />
Palma<br />
LA BELLISSIMA ESTATE (1974) di S. Martino con S. Berger, A. Cocco ◆<br />
piazza della Repubblica.<br />
IL BACO DA SETA (1974) di M. Sequi con G. Hilton, N. Tiller ◆ “Venezia”,<br />
Piazza XX Settembre, Mercato Centrale, Antignano - Ultimo film girato dalla<br />
livornese V. Gioi.<br />
IL SERGENTE ROMPIGLIONI DIVENTA CAPORALE (1975) di M.<br />
Laurenti con F. Franchi ◆ Lungomare S. Jacopo, Quartiere “Venezia”.<br />
IL VIZIO DI FAMIGLIA (1975) di M. Laurenti con R. Montagnani, E. Fenech<br />
◆ Fortezza Nuova, villa Giulia - Antignano - Forse il meno peggio tra i film<br />
del genere “pecoreccio”...<br />
OH, MIA BELLA MATRIGNA (1976) di G. Leoni con M. Rouet, S. Ciuffini<br />
◆ piazza XX Settembre, necropoli di Baratti - Sempre nel genere “pecoreccio”,<br />
forse il peggiore è proprio questo...<br />
SFIDA SUL FONDO (1976) di M. Coletticon E. Majorca ◆ villa Giulia -<br />
Antignano, via del Litorale, Variante Aurelia, scogliera del Romito.<br />
LA REGIA È FINITA (1977) di A. Damiani con A. Massasso, L. Ferror ◆<br />
scogliera di Calafuria, viale di Antignano - Pr. Montecarlo per la regia.<br />
UNA DONNA DI SECONDA MANO (1977) di P. Tosini con B. Valente,<br />
S. Berger ◆ Stazione, scali Novi Lena.<br />
PER QUESTA NOTTE (1977) di C. Di Carlo con A. M. Merli, O. Karlatos ◆<br />
Terrazza Mascagni, Hotel Palazzo, bagni Pancaldi, ex Hotel Corallo, Pensione<br />
Svizzera, varie strade di Ardenza Mare - Ambientazione livornese di un<br />
romanzo di J. C. Onetti.<br />
D’IMPROVVISO AL TERZO PIANO (1977) di A. Damiani con G. Ranucci,<br />
A. A. Fadda ◆ Tirrenia.<br />
LO CHIAMAVANO BULLDOZER (1978) di M. Lupo con B. Spencer, R.<br />
Harmistorf ◆ Porto.<br />
VIAGGIO CON ANITA (1978) di M. Monicelli con G. Giannini, G. Hawn ◆<br />
Rosignano Solvay - Breve comparsa per Gino Lena, grande attore di vernacolo<br />
livornese.<br />
I GIORNI CANTATI (1979) di P. Pietrangeli con P. Pietrangeli, M. Melato ◆<br />
Palasport viale Allende.<br />
LA DOTTORESSA CI STA COL COLONNELLO (1980) di M. M. Tarantini<br />
con L. Banfi, N. Cassini ◆ Colonie Calambrone,<br />
Hotel Palazzo, piazza Grande.<br />
RICCHI, RICCHISSIMI... PRATICAMENTE<br />
IN MUTANDE (1981) di S. Martino con R. Pozzetto,<br />
P. Franco, L. Banfi ◆ viale Italia, Fortullino,<br />
Hotel Palazzo, via Verdi . Breve comparsa per<br />
Mario Fenzi, attore di vernacolo livornese.<br />
BOMBER (1982) di M. Lupo con B. Spencer,<br />
J. Calà ◆ Porto, Palazzetto dello Sport, “Venezia”.<br />
IL RITORNO DI BLACK STALLION (1983) di<br />
R. Dalva con K. Reno, V. Spano, T. Garr ◆ Porto,<br />
Stazione FS: il porto venne scelto per l’esistenza<br />
di un raro tipo di silos costruito negli anni Venti, alla<br />
Stazione è stato ricostruita la biglietteria del porto.<br />
IL PETOMANE (1983) di P. Festa Campanile con U. Tognazzi, M. Melato ◆<br />
Terrazza Mascagni.<br />
È ARRIVATO MIO FRATELLO (1984) di Castellano & Pipolo con R. Pozzetto,<br />
P. Prati ◆ Spedali Riuniti, Castel Boccale, Romito, via Cairoli<br />
CARABINIERI SI NASCE (1984) di M. Laurenti con A. Benvenuti, T.<br />
Cansino ◆ piazza della Repubblica, piazza Cavour, Calambrone.<br />
FIGLIO MIO INFINITAMENTE CARO (1984) di V. Orsini con B. Gazzara,<br />
M. Melato ◆ Tribunale. Girato a Pisa in tutte le scene tranne una...<br />
GOOD MORNING BABILONIA (1985) di P. e V. Taviani con V. Spano, J.<br />
De Almeida ◆ Terrazza Mascagni - Ultimo film girato negli Studi di Tirrenia,<br />
con la Terrazza a simulare San Francisco<br />
MAK PIGRECO 100 (1986) di A. Bido con C.<br />
Bouquin, R. Celentano ◆ Accademia Navale,<br />
Bagni Lido e Bagni Fiume, viale di Antignano,<br />
piazza della Repubblica, quartiere “Venezia”,<br />
Calata Assab.<br />
UN’ANIMA DIVISA IN DUE (1992) di S. Soldini<br />
con F. Bentivoglio, M. Bakô ◆ piazza della<br />
Repubblica, via Grande, piazza Grande, scali<br />
Manzoni.<br />
BONUS MALUS (1992) di V. Zagarrio con C.<br />
Bigagli, G. Boschi ◆ Molo Mediceo, via E. Toti<br />
ang. via F. Baracca.<br />
LA BELLA VITA (1993) di P.Virzì con C. Bigagli,<br />
S. Ferilli ◆ Piombino - vincitore “Panorama Italiano” a Venezia<br />
OVOSODO (1997) di P. Virzì con E. Gabbriellini, C. Pandolfi ◆ villa<br />
▲
▲▲▲<br />
▲<br />
storia<br />
7<br />
LIVORNOnonstop<br />
Fabbricotti, Comune, Spedali<br />
Riuniti, scali del Refugio, Barriera<br />
Garibaldi, Fortezza Nuova<br />
- premio della critica a Venezia.<br />
UNA FURTIVA LACRIMA<br />
(1997) di R. Sesani con C.<br />
Norcross, T. Sensi ◆ Montenero,<br />
Funicolare.<br />
LIVORNO 1958 (1997) di F.<br />
Pennacchi con S. Fulciniti, V.<br />
Demy, G. Pancaccini ◆ Hotel<br />
Palazzo, Quartiere Venezia,<br />
Lungomare - da “La ’asa ’hiusa”,<br />
mai entrato in distribuzione.<br />
BACI E ABBRACCI (1999) di<br />
P. Virzì con F. Paolantoni, E.<br />
Gabbriellini ◆ podere “Mocajo”,<br />
loc. Casino di Terra.<br />
IL TALENTO DI MR. RIPLEY<br />
(2000) di A. Minghella con M. Damon, G. Paltrow ◆ Ponte di Calignaia -<br />
David di Donatello Miglior film straniero.<br />
SENZA PAURA (2000) di S. Calvagna con S. Calvagna, A. Boni, F. Rettondini,<br />
A. Russo, F. Rinaldi ◆ via Grande, p.za Grande, porto, p.za Giovine Italia,<br />
viale Carducci, viale Italia, p.za della Repubblica, “The Barge”, “Marameo<br />
Club”, chiesa di Crocetta.<br />
IL DIARIO DI MATILDE MANZONI (2002) di L. Capolicchio con L. Capolicchio,<br />
L. Andò, U. Barberini, L. Gramsdorff, L. Betti, C. Clery ◆ Acquedotto di<br />
Colognole, Cisternone.<br />
B.B. E IL CORMORANO (2003) di E. Gabbriellini con E. Gabbriellini, C.<br />
Felline ◆ Colonia Postelegrafonici Calambrone - Presentato fuori concorso a<br />
Cannes 2003.<br />
L’AMORE RITROVATO(2004) di C. Mazzacurati con S. Accorsi, M. Sansa ◆<br />
Stazione Centrale, Stazione San Marco, Terrazza Mascagni, Accademia<br />
Navale - Tratto dal romanzo “Una relazione” di C. Cassola.<br />
13 A TAVOLA (2004) di E. Oldoini con G. Giannini, N. Vaporidis, K. Smutniak<br />
◆ Montenero, Caserma “Vannucci”, Castiglioncello - Nel film viene riproposta<br />
la scena finale del film “Il sorpasso”.<br />
I COLORI DELL’ANIMA (MODIGLIANI) (2005) di M. Davis con A. Garcia,<br />
▲<br />
E. Zylberstein ◆ Casa Modigliani ricostruita in<br />
teatro di posa.<br />
FADE TO BLACK (2006) di O. Parker con D.<br />
Huston, P. Vega ◆ Pineta di Tombolo ricostruita<br />
in Serbia.<br />
UNA MOGLIE BELLISSIMA (2007) di L. Pieraccioni<br />
con L. Pieraccioni, L. Torrisi ◆ Porto<br />
NON C’E’ PIU’ NIENTE DA FARE (2008) di<br />
E. Barresi con S. Filippi ◆ Terrazza Mascagni,<br />
scali del Vescovado, viale Caprera, scali del<br />
Refugio, teatrino Villa Corridi, Ospedale.<br />
ADIUS (2008) di E. Alovisi C. Monni, L. Mancinelli<br />
◆ Porto, Fosso Reale, Fortezza Vecchia<br />
GIULIA NON ESCE LA SERA (2008) di G. Piccioni con V. Mastandrea, V.<br />
Golino ◆ Centro Medico via G. March.<br />
UN’ESTATE AI CARAIBI (2009) di C. Vanzina con L. Proietti, E. Brignano<br />
◆ Porto Mediceo.<br />
MASCHI CONTRO FEMMINE (2010) di F. Brizzi con C. Bisio, L.<br />
Littizzetto ◆ piazza della Vittoria.<br />
LA PRIMA COSA BELLA<br />
(2010) di P. Virzì con V. Mastandrea,<br />
C. Pandolfi, S. Sandrelli, M.<br />
Ramazzotti ◆ Ospedale, piazza<br />
della Vittoria, corso Mazzini, via<br />
Ricasoli, piazza Garibaldi, piazza<br />
di Montenero, cinema 4 Mori.<br />
I PIU’ GRANDI DI TUTTI<br />
(2011) di C. Virzì con M. Cocci,<br />
◆ Hotel Palazzo, quartiere Shangay,<br />
via delle Cateratte, raffineria<br />
Eni, via Della Gherardesca.<br />
SAPORE DI TE (2014) di C.<br />
Vanzina con M. Mattioli, N. Brilli<br />
◆ via P. Tacca c/o cinema 4 Mori<br />
FAI BEI SOGNI (2015) di M.<br />
Bellocchio con V. Mastandrea ◆<br />
Stadio Comunale Armando Picchi.<br />
LA PAZZA GIOIA (2016) di P.<br />
Virzì con M. Ramazzotti ◆ Ponte<br />
di Calafuria.<br />
Serie tv girate<br />
a Livorno<br />
e dintorni<br />
Captain Gallant of the Foreign Legion (1956/1957) con Buster Crabbe e Fuzzy Knight,<br />
regia di Jean Yarbrough - Una serie televisiva che ebbe un grande successo, inizialmente<br />
le riprese si svolgevano in Marocco ma dopo circa un anno la produzione si trasferì a<br />
Tirrenia negli studi sulla via di Pisorno. In molti episodi nei titoli di coda compaiono molti<br />
nomi italiani, fra le maestranze e gli attori. Citiamo tra tutti Giacomo Rossi Stuart, padre di<br />
Kim, che interpretava il sergente Rousseau. Anche l’attore e regista livornese Antonio<br />
Cristiano, all’epoca giovanissimo, iniziò a lavorare in questa serie, nel ruolo di un ladruncolo.<br />
Il picciotto (1973) con Michele Placido e Vittorio Mezzogiorno, regia di Alberto Negrin. -<br />
Film televisivo in tre puntate che racconta le peripezie di un giovane siciliano che, per non<br />
essere coinvolto in affari mafiosi, si reca al nord senza riuscire però a sottrarsi ai suoi<br />
inseguitori nonostante l’intervento delle forze dell’ordine.<br />
Non siamo soli (1991) con Massimo Dapporto, Dominique Sanda, Marco Messeri, Massimo<br />
Wertmuller e Alessandra Casella da un’idea di Vittorio Sindoni. La trama è incentrata<br />
su Daniele Vanzi che, in seguito alla morte per overdose del figlio adolescente, decide di<br />
aprire una comunità per il recupero dei tossicodipendenti...<br />
Il Mastino (1997) con: Eros Pagni, Athina Cenci, Flavio Insinna, Cecilia Dazzi, Gabriella Barbuti,<br />
Tessa Gelisio, Christian De Sica, Marco Messeri, Arnoldo Foà, regia: Ugo Fabrizio Giordani,<br />
Francesco Laudadio. Giorgio Bruni è un ex-poliziotto diventato investigatore privato, tanto grintoso<br />
da essere soprannominato appunto “Il Mastino’’. Piccoli gialli si intrecciano in provincia.<br />
Il Capitano (2005) con Alessandro Preziosi, Giorgio Borghetti, Giuliano Gemma, Selvaggia<br />
Quattrini, Antonio Ianniello, autore Vittorio Sindoni. Trasmesso su Rai 2 in 14 puntate, la storia<br />
è incentrata sulla squadra investigativa del reparto S.C.I.C.O. della GdF di Roma. Ambientato in<br />
Italia e all’estero, prende spunto da fatti realmente accaduti, concernenti il traffico d’armi e di droga,<br />
l’immigrazione clandestina e la criminalità organizzata.<br />
I delitti del BarLume (2013) è una serie televisiva italiana prodotta dalla Palomar e trasmessa da<br />
Sky Cinema. Tratta dai romanzi di Marco Malvaldi, racconta le vicende di Massimo Viviani, barista<br />
dell’immaginaria cittadina toscana di Pineta, in ogni episodio alle prese con svariati delitti della<br />
Il Capitano: Una scena girata al Porto<br />
di Livorno.<br />
località in cui vive. Grazie al suo istinto investigativo, che trova ispirazione dalle conversazioni dei quattro anziani frequentatori del suo bar,<br />
riesce sempre a fiutare la pista giusta. Tutti gli episodi sono stati filmati a Marciana Marina, comune dell’Isola d’Elba, nonostante la<br />
cittadina di Pineta descritta da Marco Malvaldi sia situata sul litorale toscano tra Pisa e Livorno.
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attualità<br />
9<br />
LIVORNOnonstop<br />
L’operetta mascagnana messa in scena nel 1995 al Pio X di Borgo Cappuccini con un escamotage<br />
Un “Sì” recitato e... mimato<br />
Siamo nel 1919 e Mascagni è<br />
nella fase conclusiva della sua<br />
carriera di compositore. Dopo<br />
il “Sì” nasceranno soltanto<br />
“Il piccolo Marat” (1921),<br />
“Pinotta” (1932) e “Nerone”<br />
(1935). Quello di scrivere<br />
un’operetta lo aveva trovato<br />
inizialmente piuttosto incerto.<br />
Non ne aveva mai composte<br />
e inoltre era un genere considerato<br />
minore rispetto all’opera<br />
lirica. In quel momento<br />
però, l’operetta aveva molto<br />
successo presso il pubblico di<br />
tutto il mondo e così alla fine<br />
il Maestro finì per decidersi<br />
vedendo in questa operazione<br />
anche uno stimolo nell’affrontare<br />
una nuova esperienza.<br />
Nel luglio 1918, quando si era<br />
impegnato a comporre “Sì” -<br />
3 atti di Carlo Lombardo con<br />
versi di Arturo Franci - Mascagni<br />
dichiarava: “... nel gusto<br />
del nostro pubblico le “Vedove<br />
allegre” sono rimaste<br />
piantate come un chiodo e<br />
temo che nel prossimo dopoguerra<br />
l’operetta viennese torni<br />
con la violenza di un fiume<br />
in piena a inondare i nostri<br />
teatri (...) i nostri compositori<br />
non hanno fin’ora saputo<br />
trovare il punto di appoggio<br />
per innalzare la produzione<br />
nazionale. Ed io vi<br />
penso da tanti mesi (...) sarebbe<br />
una buona affermazione<br />
di italianità anche in questo<br />
campo artistico, ridotto<br />
alla più deplorevole condizione<br />
di inferiorità...”.<br />
L’operetta andò in scena al<br />
Teatro Quirino di Roma il 13<br />
dicembre 1919 e la critica dichiarò:<br />
“...chi credeva che<br />
Mascagni, come molti operisti,<br />
avrebbe smarrito la strada<br />
passando all’operetta, si è<br />
ingannato. Tra i compositori<br />
d’opera che nella loro vita si<br />
sono permessi di tradire la<br />
propria musa, l’autore di “Sì”<br />
ha avuto decisamente la mano<br />
felice...”.<br />
Nel “Sì” la musica, nella ricerca<br />
di una forma e di un linguaggio<br />
specifici, torna alle<br />
nostre fonti più schiette, agli<br />
spiriti della commedia e dell’opera<br />
buffa pur nella sostanza<br />
di un tessuto linguistico attuale<br />
e appropriato. Ne venne<br />
fuori un piccolo capolavoro<br />
pieno di fantasia e brio, perfettamente<br />
inserito nel tempo<br />
con le sue tendenze moderniste<br />
e le nuove correnti futuriste<br />
portatrici di oggettivismi<br />
simbolici. La vena dell’autore<br />
vi si rivela ad ogni tratto, con<br />
la fluente inventiva melodica<br />
e la padronanza con cui sono<br />
utilizzati gli elementi strutturali<br />
di questo genere musicale.<br />
Dopo il battesimo di Roma il<br />
cammino di “Sì” fu molto<br />
fortunato. Tradotta in tedesco,<br />
ottenne a Vienna un esito entusiastico,<br />
la cui eco arrivò<br />
così lontano da indurre impresari<br />
di Londra, Copenaghen e<br />
Bucarest ad acquistarne i diritti<br />
di rappresentazione.<br />
A Livorno arriva nell’agosto<br />
1920 al Teatro Politeama,<br />
sempre con grande successo.<br />
Arriviamo al 1995 e ricorre il<br />
50° della scomparsa di Mascagni.<br />
Allora ero segretario del<br />
“Centro Studi Mascagnani” e<br />
mi posi una domanda. Come<br />
onorare il Maestro? E perchè<br />
non far conoscere ai livornesi<br />
delle nuove generazioni quest’operetta<br />
data l’ultima volta<br />
nei giardini dell’Albergo Palazzo<br />
nell’agosto del 1935, ossia<br />
60 anni prima?<br />
Come Associazione non avevamo<br />
certo la possibilità di allestire<br />
lo spettacolo e pagare<br />
teatro, cantanti, scene, orchestra,<br />
ecc. Mi venne allora<br />
un’idea. L’operetta era stata<br />
ripresa nel 1987 presso il<br />
“Cantiere Lirico di Montepulciano”<br />
e ne era uscito in commercio<br />
un C.D. completo.<br />
Andai in Borgo Cappuccini al<br />
Teatro Pio X, dove c’era una<br />
Compagnia di Filodrammatici;<br />
possedevano delle scene,<br />
dei costumi, e proposi così di<br />
mettere in scena “Sì” facendo<br />
recitare agli attori le parti<br />
parlate, fingendo anche di farli<br />
cantare inserendo la base musicale<br />
registrata. Malgrado le<br />
iniziali prevedibili perplessità<br />
riuscimmo, con molta buona<br />
volontà, in questo esperimento<br />
e allestire l’operetta che<br />
andò in scena il 25 e 26 marzo<br />
1995 con vivo successo.<br />
Nell’occasione ampliai il finale<br />
con parti musicali del 1° e<br />
2° atto, che furono in seguito<br />
adottate nell’edizione successiva<br />
del Teatro Goldoni.<br />
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▲<br />
LIVORNOnonstop 10<br />
Giornata della Memoria<br />
LA STORIA DI UN DEPORTATO LIVORNESE SOPRAVVISSUTO AD AUSCHWITZ<br />
Quei due pugni<br />
ben assestati<br />
fuori dal ring<br />
di Isacco Bayona<br />
di Michela Gini<br />
Sotto la<br />
stazione<br />
Centrale<br />
di Milano<br />
si nasconde<br />
un binario,<br />
sconosciuto<br />
ai più fino a non molto<br />
tempo fa, triste testimonianza<br />
del nostro passato storico:<br />
il binario 21. Da li, tra il<br />
dicembre 1943 e il gennaio<br />
1945, partirono una ventina di<br />
convogli merce stivati di ebrei,<br />
di oppositori politici, di omosessuali<br />
diretti ai campi di sterminio<br />
nazisti. Dallo stesso binario<br />
partì anche Isacco<br />
Bayona, l’ultimo dei deportati<br />
livornesi sopravvissuti ad Auschwitz,<br />
deceduto il 15 gennaio<br />
2013 all’età di 87 anni.<br />
Con lui se n’è andato, quel<br />
giorno, l’ultimo testimone diretto<br />
livornese della Shoah.<br />
Isacco nacque a Salonicco, in<br />
Grecia, nel 1926. Il padre Raffaele,<br />
di origini livornesi, lavorava<br />
nel settore dei tabacchi<br />
e quando durante la guerra<br />
fu fatto prigioniero, insieme<br />
al figlio maggiore Carlo,<br />
in quanto italiani, sfuggì ai<br />
Isacco Bayona da giovane quando praticava pugilato<br />
Isacco Bayona<br />
greci l’appartenenza ebraica.<br />
Nel 1941, per uno scambio di<br />
prigionieri, vennero trasferiti in<br />
Italia con tutta la famiglia,<br />
composta anche dalle sorelle<br />
Lucia e Dora e dalla madre<br />
Diamante. A Livorno la comunità<br />
ebraica li aiutò, ma senza<br />
neanche troppo impegno,<br />
come sostenne lo stesso Isacco<br />
in un’intervista del 1987, a<br />
sistemarsi alla meglio in una<br />
stanza. Carlo e Isacco trovarono<br />
lavoro in uno tra i pochi<br />
stabilimenti che continuavano<br />
ad assumere lavoratori ebrei,<br />
la fabbrica del Litopone (impiegato<br />
nella composizione di<br />
vernici e smalti bianchi),<br />
un’industria chimica di Montecatini.<br />
Per sfuggire ai bombardamenti<br />
del 1943 la famiglia<br />
Bayona, insieme ai Baruch<br />
e ai Modiani, sfollarono al<br />
Gabbro nella casa di una famiglia<br />
di contadini amici dei<br />
Modiani. E qui Isacco, un giovane<br />
di soli diciassette anni,<br />
continuò a vivere la sua vita di<br />
ragazzo, partecipando talvolta<br />
a feste e serate con gli amici<br />
locali. Anche la sera prima dell’arresto<br />
era in compagnia di<br />
un amico, lo stesso che il mattino<br />
dopo, vestito da repubblichino,<br />
arrestò tutti i componenti<br />
della famiglia e puntò il<br />
fucile contro la sorella di Isacco,<br />
Dora, alla quale il fratello<br />
aveva chiesto di andare a prendere<br />
un po’ d’acqua per sciacquarsi<br />
la faccia assonnata.<br />
Furono portati alla Caserma di<br />
via Nazionale dalla quale, circa<br />
una settimana dopo, a bordo<br />
di camionette militari raggiunsero<br />
dapprima il carcere<br />
di Firenze, in cui Isacco conobbe<br />
il rabbino della città,<br />
Nathan Cassuto, e successivamente<br />
San Vittore a Milano,<br />
dove furono consegnati nelle<br />
mani dei tedeschi. Mi è rimasta<br />
particolarmente impressa la<br />
testimonianza di Liliana Segre,<br />
che, in riferimento alla permanenza<br />
nel carcere milanese,<br />
raccontata durante un incontro<br />
con gli studenti, ha sostenuto<br />
commossa che il calore<br />
e l’affetto manifestato dai prigionieri<br />
di San Vittore, ladri o<br />
assassini che fossero, è stato<br />
l’unico atto di pietà in mezzo<br />
a tanta indifferenza nei confronti<br />
di quanto stava accadendo<br />
sotto gli occhi di tutti.<br />
Pronti a privarsi di quel poco<br />
che possedevano, infatti, chi<br />
offriva una coperta, chi lanciava<br />
una mela, chi una parola<br />
di conforto. E la senatrice ci<br />
ha tenuto a sottolineare che<br />
furono gli unici a farlo!<br />
Dal binario 21, dunque, partirono<br />
per Auschwitz, corpi<br />
▲
▲▲▲<br />
▲<br />
Giornata della Memoria 11<br />
LIVORNOnonstop<br />
▲<br />
La grande scritta INDIFFERENZA scolpita al Binario 21 della Stazione ferroviaria di Milano.<br />
accatastati nei vagoni<br />
merci, senza mangiare, senza<br />
bere, pieni di paura, diretti<br />
verso una destinazione ignota.<br />
Man mano che il viaggio,<br />
durato circa dieci giorni,<br />
procedeva, quel gruppo di<br />
fratelli terrorizzati perdeva<br />
sempre più speranze e dignità<br />
umana; anche i bisogni fisiologici<br />
venivano espletati durante<br />
le poche fermate concesse<br />
loro, l’uno davanti all’altra,<br />
frettolosamente e sempre<br />
con meno vergogna, pur<br />
di evitare, per ovvi motivi,<br />
l’utilizzo dei secchi a bordo dei<br />
vagoni. Ma il peggio doveva<br />
ancora venire. Giunti a destinazione,<br />
come ormai sappiamo<br />
fin troppo bene, dovettero<br />
passare la prima selezione,<br />
la disinfestazione, l’immatricolazione,<br />
- a Isacco fu tatuato<br />
il numero 173404 - visite<br />
mediche nudi in mezzo al gelo<br />
dell’inverno ma soprattutto<br />
dell’anima. Ma questa, purtroppo,<br />
è storia. Ci tengo particolarmente<br />
a ricordare un<br />
episodio di cui fu protagonista<br />
il Bayona, aspirante pugile,<br />
che rappresenta l’icona vivente<br />
della voglia di ribellarsi<br />
verso l’oppressore nazista,<br />
anche a costo di rimetterci la<br />
pelle. Dopo esser stato schiaffeggiato<br />
da un ufficiale, vuoi<br />
per l’irruenza dell’età, vuoi per<br />
i trascorsi pugilistici, Isacco<br />
Bambini nei campi di concentramento.<br />
lo stese con un pugno da ko,<br />
un gesto che, se non gli risparmiò<br />
il castigo pesante a calci,<br />
frustate e pugni, gli fece meritare<br />
il successivo rispetto<br />
dell’SS per quel coraggioso e<br />
disperato atto.<br />
“Da lì in poi - ha raccontato<br />
nella sopracitata intervista,<br />
Isacco - ebbe per me un occhio<br />
di riguardo, concedendomi<br />
un giorno di riposo, sigarette,<br />
cibo e attenzioni varie,<br />
fu così dopo la mia reazione<br />
verso di lui”.<br />
Una sorta di codice d’onore,<br />
se pur in mezzo all’ingiustizia<br />
e al sopruso quotidiano, ogni<br />
tanto si vede che emergeva<br />
anche in qualcuno di questi<br />
“mostri” che avevano aderito<br />
alla follia collettiva che è stata<br />
il nazismo. Meteore emotive<br />
nell’orrore.<br />
Isacco dopo svariate peripezie,<br />
ma soprattutto dopo aver perso<br />
l’intera famiglia nei campi<br />
di sterminio, rientrò in Italia,<br />
dove dovette affrontare l’ultima<br />
delle umiliazioni, l’oltraggio<br />
di non essere creduto, di<br />
essere tacciato di esagerazione<br />
dei fatti. E in effetti era difficile<br />
credere che possa esistere<br />
tanta crudeltà, che un uomo<br />
possa usare tanta spietatezza<br />
contro i propri simili.<br />
Né mai il ribelle Isacco accettò<br />
che lo spettro dell’antisemitismo<br />
rialzasse in qualche<br />
La “pietra d’inciampo”, collocata<br />
in occasione della Giornata della<br />
Memoria 2014, in via della Posta,<br />
nei pressi della abitazione del<br />
Bayona, a ricordo della sua<br />
deportazione.<br />
modo la testa. Una sera del<br />
1982, stava guardando una<br />
partita di quel famoso mondiale<br />
che ci decretò campioni del<br />
mondo, quella contro il Brasile.<br />
Si trovava in un bar livornese.<br />
L’arbitro era un israeliano<br />
che annullò il goal di Antognoni<br />
a due minuti dalla fine.<br />
Un malcapitato e ignaro spettatore<br />
sbraitò: “Hitler avrebbe<br />
dovuto mettervici tutti nei<br />
forni crematori”. È lì lo spirito<br />
del pugile, per l’ennesima<br />
volta, irruento nonostante<br />
l’età, venne fuori dal profondo<br />
delle viscere lacerate in<br />
eterno dalla terribile esperienza<br />
di vita fatta per la sola colpa<br />
di essere nato. Di essere<br />
nato ebreo.
▲▲▲<br />
▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
12<br />
boia dé<br />
BOIA DÉ: 2ª puntata<br />
La pittura<br />
livornese<br />
Mario<br />
Puccini: Autoritratto (1890)<br />
Mentre<br />
nei secoli<br />
d’oro della<br />
pittura<br />
italiana (e<br />
mondiale)<br />
le città<br />
protagoniste<br />
erano sempre state toscane<br />
dell’interno (Firenze,<br />
Siena, Pisa, Lucca, Arezzo),<br />
nel Novecento, in maniera del<br />
tutto imprevista, ecco che lo<br />
diviene Livorno. Così ha scritto<br />
il noto critico d’arte Vittorio<br />
Sgarbi qualche anno fa in<br />
occasione di una mostra di<br />
Mario Puccini. Primo Boia<br />
dè!<br />
Puccini? Carneade, chi era<br />
di Marco Rossi<br />
costui? Verrà da chiedersi a<br />
molti dei miei lettori che non<br />
possono essere assai più dei<br />
23 che Guareschi stimava<br />
esser i suoi. Sì perché a Livorno<br />
si saprà tutto di Lucarelli<br />
o di Shakira o di Nigiotti,<br />
ma quasi niente dei nostri pittori.<br />
Eppure, anche secondo<br />
Sgarbi, Mario Puccini merita<br />
addirittura il soprannome<br />
di Van Gogh italiano sia perché,<br />
pur lui come l’olandese,<br />
fu afflitto da sindromi psichiche<br />
che lo portarono a diversi<br />
ricoveri psichiatrici, sia per<br />
l’esplosione di colori che caratterizzò<br />
la sua pittura. Secondo<br />
Boia dè!<br />
Era nato a Livorno nel 1869,<br />
Mario Puccini: Vele al sole o Porto di Livorno (1910)<br />
il Mario, figlio di un fornaio e,<br />
dopo le scuole tecniche,<br />
s’iscrisse all’Accademia di<br />
Belle Arti di Firenze divenendo<br />
allievo del livornese Giovanni<br />
Fattori assieme a Giuseppe<br />
Pelizza da Volpedo<br />
(1868-1907) ed a Plinio Nomellini.<br />
Conseguito il diploma<br />
tornò a Livorno, dove cominciò<br />
la propria attività artistica<br />
ma, a seguito di una crisi depressiva,<br />
insorta dopo una<br />
delusione d’amore, venne ricoverato<br />
dal 1893 al 1898,<br />
prima all’Ospedale civile di<br />
Livorno, poi all’Ospedale psichiatrico<br />
di San Niccolò.<br />
La lunga degenza impresse<br />
una svolta alla sua vita e dal<br />
1898 al 1906 si sa poco di lui<br />
anche se sembra abbia lavorato<br />
nella trattoria di famiglia.<br />
La sua pittura, che in primo<br />
tempo si riferiva all’esperienza<br />
di Fattori e di Nomellini,<br />
non fu più poetica, dal punto<br />
di vista narrativo, ma improntata<br />
ad un violento cromatismo<br />
che ne permeava le forme<br />
col disegno ormai elemento<br />
subordinato, rispetto al<br />
colore.<br />
Ridotto in miseria, si ritirò in<br />
Borgo Cappuccini, adattandosi<br />
a vivere come merciaiolo<br />
ambulante: si racconta<br />
che abbia estratto da scatole<br />
di tonno l’olio per stemperare<br />
i colori.<br />
Intorno al 1908 iniziò a frequentare<br />
il Caffè Bardi, divenuto<br />
fino al 1921, l’anno della<br />
sua chiusura, centro di ritrovo<br />
di artisti livornesi, di cui<br />
decorò le pareti con carboncini<br />
e con due dipinti.<br />
Lasciata la cantina dove dipingeva<br />
e trasferitosi nella<br />
bottega di un ciabattino, nel<br />
1912 si recò in Francia,<br />
a Digne, presso il fratello che<br />
era attore.<br />
Tornato a Livorno, fino al<br />
1914 si firmò Pochein (da<br />
leggere Poscèn, come probabilmente<br />
lo avevano chiamato<br />
i francesi). Le sue condizioni<br />
fisiche peggiorarono,<br />
ma i suoi quadri, che toc-<br />
▲
▲▲▲<br />
▲<br />
boiaa dé<br />
13<br />
LIVORNOnonstop<br />
▲<br />
cavano tematiche sociali,<br />
avevano trovato un mercato.<br />
Si trasferì nella portineria<br />
di una villa, poi<br />
in Maremma. Alla fine, nel<br />
1920, morì di tubercolosi 1 .<br />
La sua morte segnò una<br />
svolta nell’ambiente pittorico<br />
cittadino perché alcuni suoi<br />
amici fondarono un gruppo<br />
mirato a spostarne le esequie<br />
al Famedio di Montenero: la<br />
cosa riuscì solo 68 anni dopo,<br />
nel 1988, ma l’evento sancì<br />
quanto all’inizio di queste righe.<br />
Perché quel Gruppo Labronico<br />
segnò la formalizzazione<br />
di una corrente pittorica,<br />
anche culturale (per la<br />
sua attenzione alla quotidianità<br />
ed alla minimalità), che<br />
parallelamente al grande Impressionismo<br />
francese si proponeva<br />
di innovare il modo<br />
di dipingere.<br />
Mario Puccini era stato un<br />
pittore tormentato, disturbato<br />
e curioso, sofisticato,<br />
estremo interprete di Fattori,<br />
vicino nei suoi momenti migliori<br />
agli espressionisti tedeschi.<br />
Senza giungere alla<br />
fama del concittadino Modigliani,<br />
ma come lui sfortunato<br />
e tormentato, Puccini permetterà<br />
a tale corrente di<br />
rendersi nota al mondo.<br />
A Livorno, del resto, sembra<br />
che solo la morte consolidi:<br />
la vita è un dono, dei pochi ai<br />
molti, di coloro che sanno e<br />
che hanno a coloro che non<br />
sanno e che non hanno disse<br />
Amedeo Modigliani (1884-<br />
1920), partito da Livorno nel<br />
1906 per vivere e lavorare a<br />
Parigi, ed anche lui come<br />
Puccini, morto nel 1920, qualche<br />
mese prima. Una coincidenza<br />
con diverse reazioni:<br />
Modigliani rappresentava<br />
una storia nuova e senza collegamenti<br />
con il passato, senza<br />
continuità con la consacrata<br />
tradizione macchiaiola,<br />
mentre Puccini rappresentava<br />
la fine di una storia iniziata<br />
da Fattori. L’uno vicino,<br />
l’altro lontano, l’uno immerso<br />
nel paesaggio della Maremma,<br />
l’altro senza radici:<br />
entrambi in dialogo soltanto<br />
con la propria anima. Terzo<br />
Boia dè!<br />
Il dono di Puccini alla sua città,<br />
ma anche all’arte, fu dunque<br />
il divenire il punto di riferimento<br />
dei discendenti dei<br />
Post-macchiaioli, quegli eredi<br />
di chi circa mezzo secolo<br />
prima aveva scelto di cercar<br />
nella macchia il nuovo modo<br />
Giovanni Fattori: Maremma toscana (1894)<br />
di rappresentare sensazioni e,<br />
soprattutto, emozioni. Poco<br />
livornesi i Macchiaioli, quasi<br />
solo labronici i Post. Quarto<br />
Boia dè!<br />
Quello dei Macchiaioli era<br />
stato il movimento artistico<br />
italiano più impegnato e costruttivo<br />
dell’Ottocento: formatosi<br />
a Firenze a partire dal<br />
1855, era nato come reazione<br />
all’inerzia formale delle<br />
Accademie anche in rapporto<br />
coi fermenti ideologici del<br />
Risorgimento. Alla sua base<br />
Edgar Degas: Ritratto di Diego Martelli (1879)<br />
la teoria che la visione delle<br />
forme è creata dalla luce<br />
come macchie di colore, distinte,<br />
accostate o sovrapposte<br />
ad altre macchie di colore.<br />
Consapevole di questa<br />
affermazione e svincolato da<br />
formalismi accademici, il<br />
macchiaiolo poteva così divenir<br />
libero di rendere con immediatezza<br />
e verismo ciò che<br />
il suo occhio percepiva nel<br />
presente.<br />
Questa libertà era perfettamente<br />
in linea coll’Impressionismo<br />
francese pressoché<br />
contemporaneo ma mentre i<br />
transalpini erano interessati<br />
soprattutto ai contenuti i toscani<br />
lo erano anche alla<br />
metodica formale.<br />
Teorico e critico fondamentale<br />
dei Macchiaioli fu Diego<br />
Martelli (1839-1896), castiglioncellese<br />
(in realtà nato<br />
però a Firenze) agiato che<br />
dilapidò quasi tutti i suoi averi,<br />
fra cui la casa paterna poi<br />
trasformata nell’attuale Castello<br />
Pasquini, nel sostegno<br />
dei suoi amici pittori. Anche<br />
per questo Martelli fu più volte<br />
ritratto dai pittori del Caffè<br />
Michelangelo ove i Macchiaioli<br />
eran soliti trovarsi,<br />
come dal famoso impressionista<br />
Degas.<br />
Di Martelli Giovanni Fattori<br />
dirà, fra l’altro: Un solo e<br />
▲
▲▲▲<br />
▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
14<br />
boia dé<br />
caro amico ho avuto, Diego<br />
Martelli, un vero uomo di<br />
cuore… Un giorno mi trovò<br />
sul canto di Via Rondinelli<br />
presso Santa Trinita. Mi vide<br />
fermo, tristo e con le lacrime<br />
agli occhi. Era poco tempo<br />
che avevo perduto la mia fida<br />
compagna. Col suo fare benevolo<br />
mi disse: “Vieni da me<br />
a Castiglioncello”.<br />
Nel 1866 arrivò a fondare il<br />
Gazzettino delle Arti del Disegno<br />
(che però durò pochi<br />
numeri), da lui diretto e sovvenzionato<br />
per diffondere informazioni<br />
fondamentali sull’avventura<br />
storica e artistica<br />
dei Macchiaioli: Martelli<br />
fu il primo a voler costituire<br />
un legame tra Macchiaioli ed<br />
Impressionisti, cercando di<br />
promuovere le opere degli<br />
▲<br />
artisti toscani anche al di fuori<br />
dei confini italiani e, in una<br />
storica conferenza al Circolo<br />
Filologico di Livorno, nel<br />
1867, propose una prima definizione<br />
critica degli Impressionisti,<br />
con l’intento di collegarlo<br />
ai Macchiaioli e cercando<br />
anche di introdurre la<br />
pittura di Giovanni Fattori a<br />
Parigi (l’intervento fu poi<br />
pubblicato in un opuscolo<br />
uscito nel 1880 intitolato “Gli<br />
Impressionisti”).<br />
Il termine Macchiaioli era<br />
stato coniato dalla Gazzetta<br />
del Popolo nel 1862 in occasione<br />
di un’esposizione fiorentina<br />
e l’intenzione era in<br />
senso denigratorio (come per<br />
il termine Impressionismo<br />
che fu coniato ironicamente<br />
dal critico Louis Leroy sul<br />
Silvestro Lega: Il canto di uno stornello (1867)<br />
Guglielmo Micheli: Autoritratto (1920)<br />
giornale Le Charivari prendendo<br />
spunto dal titolo del dipinto<br />
di Monet del 1872 Impressione),<br />
ma i pittori oggetto<br />
della definizione decisero<br />
da allora in poi di adottare<br />
tale termine come identificativo<br />
del loro gruppo.<br />
Oltre al capostipite Giovanni<br />
Fattori (1825-1908, livornese),<br />
i principali esponenti della<br />
corrente furono i fiorentini<br />
Silvestro Lega (1826-1925) e<br />
Telemaco Signorini (1835-<br />
1901) col pisano Odoardo<br />
Borrani (1833-1905), ma anche<br />
artisti poi affermatasi a<br />
Parigi del calibro del ferrarese<br />
Giovanni Boldini (1842-<br />
1931) e del veneziano Federico<br />
Zandomeneghi (1841-<br />
1917).<br />
L’eredità dei Macchiaioli sarà<br />
raccolta dai cosiddetti Postmacchiaioli,<br />
pittori di origine<br />
soprattutto toscana (in<br />
maggioranza addirittura livornesi)<br />
che furono attivi, richiamandosi<br />
alla pittura di “macchia”,<br />
tra il 1880 ed il 1930.<br />
Con essi una sino ad allora<br />
pigra Livorno sembrò voler<br />
delimitare un nuovo territorio<br />
della pittura in prosecuzione<br />
di quanto fatto mezzo secolo<br />
prima dai Macchiaioli.<br />
Negli anni Ottanta dell’Ottocento,<br />
del resto, si cercò di<br />
consacrare Livorno come luogo<br />
di ricambio attivo di un ristagno<br />
nel costume artistico<br />
fiorentino coll’Esposizione<br />
Nazionale d’Arte tenutasi<br />
nella città nel 1886, che si<br />
propose una periodicità quale<br />
poi non ebbe, ma che fu<br />
uno dei primi casi di manifestazioni<br />
artistiche tenutasi in<br />
località turistiche: contrariamente<br />
al progetto originale<br />
che ne voleva la sede davanti<br />
ai Bagni Pancaldi, fu eretto<br />
un apposito padiglione in<br />
Piazza Mazzini: 550 opere di<br />
110 artisti per 48 giorni e<br />
9.000 visitatori!<br />
Il primo quadro Postmacchiaiolo<br />
fu Il fienaiolo dipinto dal<br />
livornese Plinio Nomellini<br />
(1866-1943) nel 1888, presentato<br />
poi all’Esposizione<br />
universale delle belle arti di<br />
Parigi nel 1890, aspramente<br />
criticato da Fattori in una lettera<br />
a Nomellini che segnò lo<br />
strappo tra i Macchiaioli e i<br />
Postmacchiaioli: in essa il<br />
vecchio maestro avvertiva il<br />
secondo dei rischi che avrebbe<br />
corso portando avanti una<br />
pittura appiattita su quella<br />
degli impressionisti francesi<br />
Camille Pissarro (1830-1903)<br />
ed Edouard Manet (1832-<br />
1883).<br />
Il ruolo di collegamento fra i<br />
due gruppi fu svolto dal livornese<br />
Guglielmo Micheli<br />
(1866-1926), allievo di Fattori,<br />
che aiutò il nuovo gruppo<br />
di artisti, quasi tutti giovani<br />
della media borghesia, nel<br />
loro rifiuto della formazione<br />
accademica per timore venisse<br />
spento il loro desiderio di<br />
sperimentazione di rappresentazione<br />
attraverso metodi<br />
consoni ai dettami tardo-impressionisti<br />
o simbolisti.<br />
Fra gli allievi di Micheli anche<br />
un giovane Amedeo Modigliani.<br />
La pittura Postmacchiaiola fu<br />
caratterizzata indubbiamente<br />
da un maggior interesse verso<br />
la cultura dell’Impressionismo<br />
francese: il livor-<br />
▲
▲▲▲<br />
▲<br />
boia dè<br />
15<br />
LIVORNOnonstop<br />
▲<br />
Plinio Nomellini: Il fienaiolo (1888)<br />
nese Alfredo Müller<br />
(1869-1939), di ritorno da un<br />
viaggio in Francia, introdusse<br />
in Toscana le novità pittoriche<br />
dei tardo-impressionisti.<br />
Negli anni successivi il gruppo<br />
dei Postmacchiaioli si arricchì<br />
di nuove personalità<br />
artistiche, che proseguirono<br />
nel tentativo di far evolvere<br />
la pittura Macchiaiola: considerati<br />
per molto tempo<br />
come degli epigoni, o dei pittori<br />
di secondaria importanza,<br />
a partire dagli anni settanta<br />
del XX secolo sono stati<br />
recuperati ed oggi sono<br />
considerati come un valido<br />
trait-d’union tra la pittura ottocentesca<br />
e quella di inizio<br />
Novecento.<br />
Una novità dei Postmacchiaioli<br />
fu anche quella di unirsi<br />
in un’associazione vera e propria,<br />
il Gruppo Labronico.<br />
Ora di eventi simili la storia<br />
dell’arte fra fine Ottocento e<br />
Novecento ne ha registrati<br />
alcuni, ma raramente, al di là<br />
delle associazioni o federazioni<br />
nazionali, si è trattato di<br />
iniziative di lunga vita. Tanto<br />
Alfredo Müller<br />
per citarne le più note:<br />
◆ la Vereinigung Bildender<br />
Künstler Österreichs (Unione<br />
degli Artisti Austriaci) nacque<br />
nel 1897 per realizzare<br />
quella che fu chiamata la Secessione<br />
Viennese mirata al<br />
recupero di una certa tradizione<br />
come l’utilizzo di sperimentazioni<br />
formali o l’utilizzo<br />
di nuovi materiali, ma le<br />
dimissioni, nel 1905, del suo<br />
pittore più famoso (Gustav<br />
Klimt, 1862-1918), ne sancì<br />
il passaggio a qualcosa d’altro;<br />
◆ il Die Brucke (“Il Ponte”)<br />
ovvero un gruppo di artisti<br />
dell’avanguardia tedesca formatosi<br />
a Dresda il 7 giugno<br />
1905 che originò il cosiddetto<br />
Espressionismo Tedesco:<br />
si sciolse nel 1913;<br />
◆ la Neue Künstlervereinigung<br />
München (Nuova Associazione<br />
Artistica di Monaco),<br />
fondata a Monaco il 22<br />
gennaio 1909 dal russo Wassily<br />
Wassilyevich Kandinsky<br />
(1866-1944) per propagandare<br />
la pittura astratta,<br />
durò, in tre cicli, sino al 1912;<br />
il CO.BR.A. (acronimo delle<br />
città di origine dei vari pittori<br />
che lo fondarono: Copenaghen,<br />
Bruxelles ed Amsterdam)<br />
a supporto della cosiddetta<br />
pittura semiastratta dai<br />
colori molto brillanti, violente<br />
pennellate e figure umane distorte,<br />
ispirate all’arte primitiva<br />
ed ai motivi fantastici e<br />
grotteschi, durò solo 3 anni<br />
sino al 1951.<br />
Il Gruppo Labronico invece<br />
è tuttora attivo anche se per<br />
sopravvivere è passato per una<br />
morte e successiva resurrezione.<br />
Ma di questo, grazie anche<br />
al sito (www.gruppolabronico.it)<br />
ed al bel dvd che ne documenta<br />
la storia, parleremo nei prossimi<br />
mesi quando, in dettaglio,<br />
affronteremo anche i Postmacchiaioli<br />
che lo precedettero.<br />
(2 - continua)<br />
Telemaco Signorini: L’alzaia (1864)
▲▲▲<br />
▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
16<br />
scuola<br />
“Viaggio tra le scuole pubbliche livornesi”: 5ª puntata<br />
L’Istituto Tecnico Nautico<br />
Le tradizioni<br />
marinaresche<br />
di<br />
Livorno affondano<br />
nella notte<br />
dei tempi,<br />
cioè quando<br />
era un piccolo villaggio di pescatori,<br />
ma se si parla di scuola<br />
il discorso cambia profondamente.<br />
Tralasciando, per comodità<br />
di ragionamento, le scuole militari<br />
come i Cavalieri dell’Ordine<br />
di Santo Stefano, risale al 1755 il<br />
primo reclutamento organizzato<br />
per gli equipaggi della Marina<br />
Mercantile Toscana (si trattava<br />
di mozzi), grazie all’opera indefessa<br />
del marchese Carlo Ginori<br />
(1702-1757), che volle creare un<br />
vivaio per la rinnovata marina<br />
toscana accogliendo giovani<br />
abbandonati che dormivano sui<br />
gradini delle chiese o nei cimiteri.<br />
L’idea del Ginori, che morì di lì<br />
a poco, fu ripresa dai governatori<br />
della Casa Pia del Refugio,<br />
nata nel 1757, che crearono a<br />
loro spese una vera Scuola di<br />
Nautica, nel 1763, confidando<br />
che Francesco II, primo granduca<br />
lorenese, assumesse gli oneri<br />
del mantenimento. Ma così<br />
non fu e la scuola venne chiusa.<br />
Sarà la Conversazione dei Flori-<br />
di Luciano Canessa<br />
di ad aprire una seconda Scuola<br />
di Nautica, l’11.11. 1797, presso<br />
la Casa Pia del Refugio, ma<br />
anch’essa durerà pochi anni.<br />
Fece seguito quella voluta da<br />
Napoleone, funzionante presso<br />
la scuola dei Barnabiti, in veste<br />
laicizzata, poi, quando la scuola<br />
di San Sebastiano venne smembrata<br />
con la riforma scolastica<br />
di Leopoldo II per diventare Liceo<br />
Ginnasio, il corso di nautica<br />
fu inserito nella più ampia<br />
Scuola Tecnica, nel 1858, ma si<br />
dissolse con la fine del granducato<br />
stesso.<br />
Il Ministero di Agricoltura, Industria<br />
e Commercio, creato dal<br />
Cavour, istituì a Livorno una<br />
scuola nautica che aprì i battenti<br />
il 28.1.1861 in via Marradi, angolo<br />
via Calzabigi, salvo trasferirsi<br />
l’anno dopo in via della<br />
Pace (oggi via E. Rossi) nell’edificio<br />
del Liceo. Due anni dopo<br />
nacque l’Istituto Nautico attuale<br />
o meglio l’Istituto Reale di Marina<br />
Mercantile, dopo una lunga<br />
diatriba tra il Comune di Livorno<br />
che voleva, come Firenze,<br />
un Istituto Tecnico completo<br />
di tutti gli indirizzi di studio e<br />
il Ministero che per ragioni di<br />
bilancio non poteva concederlo.<br />
Alla fine il Comune dovette alzare<br />
bandiera bianca e in data<br />
Allievi della Scuola di Nautica in esercitazione sugli scali del Refugio.<br />
13.12.1863 il ministro sottopose<br />
alla firma del re l’istituzione di<br />
una scuola per intraprendere la<br />
carriera di “capitano o costruttore<br />
o meccanico nella marina<br />
mercantile” (oggi la scuola rilascia<br />
i titoli di studio di aspirante<br />
al comando di navi mercantili e<br />
di aspirante alla direzione di macchine<br />
di navi mercantili).<br />
Il nuovo Istituto incorporò ovviamente<br />
la scuola nautica nata<br />
in via Marradi. Il primo preside<br />
fu Antonio Ronna che decise<br />
saggiamente di aprire la scuola<br />
l’anno dopo nel 1864/65 con 35<br />
iscritti, trovando sede in due<br />
stanze de Il Paradisino, in via di<br />
Crocetta, in Venezia, del quale<br />
si ricordano – scrive il Donnini<br />
– l’indecenza e l’immondizia. Il<br />
novello Istituto trasmigrò, poco<br />
dopo, in corso Amedeo (1867/<br />
I due leoni di Palazzo Squilloni<br />
68 e 1868/69), ma nel frattempo<br />
era morto il Ronna (settembre<br />
1866) che fu sostituito da Pietro<br />
Noto Badge, preside che si è<br />
preferito nascondere, sia da<br />
parte del Donnini, sia del Ministero,<br />
ma del quale chi scrive<br />
scoprì le malefatte. Sì, perché il<br />
Badge, preside burbero e autoritario<br />
tanto da inimicarsi tutti,<br />
una volta nominato dal Comune<br />
di Livorno quale direttore del<br />
corso amministrativo, intascò le<br />
tasse comunali omettendo di<br />
versarle. Quando il fattaccio<br />
venne fuori scoppiò uno scandalo<br />
ed il Badge, che in una memoria<br />
di ventisette pagine non<br />
riuscì a giustificarsi, fu allontanato<br />
da Livorno e sostituito dal<br />
bravo Dino Carina al quale si<br />
devono la nascita della sezione<br />
commerciale (1869), della sezione<br />
fisico-matematica (1871) e<br />
della sezione industriale (1873/<br />
74). Le tre sezioni nacquero<br />
come costola dell’Istituto di<br />
Marina Mercantile che cominciò<br />
a chiamarsi Istituto Tecnico<br />
e Nautico.<br />
Intanto la scuola potè occupare,<br />
dopo due anni in corso Amedeo,<br />
i locali di Palazzo Granducale<br />
in piazza Grande dal febbraio-marzo<br />
1871. La attribuzione<br />
del nome del navigatore fiorentino<br />
“Amerigo Vespucci” risale<br />
al periodo giugno 1882-novembre<br />
1884. Fu quarto preside (e<br />
non terzo come risulta dall’elenco<br />
del Ministero!) il prof.<br />
▲
▲▲▲<br />
▲<br />
scuola<br />
17<br />
LIVORNOnonstop<br />
▲<br />
I diplomati Macchinisti dell’anno scolastico 1963-64 con il Prof. Domenico Spanò.<br />
Piero Donnini, il quale volle<br />
tracciare i primi passi compiuti<br />
dal novello istituto tacendo del<br />
tutto su Pietro Noto Badge.<br />
Donnini, che fu anche sindaco<br />
di Livorno, ebbe una dirigenza<br />
lunghissima, dalla morte del Carina,<br />
avvenuta nel 1872, fino al<br />
5.3.1897. Oggi riposa al cimitero<br />
dei Lupi.<br />
Sotto la sua presidenza frequentarono<br />
la scuola Plinio Nomellini<br />
(Istituto Tecnico) e Costanzo<br />
Ciano. Quest’ultimo nel 1887/88<br />
si iscrisse alla sezione macchinisti<br />
ma fu dichiarato respinto<br />
nella sessione autunnale. L’anno<br />
dopo si iscrisse alla sezione<br />
capitani di lungo corso ottenendo<br />
la promozione in 2ª classe<br />
nella sessione autunnale. In terza<br />
si ritirò il 28.2.1891, come certificano<br />
le firme del preside Donnini<br />
e del segretario Mazzanti.<br />
Non è rintracciabile il registro<br />
di esame dei privatisti di quell’anno<br />
per poter verificare se<br />
Costanzo<br />
Ciano<br />
(nel riquadro)<br />
si diplomò,<br />
comunque<br />
in tutte le<br />
pubblicazioni<br />
del<br />
ventennio<br />
fascista<br />
si trova<br />
scritto che si è diplomato al<br />
Nautico “A. Vespucci”. Così<br />
sarà, dobbiamo fidarci!<br />
Comunque va precisato che<br />
l’accesso all’Accademia Navale<br />
di Livorno, in quei primi anni<br />
di funzionamento, era molto elastico,<br />
perfino i giovanissimi<br />
potevano essere ammessi e infatti<br />
Manlio Garibaldi, nel 1886,<br />
vi entrò a 13 anni. Solo nel 1894<br />
il limite fu portato a 19 anni e il<br />
titolo di studio richiesto divenne<br />
la licenza liceale o tecnica. In<br />
quel 1891 Ciano entrò in Accademia,<br />
a 15 anni, e ne uscì il 12.7.1896<br />
a venti anni, quinto in graduatoria<br />
generale, come scrive Aldo Santini<br />
in “Costanzo Ciano, il ganascia<br />
del fascismo”.<br />
Al preside Donnini fecero seguito<br />
Gaetano Petrosemolo fino<br />
al 1913, quindi Giovanni Targioni<br />
Tozzetti (librettista di Cavalleria<br />
Rusticana insieme a Guido<br />
Menasci) nell’a.s. 1913/14, e<br />
Girolamo Occoferri nel periodo<br />
1914-1920.<br />
In seguito al passaggio degli<br />
istituti nautici al Ministero della<br />
Marina, l’Istituto Nautico di<br />
Livorno si separò dagli altri indirizzi<br />
(commerciale, fisico-matematico,<br />
industriale) e andò ad<br />
occupare dall’a.s. 1919/20 i miserevoli<br />
locali di via Pollastrini,<br />
assumendo il nome di Alfredo<br />
Cappellini, l’eroe livornese di<br />
Lissa, a partire dal 4.11.1923. Era<br />
preside Paolo Cipelli che lo fu<br />
fino all’a.s. 1922/23.<br />
Il nome “Amerigo Vespucci” rimase<br />
alle altre sezioni di studio<br />
perché avevano il maggior numero<br />
di iscrizioni.<br />
Informo i ricercatori che i registri<br />
generali dei voti degli ex alunni<br />
del Nautico fino a questo periodo<br />
si trovano presso la segreteria<br />
del Vespucci, perciò chi<br />
volesse vedere i voti di Costanzo<br />
Ciano, o altri ex, non perda<br />
tempo ad andare al Cappellini.<br />
Alla fine di quel 1923 il Nautico<br />
si trasferì a Palazzo Squilloni in<br />
virtù dell’interessamento di Costanzo<br />
Ciano, presidente della<br />
Giunta di Vigilanza della scuola.<br />
All’ingresso, due leoni scolpiti<br />
nella pietra, uno a destra e l’altro<br />
a sinistra, divennero il simbolo<br />
della scuola, forse in origine<br />
toccati con mano dagli studenti<br />
per ricevere coraggio, ma<br />
ben presto palpati, con disinvoltura,<br />
ogni giorno come rito propiziatorio.<br />
Qui il Nautico rimase fino al trasferimento<br />
nella attuale sede di<br />
piazza Giovine Italia avvenuta<br />
l’1.10.1964, per effetto dell’opera<br />
instancabile del preside Domenico<br />
Spanò che diresse la<br />
scuola nell’a.s. 1941/42 e dal<br />
1945/46 al 1974/75, allorché fu<br />
collocato in pensione per sopraggiunti<br />
limiti di età.<br />
Finalmente a cento anni dalla<br />
nascita, il Nautico di Livorno<br />
potè avere una bella nuova sede.<br />
Spanò riuscì ad ottenere dal<br />
Comune di Livorno anche l’accesso<br />
diretto al mare per i propri<br />
alunni attraverso un tunnel sotto<br />
gli scali Manzoni.<br />
Di quest’ultimo periodo si ricordano<br />
i professori Nesta, Chiappini,<br />
Belluomo, Umberto Barletta,<br />
Francesco Mumolo, Giorgio<br />
Fontanelli, Gian Franco Palmerini<br />
Morelli, Ubaldo Del Vita, Lucco,<br />
Lisco, Lupidi, ecc. Francesco<br />
Mumolo diresse anche la<br />
scuola dal 1975/76 al 1993/94.<br />
E gli alunni? In quegli anni cinquanta-sessanta,<br />
in una Livorno<br />
piena di speranze, la domanda<br />
più ricorrente degli alunni frequentanti<br />
il Cappellini era: “Perché<br />
non ci sono bimbe al Nautico?”.<br />
Questa domanda, oserei<br />
dire inquietante, appare anche<br />
in un giornaletto scolastico<br />
dell’epoca, Avanti tutta, dove<br />
accanto a tanti nomi di docenti<br />
appare anche quello di Nilo Rigagnoli,<br />
capo bidello, detto il Re<br />
dei bidelli. Un autentico personaggio,<br />
questi, che redarguiva<br />
gli studenti nei corridoi o nei bagni<br />
con tono perentorio, ma che<br />
potevi vedere anche impegnato<br />
a dare, gratuitamente, ripetizioni<br />
di lingua francese o di letteratura<br />
italiana prima di qualche temuta<br />
interrogazione in classe.<br />
Quante volte, durante un compito,<br />
gli studenti accusavano<br />
un’ impellente necessità fisiologica<br />
per uscire di classe e chiedere<br />
lumi a Nilo!<br />
A seguito degli accorpamenti<br />
scolastici, il Nautico fa oggi parte<br />
dell’ Istituto di Istruzione Superiore<br />
“Buontalenti-Cappellini-<br />
Orlando”. Riccardo Borraccini è<br />
l’attuale dirigente scolastico.<br />
Fonti: ricerche personali A.S.L,<br />
A.S.C.L. e Domenico Spanò “L’Istituto<br />
Tecnico Nautico “A.Cappellini” di<br />
Livorno (estratto da “La Canaviglia”).
▲▲▲<br />
▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
18<br />
attualità<br />
17 <strong>Febbraio</strong>: Giornata Mondiale del gatto<br />
‘Malattia’ gatto<br />
Amo scrivere<br />
di<br />
gatti: filastrocche,<br />
racconti e<br />
storie. Ho<br />
rilasciato<br />
perfino interviste,<br />
pubblicato e vinto premi.<br />
È una vena creativa inesauribile,<br />
un unico cruccio, quello<br />
di non avere abbastanza tempo<br />
per studiare a fondo i loro comportamenti.<br />
I gatti insegnano, non mediano<br />
e amano con dedizione i loro<br />
umani. I gatti non parlano, ma<br />
di Stefania D’Echabur<br />
capiscono il nostro linguaggio,<br />
sicuramente conoscono l’italiano.<br />
Con altrettanta sicurezza<br />
credo che noi non conosciamo<br />
la loro.<br />
I felini comprendono le nostre<br />
emozioni: decifrano se siamo allegri<br />
o tristi, affranti o malati, desiderosi<br />
della loro compagnia o<br />
se è il caso di ritirarsi. Sanno. Sanno<br />
più di quanto noi crediamo.<br />
Avete mai osservato dall’esterno<br />
un gruppo di persone che<br />
parlano dei loro mici?<br />
Di primo impatto: un gruppo di<br />
folli! L’argomento è appetibile<br />
al pari o forse più del gossip.<br />
Particolari, aneddoti, curiosità:<br />
per chi assiste e non ne ha, sembriamo<br />
tanti invasati, sì, mi includo<br />
pure io, però appena qualcuno<br />
si converte alla malattia<br />
“gatto”, si apre uno scenario e<br />
un mondo dove tutto diventa<br />
comprensibile all’istante.<br />
Ogni gatto ha il suo carattere.<br />
Ogni gatto ha il suo “timbro” di<br />
voce.<br />
Ogni gatto che entra in una casa<br />
sa perfettamente cosa è andato<br />
a fare ed è consapevole che non<br />
poteva essere altrove.<br />
I libri e i romanzi sui gatti sono<br />
sinceri, hanno il potere di calmare<br />
ogni stato d’animo e riconciliare<br />
col mondo.<br />
Sei mesi fa ho conosciuto un<br />
gattino… mi ha raccontato la sua<br />
storia.<br />
Mi chiamo Rubino, il mio<br />
nome primario era Ruggine, poi<br />
si è convertito in Angiolo, ma<br />
siccome il nome era poco musicale,<br />
la scelta è andata su Cherubino,<br />
poi, quando finalmente<br />
sembrava che la mia tata fosse<br />
convinta, ha deciso che sarei<br />
stato Rubino, rosso come il mio<br />
pelo e prezioso come la pietra.<br />
In realtà non sono nemmeno di<br />
pelo rosso, ma bensì un bel<br />
▲
▲▲▲<br />
▲<br />
attualità<br />
19<br />
LIVORNOnonstop<br />
nocciola, colori simili alla<br />
mia umana.<br />
Rubino mi si addice parecchio<br />
anche per un altro motivo:<br />
sono un piccolo ladro. Rubo<br />
di tutto. Dallo sformato di cavolfiore<br />
alla passata di piselli,<br />
ogni cosa commestibile per<br />
me è un invito per sperimentare<br />
nuovi sapori.<br />
Vado pazzo per l’acqua… voi<br />
capirete, sono nato in una colonia<br />
di gatti dove la mattina<br />
ci rincorrevamo tra dei rami<br />
ed un ruscello. A pochi metri<br />
dalla nostra casa, invece c’era<br />
tanta, ma tanta acqua. La notte<br />
nel silenzio andavo coi miei<br />
fratelli a vedere quella grande<br />
palla di luce che si specchiava<br />
nel mare, dice che si<br />
chiama così quell’acqua salata.<br />
Era bello e per la meraviglia<br />
restavamo a bocca aperta.<br />
Poi è arrivata lei.<br />
Le ho leccato le mani, è bellissima!<br />
Sembra una Principessa!<br />
Lei mi impartisce un sacco<br />
di ordini, a dire il vero però, lo<br />
fa per la mia educazione e in<br />
compenso mi inonda di baci,<br />
carezze e tanto amore.<br />
Insieme a lei, abita lui.<br />
A dirla tutta il primo giorno<br />
non è che gli stessi tanto simpatico,<br />
ma la mattina dopo la<br />
notte, ha iniziato a chiamarmi<br />
polpetta e sono iniziate delle<br />
lotte, lo devo dire, non potrei<br />
avere per i giochi compagno<br />
migliore! Lui è come un grande<br />
orso umano, mi coccola come<br />
pochi sanno fare.<br />
▲<br />
In questa casa tutto è in ordine.<br />
Ho buon cibo e considerazione.<br />
Unico neo, non posso<br />
fare pipì nell’acquaio e nemmeno<br />
nel lavandino.<br />
Sono allegro, giocherellone e<br />
chiunque viene a farmi visita<br />
dice che metto di buon umore.<br />
La tristezza non fa per me!<br />
Ogni tanto la mia tata fa tre<br />
piccoli giorni di letargo, dorme<br />
tanto come una piccola tartaruga,<br />
io la guardo come fossi<br />
un Bodycat, la sua “picco-<br />
Se è vero che è tempo di Carnevale<br />
e non bisogna prendersela<br />
se si resta vittime di qualche<br />
divertente intrallazzo perché,<br />
come dice un famoso detto<br />
popolare, “A Carnevale ogni<br />
scherzo vale”, non era certo così<br />
a metà dell’800 quando i divieti<br />
e le limitazioni erano un vero<br />
e proprio deterrente per la popolazione.<br />
Nel manifesto fatto<br />
appendere dalla R. Questura di<br />
Livorno nel gennaio del 1869,<br />
per evitare pene o addirittura<br />
l’arresto, si invitavano in pratica<br />
i cittadini a tenere un atteggiamento<br />
corretto ed entro<br />
le linee. Fa sorridere e riflettere<br />
anche leggere, in stampatello,<br />
“VIETATO IL GETTO DI<br />
CONFETTI” (chissà se si trattava<br />
di qualche decina, centinaia<br />
o migliaia dei gustosi dolcetti,<br />
considerato anche il costo<br />
degli stessi).<br />
Oggi, è tutta un’altra storia....<br />
la” guardia del corpo pelosa.<br />
Anche se mi piace tanto dormire<br />
tutto spalmato su di lei in<br />
quei giorni non dormo, l’accarezzo<br />
e le do tante leccatine,<br />
voglio che sappia che sono<br />
pazzo di lei e può contare sempre<br />
su di me.<br />
Ecco, questa è la mia storia,<br />
sono arrivato in questa casa<br />
perché in mezzo a troppo silenzio<br />
c’era bisogno di brio e un<br />
po’ di confusione.<br />
E poi… scusate la supponen-<br />
za, sapete cosa fanno due tati e<br />
un gatto? Una famiglia!<br />
Firmato, Rubino Miao Polpetta.<br />
L’autore della foto pubblicata nel numero<br />
scorso a corredo dell’articolo “Livorno,<br />
Arte in corsia” è Simone Lanari.<br />
Vietato il getto di confetti!<br />
Questo il testo del manifesto:<br />
SI DETERMINA QUANTO APPRESSO:<br />
1 - È vietato alle persone facienti uso di Maschera o semplicemente travestite di<br />
introdursi nelle altrui abitazioni, senza l’espresso consenso di chi le abita.<br />
2 - Sono vietate le maschere mostruose, offendenti il buon costume o che colle loro<br />
allusioni possono provocare disordini.<br />
3 - Le persone Mascherate o travestite non possono portare armi, bastoni, od istrumenti<br />
atti ad offendere, usare fuochi d’artifizio o materiali combustibili, proferire<br />
discorsi o parole indecenti, recare soprusi e molestie ad altrui.<br />
4 - È obbligo delle Maschere scuoprirsi il volto ad ogni richiesta di Ufficiali ed<br />
Agenti di Pubblica Sicurezza.<br />
5 - Tanto alle Maschere quanto in occasione di Corsi di Carrozze, è vietato a chiunque<br />
il GETTO DI CONFETTI, O DI ALTRA COSA QUALUNQUE che possa recare<br />
danno o molestia.<br />
6 - I contravventori verranno allontanati dai pubblici luoghi; saranno passibili delle<br />
pene di polizia ed anco arrestati nel caso di disordini.<br />
Livorno, li 22 Gennaio 1869<br />
Firmato: Il Questore (L. Mazzi)
▲▲▲<br />
▲<br />
LIVORNOnonstop<br />
20<br />
quiz<br />
La storia delle nostre strade<br />
...a spasso<br />
per la città<br />
dallo Stradario Storico di Livorno,<br />
antico, moderno e illustrato di Beppe<br />
Leonardini e Corrado Nocerino (Editrice<br />
Nuova Fortezza, Livorno).<br />
Via Andrea Giovannetti - Da<br />
via Cosimo Del Fante a piazza<br />
della Repubblica. Fu così<br />
nomata dopo il 1846 per ricordare<br />
il Sindaco Andrea Giovannetti<br />
che resse tale carica<br />
dal 1877 al 1879. Prima si chiamò<br />
via dell’Arena Labronica<br />
che si trovava sull’area dell’attuale<br />
Mercato Centrale fino al<br />
1847.<br />
Vicolo della Pergola - Da via<br />
Paoli a via dell’Origine. E’ strada<br />
a fondo cieco, così denominata<br />
posteriormente al 1870.<br />
Proverbi<br />
livornesi<br />
✔ Pancia piena vol riposo.<br />
✔ Più che morì ‘un si pole.<br />
✔ Vestito di seta o di velluto<br />
è sempre un villano<br />
fottuto.<br />
✔ Sull’erba molle tutti ci si<br />
puliscono i piedi.<br />
✔ L’olio di gomiti e pulisce<br />
ar meglio.<br />
✔ Facile fa ir finocchio cor<br />
culo di vell’altri.<br />
✔ Voglia di lavora’ sartami<br />
addosso, ma fammi<br />
lavora’ meno ‘e posso.<br />
✔ Piccino un lo senti,<br />
grosso ti fa male.<br />
Se trovi degli<br />
errori in<br />
questo giornale,<br />
tieni<br />
presente<br />
che sono<br />
stati messi<br />
di proposito. Abbiamo cercato<br />
di soddisfare tutti, anche<br />
coloro che sono sempre<br />
alla ricerca di errori!<br />
QUIZ A PUNTEGGIO PER SAGGIARE LA TUA LIVORNESITÀ<br />
LIVORNESE DOC O ALL’ACQUA DI ROSE?<br />
Scoprilo rispondendo a queste domande; quindi controlla punteggio e valutazione:<br />
1<br />
In quale anno venne inaugurata<br />
la nuova Stazione<br />
ferroviaria?<br />
A 1911<br />
B 1894<br />
C 1925<br />
2<br />
A<br />
B<br />
C<br />
3<br />
A<br />
B<br />
C<br />
4<br />
A<br />
B<br />
C<br />
Quale acqua di maggiore efficacia<br />
era considerata tra quelle<br />
dei Bagni termali della salute?<br />
Preziosa<br />
Corsia<br />
Vittoria<br />
... e quale era la più diuretica?<br />
Preziosa<br />
Sovrana<br />
Corallo<br />
Quale Palazzo ospitò Giuseppe<br />
Mazzini nel suo terzo e ultimo<br />
viaggio a Livorno?<br />
Squilloni<br />
Rosselli<br />
Caprilli<br />
Quale era l’originaria<br />
destinazione dell’Ospedale<br />
Militare? 5 9<br />
A<br />
B<br />
C<br />
A<br />
B<br />
C<br />
A<br />
B<br />
C<br />
Panificio Militare<br />
Caserma fanteria<br />
Deposito mezzi<br />
In quale Chiesa è posta una<br />
lapide che ricorda la figura del<br />
donatore Tommaso Inghirami,<br />
cavaliere di S. Stefano?<br />
SS. Pietro e Paolo<br />
S. Sebastiano<br />
Madonna<br />
Il vecchio toponimo Riseccoli<br />
cosa stava a indicare?<br />
Antica osteria<br />
Corso d’acqua<br />
Campo sportivo<br />
In quale anno fu fondato<br />
il quotidiano “Il Telegrafo”?<br />
A 1892<br />
B 1877<br />
C 1904<br />
In quale via nacque il<br />
letterato e patriota<br />
Carlo Bini?<br />
RISPOSTE: 1 (A), 2 (C), 3 (C), 4 (B), 5 (A), 6 (C), 7 (B), 8 (B), 9 (B), 10 (B), 11 (C), 12 (B)<br />
Meno di 2 risposte corrette: ...all’acqua di rose - Da 3 a 6 risposte corrette: ...sui generis<br />
Da 7 a 10 risposte corrette: alla moda - Nessun errore: LIVORNESE DOC honoris causa<br />
Quiz visivo e di orientamento a conferma del tuo grado di livornesità<br />
Che razza di livornese sei?<br />
...di SCOGLIO,<br />
di FORAVIA<br />
o... PISANO?<br />
Qui a fianco c'è la foto di una strada<br />
della tua città. Sai riconoscere di<br />
quale via si tratta?<br />
Se rispondi ESATTAMENTE significa<br />
che sei un... livornese di scoglio!<br />
Se rispondi CONFONDENDO la via<br />
con altra della stessa zona, significa<br />
che sei un... livornese di foravia,<br />
Se NON RIESCI A CAPACITARTI di<br />
quale via si tratta, allora significa<br />
che... sei un pisano!<br />
Per la risposta, vedi pag. 23<br />
6<br />
7<br />
8<br />
Grado di difficoltà:<br />
A<br />
B<br />
C<br />
10<br />
A<br />
B<br />
C<br />
11<br />
A<br />
B<br />
C<br />
12<br />
Via della Coroncina<br />
Via delle Galere<br />
Via Garibaldi<br />
Di fronte a quale chiesa<br />
si trova l’Oratorio di<br />
S. Antonio da Padova?<br />
Sant’Andrea<br />
San Matteo<br />
Santa Caterina<br />
In quale quartiere si trova<br />
via Carlo Pigli?<br />
Borgo Cappuccini<br />
Fabbricotti<br />
Sorgenti<br />
Di che classe è l’attuale<br />
portiere del Livorno<br />
Luca Mazzoni?<br />
A 1979<br />
B 1984<br />
C 1988
▲▲▲<br />
▲<br />
editoria<br />
21<br />
LIVORNOnonstop<br />
Il genocidio ad opera dell’Impero ottomano tra il 1915 e il 1916 causò circa 1,5 milioni di morti<br />
Il brutale eccidio degli Armeni<br />
Fino a tutto<br />
il 17 febbraio,<br />
in<br />
via della<br />
Madonna<br />
nella Chiesa<br />
degli<br />
Armeni, è<br />
visibile la mostra fotografica<br />
Metz Yeghern (Il Grande Male):<br />
con queste parole gli Armeni definiscono<br />
l’eccidio di un milione<br />
e mezzo di armeni da parte<br />
dell’Impero ottomano tra il 1915<br />
e il 1916.<br />
Gli Armeni furono il primo popolo<br />
al di fuori della Palestina a<br />
convertirsi al cristianesimo.<br />
La mostra è possibile grazie alle<br />
foto scattate all’epoca da parte<br />
di Armin T. Wegner, sottotenente<br />
del Corpo sanitario tedesco<br />
distaccato in quegli anni presso<br />
la Sesta Armata Ottomana.<br />
I turchi risolsero di eliminare i<br />
cattolici armeni dal loro paese e<br />
in buona parte ci riuscirono.<br />
Attualmente l’Armenia è un piccolo<br />
paese di 28.800 km2 (Italia<br />
301.340), con circa tre milioni di<br />
abitanti. L’attuale Armenia è<br />
uno stato resosi indipendente<br />
con la caduta dell’URSS nel<br />
1991 e confina con la Turchia,<br />
la Georgia, l’Azerbaigian e<br />
di Giovanni Giorgetti<br />
l’Iran.<br />
L’Italia è una delle principali<br />
culle del cattolicesimo di rito<br />
armeno, con il Monastero di San<br />
Lazzaro degli Armeni a Venezia<br />
ed il Pontificio Collegio Armeno<br />
di Roma ed ospita una chiesa<br />
apostolica a Milano e una<br />
sede vescovile in Sicilia.<br />
Un notevole arricchimento della<br />
mostra sono state due conferenze,<br />
alle quali ha presenziato<br />
anche l’assessore alla cultura<br />
Francesco Belais, tenute dal<br />
dott. Massimo Sanacore e dall’arch.<br />
Riccardo Ciorli rispettivamente:<br />
Gli armeni nella città<br />
delle Nazioni e I simboli della<br />
religiosità armena a Livorno.<br />
Una terza conferenza si svolgerà<br />
lunedì 12 febbraio, ore 18, da<br />
parte del prof. Giangiacomo Panessa,<br />
dal tema: Aspetti storico-culturali<br />
della cristianità<br />
orientale a Livorno.<br />
La notevole presenza di pubblico<br />
ha evidenziato quanto forte<br />
sia il desiderio delle persone di<br />
riscoprire le proprie radici. La<br />
chiesa degli Armeni rappresenta<br />
un tassello di questo mosaico.<br />
La via della Madonna, ove si<br />
trova ciò che rimane della Chiesa<br />
degli Armeni, è sede anche<br />
della Chiesa dei Greci Uniti e<br />
della Chiesa della Madonna<br />
A questo proposito riportiamo<br />
fedelmente quanto scritto in<br />
Wikipedia, l’enciclopedia libera:<br />
“Via della Madonna è una strada<br />
di Livorno. Per la presenza di<br />
ben tre chiese nazionali, punto<br />
di riferimento delle comunità<br />
greca, olandese-alemanna, francese,<br />
portoghese, corsa e armena,<br />
essa è stata definita un unicum<br />
storico-religioso europeo,<br />
ovvero un simbolo del cosmopolitismo<br />
che, grazie alla politica<br />
illuminata dei granduchi medicei,<br />
caratterizzò la città di Livorno<br />
per oltre tre secoli. Le origini<br />
della via risalgono alla seconda<br />
metà del Cinquecento,<br />
con l’urbanizzazione della città<br />
pentagonale ideata da Bernardo<br />
Buontalenti. Caratterizzata da un<br />
andamento ortogonale al decumano<br />
costituito dalla via Ferdinanda,<br />
la strada si inseriva nella<br />
maglia viaria regolare che caratterizzava<br />
la città-fortezza di Livorno.<br />
All’inizio del Seicento lungo la<br />
strada sorgevano già la chiesa<br />
della Madonna (1607, di fianco<br />
al preesistente oratorio dei Santi<br />
Cosma e Damiano, oggi scomparso)<br />
e quella della Santissima<br />
Il pubblico presente alla conferenza di Massimo Sanacore, qui introdotto dall’assessore Francesco Belais.<br />
La locandina della mostra.<br />
Annunziata (1601). La prima divenne<br />
il punto di riferimento<br />
delle comunità francese, olandese-alemanna,<br />
corsa e portoghese;<br />
all’interno furono infatti innalzati<br />
i relativi altari nazionali,<br />
spesso utilizzati come veri e propri<br />
sepolcreti dalle stesse comunità,<br />
nell’ambito del culto cattolico.<br />
La seconda invece fu affidata<br />
ai numerosi greci cattolici<br />
di rito orientale e nel tempo fu<br />
dotata di una notevole iconostasi.<br />
Un secolo più tardi, nel<br />
1714, fu inaugurata la chiesa di<br />
San Gregorio, voluta dalla ricca<br />
nazione armena e anch’essa utilizzata<br />
come luogo per il seppellimento<br />
di molti connazionali. Di<br />
fianco alla chiesa della Madonna<br />
esisteva anche la preesistente<br />
chiesetta dei Santi Cosimo e<br />
Damiano, la quale fu in seguito<br />
trasformata in ufficio postale.<br />
Al contempo, con lo smantellamento<br />
di parte della vicina Fortezza<br />
Nuova e l’ampliamento del<br />
quartiere della Venezia Nuova,<br />
la strada fu estesa verso il nuovo<br />
accrescimento, superando il<br />
vicino fossato mediante il ponte<br />
di San Giovanni Nepomuceno.<br />
In questo tratto sorse il Palazzo<br />
Milanesi (scomparso dopo<br />
la seconda guerra mondiale) e il<br />
convento gesuita (poi divenuto<br />
l’odierno Palazzo di Giustizia e<br />
dove, all’inizio dell’Ottocento, si<br />
trovava la cappella della<br />
▲
▲▲▲<br />
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LIVORNOnonstop<br />
22<br />
editoria<br />
▲<br />
Le tre chiese di Via della Madonna ubicate una accanto all’altra: quella degli Armeni, della Madonna e dei Greci.<br />
comunità anglicana), mentre<br />
alla confluenza con la via Borra<br />
e la piazza antistante il Rivellino<br />
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e fino al 1870 i vari tratti della<br />
strada ebbero nomi diversi: via<br />
dei Greci all’altezza della chiesa<br />
della Santissima Annunziata, via<br />
della Madonna in corrispondenza<br />
dell’omonima chiesa, via degli<br />
Armeni davanti alla chiesa di<br />
San Gregorio e via dei Gesuiti<br />
nel tratto compreso all’interno<br />
del secondo accrescimento della<br />
Venezia Nuova (in seguito si<br />
chiamò via del Corso perché nel<br />
tratto del fosso antistante alla<br />
strada si svolgeva il “corso” del<br />
dal 1865<br />
Tintori in Firenze<br />
Brevetto Reale<br />
del 22 Giugno 1867<br />
palio delle barchette; si chiamò<br />
anche via del Ponte di San Giovanni<br />
Nepomuceno). Nel 1870<br />
tutti i tratti furono riuniti sotto<br />
la denominazione attuale. Nel<br />
1901 fu rinominata via Giordano<br />
Bruno, ma nel 1925 riacquistò<br />
il nome di via della Madonna.<br />
A causa delle distruzioni<br />
subite dalla città nel corso della<br />
seconda guerra mondiale, gli<br />
edifici prospicienti la strada subirono<br />
danni ingenti. Le chiese<br />
della Madonna e dei Greci-<br />
Uniti furono ristrutturate, mentre<br />
quella degli armeni fu ridotta<br />
ad un piccolo oratorio, mantenendo<br />
solo il portico della facciata<br />
settecentesca.<br />
Il tratto antistante alle tre chiese<br />
fu sensibilmente ampliato e<br />
completamente riedificato; alcune<br />
nuove costruzioni, del tutto<br />
estranee al tessuto urbanistico<br />
circostante, furono realizzate<br />
anche nel quartiere della Venezia<br />
Nuova”.<br />
Come si vede, un unicum storico-religioso<br />
europeo, che meriterebbe<br />
di essere valorizzato e<br />
pubblicizzato. In nessuna chiesa<br />
vi è la possibilità di acquistare<br />
un opuscolo illustrativo o<br />
foto degli interni. L’iconostasi<br />
della Chiesa dei Greci è veramente<br />
bella, ma quanti livornesi<br />
la conoscano? La mostra è visibile,<br />
fino a sabato 17 febbraio,<br />
dalla ore 9 alle 13, tutti i giorni<br />
domenica esclusa.<br />
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