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Vivi Somma #2

In questo numero: Speciale Sant'Agnese; Giornata della Memoria, Giorgio Casale e Isaia Bianco; Mulino Malacrida; Una regina austriaca al Castello Visconti

In questo numero: Speciale Sant'Agnese; Giornata della Memoria, Giorgio Casale e Isaia Bianco; Mulino Malacrida; Una regina austriaca al Castello Visconti

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da acebook al web<br />

Gennaio 2018


"<strong>Vivi</strong> <strong>Somma</strong>!" è un gruppo Facebook nato il 13 Settembre<br />

del 2015 e dedicato far conoscere l’arte, la cultura, la storia,<br />

le immagini, le manifestazioni, e gli eventi di <strong>Somma</strong><br />

Lombardo.<br />

Ora è anche un magazine gratuito: aperto ad eventuali<br />

contributi vecchi e nuovi dagli iscritti al gruppo, conterrà<br />

piccoli pezzi di <strong>Somma</strong> e sommesi che, seppur creati a<br />

livello amatoriale, riteniamo valga la pena ricordare e<br />

debbano rimanere nel web oltre le limitazioni di Facebook.<br />

Buona lettura.<br />

Rolando, Roberto, Iride e Massimo


Foto copertina di Roberto Angero - Testo di Rolando Destri<br />

Da anni mi trovo qui.<br />

Caldo, freddo, neve, pioggia o vento, sono sempre qui.<br />

Mi hanno messo in questo luogo<br />

a ricordo di quello che io ed altri compagni<br />

abbiamo fatto per il mio paese, per la libertà.<br />

Ammetto, non ero solo, ben quattro fanti<br />

mi spingevano avanti e indietro.<br />

Uno poi mi voleva così bene,<br />

che non perdeva occasione per pulirmi la bocca,<br />

mentre gli altri usavano grassi puzzolenti e neri<br />

per rendermi più mobile negli spostamenti.<br />

Ne ho viste tante, lo ammetto,<br />

mi sono difeso bene.<br />

Forse è per questo che ho l’onore<br />

di starmene qui, dove vengono ricordati<br />

i caduti sommesi di tutte le guerre,<br />

un onore che solo pochi pezzi d’artiglieria<br />

come me possono avere.<br />

Sono qui, a memoria dei nostri nonni, padri e figli<br />

morti per la libertà, per un futuro migliore<br />

e per un avvenire ricco di speranze.<br />

Sono qui proprio davanti a te,<br />

maestoso maniero trasudante di storia.<br />

Con te, amico mio, veglio su questa città.


"Patrona sommese"<br />

di Iride Parachini<br />

Nella Basilica di S. Agnese, fino a due anni fa, chi entrava avrebbe potuto rimanere<br />

stupito nel non trovare riferimenti in quadri o statue alla Patrona della città.<br />

Nel 2016 fu realizzata una statua lignea copia dell'originale, esposto al Museo<br />

Diocesano di Milano<br />

con Santa Barbara e<br />

Maddalena; fino a<br />

qualche tempo fa il<br />

trittico si trovava nella<br />

casa parrocchiale di<br />

<strong>Somma</strong>, ma fu dato in<br />

"prestito permanente"<br />

dopo il restauro avuto<br />

a cura delle Romite<br />

Ambrosiane, le suore<br />

di clausura del Sacro<br />

Monte di Varese. Nella<br />

foto notiamo come<br />

Santa Agnese risulti<br />

più alta delle altre due<br />

di circa 15 centimetri;<br />

ciò confermerebbe la<br />

loro destinazione in<br />

una ancona per l'altare<br />

con la Santa in centro.<br />

Agnese è rappresentata con in mano un Agnello simbolo del suo martirio adagiato<br />

su un libro di preghiere. Santa Barbara tiene in mano una torre, ricorda la sua<br />

prigionia in una torre voluta dal padre. Maddalena invece tra le mani tiene un<br />

unguentario, ella infatti viene individuata come la donna che si prostrò ai piedi di<br />

Gesù e li cosparse di unguento prezioso. Le statue presentano una policromia<br />

giocata sui toni del bianco, del rosso e dell'oro. Purtroppo l'oro è quasi scomparso,<br />

in particolare dai capelli della Maddalena, ma si nota il particolare colore rosso dato<br />

dal bolo armeno utilizzato come collante per le lamine d'oro. Le statue, custodite a<br />

lungo nella Chiesa di San Vito, pare risalgano al 1489, anno in cui fu inaugurata "la<br />

seconda" Chiesa di S. Agnese, quella eretta dai Visconti sul sito attuale dopo<br />

l'abbattimento della prima in prossimità del Castello.<br />

Eccetto questa recente copia, in Basilica sembrerebbe non esserci nessun altro<br />

riferimento alla Patrona della città. Ebbene forse non tutti sanno che esiste una<br />

grande pala raffigurante “il martirio di Sant’Agnese” collocata sulla parete di fondo<br />

dell’abside e del presbiterio. Lungo le stesse pareti dell’abside inoltre è affiancata da<br />

quattro piccole “Storie di Sant’Agnese”. I dipinti si possono vedere solo se ci reca nel<br />

coro dietro l’altare maggiore, e furono realizzati intorno alla metà del XVIII secolo<br />

a completamento della zona dell’edificio che comprendeva la riqualificazione della<br />

zona absidale e presbiterale, con la costruzione del nuovo coro e la realizzazione<br />

dell’altare maggiore. Queste opere sono ancora oggi racchiuse nelle loro originali e<br />

ridondanti incorniciature a stucco. L’autore dei cinque dipinti è uno sconosciuto<br />

pittore lombardo attivo alla metà del XVIII secolo.<br />

("La Basilica di Sant’Agnese" Ed. Lativa)


Sant'Agnese - Onorio Marinari (1627–1715)<br />

Sant'Agnese - Corrado Giaquinto (1703–1765)


"Santa Gnesa"<br />

di Iride Parachini<br />

Era antica usanza che<br />

per la festa di Sant'Agnese<br />

avvenisse l'offerta della cera<br />

che sarebbe servita per<br />

le funzioni religiose.<br />

L'offerta avveniva<br />

durante il corteo che veniva<br />

aperto dal famoso,<br />

anche ai giorni nostri,<br />

Cilostar : veniva portato<br />

a spalle da una delle famiglie<br />

che si contendevano il primato<br />

dell'offerta in denaro<br />

alla parrocchia.<br />

La processione<br />

avveniva al grido di<br />

"EVVIVA SANTA GNESA"<br />

e, al seguito del Cilostar,<br />

arrivavano tutti i fedeli<br />

con le loro candele da offrire.<br />

Più sostanziosa era<br />

l'offerta in denaro,<br />

più grandi erano le candele.<br />

Martirio di Sant'Agnese - Domenico Zampieri<br />

detto il Domenichino (1581–1641)<br />

Martirio di Sant'Agnese - Paolo Guidotti<br />

detto il Cavalier Borghese (1560–1629)<br />

Due proverbi<br />

• Santa Gnesa<br />

un'ora lunga e distesa<br />

•<br />

(Le giornate da qui in poi incominciano ad<br />

allungarsi)<br />

• A Santa Gnesa,<br />

curr la lüsèrta in sü la sciesa<br />

(a Sant'Agnese se la giornata è soleggiata l'aria è<br />

tiepida tanto che potrebbero vedersi le prime<br />

lucertole correre sulle siepi)


Ileana;<br />

L<br />

quel sottile, abissale punto fra Gesù e Perù<br />

di Massimo Squillario<br />

'Agnesino 2018 va ad Ileana De Galeazzi; annotabile un'approvazione plebiscitaria<br />

sui vari gruppi sommesi Facebook, più che in altri anni. E non solo perchè<br />

"bisognava" scegliere una donna a tutti i costi. Ileana, tra i suoi pregi e attività che<br />

rendono solida la stima trasversale che riceve, ha quello di lottare strenuamente per le<br />

Differenze. E questo la rende anomala.<br />

In un momento di pletorico buonismo, di politically correct, di ossessione nazionale<br />

contro le unicità (che si traduce tanto nell'abolizione di nomi dialettali dei cartelli stradali<br />

quanto nella flat-tax), lei da decenni rivendica sua una coerenza caratteriale, politica e<br />

territoriale. Certo, la salvaguardia del dialetto, ma anche quella di una frazione "integrata<br />

si però". Quel sentimento che in tanti sopravvive pure a Maddalena, o Mezzana, in barba<br />

ad ogni inglobamento amministrativo e messaggio di equalizzazione comunitaria;<br />

perchè per quanto i meme, le campagne elettorali, le interpretazioni storiche e i<br />

catechismi vogliano farci sentir cattivi, , e per quanto sia sempre assai meno faticoso dire<br />

"al gruppo" esattamente ciò che vorrebbe sentirsi dire, tutti noi sotto sotto siamo certi che<br />

non desideriamo affatto integrarci per essere tutti uguali, , ma proprio in forza delle<br />

nostre unicità. La vera sfida è proteggerle, invocando l'unica uguaglianza davvero<br />

necessaria: quella delle opportunità.


Shining White Garment - Frank Cadogan Cowper (1877-1958)


Sant'Agnese - Giovan Francesco Guerrieri (1589–1657)<br />

Gh'eva una volta i Toscia e i Coeu: i prim evan Casal e i sigunt Casoeu, ca sa<br />

cuntendevan, a sun da "palancum", l'unur de dervii la prucesium.<br />

"Che rabbia! Che disperazium lasagh ai Toscia dervii la prucesium!<br />

Ma l'ann chi vegn sarèm nün, i Coeu, che cont i danee farem triunfà i Casoeu"<br />

"Ma nün sèm sciuri - i Toscia ai Coeu - con tanti cauritt, me car Casoeu, va<br />

batum sempur, e anche par ul prosim ann ul Cilostar al sarà 'ncamö in di nost<br />

man"<br />

MURAL DALA FAVULA:<br />

A SANTA GNESA TANTI DANEE E TANTA SCIRA PAR LA GESA!


Saint Agnes - Simon Vouet (1590-1649)<br />

C'era una volta i Toscia e i Coeu: i primi erano Casale e i secondi Casolo, che si<br />

contendevano a suon di monetone, l'onore di aprire la processione.<br />

"Che rabbia! Che disperazione! Lasciare ai Toscia aprir la processione! Ma l'anno<br />

prossimo saremo noi, i Coeu, che con i denari faremo trionfare i Casolo".<br />

"Ma noi siamo ricchi - i Toscia ai Coeu - con tanti soldi miei cari Casolo, vi<br />

batteremo sempre e anche per il prossimo anno il Cilostro sarà nelle nostre<br />

mani".<br />

MORALE DELLA FAVOLA:<br />

A SANT'AGNESE TANTI DENARI E TANTE CANDELE PER LA CHIESA!


Francesca Palopoli:<br />

mamma, moglie,<br />

lavoratrice e food<br />

blogger per passione.<br />

Seguitela su<br />

Cookingtime<br />

Cupcakes Sant’Agnese<br />

Nel 2014 ho partecipato al concorso “Posta il dolce"<br />

indetto dalla pagina Facebook <strong>Vivi</strong> <strong>Somma</strong>!<br />

Bisognava rappresentare in un dolce la nostra città.<br />

Questi cupcakes vogliono essere un omaggio a<br />

Sant’Agnese, patrona di <strong>Somma</strong> Lombardo. Il cuore<br />

morbido e rosso dei cupcakes, dato dalla marmellata<br />

di fragole, simboleggia il sangue del martirio della<br />

Santa; la glassa arancione e rossa sta a simboleggiare<br />

il fuoco del rogo che l’avvolse durante la sua<br />

condanna, mentre i fili di caramello simboleggiano i capelli della martire, che secondo la<br />

tradizione agiografica, durante il rogo crebbero tanto da coprire la sua nudità. Provateli<br />

anche voi.<br />

Ingredienti per 14 cupcakes:<br />

Farina 00 300 gr<br />

Zucchero 90 gr<br />

Burro 90 gr<br />

Latte 150 ml Uovo 1<br />

Lievito per dolci 1 bustina<br />

Sale 1 pizzico<br />

Bicarbonato 1 pizzico<br />

Marmellata alle fragole metà vasetto<br />

Per la glassa:<br />

Mascarpone 250 gr<br />

Cioccolato bianco 200 gr<br />

Burro 20 gr Coloranti q.b.<br />

Per i fili di caramello:<br />

Zucchero 100 gr. Acqua 40 gr<br />

In una ciotola versare lo zucchero e l’uovo e con l’aiuto di una frusta elettrica, sbattere<br />

per circa 1 minuto. Unire poco per volta il latte continuando a lavorare l’impasto a bassa<br />

velocità. Dopo aver incorporato tutto il latte, unire anche il burro precedentemente fatto<br />

ammorbidire a bagnomaria o al microonde. In una seconda ciotola, unire la farina, il<br />

lievito, il pizzico di sale e bicarbonato e con l’aiuto di un setaccio unire al composto di<br />

uova. Amalgamare bene tutti gli ingredienti. Ora, disporre i pirottini nello stampo per<br />

muffins. Aggiungere negli stampi circa metà dell’impasto, poi prendere la marmellata<br />

con un cucchiaino e disporla nella parte centrale di ognuno. Coprire il tutto con altro<br />

impasto, cercando di rimanere di circa 1 cm sotto il bordo del pirottino (durante la<br />

cottura si gonfieranno!) Infornare per 20 minuti a 180°. Una volta cotti (fare la prova<br />

stecchino!) lasciarli raffreddare e dedicarsi alla glassa. In una ciotola lavorare il<br />

mascarpone con le fruste elettriche. Aggiungere il cioccolato bianco precedentemente<br />

fatto sciogliere a bagnomaria o al microonde con il burro. Lavorare qualche minuto e<br />

porre in frigo per almeno 30 minuti. Trascorso questo tempo, versare l’impasto in 3<br />

ciotole diverse e unire per ciascuna ciotola il colorante (rosso, arancione e giallo). Con<br />

l’aiuto di una siringa per dolci, decorare ogni cupcakes con la glassa e giocando<br />

con i colori cercare di riprodurre delle fiamme. Per i fili di caramello, in un pentolino,<br />

far sciogliere lo zucchero con l’acqua fino ad ottenere un composto di colore ambrato:<br />

è importante non mescolare il composto perché inserendo un mestolo<br />

o cucchiaio di legno, provocherebbe la formazione di cristalli che<br />

non si scioglierebbero. Quando la miscela raggiunge il colore desiderato,<br />

ungere con un po’ d’olio un pezzetto di carta da forno e con l’aiuto di<br />

una forchetta creare dei fili. Una volta freddi e induriti saranno<br />

pronti per essere posizionati sopra ai cupcakes!<br />

Ecco pronti da gustare i vostri Cupcakes Sant’Agnese. Buon appetito!


"Da Vienna a <strong>Somma</strong> verso Barcellona"<br />

Post di Iride Parachini del 4 luglio 2016 integrato da Massimo Squillario<br />

22 giugno 1708; al sommese Castello Visconti c'è una speciale ospite per la notte.<br />

E' Elisabeth Christine di Brunswick-Wolfenbuettel (1691-1750), definita dai<br />

contemporanei una delle principesse più belle d'Europa, niente meno che futura<br />

madre di Maria Teresa d'Austria e nonna di Maria Antonietta di Francia.<br />

a Lombardia è dominio austriaco<br />

Le lei farà "la turista" per tre<br />

giorni. Un modo per alleggerire il<br />

lunghissimo viaggio che la porta da<br />

Vienna a Barcellona, dove il 1º agosto<br />

1708, in piena Guerra di Successione<br />

Spagnola, verranno celebrate le<br />

nozze con Carlo III (1685–1740),<br />

pretendente al trono di Spagna<br />

contro Filippo d'Angiò di Francia, e<br />

futuro Imperatore del Sacro Romano<br />

Impero con il nome Carlo VI<br />

d'Asburgo. Il cerimoniere Antonio<br />

Bechinelli, in un manoscritto riporta<br />

molti dettagli di quel viaggio sulle<br />

nostre terre; il corteo, partito da<br />

Milano, entrò in Parabiago alle 11,00<br />

del mattino di quel 22 giugno per<br />

una sontuosa colazione presso il<br />

monastero Cistercensi di San<br />

Ambrogio della Vittoria. Nell'ottimo<br />

e-book qui linkato prodotto<br />

dall'Ecomuseo di Parabiago, tutti i<br />

dettagli di questo antico soggiorno,<br />

dell'itinerario percorso fino al 25<br />

giugno visitando le Isole Borromee, e<br />

perfino del menù del banchetto.<br />

n peccato per la città che tra le Elisabeth ritratta nel 1713 (Andrea Vaccaro il giovane)<br />

Ufonti non sia stata notata la<br />

celeberrima "<strong>Somma</strong> Lombardo: storia, descrizione e illustrazioni" di Ludovico<br />

Melzi dove, in integrazione, leggiamo:<br />

"Sua<br />

maestà la regina Elisabetta fu incontrata a Gallarate da 50 cavalli<br />

di militia e da tutta la militia pedestre. Giunta a <strong>Somma</strong> fu ricevuta<br />

dai signori del luogo alle porte del Castello. Per le strade si fece una splendida<br />

illuminazione con torcine e pignatte e candelieri incartati che facevano bellissima<br />

vista. Non mancarono salve di mortari e mortaretti, girandola di fuochi, razzi, etc. e<br />

tutto riuscì meravigliosamente. La sera di venerdì 22 giugno 1708 sua maestà<br />

pernottò nel castello di <strong>Somma</strong>, accolta con festose dimostrazioni dall' ecc.mo<br />

marchese Cesare Visconti. In questa gita che sua maestà faceva verso le isole<br />

Borromeo, era accompagnata dal gran cancelliere il generale Visconti, fratello di<br />

Cesare. Sua maestà si restituì lunedì sera 25 giugno a Milano, tenendo l'istesso<br />

cammino dell'andata"


Quanto scritto nello stracitato libro del Rossi ".. A ricordo di tale visita venne eretto<br />

un nuovo arco in muratura sopra la porta che chiudeva un tempo la via verso Sesto<br />

Calende" sembra quindi essere confutato dallo stesso Melzi, che attesta come, invece,<br />

vennero semplicemente apposte targhe commemorative ad un arco preesistente:<br />

"Quei<br />

buoni nostri vecchi erano tanto invasi dalla mania epigrafica, che<br />

trovarono nel ritorno della regina una nuova occasione di apporre<br />

altre iscrizioni sulla porta che chiudeva un tempo la via per Sesto Calende, e che non<br />

è certamente un modello di buon gusto in arte edilizia. La presento al mio lettore<br />

affinché possa verificare la sincerità del mio giudizio.<br />

Sulla fronte verso il castello v'è scritto:<br />

CAROLI III HISPANIARUM REGIS,<br />

MEDIOLANI DUCIS SPONSAM<br />

ELISABETHAM CHRISTINAM<br />

BRUNSVICIENSIBUS ORTAM PRINCIPIBUS SOMA<br />

PRIMO PERTRANSEUNTEM MARCHIO D. CESAR<br />

VICECOMES GALLARATI COMES NON TAM ARCIS<br />

HOSPITIO OJJAM CORDISOBSEQUIO RECIPIEBAT<br />

ANNO MDCCVIII<br />

Mentre dormi, amor fomenti"<br />

tratta da l'Olimpiade, composta da Antonio Caldara con prima<br />

rappresentazione a Vienna l'8 agosto 1733 in occasione del<br />

42° compleanno della regina Elisabeth Christine<br />

Dalla parte della valle:<br />

ELISABETHAE CHRISTINAE<br />

BRUNSVICIENSI CAROLO III REGI<br />

CATHOLICO MAX.<br />

NUPTAE AD ARCEM SOMAE REDEUNTI<br />

D.CAESAR VICECOMES S.R.I. MARCHIO<br />

PRIMUM INSUBRUM EX CASTELLAE<br />

MAGNATIBUS HOSPITI CLEMENTISSIMAE<br />

GRATES REPENDENS<br />

ET SE ET SUA D.D.D. AN. MDCCVIII<br />

E quasi non bastasse tanta copia di<br />

parole a rammentare il fausto<br />

avvenimento, fu aggiunta questa<br />

altra epigrafe che leggesi nel cortile<br />

Incisione di Mario Broggi (1890-1952) con prospettiva sotto<br />

l'arco "abbattuto nel 1933 per rendere più agevole l'accesso<br />

al Lanificio" (A. Rossi)<br />

CASTRUM HOC SACRAE<br />

CATHOLICAE MAJESTATIS<br />

ELISABETHAE CHRISTINAE<br />

ITERATA INCLYTUM PERNOCTATIONE<br />

XXII AC XXIV JUNII ANNO MDCCVIII<br />

MARCHIO D. CAESAR VICECOMES<br />

IN SIBI PRESTITI HONORIS GLORIAM<br />

REGIAEQUE BENIGNITATIS MEMORIAM<br />

CANDIDO LAPIDE<br />

SIGNANDUM CURAVIT


Infine (e se non sbaglio questa è l'unica iscrizione presente ancora oggi ma non ho<br />

avuto modo di verificarlo prima della pubblicazione) sempre nel libro di Melzi<br />

leggiamo:<br />

"Di<br />

fronte alla porta d'ingresso, leggesi quest'altra che rammenta l'epoca in<br />

cui fu aperta provvisoriamente la comunicazione fra la proprietà del<br />

marchese Cesare e quella del conte Nicolò al passaggio della regina Elisabetta<br />

Cristina che da Milano si recava a visitare il lago Maggiore:<br />

SUBIECTAE FORES QUAE AD CONVENAM<br />

HISPANIARUM REGINAE AULAM<br />

EXCIPIENDAM UTRUMQUE<br />

VICECOMITUM CASTRUM SEMEL<br />

UNUM EFFECERANT UNANIMI<br />

EORUNDEM CONSILIO VELUTI<br />

CONSANGUINITATIS INDICES ET<br />

NECESSITUDINIS VINDICES, ULTRO<br />

CITROQUE PREVIAE SERVANTUR<br />

IN AEVUM<br />

Il 25 giugno il corteo ripartì verso il Marchesato di Finale, in Liguria, per salpare<br />

verso Barcellona, dove arriverà nel luglio 1708. Il 1 agosto il matrimonio reale verrà<br />

celebrato nella magnifica Basilica di<br />

Santa Maria del Mar.<br />

Dal 2008, trecentenario dalla visita<br />

di Elisabetta, a Parabiago avviene<br />

quasi annualmente la rievocazione<br />

storica dell'evento promossa da "La<br />

Fabbrica di Sant'Ambrogio" con lo<br />

scopo di promuovere il recupero<br />

della Chiesa di San Ambrogio della<br />

Vittoria e dell’annesso Monastero<br />

Cistercense - Pagina FB -<br />

La regina Elisabetta Cristina a<br />

Parabiago<br />

Elisabetta in abiti da cavallerizza; a Parabiago<br />

fu organizzata anche una caccia alla lepre<br />

In questo 2018, 310 anni dopo, per<br />

<strong>Somma</strong> e la Fondazione Visconti<br />

potrebbe essere una bella occasione<br />

mediatica, turistica e culturale il<br />

coordinare un evento con Parabiago,<br />

progettando una delle sempre valide<br />

conferenze del Castello cittadino.


"La Grande <strong>Somma</strong> III"<br />

di Rolando Destri<br />

Chissà se un giorno per uno sfortunato evento si dovesse scavare sotto l’attuale<br />

piazza del cipresso cosa si potrebbe trovare.<br />

E’ noto e ci è stato tramandato che il territorio sommese era una selva sacra agli dei<br />

superiori, appoggiando proprio tali supposizioni ad una antichissima lapide trovata<br />

dove sorgevano in <strong>Somma</strong> gli Orti Albuzzi, praticamente dove prima c’era il nostro<br />

millenario cipresso (chissà che fine ha fatto quella lapide). Ormai da <strong>Somma</strong><br />

sparisce di tutto e di più, o magari poi torna miracolosamente.<br />

I cipressi sin dall’epoca romana erano considerati simboli d’immortalità, emblemi di<br />

vita eterna, proprio per la loro particolarità ad ergersi maestosi verso il cielo, come<br />

ad indicare il cammino verso un altro regno celeste. Gli antichi egizi, invece<br />

costruivano con il legno del cipresso le bare per i loro defunti che poi avrebbero<br />

dovuto intraprendere il lungo viaggio nell’aldilà. Noi cristiani invece diamo al<br />

cipresso, alla palma, al cedro e all’ulivo, il significato di croce, in quanto si pensa o<br />

meglio la leggenda vuole, che la croce di Gesù sia stata costruita con uno di questi<br />

quattro legni. Nelle civiltà orientali invece, sì da al cipresso il simbolismo del fuoco,<br />

in quanto la sua forma ricorda la fiamma e conseguentemente rappresentazione<br />

d’energia. Il cipresso è anche<br />

ritenuto per antonomasia un<br />

simbolo di mestizia, di pace, di<br />

raccoglimento, di ritiro in se stessi<br />

per la meditazione, per soffrire nel<br />

silenzio meditativo la mancanza di<br />

affetti perduti, motivo per cui<br />

compare spesso e frequentemente<br />

nei nostri cimiteri. Ci sono molte<br />

leggende sulle piante dei cipressi ..<br />

noi a <strong>Somma</strong> abbiamo la nostra. Si<br />

dice però che dopo la morte di<br />

piante pluricentenarie avverrà la<br />

fine del mondo (fortunatamente a<br />

<strong>Somma</strong> non è successo durante<br />

l’abbattimento del fulmine). Di altre<br />

invece si dice che furono piantate da<br />

personaggi leggendari come Carlo<br />

Magno, Attila, il paladino Orlando e<br />

altri ancora e alla loro fine è<br />

collegata qualche sventura nel<br />

mondo. Mi domando chi mai potrà<br />

aver piantato il nostro millenario<br />

cipresso e quale sventura possa<br />

essersi poi abbattuta nel mondo. Di<br />

una cosa però, sono più che certo e<br />

convinto, sotto quella che oggi è la<br />

nostra Piazza Cipresso sicuramente<br />

sono seppelliti uomini e donne<br />

dimenticate di un passato lontano,<br />

un passato che il tempo ha portato<br />

con se. Acquaforte di Cajo Eckerlin, 1833<br />

Fonte LombardiaBeniCulturali.it


Sant'Agnese - Giovan Battista Moroni (1522–1578)<br />

Sant'Agnese - Cesare Dandini (1595–1657) St. Agnes - El Greco (1541-1614)


"Murin Malacrida"<br />

di Andrea Perotti<br />

In centro <strong>Somma</strong>, all'altezza dell'attuale incrocio tra il Sempione ed il viale della<br />

stazione (Via Ugo Maspero), si trovava un antico cascinale di proprietà dei<br />

Visconti, "Cascina Visconti" così veniva allora indicata quell'area composta da un<br />

edifico principale disposto su tre livelli, un edificio minore adiacente, ed<br />

un'ampia area verde circostante.<br />

Struttura in parte dismessa e da riattare, ma comunque con già in dotazione una<br />

piccola girante per la macina, servita (si presume, ma non vi è certezza) da una<br />

roggia derivata dal torrente "Rile" (il Rile era un torrentello ormai scomparso,<br />

scorreva in un avvallamento stretto ed inciso, scendendo da Mezzana fino a<br />

Cascina Mazzafame, avvallamento che poi venne riempito e coperto, ma il corso<br />

d'acqua sopravvive in profondità).<br />

Una vecchia cartolina per gentile concessione del Sig. Mario Malacrida ad Andrea Perotti<br />

al centro il Sempione, a sinistra la "Via Larga", cioè l'attuale Via Fontana, a dividerli la "Guza"<br />

(come veniva chiamata allora), mentre sulla destra si vede il lato sud del Mulino Malacrida<br />

La Fam. Malacrida rilevò l'intera area e vi si stabilì, inaugurandovi un nuovo e<br />

moderno mulino, che in breve fu dotato di motori elettrici, non dovendo così<br />

più dipendere dalla presenza della roggia, che in breve scomparse ingoiata dal<br />

progresso... (il torrente Rile serviva anche un altro mulino ubicato nell'area<br />

attualmente occupata dai campi di calcio comunali, ne resta testimonianza nel<br />

significativo nome dato ad una piccola stradina che porta in quella direzione: Via<br />

Molino Secco).


Nacque così il "Mulino Malacrida" di <strong>Somma</strong>, che però erroneamente viene<br />

spesso menzionato come "Mulino Visconti", addirittura anche su alcune<br />

cartoline storiche che mi è capitato di visionare. Questo è un errore, ed è<br />

doveroso sottolinearlo, in quanto la struttura divenne dal 1900 proprietà<br />

esclusiva della fam. Malacrida, che per l'occasione costituì una propria società,<br />

senza nulla a che spartire con i Visconti (esisteva una società regolarmente<br />

costituita sotto il nome "F.lli Malacrida" con tanto di carta intestata, etichette e<br />

sigilli con il marchio sociale), quindi "Cascina Visconti" fino al 1900, e "Mulino<br />

Malacrida" dal 1900 in poi.<br />

Altro nome che veniva spesso usato per indicare questo mulino era "Mulino<br />

Sempione", per via della sua ubicazione.<br />

C'è comunque da far presente che, essendo azionato elettricamente e non dallo<br />

scorrere dell'acqua, non presentava giranti esterne e non era lambito da corsi<br />

d'acqua, per cui visto da fuori più che un mulino sembrava un normalissimo<br />

edificio adibito a magazzino ed abitazione.<br />

Il lato "operativo" dell'edificio, quello rivolto a sud. Foto scattata dal Sig. Mario Malacrida nel 1962<br />

Il mulino a motori elettrici rimase attivo per circa 60 anni, e fu in assoluto<br />

l'ultimo tra i mulini presenti sul territorio di <strong>Somma</strong> Lombardo a cessare<br />

l'attività di macina.<br />

Nel blog di Andrea, il racconto completo dei tre dimenticati<br />

"Mulini della Roggia" - Ticinoriverpark


Santa Inés - Vicente Carducho (1576-1638)<br />

Virgo inter virgines - anonimo fiammingo fine XV sec.<br />

St.Agnes, St.Bartholomew and St.Cecilia - Anonimo tedesco, 1510 ca


"Com’era<br />

verde<br />

la a mia valle"<br />

di Rolando Destri<br />

Puoi girare il mondo in lungo e in largo, ma<br />

quando torni nella casa che ti ha visto<br />

nascere e crescere, stai sempre bene. Io<br />

amo <strong>Somma</strong> Lombardo, ci sono nato, ho<br />

passato la mia infanzia correndo in boschi<br />

oggi inimmaginabili per un ragazzino, dove<br />

con piccoli rami di robinia, realizzavo<br />

archi e frecce. Crescendo, alcuni angoli<br />

di quei boschi, erano diventati il ritrovo<br />

di piccole bande di ragazzi, cui una sola<br />

cosa importava, divertirsi nella nostra<br />

grande foresta di Sherwood.<br />

Correre con biciclette sgangherate, tra<br />

piccoli viottoli che costeggiavano rigagnoli<br />

d’acqua fresca e limpida, tra paludi<br />

incontaminate vicino ad Arsago, ci dava la<br />

sensazione di cavalcare magnifici destrieri<br />

alla ricerca del Santo Graal.<br />

Ci sentivamo allegri folletti, nei boschi<br />

delle fate. Col tempo, crescendo, ho<br />

scoperto ogni angolo di <strong>Somma</strong>, ogni<br />

viottolo, ogni strada, piazza, bar, cinema,<br />

oratorio e chiese,<br />

tante chiese. La strada più frequentata<br />

d’estate, era quella che ci portava al<br />

Ticino (la nostra Rimini), dove passavamo<br />

intere giornate, ascoltando le musiche,<br />

che piccoli mangiadischi, tenuti<br />

come reliquie, ci permettevano di<br />

sognare ad occhi aperti,<br />

dimenticando scuola e lavoro.<br />

Quella era la nostra estate, l’estate della<br />

gioventù, l’estate della spensieratezza.<br />

Allontanarsi, non fuggire, è stato triste,<br />

ma la vita impone ad ognuno di noi scelte<br />

che spesso possono apparire obbligate.<br />

Sono passati molti anni da quelle<br />

meravigliose estati. Gli amici però sono<br />

sempre gli stessi, qualche capello in<br />

meno, qualche chilo in più, ma sempre<br />

grandi amici. Anche le ragazze di un<br />

tempo, sono molto cambiate, ora<br />

sono donne, madri e mogli.<br />

<strong>Somma</strong> invece ha cambiato abito, non<br />

indossa più i colori dell’estate e della<br />

primavera, ma il grigiore dell’inverno, il<br />

grigiore del cemento. E’ cambiata, non<br />

è più la mia verde valle e i boschi delle<br />

fate hanno fatto posto a draghi volanti<br />

che hanno deturpato tutto. Anche la città<br />

non è più la stessa, non vedo più gli<br />

angoli di storia di cui andavo fiero e non<br />

vedo più i vecchi negozi e gli antichi<br />

mestieri. Ora solo grandi capannoni di<br />

centri commerciali, pieni di tutto e tanta<br />

gente, ma dove il buongiorno è una parola<br />

dimenticata e il sorriso scordato. Persino<br />

il viale della stazione, non mi da più<br />

quella sensazione di futuro, di viaggiare,<br />

ma solo quella di scappare, da una città<br />

morta.. morta negli occhi..<br />

Ma non nel cuore. Peccato!


"Pietre d'inciampo"<br />

di Massimo Squillario (da un del post 24 gennaio 2017)<br />

Le Pietre d'Inciampo ("Stolpersteine" il nome originale) sono un omaggio<br />

ideato nel 1992 da Gunter Demnig, artista catarticamente berlinese, volto a<br />

tramandare la memoria dei cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti.<br />

L'iniziativa, mutuata via via in sempre più città<br />

europee, consiste nell'incorporare nel selciato<br />

stradale, davanti alle ultime abitazioni delle<br />

vittime o nel luogo dove sono state arrestate, dei<br />

sampietrini ricoperti con una piastra in ottone<br />

(ma si sta diffondendo l'uso dell'acciaio, anche<br />

perché queste opere subiscono frequentemente<br />

imbrattamenti e atti vandalici nazifascisti).<br />

Nella targa, quadrata, di 10 cm, vengono incisi il<br />

nome della persona, l'anno di nascita e, se nota,<br />

quella di morte e il luogo della deportazione.<br />

Questi dettagli vogliono ridare una precisa<br />

individualità a coloro che in quegli anni si è<br />

cercato di ridurre soltanto a un numero di<br />

prigioniero. Così, se nella Bibbia l'espressione<br />

Una vittima commemorata a Tradate<br />

pietra di inciampo è riferita ad un qualcosa che<br />

foto di Christian Michelides<br />

porta a deviare dalla "giusta" via, qui l'ambita<br />

deviazione è dal torpore abituale, una frattura dell'indifferenza storica, per<br />

sorprendere e far riflettere chi si ritrova, anche casualmente, di fronte<br />

all'opera.<br />

Diversi i Comuni lombardi, in particolare nella provincia di Brescia, che in<br />

questi anni hanno attuato l'installazione. Spesso avviene per iniziativa delle<br />

amministrazioni locali, ma anche tramite associazioni, parenti delle vittime e<br />

donazioni modali. Inoltre la posa, venendo generalmente raccontata dai<br />

quotidiani online, oggi più che mai permette una reale diffusione e persistenza<br />

della memoria nel web; molto più di quanto potrebbero mai fare i libretti di<br />

storia locale ricercati e conservati da pochi appassionati.<br />

Nel varesotto, per ora, solo Tradate il 19 gennaio 2017 ha celebrato in questo<br />

modo la Giornata della Memoria.<br />

Sito originario del progetto: www.stolpersteine.eu/en/


Giorgio Casale<br />

Nato a <strong>Somma</strong> Lombardo<br />

il 14/12/1912<br />

Agricoltore<br />

Arrestato a Milano<br />

deportato a Mauthausen<br />

il 05/08/1944<br />

e ivi deceduto il 03/02/1945.<br />

Il fratello di Giorgio, don<br />

Ambrogio Casale, fu prevosto<br />

di Domodossola e insegnante.<br />

La sorella Claudina sposò<br />

Angelo Caletti, custode di villa<br />

Aliverti a <strong>Somma</strong>. Le foto in<br />

questa pagina sono fornite da<br />

suo figlio Giorgio.


di Iride Parachini<br />

Isaia Bianco<br />

nato a Pieve di Soligo (TV)<br />

il 16/01/1927<br />

prelevato il<br />

03/03/1944<br />

ucciso a Linz il 25/07/1944<br />

Lo ricordiamo con il racconto della<br />

sorella Egisippa, meglio conosciuta a<br />

<strong>Somma</strong> come Gisa. Lei conserva<br />

uno struggente e tenero ricordo del<br />

fratello, più grande di 5 anni.<br />

Isaia le insegnò a sciare sulla collina del Lazzaretto.<br />

Isaia con lei giocava e condivideva momenti felici.<br />

Erano molto uniti e simili di carattere.<br />

Lo prelevarono la sera alle 10,<br />

mentre faceva le parole crociate<br />

(dice Gisa che era un ragazzo<br />

molto intelligente) e teneva fra le<br />

braccia l’ultima nata in fasce, la<br />

sorellina Alma.<br />

Il padre si offrì di prendere il suo<br />

posto, ma i tedeschi garantirono<br />

che la mattina dopo Isaia sarebbe<br />

tornato a casa.<br />

Le resta negli occhi<br />

il chiar di luna che illuminava la<br />

discesa, con Isaia tra i due tedeschi.<br />

Non lo avrebbero più rivisto vivo.<br />

Gisa ci ha concesso la foto che Isaia<br />

due anni prima le regalò e che lei<br />

conserva gelosamente nel<br />

portafogli<br />

Dietro, la dedica affettuosa;<br />

presagio nel giovane<br />

del suo destino.


Fossoli, 6 maggio 1944<br />

"…<br />

"… io voglio aggiungere due righe a<br />

questo scritto: la mia salute è ottima, il<br />

morale è altissimo, quindi non pensate<br />

male per noi. Qui le visite non sono<br />

consentite quindi vi prego di non venire<br />

nessuno delle tre famiglie.<br />

Vi saluto tutti affettuosamente<br />

Bianco Isaia<br />

Vi prego di comunicare questo alla mia<br />

famiglia e a quelli di Colombo"<br />

Poche righe aggiunte da Isaia ad una<br />

lettera del concittadino e compagno di<br />

prigionia Carlo Mossolani. E' archiviata nel<br />

sito Ultimelettere.it (immagine sotto).<br />

E' di prossima uscita un approfondita<br />

ricerca di Ermanno Bresciani sulla storia di<br />

Isaia e Bruno Colombo.


Saints Dorothea, Agnes, and Kunigunde<br />

Lucas Cranach (1472-1553)<br />

Francisco de Osona (1465-1518)<br />

Andrea Bonaiuti (1343–1377)


"Gino" di Roberto Angero<br />

N<br />

on era mai stanco di camminare Gino, anche adesso che andava per gli 80, sopratutto<br />

per andare a godersi il suo panorama preferito. Lui <strong>Somma</strong>, la girava a piedi e,<br />

trovava sempre qualcuno con cui chiacchierare. Quando più giovane si trasferì a <strong>Somma</strong><br />

dal sud, trovò subito lavoro in una delle tante fabbriche presenti: un vanto per la nostra<br />

città. Partiva di buon ora la mattina, si fermava dalla “Pattina” a prender le sigarette e poi<br />

su per la salita del Castello per raggiungere la sua ditta. Portava con se un sacchetto, in cui<br />

teneva la gavetta con il pranzo preparato con amore dalla moglie, insieme ad una bottiglia<br />

di vetro piena d’acqua, a volte con una bustina di frizzantina. Gino apparteneva a quei<br />

tempi che furono: quei tempi in cui quando ti stancavi del tuo lavoro, il giorno dopo a<br />

<strong>Somma</strong> ne trovavi subito uno nuovo senza problemi, sempre a piedi e sempre con la<br />

gavetta pronta. La sera quando suonava la sirena poi si ritornava: un salto dal lattaio o dal<br />

prestinaio e poi dritto a casa. Non importa se c’era pioggia o c’era il sole: Gino<br />

accompagnava il suo cammino osservando gli edifici che all'epoca cominciavano a<br />

crescere. Vedeva <strong>Somma</strong> trasformarsi ogni giorno e diventare città.<br />

Un sabato Gino, visto che non lavorava, decise di farsi un giro per le zone boschive, quelle<br />

note solo ai contadini ed ai boscaioli del posto. Lui, abituato alla solita strada cittadina<br />

piena di cantieri, decise di esplorare altri posti e si incamminò verso <strong>Somma</strong> bassa. Si<br />

ricordava che qualche tempo prima, con un amico sommese, era andato a raccogliere in<br />

autunno le castagne. Gli era rimasta impressa la lunga strada con le borse piene e pesanti.<br />

Non si ricordava benissimo la strada ma si ricorda della fatica. Così quel mattino presto<br />

Gino partì. Il tempo e la memoria non aiutano ora a ricordare ma Gino da solo, entrò nel<br />

bosco e camminò per ore, senza però più trovar la strada di casa. Preso un po' dalla<br />

preoccupazione e un po' dalla fame, incomincio ad allungare il passo ma le strade gli<br />

sembravano tutte uguali. Sconfortato, decise di sedersi.<br />

Proprio in quell'istante però Gino, casualmente tra due robinie vide per la prima volta il<br />

fiume Ticino dall'alto. Gino rimase a bocca aperta dallo spettacolo che questo panorama si<br />

propose a lui, nonostante gli brontolasse lo stomaco. Sono passati tanti anni, ma ancora<br />

oggi Gino spesso si perde come allora. Purtroppo l'alzheimer non gli permette più di<br />

ritrovare la strada, ma ogni volta che lo accompagnano li, spesso dice di aver fame.


foto di Andrea Girardi<br />

da<br />

acebook al web

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