PORTAVOCE DI SAN LEOPOLDO MANDIC - dicembre 2017

Portavoce
N. 9 - DICEMBRE 2017
di san Leopoldo Mandić
Mensile - anno 57 - n. 9 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD
ATTUALITÀ
ECCLESIALE
RELIGIOSI
NELLE TERRE
DELL'ISIS
ECUMENISMO
F.J. HAASS,
IL SANTO
MEDICO
DI MOSCA

Festa dei no ni
capp.
capp.
T
*
G
@
T
Giornata missionaria
Fine ora legale (ora -1)
Ultimo quarto: 2
Luna nuova: 9
Primo quarto 16
Luna piena: 24
N. 9 DICEMBRE 2017 ANNO 57
IN QUESTO NUMERO
EDITORIALI
3 / Una finestra sul Mistero / Ai lettori / di Giovanni Lazzara
6 / I santi non passano invano in mezzo a noi / La voce del santuario /
di Flaviano G. Gusella
ATTUALITÀ ECCLESIALE
8 / La gioia del Natale. «La bellezza di essere amati da Dio» /
La parola del Papa / di Francesco
12 / Faccia a faccia con la morte nelle terre dell'Isis / a cura di G. Lazzara
FEDE & VITA
17 / Il soffio di Dio, respiro dell'uomo / Simboli biblici > 17 /
di Roberto Tadiello
20 / Friedrich Joseph Haass, il santo medico di Mosca / Ecumenismo /
di Paolo Cocco
SAN LEOPOLDO, IERI E OGGI
24 / La fede di Leopoldo e la fede di Gesù / di Vinicio Campaci
31 / «Forse un giorno farò come lui» / Intervista / di Ivano Cavallaro
SPIRITUALITÀ
32 / Il sacramento del momento presente / di Sally Welch
RUBRICHE
4 / Lettere a Portavoce / di Aurelio Blasotti
30 / Grazie, san Leopoldo / a cura della Redazione
34 / Vita del santuario / a cura della Redazione
36 / Calendario liturgico / a cura della Redazione
38 / Portavoce 2017 / Indici / a cura della Redazione
Portavoce
di san Leopoldo Mandić
NUOVO CALENDARIO
2018
DA MURO
Portavoce
di san Leopoldo Mandić
Periodico di cultura religiosa
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Santuario: info@leopoldomandic.it
Direttore e Redattore
Giovanni Lazzara
Dir. Responsabile
Luciano Pastorello
Hanno collaborato a questo numero
Aurelio Blasotti, Flaviano G. Gusella,
Roberto Tadiello, Paolo Cocco,
Vinicio Campaci, Ivano Cavallaro
e Fabio Camillo
Impaginazione
Barbara Callegarin
Stampa
Stampe Violato - Bagnoli di Sopra (PD)
Registrazione Tribunale di Padova
n. 209 del 18.10.1961
Iscrizione al R.O.C. n. 13870
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In copertina: Nascita a Betlemme (Arcabas)
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1
8
15
22
29
Portavoce
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
s. Teresa
di Gesù Bambino
s. Giovanni
Calabria
s. Teresa
d’Avila
s. Giovanni
Paolo I
s. Onorato
di Verce li
b. Chiara Luce
Badano
2
9
16
23
30
s. Angeli custodi
s. Giovanni
Leonardi
s. Margherita
M. Alacoque
35° a niversario de la
canoni zazione di san Leopoldo
s. Giovanni
da Capestrano
s. Alfonso
Rodriguez
3
10
17
24
31
s. Dionigi
l’Areopagita
s. Daniele
Comboni
s. Ignazio
d’Antiochia
s. Antonio
M. Claret
s. Luigi Guan.
b. Angelo d’Acri
MENSILE DEL SANTUARIO DI SAN LEOPOLDO MANDIĆ
4
11
18
25
s. Francesco
d’Assisi,
patrono d’Italia
s. Giovanni XX I
s. Luca ev.
s. Miniato
5
12
19
26
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s. Faustina
Kowalska
s. Giustina
s. Serafino da
Montegranaro
s. Pietro
d’Alcantara
b. Bonaventura
da Potenza
6
13
20
27
OTTOBRE
s. Bruno
b. Onorato da
Biala P. capp.
s. Maria Berti la
Boscardin
s. Fiorenzo
7
14
21
28
Domenica
27 a del tempo
ordinario
28 a del tempo
ordinario
29 a del tempo
ordinario
30 a del tempo
ordinario
Ultimo quarto: 31
Chiuso in prestampa il 17.10.2017
Consegnato alle poste tra il 13 e il 17.11.2017
Rettore del santuario
Fra Flaviano Giovanni Gusella
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FEDE & VITA
Dopo aver preso in esame
la simbologia biblica del
«vento» (cf. Portavoce di
san Leopoldo 7/2017, pp.
28-30), un altro elemento
legato alla rete simbolica dello
«spirito» è il «soffio» o «respiro».
Respirare, per l’uomo, è una
necessità e, nello stesso tempo, un
mistero. In tale funzione, l’uomo
biblico scorge il segreto della vita.
Il Dio biblico, che si rivela come il
«Dio vivente», appare dotato di un
«soffio», di un’energia creatrice e
restauratrice in cui gli esseri viventi
scoprono l’inesauribile sorgente
della propria esistenza: «Togli loro
il respiro: muoiono, e ritornano
nella loro polvere. Mandi il tuo spirito,
sono creati, e rinnovi la faccia
della terra» (Sal 104,29-30).
Il segreto della vita
Nel secondo racconto della creazione,
il Signore Dio immette
nell’uomo l’«alito» della vita: «Il
Signore Dio plasmò l’uomo con
polvere del suolo e soffiò nelle sue
narici un alito di vita e l’uomo divenne
un essere vivente» (Gen 2,7).
Il narratore della Genesi individua
in ciò una differenza tra l’uomo
e gli animali: il dono della vita
viene conferito all’uomo, creato
a immagine e somiglianza di Dio
(Gen 1,27), mentre la creazione
degli animali non viene descritta
nello stesso modo.
Il soffio indica, dunque, qualcosa
di più della ventilazione polmonare.
Il termine rûaḥ, reso in
italiano con «soffio» o «spirito»,
include originariamente l’idea di
ampiezza, di spazio illimitato, di
grande apertura, per questo assume
il senso di energia interiore che
può manifestarsi in diversi modi:
è l’autocoscienza umana, la capacità
di parlare, di fare musica e la
creatività come anche la costanza.
Le manifestazioni della rûaḥ
(sostantivo femminile in ebraico)
Il soffio di Dio,
respiro dell’uomo
Simboli biblici > 17 Il termine rûah (soffio) indica
la vita divina che si riversa nella creazione e nella
storia con sovrabbondanza e varietà
◼ DI ROBERTO TADIELLO
sono svariate; alle volte sconcertanti
e persino contraddittorie: è
la sovrabbondanza della vita divina
che si riversa nella storia del
mondo. Per questo, per parlarne,
la Bibbia ricorre a un mondo di immagini,
di metafore e di allegorie.
Soffio vitale
La vita non è nelle mani dell’uomo,
ma in quelle di Dio. Il salmista
esprime poeticamente questa convinzione:
«Nascondi il tuo volto: li
assale il terrore; togli loro il respiro:
muoiono, e ritornano nella loro
polvere. Mandi il tuo spirito, sono
creati, e rinnovi la faccia della terra»
(Sal 104,29-30). È Dio che infonde
la vita a ogni creatura: «Ti
sia sottomessa ogni tua creatura:
perché tu hai detto e tutte le cose
furono fatte, hai mandato il tuo
spirito e furono costruite, nessuno
resisterà alla tua voce» (Gdt 16,14).
Fra tutte le creature, un posto
privilegiato spetta all’uomo, la cui
creazione viene raffigurata come
il manufatto di uno scultore che,
giunto al termine della propria
opera, la vivifica con il soffio vi-
dicembre 2017 | Portavoce | 17

▶ il soffio di dio, respiro dell’uomo
tale (cf. Gen 2,7). Il pio Giobbe sa
bene che il soffio che lo mantiene
in vita è un dono di Dio: «Finché
ci sarà in me un soffio di vita, e
l’alito di Dio nelle mie narici, mai
le mie labbra diranno falsità […]
Fino alla morte non rinuncerò alla
mia integrità» (Gb 27,35). Gli fa
eco il suo misterioso amico Eliu,
riconoscendo che lo spirito di Dio
e il soffio dell’Onnipotente è all’origine
della sua vita: «Lo spirito di
Dio mi ha creato e il soffio dell’Onnipotente
mi fa vivere» (Gb 33,4),
mentre veniva tratta dal fango:
«Ecco, io sono come te di fronte
a Dio, anch’io sono stato formato
dal fango» (Gb 33,6).
Se l’uomo e le altre creature viventi
sono tali grazie al «soffio» vitale,
non è così per gli idoli. Il fabbricante
di idoli può usare i metalli
più preziosi, ma alla fine l’idolo rimane
semplicemente una statua
inanimata, tanto che i suoi organi
percettivi sono del tutto passivi: «I
loro idoli sono argento e oro, opera
delle mani dell’uomo. Hanno
bocca e non parlano, hanno occhi
e non vedono, hanno orecchi
e non odono, hanno narici e non
odorano. Le loro mani non palpano,
i loro piedi non camminano;
dalla loro gola non escono suoni!»
(Sal 115,4-7). Tanto che chi li fabbrica
e chi li segue è destinato alla
stessa sorte (Sal 115,8).
Per il libro della Sapienza, un
grave errore che l’uomo commette
è disconoscere il proprio Creatore,
ossia «colui che lo ha plasmato, colui
che gli inspirò un’anima attiva
e gli infuse uno spirito vitale» (Sap
15,11). San Paolo nella sua Lettera
ai Romani denuncia il grande
abbaglio nel quale sono caduti gli
uomini, i quali, «pur avendo conosciuto
Dio, non lo hanno glorificato
né ringraziato come Dio, ma si
sono perduti nei loro vani ragionamenti
e la loro mente ottusa si è ottenebrata
[…], hanno scambiato
Dio crea la terra, i mari e le piante, incisione di Schnorr von Carolsfeld.
A destra, un’interpretazione artistica della creazione dell’uomo.
Nella pagina precedente, Holy Spirit, opera di Colleen Shay
la gloria del Dio incorruttibile con
un’immagine e una figura di uomo
corruttibile, di uccelli, di quadrupedi
e di rettili» (Rm 1,21-23).
L’uomo, destinatario del «soffio»
vitale di Dio, non ha la capacità
creativa di infondere la vita
a un’immagine uscita dalle sue
mani, per questo l’autore del libro
della Sapienza osserva: «Essi [gli
uomini] considerarono dèi anche
tutti gli idoli delle nazioni, i quali
non hanno né l’uso degli occhi per
vedere, né narici per aspirare aria,
né orecchie per udire, né dita delle
mani per toccare, e i loro piedi non
servono per camminare. Infatti li
ha fabbricati un uomo, li ha plasmati
uno che ha avuto il respiro
in prestito. Ora nessun uomo può
plasmare un dio a lui simile» (Sap
15,15-16).
Soffio della sapienza
L’energia di Dio – il respiro divino
che vivifica il mondo e in modo
particolare l’uomo – è la misura
della sapienza e dell’armonia dello
stesso mondo. Infatti è l’impulso
e il soffio creatore del Signore
che ha fatto sorgere un mondo di
un’incantevole bellezza. Il soffio
della sapienza opera nel mondo e
penetra nel cuore dell’uomo, che,
in questo modo, diventa un riflesso
dello splendore eterno di Dio.
L’armonioso articolarsi del mondo
è debitore del soffio divino: «Dalla
regione australe avanza l’uragano
e il gelo dal settentrione. Al soffio
di Dio si forma il ghiaccio e le distese
d’acqua si congelano» (Gb 37,9-
10). Il ciclo del vento, delle nuvole
e della pioggia sono evocative
dell’impulso dato dal soffio di Dio.
Non è sufficiente essere anziani
per essere persone sagge perché
«è lo spirito che è nell’uomo, è il
soffio dell’Onnipotente che lo fa
intelligente. Essere anziani non significa
essere sapienti, essere vecchi
non significa saper giudicare»
(Gb 32,8-9).
Lo stesso soffio che era presente
al momento della creazione è presente
quando l’uomo contempla
l’opera della creazione: «Quando
vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l’uomo perché di lui
ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché
te ne curi? Davvero l’hai fatto poco
18 | Portavoce | dicembre 2017

meno di un dio, di gloria e di onore
lo hai coronato» (Sal 8,4-6).
Il profumo dello spirito
Un aspetto poco noto, legato ai
molti significati della parola «soffio/spirito»
nella Bibbia, è quello
legato all’odorato.
Dall’antica radice ebraica da
cui proviene il termine rûaḥ, reso
generalmente con «spirito» o «soffio»,
deriva anche il termine rêaḥ,
che indica lo «spazio profumato»,
il «profumo». Sappiamo che nel
mondo orientale il profumo occupa
un posto di primo piano. L’abbondanza
delle piante odorose e
delle spezie ha dato impulso all’arte
sottile dei profumi e all’utilizzo
delle loro proprietà curative.
Nel Cantico dei Cantici, la Bibbia
utilizza il linguaggio dei profumi
per rivelare, al di là del fascino
dei sensi, la presenza di uno «spirito»
che conferisce un’altra dimensione
all’amore. La sposa, fin
dal primo capitolo, esclama: «Inebrianti
sono i tuoi profumi per la
fragranza, aroma che si spande è il
tuo nome» (Ct 1,3).
L’autore sacro evoca un vortice
di profumi: il sardo, il profumo
delle vigne in fiore, la mirra, l’incenso
e la mandragora, considerata
il frutto dell’amore. La mela
acerba ha virtù particolari secondo
il pensiero dello sposo: «Il tuo
respiro come profumo di mele» (Ct
7,9) a cui la sposa risponde: «Come
un melo tra gli alberi del bosco,
così l’amato mio tra i giovani […].
Rinfrancatemi con mele, perché io
sono malata d’amore» (Ct 2,3.5).
Il giardino d’amore del Cantico
si presenta come una visione profetica
dell’Eden ritrovato. Il profumo
della tenerezza e dell’intimità
che raggiunge le profondità dello
spirito scaccia l’odore velenoso
del frutto proibito. L’armonioso
amore che regna nella coppia del
Cantico rimargina la frattura che
si era insidiata tra il primo uomo e
la prima donna.
Questo spirito d’amore che tutto
pervade è la «sapienza» creatrice
di Dio. Il libro del Siracide descrive
lo spazio profumato che la sapienza
crea intorno a sé con la sua sola
presenza: «Come cinnamòmo e
balsamo di aromi, come mirra scelta
ho sparso profumo, come gàlbano,
ònice e storace, come nuvola
d’incenso nella tenda» (Sir 24,15).
In questo passo c’è un’allusione al
primo santuario mobile del deserto
e all’antico rituale del profumo.
Esso prevedeva la preparazione,
da parte dei sacerdoti, di una miscela
di erbe aromatiche che venivano
esclusivamente bruciate nel
santuario ed erano ritenute «cosa
santissima».
Il fumo profumato che riempiva
la sacra dimora creava, secondo la
concezione degli antichi, uno spazio
in cui Dio poteva abitare, uno
spazio in cui il Signore poteva avvicinarsi
agli uomini. L’atmosfera benefica
creata dal profumo facilitava
la riconciliazione, l’incontro, la
comunione. Per una quarantina di
volte ritorna nella Bibbia l’espressione
«profumo soave» (profumo
che acquieta, che placa). Il fumo
profumato che sale verso Dio ha lo
scopo di placare il Signore; invece
l’incenso, un profumo molto prezioso,
viene offerto a parte, come
la quintessenza di ogni oblazione
(Es 29-30).
Probabilmente san Paolo si rifà
a questo antichissimo rito quando
esorta i cristiani di Corinto con le
parole: «Noi siamo infatti dinanzi
a Dio il profumo di Cristo per
quelli che si salvano e per quelli
che si perdono» (2Cor 2,15). Con
ciò, voleva dire che, come la nube
della teofania del Sinai aveva la
duplice funzione di rivelare e di
nascondere la realtà divina, anche
i cristiani con il «profumo» delle
loro opere svelano il volto di Dio
in Gesù. Tuttavia possono diventare,
per chi non crede, motivo di
inciampo. P
(2-continua)
dicembre 2017 | Portavoce | 19

FEDE & VITA
Friedrich Joseph Haass,
il santo medico di Mosca
Friedrich Joseph Haass nasce
a Bad Münstereifel, in
Germania, 60 km a sudovest
di Colonia, il 10 agosto
1780. Consegue il diploma
in una scuola cattolica e poi studia
letteratura, medicina e scienze
naturali a Colonia. Frequenta per
un semestre a Jena le lezioni di
Friedrich Schelling, celeberrimo
filosofo, esponente dell’idealismo.
Si laurea in medicina a Göttingen
a soli 23 anni. A Vienna si specializza
in oculistica e diventa rinomato
quando cura con successo
un esponente della nobile famiglia
russa Repnin. Accetta di diventare
medico di questa famiglia e si
trasferisce, quindi, nel 1806 a Mosca,
dove apre uno studio privato.
Diventa medico curante di molti
russi facoltosi, ma comincia anche
a curare gratuitamente i poveri.
L’imperatrice Marija, moglie dello
zar Paolo I, lo nomina direttore
dell’ospedale imperiale intitolato
al marito. I nobili russi apprezzano
il suo talento a tal punto, da accordargli
onorificenze che lo accreditano
nel loro stesso rango. Come
generale medico, accompagna
l’esercito russo quando ricaccia le
truppe napoleoniche giunte fino
a Mosca, scortandone i superstiti
nel 1814 fino a Parigi. Haass fa poi
visita a suo padre Pietro per l’ultima
volta, assicurandogli di essere
rimasto saldo nella fede cattolica.
Ecumenismo Medico tedesco, cattolico, vissuto
a Mosca nell’Ottocento, ha lasciato dietro di sé
una traccia profonda, umana e professionale.
Di lui – sempre ricordato Servo di Dio nella Santa
Russia – è in corso il processo di beatificazione
◼ DI PAOLO COCCO
Medico primario
degli ospedali di Mosca
Sceglie di tornare in Russia e di
rimanervi fino alla fine della vita,
naturalizzandosi, tanto da traslitterare
il proprio nome e assumere
il patronimico, secondo l’uso russo:
d’ora in poi si chiamerà Fëdor
Petrovič Gaaz. Il 14 agosto 1825
Dmitrij Vladimirovič Golicyn, suo
paziente e amico, governatore di
Mosca, lo nomina direttore sanitario
della capitale, a capo anche
della farmacia che riforniva trenta
ospedali. Gaaz prende proprio
sul serio l’incarico perseguendo
una migliore conduzione degli
ospedali.
Già nel 1808 erano state introdotte
donne a servizio dell’ospedale
intitolato allo zar Paolo. Nel
1822 era stato redatto il direttorio
dell’istituto delle vedove
compassionevoli. Nel 1848
Gaaz fonda, con la moglie
del generale Šerbatov, la
prima comunità ortodos-
20 | Portavoce | dicembre 2017

sa delle suore della misericordia.
Al loro contributo specifico negli
ospedali e nella società in generale
è dedicato il suo testo: Esortazione
alle donne, pubblicato postumo
dal dott. Pol. Vi si legge: «La
vostra missione è facilitare la rigenerazione
della società. Raggiungerete
questo scopo nello spirito
della mitezza, tolleranza, giustizia,
pazienza e amore. Fate il bene in
fretta» 1 . Quest’ultima affermazione,
peraltro, fu il leitmotiv di tutta
la sua vita, tanto che la si legge ancor
oggi presso la sua tomba.
Opposizione
Questa sua operosità, però, suscita
l’opposizione di una serie di persone
consacrate al quieto vivere, che
bloccano ogni sua iniziativa, compresa
quella di denunciare come
ingiustificata la deposizione del
proprio predecessore. La sua laboriosità,
quel forte senso del dovere,
che lo caratterizza e in qualche
modo ricorda la morale prussiana
kantiana, è valutata e denunciata
addirittura come una forma di malattia
mentale.
La morte dello zar Alessandro
I inaugura un periodo ancora più
difficile per Gaaz. È infatti denunciato
per aver speso illecitamente
1502 rubli per il restauro della
farmacia centrale degli ospedali,
che in realtà versava in uno stato
tanto miserevole da impedire la
conservazione degli stessi farmaci.
Quella denuncia comporta un
processo che si protrarrà per ben
vent’anni, tanto richiese accertare
l’innocenza dell’imputato. Già nel
1826, però, si dimette da quell’incarico.
Questo tristissimo episodio
non gli impedisce di continuare a
A sinistra, Mosca, Ponte di Ognissanti e
Cremlino alla fine del 17° secolo, opera
di A. Vasnetsov.
Sopra, ritratto di F.J. Haass
dicembre 2017 | Portavoce | 21

SAN LEOPOLDO,
IERI E OGGI
La fede di Leopoldo
e la fede di Gesù
La generosa dedizione di padre Leopoldo
al sacramento della misericordia era sostenuta
dalla sua partecipazione al mistero eucaristico
◼ DI VINICIO CAMPACI
La massima manifestazione
della misericordia divina
la si coglie nel «Crocifisso».
E il Crocifisso diventava,
per padre Leopoldo, la sorgente
della tranquillità quando lo
rimproveravano di essere troppo
largo: «Se il Crocifisso mi avesse
a rimproverare della manica larga
risponderei: questo triste esempio,
Paron Benedeto, me l’avete dato
voi; ancora io non sono giunto alla
follia di morire per le anime!».
Non è tanto per una cultura
intellettuale sulla clemenza e mitezza
di Dio o di Gesù che padre
Leopoldo si permette di appellarsi
alla misericordia per assolvere
i peccatori, ma è proprio per una
sua partecipazione al pathos di
Dio, così come si coglie nell’annuncio
di Gesù: la parabola del
figlio prodigo, la pecora sulla
spalla, la figura del buon pastore,
e soprattutto la sua amicizia con
i peccatori, la sua morte in croce
per i peccatori, per tutti.
La totale e radicale dedizione di
padre Leopoldo al sacramento della
misericordia ha avuto sostegno
nella sua devota partecipazione
al mistero eucaristico, con le celebrazioni
quotidiane della messa
e il tempo passato in adorazione
all’eucaristia nel tabernacolo. La
sua compassione per chi è nella
sofferenza lo coinvolge fino a
impegnarsi a oltrepassare i limiti
umani ottenendo dal suo Paron
miracoli per chi è nel dolore. Come
in Gesù, la sua compassione
si rivolge a tutto l’uomo, corpo e
spirito.
«Potessimo vedere ciò
che si compie sull’altare!»
Dove padre Leopoldo, con la «fede
di Gesù», arrivò a cogliere l’esperienza
del pathos divino è anche
nella celebrazione dell’eucaristia.
È qui che la nostra fede ci assicura
la partecipazione al mistero trinitario
del Crocifisso.
Il biografo Pietro Bernardi ci fa
sapere che nei momenti più forti
diceva estasiato: «Oh, se noi potessimo
vedere ciò che si compie
sull’altare! I nostri occhi non potrebbero
reggere allo splendore di
quei misteri». E che lui stesso scriveva:
«Ogni giorno io ho la ineffabile
grazia di offrire la Vittima divina!»
(Pietro Bernardi, Leopoldo
Mandić. Santo della riconciliazione
e dell’ecumenismo spirituale, Edizioni
San Leopoldo, Padova 2016,
XIII ed., p. 56). «L’impressione che
dava a tutti era, più che di credere,
quella di vedere» (Bernardi, op.
cit., p. 39). Tutto veniva confermato,
oltre che dalla santità della
vita, dalla gioia che traspariva dal
24 | Portavoce | dicembre 2017

suo volto quando parlava delle cose di
Dio. Pietro Bernardi racconta che nelle
lunghe ore di fervorosa solitaria preghiera,
fatta nel cuore della notte davanti
a Gesù eucaristia, c’era l’intuizione
diretta della verità del suo Signore,
presente nel simbolo eucaristico. Ma i
momenti più sublimi della sua giornata
saranno quelli passati sull’altare a
contatto con la Vittima divina. «Quei
meravigliosi misteri padre Leopoldo
li viveva intensamente» (Bernardi, op.
cit., p. 56).
«Quando la mattina egli confessava
e altri confratelli celebravano, frattanto,
la santa messa, alla consacrazione
sospendeva il rito, si alzava in piedi, si
raccoglieva in se stesso, dando chiaramente
a vedere quale fosse l’ardore
della sua interna devozione. Così sempre,
qualunque fosse la persona che
stava confessando. La cosa era notata
da tutti i penitenti, che si confessavano
in quei momenti e ne restavano
profondamente colpiti ed edificati. Veramente
padre Leopoldo viveva la sua
messa in una continua preparazione e
ringraziamento, perché la fede vivissima
non gli lasciava mai distogliere il
pensiero dall’atto supremo del sacerdozio»
(Bernardi, op. cit., pp. 59-60).
Altri testimoniano che «si alzava da letto,
sempre con il permesso dei superiori,
molto prima degli altri e rimaneva
per un’ora intera in preghiera per una
preparazione prossima. In quell’ora di
meditazione, non faceva che intensificare
la preparazione che era durata
tutto il giorno precedente e gran parte
della notte» (Bernardi, op. cit., p. 57).
Vengono segnalate con forza le lacrime
che padre Leopoldo versava
nella celebrazione della messa: «Dopo
la consacrazione, il suo volto trasfigurato,
le lacrime frequenti lasciavano
chiaramente intravedere che, in quei
momenti, egli aveva spesso dei contatti
diretti con la Vittima divina che stringeva
tra le mani» (Bernardi, op. cit., p.
58). Al processo di canonizzazione si
affermò: «Quando io assistei alla sua
celebrazione della santa messa lo vi-
dicembre 2017 | Portavoce | 25

▶ la fede di leopoldo e la fede di gesù
di quasi sempre piangere dopo la
consacrazione». Un altro teste depose:
«Ricordo che, nella festa del
50° di sacerdozio del Servo di Dio,
il superiore padre Marcellino disse
fra l’altro: “Cosa significa che noi
confratelli quando saliamo all’altare
per celebrare dopo di lui, padre
Leopoldo, troviamo le tovaglie
dell’altare inzuppate di lacrime?
Col suo pianto attira la misericordia
di Dio?”» (Bernardi, op. cit., p.
58 nota).
Dalla messa, ogni grazia
del corpo e dello spirito
Si dice che padre Leopoldo viveva
il tabernacolo come punto di attrazione
e di fuoco illuminante.
A questo punto vorrei far notare
che è singolare, direi unico, a
quanto conosco, il fatto che tanti
dei prodigi compiuti a favore di
malati padre Leopoldo li faccia
dipendere dalla partecipazione alla
messa. I miracoli li fa ottenere
«ricorrendo» alla messa. Fa partecipare
alla presenza di Gesù nella
messa e… si avvera il prodigio!
Quasi fosse come ai tempi in cui
Gesù passava per borghi abitati e
la gente accorreva portando i malati
e Gesù li guariva.
I racconti di miracoli o di grazie
che egli otteneva per gli amici in
forza alla partecipazione eucaristica
sono davvero tanti e mi sorprendono
per questa modalità. Lui era
certo che i suoi devoti potevano ottenere
grazie o guarigioni dall’eucaristia.
Confidava alla signora
Giuseppina Cremonesi: «Quando
celebro la santa messa, il mio pensiero
corre a tutti coloro che si sono
rivolti a me. Nel momento di
compiere i Santi Misteri, abbraccio
con tutta l’intensità dell’animo
mio quanti sono ricorsi a me…»
(Battel R.-Lazzara G., Dall’intimo
del mio povero cuore. Lettere e altri
scritti di san Leopoldo Mandić, Edizioni
San Leopoldo, Padova 2015,
p. 108). E il Signore lo ascoltava.
Numerosi, sorprendenti episodi lo
dimostrano chiaramente. Ecco alcuni
casi di guarigione dopo aver
partecipato alla messa.
Il 7 marzo 1925, Evelina Berto,
diciannovenne di Bovolenta, si
ammalò di una grave forma artritica,
nefrite acuta e disturbi al cuore
che sfociarono in una tremenda
endocardite. Dopo un consulto
medico con un responso di pericolo
di vita, il 18 marzo il signor
Egidio, padre dell’ammalata, chiese
aiuto a padre Leopoldo. Questi
lo invitò a partecipare alla messa.
Il signor Egidio lo fece e avvenne
proprio quanto padre Leopoldo
aveva garantito: «Io ricorderò sua
figlia nella santa messa ed essa
guarirà. È convinto di quello che
le dico?». Evelina era guarita!
A una signora assicurava: «Signora,
non stia a piangere più.
Vada all’ospedale e si faccia operare.
Io la ricorderò ogni mattina
nella santa messa e le assicuro che
guarirà perfettamente». E così accadde.
Nel 1940, Giacomo Lampronti
di Udine, in conseguenza delle
leggi razziali, essendo di origine
ebraica, si trovò in tragiche condizioni
economiche perché licenziato
e nell’impossibilità di trovare altro
lavoro. Si recò a Padova, dove
«si presentò a lui [padre Leopoldo]
con la disperazione nell’anima. Il
buon padre, ascoltò commosso la
triste storia, lo consolò e gli disse:
“Abbia fede! La Provvidenza non
l’abbandonerà mai. Giacché, per
il momento, non ha impegni di lavoro,
ascolti ogni mattina la santa
messa e non le mancherà la Provvidenza.
Non sono io che glielo dico,
ma è Dio che parla per la mia
bocca. Soltanto si ricordi di ascoltare
ogni mattina la santa messa”».
E così avvenne: ascoltò le messe
e non gli mancò nulla per tutto il
tempo vissuto da disoccupato.
Un’ultima testimonianza: «Erano
le prime luci del 6 aprile 1935 e
il signor Amerigo Alibardi, abitante
al Bassanello di Padova, entrava
in città in cerca di un professore
per la sua sposa, che versava in
gravissime condizioni. Erano due
giorni che doveva dare alla luce la
sua creatura, ma la cosa sembrava
impossibile naturalmente. I dolori
erano atroci, ed essa ormai era in
fin di vita. Il suo sposo correva a
chiedere un aiuto, ma, a quell’ora
mattutina, non sapeva dove rivolgersi.
Passando davanti alla chiesa
dei cappuccini, si ricordò di padre
Leopoldo ed entrò per parlare con
lui. Padre Leopoldo era già nel confessionale
e, appena sentito il caso,
rimase un momento come assorto,
poi disse al signor Alibardi: “Ha fede?”.
“Sì, padre!”. “Allora vada subito
alla basilica del Santo e ascolti
una messa all’arca. Ritorni a casa
a vedere come vanno le cose e poi
venga a darmene notizia.” “Padre,
ascolterò ben volentieri una messa
dopo, ma ora non posso: devo
correre a cercare un professore.
Mia moglie sta per morire.” “Le ho
detto di andare subito ad ascoltare
la santa messa!” Come soggiogato
da una forza misteriosa, l’uomo
obbedì: andò al Santo, ascoltò una
santa messa e corse a casa. Con la
moglie, trovò una piccola creatura,
nata proprio mentre lui, finita la
santa messa, era uscito di chiesa.
Appena poté, tornò a narrare l’accaduto
a padre Leopoldo, che gli
disse, sorridendo: “Non glielo avevo
detto di aver fede nella santa
messa?”» (Bernardi, op. cit., p. 63).
La messa: un toccasana eccellente!
Rimedio di sicura efficacia!
L’eucaristia,
mistero di una presenza
L’eucaristia non era paragonabile
all’acqua della fonte a cui Gesù
invitava di andare per lavarsi e
guarire. Nell’eucaristia c’era Lui,
26 | Portavoce | dicembre 2017

SAN LEOPOLDO,
IERI E OGGI
◼ DI IVANO CAVALLARO
Don Piero Quiriti nasce
a Bertipaglia di Maserà
(Padova), il 17 aprile
1926. Ora, a novant’anni
compiuti, collabora con
la parrocchia di Maserà, soprattutto
come confessore (ricercatissimo).
Una realtà, una vocazione,
partita come «sogno» ancora a 13
anni quando, sulla soglia degli anni
’40, fu affezionato penitente di
padre Leopoldo.
Incontrare questo sacerdote è
una bella occasione per ripercorrere
le varie tappe della sua straordinaria
avventura spirituale. E per
conoscere qualcosa ancora di padre
Leopoldo. Gli abbiamo rivolto
alcune domande.
Intervista a don Quiriti, per 35 anni missionario
in Brasile. A 13 anni ebbe il primo incontro con
il confessore cappuccino di Padova. E nacque
il desiderio di seguire il suo esempio
«Forse un giorno farò come lui»
Che cosa l’ha colpita di più
in san Leopoldo confessore?
«La differenza, evidentissima, con
tutti gli altri confessori che fino a
quel momento avevo frequentato.
Da lui nessuna domanda imbarazzante,
nessuna richiesta di peccati
come lista della spesa. Quasi la
cosa non potesse interessare a Dio:
un Dio cui premeva – così me lo
presentava padre Leopoldo – che
non soffrissimo noi molto più che
non soffrisse Lui. In parole povere,
te lo faceva sentire come amore.
Quasi l’amore di una mamma».
Si dice che padre Leopoldo
conoscesse in anticipo le colpe
dei penitenti, prima ancora
che essi ne parlassero.
Lei che ne pensa?
«Il dono di questa sorta di profezia
non mi ha mai convinto. Io penso,
invece, che padre Leopoldo
seguisse in modo rigidissimo e
fedelissimo l’esempio del Crocifisso
nei confronti di quello strano,
ma anche interessantissimo suo
penitente che è stato il cosiddetto
buon ladrone. Quello era il suo
modello: un “confessore” a cui il
pentimento quasi non interessa,
che non pretende promesse, che
non assegna penitenze, che non
fa raccomandazioni. Che salva ed
ama soltanto, perché di altro non
sarebbe capace.
Ero ragazzino, ma la cosa mi
affascinava all’infinito, tanto che
già da allora mi è sorto il desiderio
di diventare anch’io, un giorno,
un confessore sulle orme di padre
Leopoldo e del suo “modello”».
Come ha realizzato questo
suo desiderio “leopoldiano”?
«È stata una strada lunga e per
qualche aspetto anche difficile, ma
oggi ci vedo un meraviglioso disegno
della Provvidenza.
Il 2 novembre 1940 entravo, come
fratello laico, nella Pia Società
san Paolo: congregazione che non
consentiva il passaggio alla preparazione
al sacerdozio, almeno in
quegli anni. Così ho potuto diventare
sacerdote – e quindi confessore
– solo nel 1965, cioè avendo
incontrato solo molto tardi don
Giovanni Folci, fondatore dell’Opera
“Sacerdoti di Gesù Crocifisso”.
Quindi con una preparazione
“seminariale” di ben venticinque
anni: un tempo non comune per la
preparazione sacerdotale, ma che
ora, e non da ora, sento come un
dono immenso della Provvidenza.
Se, infatti, io avessi voluto diventare
sacerdote per imitare padre
Leopoldo nella confessione,
questo non mi sarebbe stato con-
dicembre 2017 | Portavoce | 31

▶ «forse un giorno farò come lui»
Cappella costruita da don Pietro Quiriti nel 1984 in Brasile
(Stato di Piauí) e dedicata al Cuore Immacolato di Maria
e a san Leopoldo Mandić
cesso prima del concilio Vaticano II quando la confessione
veniva normalmente amministrata con una
rigidità assurda e direi anti-leopoldiana, dalla quale
ha preso fortemente le distanze papa Francesco al
numero 40 della sua Esortazione apostolica Evangelii
Gaudium.
Già da ragazzino avevo il desiderio di imitare san
Leopoldo confessore. E come non ammirare e ringraziare,
allora, la finezza e la delicatezza d’animo del
Signore Gesù che mi ha fatto il dono del sacerdozio
solo dopo quel concilio Vaticano II che, nell’amministrazione
della confessione, padre Leopoldo – forse, a
volte almeno, a sue spese – aveva previsto e anticipato
decenni prima?».
A parte la pagina evangelica relativa al «buon
ladrone», c’è qualche altro spunto biblico che
le sembra riassumere la vita e la spiritualità
di san Leopoldo?
«Sicuramente il passo della Prima lettera di Giovanni
che viene sottolineato anche nella lettura per la messa
del santo frate cappuccino: “In questo sta l’amore: non
siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato
noi…” (4,10). È una frase che ho tenuto presente io
stesso quando, per 35 anni, sono stato missionario
in Brasile. Non tanto per testimoniare il mio amore a
Dio, quanto per far sentire l’amore del Creatore alle
sue creature. E ciò, sullo stile seguito da san Leopoldo
verso coloro che forse sbaglieremmo a definire “i peccatori”,
perché per lui erano, al massimo, “i penitenti”.
Percorrendo una trafficata strada cittadina, è
facile notare che molte persone sembrano
preoccupate e ansiose. Molti di noi vivono
in modo frenetico e questo ci porta a essere
insoddisfatti, forse condizionati dai ricordi
del passato e dalle preoccupazioni per il futuro. […]
Guidati per anni da abitudini e reazioni automatiche,
ma mai sostenuti da esami critici obiettivi, i
nostri schemi mentali predefiniti rischiano di gestire
il nostro approccio nei confronti dei fatti della vita,
creando tensione nella mente e nel corpo. Così diventiamo
incapaci di concentrarci chiaramente sul
mondo quale esso è, vedendo invece quello che temiamo
possa diventare.
La pratica della mindfulness ci invita a vedere
il mondo così com’è, senza giudicarlo. Ci invita a
considerare i pensieri semplicemente come eventi
che si verificano nella mente, non come una realtà.
Possiamo osservare i nostri pensieri e la loro natura,
valutando se sono negativi o positivi, senza esserne
coinvolti o imprigionati.
La mindfulness ci permette di sfuggire alla faticosa
ripetizione del passato per essere completamente
coinvolti nel presente. Impariamo a non anticipare
gli eventi con ansia o paura, perché apprendiamo a
non immaginare tutte le conseguenze possibili, ma
aspettiamo che la realtà si riveli. Siamo incoraggiati
a estraniarci dall’attività dei nostri pensieri per vederli
con compassione, senza farcene catturare, avvertendo
stress o infelicità senza sentirci portati ad
agire in base a queste emozioni, ma limitandoci a
osservarle.
Solo quando riusciamo ad accettare la realtà per
quello che è siamo in grado di affrontarla in modo
più equilibrato, senza contrasti, confusione o impulsività,
ma con «consapevolezza» e chiarezza.
Tutto questo è compatibile con la fede cristiana,
che ci incoraggia a vedere noi stessi come ci vede
Dio: con sincerità, compassione e amore. […]
La mindfulness ci invita ad affrontare con curiosità
ed entusiasmo il mondo fisico percepito con i sensi.
Ci spinge a osservare l’ambiente in cui ci troviamo,
ad avvicinarlo con interesse; così rivolgiamo la
nostra attenzione alle attività di tutti i giorni in un
modo nuovo, che migliora la nostra consapevolezza
di ciò che ci circonda e ci offre un punto di vista in
grado di fornire proporzione ed equilibrio alle nostre
esperienze.
Con rinnovata fiducia nei giudizi che portiamo sul
mondo intorno a noi, siamo in grado di ricordare il
passato e fare progetti per il futuro senza rimanere
intrappolati né nell’uno, né nell’altro. Le nostre espe-
32 | Portavoce | dicembre 2017

SPIRITUALITÀ
Il sacramento
del momento presente
La mindfulness è una tecnica psicologica
di meditazione che può giovare anche alla preghiera
◼ DI SALLY WELCH, PASTORA ANGLICANA
rienze sono preziose e forniscono
saggezza e conoscenze a cui attingere;
la nostra immaginazione
ci permette di sognare ed essere
crea tivi, ma rappresenta soltanto
uno strumento per affrontare la
realtà, non la realtà stessa. […]
MINDFULNESS CRISTIANA
La Bibbia ci ricorda che non incontreremo
mai Dio se siamo così
assorti in noi stessi da non avere
spazio per nient’altro. Ci è stato
insegnato di mettere da parte pensieri
e sentimenti per dare spazio
al Padre, per fare in modo che il
suo amore per noi riempia i nostri
cuori e le nostre menti. In questo
modo non ci preoccuperemo più
per il passato e non ci spaventeremo
per il futuro, ma saremo semplicemente
felici di dimorare con il
Signore nel suo amore, tramite la
sua grazia. […]
La mindfulness cristiana ci permette
di liberarci da un modo di
pensare negativo e di adottarne
uno nuovo, che ci consente di concentrarci
sul presente e di acquisire
la forza che deriva dal riconoscimento
che, belle o brutte, sono
le esperienze del presente quelle
che ci formano e ci riformano,
permettendoci di vedere e sentire
di nuovo.
Il sacramento del momento presente
è la porta d’ingresso verso
l’eterno e l’universale; il riconoscimento
della nostra fisicità porta
ad apprezzare noi stessi come
persone incarnate, le cui vite sono
state trasformate dalla Parola che
si è fatta carne. Quando le nostre
menti stabiliscono un rapporto
con l’ambiente, tutto il creato può
entrare nella nostra preghiera;
comprendiamo che Dio può essere
trovato in ogni dettaglio del paesaggio
e la sua eccezionale firma
d’amore in ogni creatura vivente.
Quando riusciremo ad apprezzare
ogni momento e ogni oggetto
per quello che sono, smetteremo
di sentirci oppressi dai nostri giudizi
su di essi. Il puro godimento
di tutte le cose e di tutti gli istanti
ci libererà dalle preoccupazioni
riguardo all’avere, al guadagnare,
al realizzare, al possedere. La preghiera
consapevole o mindful ci
permette di riflettere sul momento,
senza preoccuparci di possederlo
per legittimarlo o dare valore a noi
stessi, ma semplicemente per farne
l’esperienza, liberi dalle catene
dei pensieri che l’abitudine avvolge
intorno alle azioni comuni.
«Fin d’ora siamo figli di Dio» (1
Giovanni 3,2), ed è in questo «ora»,
e solo ora, che possiamo davvero
servire Dio, perché è in questo momento
che Lui ci viene incontro.
Liberati dal passato e dalle preoccupazioni
che genera, possiamo
perdonarlo e permettere a noi
stessi di essere perdonati. Aperti
agli eventi futuri, possiamo smettere
di fare tentativi senza speranza
per proteggerci, cercando possesso,
successo personale o potere.
Forse non riusciremo a evitare la
tempesta, ma non ne saremo più
minacciati, perché affronteremo
la realtà con la forza che ci è stata
data da Dio. P
(per gentile concessione di Effatà Ed.)
Sally Welch, Mindfulness cristiana.
40 semplici esercizi spirituali, Effatà
Editrice, 2017, Euro 12,00
La prima parte di questa guida
semplice e invitante propone un
modo per sperimentare e praticare
la «preghiera consapevole». Viene
messo in rilievo il ruolo dei cinque
sensi (vista, gusto, odorato, udito,
tatto) che invitano a entrare in
contatto con diversi aspetti della
preghiera consapevole. Le riflessioni,
che prendono avvio da brani biblici,
iniziano con un’introduzione alla
meditazione consapevole, esplorata
attraverso il tema del silenzio. La
seconda parte del volumetto esplora
gli eventi che portano alla morte e
alla resurrezione di Gesù attraverso i
cinque sensi e il silenzio.
dicembre 2017 | Portavoce | 33

INDICI
Portavoce 2017
Il primo numero si riferisce alla rivista,
il secondo al numero di pagina
Ai lettori di Giovanni Lazzara
Inizia dalle parole il rispetto per la vita 1, 3
Vangelo in parcheggio? 2, 3
«Non peccare più» (vale ancora) 3, 3
Il bacio e il cuore della mamma. Che meraviglia! 4, 4
Iniziare con un Amen 5, 3
Riprendiamoci il tempo 6, 3
La festa dei nonni e gli angeli custodi 7, 3
Prendersi il tempo
8, II di cop.
Una finestra sul Mistero 9, 3
Lettere a Portavoce di Aurelio Blasotti
1, 4; 2, 4; 3, 4; 4, 6; 5, 4; 6, 4; 7, 4; 9, 4
La voce del santuario di Flaviano G. Gusella
«Siamo già abbastanza ridicoli» 1, 6
Il Giubileo della Riforma protestante 2, 6
La forza della Pasqua 3, 7
Don Luigi Sartori, «un eterno aspirante» 4, 10
1917: padre Leopoldo al confino 5, 7
Quando muore un santo, è la morte che muore! 6, 6
San Leopoldo torna nella sua terra 7, 6
Il santuario: luogo di incontro e ascolto,
accoglienza e dialogo
8, III di cop.
I santi non passano invano in mezzo a noi 9, 6
Attualità ecclesiale
Giornata per la vita
Educare alla vita significa guarire dalla cultura
dello scarto Consiglio permanente CEI 1, 8
Il Papa ai nonni: siete parte essenziale della società 1, 8
Intervista
In Serbia, nello spirito di san Leopoldo di Paolo Cocco 1, 10
La Chiesa ortodossa serba di Paolo Cocco 1, 12
Mozambico, missione speranza a cura di G. Lazzara 7, 10
Settim. di preghiera per l’unità dei cristiani a cura della Red.
L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione 1, 13
La settimana di preghiera al santuario di san Leopoldo 1, 15
Letture bibliche per ogni giorno 1, 16
Festa del papà
Ogni famiglia ha bisogno del padre di papa Francesco 2, 8
Ecumenismo
Come avanzare verso l’unità? Impariamo
gli uni dagli altri di papa Francesco 3, 10
Vocazioni
Sospinti dallo Spirito per la missione di papa Francesco 4, 12
Fatima, 1917-2017, l’apparizione mariana
più profetica di Daniela Del Gaudio 4, 15; 5, 14; 6, 14; 7, 24
Cercare sempre e con tutti la riconciliazione.
La sfida quotidiana dell’ecumenismo di Giampaolo Dianin 3, 12
Confessione
Chi è il «buon confessore»? di papa Francesco 5, 10
Papa Francesco ai confessori: «Siate accoglienti, solleciti,
chiari, disponibili, generosi…» 5, 12
Al servizio di poveri e immigrati di Serena del Santo 6, 18
La parola del Papa
La missione al cuore della fede cristiana 7, 8
La gioia del Natale. «La bellezza di essere amati da Dio» 9, 8
Anniversario
Girolamo Bortignon. Il vescovo del dopoguerra e del concilio
Vaticano II di Giovanni Lazzara 7, 14
Il vescovo Girolamo «padre
del mio sacerdozio» di mons. Giuseppe Padovan 7, 20
Mons. Bortignon: «Ho conosciuto personalmente
padre Leopoldo di mons. Girolamo Bortignon 7, 22
Faccia a faccia con la morte nelle terre dell'Isis di G. Lazzara 9, 12
Notiziario ecumenico a cura di Flaviano G. Gusella 1, 18
Periscopio cattolico a cura di G. Lazzara 2, 13; 3, 8; 5, 8; 6, 9
Fede & vita
Simboli biblici di Roberto Tadiello
13 > I monti di Dio 1, 20
14 > Nel fuoco Dio si manifesta, purifica, guida 2, 14
15 > «Una roccia è il mio Dio» 5, 20
16 > Il vento dello Spirito 7, 28
17 > Il soffio di Dio, respiro dell'uomo 9, 17
Vivere la Pasqua con san Francesco di Ugo Secondin 3, 15
Il tempo, tra dono e responsabilità di Flavio R. Carraro 3, 20
Volti della misericordia di Gianluigi Pasquale
10 > Beata Eurosia Fabris Barban.
I tre volti della misericordia 2, 18
11 > Josef Freinademetz. L’amore, l’unica lingua
compresa da tutti i popoli 3, 24
Il «Padre nostro», la preghiera di Gesù a cura di Carlo Roccati
3 > «Sia santificato il tuo nome» 2, 21
4 > «Venga il tuo Regno» 5, 17
5 > «Sia fatta la tua volontà» 6, 20
Come conoscere la volontà di Dio card. Carlo M. Martini 6, 21
Perché Dio permette il male? di Dario Vivian 3, 27
Come leggere (e interpretare) la Bibbia di Roberto G. Timossi 6, 23
Friedrich Joseph Haass, il santo medico di Mosca di P. Cocco 9, 20
San Leopoldo, ieri e oggi
Arte in santuario di Anna Artmann
2 > La «Sacra Famiglia» 1, 23
3 > Gesù asciugato dalla Veronica 3, 38
4 > L’ Adorazione dei pastori 5, 30
5 > Il battesimo di santa Giustina 6, 34
Il Papa racconta il suo confessore
e parla di san Leopoldo di papa Francesco 1, 24
38 | Portavoce | dicembre 2017

Intervista
Fra Barnaba Gabini, il cuoco
di padre Leopoldo a cura della Redazione 1, 28
«Forse un giorno farò come lui» di Ivano Cavallaro 9, 31
Il Giubileo termina con il Simposio
sulla Misericordia 1, 36
Trent’anni con san Leopoldo di Ivano Cavallaro
Scritti in latino dal 1911 al 1941 2, 23
Quel «sì» che cancella i nostri «no» (1911) 2, 25
L’amore di Dio per noi (1912) 3, 28
Noi, invece, abbiamo creduto all’amore!
(1913 e 1914) 4, 32
«A disposizione dell’amore divino» (1915) 5, 23
Il dono di Maria.
La gioia della novità (1916 e 1918) 7, 31
Anche con te siamo
PORTAVOCE DI SAN LEOPOLDO
La fede di Leopoldo e la fede
di Gesù di Vinicio Campaci 2, 28; 5, 26; 9, 24
Intravedere la Vita. Voci di speranza
dal carcere di Nilo Trevisanato 2, 32
Testimonianze a cura di Giovanni Lazzara
«Maria piccolina» e padre Leopoldo 3, 31
Padre Leopoldo a Chiesanuova di Alfredo Pescante 3, 34
Novena e festa di san Leopoldo a cura della Red. 4, 2
Devozione nel mondo a cura della Redazione 7, 37
Verso la festa di san Leopoldo a cura di G. Naletto
Novena e festa di san Leopoldo
con il vicariato di Dolo 4, 20
Un doppio impegno: farci prossimo e riscoprire
la fede cristiana. La parola a don A. Minarello 4, 20
La nostra comunità sfidata dalla crisi economica
e demografica. La parola ad Alberto Polo 4, 22
Le parrocchie del vicariato si presentano 4, 23
Il fine intuito e la santità di vita:
ecco perché Leopoldo attraeva di A. Minarello 6, 25
Ha preso sul serio il vangelo di Amelio Brusegan 6, 27
Grazie, san Leopoldo a cura della Redazione
1, 30; 2, 34; 4, 36 ; 5, 38; 6, 33; 9, 30
Vita del santuario a cura della Redazione
1, 32; 2, 36; 3, 36; 5, 36; 6, 36; 7, 34; 9, 34
Spiritualità
Ivan Bonifacio Pavletić. A servizio
della misericordia di Aleandro Paritanti 5, 32
Il sacramento del momento presente di S. Welch 9, 32
Calendario liturgico di Sisto Zarpellon
1, 38; 2, 39; 3, 39; 4, 38; 5, 39 ; 6, 38; 7, 38; 9, 36
Calendario 2018 a cura della Redazione 8
UN ANNO = 9 NUMERI (CON CALENDARIO)
Italia € 20 - Europa € 30 - altri Paesi USD 38
sostenitore da € 50
■ versamento su conto corrente Banco Posta
n. 68943901, intestato a «Associazione Amici
di San Leopoldo»
■ versamento on-line sul c.c.p. n. 68943901 riservato
ai titolari di un conto Bancoposta o di una carta
Postepay, al sito https://bancopostaonline.poste.it
■ bonifico intestato a
«Associazione Amici di San Leopoldo»
IBAN: IT07 V076 0112 1000 0006 8943 901
BIC(SWIFT): BPPIITRRXXX
Solo per i Paesi che non usano Euro:
IBAN: IT07 V076 0112 1000 0006 8943 901
BIC(SWIFT): POSOIT22XXX
■ assegno intestato a: «Provincia Veneta dei Frati
Minori Cappuccini» e inviato a: Santuario san Leopoldo
Mandić, piazzale S. Croce, 44 - 35123 Padova
dicembre 2017 | Portavoce | 39

ORARI DEL SANTUARIO
APERTURA
Chiesa
ore 6.00-12.00 / 15.00-19.00
Cappella del santo
ore 7.00-12.00 / 15.00-19.00
IL SANTUARIO A 360°
INIZIA SUBITO LA TUA VISITA VIRTUALE E INTERATTIVA
DIGITA https://goo.gl/maps/AZBE557Ddpm
OPPURE INQUADRA IL CODICE QR
CON LO SMARTPHONE
PENITENZIERIA
Festivo
ore 6.15-12.00 / 15.00-19.00
Feriale
ore 7.00-12.00 / 15.00-19.00
Il lunedì pomeriggio i frati sono
impegnati in comunità, pertanto
non sono disponibili
per le confessioni
SANTE MESSE
Festivo
ore 6.30, 7.45, 9.00, 10.15,
11.30, 16.00, 18.00
Sabato pomeriggio e vigilia
delle feste sante messe festive
ore 16.00, 18.00
Feriale
ore 7.00, 8.30, 10.00, 18.00
PREGARE CON I FRATI
Al mattino ore 6.20:
celebrazioni delle Lodi,
meditazione e s. messa.
Alla sera ore 19.00:
recita del santo rosario
e Vespri (giovedì: adorazione
eucaristica e Vespri)
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cappuccino, di visitare i luoghi della sua santità quotidiana, d’informarti
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email: info@leopoldomandic.it
Chiediamo di indicare il numero
dei pellegrini, la data e l’ora prevista
dell’arrivo, la necessità di una
presentazione del santuario,
la vostra intenzione di partecipare
a una funzione religiosa
o di celebrare la santa messa
con un sacerdote del vostro gruppo.
Ricordiamo che il santuario
rimane chiuso dalle 12 alle 15
I
IN CASO DI MANCATO RECAPITO, RINVIARE ALL’UFFICIO POSTALE DI PADOVA C.M.P., DETENTORE
DEL CONTO, PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA