Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
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Gli Statuti di Castro in Campagna 95 rubriche in latino giuridico tardomedievale, con qualche variante ortografica forse locale (come assallimentum per assalimentum, condandatio per condemnatio, quatraginta per quadraginta, quicunque per quicumque, solli per solidi). Nella copia cinquecentesca pervenutaci, gli statuti castresi non si presentano divisi in libri, ma – dalla successione degli argomenti e dalla comparazione con altre compilazioni statutarie 23 – si comprende facilmente come, in origine, il corpo normativo fosse distribuito in quattro libri, secondo un modello abbastanza diffuso: • il primo libro è dedicato all’organizzazione civica e ai principi di diritto processuale; • il secondo contempla la repressione dei maleficia, ovverosia il diritto criminale, oggi detto penale; • il terzo libro riguarda la materia del così detto ‘danno dato’, cioè i più importanti casi di danneggiamento nell’economia agricola; • il quarto libro contiene norme eterogenee ovvero gli extraordinaria, perlopiù a carattere amministrativo. Il manoscritto in pergamena comprende anche Capitoli novi sul danno dato, indirizzati il 1° dicembre 1510 da Agnesina di Montefeltro, moglie di Fabrizio Colonna, al “commissario” di Castro, cioè al rappresentante della signoria colonnese in loco 24 . Differentemente dal testo precedente, queste disposizioni sono in volgare e in un passo – relativo a controversie tra Castro e Pofi – si rinvia all’ «ordine che darrà Domenico de Bologna», personaggio che dunque dovrebbe avere un ruolo superiore a quello del commissario nell’amministrazione colonnese, forse un governatore . Veniamo alle norme statutarie. Ho già fatto cenno dell’importanza che aveva l’elezione del giudicante per l’autonomia dei comuni. In 23 Vedi ad es. a livello locale nell’àmbito delle terre colonnesi, gli statuti di Morolo e di Supino: E. Canali, Cenni storici della terra di Morolo (con l’edizione dello statuto del 1610), a cura di G. Giammaria, Anagni 1990 (Biblioteca di Latium, 12), p. 18s; G. Giammaria, Lo statuto di Supino, Anagni 1986 (Biblioteca di Latium, 1), pp. 18-22. 24 Cfr. P. Scaccia Scarafoni, Gli statuti di Castro, cit., p. 73s.

96 Paolo Scaccia Scarafoni effetti, il primo problema d’interpretazione delle norme statutarie di Castro riguarda proprio questo argomento. Infatti, dalla terza, molte rubriche di quello che s’individua come primo libro, parlano diffusamente dei còmpiti dell’officialis – o officialis curiae – come giudice civile e penale 25 , mentre la prima rubrica ne stabilisce l’elezione popolare, fatta “in concione universali” con la scelta di una rosa di due o tre nomi, nel cui àmbito il locale governatore dei Colonna opera un’ulteriore scelta, confermandone uno soltanto nell’ufficio. L’elezione di una rosa di candidati all’ufficio, vincolante per il governatore del feudatario, sembra un segnale di notevole sviluppo politico per una comunità castellana tardomedievale. Ma questa statuizione avrà mai avuto effettiva applicazione? o sarà stata una concessione strappata ai Colonna in un momento di particolare debolezza della loro signoria, poi rimasta sulla carta? Si badi: non è solamente una questione di rapporti di forza politica fra la comunità castellana e la signoria colonnese, perché all’epoca occorrevano ampie relazioni e conoscenze non comuni per individuare un giurisperito forestiero disposto a venire in loco e capace di «totam hanc universitatem in genere administrare, gubernare et procurare» come recita la formula di giuramento (lib. I, rubr. II), laddove nell’administrare è compresa l’amministrazione della giustizia, ma pure tutta una serie di scelte politiche. E non si può escludere che l’elezione popolare descritta dalla norma statutaria dovesse comportare una partecipazione della comunità agli oneri economici di stipendiare l’officialis. Si rifletta sul fatto che già le maggiori città della Campagna avevano vistosi limiti nel reperire i podestà, dovendosi spesso accontentare di giurisperiti provenienti da centri viciniori 26 . 25 Ad es. lib. I, rubr. [III], [IIII], [VI], [VIII]-[XI], [XIII]-[XV], [XVIII], [XXIII]. In quest’ultima rubrica compaiono tanto l’“officialis curiae” quanto gli officiales dell’ universitas Castri. Gli officiales comunali sono poi presi in più esplicita considerazione dalla rubr. [XXXXVI], De mutatione officialium, che ne stabilisce la durata in carica per un quadrimestre, l’elezione “in consilio universali” e i termini del giuramento. 26 Vedi in proposito J.C. Maire Vigueur, Comuni e signorie in Umbria, Marche e Lazio, in Comuni e signorie nell’Italia nordorientale e centrale: Lazio, Umbria e Marche, Lucca, Torino 1987, p. 423.

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Paolo Scaccia Scarafoni<br />

effetti, il primo problema d’interpretazione delle norme statutarie di<br />

Castro riguarda proprio questo argomento. Infatti, dalla terza, molte<br />

rubriche di quello che s’individua come primo libro, parlano diffusamente<br />

dei còmpiti dell’officialis – o officialis curiae – come giudice<br />

civile e penale 25 , mentre la prima rubrica ne stabilisce l’elezione popolare,<br />

fatta “in concione universali” con la scelta di una rosa di due<br />

o tre nomi, nel cui àmbito il locale governatore dei Colonna opera<br />

un’ulteriore scelta, confermandone uno soltanto nell’ufficio. L’elezione<br />

di una rosa di candidati all’ufficio, vincolante per il governatore<br />

del feudatario, sembra un segnale di notevole sviluppo politico<br />

per una comunità castellana tardomedievale. Ma questa statuizione<br />

avrà mai avuto effettiva applicazione? o sarà stata una concessione<br />

strappata ai Colonna in un momento di particolare debolezza della<br />

loro signoria, poi rimasta sulla carta? Si badi: non è solamente una<br />

questione di rapporti di forza politica fra la comunità castellana e la<br />

signoria colonnese, perché all’epoca occorrevano ampie relazioni e<br />

conoscenze non comuni per individuare un giurisperito forestiero<br />

disposto a venire in loco e capace di «totam hanc universitatem in<br />

genere administrare, gubernare et procurare» come recita la formula<br />

di giuramento (lib. I, rubr. II), laddove nell’administrare è compresa<br />

l’amministrazione della giustizia, ma pure tutta una serie di scelte<br />

politiche. E non si può escludere che l’elezione popolare descritta<br />

dalla norma statutaria dovesse comportare una partecipazione della<br />

comunità agli oneri economici di stipendiare l’officialis. Si rifletta<br />

sul fatto che già le maggiori città della Campagna avevano vistosi<br />

limiti nel reperire i podestà, dovendosi spesso accontentare di giurisperiti<br />

provenienti da centri viciniori 26 .<br />

25<br />

Ad es. lib. I, rubr. [III], [IIII], [VI], [VIII]-[XI], [XIII]-[XV], [XVIII],<br />

[XXIII]. In quest’ultima rubrica compaiono tanto l’“officialis curiae”<br />

quanto gli officiales dell’ universitas Castri. Gli officiales comunali sono<br />

poi presi in più esplicita considerazione dalla rubr. [XXXXVI], De mutatione<br />

officialium, che ne stabilisce la durata in carica per un quadrimestre,<br />

l’elezione “in consilio universali” e i termini del giuramento.<br />

26<br />

Vedi in proposito J.C. Maire Vigueur, Comuni e signorie in Umbria,<br />

Marche e Lazio, in Comuni e signorie nell’Italia nordorientale e centrale:<br />

Lazio, Umbria e Marche, Lucca, Torino 1987, p. 423.

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