Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
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Boville Ernica: un lacerto dello statuto 59 il caso concreto dei comuni di Campagna 12 . Nel nostro caso, d’altra parte, avendo a disposizione un testo normativo inerente solamente il danno dato, non è possibile ad oggi ricostruire compiutamente le forme delle istituzioni che erano a capo della comunità di Bauco; benché si possa comunque affermare che compaiono lacerti che fanno luce su quelle che erano le norme in vigore. Le carte inerenti «li danni sopra li terreni» sono testi imperativi, di struttura ampia e complessa: in esse si possono leggere le cause che portarono alla richiesta del rimaneggiamento delle fonti statutarie. I documenti sono precisi e puntuali, e trattano con specificità la normativa del danno dato. L’operazione del 1781 non è però solamente un aggiornamento, ma scaturisce da un ricorso del Pubblico Consiglio e del popolo stesso per porre «un dovuto equitativo freno ai continui danni che si cagionano alle piante d’olive e ai loro frutti in diverse maniere, non solo dagli uomini ma anche da ogni sorta di bestiame, come anche ad altre sorti di piante e prodotti» 13 . Prima di elencare i capitoli del nuovo statuto sopra il danno dato, cerchiamo di capire in che modo questo fosse disciplinato precedentemente. Non è agevole determinare esattamente come fosse la normativa riguardante i danneggiamenti alle proprietà, ma nei documenti rinvenuti presso l’Archivio di Stato di Roma non mancano accenni atti a farcelo definire. Già a partire dal 1717 sappiamo che non fosse «più un dovere affittare il danno dato» ma che le risorse di quest’ultimo potessero essere ricavate da un “riparto” 12 S. Notari, Per una geografia, cit., p. 30. Lo studioso accoglie il rilievo di Sandro Carocci che, riguardo a questa tradizione di studi, sottolinea «il limite di trascurare», circa le podestà della Santa Sede di intervenire sulle norme, «l’articolato divario che, in questo campo intercorreva tra le enunciazioni di papi e legati e la concreta prassi legislativa e istituzionale». Cfr. S. Carocci, Regimi signorili, Statuti cittadini e governo papale nello Stato della Chiesa (XIV e XV secolo), in Signori, regimi signorili e statuti nel tardo medioevo, Atti del VII Convegno del Comitato Italiano per gli studi e le edizioni delle fonti normative, a cura di R. Dondarini, G. M. Varanini, M. Venticelli, Ferrara 5-7ottobre 2000, Bologna 2003, pp. 252-269. 13 BG, b. 447. Il documento è copia del verbale del Pubblico Consiglio del giorno 11 novembre 1781.

60 Rossana Fiorini sopra i bestiami 14 . Occorre fare qualche osservazione: anzitutto i documenti ci fanno capire molto bene come in precedenza vigesse l’imposizione di affittare il danno dato e che, soltanto in seguito tale forma di esazione venisse indirizzata verso la raccolta fiscale derivata dai bestiami; la motivazione, come si evince, era data dal fatto che con la seconda forma si evitavano i danni. Non doveva evidentemente palesarsi allora la situazione dei molti danni ai campi e ai raccolti che un cinquantennio più tardi richiederà una nuova specifica stampa degli statuti. Poteva comunque esserci motivo di attrito fra gli interessi dei diversi ceti sociali che si curavano della campagna e quelli della Comunità. Il danno dato era inteso come un’entrata fiscale della Comunità pagata dai danneggianti dei fondi privati e pubblici, ma col tempo tale forma fiscale deve essere stata considerata negativamente perché, come risulta sin dal 1716, alcuni allevatori di bestiame avevano ottenuto dal Buon Governo di non dover considerare il danno dato per i successivi tre anni, potendosi questo invece ripartire «per capo di animali» 15 , e quindi poter sostituire l’insieme delle multe con un “riparto”. Dopo il lasso di tempo di tre anni la Sacra Congregazione ordinò che la ripartizione della vendita del danno dato avvenisse diversamente, ma l’ordinanza venne trascurata. Intimamente legato alla vicenda è il pregiudizio che ne scaturisce nei cittadini di allora: «gli amministratori delle cose pubbliche» erano «gli stessi padroni di animali» che secondo la Comunità «si procurarono detta licenza 14 Ivi, b. 445. «Mi riferisce il Vice Podestà di Bauco, che fin sotto li 5 di marzo prossimo passato, da quel pubblico consiglio fusse risoluto di non doversi più affittare il danno dato ma che debba ripartirsi sopra li bestiami per l’entrante quota solita ritrarsi dal medesimo affitto, con contenergli secondo l’uso a consuetudine della città di Veroli in quanto alli danni manuali et affidati con il motivo che dalli affitti dell’accennato provento si faccino illeciti accordi con chi ha bestiami dal che ne nascano danni considerabili». Da una missiva firmata dal governatore Giovan Battista Leonini indirizzata al Buon Governo, datata 16 maggio 1717. 15 Ivi, b. 445. Il foglio, accluso all’interno di una supplica datata 21 gennaio 1722 scritta dal governatore Ludovico Anguissola, probabilmente risale al 20 novembre 1721.

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Rossana Fiorini<br />

sopra i bestiami 14 . Occorre fare qualche osservazione: anzitutto i<br />

documenti ci fanno capire molto bene come in precedenza vigesse<br />

l’imposizione di affittare il danno dato e che, soltanto in seguito<br />

tale forma di esazione venisse indirizzata verso la raccolta fiscale<br />

derivata dai bestiami; la motivazione, come si evince, era data dal<br />

fatto che con la seconda forma si evitavano i danni. Non doveva<br />

evidentemente palesarsi allora la situazione dei molti danni ai campi<br />

e ai raccolti che un cinquantennio più tardi richiederà una nuova<br />

specifica stampa degli statuti.<br />

Poteva comunque esserci motivo di attrito fra gli interessi dei<br />

diversi ceti sociali che si curavano della campagna e quelli della<br />

Comunità. Il danno dato era inteso come un’entrata fiscale della<br />

Comunità pagata dai danneggianti dei fondi privati e pubblici, ma col<br />

tempo tale forma fiscale deve essere stata considerata negativamente<br />

perché, come risulta sin dal 1716, alcuni allevatori di bestiame avevano<br />

ottenuto dal Buon Governo di non dover considerare il danno dato<br />

per i successivi tre anni, potendosi questo invece ripartire «per capo<br />

di animali» 15 , e quindi poter sostituire l’insieme delle multe con un<br />

“riparto”. Dopo il lasso di tempo di tre anni la Sacra Congregazione<br />

ordinò che la ripartizione della vendita del danno dato avvenisse<br />

diversamente, ma l’ordinanza venne trascurata. Intimamente legato<br />

alla vicenda è il pregiudizio che ne scaturisce nei cittadini di allora:<br />

«gli amministratori delle cose pubbliche» erano «gli stessi padroni<br />

di animali» che secondo la Comunità «si procurarono detta licenza<br />

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Ivi, b. 445. «Mi riferisce il Vice Podestà di Bauco, che fin sotto li 5 di<br />

marzo prossimo passato, da quel pubblico consiglio fusse risoluto di non<br />

doversi più affittare il danno dato ma che debba ripartirsi sopra li bestiami<br />

per l’entrante quota solita ritrarsi dal medesimo affitto, con contenergli<br />

secondo l’uso a consuetudine della città di Veroli in quanto alli danni manuali<br />

et affidati con il motivo che dalli affitti dell’accennato provento si<br />

faccino illeciti accordi con chi ha bestiami dal che ne nascano danni considerabili».<br />

Da una missiva firmata dal governatore Giovan Battista Leonini<br />

indirizzata al Buon Governo, datata 16 maggio 1717.<br />

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Ivi, b. 445. Il foglio, accluso all’interno di una supplica datata 21 gennaio<br />

1722 scritta dal governatore Ludovico Anguissola, probabilmente risale al<br />

20 novembre 1721.

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