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Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
Biblioteca di Latium, 21
Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale

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Nota comparativa tra statuto di Roma e altri laziali<br />

313<br />

falsificazione di documenti e monete, incendio, stupro, sodomia,<br />

tradimento, e ciò risultasse dai registri giudiziari comunali (II, 89) 39 .<br />

A Roma, come pressoché ovunque in Italia, in materia penale<br />

l’estensione analogica suppliva alla mancanza di previsione<br />

normativa (II, 126), in una logica che privilegiava la necessità che reati<br />

taciuti dallo statuto non rimanessero impuniti, anziché istanze di tipo<br />

garantista. Altrettanto usuale è la contemplazione, nella commissione<br />

dei reati, di una lunga serie di circostanze di tempo e di luogo, che<br />

implicavano un inasprimento nel doppio della sanzione (II, 131). Tra<br />

queste, da segnalare è quella di aver commesso il reato in occasione<br />

non solo di certe feste, ma anche in occasione dei combattimenti<br />

ludici che si tenevano nel periodo di Carnevale. Troviamo, anche<br />

nella città capitolina del Rinascimento, qualcosa di simile a quelle<br />

pugne o battagliole che appassionavano, ma non senza rischi per<br />

l’incolumità, i cittadini di moltissimi Comuni italiani 40 . A Roma i<br />

39<br />

A Rieti (III, 8), oltre ai delitti citati, si menzionano il taglio di vigne e alberi,<br />

la mutilazione e le ferite al volto tali da lasciare cicatrici. A Ferentino,<br />

oltre ai consueti delitti più gravi, si menzionano il furto con scasso, l’adulterio<br />

e la fornicatio, la distruzione o alterazione di documenti comunali (II,<br />

3). A Tivoli (1522; III, 95) la tortura era riservata solo a soggetti diffamati<br />

per la commissione dei crimini di omicidio, rapina di strada, falsificazioni<br />

e incendio doloso. A Castro e Ronciglione (III, 62) il sospettato poteva<br />

essere sottoposto a tortura solo se pubblico ladrone, cioè rapinatore, «vel<br />

habens malam famam de aliquo maleficio seu delicto» punibile con pena<br />

afflittiva corporale o con multa superiore a 25 fiorini. Limiti alla tortura<br />

erano comunemente indicati anche dai giuristi, ad iniziare da Alberto da<br />

Gandino: cfr. H. Kantorowicz, Albertus Gandinus und das Strafrecht der<br />

Scholastick, II: Die Theorie, Kritische Ausgabe des «Tractatus de Maleficiis»<br />

nebst textkritischer Einleitung, Berlin-Leipzig 1926, p. 82. Più in generale<br />

sull’argomento si vedano P. Fiorelli, La tortura giudiziaria nel diritto<br />

comune, I-II, Milano 1953-1954; M. Sbriccoli, «Tormentum idest torquere<br />

mentem». Processo inquisitorio e interrogatorio per tortura nell’Italia<br />

comunale, in Id., <strong>Storia</strong> del diritto penale e della giustizia. Scritti editi e<br />

inediti (1972-2007), Milano 2009, 1, pp. 111-128.<br />

40<br />

A. A. Settia, La «battaglia»: un gioco violento tra permissività e interdizione,<br />

in Gioco e giustizia nell’Italia di <strong>Comune</strong>, a cura di G. Ortalli,<br />

Treviso-Roma 1993, pp. 121-132; D. Balestracci, La festa in armi. Gio-

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