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Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
Biblioteca di Latium, 21
Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale

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Nota comparativa tra statuto di Roma e altri laziali<br />

311<br />

La violenza sessuale è forse, tra i delitti maggiori, quello che<br />

trova una maggiore diversificazione di sanzioni. A Roma (II, 261)<br />

osserviamo una disciplina insolitamente complessa, perché viene in<br />

rilievo non solo la condizione della donna, come usuale, ma anche<br />

quella del reo. Nel caso di accordo tra quest’ultimo e la donna<br />

offesa (ed i suoi familiari) era prevista una pena variabile a seconda<br />

della condizione del colpevole: se popolano 50 lire, se nobile 100<br />

lire (se ha beni per oltre 2.000 lire), ma gli appartenenti alle casate<br />

nobiliari, loro fedeli e figli naturali compresi, soggiacevano ad una<br />

pena di 500 lire, dunque dieci volte maggiore di quella prevista per<br />

il cittadino comune. Al di fuori di ‘accordi riparatori’, l’adulterio<br />

con donna onesta (ritenuta tale secondo la fama pubblica), era<br />

sanzionato con pena di 300 lire se popolano, 500 lire se cavaliere,<br />

1.000 lire se barone. Se la donna era di bassa condizione (purché non<br />

prostituta) erano previste di pena 100 lire per il popolano, 200 lire<br />

per il cavaliere, 500 lire per il barone.<br />

A Rieti (III, 17) la pena pecuniaria era graduata in relazione<br />

alla condizione sociale della vittima: 100 lire se donna sposata o<br />

vergine, 60 lire se vedova, purché, in ogni caso, di buona fama. La<br />

vergine doveva ricevere la dote dal violentatore e, se consentiva<br />

al matrimonio con questi, era esclusa la punibilità del fatto. Tale<br />

evenienza era consentita anche nei riguardi della vedova. Più severo<br />

appare il disposto dello statuto di Viterbo (III, 51), dove la pena per<br />

la violenza su donna sposata o vergine è del quintuplo (500 lire), ma<br />

se donna malae famae la somma scende a sole 25 lire. La violenza<br />

sessuale su pupillus o pupilla era punita con la postinazione, cioè la<br />

propagginazione, un supplizio al tempo non frequente, ma ad esempio<br />

presente anche negli statuti quattrocenteschi di Vetralla (III, 17), che<br />

consisteva nel calare il reo a testa in giù in una buca e sotterrarlo vivo,<br />

con conseguente morte per soffocamento 35 . Ma gli statuti di Velletri<br />

decisamente orientati verso la forca.<br />

35<br />

In Toscana questo supplizio nel Quattrocento sembra già desueto: cfr. A.<br />

Zorzi, Rituali e cerimoniali penali nelle città italiane (secc. XIII-XVI), in<br />

Riti e rituali nelle società medievali, a cura di J. Chiffoleau, L. Martines,<br />

A. Paravicini Bagliani, Spoleto 1994, p. 152.

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