Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
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Nota comparativa tra statuto di Roma e altri laziali 309 Le concessioni agrarie si legano al quadro dei diritti reali del tempo, con la scomposizione del dominio e di poteri sul bene in capo a più soggetti. L’enfiteuta e il locatario (forse ad longum tempus, giacché al primo assimilato) potevano affittare parte del fondo anche senza il consenso del proprietario-direttario (I, 106). La materia penale appare in sintonia con la severità punitiva ovunque riscontrabile nelle città italiane del tempo: «ut maleficia non remaneant impunita» (II, 2), come si ripeteva con un’espressione di uso corrente 29 . Le fonti, in certi contesti, hanno consentito agli storici di intravvedere, a fronte di una fase iniziale riluttante alle esecuzioni capitali o mutilative, una tendenza all’inasprimento punitivo dal secondo Duecento (con il crescere di problemi di ordine pubblico) 30 , ma non avendo Roma conservato statuti anteriori al Trecento, è qui difficile cogliere simili tendenze nel tempo. Nella Città santa la bestemmia, come ovunque, è punita dalle autorità comunali. Qui (II, 79) è prevista una multa di 10 lire se si bestemmiano Dio o la Madonna, di 100 soldi per i santi, in caso di mancato pagamento sono inflitti otto giorni di carcere. Analoga è la multa prevista a Ferentino (II, 13), a Rieti (III, 28) e Velletri (III, 112) per il bestemmiatore. Ma a Ferentino e Velletri se il reo non pagava entro 8 giorni veniva condotto e fustigato nudo per le vie cittadine, a Rieti, invece, se non ottemperava entro dieci giorni era soggetto, oltre alla fustigazione pubblica, ad un mese di carcere. Ed il contemporaneo statuto di Viterbo (III, 23) è nettamente più severo: 50 lire di multa per la bestemmia rivolta contro Dio e la Madonna, 10 lire per quella contro santi e il mancato pagamento è qui sanzionato con il taglio della lingua 31 . ne «ab angariis et perangariis Communis Viterbii» ed i Rettori di tale Arte erano tenuti ad accoglierli senza pagamento di alcuna intratura. 29 Forse risalente all’asserzione «Rei publicae interest ne crimina remaneant impunita» della decretale Inauditum di Innocenzo III del 1199. 30 Sull’argomento cfr. A. Dani, Gli statuti dei Comuni della Repubblica di Siena, cit., pp. 277-297. 31 Gli statuti di Tivoli (1522; III, 8) prospettano una non usuale puntualizzazione, distinguendo tra maledizione e bestemmia: la prima, se rivolta a

310 Alessandro Dani In una linea severamente repressiva nel Quattrocento ormai attestata ovunque nelle città italiane, l’omicida, dopo essere trascinato per terra nelle vie cittadine, veniva impiccato (II, 9). Più usuale nei territori italiani è però la pena di morte per decapitazione prevista anche a Rieti (III, 16), a Viterbo (III, 39) e a Tivoli (III, 10). A Velletri sono previste, in alternativa, a discrezione del giudice, sia la decapitazione che l’impiccagione (III, 26). A Ferentino (II, 47) non si specifica il tipo di esecuzione capitale, così come ad Alatri (II, 4). Occorre dire comunque che la grande maggioranza degli statuti di Comuni italiani del tempo riservava la decapitazione per l’omicida e la forca per il ladrone di strada. Per lo statuto romano, nel solco di soluzioni ovunque frequentissime, l’incendio di una casa o castello è punito con il rogo (II, 29) 32 , così come il ‘vizio sodomitico’ (II, 259) 33 . Il rapinatore (il ladrone di strada) rischiava, in base alla gravità del fatto, varie amputazioni o la forca (II, 19-20) 34 . Dio o alla Madonna, era punita con 10 lire di multa, ai santi con 4 lire; la semplice bestemmia era sanzionata con 100 soldi. Anche qui la sanzione corporale scattava in caso di mancato pagamento ed il reo veniva fustigato per le vie cittadine. 32 A Tivoli (1522; III, 49) l’incendio di casa o mulino era sanzionato in prima istanza con una pena di 200 lire e la condanna al rogo subentrava in caso di mancato pagamento. A Rieti (III, 76) l’incendio doloso comportava una pena pecuniaria da 100 a 200 lire, a seconda se fosse provocato fuori o dentro la città, ma non è menzionata la condanna al rogo. Si specifica invece che il reo era inoltre tenuto al risarcimento dei danni provocati. 33 Spesso, negli statuti dei Comuni italiani del tardo Medioevo, il rogo per i sodomiti era previsto in caso di inottemperanza di forti pene pecuniarie, o per i recidivi superiori ad una certa età. Ma anche a Viterbo, con un rigore punitivo analogo, si prevedeva direttamente il rogo per il sodomita maggiore di 20 anni (III, 51), mentre il minore di tale età era punito ad arbitrium del Podestà. Si può ipotizzare, in questa materia, un’influenza del diritto romano: cfr. Cod. Th. 9.7.3; 9.7.6; Cod. Iust. 9.9.30[31]; Coll. VI.5. 34 La graduazione della pena in base alla gravità del fatto è frequente: la troviamo ad esempio a Rieti (III, 19), ma vi sono anche statuti come quelli di Velletri (III, 47), o quelli di Castro e Ronciglione (III, 42) più

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Alessandro Dani<br />

In una linea severamente repressiva nel Quattrocento ormai<br />

attestata ovunque nelle città italiane, l’omicida, dopo essere<br />

trascinato per terra nelle vie cittadine, veniva impiccato (II, 9). Più<br />

usuale nei territori italiani è però la pena di morte per decapitazione<br />

prevista anche a Rieti (III, 16), a Viterbo (III, 39) e a Tivoli (III, 10).<br />

A Velletri sono previste, in alternativa, a discrezione del giudice, sia<br />

la decapitazione che l’impiccagione (III, 26). A Ferentino (II, 47)<br />

non si specifica il tipo di esecuzione capitale, così come ad Alatri (II,<br />

4). Occorre dire comunque che la grande maggioranza degli statuti di<br />

Comuni italiani del tempo riservava la decapitazione per l’omicida e<br />

la forca per il ladrone di strada.<br />

Per lo statuto romano, nel solco di soluzioni ovunque<br />

frequentissime, l’incendio di una casa o castello è punito con il rogo<br />

(II, 29) 32 , così come il ‘vizio sodomitico’ (II, 259) 33 . Il rapinatore<br />

(il ladrone di strada) rischiava, in base alla gravità del fatto, varie<br />

amputazioni o la forca (II, 19-20) 34 .<br />

Dio o alla Madonna, era punita con 10 lire di multa, ai santi con 4 lire; la<br />

semplice bestemmia era sanzionata con 100 soldi. Anche qui la sanzione<br />

corporale scattava in caso di mancato pagamento ed il reo veniva fustigato<br />

per le vie cittadine.<br />

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A Tivoli (1522; III, 49) l’incendio di casa o mulino era sanzionato in<br />

prima istanza con una pena di 200 lire e la condanna al rogo subentrava in<br />

caso di mancato pagamento. A Rieti (III, 76) l’incendio doloso comportava<br />

una pena pecuniaria da 100 a 200 lire, a seconda se fosse provocato fuori<br />

o dentro la città, ma non è menzionata la condanna al rogo. Si specifica<br />

invece che il reo era inoltre tenuto al risarcimento dei danni provocati.<br />

33<br />

Spesso, negli statuti dei Comuni italiani del tardo Medioevo, il rogo per<br />

i sodomiti era previsto in caso di inottemperanza di forti pene pecuniarie,<br />

o per i recidivi superiori ad una certa età. Ma anche a Viterbo, con un rigore<br />

punitivo analogo, si prevedeva direttamente il rogo per il sodomita<br />

maggiore di 20 anni (III, 51), mentre il minore di tale età era punito ad arbitrium<br />

del Podestà. Si può ipotizzare, in questa materia, un’influenza del<br />

diritto romano: cfr. Cod. Th. 9.7.3; 9.7.6; Cod. Iust. 9.9.30[31]; Coll. VI.5.<br />

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La graduazione della pena in base alla gravità del fatto è frequente:<br />

la troviamo ad esempio a Rieti (III, 19), ma vi sono anche statuti come<br />

quelli di Velletri (III, 47), o quelli di Castro e Ronciglione (III, 42) più

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